DICERIA DELL 'UNTORE: L'UNIVERSO DI BUFALINO

by

Giovanna Greco Martinez

Department of ltalian Mc Gill University, Montreal, Canada

F ebruary 2006

A Thesis submitted to the Faculty of Graduate Studies and Research in partial fulfilment of the requirements of the Degree of Master of Arts.

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DICERIA DELL 'UNTORE: L'UNIVERSO DI BUFALINO Greco-Martinez III

A Gaetano Greco-Martinez IV

Suasoria

Le mie ragioni, amici: la metrica e il dolore, l'ordine e la foUia, spazio e mura che invento tentoni, gogne guardinghe deI cuore ...

Trovare un mattino la via, la pietra dove si volta ... Una volta, una sola volta, in un pugno di sillabe nude donarvi una leggenda che fu mia!

Ma non altro che polvere scavo; o qualche gonfia maschera d'atride che la luce deprava: un volto putrefatto e fuggitivo.

o mentitemi, ditemi ch'è vivo. l

1 Una delle poesie scritte alla Rocca delle quali l'autore voleva servirsi come supporto ai capitoli deI romanzo. Questa era destinata al capitolo XVII, l'ultimo della Diceria. G. Bufalino, Diceria dell 'un/ore (Milano: Bompiani, 1999) 151 Greco-Martinez V

INDICE

INTRODUZIONE ...... 1

PARTE PRIMA: GLI SFONDI ...... 6

LI. Biografia ...... 7

1.2. Bufalino e il suo tempo ...... 17

1.3. Bufalino e la Sicilia ...... 24

PARTE SECONDA: IL TESTO ...... 31

11.1. La scrittura ...... 32

II.2. Diceria dell 'un tore e La montagna incantata ...... 45

11.3. Bufalino fa i conti ...... 58

11.4. Marta ...... 72

CONCLUSIONE ...... 87

BIBLIOGRAFIA ...... 89 Greco-Martinez VI

ACKNOWLEDGEMENTS

1 am immense1y grateful to Professor Lucienne Kroha for aIl her he1p, her guidance and her insightful observations throughout the course of this thesis. 1 also thank the

"Fondazione Bufalino" for being helpful in providing me with the documentation on

Gesualdo Bufalino. Greco-Martinez VII

RIASSUNTO

L' obbiettivo di questo lavoro è quello di dimostrare che la scrittura, "alta" e letteraria e i riferimenti intertestuali deI primo romanzo di Gesualdo Bufalino Diceria deU 'un tore, celano un'accusa silenziosa contro la società, e contro l'uomo, per la passività dimostrata davanti agli orrori della guerra e la distruzione di ogni val ore umano.

SYNOPSIS

The objective of this work is to demonstrate that the highly literary form and the intertextual references of Diceria deU'untore, Gesualdo Bufalino's first novel, hides a silent accusation against society and man for both the passiveness shown before the horrors of the second world war and the destruction of every human value.

RÉSUMÉ

Le but de ce travail est de démontrer que l'écriture littéraire et les références intertextuelles de Diceria deU 'untore, le premier roman de Gesualdo Bufalino, masquent une accusation silencieuse contre la société et contre l 'homme pour la passivité montrée devant les horreurs de la guerre et la destruction de toutes les valeurs humaines. Greco-Martinez 1

INTRODUZIONE

Fare dei proprio dolore una verità, una frode e una musica. 1

Cosa trovare in Diceria dell'untore,2 il "Supercampiello" di Gesualdo Bufalino, un autore catapultato sulla scena letteraria italiana all'età di sessant'anni, un autore "che ha più letto libri che vissuto giomi," se non quello che tanti critici hanno segnalato e commentato sin dalla sua pubblicazione: presenze montaliane,3 una Sicilia disincantata,4 la magia delle parole,5 la poetica, la lingua, 10 stile, il discorso?6 Ebbene Diceria dell'untore è tutto questo. È un viaggio attraverso la letteratura per ricavare quel sense di felicità comune ai grandi poeti italiani; 7 è il recupero della poesia e della parola scritta, libera da ogni ristrettezza di ideologie e di avanguardie.

1 G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1981.1988 A cura di Maria Corti e Francesca Caputo. (Milano: Classici Bompiani, 2001): 1108. 2 Ogni referenza al romanzo Diceria dell'untore verrà identificata con il numero della pagina alla fine della citazione. 3 G. Traina, "Presenze linguistiche e tematiche della poesia montaliana in Diceria dell 'untore di Gesualdo Bufalino," Siculorum Gymnasium n.s.a. XLIII n. 1-2 gennaio-dicembre 1990 : 239-271. 4 G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tutto libri Nuova serie - Anno VII­ Numero 259 - sabato 28 febbraio 1981. 5 Rosa Maria Monastra, "La Diceria dell'untore ovvero il perturbante esorcizzato con rito letterario," Le forme e la storia N. 1-2 Anno II gennaio/agosto 1981. 6 Luigi Cattanei, "Per la poetica di Gesualdo Bufalino," Otto/Novecento Anno XIX - N. 2- marzo/aprile 1995: 215-222. Dino Barone, "Discorso su Bufalino," L 'immaginario letterario in Sicilia (Caltanissetta-Roma: Sciascia, 1988): 110-126. Valeria della Valle, "La lingua di Gesualdo Bufalino," Studi Linguistici 1taliani anno XVII, n. 2, 1991. G. Amoroso, Narrativa italiana 1975-1983 con vecchie e nuove varianti (Milano: Mursia 1983) 248-252. 7 "Ma non si scrive per essere felici? Leopardi 10 attesta: 'Felicità da me provata nel tempo dei comporre, il miglior tempo che io abbia passato in vita mia e neI quale mi contenterei di durare fmché vivo. Passar le giomate senza accorgermene e parermi le ore cortissime e meravigliarmi sovente io medesimo di tanta felicità di passione.' E sentiamo Pavese: 'Quando scrivo qualcosa e do dentro, sono severo, equilibrato, felice.'" G. Bufalino, Cere perse (Palermo: Sellerio, 1985) 17. Greco-Martinez 2

Scrivere, dice Bufalino, è "poter assistere alla vita dal proprio loggione piuttosto che recitarla,,;8 è andare indietro nel tempo, nei meandri della memoria e recuperare solo quei ricordi buoni che fanno bene "che ci consenta il miracolo deI Bis, il bellissimo

Riessere.,,9 Riessere attraverso le pagine di un libro:

Vorra, dal subbuglio dei giomi perduti, estrarre un colore, una vista, un

rumore ... vorro, mediante il balsamo 0 il veleno di una parola, sorprendere

un fantasma almeno, dei tanti venuti a trovarmi sul lenzuolo nero deI

sonno. Mi basterà un accordo d'inizio, un la da suggerire all'orchestra di

archi e d'ottoni, alla loro animosa incontinenza di dire. Per esempio: "0

quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia, ritomavo a sognare 10

stesso sogno .... " JO

"0 quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia, ritomavo a sognare 10 stesso sogno ... " Cosi inizia Diceria dell'untore, un'armonia di assonanze e di allitterazioni per indicare allettore "il rigo chiaro" da seguire. Un recupero della parola scritta, della lingua che nomina le co se e le fa sue; degli atti, dei momenti che perdono illoro colore originale nel momento in cui vengono investiti da parole ricche di suoni che fra loro armonizzano e che nelloro insieme creano una sinfonia.

Ma Diceria dell 'untore è più di tutto questo. Dietro questo "assolo di bel canto" ci sono la guerra, la malattia e la morte. Un discorso metafisico esistenziale che porta il lettore a leggere fra le righe e domandarsi il perché dei tanti riferimenti intertestuali che percorrono tutto il romanzo. Come dice Maria Corti nell'introduzione aIle Opere: in

8 Ibidem 16. 9 Ibidem 17. 10 G. Bufalino, Diceria dell'untore (Milano: Bompiani, 1999): 7. Greco-Martinez 3

Bufalino "c'è una sorta di sfida al lettore.,,11 D'altronde 10 stesso autore attesta di aver lasciato "molti snodi romanzeschi" irrisolti e di aver stipato "nel minimo spazio verbale

[ ... ] quanti messaggi [ ... ] per consentire al lettore 10 sforzo e il piacere di estrarneli da se." 12

Sono questi "snodi" irrisolti, questi messaggi nascosti che mi hanno incuriosito ed ho trovato che innanzi tutto i riferimenti ad altri testi servono ad introdurre tutto un'altro discorso, e cioé, una testimonianza, come Bufalino dichiara alla fine della sua Diceria:

"Per questo forse m'era stato concesso l'esonero; per questo io solo m'ero salvato, e nessun altro, dalla falcidia: per rendere testimonianza, se non delazione, d'una retorica e d'una pietà" (133).

Romano Luperini in "Narrare, oggi, in Italia,,13 giudica Diceria dell'untore un romanzo della memoria che esclude ogni impegno sociale e ideologico. Ed è vero:

Bufalino non si impegna, si tiene lontano da qualsiasi ideologia, ma questo non vuol dire che Bufalino scriva per puro intrattenimento, anzi mi unisco a Renzo Favaron che scrive:

"Parafrasando Adorno si potrebbe dire che l'arte di Gesualdo Bufalino riesce 'a colpire la società tanto più esattamente, quanto meno tratta di essa. '" 14

Ed è su questa linea di pensiero che si svolge questo mio lavoro, con l' obbiettivo di dimostrare che Diceria dell'untore è un'accusa silenziosa, un'accusa "a fior di labbra."

Un'accusa che Bufalino ha voluto formulare contro la società, contro l'uomo e contro se stesso per la passività davanti agli orrori della seconda guerra mondiale e per aver

Il G. Bufalino, Opere 1981.1988 XVII. 12 G. Bufalino, "Autoritratti a richiesta," Saldi d'autunno (Milano: Bompiani 2002): 247. 13 Produzione e cultura Rivista bimestrale deI Sindacato Nazionale Scrittori - gennaio 1982. 14 Renzo Favaron, "Gesualdo Bufalino diceria di Ulla sofferenza," Il Verri n. 3-4 VIII (serie settembre­ dicembre 1987): 141-143. Greco-Martinez 4 pennesso, "col dito sulle labbra,,,15 la distruzione di ogni valore umano. E Bufalino si affida ai terni e ai personaggi della letteratura per costruire una storia che possa mettere in evidenza la triste realtà dei dopoguerra.

Divido quindi questo lavoro in due parti. La prima parte intitolata "Gli sfondi," è suddivisa in tre capitoli:

(a). "Biografia": mette in rilievo le fasi fondamentali della vita dello scrittore;

(b). "Bufalino e il suo tempo": tratta il clima letterario italiano in cui si svolge la carriera letteraria dello scrittore;

(c). "Bufalino e la Sicilia": tratta il rapporto di Bufalino con la Sicilia.

La seconda parte, intitolata "Il testo," è dedicata specificamente al romanzo ed è suddivisa in quattro capitoli, ognuno dei quali tratta una sfaccettatura dello stesso disegno:

1. "La scrittura": mezzo primario usato da Bufalino per superare la sua "isolitudine,,16 e raggiungere nuovi orizzonti senza rinunciare alla musicalità e alla ricchezza della sua lingua madre, il siciliano;

2. "Diceria dell 'un tore e La montagna incantata": La presenza della Montagna incantata di Thomas Mann nella Diceria vista come aggancio alla letteratura europea e come espediente per dare forza e prestigio al romanzo;

3. "1 conti con Manzoni": mette a fuoco il tema di fondo della Diceria: la questione della responsabilità per le atrocità della guerra delle quali Bufalino è stato testimone;

15 G. Bufalino, Calende greche (Milano: Bompiani, 1998): 76. 16 G. Bufalino, llfiele ibleo (Cava dei tirreni: Avagliano editore, 1996): 29. Greco-Martinez 5

4. "Marta": l'ambigua eroina ebrea su cui è impostata buona parte deI romanzo. Una figura letteraria, una visione, una memoria rivissuta nel mondo fantastico della finzione, che permette aIl' autore di dare sfogo alla sua pena e al suo rancore. Greco-Martinez 6

PARTE PRIMA: GL! SFONDI Greco-Martinez 7

10 che avevo succhiato tanti suoni e fiumi di libri e m'ero gremito di parole come di albumine, per flebo, un malato ... 17

1.1. Biografia

"Ai piedi dei monti Iblei" in provmCla di Ragusa, la più meridionale delle province siciliane situata nell'antica "Valle di Noto,,,18 nasce Gesualdo Bufalino il 15 novembre 1920.

Il padre, fabbro ferraio, era un appassionato lettore di classici e si era creato una modestissima biblioteca. Questa passione per la lettura la trasmette al figlio e come ricorda Bufalino "sin da ragazzo ebbi dimestichezza con il mondo della scrittura e della lettura.,,19 Da bambino trascinava la madre per le strade deI paese a leggere le targhe delle strade e giocava con il padre ad accoppiare parole con l'aiuto di un vecchio dizionario Melzi. "Un libro per l'isola? Un vocabolario" dice Bufalino ne Il malpensante, una raccolta di aforismi. Sarà un'abitudine questa, un esercizio, che elabora e applica nella stesura dei suoi romanzi: la scelta della parola giusta, la profusione di aggettivi, l'attenzione alla prosodia fanno della sua prosa quasi della poesia.

Nell'appendice di Diceria dell'untore Bufalino dà alcuni ragguagli sull'idea deI libro e una delle tante è la seguente:

17 G. Bufalino, Museo d'ombre (Milano: Tascabili Bompiani, 2000): 17. 18 Durante l'invasione araba la Sicilia fu divisa in tre province: Val di Mazara (la parte Occidentale della Sicilia, da Agrigento a Palermo), Val di Noto e Val Demone che tagliano in due la parte orientale dell'isola: la prima la parte estrema Sud (da Enna a Siracusa) e la seconda la parte estrema Nord (da Catania a Messina). Henry Barbera, Medieval (Toronto: Legas, 2000):50. 19 Pajar F., "La diceria dell'untore." Il Gazzettino 13 settembre 1981. Greco-Martinez 8

Confesso che il primo capitolo che scrissi ... nacque come un gioco serio,

la scommessa di trovare intrecci plausibili fra 50 parole scelte in anticipo

per timbro, colore, carica evocatoria comuni. (77)

Saranno, dunque, tutti i libri di suo padre, La divina commedia, 1 miserabili,

Guerra e pace, un romanzo di Fogazzaro, Il marito di Elena di Verga ed altri ad avviarlo all'instancabile "voluttà delleggere,,,2o l'ambizione e la risolutezza di leggere tutti i libri, di vivere il mondo immaginario della letteratura che gli permetterà di scavalcare i confini deI suo mondo e conoscere altri orizzonti, altri cieli; ma non solo questo:

Poiché leggere a me non servi soltanto da risorsa conoscitiva, utile a

esplorare, dal fondo deI mio pozzo buio, il più che potessi dellontanissimo

cielo: significo soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e 21 delle loro vite veridiche 0 immaginarie.

Gli anni de11iceo, i primi tre anni a Ragusa gli altri due a Comiso, divenuta sede di liceo c1assico, sono per Bufalino gli anni della lettura dei grandi c1assici italiani e stranieri. Eccelle in latino, anzi nel 1939 vince per la Sicilia un premio di prosa latina, e per questa occasione è ricevuto da Mussolini, con gli altri concorrenti, a Palazzo Venezia.

Bufalino ricorderà questa esperienza con moIta ironia perché non era tanto simpatizzante deI fascismo:

Il fascismo a chi vi era nato dentro e non aveva la fortuna di un incontro

eretico, appariva naturale come la famiglia a un bambino. Credo fosse,

20 G. Bufalino, Cere perse 24. 21 Ibidem 25. Greco-Martinez 9

questo, UllO dei suoi veleni più neri. 10 10 accettavo col solo blando astio

che poteva nascermi dalla renitenza ai salti e aIle arti marziali. 22

In Sicilia, tranne forse nelle grandi città come Palermo e Catania, c' era un ritardo culturale di trenta a quarant'anni e la letteratura contemporanea, se non completamente, era quasi sconosciuta: si fermava a D'Annunzio.

Ma questo ritardo culturale, per quanto negativo, permette a Bufalino di scoprire la letteratura europea di fine Ottocento primo Novecento, 0 almeno quel che poteva offrire la Biblioteca Comunale di Comiso:

Era una bella biblioteca ad onor del vero, ma ritardataria perché SI

arrestava più 0 meno al 1910. [ ... ] C'erano tuttavia delle collezioni della

Critica di Croce, c'era la Nuova anl%gia e poi i poeti italiani e stranieri

della generazione precedente. 23

Legge, dunque, i grandi scrittori francesi, tedeschi, rus si e inglesi. Quando gli capitano fra le mani 1 jiori dei male di Baudelaire il forte desiderio di conoscere il testo della versione originale, 10 induce a tradurre lui stesso dall'italiano in francese aiutandosi con la traduzione in prosa della duchessa d'Andria. 24

Più tardi Bufalino traduce in italiano 1 jiori dei male. Secondo Claudio Marabini nel "Resto deI Carlino" deI 16 ottobre 1982, "raramente [Baudelaire] è stato reso con Ulla fedeltà COS! originale." Bufalino sviluppa una affinità per la letteratura europea e soprattutto per quella francese di fine Ottocento:

22 "Intervista di ," L'Espresso 1 marzo 1981. 23 Fausto Pajar, "La diceria dell'untore," Il Gazzettino 13 settembre 1981. 24 "Cercando di recuperare, in qualche modo, i versi alessandrini dell'originale aiutandomi con questa circostanza: la duchessa d'Andria aveva tradotto in prosa si ma aveva messo per fortuna un rigo bianco fra ogni quartina." Fausto Pajar, "E l'untore invento i 'fleures.' " Il Gazzettino 16 settembre 1981 Greco-Martinez 10

1 nomi di allora (1936-37) come Bontempelli, Ungaretti erano conosciuti

qui a Comiso come suoni vacui che erravano nell'aria ma io non avevo

letto nessun loro libro [ ... ]. Frattanto pero avevo scoperto [ ... ] il

decadentismo [ ... ] nelle sue varie formulazioni europee, di fine Ottocento

pero. [ ... ] Leggevo Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, leggevo gli inglesi, i

tedeschi nelle traduzioni che potevo trovare allora. [ ... ] Ho assorbito tutta

la narrativa ottocentesca che vale.25

A parte, pero, questa passione per la lettura e per la parola scritta "che con minimo e invisibile corpo divine gesta sa compiere: calmare la paura, togliere la pena, suscitare la gioia, crescere la pietà,,,26 Bufalino nutre un attaccamento per il suo paese, per la Sicilia, dalla quale non si allontana se non per vacanze estive e per andare in guerra. Fra gli anni '30 -'35, prima di scoprire la letteratura deI suo tempo, Bufalino si nutre della "manna" dei suo paese. Data la situazione precaria della famiglia, lavora come apprendista presso un pittore di carretti: "C'è tutta la Sicilia - dalla 'cassa' agli 'sportelli' dalle ruote alle aste - [ ... ] Per la maggior parte [le pitture] sono scene religiose [ ... ] 0 le vicende dei più famosi campioni della cavalleria: Orlando, Carlo Magno, Angelica ecc ....,,27 Insomma tutto uno scenario da "opra de' pupi."

Smette l'apprendistato grazie al miglioramento economlCO e SI Iscnve al ginnasio. L' esperienza dei mestiere 10 sensibilizza aIle tradizioni e alla cultura popolare deI suo paese:

25 Ibidem 26 G. Bufalino, "Gorgia e 10 scriba sabeo," L'uomo invaso (Bologna: Tascabili Bompiani, 2001): 20. 27 Lo presti Salvatore, Il carretto (Palermo: S.F. Flaccavio, 1959). Greco-Martinez Il

Solo qui s' è saputo, aggiungendovi un pennacchio e qualche icona di sfide

paladinesche, trasfigurare l'antico connubio cavallo-carro, legato ai

pericoli dei viaggio nottumo, aIle insidie dei mali passi e dei malandrini,

in un favoloso fiammeggiante tabemacolo semovente; solo qui s' è saputo

conferire alla curva di una falce 0 di un vaso, allo spigolo d'un mure di

fondaco 0 di palmento quel di più d'eleganza e di vacanza che li riscatta

dalla dannazione deI sudore e delle lacrime e li rende "umani," quindi

sostanza di memoria e di amore. Parlo, si capisce, soprattutto d'una

cultura d'ieri, la cultura della "bottega"; dove il "mastro," come neI

Rinascimento a Firenze, insegnava e l'apprendista apprendeva con gli

oc chi lucidi e il cuore riconoscente. 28

Si viene a creare, in Bufalino, una simbiosi fra la letteratura e la sua terra, la

Sicilia: "Due patrie: quella dei libri, quella deI sangue.,,29

NeI primo capitolo deI Fiele Ibleo "Istruzioni per l'uso della Sicilia," Bufalino racconta come da ragazzino i suoi soli giocattoli erano tre 0 quattro libri illustrati fra cui un Atlante geografico. Su questo impara a viaggiare con la fantasia: "Col semplice spostamento d'un dito potevo a mie piacere viaggiare dalle rive deI Nilo alle Montagne

Rocciose.,,30 Sarà un gioco di bambini, ma anche un esercizio fantastico e allo stesso tempo concreto: visualizzare le nazioni dei mondo, l'Italia, e infine l'isola "una zattera triangolare e tozza, fluttuante sopra le acque come l'arca deI diluvio.,,31 La Sicilia è un'isola di razze che hanno lasciato la loro eredità indeIebile: dove il mito è di casa; dove

28 G. Bufalino, La luce e illutto (Palermo: Sellerio, 1996): 41- 42. 29 ___ , "Il malpensante", Opere 1118. 30 ___ , I1fiele ibleo (Cava dei Tirreni: Avagliano editore, 1995): Il. 31 Ibidem 12. Greco-Martinez 12 la malattia è "colpa e vergogna,,;32 dove la morte è compagna assidua di giorno e di notte; dove è facile sentirsi cittadino del mondo, basta penetrare il mondo racchiuso di una biblioteca:

Là dove mi parlavano in un sublime esperanto, mischiati insieme e

consanguinei, Emily Dickinson e Gogol, Baudelaire e Novalis, Kalidasa e

Machado ... Ora so finalmente questa semplice verità: che mi è non solo

lecito ma doveroso dichiararmi nello stesso tempo cittadino di Dappertutto

e di Qui, piccolo borgo deI Far Sud, fra i monti Iblei e il mare; che mi è

non solo lecito ma doveroso accordare insieme nel mio spirito la musica

grandiosa dell'universo con quella d'uno zampillo di fontana al centro

d'una piccola piazza di paese sugli estremi bastioni meridionali

dell'Occidente.33

N el 1939 Bufalino ottiene la maturità c1assica. L' anno dopo si iscrive a Lettere all'Università di Catania. A causa della guerra frequenta solo per dare gli esami. Nel

1942 interrompe gli studi e come tantissimi giovani italiani è chiamato aIle armi. Ecorne tantissimi giovani si domandarono prima di morire, lui si domanderà per sempre quale codice del mondo ha permesso all'uomo di commettere le atrocità di cui è stato testimone. L' esperienza della guerra sarà per Bufalino la fine dei suoi ideali, della sua fede, della sua fiducia nell'essere umano:

E sarà certo l'esperienza dei diciott'anni, ma non ml capacito che

qualcuno voglia arruolarmi comparsa, forse complice, III

32 Dai 14 punti dell' "Identikit deI Siciliano Assoluto. 7mo. punto : Sentimento della malattia come colpa e vergogna. " G. Bufalino, La /uce e il/utto 23. 33 Ibidem 12-13. Greco-Martinez 13

quest'inverosimile Grand Guignol; e che s'intesti a confondere i codici

d'un mondo che ancora mi sto affannando di capire. 10 che sento le grandi

maiuscole, Stirpe, Onore, Nazione, Popolo, Impero, sgonfiarmisi sotto la

lingua col sibilo di un palloncino. 34

Da soldato nel1942 frequenta un corso Allievi Sergenti a Campobasso e un corso

Allievi Ufficiali a Fano. Ne} '43 viene nominato sottotenente di fanteria e inviato a

Sacile, in Friuli. In Sa/di d'autunno, fra i racconti ce n'è uno, "Il soldato impossibile," in

cui si rispecchiano vivamente Bufalino e la sua esperienza di soldato: un soldato restio

perfino a cap ire il funzionamento elementare di una pistoIa ad acqua; un soldato che si

rifiuta di caricare il fucile 0 la pistoIa, che si rifiuta di fare la guerra, che si rifiuta di

uccidere:

Che il nostro Paese non potesse in alcun modo vin cere la seconda guerra

mondiale mi fu chiarissimo un giorno di novembre deI '42, quando da

semplice fantaccino fui promosso sergente allievo ufficiale e m'avviai a

diventare, come in pochi mesi diventai, sottotenente a tutti gli effetti. [ ... ]

Che un individuo di suprema, in qualche modo prodigiosa, inettitudine

militare; [ ... ] incapace perfino di avvolgersi [ ... ] le fasce; che un tale

soldato impossibile venisse impunemente abilitato a guidare in

combattimento un plotone di veterani, decidendone sul terreno la vita e la

morte: lui, COS} stralunato e sorpreso dall'evento stesso di esistere ... beh,

. 34 G. Bufalino, Calende greche 65. Greco-Martinez 14

non mi ci volle molto a caplre che, se questo poteva accadere III un

esercito, per quell' esercito l' ora deI catafascio era suonata. 35

Si puo capire da questo breve scritto ironico e triste quale fosse 10 stato d'animo di Bufalino, quale disillusione gli si era infiltrata nel cuore. Fra le sue opere solo in

Calende greche, nel racconto "La neve e il sangue," si scopre un po' la sua anima, la sua ribellione, che si spegne nella realizzazione che in fondo non serve a nulla ribellarsi:

Corn' è che tutti, con un dito sulle labbra, lasciamo che l' orrore proceda,

badando solo a salvarci dall'ecatombe, partecipandovi anche, ricattati

dalla turpe scommessa di uccidere 0 essere uccisi. [ ... ] A me pare stanotte,

di correre all'impazzata, senza nemmeno scorgere il doppio nemico che

mi sta dietro e davanti. Solo come una mosca nella trappola d'una boccia

di vetro. [ ... ] Pure la tentazione è imperiosa, stanotte, di non correre più,

di sedermi da disertore su un paracarro, in attesa che chiamino a gran voce

il mio nome nel contrappello celeste.36

Bufalino viene catturato dai tedeschi dopo l'armistizio. Con l'aiuto di una ragazza, Sesta Ronzon, che aveva conosciuto al suo arrivo a Sacile, riesce a fuggire e si nasconde nella campagna friuliana. Fallito il tentativo di unirsi a un gruppo di partigiani raggiunge a1cuni suoi amici a Reggio Emilia. Nell'autunno deI 1944 Bufalino si ammala di tisi ed é ricoverato nell'ospedale di Scandiano.

La degenza nell' ospedale di Scandiano diventa un antidoto alla sofferenza fisica e mentale di Bufalino. Lo scantinato dell'ospedale era diventato il nascondiglio della

35 G. Bufalino, Sa/di d'autunno 237. 36 ___ , Ca/ende greche 76 - 77. Greco-Martinez 15 biblioteca deI dottor Biancheri, il primario dell' ospeda1e, che desiderava proteggerla daï peri coli della guerra. Bufalino ottiene la chiave dello scantinato e passa il suo tempo a leggere tutti quei libri che aveva sempre desiderato di leggere. Insomma per Bufalino la malattia è il suo ingresso nell , Europa letteraria.

Siamo nell'autunno deI 1944, quindi si tratta della letteratura degli inizi dei

Novecento. Bufalino che aveva avuto l'opportunità di leggere gli autori italiani e stranieri di fine Ottocento durante gli anni di liceo, ora ha il piacere di scoprire quegli scrittori che hanno marcato indelebilmente il Novecento: Proust, Kafka, Joyce, Mann, Sartre, Camus.

Nel 1946 viene trasferito in un sanatorio in Sicilia, fra Palermo e Monreale: la "Rocca" che sarà il "teatro" della Diceria. Durante la degenza collabora con alcune riviste lombarde e si iscrive all'università di Palermo. Ormai guarito dalla tubercolosi, viene dimesso nel 1947, consegue la laurea37 e ritoma a Comiso. Per due anni insegna nell'Istituto Magistrale di Modica. Nel 1951 ottiene il trasferimento all'Istituto

Magistrale di Vittoria, poco distante da Comiso, dove insegnerà per altri venticinque anni. Nel 1981 pubblica il suo primo romanzo Diceria dell'untore che vince il premio

Campiello; Museo d'ombre esce nel1982 con una raccolta poetica L'amaro miele. Nello stesso anno decide di sposarsi con una sua ex allieva, Giovanna Leggio, dopo venticinque anni di fidanzamento. Traduce, nel1983, lfiori dei male di Baudelaire el duefratelli di

Terenzio. Nel 1984 pubblica Argo il cieco, l'anno dopo Cere perse che vince il premio

"Elba." Seguono Il malpensante nel 1987, e, nel 1988, La luce e illutto, Saline di Sicilia e Le menzogne della notte, che vince il premio "Strega." Saldi d'autunno, una raccolta di testi, che vincerà il premio "Nino Martoglio," viene pubblicato nel 1990. Collabora

37 "Con una tesi dal titolo 'La riscoperta dell'antico e gli studi di archeologia in Italia dei XVIII secolo." Cronologia di Francesca Caputo. Diceria del/'untore XVI. Greco-Martinez 16

anche alla sceneggiatura deI film tratto da Diceria dell 'un tore , per la regia di Beppe Cino.

Nel 1991 fa dono dei suoi libri alla Biblioteca Comunale di Comiso e pubblica il

romanzo giallo Qui pro quo e Il Guerrin meschino, frammento di un 'opra di pupi. Nel

1992 escono Calende greche e Il tempo in posa. L'ultimo suo romanzo Tommaso e il fotografo cieco ovvero Il Patatrac è pubblicato nel 1996. Muore il 14 giugno dello stesso

anno, a seguito di un incidente stradale. Greco-Martinez 17

Vanno le avanguardie all'assalto, baldanzose e vociferanti. Ma siarno noi della retroguardia che, per salvargli le spalle, senza nemmeno soffiare nel como, resistiarno e rnoriarno a Roncisvalle. 38

1.2. Bufalino e il suo tempo

Bufalino lascia il sanatorio di Palermo nel 1947. Anche se guarito porta dentro di se una lacerante ferita che non si potrà mai cicatrizzare. Rimedio "palliativo e placebo" sono la scrittura: "si scrive ... per dimenticare, per rendere inoffensivo il dolore, biodegradarlo, come si fa coi veleni della chimica.,,39 L'amore per la parola scritta, per la lettura, per la letteratura in generale sarà dunque l' essenza della sua vita e "a somiglianza della giovane principessa delle Mille e una notte ognuno parla ogni volta per rinviare l'esecuzione, per corrompere il carnefice.,,40 La guerra, la malattia, sore Ile congiunte della morte, che sono fra i terni scelti per il suo romanzo Diceria dell 'un tore, hanno distrutto tutto cio che di bello è nella sua vita, si sono portate via la sua giovinezza, il sentimento di avere uno scopo nella vita, la speranza di raggiungere qualsiasi forma di felicità. Ed è in uno stato d'animo cosi sfiduciato e vuoto che Bufalino inizia, nel 1950, a scrivere la sua tragica storia, la sua Diceria, "annegandola in un aria fantastica e magica che la disarmasse,,:41 cioè recuperando solo quei ricordi che non fanno male e non si sà se sono "miraggi, favole, [0] sogni di favole.,,42 È una tecnica che lascia allettore ampio spazio di interpretazione, come lui stesso, in "Autoritratti a richiesta," spiega:

Dell'argomento deI libro, sappia, chi non l'ha letto, che vi si racconta la

convivenza di alcuni reduci di guerra [ ... ]. Un'esile trama, come si vede.

38 G. Bufalino, Bluffdi parole (Milano: Tascabili Bornpiani, 2002): 30. 39 ___ , Cere perse (Palermo: Sellerio, 1985): 17. 40 Ibidem 16. 41 G. Bufalino, "Guida-indice dei terni," Diceria dell'untore 177. 42 ___ , "Il rnalpensante," Opere 1094. Greco-Martinez 18

E a bella posta, direi, visto che moiti snodi romanzeschi nmangono

irrisolti, negligentemente proposti, ma subito censurati 0 scordati (i

rapporti deI medico con la moglie; deI protagonista con una defunta e

misteriosa Sesta; l'infanzia forse incestuosa della ragazza; il suo segreto di

ex kapà .. . ). Cio rientra nell'uso 0 forse abuso di una tecnica fortemente

ellittica e contratta (a smentita dell'apparente esuberanza stilistica), la

quale aspira a stipare nel minimo spazio verbale [ ... ] quanti messaggi più

puo, per consentire allettore 10 sforzo e il piacere di estrarneli da Sè. 43

Il primo abbozzo risale al 1950. Sarà ripreso nel 1971, completato e poi sottomesso ad una "revisione ininterrotta" per ben dieci anlll. Ne! 1981, dietro raccomandazione di Leonardo Sciascia, viene pubblicato dalla casa editrice Sellerio.

Ci si domanda: perchè Bufalino ha preso tutto questo tempo, quasi trent'anni, a scrivere il suo romanzo, perché non ha avuto alcuna premura di pubblicarlo? Una ragione crediamo stia nella sua reticenza a considerare la sua opera come definitiva: "La mia riluttanza alla stampa [ ... ] nasce da una discrezione nativa, [ ... ] per me un'opera puo solo dirsi veramente viva se, e finché è inedita, mobile, trasmutabile ad libitum come la vita.,,44 Un'altra ragione sta nel clima letterario dell'epoca: Bufalino stesso, in Ulla sua intervista, attesta di aver scritto il suo romanzo "stretto fra due cadaveri freddi: la salma deI N eorealismo e il feto dell' A vanguardia." 45

Quando Bufalino inizia l' abbozzo deI suo romanzo, negli anni subito dopo la guerra e l'esperienza della Resistenza, gli scrittori italiani sono in preda a un desiderio di scrivere, di raccontare i fatti vissuti: si tratta di una presa di coscienza dell'ltalia "reale" e

43 ___ , Sa/di d'autunno 246-47. 44 Ibidem 242. 45 G. Bufalino, Opere 1108. Greco-Martinez 19 di tutte le sue carenze e contraddizioni. Nasce il Neorealismo, un movimento testimonianza, caratterizzato da una volontà di correzione e di rinnovamento: "si presenta co SI come un'arte impegnata contro l'arte che tendeva ad eludere i problemi reali deI nostro Paese.,,46 Il Neorealismo diviene il portavoce delle masse popolari: di quella società assente da sempre dalla scena della letteratura italiana aulica. Calvino, in un saggio diventato famoso, scrive:

L'esplosione letteraria di quegli anni fu, prima che un fatto d'arte, un fatto

fisiologico, esistenziale, collettivo. A vevamo vissuto la guerra, e noi più

giovani - che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano - non ce

ne sentivamo schiacciati, vinti, "bruciati", ma vincitori, spinti dalla carica

propulsiva della battaglia appena conc1usa, depositari esc1usivi della sua

eredità. [ ... ] L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che

non aveva risparrniato nessuno, stabiliva un'immediatezza di

comunicazione tra 10 scrittore e il suo pubblico. 47

Ma per Bufalino non è cosi. Anche lui ha vissuto la guerra e ha fatto, in parte, il partigiano, ma ne è uscito vinto, sconfitto, depositario di orrori di cui non potrà mai scnvere.

In Diceria dell 'un tore Bufalino giustifica il suo rifiuto a unire la sua voce a quella di tanti scrittori che, "schierati con i partiti di sinistra," sentono il bisogno di manifestare la loro fiducia nella nuova società attraverso la letteratura:

Cosi, chi da poco chi da pochissimo, vivevamo alla Rocca insieme ad altri

[ ... ] cascami della storia, uno sfrido umano. [ ... ] Agli etemi protocolli e

46 Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario Vol. V (Milano: Principato, 1994): 938. 47 Halo Calvino, Introduzione a Il sentiero dei nidi di ragno (Torino: Einaudi, 1970): 7. Greco-Martinez 20

controlli davanti a un corpo di guardia ci eravamo una volta di più con

disciplina piegati. (21) [ ... ] Nell'asfissia deI sentire, che a gara con l'altra

deI respiro ci soffocava le fauci, ogni parola grande stingeva, appariva una

truffa di adulti. Anche la libertà, anche la verità. (25)

Si sente l'angoscia di ritrovarsi senza nessun appoggio, senza nessun valore a cui aggrapparsi. Per Bufalino e per tutti quelli come lui, reduci e toccati dalla tubercolosi, niente ha più importanza. A che serve ribellarsi, chiusi nella loro "arca," divisi dal resto degli uomini, "ciascuno, un guardiano di faro scordato dagli uomini sopra uno scoglio di

Mala Speranza" (45).

Sono gli anni '58 - '60. "Il miracolo economico," il "boom" apporta una grande trasformazione nella vita di ogni italiano. Tutti ne sono toc cati e le conseguenze si faranno sentire nei movimenti di protesta di studenti universitari, operai, e sindacati, schierati tutti contro le autorità che non avevano ancora capito che 10 sviluppo economico esigeva una ristrutturazione adeguata ai bisogni della nuova società.48

Sul piano letterario si verifica una simile protesta. A tutte le speranze di rinnovamento dell'immediato dopoguerra si sostituisce il rifiuto di qualsiasi ideologia e impegno. Si sviluppa una tendenza a sperimentare nuove forme e contenuti che rispondono al nuovo clima culturale e sociale; si rifiuta illinguaggio letterario - sintassi, punteggiatura, metrica - sostituendolo con il linguaggio quotidiano, alla portata di tutti,

48 "Da questi avvenimenti derivano suggestioni e riflessioni che saranno in vario modo presenti nel 'movimento' deI '68: il mito di Mao [ ... ]; una valutazione fortemente critica nei riguardi dell'URSS e deI 'socialismo reale'. La 'grande tempesta deI Sessantotto' (Colletti) si scatena [ ... ] in Italia contro il potere (politico, culturale, accademico) e contro il costume, il modo di vita, i valori 'borghesi'. Università e Licei occupati, agitazioni studentesche, scontri violenti contro la polizia, attacchi contro i più rappresentativi esponenti dell' establishment accademico, culturale, politico ne sono le manifestazioni più vistose. Viene sottoposto ad impietoso esame e rifiutato l'intero assetto della società: è Ïnsomma Ulla contestazione globale." Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario 905-06. Greco-Martinez 21

in un processo di sperimentazione che possa stabilire un nuovo codice linguistico adatto

alla nuova società capitalistica dei "mass media." In breve, si contesta la letteratura e le

poetiche allora dominanti: il Neorealismo e l'Ermetismo. DaI cosiddetto Gruppo 63 nasce

il movimento della Neoavanguardia e la convinzione che per la società modema l'unico

spazio possibile di contestazione è quello letterario. 49

Bufalino non si riconosce in nessuno di questi movimenti. Spiega le sue ragioni in

un' intervista concessa a Massimo Onofri:

Feci presto, a guerra finita, a rendermi conto della dose di caducità che

ineriva all'esperienza neorealista, soprattutto nella sua programmaticità.

Non è che il neorealismo non abbia dato risultati anche altissimi, ma è

vero che esso era in parte condizionato da una presunzione ideologica che,

in modo molto grossolano, si puo ricondurre allo zdanovismo russo.

Quanto alla neoavanguardia, m' è parsa sempre qualcosa di frigido e di

calcolato, un prodotto di tavolino, non un movimento che nascesse da

un'autentica rivolta, da una vera passione, anche letteraria.5o

Questo processo di contestazione vien man mana ad eclissarsi. Nel '71, Bufalino

riprende a scrivere il suo romanzo, vent' anni dopo il primo abbozzo. Che la situazione

letteraria degli anni Sessanta 10 abbia, in un certo quaI modo, trattenuto dal pubblicare il

suo romanzo, non lascia alcun dubbio. Peter Hainsworth scrive:

Perhaps we can also see reasons, beyond natural reticence, why Bufalino

did not publish until late in life. He has said that the neorealist "ice-age"

49 Sul piano letterario: "occorreva distruggere Ulla concezione della letteratura come mimesi della realtà [ ... ] e bisognava rivoluzionare illinguaggio". Romano Luperini, La scrittura e l'interpretazione Vol. 6, Tomo 2 (Firenze: Palumbo, 1998): 1013. 50 Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La voce repubblicana ·6 - 7 maggio 1988. Greco-Martinez 22

was an unpropitious time in which to bring out Diceria deU 'untore, and

one can see why. The absence of a political stance and a historical vision

of any sort, let al one the left-oriented impegno as it was understood in the

1940s and 1950s, the refusaI to imitate the spoken language preferably the

language of the pop%, must have inevitably have marked the book as

reactionary.Sl

Diceria deU 'un tore riflette la letteratura europea degli anni pre-bellici, quella letteratura che Bufalino ha occasione di scoprire durante la sua degenza a Scandiano e soprattutto quella francese, alla quale si sente più vicino. Lo stesso Sciascia, nell'intervista a Bufalino, dichiara: "e cosi, fuori dalla Sicilia e come casualmente, le è accaduto quel che ad ogni siciliano colto accade nell'ordine delle cose: l'ancoraggio alla cultura francese."s2

1 terni principali della Diceria: la malattia, il sanatorio, la morte fanno parte della tradizione europea, basti pensare a Thomas Mann e la Montagna incantata; ma Bufalino non condivide l'interesse di Mann per "la posizione dell'artista nel mondo borghese: un essere travagliato [ ... ] inteso a riscattarsi dalla seduzione della morte per approdare a un nuovo umanesimo che consista in un'accettazione consapevole della vita e delle sue ambiguità,,;S3 egli invece, nutre una sfiducia totale della vita. Il suo pessimismo fa parte deI suo bagaglio di siciliano, al quale unisce l'influenza della letteratura decadente europea. Pero, Bufalino "non ambisce di sondare gli abissi dell'anima,,,S4 con l'analisi psicologica spesso associata ai romanzi deI periodo decadente. Da questa si tiene lontano;

51 Peter Hainsworth, The new Italian novel a cura di G Baranski e L. Pertile, (Edimburgh: University Press, 1993). 52 Leonardo Sciascia, "Che maestro, questo Don Gesualdo," L 'Espresso 1 marzo 1981. 53 Mario pazzaglia, Il Novecento vol. 4 (Bologna: Zanichelli, 1992): 524 54 G. Bufalino, La luce e illutto 20. Greco-Martinez 23 e non è neanche unD scrittore della memoria proustiana, quella memoria involontaria provocata da sensazioni varie. Per Bufalino la memoria è "dare un senso al proprio passato e, nello stesso tempo, di dare anche un senso all'insensatezza della vita.,,55

Possiamo concludere, allora, che Bufalino, nel rifiutare le tendenze letterarie della sua epoca, sia per la sua propria ideologia dello "scrivere" e sia per un suo innato senso di marginalità, si affida a cio che è più importante per lui: la parola scritta, la sua musicalità, la sua purezza, cioè una parola (0 una scrittura) depurata dagli influssi delle mode.

Bufalino, a suo agio nella sua "isola" letteraria racchiude in un ironico aforisma la sua opinione del clima letterario:

Quanta fretta! E che smania, ogni giorno, di ingurgitare e vomitare una

moda, un autore, un'idea! Mentre non abbiamo ancora finito, temo, di

capire i presocratici.56

55 Salvo Nibali, "Scrivere? E' ricordare," Prospettive Cultura 28 maggio 1989. 56 G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1042. Greco-Martinez 24

Il forte sonaglio, l'astuta chitarra non fanno che strepitarmi dentro la testa: isola mia, ridammi le tue feste pompose e intrepide come una sciarra. 57

1.3. Bufalino e la Sicilia

Bufalino è uno scrittore legato alla sua terra; non ha mai lasciato la Sicilia tranne che per la guerra e per qualche breve viaggio. Il motivo è semplice e ambivalente allo stesso tempo, proprio alla maniera di Bufalino: da un lato il bisogno di stare nel suo paese58 e dall'altro il suo non bisogno di uscime.59

C'è un capitolo, il XV, nella Diceria, nel quale Bufalino apre una finestra sulla

Sicilia: "Fra i si e i no del sonno m' era parso di udire castagnole e scampanii lontani"

(111). Un intermezzo di breve durata per dare sfogo al desiderio di descrivere un paese, un qualunque paese della Sicilia, come se 10 vedesse attraverso la lente di una macchina fotografica 0 da una poltrona di teatro in prima fila 0 attraverso gli oc chi di un figlio devoto. E la Sicilia che Bufalino descrive è soffusa di nostalgia, quella deI passato al quale si aggrappa con l'aiuto della memoria per poter ritrovare la freschezza deI primo incontro con le cose; per dimenticare la guerra, la malattia e rivedere le cose con "la [sua] dilapidata immortalità di bambino,,,60 per sentirsi più sicuro.

57 G. Bufalino. "Parole da lontano," Opere 737. 58 "Mi ricordo che un giorno, a Colonia, nel '64, durante un viaggio in macchina con un amico, fui coIto da un cosi straziante crepacuore di fronte a un cielo che parlava una lingua lontana che rifugii verso il Sud a precipizio, sentendo a ogni pietra miliare che mi ci avvicinava una vampata di felicità." "Intervista di Leonardo Sciascia," L 'Espresso 1 marzo 1981. 59 "Non è necessario partire, semmai è consigliabile ritornare. Un tempo 10 Stretto di Messina era largo per un intellettuale siciliano quanto un Atlantico, varcarlo significava veramente sottrarsi a un silenzio, a una solitudine. Oggi è diverso, oggi Roma e Milano non offrono più moIte occasioni e sodalizi culturali e morali. E poi sono luoghi troppo grandi, troppo pieni. [ ... ] Meglio Comiso." Antonio Ortolea, "Capodanno con quattro scrittori siciliani: Addamo, Bonaviri, Bufalino, Testa." Giornale di Sicilia gennaio 1984. 60 G. Bufalino, Museo d'ombre 6. Greco-Martinez 25

Bufalino, più di ogni altro scrittore siciliano, ha dedicato moIti dei suoi scritti alla

Sicilia, alle "tante Sicilie" come lui dice, ma non per porsi a giudice delle frodi e delle violenze della mafia e neanche per cercare soluzioni attraverso false ideologie 0 per rinvangare il passato cercando di trovare un colpevole. Lui preferisce scrivere la Sicilia deI passato, quella delle piccole cose di tutti i giomi, che non hanno mai fatto storia, e che tiene a immortalizzare prima che spariscano deI tutto. Dipingere la Sicilia, non irreale ma depurata dalla patina di brutture: "Si dice Sicilia, e subito bruciano le labbra parole come

'mafia', 'omertà', 'onore', 'gallismo', 'gattopardismo.'" 61 Esempio è il suo libro Museo d'ombre dedicato ai "mestieri scomparsi," ai "luoghi di una volta," ai "motti e proverbi" in disuso:

Nate via via come schede di una collezione mentale di opere, giomi, gesti,

linguaggi e luoghi scomparsi, queste "ombre" non pretendevano certo di

risuscitare il vario teatro di cui si movimentava ogni giomata deI mio

paese [ ... ]; ma volevano almeno supplime privatamente gli antichi colori,

[ ... ]. Vi si sentirà battere il cuore di una inedita Sicilia ionica, dove

"mafioso" voleva dire "sgargiante, superbo, leggiadro," e si diceva di una

ragazza; vi si potrà, pellegrinando fra le verità sommerse della civiltà

"familiare" trarre a riva qualche inaffondato relitto; riconoscere nella

compianta figura dei padri l'immagine di un'alleanza di occhi e mani leali,

l'ipotesi, insomma, di una comunità e di una terra abitabili. 62

61 ___ , La /uce e il/utto 12. 62 ___ , Museo d'ombre 5. Greco-Martinez 26

Bufalino parla di "tante Sicilie" perché tiene a far osservare allettore che, a parte quello che tutti sanno, cioé che la Sicilia è un crogiuolo di razze e di costumi, ogm pezzo, ogni angolo di essa corrisponde ad una sua faccia diversa:

Vi è la Sicilia verde deI carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla

dello zolfo, quella bionda deI miele, quella purpurea della lava. [ ... ] Vi è

una Sicilia "babba," cioé mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia

"sperta," cioé furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della

frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua

nell' angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di

camevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di

abbagliato delirio... 63

Tutto questo fa parte deI bagaglio culturale non solo di Bufalino ma di ogni intellettuale siciliano. Verga, Pirandello, Vittorini, Brancati, Sciascia, tutti scrittori cari a

Bufalino e dei quali si sente l' eco in tutte le sue opere, condividono, ognuno a suo modo, il sentimento di questa diversità culturale.

Romano Luperini, in un convegno sul tema "Narrare, oggi, in Italia" tenuto a

Certaldo il 30, 31 ottobre e 1 novembre dei 1981, passa in rassegna tutti gli scrittori esordienti di quell'anno. Fra questi Bufalino con il suo romanzo Diceria de!l'unfore.

Scrive Luperini:

[ ... ] Il libro, (scritto - informa l' autore - aIl' epoca della "glaciazione

neorealista," pur cosi teso e letterariamente godibile, appare datato e

inseparabile da una pur nobile tradizione letteraria siciliana (penso anche a

63 ___ , La /uce e il/utto 17. Greco-Martinez 27

Il gattopardo) in cui decadentismo artistico, estraneità sociale e

scetticismo ideologico variamente si combinano.64

Luperini ha, in fondo, ragione perché per "uno scrittore siciliano" dice Bufalino, è impossibile "non scrivere della Sicilia: della sua gente, dei luoghi, della storia, dei vizi, delle virtù ... Di qualunque argomento ragioni, anche il più eccentrico, il siciliano ragiona in effetti sempre della Sicilia, e di sè dentro la Sicilia, e della Sicilia dentro di Sè.,,65 Ma questo non toglie allo scrittore siciliano la sua universalità come ben dimostrano le opere di indiscusso val ore di Pirandello 0 di Verga 0 di Sciascia, tanto per menzioname alcuni.

In un saggio dedicato a Pirandello, Bufalino descrive cosa significa per uno scrittore siciliano es sere siciliano:

Per noi siciliani, ripeto, non per voler ridurre il peso europeo e univers ale

dello scrittore, bensi per insinuare che il suo essere europeo e univers ale

risulta inzuppato e come saturato dal suo essere siciliano. Pensate a una

corrente marina, alla Corrente deI Golfo, poniamo, la quale attraversa

l'Atlantico intero senza percio cessare d' esser se stessa, con una salsedine

propria, una temperatura propria; ma che non appare in nulla diversa dal

corpo acqueo totale dell' oceano aIl' occhio deI marinaio che la naviga 0

dell'albatro che la sorvola. Allo stesso modo la Sicilia sta dentro l'Europa

pirandelliana senza distinguersi da essa e tuttavia restando incontaminabile

e propria.66

Conversando con Leonardo Sciascia, di cui era grande ami co, Bufalino ammette di sentirsi anch'egli europeo per cultura ma sempre siciliano nel suo essere:

64 Romano Luperini, "Narrare, oggi, in Italia," Produzione & Cultura gennaio 1982. 65 G. Bufalino, Il fiele ibleo 7. 66 ___ , "Parole in occasione di un premio di provincia intitolato a Pirandello," Saldi d'autunno 66. Greco-Martinez 28

Con la Sicilia i miei rapporti sono di qualità schizofrenica. E tuttavia, più

mi sforzo di sbucciarmi di dosso la pelle indigena e di promuovermi 'totus

europeus,' più tendo a raccogliermi e ricucirmi dentro la mia terra e la mia

civiltà. 67

E quindi qual'è la Sicilia della Diceria? È l'isola dentro l'isola, simboleggiata dal sanatorio la Rocca; è il campo di concentramento dal quale si esce solo da morti:

"custoditi, intomo, da un reticolato noi e nessun altro in Europa" (21); è la Sicilia deI suo paese che vorrebbe ma non puo più ritrovare come l'aveva lasciata prima della guerra perché tutto in lui non è più 10 stesso, come non è più 10 stesso il suo paese. Cosi

Bufalino nella sua Diceria descrive una Sicilia svuotata da ogni implicazione mafiosa, da ogni presenza estranea lasciata dalla guerra e la fa vedere semplice e pulita come attraverso gli occhi di un bambino nel giorno della festa deI paese con "festoni di lampioncini e tralicci di fuochi d'artificio,,,68 oppure come la si vedrebbe attraverso una cartolina postale:

Era un paesotto popoloso [ ... ] ma non triste. A giudicare dalle case dipinte

di blu meteIene, ciascuna delle quali sui grami usci inalberava a comice

un'odorosa pergola di gelsomino. Scurissime le facce, ma allegre di

sapone recente. [ ... ] E già uscivano per la prima messa le ragazze, [ ... ]

camminavano come signore, distribuendo a destra e a manca la tenera

mafia degli occhi. E l'umile fondale deI vicolo da cui sbocciavano, fra

gabbie di galline e zacchere sparse, piuttosto che mortificare l'alterigia deI

passo, pareva conferire un di più di gloria e di teatro alla scena. [ ... ] Nè mi

67 "Intervista di Leonardo Sciascia," L'es pressa 1 marzo 1981. 68 "E allora mi torno a mente di aver visto la sera prima, attraversando il paese, festoni di lampioncini e tralicci di fuochi d'artificio innalzati lungo la via principale." Diceria dell'untore Ill. Greco-Martinez 29

sfuggirono, dai ruscelli di straducce adiacenti, altri scorci e lampi di

esistenza immediata: li due mani di donna tese a reggere un piatto spaso di

Caltagirone su cui il venditore faceva piovere una cascata di lupini gialli;

qui, attraverso i vetri di un caffé, ricciute teste alluttate, curve su un

tappeto verdebandiera dove con pazienza biglie si rincorrevano. (112)

È un'immagine dove il blu delle case è addo1cito dal bianco deI gelsomino in flore; dove le ragazze sono in festa e le galline e le pozzanghere di fango sono addolcite dalla tranquillità e serenità della scena. Bufalino non mette in risalto l'aspetto peggiorativo deI luogo, quello lui 10 trasforma facendolo osservare da un obiettivo diverso. Viene in mente per contrasto la descrizione di Donnafugata ne Il gattopardo, dove invece l'aspetto decadente, arretrato e passivo della Sicilia e dei siciliani è messo in evidenza:

Intravista neI chiarore livido delle cmque e mezzo deI mattino,

Donnafugata era deserta e disperata. Dinanzi a ogni abitazione i rifiuti

delle mense miserabili si accumulavano lungo i muri lebbrosi; cani

tremebondi li rimestavano con avidità sempre delusa. Qualche porta era

già aperta ed illezzo dei dormienti pigiati dilagava nella strada; al barlume

dei lucignoli le madri scrutavano le palpebre tracomatose dei bambini;

esse erano quasi tutte a lutto e parecchie erano state le mogli di quei

fantocci sui quali s'incespica agli svolti delle "trazzere.,,69

Bufalino preferisce giustificare il comportamento e l'indole deI siciliano in quattordici punti che lui chiama "Identikit deI Siciliano Assoluto,,,70 ma allo stesso tempo

69 Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo (Milano: Feltrinelli, 1997): 168. 70 G. Bufalino, La luce e illutto 23. Greco-Martinez 30 si identifica a Esopo come dice Salvatore Russo nel suo saggio: "E noi, che della Sicilia e dei siciliani qua1cosa crediamo di sapere, siamo felici di avere, oltre a un severo, impietoso 'censore,' come Leonardo Sciascia, anche un amabile, ironico Esopo, come

Gesualdo Bufalino.,,71 Un Bufalino a cui piace raccontare, a cui piace vestire la verità come un'arlecchina daï mille colori e trovare ostinatamente qua1cosa di bello nel brutto che 10 circonda:

Coniugare favola e memoria e insinuare sotto le più preziose maschere

della maniera qua1che tremito di strazio e una remota dimenticata pietà.

Tutt'intomo una latitanza, 0 comunque indecisione 0 inerzia della storia,

anche se un film di ferocie 0 feste temporali s'intraveda sfilare per

incidens dietro le spalle dei personaggi. (179)

La Sicilia è solo un intermezzo nella Diceria, un intermezzo che serve a indicare il viaggio intrapreso dall'autore: "un viaggio importante, ma [ ... ] difficile capire se fra gli angeli 0 sottoterra" (132). Un viaggio che inizia col tentativo di spiegare il volo attraverso la scrittura verso nuovi orizzonti; approdare in Europa e poi tomare disfatto dalla guerra e straziato dagli orrori vissuti, e come dice lui stesso: "al posto di una parte di prim' attore, già scritta, improvvisare le battute di una comparsa" (131).

71 Salvatore Russo, "1 terni della Sicilia e della morte nelle opere di Bufalino," Studi novecenteschi a. XIX, n. 43-44, giugno-dicembre 1992-: 50-82. Greco-Martinez 31

PARTE SECONDA: IL TESTO Greco-Martinez 32

Queste parole di un uomo dal cuore debole, sorta di macchine 0 giochi per soffi-ire di meno, ad altri uomini dal cuore debole: 72

II.1. La scrittura

Bufalino è ossessionato dalla parola. La sua predilezione per 10 stile alto, barocco, ncco di sostantivi, aggettivi, figure retoriche, dove predomina il linguaggio figurato, dimostra la mmUZlOsa attenzione alla costruzione deI discorso. Partendo da questa constatazione vogliamo richiamare l'attenzione su tre aspetti della scrittura di Bufalino.

Il primo è l'intertestualità linguistica; questo comporta la trasposizione della sua lingua materna, il siciliano, con tutti i suoi colori, armonie e modi di dire, all'italiano, la lingua in cui scrive, con l'inserimento nel discorso di parole e espressioni non italiane.

Il secondo è la tendenza dello scrittore ad adoperare la parola per rivivere i ricordi dopo averne esorcizzato il dolore attraverso 10 "strumento della fantasia."

Il terzo è la dimensione ludica della sua scrittura.

Il primo aspetto consiste nella trasposizione dai siciliano in italiano, sia deI pensiero che deI parlare: "Il 'siciliano' per rendersi armonioso, cambia continuamente i suoi fonemi. Un fonema, a seconda dei casi, puo cambiare in diversi fonemi, anche nello stesso periodo d'un discorso, come si verifica, più che in altre zone della Sicilia, in quella iblea.,,73 Per trasmettere la musicalità, il colore, la ricchezza dell'espressione in dialetto,

Bufalino si affida aIle allusioni foniche, ai richiami sonori e alla retorica, a guisa dei grandi modelli della letteratura italiana. Infatti la maggior parte dei critici che hanno

72 G. Bufalino. "Dedica, dopo moiti anni" Opere 695_ 73 "Es: Due ragazzi divisero in due i loro panini, per darne meta' ad altri due ragazzi_ Rui picciuotti spartieru an nui 'i sa cudduredda pi ddarini mitati a ddui autri picciuotti. Col cambiare deI 'fonema', cambia di conseguenza la 'lettera"'. Giovanni Ragusa, La lingua siciliana (Modica: Edizioni Associazione Culturale "Dialogo" 1989): 19. Greco-Martinez 33 scritto su Bufalino si sono soffermati a lodare l'alta letterarietà della sua scrittura. Per esempio, la ricorrenza della "s": "scorre ... statura ... strapiomba ... sporgendomi," sembra evocare un sibilo, una sensazione di vento. Il ritmo, il movimento, le sensazioni, create da combinazioni di parole come "il ribrezzo di pozzo e con esso l'estasi[ ... ]come dell'orridezza nuova dell'aria; calarsi di grotta in grotta[ ... ] fino al fondo dell'imbuto," sono "allusioni foniche" che Stefano Lazzarin definisce "segno di alto tasso di letterarietà sul modello di testi importanti deI nostro Novecento, dal D'Annunzio di Forse che si,/orse che no, al Palazzeschi di La piramide, al Manganelli di Hilarotragoedia.,,74

In una intervista concessa a Laura Lilli,75 Bufalino dichiara: "Prima di tutto, c' è un problema linguistico comune a tutti: dover compiere un salto 'innaturale' dal dialetto alla lingua ci conduce a soluzioni 'iperdotte' per eccesso di difesa. È difficile che un siciliano scriva in modo naturale. Per noi l'italiano è unD strumento da conquistare, 10 scriviamo come Conrad scriveva l'inglese." Si puo capire, dunque, la minuziosa cura dedicata alla costruzione della Diceria.

Vi troviamo un'armonia di assonanze:

o quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia [ ... ] un ribrezzo di

pozzo. (7)

Pustole, scrofole, [ ... ] glaucomi, fibromi, blastomi. (15)

Peste, uste, minuzie. (19)

Anche la libertà, anche la verità. (25)

Quest'uomo canuto, minuto. (53)

E illimitate allitterazioni:

74 Stefano Lazzarin, "Gesualdo Bufalino: questioni editoriali e interpretative." ltalianistica Anno XXIV N. 1 (gennaio/aprile 1995): 197. 75 Laura Lilli. "Bufalino si nasconde" La Repubblica 9 novembre 1990. Greco-Martinez 34

Sognare 10 stesso sogno. (7)

Nell' asfissia deI sentire, che a gara con l' altra deI respiro ci soffocava le

fauci, ogni parola grande stingeva, appariva una truffa di adulti. (25)

E io pensavo [ ... ] alle sue mernbra emissarie d'umori, ai suoi sputi,

colaticci, sudori, lacrime, essudati, ai suoi profluvi d'emorroissa dannata,

alle sue emottisi trionfali. (78)

Trucioli erano, i suoi discorsi, trucioli d'oro finto, un piumaggio che si

spiuma, un pulviscolo di perline. (82)

Nella "Guida-indice dei terni" in Appendice al romanzo Diceria dell 'untore,

Bufalino tiene a farci sapere che l'idea di scrivere la Diceria, nacque dal ricordo di alcuni versi deI poeta arabo Ibn Zafar, in cui sono accoppiate parole legate da una "parentela e coalizione espressiva e musicale (non altrirnenti da un sol, da un re minore premeditato nasce una sinfonia)" (178). Come un musicista compone con le note cosi unD scrittore compone con le parole, che fa sue dal momento che le investe di tutte le cornponenti deI suo pensiero. La musica, come la parola, è parte intrinseca della scrittura di Bufalino, non solo per le associazioni foniche ma anche per i richiami sonori che nella Diceria sono innumerevoli:

Si scambiavano frantumi di suoni. (8)

Fu allora che ad aiutarla l'orchestra irruppe con la sua cabala più potente:

come su un'annegata archi e ottoni le si curvarono sopra, le sventolarono

sulla fronte un lenzuolo di suoni arnici, tutto un pandernonio di suoni

amici. (39)

Vincendo a stento con la voce le folate di un'orchestrina, Marta Greco-Martinez 35

ricomincio a parlare. (63)

Fra i si e i no deI sonno, m'era parso di udire castagnole e scampanii

lontani, ma a destarmi furono, sotto il balcone, con voci melodiose e

malandrine, i banditori dei tirassegno. (111)

Ma nessuno ha orecchio a cap ire la musica della sua esistenza, e a

fermarla al momento giusto. (122)

A questa "coalizione espressiva e musicale" si aggiungono le figure retoriche della metafora e dell'ossimoro, "che sono i cardini deI barocchismo bufaliniano.,,76 Un barocchismo 77 dei quale non ci dobbiamo meravigliare perché in Sicilia, il barocco é di casa, specialmente nella zona deI ragusano, luogo di provenienza di Bufalino, dove chiese e palazzi sono degni esemplari di puro stile barocco. Che questo stile si trasferisca alla scrittura non è da escludere, anche Maria Corti nella sua introduzione aIle Opere scnve:

L'accostamento dei contrari 0 antitesi 0 ossimoro è fatto intrinseco alla

personalità di Bufalino e tale da occupare luoghi capitali nella natura, nella

tematica letteraria e nello stile, come dire che è in un certo senso una sua

forma mentale. 78

"Ogni siciliano," scrive Bufalino, "è, difatti, una irrepetibile ambiguità psicologica e morale. [ ... ] Evidentemente la nostra ragione non è quella di Cartesio, ma quella di Gorgia, di Empedocle, di Pirandello. Sempre in bilico fra mito e sofisma, tra calcolo e demenza; sempre pronta a ribaltarsi neI suo contrario, allo stesso modo di

76 Stefano Lazzarin, Italianistica 20l. 77 "È un procedimento tipicamente barocco, anche se nel mio caso io parlerei di barocco borrominiano" nel ~uale "l'ornato è Ulla funzione, senza di esso l'architettura cadrebbe." G. Bufalino, Diceria dell'untore VI. 7 Maria Corti, "Introduzione" Opere IX. Greco-Martinez 36 un'immagine che si rifletta rovesciata nell'ironia di unD specchio.,,79 Questa ambiguità psicologica e morale, che Bufalino spiega nel suo "Identikit deI Siciliano Assoluto," 80 nella Diceria trova sfogo nell 'uso della metafora. Troviamo, appunto, una tendenza dell' autore a coniugare il pessimismo innato con il fasto delle parole. Più la morte fa paura e più si parla con lei e di lei. Nella Diceria la morte è cosi personificata:

La morte non è un signore ma una dama senza naso. (87)

Non c'era giorno 0 notte alla Rocca [ ... ] ch'io no ne intravedessi [ ... ] le

imbellettate fattezze, ora d'angela ora di sgherra. (9)

o la vita: stracciona e ronzante. (112)

La malattia, sentita come "colpa e vergogna" ma anche come deteriorazione e disfacimento deI corpo umano, è rappresentata come una presenza concreta, tangibile e a volte come un animale:

Sozzura sotto la giacca. (25)

Invisibile camola. (14)

Innominabile minotauro. (15)

La malabestia dentro di lui. (128)

Anche la Rocca, considerate una tomba, un luogo di sepoltura, un luogo di decomposizione, è paragonata a volte ad una arca di Noé e a volte ad un escremento d'animale:

Vecchia tartana in disarmo sul dosso deI monte. (16)

La vecchia arca in disarmo, senza una luce a bordo [ ... ] un livido

colombario di pietra [ ... ] col suo carico d'annegati. (133)

79 G. BufaIino, La /uce e il/utto 18. 80 Punto 14mo. "sentimento pungente della vita e della morte, deI sole e della tenebra che vi si annida." Greco-Martinez 37

Dev'essere brutta anche dall'alto: una cacca di vacca sulla collina. (70)

L'ossimoro 0 "l'accostamento dei contrari," come si è già detto è la figura retorica prediletta di Bufalino, la figura che si coniuga con "l'ininterrotto ossimoro che è la sua

Sicilia": paradiso e infemo insieme. Basti pensare ad alcuni titoli dei suoi libri: Arga il cieca, L'amara mie/e, La /uce e il/utta. Alcuni degli ossimori nella Diceria:

Era veramente divenuto un gioco, alla Rocca, volere 0 disvolere

morire. (8)

Oh si, furono i giomi infelici, i più felici della mia vita. (16)

Di poter mescolare aIle indiscrezioni deI desiderio un'oncia di incarognita

pietà. (43)

Certo ora mi attraeva [ ... ] osservare il guazzabuglio deI mondo e rideme e

piangeme con misura, come si conviene quando si fa eco aIle risa e aIle

lacrime degli altri. (56)

Aprimmo, alzammo gli occhi, e [ ... ] ci apparve una torma di miserabili e

tuttavia cordiali presenze. (63)

Ma quando, alla fermata, nell'atto di suonare insieme al cancello della

Rocca, sentimmo che ci seguiva alle spalle, ago pietoso e crudeIe, 10

sguardo dei passeggeri rimasti ci rattrappimmo come adulteri presi sul

fatto. (65)

"Oh," comincià lui stucchevolmente, senza mutare l'ossimoro ch'era ogni

volta il suo esordio, "oh il mio impaziente paziente .... " (96)

Risalimmo la fila in cammino, salutando con amicizia, senza ricevere di

ritomo altro che due dita a taglio sulla tesa della berretta, insieme a un Greco-Martinez 38

buio sorriso, in cui ostilità e rispetto in parti uguali si mescolavano. (107)

La profusione di metafore, di ossimori e di altre forme linguistiche dimostrano la grande abilità dello scrittore. Come in una partita a scacchi, (Bufalino ne è un esperto), ogni parola ha un suo posto ben preciso e ricco di significati:

Il registro alto, 10 scialo degli aggettivi, l' oltranza dei colori, mi pareva, e

pare, il modo che ci resta per contrastare l' ossificazione dei mondo in

oggetti senza qualità e per restituire ai nostri occhi ormai miopi il sangue

forte delle presenze e dei sentimenti. 81

In aggiunta alla ricchezza delle figure retoriche e delle forme linguistiche,

Bufalino ha innestato nel suo discorso espressioni in siciliano, genovese, inglese, tedesco, latino e anche versi in francese. Le espressioni in siciliano vengono inserite ogni qualvolta il protagonista-narratore esce dal sanatorio la Rocca, in libera uscita 0 quando

10 lascia per sempre, simbolo deI ritomo fra la sua gente:

Caiorda, panzaiarsa, malacunnutta. 82

Petra smossa nun pigghia lippu. 83

Augustu è capu d'inviemu. 84

Ammiscari. 85

'U sabbatu si chiama alleria cori / bbiatu cu avi bedda la muggheri 86

A cqua davantl· e ventu d'arren. 87

81 G. Bufalino, Sa/di d'autunno 246. 82 "Puttana, pancia assetata, donna di malavita." 66. In questo caso le parole sono dette da un'altro paziente deI sanatorio, la cui innamorata , che era guarita e aveva lasciato la Rocca, si era dimenticata di lui. 83 "Su pietra che si muove non cresce muschio" 77. 84 "Agosto è l'inizio dell'inverno" 103. 85 "Mescolare" 81. 86 "Il sabato si chiama cuore contento / beato è chi ha bella la moglie ... " 112. Una canzone popolare siciliana. 87 "Acqua davanti e vento dietro" 131. Greco-Martinez 39

Vassa benedica. 88

L'espressione in genovese è attribuita a Marta e simboleggia il suo non essere siciliana:

Buscar el levante por el poniente. 89

In inglese:

Begin' the beguine. (24)

Riessere, (to be or not to be) this is the question. (75)

Le parole in tedesco sono riservate al dottore quando si riferisce a Marta, la protagonista ebrea della Diceria, la quale era scampata al campo di concentramento, grazie ad un ufficiale tedesco:

Strichten verboten. (40)

E al dottore sono riservate le espressioni in latino:

Peccantem me cotidie. (98)

Argumentum baculinum. (101)

Non solo le espressioni latine sono riservate al dottore, ma anche tutti i riferimenti ai classici: "essendo che in lui ogni cosa, apoteosi 0 rovina, era sempre dannata a travestirsi in parole di libri" (124). In francese, sono i versi delle canzoni d'amore che gli riportano alla memoria i giomi felici della gioventù:

Les vieux billets, chérie, qui me rappellent

Les nuits à bord du Normandie si belles ...

Le parc au soir lorsque la cloche sonne,

Le vieux boudoir où ne vient plus personne ....(16)

88 "Vostra eccellenza mi benedica" 131. 89 "Giungere a est andando verso ovest, è quello che voJeva fare Colombo" 78. Greco-Martinez 40

Un monsieur que je connais pas

Me prendra un soir dans ses bras .... (84)

Il secondo aspetto su cui vogliamo richiamare l'attenzione è la tendenza, attraverso la scrittura, a rivivere i ricordi dopo averne esorcizzato il dolore con l'aiuto della fantasia. Dice Angelo Guglielmi: "la memoria [per Bufalino] è un deposito di materiali morti con cui dar vit a a un progetto di scrittura.,,90 Bufalino, quindi, esorcizza i suoi ricordi e li ricostruisce in una fantasmagoria di parole cariche di musica e di artifizio perché, come lui dice, "i miei tentativi di magistero scrittorio nascono dalla mia fiducia nella parola come superstite tavola di salvezza nel naufragio di tante cose." 91

La sua storia inizia con il sogno di purificare i suoi ricordi da ogni dolore e pena attraverso un purgatorio e farli rivenire freschi e felici alla memoria. Il narratore sogna di calarsi fino al fondo di un imbuto e di trovarsi in una radura d'alberi, da dove inizia un viottolo, come un rigo chiaro. Nel silenzio che 10 circonda, si trova davanti a degli uomini che "purgatorialmente seduti a ridosso l'uno dell'altro" (8), vestiti di impermeabili bianchi si scambiano "frantumi di sillabe balbe" (8) e gli intimano di andarsene. Si sente l'eco di Dante in "purgatorialmente" e "sillabe balbe.,,92 E perché Dante se non per invocare la poe si a? Appunto il protagonista si atteggia a Orfeo che scende negli inferi in cerca della sua musa, Euridice:

Aspettavo che unD si muovesse, il più smunto, il più vecchio, [ ... ] e

semplicemente curvandosi, [ ... ] rivelasse dietro di se, sulla soglia di un

sottosuolo finora invisibile, [ ... ] la dissepolta nuca di lei, Euridice, Sesta

90 Angelo Guglielmi, "Uno scrittore che vive i ricordi come fossero vizi," Paese sera 18 maggio 1981. 91 Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La Voce Republicana Maggio 1988. 92Balbe: Cfr. Dante-Purgatorio XIX, 7. G.Bufalino, Diceria dell'untore, "Istruzioni per l'uso", 166. Greco-Martinez 41

Arduini, 0 come diavolo si chiamava. (8)

Quando Marta muore il protagonista non sa cosa fare; tutto in lui si è atrofizzato davanti al raccapriccio della morte. Riesce infine ad affacciarsi alla finestra e vede giù la spiaggia deserta illuminata dalla luna. Un soffio di vento 10 scuote e 10 fa tomare indietro nel tempo e ritrova attraverso la memoria il primo contatto con le cose, le memorie legate agli anni della giovinezza. Come da lontano risente le parole imparate da bambino dalle contadine a lutto. Gli basta questo per sciogliere il groppo nel petto e cominciare il suo lamento invocando Marta. Ma in realtà è 10 stesso Bufalino che invoca la sua gioventù perduta a causa della guerra. E COSt esorcizza il rie ordo doloroso delle peripezie, dei disagi e dello sconforto annegandolo nella "fantasia poetica," che richiama "Le ricordanze" di Giacomo Leopardi:

Marta, [ ... ] Marta ascoltami. [ ... ] Dove sei ora, Marta, dove cammini? In

quale notte? Con che nome mi chiami, con che nome devo chiamarti? Ci

sono fiumi dove abiti ora? Da varcare a nuoto? Su passerelle che tremano?

E sei sola, siete tanti, ti ricordi ancora di me? Tomami in sogno, Marta.

Anche se l'aria duole sotto i tuoi piedi scalzi, e non trovi labbra per dirmi

le parole che vuoi. Guarda come mi lasci in mezzo alla via: una guasta

semenza, una sconsacrata sostanza, un pugno di terra su cui casca la

pioggia. (121)

Leggiamo l'ultimo brano di "Le ricordanze" di Giacomo Leopardi, dal verso 157 al verso

173:

... Ahi Nerina! In cor mi regna

l'antico amor. Se a feste anco talvolta, Greco-Martinez 42

se a radunanze io movo, infra me stesso

dico: 0 Nerina, a radunanze, a feste

tu non ti acconci più tu più non movi.

Se toma maggio, e ramoscelli e suoni

van gli amanti recando aIle fanciulle,

dico: Nerina mia, per te non toma

primavera giammai, non toma amore.

Ogni giorno sereno, ogni fiorita

pioggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,

dico: Nerina or più non gode; i campi,

l'aria non mira. Ahi tu passasti, etemo

sospiro mio: passasti: e fia compagna

d'ogni mio vago immaginar, di tutti

i miei teneri sensi, i tristi e cari

moti deI cor, la rimembranza acerba.

Leopardi in questo canto, apprendendo la morte precoce di Nerina, ripensa con amara nostalgia al suo pas sato e aIle speranze della sua giovinezza rapidamente svanite. E

Bufalino, richiama la poetica di questo canto per placare l'angoscia della triste realtà che

10 affanna.

Il terzo aspetto è la dimensione ludica della sua scrittura. "Si scrive per giocare e perché no? La parola è anche un giocattolo, il più serio, il più fatuo, il più caritatevole dei giocattoli adulti.,,93 Un gioco quindi è per Bufalino la parola scritta. È 10 scioglilingua con cui il protagonista-narratore della Diceria fa giocare Adelmo, il piccolo bambino

93 G. Bufalino, Cere perse 17-18. Greco-Martinez 43 ammalato, a cui piacciono le favole e le stelle nel cielo, sperando che qualcuna forse 10 possa salvare:

E ripenso come si stupisce e ride, mentre m'ascolta improvvisargli, sulle

stelle che mi chiede, risposte con numeri a caso e nomi di scioglilingua,

Erebo, Eros, Erine, noi due soli sulla terrazza della Rocca, come su

un'arce lambita appena dai frangenti dell'esistere. (19)

Sono giochi di parole che s'inventa Marta per vincere il sonno: "un malvezzo dell' adolescenza che ho preso a furia di parlarmi da sola" (61), 0 il gioco di contare alla finestra aspettando qualcuno che non toma: "Vado alla finestra e [ ... ] conto fino a cinquanta, fino a cento. Lui non viene e io ricomincio" (64).

Un gioco la scrittura, un gioco che gli è familiare fin da bambino, quando ancora non sapeva leggere e trascinava la madre per le strade deI paese a farsi leggere le targhe delle strade: "guardavo e quel tradursi di geroglifici scuri in cascate di affabile suono mi pareva più che un gioco un miracolo, più che un miracolo una trappola di incantesimo.,,94

La conoscenza della lingua, per Bufalino, è legata al suono della voce della madre e in un certo senso "la grazia letteraria, la densità della scrittura, l'intonazione poetica, il linguaggio figurato," 95 non sono altro che un desiderio inconscio di riprovare la magia deI suo gioco d'infanzia con la madre. 96 Infatti, in La /uce e il/utta, un libro dedicato al mondo quotidiano di Bufalino, vi si trova la Sicilia e le sue leggende, la storia deI suo

94Ibidem 24. 95 Francesca Caputo, "Fortuna critica," Gesualdo Bufalino Opere 1981 -1988. (Milano: Classici Bompiani, 2001): 1396. 96 Possiamo legare questa ipotesi alla teoria di Julia Kristeva, dove in ogni testo il soggetto è diviso fra il conscio e l'inconscio, tra la ragione e il desiderio, tra il razionale e l'irrazionale, situando Bufalino nella "thetic phase": "a state characterized by pre-symbolic drives, 'pulsions' (rhythms and movements) and an initial total identification with the mother's body which is fmally shattered but not completely effaced". Allen Graham, Intertextuality (London and New York: Routledge, 2000) 48. Mentre per Jacques Lacan la lingua è legata al padre, al "simbolico", per Kristeva la parola è legata al ritmo, alla fase pre-edipica, a qualcosa che quieta e conforta. Greco-Martinez 44 paese e della gente che l' abit(), e vi si trova alla fine un racconto "Intervista a mla madre," che dimostra il continuo ritomo dello scrittore alla madre, simbolo dell'immaginario e della parola come poesia:

Un fiume. La voce di un fiume. Che coli cosi quietamente da sembrare

immobile; dove, anzi, minimi mulinelli e riflussi destino l'illusione d'un

movimento a ritroso, il paradosso d'un ritomo alla fonte ... Questo è il

suono che mi sento brusire al fianco ogni sera da un rigido seggiolone, e

so che è mia madre, nel buio, che parla."97

Un gioco, dunque, la scrittura, un palinsesto di culture, un mezzo per esorcizzare il dolore, unD strumento per nVlvere e non far morire "un monologo tenero, un improvviso metà favola metà sognamento, dove passano e npassano, infine plegano assopite le ali, i fantasmi della [ ... ] gioventù. ,,98

La critica è stata unanime nel giudicare Diceria dell 'untore un testo pluristratificato "che parla oltre cio che racconta".

97 G. Bufalino, La /uce e il/utto 162. 98 Ibidem 162. Greco-Martinez 45

Sul minuscolo tetto d'una parola riposano a milioni i significati come gl'infusori in una gocciola d'acqua. 99

II.2. Diceria dell 'untore e La montagna incantata

Chi legge Diceria dell'untore di Gesualdo Bufalino, e conosce la Montagna incantata (1924) di Thomas Mann, non puo non notare le similarità fra i due romanzi, non solo per le storie raccontate e per i contenuti, ma anche perché i due romanzi sono stati ispirati da fatti realmente accaduti ai due scrittori: Mann stesso visse tre settimane in un sanatorio in Svizzera dove era ricoverata la moglie, mentre Bufalino era lui medesimo paziente nel sanatorio la Rocca vicino a Palermo. Mann interrompe la stesura della

Montagna incantata con l'avvento della prima guerra mondiale e la completa solo dopo dodici anni; Bufalino abbozza la sua opera negli anni cinquanta, la riprende e completa nel 1970, per poi pubblicarla nel 1981, dopo dieci anni di assidua revisione. Bufalino in una intervista a Franco Santini nega il rapporto con La montagna incantata e ci pare che si tratti proprio di una negazione freudiana:

Non è La montagna incantata che mi ha incantato. L'ho letta nel 1943,

non ero ancora ammalato, non ho sentito allora una consonanza di terni. Il

Mann che mi è più vicino è quello di Morte a Venezia, e certe immagini

del Doktor Faustus, mentre escludo nel modo più totale una derivazione

tra la Montagna e Diceria. 100

99 G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1047. 100 F. Santini, "La mia Sicilia è un museo d'ombre e io vivo in un buco nero," Tuttolibri Illuglio 1981. Grec 0-Martinez 46

Secondo Romano Luperini: "In Diceria dell'untore si sente [ ... ] soprattutto, il

Mann della Montagna incantata.,,101 Giorgio Barberi Squarotti parimenti scrive: "Viene subito in mente La montagna incantata" e aggiunge che "Bufalino sa benissimo che una vicenda già narrata si puo raccontare di nuovo soltanto capovolgendola: e questo è anche l'unico modo per non degradarla e per conservarne, invece, l'esemplarità e la tragicità."

102 E Bufalino fa appunto questo con la sua Diceria. Per commCIare, sposta il sanatorio dalla montagna al mare, cosi come da ragazzo capovolgeva la cartina geografica dell'Europa per fare di ogni Nord un Sud e di ogni Sud un Nord:

Amavo da ragazzo fare un esperimento con l'ausilio d'una carta d'Europa.

Consisteva nel metterla all'incontrario e nel guardare ogni terra e mare

con gli occhi di uno studente scandinavo 0 islandese. Che spaesamento!

Come apparivano diverse, poste non più in basso ma in cima al foglio,

l'ltalia e la mia stessa Sicilia! 103

La Rocca diventa cosi il contrario deI Berghof: dalle Alpi svizzere aIle rive deI

Mediterraneo; dall'aria fresca e salubre di montagna al caldo torrido e infernale della costa siciliana; dal sanatorio di Berghof, asettico e ordinato, frequentato dall'alta borghesia, al sanatorio di Palermo, la Rocca, "vecchia tartana in disarmo sul dosso" deI monte, ultimo rifugio dei reduci della guerra. Mann ambienta il suo romanzo in un mondo fittizio, irreale, dove regnano spensieratezza e libertà. È soltanto alla fine deI romanzo, quando viene a contatto con la realtà, che è l'inizio della prima guerra mondiale, che questo mondo svanisce e si sgretola. Bufalino, invece, ambienta la sua

JOJ Romano Luperini, "Narrare, oggi, in Italia," Produzione & Cultura gennaio 1982. 102 G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tuttolibri 28 febbraio 1981. 103 G. Bufalino, 11 fiele ibleo 80-81. Greco-Martinez 47 storia alla fine della seconda guerra mondiale, in una realtà macabra e senza speranza, dove la distruzione dei valori morali, sociali e culturali deI passato è già avvenuta ed ha cambiato tutto il modo di pensare di una intera società, paragonata ad un palazzo bombardato "con la facciata spolpata e le interiora in mostra" (62).

Ci si domanda perché Bufalino abbia voluto adottare la Montagna incantata come modello della sua Diceria. Credo che esplorando alcuni punti fondamentali possiamo, in qualche modo, arrivare a spiegarceIo.

Innanzi tutto, riscontriamo 10 spazio isolato e irreale deI Berghorf nello spazio isolato ma reale della Rocca. 1 terni della morte, della malattia, dell'amore, che nella

Montagna sono presenti ma tenuti sullo sfondo, nella Diceria, invece, sono sempre in primo piano, sono il filo conduttore di tutto il romanzo.

Secondariamente, "1' analisi spietata della borghesia dell' anteguerra europeo," 104 che caratterizza tutto il romanzo di Mann, si trasforma, in Bufalino, in una resa totale di fronte allo sgretolamento dei valori della società deI dopoguerra.

Per ultimo, il dibattito stretto fra illetterato Settembrini e il Gesuita Naphta, che occupa gran parte della Montagna, e che si risolve tragicamente, si riduce nella Diceria a due capitoli, che sono strettamente focalizzati sulla questione dell'esistenza di Dio.

Nella Montagna incantata tutto si svolge a cinque mila e trecento piedi sopra il livello deI mare. Il sanatorio di Berghof si trova di staccato dalla vita di tutti i giomi della

"pianura," dove la gente lavora, soffre e muore. Esso sembra un luogo di incantesimo da cui, chi entra, non sa 0 non vuole più uscire; invece di una c1inica per tubercolotici sembra un luogo di villeggiatura. Il Berghof è la meta dellungo viaggio intrapreso dal protagonista Hans Castorp per trascorrere tre settimane di riposo (che poi diventeranno

104 "La montagna incantata" di Thomas Mann. Http://it.geocities.com/evidda/MANN.html Greco-Martinez 48 sette anni) prima di iniziare la sua carriera di ingegnere a Amburgo, e per visitare un suo cugino da sei me si paziente deI sanatorio. Man mana che il viaggio porta il protagonista a destinazione e gli spazi continuamente cambiano e 10 allontanano sempre più dal suo mondo conosciuto, sembra che il tempo si fermi e coincida con il nuovo spazio, per creare una sensazione di rinascita e di nuova vita:

Space, as it rolls and tumbles away between him and his native soil,

proves to have powers normally ascribed only to time; from hour to hour,

space brings about changes very like those time produces, yet surpassing

them in certain ways. Space like time, gives birth to forgetfulness, but

does so by removing an individual from aIl relationship and placing him in

a l':lree an d··pnstme state. lOS

Tutto al Berghof rende possibile questa sensazione di libertà e di novità alla quale Hans

Castorp non è abituato, una licenziosità sottile che traspira dalla libertà di movimento, di espressione, di comportamento.

Anche la Rocca, nella Diceria, è un mondo a parte. Separato dal mondo dei

"sani." Chi vi entra sa che non potrà più uscime. Per il protagonista della Diceria, gli spazi attraversati durante il viaggio per arrivare alla Rocca non hanno risvegliato nessuna sensazione nuova 0 sconosciuta. Lui, 10 sconosciuto, la sua malattia, se 10 porta addosso e gli occhi non percepiscono nient'altro che 10 squaIlore della sua vita:

In quell' estate deI quarantasei, neIla camera sette bis, dove ero giunto da

molto lontano, con un lobo di polmone sconciato dalla fame e dal freddo,

dopo essermi trascinata dietro, di stazione in stazione, con le dita

aggranchite sul ferro della maniglia, una cassetta militare, minuscola bara

105 Thomas Mann, The Magic Mountain. Trans. John E. Woods. (New York: Alfred A. Knopf, 1995): 4. Greco-Martinez 49

d'abete per i miei vent'anni dai garretti recisi. (8)

Anche alla Rocca il tempo si ferma, ma come in una vecchia 'arca' abbandonata dai vivi:

"Il futuro non esiste, il presente non esiste, il pas sato non è altro che una favola."I06

Il tema della malattia, della morte, dell' amore, che sono i terni della Montagna incantata, sono i terni adottati da Bufalino per la sua Diceria. Certo questi terni non sono nuovi per uno scrittore siciliano, perché essi sono parte intrinseca della letteratura siciliana. Ma in Diceria questi terni acquistano una più ampia dimensione: diventano simbolo di un epoca in bilico fra la vecchia e la nuova cultura, fra la tradizione e la cultura deI dopoguerra. Ed è attraverso questa dimensione che si effettua in Bufalino l'aggancio alla letteratura europea:

La ricerca bufaliniana [ ... ] educata al grande magistero decadentista, e

cresciuta nei paradis artificiels del nichilismo e dell' autoannullamento

offerto dai poètes maudits, segna l'aggancio alla grande tradizione

letteraria di questo secolo. 107

Nel sanatorio di Berghof i pazienti sono tutti esponenti della borghesia capitalista europea. Non hanno alcun interesse per cio che succede al di fuori del sanatorio.

Trascorrono passivi le giomate in un susseguirsi di ore segnate dai pasti, alla siesta, alla passeggiata:

F or the forth time - he sat at his place in this hall [ ... ] a little later,[ ... ] he

would sit there a fifth time - that would be for supper. And in the brief,

worthless time in between, there was a walk to the bench up on the

106 Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La Voce Repubblicana maggio 1988. 107 Gianni Bonina, "Una realtà visionaria" La Sici/ia 16 aprile 1996. Greco-Martinez 50

mountain slopes, [ ... ]. Then it was back to the balcony for another rest

cure - a fleeting, shallow hour and a half. 108

Della morte e della malattia non si parla, sono tabù; esse sono volutamente ignorate da una protratta negazione della realtà. 1 pazienti deI Berghof, una volta entrati a far parte della vita deI sanatorio, hanno dimenticato tutto, anche la ragione che li ha portati al Berghof, la malattia da cui sono colpiti. E anche l'amministrazione deI sanatorio fa di tutto perché non venga ricordato loro che della malattia si puo anche morire, isolando i moribondi e facendo molta attenzione che lamenti e colpi di tosse non arrivino aIle orecchie dei non gravi:

When someone dies it's kept a strict secret, out of consideration for the

other patients, in particular the ladies, who might easily go to pieces. If

someone dies right next door, you don't even notice it. The coffin is

brought in the morning while you are sleeping, and then the party in

question is removed only at another suitable time - during meals, for

instance. \09

La morte, invece, è di casa nella Diceria; non c' è posto per le illusioni. L'unica speranza che si permettono i malati, è che da un momento aIl' altro arrivi la penicillina dall' America per far "piazza pulita" deI male. Chi entra alla Rocca sa che è la sua ultima stazione; ogni colpo di tosse, che nella notte rimbomba nel silenzio delle camerate e di giorno sembra una "marcia funebre di paese," è un richiamo dei male che corrode e della morte sempre in agguato. La malattia la si vede nei visi, nei corpi emaciati che si

108 T.Mann, The magic mountain 81. 109 Ibidem 51. Greco-Martinez 51 trascinano in giardino, in cerca di un po' di sollievo dal caldo infernale, perché in Sicilia, l'estate è una stagione che non esiste altrove:

Poiché c'è un giorno, unD solo, di luglio, nell'isola, che si snatura dagli

altri e non si dimentica più. Gli altri erano soltanto estate [ ... ]. Ma questo

è una rabbi a di Dio, l' esempio di una stagione che non esiste [ ... ]. 1 malati

[ ... ] quelli che non avevano febbre scendevano in giardino, senza chiedere

permesso a nessuno: stecchiti, a dorso nudo, [ ... ] avanzavano ansimando

entro la ronzante caligine. (49-50)

Quanto è diverso e irreale il c1ima sulle montagne svizzere deI Berghof:

The seasons [ ... ] are not all different from one another. [ ... ] They get aIl

mixed up, so to speak, and pay no attention to the calendar [ ... ] There are

winter days and summer days.110

All'interno della società borghese deI Berghof, Hans Castorp pur facendo parte di essa, si distingue dagli altri, perche non è malato; 10 diventa, ma per cause esterne, cioé a causa deIl'aria di montagna a cui non è abituato e all'atmosfera irreale deI sanatorio. In lui la malattia agisce in modo tale da permettergli di acquisire una nuova percezione dei suoi sentimenti; la sua vita si dirige verso una dimensione a lui sconoscÏuta e che abbraccia con piacere. E quando Hans Castorp lascia il sanatorio per andare in guerra ignora che tutti i suoi sogni saranno dispersi nel fango delle trincee:

There is our friend [ ... ] He's singing? The way a man sings to himself in

moments of dazed, thoughtless excitement, without even knowing ... 111

110 Ibidem 92. III Ibidem 705. Greco-Martinez 52

Il protagonista della Diceria si distingue, fra tutti i pazienti della Rocca, per es sere lui l'unico a salvarsi. Il suo male fisico è vero, ma è anche vero il male interno che 10 affligge: la guerra ha rubato la sua gioventù e quella di tanti come lui e di tante povere vittime senza colpa. Il protagonista esce dalla Rocca guarito, ma si porta dietro il peso della colpa di essere stato lui solo a salvarsi. Tutti i suoi compagni di guerra sono morti e quelli sopravvissuti come lui e ricoverati nel sanatorio, 0 sono morti 0, stanchi di aspettare, si son tolti la vita e lui si sente "d'aver tradito a loro insaputa il silenzioso patto di non sopravviver[ si]" (22). Adesso, anche se vivo, dovrà contentarsi di ritornare fra la gente "sana," dovrà, "al posto di una parte di prim'attore, già scritta, improvvisare le battute di una comparsa"(13 1). Dovrà reinventarsi un passato per poter vivere il presente.

Il te ma dell' amore, nei due romanzi, è vissuto per certi versi in modo simile. Il protagonista della Montagna incantata, Hans Castorp, e il protagonista-narratore della

Diceria dell'untore si innamorano entrambi, senza essere ricambiati, di pazienti dei sanatorio: Madame Chauchat e Marta rispettivamente. Al contrario di Madame

Chauchat, che si assenta periodicamente dal sanatorio, Marta è molto malata, e alla fine deI romanzo muore. Delle due non si viene a sapere gran cosa; tutto rimane fra le righe, in sottintesi che lasciano cap ire che le due donne hanno una reIazione con il dottore deI sanatorio e che godono di una certa libertà in confronto agli altri pazienti. 1 due innamorati hanno in loro possesso non la fotografia della donna amata, ma la radiografia dei suoi polmoni disfatti dalla tubercolosi.

Il protagonista della Diceria, trovandosi un giorno in sala raggi, sottrae le sue radiografie insieme a quelle di Marta, con l'intento di confrontare 10 stato della malattia di Marta rispetto alla sua. Quando capisce che Marta ha pochissimo da vivere se ne Greco-Martinez 53 innamora ancora di più, perché sa che la relazione non durerà a lungo e che percio non SI scontrerà con la sua indole di "fuoco di paglia." Quindi, abbracciando la lastra, se la mette sotto il eus cino, perché sa che è il male ad unirlo a Marta:

Perché contro ogni creanza e verità io m'ostinavo a presumere d'avere

tacitamente stretto patto con lei, e di possedeme caparra nella radiografia

trafugata che tenevo sotto il cuscino. Questa, mi bastava accarezzarla con

un dito la sera, e ne ricavavo un raggricciarsi agrodolce dei nervi. (51)

Hans Castorp, il protagonista della Montagna incantata, invece si trova ln laboratorio per aver fatto una radiografia allo stesso tempo di Madame Chauchat.

Durante i festeggiamenti deI camevale chiede a Madame Chauchat di regalargliela come ricordo. Ottenutala, la terrà, accanto alla propria, nel taschino vicino al suo cuore.

He threw himself in his chair, and from his breast pocket he pulled his

memento [ ... ] a little plate of glass in a narrow frame, which had to be

he Id up to the light for him to see what was there: the portrait ofClaudia's

interior. 112

Questo motivo comune sfocia pero in due direzioni diverse: l'attrazione di Hans

Castorp per Madame Chauchat nasce dall' osservare gli occhi "Kirghiz" della donna che gli ricordano il compagno di scuola di cui era innamorato quando aveva tredici anni:

Hippe Pribislav dagli oc chi "Kirghiz," proprio come quelli di Madame Chauchat.

Durante una passeggiata, mentre si riposa sdraiato su un sedile, nota improvvisamente sui campi la profusione di fiori blu "Columbine or Aquilegia" 113 e dalla profondità deI suo inconscio, questo ricordo ritoma alla luce, svegliando in lui tante sensazioni da lungo

112 Ibidem 343. 113 Ibidem 122. Greco-Martinez 54 tempo dimenticate. Con questa riscoperta una metamorfosi avviene in Hans Castorp: si sente di colpo vivo e in controllo della sua vita. Durante i festeggiamenti deI camevale,

Hans Castorp chiede in prestito una matita a Madame Chauchat e il caso vuole che si ripeta 10 stesso gesto che gli permise di rivolgere, per la prima volta, la parola al suo compagno Hippe:

But Hans Castorp had never been happier in all his life than during that

drawing class as he sketched with Pribislav Hippe' s pencil [ ... ] And he

looked so strangeIy like her - that woman up here. Is that why l've been

so intrigued by her?

[ ... ] She rummaged in her leather handbag [ ... ] then extracted a silver

pencil-holder [ ... ]. That pencil long ago, the first one, had been more

straightforward, handier. [ ... ] His bloodless lips were open, and they

stayed open, unused, as he said, "you see, 1 knew it - 1 knew you' d have

one." 114

Attraverso Madame Chauchat, Hans Castorp, quindi, riprende coscienza dei suoi sentimenti, intorpiditi dall' atmosfera indifferente, rigida e ordinata di Amburgo, dove abitava con alcuni parenti prima di arrivare al Berghof.

In Diceria, invece, l'attrazione deI protagonista per Marta nasce subito, nel momento stesso in cui la vede per la prima volta ballare su un palcoscenico. Anche qui l'incontro avviene durante dei festeggiamenti, in questo caso uno spettacolo teatrale organizzato dal dottore dei sanatorio. Durante una pausa il dottore e il protagonista paragonano Marta ad un serafino: "Come di lume dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i

114 Ibidem 121,327. Greco-Martinez 55 serafini" (38). Ma il protagonista, anche se dal primo incontro paragona Marta ad una donna angelicata, fa presto a scenderla dal piedistallo dove l'aveva posta, chiedendo notizie sul suo conto: "un'anagrafe quanta più meschina possibile, che la traesse dall'aria di miracolo di cui m'era parso naturale circondarla nel corso della mia imbambolata serata" (42). Marta è per il nostro protagonista una donna, un corpo con cui soddisfare il suo bisogno di coito subito, prima di morire: '''Marta' la chiamai, le posi avvampando la mana sopra la spalla. 'Devi uscire con me' le intimai. 'Ti resta poco tempo, ci resta poco tempo. E abbiamo vent'anni'" (40). Con queste parole il protagonista-narratore ricorda la sua gioventù, le ragazze, "Sesta, Silvia," con cui usciva quando era soldato, passeggiando con loro "lungo il fiume Tresinaro 0 Livenza." Adesso sono morte e giacciono "sotto un cespuglio di fiori che avev[ a] sentito chiamare Aquilegia" (8).

Ritoma il fiore "Aquilegia" della Montagna incantata. Per Hans Castorp il fiore è legato al ricordo dell'amico Hippe e alla rinascita dei suoi sentimenti amorosi. Per il protagonista della Diceria è il fiore della morte. Le ragazze, la gioventù sono sepolte sotto quel fiore.

Il dibattito fra l'umanista Settembrini e il gesuita Naphta rappresenta, nella

Montagna incantata, l'ambiguità e la irrazionalità deI modo di pensare deI tempo in cui fu scritto il romanzo. 1 personaggi sono i portavoci di Thomas Mann e testimoniano dei conflitti della società e degli equivoci politici e filosofici deI tempo. Il protagonista Hans

Castorp è un silenzioso ascoltatore di questi dibattiti; lui non è influenzato nè dalle tendenze progressiste e razionali di Settembrini, nè da quelle irrazionali di Naphta. In una delle accese discussioni Settembrini afferma: Greco-Martinez 56

The sole purpose of democracy is to provide an individualistic corrective

to the absolutism of state. Truth and justice are the crown jewels of

individual morality; and should a conflict arise with the interests of the

state, they may very well appear to be hostile to it, but in fact are directed

toward the state's higher [ ... ] goOd. 115

Al che ribadisce Naphta con quella che è stata interpretata la "profezia" che si è avverata con la seconda guerra mondiale:

The mystery and precept of our age is not liberation and development of

the ego. What our age needs, what it demands, what it will create for

Itse. If',1S - terror. 116

Sia Settembrini che Naphta sono uomini di pensiero e non di azione e mentre i loro dibattiti diventano sempre più colti e filosofici, perdono il senso di obiettività, il che, alla fine, culmina con una sfida a duello. Settembrini, da umanista, si rifiuta di sparare,

Naphta, per la rabbia di non poterla avere vinta sull'avversario, spara su se stesso.

Nella Diceria non ci sono dibattiti politici 0 filosofici, quello che c'era da dire è stato tutto detto: la guerra ha pensato a fare piazza pulita di tutte le ideologie e di tutti i pensieri filosofici. Non rimane più nulla, soltanto la realtà dell'individuo di fronte alla morte, di fronte alla sua angoscia di sentirsi anche abbandonato da Dio. Il personaggio di padre Vittorio, un cappellano militare, e il protagonista-narratore, entrambi portavoci del dibattito interiore di Bufalino, sono l'uno credente e l'altro miscredente. Dei due, pero, è padre Vittorio a soccombere, non potendo più vivere con i dubbi che hanno invaso il suo cuore. Non basta più a Padre Vittorio la sua dottrina, la sua fede, che cerca di infondere

115 Ibidem 392 116 Ibidem 393. Greco-Martinez 57 nell'animo deI protagonista-narratore. In lui si insinua la miscredenza; non sa più pregare, non sa più rivolgersi a Dio con ammo puro. Era venuto in Sicilia "per una missione e obbedienza ch'egli si sforzava [ ... ] di adempiere." (29) Ma per quanto si sia sforzato di vivere la Passione di Cristo come remissione dei suoi peccati, gli viene a mancare la forza spirituale e si uccide:

Il mio cuore, come non mi somiglia più. Di un'altro, ora: una persona

tragica in cui non so riconoscermi, che ha usurpato i miei ricordi, alla cui

invasione piangendo dico di no. (32)

In conclusione, nonostante Bufalino abbia negato l'influenza di Thomas Mann, si puo affermare che c'è una parentela fra la Montagna incantata e la Diceria dell'untore.

Bufalino, con il suo gioco di fare di ogni Sud un Nord e di ogni Nord un Sud, capovolge la Montagna incantata. Questo gli permette di agganciarsi alla letteratura europea e di conseguenza dare importanza al suo romanzo. Ma Bufalino sa che tutti i dibattiti e le ideologie dei personaggi della Montagna incantata sono stati messi a tacere dalla seconda guerra mondiale e che niente è rimasto più da dire. Quindi costruisce Diceria dell 'un tore per testimoniare la completa distruzione della società e dei suoi valori più profondi di cui se ne intravedeva l'inizio nel romanzo di Mann. Greco-Martinez 58

Nei miei occhi si sporca una rosa, come un albero cadro. o Signore, concedimi sull'erba una morte di cosa.11 7

II.3. Bufalino fa i conti ...

"Come con Dio, i conti col Manzoni non si chiudono mai." Questo scnve

Bufalino nel suo saggio "1 conti con Manzoni" che fa parte della raccolta di saggi Sa/di d'aufunno. In esso Bufalino parla deI suo rapporto con Manzoni che lui definisce

"agonistico e antagonistico," perché, una volta letto Manzoni, ci SI riferisce a lui continuamente, se non per imitarlo, almeno per seguirne l'insegnamento:

Vero è che Manzoni non è un autore come i tanti altri [ ... ], Manzoni non

si manda via, se entra in noi è per restarci. Egli si scava una nicchia

vitalizia dentro di noi e ci rimane appiattato. [ ... ] Non c'è giorno che non

ci dica all'orecchio: "son quà.,,118

Ma, continua Bufalino, nonostante questa riconoscenza e ammirazione che nutre per Manzoni, non puo fare a meno di combatterlo, per ragioni di incompatibilità geografica e per ragioni di incompatibilità religiosa. Bufalino è deI Sud, di una terra, come lui dice, "di fuochi e di iperboli" e Manzoni deI Nord, dove si gode ''una temperatura di stremate dolcezze lacustri." ln Manzoni c'è saldo un bisogno di Dio e una ferma fiducia nella Provvidenza, in Bufalino, invece, si intravede appena, come lui stesso dice, un "cristianesimo ateo e tremante." Non crede più alla redenzione, e anche se moIti

117 G. Bufalino, "Compieta," Opere 726. 118 ___ , Sa/di d'aulunno 114. Greco-Martinez 59 critici hanno rilevato che il suo negar Dio è anche un'invocazione, resta il fatto che per lui tutto è un'illusione e la sola realtà è la morte:

Pensavo a me, a frate Vittorio, alla nostra riuscita, fallita, tentata

imitazione della Passione. "C'è il prestigio e l'idea antica dell'olocausto,

quella per cui il Figlio di Dio è sceso sulla terra a pagare per tutti, Lui

solo; e ancora oggi qualche laico veggente promette sui giomali la

redenzione perpetua all'umanità che verrà, a patto che una sola

generazione, la nostra, si danni e perisca per tutte. (97)

Percio, se affinità di pensiero c'è, non è col Manzoni "ritoccato" dei manuali scolastici, ma con quello più in ombra, meno adatto al consumo di massa:

Il Manzoni che io mi sono ritagliato promuovendolo fra i miei idoli di

capezzale, non poteva es sere che il Manzoni più scuro e più fragile. Anche

il più nascosto, per la verità. Tutti ci siamo assuefatti aIle contraffazioni

scolastiche, aIle infedeli e opposte maschere che i professori gli hanno

cucito sugli occhi: di vegliardo arguto, di semisanto [ ... ] oppure, a

contrasto, di uggioso panegirista e miope altoborghese. Quanto a me, ho

sempre badato piuttosto al Manzoni che dubita, al Manzoni che ha

paura. 119

Quale sia questo Manzoni di preciso, Bufalino stesso ce 10 indic a attraverso il titolo deI suo romanzo Diceria dell 'untore: per "Diceria" dà la definizione deI dizionario

Tommaseo-Bellini:

Discorso per 10 più non breve detto di Vlva voce; pm anco scritto e

stampato ...

119 G. Bufalino, "1 conti con Manzoni" Sa/di d'autunno 115-16. Greco-Martinez 60

Di qualsiasi lungo dire, sm con troppo artifizio, Sla con troppo poca

arte ... 11 troppo discorrere intomo a persona 0 cosa .... (3)

Per "untore," invece, fa un salto nel tempo e estrae la definizione dalle "Carte deI processo del 1630," che vide dei poveri innocenti sentenziati a morte sotto l'accusa di aver sparso la peste a Milano:

Dispensatore et fabbricatore delli onti pestiferi, sparsi per questa Città, ad

estinsione deI popolo .... (3)

Nessun dubbio, quindi, che Bufalino abbia voluto rimandare il lettore agli untori dell'opera di Manzoni. Pero, non è ai Promessi sposi che si riferisce, ma alla Storia della colonna infame:

Una vigorosa monografia storica, condotta secondo acute argomentazioni

psicologiche e giuridiche, [tratta] deI processo contro i presunti untori

della peste, avvenuto nel 1630 (cfr. Il cap. XXXII dei Promessi sposi) che

si conc1use con la condanna a morte degli accusati e con l' erezione, sul

luogo dove l' esecuzione era avvenuta, di una colonna che ricordasse ai

posteri la loro infamia. 120

Il piccolo volume è rivolto ai giudici che, nel 1630, senza prove convincenti, sentenziarono a morte due cittadini innocenti pur di mettere a tacere la moltitudine che, accecata dalla paura, voleva un colpevole, un capro espiatorio. E questa è l'opera di

Manzoni che più sembra aver colpito Bufalino:

Non sono il solo che debba a quell'operetta le sue emozioni manzoniane

più forti. E se ne ragionava una sera [ ... ] con Leonardo Sciascia, il quale

sentiva vivissimo il problema che li si dibatte se l'ignoranza possa scusare

120 Mario pazzaglia, Letteratura italiana: l'Ottocento (Bologna: Zanichelli, 1992): 185. Greco-Martinez 61

l'errore dei giudizi. Mentre in me di quelle parole restava specialmente

nella memoria il dilemma che ogni coscienza si pone di fronte al male deI

mondo: se negare la Provvidenza 0 accusarla. Qui appunto, posso dire, si

situa il mio nodo privato. Manzoni non mi ha aiutato a risolverlo; ma mi

ha aiutato a vederlo. 121

Manzoni, nel riportare alla luce i fatti successi nel lontano 1600, mette in pratica i

punti fondamentali della sua cultura illuministica e della sua morale religiosa. Porta il

lettore a riflettere che questi fatti non sono particolari di un epoca, ma possono ripetersi in

qualsiasi tempo anche se in modi diversi. Per Manzoni ogni uomo è responsabile delle

proprie azioni in virtù della libera facoltà di decidere fra il bene e il male. Ed è in virtù di

questo libero arbitrio che Manzoni accusa i giudici che nel sentenziare si vollero salvare

dal furore della folla, pur sapendo che la loro sentenza era ingiusta.

Se, in un complesso di fatti atroci dell 'uomo contro uomo, crediam di

vedere un effetto de' tempi e delle circostanze, proviamo, insieme con

l' orrore e con la compassion medesima, uno scoraggiamento, una specie di

disperazione. Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al

male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, [ ... ] e, cercando un

colpevole contro cui sdegnarsi a ragione, il pensiero si trova con

raccapriccio condotto ad esÏtare fra due bestemmie, che son due deliri:

negar la Provvidenza, 0 accusarla. Ma quando, nel guardar più

attentamente a que' fatti, ci si scopre un'ingiustizia che poteva esser

veduta da quelli stessi che la commettevano, un trasgredir le regole

ammesse anche da loro, dell'azioni opposte ai lumi che non solo c'erano

. 121 G. Bufalino, "1 conti con Manzoni" Sa/di d'autunno 116-17. Greco-Martinez 62

al loro tempo, ma che es si medesimi, in circostanze simili, mostraron

d'avere, è un sollievo il pensare che se non seppero quello che facevano,

fu per non volerlo sapere, fu per quell'ignoranza che l'uomo assume e

perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa; e che di tali fatti si

pua bensi essere forzatamente vittime, ma non autori. 122

Per Manzoni la colpa non stà nell'iniquità dei tempi 0 nella degenerazione della natura umana, ma nell'effetto delle "passioni,,123 che accecano la razionalità di ogni individuo. Per di più, i due presunti colpevoli, il Piazza e il Mora, sottoposti a gravi torture, non ebbero la forza di resistere aIle accuse non vere, e si illusero che confessando il falso e nominando e calunniando altri uomini non sarebbero stati sentenziati:

Quell'infemale sentenza portava che, mes si sur un carro, fossero condotti

al luogo deI supplizio [ ... ]. E se qua1cosa potesse accrescer l'orrore, 10

sdegno, la compassione, sarebbe il veder que' disgraziati, dopo

l'intimazione di una tal sentenza, confermare, anzi allargare le loro

confessioni, e per la forza delle cagioni medesime che gliele avevano

estorte. La speranza non ancora estinta di sfuggir la morte, la violenza dei

tormenti, [ ... ] li fecero, e ripeter le menzogne di prima e nominar nuove

persone. Cosi, con la loro impunità, e con la loro tortura, riuscivan que'

giudici, non solo a fare atrocemente morir degli innocenti, ma, per quanto

dipendeva da loro, a farli morire colpevoli. 124

122 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame Testo dei 1840. (Bologna: Cappelli editore, 1973): 28. 123 "Ma la menzogna, l'abuso deI potere, la violazione delle leggi e delle regole più note e ricevute, l'adoprar doppio peso e doppia misura, son cose che si posson riconoscere anche dagli uomini negli atti umani; e riconosciute, non si posson riferire ad altro che a passioni pervertrici della volontà." 124 A. Manzoni, Storia della-colonna infame 27. Greco-Martinez 63

Questo non è il Manzoni dei Promessi sposi, dove tutto il percorso deI romanzo è segnato dalla Provvidenza. Il Manzoni della Colonna infame accusa e, attraverso la ricerca delle carte dei processo, cerca di riabilitare i condannati rendendo testimonianza di un crimine non commesso. E sebbene i fatti siano successi nel lontano 1600, rinvangandoli l'autore risveglia la coscienza degli uomini su una realtà sconvolgente, e cioé, che qualsiasi cosa orrenda successa nel pas sato, puo sempre ripetersi nel presente.

Leonardo Sciascia nell'introduzione all'edizione dei 1973 della Storia della colonna infame appoggia il sentimento accusatorio di Manzoni "stabilendo una analogia tra i campi di sterminio nazisti e i processi contro gli untori, i supplizi, la morte":

Viene da pensare a quellibro di Charles Rohmer, L'altro, che è quanto di

più terribile ci sia rimasto nella memoria e nella coscienza di tutta la

letteratura sugli orrori nazisti pubblicata dal 1945 in poi. [ ... ] Quei giudici

erano onesti e intelligenti quanto gli aguzzini di Rohmer erano buoni padri

di famiglia, sentimentali, amanti della musica, rispettosi degli animali.

Quei giudici furono "burocrati deI Male": e sapendo di farlo. 12S

Nelo Risi in appendice alla Storia della colonna infame si pone e ci pone delle domande:

La "petite histoire," remota nel tempo, puo diventare un'attuale fonte di

meditazione, non solo di ricerca storiografica, deI resto già compiuta più

volte? [ ... ] Le intenzioni e le risultanze dell' opera manzoniana sopportano

e possono incaricarsi di un tale peso di contemporaneità senza collocarsi,

di colpo, nella "catarsi" storiografica? E parlare di noi, per noi?126

125 Ibidem 14. 126 Ibidem 130. Greco-Martinez 64

Costretti ad uccidere per salvarsi la pelle? Proprio in questo "si situa il [ ... ] nodo privato" di Bufalino, "il dilemma che ogni coscienza si pone di fronte al male deI mondo: se negare la Provvidenza 0 accusarla." In un suo saggio "La neve e il sangue," Bufalino ricorda l'invemo deI 1944, quando dopo l'armistizio, sbandato e senz'armi e fatto prigioniero dai tedeschi come disertore, riesce a fuggire dal campo di concentramento e raggiungere un gruppo di partigiani:

Forse tutti siamo svegli, stanotte. Forse mille e mille occhi sbarrati spiano

da mille finestre in mille case, da qui a Correggio, e aspettano la stes sa

cosa. Mio Dio, com'è che tutti vediamo la vanità e pazzia di quello che

accade; l' empietà d' ogni spesa di sangue e pianto, per puntigli di confine,

ebrezze di labari e trombe, ingordigia di piedistalli e catastrofi

sublimi ... com'è che tutti, con un dito sulle labbra, lasciamo che l'orrore

proceda, badando solo a salvarci dall'ecatombe, partecipandovi anche,

127 ricattati dalla turpe scommessa di uccidere 0 essere uccisi.

Si sente 10 sconforto, l'avvilimento, la rabbia per aver lasciato procedere l'orrore: la devastazione della guerra e la devastazione degli ebrei. Si sente l'accusa verso i dirigenti, verso i dispensatori della legge. Partecipi per forza, ecco dove vuole arrivare

Bufalino. La malattia l'ha causata la guerra e si deve accettare come si ha accettato di far parte delle atrocità commesse in nome di essa. Ma si puo essere colpevoli quando si è forzati ad uccidere? E si puo essere perdonati?

Vediamo dunque come Bufalino riesce a risolvere il suo dilemma trasportando l'opera manzoniana ai giomi deI dopoguerra della Diceria.

127 G. Bufalino, "La neve e il sangue" Calende greche 76. Greco-Martinez 65

Il discorso religioso nella Diceria dell 'un tore, in superficie sembra un discorso piuttosto lineare: un protagonista miscredente; un prete, Padre Vittorio, che non riesce più a trovare conforto nella sua vocazione; un dottore, il Gran Magro, che sfoga la sua rabbia e la sua impotenza bestemmiando Dio. Ma leggendo fra le righe, il discorso acquista tutta un'altra dimensione. Sotto la negazione deI protagonista, l'invocazione dei prete e la continua accusa a Dio deI medico, si legge 10 scoramento dell 'uomo di fronte agli orrori di cui è stato testimone nell'ultima guerra; si legge la sfiducia negli insegnamenti della

Chies a; si legge il conflitto dell'uomo di scienza di fronte all'irrazionalità dei mondo. La malattia da cui sono afflitti i personaggi diventa il male deI mondo da cui non si puo guarire che attraverso la morte.

Bufalino nel suo saggio parla di "incompatibilità geografica e religiosa" con

Manzoni. Questa incompatibilità la vediamo rappresentata dalla schermaglia fra il protagonista-narratore e Padre Vittorio, la quale, a sua volta, rappresenta il conflitto interiore di Bufalino riguardo al "negare la Provvidenza 0 accusarla." Non si puo accettare un male che contamina ogni cosa e che uccide senza pietà, senza ribellarsi, senza cercare un colpevole. 1 due sono oppressi dal peso deI male fisico ma è quello interiore che uccide illoro spirito e Padre Vittorio se ne chiede il perché:

"Non sono felice" disse "e mi chiedo perché. Forse questa consunzione

che porto nella carne mi va guastando anche l'anima. E sempre più spesso

dubito e mi spavento e mi sento un prete per finta. Seppure non grido

contro di Lui. La sera scende, ma io non so trovarLo al mio fianco, nè Gli

parlo più nel sonno, con le labbra dei rinnegato." (48) Greco-Martinez 66

Come Manzoni, Padre Vittorio è deI Nord ed è di famiglia benestante. A vrebbe potuto scegliere di andare in un sanatorio per religiosi, oppure in una c1inica per ricchi scelta dai suoi genitori, invece sceglie di scendere in Sicilia, dove perfino il c1ima è contrario alla guarigione. Ha voluto allontanarsi da tutti, dalle persone care e dai luoghi conosciuti, per compiere una missione, secondo lui, in un'atmosfera di terra bruciata e di campi d'ulivi e di palme: uno scenario da "Terra Santa," come si poteva trovare soltanto in Sicilia:

Forse non 10 sapeva lui stesso, anche se una volta accenno balbettando ad

una missione e obbedienza ch'egli si sforzava, pur in quarantena, di

adempire, e per la quale gli pareva ci volesse uno scenario di crete e ulivi,

una giudea tutta triboli, come certe chiuse di qui, che uno scisma di venti

minuziosamente dilania. (29-30)

Insomma, attendere la morte vivendo la Passione di Cristo, in un'ultima speranza di redenzione. Ma è solo e senza l'appoggio dei suoi confratelli 0 superiori e in più, confrontato con la miseria fisica e morale degli altri pazienti, comincia a sentire la sua fede vacillare e cosi cerca disperatamente di annegare le sue inquietitudini nella preghiera. Gli altri pazienti sono tutti reduci di guerra e non sanno più invocare Dio, non credono neanche più che esista. Anche il dottore deI sanatorio, il Gran Magro, contribuisce all' atmosfera di scoramento deI luogo, imprecando e bestemmiando Dio. Si sente l'impotenza deI dottore davanti al male: "Un tempo erano solo i pezzenti della

Kalsa (quartiere di Palermo) a cascarci. Dra anche i signorini s'ammalano, colloro petto senza peli, l'acqua di colonia, le ironie in italiano" (21). Si sente anche la sua ira per il male deI mondo: "'Passa via!' faceva infine, come se ce l'avesse li davanti, in forma Greco-Martinez 67

d'idra 0 cerbero, l'Altissimo, e volesse salvarsene scoraggiandolo" (14). Perché il Gran

Magro si sente tradito da Dio. Lui é ebreo,128 10 rivela la mozzettina di seta che porta in testa, e non riesce a darsi pace e chiama in causa Dio, ad ammirare il suo malfatto, e allo stesso tempo convince se stesso, e chi intorno a lui, che l'uomo è una nullità nell'immensità dell'universo, una cosa inutile:

Forse noi, dico la Terra, Cassiopea, Alpha Tauri, quella stella cadente, tutti

gli altri corpi e astri che vedi e non vedi, tutti noi, zodiaci e nature, siamo

solo miliardi di calcoli nel rene di un corpacciuto animale, la sua colica

senza fine, [ ... ]. No, ragadi siamo, ragadi sopra il grugnoculo di Dio,

caccole di una talpa enorme quanto tutto, cami crescenti, pustole, scrofole,

malignerie che finiscono in orna, glaucomi, fibromi, blastomi. (14-15)

Il protagonista-narratore non bestemmia, non impreca, lui non crede più, pero gli piace provocare il povero Padre Vittorio che cerca, invece, disperatamente di persuaderlo della Rivelazione. Il giorno che il protagonista sottrae le radiografie di Marta dalla sala raggi, Padre Vittorio, spinto dallo scoraggiamento di non saper più pregare da solo, 10 va a trovare. Il protagonista, pero, non ha tempo da dedicargli, anzi inveisce contro di lui:

La preghiera! [ ... ] Il tuo covile caldo, il portone per ripararti quando

cambia il tempo! Mi ripugna codesto Dio da indossare come una maglia

pesante sopra le nostre pleure di cartavelina. A me è sempre piaciuto

bagnarmi. (46)

128 Possiamo rilevare che il Gran Magro è ebreo da tre indizi nel romanzo. Il primo: " ... e si aggiustava frattanto sul capo la mozzettina da usuraio, di seta, squilibrata dall'urto" (77); il secondo: "la calottina di seta" (100); il terzo, quando parla di Cristo: "non èche uno dei nostri, un pio galoppino, il rampollo di un presepe meticcio" (97). Greco-Martinez 68

Ciononostante, sordo agli insulti, il prete continua nella sua mlSSlOne di redenzione verso il protagonista, e verso se stesso come espiazione. Ma il protagonista non 10 puo ascoltare, ha le lastre di Marta nascoste sotto il cuscino e illoro grido si unisce al suo pieno di rancore e d'astio contro Dio e contro il mondo. Marta deve morire, le lastre parlano chiaro, non c'è più speranza per lei; questa volta l'ha condannata la malattia. Era stata già condannata due volte: la prima per essere ebrea, la seconda per essere sfuggita al lager grazie ad un ufficiale tedesco che più tardi viene ucciso.

Condannata, quindi, prima dall 'uomo ed ora da Dio:

Dopotutto è meglio cosi. È morta fin troppo tardi. Ma nessuno ha orecchio

a capire la musica della propria esistenza, e a fermarla al momento giusto.

E per lei quel momento era già venuto due volte. (123)

Invano Padre Vittorio cerca di convincere il protagonista che "Dio non è l'assassino" e che Dio sottopone l'uomo a delle prove per aiutarlo ad acquistare, attraverso il dolore, la redenzione e purificazione dell'anima:

Tu supponi d'inseguirlo, t'affanni a leggere carponi, come i poliziotti dei

romanzi, le piste oscure della sua fuga, inteIToghi le macchie dei Suoi

pollici unti. Mentre è lui che incombe senza fine su di te, la Sua ombra ti è

sopra e tu non 10 scorgi, il Suo fiato ti morde la nuca e tu 10 confondi col

vento. (48)

E alla maniera di Manzoni, Padre Vittorio cerca disperatamente di conduITe il protagonista alla preghiera, invoca la Provvidenza. Pero lui stesso già si sente "un prete per finta" e scrive ai margini di un libro di preghiere tutti i suoi pensieri nel disperato intento di calmare le sue "dimonia": Greco-Martinez 69

Un bacillo di Koch si poso sopra il labbro di Adelmo. E Dio vide che

questo era buono. (32)

Oppure:

È questo dunque il buon uso delle malattie che, sull' esempio di que 11 'altro,

avevo chiesto supplicando il Signore? Lacrime, si, ma di rabbia e di

rancore, bestemmia "totale e douce." E selvaggi onanismi sotto le

lenzuola. (34)

Infine non riesce più ad abbandonarsi "sul Monte Calvario, 0 nelle piaghe dei

Nostro Signore, 0 in qua1che sito accanto a lui, per fame il proprio riparo [ ... ] e costituirvi fortezza, a difesa delle tentazioni" (46). La malattia deI corpo ha contaminato pure la sua anima. Ha paura di morire, ha paura di urlare contro Dio. Ha paura e si uccide:

Quanta strada, dunque, da Cividale alla Rocca, per smarrire la direzione

lieta deI proprio cammino e farsi trovare all'alba, con una sigaretta spenta

nel pugno e i denti serrati contro il cuscino di crine, in una sedia a

dondolo, alla quale l'estremo spasimo delle membra aveva impresso un

moto che ancora, lievissimamente, durava. (30)

Simbolicamente con la morte di Padre Vittorio muore cio che di cristianesimo rimane al protagonista: "il mio cristianesimo non era stato che una gravidanza supposta, un'isteria di tre mesi" (29).

Il protagonista è l'unico della Rocca a salvarsi e stenta a crederci. Perché proprio lui? Si era abituato a dividere la stessa aria, le angosce, le paure, i ricordi con i suoi compagni, e adesso si sente un traditore per essere sopravvissuto: Greco-Martinez 70

Ma se di tanti io solo, premio 0 pena che sia, sono scampato e respiro

ancora, è maggiore il rimorso che non il sollievo, d'aver tradito a loro

insaputa il silenzioso patto di non sopravviverci. (22)

Anche Peter Hainsworth fa cenno al sense di colpa dei protagonista per essere sopravvissuto e 10 paragona al sense di colpa dei sopravvissuti dei campi di concentramento:

As if to survive were a betrayal, much as it has been felt to be by survivors

of the concentration camp, who also have often found impossible to

answer the question, "Why me? Why not the others?,,129

Bufalino capisce che la sua salvezza non é un miracolo e neanche una preferenza,

è un caso che fa parte di un ordine di cose e questo richiede un momento di meditazione; un momento, se non di conciliazione con Dio ma con se stesso. "Essere perdonati, [ ... ] custodire quella speranza d'assoluzione" (117) e ritomare a vivere, "essere uno dei tanti della strada." (133)

Il protagonista-narratore quando sa di essere guarito decide di lasciare la Rocca.

L'estate è finita e con l' autunno arriva la pioggia e da essa si lascia bagnare, accennando alla simbolica pioggia che accompagna la fine della peste dei Promessi sposi: "Come tutte le grandi pesti, anche questa infima mia finiva con la pioggia." (125) Ma questa pioggia non puo purificare e cancellare il male. Il protagonista, anche se guarito, si porta addosso 10 stigma della malattia, cosi come si porta addosso la guerra e i suoi orrori fino alla morte.

129 Peter Hainsworth, "Gesualdo Bufalino Baroque to the future," The New ltalian Novel, a cura di Z. Baranski e L. Pertile (Edinburgh: University Press, 1993) 20-34. Greco-Martinez 71

Bufalino, nella sua Diceria, riferendosi alla Storia della colonna infarne di

Manzoni, mette a fuoco la questione delle responsabilità per le atrocità della guerra delle quali lui stesso è stato testimone. Bufalino, per quanto prenda ad esempio Manzoni non risolve il suo dilemma se "negare la Provvidenza 0 accusarla." Se Manzoni con la Storia della colonna infarne è riuscito a mettere in luce la precarietà della giustizia umana, ristabilendo il concetto della Provvidenza divina, speranza consolatoria dell 'uomo giusto,

Bufalino con Diceria dell'untore non riesce a risolvere nulla. Lui e tanti come lui e tutti gli altri condannati a morire non furono arbitri deI proprio male ma solo vittime. Vittime, le cui invocazioni non furono mai ascoltate nè da Dio nè dagli uomini. Alla fine della sua

Diceria, Bufalino puo solo arrendersi al fatto che l'uomo nella sua fragilità puo essere tanto camefice quanto vittima e come lui dice: "Manzoni non mi ha aiutato a risolverlo

"il mio nodo privato" ma mi ha aiutato a vederlo." 130

130 G. Bufalino, Sa/di d'autunno 117. Greco-Martinez 72

La letteratura come specchio delle mie brame Sesamo per aprire la grotta 131

II.4. Marta

Chi è Marta? Qual'è la sua storia? "Dicono ch'è una di su, e stava a Sondalo ma gli altri malati non ce l 'hanno voluta. E prima ballava alla Scala. [ ... ] Del resto se ne dicono tante. [ ... ] Dicono di un capitano delle Esse Esse, di una villa al lago. E co se peggiori. Certo i capelli le sono ricresciuti da poco sul capo rasato." (43)

Queste informazioni, date da una paziente deI padiglione femminile deI sanatorio, per quanto frammentari, servono ad avvertire il lettore che dietro la finzione letteraria si cela una testimonianza, che vuole essere gridata ma che invece rimane soffocata dalla pena e dal rancore. Ed è solo attraverso i terni e i personaggi della letteratura che

Bufalino riesce a dar voce a questa sua pena, a questo suo rancore.

Sebbene Diceria dell'untore sia un romanzo della "fantamemoria,,132 questa testimonianza è affidata alla relazione d'amore deI protagonista-narratore con Marta, una ex-ballerina scampata al lager e finita, dopo moIte peripezie, in Sicilia, nel sanatorio la

Rocca di Palermo, ultima sosta prima di morire.

1 critici hanno interpretato la vicenda d'amore fra il protagonista-narratore e

Marta sempre con superficialità. Ad esempio per Maria Corti è ''una scena da medievale

'danza macabra'; 133 per Barberi Squarotti ''uno dei momenti fondamentali deI romanzo

131 G. Bufalino. "Il malpensante" Opere 1067 I32"Raccontare un ricordo, dice Bufalino, 10 fa diventare una fiaba. Più che suggestioni proustiane, pur feconde in tutta l'opera, penseremmo a quelle aristoteliche attraverso Mneme kai Anamnesis, Della memoria e della reminiscenza, dove il filosofo greco, posta la sede della memoria nell'anima sensitiva, afferma che 'la memoria, anche degli intellegibili, non è senza immagine' [ ... ]. È il processo che Bufalino insistentemente chiama 'sogno della memoria'. È proprio tale potere ludico della memoria che guida 10 scrittore all'artificio dell'invenzione, a trasformare il ricordo in fiaba, infantamemoria appunto." Maria Corti, "Introduzione" Opere XIII. 133 Ibidem XV. Greco-Martinez 73

[ ... ] come liquidazione degli orrori e delle ambiguità della guerra appena conclusa. La liberazione dal passato che con Marta muore davvero e definitivamente"; 134 per Maurizio

Cucchi una "storia meravigliosa quanto infelice e assurda.,,135

Ma ben undici capitoli, dal VI al XVII, dei diciassette capitoli della Diceria, sono dedicati alla storia d'amore che finisce con la morte di Marta. Il primo paragrafo deI VI capitolo, prepara il lettore a intendere ciô che leggerà in seguito come una favola, un sogno, un viaggio attraverso la letteratura:

L'Ucciardone, monte Athos, la fortezza della Roccella ... A quante

clausure e solitudini mi piaceva paragonare il nostro stato alla Rocca. Nè

mi scordavo il castello d'Atlante. Cioé un luogo di visioni destinate a non

durare. Una di queste fu Marta. (35)

Ma in questo viaggio attraverso la letteratura Bufalino lascia "segni e minuzzoli di

Pollicino, seminati apposta" (62) per indicare che Marta non è soltanto una visione destinata a non durare, "un simulacro di donna," "una costruzione letteraria," ma è pure una memoria affogata per non risentime la pena e rivissuta nel mondo fantastico della finzione. Quello che si sa di lei è ciô che lei stes sa racconta al protagonista-narratore. Ma questi, ascoltandola, capisce che deI suo passato e della sua storia Marta racconta soltanto gli eventi che le sono cari e piacevoli da ricordare:

Lei deI suo passato (unico bene che non fosse ipotecato 0 ma1concio)

ritagliava senza farlo apposta talune privilegiate sequenze, mentre

respingeva con tutt'e due le mani in un ripostiglio della coscienza, il

prima, il dopo, il perchè. (92-93)

134 G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tutto libri Anno VII, No. 259, 28 febbraio 1981. 135 Maurizio Cucchi, "Scrittore vero non "caso" letterario," L'Unità 5 marzo 1981. Greco-Martinez 74

Quindi, la storia d'amore deI protagonista-narratore e Marta è si, un VIagglO attraverso la letteratura, ma è anche un espediente per ricordare una pena non ancora dimenticata: le atrocità della guerra e le "vittime senza colpa" simboleggiate dalla figura di Marta che a volte riflette le esperienze della stesso Bufalino. Quindi, mentre Marta, una paziente deI sanatorio la Rocca di Palermo, impersona l'immagine letteraria della donna, l'eroina su cui spargere due lacrime alla fine dellibro, la donna fatale, l'artista, parallelamente Marta è la giovane donna malata di tubercolosi che nasconde dietro le sue personificazioni la terribile realtà della sua esistenza.

Come meglio iniziare il viaggio attraverso la letteratura se non con Dante e la donna da lui innalzata a vi si one angeIica, simbolo della conoscenza e deI sapere? Mezzo con il quale Bufalino esorcizza il "divieto" che nel sogno, all'inizio deI romanzo,

"purgatorialmente seduti a ridosso l'uno dell'altro, uomini vestiti d'impermeabili bianchi

[ ... ] gridavano con spente orbite." 136

Quando il protagonista-narratore vede Marta per la prima volta, la paragona ad un serafino: "Come di lume dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i serafini." (38) Era il giorno di Santa Rosalia e il dottore deI sanatorio, il Gran Magro, aveva organizzato uno spettacolo con i pazienti, come faceva per ogni ricorrenza festiva. Marta è una delle attrici e ha appena finito di interpretare la parte di Giulietta in "Giulietta e Romeo" quando il protagonista-narratore entra nella sala e prende posta accanto al dottore. Subito dopo inizia sul palcoscenico un numero di danza dove Marta si esibisce questa volta nella

136 "Essi levavano mestamente la fronte, tutt'insieme accennavano un divieto, mi gridavano con spente orbite: vattene via. Non mi riusciva di obbedire, ma in ginocchio, a qualche metro di distanza, torcendomi le dita dietro la schiena, aspettavo che uno si muovesse, il più smunto, il più vecchio, una serpaia di rughe fra due lembi di bavero, e semplicemente curvandosi a raccattare una pietra, rivelasse dietro di se, sulla soglia di un sottosuolo finora invisibile, botola di suggeritore 0 fenditura flegrea, la dissepolta e rapida nuca di lei, Euridice, Sesta Arduini, 0 come diavolo si chiamava." Diceria dell'untore 8. Greco-Martinez 75 veste di Arlecchina. Durante una pausa dei ballo, mentre la ballerina se ne sta al centro della scena immobile, il protagonista la puo osservare meglio e forse per l' effetto dei riflettori sembra che la pelle le si irradi di una luce interna, tanto da dare l'impressione di una VlSlOne:

La gola le si era tinta di fiamma, per una irradiazione sottopelle deI

sangue: "Come di luce dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i serafini." Oh

certo, un serafino era, dalla vita sottile e dalle ah roventi, con oc chi come

ciottoli d'ebano nel fiero ovale ammansito da una corta chioma di luce.

(38-39)

Ma l'angelo dalle ali roventi viene subito deposto dal piedistallo su cui era stata messo per diventare una donna più umana e terrena, con la quale intrecciare una relazione:

Perché, insomma, non s'accomodava con l'economia deI mio tempo il

prolungarsi di unD stato d'estasi a vitanuova, quando a me, al contrario,

serviva solo un corpo da consumare subito, prima che il nostro vagone

piombato si fermasse al deposito della stazione d'arrivo. (42)

Con il primo appuntamento tra il protagonista-narratore e Marta vediamo tracciato il tragitto progressivo di questo viaggio attraverso le donne della letteratura dei teatro e dei cinema. Si sente l'eco dell' Angelica dell' Ariosto che con la sua bellezza "mette in cri si l'etica dei cavalieri di guerra.,,137 Infatti Marta ha fatto perdere la testa all'ufficiale tedesco, che l'ha salvata dal lager innamorandosi di lei. Si sente l'eco della donna seduttrice e fatale dei periodo mondano di Verga e della donna di Borgese, la bella e

137 Marisa Zancan, Il doppio itinerario della scrittura (Torino: Einaudi, 1998): 41. Greco-Martinez 76 seducente Celestina, dei salotti Parigini di Rubé ("Isolabella sul lago") e della donna vagheggiata dai protagonisti di Brancati:

M'incantavo a mirare con che nobile scaligero garbo, riflettendosi nel

cristallo, si andasse a incastonare nel cayo esatto di una panoplia di

gemme 10 smilzo stelo deI collo di lei, sorgente dalla goletta di trine, fuori

della camiciola sbottonata a metà. La voce poi ... E le continentali malizie,

i nonnulla deI gesto che impreziosiva, come uno spolvero d'oro, il ricordo

muschiato delle antiche serate di gala, dei damaschi, dei ventagli, delle

Isolebelle sullago. (58)

Ma a differenza dei personaggi di Borgese e di Brancati, il protagonista della

Diceria non si pone nessun problema esistenziale nè è afflitto da complessi psicologici. Il suo desiderio principale è quello di consumare quel po' di vita che gli rimane con una donna. Pur essendo siciliano, non è intimidito dal fascino di Marta, dalle sue arie sofisticate, dalla sua emancipazione di continentale, perché sa che Marta è come lui, una povera creatura col suo fardello di memorie da affogare:

Mi mortifico scorgere, accanto ai suoi modi di cittadina, le mie rudezze di

viso e di abito. [ ... ] Ne sarei stato intimidito fino alla paralisi, se non mi

fossi accorto ogni tanto di una piega, plebea e ghiotta, che le sfigurava la

bocca [ ... ]. 10 non dicevo quasi nulla, di fronte aIle viste tumultuose e

diverse che lei mi veniva porgendo: ora con la pressione sulla mia mano

della sua mano, [ ... ] ora con la melassa delle parole [ ... ]; ma soprattutto

attraverso l'impaurirsi degli occhi ogni volta che la guardavo. (58-59) Greco-Martinez 77

E Marta si affanna a nascondere dietro la sua aria disinvolta e affascinante questa paura cosi come un'attrice si nasconde dietro la maschera deI personaggio. "10 le dico

che vivo in quei momenti la vita deI mio personaggio! Non sono iO.,,138 Questa frase è pronunciata da Marta Abba, l'attrice preferita di Pirandello, nel molo di Donata, nella

commedia Trovarsi a lei dedicata. Secondo Franca Angelini, "tutte le categorie della

passione, deI cuore, e tutte quelle della finzione, deI tmcco e della similazione sono

pre senti e variamente congiunte nell'attrice.,,139

Marta fa prova di tutte queste qualità d'attrice, mentre ferma sul marciapiedi con

il protagonista, canticchia un vecchio motivo accompagnandolo con una piroetta, che

suscita l'ilarità dei passanti. Al rimprovero di lui, lei replica:

Macché, [ ... ] è solo un impulso a piacere, [ ... ] Noi donne siamo spesso

cosi: narcise e civette. [ ... ] A me è sempre piaciuto contraffarmi e mentire

[ ... ] tutto cio che contiene un' ipocrisia mi seduce. (60-61)

Il molo dell'attrice dà a Marta l'espediente necessario per contraffarsi, per vivere

una realtà fittizia, immaginaria, dove la sua identità si frantuma in tanti "io":

A vevo una vita, un viso. Mi tolgono questo e quella. Era il mio balocco di

scelta, il mio viso. E giocavo con cappelli e rossetti. Ancora oggi passo ore

a truccarmelo, benché non 10 senta più mio, ma di una che mi vuol male

[ ... ]. Me 10 trucco, come no, e mi siedo sulla veranda, a guardare, oltre il

cancello dei parco, la strada dove passano uomini. Tu vedessi, nel mio

armadio, quanti abiti da sera, che sciorino sul letto, quando sono sola.

138 Luigi Pirandello, Trovarsi Atto l, (Milano: Mondadori, 1989): 125. 139 Franca Angelini, "La scena dell'aUrice in Pirandello," Letteratura sici/iana alfemminile: donne scrittrici e donne personaggio. A cura di Sarah Zappulla Mascarà. (Calatanissetta-Roma: S. Sciascia editore, 1984): 87. Greco-Martinez 78

Flosce annature vuote dove s'ode a volta frusciare 10 spettro della Marta

che le abito. (60)

Quale altro ruolo si puo dare ad un personaggio se non quello dell' attrice per potersi sbizzarrire con lei e rivivere i cari vecchi film? E tradurre la finzione in "palliativo e placebo." Uno di questi è "Amanti senza domani" in cui William Powell è un losco galante che alla fine deI viaggio va alla sedia elettrica e Kay Francis è gravemente ammalata: ogni sera si incontrano e pur essendo consapevoli della loro condizione fanno finta di nulla e ballano e si parlano sotto la luna. Il protagonista-narratore, considerando

10 stadio finale della malattia, sia sua che di Marta, si immagina di essere adesso lui

William Powell, l'attore deI film insieme a Kay Francis sul ponte di un transatlantico:

"Chi avrebbe mai pensato che dovesse toccanni a mia volta, all' ombra degli stes si umidi salici, di danzare una stessa tresca d'amore e di morte, su un motivo di fiacca pianola"

(52).

Oppure "Les enfants du paradis" con Arletty e Louis Jouvet, gli attori favoriti di

Bufalino all'epoca in cui il cinema francese rappresentava per lui il culmine dell'arte. Per un momento rivede in Marta la sua Arletty quando Marta si ostina a raccontare deI suo

"Oberleutnant" :

Ricordo il suo braccio bruno, un'estate come questa, in una barca. [ ... ] 10

sono bella, snella, pulita; per metà riversa dentro il canotto, ma coi piedi

nel solco della corrente. [ ... ] il mio costume è nero, con un'ancora di filo

d'oro nel petto. E lui mi chiama Garance. (42)

Ma all'immagine letteraria della donna si sovrappone l'altra, la paziente deI sanatorio la Rocca di Palenno, quella che stava a Sondalo, que lIa deI capitano delle Esse Greco-Martinez 79

Esse, quella dei capelli rasati. Il protagonista-narratore domanda a Marta il perché dei

suoi capelli tagliati corti. Marta invece di rispondere racconta deI giorno in cui lei e il suo

compagno furono snidati dal loro rifugio. Presero soltanto lui e 10 fucilarono. Lei fu

lasciata libera grazie a qua1cuno che ebbe pietà di lei e le disse di andarsene. Ma dopo ci ripensarono e cominciarono a cercarIa mettendo la sua fotografia sui giornali. Cambio

indirizzo, abbigliamento, ando da una pigione all'altra cercando di non lasciare tracce.

Cercava gente che la potesse aiutare a fuggire all'estero, ma invano, tutti promettevano e

nessuno manteneva. Si sentiva guardata con occhi scrutatori e pedinata. Si immaginava, a volte, di vedere Andrea, il compagno con cui era stata presa, seduto sulle sc ale ad

apettarIa e che si scostasse per farIa passare. La sua vita era diventata quella di una

fuggitiva con i cani appresso. Distrutta da questa angoscia avrebbe quasi voluto gridare a

tutti il suo nome, oppure far credere a tutti di essersi uccisa, lasciando tutto, soldi e

bagagli in un bagagliaio. Ma non ce ne fu bisogno, subentro la malattia e cosi Marta

arrivo alla Rocca per morire.

Questo racconta Marta al protagonista-narratore, mentre sono sdraiati su un letto

di una stanza ad ore, cercando di non pensare al loro rientro al sanatorio. Un giorno

decidono di fuggire. Il protagonista, a questo punto, sa che è in via di guarigione. Per

Marta, invece, non c' è più speranza e quindi acconsente al desiderio di Marta di vedere il

mare. Arrivano a stento "all'alberghetto sul mare" dove Marta, in un'ultima crisi della

malattia, muore:

Spensi la luce [ ... ], e nella stanza, al chiarore della luna, tomai a cercarla

con gli occhi: sembrava dormire, come nella cuna di un'illesa natività; e Greco-Martinez 80

sul cuscmo, [ ... ] l'incurvatura a elmetto dei mOZZI capelli componeva

come un'aureola quasi di serpi pacificate. (122)

A tal proposito viene da pensare ad un'altra storia, quella di Nora de La storia

(1974) di , principalmente per la persecuzione razziale di cui la donna è vittima. Nora si era, da sempre, tenuta segreta la sua identità ebraica e nel 1938, quando in ltalia furono varate le leggi razziali contro gli ebrei e si parlava di un censimento di tutti gli ebrei, Nora yenne invasa dalla paura che sarebbero venuti a prenderla da un momento aIl' altro e non usciva più di casa per evitare che qualcuno la riconoscesse.

Divenne per lei un'ossessione, tanto che ogni piccolo rumore diventava sospetto. Si immaginava di udire colpi al portone e passi pesanti sulle scale di qualcuno che veniva a prenderla. Era martellata dal pensiero di come fare per partire, per andare all'estero. E un giorno, non potendone più, usd di casa col suo fascetto di soldi infilato nella calza e il mantello di suo marito sulle spalle e si incammino verso il mare con la risoluzione di imbarcarsi in un bastimento che l'avrebbe condotta in Palestina, la patria degli ebrei. La trovarono seduta sulla riva deI mare morta. "L'unica violenza deI mare, era stata di toglierle via le sc arpette e di scioglierle i capelli.,,140

La paura è comune aIle due donne, paura di essere fatte prigioniere, come il desiderio di andare all'estero per sfuggire la persecuzione. Soldi ne hanno e non vogliono morire, vogliono soltanto far disperdere le loro tracce. Le due muoiono sul mare e la morte, infine, cancella la paura, l'angoscia, lasciandole finalmente serene.

In La storia non ci sono giochi di parole, il conflitto di Nora è palese fin dall'inizio. In Diceria l'identità di Marta è svelata solo quando muore. Rovistando nella borsa di Marta per cercare i documenti, il protagonista scopre, insieme a "fasci di dollari

140 Elsa Morante, La storia (Torino: Einaudi, 1974): 51. Greco-Martinez 81 e am-lire," il cognome di Marta: non Marta Blundo ma Marta Levi, un'ebrea scampata al genocidio.

Un cognome da mormorare all'orecchio. Non mi domandai fino a che

punto esso quadrasse coi monconi di biografia che sapevo 0 credevo di

sapere di lei; e quanto sinistramente quel bagliore di stella gialla potesse

risarcirne il testo. (122)

Tuttavia, Marta, la paziente della Rocca si riinventa continuamente cercando di colorare la sua vita e la sua pena con la fantasia. E racconta di quando era bambina e abitava con un vecchio parente che era guardiano di un casello ferroviario: la sera dopo averlo messo a letto se ne stava fuori a far la guardia al passaggio a livello e per stare sveglia si parlava da sola e sognava un giorno di viaggiare su unD di quei treni. E un giorno si innamoro della fotografia di un giovane su un giornale buttato dal finestrino di un treno: "Sapevo che di là dei monti una rotonda di giardino c'era, dove lui mi aspettava e aveva speroni d'ussaro, e un frustino nel pugno" (61). Si sente l'allusione ironica di

Bufalino ai treni che trasportavano gli ebrei deportati nei campi di concentramento e ai tedeschi che li aspettavano pronti a maltrattarli.

Marta ritorna sempre a parlare deI tempo felice trascorso con il suo compagno ma

è una storia fabbricata e il protagonista-narratore se ne è reso conto già da tempo che

Marta, anche volendo, non riesce a dire la sua vera storia, non la puo dire, preferisce vivere nel mondo della fantasia costruendo favole per non sentire il male, per non parlare deI male che le sta dentro:

E quindi è con sempre maggior imbarazzo che le prestavo orecchio, non

perdonandole dentro di me nessuna delle tante incongruenze di casi e Greco-Martinez 82

stagioni; e chiedendomi ad ogni momento in virtù di quali mitologie di

educanda lei si ostinasse a decorare di medaglie, oltre che di pietà, quel

barbarossa cavaradossi, dietro il cui martirio profano una truce patria e

mansione si nascondevano male; e se vi fosse strazio vero 0 soltanto truffa

sotto quella parola, lager, affiorata e sommersa immediatamente nel fiume

delle altre sue mille. Ricacciai indietro, e fu forse unD sbaglio, le domande

[ ... ] che m'erano venute aIle labbra. Umiliarla [ ... ] significava perderla.

(93)

Quattro pagine sono dedicate al racconto fatto da Marta deI giorno in cui presero lei e il suo compagno in un sotterraneo di campagna che era stato usato per distillare la grappa di nascosto. Come sempre Bufalino tesse la sua storia nell'ambiguità. Il compagno di Marta è un ufficiale tedesco 0 un partigiano? Nel racconto "La moviola della memoria," che fa parte deI libro Cere perse, Bufalino racconta, quando aiutato da una partigiana di Sacile (Sesta Ronzon 0 Sesta Arduini), riusci a fuggire dalla caserma in cui era prigioniero dei nazisti, evitando cosi di essere deportato. Dopo essersi riparato fra le canne deI fiume Livenza, seguendo le indicazioni della ragazza, riesce a raggiungere la fattoria di Silvio Zaghet. E li rimane un po' di tempo aiutando, fra le altre cose, a distillare di frodo la grappa. Viene logico pensare che il compagno di Marta, per riflesso a questa storia, sia un partigiano. Ma abbiamo letto nella pagina precedente come Marta

"si ostinasse a decorare di medaglie, oltre che di pietà, quel barbarossa cavaradossi": barbarossa sinonimo di tedesco e cavaradossi sinonimo di Mario Cavaradossi della Tosca di Puccini che per aiutare un amico, evaso politico, viene ucciso anche lui. E quando leggiamo più oltre la parola "lager" ci accorgiamo che veramente si tratta dell'ufficiale Greco-Martinez 83 tedesco, "l' oberleutnant," con cui Marta era rimasta sino alla fine e che Bufalino, a bella posta, abbia voluto confondere illettore.

Marta fu lasciata libera ma il suo compagno fu fatto prigioniero, condotto in una radura e fucilato. Lei 10 aveva seguito fino aIl 'ultimo e 10 aveva visto morire. Alla domanda deI protagonista-narratore sui suoi capelli corti finalmente Marta risponde ma vagamente:

Si, i capelli me li tosarono per questo, qualche giorno dopo, in città. Per

essere stata con lui sino alla fine. E dissero che lui aveva fatto una cosa. E

che io, un motivo ci doveva essere se m'aveva salvata dallager. Tu non

chiedermi se era vero, potrei consentire. Mentre non so più niente, fra me

e quei giorni è calata una saracinesca senza fine. (90)

Marta non vuole ricordare, rifiuta di pensare al passato, sa che deve morire e nessuna cosa per lei è più importante deI ricordo dell'amore deI suo "oberleutnant" in uniforme, e le piace immaginare che in qualche parte dell 'universo ci sia un posto dove ancora non si sà che è morto:

Penso che se uno potesse correre più presto della luce e sopravanzarla e

fermarsi ad aspettarla in qualche stazione di stella, vedrebbe replicarsi per

intero tutto il rotolo deI passato. Mi consola pensare che in un raggio

ancora in cammino c' è lui che mi bacia e mi parla, e che qualcuno in capo

al cielo non sa ancora ch'è morto. (64)

Il protagonista-narratore, quando ha in mano il fascicolo con la vera storia di

Marta che gli da il dottore deI sanatorio prima di morire, e legge sotto la copertina l'intestazione: Levi Marta di Levi Tullio e Della Pergola Miriam, ha finalmente la Greco-Martinez 84 risposta a tutti i suoi dubbi. Pero non vuole leggere, non vuole avere "le prove di una colpa senza nome, di un patimento senza colpa" (129). Li vi cino c'è una stufa e senza esitare vi butta dentro il fascicolo per bruciarlo, ripetendo simbolicamente la frase deI

Gran Magro "cosi s' osserva in lor 10 contrappasso" quando dopo il suo funerale tutte le cose di Marta vengono bruciate nel fomo crematorio della Rocca.

Ovviamente, il nome Levi fa pensare a e al suo libro di testimonianza delle atrocità dei lager, Se questo è un uomo. Quando Bufalino ha cominciato a scrivere la sua Diceria, il libro di Primo Levi era stato già pubblicato (la prima edizione è deI

1947, la seconda del 1957), quindi non è da escludere che Bufalino ne sia stato profondamente influenzato, soprattutto se si considera che è stato lui stesso prigioniero dei tedeschi. E non è da escludere neanche che il suo gesto di bruciare il fascicolo che contiene la verità su Marta, sia un'allusione a quella deI pubblico italiano che, al primo apparire dell' opera di Levi, non ha voluto prestarle attenzione.

Infatti, quando leggiamo nella Diceria: "custoditi, intomo, da un reticolato, noi e nessun altro in Europa, ormai"(21); "i capelli le sono cresciuti da poco sul capo rasato"(43); "il nostro vagone piombato si fermasse al deposito della stazione d'arrivo"

(42); viene da se il credere che Bufalino nella sua Diceria abbia voluto ricordare il genocidio degli ebrei insieme allo sconforto di riabituarsi a vivere fra la gente dopo essere stato testimone di tanti orrori e ingiustizie:

Dunque è vero che fuori il mondo ha ancora colori e gesti di musica e

messaggi e fanfare dopo il diluvio, mi ripeto che la grazia é una lunga Greco-Martinez 85

pazienza, che giova intanto abituarsi a questo scuro e dolce mostro che è la

vita. 141

In Se questo è un uomo Levi, ad un certo punto, descrive la sua reazione al comportamento di un vecchio di nome Kuhn, che ringraziava Dio per non essere stato scelto, dopo che nella baracca era finita la selezione di coloro che erano stati condannati a rnorire nella camera a gas il giorno dopo.

Kuhn è un insensato. Non vede, nella cuccetta accanto, Beppe il Greco che

ha vent'anni, e dopodomani andrà in gas, e 10 sa, e se ne sta sdraiato e

guarda fisso la lampadina senza dire niente e senza pensare più a niente?

Non sa Kuhn che la prossima volta sarà la sua volta? Non capisce Kuhn

che è accaduto oggi un abominio che nessuna preghiera propiziatoria,

nessun perdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nulla insomma che sia

in potere dell'uomo di fare, potrà risanare mai più? Se fossi Dio sputerei a

terra la preghiera di Kuhn. 142

Pure nella Diceria traspare la consapevolezza che ni ente e nessuno potrà mai cancellare la pena e 10 sconforto delle abominazioni commes se dall'uomo contro l'uorno.

Il protagonista-narratore considera il suo male un'espiazione dei suoi peccati, per aver combattuto e per aver ucciso, per essere stato involontariamente consensiente e partecipe aIle ingiustizie:

E inutilmente il cuore [ ... ] s' affannava a ripetermi ch' ero stato io a

sceglierlo, quel male, per pulire superbamente col mio sangue il sangue

che sporcava le cose, e guarire, immolandomi in cambio di tutti, il

141 G. Bufalino, "Una lettera deI '46" Sa/di d'autunno 235. 142 Primo Levi, Se questo è un uomo (Torino: EinaudiI997): 116. Greco-Martinez 86

disordine deI mondo. Non servlva. Non serve mai, solo al fine di

consolarsene, nobilitare un destino che ci è giocoforza patire. (9)

E adesso, nonostante sia guarito, e puo lasciare il sanatorio e ritornare a vivere come prima, sa che il male gli ha lasciato una cicatrice profonda che nessuna cos a in potere nell 'uomo potrà mai più risanare.

Tregua 0 condono che fosse in arrivo, sapevo che avrei durato fatica a

rivisitare la vita, e le sue insolenze, il parapiglia preoccupante dei suoi

commerci. (102)

Ero solo al mondo, [ ... ]. E la città pareva in guerra contro di me, tutta

catrami e caVl e pietre, un pugno di spine dure. Come m'avrebbero

accolto, essa e il mondo, me con la mla spOrCIZla invisibile? Era un

nastrino, il tatuaggio che portavo nel petto, 0 il segno di un'empietà da

coprire col velo nero? (132)

Bufalino sà che non puo scrivere la vera storia di Marta. Il "divieto" stà proprio in questo. La realtà è indicibile e soltanto attraverso la finzione letteraria e attraverso i personaggi si puo dare voce a sentimenti e a stati d' animo che permettono al lettore di percepire cio che l'autore vuole veramente dire. E Bufalino crea la figura di Marta avvolgendola prima in un alone di fantasia per poi investirla delle sue esperienze della guerra e porgere a tutte le vittime come Marta quella pietà che gli era stata negata.

Parimenti investe il protagonista-narratore deI "dilemma che ogni coscienza si pone di fronte al male che l'uomo puo infliggere ad un'altro uomo. Bufalino attraverso i suoi personaggi grida la sua pena e accusa sottovoce: "Grido è vero, ma a fior di labbra." 143

143 G. Bufalino, "Il malpensante,?' Opere 1129. Greco-Martinez 87

CONCLUSIONE

L' obbiettivo di questo mio lavoro era di risolvere in parte gli "snodi romanzeschi" lasciati irrisolti e di decifrare alcuni dei messaggi stipati "nel minimo spazio verbale," per mostrare che Bufalino abbia voluto, nella sua Diceria, porgere un'accusa contro l'uomo in generale e formulare una pietà per tutte le vittime della guerra.

Ho trovato che il romanzo è attraversato da tre opere principali: una romanzesca,

La montagna incantata di Thomas Mann e due saggistiche, La storia della colonna infame di Alessandro Manzoni e Se questo è un uomo di Primo Levi.

La montagna incantata si termina con Hans Castorp che parte soldato per la prima guerra. Diceria si apre con la chiusura della seconda guerra. Tutte le idee dibattute nel romanzo di Mann sono insignificanti dopo quello che è successo. Ora l'unica cosa da dibattere è l' esistenza di Dio, ed è qui che l'opera di Bufalino si lega al Manzoni della

Storia della colonna infame, ove si dibatte la questione delle responsabilità individuali e collettive. Il rapporto con Primo Levi, invece, è legato alla dimensione della

"testimonianza" qui affidata a due personaggi, il protagonista e Marta. Con il personaggio di Marta, Bufalino rappresenta l'indicibile esperienza dellager, e nel fare di lei una ex­ kapo, rappresenta la controparte modema degli untori manzoniani. Allo stesso tempo, una parte dell'esperienza di Marta, è quella stes sa di Bufalino, il che ci porta a pensare che le due figure siano, tranne per l'esperienza taciuta deI lager, Bufalino stesso; infatti la dimensione della civetteria e della dissimulazione di Marta è il riflesso deI

"comportamento" letterario dello stesso Bufalino, un manierismo che pero non è fine a se stesso, ma è in qualche modo l'elaborazione deI suo innato senso di margilità unito alla sua propria ideologia dello scrivere. Forse è opportuno concludere con quel che ha detto Greco-Martinez 88

Theodor Adorno, che dopo Auschwitz non è più possible la poesia. Forse Bufalino affidandosi ad una poetica sicilianamente parados sale come quella umoristica, è riuscito a trovare un modo per fare una '"poesia" adatta, evocatrice ed auto-referenziale più che mimetica, in cui ogni immagine si sdoppia ad infinito e tutto riconduce al gran vuoto morale lasciato dalle esperienze della guerra. Greco-Martinez 89

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