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sabato 29 gennaio 2005 in scena 21

MORTO L’ATTORE VILLERET VOLTO DE «LA CENA DEI CRETINI» ADDIO A , BATTERISTA DEI GRANDI TRAFFIC È morto a 53 anni l'attore francese Giancarlo Susanna Jacques Villeret, interprete di decine di film e protagonista, fra gli altri, de Dopo una breve lotta con un tumore allo stomaco, vano formato, cominciarono a farsi notare nella Mr Fantasy, pubblicato dalla Island alla fine di un una modernità straordinaria, aveva un ruolo di La cena dei cretini. Il film più la notte di venerdì scorso è morto, circondato dal- scena musicale di . Fu durante un anno cruciale per la storia del rock come il 1967, primo piano, senza contare che i testi di gran parte celebre con il quale i francesi l’affetto dei suoi familiari, il batterista Jim Capal- concerto all’Elbow Room che attirarono l’attenzio- riuscì a trovare un suo spazio preciso tra le mille del repertorio erano proprio di suo pugno. Lo ricor- identificano Villeret è La soupe aux di, noto soprattutto per aver fatto parte dei Traffic, ne di . Quando quest’ultimo decise uscite importanti di quei mesi frenetici e creativi. do in due splendidi concerti romani (nel 1973 e nel choux, una commedia di costume una delle band più importanti e influenti del rock di abbandonare lo Spencer Davis Group, con cui La miscela di stili che i Traffic elaborarono nel 1974) e più di recente in una data di Winwood, che del 1981 diventata cult movie. inglese. Nato il 24 agosto 1944 a , in Gran aveva peraltro ottenuto dei clamorosi successi (uno vecchio cottage in cui avevano registrato le loro lo chiamò sul palco proprio per , Villeret è nato come attore di teatro Bretagna, in una famiglia di origine italiana, Ca- su tutti: Gimme some lovin’), fu quasi naturale canzoni - folk, blues, soul, psichedelia - fece di loro un tradizionale che i due amici avevano elaborato e sul set esordì con Yves Boisset paldi aveva cominciato a suonare la batteria ad che i tre giovanissimi musicisti si ritrovassero insie- un esempio da seguire e da imitare. Nonostante con un gusto fuori dal comune. Anni fa ci capitò regista, che lo volle nel 1972 in RAS appena quattordici anni. Tentò anche di lavorare me a suonare. Con l’aggiunta del sassofonista/flau- l’inquietudine di Mason, uscito dal gruppo quasi anche di intervistarlo: Capaldi era a Roma per Nulla da segnalare. Il ruolo che in fabbrica, ma l’amore per la musica (dal rock tista Chris Wood, amico di Winwood, nacquero subito, i Traffic realizzarono altri dischi importan- promuovere uno dei suoi dischi da solo, il titolo era calzava a pennello a Villeret era il ‘n’roll di Elvis Presley alla black music della Mo- così i Traffic. «Ci rifugiammo in un mondo di ti, non ultimo il loro capolavoro assoluto, quel . La basilica di San Pietro gli era sem- francese medio, simpatico e town) era troppo forte e fu proprio suonando che musica totale - ricordava anni fa lo stesso Capaldi - (1970) che in origine brata più una manifestazione del potere temporale grassoccio, l'ingenuo che finisce fece un incontro che doveva rivelarsi decisivo, quel- e ci ritirammo in un cottage del Berkshire. Fui io a era stato pensato come un progetto solista di della chiesa che un luogo di culto e sulla sua foto mi quasi sempre come capro lo con il chitarrista . I Deep Feeling, dare il nome alla band ed è così che cominciam- Winwood. Nel suono nervoso e brillante del gruppo scrisse: «Non lasciare che nessuno ti controlli». lutti

cinema espiatorio. l’ultimo dei tanti gruppi che Capaldi e Mason ave- mo». la batteria di Capaldi, che ancora oggi appare di Jim Capaldi non era soltanto un grande musicista. Bitton: «Il mio cuore oltre il Muro» La regista del documentario: molti di noi israeliani non sanno davvero cosa sia quell’orrore

Gabriella Gallozzi Che reazioni ha suscitato il suo «Mu- Tutto. Io sono nata in Marocco nel ‘55 mettersi in prigione. La patologia, dunque, ro» in Israele? da una famiglia di ebrei. Sono andata a è il muro non l’idea di un «meticciato». In C’è una gran voglia di conoscere, una scuola in Francia, poi i miei genitori si so- Sudafrica i problemi si sono risolti quando ROMA Lei il muro l’ha già «abbattuto»: que- gande attenzione e tanto dissenso. Sono no trasferiti a Gerusalemme nel ‘66 ed ho metà dei bianchi hanno detto: siamo africa- sta estate ha attraversato i checkpoint con molti i pacifisti anche in Israele. E il cinema imparato velocemente l’ebraico. Ho fatto il ni. Così dovranno fare gli israeliani, ricono- le «pizze» del suo «muro» e l’ha proiettato israeliano, non solo quello documentario, servizio militare durante la guerra del ‘73 e scere di essere arabi. prima al festival del cinema di Gerusa- è diventato un vero e proprio luogo del da allora sono diventata una pacifista con- Questa potrebbe essere la via alla pa- lemme e poi a quello di Ramallah, usando dissenso, della «sovversione». Chiaramente vinta. Poi ho iniziato a vivere tra Parigi e ce? E l’elezione di Abu Mazen che come schermo proprio quei pilastri di ce- sto parlando di un certo cinema, quello Gerusalemme, qui passando in continua- peso potrebbe avere secondo lei? mento voluti da Sharon, divenuti nuovo indipendente che le autorità non vogliono. zione dalla zona israeliana a quella palesti- È assolutamente ipocrita affidarsi alle ostacolo alla pace in Medio Oriente. Stia- Anzi, in questo momento il cinema è l’uni- nese: sono un’esperta nell’attraversare i elezioni palestinesi. Perché le cose cambino mo parlando della regista «ebrea araba» co luogo della critica, della controinforma- chackpoint. Ora, però, il muro mi impedi- in Medio Oriente bisogna che cambi il mo- Simone Bitton e di Il muro, il suo potente zione dove si parla anche degli «altri». Per sce di vivere come ho sempre vissuto nella do di agire di chi realmente ha il potere. Ed documentario già nei cinema grazie alla cui ogni film israeliano dove compare la vicinanza con ebrei e palestinesi. Il suo ab- Abu Mazen, certo, potere non ce l’ha. Il «coraggiosa» distribuzione della Lucky faccia di un palestinese è un film contro il battimento è una questione di sopravviven- potere è in mano a coloro che occupano, Red. «Un documentario è sempre un ogget- muro. za. Anche per me, altrimenti il mio corpo gli israeliani cioè. In questo senso la que- to fragile», dice Simone Bitton, infatti è da «Controinformazione» la fa anche il dovrà restare in Israele e il mio cuore in stione è molto semplice: la pace può nasce- più di un anno che lei lo sta «accompagnan- suo film... Palestina. re solo se si pone fine all’occupazione mili- do» per i festival di tutto il mondo riscuo- Beh, basta registrare la realtà. Il muro, Un muro, insomma, come si vede nel tare. E in questo anche l’Europa ha un ruo- tendo premi ovunque. L’ultimo proprio a infatti, è il simbolo stesso del conflitto israe- suo film, intorno al quale si intreccia- lo di grande responsabilità. In Medio quello di Gerusalemme - città dove ha vis- lo-palestinese, è l’apoteosi dell’occupazio- no temi simbolici e drammaticamen- Oriente, infatti, dovrebbe impegnarsi di suto per anni e vive - da dove la regista ne israeliana in Palestina. Questa barriera, te pratici. Come il contadino palesti- più, intervenire, invece Israele continua a racconta di aver «portato a casa» l’esperien- come la chiamano gli israeliani, che supere- nese al quale la «barriera» ha porta- fare qualunque cosa. Il muro, per esem- za più sorprendente. «Tel Aviv, Haifa, Ge- rà i 600 chilometri di lunghezza, non è to via la terra o i lavoratori che devo- pio... Lo scorso luglio la Corte internaziona- rusalemme - racconta Simone Bitton - il semplicemente un muro di separazione-si- no fare chilometri e chilometri in le di giustizia ne ha chiesto lo smantella- mio film ha fatto il giro di Israele. Certo curezza come dice la propaganda israelia- più per andare a lavorare, quando mento poiché l’ha riconosciuto una «annes- non nei circuiti commerciali ma nelle cine- na, ma è un ulteriore atto per espropriare addirittura non possono più... sione di fatto» che viola le leggi internazio- teche, veri luoghi di dibattito e di confron- la terra ai palestinesi, per chiuderli in pri- È questa, infatti, la tragedia che s’inseri- nali. Ebbene, nulla è successo. E pure l’Eu- to. Le proiezioni sono sempre state affolla- gione, per spingerli ad andare via. In certi sce pienamente nell’idea dominante di que- ropa continua a guardare. Per fortuna, pe- tissime. Tantissimi giovani soprattutto. E punti, come ad Abu Dis, per esempio, un sto inizio di terzo millennio: i muri, veri o rò, la gente ha voglia di sapere e di conosce- tutti a farsi domande, a porsi interrogativi: sobborgo di Gerusalemme, il muro ha ta- virtuali, come rifiuto della condivisione, re, come ha dimostrato questa lunga tour- anche gli israeliani, come voi, il muro lo gliato a metà l’area al punto che i morti per del metissage. Muri che sono sempre i più née nella quale ho «accompagnato» il mio vedono solo in tv poiché non spezza i loro essere sepolti al di là della «barriera» sono forti a tirare sù, per proteggersi dai più film. Finalmente le persone hanno capito alberi come ai palestinesi, non è davanti portati via con la gru. deboli visti, invece, come una minaccia. Lo che quel muro riguarda tutti, poiché il san- alle loro finestre e molti lo hanno scoperto E nella sua vita cosa ha cambiato il stato di Israele che col muro circonda, im- gue che scorre laggiù potrebbe portare a soltanto attraverso il mio film». muro? Il muro in Palestina raccontato dal film di Simone Bitton prigiona i palestinesi, in realtà è lui stesso a scorrerne molto altro anche da noi