Mimesis / Esperienze Filosofiche

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Mimesis / Esperienze Filosofiche MIMESIS / ESPERIENZE FILOSOFICHE N. 3 Collana diretta da Luigi Vero Tarca, Università Ca’ Foscari di Venezia COMITATO SCIENTIFICO Francesco Berto, Universiteit van Amsterdam Giorgio Brianese, Università Ca’ Foscari di Venezia Luc Brisson, CNRS Paris Laura Candiotto, University of Edinburgh Paul Clavier, École normale supérieure Paris Felix Duque, Universidad Autonoma de Madrid Luca Illetterati, Università degli studi di Padova Salvatore Lavecchia, Università degli studi di Udine Olga Lizzini, Universiteit van Amsterdam Livio Rossetti, Università di Perugia Fernando Santoro, Universidade Federal do Rio de Janeiro Davide Spanio, Università Ca’ Foscari di Venezia Gianluigi Paltrinieri, Università Ca’ Foscari di Venezia Giangiorgio Pasqualotto, Università degli studi di Padova Collana sottoposta a peer review I LINGUAGGI DELL’ASSOLUTO a cura di Massimo Raveri e Luigi Vero Tarca MIMESIS Il testo è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa mediterranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it [email protected] Collana: Esperienze Filosofiche n. 3 Isbn: 9788857542683 © 2017 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 / 24416383 INDICE INTRODUZIONE di Massimo Raveri e Luigi Vero Tarca 7 Isabella Adinolfi, “ESPRIMERE ASSOLUTAMENTE IL SUBLIME CON IL PEDESTRE”. IL LINGUAGGIO DELL’ASSOLUTO IN FRYGT OG BÆVEN DI S. KIERKEGAARD E IN THIS IS WATER DI D.F. WALLACE 15 Giuseppe Barzaghi LA METAFORA: TRASPARENZA NELLA TRASPOSIZIONE 31 Laura Candiotto “DA CACCIATOR DIVENNE PREDA”. LA TRASFIGURAZIONE DEL SOGGETTO CONOSCENTE, TRA RICERCA APPASSIONATA E COGLIMENTO ESTATICO, NEL LIGNAGGIO PLATONICO 45 Alessia Cavallaro L’ICONA: L’ASSOLUTO RUSSO TRA “QUADRATI” E “TAVOLE NERE” 61 Sabina Crippa UNO E MULTIPLO: LE VOCI DEL DIVINO 83 Giovanni De Zorzi IL SUONO LINGUAGGIO DELL’ASSOLUTO 97 Sebastiano Galanti Grollo DIRE L’ASSOLUTO. LEVINAS, L’INFINITO E IL LINGUAGGIO 123 Gaetano Lettieri Σκιαγραφειν / Scrivere ombra. La teoLogia congetturaLe di gregorio DI NISSA E LA SUA EREDITÀ 143 Tatsuma Padoan PER UNA SEMIOTICA DELLA POSSESSIONE ORACOLARE: SENSI E DISCORSO SUL MONTE KISO ONTAKE 173 Giangiorgio Pasqualotto RELATIVITÀ DELL’ASSOLUTO 199 Stefano Pellò L’ELEMENTO PAROLA. APPUNTI INTORNO AGLI ASSOLUTI DEL LINGUAGGIO NEI Chahār ‘unṣur di mīrzā ‘abd aL-Qādir bīdiL 205 Massimo Raveri contempLare iL buddha / pronunciare iL Suo nome: i SenSi DELL’ASSOLUTO 227 Antonio Rigopoulos SILENZIO, GESTO, PAROLA: I LINGUAGGI DELL’ASSOLUTO DEL SAI BABA DI SHIRDI 255 Federico Squarcini L’AssoLUTO AssoLUTAmenTE AssoLTO. RICOGnizioni SULLE LACUne deL LinGUAGGio, FRA GLI SGUARdi dei PoeTI VediCI E LE ASTUzie semioTICHE DEI MADHYAMAKA 287 Luigi Vero Tarca ASSOLUTO E VERITÀ 315 Aldo Tollini dire L’indicibiLe. dōgen ZENJI INSEGNA L’ILLUMINAZIONE 347 Vincenzo Vitiello I LINGUAGGI DELL’aSSoLuto e iL Linguaggio deL dover-eSSere 361 Ida Zilio Grandi “DIO È BELLO E AMA LA BELLEZZA”. APPUNTI PER UN’ESTETICA ISLAMICA IN CHIAVE MORALE 371 SCHEDE DEGLI AUTORI 391 MASSIMO RAVERI E LUIGI VERO TARCA INTRODUZIONE Il rapporto tra linguaggio e realtà ultima è un problema filosofico-teore- tico fondamentale, che si pone con particolare urgenza all’interno delle più diverse tradizioni religiose. Una definizione convenzionale di assoluto, di carattere generale, potrebbe essere: “tutto ciò che è ab solutus, sciolto da legami o limiti, qualcosa che non dipende da altro, che ha la propria ragio- ne, causa e spiegazione in se stesso”. Nonostante tale definizione determi- ni l’assoluto come non esprimibile in termini umani (Dio – in quanto real- tà metafisica totalmente “altra” – viene pensato come impensabile, nominato come innominabile), le ricerche sulle varie religioni hanno mes- so in luce come, paradossalmente, non ci sia tradizione che non abbia por- tato il linguaggio al limite, pur di comunicare ed esperire quello che consi- dera il fondamento primo e ultimo della propria visione di salvezza. I processi di comunicazione della realtà ultima non si limitano al lin- guaggio verbale (orale e scritto), ma avvengono anche nella combinazione di diversi linguaggi (visivo, rituale, musicale, artistico, mediatico) che si sforzano di circoscrivere e raggiungere quell’assoluto che è oltre il limite. E’ stata anche azzardata l’ipotesi che siano gli stessi linguaggi, nel loro svi- lupparsi all’interno dei processi di interazione comunicativa, a “creare” l’assoluto, postulandolo. Il presente volume prende in esame, in chiave comparativa, le più signi- ficative riflessioni filosofiche sul problema nodale dell’esprimibilità della verità ultima o del silenzio, e dei processi di significazione dell’assoluto, attraverso l’analisi delle consonanze e delle divergenze teoretiche sia delle tradizioni speculative orientali sia di quelle occidentali, seguendo il filo dell’interculturalità teso da Raimon Panikkar. In ambito europeo, la questione relativa alla possibilità e alle caratteri- stiche di un linguaggio in grado di “dire l’assoluto” è connessa al problema generale dell’atteggiamento razionale, della sua pretesa di universalità nonché all’influenza che tale pretesa ha esercitato sul pensiero occidentale. Un momento cruciale è quello in cui è stato rilevato un limite essenziale e 8 I linguaggi dell’assoluto quindi insuperabile che caratterizza il linguaggio, e segnatamente il lin- guaggio apofantico, legato al principio di non contraddizione, come emer- ge in particolare dai Teoremi di Incompletezza di Gödel. Non è un caso, del resto, che agli stessi esiti pervenga uno dei capolavori filosofici del Novecen- to, il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein, che colloca nella di- mensione della mistica il linguaggio concernente l’assoluto. Come non è un caso che la parabola dell’ontologia occidentale metta capo, anche con Heideg- ger, a una prospettiva per la quale l’Essere non può più essere detto, o, even- tualmente, posto sotto barratura. In questo quadro ermeneutico si pone il pro- blema di come il pensiero contemporaneo sia passato dal Dio dell’onto-teo-logia cristiana (il Dio causa sui) al Dio della ritrazione e dell’as- senza, al di là di ogni parousia, e su come l’esperienza della parola sia intesa come espressione di una “vicinanza alla mancanza”, un dubbio accettato per fede, secondo Kierkegaard. La domanda è se la svolta di pensiero che avviene nel “secondo Wittgenstein” (Philosophische Untersuchungen), consenta la ri- apertura di un esito almeno parzialmente diverso da quello sostanzialmente “apofatico”. Per cercare di rispondere, l’analisi si muove anche a ritroso, ispi- randosi ad alcuni punti topici della nostra tradizione come la speculazione filo- sofica di Aristotele e Platone o la prova ontologica di S. Anselmo. Si può par- lare, infatti, di una sorta di “via negativa” contemporanea, che si connette, in forme diverse, ad alcuni momenti della filosofia greca (ad esempio all’epekei- na tes ousias di Platone) e della «teologia negativa» cristiana (ad esempio Dio- nigi Areopagita), e che si declina anche nelle proposte filosofiche di Lévinas e Marion. In ambito orientale, il problema dell’esprimibilità dell’assoluto è affron- tato in tutte le grandi tradizioni filosofico-religiose come lo Hinduismo, il Daoismo e le diverse correnti di pensiero buddhiste, da quella Madhyama- ka all’esoterismo tantrico, dall’Amidismo allo Zen. In alcune correnti del- la tradizione hinduista vi è un approccio radicalmente apofatico, di rigetto del linguaggio e del pensiero, nel nome della completa trascendenza dell’assoluto (il neti neti delle Upanișad). Nondimeno, nella sofisticata te- ologia śivaita, il linguaggio si trasforma in “puro assoluto” ed è declinato come “il vero logos”, “la voce suprema” (Parāvāc), o Brahman, quale puro suono. Per le scuole devozionali e teiste della bhakti, il Nome stesso di Dio è Dio e a lui appartengono tutti i nomi dell’universo. Il Buddhismo antico giunge a rifiutare persino di porre la domanda sull’assoluto, e insegna a os- servare con rigore il “nobile silenzio”, tanto in merito all’eternalismo ve- dantico, quanto al nichilismo. Il pensiero Mahāyāna – e in particolare la tradizione Madhyamaka – nega risolutamente che fra il linguaggio e la verità ultima possa instaurarsi un rap- Introduzione 9 porto. Gli insegnamenti del Buddha storico Śākyamuni segnano il momento in cui l’assoluto, assumendo forme umane, ha comunicato la verità agli uo- mini. Ma lo ha fatto utilizzando degli upāya, dei “mezzi adatti” alle loro menti, esprimendo cioè in modo graduale una “verità convenzionale” e rela- tiva, saṃvŗtisatya, costruita col linguaggio ordinario della ragione, con con- cetti limitati, espedienti provvisori e condizionati dallo spazio e dal tempo. Ma è un’illusione pensare che un sistema di segni così indissolubilmente le- gato alla dimensione del relativo e del fenomenico possa esprimere la realtà ultima del vuoto. La verità rimaneva “coperta”, velata dalle percezioni in- gannevoli dei sensi, dalle forme opache del linguaggio e imbrigliata dalle ri- gide affermazioni della razionalità. Anche nel caso dell’insegnamento del Buddha, le sue parole non possono “dirla”, perché è ineffabile. La verità con- venzionale resta valida finché non è svuotata di senso da una comprensione più profonda. Solo alla fine del percorso interiore di meditazione, nella co- scienza può sbocciare l’intuizione di una dimensione incondizionata di veri- tà, paramārthasatya. Il pensiero Madhyamaka si rifiuta di limitare l’assolu- to, il vuoto, e di trasformarlo
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