Giotto L’ingegnere costruttore

AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

MONOGRAFIA AISA 107 I L’ingegnere costruttore

AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

2 Prefazione Lorenzo Boscarelli

5 Giotto Bizzarrini racconta se stesso intervista di Lorenzo Boscarelli e Maurizio Tabucchi

10 Bizzarrini visto da Mauro Prampolini intervista di Lorenzo Boscarelli

14 Giotto Bizzarrini: un sognatore che ha creato grandi automobili Griffith Borgeson

MONOGRAFIA AISA 107

1 Prefazione Lorenzo Boscarelli

Un solitario che ha saputo farsi profondamente so, un cultore degli studi di aerodinamica, cioè amare e apprezzare da chi ha collaborato con lui; di una disciplina che subordina l’estetica all’ef- una persona piena di passione per le automobili, ficacia. disinteressata e generosa, incapace di utilizzare il Uno spirito libero, che avrebbe dovuto avere ac- prossimo a fini egoistici. canto a sé qualcuno in grado di indirizzare la sua Così appare Giotto Bizzarrini a chi gli si avvicina capacità creativa solo verso ciò che lo avvinceva, per conoscerlo, direttamente e tramite i ricordi di le automobili. Nei suoi ricordi si avverte il rim- chi gli è stato accanto, negli anni delle speranze, pianto per essere uscito dalla , dove aveva a volte dei sogni, ed in quelli, sopraggiunti assai potuto esprimersi con libertà, senza doversi sob- presto, delle difficoltà e delle delusioni. barcare le incombenze e le scelte che sono richie- Un uomo che si è realizzato nell’azione, più che nel ste ad un capo azienda, ad un imprenditore. Ruo- progetto, tanto da creare delle automobili senza lo, questo, che non è stato in grado di assumere, quasi disegnarle, sviluppandole passo dopo pas- essendo estraneo alla sua natura; una carenza che so, provando e modificando, come accadde con nessuno del suo entourage ha saputo colmare e la Ferrari “papera”, da cui nacque la 250 GTO. Al che da un certo momento in poi ha limitato for- tempo stesso, un progettista a cui dobbiamo delle temente la sua possibilità di creare nuove auto- realizzazioni che sono entrate nell’immaginario mobili. di chi ama le automobili come, oltre alla GTO, il Eppure, anche negli anni delle difficoltà, che sono motore V12 e le Bizzarrini 5300. E stati numerosi, e fino alla vecchiaia, mai Giotto un innovatore, avendo progettato la prima GT di Bizzarrini ha smesso di ideare qualcosa di nuo- alte prestazioni con carrozzeria portante, la vo, o di sua iniziativa, o su richiesta di occasionali Rivolta 300, ed avendo adottato, nel periodo con- committenti. L’indomita capacità creativa, la cu- clusivo della sua permanenza in Ferrari, la coda riosità per la sperimentazione, la ricerca continua tronca sulle vetture da competizione, una scelta di qualcosa in cui provarsi e di cui appassionarsi è pionieristica. ciò che più lo caratterizza e che spiega come mai Un uomo dotato di gusto e di sensibilità estetica, con mezzi limitati sia riuscito a realizzare tanto testimoniata dall’eleganza delle 5300 e delle GT ed a suscitare intorno a sé tanta stima e ammira- Europa, così come delle P 538 e, al tempo stes- zione.

Lorenzo Boscarelli, presidente AISA e studioso di storia dell’automobile.

2 Nella pagina accanto e in quella seguente: un curriculum dattiloscritto di Giotto Bizzarrini (circa 1970).

3 4 Giotto Bizzarrini racconta se stesso intervista di Lorenzo Boscarelli e Maurizio Tabucchi

La sua tesi di laurea è stata su un motore? come avveniva la rottura; ricordo di aver trova- La mia tesi è stata sperimentale perché volevo to all’ uno sganciabombe degli aerei confrontare i dati ricavati da un motore con quel- da guerra, ho fatto una struttura in cui caricavo li derivati dalla progettazione. Per far capire che la sospensione fino allo scuotimento superiore e c’era un abisso; tutto quello che si insegnava dava poi la lasciavo andare giù di colpo. Come se si risultati teorici lontanissimi da quelli dei motori prendesse un avvallamento improvviso e poi un al banco prova. Da questo punto di vista, sono dosso. In tutta la mia vita ho sempre cercato di sempre stato un curioso nel voler provare le cose, riprodurre la causa dei problemi che mi sono ca- non soltanto leggere i libri. Il mio mestiere di col- pitati, dovevo creare la situazione vera e propria. laudatore mi induceva a fare sempre confronti. È stata la mia attività. C’erano grosse discordanze tra la teoria e la pra- Tornando all’episodio dello sganciabom- tica. be, è vero che lei lavorava di notte? La passione per la meccanica da cosa le è Si perché ero da solo a Milano, non c’era la fami- derivata? glia e io non sapevo cosa fare. È una domanda che mi sono fatto tante volte E cosa accadde? anch’io. Provengo da una famiglia benestante Capitò che, mentre facevo queste prove nel Re- con un padre con la passione delle automobili, parto esperienze, arrivò una persona che credevo nel senso di comprarle e guidarle, che possedeva fosse un guardiano ed era invece Rudolf Hruska, una di quelle famose Alfa, una 1750 del ’32. Poi il Direttore Tecnico. riuscii a trovare il modo di farmi dare i soldi da Lei cosa gli disse? mia nonna per acquistare un Guzzino. E da lì è Gli dissi “Guarda un po’ questi imbecilli, non nata tutta la mia “tragedia”. sanno lavorare ... ma lo vedi cosa hanno combi- Tornando alla laurea, la leggenda dice che nato!” lei trasformò una Topolino che divenne E cosa disse Hruska? strumento per la sua tesi; e con la stessa vet- Zitto, niente; all’indomani, prese tutti i capi e li tura si presentò poi a Ferrari. mise di fronte all’evidenza. No, la tesi fu la messa al banco di un motore mo- Ragion per cui questa è la prova che io in un po- tociclistico che io recuperai, un Nimbus, danese, sto non ci potevo restare a lungo. a 4 cilindri in linea, raffreddato ad aria. La tesi Perché lei aveva risolto il problema e doveva dimostrare che i libri di scienza mi danno Hruska aveva capito cosa stava facendo? determinate indicazioni, io faccio calcoli e realiz- Gli feci vedere tutto, Hruska capì che io lì non zo il motore, lo metto a banco e non torna nulla. potevo più restare. Ed è grazie a lui che sono an- Lei si è laureato a Pisa, giusto? dato alla Ferrari. Mi sono laureato a Pisa nel 1953. Ci ho messo Non venne presentato dall’ingegner An- otto anni perché non frequentavo le lezioni. Tutta drea Fraschetti? la mia carriera professionale è stata caratterizzata No, fui appoggiato dall’Alfa Romeo, perché pen- dal vagabondaggio, trovando il posto giusto nei sarono che un anarchico come me potesse stare momenti di difficoltà; spesso arrivavano tutti i ca- meglio là. Io dietro a un tavolo non ci potevo stare. petti e ci voleva qualcuno per risolvere i proble- Era anche l’epoca in cui Ferrari cercava mi. Mi sono reso conto che non avrei mai potuto persone provenienti dall’Alfa Romeo. operare professionalmente sottoposto a gente Ferrari cercava un collaudatore che fosse anche che mi dava ordini. ingegnere. E, fra l’altro, il direttore del personale Ci racconta l’episodio di Rudolf Hruska? Ettore Di Pietro era stato allievo di mio nonno. Lei fu incaricato di risolvere un problema, ir- Suo nonno cosa faceva? risolvibile per l’Alfa Romeo, la rottura della Mio nonno era un tipo strano; aveva fatto la quin- scocca della Giulietta. Cosa accadde? ta elementare, ed era stato assunto come fattorino Ho dovuto inventare una prova pratica per capire in una scuola privata di Livorno dove studiavano

5 i fratelli Marconi. Aveva però chiesto di poter se- contrariamente a quello che potevamo pensare, guire le lezioni quando non aveva nulla da fare. Si il passo corto rendeva la guida difficile. Oggi il rivelò veramente un fenomeno; pensi che senza passo è lunghissimo. essere andato a scuola fu nominato professore Lei c’era quando Moss provò la “Papera”? honoris causa dal Re. Cosa disse? Scrisse anche dei libri? Su che argomento? Non disse nulla; aveva abbassato il record della Qualsiasi argomento, matematica, fisica, medici- pista di 7 secondi. na... Era una mente straordinaria, trattava qualsi- E’ vero che lei alla Ferrari metteva a punto asi materia. E ovunque andavo mi chiedevano se i freni a tamburo? ero suo parente. Certo, era ovvio che i tamburi da 400 mm scal- All’arrivo in Ferrari che sensazioni provò? dandosi si deformassero. Allora ho detto: “è inu- Come fu l’incontro con il Commendatore? tile che usi dei ceppi freno molto rigidi, perché L’incontro con Ferrari fu come con un secondo quando si deformano tocca solo una sezione padre. Uno che ti fa chiaramente capire che lui del ceppo”. Sostituii così quelli rigidi con ceppi comanda, però tu hai la responsabilità del setto- in lamierino d’acciaio, sottilissimi, che frenavano re. Io ero il responsabile del settore controllo e abbastanza bene. Alla Mille Miglia la Ferrari di collaudi. Taruffi, che arrivò prima a Brescia, aveva i ceppi Quando lei arrivò con la sua macchina [la che gli avevo montato io. berlinetta su base Fiat Topolino] cosa le dis- L’uscita dalla Ferrari di Della Casa, Chiti e se? altri fu una brutta storia, credo ormai decan- Una volta in vena di gioco mi disse: “Oh Biz- tata; si può raccontare? Ferrari voleva esauto- zarrini, ma lo sai perché ti ho assunto? Ti ricordi rare la moglie? quando sei passato con la Topolino e ti ho chiesto Il discorso della moglie c’entrava poco in quell’oc- da dove venivi? E mi hai risposto: da Livorno. E casione; più che altro c’era il direttore commercia- hai detto che saresti tornato indietro quel giorno le, Gardini, che aveva delle idee che a me non pia- stesso. Allora ho pensato: non sarà tanto intelli- cevano. Tendevano a togliere la Ferrari a Ferrari. gente, ma ha coraggio ...” Mi disse chiaro e tondo Ma dietro a Gardini c’era qualcuno? il motivo per cui mi aveva preso. Alla Ferrari non Non lo so. c’erano capi. Capivi di avere una grossa respon- Ferrari licenziò in tronco un dipendente sabilità perché la domenica bisognava vincere. Il e sembrerebbe che voi tutti per solidarietà vi capo era Ferrari, ma nei miei confronti si com- dimetteste... portava come un padre. La moglie di Ferrari dette uno schiaffo ...; ci fu un Quando le dette quella GT? diverbio fra lei e Della Casa Conoscendo il mio carattere, aveva pensato: se gli Voi però vi schieraste con Della Casa? do una Ferrari e usa solo quella, mi fa un sacco di Sì. pubblicità. Mi dette una Boano, mi sembra. Una E ve andaste per quello? vecchia macchina e mi disse che dovevo usarla Mah... sempre. Ciò dimostra l’ampiezza della mente di Altrimenti per quale altro motivo? Ferrari. Ricordo solo di essere sempre stato condizionato Quando la mise a Maranello in un piccolo dal fatto che potevo in qualche modo uscire dalla locale a modificare quella macchina, è vero Ferrari perché avevo in mente di fare per conto che nessuno poteva entrare? mio... E di lì poi è nata la Bizzarrini. Pensavo: se Quella era la “papera”, non dico neanche che era al posto delle Ferrari, mi faccio le Bizzarrini qui a il prototipo della GTO. Ferrari mi disse che do- Livorno è meglio! vevo inventarmi qualche cosa perché stava arri- La storia che la moglie detenesse la mag- vando dall’Inghilterra la Jaguar E: “Ho bisogno gioranza del patrimonio e che per questo che qualcuno mi tiri fuori una macchina con pre- Ferrari la volesse esautorare chiedendo a voi stazioni eclatanti”. Così mi autorizzò a disfare la di aiutarlo in questo senso e vi avesse obbli- mia Boano e ricavarci la “Papera”, quella che fu gato a farlo è vera? presentata nel 1961. Questo sì, dovevamo dichiarare che la moglie ar- Si dice che l’autotelaio della “Papera” fos- recava fastidio all’azienda. se in realtà una berlinetta Scaglietti? Della Casa si rifiutò di farlo e fu licenziato? No, no, era la mia Boano. Non lo so se si rifiutò. Lei accorciò il telaio, quindi? Comunque lei si ricorda che Ferrari le Si, però l’accorciai ancora prima con la berlinet- chiese di fare questa dichiarazione contro la ta Scaglietti, che nessuno voleva guidare perché, moglie?

6 Sì e anch’io mi rifiutai, non la volli sottoscrivere. missione, il motore erogò 357 cavalli al regime di Praticamente la proprietaria era la moglie. Tutti i 9.800 giri. Ma Lamborghini rimase sconvolto, ci terreni erano della moglie. voleva andare a spasso con quella macchina. Al- Era ricca di famiglia quindi? lora gli chiesi di liquidarmi tutto quanto stabilito Non lo so, Ferrari aveva forse intestato tutto a lei. e poi avrei messo mano al motore per “tranquil- Sa chi lo può sapere? Arrigo Levi, perché è figlio lizzarlo”. Fu una lite tremenda. dell’avvocato di famiglia. Ricorda quando lei usava un tubetto di Ha altri ricordi che le sono rimasti impres- plastica che sfiorava il suolo, che creava la de- si del suo periodo in Ferrari? pressione? L’aveva collegato a una bottigliet- Mah, semplicemente sarei un altro se non fossi ta di liquore di colore rosso, l’Alchermes... stato alla Ferrari. Questa storia della depressione l’avevo scoperta Cosa le ha dato la Ferrari? assai prima. Mi sono dato per tanto tempo del Tutto, la mentalità, la tecnica. Il vantaggio di stare cretino; se avessi approfondito ... Sì, era un siste- alla Ferrari era che a me avevano concesso una ma rudimentale per misurare la depressione che grande responsabilità, senza nessun capetto che si creava nel fondo della vettura. mi comandava. Quando ha escogitato questa soluzione? Quanto ai ricordi, gli unici che ho sono di Manuel Dopo l’AMX, mi pare subito dopo il fallimento Fangio e Stirling Moss. Due che mi hanno con- della Bizzarrini, nel 1971. Quando mi sono venuti vinto che come pilota facevo schifo e che quindi a cercare dalla American Motors. era meglio che facessi il collaudatore. Lei ha fatto delle bellissime macchine, le È mai stato in macchina con loro? Bizzarrini. La GT Strada fu frutto di un de- Certo! sign, di una ricerca stilistica? Che ricordo ha di Fangio? Un industriale maniaco come Rivolta fece tutto Ancora me lo sogno la notte! industrialmente, arrivò ad una produzione di se- Le caratteristiche di guida di Moss e Fan- rie e poi si trovò in braghe di tela perché aveva gio erano diverse? In che modo? dato retta a un americano che lo aveva imbro- Moss era impulsivo, si buttava; Fangio guidava gliato dicendo che, siccome la vettura impiegava come se facesse una passeggiata. Mi ricordo che a il motore Chevrolet, ne avrebbe ordinate imme- impostò una curva a modo suo, come si diatamente 500. La commessa sfumò e Rivolta faceva senza alettoni, eravamo su una Gran Turi- si ritrovò con il piazzale pieno di macchine. Lì smo e tranquillamente mi fa: “Manca potenza” e è stata la mia rovina e anche la mia fortuna; mi io non so come si uscì vivi da quella curva! Quel- disse: ti regalo tutti i pezzi. Ecco come nacque lo era nato solo per fare il pilota. la Bizzarrini. L’uscita dalla Ferrari l’ha portato a fare il E la Grifo? motore per la Lamborghini? Ah la Grifo! Sì, Rivolta realizzò la Grifo Lusso e Sì, ma non sono entrato alla Lamborghini, ho io quella da corsa. venduto il progetto del motore. Cioè, Rivolta fece quella con la carrozzeria Chi la mise in contatto con Lamborghini? di Bertone. Ora non ricordo, uscito dalla Ferrari cercavo di Ed è lì che ebbi fortuna, perché anche la mia fu lavorare. La differenza fra Ferrari e Lamborghini disegnata da Giugiaro. [all’epoca Giugiaro lavora- era che Ferrari era un vero manager, invece Lam- va per Bertone: n.d.r.] borghini era uno che si intrufolava e metteva bec- Quindi anche la sua fu opera di Giugiaro, co dappertutto. che fece anche la Grifo Lusso? Ma ne capiva? Si, la mia era la Grifo da competizione. Il marchio Probabilmente non tanto quanto pensava di ca- Grifo poi lo vendetti. pirne. Comunque, per uno come me, indipenden- Rispetto alla Iso Rivolta, lei arretrò il mo- te, questo 12 cilindri per Lamborghini fu un bel tore per averlo più vicino al baricentro? Si di- contratto. ceva che la avesse le masse molto Le chiese molte modifiche al progetto? concentrate al centro della vettura, come la No, perché si litigò subito. GTO, come la “Papera”? Perché? Sì, sì. Aveva creato una commissione tecnica che do- Quali sono i suoi ricordi della Bizzarrini? veva sovrintendere alle prove al banco. C’era un Della Bizzarrini non ricordo più nulla, perché fu contratto secondo il quale il motore doveva for- tutto un disastro, sbagliai a fidarmi di certi per- nire più di 350 cavalli; al di sotto, il compenso sonaggi. Uno, in particolare, il proprietario del si riduceva. Alla prova finale di fronte alla com- Castello Pasquini di Castiglioncello. Lo so che

7 per il mio carattere non mi sopportava nessuno Più o meno in quegli stessi anni. e il desiderio era quello di sottrarmi l’azienda e Lei ha fatto poi una macchina chiamata appropriarsi dei progetti. Pasquini tentò questo e Picchio... allora io scelsi il fallimento. Sì, ma solo il prototipo Della AMX che ricordi ha? Chi la commissionò? Ho partecipato a tutti i progetti della AMX/3. Di Un industriale di Ascoli Piceno, era una sport, quella macchina ricordo solo che la guidai su una una berlinetta. Gli detti il prototipo. pista ovale, tipo Indianapolis, negli Stati Uniti. Fe- Con l’ASA 1000 che ruolo ha avuto? cero una presentazione con me; ero dentro un ga- Ho fatto l’ASA da corsa, carrozzeria e meccanica. rage, chiuso, e al momento opportuno feci dei giri. Se ne costruì un solo esemplare. Agli inizi degli anni Sessanta lei si è occu- Lei per le sospensioni aveva inventato un pato anche delle Ferrari di Drogo. tampone di gomma che serviva per bloccarle Sì, la Breadvan l’ho costruita io. nel fine corsa... L’autotelaio era quello della berlinetta a Sì, il tampone con il buco... passo corto; della Breadvan lei aveva realiz- Delle ultime Ferrari di Formula 1 a motore zato la carrozzeria? anteriore che hanno corso nel 1959-1960 lei si Sì, l’aerodinamica; da lì sono partiti tutti i miei è in qualche modo occupato? studi fino ad arrivare ad un piccolo tunnel del Sì, sono stato chiamato a provarle; era un’offesa vento che ora è a Bolgheri. per i piloti chiamare me per provare. Della ATS si è occupato? Lei provava in pista anche le Formula 1? No. Sì, ricordo ancora la curva a Monza in cui misi Però si dice che lei ci sarebbe dovuto an- una ruota sull’erba, sento ancora la strizza qui dare. nello stomaco. Facevo parte del gruppo dei fondatori, ma il con- Era una vettura a motore anteriore? te Volpi se ne andò presto perché non andava Sì, quelle a motore posteriore mai. d’accordo con Billi, che era un affarista. Volpi in- Ha messo la ruota sull’erba, ma la mac- vece era diverso, non legava. Me ne andai anch’io. china si scompose molto? È vero che il conte Volpi lasciò disgustato Eh, certo, ero in piena velocità. a causa degli incidenti dei piloti? Di altri piloti ha qualche ricordo? A me non risulta. Fangio, ripeto, lo considero il più grande pilota E lei per l’ATS non fece progetti? di tutti i tempi; Moss era un kamikaze, però mol- No, niente. to bravo. Ricordo che a Goodwood Moss con la Dopo queste vicende lei non progettò più Ferrari [berlinetta a passo corto: n.d.r.] mi disse monoposto? “Proviamo a mettere dietro delle ruote più lar- Ho fatto le monoposto solo di Formula 3, quan- ghe” e lì è nata la differenziazione fra le ruote do ero al Mugello. Ho avuto diversi piloti. anteriori e posteriori. Si è occupato anche di motociclette? Questo accadde nel 1961 quando c’era già Ho progettato una testata a 4 valvole per un mo- la Jaguar E Type? tore Kawasaki, ho ancora dei pezzi. Sì, ricordo questa idea di Moss e dei suoi tecnici. Questo è un reperto storico [Bizzarrini Chiamai Ferrari avvisandolo che il giorno dopo mostra la fusione della testa Kawasaki n.d.r]. avrebbe vinto Moss, e così fu. Che materiale è? Dei disegnatori della Ferrari, Rocchi, Sal- Alluminio. varani, Colotti... Questa moto corse a Le Mans, vero? Andarono tutti con Chiti, non vennero con me Sì, i piloti erano francesi, io la realizzai con un Ma ha ricordi? team francese che aveva contatti con la Kawasaki. No, perché io ero nell’officina e alle prove. Fu tramite loro. Dell’incidente di Castellotti ha qualche Il motore aveva molta potenza? opinione? Sì, era un po’ meno di 1000 di cilindrata, con 157 No, ricordo l’incidente di De Portago, di cui feci cavalli. la perizia per conto della Ferrari. Ci furono pa- È stato l’unico episodio in campo motoci- recchi morti. Ricordo che la macchina aveva il clistico? parafango consumato, tanto che si era creato un Ho un disegno di un monocilindrico realizzato buco nella zona posteriore sinistra. Allora c’erano per la Gilera. i divisori della carreggiata, i cosiddetti “occhi di Quando? Prima o dopo il motore Kawa- gatto” ... saki? Si dice che lo scoppio dello pneumatico

8 posteriore fosse stato dovuto ad un indeboli- con particolare affetto? mento degli ammortizzatori. Di collaboratori ne ho avuti diversi. Uno ad Si, anche, ma una volta arrivata sugli occhi di gat- esempio era un disegnatore che ho avuto a Livor- to scoppiò la gomma. Usura durante la corsa; ar- no, Niccolai. Poi c’è Prampolini che ha l’officina rivata nella curva in cui il pilota appoggiò la ruota a Massa Carrara, un’officina di riparazione. Era sugli “occhi di gatto”, è scoppiata. [in realtà lo uno dei cinque meccanici che alla Ferrari lavo- scoppio avvenne in rettilineo, a notevole distanza ravano con me. Si è licenziato e mi ha detto che dall’ultima curva percorsa dalla vettura: n.d.r.] avrebbe voluto lavorare solo con me. Perché a Bologna non hanno cambiato le La Bizzarrini in gara era guidata a volte da gomme? Edgar Berney. Questo non lo so, io ero responsabile tecnico a Berney era un grande signore, ma secondo me era Brescia. un kamikaze. Tanto che mi sembra si sia suicidato. Altri ricordi che ha nella mente e che vuole Era bravo? ripercorrere? Bravo? Faceva paura a tutti, era l’unico che otte- Il professor Francia aveva ideato il sistema di neva certi risultati con la Bizzarrini. quello che attualmente si potrebbe chiamare Lei ha avuto mai rapporti con Aurelio ABS, ma molto più sofisticato, e io lo avevo pro- Lampredi? vato. Si trattava di un pendolo che, a seconda del- Si, qui a Livorno. Quando era venuto via dalla la posizione, distribuiva la frenata sulle ruote. Un Ferrari. meccanismo meccanico-idraulico. Complimenti ingegnere, lei ha fatto tanto. Quando lei era in Ferrari Tavoni era diret- Ho un carattere particolare, ho fatto il nomade. tore sportivo, o sbaglio? Anche perché, a parte la Ferrari, non è che i vari Sì, era Tavoni. industriali mi abbiano sopportato facilmente. Cosa ricorda di lui? Questo dice molto del carattere di Ferrari, Un grandissimo amico. che capiva le persone. Dei suoi collaboratori ne ricorda qualcuno Su questo non ci piove!

9 Bizzarrini visto da Mauro Prampolini intervista di Lorenzo Boscarelli

In che modo si è avvicinato al mondo delle vante per le Ferrari. vetture di alte prestazioni e da corsa? La base di sviluppo per la “papera” fu una 250 GT Sono nato a Casagrande, in provincia di Reggio Boano del 1957. Accorciammo il telaio, con un ta- Emilia, nel 1941, ma ben presto la mia famiglia si glio dietro i sedili, riducendo il passo da 260 a 240 trasferì a Formigine. I collaudatori della Ferrari pro- cm., e rafforzandolo adeguatamente nel punto in vavano le macchine sul rettilineo che c’è tra Mara- cui lo avevamo tagliato. L’evoluzione del telaio era nello e Formigine e io le guardavo con ammirazio- progressiva, non vi fu un progetto a tavolino e poi ne. Così è nata la mia passione per le automobili, la realizzazione. Effettuavamo una modifica, sotto- anche se in un primo tempo prevaleva quella per gli ponevamo il telaio a prove di torsione, ancorandolo aerei, perché mi stupiva la loro capacità di sostener- a un banco di riscontro e verificando con un compa- si in aria; ero affetto da una “malattia” per quelle ratore le flessioni, e aggiungevamo tubi per contra- macchine, terrestri e volanti. Poi frequentai l’Istituto starle, fino ad ottenere la rigidezza desiderata. Allo Tecnico Fermo Corni, a Modena, dove ebbi come stesso modo procedemmo con la carrozzeria, una docenti Scapinelli (che aveva disputato la Mille Mi- specie di “mostro”, che venne ottenuta con tagli e glia del 1948 al fianco di Tazio Nuvolari), che in- aggiunte successive. Per crearla, fu assunto in Fer- segnava Pratica automobilistica, e l’ingegner Mario rari un lattoniere, Franco Agnani (il cui fratello, Da- Sola, professore di Teoria automobilistica. nilo, allievo del cavalier Luigi Bazzi, era già in Fer- Non appena diplomato, il 7 luglio del 1959 entrai rari). Danilo e io lavorammo sulla meccanica della in Ferrari, al Reparto Esperienze, di cui era respon- “papera”. Una nota su Luigi Bazzi: la Ferrari era la sabile l’ingegner Giotto Bizzarrini. Eravamo in 7-8 sua vita, per quanto ormai in pensione si occupava persone, ero il più giovane del Reparto e tra i miei ancora di macchine, stava in officina anche la notte, compiti c’era la cura della macchina personale del metteva il cuore, l’anima, nella meccanica. commendator Ferrari, una berlina; do- Anche i freni furono oggetto di molte prove: ver- vevo controllare che tutto fosse a posto, olio, pres- niciavamo i dischi con vernici che scolorivano in sione dei pneumatici... funzione della temperatura, per controllare a quali Al Reparto Esperienze però si faceva ben al- livelli si arrivasse. tro... Potenziammo il motore, che sulla “papera” man- Certo, facevamo il collaudo delle vetture stradali, cu- teneva il carter umido, dotandolo tra l’altro di sei ravamo la messa a punto di alcune 250 GT berlinet- carburatori doppio corpo invertiti, e adottammo il ta Scaglietti (la Ferrari che nel 1960 e 1961 disputò cambio a 5 marce della berlinetta Scaglietti. Il mo- la Coppa FIA Gran Turismo, di fatto il Campionato tore fu arretrato, rispetto alla Boano, per avere un mondiale GT) in particolare quelle che correvano minore momento di inerzia e migliorare di conse- per la Scuderia Ferrari, ad esempio affidate a Olivier guenza la maneggevolezza. Le sospensioni furono Gendebien e a Willy Mairesse. Il nostro lavoro più modificate, all’avantreno senza grandi innovazioni, importante fu però lo sviluppo della “papera”, la al retrotreno affiancando una molla elicoidale ad vettura da cui derivò la 250 GTO. ogni balestra, ma conservando l’assale rigido. Inol- Come nacque la “papera” e come fu svilup- tre, la “papera” fu la prima Ferrari GT Competizio- pata? ne a montare pneumatici di misura maggiore al re- Il nome “papera” nacque spontaneamente da noi trotreno che all’avantreno; erano comunque ancora che la stavamo creando per la forma allungata del delle Cinturato. suo frontale, configurato così alla ricerca di una mi- La vettura fu collaudata per la prima volta sulla pista gliore penetrazione aerodinamica. L’incarico di svi- di Monza, da Stirling Moss, in occasione del Gran luppare una nuova vettura GT per le competizioni Premio d’Italia, nel settembre del 1961. Dopo po- fu assegnato da a Giotto Bizzarrini, chissimi giri Moss spiccò un tempo eccellente, assai per disporre di un mezzo capace di imporsi sulle migliore del precedente record della 250 GT Sca- Jaguar E, presentate nella primavera del 1961, che glietti, pilotata da Carlo Mario Abate. avrebbero forse potuto costituire una minaccia rile- Come si passò dalla “papera” alla 250 GTO?

10 Com’è noto, a fine ottobre 1961 si ebbe l’uscita di Enzo Ferrari e di sua moglie.] traumatica dalla Ferrari degli “otto dirigenti”, tra i Come è noto, degli otto rientrarono in Ferrari solo il quali Giotto Bizzarrini. Lo sviluppo della nuova GT cavalier Giberti ed il ragionier Della Casa. Competizione fu proseguito dall’Ufficio Tecnico Di quale dei piloti Ferrari di quell’epoca della Ferrari. Bizzarrini aveva previsto di dotare la conserva il miglior ricordo? vettura di un retrotreno a ruote indipendenti, ma Di Ritchie Ginther, per la sua sensibilità alla vettura, non ebbe il tempo di realizzarlo. per la cura con cui ne voleva percepire le reazioni. La vettura, ancora in fase di messa a punto, guidata Trascorreva molto tempo al Reparto Esperienze, da Willy Mairesse, ebbe un grave incidente mentre per lui la macchina doveva adattarsi al pilota “come percorreva le due curve di Sasso Marconi, sull’Auto- fosse un vestito”. strada del Sole. Inoltre, in prove effettuate a Monza Ginther fu allontanato dalla Ferrari alla fine della da Lorenzo Bandini, non si riusciva ad avvicinare stagione 1961, prima dell’episodio degli otto diri- il tempo spiccato da Moss con la “papera”. Allo- genti; uscì insieme all’ingegner Vico Chizzola. Non ra l’ingegner Mauro Forghieri, che era appena stato credo che avesse già sottoscritto il contratto con la nominato responsabile tecnico della Ferrari, adottò BRM, con la quale disputò la stagione 1962; ricordo un parallelogramma di Watt ancorato alla scatola infatti che una sera pianse, dopo aver saputo che del differenziale, per evitare scuotimenti laterali e non avrebbe più corso con le Ferrari. le conseguenti variazioni di assetto, con forte de- Dopo l’uscita dell’ingegner Bizzarrini cosa trimento della tenuta di strada. Così la 250 GTO ne fu del Reparto Esperienze? divenne la vettura vincente che tutti conosciamo. Fu sciolto – fu ricreato alcuni anni dopo, questa vol- Le migliori caratteristiche della GTO erano la leg- ta con alla testa l’ingegner Mike Parkes – e io fui tra- gerezza e la penetrazione aerodinamica, gli obiettivi sferito al Reparto Collaudo, dove si facevano analisi principali che erano stati perseguiti nello sviluppo delle parti in fase di lavorazione e finite, per vetture della “papera”. L’ingegner Bizzarrini diceva che una di serie e da corsa. Il livello tecnologico della Ferrari vettura da corsa avrebbe dovuto avere la forma di era molto elevato, ricordo ad esempio il meraviglio- una goccia, con un profilo deportante. Non a caso, so Reparto Torneria. il primo spoiler posteriore fu adottato sulle Ferrari Che ricordo ha di Enzo Ferrari? Sport del 1961, per sua iniziativa. Il commendator Ferrari riusciva a mettere in ciascu- Ha accennato all’uscita degli “otto dirigen- no di noi uno spirito di grande competitività reci- ti” dalla Ferrari; a cosa fu dovuta? proca, puntava a creare uno stato d’animo che faces- Il motivo “vero” non mi è noto e credo che nes- se dire a ciascuno “io sono meglio di te” e ad agire suno o ben pochi l’abbiano saputo, ad esclusione di conseguenza. Ferrari non perdonava gli errori. di Enzo Ferrari, ovviamente. Ricordo che nell’e- Di conseguenza tra i Reparti non c’era cameratismo state del 1961 si erano manifestate delle tensioni; e facilità di rapporti. Me ne accorsi ben presto, per- ad esempio, se ne era andato l’ingegner Lodovico ché l’ingegner Bizzarrini – che in Ferrari dava del lei Chizzola, che poi avrebbe fondato l’Autodelta. La a tutti – mi faceva gironzolare qui e là e questo non mia impressione è che Ferrari percepisse che quel era bene accetto ai Capi Reparto. gruppo di persone aveva acquisito troppo potere e Quando si trovò di nuovo a collaborare con temesse forse di perdere la sua autonomia decisio- l’ingegner Bizzarrini? nale. A questo si era sovrapposta la trasformazione Ero affezionato all’ingegner Bizzarrini, che viveva societaria, in SEFAC S.p.A., con delle complicazioni ancora a Modena, e una sera andai a cercarlo nel nei rapporti azionari tra Ferrari e sua moglie Laura, ristorante in cui cenava. In quel momento lavorava una persona il cui carattere bizzarro e difficile non come consulente della Iso Rivolta e della Amadori sfuggiva a nessuno. Si diceva che durante la guerra e Campagnolo (produttrice di cerchi ruota in lega Ferrari avesse intestato alla moglie dei terreni – sui leggera, che poi conservò solo il nome Campagno- quali sarebbe poi sorto l’autodromo di Fiorano – lo). Ben presto Bizzarrini fondò a Livorno una sua per cautelarsi patrimonialmente da possibili diffi- azienda, la Autostar, ed io vi fui assunto a fine aprile coltà finanziarie della Auto Avio Costruzioni, che del 1962. produceva macchine utensili. Da questo, al confe- L’attività della Autostar all’inizio consisteva nel rimento patrimoniale in SEFAC, sarebbero derivate montaggio su vetture Alfa Romeo e Volkswagen di tensioni tra Ferrari e sua moglie, il che aveva reso un kit di freni a disco Amadori-Campagnolo. Con quel momento ancor più difficile per lui. [Ndr: Si costoro il nostro rapporto proseguì quando ini- dice che la costituzione della SEFAC fosse stata ziammo a produrre le vetture Bizzarrini, per le quali fortemente sostenuta dal dottor Gerolamo Gardini, erano stati sviluppati freni con pinze in magnesio, Direttore Vendite della Ferrari, con la motivazione che dettero gravi problemi, per la formazione di che ne sarebbero derivati vantaggi fiscali che sem- bolle d’aria nella pinza, oltre una certa temperatu- bra non si siano manifestati, con forte disappunto ra. Venimmo a capo della questione piuttosto tardi, 11 incamiciando in acciaio la parte della pinza in cui dovettero ritirarsi, e la 1000 Km. di Parigi del 1964, scorrevano i pistoncini. quando lo stesso equipaggio condusse una gara I kit di freni a disco, d’accordo, ma le auto- molto brillante, finché al rifornimento – in modo in- mobili? spiegabile – con la benzina venne versata nel serba- La prima vettura sviluppata in Autostar fu l’ASA toio anche dell’acqua, con le conseguenze del caso. 1000 da corsa; il proprietario dell’ASA, Niccolò De Nel 1965 a Zeltweg Chris Amon, che aveva provato Nora, ne affidò la realizzazione a noi, ma la macchi- lungamente la vettura, a Monza e altrove, ottenne na non andò mai bene. Il treno posteriore era mol- un quarto posto assoluto, mentre Bob Bondurant to instabile. Il monoblocco, derivato da quello della giunse settimo. Fiat 1100 rilavorato a Modena dall’ingegner Bellen- Nacque poi la Iso-Rivolta Grifo IA3/L, che adotta- tani, era inadeguato ad elevate potenze. La vettura va il telaio della IA3 ed una carrozzeria costruita da fu provata da Lorenzo Bandini e da me, ma avevo Bertone, su disegno di . Con Pa- sempre il terrore che si rompesse. olo Sancasciani fummo inviati in Bertone per modi- In seguito lavorammo sul progetto di una ASA ficare il telaio Iso su cui venne allestito il prototipo 1000 da corsa a motore posteriore, partendo da una della Grifo, che aveva ancora il passo lungo. Formula Junior von Trips. Il telaio fu quasi com- Come fu l’inizio dell’attività con le Bizzarrini? pletato, il motore, progettato dall’ingegner Bizzarri- Le prime macchine che producemmo erano tutte da ni, avrebbe dovuto essere ispirato al bialbero Fiat- corsa, ci divertivamo molto e l’azienda stava a galla, OSCA, dopo che in Autostar avevamo potenziato anche perché avevamo diversi sponsor. Innanzitutto uno di questi motori per un cliente. La costruzione Campagnolo, che faceva qualsiasi cosa chiedessimo, di questo telaio avvenne in modo simile a quello del- poi la BP, il giovane, appassionato barone francese la “papera”, cioè con modifiche e prove successive de la Gravière, che fece correre con le nostre mac- Alla fine intervenne il padre del dottor De Nora, chine Mario Casoni, Odoardo Govoni, Silvio Mo- che bloccò tutta l’operazione. ser, e poi i piloti Pierre Noblet, Edgar Berney, Regis Dopo questi prototipi come si arrivò alle Fraissinet, Jean de Mortemart. Bizzarrini? Poi cosa non funzionò? L’ingegner Bizzarrini chiese al commendator Rivol- Dal ’65 in poi le cose cominciarono ad andare male, ta, del quale era consulente tecnico, un telaio della perché nessuno sapeva tenere i conti dell’azienda. Iso-Rivolta 340. Noi lo accorciammo, mantenendo La Autostar aveva quattro azionisti, tra i quali due la sospensione anteriore e lo scatolato che reggeva cognati dell’ingegner Bizzarrini, anch’essi ingegne- quella posteriore, che adottava un ponte De Dion, e ri e abbastanza abbienti. Erano brave persone, ma su di esso costruimmo la Iso Autostar 3 (IA3, cioè nessuno di loro aveva le capacità necessarie a gestire la terza vettura sviluppata in Autostar, dopo le due un’azienda, sembrava che per loro si trattasse di un ASA). La carrozzeria della IA3 fu delineata da un diversivo. disegnatore livornese, Piero Vanni, molto amico Da quando iniziammo a produrre le vetture strada- dell’ingegner Bizzarrini, che aveva tracciato il primo li, cioè le Bizzarrini 5300 GT Strada, eravamo sem- schizzo su una lavagna. Il figurino predisposto da pre alla rincorsa di un pareggio economico che non Vanni fu portato a Modena alla Sportcars di Piero arrivava mai. L’ingegner Bizzarrini aprì la società a Drogo, che ne ricavò un mascherone in filo d’ac- nuovi soci, tra i quali Profili, Biagiotti (di Livorno), ciaio e poi costruì la carrozzeria. Giugiaro venne a un socio romano, ma nessuno investì in modo signi- vederla e suggerì di stringerla nella parte posterio- ficativo nell’azienda. Le persone che si affiancarono re, noi invece l’allargammo sempre più, per ospitare all’ingegner Bizzarrini mi davano l’impressione che cerchioni via via più larghi, fino a 9”. lo facessero per approfittare di lui, non per passione. A proposito di cerchioni, una volta al passaggio del- Che rapporti aveva l’ingegner Bizzarrini con la frontiera, al Monginevro, ce li sequestrarono per- i suoi dipendenti? ché, mentre ci recavamo a Le Mans, eravamo passati L’ingegner Bizzarrini non era interessato ad oc- a Modena a ritirare quelli appunto più larghi, appena cuparsi di problemi di gestione e ben presto volle prodotti da Campagnolo, ma che non erano nella liberarsi dei propri dipendenti. Così all’inizio del lista dei materiali nella dichiarazione doganale. 1965, dietro sua richiesta, io e Paolo Sancasciani av- A Livorno Paolo Sancasciani e io costruimmo i pri- viammo un’attività artigianale, con sede nello stesso mi dieci telai, quelli successivi vennero fatti a Mode- stabile della Autostar/Prototipi Bizzarrini (all’inizio na, da Marchesi. del 1964 l’azienda aveva mutato nome). Per contrat- La IA3 si comportò bene in alcune competizioni, to lavoravamo in esclusiva per l’ingegner Bizzarrini, come la 12 Ore di Reims del 1964, dove Edgar Ber- che ci pagava ad avanzamento lavoro. ney e Pierre Noblet stabilirono un tempo in prova La “Prampolini e Sancasciani” costruì la Bizzarrini vicino a quello delle migliori GTO, ma 538, a motore posteriore. Il primo telaio della 538

12 aveva tubi quadri, come la 5300, mentre quello suc- che era lattoniere. Devo aggiungere comunque che cessivo li aveva tondi ed erano usati come conduttu- la situazione che si era venuta a creare mi metteva re d’acqua di raffreddamento. Questa scelta si rivelò a disagio; non c’era una visione realistica, qualcuno infelice, perché a Le Mans, nel 1966, in una saldatu- riteneva di potersi paragonare alla Ferrari. ra si verificò una crepa, con perdita d’acqua, il che Come proseguì l’attività dell’ingegner Biz- ci costrinse a fermare la macchina, già alla terza ora zarrini? di gara. Nel 1967 le Bizzarrini – una 5300 ed una 7000, en- I tempi in prova della 538 a Le Mans furono trambe a motore anteriore – non furono ammesse molto modesti. alla 24 Ore di Le Mans per problemi tecnici. Nel La macchina non stava in strada; era stata spedita 1967 disputarono qualche corsa con G. Naddeo e a Le Mans senza averla provata e messa a punto F. Failli. in modo adeguato. Il suo comportamento era così Fu realizzato un piccolo numero di Bizzarrini 1900 problematico che Joakim Bonnier, allora presidente GT, una vettura che avrebbe dovuto montare il mo- della Gran Prix Drivers Association (GPDA) ven- tore Fiat 1500 aste e bilancieri. La General Motors ne a chiedere spiegazioni all’ingegner Bizzarrini, che però impose di adottare il motore Opel 1900, mi- si giustificò adducendo problemi ad una gamba del nacciando, in caso contrario, di sospendere la forni- pilota Edgar Berney, dovuti a un incidente di poco tura di quelli per la 5300 GT. tempo prima. Ma la realtà era diversa. Per di più, Che ricordo personale ha dell’ing. Bizzarrini? durante le verifiche tecniche, mentre ero al volante L’ingegner Bizzarrini mi stimava moltissimo e a della macchina, si ruppe la catena della distribuzio- Livorno tra tutti noi c’era un bel rapporto umano. ne (una catena tripla), perché chissà come nel carter Voglio molto bene all’ingegner Bizzarrini, per il suo era rimasto un bulloncino. Smontammo il motore e carattere vulcanico, per la sua bontà d’animo, ma lo riparammo (aveva subito gravi danni, con valvole devo riconoscere che in alcune circostanze ha mo- piegate e altro), ma non riuscimmo a farlo girare in strato di essere debole, di non saper imporre le sue modo appropriato ... andava più a sette che a otto. qualità (al contrario, ad esempio, dell’ingegner Carlo Dopo il 1965 come furono i suoi rapporti con Chiti). Pensava solo alle macchine, non aveva alcun l’ingegner Bizzarrini? interesse per gli aspetti economici, al punto di non Nel 1966 Paolo Sancasciani e io fummo di nuovo curarsi del suo patrimonio personale, che all’inizio assunti, come dipendenti della Prototipi Bizzarrini. era ragguardevole. Le difficoltà dell’azienda però continuavano ad au- Alla fine, le sue vicissitudini sono derivate dall’in- mentare. capacità di imporre una persona che tenesse una A un certo punto l’ingegner Bizzarrini, che si tro- contabilità corretta dell’azienda; al contrario, se ne vava a rischio di fallimento, con grande onestà mi occupavano sua moglie e una segretaria. consigliò di andarmene, per evitare di patire le con- Con le sue doti e il suo carattere l’ingegner Bizzarri- seguenze del disfacimento dell’azienda. Uscii dalla ni difficilmente avrebbe potuto diventare un grande Bizzarrini nel febbraio del 1967 e aprii un’officina costruttore di automobili, ma avrebbe meritato di a Tirrenia, insieme ad un collega, Giancarlo Reali, ottenere di più di quello che ha realizzato.

13 Giotto Bizzarrini: un sognatore che ha creato grandi automobili Griffith Borgeson

a prima realizzazione di rilievo nella carriera di si sposò con Rosanna, che gli ha dato quattro figli, Lquesto ingegnere solitario fu la concezione piut- due maschi e due femmine. tosto autonoma della Ferrari GTO, che vinse il Cam- Da giovane aveva l’aspetto di un atleta di media statu- pionato Mondiale Costruttori nella categoria GT nel ra; oggi, a 58 anni(1), ha un fisico asciutto e i suoi ca- 1962, nel 1963 e nel 1964 ed è una delle vetture clas- pelli hanno qualche ciuffo grigio. I suoi occhi azzurri siche più famose. La seconda fu la collaborazione di emettono lampi giovanili, ma esprimono anche non Giotto per creare la prima granturismo di altissime poca tristezza. Parla con un evidente accento tosca- prestazioni a scocca portante, concepita con criteri no, in modo rapido e autorevole, inframmezzando le industriali, quando questo schema era sconosciuto. La parole con tratti di humour e di filosofia di vita. È un sua terza realizzazione di grande rilievo fu il progetto intellettuale poco sensibile alle arti figurative; preferi- del motore Lamborghini V12, un piccolo lavoro che sce la musica, in particolare il jazz di New Orleans. Ha lui fece in un intervallo tra impegni più importanti. doti di scultore, come dimostrano le forme delle sue Poi, divenuto lui stesso costruttore, ha progettato e vetture, ma non se ne lascia distrarre, preferisce con- costruito quella che esperti molto esigenti hanno af- centrarsi sulle soluzioni aerodinamiche. È franco, di- fermato essere una delle poche veramente grandi vet- retto, riflette su se stesso: “Non sono un progettista” ture GT. Sempre in movimento, infaticabile, Giotto dice “sono un costruttore”. Le sue mani sono segnate Bizzarrini è stato una delle più indimenticabili perso- come quelle di un fabbro, per il lavoro che ha fatto e nalità della scena automobilistica italiana negli entusia- continua a fare. Il suo stile di vita non è signorile, ma smanti anni Sessanta. la cosa non lo tocca; toscano nel profondo, è un anar- Giotto nacque in un villaggio di nome Quercianella, chico e un arci-individualista. nell’entroterra di Livorno, il 6 giugno 1926. Il nome Per la sua tesi di laurea Giotto condusse una speri- gli è stato dato in ricordo dal nonno paterno, una no- mentazione su un motore motociclistico a 4 cilindri, tevole personalità livornese di educatore e autore di allo scopo di confrontare le prestazioni deducibili te- opere scientifiche. La sua famiglia era agiata, grazie a oricamente dalle caratteristiche progettuali del motore notevoli proprietà terriere; suo padre era ingegnere con quelle rilevate al banco. In seguito si costruì una meccanico, la madre discendeva dal poeta Torquato vetturetta basata sulla meccanica della Fiat Topoli- Tasso. Da ragazzo, Giotto aveva un carattere irre- no, con il motore modificato installando una testata quieto e le sue principali passioni erano la caccia, la e due carburatori motociclistici Dell’Orto. Per pesca in mare e il calcio. Gli era quasi impossibile quel motore progettò anche un apparato di iniezione, stare seduto ad una scrivania, quindi non fu uno stu- che agiva solo quando il numero di giri e la depres- dente brillante. Sognava di diventare un calciatore sione nel condotto di aspirazione erano bassi. Giotto professionista, ma suo padre gli impose di studiare progettò anche la carrozzeria, una berlinetta. Quella Ingegneria. Solo allora nacque in lui l’interesse per vettura fu l’inizio della sua carriera di tecnico, da più le automobili, in quanto avrebbe potuto dedicarsi a punti di vista. uno sport, pur lavorando come tecnico. I suoi studi Dopo la laurea, Giotto rimase all’Università di Pisa, non progredirono rapidamente, finché entrò nell’I- come assistente, per un anno e mezzo. In quel perio- stituto di Motoristica dell’Università di Pisa, dove do, nel primo semestre del 1954, seguì un corso di scoprì la sua vocazione: il progetto e lo sviluppo di progettazione di motori diesel, presso la Oto Melara, motori a combustione interna. Da quel momento di- di La Spezia. La OTO Melara anni dopo produsse il venne uno studente modello, progredì rapidamente differenziale per la 1900 Europa. e si laureò nel luglio del 1953, con un certo ritardo, in Bizzarrini fu assunto dall’Alfa Romeo nell’agosto del quanto aveva 27 anni. Poco dopo, l’11 ottobre 1953, 1954, come tecnico addetto alla sperimentazione degli

Traduzione e adattamento di Lorenzo Boscarelli da un articolo di Note: Griffith Borgeson apparso su Automobile Quarterly, Vol. XXIII, 1. L’articolo di Griffith Borgeson è stato scritto nel 1984. n. 3, 3° trimestre 1985

14 autotelai. Non si sarebbe dovuto occupare di motori, questione in Alfa Romeo, insieme a Sanesi, cosicché ma era un’ottima opportunità per imparare. Lavorò poté dire a Ferrari: “Commendatore, deve semplice- al fianco di Consalvo Sanesi, pilota e collaudatore, un mente eliminare questa scatola di sterzo e sostituirla maestro nel suo campo; tra di loro nacque un’amicizia con una ZF”. e Sanesi gli insegnò i segreti del mestiere di collauda- La scatola ZF era del tipo a vite e rullo, con cuscinetti tore. Il capo della progettazione era l’ingegner Ora- a rulli, era precisa e rendeva leggero lo sterzo. La mac- zio Satta Puliga, al quale pure Giotto si legò. Queste china ne fu trasformata. relazioni non si interruppero quando, dopo due anni Sulla 250 GT c’era un altro problema: le molle a bale- e mezzo, Giotto lasciò l’Alfa Romeo; aveva impara- stra della sospensione posteriore erano troppo rigide to tante cose su progetto, comportamento e messa a e l’attrito tra le foglie creava un effetto eccessivo di punto dei telai, ed in seguito non avrebbe potuto ave- “ammortizzamento”. Giotto aveva affrontato anche re altrettante occasioni di apprendimento. All’inizio questo problema in Alfa Romeo e sapeva cosa fare: del 1957 aveva sentito dire che la Ferrari cercava un modificò la flessibilità delle molle e inserì degli ele- pilota collaudatore con una formazione di ingegnere. menti di plastica tra le foglie, trasformando così la Al volante della sua berlinetta si recò a Maranello, per macchina una seconda volta. Quelle modifiche furono un incontro con il Commendatore. apportate anche alla 250 GT che Olivier Gendebien guidò nella Mille Miglia del 1957, finendo terzo asso- Alla Ferrari luto, dietro alla 335 Sport di Taruffi e alla 315 Sport Le caratteristiche di Giotto erano ideali per quella po- di von Trips, i cui motori erano rispettivamente di 4 e sizione e la ottenne, ma non fu solo in virtù di esse. 3,7 litri. La macchina di Gendebien era talmente più Molto tempo dopo, quando ormai aveva dimostrato guidabile delle più potenti Sport dei suoi compagni le sue capacità, Ferrari un giorno gli chiese: “Eh, Biz- di squadra che le batté sul tratto Cremona-Mantova- zarrini ... sa perché l’ho assunta?” Brescia, di 133 km, alla media di oltre 199 km/h, il che “Ho qualche idea in proposito, Commendatore” gli valse la conquista del Trofeo Nuvolari. Pinin Fari- “Lei però non sa il vero motivo. Quando l’ho vista na riprese ad allestire le carrozzerie della 250 GT e ne uscire da quella macchinetta le chiesi cosa avrebbe fabbricò trecento. Il Direttore Vendite della Ferrari, fatto subito dopo. Lei mi rispose che si apprestava il dottor Girolamo Gardini, a volte definito “l’uomo ad andare a Livorno, superando il Passo dell’Abe- dietro Ferrari”, era raggiante e Ferrari stesso dichiarò tone. Pensando a quella lunghissima, terribile stra- la sua riconoscenza per il lavoro di Bizzarrini, mentre da tra le montagne mi dissi: “Forse non sarà molto quest’ultimo riconobbe di essere solo stato il tramite intelligente, ma di certo ha coraggio”. Ecco perché di un trasferimento di esperienze, com’era tradizione, l’ho assunta”. tra l’Alfa Romeo e la Ferrari. Bazzi aveva passato l’età Giotto iniziò a lavorare in Ferrari nel febbraio 1957. della pensione e, prima che fosse trascorso un anno È convinto che il motivo per il quale Ferrari cercava dall’entrata di Giotto a Maranello, Ferrari nominò un collaudatore con un preparazione di ingegnere Bizzarrini responsabile del reparto di sviluppo delle fosse la condizione problematica della 250 GT. Pi- vetture GT. nin Farina aveva allestito alcune carrozzerie, ma si La genesi della GTO è stata raccontata in modi di- era rifiutato di costruirne altre, per la cattiva tenuta versi, in molte occasioni, ma questa è la prima volta di strada della macchina. Ferrari si rivolse allora ad che Giotto ha narrato la vicenda con tanti dettagli. una piccola carrozzeria torinese, Ellena, che quando A suo dire, Gardini era preoccupato della competi- Giotto entrò in Ferrari stava costruendo venti - tività delle Aston Martin nelle gare per vetture GT e rozzerie per la 250 GT, che comunque continuava ad insistette con Ferrari perché si costruisse una macchi- andare fuori strada. na nettamente più veloce. Il Commendatore incaricò Bizzarrini iniziò a lavorare su quell’autotelaio con Bizzarrini del suo sviluppo ed il risultato fu la 250 GT l’incarico di ispettore. Era alle dipendenze del Cava- berlinetta Scaglietti, il cui passo era di 240 cm, anziché lier Luigi Bazzi, un uomo “incredibilmente duro, così 260 cm, come in precedenza. Quella macchina a passo com’era duro lavorare per lui”. Era però bravissimo corto, la cui potenza era salita dai 260 CV della versio- ad istruire i collaboratori e Giotto lo ricorda, insieme ne precedente a 280 CV, spesso in inglese è chiamata a Sanesi e Satta, come uno dei tre maestri ai quali è 250 GT SWB. più riconoscente per la sua formazione tecnica nella La berlinetta Scaglietti è generalmente ritenuta una pratica di lavoro. vettura di grande successo; era un po’ più veloce e Ben presto fu chiaro a Giotto che il problema deriva- più leggera di circa 70 Kg della versione precedente, va dallo sterzo, che era durissimo, anche ad alta velo- rispetto alla quale aveva un comportamento stradale cità. “Colpevole” era la scatola dello sterzo, costruita molto più delicato, cosicché richiedeva al pilota ca- dalla Ferrari, a vite e cremagliera longitudinale, una pacità fuori del comune per sfruttarne appieno il po- soluzione obsoleta. Aveva dovuto affrontare la stessa tenziale. Fu presentata nell’ottobre del 1959, al Salone

15 di Parigi. Nella stagione 1960 riuscì a prevalere sulle ca ed alzandola di alcuni gradi, la velocità aumentò di Aston Martin DB4 GT soprattutto grazie alle capacità 17 km/h Da quel momento Bizzarrini divenne uno dei piloti, che rimediarono ai suoi difetti. Poi arrivaro- specialista di aerodinamica. no le Jaguar E, che disputarono la prima gara a Oulton Per migliorare le prestazioni della berlinetta sperimen- Park, il 15 aprile 1961, contro le 250 GT SWB. Gui- tale lavorò in due ambiti: l’aerodinamica e la concen- date da Graham Hill e Roy Salvadori, finirono prima trazione delle masse il più possibile vicino al centro e terza, mentre Innes Ireland fu secondo su una DB4 della vettura, per migliorare il comportamento su stra- GT; le 250 SWB, guidate da Sears e da Whitehead, da. Bizzarrini creò un’officina dedicata, chiusa a chia- non poterono far meglio del quarto e quinto posto. ve, dove lui e tre collaboratori lavorarono in assoluta La 250 GT stradale si vendeva bene ed il dottor Gar- segretezza, tanto che egli ritiene che il prototipo della dini, già nervoso per la concorrenza delle Aston Mar- GTO sia probabilmente la sola macchina che, car- tin, entrò in panico quando seppe il risultato di quella rozzeria compresa, fu totalmente costruita all’interno corsa. Poi, il 14 maggio, a Spa, Willy Mairesse vinse al della Ferrari. Arretrò quanto più possibile il motore e volante di una 250 SWB, riaffermando temporanea- la trasmissione, per quanto è consentito in una vettura mente la superiorità della Ferrari; rimasero confiden- a motore anteriore; oltre a ridurre il momento polare ziali i commenti riguardo ai rischi che Mairesse aveva d’inerzia, ciò permise di avere un cofano anteriore più dovuto correre per stare davanti. Bizzarrini sottolinea basso e spiovente. Adottò poi un parabrezza più incli- che quella corsa fu “il segnale che non avremmo do- nato e, com’è ovvio, la coda tronca. vuto proseguire con la berlinetta Scaglietti. E fu il mo- Chi progettò questo prototipo della GTO? Be’, in mento in cui nacque l’idea che portò alla GTO”. effetti non fu progettato, mai una sola linea fu dise- Qualcuno ha scritto che il “prototipo della GTO” gnata; Giotto ed i suoi collaboratori la costruirono ad fu la vettura sperimentale che Tavano e Baghetti occhio, provando e correggendo. Un giovane battila- guidarono senza fortuna nella 24 Ore di Le Mans stra, Franco Agnani, diede forma ai pannelli di allu- di quell’anno. Secondo Giotto, quella macchina fu minio e li congiunse con viti da metallo. Ne risultò il primo tentativo di risposta alla Jaguar E; aveva un un patchwork di pezzi giustapposti, rugoso come una passo di 240 cm ed il motore da 300 CV della Testa pannocchia, la caricatura di un bolide filante. La chia- Rossa, la linea della carrozzeria era ispirata a quella marono “Il Mostro”. delle Superamerica di Pinin Farina. Le sole cose che La macchina fu terminata pochi giorni prima dell’ini- anticipavano la futura GTO erano i rigonfiamenti zio delle prove della Coppa Intereuropa per vetture dei passaggi ruota posteriori, per ospitare pneuma- GT, una gara di contorno al Gran Premio d’Italia di tici a sezione più larga. La macchina era pesante e F1, che si sarebbe corso il 10 settembre 1961, a Mon- l’aerodinamica lasciava a desiderare. Si ritirò per pro- za. Ferrari, che aveva seguito il progetto assiduamen- blemi al motore dopo tredici ore, ma in preceden- te, ordinò di portarla là. Giotto avrebbe voluto pro- za aveva dimostrato che non avrebbe potuto essere varla, ma non è mai stato un pilota veramente veloce; l’arma che Gardini desiderava. Allora Ferrari disse Moss e Mairesse erano disponibili e la guidarono. Le a Giotto: “Bizzarrini, dobbiamo fare una macchina sue prestazioni erano tanto formidabili, quanto il suo nuova. Ma con lo stesso materiale”. aspetto era grottesco; nelle loro mani la macchina girò Non c’erano soldi per fare qualcosa di diverso da una in circa sei secondi meno del miglior tempo delle 250 riconfigurazione di ciò che già esisteva. Ferrari sot- GT SWB. Era nata una superstar, a cui fu subito af- tolineò che il lavoro doveva essere fatto in assoluta fibbiato il nome di “papera”, per la forma piatta del segretezza: neppure l’Ufficio Tecnico diretto da Carlo cofano, che ricorda il becco di una papera. Chiti ne avrebbe dovuto sapere nulla. Mentre tutto ciò stava accadendo, si preparava “l’am- Poco prima, Ferrari si era rivolto a Giotto per ana- mutinamento dei cervelli”, che avrebbe portato all’u- lizzare perché una Testa Rossa sport a Le Mans non scita dalla Ferrari di molti dirigenti di primo piano, aveva potuto superare i 260 km/h, contro i 280 previ- nel novembre del 1961. Giotto fu risucchiato in que- sti. Bizzarrini provò il motore al banco e trovò che la sta vicenda, della quale apparentemente il leader era potenza era corretta; poi portò la vettura sull’autostra- Gardini; anche oggi lo considera uno dei grandi errori da Milano-Bologna e scoprì che la velocità in effetti della sua vita e continua ad osservare la Ferrari con non era quella attesa. Tutto funzionava correttamente, profonda ammirazione e rispetto. quindi il problema doveva essere aerodinamico. Diversi di quei transfughi subito si trasferirono La coda della macchina era bassa e arrotondata. L’ef- all’ATS, nella quale all’inizio molto tempo fu dedicato fetto Kamm della coda tronca cominciava a diventare a lotte di potere, ed ebbe breve vita. “La mia passio- di moda e Giotto decise di verificare, con l’aiuto di ne,” dice Bizzarrini “sono le prestazioni della macchi- un addetto alla costruzione delle carrozzerie, quale na. Per me è lo stesso essere meccanico o presidente, effetto questa soluzione avrebbe avuto sulla velocità per cui in una situazione come quella sono il primo ad massima. In un solo giorno, adottando una coda tron- essere espulso”.

16 La ISO Rivolta “L’episodio Rivolta iniziò con Nuccio Bertone, con Giotto crede “un po’” in qualcosa che lui chiama il quale avevo un rapporto molto amichevole e che Provvidenza, e ritiene che le sua vita sia stata determi- cercava di aiutarmi a trovare i mezzi per produrre la nata da lei, indipendentemente dalla sua volontà. Era Gordon GT; com’è naturale, era anche interessato alla libero da alcuni giorni, dopo la débacle dell’ATS, e si produzione delle carrozzerie. Mi portò dall’Ammini- chiedeva cosa avrebbe fatto dopo, quando il telefono stratore Delegato della Moto Guzzi, del quale non squillò. Era il commendator Renzo Rivolta: uno sco- ricordo il nome, ma era un ex-Alfa Romeo, e poi a nosciuto per Giotto, ma Rivolta conosceva lui. Bresso, per incontrare Renzo Rivolta. Rivolta era un industriale di Milano. Aveva iniziato Lo avevo conosciuto anni prima quando era venuto in l’attività nel 1940 costruendo frigoriferi con il mar- Inghilterra per promuovere la sua piccola Isetta, che chio Iso-Thermo, poi cominciò a produrre apparati mi aveva interessato. Rivolta provò il prototipo quan- per il riscaldamento domestico e, nel 1948, anche a do lo portai a Milano, nel 1961; poi venne a Londra, fabbricare scooter, motoleggere e piccoli motocarri a dove gli mostrammo un secondo autotelaio che ave- tre ruote, tutti con il marchio Iso. Nel 1953 lanciò la vamo costruito. Mi chiese se lo avrebbe potuto pren- Isetta, che non ebbe successo in Italia, ma la BMW dere in prestito e gli consentimmo di portarlo in Italia. costruì e vendette oltre 250.000 esemplari di quell’og- Penso che lo abbia esaminato con Bizzarrini, per con- getto ridicolo e Rivolta intascò le royalties. La sua cludere che era troppo costoso da costruire. Bizzarri- sede, a Bresso, vicino a Milano, era gestita con piglio ni, credo, progettò poi un telaio con dimensioni simili, baronale, simile a quello di Bugatti; comprendeva una ma costruito con lamiere stampate e piegate. fabbrica di notevoli dimensioni, all’epoca parecchio Quando il telaio ci fu restituito, a Slough, era coperto più grande di quella di Ferrari, una pista di prova ed di annotazioni ed era chiaro che ne erano state rilevate una grande villa, sullo stesso terreno. Era suadente, di le dimensioni. Me lo fece notare Jim Keeble, un tecni- bei modi e duro. co autodidatta molto preparato, che avevo assunto per A detta di Giotto: “Rivolta era un uomo di produ- sviluppare e produrre il primo autotelaio. zione; il progetto la sperimentazione, le corse, non lo Per quel che ne so Rivolta non acquistò mai una delle interessavano. Voleva solo produrre, quando poteva nostre vetture di produzione – né acquistò i diritti per produrre macchine come fossero salsicce era conten- copiarla – ma senza dubbio convinse Nuccio Bertone to”. a creare una carrozzeria leggermente modificata, per Rivolta sapeva che Bizzarrini era stato espulso dall’ATS produrre una “versione Bresso” della Gordon”. e disse: “Le farebbe piacere provare una macchina che La storia vista dalla parte di Bertone è narrata dal dot- ho comprato negli Stati Uniti e che voglio produrre?” tor G. B. Panicco, responsabile delle pubbliche rela- Il prototipo che Giotto trovò a Bresso era una Gor- zioni dell’azienda: don ed ebbe l’impressione che il suo creatore, John “Come lei dice, fu Bertone a mettere in contatto Gor- Gordon, fosse un americano. In realtà era un inglese, don con Rivolta. Quando Nuccio Bertone incontrò nato a Leeds, che aveva avuto un ruolo fondamenta- per la prima volta Gordon ebbe l’impressione che le nell’operazione Peerless GT tra il 1956 ed il 1959. stesse in qualche modo tentando di produrre auto- Con un telaio reticolare in tubi ed un ponte posteriore mobili che portassero il suo nome, eleganti e sportive, De Dion, la Peerless era un bel prodotto di mecca- cioè qualcosa di simile a ciò che aveva in mente Rivol- nica, ma la qualità e la finizione della sua carrozzeria ta. Quindi perché non metterli in contatto? Qualcosa vagamente ispirata allo stile italiano, lasciavano a desi- sarebbe potuto nascere, anche se in effetti nulla ac- derare. L’azienda chiuse nel 1959, dopo aver prodotto cadde tra Rivolta e Gordon. Bertone costruì un pro- circa 250 vetture. totipo, che fu presentato nel nostro stand al Salone di Gordon in seguito lanciò un progetto concettualmente Ginevra del 1960”. simile, ma con un grosso motore V8 americano e con L’analisi che Bizzarrini fece del prototipo Gordon un prezzo di vendita di circa 3000 sterline. Deciso a lo convinse che tutto era ben concepito, ma la vera non rovinare le possibilità di un buon autotelaio con rivelazione per lui fu il poderoso motore Corvette, una carrozzeria meno che eccellente, andò a Torino per che forniva circa 300 CV, a basso numero di giri, con parlare a Nuccio Bertone. Il risultato fu il prototipo del- estrema affidabilità e ... “al costo di due lire”. Rivolta la Gordon, la vettura più di spicco nello stand di Berto- gli disse: “Voglio produrre una macchina GT con quel ne al Salone di Ginevra, nel marzo del 1960. Dopo un motore e con prestazioni simili a quelle di una Ferrari. mancato accordo con la General Motors per 1500 mo- Non posso però costruire un telaio tubolare, voglio tori, Gordon continuò a cercare finanziamenti che alla che sia monoscocca, ottenuto con lamiere stampate e fine diedero vita all’effimera Gordon Keeble del 1964. saldate a punti. È possibile produrli come se si trattas- Come Renzo Rivolta fosse proprietario di un prototipo se di salsicce?” Gordon all’inizio del 1962 mi è stato spiegato in una Rivolta aveva un tecnico, Pier Luigi Raggi, che sa- lettera che ho ricevuto di recente da Gordon stesso. peva bene come progettare strutture in lamiera per

17 produzioni in larga scala. Assunse Bizzarrini per ab- re la costruzione della prima Iso da corsa, cioè della binare le conoscenze che questi aveva acquisito in prima Bizzarrini, progettò gran parte della ASA 1000 Alfa Romeo ed in Ferrari con le competenze di Raggi competizione, a Modena, nell’officina di Neri e Bo- nelle tecnologie di produzione. Il risultato fu ciò che nacini, Da loro seppe che il commendator Ferruccio Giotto ritiene sia stato il suo “più importante con- Lamborghini, che costruiva trattori agricoli, voleva tributo all’automobilismo”. Oggi non sono poche le fare una macchina superiore alle Ferrari. vetture ad alte prestazioni che hanno telai autopor- Stava cercando qualcuno che progettasse il motore e tanti, ma all’epoca la Iso Rivolta fu un’eccezione. Il Giotto lo incontrò; dato che i motori Ferrari GT erano prototipo Raggi-Bizzarrini del 1962 fu il precursore di 3 itri, Lamborghini li voleva di 3,5 litri. Propose un di una nuova stirpe di vetture ad alte prestazioni. contratto insolito: avrebbe pagato circa 4,5 milioni di Lo sviluppo del prototipo monoscossa fu estrema- lire, una somma misera a quel tempo per un impegno mente rapido. Le prestazioni furono ottimali fin dal così grande, ma Giotto aveva bisogno di guadagnare. primo esemplare e non si dovettero apportare modi- Avrebbe versato un anticipo di circa 2 milioni, mentre fiche importanti. La vettura fu presentata alla stam- il saldo sarebbe stato pagato dopo la prova del motore pa all’inizio di luglio del 1962 e Rivolta si affrettò al banco, alla presenza di esperti della Weber – carbu- a costruire gli impianti che, dice Giotto, sarebbero ratori – e della Borgo – pistoni – che ne avrebbero in grado oggi, se completati con robot, di produrre verificato le prestazioni. Se il motore avesse prodotto 1000 macchine al giorno. Allora, Rivolta aveva l’o- 350 CV o più sarebbe stato pagato l’intero saldo; se biettivo di produrre dieci vetture al giorno, che pen- la potenza fosse stata inferiore il saldo sarebbe stato sava di vendere tutte sul mercato americano. Però minore, secondo una scala prefissata. non era sufficiente avere una buona rete commercia- Bizzarrini avrebbe dovuto fornire i disegni, control- le, occorreva anche rispettare le norme imposte dal lare il montaggio e presenziare alle prove al banco, Governo USA, alle quali la Iso tardava ad adeguarsi. mentre Lamborghini avrebbe procurato parti e com- Verso la metà del 1963 Rivolta si trovò ad avere cir- ponenti. Come di consueto, Giotto lavorò come una ca 800 vetture e nessun mercato sul quale venderle. furia, nell’inverno 1962-63, perfino con disperazione, Così cominciò a pensare di venderle in Europa. riuscendo in soli quattro mesi a progettare, far costru- Per quanto la macchina fosse in grado di raggiungere ire e mettere al banco quell’elegante V12 a quattro al- i 240 km/h, tenesse benissimo la strada e fosse ma- beri a camme in testa, che nella prima prova al banco neggevole, bella e lussuosa, semplice da manutenere, produsse 358 CV a 9800 giri. a costo relativamente contenuto e “ovunque”, con Giotto dice che alla vista di quel risultato scoppiò la un prezzo nettamente inferiore alle Ferrari e fine del mondo. Furioso, Lamborghini urlò che lui con le quali era in concorrenza, le vendite erano molto non aveva ordinato di fare un motore da corsa, ad alto basse. “Il motivo è che lei non corre” ripeteva Giotto numero di giri; avrebbe voluto passeggiare in città in a Rivolta “Queste macchine devono acquisire presti- presa diretta a 40 km/h e rifiutò di pagare. gio e le corse sono il modo per ottenerlo”. Gli esperti affermarono che il contratto era chiaris- Venne il giorno, nel 1963, in cui Rivolta consentì a simo, che le clausole erano state più che soddisfatte; Giotto di andarsene; non per demeriti, ma per i suoi infine Giotto ebbe ciò che gli spettava. meriti. Aveva fatto il suo lavoro in modo così efficien- Ho visitato lo stabilimento Lamborghini, a Sant’Aga- te e completo che non aveva più nulla da fare. Rivolta ta Bolognese, nel 1963, quando stava per iniziare a aveva pensato a questo passo e disse a Giotto: produrre. Parlai del motore, nei minuti dettagli, con “Le corse falle tu. Ti regalerò tutti i componenti ne- il giovane, bravo ingegnere che ne era responsabile, cessari a costruire una macchina. Costruiscila e, dato Giampaolo , che mi fece intendere di esserne che credi tanto nelle corse, falla correre; le corse non stato il progettista. Ritengo che si trattasse di una di- fanno per me”. rettiva impartita dal suo capo, ma il fatto che Bizzar- Giotto ritiene che Rivolta avrebbe fatto molto meglio rini fosse stato l’autore del Lamborghini V12 emerse a creare un reparto corse, affidandolo a lui. La solu- abbastanza presto. zione prescelta, che rappresentava un vago supporto, ma non una sicura sponsorship, appare non essere L’era Grifo stata la migliore per i due contraenti. Comunque, non Giotto si lanciò nella costruzione della sua GT da cor- conosciamo le clausole esatte e complete dell’accordo, sa, che nacque a Livorno in un modesto garage, e che che furono abbastanza attraenti perché Giotto accet- pagò lui stesso, salvo le parti fornite da Rivolta. Si de- tasse subito il suggerimento e l’offerta di Rivolta. dicava al progetto nei tempi residui a sua disposizione, dato che doveva lavorare altrove per pagare le fattu- L’intermezzo Lamborghini re. Il lavoro progredì rapidamente perché era arrivato In realtà Giotto era ancora una volta privo di lavoro e uno dei giovani collaboratori di Giotto alla Ferrari, aveva sei bocche da sfamare. Per farlo e per finanzia- Mauro Prampolini, che entrò nel garage dicendo:

18 “Ho lasciato la Ferrari, quindi posso lavorare con lei”. Questi modelli furono probabilmente utili a Rivolta “Come pensa che riuscirò a pagarla?”, replicò Bizzar- quando, alla fine del 1963, firmò un contratto con J. rini, molto commosso. S. Inskip per la vendita delle sue macchine sulla co- “Non importa.” disse Mauro “Mi dia qualcosa da sta est degli USA, e con Michelmore Motors, vicino mangiare e un posto per dormire”. a Los Angeles, per l’ovest. Il prezzo base fu fissato Grazie a questo improbabile intervento della Provvi- in 9295 $, circa 2000 di meno di quanto occorreva denza, la Iso-Rivolta A3/C Grifo potè debuttare al per sedersi su una Aston Martin, Ferrari o Maserati. Salone di Torino, nel novembre del 1963. Debuttò Per quel mercato il nome Rivolta, che aveva in inglese anche una lussuosissima interpretazione stradale di un significato problematico, fu eliminato; si sperava di Bertone sullo stesso autotelaio, chiamata Iso A3/L vendere 600 Iso nel 1964. Grifo. Le due macchine ebbero risonanza mondiale, L’enciclopedia Milleruote afferma che Giotto fondò con grande beneficio della marca Rivolta. Altrettanto la sua azienda, Prototipi Bizzarrini, a Livorno, nel eccitante fu la Bertone Grifo convertibile, presentata febbraio del 1964. Quando lui mi ha descritto la sua al Salone di Ginevra, nel marzo del 1964. carriera, vent’anni dopo, ha dimenticato di dire che la Queste vetture condividevano diverse caratteristiche sua piccola impresa non aveva solo l’obiettivo di far con la Iso da cui erano derivate: telaio monoscocca, correre delle macchine per Rivolta, ma anche di ven- motore Chevrolet, ponte posteriore De Dion, ottima derle ovunque. Questo deve averlo spinto a fare enor- tenuta di strada e brillanti prestazioni. Per la A3/C (C mi sacrifici per avviare l’attività; stava diventando un sta per Competizione), Giotto conservò l’acciaio per costruttore artigianale, forse con un brillante futuro. gli elementi della struttura più sollecitati, mentre usò il Giotto parla della vicenda con la certezza che Bertone duralluminio per gli altri. Arretrò il motore Chevrolet fosse socio di Rivolta nel programma Iso; per loro, la di 40 cm, che così venne a trovarsi in una posizio- Grifo di Bizzarrini aveva lo scopo di promuovere, con ne quasi centrale. Sostituì il carburatore quadricorpo le corse, le vendite delle vetture stradali. Era quindi delle versioni 300 e 340 CV con quattro Weber oriz- augurabile che gli acquirenti delle Bizzarini le usassero zontali doppio corpo. Dopo una lunga messa a punto in gara. Il dottor Panicco, di Bertone, tuttavia ritiene ottenne 405 CV da questi motori, che peraltro mante- che: “Il programma Iso-Rivolta non fu una joint-ven- nevano le loro caratteristiche di serie, insieme ad una ture. Rivolta è venuto in Bertone per farsi costruire le coppia mostruosa. La macchina pesava a secco circa sue automobili, come cliente. Il design era attraente, 1250 Kg, contro 1350 Kg della Iso di serie, e poteva ma gli americani pensavano che il motore fosse trop- superare i 300 km/h. po modesto e non adatto ad una macchina sportiva; La concezione di questa prima Bizzarrini, una ber- con l’aiuto di Giotto Bizzarrini, Rivolta tentò di dare linetta a due posti, ricordava da vicino quella della alle sue macchine un’immagine più sportiva. Berto- Ferrari GTO, ma la Grifo era più grande e aveva un ne non ricorda quando Rivolta e Bizzarrini ruppero i aspetto più selvaggio. Giotto ne attribuisce la linea a loro rapporti, ma questo fu probabilmente dovuto alla Piero Vanni, un disegnatore che aveva lavorato per suo differenza dei loro temperamenti”. padre, ed afferma di averla modificata per migliorar- Non ho idea di quale possa essere stato l’accordo fi- ne l’aerodinamica. Consegnò i disegni a Rivolta, che li nanziario tra Rivolta e Giotto, ma se questi ha fatto fece avere a Bertone, il quale li diede a Giugiaro che qualche guadagno sulle macchine che ha venduto ha ne trasse la forma definitiva e li trasferì in scala 1:1, avuto tutto il diritto di tenerselo. come necessario per la realizzazione della carrozzeria. Prototipi Bizzarrini vendette la prima vettura a due Piero Drogo la costruì nella sua Carrozzeria Sports giovani americani, che la iscrissero alla 12 Ore di Se- , a Modena. I pannelli furono assemblati con cir- bring, disputata il 20 marzo 1964. La macchina finì ca 7000 rivetti, molti dei quali erano visibili e davano agli ultimi posti, secondo Giotto per l’inesperienza dei alla vettura un aspetto scabro. Nuccio Bertone non sa- piloti che, dice, durante la gara distrussero due cambi peva cosa farsi di quella carrozzeria, affermando che di velocità. non era adatta ad un’automobile. Per il momento, la Grifo A3/C era costretta a corre- La A3/L (L sta per Lusso) era la sua proposta per re nella categoria Prototipi, contro vetture concepite una versione civilizzata sul telaio A3/C corto. Questa esclusivamente per le competizioni; era però senza forma fu disegnata da Giugiaro che, a detta di Giotto, rivali nella classe GT. Per potervi gareggiare, occorre- preferiva la macchina più corsaiola. Fu Nuccio Berto- va costruire 100 vetture sullo stesso autotelaio, in 12 ne, alla presenza di Rivolta e Bizzarrini, che suggerì il mesi; Giotto premeva su Rivolta e Bertone perché lo nome Grifo, una creatura favolosa, metà aquila e metà facessero e per un certo periodo parve che lo avreb- leone. Ben presto i termini A3/C e A3/L caddero in bero fatto. Nel numero di Autosprint del 10 aprile disuso e tutti identificarono le vetture con i nomi Iso 1964 si riporta un’affermazione di Rivolta, secondo Grifo Bizzarrini ed Iso Grifo Bertone, spesso trala- il quale la Iso avrebbe partecipato alle principali cor- sciando il termine Iso. se del Campionato Mondiale Costruttori con la Grifo

19 A3/C, in un primo momento nella categoria Prototi- borghese Grifo Bertone. Aveva un carburatore qua- pi, poi nella GT, con la stessa vettura. Il conflitto di dricorpo e perfino i paraurti, costava 5,8 milioni di interessi stava però diventando un problema; innanzi- lire. L’articolo affermava che fino a quel momento tutto, quante vendite avrebbe perso la Iso-Rivolta, a erano state costruite e vendute 15 vetture, che era causa di quelle 100 Grifo A3/C? stata creata una rete di vendita internazionale, che si La vera carriera sportiva della Grifo iniziò alla 1000 prevedeva di costruire 50 esemplari durante l’anno. Km del Nürburgring, il 31 maggio; fu solo un primo Erano inoltre in corso di sviluppo una piccola Grifo, esperimento, la macchina terminò al 19° posto. Poi di media cilindrata, e una grossa Grifo a fu la volta della 24 Ore di Le Mans, tre settimane motore posteriore. dopo. Rivolta aveva messo a disposizione un piccolo Un articolo simile, che pure era una dichiarazione di finanziamento, che Giotto dice fu sempre largamen- indipendenza ed autonomia di Giotto, apparve su te inadeguato, con la clausola che la vettura dovesse Autosprint una settimana dopo. Fu probabilmente in essere iscritta come Iso-Rivolta. Giotto ed il fede- quel periodo di svolta che egli disegnò un marchio che le Prampolini guidarono la macchina ed un camion conteneva il suo nome. di servizio da Livorno a Le Mans e ritorno; Giotto, Non aveva brevettato nulla in vita sua, ma registrò come sempre, ricopriva molti ruoli, cioè costruttore, l’emblema della sua macchina presso gli uffici compe- team manager, capo meccanico, garzone, e addetto tenti. Oltre alle gravi difficoltà finanziarie, i problemi alle Pubbliche Relazioni. I suoi piloti, Edgar Berney, maggiori che Giotto incontrò nella produzione delle svizzero, e Pierre Noblet, francese, finirono al 14° sue macchine furono dovuti a ritardi di fornitura delle posto, ma ottennero questo risultato guidando per carrozzerie. Abbandonò Drogo e Auto Italiana scrisse sole 22 ore; a metà gara, quando erano ancora in cor- nel numero del 13 maggio 1965 che da allora in poi sa più di trenta concorrenti, erano al 9° posto. Poco le carrozzerie sarebbero state fornite dalla BBM, di dopo però, durante la sostituzione delle pastiglie dei Modena, mentre quelle per le Grifo Competizione, in freni, una cadde all’interno della pinza, il che rese fibra di vetro, sarebbero state costruite da Vincenzo necessario togliere il differenziale, sul quale i freni, Catarsi, un amico di Giotto che costruiva imbarca- interni, erano montati. Senza quello sfortunato inci- zioni ed aveva il suo stabilimento trenta chilometri a dente, la macchina avrebbe potuto ottenere un otti- sud di Livorno. L’articolo affermava che i programmi mo piazzamento. della piccola Grifo erano stati definiti e che Bertone A causa della mancanza di denaro, la Grifo non ga- avrebbe fornito le carrozzerie in alluminio per la ver- reggiò più fino all’11 ottobre, quando fu 9a alla 1000 sione stradale, che sarebbe costata meno di tre milioni Km di Parigi, disputata sul circuito di Montlhéry. La di lire, mentre la carrozzeria di quella da corsa sarebbe stagione finì per Giotto due settimane dopo, con il stata in fibra di vetro. Trofeo Bettoja, una gara di 3 ore, a Monza: furono L’arrivo della piccola Grifo fu annunciato alla stam- iscritte due vetture, come Iso Grifo, che si piazzarono pa all’inizio di agosto; avrebbe dovuto avere un mo- brillantemente seconda e terza nella categoria Prototi- tore Fiat 1500 ed un cambio a cinque velocità. Un pi, dietro la Ferrari 330 P2 guidata da Scarfiotti. bozzetto mostrava una linea ispirata alla Grifo Stra- Il numero di Auto Italiana del 18 febbraio 1965 ripor- dale. Si affermò che la vettura sarebbe stata prodotta tò un lungo, sensazionale articolo su Giotto e la sua in piccola serie da un gruppo di industriali romani, azienda, ignorando del tutto l’esistenza di Rivolta e che comprendeva un carrozziere ben noto, il che della Iso. Parlava della “Grifo”, come se il nome fos- sembrava escludere Bertone. Inoltre, tutta la pro- se un’esclusiva di Bizzarrini e la Grifo Bertone non duzione delle Grifo sarebbe stata trasferita a Roma, esistesse. L’autore, Saverio Ciattini, commise l’errore mantenendo a Livorno solo le attività per le corse e di attribuire a Bertone la linea della Grifo; peraltro, di sviluppo. In quel momento Giotto stava lavoran- l’articolo fu molto importante perché affermò catego- do anche ad una Grifo-Ford di 7 litri, con 500 cavalli, ricamente che tutto ciò che Giotto aveva fatto l’aveva ad una monoposto per la Formula Intercontinentale, realizzato da solo, senza aiuti esterni. ed alla barchetta a motore posteriore, dotata di mo- Fu un ripudio di Rivolta, ignorandone l’esistenza, e tore Chevrolet, che avrebbe poi assunto il nome di una dichiarazione pubblica di totale autonomia. Re- Bizzarrini P538. scisso quel legame, l’articolo proseguiva descrivendo Nonostante l’autonomia imprenditoriale, Giotto af- i piani di Giotto, per le corse e per la produzione ferma che per tutto il 1965 lavorò in effetti come re- della Grifo nella versione stradale, che veniva ben il- parto corse della Iso-Rivolta. Le cose andarono molto lustrata. Si trattava di un modello più tranquillo e raf- bene: a Sebring in marzo una vettura fu eliminata in finato, che manteneva le forme della versione per le un incidente, ma anche questa volta si trattava di pri- corse, con la sua aggressività, che ricordava la GTO, vati. La vera stagione iniziò alla 1000 Km di Monza, la linea sinuosa, la concezione raffinata e la brillan- il 25 aprile, dove la Grifo di Pierre Noblet e Mario tezza; era la risposta di Giotto alla più tranquilla e Casoni finì 5a assoluta, davanti ad una muta di Fer-

20 rari, due Shelby Cobra coupé, una Ford GT 40 ed concentrarmi sulla loro produzione e fare tanti soldi, una Jaguar E. Alla 1000 Km di Spa, in maggio, una una pazzia. Bisogna invece correre, se si vuol soprav- Grifo giunse 7a assoluta e 3a tra i Prototipi. Alla 24 vivere costruendo vetture ad alte prestazioni”. Ore di Le Mans fu 9ª assoluta e 1a di classe, mentre a La GT Strada era la precedente Grifo Stradale (car- Zeltweg, il 22 agosto, nella gara che precedeva il GP rozzeria in alluminio, ponte De Dion) e Giotto smise d’Austria di F1, una Grifo, condotta da Chris Amon, di produrre la affascinante Grifo Competizione. La finì 4a assoluta, pur essendole rimasta solo la quinta decisione di abbandonare le corse non fu immediata e velocità e correndo con pneumatici presi a prestito, fu facilitata da una serie di colpi di sfortuna. mentre un altro esemplare guidata da Bob Bondurant Alla 1000 Km di Monza, in aprile 1966, la Bizzarri- fu 7a. Questi successi e dimostrazioni di formidabile ni uscì di gara per l’indisponibilità di pneumatici da affidabilità contribuirono a creare notorietà e presti- pioggia, quel giorno essenziali. Alla Targa Florio, in gio, ma per quale marca, Iso o Bizzarrini? maggio, la macchina si scontrò durante le prove con Al Salone di Torino, in novembre, una Bizzarrini Gri- una Fiat Topolino Belvedere. Fu riparata in tempo fo faceva bella mostra nello stand Iso. Al contrario di per la gara, ma dopo due giri dovette fermarsi perché ciò che si era ipotizzato, tuttavia, l’aura che circonda i era bruciata la guarnizione di una testata. A Le Mans, successi sportivi non aiutava granché il prodotto Iso; in giugno, partirono due Bizzarrini. La 538 si ritirò tutti si affollavano intorno alla Bizzarrini, volgendo le dopo circa un’ora di gara, per la rottura del circuito di spalle alle macchine che si supponeva dovessero trarre raffreddamento, mentre la GT America (analoga alla giovamento dai suoi exploit. GT Strada, ma con carrozzeria in fibra di vetro e re- In una data imprecisata del 1966 Giotto ricevette una trotreno a ruote indipendenti) fu squalificata per aver lettera ufficiale da Rivolta che lo informava che la sua infranto il regolamento durante una sosta ai box. A attività non era più richiesta, che la loro collaborazio- quel punto apparve evidente che era meglio smettere ne era giunta al termine, che la Iso non gli avrebbe più di sperperare danaro. fornito i componenti e che doveva subito smettere di Non appena i cinquanta gruppi di componenti furono usare il nome Grifo. “Cercarono di eliminarmi” dice spediti, Iso interruppe qualsiasi rapporto ufficiale con Giotto. “Per quale motivo?” Giotto, mentre la rottura definitiva si ebbe alla morte Essere privato del nome Grifo non era particolar- di Renzo Rivolta, il 21 agosto. Giotto ignorava i vincoli mente grave per lui. Il venir meno della fonte di com- economici tipici di un’attività industriale, ma le lezioni ponenti era invece un gravissimo problema, a meno non tardarono. La General Motors fu molto corretta che riuscisse a trovare il capitale ed un magazzino per con lui, permettendogli di acquistare motori e trasmis- sostituire quello di Rivolta, il che era pura fantasia. sioni in piccolissime quantità, ma si rese conto che per Mentre pensava al da farsi, le mani della Provviden- produrre le vetture avrebbe dovuto disporre di 150 mi- za lo toccarono di nuovo. Ricordò di aver registrato lioni di lire. Decise quindi di creare una società per azio- l’emblema Grifo e si rese conto che nessun altro aveva ni, Bizzarrini S.p.A., nella quale entrarono soci di capi- alcun diritto su di esso, era suo. tale, una mossa che si rivelò tutt’altro che vantaggiosa. Salvato dalla distruzione immediata, studiò le opzioni Al Salone di Torino, nel novembre del 1966, fu pre- disponibili. “Dissi a Rivolta che avrei ceduto l’uso del sentata la lungamente attesa ex-piccola Grifo, rinomi- nome Grifo a Bertone, qualora si fossero impegnati a nata Bizzarrini GT Europa. Era una piccola vettura, darmi i componenti per 50 vetture, al costo. Accettò molto bella, dotata di un motore Opel Rekord S, di ed in quel momento cominciai a chiamare la mia mac- 1,9 litri (anche qui compare General Motors) in gra- china GT Strada”. do di raggiungere circa 200 km/h. Quello fu però il La “sfida nel Ranch Rivolta”, attrasse l’interesse della canto del cigno, dopo il quale la Bizzarrini fallì. In to- stampa, con gran beneficio di Giotto. Auto Italiana tale, Giotto aveva costruito circa 150 vetture del tipo nel numero del 9 dicembre 1965 pubblicò la prova Grifo, un numero insufficiente per generare il capitale della GT Strada, riccamente illustrata e tre settimane circolante necessario a mantenere in vita l’attività. dopo un aggiornamento sulla febbrile attività a Li- vorno, con foto dell’autotelaio della piccola Grifo di P538 e Manta media cilindrata e della barchetta a motore centrale. Il P538 significa “posteriore” (motore), “5,3” (litri di nome Grifo era sparito, come per magia, e la vettura cilindrata), “8” (cilindri). Questo raro esemplare del- che lo aveva portato era semplicemente definita “Biz- la famiglia Bizzarrini aveva sospensioni indipendenti zarrini sport”. sulle quattro ruote, forme ispirate a quelle della Grifo, “Quando ci si confessa, che è ciò che sto facendo ora” che furono provate nella galleria del vento dell’Uni- mi disse Giotto, “non basta enumerare i peccati, oc- vrsità di Pisa, dopo di che i disegni strutturali furono corre anche spiegarne i motivi. Fu allora che presi la eseguiti da Giugiaro; Catarsi realizzò le carrozzerie, in decisione che mi avrebbe portato al fallimento ed alla fibra di vetro. Giotto afferma con sicurezza di aver rovina. Avevo ordini per 50 macchine, così decisi di costruito solo tre esemplari.

21 La prima P538 aveva l’affidabile motore Corvette; fu spedita alla AMC, a Detroit, e fu presentata alla abbiamo parlato della sua breve presenza a Le Mans stampa su una pista della zona. nel 1966. Una di queste vetture, il cui telaio fu co- Giotto fu poi informato che le condizioni finanziarie struito con tubi tondi, anziché quadri, su richiesta di della AMC non avrebbero consentito di produrre la un cliente americano, Mike Gammino, fu dotata di vettura. Peraltro la AMC suggerì a Giotto di farlo: gli un motore Lamborghini V12 di 4 litri; per coerenza avrebbe fornito le parti meccaniche, avrebbe pagato avrebbe quindi dovuto essere chiamata P412; la sua 6000 $ per ogni esemplare e avrebbe venduto le mac- parte posteriore dovette naturalmente essere adattata china nella sua rete commerciale. per ospitarlo. Come il primo esemplare è una spider. Giotto accettò e si trasferì a Torino, dove c’erano Un’altra P538, una coupé, montò il motore Corvette, molti fornitori. Iniziata la produzione, ricevette un te- e fu chiamata Bizzarrini Duca d’Aosta, in quanto per legramma da uno dei vice-presidenti della AMC che un certo periodo fu di proprietà di quest’ultimo. affermava che loro non erano più in grado di vendere La prima P538 rimase di proprietà di Giotto fino al le macchine, avrebbe dovuto farlo lui. Mentre Giotto 1968, quando Giugiaro ebbe bisogno di un autotela- meditava sul da farsi, presentò la Pantera, io a motore posteriore per realizzare una carrozze- che era rivolta allo stesso mercato potenziale con la ria innovativa, caratterizzata da una forma a cuneo. differenza che dietro de Tomaso c’era la Ford, die- Giotto tolse la carrozzeria originaria e la vettura di- tro Giotto la AMC. Egli ebbe la saggezza di ritirarsi venne la memorabile Bizzarrini Manta, che fu una da questa avventura; AMC pagò tutto il dovuto e la delle attrazioni del Salone di Torino, nel 1968. In vicenda si concluse con i conti in ordine. In Italia la seguito, Giugiaro la inviò ad una mostra negli USA. AMX/3 ebbe qualche notorietà, con il nome di Biz- Sulla via del ritorno, mentre era a bordo di una nave, zarrini Sciabola. sparì. Si pensò che fosse perduta, finché un giorno riapparve parcheggiata in una via di Cuneo; era sta- Verdi pascoli ta acquistata per una cifra irrisoria ad un’asta tenuta Dal 1971 la sede delle sue attività è stata una fattoria dalle autorità portuali di Genova. Tutta la documen- isolata, Le Pinete, una ventina di chilometri a sud-est tazione era corretta, dal punto di vista legale; si può di Livorno, che Giotto chiama Laboratorio Bizzarrini. dire che era tornata a casa, dato che “Cuneo” era la Dalla proprietà, di circa dodici ettari, si gode di una ma- sua nuova sede e la forma a cui si era ispirata la sua gnifica vista su un panorama di gloriosa bellezza, aperto carrozzeria. e ondulato, come è tipico della Toscana. Il Laboratorio comprende una casa rurale a due piani e due piccoli American Motors AMX/3 capannoni, ciascuno di circa 120 mq. La dotazione tec- L’agonia della Bizzarrini durò a lungo: solo alla fine nica, cioè strumentazione, utensili manuali ed elettrici, del 1969 Giotto poté chiudere la sua azienda. Trascor- è abbastanza completa. Quando sono stato a fargli vi- sero alcuni giorni e la Provvidenza si fece di nuovo sita, nel giugno del 1984, Giotto stava costruendo una viva. Suonò il telefono, era Sergio , che piccola galleria del vento. All’esterno, sotto una tettoia disse: “Ciao Bizzarrini. La American Motors Corpo- e imbullonato a una gettata di cemento, c’è un freno ration (AMC) ci ha chiesto di costruire sei prototipi, dinamometrico; all’ingresso della proprietà, nessuna in- cosa che non possiamo fare. Saresti interessato?” segna dichiara la presenza del Laboratorio. Dopo tan- Be’, sì. Giotto incontrò un dirigente della AMC, al ti anni di attività frenetica, è un porto tranquillo dove quale disse subito: “Guardi, ho un problema, sono compiere attività di ricerca e sviluppo e dove costruire appena fallito”. ogni tanto una vettura sperimentale. “La cosa non ci riguarda”, fu la risposta “vogliamo Nel 1972 Giotto era di nuovo senza lavoro, ma il te- solo sapere se lei può progettare e costruire questa lefono della Provvidenza squillò di nuovo. Era un suo vettura sperimentale a motore posteriore per noi”. amico, professore all’Università di Pisa, con il quale Naturalmente poteva e Giotto fu occupato per due Giotto aveva mantenuto un stretto rapporto. anni. Rientrò in una parte del suo stabilimento, assun- “Ciao Bizzarrini, ti piacerebbe insegnare? L’Università se due dei suoi precedenti collaboratori e cominciò a di Firenze cerca un esperto di motori per la sua Facol- progettare la vettura che sarebbe stata chiamata Ame- tà di Ingegneria”. rican Motors AMX/3. Il motore posteriore centrale “Perché no” replicò Giotto “almeno avrò da mangia- era un AMC V8 di 340 CV; il cambio era a 4 velocità re!” e, insieme al differenziale, era costruito da Oto Mela- Firenze si trova a 100 chilometri da Le Pinete, quindi ra. Le sospensioni, a quattro rute indipendenti, erano andare e venire non era un gran problema, per chi sa- ispirate a quelle della P538. La carrozzeria, coupé a pesse guidare velocemente. Giotto ancor oggi insegna due posti, ricordava le linee della Bizzarrini Grifo. La a Firenze, dove apprezza la calma vita accademica, prima vettura fu inviata alla BMW, a Monaco, che col- amato dagli studenti, al lavoro sui motori, pubblican- laborava con AMC per questo progetto. La seconda do di tanto in tanto un lavoro scientifico ed in attesa di

22 andare in pensione, nel 1985. Questa attività, insieme a qualche lavoro di consulenza, di ricerca, e alla sua insaziabile curiosità lo impegnano e lo mantengono giovane. Progetti recenti sono stati un paio di prototipi da competizione, il telaio per una dune-buggy, una mo- tocicletta, una testata a quattro valvole per Kawasaki France ed un compressore per . Un progetto importante riguarda nuove ricerche di aerodinamica, usando come laboratorio mobile delle vetture di For- mula 3 costruite da lui stesso. Ogni tanto arriva una lettera da qualche lontano col- lezionista, che gli chiede di costruire una nuova Biz- zarrini GT Strada, come quelle degli anni Sessanta. Giotto allora si mette al lavoro per costruire il telaio, mentre sua moglie Rosanna toglie la polvere dalle sa- gome della carrozzeria e comincia a disporre strati di resina sulla fibra di vetro. È una cosa che lei ha impa- rato a fare nei turbolenti anni passati.

23 LE MONOGRAFIE AISA 91 Giorgio Valentini progettista indipendente 75 Giuseppe Luraghi nella storia eclettico e innovativo dell’industria automobilistica italiana 107 Giotto Bizzarrini: l’ingegnere costruttore Settembre 2011 Tavola rotonda Aisa-Ise Università Bocconi a cura di Lorenzo Boscarelli Università Bocconi, Milano, 26 maggio 2007 gennaio 2015 90 : l’uomo e le sue auto Conferenza Aisa 74 La Pechino-Parigi degli altri 106 Aerospecials – Automobili con motori d’ae- in collaborazione con CPAE Antonio Amadelli reo prima e dopo Emilio Materassi Fiorenzuola d’Adda (PC), 9 maggio 2010 Palazzo Turati, Milano, 24 marzo 2007 Conferenza Aisa in collaborazione con Bibliote- ca Comunale, Pro Loco di San Piero a Sieve (FI) 89 MV Agusta tre cilindri 73 Laverda, le moto, le corse e “Il Paese delle corse” Conferenza Aisa Tavola rotonda Auditorium di San Piero a Sieve, 28 marzo 2014 in collaborazione con GLSAA-MV Università di Vicenza, 3 marzo 2007 Cascina Costa di Samarate (VA) 105 Passioni & Progetti 22 maggio 2010 72 100 anni di Innovazione e tradizione nelle auto da corsa Tavola rotonda made in Italy 88 Il Futurismo, la velocità e l’automobile Museo Nicolis, Villafranca, 25 novembre 2006 Conferenza Aisa in collaborazione con CPAE Conferenza Aisa Politecnico di Milano, 4 e 5 maggio 2013 in collaborazione con CMAE 71 1950-1965. Milano, 21 novembre 2009 Lo stile italiano alla conquista dell’Europa 104 OM – gli uomini, le macchine, le corse Lorenzo Ramaciotti Presentazione del libro di Alessandro Silva 87 Mercedes-Benz 300SL Milano, 14 ottobre 2006 Museo Mille Miglia, Brescia, 19 ottobre 2013 Tecnica corse storia Lorenzo Boscarelli, Andrea Curami, 70 Fiat 124 Sport Spider, 103 Fermo Immagine Aldo Zana 40 anni tra attualità e storia Ercole Colombo fotografa la Formula 1 in collaborazione con CMAE Tavola Rotonda Conferenza Aisa, Milano, 30 novembre 2013 Milano, 17 ottobre 2009 Torino, 21 maggio 2006

102 Best of British 86 Pier Ugo e Ugo Gobbato, 69 L’evoluzione della tecnica motociclistica Storia e tecnica delle vetture inglesi da competizione due vite per l’automobile in 120 anni Conferenza Aisa in collaborazione con con il patrocinio del Comune Alessandro Colombo CPAE e Politecnico di Milano di Volpago del Montello Milano, 25 marzo 2006 Castell’Arquato (PC), 6 maggio 2012 Milano, 14 marzo 2009 68 Dalle corse alla serie: 101 Velocità e bellezza 85 Jean-Pierre Wimille l’esperienza Pirelli nelle competizioni La doppia sfida dei progettisti il più grande prima del mondiale Mario Mezzanotte Conferenza Aisa in collaborazione con Alessandro Silva Milano, 25 febbraio 2006 MEF (Museo Casa Enzo Ferrari) in collaborazione con Alfa Blue Team e Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari Milano, 24 gennaio 2009 67 Giulio Carcano, Modena, 16 marzo 2013 il grande progettista della Moto Guzzi 84 Strumento o sogno. Il messaggio A. Colombo, A. Farneti, S. Milani 100 Bugatti in Italia pubblicitario dell’automobile Milano, 26 novembre 2005 Conferenza Aisa in collaborazione con in Europa e Usa 1888-1970 (con la collaborazione del CMAE) Historic Club Schio e Bugatti Club Italia Aldo Zana Schio, 12 novembre 2011 in collaborazione con CMAE 66 Corse Grand Prix e Formule Libre 1945-1949 Milano, 29 novembre 2008 Alessandro Silva 99 Gilles Villeneuve visto da vicino Torino, 22 ottobre 2005 Le testimonianze di chi l’ha conosciuto 83 La Formula Junior cinquanta anni dopo Modena, 19 maggio 2012 1958-2008 65 Ascari. Un mito italiano Andrea Curami Tavola rotonda 98 Vittorio Ghidella, il manager del rilancio Fiat Monza, 7 giugno 2008 Milano, 28 maggio 2005 Museo Nazionale dell’Automobile di Torino Torino, 27 ottobre 2012 82 Alle radici del mito. Giuseppe Merosi, 64 , splendore e declino di una marca prestigiosa l’Alfa Romeo e il Portello Donatella Biffignandi 97 Modena e Motori: Conferenza Aisa-CPAE Milano, 12 marzo 2005 gli anni Cinquanta visti da lontano Piacenza, 11 maggio 2008 Kees van Stokkum, Graham Gauld 63 Piloti italiani: gli anni del boom Rocca di Vignola, 4 giugno 2011 81 I primi veicoli in Italia 1882-1899 Tavola Rotonda Conferenza Aisa-Historic Club Schio Autodromo di Monza, 96 Sessantacinque anni tra moto e auto Vicenza, 29 marzo 2008 29 gennaio 2005 Sandro Colombo Milano, 31 marzo 2012 80 Automobili made in Italy. 62 Autodelta, dieci anni di successi Più di un secolo tra miti e rarità Tavola rotonda 95 Ferrari. Mito, racconti, realtà Tavola rotonda Arese, Museo Alfa Romeo, Sessant’anni dalla prima vittoria in Formula 1 Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar 23 ottobre 2004 L. Boscarelli, F. Lombardi, V. Stradi Romano d’Ezzelino, 1 marzo 2008 Fiorenzuola d’Adda (Piacenza), 8 maggio 2011 61 Carlo Felice Anderloni: l’uomo e l’opera 79 Aisa 20 anni 1988-2008 Tavola rotonda 94 Forme e creatività dell’automobile Riedizione della Monografia 1 Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar cento anni di carrozzeria 1911-2011 I progettisti della Fiat nei primi 40 anni: Romano d’Ezzelino, 8 maggio 2004 A. Sannia, E. Spada, L. da Faccioli a Fessia Museo Nazionale dell’Automobile di Torino di Dante Giacosa 60 I mille giorni di Bernd Rosemeyer Torino, 29 ottobre 2011 Milano, 15 marzo 2008 Aldo Zana Milano, 20 marzo 2004 93 Materiali e metodologie 78 Vittorio Valletta e la Fiat per la storiografia dell’automobile Tavola rotonda Aisa-Fiat 59 Moto e corse: gli anni Settanta Giornata in onore di Andrea Curami Torino, 1 dicembre 2007 Tavola rotonda ed Angelo Tito Anselmi Milano, 29 novembre 2003 Conferenza Aisa 77 Dalla Bianchi alla Bianchina Milano, 16 aprile 2011 Alessandro Colombo 58 Le automobili che hanno fatto la storia della Milano, 16 settembre 2007 Fiat. Progressi della motorizzazione e socie- 92 L’Alfa Romeo di Ugo Gobbato tà italiana. (1933-1945) 76 60 anni dal Circuito di Piacenza, Giorgio Valentini, Lorenzo Boscarelli Conferenza Aisa in collaborazione con debutto della Ferrari Milano, 7 giugno 2003 Università Commerciale Bocconi Tavola rotonda Aisa-CPAE Milano, 2 aprile 2011 Palazzo Farnese, Piacenza, 16 giugno 2007

24 57 Dalla carrozza all’automobile 38 I fratelli Maserati e la OSCA 18 Antonio , E. Aspetti, L. Boscarelli, S. Pronti Tavola rotonda pioniere del motorismo italiano Piacenza, 22 marzo 2003 Genova, 22 febbraio 1998 Giovanni Chiribiri Milano, 27 marzo 1993 56 Le moto pluricilindriche 37 Enzo Ferrari a cento anni dalla nascita Stefano Milani Tavola rotonda 17 Gilera 4 – Tecnica e storia Milano, 30 novembre 2002 Milano, 18 aprile 1998 Sandro Colombo Milano, 13 febbraio 1993 55 Carrozzeria Bertone 1912 - 2002 36 La Carrozzeria Pininfarina vista da... Tavola rotonda Tavola rotonda 16 Tazio Nuvolari tra storia e leggenda Torino, 30 ottobre 2002 Trieste, 14 settembre 1997 Tavola rotonda Milano, 17 ottobre 1992 54 L’ingegner Piero Puricelli e le autostrade 35 Passato e presente dell’auto elettrica 15 La vocazione automobilistica di Torino: Francesco Ogliari Tavola rotonda l’industria, il Salone, il Museo, il design Milano, 18 maggio 2002 Milano, 26 maggio 1997 Alberto Bersani Milano, 21 settembre 1992 53 Come correvamo negli anni Cinquanta 34 Gli archivi di disegni automobilistici Tavola rotonda Tavola rotonda 14 Pubblicità auto sui quotidiani (1919-1940) Milano, 12 gennaio 2002 Milano, 19 aprile 1997 Enrico Portalupi Milano, 28 marzo 1992 52 L’evoluzione dell’auto fra tecnica e design 33 D’Annunzio e l’automobile Sandro Colombo Tavola rotonda 13 La nascita dell’Alfasud Verona, 8 ottobre 2001 Milano, 22 marzo 1997 Rudolf Hruska e Domenico Chirico Milano, 13 giugno 1991 51 Quarant’anni di evoluzione 32 Lancia – evoluzione e tradizione delle monoposto di formula Vittorio Fano 12 Tre vetture da competizione: Giampaolo Dallara Milano, 30 novembre 1996 esperienze di un progettista indipendente Milano, 8 maggio 2001 Giorgio Valentini 31 Gli aerei della Coppa Schneider Milano, 20 aprile 1991 50 Carrozzeria Ghia – Design a tutto campo Ermanno Bazzocchi Tavola rotonda Milano, 26 ottobre 1996 11 Aspetti meno noti delle produzioni Milano, 24 marzo 2001 Alfa Romeo: i veicoli industriali 30 I motori degli anni d’oro Ferrari Carlo F. Zampini Salazar 49 Moto e Piloti Italiani Mauro Forghieri Milano, 24 novembre 1990 Campioni del Mondo 1950 Milano, 24 settembre 1996 Alessandro Colombo 10 Mezzo secolo di corse automobilistiche Milano, 2 dicembre 2000 29 La Carrozzeria Touring vista da... nei ricordi di un pilota Tavola rotonda Giovanni Lurani-Cernuschi 48 1950: le nuove proposte Trieste, 15 settembre 1996 Milano, 20 giugno 1990 Alfa Romeo 1900, Fiat 1400, Giorgio Valentini 28 75-esimo Anniversario 9 L’evoluzione del concetto di sicurezza Milano, 8 ottobre 2000 del 1° GranPremio d’Italia nella storia dell’automobile Tavola rotonda Tavola rotonda 47 Come nasce un’automobile negli anni 2000 Brescia, 5 settembre 1996 Torino, 28 aprile 1990 Tavola rotonda Torino, 23 settembre 2000 27 Ricordo di Ugo Gobbato 1945-1995 8 Teoria e storia del desmodromico Ducati Duccio Bigazzi Fabio Taglioni 46 Maserati 3500 GT una svolta aperta al mondo Milano, 25 novembre 1995 Milano, 25 novembre 1989 The Maserati 3500 GT (English text) Giulio Alfieri 26 Intensamente 7 Archivi di storia dell’automobile Milano, 12 aprile 2000 Nino Balestra Convegno Milano, 28 ottobre 1995 Milano, 27 ottobre 1989 45 Lancia Stratos Pierugo Gobbato 25 Cesare Bossaglia: ricordi e testimonianze 6 La progettazione automobilistica Milano, 11 marzo 2000 a dieci anni dalla scomparsa prima e dopo l’avvento del computer Tavola rotonda Tavola rotonda 44 Il record assoluto di velocità su terra Milano, 21 ottobre 1995 Milano, 10 giugno 1989 Gli anni d’oro: 1927-1939 Ugo Fadini 24 Moto Guzzi e Gilera: 5 Il rapporto fra estetica e funzionalità Milano, 21 ottobre 1999 due tecniche a confronto nella storia della carrozzeria italiana Alessandro Colombo Tavola rotonda 43 L’aerodinamica negli anni Venti e Trenta Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar Torino, 18 febbraio 1989 Teorie e sperimentazioni Romano d’Ezzelino, 7 giugno 1995 Franz Engler 4 Le moto Guzzi da corsa degli anni Milano, 4 giugno 1999 23 Le Benelli bialbero (1931-1951) Cinquanta: da uno a otto cilindri Augusto Farneti Giulio Carcano 42 Adalberto Garelli Milano, 18 febbraio 1995 Milano, 5 novembre 1988 e le sue rivoluzionarie due tempi Augusto Farneti 22 Tecniche e tecnologie innovative 3 Maserati Birdcage, una risposta ai bisogni Milano, 17 aprile 1999 nelle vetture Itala Giulio Alfieri Carlo Otto Brambilla Torino, 30 aprile 1988 41 La Carrozzeria vista da... Milano, 8 ottobre 1994 Tavola rotonda 2 Alfa Romeo: Trieste, 13 settembre 1998 21 I record italiani: la stagione di Abarth dalle trazioni anteriori di Satta alla 164 Tavola rotonda Giuseppe Busso 40 Tenni e Varzi Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar Milano, 8 ottobre 1987 nel cinquantenario della loro scomparsa Romano d’Ezzelino, 16 aprile 1994 Convegno 1 I progettisti della Fiat nei primi 40anni: Milano, 7 ottobre 1998 20 Lancia Aurelia da Faccioli a Fessia Francesco De Virgilio Dante Giacosa 39 Il futurismo e l’automobile Milano, 26 marzo 1994 Torino, 9 luglio 1987 Convegno Milano, 16 maggio 1998 19 Battista Pininfarina 1893-1993 Tavola rotonda Torino, 29 ottobre 1993

25 AISA Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

AISA è l’associazione culturale che dal 1988 promuove stu- di e ricerche sulla storia e sulla cultura dell’automobile, della moto e di altri mezzi di trasporto. I suoi soci sono persone, enti, associazioni o società che condividono questo interes- se per passione o ragioni professionali. L’obiettivo fondante dell’AISA è la salvaguardia di un pa- trimonio di irripetibili esperienze vissute e di documenti di grande interesse storico. Nella sua attività, l’Associazione ha coinvolto protagonisti di primo piano e testimoni privilegiati del mondo dell’auto e della moto: sono state organizzate conferenze e tavole rotonde, il cui contenuto è registrato nelle Monografie di- stribuite ai soci. La qualità e quantità delle informazioni e dei documenti delle Monografie ne fanno un riferimento di grande valore.

Per diventare soci è sufficiente compilare l’apposita richie- sta sul sito dell’Associazione: www.aisastoryauto.it

© AISA • Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile (gennaio 2015)

Si ringraziano per la collaborazione Donatella Biffignandi, Jack Koobs de Hartog, Cesare Sordi, Maurizio Tabucchi, Stefano Volpi e Aldo Zana

Pubblicazione a cura della Società Editrice Il Cammello, Torino

26 AISA • Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile C.so di Porta Vigentina, 32 - 20122 Milano - www.aisastoryauto.it