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Il Bembo di Alessandro Tassoni e la filologia modenese del secondo Cinquecento

DANZI, Massimo

Abstract

Illustration et publication des gloses de Alessandro Tassoni découvertes dans un exemplaire des Prose de la volgar lingua de Pietro Bembo (Venise 1547)

Reference

DANZI, Massimo. Il Bembo di Alessandro Tassoni e la filologia modenese del secondo Cinquecento. Studi seicenteschi, 1994, vol. 35, p. 3-56

Available at: http://archive-ouverte.unige.ch/unige:21700

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1 / 1 IL BEMBO DI ALESSANDRO TASSONI E LA FILOLOGIA MODENESE DEL SECONDO C:INQUECENTO

Il fortunato recupera sul mercato antiguario dell' esemplare delle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo appartenuto ad Alessan­ dro Tassoni (1565-1635), e da lui siglato in calce al frontespizio («D'Alessandro Tassoni») seconda un'abitudine documentata dalle stampe della Phi!odoxios fabula di Leon Battis ta Alberti e del Dit­ ta Mundi di Fazio d<.gli Uberti, che gli appartennero, 1 aggiunge una pièce di tutto rilievo alla conoscenza di guella che fu la libre­ ria del Modenese. Per le annotazioni d'aurore che lo caratterizza­ no, l'esemplare ricuperato assume statuto di «postillatO>> e suona nuova conferma di quell'abitudine del Nostro, dichiarata per pri­ mo cial i'vluratori nella Vita di Alessandro Tassoni, a «postillare libri, che egli leggeva». 2 Sull'esistenza di una serie di postillati tassoniani aveva per

* Ringrazio mio fratello Luca e gli amici Simonetta Braccesi-Adorni, Neil Harris e Paolo Trovato per le indicazioni che dalla discussione con lora mi sono venute. Alla cortesia del Ragioniere Franco Cosimo Panini devo la consultazione dei due po­ stiilati di sua proprietà, che cita alle note 1 e 8 di questo lavoro. 1 La stampa albertiana, Lepidi Comici Veteris Philodoxios Fabula ex antiquitate eruta ab Aldo Manuccio, Lucae. MDXXCI1X (oggi alla Bodleian Library di Oxford) reca in calce al frontespizio: <

primo sistematicamente riferito il Tiraboschi nella Biblioteca mo­ denese, stendendone una lista di sette, in parte visti direttamente e in parte riportati sulla base di quanta affermava il Muratori. A quel catalogo mancano oggi ancora vari volumi che il tempo e la fortuna potranno forse in parte ricuperare alla ricerca, per­ mettendone un'analisi che confermi o smentisca l'attribuzione al Tassoni. Tali J'Anticlaudiano di Alana da Lilla, Basilea 1536, 3 le Opere greco-latine di Giuliano l'Aposta ta, stampate da] Wechel a Parigi nel 1566,4 un Cortegiano di Baldassar Castiglione non meglio identificato, 5 le Rime di Gian Francesco Maia [Materdo­ na], in un esemplare appartenuto al Muratori-' Per contra, ai po­ stillati da tempo noti e sopravvissuti, come la Commedia aldina del 1502, alla Vaticana, o L'elezione di Urbano VIII di , Roma 1628, all'Estense, s'affiancava, nell'opinione del Tiraboschi, l' esemplare, pure estense, de Il Memoriale della Zingua di Giacomo Pergamini da Fossombrone, Venezia 1602, le cui pa­ stille, fra pareri discordi che ne hanna fatto autore ora Giulio Ottonelli ora il Tassoni, sono poi state raccolte e pubblicate sotta il nome del primo dai Bernini ad inizio del nostro secolo. 7

3 Esemplare indicato come Cyclopaedia, Base!, 15.36, nella fondamentale Bibliografia di Alessandro Tassoni, a cura di P. Puliatti, Firenze, Sansoni, 1969-70, 2 voll., I, p. 383. Dopa le notizie sui postillati tassoniani date dai Tiraboschi nella voce Alessandro Tas­ soni della Biblioteca modenese cit., t. V, pp. 180-217, i contributi più importanti sono opera del Puliatti, prima nella Bibliografia di Alessandro Tassoni cit, I, p. 383-384 e poi (con la localizzazione degli esemplari esistentî), in Le letture e i postillati del Tassbni, I, «Studi Secenteschi>~, XVIII, 1977, pp. 3-58, alle pp. 21-22. Quest'ultimo intervento, alle pp. 3-20, ricostruisce la consistenza e la natura della biblioteca del Tassonî, a partire dalle lettere e dai testamenti dell'Autore. Segue poi, alle pp. 22-58, un saggio di pastille inedite alle giornate IX eX del Decameron di Boccaccio, deposit::JtF: in una stampa Venezîana, Giovan Giolito da Trîno, 1538 oggi alla Biblioteca Estense di Modena (vedi nota 9). 4 Indicato da PuuATTI, Bibliogra/ia cit., I, p. 384 come Giuliano J'Apostata, Misopo­ gon, Parigî, A. Wechel, 1566. 5 Il Puliatti inizialmente non identifica la stampa: cfr. Bibliografia cit., I, p. 384. Poi, ne Le letture e i postillati cit., p. 21, afferma esse re un' edizione Venezia, Aldo Manuzio, 1547 (ma senza clare elementi). Osservo che il postillato in questione non è identificabile con Illibro del Cortegiano edita dagli Eredi di Filippo di Giunta nell'aprile del 1531, passe- l duto dalla Biblioteca Nazionale Centrale (segnatura: Pas till. 94). Interessandssimo pastilla­ I ta (finora, sembra, sfuggito all'attenzione degli studiosi), che ha brani interamente riscrîtti a r:nezzo di cartigli e sul quale meriterà tornare in altra sede. 6 Cfr. PULIATTI, Bibliografia cit., I, p. 384 en. 5. Esemplare, aggiungo, non identifi­ cabile con la stampa estense [segnatura: Mise. Ferr. Mor. 70, 15] degli Alcuni 1 Sonetti 1Boscherecci 1di Gianfrancesco Maia Materdona stampato <~In Modena, pressa Giulian Cas· -i_;) siani, 1628». 7 F. BERNINI, La vitae le opere di Giacomo Pergamini con scritti inediti di F. Polidon· e G. Ottone/li, Balogna, Zanichelli, 1906. Sull'Ottonelli si veda qui la nota 33. IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI )

i Fra gli esemplari di sicura pertinenza tassoniana, tuttavi~, al- tri volumi si devono aggiungere che meritano di essere richi~mati brevemente a documentazione dell' ampio lavoro di spoglio ! con­ dotto dal Tassoni sui testi capitali della questione linguistid cin­ quecentesca. Già le postille al Bracciolini erano note attrayerso una trascrizione settecentesca; ora, anche per quelle a L'Ercolano di Benedetto Varchi, consegnate ad una stampa fiorentina del 1570, oggi persa, e note solo attraverso l' edizione procuratane da! Da! Rio ne! 1846, posso segnalare l'esistenza di una trascrizione sette­ centesca di Domenico V andelli. 8 Accanto a questo nuovo ricupero del Varchi, non meno im­ portanti sono altri postillati che coinvolgono alcuni classid della tradizione in volgare: si tratta del Decameron di Boccaccio postU­ lato in due edizioni diverse oggi alla Biblioteca Estense di Mode­ na e alla N azionale di Firenze e nelle Annotationi che ne fece il Borghini nel 1574,9 di un Orlando Furioso, Venezia, Gidini,

8 Si tratta de L'Hercolano Dialogo di Messer Benedetto Varchi ... , In Vinetia, MDLXXX, appresso Filippo Giunti e Fratelli, posseduto dal Ragionier Franco Cosimo Panini. Le pastille dell'esemplare Panini si aHiancano cosl (né passa dire pet ora come) alla stampa procurata da Domenico Dal Rio: L'Ercolano Dialogo di Benedetto Varchi .. con la correzione di Lodovico Castelvetro ela Varchina di Jeronimo Muzio ··~ aggiuntevi ara alcune pastille inedite. di Vittorio Alfieri e malte di Alessandro Tassoni, Firenze, Per 1' Agenzia libraria, 1846, che le stampava a piè di pagina. 9 Un esemplare di Venezi.a, Giovan Gioiito da Trine, 1538 «nuovamente stampato e ricorretto pet Antonio Brucioli» (all'Estense: a.C.2.13 "' ital. 1296); un esemplare delle borghiniane Annotationi et Discorsi sopra alcuni luoghi del Decameron di M. Giovanni Boc­ cacci, Firenze, Giunti, 1574 (alla Bibl. Naz. Centrale di Firenze: Postill. 14); infine un altro Decameron «alla sua vera lezione ridotto dal Cavalier Lionardo SalviatÎl>, Firenze, Giunti, 1587 (alla Bibl. Naz. Centrale di Firenze: Postill. 20) .. Nel corso di questo articolo, citerO i tre postillati come Boce. 15)8, Annotazioni 1574 e Boce. 1587. Ma il problema della posti11atura del Decameron andrà ripreso, considerando tutti i postillati e determinan­ do i rapporti fra essi. La tesi del PULIATTI, Le letture e i postillati, cit. pp. 32-33, seconda il quale queste tre stampe rappresenterebbero nell'ordine la prima, la seconda ela terza fase della postillatura a Boccaccio, pare poggiare infatti unicamente sulla cronologia delle edizioni; non su una analisi interna delle pastille. Per quanta riguarda i postillati boccacceschi anticipa qui solo due osservazioni: 1. la natura delle pastille è, di stampa in stampa, estremamente diversa, si. che esse non paiono comparabili. ln particolare, divers a è ciO che Tassoni cerca, a distanza di anni, nel Decame­ ron di Boccaccio, con un incrementa di interesse, specifico di Boce. 1587, per illinguaggio comico da una parte e perle strutture ritmico-poetiche soggiacenti alla prosa del Decame­ ron, che Tassoni sottolinea e accompagna con osservazioni del tipo: < (p. 470), ecc. L'ipotesi, su cui tornerà, è chiara: in Boce. 1587, Tassoni sta ricercand9 un linguaggio da mettere a frutto neUa Secchia. D'altra parte, ed è la seconda osservazione, le stampe del Decameron che Tassoni uti­ lizza (e, giusta le sue abitudini, probabilmente pastilla) non furono tre, come si è finora 6 MASSIMO DANZI

1577 all'Estense, 10 del poema dello Stigliani, Del nuovo monda, Piacenza, A. Bazzacchi, 1617, già appartenuto a Carlo Porta e ora alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (che non ho potuto ve­ dere) e, infine, del Ditta Mundi di Fazio Degli Uberti nell'edizio­ ne veneziana del 1501 già ricarda ta, presente nell a stessa collezio­ ne priva ta in cui si trova il V archi. Dagli elenchi dei postillati che ho richiamato tuttavia, come da] resto della documentazione tassoniana fino a oggi esplorata, mai era emerso il nome del Bem­ bo, né tanta mena la presenza nella sua biblioteca di un eserripla­ re delle Prose della volgar Zingua, testa, per altro, con il quale era pensabile avesse fatto i conti il poeta della Secchia rapita, il commentatore di Petrarca e Jo scrittore esuberante e curioso in materia di lingua dei Pensieri. 11 Il Tassoni commentô l'intero corpo poetico volgare del Petrar­ ca, Rime e Trion/i; postillô la Commedia di Dante 12 e, a più ri-

creduto, ma almeno cinque. Lo deduco dalle pastille di Boce. 1587, dave in più luoghi Tassoni cita una stampa veneziana del 1594 e un'a]tra, pure veneziana, del 1614. Ma su tutto il problema ritornerO. lO Esemplare estense o:.P.l0.18; Orlando Furioso di M. Lodovico Ariosto, nuovamente ricorretto; con nuovi Argomenti Di M. Lodovico Dolce: con la vila del!'Autore di M. Simon Fornari: Il vocabulario delle voci più oscure: Le imitazioni cava te da! Dolce: Le nuove allego­ rie,. & Annotazioni di M. Tommaso Porchacchi: Et con due Tavole, una delle case notabili, et l'altra de' nomi proprij, In Venetia, Appresso Jacomo Gidini, al Segno della Fede, 1577. L'esemplare contiene le Stanze del S. Luigi Gonzaga detto Rodomonte a M. Lodovico Dolce (s. n.t.), i Cinque canti di M. Lodovico Ariosto ... con gli argomenti in ottava rima di M. Lodo­ vico Dolce, & con le Allegorie et l'annotationi a ciascun canto di Thommaso Porcacchi (stesso frontespizio del Furioso), nonché le Dichiarazioni de' Vocabuli più oscuri, che sono ne! Fu­ rioso per colora, che non sanna lettere Latine, o Toscane (In Venetia, appresso Camillo de Franceschini, 1577). Il Tassoni pastilla perO solo il Furioso e i suai apparati avantestuali. 11 Gli autori postillati da! Tassoni di cui si ha notizia salgono cosl, con le Prose bem­ besche, a tredici (ma alcuni, per es. Boccaccîo, in più fasi, corrispondenti come detto a altrettante stampe). Non canto fra essi il MemMiale delia Zingua del Pergamini e il Vocabo­ lario della Crusca, per la cui complessa vicenda vedi qui nota 3.3. Della Secchia rapita e dei Pensieri e scritti preparatori, sono oggi disponibi]i Je edizioni critiche, rispettivamente a cura di Ottavio Besomi, Padova, Editrice Antenore, 2 voll., 1987-1991 e di Pietro Puliatti, Modena, Edizioni Panini, 1989. Cita il commenta a Petrar­ ca nell'edizione de Le Rime di Francesco Petrarca . s'aggiungono le considerazioni rivedute e ampliate d'Alessandro Tassoni .. , Venezia, pressa Bonifacio Viezzeri, 1759 ["" Tassoni, C onsiderazioni]. 12 Per Dante, e il postillato tassoniano della Commedia (Venezia, Aldo, 1502, oggi alla Biblioteca Vaticana) dispaniamo, dopa le Pastille scelte edite dal Fiaccadori nel 1826, ~ell'edizione integrale di G. Rossr, Le pastille di Alessandro Tassoni alla «Divina Comme­ dia», in Studi e ricerche tassoniane ... , Balogna, Zanichelli, 1904, pp. 3 71-406 (con l' avver­ tenza che essa è condotta non sull'autografo, rimasto ignoto al Rossi, bensJ. sulle trascrizio­ ni settecentesche del Vandelli e del Ceppelli). Su queste due opere si vedano le schede del PuLIATTI, Bibliogra/ia, I, pp . .382-389. IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI prese e su esemplari di stampe diverse, come detto, il Decam!:ron di Boccaccio. Anche a tacere delle Annotationi et discorsi sb pra alcuni luoghi del Decameron di M. Giovanni Boccacci di Vinc~nzo Borghini, neli'edizione fiorentina dei Giunti del 1574, esemplare che rappresenterebbe seconda il Puliatti la seconda tappa ~elle 1 annotazioni a Boccaccio, ' o di altre opere a carattere linguisti­ co come l'Ercolano o Il Memoriale del Pergamini, non tutte, come si è vista, di indiscussa attribuzione, 14 l'attenzione prestata ai tre massimi autori toscani del Trecento basta da sola a clare sicuro rilievo a questo nuovo postillato, che chiama in causa la 'gramma­ tica' volgare per eccellenza, proposta all'Italia letteraria proprio sulla base di quei tre 'auctores' trecenteschi. Il Bembo delle Prose costituisce insomma per il Tassoni l'anello che tiene insieme, il testa che rende strategicamente operanti quegli illustri modelli di lingua, a quell'altezza già per altro oggetto (o pronti a.divenirlo) di singolari e puntuali disamine in forma di pastilla. Riemerso quest'esemplare delle Prose che appartenne al Tasso­ ni, appare veramente singolare il silenzio che avvolge nell' opera del Modenese il nome del Bembo. Fra 1591 e 1634, nei quaranta­ quattro anni coperti da un epistolario di poco inferiore alle 900 lettere, il nome del Veneziano compare una volta sola. Anche ammesso il carattere quotidiano e non letterario della sua corri­ spondenza, il fatto parla da sé." Un tale silenzio ·è significativo

13 Cfr. PuuATTI, Le letture e i postitlati cit., pp. 32"33; la terza fase sarebbe testimo­ niata dal Decameron giuntino del 1587. 14 Dubbi per più di un postillato tassoniano (per es. il Decameron e la grammatica del Pergamînil, esprime ancora P. B. DIFFLEY, Tassoni's Linguistic Writings, <'Studi secente­ schh), XXXIII, 1992, pp. 67-89, che cos\ risolverebbe la stretta relazione fra Castelvetro e Tassoni a proposito delle pastille all'Ercolano del Varchi (a lui note solo dall'ed. del Dal Rio):

(p. 85). Del Memoriale della lin gua di Giacomo Pergamini (Venezia, G. B. Ciotti, 1602, oggi aH'Estense di Modena: segnatura A.24.K.4) si è già detto. Dopa il Bernini citato alla nota 7 (il cui lavoro è singolarmente ignorato dagli studio­ si moderni), l'attribuzione ha continua ta ad essere discussa: si veda la bibliografia relativa in PULIATTI, Le letture e i postillati cit., p. 21, n. 60, i dubbi di DrFFLEY, art. cit., p. 81, nota 20 e il contl"ibuto di G. FANFANI BussouNI, Giulio Ottonelli e «Le Annotazioni aL Vocabolario degli Accademici della Cruscm> (1698), <,Lingua Nostrm>, XXXI, fasc. 1, 1970, pp. 5-12, che ritiene le pastille dell'Ottonelli. 15 Sul carattere di questa prosa epistoiare si veda M. SACCENTI, Aspetti e motivi del­ l'epistolario tassoniano, in Studi Tassoniani. Atti e memorie del convegno nazionale di studi peril IV Centenario della nascita di Alessandro Tassoni, Modena, Aedes Muratoriana, 1966, pp. 279-318. 8 MASSIMO DANZI di una distanza non colmabile fra colui che era stato vittorioso propugnatore di una lingua regulata sugli antichi trecentisti tosca­ ni e, dunque, arcaizzante e desueta, e chi, come il Tassoni, all'op­ posto aveva improntato la sua scelta linguistica sull'uso e sulla quotidianità, seconda quella tendenza ad accettare una concezione più ampia della lingua parlata che si fa strada ne! primo Seicento ne! campo della filologia volgare. 16 Basterà ricordare, per ora, le pagine del IX libro dei Pensieri, le più chiare in proposito, intito­ late «Se trecento anni or sono meglio si scrivesse in volgare italia­ no o nell'età presente», dove la rivalutazione della lingua del Guic­ ciardini posta a confronta con quella del Vil!ani prelude al ricono­ scimento della superiorità dei moderni sugli antichi, felicemente responsabili, i primi, di aver dirozzato il nostro volgare «seguitan­ do, oltre la ragione, anche l'uso, che è il vero giudice e padron delle lingue>>. 17 Dell' au tore delle Prose della volgar Zingua resta traccia, olt re che ne! IX libro dei Pensieri, soprattutto nell'ultimo, improntato, fin dai titolo, al confronta fra gli «>, dave il Bembo è schiacciato tra il Trissino, massimo teorico proprio della lingua cortigiana, e il Castelvetro, autore di quella Giunta alle Prose del Bembo, apparsa ne! 1563, che ne! suo carattere censorio non era

L'unica menzione è nella Jettera a Adriano Poli ti, databile da Roma al1611: cfr. TAs­ SONT, Lettere, a cura di P. Puliatti, Bari, Laterza, 1978, 2 voll., I, Jettera 113. Ma si tratta di un rinvio fuorviante perché in effetti il Tassoni parla de da giunta al seconda libro delle Prose del Bembo» di Lodovico Castelvetro, (rimasta inedita fino all'edizione napoleta­ na del1714). Dungue in realtà il Bembo non compare, se non attraverso il nome del sua strenuo oppositore modenese, auctoritas fondamentale peril Tassoni tanta in queste postil· le alle Prose che in generale per)e Considerazioni a Petrarca. Ma di questo, dirà più avanti. 16 Rinvio, per questo aspetto, a R.G. FAITHFULL, Teorie filologiche nell'Italia del pri· mo Seicento con particolare ri/erimento alla filo!ogia volgare, <;., XX, 1962, pp. 147-313, particolarmente alle pp. 297-298 sull'Idioma. Saggio notevole (per il taglio interpretativo da 'storico delle idee'), con numerosi spunti anche perle concezioni linguistiche del Tassoni: cfr. almeno le pp. 179-180 (Jettera di Gaspare Scioppio al T., che richiama la «Pergamini vestri Grammatica»), 182 (intenzione del T. di tradurre la la· nua !inguarum del gesuita irlandese William Ba the), 186-187 ('antico' e 'maderno' in T.), 195-198 (sui Pensieri), 222-224 (l'emergere di un'attenzione perla sintassi nei Pensieri e nelle Considerazioni del T.), 255-256 (T. e il provenzale), 259 (T. lettore di Celso Cittadi­ ni), ecc. 17 TASSONI, Pensieri cit., p. 808. IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI 9

li dispiaciuta al Tassoni18 Le pastille alle Prose dimostrano dnzi, come vedremo in seguito, che in più di un casa la Giunta del Castelvetro è fonte diretta, utilizzata da! Tassoni per contehare il Bembo. Se le Lettere e i Pensieri tradiscono un atteggiamento di dilen­ zioso disinteresse per il testa delle Prose, lo stesso non puo 'dirsi delle Considerazioni a Petrarca. Questo testa, più che agni altra opera del Tassoni, rende ragione della sottile dialettica in materia di auctores grammatici perseguita da! Tassoni e della opzione; net­ ta e senza esitazioni possibili, per il conterraneo modenese contra il veneziano Bembo19 Il numero e la qualità delle dtazioni di Bembo e Castelvetro entra le Considerazioni a Petrarca non lascia in dubbio: il Modenese è in assoluto l'autore più citato, con una novantina di occorrenze ne! solo commenta al canzoniere, contra una trentina di luoghi per il Bembo e un' altra trentina .per il Muzio. 20 Ma mentre il Tassoni, anche quando contraddice il suo

18 Si tratta della Giunta fatta al ragionamento degli artica li et de' verbi di Messer Pietro Bembo, In Modona, pet gli Heredi di Cornelio Gadaldino, 1563. Ad essa, senza escludere altro materiale del Casrelvetro (a quell'altezza, perô, inedito), pare alludere Tassoni in un passa dei Pensieri, che è illuogo più diffusa in cui si accenna al Bembo: «Il cardinal Bembo scrisse esattissime e copiosissime regale della lingua toscana e, quandci credevan le genti che nulla potesse dirsi più, il Castelvetro aggiunse un libro alle cose del Bembo maggior del sUOll (Pensieri cit., p. 845). Sulla particolare opera di mediazione del Castelvetro e sul­ l'importanza di quel precedente modenese pet il Tassoni postillatore del Bembo (ma non solo), si veda più oltre. 19 A due riprese, nelle Lettere, Tassoni parla delle opere del Castelvetro: nella prima (Ad Annibale Sassi, da Roma 13 settembre 1597), ponendole frai libri «sospesi o proibith> e lamentando di non averle ticevute; nella seconda (Ad Adriano Politi, databile da Roma 1611), dichiarando, ad uso del signor Bellisario Bulgarini, la reale disponibilità delle stesse nell" entourage' estense: > (Con­ siderazioni, cit., p. 97), il sua giudizio sul Bembo è invece spesso sprezzante e censorio. Anzi, tanta più censorio e polemico nei confronti delle Prose nella seconda e definitiva edizione delle Con­ siderazioni procurata dai Muratori ne! 1711 che nella prima del 1609, dave più di un passaggio polemico contra il Bembo era assente.21 Con le Prose del 1525, il Bembo aveva data una grammatica 'normativa' ad usa dei letterati d'Italia, che includeva per la lin­ gua della poesia naturalmente e principalmente il Petrarca; forse per questo motiva non era mai stato pero, del Petrarca, un com­ mentatore, bensi editore, anzi cura tore editoriale, con l'aldina del 1501. Ne! 1582, a Basilea, escono postume Le Rime del Petrarca brevemente esposte pet Lodovico Castelvetro, ampio commenta al Petrarca ne! quale in generale il Castelvetro non tratta tanta di questioni grammaticali (per le quali rinvia alla Giunta al Bembo), quanta di pura esegesi. La stampa è curata dai familiari: precede una dedica ad Alfonso II Duca di , Modena e Reggio, firmata da! nipote Giovanni Maria Castelvetro e segue un avviso A lettori. Qui si legge che, mancando ali' esposizione del Castelve­ tro il testa di riferimento petrarchesco, si è scelto di dare <

21 Per misurare l'incrementa dei giudizi polemici sul Bembo, nelio spazio fra le due edizioni delle Considerazioni, mi serve dell'esemplare delJ'editio princeps del 1609, postilk to e interfoliato dai Tassoni stesso, posseduto dalla Bibiioteca Estense di Modena con se­ gnatura a.S.2.10 ( = It. 1228), sulla base del qua]e segnalerà, ci tan do dalle Considerazioni, le aggiunte del Tassoni dopa ill609 fra due* con indicazione della pagina dell'ed. definiti­ va seguita dalla sigla (inter/). Propongo una parca scelta di esempi tratti dalle Considera:âoni, distinguendo gli attac­ chi al Bembo come poeta (1), da quelli alle sue Prose. 1) «il Bembo in quella sua canzone, che si potrebbe chiamar la bandiera del sarto del Piovano Arlotto, farta di pezze rubate ... l> (p. 85a). <(Qui il Bembo passà il segno, non ostante che come innamorato si lasciasse trasportare dall'affetto. E perO era meglio Jasciar stare i Beati ... l> (p. 148c: a proposito delle tre canzoni sugli occhi). 2) A proposito del verso Vomer di penna, con sospir del/ianco (RVF 192, 2: ma dall'ed. Contini corretto in Vomer di pena): <(Per una delle ricette di Mastro Grugno speziale, da far ingrassar le pastinache [ ... ]. * Ecco una fallacia delle regale bembesche, seconda le quali s'avrebbe a dire: Vomer della penna, ovvero: Vomer di penna con sospir di fianco *)> (p. 364c; interf). A proposîto del verso Di ch'io mi sto stancando, e forse altrui (RVF 360, 74): «la Ieggerei Di ch'io me vo stancando etc., per rispondere ali'altrui col me, acciocché se la regala del Bembo non supplisce a questo luogo, almen questo Iuogo alla regala del Bembo supplisca» (p. 550b). IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI 11 no altro ne sia stato stampato migliore infino a questo tempo». 22 Se, come pare probabile, a differenza dell'edizione del 15!01, il Bembo occupato in altre faccende non ebbe parte in causa per quanto attiene alle novità e alle addizioni della aldina del 1514, 23 l' opzione del Castelvetro dichiarata nell' avviso per questa ~dizio­ ne come la «migliore infino a questo tempm> stampata, suona for­ se polemica e comunque, quand'anche non fosse il caso, sancisce un a volta ancora la distanza fra i due. 24 L'interesse del Tassoni per il conterraneo Castelvetro riflette cerro l'orgogliosa rivendicazione di una tradizione locale, modene­ se in ispecie, di esegesi a Petrarca, di cui resta qualche 'traccia nelle Considerazioni che, accanto a un «nobile ingegno della sua patria» come il Castelvetro, citano almeno anche un valida «espo­ sitor del Petrarca» come Filippo Valentini. Il nome di Valentini, la cui produzione letteraria arrivata lino a noi appare di scarso peso, 25 se non è tale da far sussultare un letterato, interessa in-

22 Le rime del Petrarca brevemente sposte per Lodovico Castelvetro, ln Basilea ad istan­ za di Pietro de Sedabonis, 1582, c. n. n., ma VIla. (sul Sedabonis, ela sua identificazione collibraio.editore lucchese Pietro Perna, si veda da ultimo W. Romani.in L. CASTELVETRO, Poetica d'Aristotile vulgarizzata e sposta, Bari, Laterza, 1979, II, p. 391-392, cui va aggiunto l'importante studio di A. RoToNoà, Pietro Perna e la vita culturale e religiosa di Basilea fra 1570 e il 1580, in Io., Studi e ricerche di storia ereticale italiana del Cinquecento, Torino, Giappichelli, 1974, vol. I, pp. 273-391). Commedia di Dante e opere (ma, in realtà, il solo Decameron) del Boccaccio sono, sempre seconda l'avviso A lettori, citate rispettivamente dall'ed. veneziana di Aldo in ottavo (dunque quella del 1515) e dalla Giuntina del 1527. 23 Questa, da ultimo, l'opinione di P. Trovato, pet il quale «è certo che, nel '14, il Bembo aveva altre faccende a cui pensare e un suo coinvolgimento in imprese tipografi. che paragonabile a quelle del 1501-2 parrebbe da escludete>>; dr. Con agni diligenza cm-ret­ to. La stampa e le revisioni editoriali dei testi tetterari italiani (1470-1570), Balogna, Il Muli­ no, 1991, p. 163, nota 53. 24 Diversamente, per esempio, il Ruscelli riteneva il Petrarca aldino del 1501 «il più sincero di tutti»: si veda Il Petrarca, nuovamente con la per/etta ortogra/ia della lingua volgare, corretto da Giro!amo Ruscelli, Venezia, Pietrasanta, 1554, citato da TROVATO, Con agni diligenza cit., p. 279. 25 Sul Valentini, espositore del Petrarca citato due sole volte nelle Considerazioni cit., p. 125b e p. 568b, dr. L. A. MURATORI, Vita del Castelvetro, in Opere varie critiche di Lodovico Castelvetro, Berna, Stamperia di Pietro Foppens, 1727, pp. 16, 21 e 68. Di lui il Castelvetro ci ha lasciato la biografia compresa nel Racconto delle vite d'alcuni letterati del sua tempo in Appendice aG. CAVAZZUTI, Lodovico Castelvetro, Modena, Soc. TipograH. ca Modenese, 1903, pp. 10-14, che anche ne parla alle pp. 19-23, 195-197 e 209-210. Un suo sonetto apre l'opera di Isabella Sforza Della vera tranquillità dell'animo, Venezia, Figli di Aldo, 1544 e una canzone è '"riel Parnaso Modenese dai secolo XVI al XVIII scelto e ordina­ to da A. Peretti e A. Cappelli, Modena, C. Vincenzi e A. Rossi, 1866, p. 69. Alcuni codici gli attribuiscono altri componimenti (Firenze, Biblioteca Riccardiana: ms. 2835; K0ben­ havn, Kongelige Bibliothek: ms. 2057; Wroclaw, Biblioteka Universytecka: Milich Collee- vece particolarmente gli storici della Riforma. Egli appare, infatti, figura di primo piano di quell' Accademia modenese, della quale faceva parte insieme al Castelvetro, al Grillenzoni e altri, e che costitul a Modena, fra 1535 e 1545, il punta di riferimento prin­ cipale dei nuovi fermenti ereticali, nonché di moiti di quegli ete­ rodossi che, «ricercari in altre città, in fuga e sotta processo, pas­ savano per Modena e vi propagandavano le pro prie dottrine». 26 C'è dunque senz'altro, ne! Tassoni che quei fatti aveva presenti,

tian, ms. IV 18) e un sonetto gli indirizza il Varchi: dr. De sonetti di M. Benedetto Varchi, parte prima, Firenze, Lorenzo Torrentino, 1555, p. 99; Per altro verso, A. RotondO segna­ la un trattato dai titolo Il principe /anciullo, dedicato a Renata· di Francia alla Ariostea di Ferrara, ms. cl. II 32 e una traduzione della Poetica di Orazio a Modena, Archivio stori­ co comunale, Manoscritti n. J2: dr. CAMILLO RENATo, Opere, documenti e testimonianze, a cura di A. RotondO, Firenze-Chicago, (Corpus Reformatorum Italicorum), 1968, p. 171, n. 4. Su altro fronte, a parte Giulio Ottonelli da Fanano (1550-1620, sul quale qui la nota 33), la filologia modenese contava anche i nomi prestigiosissimi di Carlo Sigonio (1520.84), perle lettere classiche, e di Giovanni Maria Barbieri (1519-74), peri provenzali. Attraver­ so i codici posseduti dai figiio di questo, Lodovico (Considera:âoni, XVc), il Tassoni leggerà gran parte dei poeti provenzali che cita nelle Considerazioni, con un incrementa netto ri­ s petto alla pallida cultura provenzaie del Castelvetro, il quale ·anzi, nelle sue Giunte, aveva accanitamente contestato agni retaggio provenzale propos ta dai Bembo per Petrarca (dr. Le Prose di M. Pietro Bembo ... unite insieme con le giunte di Lodovico Castelvetro ... , Napoli, B. M. Raillard e F. Mosca, 1714, specialmente Giunta 8 allibro I, pp. 38-79). Ma fra i due si collocano, edite a Liane nell575, Les Vies de:; plus célèbres et anciens poètes proven­ saux di Jehan de Nostredame, fonte indiscussa pet il Tassoni che le ricarda più volte nelle "Considera:âoni fin dalla prefazione {pp. 249c, 36la, 375c e 623a). Resta da accertare se la lettura avvenisse sul testo francese, o non sulla traduzione italiana del Giudici (1576), seconda l'opinione espressa senza fornire riscontri da G. BERTONI, Intorno ad alcune cita­ zioni provenzali e a una grammatichetta /rancese, in Miscellanea tassoniana di studi storici e letterari pubblicata nella /esta della Fossalta XXVIII giugno MDC CCCVIII a cura di Tommaso Casini e di Venceslao Santi con prefazione di Giovanni ?ascoli, -Modena, A. F. For­ miggini, 1908, pp. 267-276, a p. 270, n. 2. Del testa francese, ed. Chabaneau-Anglade, Parigi 1913, esiste la ristampa di Slatkine (Ginevra, 1970). Infine, allargando il cerchio emiliano-romagnolo delle Considerazioni, si ricordino an­ zitutto il nome del bolognese Crescenzio (281b, 286a): voce fondamentale dell'antibembi" smo modenese, fin dai Castelvetro, Giunte ... , 1714, t. I, p. 148 (poi seguito dal T assoni, che si applicherà lo pseudonimo di Crescenzio Pepe), che corregge il Bembo che lo credeva autore della versione volgare del trattato; poi quelli di Benvenuto da Imola (487c), di Mae­ stro Antonio da Ferrara (181b-c), di Ugolin Buzzuola «poeta antico romagnolo» (38ûa) e del lodatissimo ferrarese Guarini {282b, 353c, 357a, 366c, 644a), Per il Buzzola, citato anche da Dante ne! De vulgari eloquentia, cfr. F. ToRRACA, Fatti e scritti di Ugolin Buzzola, Roma, Stab. deil' <(Üpinione», 1893 (Nozze Cassin-D' Ancona). 26 Cosl S. Peyron# Rambaldi, ne! capitolo dedicato all'Accademia, in Speranze e crisi del Cinquecento modenese. Tensioni religiose e vita cittadina ai tempi di Giovanni Morane, Milano, Franco Angeli, 1979, p. 231. E si veda anche M. FmPo, Gli «spirituali», l'Accade­ mia di Modena e il fonnulario di /ede dell542: control/a del dissenso religioso e nicodemismo, che leggo nella redazione più ampia contenu ta in Inquisizione romana e controri/onna. Studi sul cardinal Giovanni Morane e ilsuo processo d'eresia, Balogna, Il Mulino, 1992, pp. 29-118. iL l:'.o!:!,lVlDV • '-"'-'~~~---- _ 1

. . 1 un fila che lega la sua opera e la sua filologia al retroterra ideolo­ gicamente accidentato della cultura modenese di metà Cinquecen­ to, come poi dimostra anche l'ingente debita delle Consid4razioni nei confronti dell' opera filologica del Castelvetro. Tanta ndla let­ tura razionalistica e aplatonica del Petrarca, quanta e più nella demoliziane progressiva dell'istituto grammaticale bembesto, che queste pastille alle Prose testimoniano, le Giunte del Castelvetro costituivano un naturale quanta ineludibile precedente. Insieme con quella lezione filologica contra il principio di autorità e nel segno di un più libera rapporta con gli <>, raccogliendo la quale egli si presentava certamente come uno degli spiriti più irrimedia­ bilmente moderni del suo secolo." Il Castelvetro delle giunte era dunque il punta di partenza per Tassoni, come ora provano anche queste pastille alle Prose del Bembo, che pur registrano solo una volta il suo nome; 28 e anzi, a ben vedere, lo stesso invita a studiare la lingua delle Prose per coglierne le contraddizioni, era stato rivolto da lui, a chiare lette­ re, nella pagina finale della Giunta al primo libro delle Prose di M. Pietro Bembo, dave è impressionante leggere queste parole: quindi nascerà una conclusione, che la lingua maderna è da seguitare per gli scrittori nel secol nostro, la quale conclusione è contraria a quella del Bembo, che vuole che la lingua sola del Boccaccio sia da essere esser­ citata dagli scritori presenti. Et alla fine altr! si potrebbe meravigliare come il Bembo, se portava cosl fatta opinione quale si sforzava di mette­ re per vera altrui nel capo e consigliava gli altri a seguitarla in iscriven­ do, tanta se ne allontani anchora in questo volume medesimo [sc. le Prose] usando molti vocaboli e molti modi di dire che non sono del seco­ lo del Boccaccio, come altri anchora che non vi spenda molto studio se

27 Si veda il contributo molto bello per le prospettive di let tura che apre di G. MAz­ ZACURATI, Alessandro Tassoni e l'eptfania dei <, «Rivista di letteratura italîana». IV, 1986, 1, pp. 65-92, che a partire dalle Consideraziovi e dai Pensieri parla di e della dialetti,ca imitazione/usc <\termometro fedele ... della riscossa dei 'moderni\; (pp. 69 e 73). Non è dubbio che, ir quest'ottica, il postillato bembesco che mi accingo a studiare rappresenti, come direbb{ Mazzacurati, uno di quei «S'egmenti più brevi», di quei «testi-chiave», che permettono d riprendere le fila di quel processo di formazione di un «aLbero ge'aealogico ... della moder nità» (p. 68), che procede attraverso la

ne potrà ottimamente avedere, mostrando ne' suoi ammaestramenti & parole una cosa & nel suo essempio & uso un'altra.29

Del resto, nonostante il carattere spesso polernico delle Consi­ derazioni al Petrarca, Tassoni affermava che suo intenta non era «di dir male di questo Paeta, il quale - scriveva - ho sempre ammirato sopra tutti i lirici>> (p. xv), bensl di denunciare con chiarezza l'oltranza di un'imitazione che il Bembo aveva promos­ sa con la sua grammatica delle Prose: E se negli altri [scil. sonetti] trascorro a notar quello ch'io ho giudi­ cato da non imitare, non è il mio fine di tassai- lui; ma di levar le fran­ chigie a certi, che vogliono comporte al dispetto della natura; e se le stitichezze loto non s' approvano, subito te le autorizzano con un esem­ pio scappato dai pennaiuolo del Petrarca in tempo di penuria, e che malte volte ancora (la Iddio grazia) non fa punto a proposito. >O

E questa pareva anche l'interpretazione che delle Considera:âo• ni dava un lettore, certamente toccata da vicino come il Marino, alfiere di una poesia verso la quale il Tassoni commentatore (a differenza del cortigiano delle Lettere), non mostrava troppi con­ sensi, quando ricevutele in dona aveva sentenziato: La fatica è bella ed utile, piena di giudiciosi riscontti e sparsa per tutto di buona erudizione. Piacemi ch'ella mostd d'aver senso, e non di ber con l'orecchio, con mortificare di quando in quando l'ostinata

29 Ciro dalla Corretione d'alcune cose del dialogo delle ling11e di Benedetto Varchi, et una giunta al primo libro delle Prose di M. Pietro Bembo dove si ragiona della vulgar lingua Jatte per IAJdovico Costelvetro, Basilea, s.n.r., 1572, p. 290 (mio il corsivo). Sul merodo del Casrelverro, dopo il saggio di E. RAIMOND!, Gli scrupoli di un filologo: Ludovico Castelvetro e il Petrarca, «Studi petrarcheschi», V, 1952, pp. 131-210, cui spetta l'imporranre collegamemo fra filologia e istanze di riforma, nuovi clementi recano le seo­ pene di G. FRASSO, Per Lodovico Castelvetro. I. Autografi dimetJticati di Lodovico Castelve­ tro e l'edizione di M. G. BlANCHl, Un poco noto trattatello grammaticale di Lodovico Costel­ vetro: 'De' nomi signi/icativi del numero incerto', «Aevum>), 3, LXV, 1991, risperrivameme alle pp. 45.3-478 e 4ï9-522. JO TASSONI, Considerazioni cir., p. 16b. Analoga difesa del Perrarca, ma condanna degli imitatori, l'aurore esprime negli Avvertimemi di Crescenûo Pepe dr. alla nota 28, pp. 7-8, dove avverre che se il Tassoni «Va ootando nelle sue Rime quello che non gli par da imirare, nol fa n guisa di biasimarJo né d'onorarsi de' falli suoi, ma per mosrrare a quegli che per comporre ecccllenrememe sieguon le sue pedare, che s'egli camminando per la via retta sdrucciolo alcuna volra, o mise un piè nel fango, non si ha da fare come certi scolari d' Ari­ srorile, che balberravano a bello srudio perché balbettava il maestro». Scoperro, narural­ menre, l'arracco agli aristorelici, parallelo sempre a quello portato al principio d'autorità. IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSO~! 15

superstizione di certi rabini, per non dire idolatri: parlo d' alcuni poe ti tisicuzzi, i quali non sanne fabricare se non sopra il vecchio, né scrivere senza la falsa riga; e che lodando il lodevole e riprendendo quelle che è degno di riprendimento, giudichi seconda le qualità delle cose, senza lasdarsi trasportare dall' autorità di chi che si a. 31

In questa ris posta del Marino conta anzitutto l' apprezzamento per l'indipendenza tassoniana dai modelli, e anzi peril consenso netto contra l'«ostinata superstizione di certi rabini>> incapaci di serive­ re «senza la fals a riga (. .. ) dell' autorità di chi che sia». Naturai­ mente «chi che sia» non era il pronome indefinito che è oggi: di mira era il Bembo. E il Tassoni clavette capirlo bene se, l'anno dopo, scendendo in campo per la prima volta nella polemica se­ guita alla pubblicazione delle Considerazioni, reagiva a un espo­ nente dello studio padovano che ne aveva attaccato l'impianto 'modernista' e amiautoritario, con le parole che il Marino gli ave­ va inviato per lettera. 32 In quegli Avvertimenti usciti sotta il no­ me di Crescenzio Pepe, il nome del Bembo tuttavia ancora non appariva. Sarebbe apparso, invece, due anni dopo, ne La Tenda Rossa del 1613, quando, radicalizzandosi la polemica, Tassoni non aveva più esitato. La condanna esplicita del Bembo im.itatore del Petrarca, s'ag­ giunge ai luoghi di una polemica antibembista venuta crescendo col tempo come dice anche il confronta ricordato sopra fra le

:H Lettera a A. Tassoni [Ravenna, 1610], in G. B. MARJNO, Lettere, a cura di M. Gu­ glielmioerri, Torino, Einaudi, 1966, p. 110. JZ La polem.ica è fra g1i avvenimeoti più noti della vira del Tassoni. Ricordo dunque qui solo le sue cappe principali. Del 1611 sono le Risposte di Gioseffo degli Aromatari alle Consideratio11i del Sig. Alessandro Tassoni, sopra le Rime del Peb'arca, Padova, per Orlando Iadra. La prima risposra del Tassorû è di pochi mesi dopo: Awertimenti di Crescenûo Pepe da Susa al Sig. Giose/o de gli Aromatari lntcmo alle Risposte date da lui alle Considerazioni del Sig. A.lessandro Tassoni sopra le Rime del Peb'an:a, Modena, Giulian Cassiani, 1611. Del 1613 è la replica dell' Aromarari, Dialoghi di Falcidio Melampodio in risposUl a gli Awerti· menti dati sotto nome di Crescenzio Pepe ... , Veneûa, per Evangelises Deuchino, ela risposta immediata del Tassoni: La Tenda Rossa. RisposUl di Girof4mo Nomisenti ai Dialoghi di Fa/ci­ dio Mef4mpodio, Frandort 1613. Il passo tassoniano da avvicina.re alla Jettera del Marino è coorenuro negli Avvertimenti di Crescen~io Pepe cit., p. 49: «Se si censurano l'opere di S. Agostino e di Plarone e d'Ari­ stotile e d'Omero, huomini ranco maggiori, ben si possono censurare quelle ancor del Pe­ trarca, quando non si fa per malignità ma per levar le superstiûoni e gli abusi che parturisco­ no mali effetti , e confonder le sette de' Rabini ede' Badanai, indurati nella perfidia dell'an­ ticaglie loto; e di quegli, in particolare, che stimtiiiO che senza la fa/sa riga del Petran:a non si possa scriver diritto, 11é distinguono 14 gragnuo/4 da/4 treggea» (m.iei i corsivi). 16 MASSIMO DANZI due edizioni delle Considerazioni e l'incrementa dei passaggi pole­ mici antibembisti segnato dalla seconda. Difficile, da una parte, immaginare l'atteggiamento sempre più deciso del Tassoni, sepa­ randolo dalla polemica con l' ambiente aristotelico di Padova e il principio d' autorità promosso da uomini come Cremonini e Be­ ni, che apparivano dietro la figura dello studente padovano Gio­ seffo degli Aromatari. Ma più difficile ancora non correlare la citazione polemica del Bembo ne La Tenda Tossa ai fermenti della filologia e della lessicografia fiorentina, che l'anno prima aveva dato, con la prima edizione del Vocabo!ario degli Accademici della Crusca (1612), ampia e polemica materia di riflessione al Tas­ soni. 33 Due anni dopo gli Avvertimenti di Crescenzio Pepe, il ricardo delle parole del Marino è ancora ben vivo alla memoria del Tasso­ ni e anzi sembra essersi trasformato in un' arma di risposta pronta all'uso, depositato com'è in quel!' estremo 'pamphlet' contro i Dia­ loghi di Falcidio Melampodio. La dipendenza de La Tenda Rossa dalla lettera mariniana è ancora una volta evidente, pur se il Tas­ soni qui passa va attraverso l' autocitazione delle parole di Crescen­ zio Pepe, citate alla nota n. 32. Ma ora, ne! 1613, con l'esplicitar­ si del bersaglio bembesco, la memoria del Marino emerge là dove il Tassoni spiega le ragioni per cui ha scritto le Considerazioni, cioè: per confonder le sette de' Rabini superstiziosi, i quali stimano che non si passa liricamente poetare se non alla foggia del Bembo che scrisse

J3 L'intricata storia dei rapporti fra Tassoni e il Vocabolario degli Accademici della Crusca, dopa che il Muratori nella Vita cit., pp. 40-42 ha dimostrato che le Annotazioni sopra il Vocabolario della Crusca, Venezia, Marino Rossetti, 1698, edite dalla Zeno come opera del Tassoni, sono di Giulio Ottonelli da Fanano (sul quale TIRABOSCHI, Biblioteca modenese cit., III, pp. 365-400, F AITHFULL, Teorie /ilo!ogiche cit., p. 156 n. 7 e soprattutto G. FANFANI BussouNI, Giulio Ottone/li cit., e M. VITALE, La questione della lingua, nuova ed., Palerme, Palumbo, 1978, p. 203), è ricostruita nel fondamentale lavoro diU. RENDA, Alessandro Tassoni e il Vocabolario della Crusca, in Misce!lanea tassoniana di studi storici e letterari ... cit., pp. 277-324. Fra le testimonianze utilizzate per via indiretta dai Renda, quella dell' Incognito da Modana contra ad alcune voci del Vocabolario della Cmsca, che il Tassoni dovette inviare agli Accademici in vista della seconda edizione del Vocabolario (1623), è stara ritrovata e pubblicata dai Puliatti: cfr. A. TASSONI, Scritti inediti, a cura di P. Puliatd, Modena, Aedes Muratoriana, 1975. Ulteriori noviüi, sulla base di una ricu­ perata copia settecentesca delle postille alla prima Crusca (1612), in A. MASINI, Le pastille tassoniane alla prima Crusca> «Lingua nostra», XLV, fasc. 4, dicembre 1984, pp. 97-106, dove è ricuperabile la bibliogr·afia critica recente. IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI i sulla fa/sa riga del Petrarca e non disse se non quello ch'egli havea der/ta meglio e prima di lui-" ·

La dichiarazione del Tasso ni qui cita ta induce d' altra parte a b­ flettere sul tema (che in queste pastille si annuncia) del rappoito col Bembo, il quale è stato finora variamente interpretato, parten­ do tuttavia sempre dalle Considerazioni al Petrarca, e con atten­ zione soprattutto rivolta al mutamento di gusto che quel commen­ ta misura negli anni che vanno dai Tassoni alle Osservazioni del Muratori."

Si è detto dell'importanza di questo esemplare delle Prose e dell' apporta che le pastille offrono alla riflessione sulla lingua poe­ tica del suo autore. In tempi di nuova industria filologica, con l' edizione della Sec chia e quelle dell' epistolario e dei Pensieri, per non citare che le maggiori, il fatto ha sicuro rilievo; dato che contribuisce ad acclarare l'as petto di un travaglio linguistico che, fra estremo Cinque e primissimo Seicento, dovette occupare l'au­ tore della Secchia soprattutto sul fronte della poesia. Ma veniamo al testo.

Il postil!ato recupera ta è un a stampa veneziana del 154 7, inti­ tolata sul frontespizio Prose di / Monsignor / Bembo con marca tipografica raffigurante l'angelo Raffaele che guida Tobiolo, ac-

34 La Tenda Rossa risposta di Girolamo Nomisenti ai Dialoghi di Falcidio Melampodio, Francfort 1613, pp. 162-163. Un altro parallelo fra Marino e ·Tassoni, questa volta fra la Galeria e i Pensieri, in MAZZACURATI, Alessandro Tassoni dt., p. 87, n. 22. 35 Mutamento analizzato, sulla scorta di un lavoro del Fubini, in un bello studio del Forti, perit quale, tuttavia, il Tassoni commentatore di Petrarca «non si allontanava gran che dall' alveo rinascimentale in cui scorreva il gran fiume bembesco» e· anzi si mostrava «profondamente vincolato alla lettura rinascimer.tale del Petrarcal>, mentre il Muratori ri­ fletterebbe nei suai giudizi la persistenza del gusto barocco: cfr. F. FoR TI, Gusto tassoniano e gusto muratoriano nelle note al cam:oniere, <{Studi petrarcheschi», V, 1952, pp. 211-235 (poi in L. A. Muratori fra antichi e moderni, Balogna, Zuffi, 1953, pp. 159-187). Le citazio· ni alle pp. 224 e 233. La tesi, di dare barocco l'arcade e rinascimentale il secentistal> è contestata da F. Croce, in «Rass. d. lett. ital.», LVIII, 1954, pp. 147-148. Ma vedi ara il giusto rilievo data alla modernità del Tassoni da G. MAZZACURATI, Alessandro Tassoni cit. Sul rapporta fra T assoni e Bembo importa poco, no nos tante il titolo, lo studio di B. A. ARCUDI, The Author of the Secchia does Battle with Pietro Bembd's School, «ltalica», vol. XLIV, 3, 1967, pp. 291-313, mentre dovrà essere verificato sull'intero corpus il giudi­ zio di un' <Ùniziale egemonia del Bembo, attestata dalle pastille al Boccacciol>, proposto dal Puliatti, Pensieri e scritti preparatori dt., p. 1000. 18 MASSIMO DANZI compagnato da un cane; dietro al bambine s'intravede un gros­ so pesee. Sotto, senza altre note tipografiche: «In Vinegia MDXL VII>>." Al verso del frontespizio una intitolatura più di­ stesa legge: «Delle prose di M. Pietro / Bembo nelle quali si ragio­ / na della volgar lin- / gua scritte al cardinale / de Medici che poi è sta- / to creato a sommo ponte- / fiee et detto Papa Cie-/ mente settimo divise in / tre libri / Edition seconda>>. Reca sul verso della seconda carta di guardia ]' <

Un solo inchiostro, quelle stesso usato da! Tassoni per la nota di possesso sul frontespizio, attua ne! corpo del testo due sorti di intervento di cui si renderà conto dettagliatamente in seguito: il primo consiste ne! sottolineare parole e parti del testo fino ad intere righe; il seconde nell'appuntare nei margini per solito esi­ gui delle carte brevi osservazioni di carattere vario, prevalente· mente linguistico. 38 L'interesse pet l'operazione consiste ne! fat-

36 La marca tiPografîca è queila di Francesco Bindoni il vecchio e Maffeo Pasini: dr. G. ZAPPELLA, Le marche dei tipogra/i e degli editori ita!iani del Cinquecento, Milano, Editri­ ce bibliografica, 1986, 2 voll., n. 92 e anche L'edizioni italiane del secolo XVI: censimento nazionale, voL II, Roma, ICCU, 1989, n. 1207. 37 L'edizîone è in 8° piccolo, di cc. III + 112 + III (identica all'esemplare del fon­ do Palatine delia Biblioteca Naz.ionale Centrale di Firenze, con segnatura 5.10.27). Si trat­ ta di una ristampa dell'edizione del 1540, identica alla nostra, di Tacuîn da Trina, coll'in­ dïcazione <'seconda edizîone>> venendo dopa quella marcoliniana del 1538. La legatura è in pelle pergamena antica con timbri secenteschi sul frontespizio. L'esemplare è stato ac­ quistato pressa la Libreria Antiquaria Soave di Torino, che l'aveva esposto al mercato anti­ quario di Balogna e poi inserito nel catalogo (con erronea attribuzione allo stampatore Co­ min da Trina) della primavera 1988. Devo la segnalazione a mio fratello Luca, che ringrazio . .18 Entrambe queste tipologie di intervento si ritrovano negli al tri postillati tassonia­ ni da me visti. Perla- grafia del Tassoni si veda F. CART A, La scrittura di Alessandro Tassoni, in Miscel­ lanea tassoniana di studi storici e letterari cit, pp. 179-207. IL BEMBO POST1LLATO DAL TASSONl to che spesso è in atto una contestazione del modello rappres~nta­ to dalle Prose, da cui dunque il Tassoni mostra di distanûarsi. Un atteggiamento di scarto dal filotoscanismo del Bembo p~teva essere immaginabile per un aurore tanto compromesso con 1~ tra­ dizione 'co mica' e 'bernesca'. Cià che colpisce è perà la 'verve polemica con la quale esso si attua anche fuori da un territorio tanto stilisticamente definito, fino a rappresentare una vera e pro­ pria confutazione del modello. In questa operazione di antibembi­ smo, il Tassoni richiama auctoritates e scrittori a lui familiari, e dunque mostra una sua non ingenua riflessione su quella che con occhi rivolti al secolo del Bembo chiamiamo «questione della lin­ gua».

I. LE POSTILLE DEL T ASSON! ALLE PROSE 39

La prima sottolineatura tassoniana delle Prose riguarda la se­ stina, forma metrica che il Bembo inserisce fra «le molte maniere di canzoni che hanno i Fiorentini, dalla Provenza pigliandole, re­ cate in Thoscana». Scrive il Bembo (c. lOv), accennando alla sua derivazione dai Provenzali: [si puo dire delle ses tine, delle quali) mostra che fosse il ritrovatore Arnal­ do Daniella; che una ne fe, et non più (I, rx, p. 92)."

La sottolineatura del Tassoni prosegue, qualche riga dopo, eviden­ ziando i particolari della metrica di Arnaut Daniel nelle canzoni (cc. lOv-llr):

39 Questi l cri teri di trascrizione. In corsivo i brani delie Prose sottolineati dal Tas· soni (con I'eventuale integrazione del contesta in tondo, fra parentesi quadre). In tondo quelli solo postillati. Le due üpologie d'intervento a volte si coniugano, avendo pastille marglna[i precedute o seguite dalla sottolineatura del testa. Per chiarezza dellettore, oltre alla cart a del no.stro esemplare, do }j rinvio allibro, capitolo e pagina dell'edizione Dioni· 2 sotti (Torino, Utet, 1966 ). Citando le Prose, nell'esemplare del Tassoni, ho corretto solo gli errori materiali e sono intervenuto sulla punteggiatura. Le pastille sono presentate nel­ l'ordine progressivo delia lettura. 40 Anche nelle Considerazioni cit., p. 4la, commentando !a sestina XXII di Petrarca, Tassoni annota: <(La sestina è componimento rittovato da' Provenzali, ela comune tiene che Arnaldo Daniella ne fosse l'inventore». E già il Castelvetro, tanta nella Correttione d'alcune case cit., p. 176, quanta nella Poetica d'Aristotile vulgarizzata et sposta, Basilea, P. De Sedabonis, 1576, p. 61 r. 30. 20 MASSIMO DANZI

[sono anchora quelle canzoni; nelle quali le rime solamente di] stanza in stanza [si rispondono; et tante volte ha luogo cia]scuna rima quante [sono le stanze ne più ne meno: nella quai] maniera il medesimo Arnaldo tutte le sue canzoni compose: come che egli in a!cuna [canzone traponesse etiandio le rime] ne mezzi versi: [il che fecero assai sovente anchora de gli al]tri poeti di quel/a Zingua, et sopra tutti Girardo Brune llo [et imitarono con più diligenza, che mestiero non era loro i Thoscani. Oltra che ritro­ vamento] Provenzale è stato lo [usare i versi rotti; la quale usanza per cià] che molto varia [in quelli poeti fu; che alcuna volta di tre] syllabe gli fecero, [alcun'altra di quattro, et hora di cinque] et d'otto, et molto [spesso di nove, oltre que]e disette et] d'undici: avenne [che i più antichi Thoscani più maniere di versi rotti usarono ne lora poemi anchora essi, che loro più vicini erano, et pîù nuovi nella imitazione, et mena i mena antichi: i quali da questa usanza si discostarono, seconda che eglino si vennero da lora Iontanando in tanta, che il Petrarca verso rotto niuno altro che di sette syllabe non Ieee] (ib., pp. 92-93) 41

I pochi elementi evidenziati, d'ordine culturale (la derivazione dai Provenzali della 'forma-sestina'), metrico (la ripresa delle stesse rime in tutte le stanze) e prosodico (l'impiego dei versi rotti, cioè di misura inferiore all'endecasillabo, come il Petrarca usà con il settenario), parlan a a favore di un a riflessione che dell' assunta fi!otoscano e petrarchesco del Bembo privilegia, stravolgendoli, solo gli elementi non petrarcheschi. Sarà questa, come vedremo, l'ottica principale anche delle pastille più diffuse.

A partire dai libro seconda delle Prose m1z1ano, accanto e a volte insieme alle sottolineature, le pastille vere e proprie. Si ve­ da il primo caso. Dopa aver considerato le vocali e discusso quale fra esse ren­ da miglior suono, il Bembo passa a trattare delle consonanti af­ frontando lo spinoso (non solo per il Tasso ni 42) problema della 'zeta' (cc. 3 5 r-v):

4 1 ICgiudizio negative su queste imitazioni dei Toscani, colpisce anche Petrarca: cfr. Considerazioni cit., p. 68c (commenta a Verdi panni sanguigni): <e­ no riposata, et percià di buonissimo spatio 43 è la Z. la qua! sola dcille tre doppie, che Greci usano, hanno nella loro lingua riceuuta i ThoscJni, quantunque ella appo loro non rimane doppia, anzi è semplice, co:1me l' altre; se non quando es si raddoppiare la vogliono raddopiando la fo'rza del suono, si come raddopiano il P. et il T. et dell'altre. Percià che ne! dire Zaphiro, Zenobia, Alzato, Inzelosito, et simili, ella è semplice, non solo per questo, che nel principio delle voci, o nel mezzo di lo ]ra in compagnia d'altra consonante, niuna consonante porre si puà segue~te­ mente due volte, [ma anchora percià, che lo spirto di lei ecc.] (Il, x, pp. 148-149)

A proposito di questa osservazione, il Tassoni annota seccamente nel margine: «Non è vero assolutam[en]te:>>.

Ma il Bembo continuava, poco più sotta (cc. 35v-36r): [Perché dire si puo che ella (la Z) sia piu tosto un segno di lettera, con la quale essi cosi scrivono quello cotale spirite, che la lettera, che usano i Greci; quando si vede che niuna lettera di natura sua doppia è in uso di questa lingua, la quale non sola]mente in vece della X. usa di porre la S. raddopiata, quando ella non sia in principio delle voci: [dove non possono], come s'è detto, due consonanti [d'una qualità haver luogo, o] anchor quando ne! [mezzo la compagnia d'altra Jettera non vocale non gliele vie ti, ne quali duo luoghi la S. semplice sodisfa; ma anchora tutte quelle voci che i Latini scrivono per PS, ella pure per due S. medesima­ mente scrive sempre] (id., p. 149).

Contra questa regala delle Prose, il T assoni annota in margine due eccezioni notevoli di -x- intervocalica latina, che non dà (co­ me vorrebbe il Bembo) -ss-, bensl -s- semplice: <

La direzione in cui il Tassoni procede nella contestazione del­ le osservazioni linguistiche del Bembo arriva a coinvolgere diret-

43 L'cd. Dionisotti ha spirito. 44 Ma nelle pastille al Decameron essercito (con doppia s) è glossa tassoniana per 'aste' di Boccacdo: cfr. PuLIATTI, Le letture e i postillati cit., p. 58. MASSIMO DANZI tamente il modello principe: Petrarca. Significativamente diversa è, in qualche casa, la valutazione delle scelte linguistiche del lirico trecentesco. Si veda questo esempio (c. 36r): [Er se il Petrarcha si vede havere la] lettera X usata nelle sue canzoni, ne lie qua li egli pose 'Experto ', 'Extrema', et altre simili voci, ci à /ece egli per uscire in [questo dell'usanza della Fiorentina lingua, affine di potere alquanto più inalzare i suoi versi in quella maniera] (id., p. 150).

Qui, dopa aver sottolineato il brano in corsivo, Tassoni anno- . . ta m margme: «Lo fece p(er) l'usa dallhora e non p(er) novità>> (c. 36r), 45 valutazione che, sottolineando le ragioni dell'uso, pare notevole ad una altezza in cui armai la grafia etimologica impiegata a ren­ dere, in funzione elativa, il suono della sibilante era armai di­ smessa. L'interesse si appunta inoltre su una glossa manoscritta presente nei margini dell' esemplare estense del Memoria!e della !ingua del Pergamini, già attribuito all'Ottonelli, che perà suona singolarmente affine all'osservazione del Tassoni. La pastilla me­ rita di essere riportata qui per intero, perché si applica al capito­ letto intitolato Della !ettera x, di ascendenza bembesca nei suai elementi, contestandolo con gli stessi esempi addotti da] Tassoni nei margini dell' esemplare delle Prose bembesche: La x è ora sbandita, servendo in suo luogo la s e in principio e in mezzo delle parole e siocchezza è il dire che il Petrarca, e gli altri poeti antichi, usassero essa x per sostentare et inalzare il verso; ma l'usavano seguendo l' ortografia latina, sl come anche i prosatori; la quale poi a poco a poco s'è andata dismettendo.46

45 Nessun commenta, oelle Considerazioni del Tassoni, a forme del tipo experto, ex­ trema, con l'eccezione di RVF 355, 4 (Hor ab experto vostre frodi intendo, nella lezione tassoniana) per la quale afferma: «Ab experto, ab aeterno, ed altre cos! fatte, sono frasi latine, introdotte nella favella toscana, senza trarle da] puro latinismo, da gli antichi scrit­ tori, l'esempio de' quali ha pol messi alcuni moderni a far di que' guazzabugli di lingue, che da Aristot. nella Poetica sono barbarismi chiamati>> (Cansiderazioni cit., pp. 524a-525: peril rinvio ad Aristotile si veda CAsTELVETRO, La Poetica cit., ed. Romani, II, pp. 72-74). Prima che ne Le rime del Petrarca, Basilea, 1582 ad locum, dave Castelvetro annota: Ab experto:

In un altro casa, in cui in discussione è la primogenitural nel­ l'impiego della terza rima, l'opposizione del Tassoni al Bep1bo si risolve in dubbio. Mentre per Bembo l'inventore è Dapte [questi terzetti per un modo insieme tutti si tengono, quasi anella;i pen­ denti l'uno dall'altro; tale maniere di rime chiamarono alcuni ca(ena:] delle quali pote per aventura es5erè il ritrovator Dante; che ne scri;se il sua poema; conciosia casa che avanti allui non si trova che le sapesse (Il, XI, p. 151),

T assoni si mostra curiosamente incerta e annota in margine: «non so chi fosse p(rim)a o Dante o faccio» (c. 36v).

A Seicento inoltrato, dopo tutta la discussione che nel secolo precedente av eva coinvolto Petrarca e Dante, un' obiezione di questo genere mostra, al di là delle ragioni cronologiche che- potevano anche far dubitare della priorità dell'uno sull'altro, tutta la di­ stanza del Modenese da! Bembo. <, Fazio degli Uberti, poteva nella sua ottica tranquillamente anticipare Dante della Com­ media e addirittura strappargli l'invenzione della terza rima, con­ trariamente a quanta anche il Castelvetro aveva notato nella Poe­ tica d'Aristotile." Al di là della incerta cronologia, il fatto è si­ gnificativo, perché la pastilla rivela che, per Tassoni, Fazio o Dante potevano in qualche modo equivalersi come modelli di scelte for-

delle scritture de' migliori, e più nobili Autori antichi Ridotto in ardine d'alfabeto, e divisa in due Parti, per comodità del Lettore ... , Venezia, G. B. Ciotti, 1602, p. 392 [segnatura: A.24.K.4]. La pastilla si applica a contes tare, dopo averlo sottolineato, il brano che riporto [in corsivo le sottolineature): «E det:a la x lettera semivocale e contiene in se la forza di due consonanti. la nostra lingua l'usa in due casi soli, et in verso. Il primo in capo di Parafa di quelle voci, che sono trasportate da! Greco nel nostro idioma: come 'Xante fiume', 'Xantippo', 'Xerse'. Il seconda, per sostentamento, a innalzamenta del verso, come l'ha usata il Petrarca et altri che hanna scritto 'Extrema', 'Experto' et a/tri simiglianti. Si cangia la x in due ss nelle parole 'Alessandro', 'Alessio' (. .. ) . Su ole mutarsi in una sola sin 'Estremo', 'Estinse', 'Esempio'l>. Il parallelo è evidente, anche se non basta a riaprire la questione attributiva in favore del T assoni, del quale, accanto a importanti tangenze nel contenuto e ne lia Jettera del te­ sta, manca ne! Pergamini la speciale carica polemica. 47 L. CASTELVETRO, Poetica cit., ed. Romani, I, p. 85 «si puà dire che i Toscani sie­ no stati i trovatori della terza rima o del capitolo, percioché Dante, per quanta è pervenuto a nostra notizia, è il pîù antico che abbia usata cosl fatta catena di rima». L'indecisione del Tassoni è parzialmente risolta nelle Considerazioni cit., p. 609a («Petrarca e Dante, che furan quelli che dieron lume alle Terze Rime»), ma ancora a p. 590a, Fazio precedeva Dante e Boccaccio per il genere 'visione in terza rima'. 1Vln,.;:),')HV1U UA.NL,l mali, stilistiche e metriche. Una tale confusione sarebbe stara im­ pensabile in Toscana, tanta più se il postillatore fosse stato fio­ rentino. Questa annotazione, che incrina l'apprezzamento metrico stilistico di Dante in area modenese, è anche l'ultima pastilla del Tasso ni al seconda libro delle Prose.

Il terza libro delle Prose è nota pet essere la parte più norma­ tiva del trattato: la vera grammatica della lingua letteraria, secon­ da la proposta del Bembo. È dunque particolarmente istruttivo seguire il comportamento del Tassoni in questa parte dell' opera, che vede un deciso incrementa di sottolineature e pastille, oltre tutto diffuse nell'intero libro e non, come accadeva pet i primi due libri, concentrate in poche carte. 48 In esso sottolineature e pastille del Tassoni iniziano a c. 55r. Entra la lingua della poesia, il Bembo sta trattando delle vocali finali di parola. Singolare e plurale (< e <> (c. 54v),

Carlo Bembo obietta che non è sempre cos\, accludendo due versi adespoti, il primo di Dante Un/ II, 2) il seconda di Petrarca (RVF 214,10): «togliendo gli aniina' che sono in terra» et anchora «che v'eran di lacciuo' forme s1 nove: dave si vede - continuava il fratello del Bembo - che Anima' et Lacciuo' sono voci del numero del più: et nondimeno nella I non forniscono». Di qui l'invita a fare chiarezza, che Carlo ri­ volge al Magnifico «affine che M. Hercole a questi versi, o ad altri a q[ue]sti simili avenendosi non istea sospeso» (c. 54v).

48 Sottolineature e pastille cosl distribuite nei tre libri, senza contare segnî d'altro tipo a margine: Libro I: 3 sottolineature concentrate fra le cc. lüv-llr. Libro II: 4 sottoli­ neature con pastille marginali (cc. 35v-36v) e 1 sottolineatura isolata (c. 44r). Libro III: 40 sottolineature, 8 pastille con sottolineatura (cc. 55r, 58v, 67v, 87v, 105r, 107v, l08v e 109r) e 2 sole pastille isolate (cc. 87r, 90r). IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI

La spiegazione arriva ad opera del Magnifico: [Queste voci M. Hercole, che bora il Bembo da Dante et dal Pet!rar­ ca ci arreca, voci intere non sono; anzi son fatte tali dalla licenz~ de poeti, la quale da questa parte nondimeno è] leggiera: Che il tor vi!z di /oro le due ultime lettere niuna disparutezza si vede che genera et per ave(n}tura direbbe a/cuno, che vi si giugne et accresce vaghezza cosi facendo (III, IV, p. 189).

Dopo aver sottolineato le righe riportate qui in corsivo, a margme Tassoni annota:

«io tengo che s'inganni-» (c. 55r). 49

L'osservazione è minima, ma permette di verificare come la prosodia del Bembo in materia di troncamenti non sia armai più condivisa dai Tassoni e anche questa è indicazione precisa, pur nella sua limitatezza, per un futuro commentatore delle Rime tas­ soniane, tanta più che proprio anima' e lacciuo' (solo, perà al plurale) sono invece consentiti come eccezione alla regala dalla giunta del Castelvetro al Ill libro del Bembo.50 Nell'ordine di successione delle pastille, che sarà stato verosi­ milmente anche l'ordine di lettura delle Prose, due sottolineature riguardano esempi del Boccaccio, e delle due la seco.nda s' accom­ pagna a un' annotazione marginale, in cui Tassoni avverte che l' e­ sempio boccaccesco fornito dai Bembo è diverso dagli altri che lo accompagnano. La prima sottolineatura evidenzia un modo raro derivato dai Boccaccio. L'esempio è tolto a proposito, per dimostrare l'autore­ volezza di un usa pur non petrarchesco. Anche in questo casa, dunque, la direzione del Tassoni è quella di un antipetrarchismo

49 La stessa osservazione («Credo che 'l P. s'ingannb) è anche nel1e Considerazioni cit., p. 413c a commente del verso Se non fossi fra noi scesa st' tarda (RVF 267, 8). Due volte, il Tassoni commentatore di Petrarca censura le forme tronche; a proposito del verso che v'eran di lacciuo' forme ûnuove (RVF 214, 10) annota ironicamente: < (Considerazioni cit., p. 347c e p. 530b). 50 Cfr. Le Prose di M. Pietro Bembo .. unite insieme con le giunte di Lodovico Castel­ vetm ... , Napoli, B. M. Raillatd e F. Mosca, 1714, t. II, pp. 30-31. 26 MASSIMO DANZI

corroborato da unica desunti autorevolmente dai massimo esem­ pio di prosatore contemporaneo al Petrarca (c. 56r): [Le voci poi, che sono del Neutra nel Latina, et io dissi ne! Volgare non haver proprio luogo, l' articolo et il fine di quelle del maschio serva­ no ne! numero del meno. In quello del più, usano con lo articolo della femmina un proprio et particolare lora fine, che è in A sempre, et altra­ mente non giamai. Con la quai regola si vede che parlà il Boccaccio, qua(n)do e' disse: «Messo il capo per la bocca del doglio, che molto grande non era, et oltre a quello l'uno delle braccia con tutta la spal­ la»] 51 et non disse «l'una delle braccia» o altramente. [Ne dico io ciO, perché tutti quelli nomi, che sono nel Latina neutri, usina di sempre cosl fare nel Thoscano, che no' l fanno; contiàsia cosa che moltissimi di Ioro la terminatione et l'articolo d~lle voci del maschio ritengono in ambedue i numeri, sl come sono 'il Regna', 'il Segno', 'il Tormento', 'ii Sospiro', 'ii Bene', 'il Male', 'il Lume', 'il Fiume', et 'i Regni','i Se­ gni', 'i Tormenti', 'i Sospiri', 'i Beni', 'i "1\lfali', 'i Lumi', 'i Fiumi'] (III, VI, p. 192-193).

La c. 57v testimonia di un altro tipo di intervento del Tasso­ ni, di cui si dà qui eccezionalmente conto, non rappresentando né una sottolineatura né una pastilla al testo delle Prose. Il Bem­ bo sta spiegando il fenomeno della caduta della vocale finale in certi casi:

Ei è alcuna volta che nelle voci del maschio si lascia '0' & la 'E' ne! numero del meno, in que nomi che la 'R' v'hanno per loro ultima conso­ nante, 'Fier', 'Primier', & 'Dur' che una volta disse il Petrar[ca] 'Mi­ glior', 'Piggior', et la T ne! numero del più (III, vn: pp. 194-195); 52

ma arrivato più avanti nella lunga casistica delle cadute vocaliche, la sua attenzione s'appunta sul fatto che alcune volte la caduta vocalica trascina quella dell'intera sillaba (c. 57v): Ne pure la medesima 'o', ma anchora tutta intera la sillaba si lascia in questa voce 'Santo', maschilemente detta, e in q(ue)st' altre 'Prade', 'Grande' ( ... ). Nullo, allo 'ncontro, si lascia di quelle voci, che co(n) più co(n)sona(n)ti empiono la !oro ultima sillaba, 'Destro', 'Silvestro', 'Ferrigno', 'Sanguigno' et somiglia(n)ti (id., p. 196).

51 BoccACCIO, Deeameron VII, 2, 32. Nessuna pastilla né in Boce. 1538, c. 172v, né in Boce. 1587, p. 359. 52 Passa rielaborato ripetutamente dai Bembo: cfr. Dionisotti dt., p. 194, n. 6. IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI

A questo brano, il Bembo faceva seguire, con interruzione evJ dente del ragionamento, la seguente affermazione sulla quale ll Tassoni interviene correggendo: Mutasi alcuna volta della voce 'Grave' la vocal primiera, et fassene 'Gra­ ve' nel verso (57 v).

La correzione del Tassoni, che muta il seconda 'Grave' in 'Grreve', previa aggiunta alla stanghetta esterna della 'A' di tre tratti oriz­ zontali in modo da rica v are una 'E' che si appoggia alla 'A', 'è minima e francamente destinata a sfuggire all'attenzione. Ma me­ rita d'essere registrata come un indubbio segno dell'accuratezza con la quale egli lesse e sottopose a correzione, non solo concet­ tuale, l'esemplare delle Prose che gli appartenne. 53

Volendo significare un uso particolare di aggettivo in funzione avverbiale, il Bembo scriveva (58r-v): [Usarono (sei!. gli antichi Toscani) etia(n)dio alqua(n)te di que(s)te voci, i(n) l(u)ogo di q(ue)lle particelle, che a nomi si dan(n)o, et per casi, o per numeri o per generi non si torcono. Sl come si vede non solo ne' poeti, che clissera, «Qui vid'io gente più ch'altrove troppa:»

53 H casa non è unico nella tipologia correttoria del Modenese. Si segnalano qui di seguito le correzioni dovute alla sua mano sul testa delle Prose: Libro 1, c. lOr, r. 10 porta­ rono Provenzalmente > poetarono P.; c. 19v, r. 7 voi. > voi,; c. 2lr, r. 14 usa modi del del in tutto lontani dall'usanza > u.m. del in tutto !. d.u.; c. 2lr, r. .18 altramento > altra­ mente; c. 23r. r. 15 Tranquilla, et Lucano > Tranquille et L.; Li\:>ro II, c. 57v, r. 28 grave > grœve (=greve). Libre III, c. 64v, r. 14 Tu non se ne potresti > Tu non ce ne potresti; c. 65v, r. 13 Il Petr. quando e disse 'E cià non è lei' > Il Petr. quando e disse 'E cià che non è lei'; c. 65v, r. 29 ce ben v'è il verbo > se ben v'è il verbo; c. 66v, r. 30 che si da .œmpre > che si dà sempre; c. 85r, r. 19 Le dave se si dicesse > La dove se si dicesse; c. 96v, r. 17 'costici' cioè di costà > 'costinci' cioè di costà; c. 99r, r. 21 'Quantunque' che vuole propriamente dire quando mai > 'Quandunque' ecc.; c. lOOr 'Ai quanta' > 'Al" quanta'; c. 101v. r. 10 detta delle proso > detta delle prose; c. 103v, r. 4 Leggesi 'niente' che 'niente' anticamente si disse > leggesi 'm'ente' che 'nente' a.s.d.; c. 104, r. 10 d'ond'io un dolente > d'ond'io và dolente; c. 107r, r. 8 Me ramper no l'imagine aspra e cruda > Ma ramper no ecc.; c. 112r, r. 4 Ne comincià tuttavia dal Boce. a dirsi 'TT' in vece di 'Tutto' > Ne comincià tuttavia dal Boce. a dirsi 'TU' in vece di 'Tutto'. Resto in dubbio, invece, se uo si torcono (cc. 58r-v) sia inizialmente stato se torcono. Diverso pare il caso della correzione attuata sul verso del Petrarca (citato dal Bembo a c. 65v: «cosî pare che si truovi etiandio LEI nel primo casa posta appo il Petr(atca] quan­ do e disse, Et cià non è lei,») e che il Tassoni corregge, con un'aggiunta interlineare, in <'Et cià che non è leil>. MASSIMO DANZI in vece di dire: 'troppo più che altrove', et anchora «Quella che giva intorno, era più malta:» in vece di dire 'molto più'; ma ne prosatori anchora: Giovan Villani, «Per la quai casa i Lucchesi furono moiti ristretti et afflitti>>: et il Boc­ caccio,] <

Il Tasso ni, sostanzialmente d' accordo anche qui col Castelvetro (<

A partire da questo esempio, col quale Tassoni contesta l'uso stesso delle auctoritates fatto dai Bembo e, si badi, non del solo Petrarca ma anche del Boccaccio, il terza libro delle Prose resta per lunghe pagine senza una postilla. Tassoni evidenzia, invece, più di un passo della grammatica bembesca, ma senza apporvi alcuna osse­ vazione. Data l'importanza che anche queste sottolineature hanna nella ricostruzione delle scelte linguistiche tassoniane, esse merita­ no di esser registrate e spiegate. Vedremo che, in quasi tutti i casi, esse possono essere interpretate alla luce di quanto esplicita­ mente si raccoglie nelle altre opere del Modenese e, in particola­ re, delle Considerazioni, che sempre si propongono come il punta di raccolta di questi materiali.

Tutta una serie di sottolineature del Tassoni al testa del Bem­ bo trovano un precedente pressa il Castelvetro, con il quale Tas­ soni mostra una singolare coincidenza di opinioni quando addirit­ tura non ne riprenda ad litteram le osservazioni. La prima sottoli­ neatura, a c. 59v, interessa cosl un luogo delle Prose, sul quale il filologo modenese si era già espresso nella Giunta del 1563,

54 Le Prose di M. Pietro Bembo cit., t. II, p. 51. 55 Nessuna pastilla nell'esemplare estense: Boce. c. 136v. Identica sentenza, colpisce l'esposizione che la napoletana Margherita Sarrocchi (la loquacissima pica arnica del Mari" no, Adone IX 187), fece di un verso di RVF 366: d'esempio allegato è di cosa diversa)> (TASSONI, Considerazioni cit., p. 567a), PR SE Rl I M® NSIGN ®.R B MB0. ,,

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I N VINEGIA M D XLVII,

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Fig. 1 - Frontespizio dell'esemplare delle Prose, con nota di appartenenza autografa del Tassoni. L I R R 0 '! ùqtuli a.f{âi pirnrt '('J' nondtmeno npofo!d1:d'ptrciv dt bll

tl vfor~o)anno nril.tlvro fwt;ll:l ruetltlt,tl Thofiant1 q>14rt~ #~- ttmquer!Je apro !oro 110/l ru,;, me JvppM! rtll;z_t f [rmpllCe1 cornf L'.tl:r,· _; J~·Mn fPdo ~!Ji r,JddoriJr~ {d voglrono r:tdd.;p;Jna':; Lt 1"0r~_1 dd fovnv: jicomeraddopiano il P.o- d.T.r.:rdeli' alcre.Prroc cl:!! nd d!re L.aph1ro):.rno

hw, Ai{·:roj Inzelo{tto, ct wmli 1 ella f jêmplra non flo per queflo,che n:/ prinâpio delle -Y

fi 'lt'dJ' p>Jjoa e;]ire nel dtre P.dln,-(;11 Voù:ezza, Perche Jiu ji puo ch~ r/!.1 fia pm tofio vn fogno dt lettera, w11 t.# quale rf}i- wfi Jcrmono qrulfo wtale fj;iritrr 1che !fllmera1 ~ am nor quando ne! me:((o llf compagnia d' alcra let~erlfi y,. v.·- f · non voc4le non g ele vuti: ne q~ali duo luoghi Lt.s .ftm .. } plr_a fodufo ma ancbora tutte quelle von, cbe i Latini . firmono per.PS.ella piJ-re perdue, S.medejùrwnente fln.,. i,. :u· fomp~e.Et qrufia.S.quanumque non fut dt p~trfOÎmo fol) 1101nt4 pm toflo dtJfrejJo; non pare tutta volr-a ejfore-Ji-cQ~ ,G fobifo .t:r nfi,taro nel noflro Id tom•; come ella folea ef fore rtntt(amente ,nel Gre-co: nelquale fororlo gia ftrittod che per quefio awwa volta dell!! loro compofitioni forni~ ) rono fonza tffo ·Et fe tl Petrauba fi vrde bat-ure ia lett-e ..

1 IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI !29 citando e commentando esattamente il brano delle Prose qui s~t­ tolineato da Tassoni. '' [Ne! numero del più è l'articolo del maschio] T dinanzi a consonante, 'I buoni', 'I rei' et alcuna volta 'Li' usato solamente da poeti, et da migÛor poeti più rade volte. [Dinanzi a vocale è il detto articolo GLI] ecc. (III, IX, p. 199).

Non si tratta, credo, di convergenze casuali, bensl piuttosto di luoghi e problemi grammaticali dibattuti probabilmente a Mo­ dena prima nei circoli culturali delle accademie e in privato, poi fissatisi sulla cart a in forma di Giunte, osservazioni o altro mate­ riale che, se ci appare oggi frammentario e disorganico, clavette invece riferirsi ad una più larga, complessa e articolata riflessione sulla lingua degli autori. Per l'Accademia modenese, cio è provato da un libretto di Lazzaro Fenucci da Sassuolo intitolato Ragiona­ menti sopra alcune osservationi della Zingua volgare, Balogna, Giac­ carello, 1551, che ho già richiamato perché di fatto anticipa, per bocca del Castelvetro che vi interviene come locutore, posizioni che l'Au tore esprimerà poi nelle giunte. I Ragionamenti sono am­ bientati proprio in casa del Castelvetro e presentano i frequenta- tari dell'Accademia, fra cui il figlio di Lucrezia Rangone, Carlo 1 d~:·.· Sigonio, il medico Giovanni Grillenzoni e altri, nomi tutti, o in , i) parte, presenti negli scritti del Tassoni a partite dalle Considera- 0~, zioni. Importa a noi, perà, che proprio quest'operetta del Fenuc- > ci, che appare cosl implicata con la realtà dell' Accademia modene- 1.. •' · se, sia richiamata in queste pastille al Bembo, se pure, come ve- '-" ' dremo fra poco, da una mano diversa da quella del Tassoni. Alla c. 59v, il Bembo spiega la differenza fra il e la (art. sing.), usandosi il seconda «quando la voce incomincia dalla S dinanzi ad aleu n' altra consonante posta, o pure dinanzi la V che in vece di consonante vi stia».

L' articolo la, continua il Bembo [nell'un numero et nell'altro è stato ricevuto ad usarsi dopo] la particella 'FER', 'Per lo petto', 'Per li fianchi'. Usasi [!'uno anchora dopa la voce 'Messere', che si dice 'Messer lo frate', 'Messer lo giudice'] (id., p. 199).

56 L. CAsTELVETRO, Giunta fatta al ragionamento degli artica li et de verbi di messer Pietro Bembo, Modena, Eredi di Cornelio Gadaldino, 1563, cc. 4v-6r. 30 MASSIMO DANZI

Qui Tassoni sottolinea il caso particolare della particella Per ac­ compagnata dai medesimi esempi già commentati nelle particelle sesta e settima della Giunta del Castelvetro. 57

Trattando del fenomeno dell'elisione nell'articolo plurale ma­ schile, il Bembo scrive (60r-v): [Di questi articoli q(ue)llo del maschio nel numero del più et nel verso assai si lascia sove(n)te nella penna, ma nelle prose continuo et gittasi, o pure sott'entra nella vocale che dinanzi gli sta, quando quelli, che voi M. Federigo diceste essere o proponimenti o segni di casi, si danno alle voci; et le voci incominciano da consonanti:] 'A pie de colli', cio è 'de i colli'; 'De buoni', 'A buoni', 'Da buoni'; et anchora 'Ne miei dan­ ni', 'Co miei /igliuo/i' [invece di dire 'De i buoni', 'A i buoni', 'Da i buoni' (. .. )] (III, xi, p. 201), passa, questo, che si ritrova di nuovo nella Giunta del Castelve­ tro, dave gli esempi bembeschi che il Tassoni evidenzierà appaio­ no contestati con decisione. 58 Sottolineati dunque polemicamente questi esempi, il Tassoni allarga il suo interesse ad al tri simili: quelli in cui l' elisione si manifesta in presenza della particella Per, parallelamente a un in­ teresse già notato sopra per l'articolo !o. Si veda alla c. 60v, che di nuovo riprende un passa contestato nella Giunta del Castelve­ tro, a c. 6r: [Il che medesimamente in quest' ait ra particella si fa, di cui si disse, che si suole alle volte] molto Thoscanamente dire cosi: 'Pel mio potere', 'Pe fatti !oro' cio è 'Per lo mio potere' et 'Per li fatti !oro' (id.).

Cos! come di nuovo riporta al Castelvetro la sottolineatura del passa delle Prose dove il Magnifico spiega il modo di procedere nell'usare la preposizione semplice o, invece, quella composta. Di fronte ad esempi apparentemente contraddittori come 'Il mortaio della pietra' ,59 'La corona dello alloro', 'Le collonne del por­ fido', et d'altra parte 'Ad hora di mangiare', et 'Essendo arche grandi

57 CASTELVETRO, Giunta cit., cc. 6r e 6r-v. 58 CAsTELVETRO, Giunta cit., particella quarta, c. 4v: «Perché non si dice De buoni, A buoni, Da buoni, Co miei figliuoli, percio che si lasci nella penna l'articolo I, o perché sottentri nella vocale, che dinanzi gli sta, come stima il Bembo ( ... )». 59 Esempio, sottolineato dai Tassoni in Boce. 1587, p. 407. IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI 31 di marmo' et 'Essi eran tutti di fronda di quercia inghirlandati' (III, XII, p. 203),

tolti tutti da Boccaccio, la richiesta è di conoscere «perché è, che egli all'une voci si dia et all'altre non si dia, et come saper si possa questa distinzion>> (61v). 60 La risposta del Magnifico, già giudicata criptica e dunque non risposta dai Castelvetro (Le Prose di M. Pietro Bembo, cit., t. Il, p. 71), è tutta sottolineata dai Tassoni. La riporto qui di seguito: La ragione della differenza M. Hercole brievemente è questa: che quando alla voce che dinanzi a queste voci del seconda casa si sta, o dee stare, delle quali essa è voce, si danno gli articoli, diote etiandio gli articoli ad esse voci (id.).

La natura polemica della sottolineatura tassoniana risulta, anche in questo caso, da! confronta con le Considerazioni. Tutto il passo del Bembo, esempi inclusi, è riportato a commenta del verso Tra le chiome dell' or della balla ta 59 dei R VF, con la conclusione: «Avverti nondimeno che questa del Bembo non è regala sicura>> e poi di nuovo a commenta del verso Vomer di penna, con sospir del fianco (R VF 228,5), la cui glossa merita di essere riportata a conferma dell'atteggiamento del Tassoni verso il Bembo: «Par una delle ricette di Mastro Grugno speziale, da far ingrossar le pastinache ( ... ). Ecco una fallada delle regale bembesche, seconda le quali s'avrebbe a dire. Vomer della penna, ovvero Vomer di penna con sospir di fianco>>. Sennonché, entrambi questi giudizi sul Bembo ancora una volta sono aggiunte del Tassoni, successive alla edizione del 1609 come documenta l' esemplare interfolia ta della Biblioteca Estense." Analoghe attenzioni toccano le particelle toniche pronominali. Alle cc. 63r-v, il Bembo tratta dei pronomi me/te/se e delle !oro sos ti ture proclitiche mi/ti/si (Ferir me/ Ferirmi). Giunta ai più com­ plessi tipi «'Io mi ti do in preda'; 'Ella ti si fa inco(n)tro'; 'Io son contenta di darmiti prigione'>>, ecc. le Prose annotano (c. 63v): 'Dartimi', o 1Farsimi' no(n) si dicono: ma diconsi detti in guella vece: 'Tu se contenta di dartimi prigione' et simili (III, XIV, p. 207).

60 Per un precedente ne! Castelvetro, cfr. Giunta cît., cc. 6v-7r. 61 TASSONI, Considerazioni cit., rispettivamente pp. 121c-122a e p. 364c. Penna e non pena come si leggerà solo a partire dai testa di Contini. 32 MASSIMO DANZI

Qui il Bembo aveva reagi ta, seconda l' osservazione del Dionisot­ ti, all'uso, che tendeva invece a preferire le forme dartimi e farsi­ mi. La sottolineatura del Tassoni, che evidenzia l'interdizione dei primi due casi, ha dunque netta valenza polemica. 62

In merita alle particelle proclitiche me/te/sé, il Bembo ne ave­ va notato anzitutto la somiglianza; 63 ara, continuandone la de­ scrizione nelle Prose, apriva anche alle diversità. Qui dove il Bem­ bo osserva la «dissomiglianza>>, cade la sottolineatura del Tassoni. Riporto l'intero passa (6.3v): [Ma tornando alla somiglia(n)za delle tre voci, dico che in essa tuttavia una dissomiglia(n)za v'ha, la quale è questa; che quando essi dopo '] ver ba si po(n)gono, et sotta l' accento di lui, senza (da) sé haverne, dimo­ rano, il primiero et il terza di !oro [cioè me/se] nelle rime et in 'l' et in 'E' si son clet ti, et veggonsi all'una guis a et ali' ait ra posti ne buoni antichi scrittori; ma il seconda a una guis a sola, cioè finiente in 'I', ma in 'E' non giamai]. Percioche 'Dolermi', 'Consolarme'; 'Duo/mi', 'Val­ me', 'Dolersi', 'Celarsi', 'Stassi', 'Fasse', si leggono ne! Petrarcha, il che non si fa del seconda, che la hanna sempre et esso et gli a/tri antichi pasto come io dico: 'Consolarti', 'Salutarti' et non altramente. [Il che pare a dir nuovo] (III, xrv, pp. 207 -208).

E poco oltre, a c. 64r, il Tassoni sottolineava anche tutta que­ sr' altra aggiunta del Bembo, sem pre relativa alla uscita del pro no­ me di terza persona: È anchora da avertire, che quando il terza predetto si pane finiente in 'E', si ponga solo ne/ numero del mena; perciache in quel/a del più la 'I' gli si conviene sempre: 'Dansi', 'Fansi' et non 'Danse', 'Panse' che sarebbe vitio (id., p. 208) 64

62 Anche la forma Ferir me J Ferirmi, è occasione per il Tassoni delle Considera:t;ioni di attaccare il Bembo. Cfr. la glossa al v. Ferir me di saetta in quello stato (RVF III, 13): «Disse ferir me, e non ferirmi, perciocché (come not à ancora il Bembo) nel verso seguente risponde al me coi voi: usd nondimeno altrove di questa regola» (p. llb-c). E, anche me­ glio, la glossa a Com'io sentt' me tutto venir mena (RVF 23,116): «Nota il me con fallacia dell'osservazione del Bembo, sopra quel verso 'Ferir me di saetta in quello stato'>> (p. 48c). 63 «Anzi tanta somiglianza hanno queste tre voci tra !oro ME TE SE, che anchora, qualunq{ue) volta qualunq(ue) s'è I'una delle due primiere o din(n)anzi o dopo '[l] verbe si truova, posta co(n) l'ait ra [o] con gues ta terza tra 'l verbe et lei, cos! si scrive quella che più lontana è dal verbe come l'altra» (BEMBO, Prose, cc. 63r-v). 64 «Vizio - nota il Dionisotti ad locum - comune ai suoi tempi e perO condanna­ tO>>. Tassoni sottolinea dunque di nuevo l'andar contre l'use del Bembo, e lo contesta. 1 IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI 3~

Infine, interessava al Tassoni poeta l'impiego delle suddette parti­ celle in posizione di rima. Cos!, osservato senza interesse quanto il Bembo prescrive per NOI e VOI «ne! numero del più>>, con il corollario della contrazione in NE e VI («quai hora esse la Jet­ tera del mezzo lasciano adietro>>, c. 64r), egli appunta invece la sua attenzione sottolineando quanta le Prose affermano della clap­ pia possibilità di VI e VE, per la poesia e in particolare situazio­ ne tonica: [solo che o nell a rima, quando ella sotta l' accento si sta del verbo, che si ponga senza termine, ne! qualluogo seconda che ella rima] mette bene, et 'vi' et 've' parimente dire si puà, 'farvi', 'darve' a pure quando ella si pan con questa partice/la 'ne' (III, xv, p. 208)65

I pronomi paiono la parte del discorso cui il Tassoni si mostra più sensibile ne! postillare queste Prose. La sottolineatura che se­ gue (64v) riguarda appunto particolarmente quello di terza perso­ na singolare, nell'oscillazione fra le forme elli(ello)/lui e ella/lei. [Hara il nastro ragianamento ripigliando, dico che sono degli altri, che in vece di nome si pongono; sî come si pane 'Elli', che è tale nel primo caso, come che 'Ella' alle volte si legga da gli antichi posta in que!Ia vece et ne! Petrarcha altresl, et ha 'Lui' ne gli altri, ne! numero del mena; la qua] voce s'è in vece di 'Colui' alle volte detta, et da poeti, sl come si disse cial Petrarcha,] Morte biasmate, anzi Iodate lui (III, xvr, p. 209).

Tutto il verso petrarchesco (R VF 27 5, 12), esemplificativo di un uso di Lui particolarmente forte perché oltrettutto in posizione di rima, è sottolineato dai Tassoni. Commentandolo nelle Consi­ derazioni, Tassoni annoterà: «Lui per Co!ui, cioè Dio>>. 66 Cosl, parallelamente al caso del maschile singolare, sottolineato è anche tutto il brano delle Prose relativo alla oscillazione Ella/Lei (65r-v): [Ma lasciando da parte quelle del] maschio, ha 'Ella', che voce del primo casa è similmente 'Lei' ne gli altri casi se(m)pre; solo che dave alcuna volta

65 Forse si possono richiamare ancora le Considerazioni cit., p. 206b (glossa a Per /ar voi certo etc., RVF 120, 5): «În luogo di/arvi; nota che '1 voi non ha la corrispondenza messa per regala dai Bembo sopra quel verso 'Ferir me di saetta in que/la stato'» (passa, che è nuova aggiunta del Tassoni nell'esemplare interfoliato del 1609). 66 Considerazioni cit., p. 4.36b. Nulla al proposito nel commenta del Castelvetro. Tas­ soni estenderà poi questo genere di glossa al femminile: cfr. nota seguente. MASSIMO DANZI

'Lei' [in vece di 'Colei', s'è posta altresl, come 'Lui' in vece di 'Colui', come io dis si; et 'Elle' ha 'Lora'. Dico nelle prose, nelle quali questa regala si serva co(n)tinuo] (id., pp. 210-211). 67

Nell'esemplare delle Prose che appartenue al Tassoni, le sotto­ lineature, come si è vista, sono altrettanto significative che le pastille a margine. L' esempio seguente, che evidenzia l' autorevole voce del Boccaccio contro (dobbiamo pensare) la lingua del Pe­ trarca, sembra clare un'ulteriore conferma. A c. 66r, sempre all'interno dei pronomi di persona, Bembo registra la possibile oscillazione fra Lei/Lui e Sé che trova ne! Decameron III, 3, 8. [Et prima che io di queste due voci 'Lui' et 'Lei' fornisca di ragionarvi, non voglio quello tacerne, il che si vede che s'usa nella mia lingua: et cio è, che elle si pongono alle volte in vece di questa voce 'Sé', di cui di(n)anzi si disse; sl come si pose dal Boccaccio in q(ue)sto ragionamen­ to: 'Essendosi accorta che costui usava molto con un religioso, il qu(a)le qua(n)tunq(ue) fosse tondo et grosso, nondime.no, percià che di santissi­ ma vita era, quasi da tutti havea di valentissimo huomo fama, estimà costui dovere esser ottimo mezzana tra lei e '] suo ama(n)te>>. Ne! qual ragionamento] si vede che 'Tra lei e l' suo ama(n)te, i(n) vece di dire <>, s'è detto] (III, XVII, pp. 212-213) 68

Le tre sottolineature che seguono, (cc. 66v e 67r), evidenziano altrett'anti esempi dalla poesia del Petrarca. Il primo, Hor, quan­ d'egli arde il cielo (R VF 52, 7) reca un uso particolare del prono­ me egli che, come aveva detto il Bembo, «non sempre in luogo di nome si pone». Seconda il Bembo, egli «si pon molto spesso per un cominciamento di parlare» e anche «medesimamente ne mezzi parlari>> (c. 66v), come appunto quel seconda emistichio pe­ trarchesco mostra. 69 Qui risulta difficile ca pire la valenza della sottolineatura, poiché le stesse Considerazioni in merita tacciono, spostando ]'accento sul quando in luogo di che. 70 Forse il Tasso-

67 Lei per Colei, nelle Considerazioni cit., p. 557b, 567a (seconda Bembo che cita a p. 12). 68 Sul passa del Decameron, nessuna pastilla in Boce. 1538, c. 75v né in Boce. 1587. 69 Ma Dionisotti, ad locum: «né mezzi parlari: a mezzo del discorso, non solo all'ini­ zio, come negli esempi precedentk 70 TASSONI, op. cit., p. 109c: «Doveano essere i giorni caniculari. E nota il quando in luogo di che)). Nulla, su questo verso, nel commenta del Castelvetro. T.

'· ' IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI 3~ ni, da non toscano, fu attirato dalla spiegazione, che le Prose da­ vano, della nuance peculiare a questo impiego petrarchesco di egli.' Una finezza toscana, insomma, se, come notava il Bembo, il cosl porla poco altro adop(er)a che un cotale quasi legamento leggiadro e ge(n)tile di q(ue)lle parole, che senza gratia si leggerebbono se si legges­ sero senza essa (ibid.).

E forse qui, le Prose della volgar Zingua divenivano anche per il Tassoni uno strumento prezioso con cui accedere alla grazia della favella toscana, attraverso l'usa di una voce divenuta, nel giudizio del Bembo, «molto necessaria a ben voler ragionare toscanamen­ te>> (67r). Con il secondo verso di Petrarca sottolineato dal Tassoni, Or­ so e' non juron mai fiumi ne stagni (RVF 38, 1), il Bembo segnala­ va poi che in uso nella poesia non era tanta la forma intera di egli, quanta quella apocopata di e'. Alla sottolineatura operata dal Tassoni nel testa del Bembo, rispondono le Considerazioni: «Orso, e' non Juron. È per 'eglino' o pet semplice vaghezza di lingua. Egli non sono ancora moiti anni passati, disse il Boccaccio, giorn. 8 novel. 7 »71 Il terza e ultimo verso del Petrarca che Tassoni evidenzia, Cieco non già, ma pharetrato il veggo (RVF 151, 9), è posto dal Bembo all'interno di un fenomeno per cui le voci dli/ello e ella «si ristri(n)gono e fa(n)nosi più leggiere e più brievi», dando le forme (Lui) Li e (Lei) Le, «nel terza caso [del numero del meno], et Lo et La nel q(ua)rto altresl nel numero del mena» (e in que­ st'ultimo caso, per il maschile, le Prose ammettono anche i[J (III, XIX, p. 215)-"

La sottolineatura seguente interessa una quindicina di righi, nei quali il Magnifico si rivolge a Giuliano per aver chiarimento sulla regala dei pronomi posti in posizione enclitica del tipo vede-

71 TASSONI, Considerazioni cit., p. 89a. Anche gui nulla, invece, ne! commenta del Castelvetro. 72 Su guesto verso d'altro tipo è la glossa delle Considera:àoni cit., p. 264c. Importa invece ricordarne la menzione nell'Ercolano del Varchi in Opere, Milano, Tip. de' Classici Italiani, 1803-1804, vol. VII, t. II, p. 109, a dimostrazione che «il non si trova se non neJ genere del maschio, nel numero del meno, e nell'accusativo, e quasi sempre preposta al verbo». 36 MASSIMO DANZI telvi/vedetel voi. La natura della sottolineatura è ancora una volta apertamente polemica, come dimostra la pastilla del Tassoni che l'accompagna e corregge, almeno in parte, la descrizione del Bem­ bo. L' occasione è offerta dalla citazione di Boccaccio che accom­ pagna e chiude una casistica della riduzione per apocope dei pro­ nomi personali tutta esemplificata su Petrarca (c. 67v): [( ... ) et 'Dirolti' et 'Dicolti' et 'Vedetelvi voi', che disse il Bocc(ac­ cio)-n Volea il Magnifico, detto q(ue)sto, passare a dire altro; et mio Fratello co(n) queste parole a suai ragionamenti si trapose. - «Et q(ue)ste voci medesime, q(uan)do elle si mescolano con le primiere tre, sl come si mescola questa, 'Vedetelvi' e le altre, in quai modo si mescolano elle, che meglio stiano? Percio che et all'una guis a et ali' altra dire si puè; che cosi si pua dire], 'Vedetel voi', et 'Jo te la recherà' et 'Tu la mi reche­ rai ', et 'Jo gli vi donerà vole(n)tieri' et 'Jo ve gli donerà' e 'Se le fecero allo 'ncontro', et 'Le si /ecero'. Questo conoscimento, et questa regala, Giu­ liano, come si fa ella? 0 pure puossi egli dire a qua! maniera l'huo(mo) vuole medesimamente, che niuna differe(n)za o regala no(n) vi sia?» - «Dif­ ferenza v'è egli senza dubio alcuno, etale volta malta, - rispose il Magni/i­ co - che molto più di vaghezza haverà questa voce, posta d'un modo in un !uogo che ad un altro. Ma regala et legge che parre vi si passa, a!tra che il giudicio de gli arecchi, ia recare non vi saprei, se non questa: che il dire <> è propriamente usa della patria mia; là dave < Jtaliana sarebbe più tosto che Tascana, et in agni ma(da) mena di piacevolezza pare che abbia in sé che il nostro (III, XIX, pp. 215-216).

La lunga sottolineatura è accompagnata in calce alla carra dai­ l' annotazione di mano del Tasso ni: <>: il Petrarca scrisse Toscano.

La pastilla tassoniana suona polemica ris posta ali' assunto filoto­ scano del Magnifico, per il quale la forma «Tai la mi travo al pettO>> (propos ta sulla scorta di R VF 228, 12) è più propriamente toscana, mentre «Tai me la travo al petto» sarebbe invece forma italiana. 74 Ma più in generale è evidente, al di là del diverso mo-

n Nessuna pastilla per questi tre esempi in Boce. 1538, cc. 107v, 174r e 222r. 74 Analog9 commenta peril verso «Le dz~ ch'io sarà Là» (RVF 37, 119): «Cioè 'dille, ch'io sarà là'. E fiorentinismo vago», che è aggiunta autografa dell'esemplare interfoliato (Considera:âoni cit., p. 88b). IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI do di sentire la costruzione, la volontà di screditare la casistic~ bembesca, individuando le contraddizioni interne al modello dl riferimento petrarchesco. Sl che l' atteggiamento del glossatore ap' pare quello di chi, estraneo ad una normativa rigidamente costrui' ta sui Trecentisti toscani, si diletta ad avversarla con le stesse armi del Bembo, piegandola ad altri fini. A tale scopo il Tassoni .utilizza tanta le citazioni di Petrarca che appaiono contraddire la normativa delle Prose, quanta quegli auctores, primo fra tutti il Castelvetro, che per provenienza, ambiente culturale e opera (si pensi, naturalmente, alla Giunta) erano garanzia di un atteggia­ mento sostanzialmente 'scettico' verso i Trecentisti e il Bembo. Alla c. 69v, Tassoni sottolinea il verso di Petrarca «Beata .s'è, che pu à be are altrui» (R VF 341, 9), addotto dai Bembo a dimo­ strare come, sulla scia del luogo dantesco sotteso,'5 la particella se, a regala non strettamente necessaria, «non v'è [perà] di sovet­ chio posta (. .. ) che non poco di gratia vi s'arroge cosl dicendci» (c. 69v). Anche qui l'apporta delle Considerazioni è indispensabile per capite perché Tassoni dà tanta importanza a questo verso di Petrarca, verso che doveva apparirgli tutt'altro che chiara, se il commentatore ne procura questa lunga disamina filologica:

Cosl hanno i testi vecchi corretti, e con questi va la sposizione del Bem~ bo, che quel se sieno due voci, si è, conforme all'esempio di Dante, «Ma ella s'è beata, e ciô non ode,>. Alcuni altri, nondimeno, espongono Beata se, per 'beata lei', facen­ dola una sola voce. Ne' testi moderni si legge, Beata se', che pua' beare altrui con la tua vista, ne! quai caso bisognerebbe dire che questo de' Ternari fosse un dialogo tra il Poeta e l'anima di Laura, e che '1 se stesse per sei, verbo, ed il pua' per 'puai'. Ma a me più piace la lettura vecchia, come più corren­ te, contuttoche '] Bembo medesimo nelle sue rime, quasi pentito, secon­ dasse l'ultimo sentimento con questo verso, Beata se', ch' altrui beato fai. 76

75 Si tratta del verso «Ma ella s'è beata, et ciO non ode,>, di In/ VII, 94, postillnto (con 95-96) cosl dai Tassoni: «Questo deificar la fortuna, ancorché sia una seconda causa, non è perô lodevole in Cristianità. Non assegnano gli Astrologi sfera particolare alla fortu­ na, ma un luogo nell a sfera del primo mobile» (G. Rossr, Le pastille di Alessandro Tasso ni alla ~Divina Commedia», in Studi e Ricerche cit., p. 372). 76 TASSONI, Considerazioni cit., pp. 531c-532a. 38 MASSIMO DANZI

Le due sottolineature che seguono, alle cc. 75v-76v, evidenzia­ no, entra una casistica complessa, le uniche due forme definite da! Bembo non toscane77 Nella prima, affermata la discendenza dalla forma muoio delle analoghe muai (II pers. sing.) e muoiono (III pers. plur.), a !oro volta generatrici di altre tre voci (muoia, muoii, muoiano), le Prose affermavano perentorie [Le rimane(n)te di tutto] '1 verbo da MoRo, che Thoscana voce no(n) è, hanna forma.

Ne! seconda casa, la sottolineatura tassoniana significa un dissen­ so col Bembo. Essa, infatti, colpiva certamente forme dichiarate nelle Prose «straniere>>. Il Bembo aveva scritto (c. 76v), e il Tasso­ ni doveva aver goduto a leggere:

PONNO et PaN, che invece di 'Possono' disse alcuna volta il Petr(arca) non sono nostre voci, ma stra(n)iere (III, XXIX, p. 233) 78

L'attenzione del Tassoni peri giudizi del Bembo che sancisco­ no forme non toscane, come per citazioni che contraddicono il sistema rigoroso del toscanismo petrarchesco proposto dalle Prose, emerge evidente nella natura e nella tipologia di questi passi, an­ che se è ovvio che non tutti gli interventi del Modenese hanna in questa direzione lo stesso rilievo. Cos!. poco più di una citazio­ ne meritano le sottolineature di c. 78r-v, relative alla duplice for­ ma del perfetto di dovere, fra i verbi con raddoppiamento: [raddoppiano medesimame(n)te q(ue)gli al tri, che delle altre co(n)sona(n)ti v'hanno naturalmente: 'Caddi', 'Tenni', 'Seppi', 'Hebbi', 'Bevvi'; e que­ st'altri 'Sedetti', 'Temetti', 'Dovetti'] che ha etiandio 'Dovei' ne! verso, i quali oltre accio [una sillaba di più v'aggiu(n)sero] (III, xxxi, p. 236).

77 In verità, come dimostra un segno nel margine della c. 74v, Tassoni si è fermato per un attimo sulla specchio di testo parallelo. lvi, il Bembo, trattando della vocale con cui finiscono i verbi della quarta coniugazione in ~ire alla seconda persona singolare, clava la regala generale, ammettendo perà anche un'altra possibilità peri poeti. <,Nella seconda voce del numero del mena è solamente da sapere che ella [voce] sempre nella I termina, se non quando i poeti lo fanno alcuna volta ne' ver bi della prima maniera terminare etia(n)dio nella E, sl come fece il Petrarca che disse. <,Ahi crudo Amor, ma tu alhor più m'informe 1 a seguir d'una fera che mi strugge, 1 la voce, i passi, et l'orme». 78 Cos], ne! verso «Ch'al corso del mio viver !ume denno» (RVF 299, 4), il commenta­ tore non si lascia sfuggire l'occasione, annotando: <(Denno per Diedono, non credo se ne legga nel Petrarca che questo solo esempio, ed è in rima)> (Considerazioni dt., p. 46lc). IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI

E più oltre il Tasso ni sottolineava quest' altre parole del Bembo: [Escono di questa re]gola 'Godei', 'Capei', 'Potei', [et 'Vidi' e 'Provi~i', che ha no(n)dimeno 'Provedetti' nelle prose;] et 'Parvi', che 'Parsi', mkde­ sima[mente nel verso ha] (id., p. 236).

Compare pure sottolineato (c. 78r) quanta il Bembo notava a pro­ posito dei participi passa ti concesso e sparto, cioè che sono for'me solo del verso: co(n)ciosia cos a che 'Concesso ', che alcu(n)a volta si lege, altresi della li(n)gua no(n) è et (è) solo del verso (III, xxxm, p. 23 7) e, per sparto (c. 78v), la sua decisa restrizione alla lingua della poesia, contrariamente alla doppia possibilità di pianto/piansi, spen­ to/spensi, finto/finsi ecc.: ne !le qua li [voci] 'Sparto' in vece di 'Sparso ', che aleu na volta si legge, solamente è del verso (id., p. 238).

Particolarmente in quest'ultimo caso, la sottolineatura tassoniana potrebbe celare un dissenso. Fra le pastille del solo Decameron estense, infatti, il Tassoni sottolineando sparto di V, 10, 36 aveva notato: «Sparto et sparso, sparte et sparse usa la lingua senza differenza>> (Boce. 1538, c. 153r)-''

L'ultima sottolineatura di qualche estensione riguarda, a c. 85r, il discorso del Bembo sugli ausiliari essere e avere. La riporto inte­ gralmente: [A quello che già è traccorso, no(n) si dà voce sola et propria, ma com­ pongonose due, in quella guisa che già dicemmo, et pigliasi questo verbo 'Havere' et ponsi co(n) quello, del quale noi ragionare inte(n)diamo, cosl: 'Ha vere amata', 'Haver voluto', 'Haver letto', 'Haver udito', et 'Udita' et 'Uditi' medesimamente. Et è anchora, che la lingua usa di pigliare alle volte quest' altro verbo 'Esser' in quella vece:] . 'Se io fossi voluto andar dietro a segni, 80 io non ci sarei venuto ', et simili. Il che si fa agni volta che il verbo, che si po(n) se(n)za termine, puà sciogliersi ne/la voce,

79 Nuova perfetta coincidenza con una glossa al Pergamini, sub vocem 'Spargere': dr. F. BERNINI, La vitae le opere di Giacomo Pergamini cit., p. 187. 80 Ed. Dionisotti, ovviamente, sogni. La dtazione è da Decam. IV, 6, 14. MASSIMO DANZI che partecipa di verbo e di nome, si co(m)e si pua sciogliere in q(ue)lla voce 'Andare': che si pua dire, 'Se io fossi andato' (III, XLI, pp. 250-251) 81

Dopo un'interruzione che durava da c. 63r, le pastille ripren­ dono a c. 87r. Citando con dis tacca Petrarca (R VF 280, 7 -8), per esemplifi­ care quei casi della terza persona singolare che invece di E finale terminano in I (come nella seconda persona), Bembo aveva giusti­ ficato l' escursione dalla nor ma accludendo il precedente di Dante: [Et la terza voce mandà fuori il medesimo poeta (sei!. Petrarca) con la I della seconda, «Ne credo gia ch'Amor in Cipro havessi, 0 in altra riva si soavi nidi:» La quai cos a ne! vero è fuori d' ogni regala, et licentiosame(n)te detta; ma no(n)dimeno tante volte usata da Dante, che non] è maraviglia se questo cast monda et schifo poeta una volta la si ricevesse tra le sue rime (III, XLIV, p. 255).

In questo brano, che occupa le cc. 87r-v, le pastille del Tassoni sono due. La prima posta ne! margine della citazione petrarchesca annota: «disse il Castelv(etr)o ch' Amor era 5° casm>. 82

La seconda, sottolineato il passa dave si afferma che il Petrar­ ca usà comunque una volta sola quella forma, recita:

<

Il senso di queste pastille è di smussare un poco la severa norma­ tiva bembesca. La prima, richiamando l'ipotesi del Castelvetro che Amor sia, in quel verso, quinto caso, cioè 'vocativo', e non primo, riconduce l'eccezionalità dell'uscita petrarchesca alla nor­ ma; la seconda, notandone la presenza anche nei Trionfi allarga lo spettro delle esemplificazioni, contestando in certo modo l' ec-

81 Sugli ausiliari avere e essere, dr. anche CAsTELVETRO, Giunta cit., cc. 60v-62r. 82 Con Amore soprascritto a havessi cassato, chiaro errore per attrazione di senso dal verso precedente: «Ne credo gia ch' A mor in Ci pro havessh>. IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI 41 cezionalità («una volta ... tra le sue rime>>) dell'esempio fatto ~al Bembo. Cio che importa veramente è il rapporto di filiazione ~he le due postille permettono di ricostruire, attraverso la citazione da Castelvetro. Fonte del Tassoni qui è la Giunta del 1563, e non Le rime del Petrarca brevemente sposte del 1582 (che pure ri­ prendevano il Bembo in questo luogo 81 ). A deciderlo è , fra le due posti!le, la seconda che allega i Trionfi del Petrarca, proprio come faceva la Giunta, particella cinquantesima terza, dove il Ca­ stelvetro cosl commentava questo passo delle Prose: Et guardisi anchora che l'esempio addotto dai Bembo a provare che il Petrarca habbia usato Havessi in luogo d'Havesse, <

Il verso finale citato in questo passo della Giunta, «Rispose, e 'n vista pare s'accendessi>>, deriva al Castelvetro dai Trionfo della morte, II, 126. Non puo dunque sussistere dubbio sul testo che fu a base di queste posti!le del Tasso ni. 84

La censura del Tassoni cade su un altro passo invocato dai Bembo. Questa volta si tratta di Dante (cc. 90r-v): È tuttavia da sapere, che ferma regula è di questa maniera di dire, che se(m)pre il primo caso se le dà, «Parlando im>, «Üpera(n)dol tm>; ché

83 Cfr. CASTELVETRO, Le rime del Petrarca cit., parte II, p. 29: «Non credo già ch 'A­ mor. Passa a lodar la piacevolezza del luogo, e Amor è quinto casa e non primo. Laonde Havessi sarà seconda persona e non terza, come stima il BembOl>. Quinto casa è, tanta per Castelvetro (Le Prose di M. Pietro Bembo cit., t. II, p. 24) che per Tassoni (Avvertimenti di Crescenzio Pepe cit., p. 73) ii <(vocativo». In RVF 280, A more è dunque, peri due Modenesi, vocativo e havessi, che gli si rîferisce, seconda perso­ na singolare; ciO che Carducci-Ferrari gualificano di stranezza: <(Bembo G[esuald]o e i mo­ demi intendono che avessi stia per avesse per necessità di rima; ma C[astel]v[etro] e T[asso­ ni] stranamente vogliono che Amore stia in quinto casa, onde avessi sia persona seconda» (al locum). 84 Anche le Considerazioni, per «Né credo già ch'Amor in Cipro avessi» glossano: d'a­ vessi non è detto per necessità di rima; ma Amor è quinto casa, come la fe' il Castelvetro» (op. cit., p. 441b). Mentre, al verso dei Trion/i (op. cit., p. 656b), annotano·. <'Questo non dirà il Castelvetro che fia quinto casa come quell'altro, 'E non credo ch'Amor in Cipro avessi'». 42 MASSIMO DANZI

«Parlando me», et «Üperandol tel> da niuno si disse giamai. Né vaglio io a questa volta che l' essempio da Dante mi si re chi, che disse: «Latrando lui con gli occhi in giù raccolti:>>, ne! qua] luogo 'Lui', in vece di 'Colui', non puo esser detto. Percià che egli niuna regala osservà, che bene di trasce(n)dere gli mettesse, ne ha di lui bono et puro et fedel poeta la ruia lingua, da trame le leggi che noi cerchiamo. Et se il Petrarca, che osservantissimo fu di tutte, non solame(n)te le regale, ma anchora le leggiadrie della lingua, disse: <

A margine del passa ripottato, ad esemplificare l'usa di io/me e tu/te, il Tassoni glossa l' esempio dantesco <>: E sesto caso e no(n) p(rim)o. eo latrante (90r).

L' osservazione trova riscontro in un luogo delle Considerazioni, dove, commentando il verso <> (R VF 125, 11), Tassoni annota: Cioè: sta ferma nella sua freddezza e durezza. Il Bembo interpreta lei per colei, accioché '!lei non sia tolto per quarto casa, mettendo in conta a Dante, perché dicesse Latrando lui con gli occhi in giù raccolti. Né s' avvede che la lingua usa comunemente questi pronomi col geron­ dio, quando l'azione non esce dell'operante; onde disse il Boccaccio <>, <> ed altri cosi fatti (211b).

85 Quest'ultimo distico dantesco, da Purg. XXI, 25-26, è fra i luoghi di Dante po­ stillati dai Tassoni, che non sembra apprezzare l'espressione: «trar la conocchia per tagliar il fila d'uno è lontano; compilare, non bene». Cfr. G. Rossr, Le pastille cit., p. 388. E, similmente, il postillatore del Pergamini, Sub vocem 'Lei/Lui': cfr. F. BERNINI, Op. cit., p. 144 «tuttavia non è esempio sicuro». IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSON!

Anche gli avverbi di luogo rientrano nell' interesse linguistlco di colui che pastilla le Prose. Lo dice, a c. 95r, prima un seg\10 a margine, poi la sottolineatura di un esempio in un passo riel quale si spiega il !oro diverso uso 86 [Sono adunq(ue), di queste voci che io dico, 'Qui' et 'Qua', che hora sta(n)za et hora movime(n)to dimostrano, et dan(n)osi alluogo, ne! quale è colui che p(ar)la; et è 'Costî', che se(m)pre sta(n)za, et 'Costà', che quando sta(n)za dimostra et qua(n)do movime(n)to, et a quel luogo si danno, ne! quale è colui co(n) cui si parla; et 'In costà' detta pure in segno di movimento; et è 'Là', che si dà al luogo, ne! quale né quegli che parla è né quegli che ascolta, et talhora sta(n)za segna et talhora movime(n)to (... ). La quai particella nondit:1eno s'è alle volte posta da medesimi poeti in vece di 'Costà':] «Pur la su non alberga ira ne sdegno» (III, LVI, p. 270)87

II. UNA SECONDA MANO

Gli avverbi di luogo sono al centra dell'attenzione .anche di una seconda mano, della quale si riportano le pastille per il carat­ tete di scambio dialogico che intrattengono con quelle tassoniane. A c. 96v, il Tassoni sottolinea il significato speciale di Indi segna­ lato dal Bembo entro un verso petrarchesco: [Come che 'Indi' tai volta appo il Petr(arc") vale quanta 'per di là':] «Perà che di et notte in di m'invita>> [«Et io contra sua voglia altronde '] menm>]

86 La prima frase del brano che riporto è segnalata a margine da un segno di richia­ mo; l'ultima, citazione da Petrarca, è sottolineata. 87 Anche su questo verso petrarchesco (RVF 340, 8) ck le Considerazioni cit., p. 53Gb:

Qui, con un segno di richiamo a croce ( + ) ne! margine smrstro della carta 96v, interviene la seconda mano, per ora non identifi­ cata, e tuttavia contemporanea a quella del Tassoni e anzi in sin­ tenia con lui, sollecitata come sembra dalle pastille tassoniane. Essa impiega un inchiostro più chiara, immediatamente distingui­ bile da quelle del Tassoni, invece costantemente scuro; sottolinea la parola altronde e, attraverso il segno di richiamo, riporta a que­ sta pastilla, locata in calce alla pagina e parzialmente rifilata nelle ultime cinque parole pànessi et(ian)dio questa voce 'altro(n)de' p(er) la, di altro. sicome appo il Betussi vèdessi (ex si vede), nell'ult(im)o sonetto d(e)lle (ri?)me d(e)l (tempio?) dela Signora Dona Giovana. 88

Questa seconda mano interviene ancora solo nella carta seguente (97r) con una pastilla che dirà e che in parte s'intreccia a due segni posti in margine da! Tassoni. Il primo di questi segni tassoniani appare dove le Prose traita­ no di avverbi inusuali, come «Quincisu et Quindigiù et Quincen­ tro>>, documentati in Dante e Boccaccio. Il seconde, poco più sot­ tc, dove Bembo cita un' altra formazione rara come <> invece di «> (96v). Sono, senza dubbio, dell'inchiostro più scuro che appartiene al Tassoni e che tuttavia fino alla c. 105r sottolinea solo senza più postillare. Due versi del Petrarca, recati dai Bembo ad esemplificare l'u­ so diverse delle preposizioni IN e NE, sono evidenziati dai Tassoni: Sono 'In' et 'Ne' quel medesimo; ma l'una si dice, qua(n)do la voce a cui ella si dà non ha l' articolo, <>, «in cielo»; l' altra quando ella ve l'ha, <>, «ne! fuoco», o pure quando ella vel dee havere: «Ne miei bisogni>> in vece di dire «ne i miei bisogni». Il che non sola-

ss Si tratta de Le imagini del tempio della Signora Donna Giovanna Aragona. Dialogo di Messer Giuseppe Betussi alla illustriss. S. Donna Vittoria Colonna di Tolledo, Firenze, Lorenzo Torrentino, 1556, dave alle pp. 117 ·118 si legge il sonetto Sl come Clitia ogn'hor si volge al sole, che contiene I'altronde (v. 3), di cui è questîone. IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI 45 mente si serva continuo nelle prose, ma ·deesi fare parimente nel verso sl come si vede sempre fatto et osservato dai Petr(arca) (III, LVIII, p. 2V4).

Seguono due citazioni da un sonetto di Petrarca, in cui il Bembo, notando che la lezione non corrisponde alla regala da lui enun­ ciata, apporta una correzione al testo. Il brano, che come osser­ vô già il Varchi nell'Ercolano risulta aggiunto nell'edizione del 1538,89 va citato per intero perché, oltre ad essere evidenziato da] Tassoni nei due versi in questione, è postillato da questa se­ conda mano. Ma ecco il passa che se gue immediatamente quello appena riportato: [Ne! quale (sei!. Petrarca) se si legge ~a ben ti prego, chen la terza spera Guitton saluti et M. Cino et Dante, et anchora, Sai chen mille trecento quarantotto Il di sesto d' Aprile in l'hora prima Del corpo usclo quell' anima beata è cià no(n) correttame(n)te scritto, percioché deesi leggere:] Ma ben ti prego ne la terza spera [Guitton saluti et anchora] Il di sesto d'Aprile a l'hora prima. 90

L'inchiostro induce senz'altro ad attribuire la sottolineatura dei due versi al Tassoni. Ma quasi subito la seconda mano corn-

89 Cfr. V ARCH!, Opere cit., VII, t. II, p. 135. 90 Questa la glossa a quest'ultimo verso, nelle Considerazioni cit., p. 522c: <, e altrove: <

Questa prima pastilla è ampliata dalla stessa mano, che, probabil­ mente in un seconda tempo e guadagnando la spazio rimasto di­ sponibile, aggiunge di sèguito l' osservazione . di cio (ve)di ne li Raggionamenti d(e) la lingua toscana à c. 67, criptico e non del tutto esatto rinvio ai Ragionamenti sopra alcune osservationi della ling ua volgare di Lazaro Fenucci da Sassuolo, da­ ve, a pagina 65, il Castelvetro, recando quegli stessi esempi pe­ trarcheschi, rifiutava le correzioni proposte da alcuni «spiriti pe­ regrini» (cioè il Bembo); e cià, affermava, per due principali ra­ gioni: «la prima, che niuno testa ha mai havuto fino all'età di lora cosî scritto, la seconda, che gli antichi hanna sovente cos\ usato di favellare>> (Ragionamenti, p. 65).

L'attenzione del Tassoni, la si è vista, si appunta sugli esempi che il Bembo propane nelle Prose a sostegno del sua discorso. Gli interventi che costellano le cc. 97r-105r, non fanno eccezione, si tratti di sottolineature di passi o semplici segni di richiamo in margine. Li indico brevemente, ricostruendo il contesta di rife­ rimento. Spiegando la differenza fra gli avverbi Poi, Poscia e Dapoi, il Bembo sottolinea che non sempre queste parole si accompagna­ no alla parti cella CHE (poi che, po scia che ecc.). Per dimostrare

91 Il riferimento è alle Rime diverse di molli eccel!entiss. auttori ... , Libro Primo, Ve­ nezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1545 (ma cita daiJa ristampa del 1549), dave a p. (non carta) 271 si Iegge il son. Corre entra il Lario a la sinistra riva «del S. Abbate Alessandro Giovio», il cui verso suona: «s'asconde il verno, e appar ne l'hora estiva» (8). IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSON! 7 questo, le Prose riportano due esempi da! Petrarca e da! Boccac­ cw, che il Tassoni sottolinea: <> (RVF 64, 12) e «Che poi a grado no(n) ti fu, che io tacitamente et di nascosto co(n) Gui­ scardo vivessi>> (Decam. IV 1, 60)

Il terza verso, sottolineato da! Tassoni, è Con lei foss'io, da che si parte il sole (RVF 22, 31), che il Bembo cita per dimostrare la sostituibilità di da che a dapoi, tanta nel verso che nella prosa (97v). Per i primi due casi, soccorrono esemplarmente le Conside­ razioni, a dimostrazione una volta ancora di come i materiali di­ scussi o semplicemente segnalati da! Tassoni nei margini delle Prose, trovino poi nel commenta a Petrarca la !oro naturale fruizione 92 Sempre segnalando giudizi del Bembo tesi a distinguere forme della pros a da forme della poesia, il T assoni procede nei margini delle carte 97v e 98r-v. Si tratta di avverbi e proposizioni, e in un caso (<>) si ha poi, nell'esemplare fiorentino del Decameron, la sottolineatura della parola. 93 La sottolineatura tassoniana che segue a c. 98v riguarda un verso di Petrarca la cui eccezionalità era già accusata da! Bembo stesso. Qui si direbbe che il Tassoni accentui ancor più il caratte­ re eccezionale dell' esempio petrarchesco, quasi a vanificare la re­ go la proposta da! Bembo. Si veda il passa delle Prose: [Sono 'Tosto' et alcuna volta 'Tostamente', et 'Ratto' q(ue)l medesimo; se non in quanta alle volte 'Tosto' vale, quando val 'Subito', et dicesi

92 Commenta a RVF 64, 12, dave anche si cita l'esernpio da Boccaccio: «Nota il Poi per poiché. 'Che poi a grado non ti fu che io tacitamente, et di nascosto, con Guiscardo vivessi', disse il Boccaccio, seconda alcuni testi antichi. Et il Bembo, 'Ma poi fortuna più non v'è molesta', e Girardo da Castello in una sua ballata, 'Per voi non par peccato, / che servo sl fedel riceva torto'l> (op. cit., p. 127b). 93 Cfr. Boce. 1587, p. 419. Più in generale i brani distinguono forme come <

'Tosto che' in vece di 'Subito che'. Il che di 'Ratto' non si fa, quantun­ que il Petr(arca) dicesse] Ratto come imbrunir veggio la sera

(!II, LX, p. 278).

Capita che i segni di richiamo ne! margine delle carte segnali­ no il particolare significato di certe parole. Il primo casa (cc. 98v-99r) riguarda l'equivalenza espressa dal Bembo fra Unqua e Mai, equivalenza contestata già dai Castelvetro (<

Sono Unqua et Mai q(ue)llo stesso, le q(ua)li non niegano se non SI dà ]oro la particella acconcia a cio fare (III, LXI, p. 278). 95

Il seconda casa, il senso particolare di quantunque nel verso par­ tata ad esempio dai Bembo e che il Tassoni sottolinea (cc. 99r-v): ['Quantunque' (. .. ) alle volte s'è presa in luogo di q(ue)sto nome 'q(ua)nto', no(n) solo ne' poeti, ma anchora nelle prose, et cos! nell'un genere come nell'altro; et èssi detto 'Qua(n)tunq(ue) volte' et «Quantunq(ue) gradi vuol che giù sia messa». Pre(n)desi anchor in vece di 'quanto si voglia'; si come si prende in questo verso del Petr(arca)] <> [cio è 'tra donne quanta si vogli belle et leggiadre'] (id., pp. 279-280).

94 Cfr. Annotationi 1574, p. 32 n.n. Nel Proemio, i curatori difendeva110 la corret­ tezza della lezione <}. Tassoni propane invece quest'ultima lezione, postillando: <(questa lezione è la perfetta; et quella detta dell'Ottimo è non buona, impero che ella cosl inferisce che 'ad alcuna persona si ha qualche volta da manifestare', come sanna colora, i quaj ben sanna che Mai non niega, ma condittionatam(ent)e afferma, se non quando appresso lei è posta la negativa Non o la parola Niuno o Niuna, come qui a Niuna persona>>. 95 Castelvetro osserva riguardo a questo passa: «non faceva mestiere che si dicesse che [Unqua e Mai] non negassero, se non si dava lora la particella acconcia a cià fare, perciocché di questo non aveva dubbio alcuno» (Le prose di M. Pietro Bembo . con le giunte di Lodovico Castelvetro cit., t. II, p. 114). Nota, per questo luogo, il Dionisotti: <,Anche qui il Bembo va contra un usa armai comune al sua tempo, usa già discusso ai primi del secolo e condannato nelle sue regale dal Fortunio». IL BEMBO POSTILLATO DAL T ASSONI

Un terzo caso è il richiamo in margine dell'equivalenza fra Cota~­ to e Tanta, a c. lOOr: Et è 'Cotanto' che vale quanto val 'Tanto', se non che ella [scil. voce] dimostra maggiormente quello di che si parla (III, LXIII, p. 281), o, ne! verso della stessa carta, dell'omologazione bembesca di «Non­ dimeno, nientedimemo, nulladimeno», tutte derivanti dalle parti­ celle 'Più' e 'meno'.

Alcune sottolineature di versi petrarcheschi interessano le con­ giunzioni. Il primo, Un con/orto m'è data, ch'io non pera (RVF 179, 3), a c. 10lr, il Bembo l'aveva introdotto ad esemplificare l'uso di che in luogo di Accioché, soprattutto nella poesia: [Et è oltre accio 'Che', la quale da' poeti molto spesso in luogo di 'Per­ cioché', da' prosatori non cos\ spesso, anzi rade volte si trova detta (... ). Et guesta medesima 'Che' è anchora, che si pose da! Petrar(ca) in vece di 'Accioché' :] «Un con/orto m'è data, ch'io non pera»

(III, LXIV, p. 283).

Il seconda, a c. lülv, Amor, avegna mi sia tardi accorto (RVF 55, 13) è impiegato nelle Prose ad esemplificare la contrazione di un originale «Avegna che>>: [Dissesi oltre a cio in quelle sentimento medesimo 'Avegna Dio che' da gli a(n)tichi, et 'Avegna che' anchora, et ultimamente 'Avegna' da! Petrarcha] <

Di nuovo su formazioni avverbiali cade, a c. 102v, l'attenzio­ ne del Tassoni, che segna a margine tre luoghi di quella carta e sottolinea il verso petrarchesco dato da] Bembo. Sono altrettan­ ti esempi dell'uso di 'In quella' ne! senso di dn quel mezzo o

96 La notazione tassoniana delle Prose si riflette in maniera esplicita nel commenta a questo verso petrarchesco: «E qui pure usa l'avegna senza il che. «Avegna ch'io non fora / d'habitat degno, ove voi sola siete», disse altrove» (Considera:âoni cit., p. 117b). 50 MASSIMO DANZI pure in quel punto>> (lülr), tolti dalla poesia e dalla prosa di Boc­ caccio, rispetto ai quali tuttavia l'esempio di Petrarca, posto a chiusa del brano, pare al Bembo piu vago. Ne! margine è poi segnalato anche l'usa di 'Intanto' per 'In quella', autorizzato dalle Prose: [( ... ) et il Bocc(accio) il quale non pur ne' sonetti cosl disse, «Et com'io veggio lei più pressa farsi Levomi per pigliarla et per tenerla El venta fugge, et ella spare in quella>> ma anchora nelle novelle, «Ü marito mio disse la Donna, e gli venne dianzi di subito uno sfinimento, che io mi credetti che fosse morto, et non sapeva né che mi fare né che mi dire, se non che Frate Rinaldo nostro Compare ci venne in quella>>. Il che imitando disse più vagamente il Petrarca, «In guesta passa il tempo>> et anchora] «Et in questa trapasso sospirando» [Et questo sentimento ispresse egli et disse etiandio con quest'altra voce 'Intanto'] (III, LXV, p. 287)97

La mano del Tassoni riappare per esteso in una postilla locata a margine di un passo, parzialmente sottolineato, in cui Bembo spiega ]'uso di «come» (c. 105r):

97 La sottolineaura delle Prose attuata dal Tassoni ha qui nuovamente valore polemi­ co nei confronti dell'interpretazione del Bembo. L'equivalenza di « (Le rime del Petrarca cit., parte I, p. 310). Su guesta strada, il Tassoni ad locum nota: «ln questa passa 'l tempo. Altrove, 'Et in guesta trapasso sospirando'. In quista, ed In quella è frase della lingua, ma bassa». Infine, perEt in questa trapasso sospirando (RVF 129, 25), mentre le Considerazioni tacciono, il Castelvetro aveva osservato: <

[Leggesi 'Come', non solo p(er) voce, che co(m)paratione fa, in rispo\ta di quest'altra 'Cosl', ma anchora in vece di 'Che': «Che per certo, !se possibile fosse ad haverla,] procaccierebbe come l'haves se>>; [dave 'Caine l'havesse', si disse in vece di dire 'Che l'havesse'] (III, LXIX, p. 293)

A margine, Tassoni annota: Puà dire anco «in che maniera l'havesse».

Ragioni grafiche ed eufoniche insieme spiegano perché Tasso­ ni sottolinei, a c. 106v, il verso petrarchesco Con la figura voce ed intelletto (R VF 78, 4), proposto nelle Prose come esem·pio di quell' oscillazione e/ed, analoga ali' altra di o/od, spiegata qualche rigo sopra. Ma neanche qui si tratta di registrazione 'neutra', per­ ché investe il problema dell'incontro vocalico, sulla diversa valu­ tazione del quale ci illumina una pagina di polemica anticruscante contenuta negli Avvertimenti di Crescenzio Pepe. Ivi il Tassoni elenca, sulla base di Longino e Ermogene, le <. Arrivato ali' ott a va condizione, annota: L' ottava condizione dello stile magnifico è la collisione e '1 concorso delle vocali differenti. Onde Demetrio, Is qui vocalium concursum ( ... ). E più basso: Differentium vero collisiones et magnitudinem et varietatem simul efficiunt. Nel che si vede quanta s'ingannassero certi Isocrateschi, i quali, avanti che le erudite Censure della Crusca aprissero gli occhi a' barbagianni, fuggivano nella lingua nostra le collisioni come la peste, e fra l' altre co se non scrivevano mai per questo la E disgiuntiva senza la T. Ora in questo sonetto [R VF Il si v ede che non solamente non è stato procurato il concorso delle vocali, anzi apposta è stato fuggito (... ). E ne! primo verso, per fuggire il concorso d'A E, in cambio di Che ascoltate è stato fatto Chascoltate, che casca in capo al Lettore su 'l primo ingresso. 98

98 Avvertimenti di Crescenzio Pepe cit., pp. 32-33. Numerosi i Iuoghi delle Considera­ zioni che trattano della col!isione fra vocali. Si veda, almeno, la dîscussione di RVF 3, 14 (Considerazioni cit., p. 12a). Sull'incontro vocalico, si vedano le osservazioni del Castelvetro, in risposta al Sigo­ nio, nei Ragionamenti del Fenucci cit., pp. 77-80, aperte, in linea di m'assima, alla caduta almeno

Più delicata la questione della particella Né, usata normalmen­ te come negazione, che perà a giudizio del Bembo puà assumere valore di 'ovvero' in poesia (cc. 107r-v): [Er è alcune altte volte, che da poeti si pane in vece di questa patticella 'Overo', che si dice parimenti '0', come s'è detto,] «Onde quant' io di lei parlai né scrissi» [et anchora] <> (II!, LXXII, p. 298).

Qui il Tassoni si oppone polemicamente a quanto aveva spiegato il Bembo, e sottolineati i due versi petrarcheschi (RVF 339, 9 e 268, 77) annota seccamente: qui no(n) significa 'overo', ma il 'quanta' si ripiglia, «Quanta di lei par­ lai, quanta ne scrissi»

Le Considerazioni mostrano un totale assenso con questa osser­ vazione, e di nuovo il postillato delle Prose presenta in nuee mate­ riali di riflessione sulla lingua poetica che saranno poi messi a frutto nel commenta a Petrarca.99 Nessun dubbio d'altronde che è il commenta a Petrarca a seguire la lettura e la postillatura delle Prose del Bembo (e non viceversa), seconda una fenomenolo­ gia attestata anche per il Castelvetro, la cui attività di chiosatore, come ha visto Raimondi, precede e si funzionalizza nel commen­ to.100 Dunque, anche in assenza di una cronologia sicura, si puô immaginare che cio avvenisse prima del 1601, anno in cui, di ritorno da un viaggio in Spagna, Tassoni clavette comporte la mag­ gior parte delle sue Considerazionii 01

99 Sovrapposîzione quasi perfetta si ha fra questa pastilla e le glosse a entrambi i versi di Petrarca. Peril primo (RVF 339, 9), nota:

La sottolineatura di Se non se a/quanti, c 'hanna in a dio il sole (R VF 22, 2), coglie, alla c. 107v, l'usa segnalato dal BemtJo di 'Se non' (e 'Se non se') in luogo di 'eccetto': [Leggesi la particella 'Se non', che si pane conditionalmente: «Se ti pia­ ce, io ne son contenta; Se non ti piace, e' m'incresce». Et è spesse Volte che si dice 'Se non' in vece di dire 'eccetto'. Ne! quai modo alcuna volta ella s'è mandata fuori con una sillaba di più; et èssi detto 'Se non se' et 'Se non si'] «Se non se a/quanti, c 'hanna in odio il sole» (III, LXXIII, p. 299).

Qui, come avviene di ra do ne! commenta, Tassoni concorda con la spiegazione delle Prose, ma si affretta nondimeno a chiarire che è maniera da non imitare. Si veda la glossa al verso di Petrar­ ca entra le Considerazioni: Nota la maniera dell' eccettuazione non usata dai Poet a che questa volta sola. <

Ed è forse sulla scorta di quanto afferma ancora il Bembo a pro­ posito di 'Se non' («Dicesi etia[n]dio alcuna volta 'Se non' i[n] luogo di dire 'Solamente'>>, c. 108r), che il Tassoni sottolinea il verso di Petrarca Solamente quel nada, appartenente a un gruppo (Solamente quel nada / Ch'Amor circonda alla mia Zingua quando

del 1609, è comunemente accettata: cfr. TIRABOSCHI, Biblioteca Modene se cit., t. V, p. 199. Aggiungo, per essa, un riscontro testuale finora sfuggito. A p. 438c delle Considera:àoni, commentando il verso di Petrarca «E me fa sl per tempo cangiar pela», T. annota: «Se l'incanutir di quarantacinque o quarantasei anni si chiama incanutir per tempo, io sono un fanciullo)>. CiO che Tassoni, nato nell565, poteVa scrivere quand'era ancor ben Jontano da que !l'et à: cioè al mas sima entra i primissimi anni del secolo. IOZ La glossa del Tassoni (Considerazioni cit., p. 39c), dipende di nuovo interamente dai commenta del Castelvetro, che ad locum notava:

1 L'humana vista il troppo !ume avanza, 1 Fosse disciolto, i' prende­ rei baldanza), per ait ra vece chiamato dalle Prose ad esemplificare l'usa di 'fosse' in luogo di 'se non fosse'.

Le glosse del Tassoni, lo abbiamo vista, interessano sia la na­ tura dell' esemplificazione bembesca, si a la stessa esegesi dei luo­ ghi prodotti nelle Prose e degli aue tores. È il casa delle ultime due pastille redatte in extenso a queste Prose. Proseguendo sull' usa e significato dell' omissione di 'Se' (josse per 'se /osse'), il Bembo aveva scritto (cc. 108r-v): [E alcun'altra volta anchora che ella (sei!. se) da poeti si po(n)e e i(n)vece di 'cosl', a cui si re(n)de la particella 'Che', in vece di 'Come', i(n) q(ue)sta maniera] «S'io escc vivo de dubbiosi scogli, [Et arive il mio essilio ad un bel fine Ch'io sarei vago di voltar la vela» cio è «Cosl esca io vivo delli scogli, come io sarei vago di voltar la vela»] (III, LXXII, p. 301).

A margine, sottolineato il verso, il Tassoni ripete col Bembo quanta non doveva parergli cos! evidente: «s'im>, no(n) è 'se io', ma 'si io', cioè «cosl io». 103

Poco oltre, un segno appena percettibile ne! margine di c. 108v introduce l'ultima pastilla al nostro esemplare. Tassoni s'era fer­ mato sulla differenza tra fra e tra, fissata dai Bembo in questi ter mini: Sono 'Intra' et 'Infra' quello stesso, che p(er) abbreviame(n)to 'Tra' e 'Fra' si clissera. Delle quali le due vagliono molto spesso quanta val 'Dentro' (III, LXXIV, p. 301);

poi, arrivato alla citazione di Boccaccio, appartenente ad una pa­ gina che le Prose avevano riempito coi vari usi e significati di

10> Ed ecco la glossa delle Considerazioni al verso sottolineato: «Cioè, 'cosl passa io uscir vivo de' dubbiosi scogli'» (op. cit., p. 157b). Anche qui la dipendenza dai Castelvetro è evidente: «pon mente alla maniera del dire in pregando, 'S'io esca, che sarei'. Il senso è 'Cosl passa aver buon fine, come io ho volontà di non seguire Amore, ma non passa (. .. )'» (Le Rime del Petrarca dt., parte I, p. 163). IL BEMBO POSTILLATO DAL TASSONI 55

'tra', la sottolineava per intero, mostrando di dissentire daila spie­ gazione del Bembo: [Et è anchora che 'Tra' si dice alcun'altra volta in luogo di dir 'Tutto'; sl come si disse ne! Bocc(accio).] <Œt in brieve, tra cio [che v'era, non valea altro che dugento fiorini>>: cio è 'Tutto cio che v'era'] (id., p. 302).

La pastilla del Tassoni va dritta all'esempio boccaccesco,' conte­ standone il senso voluto dal Bembo Prose, ed è ]'interpretazione delle Prose, e non l'uso del Boccaccio, che il Tassoni ha di mira, come dice l' assenza di gualsiasi glossa negli esemplari del Decame­ ron postillati (Boce. 1538, c. 222r e Boce. 1587, p. 467): qui «tra cio>> no(n) vuol dir 'in tutto', ma 'tra tutto' (109r).

L'ultimo segno attribuibile all'inchiostro del Tassoni appare, in guesto esemplare delle Prose, ac. 110r. Si tratta di un semplice richiamo a margine per il passo in cui Bembo illustra i composti con MIS-: mis/atto, misleale e miscredenza (le ultime due voci trat- te da] Boccaccio), nei confronti dei guali bisogna presumere che, nonostante l'autorizzazione dantesca, il Tassoni non avesse gran- de familiarità. Tali composti, infatti, non solo sono sistematica­ mente perseguiti nei margini della Commedia aldina della Vatica­ na, apparendo anzi in guella sede fra le categorie verbali che mag­ giormente attirano l' attenzione del glossatore, ma es si sono poi intensamente sottolineati anche nel Decameron fiorentino del 1587J j . L'indicazione è preziosa per lo studioso di guesto materiale e, pur nelle dimensioni ristrette del fenomeno, sufficiente a rive­ lare come il «sistema>> dei postillati tassoniani, pur dispersi e lon­ rani fra ]oro negli anni, trovi la prima ragione della sua compat­ tezza, nella tenacia e nella sapienza con cui il suo autore avrebbe di ll a poco sfruttato guei suoi materiali linguistici, applicandoli alla grande invenzione eroicomica della Secchia, ·seconda modalità w che restano ancora da descrivere."" H

MASSIMO DANZI

104 Perla Commedia, cfr. G. Rossi, Le pastille di Alessandro.Tassoni cit., pp. 383 (Di­ smala, p. 389 (Dismento), p. 395 (Dis/renata), ecc. Per il Deco.meron, dr. Boce. 1587, p. 286 (disgravidare), p. 334 (disviluppo), p. 347 (disgradando), p. 407 (disbiavato), p. 448 (dissi­ pite), p. 473 (gli disserv(J, p. 503 (discorsa), p. 514 (disagiata), ecc. 56 MASSIMO DANZI

Post scriptum.

Quando ho ormai corretto le bozze, vedo che il recente e bel vo­ lume di Virginia Cox, The Renaissance dialogue. Literary dialogue and its social and political contexts. Castiglione ta Galileo, Cambridge Uni­ versity Press, 1992 ricupera agli studi un nuovo postil!ato tassonia­ no di cui si aveva prima solo notizia. Si tratta de Illibro del Cortegiano del conte Baldesar Castiglione [colophon: <>], oggi cod. Ital. II 114 (5251) della Biblioteca Marciana di Venezia. Risolvendo i dubbi che espri­ mevo alla nota 5, l'identificazione della Cox, a p. 169 nota 22, met­ te a disposizione un testa importante fra i postillati tassoniani per affrontare quello studio linguistico di cui dicevo in chiusa del mio contributo.