p. Guglielmo Alimonti OFM Cap.

Vento impetuoso Vol. IV

Sulle orme di San Francesco e Santa Chiara

1 San Giovanni Jones Sac. francescano minore martire + Thomas Waterings (Inghilterra) 12 luglio 1598

Nasce nel Galles in Inghilterra da famiglia cattolica. È costretto ad esulare in Francia. A Pontoise entra nell’Ordine francescano. Era nel convento di Greenwich quando la regina Eli- sabetta I cacciò i religiosi dall’In- ghilterra. Presso i Conventuali a Fon- toise fu ordinato sacerdote. Trent’anni dopo è a Roma. Attratto dall’austerità degli Osservanti, entra fra loro nel con- vento di Ara Coeli nel 1591. Dopo un anno ottiene di andare missionario in Inghil- terra. È ricevuto e benedetto dal papa Clemente VIII. Si fermò a Londra lavorando in clandestinità. Il suo nome giunse all’orecchio dello spietato persecutore Ric- cardo Topcliffc, che lo arrestò e lo torturava di continuo in carcere, perché voleva i nomi di quelli che lo avevano protetto ed eventualmente di quelli convertiti. Il Padre Jones soffrì tutto in silenzio e pregando per la sua patria. Dopo due anni fu giustiziato. Fu beatificato da Pio XI il 15 dicembre 1929. Le sue reliquie si venerano nel convento dei Conven- tuari a Pontoise. 5 O Jones, sei cattolico, devi cercar l’esilio. Tu ti rifugi in Francia. Diventi francescano.

Or vivi nel convento dei frati a Greenwich. Elisabetta ordina: “Cacciate i religiosi”.

Tu vai a Fontoise. Lì studi e ti prepari al santo sacerdozio. È vita di preghiera.

Trent’anni dopo a Roma conosci gli Osservanti. L’austerità t’attira ed entri ad Ara Coeli.

Poi chiedi ai Superiori d’andare missionario nella tua terra amata, in forma clandestina.

Dal Papa chiedi udienza. Ti benedice e vai. Per cinque anni a Londra lavori nel silenzio.

6 Tu piangi con chi piange per l’eresia che domina. C’è odio per la Chiesa e preti e cattolici.

Lì vari illustri martiri han già versato il sangue, perché fedeli a Cristo e al papa obbedienti.

Persecutor spietato è Riccardo Topcliffc. Al suo orecchio giungi. Ti arresta e ti tortura.

Ma prima che t’uccida da te vuol altri nomi: chi è che t’ha protetto e chi s’è convertito.

Proprio fra questi è Righy che finirà Beato. Intanto tu marcisci per due anni in carcere.

Nell’ora del martirio tu rendi lode a Dio e al Padre San Francesco. Hai conquistato il Regno.

7 2 San Giuseppe da Leonessa Sac. francescano cappuccino - Leonessa (Ri) 8 gennaio 1556 + Amatrice (Ri) 4 febbraio 1612

Eufranio Desideri divenne Giu- seppe da Leonessa rivestendo l’abito cappuccino alle Carcerelle di Assisi. Ordinato sacerdote, fu destinato alla predicazione. Evangelizzò i paesi e le campagne del Lazio, dell’Abruzzo e dell’Umbria. Chiese di andare mis- sionario tra gli infedeli. A Costan- tinopoli assistette spiritualmente i cristiani schiavi dei turchi. Visitò i prigionieri, amministrò i sacramenti, convertì un vescovo apostata. Nel tentativo di annunciare il Vangelo al Sultano dell’impero ottomano, fu arrestato e condannato alla pena del gancio. Per tre giorni con un uncino conficcato alla mano destra e uno al piede sinistro rimase sospeso su un fuoco acceso. Salvato miracolosa- mente, fu cacciato dal Paese. Riprese la predicazione in Italia. Per i poveri fondò i Monti Frumentari, riserve di grano e miglio per gli anni di carestia. Allestì ospizi per pellegrini e viandanti, piccoli ospedali per ammalati. Paci- ficò famiglie in lite, diede conforto a condannati a morte. Sfinito dalle fatiche, dalle penitenze e da una dolorosa ma- lattia, morì a 56 anni e fu sepolto nel convento di Amatrice. Gli abitanti di Leonessa trafugarono il suo corpo che oggi è venerato nel santuario a lui dedicato. Nel 2012 ricorre il quarto centenario della sua nascita al Cielo. 8 La Chiesa t’ha voluto sugli altari. Tu sei chiamato santo cappuccino. Portavi sempre in mano il crocifisso. La pace predicavi con ardore.

È proprio il crocifisso la tua spada. I duellanti corri a separare cercando di placar la loro ira, che a mortale sfida li sospinge.

Si sente già nell’aria odor di sangue. - O scellerati pace, fate pace! Togliete quelle spade omicide. Ai vostri cari lacrime voi date.

I vostri figli porteranno lutto e dentro il cuore l’odio e la vendetta. Così il demonio ha sempre la vittoria e vi trascina al fondo dell’inferno -.

Il grido tuo non sembra quel d’un uomo. Rimbomba come quello di Dio stesso e fa tremar la mano ai contendenti. Il braccio già proteso si ritrae.

Riposte son le spade dentro il fodero. Per primo tu li abbracci e poi fra loro si scambian l’abbraccio del perdono. Il Santo della pace sei per tutti.

9 Ti nutri di legumi con la cenere. Frequenti sono i giorni di digiuno. Tu sottoponi il corpo a privazioni. Sei cinto del cilizio e ti flagelli.

Non ti concedi un letto per dormire. Ti carichi la croce sulle spalle, e camminando scalzo sulla neve, la porti fino in cima alla montagna.

In terra d’infedeli predicasti. Appeso al gancio mano e piede opposto, con fuoco lento e paglia fumigante tre giorni tu pendesti sorvegliato.

In patria ti trovasti liberato, glorioso confessore della fede. Che avvenne un gran prodigio si capiva; ma come avvenne resta tuo segreto.

La gente vuole ancor la tua parola. Oh! Quanti peccatori porti a Dio! E mentre sei lontan da Leonessa, sorella morte spezza la tua pianta.

Tu torni ma qualcun ti ruba il cuore, che infine torna ai tuoi concittadini. Sei venerato adesso nella chiesa, che da fanciullo è stata la tua casa.

10 3 Beato Geremia da Valacchia Rel. francescano cappuccino - Tzazo (Valacchia Romania) 29 giugno 1556 + Napoli 5 marzo 1625

Il suo nome era Ioan Stoica. Approdò in Italia, dopo un lungo e pericoloso viaggio, per abbracciare la vita religiosa senza timore di oppressioni. A Napoli di- venne fra Geremia, laico cappuccino. Per combattere il suo temperamento focoso, s’impose obbedienza, umiltà e carità. Per quarant’anni prestò servizi umili e ripugnanti. Assisteva malati gravi notte e giorno, imboccava i paralitici, preparava bagni con erbe aromatiche ai piagati nel corpo, lavava con cura i loro panni. Fu oggetto di derisione, di rimproveri per colpe mai commesse. Era analfabeta e parlava un italiano misto al romeno e al napoletano, ma tutti, ricchi, poveri, dotti, ignoranti ed ecclesiastici, lo ascoltavano, chiedevano il suo consiglio il- luminato e il suo aiuto in ogni necessità. Trascorreva molte ore in orazione nella cappella dell’infermeria, meditando con lacrime la Passione del Signore. Amava tantissimo la Madonna alla quale recitava tante volte al giorno “Salve Regina”. Morì fissando lo sguardo sull’immagine della Vergine. Fu beatificato da Giovanni Paolo II nel 1983. I suoi resti mortali si trovano a Napoli, nella chiesa dell’Immacolata Concezione. 11 Beato Geremia, sei nato in Romania. A diciannove anni raggiungi l’Italia.

Fai sosta ad Alba Iulia. In uno studio medico lavoro provvisorio; poi riprendi il cammino.

Ti fermi nelle Puglie. Nella città di Bari sosti a visitare le chiese e i monumenti.

Ma poi conosci Napoli. Ci vivi volentieri. Conosci i Cappuccini. Ti chiama San Francesco.

Cominci il tirocinio e poi il noviziato. Ti cambiano il nome in quel di Geremia.

Come fratello laico non t’impegna lo studio. Passi in poco tempo per parecchi conventi.

12 Ti lasciano infine in Sant’Eframio Nuovo. Ti presti a fare tutto. Vi resterai per sempre.

Conosci i miserabili. Conosci i derelitti e gente vagabonda, spesso affamati e scalzi.

Tu questui e porti a loro. Ad essi dai perfino la tua razion di cibo. Ti dà Gesù la forza.

Tu vai a medicare le piaghe ripugnanti. Tu vai a confortare chi non ha più speranza.

Nessuno s’avvicina a fra Martino lebbroso. Questa sarà per te missione senza fine.

Ti cerca la città. Il giorno della morte il saio va a pezzetti. Sei nell’Immacolata.

13 4 Beato Benedetto da Urbino Sac. francescano cappuccino - Urbino 13 settembre 1560 + Fossombrone (PU) 30 aprile 1625

Al secolo Marco Passionei è il settimo di undici figli della nobile famiglia di Domenico e Maddalena Cibo. Conseguì a Padova la laurea in Diritto Civile ed Ecclesiastico. Vinse la resistenza dei parenti, entrò tra i Cappuccini e fu ordinato sacerdote. Fu compagno di San Lorenzo da Brindisi nella predicazione. Conquistava i fedeli per lo spirito di preghiera. Preferiva sempre i paesini nascosti e umili, ma dovette predicare anche in città come Pesaro, Urbino e Genova. Fu beatificato da papa Pio IX il 10 febbraio 1867.

14 Hussiti e luterani t’avrebbero sbranato per quanta bile susciti nel cuore dei superbi.

Tra insidie notte e giorno tu passi predicando la verità di Cristo nell’unità di fede.

Negli occhi tuoi c’è Dio; nel cuore tuo l’amore. Per te ritrova pace il popolo smarrito.

Tu annunzi penitenza e penitenza fai. Distacchi il cuor dai beni e povertà tu vivi.

Tu, figlio di Francesco, ricordi a ricchi e poveri che vale conquistare il Cielo, qual tesoro.

La carità proponi che a tutti dà perdono nel nome del Signore, che a tutti noi perdona.

15 Il popolo boemo pian piano t’ammirò. Gradì la tua presenza e l’umiltà del cuore.

Tornato in Italia, i superiori vogliono che alquanto ti riposi. Ma che cos’è il riposo?

Di giorno devi accogliere le anime assetate. Di notte tu disseti il cuor nella preghiera.

L’infermità t’incalza. I medici si sforzano di fare ciò che possono per trattenerti in vita.

Intanto il buon Signore va consolando l’anima coi suoi preziosi doni, caparra già del premio.

La Vergine Maria e il Padre San Francesco saranno la tua scorta: va’, Benedetto, in Cielo.

16 5 Servo di Dio Matteo da Agnone Sac. francescano cappuccino - Agnone (Is) 1563 + Serracapriola (Fg) 31 ottobre 1616

Nacque nel Molise, territorio abruzzese all’epoca. A undici anni accadde l’incidente che lo fece sof- frire per tutta la vita. Giocando ferì a morte un compagno. Il padre lo allon- tanò per evitare vendette. Va a Napoli e studia Medicina. Conosce i Cappuccini e matura la vocazione di medico delle anime. Fa il noviziato a Sessa Aurunca. Prende il nome di Matteo. Passa qualche tempo a Foggia, poi a Bologna viene ordinato sacerdote. Si rivela predicatore dotto ed eloquente. Il tema prefe- rito: L’Assunzione della Vergine Maria. Acquista fama di taumaturgo. Col segno di croce libera gli ossessi e guarisce tanti infermi. Percorre il Molise, la Puglia, l’Abruzzo, la Cam- pania. Fece molte profezie. Rivestì l’ufficio di Guardiano e di Provinciale. Afflitto da infermità, ne ringraziava il Signore. Tre mesi prima di morire fu trasferito nel Convento di Serracapriola. Il popolo l’accolse al canto del Te Deum. È in atto il Processo di beatificazione.

17 Tu nasci ad Agnone, città delle campane, orgoglio del Molise, famosa in tutto il mondo.

T’accadde da fanciullo quell’incidente tragico. Ti turba la coscienza e ti rattrista ancora.

Sparasti il colpo ignaro. Ad evitar vendetta il babbo t’allontana, portandoti a Napoli.

Ti piace far del bene e studi medicina. Dai Cappuccini prendi la Messa mattutina.

La vita di quei frati diventa l’ideale. Li vedi innamorati di Dio e dei fratelli.

La povertà serafica ti fa sognare il cielo. Come l’uccel nell’aria ti fa sentire libero.

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Novizio a Sessa Aurunca; ti chiamerai Matteo. Ti senti testimone già pronto come Levi.

Da Foggia a Bologna. Tu vieni consacrato ministro del Signore. Sei grande annunciatore.

Maria Assunta in cielo è il caloroso tema. Innamorato sei della celeste Madre.

L’ufficio di Guardiano e Provinciale assumi. Acquisti presto fama di gran taumaturgo.

Col segno della croce tu liberi gli ossessi. Da infermità guarisci la sventurata gente.

A Serracapriola t’accoglie il “Te Deum”. Lo canteremo ancora appena avrai l’aureola.

19 6 San Fedele da Sigmaringa Sac. francescano cappuccino martire - Sigmaringen 1° ottobre 1577 + Seewis im Prättigau (Svizzera) 1622

San Fedele da Sigmaringa (Svevia Germania), è il primo martire dell’Ordine Cappuccino ed anche della Propaganda Fide. Studiò con impegno, intelligenza e profitto. Il conte Stotzingen lo volle precettore dei suoi tre figli e per sei anni viaggiò in Italia, Francia e Spagna. Si lau- reò in Diritto Civile e Canonico. Fu av- vocato consigliere della corte di giustizia austriaca a Ensisheim, nell’Alsazia. Eser- citò magistratura con grande competenza ed onestà. Prega molto. Sente che il Signore lo chiama alla vita religiosa. Entra fra i Frati Cappuccini a Costanza, professa, viene ordinato sacerdote. È eletto guardiano in vari conventi: Rheinfelden, Feldkirch, Friburgo e ancora Feldkirch. La sua attività principale è la predicazione. È profondo, caldo, efficace. Il Signore lo favorisce di vari carismi: visioni, guarigioni. Sempre più è arso dal desiderio di andare fra gli eretici protestanti, pronto a dare la vita. Prima di partire per i Grigioni, dove sarà ucciso dagli eretici, il Signore gli rivela che è giunto il giorno del suo sacrificio. Egli brama quel momento. Partendo, dà l’addio ai fedeli di Feldkirch: - Pregate per me, non ci vedremo più -. Fuori di Grisch, viene assalito da una banda di protestanti. Lo colpiscono con la spada poi gli fracassano la testa con la mazza; infine gli tagliano la testa e la gamba sinistra in segno di sommo disprezzo. I Cappuccini riavranno il suo corpo che sarà de- posto e venerato nella propria chiesa a Feldkirch. Un anno dopo, alla ricognizione, il suo corpo fu trovato incorrotto. Fu beatificato nel 1729 e canonizzato nel 1746. 20 Sei protomartire dei Cappuccini, la Propaganda Fide pur ti onora come suo primo martire glorioso. T’invoca qual suo Santo, Sigmaringa.

Qual precettor dei figli di Stotringen percorri per sei anni l’Europa. Poi in utroque iure laureato, tu fosti consigliere della Corte.

“Avvocato dei poveri” ti chiamano, perché tu sei il loro difensore. Per la brama di preghiera e penitenza ottieni tu d’entrar fra i Cappuccini.

Ti chiamerai non Marco ma Fedele. Apollinare, amato tuo fratello, t’ha preceduto nella stessa scelta e morirà servendo gli appestati.

Nel testamento scrivi di tua mano: “Propongo con l’aiuto del Signore di dare tutto ai poveri malati e d’esser casto, povero ed obbediente”.

Tu ami San Francesco Poverello ed ami la sua santa povertà. Pane e conforto è l’Eucaristia e fonte di dolcezza è Maria.

21 Sei sacerdote umile e fervente. Sei confessore ovunque ricercato. Eletto sei guardiano a Rheinfelden, a Feldkirch, a Friburgo ed altrove.

Scoppia la peste, tu corri in ospedali, abitazioni, carceri e tuguri. Tutti ti chiaman “l’angelo di pace”. Ma s’avvicina l’ardua tua battaglia.

Papa Gregorio cerca missionari per la ribelle Rezia, protestante. Tu vai. Partendo dalla tua Feldkirch, presago del martirio, dici “addio”.

Rodolfo Salis, conte protestante da te convinto, ritorna nella Chiesa. A questo punto l’odio degli eretici giura di far vendetta su di te.

Tutti i Grigioni bollon di furore. A Seewis Dio t’invita ad esser pronto. A Grisch, t’attende il gruppo omicida guidato dal pastore protestante.

Tu pieghi le ginocchia e dici il “Credo”. T’abbatton con la spada e con la mazza. I Cappuccini riebbero il tuo corpo. È in Cielo la tua anima beata.

22 7 Sant’Umile da Bisignano Rel. francescano minore - Bisignano (Cs) 1582 + 1637

Fu battezzato col nome di Lucan- tonio ed educato alla fede. Fanciullo di grande pietà, partecipava alla Messa quotidiana. Meditava e pregava anche durante il lavoro dei campi. Da giovane fu membro della Confraternita dell’Im- macolata Concezione. Ricevendo uno schiaffo in pubblica piazza, offrì evan- gelicamente l’altra guancia. A 27 anni entrò nel noviziato di Mesoraca (Crotone). Esercitò l’ufficio della questua, della cucina, dell’orto. Fedele alle regole e determinato all’esercizio delle virtù. Ebbe molti carismi. Godeva frequenti estasi, per cui fu chiamato “il frate estatico”. I superiori lo sottoposero a dure prove per verificare la sua santità. Vescovi e supe- riori lo obbligarono a sostenere un pubblico confronto con esperti teologi. Gregorio XV e Urbano VIII lo vollero vi- cino, contando sull’efficacia della sua preghiera. Nel 1628 fece domanda per le missioni col desiderio del martirio. Faceva digiuni e frequenti veglie. Amava tutti, ma si dedi- cava con estrema umiltà e carità ai malati, ai poveri, agli emigrati. Soffrì umiliazioni a causa dei suoi carismi. Si conservano alcune fervorose forme di preghiera con cui si rivolgeva a Dio, alla Vergine Maria e ai Santi, in particolare al proprio Angelo Custode. Fu canonizzato il 19 maggio 2002. 23 Da Bisignano parte il cuore tuo infiammato e tutto il mondo accende d’amore di Gesù.

Come l’arcobaleno, che lega tutto il cielo e va da sponda a sponda per rallegrar la terra.

Così la tua preghiera unisce cielo e terra e a tutti dà speranza di tempo più sereno.

Da Bisignano, Umile, si spande il tuo profumo di obbedienza e pace, di castità e letizia.

Tu sei ruscello fresco, che dalla vetta scende e dà ristoro a noi, sperduti nel deserto.

La cecità soltanto può definire giusto il bestemmiare Dio, ch’è fonte d’ogni bene.

24 Tu come San Francesco per ogni cosa rendi la lode al buon Signore, che a tutti noi provvede.

C’è chi ti vuole bene e chi ti vuole male. A chi ti dà lo schiaffo tu porgi l’altra guancia.

Tu vuoi andar lontano a predicar Gesù. La sua Passione strappa a te continue lacrime.

Due Papi ti richiedono di stare al loro fianco, perché la tua preghiera propizia il Sommo Dio.

E vescovi e teologi ti sfidano a confronto. La tua sapienza è grande e scaccia ogni dubbio.

Al centro del tuo cuore ha il primo posto Dio. Sei pronto a dar la vita per Lui e tutti noi.

25 8 Santa Giacinta Marescotti Terziaria francescana - Vignanello (Vt) 1585 + Viterbo 1640

Clarice, giovanissima, s’in- namora di un ragazzo nobile, colto e ricco. Invece suo padre, principe Marcantonio Mare- scotti, lo dà in marito alla figlia più piccola, Ortensia. Clarice per protesta diventa arida e ribelle. Il papà la chiude nel monastero di San Bernardino a Viterbo. Lei si fa terziaria francescana per evi- tare la clausura. Vive in due stanze arredate lussuosamente. Partecipa solo alla preghiera. Cade gravemente malata. Cambia vita. Si lascia una stanzetta col solo crocifisso. Si priva delle vesti e delle coperte. Digiuna ogni giorno dando ai poveri il suo cibo. L’eucaristia è la sua forza. Chiama intorno a sé vecchie conoscenze; ne fa un gruppo, i Sacconi, dal sacco indossato, che visitano, assistono e curano malati, poveri e anziani. Vent’anni di penitenze e di eroica carità. Muore santamente. Il suo corpo fu esposto nella chiesa. Dovettero rive- stirla tre volte perchè tagliavano la veste a pezzetti per conservarli come reliquia. Fu canonizzata da Pio VII nel 1807.

26 Tu sogni l’amore col giovane principe, ma vuole il papà che sia d’Ortensia.

Invano protesti. Ti obbliga a fare la vita monastica. Rifiuti il chiostro.

Ti fai terziaria, ti chiami “Giacinta”. La vecchia Clarice non vuole morire!

Non vita reclusa ma solo preghiera. Dimori in due stanze, secondo il tuo stile.

Di colpo t’assale il crudo malessere. Sei giunta a trent’anni: è or di cambiare!

Tu spazzi il superfluo e chiedi perdono. Ti basta la croce e nude pareti.

27 Tu vai ripetendo col cuore in lacrime: - Gesù, mio amore, è morto in croce -.

Invochi umilmente lo Spirito Santo. Spalanchi le porte a tutti poveri.

Ad essi il tuo cibo, coperte del letto, perfino le vesti. Non hai più nulla.

E chiami a raccolta le vecchie amiche. Le vesti di sacco, le mandi a servire.

Diventano“Oblate”. Tu vai con loro a tutti i malati, anziani e indigenti.

Ti nutri di Cristo. Contempli il Signore. In ventiquattr’anni raggiungi la vetta.

28 9 Beata Maria Angela Astorch Clarissa cappuccina - Barcellona (Spagna) 1° settembre 1592 + Murcia (Spagna) 2 dicembre 1665

Entrò giovanissima nel mo- nastero cappuccino di Angela Serafina Prat, sulle orme della sorella Isabella. Dopo l’emissione dei voti, fu maestra delle novizie, forma- trice delle professe, poi vicaria e infine badessa nel monastero di Saragozza. Era infaticabile in tutti i lavori: in cucina, lavanderia, infermeria, orto e nell’osser- vanza della Regola per la santi- ficazione propria e dell’Istituto. Condivideva con i poveri le elemosine del monastero. Si rivolgeva familiarmente ai Santi, in particolare a San Francesco per la fedeltà alla Regola e a Santa Chiara per la perfezione evangelica. “Mistica del breviario, conosceva in profondità la Bib- bia e gli scrittori ecclesiastici. Si adoperò a diffondere l’Ordine, con la fondazione di monasteri a Siviglia e a Murcia, lasciando al suo passaggio “una ammirevole scia di amore alla Chiesa” (Giovanni Paolo II, 23 maggio 1982).

29 A undici anni sei già in monastero. Poi lunga l’attesa per tenera età.

Ma il piccolo cuore racconta a Gesù lo slancio d’amore, che arde nell’anima.

Sei tutta felice nei giorni in cui puoi nel sacro convito ricever Gesù.

Unisci la voce a quella degli angeli. Pur essi cantando gli fanno corona.

Coltivi fervente l’amore a Maria, la Mamma beata del caro Gesù.

A sedici anni emetti i tuoi voti. Adesso puoi dire che tutta sei Sua.

30 Negli umili compiti ti trovi a tuo agio, felice di esser “la pia cenerentola”.

A profughi e poveri regali vestiti, e pane e minestra e un dolce sorriso.

Con cinque sorelle si va a Saragozza. Insieme fondate un bel monastero.

Ottieni d’esporre Gesù Eucaristico per tutti i fedeli, che attiri al Signore.

Durante la peste soccorri i malati. Ottieni da Dio che salvi le monache.

Ti spegni cantando il tuo “Pange lingua”. Tuttora il tuo corpo rimane incorrotto.

31 10 Venerabile Maria di Gesù di Agreda (Maria Coronel) Religiosa - Agreda (Soria Spagna) 2 aprile 1602 + 24 maggio 1665

Maria di Gesù è una religiosa scrit- trice, mistica notissima e singolare. Visse 63 anni e mai si allontanò dalla sua città. I genitori, i due fratelli e le due sorelle si consacrarono nella famiglia francescana. Maria dall’età di otto anni si era consa- crata al Signore. L’8 dicembre 1618 la loro casa divenne un convento, dedicato all’Immacolata Concezione. Si aggiun- sero subito altre tre venute da Burgos. Maria si chiamerà “Maria di Gesù”. Emisero la professione il 2 febbraio 1620. Maria andava soggetta a strani malesseri talmente forti da prostrarla spesso sul punto di morire, ma vivrà così per oltre 40 anni. Veniva colta di frequente da estasi anche in pubblico. Ottenne da Gesù che nessuno le potesse notare. Chiese ed ottenne dalla Madonna la guarigione fisica per non essere di peso alla comunità. Si nutriva solo di pane e acqua tre volte la settimana, portava il cilizio ai fianchi, si flagellava a sangue. Ebbe il dono della bilocazione per lo più nel continente americano e lì evangelizzò molte tribù indios, che la chiamarono “la signora blu”. All’inizio le scagliavano contro frecce, non sapendo chi fosse, ma non la colpivano mai. Lei disse loro di chiamare i missionari e farsi battezzare. Quando i capi degli Xamanas riferirono la cosa, vescovi e frati si stupirono. Il missionario padre Alonso de Benavides di ritorno si recò dalla Agreda in Castiglia ed ebbe conferma di tutto. Aveva ottenuto dalla Madonna di poter andare così alle missioni. Maria deve la sua grande fama all’autobiografia e annessi scritti mistici con speciali rivelazioni, intitolata la “Mistica città di Dio”. L’opera si compone di otto libri. 32 Per te, Maria, non bastano dei versi. Da sola rappresenti un poema. Tu sei mister di Dio nella Chiesa perché t’ha posto Dio sul candelabro.

Tu vivi tra Castiglia e l’Aragona. La gente sa che sempre lì sei stata, ma nel lontano Texas ci raccontano, che t’hanno vista in giro a predicare.

L’amore di Gesù t’ha conquistata. Tu sei rapita spesso nel Signore. Sei cinta di cilizio e ti flagelli. Ti nutri sol tre giorni a settimana.

Sei colta pur dall’estasi in pubblico, ma sommamente questo ti dispiace e supplichi Gesù, che non permetta, perché la gente pensa che sei santa.

L’infermità ti segue dappertutto e temi d’esser peso alle sorelle. Ricorri alla Madre di Gesù e lei t’ottiene piena guarigione.

La tua famiglia è tutta consacrata. Son francescani il babbo e due fratelli. La mamma e le sorelle, come te, hanno vestito l’abito da suora.

33

Il sacrificio della Santa Messa ti fa godere l’attimo di cielo. Sei investita tutta dal profumo e dal divin bagliore di Gesù.

Chi vive intorno a te ti vede lì mentre il Signor ti fa volar lontano. In California ed anche in Nuovo Messico fra le tribù indiane sei mandata.

Hai tanto tu bramate le missioni. Adesso lì ti rechi a predicare. Dapprima ti accoglievano le frecce, ora t’ascoltan con immensa gioia.

Hai detto di chiamare i missionari. E questi, ricevendo gli Xamanas, stupiti sono di quello che raccontano: - Ci manda la signora tutta azzurra -.

La “Mistica città di Dio” resta il monumento ver della tua vita. Tu narri l’esperienza del mistero con cui Dio avvolse il tuo spirito.

Per obbedienza prima fu bruciato, per obbedienza poi di nuovo scritto. Di Dio ci parli e della Santa Vergine. Con te gustiamo il gaudio celestiale.

34 11 San Giuseppe da Copertino Sac. francescano conventuale - Copertino (Le) 17 giugno 1603 + Osimo (An) 18 settembre 1663

Giuseppe Maria Desa nac- que in grande povertà. La madre rimase vedova con sei figli. In paese veniva soprannominato “bocca aperta”, perché sempre distratto. Tentò più volte di farsi religioso ma veniva rifiutato per la scarsa intelligenza. Infine fu accettato dai Frati Conventuali di Grottella. Chiese di diventare sacerdote. Con grande sforzo si preparò agli esami che superò senza essere interrogato. Si definiva il “frate più ignorante dell’Ordine”, ma era ricercatissimo per la saggezza dei suoi consigli. Sempre gioioso, cantava, lavorava e pregava. Quando contemplava una immagine della Madonna o sentiva pronunciare il suo nome e quello di Gesù, andava in estasi e levitava da terra. Per questo è chiamato “il Santo dei voli”. Il papa Urbano VIII assistette ad una sua estasi e lo assolse da strane accuse. Sempre obbediente accettava i continui trasferimenti da un convento all’altro. Clemente XIII lo proclamò santo il 16 luglio 1767.

35 Giuseppe Maria, dovunque tu bussi c’è sempre rifiuto. Oh! Che mi ricordi!

La Sacra Famiglia che giunge a Betlemme e invano Giuseppe va in cerca di un posto.

Se raccomandato, i frati t’accettano, ma ad ogni faccenda combini disastri.

Di piatti e bicchieri i cocci tu porti cuciti al vestito. È questa la prassi.

Resisti a Grottella. Dapprima oblato poi come terziario, infine “fratello”.

Curare la mula, scopare il convento, spaccare la legna è quel che puoi fare.

36 Sei troppo ignorante per esser presbitero. Ma a tanto ti chiama la voce di Dio.

Avanti, si studia. Nel giorno d’esami il vescovo interroga: son tutti bravissimi.

Il vescovo dice: - Fermiamoci qui, promuovo anche gli altri -. Ti salvi così!

Son guai le estasi e levitazioni. Accuse e processi approdano a nulla.

- È Dio lo Spirito; io sono la tromba. Signor, se non soffi qua nulla rimbomba! -

Ormai relegato, verrà il Signore a prenderti su per l’ultimo volo.

37 12 Beato Bernardo da Offida Rel. francescano cappuccino - Offida (AP) 7 novembre 1604 + 22 agosto 1694

Terzo di otto figli, trascorre la sua infanzia in aperta campagna facendo il pastorello e il conta- dino. Venne poi at- tratto dalla vita au- stera dei Cappuccini e dopo qualche anno chiese di poter entrare nel noviziato. Non trovò nessun ostacolo e all’età di 22 anni indos- sava l’abito cappuccino. Dopo la professione fu inviato a Fermo dove rimase una ventina di anni; nel 1650 dopo essere passato per vari conventi, approdò definitivamente a Offida dove rimase fino alla morte. La sua vita fu semplice, nascosta nell’umiltà dei ser- vizi ordinari di un fratello laico cappuccino: cuoco, infer- miere, questuante, ortolano, portinaio. Morì a 90 anni. Fu beatificato da papa Pio VI il 25 maggio 1795. È il più longevo tra i Santi e Beati cappuccini.

38 Sei terzo tu nel grappolo di otto. Per dare a tutti il pane necessario la buona mamma e il saggio tuo papà lavoran la campagna alacremente.

Ognuno dei fanciulli come può li affianca lungo il giorno in mezzo ai campi. Domenico trascorre dietro il gregge gli anni della prima adolescenza.

Gli tocca poi d’arare con i buoi per aiutar di più la sua famiglia. I giovinetti crescono robusti e buoni come i frutti che raccolgono.

Per tutti pesa molto la fatica però ciascuno porta nel suo cuore la gioia d’un affetto senza limiti e il dono della fede nel Signore.

Intanto nel suo spirito Domenico avverte sempre più la vocazione a consacrarsi a Dio tra i Cappuccini. A ventidue anni veste l’abito.

Lo fa sentire un re l’umile saio. Felice d’obbedire ai superiori farà qualunque ufficio con amore. Vuol somigliare in tutto a San Francesco.

39 Gli hanno imposto il nome di Bernardo, perché modello delle sue virtù, sia quel santo tanto innamorato dell’amorosa Madre di Gesù.

Nella preghiera trova la sua forza. La carità l’affina nello spirito. Solerte nell’assistere gli infermi a tutti sa donare il suo conforto.

Lo stesso slancio ha nel cucinare per tutti i confratelli del convento e quando poi di porta in porta passa: a chi gli dona un pane dà la pace.

Da portinaio accoglie col sorriso e legge dentro il cuore della gente. Ognuno prende luce dal consiglio e pace da promessa di preghiera.

Ma l’ora più gioiosa è del mattino, quando Gesù discende nel suo cuore. Per questo, come vuole San Francesco, porta rispetto immenso ai sacerdoti.

Bernardo, il più longevo fra i beati, accogli la preghiera dei devoti, che adesso come allora a te ricorrono per ottenere grazie e guarigione.

40 13 San Bernardo da Corleone Rel. francescano cappuccino - Corleone (Pa) 16 febbraio 1605 + 12 gennaio 1667

La sua famiglia era chiamata “dei santi” per la bontà dei familiari verso gli orfani e i poveri. Aveva 19 anni quando ferì in un duello un tale Vito Catino e si rifugiò presso un convento di Cappuccini. Il con- vento, la preghiera, il suo impegno a cambiare il carattere focoso, lo portarono alla conversione. Prese i voti. Essendo analfabeta, compiva i lavori più umili in cucina e in la- vanderia. Durante un soggiorno a Bivona, un’epidemia colpì i frati. Molti furono ridotti in fin di vita. Bernardo prese una statuina di San Francesco dalla cappella e la nascose nel saio, promettendo al Santo di non restituirla fino alla completa guarigione dei con- fratelli. Tutti guarirono. Sottoposto a vessazioni continue dal demonio, reagì con la preghiera, con il digiuno e con i flagelli. Innumerevoli i prodigi legati alla sua vita. Con- sumato e sfinito dalle penitenze, morì vicino al taberna- colo. “La sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi ... Dall’ininterrotto colloquio con Dio, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo ... L’umile esem- pio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo la preghiera e l’ascolto di Dio l’anima dell’autentica santità” (Giovanni Paolo II, 10 giu- gno 2001). 41 Sei Filippo Latino. Il papà calzolaio. Fratello sacerdote. Sei spada di Sicilia!

E viene da Palermo a lanciarti la sfida quel tal Vito Catino con la spada in pugno.

Non c’era alcun motivo. Da lontano ha saputo che tu sei molto bravo. Ti vuole umiliare.

Il sangue ti ribolle e afferri la tua spada. Un solo colpo basta ed il suo braccio è monco.

Occorre defilarsi. Bisogna fare i conti. Con legge e giustizia e sarai condannato.

Ti rifugi in convento e non saranno gli altri a far quell’uomo nuovo, che presto tu divieni.

42 Poi a Caltanissetta indossi il sacro abito. Fai penitenza e preghi: sei novizio esemplare.

Sei sempre obbediente. Sei umile e paziente. I frati trovan gusto a farti pur penare.

Servizio più gradito è aiutar gli infermi e dar soccorso ai poveri, che aspettano il tuo arrivo.

Ci fu l’epidemia: tu solo sei in piedi. Durante notte e giorno ti prodighi per tutti.

Si scatena lucifero e ti percuote a morte. Con la preghiera vinci e cresci in santità.

Ecco l’Epifania! Annunzi ai confratelli: finita è la giornata; io vado a riposare.

43 14 San Carlo da Sezze Rel. francescano minore - Sezze (Lt) 19 ottobre 1613 + Roma 6 gennaio 1670

Nasce da una famiglia contadina. Per la gracile salute interrompe le scuole elemen- tari e va a pascolare il gregge e lavorare i campi. È assetato di raccoglimento e di preghiera. A 17 anni fa spontaneo voto di castità. Veste l’abito dei Frati Minori nel convento di Naz- zano, l’8 maggio 1635. Passò successivamente nei conventi di Morlupo, Pon- ticelli, Palestrina, Carpineto Romano, Piglio, Castelgandolfo. A Roma durante la Messa e precisamente al momento dell’elevazione dell’Ostia, ricevette una ferita d’amore al petto. Ilare e obbediente, assolve le più umili mansioni: cuoco, ortolano, questuante, portinaio. Ebbe il dono del consiglio e della scienza. Laici, sacerdoti, frati, vescovi, cardinali e pontefici lo consultarono. Predisse l’elezione dei pontefici: Alessandro VII, Clemente IX, Clemente X, Clemente XI. Appena la morte, apparve sul suo petto misteriosa- mente una ferita, prodigio che servì per aprire il processo canonico. Molti furono i miracoli operati dopo la morte. Giovanni XXIII lo canonizzò il 12 aprile 1959. 44 Devi lasciar la scuola. La tua salute è gracile. Restando all’aria aperta, puoi pascolare il gregge.

Appena sei più forte, lavori con la zappa. Poi s’apre il lutto in casa: i genitori muoiono.

Lo sforzo di colmare il doloroso vuoto è sempre sostenuto dalla pietà fervente.

Ti ispira tenerezza e generoso amore la Vergine Maria, e ti consacri a Dio.

È Lei che ti protegge nella santa castità. Poi finalmente indossi il saio francescano.

I tuoi parenti vogliono, che accedi al sacerdozio, ma l’umiltà ti spinge a rimaner “Converso”.

45 Morlupo e Ponticelli, Palestrina e Montorio, Piglio e Castelgandolfo ti aprono la porta.

Nelle mansioni umili, nei più pesanti uffici sei prontamente docile. Fai tutto con letizia.

Sacrista e portinaio, e cuoco ed ortolano sono brillanti esami di vera santità.

Ma dove metti l’ali è nel fervor dell’anima, e grato a Dio ti rende la tua pietà serafica.

Hai il dono della scienza e quello del consiglio e cardinali e papi aspettano risposta.

Predici a quattro papi la suprema elezione. Or nell’infermità sei tu l’eletto al Cielo.

46 15 Santa Maria Anna di Gesù de Paredes Terziaria francescana - Quito (Ecuador) 1618 + 26 maggio 1645

Rimasta orfana ancora fanciulla, si consacrò a Dio; non potendo essere accolta in monastero, chiese di vi- vere in solitudine presso una sorella sposata. Fece privatamente pro- fessione dei voti di povertà, obbedienza e castità sotto la direzione spirituale dei padri della Compagnia di Gesù. Nel 1639 entrò nel Ter- z’Ordine Francescano e con grande umiltà si dedicò ai po- veri, ai bambini e agli indios. Nel 1645 la sua città venne colpita dal terremoto e in seguito da un’epidemia. Maria Anna si offrì vittima per la salvezza di tutti. Si ammalò e contemporaneamente nel paese cessò l’epidemia. Morì dopo due mesi e il popolo vide subito in lei una santa e un’eroina. Venne beatificata nel 1853 da Papa Pio IX e cano- nizzata da Papa Pio XII il 9 giugno del 1950 ed è Patrona dell’Ecuador.

47 La gioia più grande: amare Gesù. La pena più forte: il mondo non l’ama.

Tu, piccola orfana, in tanta preghiera il giorno trascorri. Tu vegli e digiuni.

A soli sett’anni ricevi Gesù. Ti brucia la fame del pane divino.

Rispecchi nel cuore l’azzurro del cielo. Ti dona il Signore speciali carismi.

Tu vuoi convertire i poveri indios. In casa l’accogli, li vesti, li nutri.

Ad essi insegni il canto e la lode. Li rendi gioiosi e piccoli apostoli.

48 Raggiunta l’età dei dodici anni, ricevi ogni giorno il caro Gesù.

Conosci le Regole di Ignazio e Domenico. Ti imponi la Regola del Santo d’Assisi.

Sovente ti trovi rapita nell’estasi. T’aiuta nel canto violino e chitarra.

Fervente il rosario elevi a Maria. Ti mostra a Loreto la piccola casa.

Ahimè! Terremoto! C’è morte e rovina e l’epidemia fa strage in città.

T’immoli tu vittima e cessa il flagello. Sei l’ecuadoregna più bella e gloriosa.

49 16 San Giovanni Wall Sac. francescano martire - Chinale Hall (Inghilterra) 1620 + Worcester (Inghilterra) 22 agosto 1679

Nasce da famiglia facoltosa. Studia nel Collegio di Douai in Francia. Viene ordinato sacerdote nel 1645. Esercita lì per qualche tempo il suo ministero. Torna a Douai e indossa l’abito francescano nel convento di San Bonaventura, prendendo il nome di Gioacchino di Sant’Anna. Fu vicario e maestro dei novizi. Nel 1656, col nome fit- tizio Francis Webb, partì per la missione inglese. È uno dei tanti figli d’Inghilterra che tornano e muoiono martiri per combattere l’eresia e lo scisma anglicano. Ad Harvingion Hall esercita l’apostolato per ventidue anni. È la zona tranquilla di Worcester. Aiuta e conforta la co- munità cattolica. Nel dicembre 1678 a Rushock Court è arrestato. È accusato di far parte della presunta congiura papista. Il famigerato Titus Oates gli impone di firmare la supremazia del Regno sulla Chiesa. Portato a Londra, il Tribunale lo scagionò da quest’accusa, ma confermò la pena capitale, perché sacerdote cattolico. Il lungo discorso sul processo e la difesa sarà pubblicato dopo la sua morte. L’esecuzione avviene a Worcester. Fu canonizzato da Pio XI il 15 dicembre 1929. 50 Tu, San Giovanni Wall, nel Lancashire nascesti. Studiasti a Douai nel bel collegio francese.

E ricevesti qui il sacerdozio atteso. Inizi il ministero, servendo le parrocchie.

Il popolo t’ammira, perché hai buono spirito. La verità annunzi con esemplare ardore.

Poi torni a Douai e chiedi di entrare tra i frati francescani di vita molto austera.

In povertà e letizia osservi quella Regola. I frati son felici del tuo virtuoso impegno.

Sei prima lì vicario e poi sei nominato maestro dei novizi. Di carità rifulgi.

51 La voce del Signore ti chiama in Inghilterra. Fa strage l’eresia e questo assai t’affligge.

Tu con fittizio nome raggiungi quella terra. L’apostolato svolgi intorno a Worcester.

È grande il tuo zelo e pari la prudenza. S’accresce ogni giorno la schiera dei fedeli.

Nei pressi di Bromsgravc tu vieni catturato. Sei condannato a morte, perché sei sacerdote.

Per cinque mesi in carcere subisci pene atroci. La tua difesa scrivi. Sarà poi pubblicata.

Viene eseguita in pubblico la pena capitale. Tu muori ripetendo: - Io credo in te, Signore -.

52 17 San Pedro di Betancur Terz. franc. fondatore - Chasna (Canarie) 19 marzo 1626 + Guatemala 25 aprile 1667

La sua era una famiglia no- bile di origine normanna. Nel 1649 decise di trasfe- rirsi nel Nuovo Mondo. Si fermò per qualche tempo all’Avana, nell’isola di Cuba. Nel 1651 si trasferì nel Guatemala. Una vita fatta di sacrifici, di povertà e di preghiera. Svolse un duro apostolato necessario per racco- gliere tanti bambini orfani. Tentò invano di accedere agli ordini ec- clesiastici. Nel 1658 fondò i Fratelli dell’Ordine di Betlemme, seguendo la Regola del Terz’Ordine Francescano, per as- sicurare continuità alla sua benefica e vasta opera. Affiancò ad essi le “Suore Betlemite”, che si diffusero in breve tempo. Fondò ospedali e Istituti per assistere ed istruire la gio- ventù povera e abbandonata. Fratello Antonio della Croce, suo successore, tra- sformò l’Istituto in Famiglia Religiosa con la Regola di Sant’Agostino. Giovanni Paolo II lo beatificò nel 1980 e lo canonizzò nel 2002.

53 Pedro di Betancur, venisti al mondo a Chasna, nel bello arcipelago dell’Isole Canarie.

Da nobile famiglia d’origine normanna, vai verso il Nuovo Mondo, nell’isola di Cuba.

Il Guatemala è aperto all’opera di bene, che porti dentro il cuore e vuoi realizzare.

Tu meni austera vita con dure penitenze. Dài generoso aiuto ai poveri del posto.

Aspiri al sacerdozio, ma non ti è possibile. C’è gente senza fede; c’è gente senza pane.

Con entusiasmo affronti la nobile missione. Abbracci il Terz’Ordine del Padre San Francesco.

54 La carità serafica diventa il tuo simbolo. Raduni tanti bimbi; provvedi loro il cibo.

Poi fondi l’ospedale, che dedichi a Maria col titolo di Bethlem: è lì la culla santa.

I generosi uomini raduni intorno a te. Hanno capito anch’essi ch’è bello far del bene.

Li formi alla preghiera e al duro sacrificio. Consacreranno a Dio la loro vita casta.

Li chiamerai: Fratelli dell’Ordine di Bethlem, e Betlemite chiami le generose donne.

Da tutti e ovunque attesi, continueranno l’Opera. Dal cielo li accompagni e Dio li benedice.

55 18 Beato Marco d’Aviano Sac. francescano cappuccino - Aviano (Pd) 17 novembre 1631 + Vienna (Austria) 13 agosto 1699

Carlo Domenico Cristo- fori, questo il suo nome da laico, fu un grande predica- tore, taumaturgo, artefice della salvezza dell’Europa cristiana dai turchi. Nel settembre 1648 viene accolto come novizio nel con- vento di Conegliano e dopo un anno, il 21 novembre 1649, pronuncia i voti prendendo il nome di Marco d’Aviano. Un prodigio avvenuto il 18 settembre 1676, quando guarì una suora paralizzata da 13 anni, gli cambiò la vita. Questa improvvisa guarigione, unita anche ad altri episodi analoghi avvenuti nello stesso periodo a Venezia, resero celebre frate Marco, cui ormai furono attribuite doti taumaturgiche. “Profeta della Misericordia divina, si impegnò atti- vamente per difendere la libertà e l’unità dell’Europa cri- stiana. Al continente europeo, che si apre in questi anni a nuove prospettive di cooperazione, egli ricorda che la sua unità sarà più salda se basata sulle comuni radici cristiane” (Giovanni Paolo II, 27 aprile 2003).

56 La libertà d’Europa tu salvasti. Alzando il Crocifisso, atterrasti la mezzaluna, simbolo dell’. A Vienna c’è l’assalto decisivo.

Gli orgogliosi principi cristiani, fra loro divorati da discordie, cedevan senza dubbio ai musulmani l’ultima roccaforte dell’Europa.

Col più potente esercito ottomano Mustafà quarto vuole la vittoria per arrivare a Roma, in San Pietro, e lì legare in piazza i suoi cavalli.

Il Papa ti mandò. Fu la salvezza. Le palle dei cannoni si smorzavano. Passavi in mezzo al fuoco sempre indenne. In pochi giorni Vienna è liberata.

E fu Belgrado l’ultima vittoria. Poi l’armistizio e quindi lunga tregua. I prigionieri turchi a te ricorsero per esser liberati dalla morte.

Il Papa ti concesse di tornare nel chiostro per goder del pio silenzio. Ma tutti voglion te ambasciatore per riportare pace tra i potenti.

57 I pellegrini, i poveri e i malati ti cercan giorno e notte senza sosta, e tu li accogli e tanti ne guarisci. È giunta la tua fama in tutto il mondo.

Inviato in ogni parte a predicare la folla si riunisce numerosa. Aspettan che tu passi in mezzo a loro. Tagliuzzan tutto per una reliquia.

Nella città di Padova la suora, paralizzata da tredici anni, appena le imponesti le tue mani tornò perfettamente risanata.

I vescovi d’Europa ti chiamavano perché la tua parola convertiva ed anche gli ostinati peccatori si davano a severa penitenza.

Combattere i nemici della fede non fu battaglia facile, fra Marco; ma quella degli amici del peccato ti chiede ancor più lacrime e preghiere.

- Il Papa mi comanda e io obbedisco! -, ma senti che le forze son finite. A Vienna incontrerai sorella morte. Il Ciel t’attende per l’eterna pace.

58 19 Beati Agatangelo e Cassiano Martiri cappuccini + Gondar (Etiopia) 7 agosto 1638

Frati cappuccini trucidati a Gondar nel 1638. Il ricordo del loro martirio, l’ammirazione per le loro virtù erano ancora vivi nei cattolici del luogo, quando il cardinale Guglielmo Massaja fu missionario in Etiopia nella seconda metà dell’Ottocento. Egli raccolse racconti traman- dati dai padri ai figli, ai nipoti e riuscì ad individuare il luogo della sepoltura. Testimoniò quanto aveva conosciuto. Per suo merito, la Causa di beatificazione, iniziata nel 1887, si concluse nel 1905. Agatangelo e Cassiano erano diversi per estrazione culturale e provenienza geografica, ma li univa la vocazione missionaria. Accettarono con entusia- smo di andare prima in Egitto e poi in Etiopia per riunire la Chiesa Copta con quella Romana. Dopo un lungo viaggio, in cui toccarono la terra di Gesù per ritemprare lo spirito, giunsero a Deborech nel Serawa sull’altipiano eritreo. Non vennero accolti pacificamente, ma fatti prigionieri, con- dannati e uccisi, perché falsamente accusati da un luterano di Lubecca. La notte del martirio, dal cumulo di pietre che ricoprivano i loro corpi, gli abitanti di Gondar videro in- nalzarsi una colonna luminosa. 59 Da Dio chiamato, tu segui Francesco. Ne ammiri la vita, t’attrae l’esempio.

Novizio a Mans, raggiungi Poitiers. Ti fan predicare in quel di Poitou.

Fai parte del gruppo, che predica al popolo la bella missione nel tuo paese.

Ti premia la gioia del bene che fai, e sei consolato dai frutti di grazia.

Ma ora più forte ti chiama il Signore: “Su, porta il Vangelo in terre lontane!”.

Un grande lavoro t’aspetta in Egitto: riunire le Chiese Cattolica e Copta.

60 E qui ti raggiunge il caro Cassiano. Assieme andrete in terra d’Etiopia.

Intanto assisti i molti mercanti francesi e italiani, che sono nel posto.

E attendi a studiare la lingua parlata da gente locale. È l’ostico gheez.

Nel gruppo di viaggio ci sta un luterano. Vi lancia calunnie, vi fa imprigionare.

Legati ai muli col sole scottante a piedi voi fate il lungo deserto.

Infine v’impiccano; poi copron di pietre i vostri cadaveri. A laude di Dio!

61 20 Beato Bonaventura da Potenza Sac. francescano conventuale - Potenza 4 gennaio 1651 + Ravello (Sa) 26 ottobre 1711

A 15 anni entra nel convento di San Francesco. “C’era da restare attoniti a vedere questo giovane pregare, sacrificarsi, donarsi, puntuale e ordinato, generoso e dolce, umile, tanto umile e mite come un Agnello” (P. Ste- fano Manelli - Beato Bonaventura da Potenza, p 24). Per lo studio va ad Aversa e poi a Maddaloni. A 18 anni sosta nel convento di Sapio. A 21 anni viene inviato ad Amalfi dove nel 1676 viene ordinato sacerdote. Successiva dimora Napoli dove incontra il Venerabile padre Domenico Girardelli da Muro. Fu trasferito a Maranola, poi a Giugliano, a Montella e a . Perché tanto pe- regrinare? Tutti volevano la sua presenza. Nel convento di Capri rimase tre giorni immobile nell’oratorio. Il Padre guardiano gli aveva detto: “Aspettami qui”, ma poi dimen- ticò quell’ordine dato, s’imbarcò e tornò dopo tre giorni. L’obbedienza di padre Bonaventura fu sempre eroica. Do- vette subire un intervento al ginocchio. Sopportò senza un lamento l’operazione mentre era sotto i ferri. Ripeteva con fervore: “Maria, Maria”. La Madonna cui dedicava tanti rosari era la sua forza. Trasferito a Ravello, viene accolto da grande folla. Il vescovo lo volle suo confessore. Qual- che giorno prima di morire disse al vescovo: “Eccellenza, io presto partirò, vi occorre trovare un altro confessore”. Poi si capì la sua profezia. Prima dell’agonia si sforzò di alzarsi e baciare i piedi al Guardiano che glielo vietò di- cendo: “Bacia il Crocifisso”. Lo fece con estremo amore. Ricevette l’Olio degli Infermi. Ripeté tre volte: “Ave Maria”. Il corpo non entrava nella bara per errore del fa- legname. Al comando del superiore si restrinse e vi entrò. Emanava sudore come corpo vivo, era flessibile ed ema- nava profumo. Mentre la sua bara attraversava l’altare, egli aprì gli occhi e si inchinò davanti al SS.mo Sacramento. Nel 1740, alla ricognizione canonica, dopo 29 anni, il suo corpo era intatto e flessibile. 62 Flessibile e incorrotto, intatto e profumato. Così rimani tu, che fosti sempre un angelo.

Figlio di San Francesco, t’affidi a Maria, l’Immacolata Vergine, la Madre di Gesù.

Lei ti farà da Madre e lei ti farà da guida. T’infonderà nel cuore la carità perfetta.

Nell’umiltà andrai, seguendo le sue orme. Avrai la sua corona per sempre fra le mani.

È il rosario intero il dono d’ogni giorno. E sei felice quando tu puoi parlar di Lei.

Dell’obbedienza a Dio il tuo voler si nutre. Il superiore dice: “Su mangia tutto il pesce”.

63 Lo mangi con le spine e stai per soffocare! - Che fai Bonaventura? - - Io faccio l’obbedienza! -

Per questo sei chiamato dell’obbedienza “martire”. Nelle tue carni affonda l’acuto tuo cilizio.

In carcere ti chiudi e tieni compagnia all’ostinato reo finché non si converte.

“Un altro confessore, trovatevi Eccellenza, perché dovrò partire”. Te ne volasti al Cielo!

Vicino all’agonia chiedesti di baciare i piedi al tuo Guardiano. Lui t’offre il Crocifisso.

L’appoggi sulle labbra. Poi guardi la Madonna. La supplichi dicendo tre volte: Ave Maria!

64 21 San Pacifico da San Severino Marche Sac. francescano minore - San Severino Marche (Mc) 1° marzo 1653 + 24 settembre 1721

Alla prematura morte dei geni- tori, Carlo Antonio viene affidato alle cure dell’austero zio, arcidia- cono della Cattedrale di San Seve- rino. Si distingue fra tutti i coetanei sia nella scuola, che nella condotta di vita. Rispondendo alla vocazione religiosa, a diciassette anni entra nel- l’Ordine dei Frati Minori col nome di fra Pacifico. Nel 1678 viene or- dinato sacerdote. Divenne bravo in- segnante e ottimo predicatore. Tutte le città marchigiane vollero udire la sua parola suadente e penetrante, che induceva alla conversione anche i più riluttanti. Operò prodigi e lasciò profezie. Le ore più felici le trascorreva davanti al SSmo. Sacramento e al Crocifisso. La sua conversazione era edificante. Sapeva allietare i con- fratelli e confortare gli infermi. I conventi dove visse più lungamente furono San Severino, Urbino, Forano. Fu vi- cario e guardiano in varie comunità. Nel 1705 tornò a San Severino. Aveva una dolorosa piaga alla gamba destra. De- perì molto e fu afflitto dalla cecità e dalla sordità per cui dovette rinunciare agli atti comuni ed anche all’apostolato delle confessioni. Alla sua morte fu compianto da clero, religiosi e popolo, che accorse in massa ai suoi funerali. Gregorio XVI lo canonizzò il 26 maggio 1839. 65 La tua città ricorda il Padre San Francesco, che lì lasciò l’agnello comprato per pietà.

Da quella discendenza le pie Clarisse tessono la bella lana rossa, che copre i cardinali.

I bravi genitori ti lasciano ben presto. L’austero zio materno farà le loro veci.

Ma San Francesco bussa. Ti vuole tra i suoi figli. Al sacerdozio aggiungi la grande oratoria.

Già desti grande prova di impegno a Montalboddo. San Severino, Urbino e Forano t’ammirano.

In te non viene meno la carità fraterna, e sei costante esempio di vera povertà.

66 I buoni confratelli allieti conversando con la schiettezza pura e somma gentilezza.

Ti eleggono vicario. Ti vogliono guardiano. T’affidan la custodia della fraternità.

Incentri la tua vita in Messa e preghiera; nel confessare il popolo e consolar gli infermi.

La vita tua profuma di tutte le virtù. Il cielo nel tuo cuore ha posto tanto amore.

Sovente effondi lacrime ai piedi della Croce. Ti scorron fra le mani i grani del rosario.

Adornano il tuo spirito prodigi e profezie. L’infermità precede il giorno dell’addio.

67 22 San Tommaso da Cori Sac. francescano minore - Cori (Lt) 1655 + Bellegra (Roma) 11 gennaio 1729

Adolescente ancora, perde la mamma e poi il papà. Deve dedicarsi alle sue sorelle. Queste si sposano e Tommaso può rispondere alla sua vocazione. Bussa al con- vento francescano del suo paese. Accolto, andrà ad Orvieto (Pg) per il noviziato. Fu ordinato sacerdote nel 1683. Venne nominato vice maestro dei novizi. Rivelò la costante attrazione alla preghiera, l’amore all’Eucaristia e lo spirito di eroica povertà. Per sei anni (1703-1709) sarà guardiano a Palombara, dove instaura il Ritiro. Dettò egli stesso norme particolari di vita rigorosa sia per Palombara, sia per Bellegra dove tornerà a vivere per sempre. Sarà per lunghi anni tormentato dall’aridità di spirito, pur trascorrendo in preghiera dal Mattutino in poi tutta la notte. Diventa il predicatore semplice ed efficace di tutto il Sublacense. I suoi prediletti erano i poveri, i contadini, i malati, i bambini. Il suo passaggio suscitava conversioni e speranza. Il Signore confermava il suo zelo con frequenti prodigi. La gente lo chiamava il “prete santo”. Affidava se stesso e tutte le sue azioni alla Madonna, “la Mamma buona”. Soprattutto la provincia francescana di Roma, di cui è il vice patrono, ne ricorda e venera la santità.

68 I genitori presto da questo mondo partono. Dapprima pastorello or guidi le sorelle.

Questo dover finisce. Ti chiama San Francesco. A Cori c’è il convento; tu sei il benvenuto.

A Orvieto il noviziato. Divieni sacerdote e guida dei novizi. Di notte preghi sempre.

Richiamo del Ritiro ti porta a Bellegra. - Io sono fra Tommaso, vengo per farmi santo -.

È semplice il programma, ma dura la salita. E quanto tu più preghi più arido è il tuo spirito.

I superiori ordinano: - Guardiano a Palombara -. Instauri il Ritiro: preghiera e povertà.

69 I confratelli stentano a seguire il tuo ritmo. L’Eucaristia è tutta la forza che ti regge.

Talvolta resti solo a sostenere il peso. Lo sguardo di Maria ti dona tanta gioia.

Tu passi a predicare in paesi e città. Adesso sanno tutti, che sei “il frate santo”.

La tua parola semplice è ricca di sapienza. Di carità è pieno ogni sorriso e gesto.

Son prediletti i poveri e gli ammalati e i vecchi. Amici e penitenti s’affidano a te.

Porti con te Gesù: è Lui che fa prodigi! Adesso in ciel t’aspetta il Padre San Francesco.

70 23 Santa Veronica Giuliani Clarissa cappuccina - Mercatello (PU) 1660 + Città di Castello (Pg) 1727

Veronica Giuliani è una delle più grandi mi- stiche della storia. La sua vita fu un sus- seguirsi di meraviglie. Fin da bambina nutrì una grande devozione per la Passione di Nostro Si- gnore. A diciassette anni entrò nel monastero delle Cappuccine di Città di Castello (Perugia). Passò la sua vita nella preghiera e nella contemplazione. Per il suo amore al mistero della Croce ricevette il dono delle stimmate. Scrisse le sue esperienze mistiche in un voluminoso “Diario”. Nei suoi scritti rivela che dopo aver ricevuto le stim- mate, pianse molto e pregò il Signore di nasconderle agli occhi di tutti. Il suo cuore fu esaminato dopo la morte e “miracolosa- mente” mostrava le immagini di una croce, di una corona di spine e di un calice, proprio come ella aveva detto. Gregorio XVI la canonizzò il 26 maggio 1839.

71 Tu, piccola bimba, minacci castigo da parte di Dio a quella, che vende il latte ingannando.

Sovente veniva a casa Gesù, nascosto nell’ostia per dare alla mamma divino conforto.

Ignara del dono, tu salti di gioia. Profumo di Cielo t’attira a Gesù. Lo vuoi anche tu.

Il buon sacerdote ti dice di no, perché sei piccina. A lungo protesti, ma nulla da fare.

L’aspetti ogni giorno sull’uscio di casa. T’aggrappi alla veste del pio ministro gridando: - Lo voglio -.

72 Sorridono tutti. Regalo più bello, Ti fanno carezze. ti dona le stimmate. Ti dicono brava. Confitta alla croce, Nessuno capisce adesso somigli perché non ti calmi. del tutto allo Sposo.

È Lui che ti vuole. T’incise nel cuore È Lui che ti chiama. la grande passione È Lui che t’accende d’amore e dolore. e tutta ti brucia Vicina alla morte d’amore divino. riveli il segreto.

Andando a giocare, l’hai visto soletto sul cuor della Mamma. Hai chiesto che venga e giochi con te.

È l’ora di compiere le mistiche nozze. Madrina e Maestra la Vergine Santa prepara la festa.

Davanti all’altare scambiate gli anelli. Sei candida sposa del caro Gesù. Felice per sempre.

73 24 San Crispino da Viterbo (Pietro Fioretti) Rel. francescano cappuccino - Viterbo 13 novembre 1668 + Roma 19 maggio 1750

Da autentico figlio di San Francesco si è santificato nel ser- vizio umile di cuoco, infermiere, questuante, ortolano per la sua fraternità; nell’assistenza agli am- malati, nel conforto ai carcerati, nel soccorso a persone indigenti, nella pacificazione delle famiglie in discordia. Nessuno è sfuggito alle sue attenzioni. Tutti lo amavano: i bambini, la gente comune, i nobili. I prelati, e perfino il papa Cle- mente XI, ricorrevano al suo consiglio illuminato. Vive fino all’ultimo con una singolarissima devo- zione alla Vergine, con la preghiera, l’obbedienza e la pe- nitenza. Le sue spoglie mortali riposano in un’artistica cappella della Chiesa dei Cappuccini a Viterbo.

74 Fanciullo buono, orfano di padre, ti dedichi al mestier del calzolaio. Sei pieno di rispetto verso tutti. Sei sempre ricercato dagli amici.

Poi nel tuo cuore sboccia un desiderio: lasciare il mondo e le sue vanità. È l’ora di seguire San Francesco. - Io busso ai Cappuccini di Viterbo -.

Accolto con la gioia di fratelli, ben presto indossi l’abito marrone ed incominci il santo noviziato. Ti chiamerai per sempre fra Crispino.

Sei destinato dove più occorre la tua presenza e il valido aiuto. Per quarant’anni Orvieto ti vedrà con la bisaccia appesa sulle spalle.

A chi domanda dici: - Sono l’asino mandato dai fratelli a questuare perché io possa dare il buon esempio e guadagnarmi il premio del Signore -.

Sei silenzioso o parli di Gesù. Con umiltà sai sempre consigliare. Sai dare la speranza ai disperati. Dov’è discordia porti sempre pace.

75 Con la pesante vanga t’affaccendi per coltivar nell’orto le verdure da distribuire ai benefattori o da donare ai poveri indigenti.

Insieme al “Pace e bene” un aforisma per regalare un pizzico di gioia e il sempre salutare buon umore. Occorre la letizia francescana!

- Il cetriolo vale più di me: da quello spremi sugo, da me nulla! - - Oh, vuoi saper perché non copro il capo? Perché il somaro non porta il cappello! -

E se vien giù la pioggia a diluviare bado a passar tra una goccia e l’altra. Il Cardinale dice al fraticello: - O fra Crispino, l’abito è bucato! -

- Eminenza, così è più lucente! E se lo metto all’acqua per lavarlo farà più presto poi ad asciugarsi! - - Crispino, canti sempre? - - Lodo Dio! -

- Tagliate a me il mantello per reliquia? È meglio che tagliate coda al cane! - O fra Crispino, celi la bontà, ma noi vediamo Dio nel tuo cuore.

76 25 Beato Angelo d’Acri Sac. francescano cappuccino - Acri (Cs) 19 ottobre 1669 + 30 ottobre 1739

Lucantonio Falcone nac- que in una famiglia povera ma cristiana. Tormentato da dubbi e incertezze abbandonò il novi- ziato per due volte. Rientrò la terza volta prendendo il nome di fra An- gelo e il 10 Aprile del 1700 fu ordinato sacerdote. Predicò per quarant’anni in tutta l’Italia meridionale. Il suo stile era semplice e diretto e tanti si convertivano. Per questo fu soprannominato “apostolo del Mezzo- giorno”. Lottò tanto contro il demonio che lo assaliva anche con le percosse. È stato dichiarato Beato da papa Leone XII il 18 di- cembre 1825.

77 La singolare storia di frate Angelo dimostra le battaglie dello spirito, e come astutamente qua il demonio s’insinua tra le pieghe della mente.

Per ben due volte Lucantonio uscì dal santo noviziato cappuccino. Ossessionante batte quella voce: - Perché non torni a casa? Stai sbagliando! -

I tuoi parenti sono ben contenti, che ti consacri a Dio tra i Cappuccini. Ma dentro si scatena quel conflitto, che spezza il tuo proposito e l’impegno.

Poi finalmente vince in te la grazia. I frati comprensivi ti riaccettano. Adesso sei felice e sei tenace. A trentun anni già sei sacerdote.

Pietà coltivi al pari dello studio. Ben presto sei mandato a predicare. Le tue parole scendono nei cuori e tutti son felici d’ascoltare.

L’altisonante stile del barocco tu lasci per seguire verità. Semplicemente al popolo tu annunzi il chiaro “sì” dettato da Gesù.

78 T’aspetta ormai la gente nelle chiese, si dice ovunque quasi per proverbio: - Se viene a predicare frate Angelo, neppure i gatti restano di fuori! -

Il cardinale a Napoli ti chiama e invita tutti i dotti ad ascoltare. - A quel parlare tutti se ne vanno, ad ascoltare restano le panche -.

Con la preghiera e dura penitenza il missionario nutre la parola. Le conversioni sono numerose e si scatena l’ira dell’inferno.

Nell’ora della notte la vendetta. Minacce, insulti e orribili percosse s’abbattono sul Santo cappuccino. - Straccioni e ladri porti in Paradiso? -

Perfino l’umorismo è dell’inferno! Ma il buon frate lieto può rispondere con altrettanto spirito di sfida, che sono proprio questi i preferiti.

Hai combattuto, Angelo, da forte; vai pure sorridente verso il Cielo. Ha preparato Dio, giusto giudice, il premio della gloria senza fine.

79 26 Beato Samuele Marzorati Sac. francescano minore martire - Biumo (Mi) 1670 + Gondar (Etiopia) 3 marzo 1716

Nacque a Biumo in pro- vincia di Milano. Segue la scelta e la sorte di tanti mis- sionari francescani in terra musulmana. Arrivò a Il Cairo e invano cercò di fondare una missione nell’Isola di Socotra. Anche la missione tentata da p. Giuseppe da Gerusalemme in Etiopia fallì nel frattempo. “Propaganda Fide” volle fare un altro tentativo. Mandò Michele Pio da Zerbo e Sa- muele Marzorati, guidati dal Prefetto apostolico Liberato Weiss, anch’egli francescano. Il 20 luglio 1712 arrivarono a Gondar. Il re Justos li ac- colse benevolmente, ma la popolazione, in maggioranza musulmana, protestò minacciosamente. Il re li consigliò di ritirarsi nel Tigré. Poco dopo il re muore e gli danno come successore , figlio d’un altro re, tra l’altro suo avver- sario. Questi obbliga i tre missionari a tornare a Gondar e, in ragione della loro fede cristiana, li condanna a morte. Furono lapidati tra le urla furenti dei musulmani. Furono beatificati da Giovanni Paolo II nel 1988 a Vienna, città del Padre Liberato Weiss, capo della spedizione missio- naria. 80 Pagare con la vita il prezzo della fede. Gesù l’aveva detto; la storia lo dimostra.

Imperi e tirannie, calunnie e pregiudizi, talvolta l’ignoranza e l’odio religioso.

A volte par lucifero schierato in persona con chi rifiuta Dio per batter chi l’adora.

Il mondo musulmano da secoli si scaglia contro i fedeli a Cristo con conclamata ira.

Francesco andò in Oriente perché ci fosse pace tra quella mezza luna e i figli della croce.

Questa missione santa s’è sempre ripetuta. Ci sono missionari e martiri ancora.

81 Samuele Marzorati, Michele Pio da Zerbo e Liberato Weiss, sono mandati a Gondar.

Benevolo il re Justos, accoglie i missionari, ma tanti musulmani minacciano la morte.

Poiché il tumulto cresce, il re consiglia i frati d’andare nel Tigré: - Sarete più tranquilli-.

Il re s’ammala e muore, e la fazione avversa per successore elegge, il figlio d’altro re.

Egli richiama i frati. Indice il processo, li getta in prigione e li condanna a morte.

Esposti al ludibrio, legati a grossi pali, vengono lapidati. Abele piange ancora!

82 27 Beato Liberato Weiss Konnersreuth Sac. francescano minore martire - Konnersreuth (Germania) 4 gennaio 1675 + Gondar (Etiopia) 3 marzo 1716

Entrò nell’Ordine a Graz. Fu ordinato sacerdote a Vienna il 14 settembre 1699. Su richiesta del Commissario Generale dell’Or- dine e sotto la tutela della Propa- ganda Fide partì missionario per l’Etiopia. Il re li aveva richiesti per difendere la fede cattolica contro la propaganda audace e violenta dei monofisiti. Scoppia la rivolta e il re muore. Viene eletto un suo avversario. Data la situazione di fuoco dell’Etiopia i missionari, che all’inizio sono sette, attendono circa sei anni lungo le rive del Nilo. Infine tentano la via del Mar Rosso. Per prudenza il re li manda nel Tigré, zona più tranquilla. I missionari, rimasti solo in tre, lavorano tra enormi difficoltà. Accu- sati e calunniati vengono chiamati a Gondar. Subiscono un processo sommario e sono condannati alla lapidazione. L’esecuzione avviene tra fanatismo inaudito sulle rive del torrente Angareb. I tre francescani hanno appena il tempo di abbracciarsi e chiedere in silenzio il perdono per i car- nefici. Il martirio corona la loro opera. Quando Giovanni Paolo II si recò in viaggio a Vienna li beatificò, il 20 no- vembre 1988.

83 In sette missionari partite per l’Etiopia. L’ha chiesto il re cattolico per frenare l’eresia.

Ma scoppia la rivolta e voi dovete attendere. Sei anni sulle rive del grande fiume Nilo.

Infine decidete la via del Mar Rosso. L’Etiopia è in subbuglio, andate nel Tigré.

In clandestinità vivete lavorando. Studiate ben la lingua e aiutate i poveri.

Prendete molto a cuore la cura dei malati. Voi stessi vi trovate nell’indigenza estrema.

Vivete isolati da “Propaganda Fide”. Vi regge la speranza di giorni più tranquilli.

84 Ora i monofisiti vi lanciano accuse. Vi dicon di diffondere cattiva religione.

Il re vi chiama a Gondar per fare un processo. Ma l’odio è troppo forte, per voi non c’è speranza.

Dopo difesa inutile del vostro sacro compito, c’è la condanna a morte. Sarete lapidati.

Vi portan sulle rive del torrente Angareb. - Almeno cinque pietre deve scagliare ognuno! -

Il capo così grida! Avete solo il tempo di un fraterno abbraccio nel nome di Gesù.

Cadendo, ripetete la silenziosa supplica: - Non imputare ad essi, Signore, questa colpa -.

85 28 San Leonardo da Porto Maurizio Sac. francescano minore - Porto Maurizio (Im) 1676 + Roma 26 novembre 1751

Era figlio di un ca- pitano di mare. Studiò a Roma nel Collegio Ro- mano. Entrò tra i Minori nel Ritiro di San Bona- ventura, sul Palatino. Ordinato sacerdote voleva andare in Cina. Il cardinale Collo- redo gli disse: “La tua Cina sarà in Italia”. Il Papa lo inviò in Corsica a sanare gravi divisioni tra gli abitanti. I briganti dell’isola si rappacificarono tutti. Aveva sempre in mente la Passione di Gesù e ideò il pio esercizio della Via Crucis, che presto si diffuse in tutta la Chiesa. Tante le conversioni dovunque arrivava. Sant’Alfonso de’ Liguori lo definì: “Il più grande mis- sionario del secolo”. A Roma alle sue accese prediche partecipava anche il Papa. Preparò il clima del Giubileo del 1750. Eresse la Via Crucis nel Colosseo in onore dei martiri. Morì nel Ritiro del Palatino. Propose al Papa la defini- zione del dogma dell’Immacolata Concezione.

86 Sei di Porto Maurizio, cioè l’odierna Imperia. Compi gli studi a Roma ed entri nel Ritiro.

E lì sul Palatino conosci San Francesco ed entri nel suo Ordine. Figlio di San Francesco!

Nella Fraternità eserciti te stesso a tutte le virtù in dolce carità.

Non pesa l’obbedienza, che vivi in umiltà; neppur la penitenza, che offri al Signore.

La Messa quotidiana t’immerge nel mistero del Pane Consacrato, caparra di salvezza.

Mediti la Passione del Verbo Incarnato e guardi quella croce su cui è inchiodato.

87 Salendo verso il Colle vedesti un impiccato! ... - Così - dicesti - è stato sul monte del Calvario -.

Tu scrivi tanti libri; diffondi devozioni, ma il tuo fervor s’incendia durante la “Via Crucis”.

Percorri le regioni della nostra Italia, e Corsica e Sardegna evangelizzi a fondo.

Proponi una consulta di vescovi del mondo per definire il dogma della Immacolata.

Nel Colosseo piantasti tutta la Via Crucis. Pregavi lì col popolo per farne un luogo santo.

Nel giorno della morte tutta Roma è sul “Colle”. Parlando il Papa disse: - Abbiamo un altro santo -.

88 29 San Teofilo da Corte Sac. francescano minore - Corte (Corsica) 30 ottobre 1676 + Fucecchio (Fi) 19 maggio 1740

A 17 anni entrò tra i Cappuc- cini. Passò tra gli Osservanti, pren- dendo il nome di Teofilo. Studiò a Roma e poi a Napoli, in Santa Maria Nova, dove nel 1700 fu ordinato sa- cerdote. Per completare gli studi fu mandato a Roma. Si fermò nel con- vento laziale di Civitella San Sisto (Bellegra), come luogo più adatto a studiare indisturbato. Qui trovò il Beato Tommaso da Cori, uomo di grande raccoglimento. Ne fu tanto influenzato, che decise di rinunziare allo stu- dio, e col permesso dei superiori, ritirarsi in quel luogo. La sua pietà si rafforzò e scoprì il gusto del silenzio e della contemplazione. Trascorse molti anni tra Belle- gra e Palombara. Fece molto frutto spirituale andando a predicare e confessare nei paesi della Sabina e nelle zone di Subiaco. Fu inviato in Corsica per rinvigorire anche lì l’Osservanza. Di nuovo a Bellegra e infine a Fucecchio, presso Fi- renze. Trasformò il piccolo convento, dove morì, in un centro di fiorente spiritualità. Fu canonizzato il 29 giugno 1930 da Pio XI. La sua tomba è meta di ininterrotti pellegrinaggi. Molti sono gli attestati di grazie straordinarie. 89 Tra casa, scuola e chiesa l’adolescenza lieta. La pura giovinezza felicemente scorre.

Ti chiama San Francesco e vai tra i Cappuccini. Poi vai dagli Osservanti, che sono più vicini.

Professi lì la Regola e cambi il nome Biagio in quello di Teofilo, che traccia la tua via.

Nella città di Napoli - Santa Maria Nova – accedi al sacerdozio e inizi il ministero.

T’aspetta ora Roma per proseguir gli studi. Civitella San Sisto è luogo più raccolto.

Avvenne proprio qui l’incontro con Tommaso. È il confratello santo, che cambia la tua vita.

90 In quel romito luogo la preghiera emerge, qual primo nutrimento dell’uomo consacrato.

Ottieni il permesso di rimanere lì. E resterai per sempre tra Bellegra e Palombara.

Ti chiedono i parroci della Sabina aiuto. Tu predichi e confessi la gente che t’aspetta.

Adesso tutti vedono la tua bontà serafica. Sempre più grande è il numero dei giovani che accorrono.

Or la pietà fiorisce e Dio ti benedice. Ti vuole il Superiore in Corsica e Toscana.

Fucecchio, presso l’Arno, riaccendi di fervore. Lì lasci questo mondo nel mese di Maria.

91 30 San Francesco Antonio Fasani Sac. francescano conventuale - Lucera (Fg) 1681 + 1742

Suo nome di battesimo Giovanni. Riceve una chiara educazione cri- stiana. A scuola è attento e intelligente, si distingue anche per la sua condotta edificante. Sente sempre più forte la vocazione francescana. Entra fra i Con- ventuali a Lucera. Dopo la filosofia e il primo corso di teologia ad Agnone, si reca ad Assisi per completare la teo- logia e prendere la relativa laurea nel Corso Teologico accademico. Nel 1707 torna a Lucera dove resterà fino alla morte. Insegnò agli studenti religiosi e per questo poi fu sempre chiamato anche dal popolo “Padre maestro”. In tutto quel territorio era l’atteso predicatore di quaresime, novene e feste. In convento ogni giorno serviva i poveri e accoglieva i bisognosi. Soleva dire: “La carità bisogna farla”. L’Eucaristia e la preghiera sono il centro della sua vita religiosa e sacerdotale. Nutriva amore grande a Gesù e alla Madonna. Spesso ripeteva rivolto al Signore: “Sommo amore, immenso amore, eterno amore, infinito amore!” Usava anche dire: “Volontà di Dio, paradiso mio”. Fu a lungo cappellano dei carcerati. Stava volen- tieri in mezzo a loro. Era l’amico, il padre, il consigliere. Quelli che erano condannati a morte lo volevano accanto fino alla fine. Offrì sempre tutto al Signore per le mani della Madonna. L’ultima infermità lo ridusse all’immobi- lità. Sereno, affrontò la morte. “È morto il padre maestro” era la voce di tutto il popolo, che accorse ai suoi funerali. Si verificarono vari prodigi per cui fu presto introdotto il Processo canonico. Fu beatificato da Pio XII nel 1951 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 21 marzo 1985. 92 O caro Giovanniello, così grazioso e lieto, fin da bambino sei la gioia della casa.

Il parroco t’aspetta ogni mattina a Messa. Tra gli angeli di Dio sei un angelo in più.

I tuoi compagni a scuola hanno rispetto e stima. Perfino nello svago tu sei edificante.

Ti vuole San Francesco: dopo Agnone, Assisi e al sacerdozio giungi, o fra Francesco Antonio.

Dirà Antonio Lucci, compagno e condiscepolo: - Bravo in filosofia e in teologia -.

Ritorni a Lucera. Predicherai il Vangelo tra quella gente umile, che ha bontà nel cuore.

93 Quaresima e novene, la gente vuole te a predicar Gesù, perché tu l’ami tanto.

Ai consacrati giovani fai lungamente scuola, ma il più importante libro è proprio la tua vita.

Di San Francesco dici: - Ardentemente amò; la povertà sposò; qual serafino visse -.

Tra i carcerati vivi, sei loro cappellano. Per te sereni vanno perfino al patibolo.

- Amore, immenso amore, amore, eterno amore -, ripeti in vita e in morte col cuore ardente e puro.

È sempre al tuo fianco la Madre di Gesù. Ti affidasti a Lei e Lei ti viene a prendere.

94 31 Santa Maria Crescentia Höss Vergine monaca terziaria francescana Kaufbeuren (Germania) 1682 + 5 aprile 1744

Maria Crescentia Höss ver- gine e monaca del Terz’Ordine di San Francesco, era di buona famiglia e dotata di acuta intel- ligenza. Seguendo il desiderio ardente del suo cuore di adolescente lim- pida e serena, decise di consa- crare la sua vita al Signore. Subito si rivelò saggia e ricca di consigli per tutti. Ognuno tor- nava dalla conversazione con lei col proposito di cambiare vita. La sua peculiarità era la capacità di riconciliare imperatore, re, principi fra loro. A lei accorrevano non solo dalla Germania, ma dal- l’Italia, dalla Francia, dalla Spagna. Si prodigava per le sue consorelle e per i tanti poveri che bussavano alla porta del monastero. L’Eucaristia quotidiana era la sua forza. Ebbe celesti visioni di cui solo per obbedienza parlò ai suoi superiori. Esercitò vari uffici nella comunità fino a quello di superiora, dove ebbe modo di rivelare le sue ricche qualità umane e la sua squisita carità. Morì la domenica di Pasqua. Il suo funerale fu un’apoteosi a conferma della sua vasta fama di santità. 95 O Maria Crescentia, amica e consigliera di anime assetate di verità e di grazia.

Nelle coscienze leggi, con carità esorti perché regni Gesù nel cuore dei fratelli.

È candido il tuo cuore, e trasparente l’anima. Profondo è il pensiero, sincera è la parola.

Se parli dell’amore che ha Gesù per noi, il viso si colora, le lacrime ti bagnano.

Tu scrivi a re e principi che cerchino la pace; che sappian perdonare a chi lanciò l’offesa.

- Imperatore Carlo, Maria Teresa d’Austria: spegnete le contese, farete onore a Cristo! -

96 Entrar nel monastero fu sommo tuo volere. Sull’agonia di Cristo t’immergi a meditare.

Dapprima portinaia, eletta poi maestra, infine superiora, a tutte sei d’aiuto.

Ai poveri donavi il cibo ogni giorno, mentre riempivi il cuore di fede nel Signore.

Malati e disperati venivano a cercarti; li consolavi tutti con dolce carità.

Qual dono più prezioso offrivi tu a Gesù le sofferenze atroci, le prove dello spirito.

Domenica di Pasqua tu lasci questa terra. Sei pronta per il Cielo. La Chiesa lo dichiara.

97 32 Beata Florida Cevoli Clarissa cappuccina - Pisa 11 novembre 1685 + Città di Castello (Pg) 12 giugno 1767

Apparteneva ad una no- bile famiglia pisana. A 18 anni entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello, cam- biando il nome di Lucrezia in quello di Florida. Tra i primi incarichi, ricoprì quello di rotara. Fu poi vi- caria di Santa Veronica Giuliani e, alla sua morte, divenne badessa. Visse que- sto ufficio “come vera serva delle Consorelle”, facendo anche i servizi più umili. Fu esempio di osservanza di povertà, di preghiera, di vita semplice, secondo la Regola. “La vita di clausura e il desiderio di raccoglimento in Dio, non le impedirono tuttavia di accogliere e condivi- dere i problemi della società circostante, come testimo- nia la corrispondenza che tenne con alcuni personaggi influenti del suo tempo e l’autorevole mediazione da lei offerta per la pacificazione della popolazione di Città di Castello. L’espressione “Iesus amor, fiat voluntas tua” con cui iniziavano le sue lettere, riassume una intera esistenza orientata all’amore di Gesù crocifisso e al servizio dei fra- telli” (Giovanni Paolo II, Beatificazione, 16 maggio 1993). 98 Suor Florida Cevoli, per dire la tua vita io voglio iniziare dov’essa finisce.

Ti sazia d’amore il cuor di Gesù. Tu bevi il suo gaudio da tutte le piaghe.

Contempli e desideri, hai fame e sei colma. Avviene l’incontro fra il tutto e il nulla.

Lo Spirito guida, lo Spirito parla. Lo Spirito ascolta. Lo Spirito vola.

Negli umili uffici dimostri la forza. Nel ruolo di Madre dimostri la grazia.

Da suora “rotara” sei saggia e prudente. Sei pronta a mitezza. Previeni le cose.

99 Il volto sereno, la voce pacata rivela l’impegno per esser virtuosa.

E quando Veronica ritorna al Signore, di quel monastero tu sei la Badessa.

È prima l’esempio, che dai nel silenzio, e poi la parola, che sale dal cuore.

Promuovi la causa di Santa Veronica e della sua casa fai far monastero.

Il male dell’erpete, eroica sopporti. Nessuno ti sente levare un lamento.

Gesù, le tue piaghe io voglio nel cuore. Te solo io brami e t’ami in eterno.

100 33 Sant’Ignazio da Santhià Sac. franc. cappuccino - Santhià (Vc) 5 giugno 1686 + Torino 22 settembre 1770

Ignazio quarto dei sei figli della famiglia Belvisotti, nel 1706 si trasferisce a Vercelli per gli studi filosofici e teo- logici e sente di essere chiamato al sacerdozio. Dopo l’ordinazione sacerdotale diventò cap- pellano della nobile fa- miglia vercellese degli Avogadro, rettore del- l’insigne Collegiata di Santhià e parroco a Ca- sanova Elvo. Il 24 mag- gio 1716 rinuncia all’abito talare ed entra nel convento dei Cappuccini di Chieri prendendo il nome di frate Ignazio da Santhià. Per una grave malattia agli occhi rinuncia all’incarico di maestro dei novizi e si ritira per cure nel convento di Torino-Monte. Nel 1747 rientra al convento del Monte dei Cappuccini di Torino svolgendo attività pastorale e assi- stendo i più poveri e gli ammalati della città di Torino. È stato proclamato Santo da papa Giovanni Paolo II nel 2002. La sua memoria ricorre il 22 settembre.

101 Da prete diocesano a Cappuccino. Tu cerchi nello spirito serafico con esigente brama di virtù la santità condita di rinunce.

Un desiderio forte ti sospinge: volare quanto prima in missione tra i popoli che ignorano il Vangelo; non hanno cibo né conforto umano.

Intanto nella vita d’ogni giorno impari con amor l’austerità ed obbedisci senza condizioni alle severe regole dell’Ordine.

Un’osservanza piena e premurosa, una preghiera umile e fervente ti porta ad imitare i confratelli avanti nell’età e nell’esempio.

Dopo Saluzzo, Chieri e Torino c’è la fraternità di Mondovì dove sarai maestro dei novizi. Farai in questo ufficio tanto bene.

Saranno centinaia i religiosi, che cresceranno sotto la tua guida. Addirittura alcuni tra di essi moriranno in odor di santità.

102 Per l’ex-novizio Ignazio della Vezza tu offri al Signore la tua vita, onde ottener che vinca l’oftalmia e possa lavorare ancor nel Congo.

Per questo sei costretto ad interrompere l’ufficio di maestro dei novizi e ritirarti nell’infermeria dei Cappuccini, sul Monte, a Torino.

Per grazia del Signore sei guarito. Sei inviato come cappellano tra i soldati sardi di re Carlo in guerra contro francesi e spagnoli.

Terminata questa dura guerra ti ritrovi nel convento di Torino e qui trascorri l’ultimo periodo della tua vita sempre laboriosa.

Tu spesso a piedi scendi la collina per confessare poveri e malati. A tutti dai la tua benedizione. Si parla ancor di molte guarigioni.

Per confessarsi vengono prelati, ministri di governo e letterati. Nel giorno del patrono San Maurizio tu rendi la bell’anima al Signore.

103 34 Beata Maria Maddalena Martinengo Clarissa cappuccina - 4 ottobre 1687 + 27 luglio 1737

Di nobile e ricca famiglia, Margherita Martinengo ri- mase presto orfana di madre. A tredici anni fece voto se- greto di verginità e all’età di 18 anni entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine. A trentasei anni fu nomi- nata maestra delle novizie, in- carico importante e delicato; lo sarà per tre volte. La sua condotta suscitò gelosie e alcune suore le di- vennero “contrarie”: Dio la metteva alla prova. Col successivo incarico di “rotara” ebbe rapporti con l’esterno e la sua fama si diffuse nella città. Nel 1732 fu eletta badessa. Ha lasciato alcuni scritti di alta mistica. Dotata in vita di carismi celesti e di una visibile con- formità a Cristo Crocifisso. Leone XIII la proclamò Beata il 18 aprile 1900.

104 Tra soffici tele e bianchi merletti al mondo sbocciasti, o pia Margherita.

Ancora piccina tu perdi la mamma. Lo stile dei nobili t’insegna la vita.

Un patto celeste: tu prendi per mamma la Madre di Dio. Che Mamma e Maestra!

Sei fragile bimba, ma senti nell’anima, - bisogno supremo - la gioia d’amare.

T’accosti a Gesù: incontro di festa! Ma l’ostia va a terra; ti senti morire!

Un freddo improvviso ti scosse lo spirito. Gesù t’ha parlato: - Devi essere santa! -

105 - Le vesti eleganti non servono più. Io sposo Gesù: sarò Cappuccina! -

A tredici anni con giubilo immenso fai voto segreto di verginità.

Entrando nel chiostro, cancelli per sempre pur l’eco del mondo. Sei tutta di Dio.

Novizia o maestra, o cuoca o badessa, tu sempre sei l’ultima. Servire è tuo sogno.

Pregare e tacere, patire ed offrire: ti fan tutta bella agli occhi di Dio.

Restando fra noi ti senti in esilio. Maria Maddalena, vai e prega per noi.

106 35 Sant’Ignazio da Laconi Rel. francescano cappuccino - Laconi (Nu) 17 novembre 1701 + Cagliari 11 maggio 1781

Secondo dei nove figli di Mattia Peis Cadello e di Anna Maria Sanna. Fin da bambino digiu- nava e faceva penitenza. Ogni giorno partecipava alla Messa. A vent’anni entrò tra i Cappuccini di Buoncam- mino a Cagliari e visse in vari conventi sardi per poi tornare a Cagliari dove svolse con amore il com- pito di questuante. Attentissimo alle ne- cessità materiali e spirituali di tutti, con umiltà portava il consiglio, la Parola di Dio e la pace nelle contese. Nel 1779, divenuto cieco, continuò a vivere in comunità osser- vando le regole e le discipline. Morì all’età di 80 anni. Per due giorni un fiume di gente devotamente sfilò davanti al feretro. La fama di san- tità aumentò dopo la morte per i numerosi miracoli ottenuti per sua intercessione. Fu proclamato Santo da Pio XII il 16 giugno 1940.

107 Da sardo sincero sei lieto e gentile. Non vedi motivo d’alcuna tristezza.

Vicino è il Signore a tutti i suoi figli. Non cade un capello, che Lui non lo sappia.

Da buon Cappuccino osserva il Vangelo, la Regola e i voti, ed ama Francesco.

Gli piace la storia dei Santi dell’Ordine. Ad essi si affida. Li invoca, li imita.

D’ufficio questuante, al collo bisaccia; in mano il rosario, nel cuore Maria.

Gli donano pane; gli chiedon preghiere. A tutti il saluto, a molti il conforto.

108 Passando per via sovente riunisce lo sciame dei bimbi, fanciulli e ragazzi.

L’attendono ansiosi l’ascoltano attenti. L’incontro con lui dà impeto al cuore.

Talvolta per via è come rapito. Calpesta la terra immerso nel Cielo.

Se il pane donato risulta rubato: bisaccia di piombo, o gocciola sangue.

Continua è la lode al caro Gesù. Nel coro incomincia la santa giornata.

E tutta la vita è come un sol giorno. Adesso lo vivi nel Cielo coi Santi.

109 36 Santa M. Francesca delle Cinque Piaghe Religiosa Alcantarina - Napoli 25 marzo 1715 + 6 ottobre 1791

Figlia di piccoli commercianti visse nei “Quartieri spagnoli”, popolati di poveri. La ragazza era molto pia e riservata. A 16 anni il papà vuole darla in sposa ad un giovane ricco. Maria Francesca rimane salda nel suo proposito di consacrazione a Dio. Sono per- cosse, umiliazioni e sofferenze. La gente già allora le dà l’appellativo di “santarella”. Sua guida spirituale è il futuro Santo, Giovan Giuseppe della Croce. L’ammette nel Ter- z’Ordine, la veste del rozzo saio e, pur ri- manendo Maria Francesca in casa, le cambia il nome in “Maria Francesca delle Cinque Piaghe”. Il frate, della riforma di San Pietro d’Alcantara, la guida nel cammino della Croce. Il nuovo Direttore, padre Giovanni Pessiri, affianca a Maria Francesca l’altra ter- ziaria, Maria Felice. La casa diventa un piccolo convento. Preghiera, penitenza e sofferenza è pane quotidiano. Molti accorrevano per aiuto spirituale. Tra gli altri San France- sco Saverio Bianchi. Ancora oggi quella casa-cappella è meta di pellegrinaggi. Vi si conserva la sedia di dolore su cui la Santa si riposava e dove oggi le donne desiderose d’avere figli vanno a sedersi. Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe morì a 76 anni. Il suo corpo riposa nel Santuario-Casa in “Vico tre Re a Toledo” nel quartiere napoletano. Il giorno dei fune- rali c’era una folla sterminata e alcuni presero d’assalto la bara per avere una reliquia. Dovettero intervenire le Guar- die del Corpo del Re. Santa Francesca fu beatificata il 12 novembre 1843 e canonizzata da Pio IX il 29 giugno 1867. È la prima santa napoletana. 110 Il tuo papà t’ha preso come merce di scambio. Il matrimonio imposto passa per cosa lecita.

Quel giovane è ricco, tu porti la bellezza. Ognuno ci guadagna, perciò l’affare è fatto!

La dignità umana esige ben di più. E tu hai già promesso il cuore a Gesù.

Minacce e percosse, insulti ignominiosi è il prezzo da pagare e tu sei pronta a tutto.

Il santo francescano Giuseppe della Croce è tuo direttore. Ti guida con sapienza.

Tu entri nel Terz’Ordine, emetti i sacri voti, indossi il rozzo saio. Sarai “Maria Francesca”.

111

Rimani ancor nel mondo, ma vivi di preghiera e dura penitenza. Sei già la “santarella”.

Tu con Maria Felice, state in Vico Tre Re. Il vostro Direttore è Giovanni Pessiri.

“Convento” fu chiamato e lì vi fate sante. È meta di fedeli, che chiedon preghiere.

Tuo cibo quotidiano: digiuno e infermità. Volevi “cinque piaghe” così perciò ti chiami.

Davanti al Crocifisso tu versi tante lacrime e molte son le anime, che tornano a Gesù.

La “sedia del dolore” ricorda il tuo calvario. La stessa tua bara diventa una reliquia.

112 37 San Felice da Nicosia Rel. francescano cappuccino - Nicosia (En) 5 novembre 1715 + Nicosia 31 maggio 1787

Apparteneva ad una famiglia modesta. Il padre Filippo era calzolaio e la madre Carmela Pirro badava alla numerosa famiglia. Nel 1733 decise di chie- dere di entrare come fratello laico nell’Ordine dei Cap- puccini, ma non fu accolto. Ci riprovò nel 1743 e finalmente, dieci anni dopo la sua prima richiesta, venne ammesso al noviziato nel convento di Ristretta con il nome di fra Felice. L’anno seguente fece la professione e fu inviato nel suo paese di origine dove per 43 anni esercitò il compito di questuante. Nel convento esercitò vari lavori, portinaio, ortolano, calzolaio e infermiere; fuori era questuante non solo a Ni- cosia, ma anche nei paesi vicini. Fu dichiarato Beato da papa Leone XIII il 12 febbraio 1888.

113 Il tuo papà, Filippo Amoroso, la numerosa prole sosteneva con l’umile mestier di calzolaio. La brava mamma in casa v’accudiva.

Perché imparassi proprio bene l’arte e guadagnar di più col tuo mestiere, ti fece frequentare la bottega. Tu, molto diligente, fai profitto.

Ma lì conosci i frati Cappuccini. Hai sempre più bisogno di pregare. Tu senti nel tuo cuore la chiamata e brami di lasciar le vanità.

Ti fu risposto: “no” perché tu devi esser d’aiuto ancora alla famiglia. Non ti perdesti d’animo. Tu riprovi dopo ben dieci anni e sei ammesso.

Facesti il noviziato a Ristretta. I confratelli ammirano in te l’ardente desiderio di bontà e l’umiltà costante nel servizio.

Appena un anno dopo: a Nicosia. Da Cappuccino porti un nome nuovo: “Felice” e tu lo sei veramente. La gente sa vedere nel tuo cuore.

114 Ti hanno incaricato della questua, cosicché caldo o freddo, pioggia o sole, sei sempre per le strade e tra la gente, chiedendo a tutti in nome del Signore.

Qualcuno chiede: - Che fai, fra Felice? - Ridendo tu rispondi: - U sciccareddu! - Contento dunque d’esser “l’asinello”, procuri il pane ai buoni confratelli.

L’incontro coi fanciulli t’allietava. Tiravi dalle tasche “un fruttarello” e lo donavi: intanto domandavi: - Vuoi dire la preghiera alla Madonna? -

Ti prova duramente il superiore; t’accusa ingiustamente e ti punisce. Sereno tu ringrazi e obbedisci. Fai diventar la cenere ricotta.

Prodigi ottieni sempre da Maria. Scrivi il suo nome sulla strisciolina; dal pozzo secco scaturisce l’acqua e spegni il fuoco che divora il grano.

Malferma è la salute e preghi tanto. T’accasci mentre scendi giù nell’orto: l’ultimo dì del mese di Maria. Ti porta a riposar vicino a Lei.

115 38 Sant’Antonio de Sant’Anna Galvão Sac. francescano minore - Guaratinguetà (Brasile) 1739 + 23 settembre 1822

È dello Stato di San Paolo del Brasile. Il padre è capitano e terziario francescano. La madre Izabel mette al mondo 11 figli e muore a 38 anni. Il ragazzo entra nel noviziato francescano dell’Osservanza. È molto bravo. A 23 anni è sacerdote. Si afferma subito come bravo predicatore e ri- cercato confessore. Nel l769 è nominato confessore di un Re- colhimento di San Paolo, dove incontra suor Helena Maria do Espirito Santo, già nota penitente e mistica. Gesù le ha chiesto di fondare un altro Recolhimento. Sono case di accoglienza di ragazze religiose, ma senza voti. Nel 1775 la suora muore improvvisamente e tutto il peso ricade sulle spalle di padre Antonio. La grande Opera fu terminata in 28 anni. Ora è protetta dall’UNESCO. Vescovo e senato di San Paolo si opposero ad ogni eventuale trasferimento del padre Antonio, salvo che per brevi periodi. Col diminuire delle forze egli dimora definitivamente nel “Recolhimento da Luz”. Ha nelle sue mani l’anima della città. Muore as- sistito dai confratelli. La sua tomba è continua meta di de- voti. È chiamato: “Il Padre di San Paolo”. Benedetto XVI lo ha canonizzato l’11 maggio 2007. 116 Antonio tu nascesti a Guaratinguetà - lo Stato di Sao Paolo -. Tuo padre è capitano.

Terziario francescano, dà buon esempio a tutti. È obbediente e impone la giusta disciplina.

Tua madre Izabel è donna assai virtuosa. Son dieci i tuoi fratelli e buoni come te.

A tredici anni entri tra i francescani Scalzi. È il ramo d’Osservanza di San Pietro d’Alcantara.

Poichè sei molto bravo, sei presto sacerdote. Sei confessore esperto e gran predicatore.

Mandato a San Paolo per confessar le suore, incontri là suor Helena dello Espirito Santo.

117 È penitente e mistica a tutti ormai ben nota. Vuole Gesù che lei fondi Recolhimento.

È casa di ritiro per educar ragazze, che sono molto pie, ma vivon senza voti.

La buona suora Helena all’improvviso muore, e tu rimani solo a sostenere il peso.

Protetta è dall’UNESCO quell’Opera preziosa, ma vuol l’Autorità, che resti sempre lì.

Tu stesso ormai malato ne fai la tua dimora. I cari confratelli t’assiston nel trapasso.

È meta la tua tomba di tanti pellegrini. Sei detto dalla gente: “Il padre di San Paolo”.

118 39 Beato Apollinare da Posat Sac. francescano cappuccino martire - Préz-vers-Noreaz (Svizzera) 12 giugno 1739 + Parigi (Francia) 2 settembre 1792

Padre cappuccino svizzero fu insegnante e direttore degli studenti cappuccini di teologia a Friburgo e vicario in nume- rosi conventi. Svolse il suo apostolato a favore del clero nelle parroc- chie e fu ardente predicatore presso il popolo. Nell’autunno del 1788 fu inviato a Parigi nel convento di Marais per assistere spiri- tualmente i fedeli di lingua tedesca. Stava per partire missionario alla volta della Siria, quando scoppiò la Rivoluzione Francese. Svolse il suo ministero e apostolato da clandestino fino all’arresto da parte dei rivoluzionari. Affrontò il martirio per la fede nella chiesa del con- vento carmelitano di Parigi. Il 17 ottobre 1926 papa Pio XI lo beatificò insieme ad altre 190 vittime della stessa persecuzione, di cui 94 truci- date con lui nel convento carmelitano.

119 A Zug tu vesti il saio cappuccino prendendo il nome di Apollinare. Attento nello studio e nei servizi, disciplinato, saggio e di pietà.

I superiori furono felici, come lo eri tu, di pronunciare la professione dei voti solenni per diventare un bravo Cappuccino.

Ora il tuo cuore è pieno di letizia. Hai come specchio il Padre San Francesco. Vuoi esser testimone del Vangelo con umiltà e intrepido fervore.

Con entusiasmo esegui ogni comando. Tu ti ritieni l’ultimo dei frati. Hai di ciascuno sempre grande stima. Sei generoso e pronto ad aiutare.

Nella preghiera assidua d’ogni giorno e col dovuto impegno ti prepari a divenire un santo sacerdote. Sei più che consapevole del dono.

Sarai ministro come Dio ti vuole: ardente amore a Cristo Eucarestia; devoto della Vergine Maria e servo generoso delle anime.

120 In breve tempo Bulle e Porrentruy, Sion e Romont e tanti altri luoghi potranno averti come confessore ed anche direttore spirituale.

Sei chiamato a dirigere la scuola del nostro studentato cappuccino e rivestire il ruolo di vicario nell’adiacente casa religiosa.

Dopo Friburgo e Stans vai a Lucerna. Il tuo lavoro è sempre più intenso. Sei richiesto in tutte le parrocchie e volentieri il popolo accorre.

A questo punto parti per Marais. I superiori voglion che tu vada perché occorre un Padre che confessi i tedeschi che vivono in quel luogo.

La Francia è come pentola sul fuoco. Dovunque sono presi i religiosi e fucilati senza alcun processo. Il padre Apollinare è tra le vittime.

Nel convento del Carmelo di Parigi, sono in duecento e tutti massacrati. Aveva fatto appena in tempo a scrivere: “Moriamo per Gesù. Questa è gloria!”.

121 40 Beato Diego Giuseppe da Cadice Sac. francescano cappuccino - Cadice (Spagna) 30 marzo 1743 + Ronda (Spagna) 24 marzo 1801

Giuseppe Francesco Gio- vanni Maria visse un’infanzia dolorosa. Egli stesso racconta che nell’adolescenza provava ri- pugnanza per la vita religiosa, in particolare per quella cap- puccina. A 15 anni Dio entra rigo- rosamente nel suo cuore. Entra tra i Cappuccini di Siviglia. A 23 anni è ordinato sacerdote. Propagò la devozione alla Santissima Trinità e alla Madonna. Predicò con efficacia contro l’Illuminismo ateo. Stig- matizzava il vizio con forza. Fu costretto a peregrinare da una città all’altra e per- fino esiliato per l’avversione di una parte del clero. Nel 1894 fu proclamato Beato da Leone XIII.

122 A nove anni, orfano di madre, ti mette a prova l’arida matrigna. A scuola non t’impegni a dovere e i professori spesso ti castigano.

A malapena ottieni promozione. Per te non c’è futuro nello studio. Sei certo rattristato dai rimproveri. Ti trovi avanti un muro invalicabile.

Dirai che pensa Dio ai tuoi sussulti. Il primo nella chiesa cappuccina. Inaspettata visita del Cielo. S’accende un fuoco nuovo dentro il cuore.

Nel coro i frati cantano le lodi. Sei preso dalla brama di conoscere la vita dei quei santi religiosi, uccisi per la fede di recente.

Il martire Fedel da Sigmaringa e fra Giuseppe nato a Leonessa li vedi qual modelli da seguire. A quindici anni entri in noviziato.

Quell’abito ti sembra una divisa per prepararti subito all’impresa. Ed ecco l’irruzione d’altro fuoco, che fa di te un fervente missionario.

123 Davanti a te c’è il cieco Illuminismo; l’Europa sotto l’onda di sommosse. La Chiesa conta martiri dovunque, ma specialmente nella Francia in fiamme.

La Spagna, il Portogallo ed il Marocco percorri predicando con fervore. Ha sete della tua parola il popolo e tanti si convertono al Signore.

Ti fai amici in Cristo tutti i poveri. Ti fai nemici i loro sfruttatori. Nel tempo di riposo scrivi libri per confutar gli errori e contro i vizi.

Di tanto in tanto sei allontanato perché divieni scomodo per molti. Pur confinato dentro un conventino ti cerca e ti venera la gente.

Appena t’è permesso torni in campo. Non tutti sanno l’arma tua segreta contro la quale cadono gli ostacoli. Tu mandi sempre avanti la Madonna.

Madre del Buon Pastore, tu la invochi che sia lei Pastora dei fedeli. Così ti guida Lei nelle fatiche e Lei ti porti in braccio al Buon Pastore.

124 41 San Giovanni Lantrua da Triora Sac. francescano minore martire - Molini di Triora (Im) 15 marzo 1760 + Changxa (Cina) 7 febbraio 1816

Nasce da una famiglia praticante e benestante. Frequenta le scuole dei Barnabiti di Porto Maurizio, oggi Imperia. Sente profondamente il richiamo della vita religiosa. Si di- rige verso i Francescani. Nel 1777 è accolto dal Provinciale, padre Luigi da Porto Maurizio, ligure anche lui. Studia ed è esemplare per pietà ed obbedienza. Viene ordinato sacer- dote e passa per vari conventi con mansioni di insegnante e di guar- diano. Ottiene di andare nelle mis- sioni della Cina. Nel 1799 lascia Roma, si imbarca a Lisbona e dopo otto mesi raggiunge la Cina. C’è aria di persecuzione. Im- para alla perfezione la difficile lingua, poi con zelo e pru- denza ravviva e le famiglie e le comunità cristiane rimaste ancora fedeli. Ne costituisce di nuove. Ben presto l’accu- sano all’Imperatore. “Europeo che fa propaganda”. È con- dannato a morte. Il 26 luglio 1815 è arrestato, messo in carcere e torturato insieme ad un gruppo di cristiani cinesi. Questi ultimi vengono ridotti schiavi e deportati. Padre Giovanni è posto su una croce col cappio al collo. Chiede di potersi fare il segno della croce con cinque inchini, alla maniera cinese. Lo uccidono. Dopo un mese il suo corpo viene recuperato, portato a Macao e infine a Roma nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli. È stato canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 2000. 125 In tutta la famiglia ognuno ha un nome aggiunto, è quello di “Maria”. È la vostra stella!

È raggio d’alba chiara e di giornata splendida; scaldata dal bel sole, segnata dalla gioia!

E quando c’è Maria la dolce Madre nostra, uniti si cammina, uniti si lavora.

La voce del Signore ti porta a San Francesco. A Roma sei accolto dal Padre Provinciale.

A ventiquattro anni divieni sacerdote. Sei insegnante interno e dopo superiore.

La Cina è il tuo sogno. Tu hai sentito dire di missionari ardenti, uccisi per la fede.

126 Passando per Lisbona, t’imbarchi sulla nave e dopo otto mesi raggiungi la missione.

Addolorato trovi comunità cristiane distrutte o decimate dalla persecuzione.

Impari a perfezione la lingua dei Cinesi. Lavori nell’Hu-nan con zelo e prudenza.

Ravvivi e riunisci i gruppi di cristiani. Di nuovo tanta fede e gioia nel Signore.

Ma piomba come un falco l’autorità cinese. L’accusa? “Europeo, che fa la propaganda”.

Sei posto in cima al palo col cappio nella gola. Il tempo d’un respiro e vieni giustiziato.

127 42 Beato Mariano da Roccacasale Rel. francescano minore - Roccacasale (Aq) 1778 + Bellegra (Roma) 1866

Nacque alle falde del Mor- rone, in Abruzzo, da famiglia contadina. Per anni pascolò il gregge. Nell’aperta campagna soli- taria maturò la decisione di farsi frate minore. Fu ricevuto nel Ritiro di Ari- schia. Fece il noviziato, poi fu or- tolano, sacrista, falegname e portinaio. Per 12 anni sempre si distinse per silenzio, mitezza, generosità, raccoglimento ed umiltà. Andò per un ritiro a Bellegra, vicino a Roma. Vi rimase per 50 anni con l’ufficio di portinaio. Ai poveri dava non tanto le cose da mangiare o da indossare, ma veramente dava se stesso. Qui accolse il gio- vane, che poi si chiamò fra Diego; visse accanto a lui e fu beatificato insieme a lui da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1999. I biografi sottolineano il suo grande amore a Gesù sa- cramentato e la grande devozione alla Madonna. Morì il giorno di Pentecoste. Chiese al padre guardiano: - Non andate in proces- sione? - - Certo che andiamo, mentre tu te ne vai in paradiso -. 128 Lo sai, fra Mariano, sul Monte Morrone, il buon Celestino fu santo eremita.

Divenne poi papa. Ma appena poté lasciò la tiara. Morì a Fumone.

A Roccacasale tu pascoli il gregge. Trascorri la vita tra rocce e colline.

Col cuore felice un giorno dicesti: - Mi chiama Francesco, il santo dei poveri -.

Arischia t’aspetta sarai buon novizio. Per dodici anni fai tutti i mestieri.

Tu sei portinaio. Tu sei falegname. Tu fai l’ortolano e il cuoco del convento!

129 Sei forte e generoso. Sei mite e silenzioso. I poveri aspettano sorriso e minestra.

Poi vai a Bellegra, remoto ritiro. Ti piace. Ci resti per tutta la vita.

Di nuovo le chiavi: farai il portinaio. Son tanti i poveri! Ti fai tutto a tutti.

Insieme a quel piatto sei tu il vero dono. Li ami. Ti amano. Ringraziano Dio.

Un giorno accogliesti fra Diego in convento. Fu frate con te, Beato con te.

È ventitré maggio: e già! Corpus Domini! - Fratelli, addio! Vi aspetto nel Cielo -.

130 43 San Francesco Maria da Camporosso Rel. francescano cappuccino - Camporosso (Im) 27 dicembre 1804 + Genova 17 settembre 1866

Fu educato a grande pietà dalla madre e da fanciullo aiutava il padre nel pascolo del gregge e nel lavoro dei campi. Sensibile verso i poveri ai quali era pronto a donare anche il vestito appena comprato. Il 14 ottobre 1822 entrò come terziario nell’Ordine dei Minori Conventuali a Sestri Ponente. Nel 1825 entrò nel noviziato cappuccino di San Barnaba in Ge- nova, come fratello laico. Fu poi assegnato alla casa pro- vinciale della SS.ma Concezione, dove restò dal 1827 fino alla morte. Si dedicò ad un assiduo e generoso apostolato tra i poveri, gli emigranti, i marinai. Li amò tanto e si fece tanto amare. Essi gli diedero l’appellativo di “Padre santo”. Il suo sguardo, la sua parola, la sua carezza erano sempre un dono atteso e benefico. Era assai austero. Digiunava quasi tutti i giorni e si nutriva di pane secco ammollato nel- l’acqua calda. Sempre scalzo. Dormiva su due assi. Allo scoppio del colera offrì la vita per la sua città. Nel 1911 le sue spoglie furono traslate dal cimitero di Staglieno (Ge) alla chiesa della SS.ma Concezione. Papa Giovanni XXIII lo proclamò Santo il 9 dicembre 1962. 131 Sei proclamato Santo dalla Chiesa ma i cari pescatori genovesi con questo appellativo ti chiamavano mentre questuavi e davi tanto amore.

Ognuno d’essi dava un po’ di pesce con l’umiltà di chi riceve e dà nel nome del Signore carità. Negli occhi tuoi vedevano Gesù.

Avevi per ognuno la parola, che mette dentro il cuore la speranza e dà ristoro all’anima assetata. Facevi tuoi, dolori e sofferenze.

Il tuo saluto stesso trasmetteva serenità, fiducia, contentezza. Atteso sempre il gesto della mano, carezza per bambini e per adulti.

I pescatori, e l’onda e quelle barche, e i pescatori spesso dentro l’acqua, ti fanno ricordare che Gesù proprio tra questi scelse i suoi apostoli.

Col camminare scalzo e digiunare per vari giorni alla settimana, con dure penitenze contraccambi il dono che ricevi in carità.

132 Per mantenere fede alla promessa di intercessione presso la Madonna, per tutto il giorno a Lei vai dedicando le fervide corone del rosario.

Al nome di Francesco ti aggiunsero quello della Madre di Gesù quale giusto profetico binomio perché insieme tu Li ami e invochi.

Gli emigranti verso le Americhe sapevan di trovare te nel porto. Tu col sorriso e col fraterno abbraccio rendevi sopportabile l’addio.

Dormivi su due assi o nuda terra per ottener dal Ciel la conversione di tanti che lontani son da Dio o sono afflitti dalle malattie.

Milleottocentosessantasei: l’epidemia miete tante vittime. La carità ti spinge ad offrire la vita affinché cessi il colera.

Dapprima come angelo soccorri, passando tra le case e tra i malati; quando sorella morte ti rapisce diventi tu un angelo del Cielo.

133 44 Servo di Dio Guglielmo Massaia Sac. francescano cappuccino missionario - Piovà d’Asti (At) 8 giugno 1809 + San Giorgio a Cremano (Na) 6 agosto 1889

Scrisse, per ordine del papa Leone XIII, che lo creò cardinale, la sua vita mis- sionaria in 12 volumi: “I miei 35 anni di Missione nell’Alta Etiopia”. Piovà d’Asti oggi si chiama: Piovà Massaia, in onore del grande concittadino. Fu cappellano dell’Ospedale Mauriziano di Torino, dove studiò nozioni di medicina e chirurgia. Fu direttore spirituale di San Giuseppe Cotto- lengo, di Vittorio Emanuele II e di Silvio Pellico. Gregorio XVI lo nominò Vicario apostolico dei Galla. Fu consa- crato vescovo a Roma il 24 maggio 1846. Galla, Berberi e Copti d’Egitto sono i tre rami dell’albero camitico. Il Massaia affrontò rischi di morte decine di volte, finse me- stieri, camminò scalzo e impiegò sei anni per penetrare fino al territorio dei Galla. Dodici volte tentò la via del Mar Rosso, quattro volte le frontiere dell’Abissinia. Subì esili e prigionie. Curò il vaiolo per cui lo chiamarono Padre del Fantatà (del vaiolo). Fondò scuole, divulgò libri in lin- gua gallica, incrementò l’istruzione, si batté per abolire la piaga della schiavitù. Riportò la pace fra tribù in guerra. Fondò stazioni missionarie tra cui Infinnì, ossia Addis Abeba l’attuale capitale dell’Etiopia e la celebre Massaua. Menelik II lo protesse, l’imperatore Joannes IV lo costrinse ad allontanarsi. Curò relazioni scientifiche e commerciali con l’Europa. Il Governo Italiano lo nominò “Ministro ple- nipotenziario” nel rapporto di amicizia fra Italia ed Etio- pia. Il suo corpo riposa nella chiesa cappuccina di Frascati come aveva desiderato. Lì hanno allestito il “Museo etio- pico” con molti oggetti a lui appartenuti. Il Processo di beatificazione iniziò nel 1914. 134 E come seguire le tue avventure di gran missionario, Abuna Messias?

Tu sei cappellano a San Mauriziano. Sei guida dell’anima del buon Cottolengo.

Ti prendi pur cura di uomini illustri: Vittorio Emanuele e il gran Silvio Pellico.

Lo sguardo paterno del papa Gregorio si volge all’, che aspetta il Vangelo.

Sei tu il prescelto Pastore dei Galla. È qui l’odissea, che sembra incredibile.

L’Oceano Indiano, e poi il Mar Rosso, infine il Sudan per giungere ai Galla.

135 Per ben quattro volte finisci in prigione. Subisci l’esilio e rischi la morte.

Annunci il Vangelo. Combatti il vaiolo. Per quel “Fantatà” ti chiamano “Padre”.

Tu stampi grammatica in lingua dei Galla per farla conoscere a tutta l’Europa.

I libri di scuola divulghi tra i giovani per dare istruzione e nuove speranze.

Tra guerre tribali riporti la pace e curi i malati dell’epidemia.

Il Papa in premio ti fa Cardinale. Racconti l’impresa per suo volere.

136 45 Santa Maria Giuseppa Rossello Religiosa fondatrice - Albissola Marina (Sv) 27 maggio 1811 + Savona 7 dicembre 1880

È la madre fondatrice delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia. Quarta di dieci figli, dovette lavorare molto in casa fin da piccola e dedicarsi alla cura dei fratellini. A sette anni va come domestica presso la famiglia Monleone di Savona. Si rifiutò di ac- cettare l’adozione e l’eredità, perché sentiva la vocazione religiosa. Il primo convento di suore la respinse in quanto priva della convenzionale dote. In poco tempo ha molti lutti in famiglia. Nel 1837 il vescovo Agostino De Mori lancia un appello per reclutare ragazze volontarie per assi- stere orfani, malati, poveri e ragazze della strada. Benedetta (nome di battesimo) insieme ad Angela e Domenica Pescio rispondono subito. Trovano una piccola casa e danno inizio a tutte quelle forme urgenti di attività caritative promosse dalla Chiesa e care al Vangelo. Si moltiplicano le voca- zioni e le Case di quelle che ora sono le “Figlie di Nostra Signora della Misericordia”. Emettendo i voti, Benedetta prende il nome di Maria Giuseppa. Rimarrà superiora fino alla morte. Sono centinaia le case sparse in Liguria, in Ita- lia e all’estero. Crea anche un seminario ecclesiastico per seminaristi poveri. Ultima istituzione “Casa delle Pentite” a Savona. San Pio X approvò e incoraggiò l’opera. Il 12 giugno 1949 Pio XII canonizzò Madre Maria Giuseppa. 137 È questo il tuo fardello: lavoro nella casa, la cura dei fratelli, l’aiuto ai bisognosi.

L’amore al Crocifisso, devota di Maria, è l’olio che alimenta l’ardore dello spirito.

A diciannove anni ti iscrivi al Terz’Ordine, prendendo San Francesco da guida nel cammino.

Per sette anni interi ti dedichi al servizio di casa Monleone per sostenere i tuoi.

La vocazione sboccia e bussi all’Istituto. È la risposta “no” perché non hai la dote.

L’appello lancia il vescovo di volontario aiuto per aiutare i poveri ed istruir le giovani.

138 In tre da Albissola l’invito raccogliete. Vi consacrate a Dio e lavorate insieme.

Sono le prime gocce, ma poi diventa un fiume per dissetare il mondo, che langue nella sete.

Con la divina grazia si fa fecondo il seme. La carità vi spinge a sempre nuove imprese.

Famiglie ed ospedali, fanciulli abbandonati, ragazze sfortunate: è allarme di soccorso.

Il vescovo vi segue, i parroci vi invitano e le missioni urgono: la Chiesa vi incoraggia.

Savona e la Liguria, l’Italia e il mondo intero accolgono esultanti il messaggio d’amore.

139 46 Beato Ludovico da Casoria Sac. francescano minore fondatore - Casoria (Na) 11 marzo 1814 + Napoli 30 marzo 1885

Come Buon Samaritano si chinò con abnegazione su poveri e infermi. Sulla collina dello Scu- dillo di Capodimonte, a Napoli, fondò l’Istituto “La Palma”, un’in- fermeria-farmacia per i frati malati della Provincia francescana e per i sacerdoti indigenti. Di giorno si tra- sformava in questuante di carbone per la mensa e di medicine per la farmacia, mentre il servizio all’interno della struttura era assicurato da terziari secolari. L’incontro con il sacerdote Don Olivieri, che aveva riscattato due bambini moretti dai mercati africani, gli fece abbracciare questa causa. Nacque il programma: “Convertire l’Africa con gli Africani”. Con l’aiuto di Ferdinando II, riscattò bambini schiavi ad Ales- sandria e al Cairo. Diede loro una formazione cristiana e culturale, per inviarli, una volta adulti, missionari nel loro paese. Fondò due Congregazioni: i Frati Bigi (dal colore dell’abito) e le Suore Elisabettine. Rispondeva con genero- sità ad ogni appello, fondando Istituti in ogni parte d’Italia: “Gli Accattoncelli” a Napoli per i bambini abbandonati; un Istituto per ciechi e sordomuti ad Assisi; un Orfanotrofio con annesse scuola di musica e tipografia a Firenze; una Casa per vecchi pescatori e bambini scrofolosi a Napoli. Un vero cantico d’amore a Dio e ai fratelli. 140 L’Africa deve convertire l’Africa. È questa la tua bussola sicura. Su questa strada forza e ideali. Come Francesco tu cerchi il Sultano.

Con la filosofia e matematica, che a Napoli insegni per vent’anni, non puoi saziar la fame dello zelo d’un mondo in cui Gesù è ancora schiavo.

Son certo che perfino nel tuo sonno i bimbi negri chiedono il tuo aiuto. Intanto crei la bella farmacia per tutti i frati infermi da curare.

Capodimonte vede l’edificio, che hai fatto costruire per gli anziani e per i frati invalidi e più poveri. È il segno della tua carità.

È l’anno di Maria tra i Pirenei e del riscatto dei primi bambini. Diventa questa l’ardua tua missione e tu la vivi sempre con passione.

Re Ferdinando viene in tuo aiuto. Ti manda a riscattare quei bambini che sono sul mercato d’Alessandria d’Egitto; a sue spese li ricompri.

141 I primi due negretti li battezza solennemente il Cardinal di Napoli. Si sparge la notizia nell’Europa e tu raccogli offerte di ogni parte.

Gli spazi de “la Paloma” sono stretti. Provvede di persona il re di Napoli ad espropriare ed a donare all’Opera quanto terreno occorre per l’Asilo.

La fondatrice delle Stimmatine t’aiuterà per tutte le “morette”, intanto che il Collegio dei “negretti” diventa sempre più organizzato.

Chi t’aiuta? Terziari Regolari, dal popolo chiamati i “frati bigi”, e le sorelle Elisabettine di cui tu stesso sei fondatore.

Subisce il crollo il re e il suo governo e soffia il vento dei garibaldini, poi ci sarà la Casa dei Savoia e tutto diventa molto più difficile.

La Provvidenza guida la tua forza: orfani, sordomuti, sofferenti, rachitici, negretti e negrette. Ognuno porta il segno dei beati.

142 47 San Corrado da Parzham Rel. francescano cappuccino - Venushof in Parzham (Baviera) 22 dicembre 1818 + Altötting (Bassa Baviera) 21 aprile 1894

Giovanni Evangelista, penultimo dei dodici figli dei coniugi Birndorfer che possedevano una fattoria in Parzham, era un ragazzo mite e allegro. Lavorava volentieri con i propri dipendenti dedicandosi ai lavori più duri. Recitava tanti rosari e diffondeva pace e gioia. Nel 1841 entrò nel Terz’Ordine Francescano. Nel 1849 fu accolto nel convento dei Cappuccini di Sant’Anna in Altötting, pren- dendo il nome di Corrado. Qui per 41 anni svolse il delicato compito di portinaio. Ben presto si diffuse la sua fama di santità. Quando arrivavano i poveri andava in cucina e per loro sceglieva il cibo migliore. Ebbe a cuore l’infanzia abbandonata. Morì dopo aver lavorato fino all’ultimo giorno.

143 “Corrado portinaio”. Adesso tocca a lui l’andare avanti indietro per rispondere a tutti.

Ora l’uno, ora l’altro i frati son chiamati. Gentile e assai paziente, Corrado riferisce.

Si duole quando deve riferire: “non c’è”. Vorrebbe accontentare, ma non tutto si può.

Appena apre la porta è il primo a salutare: - Fratello, Pace e bene ...... Sia lodato il Signore! -

Fra Corrado è discreto. Mai rivolge domande di qualche leggerezza o di curiosità.

È lì con gran modestia e pura carità. Al fraterno saluto unisce buone parole.

144 Conosce tanta gente. Sa dare buon consiglio. Sa capire il dolore. Infonde la speranza.

Si direbbe che tanti, prima del confessore, cercano il portinaio, il santo fra Corrado.

L’ora di intervallo la trascorre in cappella e tutto riferisce al dolce e buon Gesù.

È viva la sua supplica, e nessuno dimentica. E per i peccatori implora il perdono.

Si parla di prodigi per sua intercessione. - Fa tutto Lei - risponde e addita la Madonna.

Finite le tue forze riconsegni la chiave. Pronto a consegnare la bell’anima a Dio.

145 48 Beato Onorato Kazminski (Venceslao) Sac. francescano cappuccino fondatore - Biala (Polonia) 16 ottobre 1829 + Nowe-Miasto (Polonia) 16 dicembre 1916

Fin da giovane sacerdote fu illuminato direttore di anime in diverse chiese di Varsavia. Incaricato della direzione dei terziari francescani, li guidò spiritualmente e li impegnò in attività caritative e sociali. Formò gruppi di uomini e donne dediti alla recita del ro- sario e fondò numerosi Istituti di consacrati che influissero con il loro apostolato nella so- cietà. Difese la fede cattolica contro le persecuzioni dello zar di Russia, che voleva stac- care la Chiesa polacca da Roma, per inserirla in quella or- todossa. Nutriva una profonda devozione mariana, pregava costantemente e studiava il Vangelo, fonte della sua vita religiosa. Additava la vita nascosta quale impegno per imitare la vita della Vergine di Nazareth. Scrisse molte opere dedicate alla Madonna. Il suo “Diario Spirituale” è lo “specchio” di un cuore innamorato di Dio e della Vergine Maria. 146 Come il sol, dorata fa la spiga, così l’amor, preziosa fa la vita. Dio stesso rende degna del suo premio l’anima che s’adorna della grazia.

A Dio piace fare il giardiniere. In Cielo ne coltiva di bellissimi. I fiori sono gli Angeli e i Santi. Ne volle in terra uno dall’inizio.

Una bufera tutto lo distrusse. Ma poi mandò Gesù e rifiorì. Adesso i fiori sbocciano dovunque in ogni tempo e sono profumati.

Lui li coltiva sulla nostra terra poi li trapianta tutti in Paradiso. È immacolato giglio il più bello; gli altri sono di mille colori.

Tu padre Onorato fosti assunto in qualità di bravo giardiniere. Fondasti ventisei Istituti di consacrati, uomini e donne.

Tu stesso direttore spirituale e ricercato padre confessore. Con quattromila lettere ferventi li incoraggiavi nella santità.

147 S’adoperò lo Zar per distaccare la Chiesa di Polonia dal Pontefice. Fu più violento contro i religiosi; ne decretò la triste soppressione.

Tu predicasti impavido il Vangelo ed accoglievi molti nel Terz’Ordine. Da laici avevan piena libertà professando così la propria fede.

Li approvò la Sede Apostolica e tutti facevano ancora tanto bene. Li hai animati con l’amore e con l’esempio sempre sostenuti.

Fra i tuoi preziosi scritti hai lasciato la bella “Enciclopedia Mariana”, misura dell’amore per Maria, che fu la fonte dell’ispirazione.

Ci hai lasciato il “Diario Spirituale”. È il prezioso specchio del tuo cuore. È la fedele scorta dei tuoi passi e guida illuminata per le anime.

Ora il tuo corpo attende il grande giorno nella modesta chiesa di Nowe-Miasto. Lì fiduciosi e sempre numerosi per venerarti vengono i devoti.

148 49 Beato Diego Oddi Rel. francescano minore - Vallinfreda (Roma) 16 giugno 1839 + Bellegra (Roma) 3 giugno 1919

Il beato Diego Oddi nacque da una modesta famiglia contadina. Pascolava il gregge e lavorava i campi. Vedendo il frate minore passare per la questua, sentì una voce che dentro gli diceva: “Ecco come devi essere tu”. A 32 anni disse a suo padre: “Che sto a fare nel mondo? Io vado a farmi santo”. Entrò nel Ritiro di Bellegra. Fu accolto come terzia- rio oblato, poi fece il noviziato e la professione religiosa. Bussando alla porta del convento quando arrivò, aveva in- contrato fra Mariano. Diego spiega e chiede consiglio. Fra Mariano gli risponde in tono tutto ispirato: - Sii buono, figlio mio, sii buono -. Questo voleva dire: fa’ presto e fa’ sul serio. Saranno beatificati insieme da Giovanni Paolo II il 30 ottobre 1999. Gli fu affidato l’ufficio di questuante. Era la provvidenza del convento e una benedizione per la gente. In una udienza il papa San Pio X vedendolo disse: “Ecco un vero figlio di San Francesco”. Passava per le strade e per tutti aveva un consiglio, una parola buona, una carezza per i bambini. Sempre gioviale, col rosario tra le dita, la forcella per bastone e la bisaccia sulle spalle. Morì cantando alla Madonna il suo canto preferito: “Andrò a vederla un dì”. La sua tomba divenne subito meta di pelle- grini, che andavano a ringraziare e a chiedere aiuto. Molte sono le testimonianze di beneficati. Fu beatificato da Gio- vanni Paolo II il 3 ottobre 1999, insieme al suo caro fra Mariano. 149 “Fra Diego itinerante” modello di bontà vorrei chiamarti io, fratello in San Francesco.

“Il frate questuante” ti chiamano in convento. Riporti da mangiare e sempre sei contento.

“Io sono il somarello” di te diresti tu, perché la Provvidenza affida tutto a te.

“Fra Diego è un santo” così commenta il popolo, che vede il fraticello con l’umile bisaccia.

Dal Papa andasti a Roma e il Papa santo disse: - Ecco un vero figlio del Padre San Francesco -.

“Sii buono, figlio mio” ti disse fra Mariano, che ti aprì la porta quando bussasti ai frati.

150 Tu prima di partire dalla casetta povera hai detto al tuo papà: - Io vado a farmi santo -.

Cominci il noviziato dicendo a te stesso: - Questi son tutti santi; qui si fa sul serio! -

Al tempo di Francesco andando a predicare, s’andava a due a due, qui ora basti solo.

Rosario per Maria, sorriso per la gente, carezza per bambini, conforto per malati.

Ognuno dà e riceve, felice di donare, felice di ricevere. A tutti dài Gesù.

Beato Diego, grazie. Continua pur dal Cielo a seminar sorrisi, ed ottenere grazie.

151 50 Beato Giuseppe Tovini Terziario francescano - Cividate Camuno (Bs) 14 marzo 1841 + Brescia 16 gennaio 1897

Si laurea nel 1865 nell’Università di Pavia. È assiduo nella preghiera ed esemplare per condotta di vita cri- stiana. Deve rinunciare al desiderio di diventare missionario. Nel 1867 si tra- sferisce a Brescia. Lavora nello studio dell’avvocato Corbolani. Ne sposa la figlia Emilia. Nasceranno dieci figli, di cui uno sarà sacerdote e due religiose. Dal 1871 al 1874 è sindaco di Cividate. Sana i debiti pubblici, fonda scuole, fonda la Banca di Val- lecamonica in Breno per favorire i piccoli risparmiatori. Progetta un collegamento ferroviario tra Brescia ed Edolo. Si realizzerà dopo la sua morte. Coordina la fondazione del quotidiano “Il Cittadino di Brescia”. Dal 1878 diviene Presidente del Comitato diocesano “Opera dei Congressi”. Promuove i “comitati cattolici”. È eletto consigliere pro- vinciale e poi consigliere comunale di Brescia. Lavora a livello regionale e nazionale nel campo della scuola, della stampa, opere pie, assistenziali e caritative. Nel mondo del lavoro cura una presenza attiva e organizzata dei cattolici. Fonda le “Società Operaie Cattoliche” e le Casse Rurali; a Brescia la Banca San Paolo e il “Banco Ambrosiano” a Mi- lano. Fonda l’asilo “Giardino d’infanzia di San Giuseppe”, il “Patronato degli studenti” e l’“Unione Leone XIII” per gli studenti cattolici che diverrà la “FUCI”. È sua la Rivista pedagogica e didattica “Scuola Italiana Moderna per mae- stri cattolici”. Cura il suo fervore eucaristico e l’amore alla Madonna. Entra nel Terz’Ordine francescano. Muore a 55 anni. Giovanni Paolo II lo dichiara beato il 20 settembre 1998. 152 L’ambiente di famiglia, la vita del “Collegio”, ti danno dall’inizio l’impronta del cristiano.

Tu sei virtuoso e pio e sogni le missioni, ma devi dare il pane ai sei tuoi fratelli piccoli.

Appena laureato, la tua mamma muore. Il buon notaio a ti propiziò il lavoro.

E la sua figlia Emilia s’innamorò di te. Voi dieci figli avrete tra cui un sacerdote.

Promuovi “Comitati” in tutte le parrocchie. Dài vita al quotidiano: “Cittadino di Brescia”.

A Civitade sindaco, poi consigliere a Brescia, ti vede Presidente “l’Opera dei Congressi”.

153 Poi dal tuo cuore nascono: la “Società Agricola”, le ”Società operaie”, i “Circoli cattolici”.

Gli universitari e tutti gli studenti, cresciuti nella fede, unisci nella “Fuci”.

Poi la “Banca San Paolo” ed il “Banco Ambrosiano” tu fondi ed organizzi per garantir risparmi.

Tu pieghi verso Cristo le masse operaie, e tieni tutte unite le forze della Chiesa.

Perfino somma cura, tu prendi dell’infanzia; l’“Asilo San Giuseppe” adesso è lor “Giardino”.

Devoto di Maria, ti nutri di Gesù, e al Padre San Francesco ti leghi con la Regola.

154 51 Sant’Antonino Fantosati Vescovo martire francescano - Trevi (Pg) 16 ottobre 1842 + Hoang-scia-wan (Cina) 7 luglio 1900

Al secolo Antonio entrò a 16 anni tra i Francescani a Todi. Prese il nome di Anto- nino. È sacerdote nel 1865. Nel 1867 parte missionario per la Cina insieme ad altri otto Francescani. Giunto ad Uccian, capitale del Hu-pè, indossa abiti cinesi, come era obbligo, prendendo il nome di Fan-hoae- te. Vi rimane per sette anni. Impara bene la lingua e i costumi, tanto che lo chiamano il “Maestro”. Nel 1889 è nominato Vicario apostolico del- l’Hu-nan. È avversato e perseguitato dai “boxers”; da ido- latri, bonzi confuciani e dal crudele viceré Yü-sien. Tornò per otto mesi in Italia, a scopo di reclutare altri missio- nari. Raggiunse di nuovo la Cina, dove trovò una terribile carestia. Si prodigò dando cibo, vestiti e medicinali. Nel- l’assistere i malati contrasse il vaiolo, ma guarì. Fu eletto Amministratore apostolico e Vicario apostolico dell’alto Hü-pè. Sulla sua testa fu messa la taglia di 100 once d’ar- gento. Nel 1900 i boxers incendiano e distruggono chiese ed orfanotrofi. Bruciano vivo p. Cesidio Giacomantonio e lapidano p. Giuseppe M. Gambaro. Il vescovo Antonino era in visita fuori. Volle accorrere in barca alla missione. La plebaglia, aizzata dai boxers, circonda la barca, li co- stringe a riva e li percuote a morte. Un pagano infilò il vescovo con un palo di bambù. Il vescovo riesce a sfilare il palo. Un altro riprende quel palo e passa da parte a parte il corpo del francescano. Il Padre Fantosati muore così a 58 anni, dopo 33 anni di missione. Il gruppo di martiri, ca- nonizzati, era di 29 tra sacerdoti, suore, catechisti e fedeli. Nell’intero arco di persecuzione in quel periodo furono circa 20.000 coloro che morirono per la fede. 155 Ancora si scatena il gran furore: la Cina vuole sangue dai cristiani. Saranno ventimila i trucidati con false accuse e tragiche menzogne.

La verità illumina un popolo. I Francescani predicano Cristo. Con carità instancabile soccorrono infermi e bisognosi “d’ogni genere”.

Strumenti del demonio sono i boxers. Son fiancheggiati questi dai pagani, dagli invidiosi bonzi confuciani e dal crudele viceré Yü-sien.

Sono omicidi e ladri senza scrupoli. La vita dei pacifici cristiani scatena l’odio e l’ira diabolica. Occorre ai credenti fede eroica.

Padre Antonino è della bella Trevi, dove la pace è tutta francescana e la vicina Assisi fa memoria del grande Araldo e servo del Vangelo.

Lo stesso saio indossa Antonino. Come Francesco a Cristo è consacrato e dall’ardor serafico acceso va a predicare nell’Estremo Oriente.

156 Uguale al desiderio che ti spinge, profumano i tuoi piedi, Antonino. Tu porterai la luce dove il sole non può scaldare il cuor d’un continente.

Il generale e il papa in te confidano. La lingua impari e vesti da cinese e medicine e cibo elargisci. Converti gente e fabbrichi le chiese.

Dall’Alto Hu-pè tu scendi ad Hu-nan. I missionari vai ad incontrare e a tutti sai donare entusiasmo. Ma l’Oriente è pieno di minacce.

Tu corri dove incombe più pericolo. Circondano la barca e vi catturano. Appena messo piede sulla riva, la folla urlante inizia il massacro.

Orfanotrofio e chiesa sono in fiamme. Un palo di bambù con ferro in punta trafigge il tuo petto e cadi a terra. Sono due lunghe ore d’agonia.

Tu, come Santo Stefano, perdoni. È voce di preghiera il tuo sangue. Ne beve goccia a goccia quella terra, che tu consacri a Cristo col martirio.

157 52 Beato Innocenzo da Berzo Sac. francescano cappuccino - (Bs)19 marzo 1844 + 3 marzo 1890

Conobbe subito il sacrificio a causa della prematura morte del papà. Pregava volentieri e nutriva grande pietà per i poveri. Studiò nel collegio municipale di Lovere (Bg), poi passò al seminario di Brescia. Fu ordinato sacerdote nel 1867. Cercava una forma di vita dove meditazione e penitenza fossero alimento spirituale quotidiano. Il 16 aprile 1874 entrò tra i Cappuccini dell’Annunziata di Bormo (attuale Cogno). Fu tra i redattori degli Annali Francescani. Predicò al popolo e al clero. Sempre dimesso e innamorato dell’Eucaristia. Prediligeva il rosario e la Via Crucis e inculcava ai fedeli e ai confratelli l’amore al Cro- cifisso e alla Madre di Gesù, Regina del Rosario. Il suo motto: “patire, fare e tacere”. “Gesù è tanto offeso, tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione”. “Desidero essere soggetto a tutti e in orrore essere preferito al minimo”. Molti fedeli si affidavano alla sua direzione spirituale. I prodigi a lui attribuiti sono tanti. Un alpinista precipitato lo invoca. Si vede scendere una fune e una voce che lo guida. Arrivato su non c’era nessuno. La sua opera editoriale di un migliaio di pagine rivela il segreto della sua santità: abbandono nelle braccia del Padre. Muore a 46 anni. Il 12 novembre1961 Giovanni XXIII lo dichiarò Beato. 158 Temprato sui sentieri di montagna avevi nelle ossa robustezza, nei tuoi potenti muscoli energia e la prontezza nelle decisioni.

Rimasto senza padre da bambino, in povertà e tante privazioni sei sempre generoso con i poveri. Talvolta il loro chiedere previeni.

Più spesso introduci nella casa quello che non ha più un cencio addosso. Lo rifocilli e doni i tuoi vestiti poi lo saluti e lo ringrazi tanto.

Dal collegio di Lovere passasti al seminario in diocesi di Brescia. Da vice direttore ti rimossero perché - dicevan - non avevi polso.

In verità tu sogni solitudine. Hai l’impellente fame di preghiera. E finalmente bussi al noviziato dei Cappuccini presso l’Annunziata.

A quarant’anni sei vice maestro. Felice di quel luogo di silenzio dove il tacere viene definito: “Loquela taciturna dell’amore”.

159 E già, perché il silenzio di parole concede spazio al fiume dell’amore e questo cambia l’acqua in vapore e dà dolce ebbrezza del salire.

Così sembrava sciogliersi in colloquio con lo Spirito Santo nella Messa. Il volto diventava luminoso e vi scorrevan spesso tante lacrime.

Davanti al tabernacolo restava per lungo tempo senza movimenti. Sembrava più rapito dall’ascolto di deliziosa voce che ristora.

E quando contemplava il Crocifisso si sentiva straziare dal dolore. E non sembrava tanto meditare quanto subire al vivo la Passione.

Fuggiva attento ogni apprezzamento. Sembrava fatto per l’ultimo posto. E non sfuggiva questo ai confratelli, che ancora più gli davan stima e affetto.

Ogni giorno faceva la Via Crucis e la raccomandava ai penitenti. Si sa ch’è parallela la Via Lucis. Così Innocenzo: “per crucem ad lucem”.

160 53 Sant’Alberto Chmielowski Terziario francescano fondatore - Aigolonija (Polonia) 20 agosto 1845 + Cracovia (Polonia) 25 dicembre 1916 Trascorse l’infanzia a Varsavia. Frequentò a Pietroburgo la scuola dei cadetti. Nel 1863, studente di Agricoltura a Pulawy, partecipò all’insurrezione polacca contro l’oppressione zarista. Ferito e fatto prigioniero, gli fu am- putata la gamba sinistra. Aiutato dai parenti fuggì dalla prigionia e andò a Parigi. Esercitò pittura. A Gand, in Belgio, frequentò la facoltà di Ingegneria. Passa a Monaco di Baviera per studiare pittura nell’Accademia delle Belle Arti. Nel 1874 torna in Polonia e si dedica alla pittura. Il quadro molto bello dell’“Ecce Homo” gli diede l’impulso ad un nuovo ideale di vita. Nel 1880 entra come novizio nella Compa- gnia di Gesù in qualità di fratello laico. Dopo sei mesi la- scia per motivi di salute. Andò a Podolia, territorio polacco assoggettato alla Russia. Venne a contatto col Terz’Ordine Francescano. Rientrò a Cracovia. Si stabilì presso i Cap- puccini. Digiunava e assisteva i poveri col provento della sua arte. Visitando i dormitori pubblici, decise di vivere tra loro. Il 25 agosto 1887 vestì l’abito grigio dei Terziari col nome di Fratel Alberto. Guidato dal Cardinale Dunaje- rwski, fondò i Servi dei Poveri (1888), che si presero cura dei dormitori maschili. A donne collaboratrici affidò il dormitorio femminile. La Congregazione femminile curò anche asili, orfanotrofi, case per disabili e anziani. Orga- nizzò aiuti per i lazzaretti. Le due Congregazioni diedero vita a 21 case religiose con 40 frati e 120 suore. Vivevano della Provvidenza. Attingevano forza dall’Eucaristia e dal- l’amore a Cristo crocifisso. Raccomandò a tutti la devo- zione alla Madre di Gesù. La gente lo chiamò: “il padre dei poveri”. Giovanni Paolo II lo canonizzò il 12 novembre 1989. 161 Ci voglion tanti libri per narrare le opere di bene che hai compiuto. Da buon cadetto in Russia alle patriote lotte e barricate.

Ferito, prigioniero ed amputato della tua gamba senza anestesia! T’aiutano a fuggire e vai in Francia. E lì puoi dedicarti alla pittura.

A Gand, in Belgio, studi ingegneria. Ti rechi poi a Monaco in Baviera. Nell’Accademia torni alla pittura. È l’arte che ti prende tutto il cuore.

Chi ti circonda ammira ciò che fai, ma tu maturi dentro altri ideali. Rimani sempre fermo nella fede. Ti chiedi se con l’arte servi Dio.

Dall’esperienza di quell’ “Ecce Homo”, ti senti folgorato nello spirito. T’ha scelto Cristo qual samaritano. Sarai strumento della sua bontà.

Non appartieni più soltanto all’arte. È l’arte che appartiene ancora a te. La cambierai in pane per i poveri. Saranno essi nuova tua famiglia.

162 È San Francesco adesso che ti guida. Ti iscrivi al Terz’Ordine sognato. Ti guideranno i frati cappuccini. Conoscerai i tristi dormitori.

Di Cristo ora conosci il nuovo volto. Son tutti questi poveri affamati, abbandonati, laceri ed umiliati. Uno di loro in mezzo a lor sarai.

Ben presto molti accorrono al tuo fianco e uomini e donne riunirai. Son prima i terziari francescani. Indossan come te l’abito grigio.

Poi seguiranno donne generose e gli uni e le altre “Servi son dei poveri”. Diseredati, poveri, abbandonati hanno trovato casa e famiglia.

Asili, ospedali e lazzaretti sono curati dalla carità, che ha seminato in te il buon Gesù e in tutti questi figli che ti seguono.

Voi attingete forza dalla Croce. Nel giorno di Natale voli al Cielo, dicendo a questi figli generosi: - Sappiate, ch’è Maria la Fondatrice -.

163 54 Serva di Dio Barbara Micarelli Fondatrice - Sulmona (Aq) 3 dicembre 1845 + Assisi 19 aprile 1909

Fu battezzata nella Cattedrale di San Panfilo. Con la famiglia si tra- sferisce a L’Aquila. Vive continuo e forte richiamo alla preghiera, spe- cialmente dopo che, a 12 anni, riceve la prima Comunione. È circondata da tanto affetto. A vent’anni è colpita da improvvisa e grave malattia. Per la medicina è sul punto del non ritorno. Barbara guarisce miracolosamente. Lei afferma che le è apparso il suo speciale protettore San Giuseppe. Abbandona il mondo per consacrarsi al servizio dei poveri, dei bambini, degli orfani. La seguono la sorella Carmela e l’amica Caterina Vicentini. Prende in affitto una piccola casa. Nel 1873 inizia la vita di comunità. Nel 1878 acquista a L’Aquila il Palazzo Picalfieri, in via For- tebraccio. Resterà la casa della Fondazione. Molte sono le bambine ed orfanelle che frequentano la scuola e rice- vono la sua assistenza. Nel Natale 1879 veste l’abito fran- cescano insieme alle altre, il cui numero ora è cresciuto. Emettono i voti nelle mani di padre Bernardino da Porto- gruaro. Barbara prende il nome di Suor Maria Giuseppa di Gesù Bambino. Nel 1897 corona il sogno di aprire una Casa a Santa Maria degli Angeli in Assisi. Sarà la Casa di noviziato. È felice di vivere vicino alla Porziuncola. Nel 1898 si ammala gravemente ed è costretta a recarsi a Roma per una cura efficace. Passano vari anni, e vedendo che le sue condizioni si aggravano, torna in Assisi, ma le suore non l’accolgono; chiede ospitalità alle Suore Francescane Missionarie del Giglio. Dopo qualche giorno muore, per- donando le sue consorelle. 164 O Micarelli Barbara, figlia del nostro Abruzzo, in piena fanciullezza vai da Sulmona a l’Aquila.

La prima Comunione ricevi il quattro ottobre. T’invita San Francesco a divenir sua figlia.

La malattia improvvisa ti porta all’agonia. I medici dichiarano: - Non si può far più nulla -.

Di colpo torni sana. Racconti la visione: - Il mio San Giuseppe mi ha voluto viva -.

E quella esperienza ti porta a maturare la propria vocazione in seno alla Chiesa.

Servire i bambini più poveri ed orfani e dar così la vita in dono per gli altri.

165 Ti seguon senza indugio Carmela, tua sorella, e la più cara amica, la buona Caterina.

La prima Casa è pronta, in via Fortebraccio, e voi vestite l’abito nel giorno di Natale.

Francesco è il vostro Padre e l’Istituto chiami: “Terziarie francescane oh!, di Gesù Bambino”.

Tu, Suor Maria Giuseppa, sei di Gesù Bambino. Insieme alle sorelle raggiungi presto Assisi.

Vicino alla Porziuncola dài vita al noviziato. Per grave malattia a Roma ti ricoveri.

Ritorni ad Assisi per qui morire in Casa. Per te la porta è chiusa; tu morirai altrove.

166 55 Santa Maria Bernarda Fondatrice - Auw (Svizzera) 1848 + Cartagena (Colombia) 1924

Viene educata cristianamente e tra- scorre un’adolescenza tranquilla. Si dedica dopo le scuole elementari, ai lavori agricoli. Sente il richiamo alla vita consacrata. A 19 anni su consiglio del padre Sebastiano Vil- ligeri bussa alle Cappuccine del monastero di Altstätten. Al noviziato prende il nome di Maria Bernarda del Sacro Cuore di Maria. Dopo la professione esorta le consorelle ad una più fedele osservanza. Cura l’orto e il magazzino, ma soprattutto l’unione con Dio nella preghiera. Affluiscono parecchie nuove vocazioni. Lei conserva l’aspirazione mis- sionaria. Intanto riveste l’ufficio di maestra delle novizie e poi di Badessa. Arriva l’invito del vescovo di Portoviejo, in Ecuador, a mandare delle suore. Maria Bernarda ottiene il permesso dalla Santa Sede e parte con sei consorelle. Il suo binomio è: clausura e povertà. C’è degrado, ignoranza e povertà. Arriva dovunque superando mille difficoltà e contrasti. Le suore di Altstätten si separano dal movimento missionario di suor Bernarda. Lei fonda la “Famiglia delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice”. Apre altre due Case, a Santana e a Canon Ben. Il governo attua un’accanita persecuzione antireligiosa. Bernarda con 15 suore si dirige a Bahia in Brasile e poi di nuovo in Co- lombia. A Cartagena il vescovo Eugenio Biffi le chiede di lavorare in quella diocesi. Trova ospitalità nell’ospedale femminile di “Obra Pia”. Diventerà la Casa Madre della congregazione. Suor Maria Bernarda vi rimane fino alla morte. Riesce ad aprire Case, scuole, collegi, asili, ospe- dali e ospizi per anziani anche in Brasile. Morì proprio a Cartagena presso la sua “Obra Pia” a 76 anni. Fu beatifi- cata da Giovanni Paolo II nel 1995 e canonizzata da Bene- detto XVI nel 2008. 167 Hai terminato il corso di scuola elementare. Tu, tenera fanciulla, a lavorare i campi?

Perché la tempra forte t’occorrerà domani. Affronterai ostacoli; supererai fatiche.

Il passeggero amore ti lasci alle spalle. Ti va chiamando Cristo per una vita bella.

Le Suore insegnanti non t’aprono le porte. T’accoglieranno invece quelle di “Santa Croce”.

Il padre Sebastiano ti dice di andare al monastero di Altstätten, Cantone di San Gallo.

E tu, Verena Bütler, sarai “Maria Bernarda del Cuore di Maria”. Professi il quattro ottobre.

168 Maestra di novizie e dopo superiora. Ma sogni le missioni ed il segnale arriva.

Il vescovo Schumacher dall’Ecuador ti chiama. Tu parti senza indugio con sei consorelle.

Clausura e povertà è il binomio sacro. Rimani poi staccata dal gruppo di Altstätten.

Le “Suore Francescane Maria Ausiliatrice” sarà il vostro nome, ed apri due Case.

Nell’Ecuador lo Stato perseguita la Chiesa. Ti chiama a Cartagena il vescovo Eugenio.

Dalla Colombia estendi fino al Brasil l’azione. A Cartagena rendi a Dio la bell’anima.

169 56 Beata Maria Teresa Ferragud Roig Martire - Algemesì (Spagna) 14 gennaio 1853 + Cruz Cubierta (Spagna) 25 ottobre 1936

Nel 1872 si sposò con Vicente Silverio Masia, uomo di fede profonda e costante preghiera, ed eb- bero nove figli. Quotidianamente par- tecipava all’Eucaristia e recitava il rosario. Esercitò la carità specialmente attraverso il lavoro nella Confrater- nita di San Vincenzo de’ Paoli. Gioì per le quattro fi- glie religiose. Allo scoppio della persecuzione fu imprigionata. Assieme alle quattro figlie subì il martirio. Per incoraggiarle nella fedeltà al Divino Sposo volle essere fucilata per ultima. Morirono gridando: “Viva Cristo Re”, dopo aver per- donato i loro carnefici.

170 Di fede eroica e martire ed esemplare madre di quattro figlie martiri, Beate della Chiesa.

Clarisse cappuccine le prime tre eroine. È l’ultima, professa Agostiniana scalza.

La numerosa prole conosce bene Dio, e vive respirando preghiera ed umiltà.

Felice la pia madre appena sorge l’alba, con sé le reca in chiesa a ricever Gesù.

Così serrate sembrano lo stuolo di colombe discese dal Signore per onorar la terra.

Durante la giornata si ripeteva spesso la bella “Ave Maria” sui grani del rosario.

171 La fede e la purezza ognuna d’esse affida al Cuore Immacolato della Beata Vergine.

Son tante le preghiere e tanti i sacrifici per riparar le offese al Cuore di Gesù.

Lei fu sostegno e guida di varie confraternite. Di fronte alla bufera raccolse le sue figlie.

Ma la milizia rossa alfine le scovò. Nell’ora del martirio la madre le conforta.

Son obbligate a stare in fila ed in ginocchio. Per esortar le figlie la madre cade in ultimo.

Per terra cinque corpi tra rivoli di sangue. Compiuta la missione, lo stuolo vola al Cielo.

172 57 Beato Salvatore Lilli Sac. francescano minore martire - Cappadocia (Aq) 19 giugno 1853 + Mugiukderesi (Turchia) 22 novembre 1895

Nel 1870 indossò l’ abito fran- cescano. A causa della soppres- sione degli Ordini religiosi per ordine del Governo dei Savoia, fu inviato in Palestina per proseguire gli studi. A Betlemme completò la filosofia; a Gerusalemme studiò teologia e fu ordinato sacerdote il 6 aprile 1878. Esercitò il suo apostolato in Minore per 15 anni. Nell’epidemia di colera del 1890 si prodigò con l’azione personale e con tutti i mezzi per soccorrere e aiutare. Nel 1895 scoppiò la persecuzione turca, che fece strage degli Armeni cattolici. Da Marasac fu inviato parroco e superiore dell’Ospizio di Mugiukde- resi. Anche lì lavorò per le anime e per curare i buoni rap- porti tra cattolici, ortodossi e turchi. Nel 1895 ci furono grandi massacri di fedeli. Padre Salvatore fu arrestato insieme a dodici cristiani. Durante il viaggio verso Marasac i soldati imposero: abiura o morte. Di fronte alla fermezza della loro fede furono uccisi a colpi di baionette e i loro corpi vennero bruciati. Padre Salvatore e i suoi compagni di martirio furono beatificati da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982. 173 Tu, Padre Salvatore, sei nato a Cappadocia, la bella cittadina del mondo aquilano.

A diciassette anni indossi il santo abito tra i figli di Francesco. Emetti i sacri voti.

La Casa dei Savoia sopprime i Religiosi. Tu vai in Palestina per proseguir gli studi.

Rimani a Betlemme per la filosofia; poi a Gerusalemme per la teologia.

Divieni sacerdote ed inviato a Marasac, è zona dell’Armenia e lì sei tanto atteso.

Fan ressa i fedeli al tuo confessionale. Tu passi per le case a confortar gli infermi.

174 Tu curi i rapporti con ortodossi e turchi. Acquisti un buon terreno, erigi la cappella.

L’epidemia esplode. Per tutti tu ti prodighi. Procuri cibo e farmaci aiuti d’ogni genere.

Sei nominato parroco anche a Mugiukderesi, dove accogli gente, che cerca un rifugio.

I turchi fan massacro dei cattolici armeni. A chi ti dice: “fuggi” dài ferma la risposta.

- Là dove son le pecore dev’essere il pastore - - O credi in Maometto oppure morirai! -

- Io credo in Gesù Cristo; son pronto a morire! - Sei prima massacrato poi dato alle fiamme.

175 58 Venerabile Luigi Amigò y Ferrer Vescovo francescano cap. fondatore - Massamagrel (Valencia Spagna) 17 ottobre 1854 + Godella (Spagna) 1 ottobre 1934

A 12 anni riceve la prima Comu- nione. Insieme ad amici coetanei si reca in ospedale a visitare, aiutare e confortare gli infermi. Da trent’anni in Spagna sono banditi gli Ordini Religiosi. Pertanto si reca dai Cappuccini spagnoli di Bayome (Francia), dove entra nel noviziato e in- dossa l’abito, cambiando il nome di Josè Maria in quello di Luigi. Nel 1877 può rientrare in Spagna nel convento di Ante- quera. Viene ordinato sacerdote nel 1879. Nel 1881 rien- tra nel proprio paese. È maestro dei novizi e restaura la fraternità del Terz’Ordine. Fonda la Congregazione delle Terziarie cappuccine (1889) per orfani e ragazze in diffi- coltà, assistenza negli ospedali e ai ragazzi dei riformatori. Nel 1889 istituisce la Congregazione dei Terziari Cappuc- cini dell’Addolorata formata da sacerdoti e laici professi. Fu Provinciale della nuova Provincia di Toledo e poi di quella di Valenza. Nel 1907 è nominato vescovo titolare di Tagaste e poi vescovo residenziale di Segorbe. Rimase sempre austero e povero; mite e prudente pastore. Ebbe so- prattutto a cuore la restaurazione dei costumi e della pietà cristiana e la formazione religiosa e morale dei giovani e delle scuole cattoliche. Scrisse 53 esortazioni pastorali; 131 lettere e 102 circolari. Dettò le Costituzioni per le due Congregazioni da lui fondate. Ebbe molta attenzione per i poveri e la classe operaia. Fu Senatore del Regno dal 1914 al 1923 per nomina regia. Morì a Godella e fu sepolto nella Casa-madre delle terziarie cappuccine a Massamagrell. È venerabile dal 1977. 176 Il diciassette ottobre è il giorno di tua nascita. Sei di Massamagrell, provincia di Valencia.

Con desiderio aspetti il benedetto giorno in cui Gesù verrà per essere tutto tuo.

Ti unisci ai vari gruppi che in ospedale fanno gratuita assistenza ai poveri malati.

Sei generoso e lieto, previeni le richieste. Chi cerca il tuo conforto riceve una carezza.

I genitori muoiono. Provvede un sacerdote a quanto vi occorre per cibo e per la scuola.

Tu studi a Valencia poi bussi a Bayonne. Diventi Cappuccino col nome di Luigi.

177 Ad Antequera scrivi col proprio sangue il voto di carità eroica. Poi vai a Montehano.

Divieni sacerdote restauri il Terz’Ordine. Lì fondi le terziarie per educar le orfane.

Poi fondi quei “terziari”, chiamati “Cappuccini dell’Addolorata”. Son detti Amigoniani.

Sei superior dell’unica provincia cappuccina della risorta Spagna. Sempre austero e povero.

Sei nominato vescovo titolar di Tagaste. Sarai promosso infine con sede a Segorbe.

Esortazioni, lettere e circolari scrivi. Le tue Exhortaciones ti fan da testamento.

178 59 Beato Contardo Ferrini Laico - Terziario francescano - Milano 5 aprile 1859 + Suna (No) 17 ottobre 1902

Nasce in una famiglia pro- fondamente cattolica, che lo educa alla fede e alla preghiera. Si laurea in Diritto Romano a Pavia, si specializza a Berlino. Insegna nelle più famose università italiane. Tiene alta la sua fede in un’epoca dominata dalla masso- neria. Milita in varie associazioni cristiane, si prodiga per poveri e bisognosi. Fu consigliere nel Comune di Milano. Coltivò l’idea di una Università Cattolica in Italia. Non si sposò. Fu laico consacrato nel mondo e dedicò la sua vita agli studi e alla gloria di Dio, convertendo molti colleghi e studenti. Morì di tifo a 43 anni. Pio XII lo dichiara Beato nel 1947.

179 Caro Contardo, è oggi la tua festa. La Chiesa di Milano e di Pavia e quella di Messina e di Modena solennemente fan di te memoria.

Hai fatto onore al campo della scienza; hai dato grande impulso al Diritto. Ancora oggi sono i tuoi scritti prezioso archivio per ricercatori.

In coro i docenti, tuoi amici, hanno testimoniato grande stima. I tuoi alunni portano nel cuore l’affascinante volto e la sapienza.

Nell’Università poi di Berlino si parla ancora del grande Professore, che coniugava bene la sua scienza con la sua più squisita umanità.

La tua passione e l’alta competenza si coglie nei tuoi testi di Diritto. E fortemente emerge la tua fede senza peccare di proselitismo.

Sei un fervente figlio della Chiesa ed ami Cristo senza ipocrisia. Sulla tua scia tanti tuoi colleghi e molti tuoi alunni si convertono.

180 È questo il miracolo nascosto, che viene dall’esempio della vita. Oh! Quanto spesso più delle parole sul cuore umano può un bel silenzio!

Nel mondo della scienza e della scuola l’Italia del tuo tempo detta legge: la più spietata lotta dei massoni. Val l’etichetta d’anticlericale.

Ti fanno elogio proprio i più lontani. Televisione e stampa ti commemorano. Ti volle già Milano consigliere e tu facesti a tutti del gran bene.

La “San Vincenzo” ebbe la tua spinta. A Roma preparasti il terreno all’Università del Sacro Cuore. Te ne saremo immensamente grati.

Ma il più bel capitolo rimane nascosto tra le pagine di Dio, che sa con quanto amore tu pregavi inginocchiato davanti al Tabernacolo.

Quell’acqua inquinata fu fatale! Ti portò via dal mondo già maturo per tutte le virtù, ma ti spezzò, come arboscello ancora in piena vita.

181 60 SdD Raffaele da Sant’Elia a Pianisi Sac. francescano cappuccino - Sant’Elia a Pianisi (Cb)1861 + 1901

Domenico Petruccelli la- vorò nei campi per aiutare la famiglia. Esercitò il mestiere di fabbro-ferraio e di calzolaio. Sente la vocazione cappuccina, prende l’abito il 10 novembre 1934, col nome di Raffaele. Il maestro doveva moderare lo slancio di digiuno e peni- tenza. La preghiera per lui era necessaria come l’aria che re- spirava. Fu ordinato sacerdote a il 29 marzo 1840. Camminava sempre raccolto, con la corona fra le mani, il volto ilare. Consigliava, confortava, esortava con amore e discrezione. Soggiornò in molti conventi della Provincia: Larino, Campobasso, Serracapriola, Trivento, Torremag- giore, Morcone, Sant’Elia a Pianisi. Dovunque la gente ac- correva per confessarsi e affidarsi alla sua guida spiritale. Lo chiamavano: “Il monaco santo”. Ebbe profonda amici- zia col francescano minore padre Anselmo da Sassinoro, che scrisse di lui: “Era un cappuccino molto illuminato da Dio”. Morì nel convento di Sant’Elia a Pianisi. Il processo fu iniziato a Benevento nel 1950. Ora è Servo di Dio.

182 Onor di Sant’Elia sei, Padre Raffaele, e di virtù serafiche modello ai Cappuccini.

Ricevi a Benevento il sacro sacerdozio. Nella preghiera godi l’unione col Signore.

A dura penitenza tu sottoponi il corpo. Sarà il fratello asino di tante tue fatiche.

Gesù t’attira a sé. T’infonde il suo spirito. Ti nutre sull’altare del corpo e sangue suo.

La carità di Cristo ti porta ai tuoi fratelli. Li rendi tu più buoni. Li vuoi tutti santi.

Tu porti tanta luce. A tutti sai donare speranza nella vita, conforto nel dolore.

183 Hai la corona in mano e il cuor raccolto in Dio. Con umiltà rispondi al rispettoso ossequio.

Affetto e stima grande fra te e il padre Anselmo. Ti cerca per consiglio, l’abbracci nel Signore.

Il Padre San Francesco vi porta nel suo cuore. A Dio presenta lieto le vostre ansie e gioie.

Morcone e Campobasso, Larino e Trivento e Foggia e Sant’Elia aspettan il tuo arrivo.

Ripetono festosi: - Ecco il Monaco Santo! - Li benedici tutti; li presenti al Signore.

Raccogli le tue forze per dire: - Grazie, Dio, il tuo servo è pronto, possiam levare l’ancora! -

184 61 Beato Zeffirino Gimenez Malla (Ceferino) Terziario francescano martire - Benavent de Sangría (Spagna) 26 agosto 1861 Barbastro (Spagna) 2 agosto 1936

“A Barbastro morì per la fede in cui era vissuto. La sua vita dimostra che Cristo è presente nei vari popoli e razze e che tutti sono chiamati alla santità, che si raggiunge os- servando i suoi comandamenti e rimanendo nel suo amore ...” (Giovanni Paolo II, il 4 maggio 1997, Bea- tificazione di Zeffirino). Figlio di gitani spagnoli, fu commerciante di animali, esperto nel suo lavoro e stimato per l’onestà. Caritatevole e generoso verso tutti. Per la sua saggezza era chiamato spesso a dirimere questioni di varia natura non solo tra i gitani. Divenne terziario francescano nel settimo centenario della morte di San Francesco. Partecipò anche ad altre as- sociazioni religiose. Insegnava catechismo ai bambini, li educava al rispetto della natura. All’inizio della guerra civile di Spagna, fu arrestato per aver difeso un sacerdote mentre veniva trascinato in prigione. Andò incontro alla morte con la corona del rosa- rio tra le mani, gridando “Viva Cristo Re”.

185 I miliziani armati hanno arrestato un prete. Fra insulti e bastonate lo portano al patibolo.

Ma ecco Zeffirino! Di fronte a quella scena, si lancia tra i fucili per liberare il prete.

È zingaro ben noto. È d’imponente mole. Domator di cavalli, difende sempre i deboli.

Un giorno per la strada vede un ferito grave. È un tubercolotico; nessuno lo soccorre.

Soltanto Zeffirino con tutta la premura lo mette sulle spalle e lo riporta a casa.

I familiari ricchi gli danno un buon compenso. Per lui è sufficiente il lavorare in proprio.

186 Dal giorno del Battesimo coltiva la sua fede. Terziario francescano, devoto di Maria.

Aiuta come può gli zingari più poveri. Diffonde intorno a sé la gioia e la speranza.

E tutti ormai lo chiamano: “l’analfabeta santo”. Perfino calunniato sopporta con pazienza.

Se poi si trova in viaggio, a piedi o sul carretto, gli scorron fra le dita i grani del rosario.

È pronto al sacrificio. Alzando la corona, emette un alto grido: - Evviva Cristo Re! -

Dai colpi crivellato, finisce nella fossa. Quaggiù non ha una tomba, ma ha tanta gloria in Cielo!

187 62 Beato Andrea Giacinto Longhin Vescovo francescano cappuccino - Fiumicello di Campodarsego (Pd) 23 novembre 1863 + 26 giugno 1936

Di umile famiglia contadina, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini contro la volontà del padre, che non voleva rinunciare al suo unico figlio. Fu vescovo della diocesi di Treviso e si distinse per lo zelo apostolico nei 32 anni di episcopato. Era chiamato “il vescovo del catechismo” per l’insegnamento delle verità cristiane ai fanciulli, ai giovani, agli adulti. Seguiva con interesse i movimenti giovanili, affermando che “è di santi che oggi abbisognano le famiglie, le parrocchie, la patria, il mondo”. Amava e guidava come padre i suoi sacerdoti, visitando frequente- mente le chiese a loro affidate. Sostenne le “Leghe Bianche”, movimento sindacale d’ispirazione cristiana, mostrandosi Pastore dei poveri, degli operai e dei contadini. Durante il primo conflitto mondiale, aiutò profughi, soldati, feriti. Fu insignito della croce al merito. Finita la guerra, in- coraggiò tutti alla ricostruzione delle chiese distrutte e al risveglio della vita cristiana. Fu amico di San Leopoldo Mandic e di San Pio X, che lo definì “il più bel fiore dell’Ordine dei Cappuccini”. 188 Famiglia contadina, adusa ai sacrifici, di timore di Dio e di costumi santi.

Una scuola di vita in cui l’autorità non diventa mai peso, ma prima nel dovere.

Il vincolo di sangue riassume l’unità, e raddoppia la gioia della fraternità.

Giacinto a sedici anni, chiamato dal Signore, tra i Frati Cappuccini. Diviene sacerdote.

A Padova e a Venezia si fa stimar da tutti. Per diciott’anni insegna ai giovani studenti.

Poi la Provincia veneta dei Frati Cappuccini sceglie il padre Andrea per proprio Superiore.

189 Il papa, Pio Decimo, nominò il padre Andrea vescovo di Treviso. Fu consacrato a Roma.

Si presentò al clero e a tutto il suo popolo come Pastore e servo in umiltà d’amore.

Visite pastorali. Riforma del seminario. Catechesi al popolo. Ritiri spirituali.

Con la guerra mondiale Treviso fu travolta e ben cinquanta chiese rimasero distrutte.

La rivolta fascista divide i cattolici. Fu sparso molto sangue in tutte le città.

La Chiesa di Treviso era pronta al martirio; diede prova di fede insieme al suo Pastore.

190 63 Venerabile Lino Maupas Sac. francescano minore - Spalato (Croazia) 30 agosto 1866 + Parma 14 maggio 1924

Alpinolo Ildebrando Umberto Maupas è l’ultimo di dieci figli di una nobile famiglia di origine francese. Sua madre è l’attrice Rosa Marini. In- dossò l’abito francescano il 30 novem- bre 1882 nel convento di Capodistria. Per il noviziato andò a Koslyum, da dove fu mandato via, perché più volte sorpreso a suonare il pianoforte fuori orario. Lavorò nella Guardia di Finanza, ma presto chiese e ottenne di rientrare nell’Ordine Francescano. Fece il no- viziato a Fucecchio. Fu ordinato sacerdote nel 1890. Fu destinato a Cortemaggiore e poi a Parma nel 1893. Cappel- lano dell’Annunziata; poi del riformatorio Lambruschini e infine del carcere di San Francesco del Prato. Consumò le sue energie nell’assistere, aiutare e soccorrere poveri, emarginati, disoccupati e carcerati. Indossava il cilizio. Nell’ultimo periodo, non riuscendo a salire le scale per tornare in cella, dormiva sul tappeto in chiesa. Morì improvvisamente a 58 anni alla porta del pastifi- cio Barilla, dove si stava recando per ottenere l’assunzione di un giovane disoccupato. I carcerati vollero costruire la bara con le proprie mani.Tutta Parma partecipò commossa ai suoi funerali. Fu dichiarato Venerabile il 26 marzo 1999. 191 È nobile tuo padre. È attrice tua madre. Vivace e intelligente, di dieci figli l’ultimo.

Tu entri nel convento dei frati a Capodistria. Disobbedisci a Koslym e sei mandato via.

Tu studi e ti prepari ad un lavoro onesto. Infatti trovi posto in Guardia di Finanza.

Ma il cuore ti riporta di nuovo in convento. Novizio a Fucecchio, sei giovane esemplare.

Ti fai volere bene. I frati son contenti. Ti immergi nello studio; divieni sacerdote.

Il vescovo Domenico, Pastore di Forlì, ti consacrò dicendo: - Lavora per Gesù -.

192 Sei a Cortemaggiore, poi vieni trasferito in obbedienza a Parma. Vi rimarrai per sempre.

Sei prima cappellano di Maria Annunziata. È mite la parola, zelante il ministero.

Poi vai nel Lambruschini, noto riformatorio. I giovani t’aspettano perché sei sempre allegro.

Ti affidano il carcere di San Francesco al Prato. Conosceranno tutti la tua bontà serafica.

Tu preghi e fai digiuno. Con umiltà consacri. Soccorri i bisognosi. Assisti quanti soffrono.

Nessuno sa che porti ai fianchi il cilizio. Tu muori nella strada per aiutare il prossimo.

193 64 Beata Eurosia Fabris Barban Terziaria francescana - Quinto Vicentino (Vi) 27 settembre 1866 + Marola (Vi) 8 gennaio 1932

Crebbe in una famiglia cristiana che ogni sera si riuniva per la recita del rosario. Da giovane si dedicò al lavoro, allo studio della Storia sacra, all’insegnamento del catechismo alle fanciulle nella parrocchia e all’arte del taglio e del cucito alle giovani. Sposò Carlo Barban, rimasto vedovo con due figlie in tenera età. Ebbe sette figli, come le aveva preannunciato la Ma- donna, apparendole nel Santuario di Monte Berico. A loro si aggiunsero altri tre orfani di una nipote, morta mentre il marito era al fronte nella Prima Guerra Mondiale. Della sua numerosa famiglia, sei figli scelsero la vita religiosa, gli altri la via del matrimonio. A tutti mamma Rosa insegnò a cercare senza sosta la volontà di Dio. Per loro, ella fu esempio di generosità: faceva da balia a bambini che le madri non potevano allattare, distribuiva latte e uova ai poveri, accoglieva in casa chiunque avesse bisogno di ospitalità. Madre cristiana, arricchita dalla spiritualità serafica del Terz’Ordine Francescano, che frequentava assidua- mente, consumò la sua vita, giorno per giorno, sull’altare della carità.

194 Eurosia Barban di Quinto Vicentino. Figlia di santa mamma, mamma di tanti figli.

Trasferita a Marola aiuti i genitori negli umili lavori. Ti chiamano “Rosina”.

Frequenti la parrocchia. Insegni il catechismo. Leggi la storia sacra. Sei ligia al Vangelo.

Avvii le fanciulle all’arte del cucito. Diviene la tua casa la scuola di bontà.

Aiuti Carlo Barban. Hai cura dei bambini. Squisita carità! Lo sposi in sante nozze.

La casa è benedetta. È nido d’innocenza con tredici bambini, che tieni come gigli.

195 Oh! Dentro la tua casa non girano i soldi, ma qui ci batte un cuore, che vale più del mondo.

Accogli i pellegrini, aiuti i poveretti, allatti i bambini, che sono d’altre mamme.

Ti disse a Monte Berico la cara tua Madonna: - Tu avrai sette figli, di più n’educherai.

Due preti e un francescano, suora e seminarista e gli altri con famiglie benedette da Dio -.

Figlia di San Francesco unisci povertà a dolce carità. Sei ricca di pietà.

Sei prima proclamata “Beata” in diocesi. Esempio delle mamme, onore della Chiesa.

196 65 San Leopoldo Mandic Sac. francescano cappuccino - Castelnovo di Cattaro (Croazia) 12 maggio 1866 + Padova 30 luglio 1942

La sua vita è stata caratterizzata dal contrasto tra la fragilità fisica e la grande forza spirituale. Entrò giovanissimo tra i Cappuccini di Venezia. Divenuto sacerdote, desiderava svolgere l’apostolato presso i Cristiani separati d’Oriente per favorirne l’unione con la Chiesa Cattolica. Il Signore aveva preparato per lui un campo più esteso delle terre d’Oriente. Dal 1909 al 1942, anno della morte, fu confessore nel convento di Padova, approdo sicuro per la rigenerazione di tante anime.

197 Qual è la tua patria, o San Leopoldo? Minuto nel corpo, gigante nell’anima!

Qualcuno ti dice che tu sei straniero. Sei figlio a Francesco e vivi a Padova.

Il cuore e l’accento ti fanno italiano. Ti piace parlare la lingua di Dante.

I tuoi confratelli ritengono un dono il vivere insieme a te, così buono.

È mite lo spirito; il gesto gentile, lo sguardo affettuoso, l’amore fraterno.

Un dolce ritratto qualcuno dipinge. Sei piccolo fiore nascosto, odoroso.

198 Accogli i fedeli nell’umile cella. Da mane a sera confessi e consigli.

Nessuno si stanca d’attendere il turno. È troppo prezioso l’atteso perdono.

Raggiungono il cuore le sagge parole. La grazia risveglia i santi propositi.

La testa sul petto qualcuno t’appoggia. È pioggia di lacrime, che lava e ristora.

Tu chiami Maria la cara “Paron”. T’affidi a lei insieme ai tuoi figli.

Sei giunto alla meta! O Vergine Madre, accogli il suo spirito. L’attende Gesù.

199 66 San Cesidio Giacomantonio Sac. francescano minore martire - Fossa (Aq) 30 agosto 1873 + Hoang-scia-wuan (Cina) 4 luglio 1900

Padre Cesidio è nel gruppo dei 29 martiri canonizzati da Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000. È chiamato il “protomartire della Cina”. L’ondata feroce di persecuzione scatenata nel 1900 in Cina dai boxers ha mietuto 20.000 martiri. Cesidio è ordinato sacerdote a Magliano dei Marsi nel 1897. L’anno successivo viene chia- mato a Roma dal padre Luigi Laner per una spedizione missionaria in Cina. Nei primi giorni del 1900, dopo quattro mesi di viag- gio, giungono a Heng-tciou-fu. Sono accolti con gioia dai missionari e dai fedeli. Parte per Tong-siang, dove c’è una comunità di 500 cristiani. È entusiasta, si prodiga, è amato da tutti. Per aria c’è minaccia di persecuzione. Scrive a casa: “Morire per la fede è un premio di Dio”. Si reca a Hoang-scia-wuan per incontrare padre Quirino, suo con- fessore. L’urlo degli scalmanati piomba all’improvviso. Incendiano la missione. Entrano, cercando i missionari. Padre Quirino è percosso, ma messo in salvo da alcuni cristiani. Padre Cesidio corre in cappella, e per evitare la profanazione, consuma le particole consacrate. Viene rag- giunto e barbaramente colpito con lance e bastoni. Ormai agonizzante, lo avvolgono con un panno imbevuto di pe- trolio e danno il suo corpo alle fiamme. Tre giorni dopo saranno martirizzati il vescovo Antonino Fantosati e padre Giuseppe Gambaro, anch’essi francescani. 200 Nel giorno del Battesimo tu sei chiamato “Angelo”. Ucciso per la fede, sei veramente un angelo!

Ancor fanciullo vai di buon mattino in chiesa. I frati ti aspettano, tu fai da chierichetto.

Finito, torni a casa con gli occhi luminosi, felice di portare nel tuo cuor Gesù.

I pii genitori ed i compagni a scuola hanno capito ormai che ti consacri a Dio.

Da Sant’Angelo d’Ocre tu vai a San Giuliano. Al noviziato prendi il nome di Cesidio.

Indossi il santo abito, t’immergi nello studio. Poi a Maglian dei Marsi diventi sacerdote.

201

Ti chiama a Roma subito padre Luigi Laner. Ardente missionario, tu parti per la Cina.

Padre Bonaventura è il caro tuo compagno, e dopo quattro mesi giungete a Heng-tciou-fu.

Cinquecento fedeli t’aspettano a Tong-siang. Le voci che ti giungono son di minaccia e morte.

Ad Hoang-scia-wuan cerchi Padre Quirino. La turba inferocita vi assale proprio qui.

Tu corri in cappella e il pane consacrato consumi, ad evitare che sia profanato.

Colpito dai bastoni tu cadi agonizzante. Cosparso di petrolio, ti danno alle fiamme.

202 67 Servo di Dio Marcellino da Capradosso Rel. francescano cappuccino - Ascoli Piceno 22 settembre 1873 + Fermo 26 febbraio 1909

Al secolo Giovanni Mao- loni, nasce da famiglia di conta- dini, laboriosi e timorati di Dio. Il fanciullo frequenta la chiesa. Volentieri si ferma a pregare. Crescendo, si renderà utile nel duro lavoro della campagna. Di giorno in giorno avverte più forte la chiamata alla vita umile e austera dei Cappuccini. Trova forte opposizione da parte del fratello. Superato anche questo ostacolo, all’età di 29 anni, entra nel convento di Fos- sombrone. Dopo la professione è assegnato al convento di Fermo. In qualità di fratello laico qui compie l’ufficio di portinaio, di ortolano e di questuante. A queste fatiche aggiunse mortificazioni e penitenze. Umiltà, obbedienza e carità sostanziarono e impreziosirono la sua vita. Era edifi- cante sempre. Spesso rimaneva la notte in preghiera. L’Eucarestia e la Madonna non erano solo pane e con- solazione del suo spirito, erano tutto. Fu inviato a Monte- giorgio per assistere un confratello malato di tubercolosi. Lì cadde infermo e morì all’età di 36 anni. La super virtutibus è stata consegnata il 7 lu- glio 1998, dopo concluso il Processo nel 1956 a Fermo. 203 Sei Cappuccino vero. In te non c’è doppiezza. Sei silenzioso e pio; sei generoso e mite.

Esiste il solo sì per farti tutto a tutti. Squisitamente aggiungi il limpido sorriso.

I confratelli sanno: sei loro provvidenza col procurare cibo e regalare gioia.

Sei portinaio affabile; la gente ti ringrazia. Sei ortolano in gamba, da lì ricavi tutto.

Ti mandan per la questua. Con la corona in mano e la bisaccia addosso, tu porti “Pace e bene”.

E pane e cacio ed olio ti danno pure i poveri. Tu dài in contraccambio il grazie e la preghiera.

204 Ottieni guarigioni nel nome di Gesù e sempre dài conforto nel nome di Maria.

Al Padre San Francesco affidi pene e lacrime per ottenere grazie a tribolati e infermi.

Il tuo rifugio è il coro, perfino nella notte, è lì che tu conversi con Dio e con i Santi.

Davanti al tabernacolo lo spirito s’eleva. Ti batte forte il cuore, non cerchi le parole.

Ti senti peccatore. Non sai che cosa offrire. Come gradito dono gli offri i peccatori.

A Montegiorgio assisti il confratello infermo. A Fermo viene a prenderti la Vergine Maria.

205 68 Beato Giacomo da Ghazir (Khalil Al-Haddad) Sac. cappuccino fondatore - Ghazir (Libano) 1° febbraio 1875 + Beirut 26 giugno 1954

Nel 1882 insegnava lingua araba in Egitto. Entrò nel convento cappuccino di Khashbau. A Yaaqub professò nel 1898 e fu ordinato sacerdote nel 1901. È assegnato al convento di Bab Idriss a Beirut. Lavorò con zelo nella città e nella campagna. Raccolse uomini e donne in un fiorente Terz’Ordine. Fondò la Congregazione: “Suore France- scane della Croce del Libano”. Durante la guerra organizzò mense distribuendo 18.000 pasti giornalieri. Aprì 24 orfanotrofi. Creò scuole avviando oltre 10.000 ragazzi e ragazze ad arti e mestieri. Aprì nei villaggi montagnosi del Libano 163 scuole, dove accoglieva 7.500 alunni. Camminava sempre a piedi fa- cendo di solito 30 Km al giorno, con la bisaccia dei libri del catechismo sulle spalle. Costruì ricoveri per anziani, mendicanti, orfani. Creò dispensari, ospedali e case di cura. Acquistò la collina di Jall-Eddib, detto il “Piccolo Cotto- lengo” con 1.000 posti letto. Eresse l’Ospizio di “Cristo Re” per il clero malato e anziano di qualunque rito, sulla collina di Zouk-Mosbeh, che domina la celebre “vallata dei Re”. Vi innalzò una croce di 12 metri. In ginocchio diceva ai superiori: “Non chiedo soldi ma solo il merito dell’obbe- dienza”. Spesso ripeteva: “Niente preghiera, niente grazie”. Creò 70 fraternità del Terz’Ordine con 8.000 iscritti. Altro suo detto: “Niente Cielo senza Croce!” Spirò baciando il crocifisso. Per la Causa di beatificazione hanno firmato oltre i cattolici, musulmani, ortodossi e drusi. Benedetto XVI l’ha dichiarato beato a Beirut il 22 giugno 2008. Il suo corpo riposa nella chiesa di “Notre Dame de la Mer” a Jall-Eddib, da lui costruita. 206 Sei stato definito tu, del lontano Libano, un nuovo Cottolengo o San Giovanni Bosco.

Tu porti in mezzo al cuore l’umanità inferma, e gli sbandati giovani, piangendo, a Dio riporti.

E quei fanciulli orfani? Li prendi dalla strada, li affidi a mani sante, perché ne abbian cura.

Gli ospedali erigi. Presenti ad ogni infermo il buon Samaritano: il nostro Salvatore.

E Palestina e Siria, e Libano ed Iran è terra di missione per operare il bene.

A Bab Idriss di Beirut fai rifiorir d’incanto il gruppo del Terz’Ordine, che schieri al tuo fianco.

207 A Jall-Eddib acquisti la splendida collina. Ci costruisci un tempio e la gran Croce innalzi.

È luogo di preghiera. Ne fai la casa adatta per sacerdoti anziani e bisognosi e poveri.

Le suore francescane, che chiami “della Croce” è l’amorosa schiera, che presta l’assistenza.

Per tutto l’Oriente si spande la tua fama. “Oh, io non faccio niente: la carità fa tutto!”.

Fatica e sofferenza è il prezzo d’ogni giorno. “E beh! Gesù l’ha detto: niente Ciel senza Croce!”.

Nell’ora estrema stringi il Crocifisso al petto, e guardi in ciel dicendo: - Signore, sono pronto -.

208 69 Beato Aniceto Adalberto Koplinski Sac. francescano cappuccino - Debrzyno (Polonia) il 30 giugno 1875 + Auschwitz (Polonia) 16 ottobre 1941

Aniceto Koplinski nacque in Preußisch-Friedland (Ger- mania), oggi Debrzyno (Po- lonia). Fu il più piccolo di 12 fratelli di una famiglia povera. Attratto dalla spiritualità dei Cappuccini, entrò nel lontano convento di Sigolsheim nel- l’Alsazia (nella Prussia tutti i conventi cappuccini erano stati soppressi), appartenente alla provincia Renano-Wesfalica. La svolta fondamentale della sua vita avvenne nel 1918 a Krefeld quando fu chiamato a riorganizzare la vita dei fedeli e dell’Ordine a Varsavia. C’era grande povertà. Egli per aiutare i fedeli percorreva a piedi le strade di Varsavia, chiedendo offerte e trascinando spesso pesanti pacchi. In alternativa aveva l’assiduo lavoro delle confessioni nella chiesa dei Cappuccini di Varsavia. La Gestapo decise di sterminare i Cappuccini. Padre Aniceto fu arrestato il 28 giugno 1941, insieme ad altri confratelli e rinchiuso nella prigione di Pawiak. Dopo atroci sevizie fu trasferito ad Auschwitz. Il 16 ottobre fu ucciso nella camera a gas. Giovanni Paolo II lo proclamò Beato il 13 giugno 1999. 209 Di dodici, sei tu, l’ultimo figlio. Sei nato nella Prussia occidentale, vicino al caro popolo polacco e come lor sei fervido cattolico.

Fanciullo buono e pio percepisci la voce del serafico Francesco. Ahimè! Il regime ha chiuso i bei conventi. Entrerai nel convento dell’Alsazia.

I buoni Cappuccini a Sigolsheim felici son d’accoglierti fra loro. Con gioia impari subito la Regola. A venticinque anni sacerdote.

Il primo apostolato è tra i più poveri. Con loro condividi la speranza. Sei operaio in mezzo agli operai. Con carità soccorri i bisognosi.

Appena liberati dallo Zar, sembrava che prendessero respiro, ma presto si ritrovano schiacciati dal micidiale rullo hitleriano.

Avesti tu l’incarico difficile di favorire l’unione e la pace, fra gente di Germania e di Polonia e coltivar la fede in entrambi.

210 Parlare al cuor dei ricchi per i poveri solo con la forza del Vangelo! A tutti procuravi un pane e un letto. Ai piccoli, biscotti e merendine.

Perfin da saltimbanco t’esibisci poi col cappello in mano tra la gente raccogli offerte da donare ai poveri. Ti chiaman “San Francesco di Varsavia”.

Mattina e sera il tuo confessionale raduna preti, vescovi e notabili. Qual penitenza dài al Cardinale? Un carro di carbone per i poveri!

Poi viene la Gestapo per l’arresto. - Io mi vergogno d’essere tedesco - - Sei vile traditore e morirai! - Insieme a venti frati ad Auschwitz!

Non hai più nome. Ormai sei solo un numero. Per cinque settimane fame e insulti. Marce forzate e cane che t’azzanna. Sfinito sei già pronto per la fossa.

Gettato vivo nella calce viva assisti allo sfacelo del tuo corpo. Tu muori come Cristo crocifisso: risorgerai con Lui nella gloria.

211 70 Servo di Dio Agostino Gemelli Sac. francescano minore - Milano 18 gennaio 1878 + 15 luglio 1959

Edoardo nacque in una famiglia atea e massone. Consegue la Laurea in Medicina all’Università di Pavia. Relatore della tesi è il premio Nobel Camillo Golgi. Si nutre di idee positiviste e anticlericali. Presta servizio militare nell’ospedale Sant’Am- brogio di Milano. Si incontra con Ludo- vico Necchi e padre Arcangelo Mazzotti che lo avvicinano al cattolicesimo. È de- luso dalla esperienza socialista. Bussa al convento france- scano di Rezzato, presso Brescia. Veste l’abito francescano col nome di Agostino. Il 14 marzo 1908 è ordinato sacer- dote. Nel 1909 fonda la “Rivista di filosofia neoscolastica” e quella di “Vita e Pensiero”. Sostiene con criteri clinici la soprannaturalità delle guarigioni di Lourdes in un pubblico contraddittorio. Durante il servizio militare fonda un labo- ratorio psicofisiologico presso il comando supremo del- l’esercito. Si occupa di psicologia sperimentale e applicata e professionale di antropologia. Fonda l’Università Catto- lica. Ottiene il riconoscimento pontificio dell’Università con il titolo di Rettore a vita. Guida avanzate ricerche su percezione, linguaggio, personalità. È nominato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Apre l’Uni- versità alle facoltà di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Lettere e Filosofia, Economia e Commercio e Magistero a Milano, Agraria a Piacenza. È nominato membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Nel 1944 pubblica la Psicotecnica applicata alle industrie e al lavoro per valorizzare la soggettività delle risorse umane, orien- tamento scolastico e professionale, condizioni carcerarie e la devianza giovanile. Nel 1958 porta a termine la facoltà di Medicina a Roma a lui intitolata. 212 Ti dedichi allo studio per diventare medico. È l’orizzonte aperto per fare tanto bene.

Ti fai stimare molto dai tanti tuoi colleghi, ma la filosofia ti complica la vita.

La verità ricerchi e arrivi fino a Cristo. Ora la mente spazia, come uccel nell’aria.

Intanto vai scoprendo un’altra libertà; quella di San Francesco in povertà e letizia.

Poi l’Università Cattolica fondasti per far marciare insieme la fede con la scienza.

Così la mente al cuore s’unisce nella pace e si fa posto al regno di Cristo Salvatore.

213 Lo sappia tutto il mondo, è medicina e medico Colui che può guarire insieme corpo ed anima.

Ti rende onor l’Italia. Ti sono grati i giovani. In Vaticano puoi acceder quando vuoi.

Tu sai che è in mezzo a due fronti. A titolo di scienza tu vai ad incontrarlo.

Lo stesso amor vi lega al Padre San Francesco. Per ambedue importante è l’obbedienza al Papa.

Non chiedergli, Agostino, d’esaminar le stimmate. Senza permesso esplicito gli è proibito farlo.

- Fratello, tu sei medico, ma frate come me. Facciamo l’obbedienza e Dio ci benedice -.

214 71 Beata Maria Assunta Pallotta Religiosa missionaria - Force (AP) 20 agosto 1878 + Shansi (Cina) 7 aprile1905

A causa della povertà della fami- glia, a sei anni lavora in un cantiere. Constatata l’intelligenza e la bravura della fanciulla, il sarto del paese l’as- sunse nel suo laboratorio. Decide di consacrarsi a Dio. Nel 1898 entra tra le Suore Francescane Missionarie di Maria. Resta qualche tempo a Firenze e a Roma. Il 9 luglio 1900 sette con- sorelle missionarie in Cina vengono martirizzate dai boxers. Maria Assunta chiede di partire col gruppetto che si accinge a raggiungere la Cina. L’iter di penitenza di Maria Assunta affonda le radici nella sua fan- ciullezza quando digiunava tre volte la settimana, condivi- deva coi poveri ogni cosa, assisteva gli infermi, indossava il cilizio e celava grosse pietre dentro il materasso. Questo stile di vita segue, compatibilmente con gli impegni della missione. Sceglie per sé gli uffici più pesanti. All’improv- viso è colpita da tifo e muore. Per tre giorni una fragranza celestiale invase la casa. Molti accorsero per constatare il misterioso fenomeno. In udienza dal Papa la superiora riferì di questo fenomeno. Il Pontefice esclamò: “Bisogna fare la causa e presto”. Lo stesso Pio X si interessò del Processo di beatificazione, seguirono molti miracoli. Nel 1913, esumato il corpo, fu trovato incorrotto. Il 7 novem- bre 1954 è stata proclamata Beata. 215 Fanciulla di sei anni, lavora nei cantieri; poi finalmente è assunta dal sarto del paese.

Si rifugiava a sera davanti all’altare. Sembrava un vero angelo rapita dal Signore.

Con quelli ancor più poveri condivideva i pasti. E dentro il materasso celava grossi ciottoli.

Tre volte a settimana digiuna a pane ed acqua. Nasconde sotto gli abiti i ferri del cilizio.

Da quando fu richiesta di dare all’uomo un bacio, decise di entrare in monastero subito.

Lasciò pertanto Force, e a soli venti anni, col cuore pien di gioia è suora francescana.

216 Son Suore Missionarie. Dopo Firenze e Roma si unisce a quel gruppetto, che parte per la Cina.

Rimpiazzeranno quelle perite nel martirio per volontà iniqua dei sanguinari Boxers.

È il turbinoso vento, che soffia sulla Cina, ed a milioni stronca la vita dei cristiani.

Lei generosa compie i più pesanti uffici e dentro la missione e nei villaggi intorno.

All’improvviso il tifo ne stronca la salute. Le buone consorelle l’assiston con amore.

Lei muore e per tre giorni un celestial profumo aleggia nella casa. È incenso dei Beati.

217 72 Padre Filippo da Borrello Sac. francescano cappuccino - Borrello (Ch) 15 maggio 1879 + L’Aquila 6 marzo 1959

Al secolo Giuliano Rago nacque da Antonio e da Pa- squarosa Di Nardo. Sacerdote cappuccino passò predicando in quasi tutte le diocesi e le città d’Italia. Fu più volte superiore della Provincia dell’Abruzzo. Fu amico familiare di molti vescovi e di vari pontefici. Era laureato in teologia, dotto in storia ecclesiastica, versato in lingua ebraica. Lettore di Diritto canonico a Na- poli. Schietto nel condannare abusi e rilassatezze da parte del clero. Si firmava: “Fra Filippo, servo inutile”. Molto devoto della Madonna. Era chiamato: “L’amico del popolo”. Esemplare nella più assoluta povertà. La lunga opera oratoria è conservata insieme al suo vasto epistolario nell’archivio provinciale dei Cappuccini a L’Aquila. Il M.Rev. Padre Antonio da Serramonacesca ha pub- blicato alcuni suoi scritti. 218 Quando gli orari te lo permettevano tu camminavi a piedi volentieri. Tu sorridendo spesso ci dicevi che quello è il caval di San Francesco.

La povertà serafica è pupilla di chi vuol somigliare a San Francesco. Dimesso vai e sempre ad occhi bassi. Avvolgi fra le dita la corona.

Con umiltà e gran semplicità di tanto in tanto vai dal Santo Padre. S’informa della tua predicazione. Ti benedice e sempre ti abbraccia.

Di anno in anno i vescovi t’invitano a predicar ritiri ed esercizi al clero della diocesi riunito e agli studenti di teologia.

Sei della Bibbia esperto esegeta e a memoria citi il Vangelo in greco, in latino ed in ebraico. Conosci i Santi Padri uno ad uno.

Tu parli col linguaggio dei Dottori. Tu predichi dei santi ogni giorno. Conosci d’ogni chiesa il Patrono e di ognuno fai il panegirico.

219 Ricordo che un anno ci parlasti del cuore di Gesù per sette giorni, ed ogni giorno su una invocazione tornavi quattro volte a meditare.

Quando dovevi nominar Gesù sembrava avessi messo il miele in bocca. E quando poi parlavi della Vergine il cuore traboccava di letizia.

Per meglio ricordar prendevo appunti, che spesso rileggevo nella stanza. Il tuo rifugio è sempre il tabernacolo. Davanti a Lui rimani notti intere.

- Se non avete soldi da nascondere lasciate pur la porta senza chiave -. In mezzo alla neve andavi scalzo con la splendente gioia del fanciullo.

Ero in giardino proprio accanto a te. Di colpo sei rimasto senza vista. Hai detto solo: - È finito l’olio! - Eri già pronto per tornare a Dio.

Già sono stati scritti i tuoi “fioretti”. Tu stesso a me qualcun ne raccontasti. Si tratta d’episodi che vivevi in umiltà e letizia cappuccina.

220 73 SdD Cirillo Giovanni Zohrabian Vescovo francescano cappuccino - Erzerum (Armenia) 25 giugno 1881 + Roma 20 settembre 1972

A diciassette anni entrò nel noviziato cappuccino a Costantinopoli. Studiò a Bug- già, dove fu ordinato sacerdote il 12 maggio 1904. Destinato alla missione del Mar Nero, precisamente ad Erzerum, sua città natale. Curò l’apostolato, l’insegnamento e i poveri per dieci anni. Costruì orfanotrofi, scuole e chiese. Era a Costantinopoli nel 1914 quando i Turchi decisero lo sterminio degli Armeni. Cacciato dal Collegio San Giuseppe dei Fratelli delle Scuole Cristiane, andò a dirigere il Collegio di San Luigi dei Francesi. I Turchi lo cacciano. Si dedica ai Greci del Ponto e dell’Anatolia. Lavora nei campi di concen- tramento dove erano molti prigionieri italiani. Celebrando in una baracca, la polizia turca lo arresta e il tribunale di Trebisonda lo condanna a morte. Condotto in carcere a Costantinopoli, viene assoggettato alla terribile tortura del “palahán”, cinque volte sessanta legnate sulle piante dei piedi. La sentenza fu commutata in esilio perpetuo. Diretto a Roma, l’arcivescovo di Corfù lo pregò di assistere gli Ar- meni dell’Egeo. Ad Atene ed altrove, senza mezzi, fondò colonie e scuole. Nel 1938 fu nominato ordinario degli Armeni dispersi in Grecia. Risultava sgradito al governo greco. Nel 1935 fu allontanato. Vi rientrò l’anno dopo. Nel 1938 il patriarca Agagianian lo nominò vicario patriarcale in Siria. Si dedicò al clero, ai giovani, ai poveri. Nel 1949 è arrestato e nel 1953 viene liberato con interdizione da tutto il territorio nazionale. Chiamato a Roma, si dedicò alle co- munità e alle colonie armene dell’Europa e dell’America Latina. Scrisse il libro delle sue “Memorie”. Morì a Roma ed è sepolto a Palermo nella chiesa dei cappuccini. È in atto il Processo di beatificazione. 221 Polacchi ed Armeni, non lo sapete ancora? Voi siete già schedati: delitto vostro è credere!

Tu appartieni agli ultimi, Cirillo Zohrabian. Rincorso da condanne dovrai andar ramingo.

Ma prima devi assistere al lugubre massacro dei genitori tuoi e del fratello prete.

Più volte io t’ho chiesto: - Mi narri quel martirio? - E tu mi accontentavi tra le furtive lacrime.

E mentre celebravi accanto a te pregavo: - Questo fratello, Dio, per noi è tua reliquia! -

Non sei l’ebreo errante ma il sacerdote santo, che con virtù eroica la morte vai sfidando.

222 E Grecia e Turchia ti han tenuto in carcere. Poi la condanna a morte, mutata in esilio.

Tu pronto e senza tregua percorri tutto il mondo per confortar gli Armeni, costanti nella fede.

Gregorio Agagianian ti vuole suo vicario; nella Gezira, in Siria. Sei consacrato a Beirut.

Tua prima cura è il clero. Tu costruisci chiese e raduni fedeli. Erigi tante scuole.

Hai palpitante amore per i dispersi giovani. La carità effondi su poveri e malati.

Scrivi le tue “memorie”, moderna epopea. Infin reclini il capo nel nome di Gesù.

223 74 Beata Angela (Aniela) Salawa Terziaria francescana - Siepraw (Cracovia Polonia) 9 settembre 1881 + Cracovia 12 marzo 1922

È l’undicesima di dodici figli. Educata religiosamente. Di virtù e di bellezza rara. Come la sorella mag- giore Teresa fa la domestica. A quin- dici anni è a servizio di una famiglia di Siepraw. Lavoro stressante: dall’ac- cudire i bambini, a fare pulizie, a fal- ciare l’erba, a zappare i campi. Il papà la spinge al matrimonio. Lei, attratta dalla preghiera, si comunica prestis- simo e poi inizia l’attività. Scriverà nel suo “Diario” che Gesù le appariva spesso con la croce sulle spalle e con la corona di spine sul capo; lei spontaneamente si volle con- sacrare a Lui. Incontra il padre Stanislao Mieloch gesuita, che diventa suo direttore spirituale. Lei, oltre al lavoro presso la famiglia Kloc in Cracovia, riunisce, istruisce, consiglia e dirige molte domestiche. Insidiata dal padrone, abbandona quella casa e si adatta a lavoro saltuario. Abita in una soffitta. Soffre freddo e fame. Intanto muore la so- rella maggiore Teresa alla quale Angela si appoggiava. Le visioni mistiche sono più frequenti. Entra nel Terz’Ordine Francescano. Ne professa la Regola nel 1913. Va come può negli ospedali per servizio volontario ai reduci feriti. Ricoverata nell’ospedale di Santa Zita in Cracovia, è as- sistita dalle amiche. Muore compianta da tutta Cracovia, che accorre ai suoi funerali. È stata beatificata da Giovanni Paolo II il 13 agosto 1991 a Cracovia. 224 Angela sei la mammola nel giardino di Dio. Eletta perché umile, confondi i superbi.

Tu di dodici figli arrivi la penultima. A dodici anni fai la Prima Comunione.

A quindici domestica in casa di Siepraw. Dall’accudire i bimbi al mietere e zappare.

Invano il tuo papà ti spinge al matrimonio. Nella famiglia Kloc lavori a Cracovia.

Sei bella e insidiata. Tu preghi e ti difendi. La tua sorella muore e tu non hai lavoro.

Nella virtù ti guida il Padre Stanislao. Riunisci e istruisci un gruppo di domestiche.

225

Intanto ti fa visita infermità ed angoscia. Gesù si fa vedere con la pesante croce.

Il tuo cuore è suo. Tu entri nel Terz’Ordine. Negli ospedali assisti i reduci feriti.

Dovunque ormai ti chiamano “la santa signorina”. Tu abiti in soffitta: estrema povertà!

Moltiplica Gesù le mistiche visioni. Il suo dolore mediti e l’ami sempre più.

Gesù Eucaristia ricevi ogni giorno, sempre distesa al letto e sempre più malata.

Compianta dalle amiche tu muori in ospedale. Cracovia si riunisce e prega intorno a te.

226 75 Beato Nicola da Gesturi Rel. francescano cappuccino - Gèsturi (Ca) 5 agosto 1882 + Cagliari 8 giugno 1958

Giovanni Angelo Salvatore Medda, futuro fra Nicola, era pe- nultimo di cinque figli. Frequentò le prime classi ele- mentari. Correva in chiesa appena i pe- santi servizi glielo permettevano. Trascorreva intere ore davanti a Gesù Sacramentato. L’amore per i poveri e la mor- tificazione in cui viveva lo porta- rono alla vita consacrata. Nel marzo 1911 entrò nel convento dei Cappuccini di Cagliari. Gli venne affidato l’incarico di questuante in alcune zone della città e nei paesi limitrofi. Sapeva ascoltare, consigliare e confortare. Da “frate cercatore” divenne “frate cercato”. Visse eroicamente le virtù francescane.

227 O caro Fra Nicola per tutti sei beato; sei per noi confratello e bravo cappuccino.

Perdi a cinqu’anni il padre, a tredici la madre. Fai prima il contadino poi porti il gregge al pascolo.

Il pane e la minestra è tutto il tuo guadagno, la stalla per dormire. Di più tu non esigi.

A ventinove anni entrasti nel convento. Addetto alla cucina, ma scarso è il rendimento.

Sei questuante a Cagliari, laddove Sant’Ignazio ti precedette in fama di grande santità.

Per trentaquattro anni tra caldo, freddo e pioggia nell’umiltà più schietta, svolgesti il duro compito.

228 Insulti e sgarbatezze, sberleffi e sghignazzate ti lancian ragazzacci. Tu taci ed offri a Dio.

Infine fu vittoria: con la pazienza santa, la compostezza affabile e il mite tuo silenzio.

La gente ormai t’aspetta. T’accoglie col sorriso. Ti offre l’elemosina. Ti chiede chi non ha.

Ognuno ti confida necessità e pene e spera nell’aiuto di tante tue preghiere.

Si sa che sono i poveri i tuoi privilegiati; e accorri sempre subito al letto dei malati.

Soccorri notte e giorno la bombardata Cagliari. Il tuo saluto estremo: - Non ce la faccio più! -

229 76 Servi di Dio Sergio Bernardini e Domenica Bedonni Sposi - Terziari francescani Sergio - Sassoguidano (Mo) 20 maggio 1882 + Verica (Mo) 12 ottobre 1966 Domenica - Verica (Mo) 12 aprile 1889 + Verica (Mo) 27 febbraio 1971

I coniugi, terziari francescani e Coopera- tori Paolini, hanno dato vita ad “una famiglia più unica che rara”. Hanno avuto 10 figli, di cui otto hanno vestito l’abito re- ligioso: sei suore e due sacerdoti frati Minori Cappuccini, fra Sebastiano e fra Germano, divenuto poi vescovo di Smirne in Turchia. Animati da una grande fede, dopo aver accolto “tutti i figli che Dio mandava”, hanno adottato anche un semi- narista nigeriano, chiamato poi a servire la Chiesa come Vescovo. Mentre i figli si spandevano nella vigna del Si- gnore, hanno continuato la loro vita, dediti alla preghiera, al lavoro nei campi e alla carità. Nella loro casa sempre una mensa per i poveri, un aiuto per chi era nella necessità. Una santità quotidiana, vissuta in 52 anni di matrimonio, nel dono reciproco, nell’obbedienza alla volontà di Dio, nell’educazione cristiana dei figli.

230 Fra le montagne ardite di Pavullo venne al mondo Sergio Bernardini: onesto, laborioso, praticante. Convola a nozze con la cara sposa.

In poco tempo sette lutti in casa: mamma, papà, fratello, tre figli e la diletta sposa. Soffre e prega. Di nuovo si riforma la famiglia.

È religiosa l’ottima Domenica. Ritorna bella e piena la nidiata. Fra tutti sono dieci e benedetti. Sono i tesori di mamma e papà.

Tra stenti, sacrifici e povertà sono accuditi e bene educati. È tanta la dolcezza e la premura. Tutto si fa nel nome del Signore.

Ma c’è un bambino negro da adottare. Esulta la famiglia e l’accoglie. E Felix cresce come tutti loro. Addirittura vescovo sarà.

Correndo dietro cronache attuali, non sembra più adatto ai nostri tempi l’amore coniugale e la famiglia ed il Vangelo stesso obsoleto.

231 Son cinque ai nostri giorni in Italia le coppie esemplari per virtù e degne dell’onore degli altari. Fra questi sono appunto i Bernardini.

Nel diario di Domenica leggiamo: - Ogni cosa mi parla del Signore. La sua bellezza bacio nella rosa. Dio m’ha dato i figli, mia corona.

Vorrei gridare forte alle mamme: oh!, quale dono! quale grazia e gioia si può godere insieme ai propri figli! Ho chiesto questo a gloria del Signore.

Per essi vocazione chiedo a Dio perché nel mondo portino Gesù. Ed ora ai figli dico: siate santi! E a Gesù: Signore, sono tuoi! -

Io dico grazie a te, mamma Domenica. Il tuo Germano, vescovo di Smirne, ci ha accolti come San Francesco e insieme a lui abbiamo lì pregato.

È stato consacrato dal tuo Felix ed ora annunzia Cristo in tutto il mondo. O mamma Domenica e papà Sergio, vi doni Dio la gloria dei Beati.

232 77 Serva di Dio Armida Barelli Terziaria francescana - Milano 1° dicembre 1882 + Marzio (Va) 15 agosto 1952

Nasce da famiglia borghese e laica. Studia a Menzingen (Svizzera) in un collegio delle Suore Francescane della Croce. Apprende le verità della fede cristiana. Intelligente, vivace e raffinata, respinge varie proposte di matrimo- nio e si dedica generosamente alla cura degli orfani e dei detenuti. Nel 1910 incontra Padre Agostino Gemelli, che diviene suo direttore spirituale e l’associa alle sue iniziative sociali. Diviene apostola in tanti campi. Collabora alla fondazione dell’Università Cat- tolica. Lavora nella “Rivista di Filosofia Neoscolastica”. Durante la Prima Guerra Mondiale fu segretaria del Comi- tato di consacrazione dei soldati al Sacro Cuore di Gesù, di cui era devotissima. Diresse la Rivista “Vita e Pensiero”. Il card. Andrea Carlo Ferrari la incaricò di fondare l’asso- ciazione della “Gioventù Femminile d’Azione Cattolica” da affiancare a quella maschile. Ne divenne la Presidente. Papa Benedetto XV la nominò Presidente Nazionale della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Percorse più volte la penisola per organizzarla e in poco tempo l’as- sociazione superò il milione di iscritte. Ottenne da Pio XI nel 1924 l’istituzione della Giornata Nazionale dell’Uni- versità Cattolica che prevede la raccolta di fondi in tutte le parrocchie d’Italia. Affiancò l’attività elettorale della De- mocrazia Cristiana. Ogni suo sforzo era teso a valorizzare l’emancipazione, la cultura e la dignità della donna. De- dicò gli ultimi sforzi a sostegno della Facoltà di Medicina e del Policlinico Gemelli. È colpita dalla paralisi alla mano destra e perde la sua bella voce. Il suo corpo riposa nella cappella dell’Università Cattolica di Milano. Nella diocesi di Milano è in corso il Processo di beatificazione. 233 Sei perspicace e bella, vivace e raffinata. Le suore francescane ti guidano a Gesù.

Ti batti per la donna, la sua dignità, le sue risorse immense e la sua fede in Dio.

La forza femminile raccogli in un esercito che patria e religione insieme sa difendere.

Tu scrivi, parli ed operi con forte intelligenza col fuoco del Vangelo con gioia francescana.

Cominci da Milano, la gioventù ti segue. In breve tempo sono già più di cinquemila.

Poi ripetutamente percorri la penisola. Le donne che unisci diventano milioni.

234 Sostieni la battaglia perché le donne abbiano ormai diritto al voto in ogni elezione.

Tu brami le missioni, il papa ti risponde: “L’Italia è la missione che t’ha affidato Dio”.

Alla “Regalità” dài vita con Gemelli e l’”Università Cattolica” fondate.

Nel corso della guerra promuovi un comitato che affidi i soldati al Cuore di Gesù.

Dal papa ottenesti che in tutte le parrocchie si raccogliesser fondi per l’Università.

Morendo preghi ancora: - Gesù ti dò la vita perché nel mondo venga il tuo santo Regno -.

235 78 Servo di Dio Padre Giuseppe Bocci Sac. francescano cappuccino - Sant’Elpidio a Mare (AP) 15 marzo 1885 + Pesaro 23 novembre 1974

Ancora adolescente sentì e coltivò la vocazione all’Ordine Cappuccino. Seguì con slancio la lunga trafila di preparazione sacerdotale. Furono tre i cardini del suo apostolato: il ministero delle confessioni, la direzione spiri- tuale di tante anime, la promozione e l’attività per le vocazioni religiose e sacerdotali. Aveva una carica interiore che imprimeva efficacia al suo apostolato tra i giovani. Con- segnava ad essi il desiderio delle virtù e del servizio nella vita consacrata per diffondere il regno di Dio e aiutare il prossimo a camminare nella via della salvezza. La Pro- vincia Picena e l’Ordine deve a lui immensa gratitudine. L’Eucaristia e la Madonna formavano la sorgente inesau- ribile della sua energia e del suo fervore. A Pesaro istituì “l’Opera delle vocazioni”. Fondò anche un Istituto di con- sacrate nel mondo: le “Volontarie francescane delle voca- zioni”. Morì a Pesaro quasi novantenne. Il suo corpo riposa nella chiesa cappuccina di Pesaro, dove dimorò per 46 anni. Il processo diocesano per la beatificazione si concluse felicemente il 25 novembre del 2000 alla presenza di S. Ecc. Mons. Angelo Bagnasco, al- lora Arcivescovo Metropolita di Pesaro. 236 O caro confratello, Padre Giuseppe Bocci, semplicità e zelo formava il tuo binomio.

E quando celebravi, e quando confessavi, e quando predicavi: edificante sempre!

Celare col sorriso stanchezza e sofferenza è proprio un segreto, che piace ai veri santi.

E quando sale il tono di vane discussioni con uno sguardo amico richiami a cortesia.

La carità fraterna curavi attentamente. Al conversare arguto tu eri sempre pronto.

Se di Gesù e Maria, oppur di San Francesco, tra noi si ragionava, gioivi come un bimbo.

237 Quando sei tu a scandire le Ave del rosario, ci sveli il conversare con la celeste Mamma.

Nei giorni di missione la sua bellezza spieghi, e del suo cuore infondi il più squisito amore.

Prepari le sue feste con rigorose veglie, ed offri a Lei felice il personal digiuno.

Nel confessar sei guida sincera e disarmante. La via del Cielo additi e di virtù la brama.

Nel centro del tuo cuore ci son le vocazioni! È questa la missione, che ti consuma e incanta.

Tu vuoi vedere i giovani a schiere intorno a Cristo. Per essi è il grande invito: “Venite tutti a me!”.

238 79 SdD Fra Cecilio Maria Cortinovis Rel. francescano cappuccino - Nespello (Bg) 7 novembre 1885 + Bergamo 10 aprile1984

Pietro Antonio Cortinovis è il set- timo di nove figli. Famiglia di contadini. Pietro Antonio fino a 22 anni ha pasco- lato il gregge e lavorato nei campi. Per andare a scuola doveva percorrere lun- ghi sentieri tra i boschi. Nel 1896 riceve la prima Comunione e da quel giorno ri- mase innamorato dell’Eucaristia. Entra nel 1908 tra i Cappuccini. A Lovere veste l’abito e prende il nome di fra Ce- cilio Maria. Passa da Lovere ad Albino, a Cremona, infine approda a Milano Monforte, ora Viale Piave. Vi rimarrà quasi tutta la vita. Ha scritto per obbedienza il Diario dove racconta varie esperienze mistiche. Nel 1914 fu colpito da meningite e guarì per intercessione del Beato Innocenzo da Berzo. Fece erigere il monumento a San Francesco nel 1926 e l’artista scelse il volto di fra Cecilio. Fu esonerato dal servizio militare per la salute cagionevole. Diviene l’apostolo dei poveri. Fa costruire una struttura adeguata per accoglierli e offrire loro una mensa decorosa. Prefettura e industriali di Milano fanno affluire tonnellate quotidiane di viveri per i poveri di Fra Cecilio. Preghiera e sofferenza l’accompagnano sempre. Al suo letto di infermo i fedeli d’ogni ceto e vescovi e sacerdoti, fanno la fila da mattina a sera. Muore nell’infermeria provinciale di Bergamo. Il suo corpo riposa nella Chiesa di Monforte a Milano, vicino alla sua Opera. Il processo diocesano per le sue virtù si concluse positivamente il 10 aprile 1995. 239 Di nove figli settimo, tu pascolando il gregge o lavorando i campi, trascorri la tua vita.

Ogni mattina arrivi con lungo viaggio a scuola e tutte le mattine trascorri un’ora in Chiesa.

Giorno di paradiso la prima Comunione. Gesù nel cuor ti lascia la bella sua chiamata.

T’accolgono a Lovere e vesti il santo abito. Ti chiamerai per sempre, fra Cecilio Maria.

Da Lovere ad Albino, da Cremona a Milano, sei lieto di servire nei compiti più umili.

L’ufficio di sacrista ti è il più gradito, perché ti lascia a lungo vicino al tabernacolo.

240 Colto da meningite sei vicino a morire. Il Beato Innocenzo t’ottiene guarigione.

Chiamato alle armi sei presto esonerato perché ai duri sforzi non regge la salute.

Nell’esperienza mistica ti fa vedere Dio le anime in attesa dell’eterno giudizio.

Erigi il monumento al Padre San Francesco; l’artista si ispira al tuo sereno volto.

Ma il monumento grande lo fanno a te i poveri. Per loro hai costruito la tua accogliente casa.

Troviamo nel tuo diario la luminosa mensa, che dà conforto al cuore e dà ristoro all’anima.

241 80 San Pio da Pietrelcina Sac. francescano cappuccino - Pietrelcina (Bn) 25 maggio 1887 + San Giovanni Rotondo (Fg) 23 settembre 1968

È un grande santo italiano. È un grande santo francescano. Dalla terra del nostro sud, ricca ancora di onestà, di fede genuina e di forte tradizione re- ligiosa, Padre Pio si è affacciato sulla scena mondiale per ricon- fermare la potenza della grazia di Cristo e la perennità del mes- saggio evangelico affidato alla Chiesa. Quando nella sua vita di sacerdote si sono manifestati carismi e segni eccezionali di santità, è sorto da un lato un popolo immenso di sin- ceri ammiratori e devoti, dall’altro una banda accanita di gratuiti denigratori. Anche alcuni uomini di Chiesa hanno stentato a capire. La sua vita è stata un martirio ricolmo di preghiera, ca- rità e immolazione. Le stimmate per cinquant’anni, la Casa Sollievo e i Gruppi di Preghiera intrecciati ad un eroico apostolato sacerdotale, parlano al mondo. La Chiesa l’ha proclamato Santo, invitando i fedeli a imitare il suo esempio e ad affidarsi alla sua interces- sione. La raccolta delle sue lettere in quattro volumi è una preziosa fonte di dottrina ascetica e di esperienza mistica. 242 O Padre, che mi hai amato tanto da prender sulle spalle la mia croce, da sempre io t’ho visto eccelso santo; sei proclamato adesso a gran voce.

Ti circondò di dubbi e diffidenza l’autorità. Poi finalmente ha visto la misteriosa e bella confidenza, che nel tuo cuor ripose Gesù Cristo.

Fanciullo in te rifulge la purezza, ch’è profumato fior di paradiso. Ti dà il pregare mistica dolcezza, che di superna luce accende il viso.

Quando ti rechi a piedi verso i campi c’è quel cosaccio, là, sul ponticello: - Oh, questa volta proprio non la scampi! Da tanto che t’aspetto, santarello! -

La mamma Peppa t’ha spiegato tutto: - Oh, dell’inferno non temere tu. È solo la dimora di quel brutto; vicino a te c’è sempre il buon Gesù -.

Quando rimani sol nel campicello ti si presenta lurido serpente. La notte stai in quel di tuo fratello, lì, ti percuote assai ferocemente.

243 Sul seggiolone preghi fino a tardi seguendo con lo sguardo il bel tramonto. Tu chiedi al buon Signor che scagli dardi su te e annulli al mondo il grave conto.

Ti fan corona gli Angeli di Dio, mandati a te da tanti figli tuoi. Ascolti con la mente e il cuore pio e li consoli sempre più che puoi.

T’attende a San Giovanni la tua Verna. Come per San Francesco e il buon Gesù - la volontà si compirà superna - per sempre crocifisso anche tu.

S’aggiungeranno tanti altri doni; s’aggiungeranno tante altre pene. A chi t’offende o accusa tu perdoni e spanderai nel mondo tanto bene.

Confessionale e altare i due poli donde tu trai l’intrepida costanza. Col cuore traforato in alto voli per consegnare al mondo la speranza.

Hai seminato ovunque rose e gigli: l’amor succhiasti dal cuor di Maria. Or grida il grande esercito dei figli: “Con Cristo e con la Chiesa. Così sia”.

244 81 Beato Sinforiano Felice Ducki Rel. francescano cappuccino martire - Varsavia (Polonia) 10 maggio 1888 + Auschwitz (Polonia) 11 aprile 1942

Religioso professo del- l’Ordine dei Frati Minori Cap- puccini a Varsavia, fu un uomo semplice, dedito alla preghiera e alla questua, pieno di carità verso i bisognosi. Arrestato insieme ad altri confratelli dalla Gestapo, sop- portò privazioni e sofferenze nel lager di Auschwitz. Morì martire della ferocia nazista, mentre difendeva eroi- camente alcuni prigionieri as- saliti a manganellate dai tedeschi. Riuscì a salvarne diversi. Prima di morire fece il segno di croce sui suoi aguz- zini.

245 Auschwitz, tu sei l’inferno della terra. Tu sei pagina nera della storia. Ti concepì diabolico intelletto. Raccapricciante è ciò che in te avvenne.

Il fuoco che bruciò le carni umane ha invidiato l’acqua che non arde. Ed il fetor che corre tutto intorno vorrebbe pur morire con i morti.

Vittime del gas, ceneri disperse non è possibile darvi una croce! Siete voi stessi simbolo di Cristo, che vi darà la vita senza fine.

L’eterno premio, martiri, a voi per questa fine tragica nel tempo. Temo che non avrà una speranza, chi vi ridusse in carcere per odio.

Quando si passa in mezzo alle baracche ti stringe il cuore il freddo della morte. Per non uscire solo col dolore conviene alzare a Dio la preghiera.

Occhiali, scarpe, protesi, vestiti, pareti nere e fetide di muffa, fotografie e nomi di scomparsi, memoria, mai potrai dimenticare!

246 Beato Sinforiano cappuccino, arrestato con gli altri ventidue, fosti portato prima a Pawiak e poi in questo campo di sterminio.

Non pane ma la fame e le percosse fungevan da razione quotidiana. La crudeltà spietata e senza limiti patita con la forza della fede.

I sette mesi sembrano infiniti. Ormai la morte scende lentamente. Lo legge ognuno sul volto dell’altro. Tutta la vostra forza è la preghiera.

Ma quella sera sotto i vostri occhi il gruppo dei soldati carcerieri vollero dar spettacolo di sé nel trucidar gli inermi prigionieri.

Floriano, assai robusto li difende. Su tutti traccia il segno della croce. Viene colpito in testa con la spranga. Cade ma poi si rialza e benedice.

Quell’intervento salva i suoi compagni e lui raggiunge il forno crematorio. Hanno potuto dire i confratelli: - Signore, accogli in Cielo il tuo servo -.

247 82 San Massimiliano Maria Kolbe Sac. francescano conventuale martire - Zdunska-Wola (Polonia) 8 gennaio 1894 + Auschwitz 14 agosto 1941

Massimiliano Maria Kolbe nasce in Polonia a Zdunska Wola nel 1894 da geni- tori cristiani che poi entrano nel Terz’Or- dine Francescano. Massimiliano studia tra i frati Minori Conventuali. Terminato l’anno di noviziato fu mandato a Roma dove si laureò in Filosofia e in Teologia alla università Gregoriana. Viene ordinato sacerdote il 28 aprile 1918. A Roma fu colpito dalla tubercolosi. Fondò la “Mili- zia dell’Immacolata” associazione soprat- tutto giovanile, che si proponeva la conversione del mondo per mezzo di Maria. Tornato a Cracovia fondò il giornale “Il Cavaliere dell’Immacolata”. A Varsavia, grazie ad una generosa donazione, fondò la Niepokalanow, “la città di Maria”. In breve divenne una grande tipografia che sforna milioni di copie. Un’altra ne fonda in Giappone a Nagasaki, dove stampa “Il Cavaliere” in lingua giapponese. Chiama ebrei, protestanti e buddisti a collaborare. Eresse una casa a Ernakulan nell’India occidentale. Nel 1939 i nazisti di- strussero la tipografia di Niepokalanow e imprigionarono gli oltre 40 frati. Il 19 settembre del 1939 furono portati nel campo di sterminio di Auschwitz. P. Massimiliano fu asse- gnato a trasportare i cadaveri al forno crematorio. Sostenne e confortò i compagni di prigionia. Pregava e cantava nelle ore della notte. Si offrì vittima al posto di un altro prigio- niero condannato per decimazione alla morte. Morì strin- gendo la mano e dicendo “Ave Maria” al soldato nazista che gli propinava la mortale iniezione di acido fenico. Le sue ceneri finiranno nel crematorio. È stato canonizzato il 10 ottobre 1982 da Giovanni Paolo II. 248 Massimiliano Kolbe, francescano, soldato di Maria Immacolata, martire, figlio di martire terra, immenso onore esserti fratello.

In unità d’amore coi tuoi cari. Tedeschi e Russi in un tirare a sorte hanno ridotto a pezzi la famiglia e diviso a brandelli i vostri corpi.

La Gregoriana a Roma per lo studio, filosofia e poi teologia. La tisi attacca a fondo i tuoi polmoni. Vuoi conquistare a Cristo tutto il mondo.

Ti viene in soccorso la Madonna. Già: “La Milizia dell’Immacolata”. E parti con la stampa in grande stile: “Il Cavaliere dell’Immacolata”.

Oh! Certamente il primo d’essi tu. Ti segue poi l’esercito di frati, che insieme a te s’impegna con ardore per affidare il mondo a Maria.

Con il terreno avuto dai Lubecki, affiancato dai tanti volontari e i generosi giovani amici, la “Città di Maria” prende il volo.

249 Con l’obbedienza giungi nel Giappone. Da Nagasaki parte nuova stampa. In varie lingue e copie senza numero “Il Cavaliere” arriva in tutto il mondo.

E dopo la fatale bomba atomica ebrei, buddisti e molti protestanti divennero tua voce per gridare il bisogno di pace a tutti i popoli.

Ma irrompe la tragedia e la Polonia è invasa dai Tedeschi e dai Russi... La tua “Città” è tutta smantellata, diventa sol rifugio dei feriti.

Sei arrestato insieme ai confratelli e presto sei nel campo di sterminio. Ora “sediciseicentosettanta”, trasporti i cadaveri nei forni.

Qualcuno fugge: la decimazione! Ti offri per un padre di famiglia. I tuoi compagni sono disperati! Tu li trasformi in gruppo di preghiera.

Esplode l’odio e l’ira dei carnefici: un’iniezione spegne i vostri cuori. O grande “Cavaliere di Maria”, la tua parola fu “Ave Maria”.

250 83 Serva di Dio Maria Costanza Panas Clarissa cappuccina - Alano di Piave (Bl) 5 gennaio 1896 + Fabriano 28 maggio 1963

Quando i genitori si trasferirono in America, fu affidata allo zio sacerdote. Venne educata presso le suore Canos- siane a . Poi studiò nel Collegio Sant’Alvise di Venezia fino a conse- guire il diploma di maestra. Qui subì l’influsso di criteri laici. Ebbe la libertà di leggere di tutto. Più tardi la definirà mentalità “corrottissima”. Insegnò a Conetta (Ve) e a Cona nel 1914 in- contrò uno zelante sacerdote, che la ricondurrà sulla via della virtù. Decise di farsi suora. Quando riuscì a superare l’opposizione dei familiari, accompagnata dal suo direttore spirituale, l’oblato padre Luigi Firtz, entrò fra le Cappuc- cine di Fabriano. Vestì l’abito e prese il nome di Maria Costanza. Felice dei più umili servizi: portinaia, cuoca, guardarobiera e giardiniera. A 31 anni fu nominata maestra delle novizie e nel 1936 fu eletta Badessa. Ai tre voti tradi- zionali aggiunse quello di abbandono totale a Dio, dell’of- ferta di sé per le anime del Purgatorio, per compiere ciò che risultava più perfetto. Promise di scrivere “solo di Gesù e per Gesù”. Aveva qualità di scrittrice, poetessa e pittrice. Intorno al ‘50 ebbe una forte miopia e pleurite ostinata e nel 1959 si aggiunse l’artrite deformante progressiva nelle mani, nelle braccia e nei piedi. Seguì nel 1960 una forte asma bronchiale, che la costrinse a letto per sempre. Per tutte queste sofferenze ringraziava Dio insieme alle conso- relle. Offrì la sua vita per il Concilio Vaticano II. Dopo tre anni e tre mesi di sofferenze morì. I suoi resti riposano dal 1977 nella chiesa del monastero di Fabriano. È in corso il Processo di beatificazione. 251 I genitori emigrano; ti educa lo zio, zelante sacerdote. Poi studi a Venezia.

Va bene scuola pubblica, ma pesa il giogo laico, e quando capirai tu proverai i brividi.

Città della laguna, Venezia offre moda. È l’abbagliante idolo, che illude troppi giovani.

Col tuo bel diploma insegni a Conetta, e qui Gesù ti manda un santo sacerdote.

Riscopri qui il Vangelo: il codice di vita. Tu spesso leggi e mediti e inizi a pregare.

Prometti a Gesù, che in tutta la tua vita tu “scriverai di Lui e scriverai per Lui”.

252 Da Padre Fritz guidata, aspiri al monastero. Cerchi le Cappuccine, ti rechi a Fabriano.

E come Santa Chiara, devi fuggir da casa, perché contrari i tuoi a questa decisione.

Tu presto indossi l’abito e sei Maria Costanza; felice di pregare, felice d’obbedire.

Tu ami praticare gli umili servizi. Gesù ti riempie il cuore e tu ne riempi il mondo.

Eletta sei badessa ma dici che sei l’ultima. Aggiungi altri voti ai tre già professati.

La lunga malattia e i tanti libri scritti diventan testamento: dolore fatto amore.

253 84 Maria Veronica del SS.mo Sacramento Clarissa cappuccina - Ferrara 16 novembre 1896 + 8 luglio 1964

È battezzata il 17 novembre col nome di Maria Cesira. Nel 1915 entra nel monastero delle Cappuccine. Nel 1919 emette i voti solenni. Cade malata ed è ricoverata nell’in- fermeria del monastero. Il 24 gennaio 1922 riceve l’Olio degli Infermi. Le appare la Ma- donna assicurandola che guarirà. In aprile le appare Gesù proponendole di scegliere: “Le- tizia o dolore”. Lei dice: “Preferisco la vo- stra santa Passione”. Il 14 agosto la Madonna le mostra un Crocifisso e dice: “Questo sia il tuo modello”. Nel 1923 guarisce miracolosamente dalla nefrite tubercolare e dal- l’infezione renale. L’otto giugno fa voto di compiere sem- pre ciò che ritiene più perfetto. Il 26 dicembre tiene fra le braccia il Bambino Gesù. Nel 1926 si impegna a seguire la “Piccola Via” di Santa Teresa del Bambino Gesù. Nel 1933 le febbri salgono tanto da spezzare più volte il termometro. Il 9 luglio Gesù le dice: “Tu sei una di quelle anime, che io più intimamente associo alla mia opera redentrice”. Il 4 novembre Gesù si lamenta con lei per la tiepidezza delle anime consacrate. Nel 1935-31 agosto - Gesù le spiega come Egli, pur nel gaudio eterno, soffra con gli uomini in modo mistico. 1936: smette di scrivere il “diario” perché scaduto il termine dell’obbedienza. Nel 1945 assicura alla superiora che Ferrara non sarà bombardata. Il 19 maggio 1964 le viene diagnosticato un tumore al cervello. A giu- gno perde la parola ed è colpita da paralisi ad una gamba. Riprende l’uso della parola solo per rispondere al rito del- l’Unzione sacra. Giorno 8 luglio, la campana suona i vespri di SantaVeronica Giuliani. Spira con un sorriso dicendo: “Grazie, Mamma!”. Aveva 68 anni, 49 di religione. 254 Ferrara dei Pelasgi t’accoglie nel tuo nascere. Anziano è il tuo papà e giovane la mamma.

Da questo umano dramma tu esci quasi anonima. Poi finalmente avviene il passo della grazia.

A quindici anni tu sei figlia di Maria. A diciannove sei Clarissa cappuccina.

Diventi finalmente la sposa di Gesù. È tua sapiente mamma la Vergine Maria.

A ventisei t’ammali fin quasi a morire. T’appare la Madonna dicendo: “Guarirai”.

Due vie ti presenta l’amato tuo Gesù: letizia e dolore, lasciando a te la scelta.

255 Tu scegli la passione e Lui è tuo modello. Poi torna a te Bambino e te Lo stringi al cuore.

Sovente la tua febbre fa a pezzi il termometro. Ricevi l’Olio Santo, ma poi continui a vivere.

Tu qual modello scegli la Santa di Lisieux, e volentier fai voto del più perfetto agire.

Intorno a te si crede che tu sei visionaria, finché il Signore stesso la verità dimostra.

Visitatrice vai da un monastero all’altro, felice d’esser serva di tutte le sorelle.

I confessori t’obbligano a scriver le visioni. Appena terminato per obbedienza muori.

256 85 Servo di Dio Umile da Genova Sac. francescano cappuccino - Genova 21 aprile 1898 + 9 febbraio 1969

Nasce da famiglia borghese; si diploma giovanissimo in ragioneria. Lavora ne “Il Credito Italiano” e poi nella “Cassa di Risparmio”. A 20 anni entra fra i Cappuccini col nome di Fra Umile. È sacerdote nel 1925. Mandato a Roma presso la Univer- sità Gregoriana, si laurea in Filosofia e Teologia. Per un ventennio insegna nello studentato cappuccino di Genova. Si dedica ad intensa attività di predicazione e direzione spirituale e a pubbli- cazioni storiche e ascetiche. È nominato Giudice del Tri- bunale ecclesiastico ligure; Vice postulatore nel Processo canonico della Serva di Dio Maria Francesca Rubotto. Nel 1945, appena la guerra, si dedica all’assistenza dei bam- bini abbandonati. Fonda la Congregazione delle Piccole Ancelle di Gesù Bambino che si prendono cura dei piccoli accolti nella casa “Sorriso Francescano”. Quest’Opera si stende in breve tempo a Savona, La Spezia e altrove. Nel 1960 riceve dal Presidente della Repubblica la medaglia d’oro per “L’istruzione e l’educazione infantile”. Riceve anche il premio “Fronda d’oro” dall’Azienda di Soggiorno di Chiavari. Infortunato per una caduta, riceve una visita di Padre Pio alle 16,30 del 22 settembre 1968. Suor Ludovica va per portargli del tè. È colpita dal tipico profumo. Padre Umile conferma: “È venuto a salutarmi perché sta per vo- lare al Cielo”. Per gravi problemi cardiaci Padre Umile si spegne presso il “Sorriso Francescano”. Fu tumulato prov- visoriamente nella tomba della famiglia Beretta, in attesa della traslazione nella chiesa dei Cappuccini. Nel 2000 si concluse il processo diocesano. È Servo di Dio. 257 Con santità e sapere trascorri la tua vita in esemplar servizio a Cristo ed alla Chiesa.

L’impegno nello studio e nell’insegnamento fu pari all’amore, che ben ti lega a Dio.

Quale moneta d’oro tu spendi il sacerdozio nel celebrar la Messa e nel guidar le anime.

L’autorità t’affida i più gravosi uffici e tu li adempi sempre con fedeltà assoluta.

E del Vangel ch’annunci vibrante è la parola. Traspare in te l’ardore del limpido profeta.

Tu sei sicura guida di chi s’affida a te. Il bel sentiero tracci, che porta a santità.

258 Or di Gesù Bambino le “Piccole Ancelle” son pronte a curare i bimbi abbandonati.

È questa la bell’Opera: “Sorriso francescano”, che sorto in Liguria, si spande pure altrove.

Va lode ai confratelli, che danno il loro aiuto. Tesori sono i piccoli, amati da Gesù.

Ricevi pur dagli uomini medaglie prestigiose, ma ti allieta il cuore il premio del Signore.

È ventidue settembre dell’anno sessantotto. T’appare Padre Pio per l’ultimo saluto.

Suor Ludovica sente il tipico profumo e tu le dai conferma. Sia lode e gloria a Dio.

259 86 Servo di Dio Padre Damiano Giannotti Sac. francescano cappuccino - Bozzano (Lu) 5 novembre 1898 + Recife (Brasile) 31 maggio 1997

Padre Damiano, missionario cappuccino a Pernambuco, in Bra- sile, muore a 99 anni di età, dopo 66 anni di vita missionaria. Il Pre- sidente decreta tre giorni di lutto nazionale. La sua giornata iniziava alle quattro. Celebrava l’Eucaristia sem- pre circondato da numerosi fedeli. Confessava oltre trecento persone al giorno. Viaggiava sempre a piedi e col crocifisso sul petto. Conversioni e gua- rigioni nessuno le poteva contare. Per giornate intere non mangia e per notti intere non dorme. Ha la “passione” per le anime. È l’apostolo del Brasile, quasi una leggenda. Alla fine rimane in coma per due settimane. Giornali, radio e televisioni annunciano: “O frei Damiano morreü”, Padre Damiano è morto. I funerali vengono celebrati nello stadio di “Arruda”. Ci sono 50.000 fedeli, i Superiori del- l’Ordine, 12 vescovi e 138 sacerdoti. L’Arcivescovo di Olinta e Recife, che presiede l’Euca- ristia, mostra alla folla i sandali e il crocifisso del missio- nario, come simbolo della sua fede e delle sue fatiche. La salma è stata tumulata in Recife nella piccola chiesa dedicata a Nostra Signora delle Grazie.

260 Indossi come frate il saio cappuccino. “Passione per le anime” è scritto nel tuo cuore.

A Pernambuco aspettano, ma aspetta il Brasile. Tu vali un esercito, perchè sei sempre in moto.

Andando senza sosta annulli le distanze. Sul petto il crocifisso ai piedi rozzi sandali.

Tu vinci fame e sete; al sonno non dai retta. Rimane tuo segreto da dove prendi forza.

È quella Santa Messa, che celebri all’alba. È quella folla immensa, che prega insieme a te.

Tu parli di Gesù e parli di Maria. È pane che dà gioia l’Eucaristia che doni.

261 La resistenza pieghi. Con la parola sciogli i grovigliosi dubbi. È bella la tua fede!

Frequenti sono i segni con cui conferma Dio l’attesa che tu susciti, la pace che prometti.

I penitenti accorrono da te per confessarsi. Più di trecento al giorno tu ne rimetti in grazia.

I culti idolatrici spariscono al tuo arrivo, e tante chiese sorgono per adorar Gesù.

Il romitorio adatti a ufficio delle poste. Nella cappella accogli amici e penitenti.

Il grido del Brasile: “Padre Damiano è morto!” Sessantasei colombe per gli anni di missione!

262 87 Beata Maria Teresa Kowalska del Bambin Gesù Clarissa cappuccina martire - Varsavia (Polonia) 1902 + Dzialdowo (Polonia) 25 luglio 1941

Clarissa cappuccina po- lacca, morì nel campo di con- centramento di Dzialdowo, dove era stata portata insieme alle sue consorelle. Si offrì vittima al Signore, perché esse potessero ritornare salve nel monastero. La sua preghiera fu ascol- tata. Due settimane dopo la sua morte, le monache furono libe- rate. Il papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 13 giugno 1999.

263 Son centotto i martiri dei campi di sterminio proclamati beati dal Papa di Polonia.

Son preti, suore e vescovi e semplici fedeli. È lì Maria Teresa, clarissa cappuccina.

Il padre socialista si trasferisce in Russia. Difende i comunisti e milita fra loro.

Maria Teresa ha fede e prega intensamente. Giovanissima scrive: “Il libro della vita”.

Novizia esemplare per quanto molto gracile. Le voglion molto bene e gode tanta stima.

Confessa nel suo diario, che vuol sacrificare gli anni della vita per convertire i suoi.

264 Ha scritto i suoi pensieri e i fervidi propositi di vera santità. Ritiene d’esser l’ultima.

L’ora non è lontana della sua immolazione. Per questa vuol salvare tutte le consorelle.

L’esercito nazista invade la Polonia. Son trentasei le suore; son tutte deportate.

A Dzialdowo si muore. Maria Teresa è inferma. Ha la tubercolosi e perde molto sangue.

La febbre si scatena. Nessuna medicina. Assenza d’ogni igiene nel più angusto spazio.

Ripete qui l’offerta perché le consorelle escano tutte salve. Per lei: la cremazione!

265 88 Serva di Dio Maria Consolata Betrone Clarissa cappuccina - Saluzzo (Cn) 6 Aprile 1903 + Moncalieri (To) 18 luglio 1946

Maria Consolata Be- trone, al secolo Pierina Be- trone, nacque in una modesta famiglia, con la quale si tra- sferì a Torino nel 1917. Il 17 aprile 1929 entra nel monastero delle Clarisse Cappuccine, e prende il nome di suor Maria Consolata. La sua vita diventa ogni giorno “una storia d’amore”, un col- loquio tra Gesù e lei, conti- nuo, intenso. “Gesù, Maria, vi amo: salvate anime” con questa invocazione faceva continui atti di amore per portare le anime a Gesù. Morì a 43 anni in sanatorio dopo essersi offerta vit- tima per la pace, per la Chiesa e i sacerdoti; il suo corpo è tumulato nella cappella esterna del monastero del Sacro Cuore di Moncalieri. Dall’8 febbraio 1995, è in corso la Causa di canoniz- zazione.

266 - Sono venuto a portare l’amore e voglio ch’esso infiammi tutti i cuori. Mi fanno un Dio terribile e lontano. Io sono in mezzo a voi perché vi amo.

Tu fai sapere al mondo il mio messaggio. Lo stesso mio comando è solo amore. Oggi, domani e sempre chiederò ai miei fratelli il dono dell’amore.

La schiavitù d’amore, Consolata, è libertà suprema dello Spirito; felicità che non conosce limiti e rende ognor più simili a Me.

O Consolata, cerca tu la via. La chiameremo “via piccolissima” perché di certo adatta a tutti quelli, che cercan con sincero cuore Dio -.

Ed ecco che ti sgorga dal profondo l’umile, ardente e semplice preghiera: - Gesù, Maria, vi amo, sì, salvate le anime -. Salvare è la missione!

Il giorno della prima Comunione: “Vuoi esser tutta mia?” - Gesù, sì -. E Lui sarà il tuo pane quotidiano. Il tuo bel Paradiso sulla terra.

267 E venne a te Teresa di Lisieux. Avesti fra le mani la sua “storia”. S’accese nel tuo cuore la scintilla. - M’hai dato tu, Gesù, la mia gemella -.

Vita d’amore! Canto alla vita! Nel mondo, mai del mondo, attendi l’ora. Vai Cappuccina presso Borgo Po. Percorrerai “la via piccolissima”.

Hai nome Consolata e veramente consolazioni, grazie e gran fervore riversa Dio nell’anima obbediente. Cammini sulle orme del Serafico.

- T’affanni ancor per troppe cose tu -, suonò così la voce di Gesù. - Storia d’amor dev’esser la tua vita. O Consolata, devi consolarmi! -

Comincia poi la via del Calvario. T’immoli per la Chiesa e i sacerdoti. Li chiami tuoi fratelli e li vuoi santi. Del salmo della vita resta l’Amen!

- Gesù ed io ci vogliamo tanto bene. M’ha detto, guarda in cielo, Consolata, fra tutti i santi sei “la Confidenza” -. Bambina, godi il Regno coi più piccoli!

268 89 Venerabile Egidio Bollesi Terziario francescano - Pola 24 agosto 1905 + 25 aprile 1929

Secondo di nove figli, visse 23 anni. Durante la Prima Guerra Mondiale fu profugo a Rovigo, poi in Ungheria e in- fine in Austria. Tornato a Pola fonda gli Scout cattolici. A 13 anni lavora nei cantieri navali. A 15 legge la vita di San Fran- cesco ed entra nel Terz’Or- dine Francescano. Nel 1925 è chiamato al servizio di leva sulla nave da battaglia Dante Alighieri. Qui organizzò un gruppo di preghiera e di rifles- sione. Da questi uscirà Guido Foghin, che si farà france- scano e andrà missionario nel Tibet; fra l’altro scelse per sé il nome di “Egidio Maria”, a ricordo dell’amico. Egidio, licenziato, trovò lavoro di disegnatore tecnico nel cantiere navale di Monfalcone. Aiutò famiglie povere e si diede all’assistenza dei bambini e fanciulli analfabeti. Nel 1927 rientra a Pola. È sempre sereno e gioviale e cristianamente accetta la malattia della tubercolosi, che in due anni lo porterà alla morte. Sepolto nell’isola di Barbana, sulla sua tomba si legge un pensiero di Santa Teresa di Lisieux di cui era molto devoto: “Viver d’amore è navigare - ognora gioia spargendo - e riso attorno a me”. Nel 1997 Giovanni Paolo II lo ha dichiarato Venerabile. 269 Tu figlio sei di Pola, o caro e buon Egidio, già da fanciullo profugo in Ungheria ed Austria.

Studiar ti piace molto e a scuola fai profitto. Ti chiama poi la guerra e parti sulla nave.

Già prima di partire lavori nei cantieri. Coi tuoi compagni formi il folto gruppo Scout.

A scuola ed in famiglia nel gioco e fra gli amici di professar sei lieto la fede in Gesù.

Di San Francesco leggi la vita che t’incanta ed entri nel Terz’Ordine per esser suo figlio.

Quest’ideal ti apre al mondo con amore, e il suo messaggio con entusiasmo lanci.

270 Or sulla nave armata ti senti un po’ smarrito. Comprendi che la guerra è fabbrica di morti.

E volentieri formi con i migliori amici un gruppo di preghiera e di confronto saggio.

Guido Faghin tra questi sarà buon francescano e missionario in Tibet, prendendo il tuo nome.

Tornato a casa vai disegnatore tecnico di nuovo fra i cantieri naval, a Monfalcone.

Gli emarginati e i poveri ti chiamano “fratello”. Ad essi il tuo guadagno e tutto il tuo affetto.

T’ammali e torni a Pola. Fu vana ogni cura. Si spegne nel sorriso la tua giovinezza.

271 90 Servo di Dio Padre Mariano da Torino Sac. francescano cappuccino - Torino 22 maggio 1906 + Roma 27 marzo 1972

Lascia la cattedra di Lettere classiche al Mamiani di Roma e si fa Cappuccino. A chi gli chiede perché ha scelto il nome di “Mariano” risponde: - Per onorare Colei cui tanto devo. Penso con gioia, che ogni volta che fanno il mio povero nome, risuona qualcosa di Lei -. Fu con- ferenziere in Italia e all’estero. Parlò nei cinema, nei teatri, nelle piazze. Dal 1955 al 1972, anno della sua morte, parlò in TV con tre rubriche: “La posta di Padre Mariano” con cui entrava nei problemi e nelle situazioni di singoli; “In famiglia” per ricordare il calore e le virtù della famiglia; “Chi è Gesù” per riproporre al mondo di oggi le parole, i gesti, i passi e i miracoli del Salvatore, in- fondendo tanta fede e speranza in Lui. Insegnò nei licei di Tolmino, Pinerolo, Alatri e Roma (Umberto I e Mamiani). Il Cardinale vicario lo nominò Presidente della Gioventù Romana di Azione Cattolica, tra le cui fila aveva militato fin da giovane. Fu cappellano di vari ospedali romani e del carcere di Regina Coeli. Trascorse i suoi anni nel convento cappuccino dell’Immacolata Concezione, in Via Vittorio Veneto 27 a Roma. Qui morì il 27 marzo 1972 e qui sono conservati i suoi resti. La sua tomba è meta di molti devoti e ogni venerdì è ricordato con preghiere particolari, perché era il giorno delle sue trasmissioni televisive. Il 29 giugno 1996 è stata pubblicata la “Positio super virtutibus”. È di- chiarato “Venerabile” il 15 marzo 2008. Padre Mariano è ricordato come “il frate della TV”. Affermava: - Pregare non è molto parlare, ma molto amare -. - Aiutiamoci ad amare: è l’unica cosa che conta nella vita -. 272 “Pace e bene a tutti” è il tuo bel messaggio condito di sorriso e penetrante sguardo.

Col saluto serafico, col saio cappuccino e la fluente barba annulli la distanza.

Con gli occhi su di te ti stanno lì a guardare. Attenti nell’ascolto, nutriti di conforto.

Ti scrivono le lettere, rispondi con amore. E pieno di saggezza arriva il tuo consiglio.

Col cuore parli al cuore e spieghi con bontà quant’è amato ognuno dal Padre ch’è nei Cieli.

Sulle tue labbra scorre il nome di Gesù, e i tanti suoi prodigi si mutano in carezze.

273 Il libro del Vangelo è codice di vita. È accanto a ognun di essi Gesù, che parla ancora.

Tu entri nelle case e porti la speranza. Consegni la tua “posta”, ci lasci con Gesù.

Ci porti in Terra Santa sui passi di Gesù. Ogni parola e gesto rimane dentro il cuore.

Se parli di Maria riveli quanto l’ami. Tu trai sapienza e amore da Lei ch’è tua sorgente.

In cinema e teatri, in cattedre e in piazze, in carcere ed ospedali, tu hai portato Dio.

Ti benedice ancora l’amato Padre Pio. Insieme adesso in Cielo Gesù vi stringe al cuore.

274 91 Beato Fedele Gerolamo Rel. francescano cappuccino martire - Lòd (Polonia) 1° novembre 1906 + Dachau (Germania) 9 luglio 1942

“Nel nostro secolo sono ri- tornati i martiri, spesso scono- sciuti, quasi militi ignoti della grande causa di Dio. Per quanto è possibile non devono andare perdute nella Chiesa le loro testi- monianze” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio Adveniente). Tra i testimoni della Fede, vittime del regime nazista, c’è il giovane Fidelis, frate minore cappuccino di origine po- lacca, deportato nel campo di concentramento di Dachau, dove con la fame, le privazioni, il lavoro faticoso e ogni sorta di persecuzione, i tedeschi annientavano l’umanità dei prigionieri. Fedele sopportò tutto con coraggio, con serenità, con- fidando sempre nel Signore. Ai suoi compagni, poco prima di spegnersi, disse: “Ar- rivederci in cielo!”

275 Sei giovane educato, sei molto intelligente. Amato dai compagni, stimato dagli adulti.

Lavori con impegno nelle poste statali. Sei membro esponente dell’Azione Cattolica.

Combatti contro l’alcool col gruppo degli amici. Terminato lo studio: servizio militare.

Un’arma e una divisa, che fanno solo peso e una disciplina, che spesso inaridisce.

Convento di Varsavia: terziario francescano. T’è prediletto amico il Beato Koplin.

Nel trentatré indossi il saio cappuccino col nome di “Fedele”. T’immergi in San Francesco.

276 Un anno a Nowe Miasto poi vai a Zakroczyn. Teologia a Lublino. Ma ecco già la guerra.

Qui muore la speranza del tuo sacerdozio. L’esercito nazista va operando stragi.

Venticinque gennaio novecentoquaranta: brutalmente arrestato: Castello di Lublino!

Poi nel concentramento: Sachsenhausen di Berlino. Lager! Demolizione della persona umana.

Il comando dispone: convoglio preti e frati, si parte per Dachau, Monaco di Baviera.

Fedele … verso il forno! Gaetano Ambrozkiewiez ricorda il suo saluto: … - Ci rivedremo in Cielo! -

277 92 S. Alfonsa dell’Immacolata Concezione Clarissa - Arpukara (Kerala India) 19 agosto 1910 + Bharananganam (India) 28 luglio 1946 Ultima di cinque figli, nacque di otto mesi a causa di uno spavento preso dalla mamma che, mentre dormiva, fu avvin- ghiata da un serpente. Morirà dopo tre mesi, affidando la bambina ai nonni. Nel battesimo le misero il nome di Annakutty (Amata). Fu istruita e bene educata nella fede. A cinque anni nella “stanza della preghiera” riuniva tutti i fanciulli. A sette anni riceve la prima Comunione. A chi la vede tanto giu- liva, spiega: “Sono felice perché ho Gesù nel cuore”. Più tardi confesserà: “Dall’età di sette anni non sono più mia”. Resistette tenacemente ai ripetuti tentativi della zia, che voleva obbligarla al matrimonio. Per sfregiare il proprio corpo mise i piedi in una fossa di brace accesa. Spiegò: “Se il mio corpo fosse stato sfregiato nessuno mi avrebbe voluto”. Lottò a lungo per difendere la propria vocazione. La definiva: “Dono del mio Dio”. Il confessore, padre Giacomo Muricken la indirizzò alle Clarisse. Al noviziato prese il nome di Alfonsa dell’Immacolata Concezione. Fu colpita da sofferenze morali e gravi malattie, come emor- ragie al naso e agli occhi, piaghe purulente alle gambe e deperimento organico. Guarì perfettamente dopo una no- vena al Beato Padre Kuriakose Elia Chavara, Carmelitano. Si impose norme rigorose personali di vita e di penitenza, oltre l’osservanza della Regola. Ridondante di letizia pur tra sofferenze e penitenze. Si aggiunsero febbre tifoidea, polmonite doppia, collasso nervoso e spavento alla vista di un ladro. Soffriva in silenzio. Nel 1945 ci fu come uno scoppio violento dei suoi mali. Un tumore diffuso in tutto il corpo, convulsioni con vomito trasformarono l’ultimo anno di vita in un’agonia. Morì santamente il 28 luglio 1946. Fu beatificata nel 1986 e canonizzata il 12 ottobre 2008. 278 Tu nasci prematura. Tre mesi dopo muore la tua cara mamma. Ti affida ai tuoi nonni.

Ti parlan di Gesù. T’insegnano a pregare. Lì spensierata vivi la tua fanciullezza.

Ancora tanto piccola insegni ai bambini preghiera e catechismo. Con loro sei felice.

Di matrimonio parlano, ma tu respingi tutti. Tu senti già la voce di Dio che ti chiama.

Perché sei tanto bella le nozze or t’impongono. Per sfigurarti entri in un braciere ardente.

Il confessor ti guida dalle Clarisse a Palai. Annakutty diventa Alfonsa di Maria.

279 Oppressa dal malessere t’indebolisci molto. Puoi soltanto fare catechismo ai bambini.

Dal naso e dagli occhi inizia emorragia, e purulente piaghe tormentano le gambe.

Sopporti queste croci, pregando notte e giorno; ne fai serena offerta sempre gradita a Dio.

A chi ti compatisce, rispondi con fermezza: - Ritengo sia perduto il giorno senza croce -.

Nel cuore l’innocenza. Sul viso la letizia. Felice tu ti nutri del Corpo di Gesù.

Agli occhi della gente quel corpo consumato è già una reliquia. Sarai novella santa.

280 93 Servo di Dio Luigi Lo Verde Chierico francescano conventuale - Tebourba (Tunisia) 20 dicembre 1910 + Palermo 12 febbraio 1932

“Voglio farmi sacerdote religioso; nel mondo io non ci voglio stare. Mi faccio religioso per farmi santo”. Queste le parole di Luigi ai genitori quando a dodici anni entrò tra i Frati Minori Conven- tuali. Pur avendo un carattere vi- vace, spiccava per la sua obbe- dienza e la semplicità di cuore. L’Eucarestia, la Croce, la Madonna erano i suoi punti di luce. Visse un periodo di aridità spirituale che superò ag- grappandosi a Gesù. Colpito da una grave anemia e forti cefalee, soppor- tava e offriva con gioia la sua sofferenza. Muore sorridendo a 21 anni.

281 Tebourba, presso Tunisi è luogo di tua nascita, i tuoi, palermitani, vi sono residenti.

Presto torni a Palermo. La gaia fanciullezza e gli innocenti giochi, fra gli altri il più vivace.

T’impegni nello studio. Fai sempre buon profitto, e senza gelosia, aiuti i tuoi compagni.

Dai genitori apprendi le verità di fede e sei di buon esempio agli altri in parrocchia.

S’accende nel tuo cuore la sacra vocazione. - Il mondo non mi piace, mi faccio religioso -.

Va dai Conventuali. Prima a Mussomeli e poi a Montevago: felice più che mai.

282 Il nome di Filippo si cambia in Luigi. Al Padre che lo guida: - Io voglio farmi santo! -

Son tante le battaglie che vive nello spirito. Con obbedienza e fede è sempre vittorioso.

Sostegno alla virtù: Gesù Eucaristia, l’amore della croce, la Vergine Maria.

A Noce di Palermo per la filosofia. Incomincia a star male: tremende cefalee.

Riceve in tanta gioia gli Ordini Minori. Inutile il ricorso a intense terapie.

Configurato a Cristo, consuma il suo Calvario. E mentre muore esclama: - È dolce il mio passaggio! -

283 94 Fra Nazareno da Pula Rel. francescano cappuccino - Pula (Ca) 21 gennaio 1911 + Cagliari 29 febbraio 1992

Nacque da famiglia contadina e fino a 25 anni si dedicò al lavoro dei campi e all’allevamento delle mucche, che poi commerciava. Allo scoppio della guerra è già in Africa Orientale dove realizza un fiorente ristorante. Si arruola nell’artiglie- ria, conseguendo il grado di sergente. Fu fatto prigioniero dagli inglesi e portato nel Kenia, dove rimase fino al 1946. Tornato in Italia, trova lavoro in una società di pullmans. Desidera consacrarsi a Dio e va a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio. La prima sera viene accolto bruscamente. Restò vari giorni in affettuosa familiarità con Padre Pio, che gli disse: “Sì, Dio ti vuole figlio di San Francesco, ma nella tua Sardegna. Farai molto bene, e io ti sarò sempre vicino”. Veste l’abito il 23 settembre 1951, col nome di fra Nazareno. Visse in vari conventi sempre umile e servizievole, paziente e ge- neroso. Usa grande carità verso tutti, specie verso i poveri e gli infermi. Gode gran fama di santo. I prodigi si molti- plicano. Nel 1986 fu mandato a Cagliari dove rimase fino alla morte. Ai funerali accorsero folle da tutta la Sardegna. Ha lasciato una raccolta di “Pensieri e raccomandazioni” di Fra Nazareno”. È la sintesi della sua amorosa sapienza francescana. Usava dare a piccoli e grandi “la caramella”, che spesso era il piccolo veicolo di grandi prodigi. Sono stati scritti vari opuscoli su di lui: “Fra Nazareno porti- naio”, “Fioretti di Fra Nazareno”, “Bilocazioni”, “La rosa di Fra Nazareno”. Infinite sono le testimonianze di grazie e aiuti ottenuti per sua intercessione. L’arcivescovo Ottorino Pietro Alberti, che celebrò il funerale, vero trionfo di fede, ha confortato i fedeli, augurando che “la Chiesa non tardi a dire la sua parola autorevole sulla santità di questo umile frate cappuccino”. 284 Giovanni, da ragazzo tu passi tanti giorni a pascolar le mucche e a lavorar la terra.

Or nel timor di Dio sei tranquillo e libero d’unire la fatica e l’umile preghiera.

Nell’Africa Orientale ti rechi e metti su quel noto ristorante, che attira tanta gente.

Poi scoppia la guerra. Tu ti ritrovi al fronte. Sei preso prigioniero; finisci giù nel Kenia.

Col grado di sergente devi dare buon esempio. La prigionia è dura! A tutti dài coraggio.

Tornato ti sistemi con un lavoro a Cagliari. Poi vai, nell’Anno Santo, per giubileo a Roma.

285

Ti chiama il Signore e vai da Padre Pio. Non t’abbracciò la sera ma solo il giorno dopo.

- Io vorrei farmi frate e rimaner con lei -. - Figlio di San Francesco sì, ma nella tua Sardegna.

Io ti sarò vicino e tu farai gran bene -. E frate Nazareno fa l’obbedienza e prega.

Ovunque accoglie gente. Si reca dai malati. Da un convento all’altro la storia si ripete.

Ti dice dov’è il male; ti tocca e sei guarito. Parole di conforto; continue profezie.

Soffrendo in silenzio, raggiunge ormai la vetta. - A voi Gesù e Maria, affido la mia anima -.

286 95 Padre Guglielmo Gattiani Sac. francescano cappuccino - Castel di Casio (Bo) 11 novembre 1914 + Faenza (Ra) 15 dicembre 1999

Entrò nel noviziato dei Cappuccini a Cesena. Emise nel 1930 la professione semplice e l’8 dicembre del 1935 la profes- sione solenne. Fu ordinato sacerdote il 22 maggio 1938. Dal ‘39 al ‘46 è insegnante, vicedi- rettore e padre spirituale nei seminari di Faenza, Lugo, Ravenna e Cesena. Era molto amato dai giovani, ai quali d’insegnamento era la vita virtuosa e santa. Fino al 1980 è a Cesena come direttore spirituale dei novizi e delle Cappuccine. Fondò la “Fraternità France- scana Secolare dell’amore vicendevole ed universale”, tra- smettendo il suo spirito serafico e la ricerca continua della vita evangelica. Alla morte del padre Filippo Zamboni viene messo come confessore nella Cappella del Santis- simo Crocifisso di Faenza. Confessa dalla mattina fino alle ore 19,30 con la breve interruzione per il pranzo. Il lunedì ha l’obbligo del riposo ma in realtà è legato al telefono fino a notte inoltrata per rispondere ai suoi penitenti. Problemi, tribolazioni e sofferenze vengono riversati nel suo cuore di sacerdote. La notte trascorre molte ore a pregare per le anime, che si sono affidate a lui. Era felice d’aver ricevuto l’abbraccio e la benedizione da Padre Pio. Si ispirava alla mitezza e carità di Padre Leopoldo. Spesso ripeteva: “Non si turbi il vostro cuore”. Nella sua umiltà diceva di non saper pregare, né lavorare, né amare. Mai dalla sua bocca una critica. Tutti sapevano, a cominciare dai confratelli, di poter contare sulla sua dolcezza e comprensione. Passò sei mesi nella Terra di Gesù per raffinare la sua imitazione del Salvatore. Si spense da buon samaritano, come operaio della divina misericordia nel 1999. 287 O buon Padre Guglielmo, la tua figura splende nel centro del mio cuore. Ti chiamo e gioisco.

Come le centinaia dei penitenti tuoi, che con pazienza e gioia facevano la fila.

Ognuno col fardello di colpe e di speranze. Ognuno affida a te il tremendo bagaglio.

Così quel peso è tolto ed il penitente porta a casa il tuo perdono, segno di quel di Dio.

Non conti le persone, non conti più le piaghe, ormai lo sguardo fissi sui loro cuori affranti.

Tu della grazia sei ministro delizioso. Attingi in abbondanza e in abbondanza doni.

288 Guardando il Crocifisso, tu stesso hai conforto e dalle ferite aperte bevi misericordia.

Insieme a Gesù Maria a te sorride come a premiar l’amore che dài ai peccatori.

Tu corri in Palestina a ritemprar lo spirito. C’è il gaudio di Betlemme, e il grido del Calvario.

Per te non vuoi riposo. Per te non vuoi ristoro. È l’unico ristoro il consolar Gesù.

Nell’ora della Messa ti offri insieme a Lui. Nell’ora della morte ripeti ancor l’offerta.

Maria, la nostra Mamma, Francesco, nostro Padre , per mano t’han condotto nel regno dei Beati.

289 96 Olga Pavan Fondatrice - Mestre (Ve) 20 settembre 1919

Vive la sua fanciullezza a Bolzano. Il papà morì nel 1937, la mamma nel 1960. Presto morirono i due fratelli. Restò sola con le due sorelle più piccole. Andò a Milano per lo studio. Nel 1942 sposò un capitano, che morì quasi subito nel- l’ospedale militare di Napoli. Nel 1948 va con un gruppo di amici giornalisti ad Assisi e da lì a San Giovanni Rotondo. Nel 1951 si confessa da Padre Pio. La terribile emicrania che l’aveva costretta a girare grandi ospedali, scompare. Nel 1955 lascia di nuovo il Nord e torna a San Giovanni rotondo. Dopo quattro mesi Padre Pio le dice: “Vai a Roma e lavora per il Signore, fa’ i Gruppi di Preghiera”. “Padre, io sono ignorante”. “Se sei ignorante, impara”. Fondò il primo Gruppo nella chiesa dei Cappuccini di Via Veneto. Gesù la chiama a fondare un’Opera con voce insistente. Nel 1978 è sulle rive del Garda. Nel 1981 in Terra Santa, a Betlemme riceve luce. Va a Messina da Padre Tomaselli. Nel 1988 formò il primo Gruppo ad Augusta. Nel 1990 costituì a Roma presso un notaio l’associazione “Piccola Famiglia di San Francesco e Padre Pio”. Pregando davanti al Crocifisso di San Damiano aveva sentito chiaramente queste parole: “San Francesco riparò la mia Chiesa e Padre Pio la rinnoverà”. Sorgono case sul Colle Baccaro di Rieti, in Torricella Sabina, sulle colline di Torricelle a Verona (2001). Finalmente il 12 aprile 2005 S. Ecc. Mons. Flavio Roberto Carraro ha eretto in associazione privata di fedeli la “Piccola Famiglia di San Francesco e Padre Pio” e ne ha approvato lo Statuto. La consacrazione del primo gruppo avviene il 4 dicembre 2010. Sono dunque piccoli cenacoli di preghiera e di per- fezionamento spirituale per tutti i membri dell’Opera. 290 Sei benedetta, Olga. La tua è via Crucis, ma non ancor la vetta. Sei in mano a Padre Pio!

Ti guida lui dal Cielo. Tu sii strumento docile. La “botta” te l’ha data; la linea è tracciata.

- È per la Santa Chiesa -. Così ti è stato detto: - La riparò Francesco, e Pio la rinnova -.

E quando gli dicesti: - Io sono ignorante -, che ti rispose il Padre? - Sei ignorante? Impara! -

È certo che continua dal Cielo la missione! È opera di Dio e il tempo non la ferma.

La tua barchetta batte da uno scoglio all’altro, ma fino adesso è sana e sana resterà.

291

Ti chiama “Figlia mia”, e tu che vuoi di più? Ricordi i tuoi singhiozzi vicino alla sua bara?

Ero davanti a te. Noi tutti figli suoi, col cuor ridotto a pezzi, ci scioglievamo in lacrime.

È lui quel Padre buono, che nutre con l’amore e sferza con rigore, ma non ti lascia mai.

Ti senti sballottata ma in seno a tua madre! Perfino un suo schiaffo è gesto dell’amore.

O Olga, sei “famiglia”. Di che temere ancora? - Erigo - ha detto Flavio - e approvo lo Statuto -.

Dal Papa benedetti portate il gran “messaggio”. A tutti annunziate il regno dell’amore.

292 97 Servo di Dio Raffaele da Mestre Sac. francescano cappuccino - Mestre (Ve) 15 marzo 1922 + Puianello (Mo) 5 dicembre 1972

Ferruccio Spallanzani di- venne padre Raffaele sacer- dote cappuccino il 22 dicembre 1945. Nel 1948, mentre accompa- gnava come predicatore la statua della Madonna pellegrina nella diocesi di Reggio Emilia, per un incidente riportò gravi lesioni alla spina dorsale che segnarono il resto della sua vita. A nulla valsero le cure in case di cura italiane e svizzere. Rimase paralizzato. Una carrozzella divenne il suo altare, lo scrittoio, la cattedra. Si dedicò alla formazione dei giovani, delle coppie e dei novizi. Fu sostenitore del Villaggio Ghirlandina in centro Africa e direttore spirituale dell’Istituto Opera Santa Maria di Nazareth, che ha sede a Bologna e a Francavilla al Mare (Ch).

293 O confratello, Padre Raffaele, hai speso la tua vita cappuccina, parlando di Maria a tanti giovani e riportando a Cristo i lontani.

Appena ordinato sacerdote, con umiltà ti chiese una signora: - Padre mi benedica e insieme a me ogni persona in cerca del Signore -.

E tu incontravi coppie entrate in crisi, con la parola forte le istruivi. E coppie senza il dono della grazia, sol pellegrini d’arido deserto.

Per tutti fai l’ardente messaggero e porti la Madonna pellegrina lungo città e paesi dell’Emilia. C’è fame di preghiera e di speranza.

E qui ti chiede Dio il grande prezzo. Perdendo l’equilibrio sei caduto da quella stessa macchina usata per trasportar la statua della Vergine.

Nell’urto grave della schiena a terra rimase tutto il corpo rovinato, perdendo anche l’uso delle gambe. Si susseguon sette interventi.

294 Ma mentre le tue forze declinavano in te trovavi ancora più fervore. I confratelli a te si rivolgevano per la sicura guida dello spirito.

Davanti alla tua stanza c’è la fila di consacrati e figli di quel popolo per cui tu preghi e soffri ogni giorno. La tua parola scende in fondo al cuore.

La catechesi è cibo per la mente. L’assoluzione è fonte di speranza. L’Eucaristia è il pane di fortezza. C’è nel pregare insieme tanta gioia.

Portavi tu Maria per le case? Adesso c’è Maria in casa tua: ti riempie di sapienza e di fervore; riversa nel tuo cuore tanto amore.

Volesti il Villaggio Ghirlandina, qual segno del tuo zelo missionario. Nell’ora dell’addio a questa terra ti prende fra le braccia San Francesco.

Ora si viene in tanti alla tua tomba. Dal Cielo tu rispondi a chi t’invoca. Son tanti testimoni di favori, che Dio concede per la tua preghiera.

295 98 Fra Lorenzo Pinna (Benvenuto) Rel. francescano cappuccino - Sardara (Vs) 20 dicembre 1920

Ultranovantenne; è Cappuc- cino e vive a Cagliari. Accoglie in letizia, pace, umiltà e povertà la vocazione. È sul sentiero di santità serafica di fra Nazareno da Pula e Ignazio da Laconi, di quelli cioè che attirano e confor- tano un popolo. Egli riceve gente ogni giorno; consiglia, conforta, converte e talvolta guarisce. È solito dire: “Signore mio e Dio mio, in me Tu sei, in Te sono io”. Per la sua trasparente e feconda fede sembra un bimbo in braccio a sua madre. Con lo stesso ardore con cui adora il Signore, venera e invoca la Madre di Gesù. È innamorato di San Francesco. Allestisce ogni anno un presepio, che richiama migliaia di pellegrini. Afferma: “Voglio richiamare l’attenzione sul mistero del Natale”. La Sacra Famiglia è perfetto modello di santità e di vita. In quella piccola grotta, dove trascorre tante ore pregando e meditando, recupera ed offre i grandi valori cristiani. Spesso si ritira d’estate sul vicino monte Arcuentu per riempire di Dio le sue giornate. Dice che la società è invadente e frustrata. Si alimenta di verdure e legumi. Asserisce: “Da quando hanno tolto di mezzo il Cristo, qui si verificano cento suicidi all’anno”. Spesso è invitato dai superiori a parlare e guidare giornate di ritiro spirituale. Si sente dire: “Fra Lorenzo è un dono di Dio”. 296 Parlar di te mi piace, Fra Lorenzo. È memoriale d’oro la tua vita. Originali eventi d’ogni giorno aggiungono capitoli stupendi.

Dall’umiltà tu vai alla sapienza con l’esperienza semplice e serafica, che sai tradurre anche ai tuoi fratelli perché con te si sazino di gioia.

Le realtà terrene analizzi e ne scomponi i fragili intrecci per fare luce al segno della fede e dare forza al credo di speranza.

Qualunque cosa parla di certezza se con coraggio smonti le illusioni, la nebulosa rete che asfissia l’affaticato cuore ed il pensiero.

Tu parti dalla vita e vai al libro e fai velocemente tanta strada. Più lunga è la strada per tornare da complicate tesi alla vita.

Dalla sorgente vera attingi luce; è quella che disseta ogni ragione e scorre come fiume verso il mare per dare vita ad ogni degna vita.

297 Tu nel silenzio ascolti la Sua voce e adegui il tuo parlare a questo mondo, così guidando a Dio che s’avvicina e tende alle nostre le sue mani.

È questa la missione di chi crede. È questo che ti rende testimone di quel Vangelo limpido e sublime, che fa del tempo ben di eternità.

Il ricordar Gesù, che si fa uomo e sceglie come casa una stalla, lui, Creator di tutto l’universo, fa ritrovar d’incanto il punto zero.

Poi paralleli leghi ai meridiani ed il segreto sciogli della scienza. Così si può parlar la stessa lingua e la letizia riempie tutti i cuori.

Il tuo presepio, Fra Lorenzo, s’abbina con l’intuito di Francesco. Sapremo poi accogliere la croce e far dell’amor la vera vita.

Quando Francesco annunzia “Pace e bene” lui stesso è pieno già di bene e pace. A chi gli dona un pane in carità può dir: - Godiamo insieme il Paradiso -.

298 99 Francesco Saverio Toppi Arcivescovo francescano cappuccino - Brusciano (Na) 26 giugno1925 + (Na) 2 aprile 2007

Sente la chiamata all’Ordine Francescano cappuccino. Giovane fervoroso, novizio e studente esem- plare con grande carica spirituale. È amato da tutti. Ordinato sacerdote nel 1948, consegue la laurea in Storia Ecclesiastica nell’Università Grego- riana a Roma. Presto viene promosso a uffici di responsabilità nell’Ordine. Fu Provinciale di Napoli dal 1959 al 1968 e Provinciale di Palermo dal 1971 al 1976. Viaggiò per le missioni dell’America latina e dell’Africa. Fu membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale nella Diocesi di Nola. Il 13 ottobre del 1990 venne nominato Arcivescovo Prelato di Pompei e fu consacrato la vigilia dell’Immacolata. Ha sempre legato in modo speciale la sua vita alla protezione di Maria, Madre di Gesù. Curava il Santuario di Pompei con squisita pre- mura; accoglieva ed esortava tutti i pellegrini ad amare Gesù e Maria. L’Eucaristia era la sorgente quotidiana della sua energia pastorale e della sua carità fraterna e pastorale. L’Ordine Cappuccino lo venera e gli è grato per i molte- plici e alti incarichi affidatigli, fra l’altro di Definitore e Vicario Generale. Padre Francesco Saverio, Arcivescovo Prelato di Pompei, è morto la notte tra la Domenica delle Palme e il Lunedì Santo del 2 aprile 2007 a Nola. Oltre l’esempio e i ricordi della sua vita di fedele servo dell’Or- dine Cappuccino e della Chiesa, ha lasciato interessanti scritti di carattere biblico, teologico, ascetico. 299 O dolce amico e Padre, negli occhi tuoi vedevo tanta mitezza e pace. Vero fratello in Cristo.

Sapevo già che amavi il nostro Padre Pio. Più forte ciò rendeva la nostra comunione.

Dovunque t’incontravo mi davi sempre gioia. Venisti qui a Pescara “Visitator” dell’Ordine.

In me e nei fratelli lasciasti nostalgia della parola affabile, della persona amabile.

Avevo tante pene; mi liberasti il cuore. Mi sussurrasti lieto: - Ma c’è Gesù con noi! -

Oh!, quanto bene hai fatto! Oh!, quanto onore hai dato al nostro caro Ordine, alla Chiesa di Dio!

300 A Napoli e in Sicilia sei stato Provinciale. Di tutti fosti servo ed esemplare padre.

Tu fosti di Maria innamorato figlio. Pastore umilissimo, pregavi ai suoi piedi.

Pompei è Paradiso, vivendo accanto a Lei. Ai pellegrini doni l’amore per la Vergine.

Hai scritto cose belle sgorgate dal tuo cuore. Hai seminato luce in tutta la tua vita.

Passasti come angelo, Pastore e Padre amato. Hai chiesto di restare ai piedi di Maria.

Così accanto a Lei felice tu riposi, e insieme a Lei tu canti l’eterno tuo “Magnificat”.

301 100 Vincenzina Margani Terziaria francescana - Balsorano (Aq) 22 dicembre 1926 + 17 marzo1981

Non ho conosciuto perso- nalmente la cara e prediletta di Dio, Vincenzina, ma ho seguito con attenzione parte della sua vi- cenda terrena: Gesù l’ha sorpresa per una offerta totale di vittima in giovane età. Dopo i vent’anni la vita di Vincenzina diventa un costante e misterioso calvario. Prima le infermità fisi- che che la straziano e quando sembrano debellate rivivono ancor più strazianti. Da una cura all’altra, da un ospedale all’altro, da un intervento all’altro. I medici? Alcuni pro- vano a fare quanto è possibile, altri le voltano le spalle con l’insulto. Si aggiungono le umiliazioni della povertà. Le spese di cura le deve ottenere dal Comune e la burocrazia aggrava tutto con dinieghi e ritardi. C’è il passaggio dal co- raggio dell’infermità a quello dell’immolazione. Vincen- zina riceve l’obbedienza di scrivere il suo Diario. È una proiezione di luce sulla donna, che ascende via via l’erta delle prove spirituali e delle ascensioni mistiche. Come per ogni anima chiamata alla perfezione dell’amore deve raggiungere la perfezione, cioè il culmine del dolore. Gesù le spiega e le chiede. La Madonna l’incoraggia e l’assi- ste. Emette la professione di terziaria francescana. Riceve conforto da San Francesco e sostegno da Sant’Antonio, di cui è molto devota. Per lungo tempo può ricevere la Co- munione solo il primo venerdì. Questa privazione la getta nella desolazione. Accetta tutto. Ringrazia di tutto. “Gesù, solo e sempre la tua volontà”. Raggiunge la vetta il 17 marzo 1981. La sua tomba è meta di continuo pellegrinag- gio. Molte sono le grazie e le guarigioni ottenute per sua intercessione. 302 La vita tua s’accende come fiaccola a Balsorano in povera baracca. Gesù ha posto in mezzo un abisso tra vanità del mondo e santità.

Un fiume di dolor sarà la vita. Navigherai sul sangue e non sull’acqua. Preziosi più dell’oro sono i giorni, ma conterai gli anni in agonia.

Sarai perfetta vittima d’amore. Vicini ti saranno i nostri santi. Ti guideran per l’erta del Calvario. Ti insegneranno l’arte del morire.

Tu resterai da sola nel Getsemani. Sarà di sangue e lacrime il respiro. Conoscerai l’angoscia e l’abbandono. È nel profondo sonno chi ti veglia!

Non è di un giorno solo la “Via Crucis” ma è vera croce il vano tuo sperare. Ti spiegheranno questo un po’ la volta il buon Gesù e la Madre Addolorata.

Il desiderio d’essere francescana accoglierà di certo il buon Dio. Così potrai guardare San Francesco e dirgli che a lui vuoi somigliare.

303 Accoglie le tue preci Sant’Antonio, ottiene qualche tregua ai tuoi dolori e suggerisce a te la volontà di Cristo, nostro amato Redentore.

E quanto più lo strazio ti consuma intorno a te si crea il grande vuoto. L’autorità fatica a darti aiuto ed ha perfino dubbi sul tuo male.

Son diventati i vari ospedali stazioni di servizio per soffrire. Dispera d’aiutarti chi lo vuole; ti pianta con l’insulto chi non può.

Tu fino in fondo bevi il tuo calice. Gesù ti mette a scelta e tu rinnovi il sì totale e senza eccezione. La Madre sua t’assiste col sorriso.

Quando le forze giungono allo stremo ti strazierà l’assalto del demonio. Per te rimane solo oscurità. Ti lascian pure senza Eucarestia.

Quando hai bevuto fino in fondo il calice ti prende fra le braccia la Madonna. Ti apre dalla terra al ciel la via. Tu vai in piena luce e tanto gaudio.

304 101 Giuliana Grossi Terziaria francescana fondatrice - 1943 + 1998

Il Cardinale Carlo Maria Martini, alla notizia della sua morte, scrive un commosso telegramma alla famiglia, alla parrocchia, alla diocesi. Ricorda “il profondo spirito di fede e di pre- ghiera contemplativa, l’impegno per la carità, il cammino evangelico ec- clesiale e la forte testimonianza di vita”. È una reale sintesi biografica. Il Vescovo Lorenzo Chiarinelli, che ho incontrato più volte nella famiglia spirituale di Giuliana, ricordava a tutti le emblematiche parole di lei: “Ho imparato ad amare la Chiesa. È un amore bello anche se difficile”. Il parroco Don Alessandro Recchia affermava: “L’amore di Gesù che nutriva Giuliana aveva il volto con- creto nell’esempio e nella vita di Padre Pio. Il primo gra- dino è la giustizia, l’ultimo è la carità. Giuliana, che ha creato stupende opere sociali, è stata geniale creatrice di opere ecclesiali; questo amore si ricapitola nella Croce di Gesù, su cui sarà pronta a salire con la terribile infermità di dieci anni. Ha pregato, disegnato, dipinto, modellato, ricamato. Morendo, fra le dita di quella mano scorreva la corona del rosario. Sacerdoti, giovani, bambini, poveri, beneficati, Suore Piccole Francescane della Chiesa sono intorno a lei e vi- vranno il ricordo della sua bontà”. 305 Giuliana, quanto amore t’ha acceso Dio nel cuore. Ti insegna Padre Pio la carità di Cristo.

Tu sei rinata lì, vicino al caro Padre. Come si succhia il latte, la sua parola bevi.

“Si vive se si ama” è questo il gran segreto, che il Padre affida a te e tu ne fai la vita.

Tu ne conduci tanti a lui, che li converte. E ti daranno aiuto nel bene che farai.

Tu curi la famiglia e i Gruppi di Preghiera. Dai vita ad un Villaggio per bimbi abbandonati.

E per disoccupati crei cooperative; le scuole per disabili e le colonie estive.

306

La “Casa d’accoglienza” per sacerdoti infermi; e poi la “Mensa Nazareth” per tutti i bisognosi.

La carità infondi nel cuore di fanciulle. “Piccole Francescane della Chiesa” hai fondato.

Son consacrate a Dio e accanto a te lavorano. In braccio e sulle spalle trasportano i bambini.

Tu mi chiedevi spesso consiglio e preghiera. L’Eucaristia ti nutre, la Vergine t’assiste.

Un “Premio Nazionale” ricevi dal Governo. Ti va forgiando Dio a prove dolorose.

Insieme all’amore il male ti consuma. Sei pronta per il “Fiat”. Ti spegni sorridendo.

307

Indice Alfabetico

Sulle orme di San Francesco e Santa Chiara

Agatangelo e Cassiano cappuccini mart. (B) pag. 59 Agostino Gemelli sac. franc. min. (SdD) “ 212 Alberto Chmielowski terz. franc. fond. (S “ 161 Alfonsa dell’Immacolata Concezione clar. (S) “ 278 Andrea Giacinto Longhin vesc. franc. cap. (B) “ 188 Angela (Aniela) Salawa terz. franc. (B) “ 224 Angelo d’Acri sac. franc. cap. (B) “ 77 Aniceto Adalberto Koplinski sac. franc. cap. (B) “ 209 Antonino Fantosati vescovo franc. min. mart. (S) “ 155 Antonio de Sant’Anna Galvão sac. franc. min. (S) “ 116 Apollinare da Posat sac. franc. cap. mart. (B) “ 119 Armida Barelli terz. franc. (SdD) “ 233 Barbara Micarelli fond. Sr. Franc. Mis. G.B. (SdD) “ 164 Benedetto da Urbino rel. franc. cap. (B) “ 14 Bernardo da Corleone rel. franc. cap. (S) “ 41 Bernardo da Offida rel. franc. cap. (B) “ 38 Bonaventura da Potenza sac. franc. conv. (B) “ 62 Carlo da Sezze rel. franc. min. (S) “ 44 Cecilio Maria Cortinovis rel. franc. cap. (SdD) “ 239 Cesidio Giacomantonio sac. franc. min. mart. (S) “ 200 Cirillo Giovanni Zohrabian vesc. franc. cap. (SdD) “ 221 Contardo Ferrini terz. franc. (B) “ 179 Corrado da Parzham rel. franc. cap. (S) “ 143 Crispino da Viterbo rel. franc. cap. (S) “ 74 Damiano Giannotti sac. franc. cap (SdD) pag. 260 Diego Giuseppe da Cadice sac. franc. cap. (B) “ 122 Diego Oddi rel. franc. min. (B) “ 149 Egidio Bollesi terz. franc. (Ven) “ 269 Eurosia Fabris Barban terz. franc. (B) “ 194 Fedele da Sigmaringa sac. franc. cap. mart. (S) “ 20 Fedele Gerolamo rel. franc. cap. mart. (B) “ 275 Felice da Nicosia rel. franc. cap. (S) “ 113 Filippo da Borrello sac. franc. cap. “ 218 Florida Cevoli clarissa cap. (B) “ 98 Francesco Antonio Fasani sac. franc. conv. (S) “ 92 Francesco Maria da Camporosso rel. franc. cap. (S) “ 131 Francesco Saverio Toppi vesc. franc. cap. “ 299 Geremia da Valacchia rel. franc. cap. (B) “ 11 Giacinta Marescotti terz. franc. (S) “ 26 Giacomo da Ghazir sac. franc. cap. fond. (B) “ 206 Giovanni Jones sac. franc. min. mart. (S) “ 5 Giovanni Lantrua da Triora sac. franc. min. mart. (S) “ 125 Giovanni Wall sac. franc. min. mart. (S) “ 50 Giuliana Grossi terz. franc. fond. “ 305 Giuseppe Bocci sac. franc. cap. (SdD) “ 236 Giuseppe da Copertino rel. franc. conv. (S) “ 35 Giuseppe da Leonessa sac. franc. cap. (S) “ 8 Giuseppe Tovini terz. franc. (B) “ 152 Guglielmo Gattiani sac. franc. cap. “ 287 Guglielmo Massaia sac. franc. cap. (SdD) “ 134 Ignazio da Santhià sac. franc. cap. (S) “ 101 Ignazio da Laconi rel. franc. cap. (S) “ 107 Innocenzo da Berzo sac. franc. cap. (B) “ 158 Leonardo da Porto Maurizio sac. franc. min. (S) “ 86 Leopoldo Mandic sac. franc. cap. (S) “ 197 Liberato Weiss Konnersreuth sac. franc. min. (B) pag. 83 Lino Maupas sac. franc. min. (Ven) “ 191 Lorenzo Pinna rel. franc. cap. “ 296 Ludovico da Casoria sac. franc. min. fond. (B) “ 140 Luigi Amigò y Ferrer vesc. franc. cap. fond. “ 176 Luigi Lo Verde chierico franc. conv. (SdD) “ 281 Marcellino da Capradosso rel. franc. cap. (SdD) “ 203 Marco d’Aviano sac. franc. cap. (B) “ 56 Maria Angela Astorch clar. cap. (B) “ 29 Maria Anna di Gesù de Paredes terz. franc. (S) “ 47 Maria Assunta Pallotta rel. franc. miss. (B) “ 215 Maria Bernarda fondatrice Franc. M. Ausil. (S) “ 167 Maria Consolata Betrone clar. cap. (SdD) “ 266 Maria Costanza Panas clar. cap. (SdD) “ 251 Maria Crescientia Höss vergine terz. franc. (S) “ 95 Maria di Gesù di Agreda rel. (Ven) “ 32 Maria Francesca delle Cinque Piaghe rel. (S) “ 110 Maria Giuseppa Rossello rel. fond. (S) “ 137 Maria Maddalena Martinengo clarissa cap. (B) “ 104 Maria Teresa Ferragud Roig mart. (B) “ 170 Maria Teresa Kowalska del B. Gesù clar. cap. mart. (B) 263 Maria Veronica del SS.mo Sacramento clar. cap. “ 254 Mariano da Roccacasale rel. franc. min. (B) “ 128 Mariano da Torino sac. franc. cap. (SdD) “ 272 Massimiliano Kolbe sac. franc. conv. mart. (S) “ 248 Matteo da Agnone sac. franc. cap. (SdD) “ 17 Nazareno Pula rel franc. cap. “ 284 Nicola da Gesturi rel. franc. cap. (B) “ 227 Olga Pavan fond. “ 290 Onorato Kazminski sac. franc. cap. fond. (B) “ 146 Pacifico da San Severino Marche sac. franc. min. (S) “ 65 Pedro di Betancur laico fond. (S) pag. 53 Pio da Pietrelcina sac. franc. cap. (S) “ 242 Raffaele da Mestre sac. franc. cap. (SdD) “ 293 Raffaele da Sant’Elia a Pianisi sac. franc. cap “ 182 Salvatore Lilli sac. franc. min. mart. “ 173 Samuele Marzorati sac. franc. min. mart. (B) “ 80 Sergio Bernardini e Domenica Bedonni Sposi (SdD) “ 230 Sinforiano Felice Ducki rel. franc. cap. mart. (B) “ 245 Teofilo da Corte sac. franc. min. (S) “ 89 Tommaso da Cori sac. franc. min. (S) “ 68 Umile da Bisignano sac. franc. min. (S) “ 23 Umile da Genova sac. franc. cap. (SdD) “ 257 Veronica Giuliani clar. cap. (S) “ 71 Vincenzina Margani terz. franc. “ 302 Zeffirino Gimenez Malla terz. franc. (B) “ 185

a cura del: Centro Regionale Gruppi di Preghiera di Padre Pio Santuario Madonna dei Sette Dolori tel fax 085/411158 - 65125 PESCARA

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