il reportage I cristiani nel sottosuolo del Cairo La MONIKA BULAJ Domenica cultura “Mio padre Jean-Claude Izzo” MASSIMO CALANDRI e JEAN-CLAUDE IZZO DOMENICA 9 GENNAIO 2011/Numero 308 di Repubblica

Quando il c’era

PCILivorno 1921 - Rimini 1991 Nel doppio anniversario cronache dal primo e dall’ultimo congresso del più grande partito comunista d’Occidente FOTOTECA GILARDI

NELLO AJELLO MICHELE SMARGIASSI spettacoli ivorno, 15 gennaio 1921, teatro Goldoni. La destina- imini, lunedì 4 febbraio 1991, ore 15. In un freddo L’oscuro fascino del gangster zione del XVII Congresso del Partito socialista è un capannone della Fiera, l’atto fondativo del partito GIANCARLO DE CATALDO e CLAUDIA MORGOGLIONE ripiego: Firenze, destinata in origine a ospitarlo, è a post-comunista italiano è un bicchierino di John- serio rischio di assalti fascisti. Una foto di Carlo Marx nie Walker buttato giù d’un colpo da Achille Oc- invade il fondo del palcoscenico. Fiori e piante ador- chetto, semplice delegato di Bologna. L’incredibi- i sapori nano platea e palchi. Millecinquecento soldati e le, anche se non l’impensabile, è accaduto: alla sua duemilaL fra guardie regie e carabinieri proteggono (o sorveglia- primaR votazione, il Consiglio nazionale di un Pds ancora in fasce Italia e Spagna all’ultima tapas no?) i tremila delegati. «In città l’animazione è grandissima», scri- non ha eletto segretario il suo fondatore. Dieci voti meno del quo- ARRIGO CIPRIANI e LICIA GRANELLO ve il Corriere della sera. «I comunisti “puri” non hanno ancora de- rum di 274. Il Pds nasce decapitato, rancoroso e sconcertato. Si signato i loro candidati, ma saranno l’avv. Terracini, relatore, materializza un trafelato Walter Veltroni: «Achille, ci riconvo- l’on. Bombacci, l’ing. Bordiga e il prof. Gramsci, direttore del- chiamo e rivotiamo». E lui, gelido: «Cercatevi un altro segretario». le tendenze l’Ordine nuovo». Monta sull’auto blu, sparisce nell’aventino di Capalbio. Stac- Bionde e brune, manuale di stile L’esito del congresso appare segnato: scissione. Non a caso il cando i telefoni. LAURA ASNAGHI e ANAIS GINORI quotidiano milanese ha citato per prima, tra le frazioni convenu- Nessuno canta vittoria. Non gli scissionisti di Rifondazione Co- te a , quella comunista “pura”. È questa a richiamare l’at- munista, che in un albergo del lungomare trepidano fondando un tenzione. L’ingegnere Amadeo Bordiga, un napoletano di trenta- partito dal futuro altrettanto incerto. Non i “miglioristi”, il cui av- l’incontro due anni, direttore della rivista Il Soviet, animato da una «logica ri- vertimento a Occhetto è andato fuori misura, sgretolando il ber- gorosa fino all’eccesso» — così lo descriverà Togliatti — ha già ri- saglio. Un patatrac, uno psicodramma che sarà rappezzato solo Damien Hirst, “L’arte non aspetta” scosso il consenso dell’intera sua corrente. una settimana più tardi, a Roma. CLOE PICCOLI (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

Repubblica Nazionale 32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 la copertina Novant’anni fa con lo strappo drammatico dai socialisti, Quando c’era il Pci nacque il Partito comunista italiano. Dopo settant’anni esatti, quell’esperienza si chiuse. Mentre una mostra dell’Istituto Gramsci celebra l’anniversario, ecco la cronaca dei due congressi che travolsero la sinistra Livorno 1921 la prima rivoluzione

NELLO AJELLO tato la mozione comunista ad abbando- nare la sala. «Sono convocati alle 11 al Volano accuse (segue dalla copertina) teatro San Marco per deliberare la costi- tuzione del Partito comunista», appun- di ogni tipo partire dal gruppo tori- to. Uscendo, i “convocati” cantano l’In- “Pagnottisti”, nese capeggiato da ternazionale. Gli risponde, da dentro, Gramsci, che assai più l’Inno dei Lavoratori. “stipendiati”, urla tardi entrerà con Bordi- Il San Marco è più un relitto che un ga in un cruciale anta- teatro. Lo illumina qualche rara lampa- la platea all’indirizzo gonismo: per il momen- da. Non c’è una sedia. Si gela. Dal tetto Ato è chiaro che, se si vuol dare vita al par- piombano scrosci di pioggia. Le rela- dei sindacalisti tito comunista, occorre accettare le di- zioni sono succinte. Scheletrici gli in- rettive bordighiane. Ed esse ammetto- terventi. Alla fine il capo delegato della “Voi ricevete i rubli”, no solo «il dilemma fra la dittatura bor- III Internazionale osserva: «Il taglio del ghese e quella dittatura del partito è avvenuto in modo non soddi- è la risposta proletariato» che vige nella «gloriosa sfacente». Gramsci si sfoga: è il «trionfo Russia dei Soviet». In mezzo a quel bi- della reazione». Da lontano, anche Le- vio, niente. nin parla di «successo della reazione ca- L’intransigenza di Bordiga riscuote pitalistica», in linea con gli attacchi che l’appoggio di Gregorij Zinoviev in nome ha già mossi a Bordiga nell’Estremismo, della Terza Internazionale, detta Ko- malattia infantile del comunismo. mintern, il cui bollettino riferisce: i co- Mussolini esprime la sua esultanza in munisti italiani «affermano di ave- re con sé il 75-90 per cento del par- tito». Scissione, dunque, subito. Lo stesso Gramsci ha formulato un roseo paragone: trentamila comunisti sono bastati in Rus- sia per fare la rivoluzione, da noi i numeri paiono assai più favorevoli. Terracini, il rela- tore, è d’accordo. In realtà, ecco il rapporto fra le cor- renti che uscirà dal Goldo- ni: ai massimalisti o “cen- tristi”, raccolti intorno a Serrati, vanno novantot- tomila voti, a cinquan- tottomila ammontano i comunisti di Bordiga e quattordicimila so- no i riformisti al se- guito di Turati. Ma ormai è deciso: il Partito comunista italiano va creato in ogni modo. Netta anche la scelta dei militanti della nuova generazione. La proclama dalla tribuna Secondino Tranquilli (si chiamerà poi Ignazio Silone): «La gio- ventù socialista chiede ai rappresen- due articoli sul Popolo d’Italia, tanti comunisti di bruciare qui il fan- 16 e 22 gennaio. «La rivoluzio- toccio dell’unità». ne», scrive, «resta sospesa per La scena madre più veemente trova l’assenza degli attori». «Invece l’interprete nell’anziano Turati. Duris- della rivoluzione», insiste, «la simo verso i comunisti, egli prende a scissione. Il partito che doveva re- parlare fra grida di «Viva la Russia!» e galare il paradiso al proletariato si conclude con la platea in piedi. Christo spezza». Kabakciev, delegato del Komintern, in- Alla lacerazione congressuale tie- voca, all’opposto, l’espulsione dei rifor- ne dietro il riflusso, proprio mentre misti. Volano accuse di ogni tipo. «Pa- s’aggrava l’attacco dei fascisti alle sedi gnottisti», «stipendiati», urlano i comu- operaie. Ma neppure gli eventi dell’ot- nisti all’indirizzo dei sindacalisti. «Voi tobre ’22, apriranno gli occhi a chi diri- ricevete i rubli», è la risposta. Definito ge il neonato P.c.d’I (Partito comunista «rivoluzionario da temperino» da uno d’Italia). Bordiga archivierà la marcia dei presenti, estrae su Roma come la normale soluzione FOTO DI GRUPPO una pistola: a fatica lo calmano Bordiga d’una crisi di governo o al massimo co- Accanto, la redazione e Terracini. «Non per nulla», commen- me la «legalizzazione d’uno stato di fat- di Ordine Nuovo quotidiano terà il Corriere della sera, «i congressi si to». Verranno respinti gli inviti dello nel maggio del ’22 tengono nei teatri». stesso Kominform a unire socialisti e (Gramsci sullo sgabello); Gramsci non parla. «Non esistevano comunisti contro lo squadrismo. Il a sinistra, Gramsci altoparlanti per voci deboli come la sua», Congresso di Lione, 1926, avvierà il tra- con un gruppo testimonierà Alfonso Leonetti. Ma Ca- monto di Bordiga, ma «il fossato aperto di confinati a Ustica milla Ravera riferisce che per l’amico An- nel 1920-21», sono parole dello storico (nel ’26/’27). In alto, tonio quei giorni sono stati un supplizio: Paolo Spriano, «non si colmerà neppu- tessera di accreditamento i riformisti gli hanno rivolto troppe «in- re con l’epoca dei Fronti popolari o con al IV Congresso giuste parole» fra le quali, si saprà, l’as- la guerra antifascista o con la morte di dell’Internazionale surda accusa di essere stato «un ardito di Stalin, né tanto meno con il XX Con- comunista (Mosca, 1922) guerra» nel 1915-18. Freddo e sprezzan- gresso del Pcus». I decenni si somme- rilasciato a Gramsci te si mostra Bordiga. Il suo «non è un ad- ranno ai decenni. Che cosa si vuole che In copertina, la tessera dio, è un ripudio». È lui che, la mattina del insegni la Storia? del Pci del ’45 disegnata da Renato Guttuso 21 gennaio, invita coloro che hanno vo- © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 GENNAIO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33

I SEGRETARI

AMADEO BORDIGA (1921-1923) (1924-1926) (1927-1930) (1930-34 e ’38-64) (1934-1938) (1964-1972) (1972-1984) (1984-1988) (1988-1991) Rimini 1991 l’ultima scissione

MICHELE SMARGIASSI emotivo di 10.500 congressi di sezione il verdastre su Bagdad delle dirette Cnnin- TESSERA 72,3 per cento dei militanti ha scelto di combono sul congresso più del fosco NUMERO UNO (segue dalla copertina) sostituire la Falce-e-martello con la rosso del comunismo morente. Il 21 Nell’altra pagina, Quercia. Nella Perla dell’Adriatico si va gennaio gli italiani hanno visto in tivù una tessera l tessitore sarà Massimo D’Ale- per una cerimonia funebre destinata a l’occhio pesto del capitano Cocciolone del partito ma che riuscirà a reinsediare sul mutarsi in un battesimo, ma liturgia e catturato da Saddam, i pacifisti sono in del ’21; in questa, trono un re ormai indebolito. responsori sembrano già scritti. Il clima piazza e il Pds che ancora non c’è è già una del ’91 Quindici mesi dopo la svolta del- è sereno e ottimista, si vendono le spille spaccato in due. Occhetto, che spera di Tra le pagine la Bolognina, dieci mesi dopo il con la Quercia, si organizzano cene di trattenere Ingrao nella “Cosa” nuova, dei giornali congresso dei pianti e degli ab- pesce e puntate in discoteca, i cronisti non vuole rinunciare alla richiesta di ri- del ’21, una copia Ibracci di Bologna, la drammatica eppu- esibiscono la novità tecnologica del mo- tiro delle navi italiane e di tregua unilate- de L’Unità re emozionante eutanasia del Pci bene mento: i telefoni cellulari. rale. I miglioristi vedono in quella mo- del ’27 scritta o male è terminata. Quando una Rimini Ma questo è solo l’avanscena. I rap- zione lo spettro terribile di un Pds che na- a mano umida e nebbiosa e perfino spruzzata di porti di potere nel nuovo partito, che sce su un patto a sinistra, che li esclude. e una di Bandiera neve accoglie un migliaio di delegati del aprirà alla novità scandalosa delle cor- Giovedì 31 gennaio Occhetto sale sul Rossa del ’29 ventesimo e ultimo congresso comuni- renti, sono in realtà ancora fluidi, tutti da palco a tolda di nave disegnato dall’ar- sta italiano i giochi sono già fatti: nel falò contrattare. Sulla carta Occhetto dispo- chitetto De Ponte. Le scenografie sovie- ne di una maggioranza schiacciante: la tiche sono un ricordo, c’è molto verde- sua mozione ha raccolto il 68,2 per grigio e poco rosso che sfuma nell’aran- cento, che la fuoriuscita di una larga cio, bassa la tribuna della presidenza, la parte del “fronte del no” di Cossutta platea è un’arena. Parla per due ore e e Garavini (26,5 per cento) renderà venti, «portiamo Gramsci con noi», dice ancora più imponente, unica op- «alternativa» dice «socialismo». Ma per posizione interna la “terza mozio- la prima volta in un congresso del Pci ne” di Bassolino e Asor-Rosa col non applaudono tutti. Il satirico Cuoreè 5,2. Ma nascosti nel correntone spietato: «Al congresso tutti d’accordo occhettiano, al riparo da conte purché non si parli di politica». Il segre- premature, stanno i “riformi- tario Psi Bettino Craxi, seduto in tribuna sti” di , sti- accanto a Martelli e Amato, crocifigge mati attorno al 15 per cento, Occhetto: «Confuso. Tina Anselmi ha che puntano a condizionare più chance di lui di entrare nell’Interna- il segretario da destra. zionale socialista». I miglioristi sono Però forse nulla succe- sempre più nervosi. Venerdì il confron- derebbe senza i bagliori to ravvicinato tra Napolitano e Ingrao è che vengono da Oriente. epico, ma la battaglia vera non si fa sul La prima Guerra del palco. I carpentieri improvvisano nuo- Golfo è scoppiata, le luci ve sale riunioni per il moltiplicarsi di riu- nioni riservate. «Qui fanno tutto le cor- renti» si allarma Paolo Flores d’Arcais, che con Massimo Cacciari guida gli “esterni”, i “cofondatori” della “sinistra diffusa” sempre più mar- ginali. Le tattiche si alternano ai colpi di mano: svegliato nel cuore della not- te, Occhetto strappa a delegati as- sonnati ed esausti l’approvazione a scatola chiusa dello statuto. Dove è nascosta la trappola: un Consiglio di oltre cinquecento membri, con vinco- lo della maggioranza assoluta per l’ele- zione del segretario. Un commosso Ga- ravini intanto annuncia l’addio dei rifondatori, ma la scissione accolta nel- la spoglia “Sala E” al canto di Bandiera rossa e grida di «Viva il comunismo» a questo punto è la cosa più scontata del congresso. Con lui se ne vanno Cossut- ta, Serri, Salvato. Ingrao, soffrendo, re- sta nel Pds. Con lui un sindacalista di nome Fausto Bertinotti. Il nuovo parti- LA MOSTRA to nasce sulle note di De Gregori, La sto- E LE IMMAGINI ria siamo noi, alle sette di sera di dome- La mostra Avanti popolo: nica, con l’affitto degli hangar fieristici il Pci nella storia d’Italia ormai scaduto, mentre gli operai smon- apre il 14 gennaio a Roma, tano le scenografie. Ma è con la mozio- all’Acquario Romano - ne del Golfo, sulla quale riformisti e in- Casa dell’Architettura, graiani si astengono, che Occhetto mi- Piazza Manfredo Fanti, 47 sura la sua forza: 59,9 per cento. Esulta- Rimarrà aperta fino no incauti i “quarantenni”, Mussi, Vel- al 6 febbraio. La mostra troni, Fassino, Petruccioli: «Siamo auto- racconta settant’anni Mentre Rifondazione sufficienti!». Incauti: il siluro di rivalsa è di storia d’Italia, documentando già puntato su un Occhetto che, lunedì il ruolo che vi ebbe il Pci se ne va, il neonato mattina, pregusta tranquillo l’apoteosi Sono esposti documenti Pds elegge il primo in una hangar di fortuna pericolosa- della Fondazione Istituto Gramsci mente decimato dalle partenze dei de- (che ha fornito le immagini di queste segretario. Il risultato legati. «Visto? Stavolta non ho pianto», pagine) e della Fondazione scherza coi cronisti, «però, L’Unità po- Cespe (Centro studi di politica è scontato: Occhetto teva fare il titolo in rosso oggi...», «segre- economica), depositari tario della Quercia, suona imponente, degli archivi del Pci Poi, la gelata: gli eredi no?» Poco lontano, terrea, la presidente Dal 14 gennaio, sarà operativo del Congresso Giglia Tedesco ha già in il sito www.ilpcinellastoriaditalia.it della falce e martello mano i risultati dello scrutinio. E non sa restano divisi sul nome come diglielo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 il reportage Gli esorcisti che ridanno la fertilità alle donne musulmane, i miserabili tra i rifiuti Chiese e minareti del quartiere di Muqattam, le catacombe dove pregano centinaia di fedeli, San Giorgio e la Vergine insieme a Maometto, i Sufi e gli imam. Dopo l’attentato di Alessandria, viaggio nella metropoli d’Africa dove vivono e sopravvivono i copti

Cristo tra i diavoli del Cairo

MONIKA BULAJ fuori, nel labirinto della città vecchia, sul retro dell’università Al Azhar, in un IL CAIRO passaggio di asini e cammelli, tra i vico- li dove un astioso imam tuona sulle schiene di centinaia di uomini. Anche In Egitto, se vuoi liberarti dal ma- qui, governa l’odore: il monastero a Lei le, è dai cristiani che devi andare. dedicato lo trovo seguendo una vena di I musulmani lo sanno. Il popolo profumo d’incenso, inatteso nel fumo cercaI la Croce, Maria Vergine, San Gior- dei kebab e la puzza di orina. Mi prende gio e soprattutto i santoni della chiesa con un incantesimo di resina e foreste, copta. È questa promiscuità millenaria, mi conduce per mano sul retro di un al- sconosciuta all’Occidente e alla Chiesa tissimo muro senza finestre, né croci né di Roma, che gli attentatori di Alessan- scritte. Trovo una porticina che dà su dria hanno voluto colpire. Per arrivare ai una buia scala piena di fumo, che scen- santuari cristiani il popolo d’Egitto sfida de, tra rigagnoli di sorgente, fino alle ca- i suoi tabù, entra nel luogo più contami- tacombe dei cristiani. Scendo ancora, nato del Cairo, Muqattam, quartiere cri- entro in un’altra tempesta acustica, stiano dove si ruminano i rifiuti della me- estranea all’urlo onnipresente dei tropoli, un Acheronte dalle rive putrefat- muezzin in superficie. Prima i ventilato- te che si spande fin sul Nilo come il respi- ri che tagliano i raggi di luce come sci- ro di un dormiente. Lì dentro, i cristiani mitarre; poi i novizi che cantano inni co- d’Egitto selezionano avanzi delle cucine me marce militari; poi la preghiera di cairote, sacchi di plastica, bucce di melo- centinaia di fedeli in un labirinto di cu- ne contese da ratti, capre e bambini. nicoli. Intorno, decine di schermi mol- Qui, sotto una gigantesca roccia, ope- tiplicano immagini di devozione, gli ra il più grande esorcista del Cairo. Il suo stessi dove, un anno fa, a Pasqua, ho vi- nome è Abuna Semaan. In mezzo a un sto, ripetuta all’infinito, l’immagine di semicerchio di coristi che innalzano in- un gigantesco martello che batteva il ni, lui caccia i diavoli, ridà la fertilità alle cuore di Gesù, fino a fargli sprizzare san- donne sterili e fa camminare i paralitici. gue in un’aureola di fulmini. Grida, spruzza acqua sul viso degli inde- il barbuto Shenouda Terzo, ha scritto un LE IMMAGINI simboli della fede si ostentano senza La più grande metropoli africana, con moniati che lanciano urla disumane, manuale di lotta ai demoni a uso dei mo- In alto, il Cairo al tramonto paura. Enormi crocefissi scolpiti, ta- le sue migliaia di minareti, è cresciuta vanno in convulsione, svengono. Poi li naci. Muqattam è un inferno che solo di Sopra, una musulmana chiede tuaggi sui polsi. Qui la spazzatura di- attorno a nuclei cristiani come questo, copre con un velo, posa su di loro una notte finge di essere città vera, con luci la fertilità in una chiesa. Nell’altra venta alchimia, trasfigurazione, ric- aggrappati a una fede che non si arren- croce d’avorio e sussurra segrete formu- di botteghe, ancheggiare di donne su pagina, monaci del monastero chezza e divisione di classe. I più poveri de, militante e miracolistica. È il mondo le; e tutto avviene su un palco, davanti a tacchi a spillo tra sterco di asini e pipì di di Bula col cappuccio a dodici selezionano il marciume, i meno pove- dei copti, antico di secoli più dell’Islam. centinaia di persone, amplificato da al- bambini. Gli unici maiali del Cairo raz- stelle; devoti copti intorno ri separano bottiglie o pezzi di plastica Un popolo di otto milioni di anime oggi toparlanti. Per battere i diavoli l’Egitto zolano qua, e con loro i macellai che li all’Abuna; l’esorcista Abuna da trasformare in combustibile, i più fa- di nuovo sotto assedio. Il confronto non cerca i cristiani, e la domanda è tale che squartano, accanto ai manifesti della Semaan caccia il male; donne coltosi vendono carta, metalli, mobili e potrebbe essere più diretto che qui, nel il Papa dei copti, la Chiesa di San Marco, Sacra Famiglia. Nel ghetto dei copti i copte in lutto e musulmane velate tessuti. Ma Maria Vergine abita anche quartiere musulmano attorno all’uni-

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versità di Al Azhar, tra i più duri del Cai- re la Siah, che vuol dire ubiquità ed è un ro, ostile anche ai fedeli più illuminati momento della strada all’ascesi. dell’Islam, come i Sufi e le loro confra- Ed ecco il monastero del Patriarca ternite di canto e danza. Bula, forse il più antico dell’umanità, I monaci d’Egitto si alzano alle tre, poco lontano dalle rive del Mar Rosso. quando si svuotano i battelli dei night Lì dentro i monaci vivono nel terrore di club sul Nilo, si tirano sulle teste cap- un assalto di estremisti islamici, eppure pucci neri con dodici stelle, si salutano accolgono pellegrini musulmani che si tra loro sfiorandosi le mani che poi alza- mettono in coda per farsi miracolare dal no alla fronte in segno di rispetto. Per vecchio Abuna Fanaus; colui che da so- sopravvivere ai secoli duri dell’Islam lo — negli anni bui — difese questo luo- conquistatore, si sono nascosti nelle ca- go sacro. E poi la chiesa di San Giorgio al tacombe e negli eremi del deserto, poi Cairo, con le sue catene taumaturgiche sono riemersi all’inizio del Diciannove- al cui tocco guariscono i malati di ogni simo secolo portandosi dietro sapienze fede. È questa simbiosi antica che Al antichissime come la botanica. Alcuni Qaeda ha voluto colpire.

di loro vagano nel deserto, per esercita- © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011

Giornalista d’inchiesta, militante, CULTURA sceneggiatore, uomo solitario * arrivato al successo troppo tardi grazie alla trilogia di Fabio Montale. Attraverso il ricordo del figlio la storia dell’inventore MASSIMO CALANDRI del noir mediterraneo che scriveva MARSIGLIA perché “la gente si ribellasse”

io padre era un poeta, dice Sébastien. E sul E gli estratti di un racconto inedito viso gli si dipinge un sorriso. Risale i vicoli screpolati del Vieux Port, si tuffa sotto un so- ambientato in Italia leM tiepido nell’arcobaleno di razze e di spezie. Era un poeta, ri- pete, scansando davanti al “Mezopotama” una lite tra gitani dai baffoni a manubrio, salutando in rue d’Aubagne una bimba se- negalese che accudisce una tribù di fratellini, cedendo il passo a due donne in niqab, fermandosi a comprare qualche mak- roud — i dolci tunisini — nella stordente confusione della Pla- ce du Marché des Capucins. Jean-Claude Izzo era soprattutto un poeta. Qui a Marsiglia non poteva essere altrimenti, dice Sé- bastien. «Ma quando ha cominciato a scrivere quei romanzi, se n’era andato da tempo in un’altra città. Così mi teneva al te- lefono per ore, con mille domande piene di nostalgia. Voleva sapere che fine aveva fatto Hassan, il padrone del Bar des Ma- richers. Mi chiedeva di chi s’attardava nei bistrot del Panier, la notte. Che faccia avevano gli spazzini all’alba, se quell’odore acre — un misto di piscio, umidità e muffa — continuava a ri- montare in rue des Pistoles. Ero felice di raccontargli le mie gior- nate da ragazzo. Lui restava in ascolto ed era come se lo vedes- si, dall’altro capo del filo, con gli occhi lucidi per l’emozione». Sébastien Izzo ha lo sguardo dolce, modi gentili e calmi. Di- cono assomigli a Jean-Claude. Come lui preferisce ascoltare, guardarsi intorno. «Ma niente letteratura, non fa per me. Sono tecnico degli spettacoli: luci, musiche. Però ho fatto un sito in- ternet». Dedicato a Jean-Claude Izzo, l’inventore del noir me- diterraneo, l’autore cult della trilogia marsigliese (quasi un mi- lione di copie vendute nella sola Francia, trentamila all’anno in Italia). «Mio padre era molto di più, cliccateci sopra. È morto giovane, a cinquantacinque anni. Ha avuto successo solo negli ultimi cinque anni di vita, con quei tre romanzi. Però è stato uno sceneggiatore geniale. Un giornalista coraggioso. E un vero poeta. Un marsigliese». Sì, un marsigliese. Un arcobaleno di razze e di spezie. Uno meticcio dentro. Figlio di Gennaro, sa- lernitano di Castel San Giorgio emigrato adolescente, e di Isa- Mio Izzopadre “Un poeta di Marsiglia best seller per caso”

belle Navarro, che era nata in rue des Pistoles da una famiglia di tore si ribelli, e non c’è altro modo che emozionarlo, che farlo nato quello di sempre. Dolce, comprensivo, sereno, Valencia. Commesso di una libreria con un diploma da torni- innamorare con la verità». generoso. E distratto». Non pagava le bollette telefo- tore, attivista di Pax Christi, militare a Gibuti. Poi l’incontro con L’addio al giornale nel ‘79, l’addio alla moglie e a Marsiglia. no. «Venivano regolarmente a tagliarci la linea, che la mamma di Sébastien, Marie Helène Bastianelli. Ancora poesie, sceneggiature, collaborazioni per alcune rivi- disastro». Non pagava le tasse. «Si dimenticava. So- «È sempre stato un tipo di poche parole. Voleva solo scrive- ste. «Era un uomo modesto, semplice. Gli bastava lavorare con lo tre volte nei suoi ultimi quindici anni. Alla fine re». La collaborazione con il quotidiano comunista La Marseil- le parole, non chiedeva altro. Non cercava soldi o celebrità», abbiamo dovuto saldare un debito di quasi qua- laise Dimanche, una raccolta di poesie e un testo teatrale per la continua Sébastien. Un giorno del ‘93 a Saint-Malo c’è da chiu- rantamila euro. Era fatto così». «Il ricordo più bel- liberazione di Angela Davis. Dal ‘72 e per due anni firma ogni dere il numero di Gulliver. «Il direttore, Michel Le Bris, ha biso- lo? Una sera di primavera del ‘98. Non voleva giorno una pagina d’inchiesta sull’inferno dei cantieri di Fos, gno di un breve racconto. Prima che vada in stampa, lo legge an- più scrivere di Fabio Montale. E Laurence, piattaforma delle nuove industrie siderurgiche: «Lo chiamava- che Patrick Raynal. Che fa un salto sulla sedia e ordina a Le Bris: la sua compagna, lo aveva lasciato. Viveva no l’Eldorado, la California provenzale. Lui raccontò per primo “Fagli subito firmare un contratto, lo mandiamo sulla Série Noi- a La Ciotat. Mi ha telefonato: “Vieni qui”. la verità. Sessantamila operai in condizioni disumane. Denun- re di Gallimard”». Quelle pagine scritte al volo sono ancora lì, Ci siamo seduti in sala. Luci spente, una ciò le morti, i soprusi, le violenze. I capitalisti del petrolio. Gli nessuno le ha più toccate. Diventeranno il capitolo iniziale di bottiglia di whisky. Musica jazz. Gli pia- scioperi perché mancava l’acqua da bere. Un padrone che si ri- Total Khéops, Casino Totale, il primo libro della trilogia con il ceva il jazz gitano. Non ci siamo detti una fiutò di fermare il cantiere, quando un disperato affogò nel ce- poliziotto Fabio Montale e la Marsiglia di rue des Pistoles. parola, ma è come se avessimo parlato tut- mento». Jacques Roger, che fu collega e migliore amico, com- «Il successo nei primi due mesi lo ha cambiato. Accettava ta la notte. A un certo punto ho guardato l’o- pagno delle notti nel quartiere dell’Opera e fratello della ragaz- un’infinità di inviti, interviste, festival. Di solito chiamava a ca- rologio. Erano le sei e trenta del mattino. “De- za che ispirò il personaggio di Lole la zingara, ricorda ancora le sa due volte al giorno, invece credevamo di averlo perso. Al ter- vo andare a lavorare, papà”. Lui ha sorriso, mi ha fatto segno di parole di Jean-Claude: «Scrivo della miseria che è davanti ai no- zo mese gli ho scritto: scendi sulla terra, ti stai facendo divorare sì con la testa. Era un uomo tranquillo, mio padre. Un poeta».

stri occhi e che facciamo finta di non vedere. Scrivo perché il let- dal sistema. Mi ha risposto la sera in cui l’ha ricevuta. Ed è tor- © RIPRODUZIONE RISERVATA

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RITRATTI DI FAMIGLIA In senso antiorario, Jean-Claude Izzo col padre; col figlio Sébastien; Non si muore per amore tra i genitori e il figlio; in Irlanda in canoa nel 1978 durante una riunione ma per la miseria dell’amore

JEAN-CLAUDE IZZO

a quandoaveva acquistato quella grossa «Sono sul punto di innervosirmi». agenda, dalla copertina nera, di tela, Co- Erano passati ormai tre mesi esatti senza ri- Dco annotava tutti gli avvenimenti e le sue cevere più notizie da Barbara. Dopo la sua lette- azioni quotidiane. Anche i suoi pensieri. So- ra non aveva intenzione di rivederla. Neppure prattutto i suoi pensieri. Quell’agenda gli aveva di telefonarle. Lui non era uno qualsiasi. Non si cambiato la vita. Adesso Coco poteva vedersi vi- sarebbe abbassato a fare una cosa del genere. vere e riflettere. Anzi, meglio, poteva valutare Che marcisse pure nel suo “mal di vivere”, si era con la precisione di un pubblico funzionario il detto. E quando sarà lei a richiamare, le farò ve- proprio fallimento. Giorno dopo giorno. Basta- dere io chi sono. Questo, però, non l’aveva scrit- va che si rileggesse. Alzandosi, prima ancora di to nella sua agenda. L’aveva soltanto pensato. E prendere un caffè, aveva scritto sulla sua agen- Barbara non richiamò. da: «Svegliato ore nove e cinquantadue». Si al- Il 15 marzo, primo “mesiversario”, aveva I LIBRI zava sempre più tardi la mattina, e sua madre scritto sulla sua agenda: «Niente. Non mi ha e/o, l’editore italiano delle opere di Jean- non mancava mai di farglielo notare. «Non me scritto una sola parola. Non mi ha telefonato. Claude Izzo, manderà in libreria a marzo ne frega niente» le rispose. «Perché dovrei al- Potrebbe anche essere morta. Devo abituarmi la trilogia di Marsiglia (Casino totale, zarmi presto, eh? Me lo sai dire?». a vivere come se ciò fosse normale». Ma non riu- Chourmo e Solea) in un unico volume «Potresti…». sciva ad abituarsi. Ogni mattina annotava l’ora (756 pagine, 19 euro) con una biografia «Già, cercarmi un lavoro, non è vero?» tagliò alla quale si svegliava. Poi sotto scriveva: «Nien- inedita curata da Nadia Dhoukar corto lui, dirigendosi in cucina. Tutte le mattine te». Il 22 marzo scrisse: «Quante cose non le ho era la solita solfa. «Dovrei fare come tutti quei detto. In fondo, il terrore di perderla adesso non coglioni, è così? Ecco, adesso prova a dirmi che nasce dall’ansia di “possederla”, ma dalla pau- io non sono un coglione. Io non ho nessuna in- ra di non poterle più dire queste cose. Quali sia- tenzione di assomigliare a quelli là». no queste cose, per ora non lo so. Ma si riverse- «Non mi piace che continui così, senza far rebbero fuori come un torrente se fossi con lei». niente. Non mi va che te ne stai in giro tutto il Scrivere cose di questo tipo gli faceva salire le la- giorno con Luca. Ho paura che…». crime agli occhi. «Ecco! Lo sapevo. Stira, dai! Ammazzati di la- E poi, ieri a mezzogiorno, quello stronzo di voro, come papà». Luca gli aveva raccontato che Barbara si vedeva Coco se n’era andato sbattendo la porta. Era- con uno. Un francese. Un pittore che viveva a no mesi, ormai, che andandosene sbatteva le Villa Medicis. porte. Le porte della vita, una dopo l’altra. L’a- «Dove vai?» gli chiese sua madre. genda gli serviva proprio a questo. Per averne «In palestra». consapevolezza. «Rientri per cena?» Quell’agenda se l’era comprata in una car- «Non ne ho idea». toleria del Vicolo della Campana, mercoledì 17 Nella sacca aveva ficcato il fucile di suo padre. febbraio, dopo aver letto la lettera di Barbara. E alcune cartucce. Nient’altro. Il fucile e le car- «Ai tuoi messaggi risponde il silenzio. Io non tucce. E la sua agenda. Scese le scale, aprì la cas- riesco a chiamarti. Per dirti che cosa, poi? Lo setta della posta. C’erano soltanto bollette e una sai, Giovanni, tu fai parte delle persone che cartolina di sua sorella, spedita da Marsiglia. non posso risolvermi a perdere, le persone che «Niente» aveva scritto ancora sulla sua agenda. amo. Però non posso dirti “ti amo”». «Troia!» Niente. «Non ci si uccide per amore di una don- aveva mormorato, rileggendo la lettera una se- na. Ci si uccide perché un amore, non importa conda volta. quale amore, ci rivela tutta la nostra nudità, la Barbara gli aveva chiesto una pausa. Per ri- nostra miseria, il nostro essere indifesi, il nostro flettere su se stessa, su di lui, su di loro, sulla lo- niente». Aveva scritto queste cose dopo essersi ro storia. Si conoscevano dai tempi del liceo. lavato, rasato, vestito. 15 maggio. Santa Giulia, Avevano flirtato a lungo. Poi, due anni prima, si precisava l’agenda. «Santa Giulia, prega per erano persi di vista. In seguito, una sera, il 30 me» aveva poi aggiunto. gennaio scorso, lei gli aveva telefonato. Non si Salì in macchina, una Fiat 128 bianca. La sentiva bene. Era necessario che lo vedesse. macchina di sua sorella. «Che cos’è questo ma- «Vieni, ti prego». Voleva vedere lui, Giovanni le incurabile che logora la vita?» si chiedeva. Coco. Nessun altro. E Coco sapeva perché. Non Quella era la sua domanda, la vera domanda. era uno qualsiasi, lui. Un quarto d’ora dopo era Arrivato in piazza del Popolo seppe di aver pre- già davanti alla fontana di Piazza Navona. Im- so la sua decisione. Si fermò davanti alla chiesa paziente di vedere nuovamente Barbara. L’ave- di Santa Maria e tirò fuori la sua agenda. La ap- va stretta tra le braccia e poi le aveva sollevato il poggiò sul volante e scrisse: «Non voglio morire viso e l’aveva baciata. Lentamente. A lungo. Co- come uno qualsiasi. Tutti devono sapere come me due anni prima. Quando l’aveva riaccom- muore un tipo come me». Pensò a Barbara. An- pagnata al portone di casa sua. «È così sempli- che lei doveva sapere. ce?» aveva riso lei. «Sì, è così semplice. Ti amo». Coco fece nuovamente il giro di Piazza del Erano passati appena otto giorni. Con la pun- Popolo. Due tizi in Vespa procedevano affian- ta delle dita Barbara aveva accarezzato la guan- cati. Coco accelerò e puntò dritto su di loro. Il cia di Giovanni, poi gli aveva dato un bacio fur- parafango destro della Fiat sfiorò una delle Ve- tivo sulle labbra. «Lasciami ancora un po’ di spe. Il conducente perse l’equilibrio. La Vespa tempo, Giovanni. Soltanto un pochino…». Poi e il tizio si ribaltarono. «Stronzo!» gli gridò die- era arrivata la sua lettera. «Perché mai mi faccio tro l’altro. Si avvicinarono a lui, con fare mi- viva con te ogni volta che sto male? E perché con naccioso. Coco fece spuntare la canna del fuci- te non riesco mai ad andare fino in fondo alla le dal finestrino del sedile passeggeri e la puntò nostra storia, quale che sia?». «Troia», aveva ri- loro addosso. I due ragazzi si paralizzarono. E petuto Coco. Questa volta a voce più alta. così pure tutti gli altri lì intorno. Coco sghi- Uscendo dalla cartoleria di Vicolo della Cam- gnazzò. Ripartì. Due macchine della polizia a pana, era entrato in un bar e aveva ricostruito sirene spiegate lo intercettarono all’altezza di nei dettagli la sua vita dopo quell’appuntamen- Piazza Colonna. «Ci siamo», mormorò lui. Poi to del 30 gennaio con Barbara. Al 15 febbraio, si chiese: «Perché morire?». Non si era mai sen- sulla pagina degli appunti, aveva incollato la let- tito così vivo. Mai così adolescente! Gli passa- tera di Barbara. E proprio sotto aveva scritto: rono per la testa tante parole, tante frasi che non poteva più annotare sulla sua agenda. «Chissà, forse avrò il tempo di scriverle, alme- no queste…». Gliene venne in mente un’altra. «Amore e morte. Vecchia storia». In Piazza Venezia bruciò un semaforo rosso e non riuscì a schivare un’Alfa Romeo — rossa, come è giusto che fosse — che arrivava dalla sua destra. Coco scese dalla Fiat imbracciando il fu- cile. Le auto della polizia si fermarono e sei po- liziotti si diressero di corsa verso di lui. Sentì in lontananza altre sirene. Sparò un colpo, in alto rispetto alle teste dei poliziotti. «Forza, venite! Venite avanti, banda di stronzi!». Coco sentì i passanti gridare. Poi udì la prima ingiunzione ad arrendersi. Sparò una seconda volta. Questa volta mirò al lampeggiatore della macchina del- la polizia a lui più vicina. Fece centro e ne provò una certa fierezza. «E ora?» si chiese. «E ora, tut- to ciò mi disgusta». La prima pallottola gli attraversò la spalla. Il dolore gli strappò un grido. Sparò una terza vol- ta, con gli occhi chiusi. E poi ancora una quarta. Un’altra pallottola gli si conficcò in corpo. «Bar- bara», pensò, «oggi ne so sicuramente più di te sul dolore». Crollò a terra. «Non esiste il mal di DOCUMENTI vivere. Esiste soltanto il male. Barbara». Nella pagina accanto, una poesia di Izzo intitolata L’été Traduzione di Anna Bissanti Sopra, Jean-Claude bambino sulla spiaggia nel 1949

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Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 Anno 1931, l’America è schiacciata da proibizionismo e Grande SPETTACOLI depressione A Hollywood escono tre film che daranno vita a un genere: “Nemico pubblico”, “Piccolo Cesare” e “Scarface”. Anno 2011, un’altra recessione Stavolta è la tv a raccogliere il testimone con “Boardwalk Empire” di Martin Scorsese in arrivo anche in Italia. Ecco perché il crimine resta il modo migliore per raccontare la realtà

Gli angeli del cinema con la faccia sporca CLAUDIA MORGOGLIONE

iù che nelle innumerevoli sparatorie, dente, sbarcò nelle sale nel 1932, ritardata dalla Diversissimo il James Cagney di Nemico pubblico: più che nei cadaveri crivellati di proiet- censura. È questa la trilogia originaria, a cui in se- la sua storia nasce nel suo ambiente e restiamo qua- tili, più che nei bagliori delle insegne al guito tutti si sono ispirati. Perché, a partire dalla sua si ammirati di fronte a questo teppista dei bas- neon, l’immagine simbolo dei gangster prima stagione d’oro, il gangster movie non è mai sifondi che si muove — la definizione è di Clint Ea- movie classici è racchiusa in una scena tramontato. Ogni volta che viene dato per morto, stwood — «con la grazia di un ballerino e l’energia domestica, tratta da Nemico pubblico risorge. Come negli anni Settanta. E come in que- di uno psicopatico». Infine, lo Scarface incestuoso Pdi William Wellman (1931). Il protagonista, il pic- sto scorcio di nuovo Millennio: merito, stavolta, di del grande Howard Hawks: qui la violenza diventa colo boss Tom Powers (James Cagney), è seduto a un grande prodotto televisivo targato Martin Scor- totalizzante e stemperata solo — come spiegò il re- tavola con la bionda Kitty (Mae Clarke): ma poi si in- sese, Boardwalk Empire, che sta per debuttare in gista — «dall’approccio semicomico che mante- furia, e con rabbia spiaccica il mezzo pompelmo Italia. nemmo sempre, anche nei momenti più pesanti». che ha in mano sulla faccia di lei. Ma per comprendere le radici di tanta longevità Tutti elementi a cui gli autori della New Hol- Un gesto gratuito, sorprendente, che scioccò l’A- è da lì, da quel tris di titoli anni Trenta, che bisogna lywood attingeranno a piene mani. Facendo rina- merica di allora. E che continua a colpire lo spetta- partire. Prodotti di un’America stanca del proibi- scere un tipo di cinema che negli anni Quaranta era “Il bandito impersonato tore di oggi, col suo mix di violenza e ironia perver- zionismo, disperata per la Depressione, e con le ge- stato oscurato dal noir (centrato sulla figura ambi- sa. Ma il discorso non riguarda solo quella singola sta di banditi come Al Capone a monopolizzare gua dell’investigatore privato), nei Cinquanta ave- da James Cagney”, sequenza cult: è tutto il cinema “con la faccia spor- l’attenzione popolare. Un’America che la Warner va ceduto il passo ai polizieschi e al sottogenere “di ca”, centrato sulla figura del criminale, ad affasci- Bros, unica major hollywoodiana attenta all’attua- rapina”, e che a fine Sessanta aveva prodotto il ru- dice Clint Eastwood, narci ancora. A ottant’anni dalla nascita ufficiale lità e ai fermenti sociali, raccontò con audacia: «I lo- rale e giovanilista Gangster Story di Arthur Penn. del genere, che coincise con la realizzazione quasi ro erano film di straordinaria ferocia che ritraeva- Ma è nel decennio successivo che si torna ai capo- “si muoveva con la grazia contemporanea di tre capolavori: oltre a Nemico no una realtà dark, cinica e problematica», ha com- lavori. Grazie a Coppola, che con la trilogia Il Pa- di un ballerino e l’energia pubblico, sono Piccolo Cesaredi Melvin Le Roy, con mentato una volta proprio Scorsese. In questo sce- drinofa rivivere la dimensione mitologica del gang- Edward G. Robinson, e Scarface di Howard Hawks, nario Piccolo Cesare rappresenta la dimensione ster movie. Grazie a Scorsese, che in Mean Streets di uno psicopatico” con Paul Muni. Le prime due pellicole, entrambe shakespeariana del criminale: sbuca quasi dal nul- (1972) si concentra sui piccoli fuorilegge, e molti Warner Bros, uscirono nel 1931; la terza, indipen- la, arriva in cima, va incontro al suo destino tragico. anni più tardi, nel 1990, fornisce — con Quei bravi

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INDIMENTICABILI Nelle immagini una serie di scene cult dei classici del gangster movie: Il fascino del male dall’alto, Nemico pubblico (1931) di William Welman; Piccolo Cesare (1931) ai tempi della crisi di Melvin LeRoy; Scarface (1932) di Howard Hawks; Il bacio della morte GIANCARLO DE CATALDO (1947) di Henry Hathaway; Il padrino i sonoepoche di protagonisti sbirri ed epoche (1972) di Francis Ford di protagonisti banditi. La nostra appartiene Coppola; Gli intoccabili al secondo genere: più che farci paura, i catti- (1987) di Brian vi ci seducono. Dipende dallo “spirito del De Palma; Casinò tempo”, o, meglio, dalla sua componente (1995) di Martin fondamentale: l’economia politica. In tempi Scorsese e la serie tv C di benessere il crime ci fornisce svago e di- Boardwalk Empire strazione. Il male è qualcosa di profonda- dal 14 gennaio su Sky mente prevedibile, i cattivi sono stupidi e fe- roci, i buoni cavalieri senza macchia e senza paura. Sempre vincenti. Oppure, il male è alieno, oppure, ancora, una divertente alter- nativa alla noia del quotidiano: abbondano, da un lato, serial-killer e psicopatici, dall’al- tro simpatici ladruncoli, affascinanti truffa- tori dal sorriso smagliante. Ma quando c’è la crisi, le cose cambia- no. Il male torna un problema serio. Mor- de la strada. E spuntano come funghi ra- pinatori e mafiosi. La prima grande stagio- ne del crime americano coincide, non a ca- so, con la prima grande crisi del capitalismo. I gangster schizzati di Bogart & Cagney sono figli del proibizionismo quanto del crollo di Wall Street. Lo scossone sociale generato dal- la crisi porta all’affermazione di una nuova classe dirigente criminale nel duplice senso di “classe dirigente” e “fatta di criminali”. I confini antropologici fra il gangster e l’uomo di Stato (notavano Horkheimer e Adorno) si assottigliano, sino a confondersi. L’antica legge dell’accumulazione selvaggia travolge ogni altro imperativo. In tempi di povertà, dunque, la scorciatoia del delitto è un’opzio- ne di indubbia presa per masse dolenti che hanno perso ogni fiducia nel presente e ogni speranza nel futuro, e identificano il Nemico nel volto glaciale del banchiere che, con un tratto di penna, può rovinare migliaia di esi- stenze. Quel tempo e il nostro presentano più di un tratto : la crisi, il pessimismo dila- gante, la sensazione di uno strapotere della malavita, l’opzione criminale come alterna- tiva sociale alla disperazione. Di più, e di di- verso, c’è, oggi, l’esplicita ammirazione per lo stile di vita del bandito. Che è, e resta, uno sti- le fatto di arroganza, leaderismo, prevarica- zione, sottomissione al capo carismatico, cioè al più forte e più ricco, più forte perché più spietato e più ricco. Eppure, i gadget cri- minali vanno a ruba, e trasformiamo in eroi popolari banditi che devastano per arricchir- si e se ne vantano. E questo accresce il loro fa- scino, agli occhi di molti. C’è in giro un’aria da «giochiamocela alla tutto e subito, qui e ades- so». Possiamo persino vincere, potrei essere io il prescelto. Non è già successo? Non suc- cede tutti i giorni? Ammirazione, si diceva. Ma ammirazione di sudditi, di vinti. Di per- denti rassegnati a un ineluttabile che si basa su un sillogismo tanto primitivo quanto efficace: i criminali hanno un sac- co di soldi, coi soldi si co- manda, i criminali comanda- no, me- glio farseli amici che cercare, in- vano, di com- batterli. Qualcuno accusa gli scrit- tori di cose crimi- nali: la violenza di strada sarebbe an- che colpa dei mo- delli negativi che propongono alla gio- ra- ventù. Ma il punto non gazzi — è questo. Certo, ogni uno spaccato de- racconto criminale è per vastante delle dinamiche sua natura ambiguo: per- mafiose (l’unico film credibile ché illustra la fascinazione sul tema, sostenne Tommaso Buscetta). del male, scava nel profon- E grazie a Brian De Palma, che nel 1983 gira il re- do, parla di sesso, distrutti- make in chiave contemporanea di Scarface: il suo vità, potere e morte, e ci sfida Al Pacino alla cocaina viene “adottato” dai rapper cen- a gettare più di uno sguardo neri e diventa un’icona gangsta. Gli anni Novanta, tissima — sugli abissi dell’inconscio. Ma il invece, sono nel segno neo-pulp di Tarantino, coi che conquistano punto è che l’economia politica suoi cani sciolti e fuori di testa. schiere di fan. Ma il faro re- non si adegua ai modelli cultura- Poi, di nuovo, una fase di appannamento. Inter- sta l’America. Come dimostra li: l’economia politica li impone. rotta da singoli lampi, come quello di Johnny Boardwalk Empire, dal 14 gennaio su Sky Se questo è lo stato delle cose, è inu- : potente affresco della Atlantic City del Depp-Dillinger in Nemico pubblico (2009) di Mi- Cinema 1 tile prendersela con chi il crimine lo chael Mann. La vera novità, però, è che il gangster proibizionismo prodotto da Scorsese, che ha anche racconta. A predicare morale e lega- movie di qualità rinasce in televisione. A fare da diretto l’episodio pilota. «Non mi stancherò mai di lità siamo tutti buoni. Il difficile, sem- riaccendere la love story tra il pubblico e il gangster apripista sono I Soprano: tradimenti familiari e fer- mai, è metterle in pratica. rea legge del profitto, in un contesto di banalità come eroe tragico», ha spiegato recentemente. Da vero paladino del cinema con la faccia sporca. quotidiana molto all-american (al di là del folklore © RIPRODUZIONE RISERVATA italiano dei personaggi). Una vetta assoluta. Poco dopo, qui in Italia, Romanzo criminale passa dal li- bro al cinema alla tv, con due serie — la seconda re- © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 i sapori Feste finite: è l’ora di ridurre i consumi di cibo (ma non Finger food la qualità), un’ottima occasione per scoprire gli stuzzichini spagnoli e italiani che accompagnano calici di vino e aperitivi. Se avete la possibilità di andare a Barcellona non mancate il battesimo del “bar de tapas” dei fratelli Adrià, altrimenti puntate su Venezia avrete delle sorprese

Croquetas Patate bollite o besciamella come basi per le crocchette impanate e fritte: le prime si integrano con il baccalà, Non la seconda accoglie gamberi o prosciutto solo

LICIA GRANELLO tapas Vàzquez Montalbàn vero: durante le feste di fine anno abbiamo esagerato. Ma esaurite tutte le lacrime di coccodrillo per il surplus di Il pan con tomate è un vero capponi e cotechini, struffoli e panettoni, tortellini e len- ‘‘e proprio prodigio ticchie, sappiamo che non si può vivere di soli brodini e tisane. L’ideale sarebbe ridurre le porzioni lasciando in- della cucina catalana tatto l’apetto goloso. Non a caso, i geniali fratelli Adrià hannoÈ scelto la prima settimana di febbraio per aprire nel cuore di che materializza Barcellona il locale più atteso del nuovo anno: Tickets La Vida Ta- l’incontro tra la cultura pa, «un concetto globale che unisce la gastronomia a un modo di intendere la vita, allegro, comunitario, senza pesantezze, elemen- del grano europea, to intrinseco alla nostra cultura popolare», raccontano entusiasti. quella del pomodoro Quaranta metri di affaccio strutturati con una mega-vetrina che funge da vero e proprio museo delle tapas, lungo il quale si di- americana, l’olio d’oliva pana un percorso di sei banconi, di cui uno dedicato ai dolci, più un’immensa griglia. mediterraneo Nato in Andalusia come tappo (tapa) per proteggere il bic- e il sale della terra chiere di vino da mosche e affini — in origine, una fetta di ja- mon iberico, tradizionalmente tagliato a coltello — lo strata- che consacrò gemma alimentare è assurto a stile di vita per milioni di spa- la cultura cristiana gnoli che ogni giorno dal mattino a sera inoltrata affollano i bar de tapas, per nutrire occhi, stomaco e anima. Basta appollaiar- si su uno sgabello per far amicizia col vicino di barra (bancone), Da “EL PREMIO” davanti al quale campeggia un piatto di crostini con insalata di Edizioni Planeta 1996 granchio o una cocotte di calamares en su tinta(al nero). Il tutto, sor- seggiando — a seconda delle regioni — una caña (birra alla spina), una pinta di sidro o un bicchiere di txakolì, vino bianco secco dei paesi Baschi, partner inseparabile dei pintxos(le tapas basche e na- varre). Alla fine, per pagare si contano gli stuzzicadenti colorati che Vagabondaggi perfetti tra menù in miniatura

trafiggono tartine e bocconi: metterne un paio in tasca per allegge- rire il conto, prima che un reato è un affronto alla comunità dei ta- peadores. Dalla penisola iberica a quella italiana, il fenomeno si ripete pa- Sarde in saor ri pari nei bacari(osterie) di Venezia dove i cicchetti — dal latino cic- cus, piccolezza o, per estensione, dal provenzale chiquet, bicchie- Deliscate ma intere, rino — rappresentano lo storico pranzo veloce ma non banale. I si friggono infarinate cuochi della laguna sono bravissimi nel variare gli ingredienti del A parte, il “sapore”: cipolla territorio — soprattutto pesci e verdure — in chiave sfiziosa come appassita nell’olio, degni compagni delle ombre, i bicchieri di vino (o spritz) bevuti un zucchero, aceto, uvetta, tempo all’ombra del campanile di San Marco per preservare le bot- pinoli. Far riposare ti dalla calura. I veneziani doc difendono con giusta ostinazione i pochi santuari del cicchetto scampati all’ordalia turistica, regalan- prima di servire dosi di tanto in tanto il privilegio del giro dei bacari, itinerario tra calli e campielli. Se curiosità e gola vi assillano, Phaidon ha appena pubblicato l’edizione italiana de Il libro delle tapas (Simone e Inés Ortega, 35 euro), 250 ricette in sette capitoli con menù e consigli dei grandi chef di Spagna che si dedicano all’alta cucina in miniatura. Una volta realizzato il vostro personale menù di tapas & cicchetti, limi- tate il numero di stuzzicadenti per evitare di raddoppiare i chili presi a Capodanno.

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CUCHARA DE SAN TELMO QUIMET & QUIMET EL PESCADO ORIGINAL ESLAVA MERCATBAR DACO & CORE Spagna Calle 31 de Agosto 28 Calle Poeta Cabanyes 25 Mercado de San Miguel Calle Eslava 5 Joaquìn Costa 27 Tel. 0034-943-420840 Tel. 0034-93-4423142 Plaza San Miguel Tel. 0034-954-906568 Tel. 0034-96-748558 SAN SEBASTIAN BARCELLONA MADRID SIVIGLIA VALENCIA

XIII secolo 1462 1755 re Alfonso Il dispone che nasce il bacaro Carlo Goldoni dà la ricetta il vino sia servito con il cibo dei “Do Mori” a Venezia delle sarde in saor

Pan y tomate Chipirones Empanadillas Tortilla La fetta di pane tostata, Carne magra di maiale, Le piccole mezzelune Patate bollite, affettate, strofinata con aglio uova sode e tentacoli di pasta choux (quella rosolate, più formaggio e un mezzo pomodoro formano la farcitura dei bignè), ripiene di tonno gruyère per la classica sugoso, viene arricchita di calamaretti e seppioline, (atun) fresco insaporito frittata in padella. Cottura con olio e sale e poi rifinita rosolate e portate con pomodoro, cipolla abbinata se si vuole con prosciutto crudo a cottura con cipolle e uovo sodo si servono grigliare la parte o semplice acciuga e vino bianco appena fritte superiore in forno

La doppia morale del cicchetto mangiare per bere per mangiare

ARRIGO CIPRIANI l sogno degli ultimi anni di mio padre era quello di cato, di seppioline, di polpette di carne e di animelle, di mettersi un grembiule bianco e fare l’oste in una sua sarde in saor, di acciughe, di olive con una punta di pe- Iosteria. Il ricordo dei suoi antenati non andava al di perone, di trippa su un pezzettino di polenta, di cala- là di suo nonno, il più antico di una discendenza che maretti e di sardoni fritti, di pezzetti di formaggio par- aveva lasciato in eredità molto lavoro, e una ricchezza migiano, come si usava, ed in alcuni luoghi veri, si usa che poteva essere classificata soltanto con i vari gradi ancora a Venezia. Perché quella dei cicchetti è vera tra- della miseria. Con una punta di ammirazione e rim- dizione di assaggi della nostra cucina inventata dalle pianto lui ci raccontava spesso di una zia che si piazza- nostre donne di casa e non dai grandi cuochi della cu- va all’alba d’estate e d’inverno, appena dentro la Porta cina francese «absit iniuria verbis!» Vescovo a Verona, per servire una scodella di brodo fu- Chi, infatti, è riuscito a trasformare uno stoccafisso, mante con le tagliatelle fatte in casa e i pezzi di manzo che prima di batterlo sembra un bastone di legno, in e pollo bollito ai carrettieri che portavano le derrate al questa straordinaria crema che è il baccalà mantecato mercato. «La povera zia Irma», diceva e non si capiva se non una donna, magari aiutata dal vecchio di casa, bene se l’aggettivo si riferisse a lei perché era morta o il quale, non avendo altro da fare, batteva con un gran- perché fosse veramente povera. de martello di legno il pesce essiccato sul marmo della Appena entrati nel suo bacaroci sarebbe stato il ban- soglia d’ingresso prima di bagnarlo per quarantott’o- co che avrebbe dovuto essere un grande tavolo di legno re per farlo gonfiare e renderlo commestibile? sul quale servire il vino, magari nelle tazze di terracot- I cicchetti sono assaggi per accompagnare un bic- ta come si usava cento anni fa. Per accompagnare il vi- chiere di vino. Servono a due scopi che sembrano in no, nella sua fantasia, c’erano anche i cicchetti. Per an- antitesi e magari anche lo sono. Il primo è quello di non dare in sala da pranzo si sarebbe dovuto passare attra- bere a stomaco vuoto, il secondo è meno evidente ed è verso la cucina e, durante il tragitto, il cliente avrebbe dovuto al fatto che di solito il boccone è molto sapori- domandato alle cuoche, perché di cuoche si sarebbe to e chiama altro vino. Furbizia dell’oste? Può essere, trattato, quale fosse il piatto del giorno. La scelta sa- ma quale impegno e quale entusiasmo nel preparare i rebbe stata fatta al volo e ciascuno si sarebbe preso la cicchetti, quale sapienza e anche amore! Perché di sua porzione per consumarla su un tavolo rigorosa- grande cucina si tratta anche se miniaturizzata. E, mente di legno seduto su una sedia anch’essa di legno un’altra cosa. Per me il cicchetto vuole vino vero e non e paglia. annacquato sotto forma di spritz. Solo questo volevo Però al banco, se uno non avesse voluto mangiare al dire.

tavolo, ci sarebbero stati i cicchetti di baccalà mante- © RIPRODUZIONE RISERVATA

Baccalà mantecato Polenta e soppressa Folpetti Polpettine Deliscato e bollito, Tagli nobili del maiale I polpetti formato mignon Carne macinata, patate, con limone e alloro, (coscia, coppa, lardo, si offrono bolliti con poco mortadella, aglio, si lavora montandolo pancetta) per l’insaccato sale, conditi con vinagrette parmigiano, uova, con un filo d’olio fino morbido da appoggiare al limone, o in umido prezzemolo o pesce, a ottenere una crema su una fettina di polenta al pomodoro. Serviti cipolla e pane bagnato densa, da diluire, se serve, di mais biancoperla con crostini di pane nel brodo. Da friggere con poca acqua di cottura ben abbrustolita o tocchetti di polenta e servire caldissime

AI DO MORI OSTERIA ALLA VEDOVA DA MARISA AI TRE ARCHI OSTERIA AL PONTE LA PATATINA AL GARANGHELO Venezia Calle dei Do Mori Calle del Pistor Fondamenta di San Giobbe Calle Saoneri Via Garibaldi Sestiere San Polo 429 Cannaregio 3912 Cannaregio 652b Sestiere San Polo 2741 Sestiere San Polo 1621 Tel. 041-5225401 Tel. 041-5285324 Tel. 041-720211 Tel. 041-5237238 Tel. 041-5204967

Repubblica Nazionale 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 le tendenze I boccoli dorati e carnali di Anita Ekberg, il caschetto dark Differenze e fatale di Louise Brooks, Brigitte Bardot con una calda parrucca castana: mentre una mostra a Parigi celebra l’importanza dei capelli nelle trame e nei personaggi del cinema, ecco come stilisti e make up artist decidono il giusto abbinamento tra opposti modi di vivere

ANAIS GINORI PARIGI

uanti capelli, nella storia del cinema. Una trama lucente, inestricabile. La chioma scolpita di Anita Eckberg sot- Qto la cascata della Fontana di Trevi. Lo chignon di Kim Novak come un gorgo irresistibi- le. Il caschetto di Louise Brooks cucito addosso all’idea di peccato. Rita Hayworth, con i suoi ten- tacoli incendiari. Un tema solo all’apparenza fu- tile. «Parlare della capigliatura significa abbrac- ciare la storia dell’arte e delle nostre società» spiega Alain Bergala, commissario della mo- stra “Brune/Blonde” in corso alla Cinemateca di Parigi. Intorno alla contrapposizione tra bionde e brune sono costruite intere sceneggiature, un meccanismo col- laudato di Hollywood (e non solo) che muta e si evolve a seconda delle epoche. L’ingresso della Cinemateca è sta- to eccezionalmente ricoperto per l’occasione da una lunga chioma rossa, il colore che spariglia l’antico dua- lismo. Bionde o brune: universi femminili separati, due idee di donne. Nel primo Novecento i boccoli dorati di Lilian Gish sono l’immaginario rassicurante degli americani, mentre la bruna Louise Brooks è la ten- BON TON tatrice. Negli anni Trenta, i ruoli si capovolgono. La Scollo a trapezio, bruna diventa la moglie virtuosa, la bionda l’a- e taglio in vita: mante seduttiva. «Comincia così l’imperialismo ecco un classico del biondo», racconta Bergala. Le casalinghe sco- dal sapore retrò prono le tinte a basso costo, è la rivoluzione È l’abito nero L’Oréal. Seduzione artefatta, ma come diceva Dolce e Gabbana l’ex castana Marilyn Monroe a Truman Capote: perfetto per la bionda «Sono una vera bionda, perché sono bionda che sceglie dentro». L’ideale platinato conquista il gran- il look bon ton de schermo. Alfred Hitchcock è il più feticista. In Vertigo, il protagonista è diviso tra una bionda e una rossa, entrambe interpretate da Kim Novak. Per Luis Buñuel, l’amore im- possibile in Quell’oscuro oggetto del desi- deriosono i lunghi capelli di Conchita che sfuggono tra le mani. Una delle scene più famose di Le Mépris di Jean-Luc Godard è Brigitte Bardot con una parrucca ca- stana. Nella mostra sono citati Anto- nioni, Bergman, Lynch. «Per questi re- gisti — continua Bergala — i capelli delle attrici sono portatori di simboli, armonie e relazioni segrete che si diffondono nell’insieme del film». La mo- stra dedica uno spazio anche alle icone del cinema ita- liano, quasi sempre castane, Sofia Loren, Claudia Cardinale, Silvana Mangano. Nel voluminoso catalogo viene ricordata l’importanza dei capelli nella pittura e in tutte le arti visive. Sin dall’antichità, ogni icona femminile è stata rappresenta- ta anche in questo dettaglio estetico. «Una donna si glorifica della sua lunga capigliatura», scri- veva l’apostolo Paolo. Le novizie offrono i loro capelli a Dio, alcune donne musulmane li nascondono con un velo. La te- lecamera si perde tra i loro capelli, raccolti o sciolti al vento. «Nelle immagini digitali la capigliatura è la cosa più difficile Due colori in testa da realizzare. La profondità, il movimento dei capelli è mol- to difficile da riprodurre al computer», dice Bergala. Un’am- missione di impotenza che nasconde una piccola verità. Ete- rei, fluttuanti, imprevedibili, complicati da sintetizzare in un fermo immagine. I capelli sono fatti della stessa materia dei due mondi, due look sogni. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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La stilista Donatella Versace “Sono una donna platino è il mio stato dell’anima”

LAURA ASNAGHI

l biondo, o meglio il platino, è aver voglia di scoprirle». uno stato dell’anima. Io sono Per portare bene il biondo platino «Ibionda dentro». Donatella Ver- che bisogna fare? sace è una delle donne più platinate di «Una valanga di sacrifici. Perché è un questa terra e ne è orgogliosa, anche colore che richiede rigore, un fisico perché sostiene che questo è «il colore asciutto, tonificato dagli esercizi fisici. E delle donne che sanno osare e hanno quindi dieta perenne. Voglio ricordare carattere». che io amo a tal punto questo colore che Donatella Versace quando ha deci- nel ’95 gli abbiamo addirittura dedica- so di “svoltare”, passando dalla parte to un profumo che si chiama Blonde». delle bionde? Quante volte va dal parrucchiere? «Ero una ragazzina, avevo quattordi- «A dire il vero è lui che viene da me. Al- ci anni, e con la complicità di mio fra- meno ogni due settimane faccio la tin- tello Gianni, una notte siamo andati ta. Ma il biondo platino richiede cure nella sartoria di nostra madre a Reggio costanti, con impacchi, balsami, oli Calabria e lì con un amico parrucchiere speciali. Insomma, ti dà da fare, ma le ho iniziato la mia trasformazione. Pri- soddisfazioni non mancano». ma solo qualche meches, con mia ma- Ma qual è l’età in cui bisogna dire ba- dre che mi diceva: “Ma sei impazzita?”. sta al platino? E poi, nel giro di qualche giorno, il colo- «Per me mai. Fino a quando hai pas- re. Totale». sione per la vita e fino a quando hai vo- Ma perché? glia di fare ti puoi concedere tutto. A «Perché il biondo era perfetto per il patto però di rispettare le regole. Per es- mio modo di essere. Anche da ragazzi- sere biondo platino bisogna avere una na ero super-ribelle. Portavo certe mi- immagine curata e perfetta». nigonne con gli stivali alti in vernice da Consiglierebbe questo colore a sua far venire le vertigini». figlia? E dopo quella conversione non si è «Mia figlia è contraria. Un giorno mi mai pentita? ha detto: “Ma mamma, ma ti immagi- «No, ho sempre coltivato questa pas- ni!”». sione con la massima determinazione. Concludendo, essere bionde è una Il biondo platino è una sfida. È un colo- filosofia dell’anima? re che non puoi far passare come natu- «Sì, è una scelta che va al di là di un co- rale. Se lo scegli è perché vuoi dimostra- lore e che ti impegna anche sul fronte re al mondo chi sei. Io sono tosta, una della vita. Se poi tutto questo spaventa i donna che non si piega. Prendere o la- maschi, significa che sono stupidi o che sciare». vivono di luoghi comuni». Ma così gli uomini si intimoriscono. Secondo lei, Gianni approverebbe? «Peggio per loro se si intimoriscono. «Certo, non ho dubbi. Anzi, sono Non sanno quello che perdono. Nella convinta che lui mi spingerebbe a osa- mentalità comune, le bionde sono don- re di più. Gianni era sempre avanti, ave- ne fatali, bamboline da usare come so- va un talento che gli permetteva di ve- prammobili. E anche un po’ stupide. dere e creare cose con larghissimo anti- Ma la verità è un’altra. Le bionde sono cipo sugli altri». intelligenti, sanno il fatto loro. Basta © RIPRODUZIONE RISERVATA

SELVAGGIA Sembra uscita dalla giungla, la Jane in abito di chiffon effetto leopardo Per brune indomabili Di Blumarine NATURE ELEGANTE AUDACE Semplice e di sicuro L’eleganza bionda Trasgressione in salsa effetto l’abito Dior si presenta con l’abito rossa, è il diktat liberamente ispirato dalla gonna di John Richmond alla sahariana a palloncino e la firma che all’abito corto che la ragazza bionda di Antonio Marras abbina in sfilata fa scivolare sulla pelle La linearità è spezzata audaci stivali rossi diafana. Look nature dai guanti shock con borchie

GEOMETRICA TOTAL BLACK DANZANTE Bizzarre geometrie Sguardo nascosto È firmato Versus per la mise Miu Miu da occhiali scuri l’abitino-tutù in velluto che abbina il legging e tailleur Dsquared e seta plissettata alla casacca rigida nero indossato rossa. Un vestito con scollo americano con stivali da ballerina, ideale E la bruna avanza effetto guaina per le ragazze con passo deciso Total black dal volto d’angelo

Repubblica Nazionale 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 GENNAIO 2011 l’incontro Provocatori Ex manovale, ex young british artist della scuderia Saatchi, è fra gli inglesi più ricchi del mondo e le sue opere sono tra le più quotate Damien Hirst Esempio della sua arte tragica e ironica, il teschio di diamanti esposto a Firenze, una scultura-choc “Perché della vita devi cogliere la parte migliore”, dice. “La morte non aspetta il tuo giorno libero”

CLOE PICCOLI battuta. In fondo è quello che fa nei suoi lia. E poi ho scelto quello che mi sem- di proteste e manifestazioni, che ne am- «Comunque continuo ad avere idee lavori: distillare temi universali in for- brava più promettente. Gli parlavo al te- plificano il glamour e le code fuori dal pazze», rassicura, «come fare un appa- FIRENZE me ironiche e provocatorie. Il suo sen- lefono ogni giorno. Volevo sapere se l’a- museo. «Il titolo dello squalo serviva a recchio per la Tac in marmo». se of humour è caustico e spiazzante, è veva trovato, se era riuscito a pescarlo. descrivere uno sguardo, un’intuizione, La sua logica non fa una grinza, e lui utto di lui è estremamente un potente antidoto a una visione tragi- Alla fine l’ho comprato, al telefono per un pensiero. Era un modo scientifico sa perfettamente dove sta andando. inglese: l’accento, gli occhi ca. Se lo segui, ti conduce in un corto- seimila sterline, e me lo sono fatto spe- per descrivere qualcosa che non si può L’ha sempre saputo. Verso l’arte. Da azzurri, la carnagione circuito affascinante scandito dal con- dire a Londra. Cinque metri di squalo». descrivere. A quell’epoca ero molto quando può permetterselo la collezio- chiara. È vestito con jeans, trasto fra luci e ombre. Come quello È il 1991, Charles Saatchi, il pubblici- scientifico, volevo isolare i sentimenti... na persino: ha cinque Bacon, fra cui un maglioneT e giubbotto da biker, come te creato dal teschio di diamanti, For the tario, collezionista, compra il lavoro e lo La scienza mi ha sempre affascinato. autoritratto, che adora, e poi de Koo- lo immagini alla fine degli anni Ottanta Love of God, esposto nella camera del espone alla prima mostra della Young Per molto tempo ho letto solo libri ning, Warhol, e moltissimi altri artisti. quando da Leeds arriva a Londra per ri- Duca di Palazzo Vecchio, dove l’unica British Artists Generation con i lavori di scientifici, volevo fatti. Non mi interes- Ultimamente, ha ricomprato a suon di baltare il panorama artistico. Eppure fonte di luce si rifrange nelle pietre pre- tutta quella tornata d’artisti del Gold- sava la letteratura». milioni alcune sue opere vendute oggi, Damien Hirst, ex manovale, ex ziose. «Il teschio è sempre stato un og- smiths, facendo la loro, (e la sua), fortu- Persino il suo studio di Londra, dove vent’anni fa a poche centinaia di sterline studente del Goldsmiths College alla getto enigmatico, molto semplice ma na. Il resto è storia. «La mostra scatenò lavorano centoventi persone, si chiama «L’arte riguarda l’esserci, qui e ora. Co- London University, è fra gli artisti più allo stesso tempo disorientante. Ho una polemiche su polemiche, non si può Science. «Ho costruito uno studio come gliere il giorno. Cercare di cogliere la par- noti e quotati al mondo, fra gli inglesi casa in Messico, e negli ultimi anni ne immaginare. Eravamo contenti perché una specie di fabbrica farmaceutica», te migliore del giorno». Cinico ma ro- più ricchi in circolazione. Il che non lo ho visti moltissimi dato che lì celebrano c’era anche un grande entusiasmo. Io spiega. E poi ha fatto anche un ristoran- mantico. Ottimista e melanconico. «Non sposta di un millimetro dall’essere fe- il giorno dei morti con processioni di te- presentavo lo squalo che ha avuto un ef- te arredato come una farmacia per cui ha penso alla melanconia, provo a evitarla, dele a se stesso. L’arte per lui viene sem- schi decorati. Sono ovunque. Ho sem- fetto che è andato persino oltre le mie disegnato ogni cosa: The Pharmacy, per ma la grande arte ha una venatura me- pre prima. «Essere un artista non è un pre pensato che la decorazione è una (notevoli) aspettative». cinque anni, (il periodo in cui è stato lanconica, è qualcosa che viene dopo, tu lavoro. Non è finzione. Lo sei e basta. grande cosa da usare contro la morte. Con lo squalo parte un volano di cri- aperto), il posto cool di Notting Hill. Ma non la progetti prima, solo che c’è. Quan- Forse i lavori migliori gli artisti li produ- Per questo mi sono chiesto: cosa potrei tica, pubblico, gallerie, musei. Nel 1997 la sua passione per l’estetica medica ri- do ho fatto la pecora in formalina la pri- cono nei periodi più duri, quando nes- usare? Qualcosa di esageratamente de- Sensation alla Royal Academy di Lon- sale a molto prima, ai Cabinets, le vetrine ma cosa che hanno detto è stata che era suno li considera. Quando devi impara- corativo, sgargiante, brillante. La rispo- dra consacra Hirst e l’intera generazio- che Hirst crea fin dai tempi del college. disgustosa. Nessuno ha pensato alla me- re a convincere gli altri che quello che fai sta è stata: i diamanti più puri». ne da Tracy Emin a Sarah Lucas a suon «Quando sono arrivato al Gold- lanconia, che fosse un lavoro triste e tra- vale la pena di essere guardato». Ne ha scelti 8.601 per 1.106 carati. «Il smiths amavo i lavori di Donald Judd e gico, ma in fondo c’era anche quello. E Inquadrato dal camino di marmo del teschio è qualcosa di dark. Isn’t it?», ri- Sol Lewitt, ero affascinato dall’estetica c’era nei quadri con le farfalle, anche se Duca Cosimo I de’ Medici nella Sala de- flette. «Ma è anche brillante. Positivo. Ti Quando ho fatto minimalista, così essenziale, pulita, sono così sgargianti e colorati». gli Elementi affrescata dal Vasari a Palaz- dà una speranza. La morte non ti avvisa, netta, mentre intorno a me vedevo una Per Hirst la melanconia annuncia il zo Vecchio, Damien Hirst si racconta. non aspetta che tu abbia un giorno libe- la pecora in formalina comunicazione sparata, pop, sgargian- cambiamento, una condizione da co- «Quando sei un artista affermato puoi ro. Se ti chiedono di andare a pranzo la te, una pubblicità orribile e aggressiva. gliere al volo, senza paura. «Non sai mai fare quello che vuoi» dice, «ma devi stare settimana prossima forse è meglio dire hanno detto La medicina, invece, aveva un’estetica quando arriverà, ma quando cambi ti attento a non perderti perché tutti dico- che non sei sicuro perché non sai mai che era disgustosa così minimale, controllata e bella, ti of- senti bene, ti senti sicuro, anche se la no che tutto quello che fai è magnifico, e quando arriverà il momento». Ride. friva una speranza, sia nella sostanza gente intorno a te non ci crede e dice che non è vero». Ci pensa e poi aggiunge: Il discorso slitta veloce fra pensieri Nessuno ha pensato che nella forma. Per molto tempo ho i tuoi lavori fanno schifo. Quando ho «Può non essere vero. I grandi artisti de- seri e battute di spirito, in fondo ancora desiderato fare arte con quell’estetica. iniziato a lavorare con Jay Joplin di Whi- vono essere in grado di cambiare, di non più serie. Hirst procede per intuizioni, che fosse un lavoro Poi quando ho visto gli aspirapolvere di te Cube mi diceva “amo il tuo lavoro ma fermarsi mai. I miei eroi sono Francis Ba- lucide e precise, che distilla con ferrea Jeff Koons nelle vetrine ho pensato: ok è perché fai quegli stupidi Spot Pain- con, Willem de Kooning, Joe Strummer, determinazione nelle sue opere. A ini- triste e melanconico lì, basta farlo. Basta prendere i medici- tings?”. Tutti mi dicevano “ma perché gente che non si è mai arresa». ziare da una delle prime, quella che l’ha nali e metterli in galleria e così ho fatto». fai i punti? Richter fa i quadrati e tu fai i Parla un inglese sincopato, e quando reso famoso, lo squalo, intitolato con ma in fondo Hirst è sintetico e diretto, ha un’ener- punti”. Ora Jay mi dice “ho sempre il discorso cade su temi universali come un concetto molto chiaro: The Physical c’era anche quello gia straordinaria, contagiosa, snocciola amato i tuoi Spot Paintings …”». la vita e la morte, sdrammatizza con una Impossibility of Death on the Mind of So- lavori, incontri e scontri, eccessi e svol- © RIPRODUZIONE RISERVATA meone Living. «Il mio primo pensiero è te. Parla dell’ultima svolta, quella più re-

stato al film Lo squalo di Spielberg, solo cente, il ritorno alla pittura. «Da giova- a pensare allo squalo ero terrorizzato, ne, prima del college, facevo dei brutti gli uomini sono terrorizzati quando so- Bacon. Poi ho smesso. I quadri con i no nel mare con uno squalo perché non punti, gli Spot Paintings, li dipingono i hanno il controllo. Volevo portare uno miei assistenti. Ma ora mi sono messo a squalo in galleria. Ma era impossibile. dipingere. Forse sono più tradizionale, Ho iniziato a pensare come fare. Volevo faccio cose totalmente diverse, mi piac- ‘‘ creare terrore». Fa una pausa e dice: «Ha ciono pittori espressivi come El Greco, presente le sculture di Richard Serra? Pontormo, Goya, Soutine, Rembrandt. Quando ci camminavo in mezzo da ra- E Francis Bacon, sempre più di tutti. gazzo avevo sempre il terrore che mi Forse alla fine della mia vita finirò a di- franassero addosso uccidendomi». pingere da solo, senza assistenti, com- Scherza di nuovo. pletamente sordo...». Ride di nuovo. «A un certo punto volevo fare un qua- «Il punto è che si cambia, pensi che dro iperealistico dello squalo. Ma non ora, a quarantacinque anni, inizia a pia- funzionava. Poi ho pensato di portarne cermi la fiction, la narrativa, e la narra- uno vero, in formalina. Il più grande e zione. La pittura è narrazione, e mi pia- terrorizzante che fossi riuscito a trova- ce. È esattamente il contrario di ciò che re. A quel punto si apriva la questione di pensavo dieci anni fa. I Cabinetsoggi mi dove andarlo a prendere. Ho fatto ricer- sembrano vecchi, le medicine sono che su ricerche. Ho stilato una lista dei cambiate ed è cambiata l’estetica delle migliori pescatori di squali dell’Austra- medicine». È spiazzante come al solito. ‘‘ Repubblica Nazionale