Il Biraghi All'ambrosiana E Moderatore Del Clero

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Il Biraghi All'ambrosiana E Moderatore Del Clero CAP. XI IL BIRAGHI ALL’AMBROSIANA E MODERATORE DEL CLERO MILANESE DURANTE L’EPISCOPATO BALLERINI-CACCIA DOMINIONI (1859-1866) INTRODUZIONE Apriamo, con il presente capitolo, una delle pagine più interessanti della vita del Servo di Dio e delle più travagliate nella storia ecclesiastica ambrosiana. Infatti, tra la morte dell'arcivescovo Romilli (1859) e l'elezione del Calabiana (1867), la chiesa ed i cattolici milanesi, in pratica senza vescovo, non essendo riconosciuto dal governo quello nominato dalla S. Sede, vissero anticipatamente la «crisi di coscienza», che tormentò i cattolici italiani, specie dopo il '70, quando l'autorità religiosa apparve perseguitata da quella politica, che essi stessi avevano sostenuto. Il Biraghi, in questo delicato frangente, chiamato da Pio IX a pacificare il clero diviso in un contrasto politico e religioso insieme, soffrì sia per i gravi disordini dell'amata diocesi, sia per attacchi malevoli alla sua persona ed alla sua linea di condotta, per altro sempre diretta da sincera volontà di pace. Poiché in questi sette anni di storia milanese (1859-1866), che va inquadrata nella storia d'Italia al momento dell'unificazione, tra i cattolici ed il clero prevalsero prima la corrente liberale, poi l'intransigente, con precise conseguenze nella vita del Servo di Dio, dividiamo il nostro studio in due parti, considerando: A) Il Biraghi di fronte all'emergente liberalismo clericale (1859-1862); B) Il Biraghi nel prevalere dell’intransigentismo (1863-1866) 738 PARTE TERZA: coi presuli di Milano (1849-1879) A IL BIRAGHI E L’EMERGENTE LIBERALISMO CLERICALE (1859-1862) Se gli anni (1859-62) che ora prendiamo in esame furono particolarmente importanti per la storia civile d'Italia, essendosi in essi compiuto il suo secolare processo di unificazione politica, non meno importanti furono per la storia della Chiesa: allora, infatti, essa venne maturando quel nuovo rapporto tra potere spirituale e potere temporale, che avrebbe mirabilmente accresciuto la sua capacità di diffusione e di influenza nel mondo. Fu l'ideale di quei sacerdoti ambrosiani, che, vedendo i segni dei tempi negli incalzanti rivolgimenti in atto, appoggiarono il nuovo governo e, con la qualifica di patriottici e liberali, cercarono di allineare il clero milanese nel nuovo assetto politico e sociale attraverso il giornale Il Conciliatore e la associazione di cultura ed aggiornamento teologico detta Società Ecclesiastica. L'uno e l'altra sostennero una vivace battaglia contro l'intransigentismo ed il temporalismo, finché l'autorità ecclesiastica non si pronunciò decisamente per la loro cessazione. La discussione, passata presto dal piano politico a quello religioso, aveva però aperto una larga scissione tra il clero: il Servo di Dio fu chiamato dal Papa a rappacificare gli animi proprio in quell'anno 1862. 1. Milano dall'annessione al Piemonte all'unità d'Italia. Prima di studiare il comportamento del Servo di Dio durante la crisi della diocesi ambrosiana, seguita alla fine della dominazione austriaca, dobbiamo richiamare i principali avvenimenti che la determinarono.1 a) Il clima politico milanese nel 1859. Le vittorie dell'esercito francosardo su quello austriaco nel 1859, avevano ridestato a Milano gli entusiasmi del 1848 e l'ingresso di Vittorio Emanuele II con Napoleone III in città fu veramente un trionfo. Ma ci volle tutta l'abilità di Cavour, perché i milanesi chiedessero l'annessione al Piemonte, secondo il patto di dieci anni prima,2 essendo in questo periodo maturate le diverse tendenze politiche già manifestatesi al momento dell'intervento di Carlo Alberto.3 Ormai non ap- 1 Per la storia ecclesiastica milanese si sono tenute soprattutto presenti le seguenti pubblicazioni di C. CASTIGLIONI: Luigi Nazari dei conti di Calabiana arcivescovo di Milano e i suoi tempi (1859-1893), Milano 1942; Rosminianesimo nel clero milanese in Memorie storiche della diocesi di Milano, II, 1955, pp. 148-165; Il clero milanese e la guerra del '59, ivi, V, 1958, pp. 142-164; La Società eclesiastica in Milano (1861-1863), ivi IX, 1962, pp. 8-39. Inoltre: C. BONACINA, Mons. Carlo Caccia e i suoi tempi (1802-1866), Milano 1906. Sono pure state consultate le pubblicazioni contemporanee ai fatti, o di autori ad essi contemporanei, alle quali si fa riferimento nelle note. Nella nota bibliografica finale si indicano le opere consultate per una visione più vasta ed approfondita del periodo storico trattato. Per i documenti relativi al Servo di Dio si è attinto soprattutto agli Epistolari I e II dell'AGM; all'arch. Pio IX dell'ASV; al fondo Marinoni dell'APIME. 2 G.P. BOGNETTI, Nella libertà e per la libertà, (1859-1873) in Storia di Milano, XV, pp. 3-28. 3 Ibid. CAP XI: Biraghi all’Ambrosiana e moderatore del clero milanese (1859- 1866) 739 pariva più attuabile quell'ideale federalista neoguelfo, che aveva unito nella stessa lotta contro lo straniero i cattolici ed i liberali, gli Intellettuali ed il popolo, nell'insurrezione quarantottesca. Inoltre il governo sardo, con le sue recenti leggi anticlericali di ispirazione massonica, non dava alcun affidamento all'ambiente cattolico e conservatore. Il laicato milanese, tuttavia, accettò con senso civico le nuove autorità,4 esortato alla doverosa obbedienza da quel clero del '48, costituente il capitolo metropolitano e stabilito nelle principali prevosture urbane, che, sperando nella realizzazione degli antichi ideali di liberta, professava rispetto verso il nuovo governo, garante, appunto, della civile libertà. Non aveva, però, la stessa fiducia il clero giovane, educato nei seminari dagli Oblati,5 e quello regolare, dipendente da superiori con sede per lo più a Roma. Questa divergenza di atteggiamento politico tra il clero sarebbe sfociata presto in accesa lotta tra schieramenti opposti anche a causa dell'anomala situazione della sede episcopale. b) La contestata autorità dell'arcivescovo Ballerini e del vicario Caccia Dominioni. Il Romilli morì il 7 mag. 1859, quando per Milano era imminente la fine della dominazione austriaca. Il capitolo metropolitano nominò vicario capitolare il vescovo ausiliare mons. Caccia Dominioni, mentre l'imperatore d'Austria, per diritto concordatario, designò alla sede d'Ambrogio mons. Paolo Angelo Ballerini, non ancora vescovo. Tocca quindi a mons. Caccia officiare il Te Deum per 1'ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone III in Milano e poi rappresentare l'autorità religiosa presto il nuovo governo, che non diede mai l'exequatur alla nomina pontificia dell'arcivescovo Ballerini, considerato «pedina dell'Austria». Nella sua posizione singolare di vicario capitolare «sede vacante», per il governo, e di vicario episcopale «sede impedita», per la S. Sede, mons. Caccia si trovò a dover risolvere gravi ed urgenti problemi sotto le contrastanti pressioni del clero. Il capitolo metropolitano lo spingeva a corrispondere alle esigenze delle autorità civili, chiaramente contrarie alle direttive di Roma; sulla linea «romana», invece, lo avrebbe voluto il clero intransigente. Il popolo sembrava compatto nello schieramento patriottico e sfavorevole al vicario. Lo si vide in occasione dei festeggiamenti programmati il 22 set. per le annessioni dell'Emilia e della Romagna, già. territori pontifici. Mons. Caccia si limitò a diramare la circolare governativa relativa all'illuminazione delle chiese e degli edifici religiosi, senza invitare il clero ad adeguarvisi. La sola chiesa di S. Calocero, che mons. Marinoni non illuminò, fu bersaglio di una accanita sassaiola.6 4 Tra le nuove autorità: il regio governatore di Milano Paolo Onorato Vigliani (1814-1900) senatore del regno nel 1860: «Si era distinto a Genova come procuratore: generale e responsabile della polizia; conosceva bene le teste calde dell'emigrazione lombarda e si era distinto nella repressione dei moti mazziniani», cf. G.P. BOGNETTI, Nella libertà cit., p. 6; ed il podestà conte Luigi Barbiano di Belgioioso (1803-1885), senatore nel 1860, padre di due combattenti nell'esercito sardo, risaputamente patriota, cognato del conte Giuseppe Sebregondi (1792-1861), che nel 1821 aveva sposato Camilla Belgioioso, fu dal 1856 al 1859 ultimo podestà di Milano sotto 1'Austria, cf. Dizionario del Risorgimento cit. 5 C. CASTIGLIONI, Il clero milanese cit., p. 158. 6 Ibid., p. 152. 740 PARTE TERZA: coi presuli di Milano (1849-1879) Nel 1860 la situazione si aggravò. Il 3 gen. don Giovanni Battista Avignone fondò il «giornale religioso» Il Conciliatore allo scopo di orientare il clero, nella complessità delle circostanze attuali, evidentemente in senso «liberate». Ma Pio IX, con l'enciclica del 19 feb., condannava apertamente i «nemici del potere temporale». Mons. Caccia, deciso alla totale obbedienza al Papa, nella lettera pastorale per la quaresima, pur esortando i fedeli ad obbedire all'autorità costituita, lamentava i soprusi commessi con la tolleranza del governo. Per questo il cancelliere arcivescovile mons. Ambrogio Vitali, controfirmatario della pastorale, dichiarò al governatore di dissociarsi dal vicario.7 Dopo i plebisciti dell'Italia centrale, clero e cattolici milanesi furono divisi tra temporalisti ed antitemporalisti. Questi fomentarono i disordini di piazza del 16 marzo contro mons. Caccia, perché aveva vietato al clero di partecipare ufficialmente alle celebrazioni nell'anniversario delle Cinque giornate. La questione trascendeva ormai il piano politico ed alcuni distinti ecclesiastici, consapevoli della loro responsabilità, attraverso una associazione religiosa, la Società ecclesiastica, vollero «studiare in comune le questioni
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