OPERA IPOGEA Storia Cultura Civiltà Ambiente 1-2/ 2008

Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Sala Conferenze Museo Archeologico Nazionale

nel decennale della Federazione Speleologica Campana

Rivista della Società Speleologica Italiana Commissione Nazionale Cavità Artificiali ABBONAMENTO OPERA IPOGEA 2009 OPERA IPOGEA Memorie della Commissione Nazionale Cavità Artificiali Nome ...... Cognome ......

Semestrale della Società Speleologica Italiana Società, Associazione, Istituto ………………………...... …......

Anno 10 - Numeri 1/2 - Gennaio/Dicembre 2008 Indirizzo …………...... Autorizzazione del Tribunale di Bologna N. 7702 dell’11 ottobre 2006 CAP ...... Città ...... Prov. ……......

Cod. Fiscale - P. IVA (necessari per la fatturazione) …...... Proprietario: Società Speleologica Italiana

Indirizzo di spedizione delle fatture (se diverso): ………………...... ……………………………………….….. Direttore Responsabile: Carla Galeazzi

……………………………………………………...... …………………………………………………………………..… Comitato Scientifico: Ezio Burri, Giulio Cappa, Roberto Caprara, Franco Dell’Aquila, Paolo Guglia, Aldo Messina, Roberto Nini, Odoardo Papalini, Mario Parise, Telefono ...... /…………...... …….. Altro recapito tel. …...... /………...... ………… Fax …...... /…………………………………. Fabio Redi, Italo Riera, Vittorio Castellani † Indirizzo e-mail per comunicazioni: …...... …………………………. Redazione: Sossio Del Prete Ai sensi dell’art. 10 della Legge 31/12/1996 n.675, la Società Speleologica Italiana, con sede in Bologna via Zamboni 67, titolare del trattamento dei dati sopra contenuti, La informa che il trattamento ha come finalità: Sede della Redazione: 1) farLe pervenire in abbonamento la rivista di cui sopra e adempiere agli obblighi fiscali e contabili connessi; c/o Sossio Del Prete - Via Ferrarecce, 7 - 81100 Caserta 2) poterLa aggiornare sulle future iniziative editoriali. [email protected] Il trattamento sarà effettuato con elaboratori elettronici e/o sistemi cartacei. Relativamente alla finalità di cui al punto 1 i dati Recensioni: potranno essere comunicati ad altri soggetti, la cui attività si renda necessaria per eseguire la prestazione da Lei richiesta Roberto Bixio - Via Avio, 6/7 - 16151 Genova (ad esempio stampatori, incellofanatori, ecc.). Il conferimento dei dati è facoltativo. Il mancato conferimento/consenso al trattamento o alla comunicazione suddetta per la finalità di cui al punto 1 impedisce di poter ricevere in abbonamento la rivista o l’abbonamento suddetto. Il mancato conferimento/consenso al trattamento od alla comunicazione suddetta per la finalità di cui al punto 2 impedisce di essere informati sulle future iniziative editoriali della titolare. Alla titolare può rivolgersi per far valere i Sui diritti, così come previsti dall’art. 13 L.675/96, quali esemplificativamente: il diritto di ottenere la confer- ma dell’esistenza di dati personali che La riguardano, nonché informazioni sul trattamento; il diritto di ottenere la cancella- zione e l’aggiornamento dei dati trattati; il diritto di opporsi al trattamento dei dati nei limiti previsti dalla Legge. Consenso al trattamento ed alla comunicazione, di cui alle finalità 1 e 2 dell’informativa.

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Inviare questa sola pagina, compilata, insieme all’attestazione di pagamento, a Redazione Opera Ipogea - Abbonamenti e Vendite: [email protected]

La rivista viene inviata in omaggio ai gruppi associati alla SSI OPERA IPOGEA STORIA CULTURA CIVILTà AMBIENTE Prezzo di copertina: Euro 40,00 Rivista semestrale della Società Speleologica Italiana Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 7702 dell’11 ottobre 2006 (già registrata presso il Tribunale di Genova) Forme di pagamento: Bonifico bancario a favore della Società Speleologica Italiana TARIFFE 2009 Unicredit Banca spa - Filiale di Bologna Abbonamento ordinario 2009 (due numeri) ...... € 25,00 IBAN IT41Z0200802457000000621694 Abbonamento per l’estero Europa ...... € 30,00 Versamenti su CCP n. 58504002 Abbonamento estero Paesi extra europei ...... € 45,00 intestato a Società Speleologica Italiana - Via Zamboni, 67 - 40126 Bologna Carta di credito inviare un fax al numero 051250049 Numeri arretrati dal 1999 al 2004 (per copia) ...... € 10,00 indicando numero della carta, scadenza, e nome dell’intestatario, importo da trattenere e causale. Numeri arretrati nuova serie 2005 – 2006 (doppi - per copia) ...... € 25,00 Numero 1-2007 – 2-2007 (per copia) ...... € 20,00 Il contenuto e la forma degli articoli pubblicati impegnano esclusivamente gli Autori. Numero 1-2/2008 (consistenza doppia - per copia) ...... € 40,00 Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo senza il consenso scritto degli autori. Opera Ipogea NON RICEVE CONTRIBUTI ed è inviata in OMAGGIO AI GRUPPI SSI (in regola con il versamento della quota associativa) Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 

nel decennale della fondazione

Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali

Napoli 3o maggio - 2 giugno 2008 Sala Conferenze Museo Archeologico Nazionale

Con il patrocinio di:

Consiglio Nazionale dei Geologi

Sezione di Napoli  OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali Napoli 30 maggio – 2 giugno 2008 Sala Conferenze Museo Archeologico Nazionale © Federazione Speleologica Campana

Coordinamento editoriale Sossio Del Prete

Comitato Organizzatore Rossana D’Arienzo, Annalisa Del Prete, Sossio Del Prete, Umberto Del Vecchio, Francesco Maurano, Rossella Tedesco, Rosario Varriale

Comitato Scientifico Sossio Del Prete, Roberto Bixio, Ezio Burri, Giulio Cappa, Carla Galeazzi, Carlo Germani, Paolo Guglia, Ulisse Lapegna, Mario Parise, Maria Luisa Perissinotto, Alfonso Piciocchi

Composizione e impaginazione: Franco Gherlizza, Lino Monaco

Foto di copertina: Acquedotto delle Fontanelle, Roccarainola (F. Maurano)

Foto quarta di copertina: Miniera di Bauxite, Cusano Mutri (F. Maurano)

Stampa: Litosei s.r.l. Officine Grafiche Via Rossini, 10 - 40067 Rastignano (BO) - Tel. 051744539

Con il patrocinio di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione , Provincia di Napoli, Comune di Napoli Consiglio Nazionale dei Geologi, Commissione italiana per l’Anno Internazionale del Pianeta Terra, Università degli Studi del Sannio, Ordine dei Geologi della Campania, Ente Parco Metropolitano delle Colline di Napoli, Centro Studi Interdisciplinari Gaiola, Club Alpino Italiano Sezione di Napoli, Società Speleologica Italiana, Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico

Con il contributo di: Ordine dei Geologi della Campania, Centro Studi Interdisciplinari Gaiola, Club Alpino Italiano Sezione di Napoli, Società Speleologica Italiana, ALP-DESIGN, Duegi Sport, Arbiter.

Si ringraziano: Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei per la messa a disposizione della Sala Conferenze SEPSA - Ferrovie ed Autolinee Napoli “Napoli Sotterranea” e “Museo del Sottosuolo” Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008  Indice

Editoriale...... 5 Carla Galeazzi

Il saluto della Società Speleologica Italiana...... 6 Carlo Germani

La Federazione Speleologica Campana nel decennale della sua fondazione (1998-2008)...... 7 Sossio Del Prete

Ahlat (Turchia): prime osservazioni sui sistemi idrici rupestri...... 11 Roberto Bixio, Andrea De Pascale, Alessandro Maifredi, Mauro Traverso

Considerazioni geo-archeologiche preliminari sugli acquedotti settecenteschi di Gravina in Puglia (Bari)...... 21 Giovanni Bruno, Silvana Magni, Michele Parisi

Nota esplorativa sul qanat delle Fontanelle di Roccarainola (Napoli).....29 Domenico Capolongo, Sossio Del Prete, Michele Manco, Francesco Maurano

L’insediamento del Castello di Cordigliano (Viterbo, Lazio)...... 39 Giulio & Emanuele Cappa, Alberta Felici

I pozzi collegati ai condotti sotterranei degli acquedotti antichi...... 47 Giulio Cappa

I cunicoli del Monte Tuscolo (Roma, Lazio)...... 63 Ruggero Capulli

Gli acquedotti di Praeneste (Palestrina, Roma)...... 63 Luigi Casciotti

Esperimento sul rumore sismico alla Grotta di Seiano (Campi Flegrei): tecniche di acquisizione e primi risultati...... 79 Norma Damiano, Rosalba Maresca, Lucia Nardone, Danilo Galluzzo

Zonizzazione geomeccanica di gallerie minerarie abbandonate: il caso di studio della miniera di Fontana Tasso (Monti del Matese, Campania)...... 89 Sossio Del Prete, Giuseppe Di Crescenzo

L’antico acquedotto romano del Saturo (Taranto, Puglia)...... 107 Michele De Marco, Patrizia Guastella, Aurelio Marangella, Mario Parise

Aree funerarie e luoghi di culto in rupe: le cavità artificiali campane tra tarda antichità e Medioevo...... 117 Carlo Ebanista, Maria Amodio

Insediamenti rupestri di età Medievale in Molise: luoghi di culto e abitazioni...... 145 Carlo Ebanista, Massimo Mancini

Le peschiere di Lucullo (, Napoli)...... 163 Alessandra Benini, Graziano Ferrari, Raffaella Lamagna

Sancti Laurentii, sive paese vecchio relazione preliminare...... 173 Carla Galeazzi, Barbara Bottacchiari  OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Lavori di recupero nell’Acquedotto del Triglio (Taranto, Puglia) e monitoraggio delle acque...... 179 Giacinto Cosimo Gentile, Salvatore Ficocelli

Ponte Terra (San Vittorino, Roma): nuove indagini speleologiche...... 185 Carlo Germani

Capofonte e Gallerie Superiori dell’Acquedotto Teresiano: indagini sulle opere sotterranee di captazione e sul pavimento attrezzato con canalizzazioni per il trasporto dell’acqua...... 201 Paolo Guglia

Gli ipogei funerari ellenistici di Napoli. Ipotesi di recupero, valorizzazione e fruizione...... 211 Francesco Colussi, Carlo Leggieri

Il complesso di gallerie drenanti Chianatelle-Felice-Olivella nel Parco Nazionale del Vesuvio (Napoli)...... 225 Paolo Madonia, Rossella Barile, Danilo Colomela, Paola Conti, Cinzia Federico, Pasquale Giugliano, Raffaele Mascolo, Vincenza Messina, Maurizio Melosu

Situazione aggiornata del Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana...... 235 Marco Meneghini

La cisterna romana sotto la piazza del centro storico di Caiazzo (Caserta, Campania)...... 261 Manuela Merlo, Laura Pinelli, Natalino Russo

La riscoperta miniera di lignite di Acerno (Monti Picentini, Salerno)...... 267 Mario Petrosino, Francesco Bennet, Raffaella D’Angelo, Giovanna Fiorillo, Davide Napoli, Giuseppe Saggese, Sergio Santomauro, Vincenzo Sessa

Il sistema rupestre di località Macurano presso Montesardo (Lecce, Puglia)...... 273 Mariangela Sammarco, Mario Parise, Gian Piero Donno, Salvatore Inguscio, Emanuela Rossi

Studi e ricerche speleologiche sul sistema degli ipogei di Masseria Lonoce in agro di Grottaglie (Taranto, Puglia)...... 283 Arcangelo Fornaro, Antonio Vincenzo Greco, Aurelio Marangella, Patrizia Maranò, Angelo Nuzzo, Mario Parise, Gian Claudio Sannicola

Le miniere di ittiolo come patrimonio geologico per la valorizzazione di un territorio (Monti Picentini, Giffoni Valle Piana, Salerno)...... 295 Elia Sciumanò, Sergio Genco, Sandro Mancino

Le Grotte di Trentaremi e le altre Cavità costiere dell’Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola (Golfo di Napoli): aspetti geoarcheologici ed ecologici...... 307 Maurizio Simeone, Paola Masucci, Guido Villani, Alberto Pagliarani, Fabio Nigro

La Grotta del Cane: l’esplorazione ed il rilievo di un geosito artificiale ipogeo nell’area vulcanica dei Campi Flegrei...... 315 Rosario Varriale Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008  Editoriale Il numero “dieci” è circolare, rotondo, e racchiude in sé il senso di un ciclo: un decennio è un periodo sufficientemente lungo per considerare completa- ta una prima fase. Con questo numero della rivista concludiamo i primi dieci anni di Opera Ipogea, pubblicando gli Atti del VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali, organizzato dalla Federazione Speleologica Campana nel decennale della sua costituzione. Due eventi concomitanti, uniti anche a livello editoriale per consolidare sinergie destinate a protrarsi proficuamente negli anni a venire.

Il Convegno, ed il volume degli atti che ne deriva, ha visto la numerosa partecipazione di speleologi, studiosi e professionisti di varie discipline (in primis archeologi e geologi). Numerosi e di alto profilo tecnico, scientifico ed esplorativo, sono stati i contributi pervenuti da ogni parte d’Italia. Sono state dedicate ampie sessioni alle opere idrauliche, in linea con il Progetto Nazionale Carta Antichi Acquedotti coordinato dalla Commissione Cavità Artificiali della SSI, alle opere insediative civili e di culto e alle opere estrattive. Significativi anche gli interventi dedicati al recupero ed alla va- lorizzazione degli insediamenti sotterranei, troppo spesso obliterati e che, al contrario, rappresentano un’importante opportunità di sviluppo per il turismo potendo a buon titolo inserirsi in percorsi didattici e culturali.

È il mio ultimo numero da direttore, dal prossimo la “barra del timone” passa a Paolo Guglia, amico stimatissimo, al quale rivolgo auguri di buon lavoro. Lascio ampiamente consolidato il progetto editoriale varato dalla Commissione Cavità Artificiali SSI nel 1995, assunto da me come “impe- gno alla realizzazione” nel 1997 e trasformato in rivista nel 1999, certa che l’attuale assetto redazionale contribuisca in modo determinante a concre- tizzare le prospettive di crescita della rivista.

Tanti gli articoli ospitati in questi anni, per altrettante pagine di storia svelate ai nostri lettori. Un viaggio nel tempo e nella memoria reso possibile dalla fiducia concessa alla nostra commissione da Giovanni Badino in qualità di Presidente SSI, dalla disponibilità di Marco Merli (per Edizioni Erga) senza il quale il viaggio non sarebbe probabilmente mai iniziato, dalla meravigliosa capa- cità di convincimento che era propria di Vittorio Castellani e in larga parte dovuta alla mia incoscienza di allora. Ai colleghi che in questi anni si sono avvicendati alla redazione va il mio sentito ringraziamento. Nonostante qualche “incidente di percorso”, che sa- rebbe sciocco omettere, sono certa che ciascuno abbia contribuito al meglio delle proprie possibilità, spendendo tempo e fatica per consentire l’uscita della rivista. Le prospettive per il futuro sono assai ottimistiche ed i proble- mi, fortunatamente, ormai alle spalle.

Alla “piccola rivista dai grandi contenuti” (come la descrivevamo nel volan- tino promozionale fai-da-te che distribuimmo con il numero zero), prima in Italia ad occuparsi di antiche opere ipogee ed ancora unica nel panorama editoriale italiano, i più cari auguri di buon proseguimento e di rapida crescita. Cento di questi giorni!

Carla Galeazzi  OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Il saluto della Società Speleologica Italiana Carlo Germani

Vice presidente della Società Speleologica Italiana

La Società Speleologica Italiana, associazione nazionale di riferimento degli speleologi italiani, ha come impe- gno fondamentale, statutario, la conoscenza e la salvaguardia dell’ambiente ipogeo inteso nella sua accezione più ampia, comprendendo quindi anche il mondo sotterraneo dovuto alla mano umana, scavato. Come sarà poi meglio illustrato nel corso del convegno, la speleologia in cavità artificiali, cioè lo studio delle opere ipogee antropiche di importanza storica, è sempre stata presente nell’attività della SSI e dal 1981 ne è divenuta parte strutturale con l’istituzione di una apposita Commissione di studio. Commissione ampiamente presente in questo convegno con numerosi lavori e soprattutto attraverso due progetti che ritengo fondamentali: il Catasto nazionale delle cavità artificiali e il Censimento degli antichi acquedotti italiani. Il primo rappresenta il compendio in continuo aggiornamento di quanto realizzato dagli speleologi in questo campo, il secondo, anche se non ancora perfettamente delineato, costituisce già un punto di riferimento per gli studiosi del settore ed ha al suo attivo varie pubblicazioni. Un altro aspetto della speleologia di cui SSI cerca di essere interprete è quello della tutela dell’ambiente, anche in questo caso inteso in una accezione ampia, comprendendo anche le opere sotterranee dovute all’ingegno umano. Il sottosuolo di Napoli ne è esempio eclatante. Se ne è già parlato e molto se ne parlerà nel corso del Convegno. Vorrei solo sottolineare che la SSI sarà sempre attenta e presente sul tema fondamentale della conservazione e del recupero delle cavità artificiali, meglio se tale operazione fosse vista nell’ottica di un piano più ampio, integrato, di salvaguardia del sottosuolo delle città storiche e di Napoli in particolare. Grazie

Da sinistra verso destra Carlo Germani, Ezio Burri e Sossio Del Prete. Left to right Carlo Germani, Ezio Burri, and Sossio Del Prete. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008  La Federazione Speleologica Campana nel decennale della sua fondazione (1998-2008) Sossio Del Prete

Presidente della Federazione Speleologica Campana

La Federazione Speleologica Campana (FSC) è stata fondata a Salerno il 27 Settembre 1998 ed è una libera associazione senza fini di lucro costituita dai Gruppi Speleologici e dagli speleologi della Campania. Rientrano tra gli scopi statutari la difesa e lo sviluppo della speleologia come libera attività d’esplorazione, divulgazione, ricerca scientifica e impegno sociale; la salvaguardia dell’ambiente carsico, ipogeo, epigeo e delle cavità in gene- rale; la promozione e la collaborazione tra i gruppi speleologici della regione, rappresentandone le istanze presso Istituzioni ed Enti; la promozione, la collaborazione e lo scambio d’informazione tra speleologi della Campania e quelli di differenti regioni e nazionalità. Sostanzialmente, la FSC svolge un’azione di coordinamento dei vari gruppi che vi aderiscono indirizzandone l’attività verso obiettivi comuni e gestisce, aggiorna e conserva i Catasti Regionali delle cavità.

Nonostante le incertezze che sembravano porsi all’inizio di un cammino apparentemente ancora poco chiaro, grazie a quei pochi che hanno creduto in questa realtà sin dall’inizio e che hanno messo da parte la partigianeria di gruppo, nell’arco di questa prima decade sono stati avviati e portati a termine con ottimi risultati, importanti collaborazioni a programmi e progetti che hanno dato risalto e lustro alla speleologia campana da troppo tempo caduta nell’oblio.

Tra i principali traguardi conseguiti e le collaborazioni prestate in questo periodo, degni di nota sono la realiz- zazione del SIT delle Cavità Naturali della Campania ed Atlante delle Cavità; la realizzazione del WebGIS delle Cavità Naturali per la Regione Campania; la collaborazione al Progetto Carta Antichi Acquedotti, al Progetto “Atlante della Speleologia”, al Progetto Speleoteca per una catalogazione partecipata delle biblioteche speleologi- che; l’organizzazione del I Convegno Regionale di Speleologia e di questo VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali.

Puntuale è anche la presenza a manifestazioni pubbliche di carattere culturale e ambientale finalizzate al- la conoscenza, alla salvaguardia e valorizzazione delle aree carsiche, come Parchinmostra; le Giornate della Speleologia “L’acqua che berremo”; Puliamo il Buio.

In questo contesto non si contano le numerose esplorazioni condotte in Italia ed all’estero (in particolare a Cuba e in Grecia) condotte dai vari gruppi federati.

Scolaresche in visita alla mostra allestita in occasione del I convegno regionale. School-children visit the showroom during the first regional conference of speleology.  OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Una schermata del WebGIS del Catasto delle Grotte della Campania. WebGIS screen of Campania region caves cadastre.

Il progetto di informatizzazione del Catasto Grotte Nell’ambito del progetto, l’Atlante rappresenta solo il prodotto più visibile di un’attività molto complessa che è durata circa 3 anni e che ha coinvolto circa 80 speleologi L’opera realizzata ha ricevuto riscontri molto positivi anche al di fuori del mondo speleologico. Il volume consta di 624 pagine in quadricromia, 24 capitoli, 150 rilievi di grotte, 230 foto a colori, elenco completo delle grotte al 2005 (1009), 982 referenze bibliografiche, 197 voci di glossario, 9 tavole cartografiche formato A1, 1 DVD-rom. Hanno collaborato alla realizzazione del volume e di tutto il progetto nel suo complesso 37 autori, 57 fotografi, i 6 gruppi speleologici federati. L’obiettivo principale di tutto il progetto è stata l’informatizzazione del Catasto delle grotte e la realizzazione di un SIT delle cavità naturali. Buona parte del lavoro, e sicuramente la più faticosa, ha riguardato: la verifica sul campo di oltre 1000 ingressi e rilievi topografici; la digitalizzazione dei rilievi delle grotte sia vecchi che nuovi; la realizzazione del data base del Catasto Grotte e del Sistema Informativo Territoriale (SIT). A seguito del positivo risultato conseguito, si rafforza la collaborazione con l’ente Regione che nel 2007 incarica la FSC di realizzare anche un WebGIS del catasto delle Grotte Naturali per la consultazione on line che viene portato a termine nel settembre 2007 e pubblicato on line nel 2008 realizzando un prodotto all’avanguardia a livello nazionale ed europeo.

Carta degli antichi acquedotti italiani Il primi risultati del Progetto della Carta degli Antichi Acquedotti, coordinato dalla Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana, sono stati oggetto di una monografia pubblicata sulla rivista Opera Ipogea. Per la Campania sono state prodotte le schede di 10 antichi acquedotti rispondenti alle caratteristiche del pro- getto ed è stata stilata una rassegna bibliografica corredata da un articolo illustrante le principali peculiarità delle opere censite.

Progetto IPODATA Il Progetto IPODATA è nato da una collaborazione tra l’INGV e la SSI tesa all’individuazione di ipogei atti alla collocazione di sismometri a larga banda e delle relative apparecchiature per la trasmissione in continuo dei dati al centro di acquisizione dell’INGV a Roma. In quest’ambito la FSC ha collaborato alla individuazione dei potenziali siti che hanno portato all’installazione di una stazione in una delle miniere di bauxite di Cusano Mutri (Monti del Matese). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008  Il progetto “Atlante della Speleologia” Proposto da Paolo Forti e coordinato da Jo de Waele dell’Istituto Italiano di Speleologia e della SSI, è stato avvia- to nel giugno 2006. Prevede la realizzazione di lezioni su supporto informatico sui vari argomenti di Speleologia e Carsismo allo scopo di realizzare un pacchetto didattico da utilizzare nei corsi di Speleologia (dal I al III livello) ed universitari. Ad oggi sono state realizzate circa 40 lezioni a cui speleologi campani hanno collaborato con te- sti e foto. Il lavoro verrà presentato al XX Congresso Internazionale di Speleologia nel luglio 2009 a Kerville, in Texas, dove i vertici dell’UIS hanno accolto con grande interesse il progetto che verrà pubblicato in più lingue.

I Convegno Regionale di Speleologia, nasce “Campania Speleologica” Nel giugno 2007, in occasione del primo decennale del Gruppo Speleologico Natura Esplora (tra i gruppi fondato- ri della FSC), viene finalmente celebrato anche il I Convegno Regionale di Speleologia “Campania Speleologica” che riscuote un grande successo di pubblico annoverando anche la presenza di una folta delegazione estera di speleologi cubani. Numerosi e di alto profilo scientifico esplorativo sono i contributi (28) non solo degli speleologi campani ma an- che di studiosi e speleologi di altre parti d’Italia e della delegazione cubana.

Il Centro di Documentazione Speleologica “F. Allocca” La FSC dispone di un patrimonio librario di circa 1000 volumi tra documenti storici, periodici, atti di convegni e monografie inerenti studi e ricerche del mondo sotterraneo, nonché audiovisivi e cartografie tematiche. Ha rap- porti di scambio pubblicazioni con diverse biblioteche speleologiche ed istituzionali. Presso il Centro di Documentazione Speleologica sono consultabili diversi testi e documenti storici inerenti le esplorazioni speleologiche in Campania e non solo. Prestigiose e numerose sono anche le opere monografiche che arricchiscono la collezione ed altrettanto ricco è il corredo di audiovisivi che ampia diffusione stanno avendo soprattutto negli ultimi anni.

Il Progetto Speleoteca È in corso l’archiviazione informatica di tutti i testi posseduti per la realizzazione di una rete di biblioteche spe- leologiche sul territorio regionale. La Biblioteca FSC collabora al Progetto Nazionale di Catalogazione Partecipata coordinato dal Centro Italiano

Gli Atti del I Convegno Regionale e il volume monografico “Grotte e Speleologia della Campania”. The anthology of the first regional conference of speleology and the monograph “Cave and speleology of Campania”. 10 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 di Documentazione Speleologica “F. Anelli” di Bologna, con il fine ultimo di realizzare una “Speleoteca” naziona- le che consenta la consultazione e la gestione catalografica on line.

La Federazione on line Il sito web www.fscampania.it, aggiornato e “ristrutturato” rappresenta un po’ la sintesi ed il biglietto da visita di tutte le attività della FSC e dei suoi GSF. Il sito è ricco di informazioni esposte in modo semplice ma rigoroso, con approfondimenti, glossario e photogallery ed è visitato da numerosi studenti. Una sezione importante è dedicata alla storia della speleologia campana … per non dimenticare da dove siamo venuti e chi ci ha preceduto! Non mancano, infine, notizie sulle attività didattiche svolte dai GSF e patrocinate dalla FSC, nonché riferimenti per contattare tutti i GSF o gli incaricati di settore della FSC.

Concludendo, in questi ultimi anni la FSC, grazie al fondamentale contributo dei gruppi speleologici della regio- ne che ad essa afferiscono, ha avuto modo di crescere sempre più ma soprattutto di maturare e prendere sempre più coscienza delle sue potenzialità. La celebrazione del decennale con un convegno dedicato alla speleologia in cavità artificiali è il miglior esempio di questa maturità che si rispecchia nella multidisciplinarietà e nella diver- sificazione della ricerca e della esplorazione speleologica.

L’auspicio e l’augurio è che queste potenzialità e questa maturità, nel pieno rispetto delle identità dei singoli gruppi che la compongono, siano anche per le future generazioni di speleologi campani sinonimo di esplorazioni, ricerche e collaborazioni intergruppi principi base sui quali poggia le fondamenta e si rafforza lo spirito federa- tivo e la speleologia vera.

Piscina Mirabilis, Bacoli 1 giugno 2008, foto ricordo dei partecipanti. , Bacoli 2008 june 1, photo of the conveners. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 11 Ahlat (Turchia): prime osservazioni sui sistemi idrici rupestri*

Roberto Bixio1, Andrea De Pascale1,2, Alessandro Maifredi1, Mauro Traverso1

1 Centro Studi Sotterranei: via Avio 6/7, 16151 Genova - [email protected] 2 Museo Archeologico del Finale - Istituto Internazionale di Studi Liguri, sez. Finalese

Riassunto

Con i pochi dati a disposizione acquisiti nella prima spedizione condotta nel 2007 nel sito archeologico di Ahlat (Turchia orientale) si tenta una ricostruzione preliminare dei sistemi idrici rupestri e sotterranei a servizio, probabilmente, della città storica, di epoca selgiuchide e dei contigui insediamenti rupestri. Si ritiene che tali opere non servissero tanto ad approvvigionare la città, edificata in una conca attraversata dal torrente prin- cipale, e dunque con buona disponibilità idrica, quanto a consentire l’irrigazione degli ampi terrazzamenti circostanti, posti a quote più elevate, e/o a fornire di acqua corrente specifici edifici, come i bagni pubblici.

Parole chiave: Ahlat, Van, Turchia, Armenia, acquedotti, idraulica, rupestre, sotterraneo.

Abstract

Ahlat (Turkey): preliminary remarks on the rocky hydric systems In 2007, following an invitation by the Gazi Universitesi of Ankara, we performed a preliminary survey on the rocky settlements in the archeological site of Ahlat, Lake Van, Eastern Turkey. The archeological investigations have shown that the area, placed at an average altitude of 2000 m on the sea level, is mo- stly formed by pyroclastic deposits. The abundant torrent-like waters, with a regressive action, have given origin to many deep valleys with cross sections in the form of terraces. In this ambient many civilizations appeared one after the other, among which the Urarteans (IX century b.C.), the Armenians (from 500 b.C. till the beginning of the XX cent.); Persians, Romans, Byzantines, Arabs; the Mongols (XIII/XV cent.); the Seljuk Turks and, afterwards, the Ottoman Turks from the year 1071. The inhabitants of these places have carried out, beside masonry buildings, rocky sites of various type: settlements, cult rooms, hydraulic works. Even if we have few data at our disposal, in this paper we try a preliminary diachronic description of the construction and abandonment phases of the ancient works, rocky and underground, for water transport; of the reasons for their use, and of their relations with modern canalizations. We believe that these works were not made to supply the ancient Seljuk town, built in a hollow crossed by the main stream and therefo- re well provided with water, but rather to irrigate the wide nearby terraces, placed at a higher level, and/or to supply with running water specific buildings, like public baths.

Key words: Ahlat, Van, Turkey, Armenia, waterworks, hydraulics, rocky, underground.

La missione city excavation”, su invito della direttrice, prof. Nakis Karamagarali, della Gazi Universitesi di Ankara, su li- Dopo dieci anni di indagini in Cappadocia, nel cuore cenza del Ministero della Cultura turco. La missione ha dell’Anatolia, e ad Anì, sul confine con l’Armenia, nel avuto il patrocinio della Società Speleologica Italiana. 2007 il Centro Studi Sotterranei ha dato inizio a una nuova campagna esplorativa in Turchia orientale (fig. 1), nella provincia di Ahlat, sulla sponda settentrio- Territorio e geologia nale del lago di Van. Oggetto delle indagini è stata l’individuazione, l’esplorazione e la preliminare docu- Sono state individuate otto grandi aree in cui sono mentazione degli estesi fenomeni antropici rupestri e ampiamente distribuite numerose cavità artificia- sotterranei del sito archeologico di Ahlat (Eski Ahlat) li (alcune della quali ancora in uso ai giorni nostri), e del territorio ad esso limitrofo. tipologicamente molto variegate: strutture abitative, La missione italiana ha sviluppato le proprie ricerche magazzini, piccionaie, opere di culto, opere di transito come parte integrante del progetto “The Ahlat ancient e opere idriche.

*Mentre va in stampa questo lavoro sono state scoperte altre due canalizzazioni sotterranee che saranno oggetto di prossimi interventi. 12 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig.1 - Turchia, area del lago di Van,il sito di Ahlat (grafica R. Bixio). Fig. 1 - Turkey, Lake Van and the Ahlat site (drawing R. Bixio).

Lo sviluppo di opere rupestri e sotterranee, in alterna- Inquadramento storico tiva o a integrazione di strutture costruite in elevato, è stato qui favorito, come era logico aspettarsi, dalla La regione di Ahlat si trova praticamente al centro dei natura geologica della regione. Le rocce sono princi- bacini del Tigri (Dicle Nehri e Botan cay) e dell’Eufra- palmente costituite da depositi di piroclastiti, pomici, te (Firat nehri e Murat nehri) (fig. 1). tufi e lave provenienti da una serie di apparati vul- Qui si sviluppò una delle più antiche civiltà prossime canici, alcuni imponenti, come il Suphan dagi (4.058 alla Mesopotamia, il regno Urartu (IX- inizi VI sec. m), altri ridotti a relitti, le cui manifestazioni si sono a.C.), che contese questi territori ad Assiri, Cimmeri, protratte sino in tempi storici (1441 d.C.) (Khatchikian Sciti e Medi. L., 1955-1967). Lo stesso lago salato di Van (dieci volte A far data almeno dal 520 a.C. si sa che alla civiltà più grande del lago di Garda) è un bacino endoreico, urartea si sovrappose quella degli Armeni, apparenta- a 1.646 metri di quota, formatosi a seguito di una an- ti da Erodoto ai Frigi. tica esplosione della enorme caldera del Nemrut dagi Nel 400 a.C. Senofonte, che qui transitò con la sua ar- (3.050 m) (fig. 2). mata in ritirata, riferisce di scontri con Carduchi (pro- Le oscillazioni del livello del lago hanno originato uno babilmente i Curdi) e Armeni, proprio sul Botan cay. zoccolo da cui le ricche acque torrentizie, in erosione Gli Armeni, che nel 314 d.C. assunsero il cristianesimo regressiva, hanno prodotto una serie di incisioni val- come religione di stato, abitarono ininterrottamente live, con sezione trasversale a terrazzi. Dove la roccia la regione sino a inizio del XX secolo, con alterne vicis- è più tenera si hanno forme dolci e pendenze modeste; situdini: ora titolari di un fiorente regno, ora invasi e nelle rocce più resistenti le morfologie sono aspre e le sottomessi da Persiani, Romani, Bizantini, Arabi. pareti verticali. Le strutture rupestri sono localizzate Nel 1071 d.C., proprio a 40 km da Ahlat, l’imperatore soprattutto in queste ultime, dove le rocce sono facil- bizantino Diogene fu sconfitto dal sultano selgiuchide mente scavabili a mano, ma abbastanza compatte da Alp Aslan, aprendo la via alla progressiva conquista sostenere sale sotterranee anche di grandi dimensioni. di tutta l’Anatolia da parte delle tribù di etnia tur- Purtroppo, tali rocce sono anche molto fragili, suddi- ca. Ad Ahlat si formò un principato selgiuchide, poi vise in giganteschi prismi che tendono a scollarsi per sottomesso ai Mongoli tra il XIII e il XV secolo, ricon- gravità portandosi via parte degli insediamenti pros- quistato dai turchi Ak-Kuyunli e Kara-Kuyunli e poi simi alla superficie. definitivamente dai turchi Ottomani nel 1533. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 13

Fig. 2 - La valle del torrente Kes, qui denominata Harabesehir deresi (vista in direzione sud). La città antica (Eski Ahlat) era collo- cata nella conca contornata da terrazzamenti più elevati. Sullo sfondo la caldera del Nemrut (foto A. Maifredi). Fig. 2 - The Kes valley, locally named Harabesehir deresi (seen southward). The ancient town (Eski Ahlat) was placed in the basin surrounded by higher terraces; on the background the Nemrut caldera. (photo A. Maifredi).

I sistemi idrici La situazione attuale: canali moderni in calcestruzzo (fig. 3) Gli insediamenti sotterranei di Ahlat sino ad ora in- dagati si collocano in un bacino costituito da tre valli Attualmente l’approvvigionamento idrico è assicurato parallele e convergenti, ricche di acqua, ad una altitu- da un moderno acquedotto in orografica destra, indi- dine compresa tra i 1.700 e i 2.200 metri. cato nella carta (fig. 3) con la lettera [A]. Si tratta di In questo breve lavoro preliminare prenderemo in con- una semplice canalizzazione a cielo aperto (acik su ka- siderazione le testimonianze delle opere idriche rupe- nali), costituita da moduli di calcestruzzo. Capta l’ac- stri che sono state osservate nella valle del Kes deresi qua a monte della località di Madavans (fuori carta), e del suo affluente Arkinli (fig. 3). direttamente dal torrente Kes, ad una quota di 1.800 Questa valle rappresenta l’asse principale della metri. Con un percorso di circa quattro chilometri, do- espansione antropica rupestre, ma anche il baricen- po aver raggiunto le parti più elevate del quartiere di tro della città storica (Eski Ahlat) e del suo castello Tahti Suleyman, a una quota di 1.760 metri, prosegue (Eski Kale) che si collocano tra gli odierni quartieri di verso il quartiere di Kacar, ad ovest. Harabesehir, Tahti Suleyman e Iki Kubbe. In questo Anche in orografica sinistra esiste un tratto (abbando- tratto il torrente Kes è oggi chiamato Harabesehir de- nato) di canalizzazione in calcestruzzo modulare (let- resi. tera [B]). Lo sviluppo di circa 1.800 metri è del tutto La relazione, anche cronologica, tra i vari sistemi idrici teorico in quanto oggi è visibile soltanto un troncone di qui presenti è ancora tutta da chiarire. Già le eviden- circa 300 metri (fig. 7), compreso tra il punto [B2], poco ze delle opere moderne che approvvigionano l’abitato a sud della confluenza dell’Arkinli deresi, e le opere di attuale, in parte coincidente con quello rupestre e con presa a monte (non in carta), direttamente sull’alveo la città antica, dimostrano una situazione in evoluzio- del torrente Kes, a 1.750 metri di quota. Forse la po- ne, con sostituzione in tempi brevi di successive cana- sa degli elementi verso valle non è stata neppure mai lizzazioni. In questo contesto proveremo ad avanzare completata. Presumbilmente avrebbe dovuto raggiun- delle ipotesi in base alle tracce sino ad ora individuate gere l’area del quartiere Iki Kubbe e Harabesehir. di almeno due sistemi idrici rupestri, cioè scavati nella Con la lettera [C] è indicata una terza canalizzazione mo- roccia, abbandonati e palesemente più antichi. derna, in calcestruzzo, ubicata in una vallecola (fig. 9), 14 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Carta delle canalizzazioni idriche nella valle del torrente Kes, nei pressi della antica città di Ahlat (Eski Ahlat); grafica R. Bixio. Fig. 3 - Map of the water canalizations along the valley of the Kes stream, near the ancient town of Ahlat (Eski Ahlat); drawing R. Bixio. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 15 350 metri a est del torrente principale. Anch’essa è co- però non è visibile in quanto occultato da cumuli di stituita da elementi in calcestruzzo posati a cielo aper- detriti. Dopo una curva ad angolo retto termina sul to (acik su kanali) ed è dotata di alcuni pozzetti. Ha bordo di una strada (punto [C2]). uno sviluppo di circa 750 metri. La presa a monte (nel Il canale risulta oggi in disuso (fig. 10. Non sappiamo punto [C1]) è in diretta prosecuzione del canale sotter- come distribuisse esattamente l’acqua al quartiere Iki raneo [D], a una quota di circa 1.745 metri. L’imbocco Kubbe.

Fig. 4 - Tracciati schematici dei sistemi idrici rupestri, riportati su una carta del 1898. Sono evidenti le relazioni con l’antica città murata (Eski Ahlat) e con le zone irrigate (oasis). Punto A = Eski Kale. Punto 14 = küçük hamam (grafica R. Bixio). Fig. 4 - Schematic layout of the rocky water systems, sketched on a map of 1898. The connections between the ancient walled town (Eski Ahlat) and the irrigated areas (oases) are evident. Point A=Eski Ahlat, Point 14=kucuk hamam (drawing R. Bixio). 16 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

La situazione attuale: canali antichi scavati in roccia (fig. 3 e 4)

Tra il punto [D3] e il villaggio di Kulaksiz (fig. 3), a nord, è indicato il tracciato quasi rettilineo di circa 800 metri di un canale sotterraneo (yeralti su kana- li), scavato nella roccia viva con la tecnica detta “in galleria”. Anch’esso è attualmente in disuso. A cau- sa di crolli ed occlusioni, è stato possibile esplorarne soltanto brevissimi tratti (nei punti 20 e 21 in fig. 11 e 12). La presa [D1], allagata, si trova presso una abi- tazione del villaggio di Kulaksiz, a circa 1.760 metri di quota, presso un piccolo bacino idrico a cielo aperto alimentato dal torrente Arkinli. Il traforo, orientato N-S, sottopassa il terrazzamento nel punto [D2] do- ve si calcola il massimo spessore di roccia (circa 40/50 metri). Lo sbocco, nel punto [D3] (vedi fig. 9), si trova a una quota di circa 1.450 m. Non sappiamo in che misura l’attuale canalizzazione moderna [C], ancorché abbandonata (fig. 10), si sia sovrapposta o abbia modi- ficato una eventuale precedente canalizzazione a valle del punto [D3].

Fig. 5 - Canale idrico rupestre, scavato con la tecnica “in trin- cea”, a cielo aperto (foto A. De Pascale). Fig. 5 - Rocky water canal, dug with the “open trench” tech- nique (photo A. De Pascale).

Fig. 6 - Traforo nella cavità [E5] (foto A. Maifredi). Fig. 6 - Tunnel in cave [E5] (photo A. Maifredi). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 17

Fig. 7 - Troncone della canalizzazione moderna [B], in orografica sinistra del torrente Kes (foto A. Maifredi) Fig. 7 - Remain of the modern canalization [B], on the left bank of the Kes stream (photo A. Maifredi)

Infine, sulla sponda sinistra del Kes deresi, a valle del- sono dunque molte probabilità che il condotto, nella la confluenza dell’Arkinli deresi, a un livello superiore sua estensione originale, avesse funzioni di trasporto alla canalizzazione [B], sono state identificate alcune idrico in diretta relazione con i resti della canalizza- tracce (kanal bacası, punti [E2] e [E3]) di una canaliz- zione rupestre [E2] e [E3] in trincea (fig. 5), le cui quo- zazione scavata in trincea, a cielo aperto, direttamen- te sembrerebbero compatibili. In tal caso il percorso te nella roccia del pendio (fig. 5). Si segnala che nel complessivo, dal punto [E1] al punto [E6], sarebbe di punto [E4], in orografica destra del torrente Kes, vi circa 1.800 metri. Ovviamente, nel caso che la strut- sono i resti di un massiccio muro, edificato con massi tura nel punto [E4] fosse davvero un ponte-canale, le squadrati, collocato ortogonalmente alla valle (fig. 8). ipotesi sul sistema di distribuzione dell’acqua sareb- L’opera doveva essere già in rovina all’epoca dei viaggi bero da riconsiderare. di Lynch, a fine Ottocento, che scrive: “Un tempo [il corso d’acqua] era attraversato da un ponte di pietra ad arcata unica.” (Lynch, 1990). Potrebbe trattarsi Ipotesi sequenza diacronica del piedritto di un ponte-canale. Infatti, sulla carta archeologica, è segnalato come “su kemeri”, cioè “ac- Nota. Lo sviluppo di tutti i tracciati è approssimativo quedotto”. Ma questo fatto non risulta per il momento in quanto, per ora, si conoscono con certezza i punti accertato. di captazione (presa), ma non esattamente quelli di Più a valle, nel punto [E5], su uno sperone di roccia arrivo (distribuzione). strapiombante, si notano due cunicoli perfettamente allineati (fig. 6) che attraversano una camera sotter- Fase antica 1) Canalizzazione [E]: ranea. Il traforo oggi inizia e finisce nel nulla, sospe- kanal bakasi. so nel vuoto, a diversi metri di altezza. Bisogna però Sviluppo (ipotetico) 1.800 m – quota presa [E1] 1.750 considerare che tutta l’area è stata oggetto di estesi m. – quota distribuzione [E6] 1.720 m. fenomeni di collassamento che hanno modificato in Sembra la canalizzazione più antica. Probabilmente è modo rilevante la morfologia del versante, ritagliando stata realizzata non tanto per rifornire l’insediamen- una porzione più o meno estesa del doppio cunicolo. Vi to, quanto per irrigare il terrazzamento, a 1.720 metri 18 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 8 - Resti in muratura di un’arcata, forse un ponte-canale in orografica destra del torrente Kes (foto A. Maifredi). Fig. 8 - Masonry remains of an arch, perhaps a canal-bridge on the right bank of the Kes stream (photo A. Maifredi).

di quota, attiguo alle mura orientali della città antica A seguito della instabilità del versante in orografia si- (Eski Ahlat) e, forse, rifornire d’acqua corrente i due nistra del Kes deresi, la canalizzazione [E] viene erosa bagni pubblici (kücük e büyük hamam). e, dunque, abbandonata. In sostituzione forse si rea- È possibile che una derivazione attraverso il su ke- lizza la canalizzazione sotterranea [D] probabilmente meri (ponte–canale [E4], fig. 8) portasse acqua anche perché si ritiene maggiormente protetta da fenomeni (o soltanto!) sul terrazzamento occidentale, in orogra- erosivi dovuti a eventi meteorici (e anche più corta). fica destra, presso l’insediamento indicato Magaralar L’area servita dovrebbe corrispondere più o meno alla Bezirhane, la cui denominazione, Grotte del Frantoio, precedente; forse un po’ più ampia dato che la quota presuppone una attività in cui un flusso idrico conti- della presa [D1] è presumibilmente leggermente più nuato poteva essere molto utile. alta della presa [E1] e lo sbocco [D3] è a 1.745 m. Però Tuttavia questo scenario appare poco convincente in l’acqua non arriverebbe più nella zona in orografica quanto scarsamente funzionale. Infatti sarebbe stato destra del Kes deresi per mezzo del ponte-canale [E4], sufficiente condurre una autonoma canalizzazione in a meno che, per un certo periodo, non siano rimasti sponda destra del Kes deresi, intercettando, alla quota attivi entrambi gli acquedotti. ritenuta più utile, l’affluente presso la località Sultan Seyyid (di fronte al punto [E3]. Ciò avrebbe evitato la Fase moderna 3) Canalizzazione [C]: costruzione di un’opera di notevole impegno, come la- acik su kanali. sciano supporre i massicci resti del basamento. In tal Sviluppo 750 m - in diretta prosecuzione del canale caso, però, c’è da chiedersi quale funzione avesse tale [D1]: quota 1.745 m. opera! Si tratta di un’opera molto recente, costruita eviden- temente per una migliore distribuzione dell’acqua Fase antica 2) Canalizzazione [D]: condotta dal canale sotterraneo [D]. È probabilmente yeralti su kanali. caduta in disuso (fig. 10) con il crollo del canale sot- Sviluppo parte sotterranea 800 m – quota presa [D1] terraneo stesso che deve essere dunque avvenuto in 1.760 m. – quota sbocco [D3] 1.745 m. tempi recentissimi. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 19

Fig. 9 - La valletta alle spalle dell’oasi Iki Kubbe, sotto il cui asse si trova il canale sotterraneo [D] (yeralti su kanali) (foto R. Bixio). Fig. 9 - The small valley behind the Iki Kubbe oasis. The un- derground canal [D] is placed under its central part (photo R. Bixio).

Fase moderna 4) Canalizzazione [B]: acik su kanali. Sviluppo (teorico) 1.750 m – quota presa 1.750 m. A seguito della occlusione della canalizzazione sotter- ranea [D], e al conseguente abbandono della canaliz- zazione [C], oppure in contemporanea al suo utilizzo, è stata costruita la canalizzazione [B] a servizio dei quartiere Harabesehir e Iki Kubbe. È stata però ben presto abbandonata (fig. 7), forse ancor prima del suo completamento, probabilmente perché sarebbe rima- sta esclusa l’area più elevata dell’altro quartiere, il Tahti Süleyman e non avrebbe potuto raggiungere il più lontano quartiere di Kacar.

Fase moderna 5) Canalizzazione [A]: acik su kanali. Sviluppo 4.150 m – quota presa 1.800 m. Arretrando la presa sull’alveo del torrente Kes, a mon- te del villaggio rupestre (abbandonato) di Madavans, si raggiunge la quota di 1.800 metri che consente fi- Fig. 10 - Resti della canalizzazione in calcestruzzo [C] (foto R. nalmente di fornire agevolmente anche le zone più Bixio). elevate. Fig. 10 - Remains of the concrete canal [C] (photo R. Bixio). 20 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ad una quota compatibile con quella dei terrazzamenti. Ne consegue che, con ogni probabilità, gli acquedotti rupestri sono stati scavati con l’obiettivo, già in anti- co, di disporre di risorse idriche per coltivare i terraz- zamenti antistanti le mura cittadine, posti appunto a quote più elevate della città medesima. Ma non è da scartare l’ipotesi che tali opere servissero, più speci- ficamente, per rifornire d’acqua corrente i due bagni pubblici, büyük e küçük hamam, che oggi emergono dagli scavi archeologici, all’interno del tracciato delle mura. Più problematica, ma non da scartare a priori, appare la possibilità che anche il castello (Eski Kale), posto sulla collina isolata a una quota di 1.720 m, fos- se in qualche modo servito dall’acquedotto. Tali evenienze ci fornirebbero una prima indicazione sulla datazione di almeno uno degli acquedotti, se non Fig. 11 - Breve tratto ancora percorribile del canale sotterraneo di entrambi, che potrebbe quindi risalire all’epoca del- [D] (foto A. Maifredi). l’insediamento selgiuchide. Ciò non escluderebbe, di Fig. 11 - A short tract still practicable of the underground canal principio, una datazione ancora più antica. [D] (photo A. Maifredi). Doveroso sottolineare, in conclusione, che i dati in nostro possesso sono per il momento molto limitati e Conclusioni possono essere smentiti e rivoluzionati dalle prossime indagini. Indagini che però potranno essere intrapre- Prenderemo ora in considerazione soltanto i sistemi se sul campo proprio partendo dalle ipotesi di lavoro idrici rupestri, più antichi, indicati con le sigle [D] e che emergono da questo documento. In questa ottica [E], per cercare di capire quale fosse la loro esatta fun- assumerà un ruolo forse decisivo l’integrazione tra le zione e l’epoca di realizzazione. esplorazioni speleologiche e le informazioni provenien- Ciò che risulta più evidente è la ricchezza dell’acqua del ti da prossimi scavi e indagini archeologiche in corso di torrente Kes che attraversa l’area degli insediamenti programmazione con la Gazi Universitesi di Ankara. rupestri e della città storica di epoca selgiuchide (Eski Ahlat, XII sec.), dunque facilmente e direttamente di- sponibile per i suoi abitanti. Tenendo conto che sino all’inizio del XX secolo e, in qualche caso, ancora oggi, non era uso avere l’acqua all’interno delle abitazioni, per quale motivo, ci si chiede, scavare opere idriche supplementari? A questo proposito si nota che edifici e caverne erano collocati in una conca (fig. 2), dominata al centro da una collina isolata (Eski Kale) e circondata, ad est e ad ovest, da ampie aree pianeggianti, sopraelevate di circa 20 / 40 metri rispetto all’alveo del torrente. Tali terrazzamenti, a fine Ottocento (Lynch, 1990), erano indicati come terreni aridi e polverosi punteggiati da oasi circoscritte, ottenute con l’irrigazione (fig. 4). In mancanza di altre indicazioni, l’acqua irrigua doveva dunque arrivare tramite opere canalizzate in quanto i terrazzamenti (piattaforme morfologiche) costituiti da potenti depositi uniformi di piroclastici, senza imme- diato substrato impermeabile, non risulta disponessero qui di sorgenti locali, che si trovano invece a quote infe- riori, vicino alla costa del lago, dove più tardi è sorto il Fig. 12 - Uno dei pozzi di ispezione del canale sotterraneo [D] castello ottomano del XVI secolo (fig. 4: Kala, punto B). (foto R. Bixio). Si nota infine (fig. 3) che i punti di origine di entrambe Fig. 12 - One of the inspection shafts of the underground canal le canalizzazione [E] e [D], sono arretrati lungo la valle, [D] (photo R. Bixio).

Bibliografia

Khatchikian L., 1955-1967, Colophons des Manuscrits armémiens du XV siècle, (in armeno), I, p. 516, Erivan. Lynch H.F.B., 1990, Armenia. Travels and Studies, The Turkish Provinces, vol. 2, Armenian Prelacy, New York, pp. 293. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 21 Considerazioni geo-archeologiche preliminari sugli acquedotti settecenteschi di Gravina in Puglia (Bari)

Bruno Giovanni1, Magni Silvana2, Parisi Michele2

1 Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale Politecnico di Bari, Via E. Orabona, 4 - 70125 Bari; email: [email protected] 2 Associazione Gravina Sotterranea Via Meucci, 10 - 70024 Gravina in Puglia (BA); email: [email protected]

Riassunto

Nell’ambito di una ricerca multidisciplinare, volta alla conoscenza e valorizzazione del territorio di Gravi- na in Puglia, è stata condotta un’estesa campagna di esplorazioni e rilievi che ha portato alla scoperta di due nuovi acquedotti che si aggiungono al già noto acquedotto di S. Angelo-La Stella. Si tratta di strutture idrauliche sotterranee, di epoca verosimilmente settecentesca, che avevano lo scopo di provvedere all’ap- provvigionamento idropotabile della popolazione mediante la captazione di tre diverse sorgenti, situate in zone idrogeologiche del territorio circostante, strategiche per la fornitura di acqua alle diverse porzioni della città ed il convogliamento delle acque fino alle porte dell’abitato e/o nel centro storico. La ricerca, in questa fase preliminare, si è particolarmente concentrata su alcuni aspetti che hanno riguar- dato la ricostruzione del tracciato dei tre acquedotti e un’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive utilizzati, al fine di poter formulare considerazioni di tipo geo-archeologico. Sulla base dei rilievi e degli studi condotti, è stato possibile formulare un’ipotesi sull’influenza che possono aver avuto l’espansione urbanistica del centro abitato e le modificazioni nel tempo dell’uso del territorio, sulla funzionalità degli acquedotti e/o sul loro stato di conservazione che, per uno di essi in particolare, è di evidente dissesto e degrado.

Parole chiave: geoarcheologia, acquedotti, risorse idriche.

Abstract

Preliminary geoarcheological considerations about the 18th-century aqueducts of Gravina in Puglia (Bari province) In a multidisciplinary research, aimed at the knowledge and the exploitation of the Gravina in Puglia territory, we carried out a wide campaign of explorations and surveys that made possible the discovery of two news aqueducts in addition to the well-known S. Angelo-La Stella one. These are hydraulic structures, likely to be dated back to the 18th century, that were used to supply drinka- ble water to the population using three different water springs situated in hydro-geological surrounding places which are strategical for the water supply of the different city portions; the water from the three sources was then conveyed to the mediaeval Gravina gates and/or to the downtown. This preliminary research has been focused on some aspects concerning the plan’s reconstruction of the three aqueducts and the analysis of building materials and techniques used, in order to present some geo- archaeological indications. Based upon the results coming out from the studies so far carried out, it was possible to present an hypothe- sis about the influence played by the urban expansion and the land use changes on the functionality of the aqueducts, and on their state of preservation, that is particularly bad in one case.

Key words: geo-archaeology, aqueducts, water resources. 22 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

L’approvvigionamento idropotabile di Gravina All’inizio della presente ricerca, tuttavia, una delle in Puglia (Bari) in epoca medioevale prime cose che ha suscitato la curiosità di chi scrive è stata l’elevata estensione delle strutture idriche sot- La città di Gravina in Puglia ha radici lontane nel terranee individuate a fronte di un territorio che in tempo, come testimoniano anche le evidenze archeo- epoca medioevale (fig. 1), non era così esteso da dover logiche di epoca neolitica (AA.VV., 2001), e a causa giustificare la presenza, appunto, di ben tre acquedotti. proprio della sua posizione geografica ha da sempre Perché allora era presente una rete acquedottistica risentito del problema dell’approvvigionamento idro- così estesa che mostra ancora oggi, nonostante una potabile che, a seconda delle epoche e delle porzioni di manutenzione ormai inesistente da anni, una discreta territorio che nel tempo venivano urbanizzate, assu- efficienza? meva aspetti diversi. Probabilmente la risposta a tale domanda deve essere Intorno alla fine del 1700, la situazione per gli abitanti cercata su più fronti che sono presumibilmente nel- del paese in merito ai problemi idrici non era affatto se- l’ordine: rena, dal momento che le cisterne pubbliche e private, sparse nel paese, non erano in grado di soddisfare appie- a) il problema idrico pugliese; no le esigenze di una popolazione in continua crescita. b) l’assetto idrogeologico di Gravina in Puglia. Purtroppo, nonostante ci fossero nei pressi del paese diverse sorgenti, le cui acque potevano essere oppor- tunamente sfruttate, all’Amministrazione Comunale a) Il problema idrico pugliese mancavano le risorse economiche per la realizzazione delle opere di captazione e, soprattutto, degli acquedotti La Puglia è per larga parte del suo territorio costitui- per la distribuzione dell’acqua. Per sopperire a questa ta da affioramenti di formazioni rocciose calcaree. La mancanza intervenne la nobile famiglia degli Orsini di caratteristica più evidente e comune di questi litotipi Gravina che, nella persona del Principe Amedeo, anti- è il loro assetto geologico-strutturale caratterizzato cipò le spese per la costruzione di tre opere idrauliche da un intenso stato di fratturazione, a cui si aggiunge che, a partire dal 1743, vennero realizzate nella città. un’elevata solubilità in seguito all’azione morfodina-

Fig. 1 - Planimetria dell’abitato di Gravina in Puglia in epoca medioevale (da De Marino, 1608). Fig. 1 - Map of Gravina in Puglia during the Middle Age (after De Marino, 1608). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 23 mica operata dal processo carsico. Il carsismo induce • Cozzarolo - Aspetto bianco-giallastro, granulome- un progressivo allargarsi delle originarie fratture, fino tria grossolana con abbondanti macro- alla formazione di veri e propri condotti idrici sotter- fossili, porosità elevata e resistenza a ranei, che, insieme allo stato fessurativo, rappresen- compressione e all’usura medio-bassa; tano vie preferenziali di movimento per le acque. Il ri- • Scorzo - Biocalcarenite costituita da Molluschi sultato finale del ciclo morfogenetico carsico è stato un e Briozoi, con grado di cementazione impoverimento del suolo, una idrografia superficiale elevato e buona resistenza a compres- inesistente o a carattere intermittente e di contro la sione e all’usura; formazione di un cospicuo serbatoio idrico che ospita • Arrone - Aspetto bianco-giallastro, granulome- la falda carsica sotterranea. tria medio-fine e bassa resistenza mec- Ed è proprio a questo serbatoio idrico sotterraneo che, canica e all’usura. sia oggi sia in tempi passati, si è dovuto attingere per soddisfare le esigenze idriche della popolazione. La parte sommitale della successione stratigrafica, Sin dal neolitico, gli abitanti del posto si sono inge- ascrivibile al Pleistocene, è costituita da litotipi sab- gnati per garantirsi una riserva d’acqua continua, so- biosi ascrivibili alla Formazione delle Sabbie di Monte prattutto nei periodi di siccità, che in un territorio con Marano e alla sovrastante Formazione delle Sabbie un clima sostanzialmente subtropicale (Battista et al., dello Staturo. I termini pleistocenici della successione 1993), diventano un serio problema almeno in deter- presentano locali e parziali rapporti d’eteropia con le minati periodi dell’anno. sottostanti formazioni. Evidenze delle attività dell’uomo volte a contrastare Da un primo inquadramento idrogeologico dell’area si questo problema si ritrovano già nella zona archeo- evince che gli acquiferi in cui si originano le sorgenti logica dell’abitato e sono costituite da sistemi di rac- che alimentano la rete acquedottistica di Gravina in colta delle acque che vanno dalle canalette di epoca Puglia, sono costituiti dalle Calcareniti di Gravina, neolitica, scavate nelle roccia tufacea e convoglianti per quanto riguarda l’acquedotto di Pozzo Pateo e dal- le acque piovane in piccole cisterne opportunamente le Sabbie dello Staturo e di Monte Marano, per quanto impermeabilizzate, a grandi cisterne, di epoca ben più riguarda gli altri due acquedotti. Si tratta quindi di recente, che vennero costruite in vari punti della città acquiferi superficiali che, considerato l’esiguo spesso- di modo tale da poter raccogliere le acque meteoriche re che le formazioni presentano nell’area, in genere e garantire così un approvvigionamento continuo alla non superiore ai 30 ÷ 50 m, non possono ospitare co- popolazione. spicui volumi d’acqua. Il particolare contesto socio-politico medioevale, con- L’acqua di falda si muove a pelo libero e sotto gradien- giuntamente alle generalizzate condizioni idrogeolo- ti idraulici non elevati grazie anche alla discreta per- giche regionali e alle caratteristiche climatologiche meabilità per porosità delle calcareniti e delle sabbie. dell’area imponevano uno sforzo economico e proget- La presenza di una frazione limosa, soprattutto nella tuale al fine di realizzare opere idrauliche in grado di parte basale delle Sabbie di Monte Marano, congiun- risolvere l’atavico problema della sete. tamente alla discreta durezza delle acque di falda sono state due delle cause principali dei reiterati interventi di manutenzione operati nelle canalizzazioni degli ac- b) L’assetto idrogeologico di Gravina in Puglia quedotti al fine di eliminare le incrostazioni calcaree e gli accumuli di sedimenti. Il territorio di Gravina ricade in area sostanzialmente Le sorgenti che alimentano i tre acquedotti sono pe- tranquilla da un punto di vista geodinamico collocan- renni, tuttavia hanno portate esigue, in genere non dosi nell’Avanfossa Apula dell’Appennino Meridionale superiori ai 3 l/s, con scaturigini prevalentemente di (Azzaroli et al., 1968). Nella zona è presente un sub- tipo diffuso e dovute a limite di permeabilità. strato calcareo ascrivibile alla Formazione cretacea del Calcare di Altamura su cui in discordanza stratigrafica è presente la Formazione delle Argille grigio-azzurre La rete acquedottistica Subappennine del Plio-Pleistocene. In successione se- gue la Formazione delle Calcareniti di Gravina, di età La rete idrica sotterranea di Gravina in Puglia, si- Plio-Pleistocenica: si tratta di rocce comunemente note no ad oggi nota, ha uno sviluppo lineare complessi- con il termine di “tufo calcareo” che da un punto di vi- vo di circa 8300 m e consta di tre acquedotti (fig. 2), sta tecnico sono classificabili come rocce tenere; infatti, che servivano l’abitato con decorso, rispettivamente, sono caratterizzate da un’elevata porosità e un grado NW-SE (Acquedotto di S. Angelo-La Stella), NE-SW di cementazione variabile che consente di distinguere (Acquedotto di Pozzo Pateo) e SE-NW (Acquedotto del- le seguenti varietà o livelli (Cotecchia et al., 1985): la Signora).

• Mazzaro - Aspetto cinereo e compatto con elevata resistenza a compressione e all’usura; Acquedotto di S. Angelo - La Stella • Carparo - Aspetto giallastro e mediamente com- patto, granulometria grossolana e La costruzione dell’acquedotto, che si origina circa 3 porosità elevata, resistenza alla com- km a NW del centro abitato, in contrada Lamacolma, pressione e all’usura medie; venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l’acqua 24 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 2 - Andamento planimetrico dei tre acquedotti. Fig. 2 - Map showing the path of the three aqueducts.

in due fontane, una situata prima del ponte viadotto, denominata Fontana La Stella da usare come abbeve- ratoio, e l’altra al termine dello stesso ponte e a ridos- so della cinta muraria dell’abitato, che doveva essere usata come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall’ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell’opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi pog- gianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell’area (D’Agostino & Raguso, 2003). Il ponte, attualmente percorribile (fig. 3), è lungo 120 m e presenta due parapetti di altezza differente (1,50 m quello settentrionale e 3,00 m quello meridionale). È proprio sulla sommità del parapetto più alto che ven- ne impostata la condotta idrica lunga circa 130 m che conduceva l’acqua dalla Fontana la Stella al lavatoio. La sorgente che alimenta l’acquedotto, ancora attiva, si presenta come una scaturigine diffusa dalle quali l’acqua fuoriesce con scarso carico idraulico. In prossimità della scaturigine si individuano due va- sche di raccolta, nelle quali confluiscono ben 102 boc- che di captazione (fig. 4) e dalle quali si diparte una condotta idrica. Un’ultima vasca di decantazione, infine, convoglia di- rettamente l’acqua nella conduttura dell’acquedotto Fig. 3 - Immagine del ponte-viadotto ripresa dall’abbeveratoio che consta di due canalette, larghe 15 cm e con setto Fontana La Stella (foto V. Tragni). di separazione alto circa 10 cm. L’uso della doppia ca- Fig. 3 - The bridge-viaduct seen from Fontana La Stella (photo naletta pare sia stato introdotto per una questione di V. Tragni). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 25 ciascun pozzo sono ben evidenti le pedarole che erano usate per entrare ed uscire dai pozzi stessi. L’acquedotto, iniziato nel 1743 e terminato nel 1781, dette già da subito i primi problemi di funzionalità. Iniziarono, infatti, proprio nel 1781 i primi reiterati interventi di manutenzione e ripristino delle condut- ture che andarono avanti fino a quando, con l’entrata in vigore dell’Acquedotto Pugliese, l’acquedotto venne dismesso dall’uso idropotabile.

Acquedotto di Pozzo Pateo

La sorgente che alimenta l’acquedotto di Pozzo Pateo si trova a circa 2 km dall’abitato in Contrada Serra delle Forche. L’opera presenta caratteristiche costruttive peculiari simili a quelle dell’acquedotto precedente. A differen- za di quest’ultimo però, questo acquedotto non è stato ancora interamente studiato e rilevato a causa di dif- ficoltà dettate dallo stato d’inagibilità di ampi tratti. Infatti, esso si presenta in più punti crollato e la por- zione di circa 1,5 km di lunghezza, che attualmente si trova sotto la città, è del tutto inaccessibile se non per brevi tratti situati al di sotto di abitazioni private. Inizialmente l’acquedotto correva per circa 1,8 km fuo- ri dalle mura della città che, essendosi ingrandita, lo

Fig. 4 - Vista delle bocche di captazione dell’acquedotto S. An- gelo - La Stella (foto M. Parisi). Fig. 4 - Tappings of the aqueduct S. Angelo - La Stella (photo M. Parisi). maggior praticità durante i lavori di manutenzione, in modo tale che una canaletta poteva essere chiusa mentre l’altra veniva ripulita non privando così la po- polazione dell’acqua durante i lavori. L’opera è in parte direttamente scavata nella roccia calcarenitica e in parte costruita con blocchi dello stesso materiale. L’acqua viene trasportata per tutto il percorso interno alla struttura a pelo libero e con- vogliata in canalette per buona parte ancora perfet- tamente funzionanti (fig. 5). Solo il tratto di condotta idrica sovrastante il parapetto del ponte funzionava in pressione. Da dati ricavati da precedenti studi (Bixio et al., 1999; Parise et al., 2000; Bixio et al. 2007), si evince che la lunghezza complessiva dell’acquedotto è di 3480 m con un dislivello di circa 7 m (quota presa 359 m s.l.m., quota partitore 352 m s.l.m.) con una pendenza media dello 0,2%. La struttura sotterranea che ospita le condotte idriche presenta pareti verticali e volta ad arco, che a tratti è scavata nella roccia in posto e a tratti realizzata con Fig. 5 - Canalette di derivazione dell’Acquedotto S. Angelo-La conci calcarenitici squadrati e cementati con malta. Stella (foto M. Parisi). Lungo tutto il percorso sono inoltre riconoscibili i poz- Fig. 5 - Channels within the aqueduct S. Angelo - La Stella zi di pulizia della struttura ed in corrispondenza di (photo M. Parisi). 26 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ha inglobato (fig. 6), in parte distruggendolo e in parte te (fig. 9). Non è ancora ben chiaro se ci fossero pozzi semplicemente ostruendone l’accesso. di ispezione disposti lungo il percorso della struttura La costruzione dell’acquedotto, anch’esso finanziato poiché essi non risultano oggi visibili sul piano campa- dalla famiglia Orsini, venne iniziata nella seconda gna, né tanto meno all’interno dell’acquedotto. metà del XVIII secolo, per cercare di soddisfare le esi- genze idriche della popolazione. Situato a NE del pae- se, andava a servire la popolazione situata in questa Acquedotto della Signora parte dell’abitato. La struttura che ospita le condotte è quasi interamente costruita con blocchi di calcarenite La popolazione non era soddisfatta nemmeno con la legati tra loro da malta e risulta in parte interrata ed costruzione del secondo acquedotto perché un settore in parte, per circa 80 cm, fuori terra (fig. 7). Essa ha della città non veniva fornito dalle precedenti opere in media una larghezza di circa 70 cm ed un’altezza (fig. 6). Pertanto nel 1888 si iniziò l’opera di costru- di circa 150 cm. Il pavimento, rivestito di blocchi di zione di un terzo acquedotto in Contrada Guardialto calcarenite della varietà Cozzarolo, è per metà occupa- (D’Agostino & Raguso, 2003). to da una banchina percorribile di larghezza di 35 cm L’acquedotto, di recentissima scoperta, merita ancora mentre l’altra metà costituisce il canale dove l’acqua ulteriori studi prima di poter essere appieno inserito scorreva a pelo libero (fig. 8). nel contesto rurale dell’epoca. Infatti, i dati e le notizie Anche in quest’acquedotto è ben evidente la copertura su di esso sono ancora incerti e frammentari a seguito con volta ad arco per tutta la lunghezza percorribile delle notevoli difficoltà di accesso che esso presenta. (fig. 8). Solo il tratto terminale, in prossimità della Dalle fonti storiche (Nardone, 1925; 1941), tuttavia, si Fontana Notar Domenico, presenta una copertura evince che esso doveva avere una lunghezza di circa ad arco interrotto (fig. 9), probabilmente a causa del- 1,5 km anche se attualmente sono percorribili soltanto l’adattamento della struttura a costruzioni già presen- 200 m, a seguito di lavori che ne hanno recentemente ti, oppure a causa di esigenze di natura idraulica della interrotto il corso. Dal punto di vista costruttivo si può conduttura. dire che l’acquedotto presenta un’unica canaletta cen- È proprio in questo tratto, infatti, che le acque con un trale per il convogliamento dell’acqua (fig. 10) e che la sistema di pompaggio venivano fatte scorrere nella ca- struttura era stata prevista in muratura con un rivesti- naletta presente nella parte alta a ridosso della pare- mento del fondo in argilla per evitare perdite d’acqua.

Fig. 6 - Gli acquedotti di Gravina in epoca medioevale (da D’Agostino & Raguso, 2003). Fig. 6 - The aqueducts of Gravina in the Middle Age (after D’Agostino & Raguso, 2003). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 27

Fig. 7 - Tratto di volta fuori terra crollato dell’acquedotto di Poz- Fig. 8 - Vista della volta e della canaletta dell’acquedotto di zo Pateo (foto V. Tragni). Pozzo Pateo (foto V. Tragni). Fig. 7 - Ceiling collapsed at the aqueduct Pozzo Pateo (photo Fig. 8 - Ceiling and channel of the aqueduct Pozzo Pateo (pho- V. Tragni). to V. Tragni).

Fig. 9 - Vista della volta e della canaletta dell’acquedotto di Pozzo Pateo in prossimità della Fontana Notar Domenico (foto M. Parisi). Fig. 9 - Channel and ceiling of the aqueduct Pozzo Pateo near the Notar Domenico Fountain (photo M. Parisi). 28 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Conclusioni

Il territorio di Gravina in Puglia, come molte altre cit- tà della Regione, presenta una situazione idrogeologi- ca e geologica che lo rendono particolarmente soggetto al problema della carenza idrica di acqua superficiale. A questa situazione si è fatto fronte nel passato con la costruzione di ben tre acquedotti, che sfruttavano le diverse sorgenti presenti nel territorio circostante ed avevano come recapito finale tre distinte porzioni della città. Lo stato di uso e manutenzione di queste opere idrau- liche, a causa delle scadenti caratteristiche tecniche dei materiali utilizzati e dell’elevato potere incrostan- te delle acque in esse circolanti, è stato da sempre un punto dolente. Per quanto concerne l’acquedotto di Pozzo Pateo, in particolare, bisogna dire che l’ignoranza e la non cu- ranza della popolazione ha per buona parte distrutto l’opera poiché proprio in prossimità e sopra la volta di esso (che come detto è fuori terra), si sono avvicenda- te nel tempo le pratiche agricole creando ovviamente seri problemi alla struttura, come testimoniato dagli evidenti collassi avvenuti ed incipienti. Si rende necessario, quindi, un approfondito studio multidisciplinare che miri pertanto oltre che alla co- noscenza, fine a se stessa, del patrimonio sotterraneo di Gravina in Puglia, anche e soprattutto ad una sua Fig. 10 - Vista della volta e della canaletta dell’acquedotto valorizzazione al fine di preservare per il futuro que- La Signora (foto M. Parisi). ste opere, non solo come ricordi del passato, ma so- Fig. 10 - Channel and ceiling of the aqueduct La Signora prattutto come esempi tangibili di importanti opere (photo M. Parisi). idrauliche.

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1 Circolo Culturale B.G. Duns Scoto di Roccarainola /Società Speleologica Italiana 2 Gruppo Speleologico Natura Esplora/Federazione Speleologica Campana

Riassunto

Nell’ambito delle ricerche in corso per il progetto nazionale della Carta Antichi Acquedotti, coordinato dal- la Commissione Cavità Artificiali della SSI, è stato esplorato e rilevato l’acquedotto ipogeo delle Fontanelle nel comune di Roccarainola. Sebbene già nota in letteratura, l’opera non era ancora stata oggetto di un’at- tenta esplorazione e di un dettagliato rilievo topografico. Il sistema di gallerie presenta un solo ingresso e ha uno sviluppo di oltre 780 m. Il principio di alimentazione è quello delle gallerie drenanti o filtranti. Lungo i due rami principali vi sono 20 pozzi verticali di collegamento con l’esterno. L’opera si sviluppa all’interno di una successione di depositi alluvionali e piroclastici da caduta ben evidenti soprattutto lungo le canne dei pozzi a pianta circolare e senza rivestimento. Poche e localizzate interruzioni, dovute a frana- menti, non hanno per ora consentito la completa esplorazione del complesso. Nonostante le caratteristiche dei terreni, tutto l’ipogeo per gran parte non presenta rivestimento alcuno né delle volte né delle pareti. In diversi tratti, inoltre, sono evidenti alcuni interventi, succedutisi nel tempo, che hanno alterato in parte la morfologia originaria dell’opera, la cui datazione è da ritenersi a tutt’oggi ancora incerta. I primi risultati presentati in questa sede sono completati da alcune note storiche ed osservazioni biospeleologiche.

Parole chiave: qanat, gallerie drenanti, Monti del Partenio.

Abstract

Exploration of the Fontanelle Qanat in Roccarainola (, ) Within the frameworks of the project “Map of Italian Ancient Aqueducts”, by means of the Artificial Cavities Commission of Italian Speleological Society, the authors programmed the exploration of the Fontanelle qa- nat at Roccarainola. This ancient aqueduct was already investigated by Masoni (1924), D’Avanzo (1943) and Capolongo (1967, 1972) but it was never object of specific survey before; thus, this contribution presents the first detailed map of the aqueduct structure. The qanat has two galleries, the “Ramo Nord” (North Tunnel) and “Ramo Est” (East Tunnel). At the bottom of Ramo Est, another tunnel named “Ramo delle Sorgenti” (Springs Tunnel) is present. The system explored has a development of 786 meters and is realised in alluvial and pyroclastic and reworked pyroclastic deposits. The age of the hydraulic system is uncertain. According to Masoni, the aqueduct is referred to Roman age, but according to D’Avanzo it should be of Medieval age as the Castle nearby. Capolongo (1972), on the basis of a comparative research with the close aqueduct of Fontana San Marzano and on other archaeological data of the area, agrees with the Masoni’s hypothesis.

Key words: qanat, drainage tunnel, Partenio massif.

Introduzione dissecati da profonde incisioni torrentizie che danno origine a estesi corpi di conoide allo sbocco in piana. L’abitato di Roccarainola è ubicato lungo le falde meri- In questo contesto geologico si ubica l’acquedotto “del- dionali della dorsale dei Monti del Partenio. Da esso si le Fontanelle”, localizzato a NE dell’abitato. Esso si domina l’intero Agro Nolano e il settore centrale della sviluppa lungo la fascia pedemontana del rilievo car- Piana Campana tra i Campi Flegrei ed il Vesuvio (fig. 1). bonatico di M.te Maio (972 m slm) e risulta scavato in Il settore montano è impostato in calcari di piattafor- terreni costituiti da alternanze di depositi piroclastici ma riferibili al Cretaceo ed è caratterizzato da morfo- sia primari che rimaneggiati di origine flegreo-vesu- logie aspre talora mantellate da coltri di depositi pi- viana e depositi alluvionali e di conoide alimentati dai roclastici di origine vesuviana e flegrea. I rilievi sono retrostanti Valloni Maio e Costarelle. 30 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 1 - Schema geologico dei Monti del Partenio e di Sarno (da Civita et al., 1970, mod.). Legenda: 1) depositi piroclastici in posto o rimaneggiati; 2) depositi di conca endoreica; 3) detrito di falda; 4) travertino; 5) depositi marini, piroclastici ed alluvionali recenti e attuali; 6) depositi vulcanici del Somma-Vesuvio; 7) depositi lacustri; 8) flysch miocenici; 9) calcari mesozoici; 10) giacitura di strato; 11) faglia inversa; 12) faglia; 13) sorgente; 14) conoide. Il riquadro indica l’area in cui ricade l’acquedotto. Fig. 1 - Geological sketch map of Partenio and Sarno massif (from Civita et al., 1970). Legend: 1) pyroclastic deposits; 2) endoreic deposits; 3) slope deposits; 4) travertine; 5) marine, pyroclastic and alluvial deposits; 6) volcanic deposits of Somma-Vesuvius; 7) lacustrine deposits; 8) miocenic flysch; 9) Mesozoic limestone; 10) bedding; 11) reverse fault; 12) fault; 13) spring; 14) fan. The squared area is refer to the location of aqueduct.

Nell’ambito del Progetto della Carta degli Antichi alimentare, con la sua limitata portata, la fontanella Acquedotti italiani coordinato dalla Commissione a getto continuo posta nei pressi del suo ingresso in Cavità Artificiali della SSI, il Gruppo Speleologico collina, nonché un vecchio serbatoio in muratura, an- Natura Esplora aveva programmato una campagna ch’esso di ridotte capacità, che alimentava a sua volta esplorativa e di documentazione dell’acquedotto con la due cannelle con rubinetti collocate ai due lati della collaborazione del Circolo Culturale B.G. Duns Scoto fontana pubblica nella piazza del paese. di Roccarainola. Ben presto, con gesto ignobile da parte degli ammini- Dopo gli opportuni contatti con l’Amministrazione stratori comunali dell’epoca, questo antico monumen- comunale, le attività sono state avviate nel gennaio to in piazza venne abbattuto. A suo perenne ricordo, e 2008 e hanno come primo obiettivo la redazione di un a dispetto di chi decise insensatamente di eliminarlo, rilievo di dettaglio e la realizzazione di una documen- diremo che era formato da una vasca semicircolare, ad- tazione fotografica di tutto l’ipogeo. dossata ad un muro e circondata da un robusto muret- to basso, ricoperto da grossi e levigati blocchi calcarei, alla quale gli abitanti del luogo si recavano con orci e Nota storica bottiglioni ad attingere acqua per bere, certamente mi- gliore di quella piovana raccolta nelle innumerevoli ci- L’acquedotto “delle Fontanelle”, come viene detto local- sterne domestiche, e preferendola per avita tradizione mente il qanat di Roccarainola, ha fatto parte della vi- a quella proveniente dall’ormai conquistata fornitura ta quotidiana di questo paese da tempo immemorabile. pubblica domestica. Tuttora, l’acqua delle Fontanelle, Solo con la costruzione di un moderno acquedotto, è ricordata in paese come acqua pura e leggera. sul finire degli anni ’50 del secolo passato, la tanto Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, nemmeno le agognata distribuzione domestica ridusse il modesto cisterne domestiche assolvono più alla loro preziosa ma prezioso antichissimo acquedotto ad un ruolo or- funzione di raccolta delle acque piovane, mentre la mai residuale. L’acqua del qanat continuò infatti ad fontanella in collina continua ancora ad emettere un Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 31 getto d’acqua sempre più flebile e certamente non più ricorrente (D’Avanzo, 1943). Se dovesse ripetersi og- potabile, non solo per lo stato interno di conservazione gi, questo giudizio potrebbe facilmente capovolgersi, del qanat, quanto per il forte inquinamento della fal- in quanto la struttura stessa del qanat, ormai quasi da acquifera prodotto dal drammatico stravolgimento interamente studiata e conosciuta, risulta essere as- d’uso dei terreni sovrastanti. solutamente svincolata dai numerosi possessori dei Resta anche, qual rudere robusto e ammonitore, il terreni sovrastanti, e la sua costruzione, risalente a serbatoio dell’acqua che alimentava la fontana a due tempo immemorabile, aveva e ha tuttora l’unica fun- cannelle in piazza, e forse, qua e là, qualche pezzo dei zione di un servizio primario a beneficio dell’intera po- vecchi tratti di conduttura. polazione. Quindi, da trattare come una vera e propria L’acquedotto delle Fontanelle di Roccarainola fa parte sorgente naturale. della storia di questo antico centro campano, per il suo fondamentale ruolo sociale, alla stregua di un qualsia- Nella storiografia locale e regionale l’acquedotto del- si altro acquedotto, e fu quindi oggetto di cura conti- le Fontanelle compare per la prima volta nel trattato nua da parte della popolazione, specialmente di quella di idraulica del prof. Udalrico Masoni (1924), dove è rurale che coltivava i circostanti terreni collinari. Sul presentato come esempio di acquedotto artificiale di finire del 1800 ci fu un duro contenzioso tra il comu- epoca romana: I Romani ... furono maestri nelle opere ne e il proprietario del terreno soprastante la parte di derivazione: essi sapevano adoprare tutti i mezzi più terminale di uno dei suoi bracci, con sentenza finale acconci per improntare le acque di alimentazione, sia in buona misura sfavorevole all’amministrazione pub- da quelle superficiali, quali fiumi, laghi, sorgenti, sia blica, in quanto emergeva dalla stessa che al comu- dalle falde sotterranee, creando anche le sorgenti arti- ne toccasse solo il diritto per usucapione di prelevare ficiali a mezzo di cunicoli filtranti, quali si osservano l’acqua utilizzata della comunità ma non la proprietà in tutti i dintorni di Roma e nelle nostre contrade anco- delle acque denominate “le fontanelle” sorgenti nel fon- ra, come per es. abbiamo avuto occasione di osservare do “Serrone”, che veniva riconosciuta al proprietario a Roccarainola e in alte località.

Fig. 2 - Carta archeologica schematica dell’area di Roccarainola (da Capolongo, 1976, mod.). Fig. 2 - Archeological map of Roccarainola area (from Capolongo, 1976). 32 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Successivamente, Luigi D’Avanzo (1943), pur ricono- nat, di origine persiana, tuttora molto usata in Iran e scendovi l’antica tecnica costruttiva citata dal Masoni, altri paesi del medio oriente. Dai persiani questa par- ne attribuisce la costruzione ad epoca medievale, al ticolare tecnologia passò poi ai romani e successiva- servizio del vicino castello di epoca normanna: mente agli arabi (Capolongo, 1972). Attribuisco la costruzione dell’acquedotto (delle Qualche anno dopo, nella sua ricerca storica sul passa- Fontanelle) all’epoca medievale e non a quella romana, to di Roccarainola, Capolongo riprende il tema dei due perché nell’epoca romana non c’era in quei luoghi un predetti qanat, così vicini tra di loro, posti entrambi in centro abitato di tale importanza da poter intraprende- una zona di media altura, con presenza di una diffusa re un’opera di non poca entità e le città vicine de Avella attività agricola – documentata da numerosi resti di e di Nola erano approvvigionate da altri acquedotti. ... villae rusticae e altro materiale archeologico a partire È più verosimile che i feudatari, contemporaneamente da alcuni secoli prima di Cristo – mancante di qual- o poco dopo la fondazione del castello abbiano pensato siasi sorgente naturale, attraversata inoltre da un im- a provvedere la loro dimora di acqua, chiamando abili portante e antichissimo valico viario tra la via Appia a operai saraceni ... nord e la via Popilia a sud (Vado di Carpine; fig. 2). In Il terzo a parlarne, in un saggio prettamente biologico, base a tali elementi l’autore ricolloca in epoca roma- è Domenico Capolongo, il quale si limita a dichiarare na sia le Fontanelle che la Fontana di San Marzano l’opera di epoca medievale sulla scorta di D’Avanzo, e (Capolongo, 1976). ne dà la prima descrizione dettagliata, con la pianta dei cunicoli e la relativa distribuzione dei pozzi (fig. 3; Capolongo, 1967). Aspetti biologici Questo stesso autore, in un secondo studio sulla inte- ressante valenza biologica di questi antichi e singolari L’importanza in biologia delle cavità artificiali è ormai ambienti sotterranei, riconosce nell’acquedotto delle dato acquisito nello studio delle forme troglofile e tro- Fontanelle di Roccarainola e in quello analogo della globie (Capolongo et al., 1984). La biocenosi del qanat Fontana di San Marzano (nel limitrofo comune di San di Roccarainola è stata oggetto di studio tra il 1960 e il Felice a Cancello), la tipologia degli antichissimi qa- 1970, allorché lo stato interno dell’acquedotto era an- cora in discrete condizioni di manutenzione e pulizia, e molta gente si recava ad attingervi acqua dalla sua vicina fontanella a getto continuo (Capolongo, 1967). Le pessime condizioni attuali delle gallerie sotterranee dell’acquedotto, abbandonato a se stesso da vari anni e dopo maldestre attività di presunta conservazione, hanno sconsigliato qualsiasi prelievo di materiale bio- logico, dato l’accumulo diffuso di materiali sversati o caduti dall’alto attraverso le bocche dei pozzi e il quasi totale allagamento di numerosi tratti interni per effetto dei predetti accumuli di materiali alla base di vari pozzi. In altri termini, lo stato attuale di questo peculiare mondo sotterraneo risulta snaturato e caotico rispetto alle condizioni di assoluta tranquillità della sua pluri- secolare precedente esistenza. Inoltre, il disfacimento fisico della sua porticina d’ingresso facilita l’instaurar- si nelle gallerie sotterranee di violente correnti d’aria per effetto delle numerose bocche di pozzo. Riepiloghiamo pertanto di seguito i risultati delle pre- dette ricerche, auspicando una saggia opera di recu- pero del qanat che ne riporti le condizioni interne in condizioni di normalità e quindi idonee per future pro- spezioni biologiche. Le specie animali, rinvenute oltre trent’anni fa nel qa- nat di Roccarainola, erano costituite essenzialmente da artropodi, tutti di piccola o minima taglia, una pla- naria (nelle acque limpide e lievemente correnti) e un paio di specie di pipistrelli:

Actenipus acutangulus acutangulus Schauf. (coleotte- ro carabide) Blaps gibba Cast. (coleottero tenebrionide) Choleva sturmi Ch. Brisout (coleottero silfide) Fig. 3 - Planimetria del qanat delle Fontanelle pubblicata da Dolichopoda geniculata Costa (ortottero) Capolongo nel 1967. Gryllomorpha dalmatina Ocsk. (ortottero) Fig. 3 - Fontanelle qanat map published by Capolongo in 1967. Stenophilax mucronatus Mc. L. (tricottero) Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 33 Callipus sorrentinus Verh. (diplopodo) si appesi per le zampe lungo le volte delle gallerie, iso- Trogulus sp. (coriziformis C. L. Koch?) (opilionide) lati e immobili, ammantellati nell’ampio patagio. Amaurobius ferox Walk. (ragno) Un’ultima considerazione va fatta sul ridotto nume- Meta sp. (ragno) ro di specie determinate, rispetto al sicuramente più Tegenaria parietina Four. (ragno) ampio spettro di quelle presenti, al cui studio riman- una planaria indeterminata (Dugesia sp.?) (platelminte) diamo volentieri i futuri investigatori, una volta che Rhinolophus ferrumequinum Schreber (chirottero) questo prezioso qanat sia stato restituito alle sue con- Rhinolophus hipposideros Bechstein (chirottero) dizioni normali.

Si tratta di una comunità di specie ben rappresentati- va di un ecosistema autosufficiente, con presenza tra Descrizione dell’ipogeo l’altro di predatori e predati. Da sottolineare la tro- glofilia di buona parte di queste specie, normalmente Schematicamente l’acquedotto è costituito da due ra- presenti in altre cavità artificiali di antica costruzione, mi principali che si sviluppano mediamente uno in di- nelle zone vestibolari delle cavità naturali e in genere rezione NNE e l’altro verso E (fig. 4). Dal Ramo Est in ambienti sotterranei. si diparte poi il ramo delle sorgenti che si sviluppa in La specie più diffusa e vistosa è costituita dalle gros- direzione NE. L’ipogeo ha uno sviluppo complessivo di se dolicopode, specie di cavallette attere dalle lunghe 786 m, per un dislivello massimo di 9 m, sebbene la zampe e antenne, vaganti sulle pareti. I pipistrelli, a presenza di alcune ostruzioni per frana sia indicativa loro volta, se non disturbati, possono tuttora osservar- di uno sviluppo maggiore di quello attuale.

Fig. 4 - Planimetria aggiornata del qanat delle Fontanelle. Fig. 4 - Recent Fontanelle qanat map. 34 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Sezioni longitudinali del qanat delle Fontanelle. Fig. 5 - Fontanelle qanat profile.

Come logico aspettarsi per un acquedotto a pelo libero nomeni di rilascio tensionale dei terreni. le pendenze sono molto basse. I valori variano da poco Le litologie prevalenti sono costituite da piroclastiti meno di 1° nel Ramo Est e in quello delle sorgenti a pedogenizzate e, da questo punto in poi, localmente poco meno di 3° nel Ramo Nord. Le pendenze origina- argillificate. rie, tuttavia, sono alterate dall’accumulo di detriti e In corrispondenza del pozzo n. 6 si intercetta una gal- rifiuti soprattutto nel Ramo Nord (fig. 5). leria ostruita con detrito e non segnalata in preceden- Lungo l’ipogeo sono stati rilevati 17 pozzi tutti a sezio- za. Alta 30 cm e larga 50 prosegue per 16 m. Non è al ne circolare e con pareti non rivestite. Lungo di essi è momento ancora chiaro se si tratti di un ramo laterale ben evidente la stratigrafia dei depositi di copertura franato o di un errore in fase di realizzazione. Esso è costituiti da alternanze di livelli detritico alluvionali separato dal ramo principale da un muretto a secco e livelli piroclastici cineritico pomicei sia in sede che che lascia intuire un suo probabile utilizzo come ripie- rimaneggiati e pedogenizzati. na per lo stoccaggio del materiale di scavo. In superficie le bocche in muratura dei pozzi sono an- Dal pozzo n. 6 verso la fine del Ramo Nord, le scadenti cora ben evidenti. Alcune di forma squadrata sono di caratteristiche litologiche hanno indotto i costruttori, recente rifacimento, mentre le più antiche hanno for- o, probabilmente, i successivi manutentori, alla mes- ma tronco conica o a pseudovolta e sezione circolare sa in opera di rivestimenti della volta e delle pareti (fig. 6). Oltre il tratto terminale in frana del Ramo Nord, in superficie sono stati individuati altri 2 pozzi, già se- gnalati da Capolongo (1967), che lasciano presupporre ad ulteriori prosecuzioni delle gallerie ipogee. Per la individuazione dei pozzi è stata mantenuta la nume- razione di Capolongo (1967).

Il Ramo Nord Dopo circa 15 m dall’ingresso si giunge all’intersezio- ne tra il Ramo Nord e quello Est in corrispondenza del pozzo n. 10. Il degrado ambientale è subito eviden- te (fig. 7). L’acqua viene “convogliata” attraverso una tubazione in pvc in un tratto non ispezionabile forse alimentante la fontanella presente all’esterno. Oltre ai rifiuti alla base del pozzo n. 10, lungo le sue pareti l’azione divaricante delle radici di un albero di fico sta gravemente minando la stabilità della galleria. La prima parte del Ramo Nord ha una sezione rego- lare con pareti e volta a tutto sesto non rivestite (fig. 8). L’altezza media è di 2,7 m e la larghezza di 60-70 cm. Il piano di calpestio è concrezionato da microgours e ben evidente è la canaletta laterale per il deflusso delle acque anch’essa concrezionata. In prossimità del pozzo n. 8 la sezione si riduce in al- tezza e si notano tracce di un ampliamento della sezio- ne originaria rinvenute anche in altri punti. La base dei pozzi si caratterizza sempre per la presen- Fig. 6 - Antico pozzo esterno in muratura lungo il Ramo Nord za di cumuli di rifiuti. (foto S. Del Prete). Tra il pozzo n. 7 e n. 6 le pareti delle gallerie sono Fig. 6 - Ancient walling shaft along the path of Ramo Nord (pho- interessate da fenomeni di distacco da associare a fe- to S. Del Prete). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 35

Fig. 8 - Il tratto iniziale del Ramo Nord (foto F. Maurano). Fig. 8 - Typical cross section of Ramo Nord early sector (photo F. Maurano).

Fig. 7 - Intersezione sotto al pozzo 10 tra il Ramo Nord e il Ramo Est. Evidenti sono i rifiuti alla base del pozzo (foto C. Solito). Fig. 7 - Intersection between Ramo Nord and Ramo Est under shaft n. 10. It is evident the waste material at the bottom of the shaft (photo C. Solito).

(fig. 9). Tali accorgimenti tecnici sono stati adottati so- lo in questo tratto e non sono presenti ne nel Ramo Est ne nel Ramo delle Sorgenti. Le dimensioni delle sezioni si riducono drasticamente (h=1,4 m; L=40 cm) Alcune sezioni evidenziano restringimenti alla base presumibilmente provocati dalle spinte laterali dei terreni a maggior componente argillosa. La volta presenta un rivestimento a cappuccina e le pareti sono rivestite in muratura. I conci della volta e i mattoni delle pareti sono costituiti da blocchi ricavati dagli stessi terreni in cui è realizzato l’acquedotto. Tra il pozzo 5 e 4 è presente un ampliamento laterale della sezione dell’opera dove lo “scheletro” del rivesti- mento in muratura è in parte isolato e non si appoggia ai terreni, mentre la volta è localmente puntellata da blocchi sovrapposti. Alla fine del ramo la spinta laterale dei terreni disar- ticola anche il rivestimento in muratura che si pone

Fig. 9 - Punto di passaggio tra il tratto di acquedotto non rive- stito e quello con rivestimento in muratura e volta a cappuccina (foto F. Maurano). Fig. 9 - Contact between the sector of aqueduct without walling and the sector with walling and capuchin roof (photo F. Maurano). 36 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 di traverso alla sezione ostruendone il passaggio (fig. 10). Pur superando l’ostacolo, la galleria viene ostrui- ta completamente da una frana dopo pochi metri. Si spera di by-passare la frana calandosi da uno dei pozzi terminali individuati in superficie.

Il Ramo Est La prima parte del Ramo Est ha una sezione regolare. Le pareti e la volta non sono rivestite. L’altezza è di 2,3-2,7 m e la larghezza 50-90 cm. Alla base si con- serva la canaletta laterale per il deflusso della acque ormai concrezionata. Talora lo scavo in volta tende ad “imitare” quello di una volta a cappuccina, mentre la sezione tende a re- stringersi verso la base. Dopo circa 50 m si attraversa un tortuoso budello con sezione larga 50 cm ed altezza che si riduce fino ad 1 m (cfr. fig. 4). Numerose ed evidenti sono le interruzioni per frana che hanno indotto a modificare il tracciato originario. A partire dalla prima ostruzione sul ramo principale, la galleria devia bruscamente verso SSW per poi svolgere gradualmente un ampia ansa che ri- torna verso NNE. Una seconda ostruzione costringe ad una nuova brusca deviazione verso SE per una decina di metri fino al pozzo III sotto cui la galleria ritorna su se stessa ruotando di circa 270° verso NW. Dopo circa 6 m una nuova ostruzione fa deviare bruscamente verso NE fino a reintercettare il ramo adduttore originario Fig. 10 - Settore terminale del Ramo Nord. Deformazione e all’altezza del pozzo IV. A ovest del pozzo IV è presen- rottura del rivestimento laterale in muratura cui ha fatto seguito te l’ostruzione posta in corrispondenza del prolunga- il collasso della volta a cappuccina (foto S. Del Prete). mento del ramo adduttore originario verso il pozzo I. Fig. 10 - Aqueduct wall break and collapse of the vault at the Superato “il caos” la dimensione delle gallerie ritorna a bottom of Ramo Nord (photo S. Del Prete).

Fig. 11 - Panoramica del tratto iniziale del Ramo delle Sorgenti (foto F. Maurano). Fig. 11 - View of initial sector of Ramo delle Sorgenti (photo F. Maurano). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 37 grandezza d’uomo (h=1,8-2,4 m; L= 60 cm) con piccole deviazioni per i successivi 100 m fino all’intersezione con il Ramo delle Sorgenti. Giunti al Pozzo VI, verso NE si devia nel Ramo delle Sorgenti (fig. 11), mentre verso E si prosegue in una stretta e scarsamente aera- ta appendice che termina in frana dopo circa 50 m.

Il Ramo delle Sorgenti I primi 40 m del Ramo delle Sorgenti hanno sezione trapezia con altezza massima di 1,3 m e base di 1,2 m fino al pozzo VII, alla cui base sono presenti, tra rifiuti di vario genere, anche carcasse di ovini. Dopo circa 30 m si rinviene in destra orografica prima una sala e poi, lungo il ramo principale, una serie di nicchie nella roccia che intercettano la vena acquifera. Da questo punto inizia il tratto di trasudamento e cap- tazione delle acque dell’acquedotto. Nella sala si apre il pozzo VIII; essa ha una forma irregolare e alla base delle sue pareti sono presenti nicchie e fori nella roccia per aumentare la superficie drenante. Analogamente nel ramo principale fino al pozzo IX sono presenti 4 nicchie e una piccola ansa laterale aventi le stesse funzioni. Le nicchie sono mediamente larghe poco più di 1 m ed alte 0,9-1 m e presentano 2 fori rettangolari sul fondo profondi in alcuni casi oltre i 2 m. Le loro pareti sono spesso rivestite da un velo di concreziona- mento calcareo (fig. 12). Dopo 50 m si giunge nel tratto terminale dell’acque- dotto sotto al pozzo X. Qui si arriva in una piccola saletta da cui si dipartono una serie di gallerie dre- nanti (fig. 13), con nicchie scavate nella roccia delle medesime caratteristiche di quelle precedentemente Fig. 12 - Una delle numerose nicchie per il drenaggio dell’ac- descritte, che intercettano la vena acquifera. In un ca- qua (foto F. Maurano). so, la galleria drenante confluisce in una piccola sala Fig. 12 - Niche for drainage of aquifer (photo F. Maurano). a pianta ellissoidale (fig. 14) alla base delle cui pareti sono presenti 8 bocchette che convogliano l’acqua nelle una prima documentazione fotografica dei luoghi. canalette laterali, che poi confluiscono nel ramo ad- L’opera ha uno sviluppo planimetrico di 786 m per un duttore. dislivello max di 9 m e drena le acque più superficiali della coltre detritico alluvionale che si sviluppa ai pie- di dei Monti Maio e Costarelle. Conclusioni Le prime osservazioni sembrano indicare che il Ramo Nord e quello delle Sorgenti tendano ad allinearsi lun- Le indagini condotte finora hanno permesso di realiz- go il percorso dei Valloni Maio e Costarelle nella fascia zare un buon rilievo topografico del sistema ipogeo ed pedemontana quasi a drenare una subalvea.

Fig. 13 - Saletta sotto al pozzo X da cui si dipartono le gallerie drenanti nel tratto finale del Ramo delle Sorgenti (foto S. Del Prete). Fig. 13 - The little chamber under shaft X with the drainage tunnel of last sector of Ramo delle Sorgenti (photo S. Del Prete). 38 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 14 - Particolare dei fori presenti alla base della camera di drenaggio (foto F. Maurano). Fig. 14 - Particular of drainage chamber (photo F. Maurano).

Al momento non sono state individuate evidenze che te GPS su cartografia georeferenziata dei pozzi e, consentano una precisa collocazione temporale del- quindi, del rilievo topografico dell’ipogeo; l’opera. − avviare una sostanziale operazione di riqualifi- cazione ambientale, mediante, in particolare, la Nella speranza di un fattivo coinvolgimento degli enti rimozione dei rifiuti presenti, ma non trascurare interessati allo studio, salvaguardia e tutela dell’ope- l’urgenza di intervenire opportunamente sugli al- ra, per il completamento delle indagini, gli obiettivi beri le cui radici stanno seriamente danneggiando che si intendono perseguire consistono nel: la porzione d’ingresso dell’acquedotto; − procedere ad un’operazione di ripulitura complessi- − divulgare le conoscenze acquisite presso la comu- va dei rifiuti e del detrito presenti soprattutto alla nità locale affinché riconosca l’importanza e contri- base dei pozzi che, oltre a ostruire il drenaggio delle buisca attivamente alla valorizzazione e conserva- acque, costituiscono anche un problema igienico sa- zione dell’opera; nitario dato che l’acquedotto alimenta una fontanella − approfondire lo studio delle fonti archeologiche e sto- esterna dove molti escursionisti ignari si dissetano; riche locali esplorando anche altre opere simili pre- − tentare di by-passare il tratto finale in frana del senti in zona (qanat Fontana S. Marzano) per tenta- Ramo Nord discendendo uno dei due pozzi rilevati re di risalire all’epoca di realizzazione e agli autori; in superficie sperando di giungere nel tratto di cap- − studiare l’assetto idrogeologico e la caratterizzazio- tazione delle acque di questo ramo; ne geologico stratigrafica, e possibilmente geotec- − avviare una campagna di posizionamento trami- nica, dei terreni in cui sono realizzate le gallerie.

Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare per la collaborazione alle attività esplorative e di rilievo Berardino Boc- chino, Adele Colamarco, Antonio Di Capua, Alessandra Lanzetta, Raffaella Longo, Carlo Meloro, Adelmo Senese, Carlos Solito del Gruppo Speleologico Natura Esplora, e l’Amministrazione Comunale di Rocca- rainola per la piena e immediata adesione alle attività di ricerca.

Bibliografia

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Giulio & Emanuele Cappa, Alberta Felici

Shaka Zulu Club Subiaco

Riassunto

Descrizione delle cavità artificiali presenti presso i ruderi del Castello di Cordigliano, che includono tre cisterne circolari di profilo inconsueto e un colombario doppio impostato su ambienti verosimilmente pre- esistenti. Lo studio si conclude con un’analisi tipologica dei manufatti da cui scaturisce una ricostruzione cronologica del sito, da epoca etrusca al presente.

Parole chiave: insediamento trogloditico, cisterna, colombario, cavità stanziale.

Abstract

The troglodytic settlement of Cordigliano Castle (Viterbo, Latium) The man-made cavities found around the Castle of Cordigliano ruins are described; they include three round cisterns showing an unusual profile and a columbarium derived from two likely pre-existent rooms. The report is concluded by an analysis of the examined features, resulting in the reconstruction of a chro- nological sequence of the site, from Etruscan age to present days.

Key words: troglodytic settlement, cistern, columbarium, dwelling room.

Premessa na di Musarna, già in decadenza durante l’Impero Romano e la cui popolazione, per effetto delle inva- Nel corso di una campagna di ricerche sistematiche sioni barbariche, si rifugiò (Giannini, s.d.) nei luoghi sulle cavità ipogee presenti nell’area della Tuscia, ab- vicini più difendibili e probabilmente già fortificati in biamo rilevato numerosi insediamenti sorti intorno a epoca etrusca: le località dove di conseguenza furono castelli medievali, comprendenti una varietà di opere poi costruiti i castelli del Cardinale e di Cordigliano. ipogee, quali abitazioni, magazzini, cisterne e fosse Di quest’ultimo sono noti pochissimi dati storici, come granarie, colombari (per l’esattezza “colombaie”): le del resto per la maggior parte dei piccoli incastella- caratteristiche strutturali di tali cavità presentano menti della Tuscia; risulta che nel 1200 facesse parte alcune differenze o “sfumature” da un insediamento dei quasi cinquanta castelli soggetti al libero comune all’altro, di solito facilmente interpretabili alla luce di Tuscania (Silvestrelli, 1940, p. 841, nota 18) e vie- dei caratteri morfologici delle località e delle eventua- ne menzionato ancora per un atto del 1298 (ibid., p. li possibilità di riutilizzo di più antiche camere sepol- 859). Poi cala il silenzio: nel 1300 Tuscania venne con- crali. Ci preme però, in questa occasione, illustrare un quistata ed assoggettata dai Romani, perdette il suo caso che presenta opere ipogee che non hanno alcun nome, divenne Toscanella (solo di recente ha riotte- riscontro negli altri insediamenti della regione, con nuto l’antica sua denominazione). Seguirono secoli di caratteristiche inusuali per le quali si possono espri- progressivo degrado della città dovuto alle ribellioni, mere ipotesi che attendono conferma, per lo meno fin- alle guerre e pestilenze; la maggior parte dei suoi ca- tantoché non verranno trovati altri siti analoghi e/o stelli e possedimenti subì distruzioni ancora più gravi non si riuscirà a comprenderne con maggiore sicurez- e spesso definitive. za le motivazioni funzionali. Oggi del Castello di Cordigliano restano soltanto i ru- deri di due pareti periferiche, immersi in una vegeta- zione fitta e spinosa, in mezzo alla quale si riesce a pas- Inquadramento storico e geografico sare quasi soltanto nella stagione invernale. Tuttavia è facilmente raggiungibile con un’autovettura: da Il Castello di Cordigliano si trova attualmente in co- Viterbo si segue la strada provinciale per Tuscania mune di Viterbo, circa 10 km ad Ovest della città e fino al km 8, quindi si piega a sinistra per una sterra- non lontano dal sito dell’antica città etrusco-roma- ta che, superate alcune svolte ad angolo retto, punta 40 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 diritta ai casali Macchia del Conte; 700 m prima di parso, al suo posto si trova, presso il margine destro questi si volta a destra per una via campestre, un po’ del pianoro, un varco attraversato dal sentiero; sulla dissestata, che dopo 900 m piega a sinistra e scende destra si notano i resti, ridotti a un misero moncheri- per una valletta; ai lati si notano tracce di un inse- no, del muro che costeggiava il pianoro, perpendicola- diamento assai più antico (verosimilmente etrusco); re a quello principale appena descritto. in breve si giunge ai recinti di un grande allevamento Al di là riprende il piano, allo stesso livello, sempre di bovini, al di sopra dei quali, a destra, c’è un ampio invaso dagli arbusti; una traccia di sentiero, sulla de- piazzale. Il castello si trova sullo sperone soprastante stra, conduce fin quasi alla punta del promontorio, do- (fig. 1): per raggiungerlo si supera una barriera mobile ve una bella scala, incisa profondamente nella roccia, e si sale quindi, piegando a sinistra, per un sentiero consente di scendere agevolmente, con due tornanti, lungo il quale sono ancora riconoscibili i gradini, incisi fino alla base della parete che lo circonda, su tre lati, nella roccia, della via principale d’accesso. Ci si trova quasi perfettamente verticale per un’altezza che verso quindi su una spianata erbosa, ora invasa da fitta ve- la punta supera i 15 m. getazione arbustiva, percorribile seguendo una traccia Il castello si trova nella tavoletta IGM 137-III-NO di sentiero. (Castel d’Asso), mentre la via d’accesso ha inizio nel- Si incontra una prima tagliata trasversale, larga circa la tavoletta soprastante. Anche il foglio IGM in sca- 5 m, con pareti verticali, lisce e dritte, alte fino a 3-4 la 1:100˙000 n° 137 (Viterbo) porta l’indicazione del m, che denuncia una probabile origine etrusca; cinque Castello di Cordigliano. Le sue coordinate sono: longi- metri oltre, nuovo fossato, meno profondo e meno ac- tudine 0°28’15” Ovest M. Mario - latitudine 42°26’14” curato: sul suo margine opposto si erge il muro di cinta Nord - quota 179 m slm. del castello, costruito con grosse pietre squadrate e le- La fig. 1 è una rappresentazione in scala, ma ottenuta gate a calce. Nella parete si aprono varie feritoie, mol- in base a misure approssimate, del promontorio: essa to regolari; nel complesso l’opera, pregevole, dovrebbe consente di localizzare le cavità che verranno descrit- risalire all’XI-XII secolo. Il portale d’accesso è scom- te.

Fig. 1 - Planimetria schematica dell’insediamento del Castello di Cordigliano. Fig. 1 - Topographic sketch of the Cordigliano Castle settlement. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 41

L’insediamento medievale Il sistema di cavità artificiali che costituisce l’insedia- mento del Castello di Cordigliano è stato catastato col Lungo tutto il contorno del promontorio, alla sua base, numero CA 82 La VT, le cui coordinate sono riferite si aprono numerose cavità alterate da crolli ed inter- alla posizione del castello; per identificare ogni cavità ramenti; è probabile che molte di esse abbiano avuto si fa riferimento alla fig. 1. origine in epoca etrusca come tombe, in connessione La prima cavità rinvenuta, /1, fu una vera sorpresa: col vicino insediamento abitativo che appare più a essa (come mostra la fig. 2) è composta da un ambien- ENE, ai lati della strada all’inizio della sua discesa. te circolare a forma di “pentola”, con le pareti intiera- Per il momento esse sono state omesse dallo studio, mente scavate a ripiani, che viene raggiunto attraver- dopo una rapida prospezione, date le difficoltà d’acces- so una galleria orizzontale aprentesi nella parete Sud; so dovute alle alterazioni e soprattutto nell’impossibi- una stretta cengia discendente consente l’accesso ad lità di stabilirne la forma originaria e le caratteristi- una prima saletta a pianta trapezia, con un pilastro in che strutturali: per la maggior parte sono scavate in centro. L’ingresso è interessato da grandi fratture pa- uno strato di piroclastiti scoriacee piuttosto incoeren- rallele alla parete esterna e, durante una più recente ti, mentre al di sopra si trova una bancata di tufi più ricognizione, è risultato sconvolto da grossi crolli (fig. compatti. 5), non riportati sul rilievo. La saletta presenta nume- Sono state prese in considerazione sei cavità; di due rose nicchie ed un lunga mensola; si prolunga verso altre, numerate e indicate in fig. 1, non è stato ese- l’interno con una breve galleria (fig. 6) che conduce guito il rilievo perché quasi completamente crollate. all’ambiente circolare e che presenta le pareti laterali Il fattore destabilizzante è costituito infatti dall’incoe- scavate con mensole analoghe (fig. 7). In centro alla renza dello strato di base che si erode più velocemen- sala circolare, sulla volta si apre un pozzo rettangolare te della copertura inducendo in essa grandi fratture che comunica col prato soprastante; al fondo, di fronte parallele al contorno, alle quali ovviamente fanno poi alla galleria d’accesso, si nota una grossa nicchia di seguito vistosi crolli parietali. funzione non identificata. La cavità appare unica nel

Fig. 2 - Pianta e sezioni di tre cavità, ritenute antiche cisterne. Fig. 2 - Plan and profiles of three cavities, supposed ancient cisterns. 42 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Cavità utilizzate come stalle, ricoveri e colombaie. Fig. 3 - Cavities used as sheds, shelters and pigeonries.

suo genere, non esistendo esempi neppure vagamen- te simili in alcun altro insediamento studiato nella Tuscia. La parte iniziale potrebbe risalire ad una tom- ba di epoca etrusco-romana; per quella interna, l’ori- gine sarà chiarita dalla descrizione delle cavità /6 e /8. Per raggiungere l’imbocco della cengia, dal piano so- prastante è stata scesa una breve scalinata incisa nel- la roccia (fig. 1); al suo termine, svoltando invece a destra e inoltrandosi tra fitti arbusti, si incontrano i resti di due cavità (/2 e /3) di pianta presumibilmente rettangolare, attualmente costituiti soltanto dalla pa- rete interna e da moncherini estesi per circa un metro delle pareti laterali e del soffitto. Se invece, superato il muro del castello, si prosegue verso Ovest fin quasi alla punta, si raggiunge la sca- linata, già citata, che scende alla base della parete; essa è ben conservata e mostra ancora, sul lato ester- no, il muretto di protezione ricavato dalla roccia viva. In fondo si costeggia la parete verso Est per circa 25 m, e si perviene ad una cavità (/4 - fig. 3) con pianta a doppio trapezio, forma definibile a “V” e piuttosto comune in molti insediamenti agricoli-pastorali della Tuscia. Essa è caratterizzata dalla presenza di un set- to divisorio spesso meno d’un metro, che si prolunga in genere per circa i due terzi della profondità dei vani e che ha evidentemente funzione primaria di assicurare stabilità al soffitto. Nel caso in esame l’ingresso è in- tasato da un cumulo detritico e vari clasti, provenienti Fig. 4 - La parete esterna del Castello medievale di Cordigliano. dalla soprastante parete, hanno invaso il vano Est. Fig. 4 - The front wall of the medieval Cordigliano Castle. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 43

Fig. 5 - Cavità cisterna CA82/1: ambiente iniziale semicrollato. Fig. 5 - Cistern n. CA82/1: the admission room, partially collapsed.

Fig. 6 - Cavità cisterna CA82/1: l’imbocco della sala circolare. Fig. 6 - Cistern n. CA82/1: the entrance to the circular room. 44 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Le pareti di questo vano presentano un lieve risalto nei 60 cm inferiori, sopra al quale si notano due coppie di incavi destinati ad ospitare due travi, a sostegno di una lettiera; alle pareti, scavate nella roccia, 4 attac- caglie. Il vano Ovest presenta invece numerose piccole nicchie irregolarmente disposte, due nicchie un po’ più grandi e 4 attaccaglie. Questa cavità è di evidente uti- lizzo pastorale: un ramo era utilizzato come alloggio dei pastori, l’altro come ricovero del loro bestiame. Si può supporre che essa sia stata ricavata ingrandendo una più antica tomba. Restando invece sul pianoro, una trentina di metri prima della scalinata è possibile affacciarsi alla pare- te Nord e scendere per facili roccette fino all’ingresso della cavità /5: essa è un evidente colombario (v. fig. 3), destinato all’allevamento di piccioni (quindi più esattamente una colombaia) e costituito da due am- bienti; quello da cui si entra ha pianta a “V”, di dimen- sioni ridotte; un breve scivolo e due gradini, attraverso un’apertura larga 80 cm, conducono al secondo vano (fig. 8), posto più in basso, più ampio ed alto, a pianta quasi quadrata; al centro una colonna squadrata di roc- cia in situ, purtroppo spaccata in due da una frattura beante. La parete esterna presenta un’ampia finestra- tura più una fenditura all’angolo sinistro, dovuta a un successivo cedimento. Nonostante la discreta conser- vazione di questo ambiente, il suo pavimento è ingom- bro di grossi clasti prodotti da alcuni crolli del soffitto, originariamente piatto. Buona parte delle pareti di en- trambe i vani è occupata da loculi quasi tutti quadra- ti (larghezza media 30, altezza 25, profondità 25 cm) Fig. 7 - Cavità cisterna CA82/1: la sala circolare. Fig. 7 - Cistern n. CA82/1: the circular room. disposti su 3, 4 ed anche 5 file sovrapposte, per lo più

Fig. 8 - Cavità colombaia CA82/5: secondo ambiente. Fig. 8 - The pigeonry cavity n. CA82/5: the second room. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 45 soffitto. Davanti all’ingresso si nota un mu- ro di pietre squadrate che sostiene il piano d’accesso. Il pavimento è praticamente pu- lito, quindi la cavità sembra fosse utilizza- ta, al tempo dell’insediamento, come abita- zione o magazzino, non come stalla: sulle lisce pareti non vi sono tracce di imposta di partizioni lignee o di attaccaglie. Anche in questo caso è ragionevole ipotizzare una precedente destinazione funeraria in epoca etrusco-romana. Infine la cavità /8 si apre nel pianoro con ingresso a pozzo, che presenta pianta a “L”, derivata da una sezione originaria rettan- golare, più tardi allargatasi per un piccolo crollo della soletta rocciosa. Per scendere occorre una corda o una scaletta. L’interno Fig. 9 - Cisterna CA82/6: la galleria d’accesso. (fig. 2) si presenta di forma circolare, con le Fig. 9 - Cistern n. CA82/6: the admission passage. pareti svasate ma più ripide di quelle della /6; il pavimento, quasi pianeggiante, è co- ben conservati. Nel vano d’accesso sono presenti anche stituito da clasti di piccole dimensioni. Si tratterebbe due nicchie più grandi (alla base di una si nota una va- dunque di un’antica cisterna non riattata, come per schetta per raccolta d’acqua con una canalina di scolo le cavità /1 e /6, per un successivo uso pastorale; le perforata nella roccia) scavate in un secondo tempo. dimensioni del pozzo d’accesso sono troppo ampie per Nel tratto di pianoro che precede il castello, si trovano pensare che si trattasse di una fossa granaria. le cavità /6, /7 e /8. Alla prima di esse si accede, come per il colombario, calandosi dall’orlo della parete per facili roccette. Essa è stata identificata dall’alto per- Analisi critica dei manufatti ché sbocca con un pozzo rettangolare simile a quello della /1. Scesi dalla parete si raggiunge (v. fig. 2) un Le cavità riutilizzate a scopi stanziali nel Medio Evo, a ingresso largo ma basso, a causa di un conoide di detri- differenza di altri insediamenti (Cappa et al., 1995), a ti fini che lo ostruisce in parte. Si entra quindi in una Cordigliano sono poche: sembra essersi trattato di un galleria perpendicolare alla parete esterna, orizzonta- incastellamento di dimensioni ridotte. le, di larghezza irregolare, che conduce ad un’ampia L’insediamento nel suo complesso presenta chia- sala circolare di 6,5 m di diametro. Le pareti sono lisce re tracce di utilizzazione già in epoca antica: essa è ma inclinate circa a 45° e leggermente arcuate, dando suggerita dalla presenza di una tagliata di tipico stile all’ambiente una forma complessiva a “zuppiera”; la etrusco, di cavità anche nella parte antistante il muro volta è a segmento sferico ribassatissimo e si impo- del castello. Interessante notare che alcuni suoi am- sta sulle pareti con un incavo circolare (in centro si bienti hanno pianta a “V”, analoga a quella di molte apre il pozzo già citato); il pavimento è occupato da un cavità stanziali medioevali: questo induce a ritenere cumulo di detriti fini che impedisce di valutare l’ef- che sia la forma a V che quella a U risalgano in realtà fettiva profondità della sala; sulle pareti sono incise all’epoca antica e dimostrino perciò che tali cavità fos- alcune canaline centimetriche, parte radia- li e parte oblique, più una profonda nicchia in posizione quasi opposta all’entrata. Alla base della parete circolare è stato osservato un breve tratto di intonaco di rivestimento (cocciopesto fine), tipico delle cavità desti- nate a conserva d’acqua, funzione eviden- temente originaria della cavità ma non più possibile dopo l’apertura della galleria late- rale d’accesso. Alla /7 si accede in modo analogo ma più facilmente, per una traccia di sentiero che poi, superato l’ingresso della cavità, scen- de ancora fino alla base della parete. La /7 (fig. 3) è a pianta rettangolare, abbastanza regolare, con numerose piccole nicchie sulle pareti; in centro esisteva una colonna squa- drata di roccia in situ che in un secondo tempo è stata soppressa, lasciandone come Fig. 10 - Cisterna CA82/6: la sala circolare ribassata. testimoni solo lo zoccolo e l’attaccatura al Fig. 10 - Cistern n. CA82/6: the circular depressed room. 46 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 sero pre-esistenti al loro utilizzo pastorale nel Medio stati realizzati in un momento più tardo, quando era Evo. Ma v’è di più: la pianta a “V” della /4 è quasi iden- cessata la utilizzazione idrica della cisterna; quelli po- tica al primo ambiente del colombario /5 ed al primo sti sulle pareti della galleria sono un po’ più rozzi ma della /1; la pianta squadrata con colonna centrale del- meno alterati di quelli nella cisterna, quindi probabil- la /7 trova fedele corrispondenza in quella del secondo mente tra le due opere è trascorso un certo tempo. ambiente del colombario. Dunque queste due tipologie sarebbero medievali e più antiche dei colombari, dato che l’allevamento dei piccioni ha avuto larga diffusio- Considerazioni conclusive ne nei secoli XVI-XVIII. Le tre cisterne (/1, /6, /8) rinvenute (alcuni avvalla- Cercando di ricostruire gli eventi connessi alle cavità menti di terreno nel pianoro, sia davanti che dietro il sotterranee del Castello di Cordigliano si sarebbe in- muro del castello, inducono a ritenere possibile che ve dotti a tracciare la seguente successione cronologica: ne siano anche altre) sono state una vera sorpresa: la - epoca etrusca: l’abitato si trovava qualche centinaio loro forma a “pentola” e “zuppiera” non è stata finora di metri più ad ENE, dove l’attuale strada inizia la di- riscontrata in alcun altro insediamento della Tuscia, scesa verso il castello, e lo sperone roccioso fu adibito dove invece sono comuni le cisterne - o silos per der- a necropoli, prevalentemente con cavità basali e poche rate secche - di forma a “fiasco” con imbocco molto altre più in alto, presentanti piante squadrate o a “V”, piccolo e in origine chiuso da una pietra squadrata. e poi, forse per difendersi dai Romani, fu fortificato il Mentre queste ultime sono di regola prive di rivesti- promontorio; mento e spesso risalgono ad epoca più antica della dif- - epoca romana: insediamento agricolo o villa sullo fusione delle malte impermeabilizzanti, almeno in un sperone di Cordigliano; scavo di grandi cisterne per caso qui è stata accertata la presenza dell’intonaco; le ovviare alla carenza d’acqua in un punto così isolato, dimensioni dell’imbocco superiore fanno d’altra parte con raccolta dai tetti delle costruzioni poste sul piano- escludere che si trattasse di silos per derrate secche ro; questa è un’ipotesi ma l’esistenza di due di tali ca- (impossibile chiuderlo con una pietra squadrata di vità all’esterno del muro del castello induce a ritenerle peso ragionevole) e risultano scavate con grande pe- ben anteriori alla costruzione di quest’ultimo; rizia, quindi è difficile che siano state realizzate nel - epoca romana, più tarda: trasformazione di una ci- Medio Evo; più tardi l’insediamento è stato abban- sterna, forse non più in grado di contenere l’acqua, donato. Potrebbero perciò risalire ad epoca romana. con l’apertura di un passaggio da un’antistante antica Resta comunque un interrogativo irrisolto: come veni- tomba a “V”; può anche darsi che questa cisterna risa- vano alimentate? Le canaline presenti nella /6 fanno lisse al tempo della fortificazione etrusca; pensare ad una raccolta dell’acqua di stillicidio ma, - epoca alto-medioevale: riutilizzo delle cisterne, non data la modestissima copertura e il clima abbastanza più funzionanti per la scomparsa degli impianti di rac- secco, non sembra questa una spiegazione sufficiente. colta dell’acqua piovana, e delle cavità sepolcrali come Può darsi che prima della costruzione del castello sul ricoveri per uomini ed animali; incisioni sulle pareti pianoro esistessero differenti costruzioni e che l’acqua della cisterna /6 per raccogliere al fondo la poca acqua venisse raccolta dai loro tetti: solo un disboscamento di stillicidio o di condensa estiva; seguito da scavi sistematici potrebbe dare una rispo- - epoca tardo-medioevale o più recente: utilizzo pasto- sta a questa ipotesi. rale delle cavità di facile accesso, impiego di una cavi- Perché le antiche cisterne /6 e /8 presentano forme ri- tà ancora in buono stato per l’allevamento dei piccioni, bassate? Si può supporre che chi le scavò sapesse be- senza ulteriori interventi sulla loro struttura, degrado ne che poco più in basso del loro fondo sarebbe stato generalizzato delle cavità accentuato dai distacchi e incontrato uno strato di piroclastiti incoerenti e, per- crolli perimetrali. tanto, molto permeabili: da evitare scrupolosamente! Le osservazioni compiute in questo insediamento por- Sarebbe una risposta che toglie molto del fascino “mi- tano a concludere dunque che la successione di eventi è sterioso” di queste opere ma essa ben si inquadra nello stata quasi certamente più complessa di quanto finora spirito pratico e tecnologico della romanità classica. si poteva pensare per questa categoria di cavità crea- La funzione dei ripiani presenti nella cisterna /1 non te dall’uomo. Richiederà senza dubbio ancora ulteriori è stata chiarita: si potrebbe supporre un uso analogo studi ed approfondimenti e la ricerca, anche in altre a quello dei colombari, anche se l’ipotesi è abbastanza regioni, di cavità di forma circolare, larghe e ribassate, azzardata; la loro somiglianza con quelli presenti sul- con la speranza di riuscire finalmente a determinarne le pareti del corridoio d’accesso fa pensare che siano epoca di creazione e funzione originaria.

Bibliografia

Cappa G., Cappa E., Felici A., Dobosz T., Vittori F., 1995, Abitati ipogei antichi nel Lazio, Speleologia, 33, pp. 71-78. Giannini P., s.d., Centri Etruschi e Romani dell’Etruria Meridionale, Tipo-litografia C. Ceccarelli, Grotte di Castro (VT), p. 93. Silvestrelli G., 1940, Città Castelli e Terre della regione romana, Ristampa anastatica 1993, Bonsignori Editore, Roma, pp. 841-859. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 47 I pozzi collegati ai condotti sotterranei degli acquedotti antichi Giulio Cappa

Via Montiglioni, 118 (15/S) - 00046 Grottaferrata - email: [email protected] (Shaka Zulu Club Subiaco - Conservatore Catasto CA Federaz. Speleol. Lazio)

Riassunto

Nella vastissima bibliografia sulle opere idriche dell’antichità, ben poco spazio appare riservato allo studio dei pozzi realizzati per collegare il suolo esterno con i sottostanti condotti ipogei. Si espongono alcune rifles- sioni sulle motivazioni dello scavo di tali pozzi, derivate dall’analisi delle loro caratteristiche, riscontrate durante lo studio ed il rilevamento degli acquedotti antichi nel Lazio, e si tenta di stabilire una correlazione con i periodi storici a cui risale la loro creazione. In particolare si distingue tra pozzi a pianta rettangolare, quadrata e circolare: questi ultimi, almeno nel Lazio, risulterebbero di origine più recente, dal pieno Impero romano ai giorni nostri e, per quanto concerne gli acquedotti dell’antica Roma, per lo più connessi ad inter- venti manutentivi di epoca Adrianea o posteriore.

Parole chiave: acquedotti sotterranei antichi, pozzi d’accesso, forme, procedimenti di scavo.

Abstract

The shafts connecting the surface to the ancient hypogean ducts Within the large number of books concerning the water ancient works only a few words are devoted to the investigations on the shafts connecting the surface above to the hypogean ducts. In the present report are investigated the reasons leading to the excavation of such shafts, just as they rise from their own features that were collated during the surveys and the studies of the ancient ducts in Latium. Besides is proposed a correlation between the historical periods of the establishment of the water networks and the features of their shafts, particularly their shape, i.e. with a rectangular, squared or circular plan. The cylindrical (or round) shafts in Latium should turn out in late periods, from the medium up to modern times, mainly worked during the maintenance interventions of Adrian’s or later times.

Key words: ancient hypogean ducts, shafts, profiles, excavations.

Premessa Tuttavia l’esame dei casi concreti, realizzato percor- rendo, rilevando e fotografando pazientemente ogni Moltissimo è stato detto e scritto sulle opere idrauliche metro di molti acquedotti etruschi e romani nel Lazio, dell’antichità, che costituiscono il segno più rilevante, ha suggerito l’esistenza di una “nicchia” non ancora anche se il più delle volte nascosto, del progresso civile adeguatamente sviscerata. L’attenzione di tutti coloro dell’umanità. Si è giunti al punto di non sapere quasi che si sono interessati ai condotti ipogei si è focalizza- che osservazioni aggiungervi, se non quelle che descri- ta sul loro tracciato, le loro caratteristiche interne, le vono i nuovi ritrovamenti. opere di imbocco e sbocco. Si parla anche dei pozzi di Nel momento in cui ferve l’attività per lo studio de- collegamento alla superficie del suolo esterno, serviti nominato “Carta degli antichi acquedotti”, vorrei ag- per tracciare e scavare i condotti. Essi appaiono dise- giungere alle note già pubblicate negli scorsi anni una gnati sulle piante e sezioni degli acquedotti ma, gene- breve disamina su un aspetto strutturale che sembra ralmente, rilevati più sommariamente e ancor meno sia stato finora trattato solo marginalmente. descritti; al più si annota la profondità dei pozzi e la La ponderosa opera UTILITAS NECESSARIA (a cu- loro distanza, osservando come quest’ultima possa es- ra di Italo Riera, 1994) tratta l’argomento acquedotti sere molto varia, qualche volta risulti di un solo actus in maniera così completa ed accurata che sembra im- (35,52 m) e ben di rado raggiunga i due actus suggeriti possibile aggiungervi ancora qualche parola: oltre 30 da Plinio nella Naturalis Historia (XXXI). pagine e più di 600 voci bibliografiche sembrerebbero Analizzando più attentamente la struttura di questi avere esaurito la trattazione. pozzi, si constata che la tecnica della loro esecuzione si 48 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 discosta alquanto da quella dei pozzi scavati per attin- 1. Captazione di vene d’acqua sotterranee, insegui- gere acqua dalla falda e varia sia nel tempo che nello te nel sottosuolo (fig. 1) sia per ottenere un’acqua spazio. Il risultato di tali osservazioni permetterebbe più pura, sia in tempi successivi per far fronte al di correlarli all’epoca del loro scavo e di identificare la progressivo impoverimento delle portate. Lo scavo presenza di opere di rifacimento di tratti cunicolari o inizia dal punto in cui l’acqua sgorga all’esterno e di deviazione di parte di condotti più antichi per suc- risale in contropendenza inseguendo la vena, indi- cessive differenti destinazioni. pendente dalla morfologia del suolo soprastante. Le considerazioni che seguono sono dedotte dalle os- Ne deriva un tracciato non necessariamente rettili- servazioni compiute nel corso di una ventina d’anni di neo e spesso ramificato verso monte. ricerche sugli acquedotti ipogei antichi della regione 2. Condotti per acqua (fig. 2), non solo potabile, ma Lazio. anche di bonifica di terreni acquitrinosi, emissari lacustri e acque reflue, da un punto esterno (imboc- co) ad un altro (sbocco). Il tracciamento risponde ad Brevi dati statistici sui condotti idrici esigenze derivanti dalla morfologia esterna e dalla registrati nel Catasto CA del Lazio struttura geologica interna. Le due categorie sono ben distinte come opere sussi- Il numero di cavità artificiali registrato a tutto il diarie di realizzazione e pertanto vengono analizzate 1.2.2008 risulta di 412. Di esse i condotti idrici sono separatamente. Si fa notare che la lunghezza dei con- 162, pari al 39% del totale e comprendono non solo dotti non è discriminante ma varia in funzione del- acquedotti ma anche captazioni di sorgenti, opere di l’ambiente: mentre in Medio Oriente e Nord Africa la drenaggio e bonifica, smaltimento di acque reflue. prima (captazioni ipogee) ha dato luogo a condotti di Non tutti i condotti sono dotati di pozzi, per esempio molte decine di chilometri, in Italia le maggiori lun- le opere più brevi non ne necessitano. Quelli muniti di ghezze ipogee appartengono alla seconda (condotti di uno o più pozzi risultano 83, pari al 52% del totale di trasporto). condotti idrici. Il numero complessivo dei pozzi è risultato appros- simato, sia per qualche carenza nei rilievi che per la I pozzi connessi con il tracciamento sicura presenza di lunghe prosecuzioni inesplorate; e scavo dei condotti ipogei quelli individuati sono oltre 330. I grandi acquedotti romani, oggetto di pubblicazioni I pozzi, oggetto delle presenti considerazioni, sono per oltre due millenni, non sono compresi in queste opere strettamente ausiliarie mentre i condotti idrici statistiche. Essi non sono inclusi nel Catasto CA del sottostanti sono l’oggetto effettivo della creazione di Lazio, salvo un breve tratto ipogeo di particolare inte- acquedotti; in questo si distinguono nettamente dai resse. La conoscenza e il rilievo dei percorsi sotterra- pozzi realizzati per l’emungimento diretto di acque di nei si limita a meno del 2% degli sviluppi e pertanto falda e da quelli attuati nel corso di ricerche minera- una statistica sul numero e la forma dei pozzi sarebbe rie. Appare evidente come sia proprio questa loro fun- poco significativa. zione “ausiliaria” che li rende di interesse secondario e quindi poco sviscerati in letteratura, tranne ovvia- mente quando si devono citare casi clamorosi di errori Considerazioni generali sulla realizzazione nel progetto. In parallelo a quanto sopra indicato per di condotti idrici i condotti idrici, anche per i pozzi occorre distinguere due categorie: Lo scavo dei condotti può derivare sostanzialmente da 1. Pozzi derivanti dall’inseguimento in sotterraneo di due ben distinte finalità: falde idriche.

Fig. 1 - Schema di captazione sotterranea ad inseguimento delle vene d’acqua. Fig. 1 - Pattern of an underground spring duct with pursuit of water veins.

Fig. 2 - Schema di condotto sotterraneo per il trasporto di acqua. Fig. 2 - Pattern of an underground water duct. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 49 2. Pozzi necessari per la realizzazione di condotti ipogei.

1. Nel primo caso i pozzi non risultano sempre ne- cessari, lo divengono solo per tratti in genere supe- riori a 50-100 m, ma ci sono esempi di condotti privi di pozzi anche per lunghezze assai superiori. Le mo- tivazioni riguardano sia il trasporto all’esterno dei detriti di scavo che la necessità di assicurare aria respirabile agli uomini impegnati sui fronti d’avan- zamento. La loro presenza è inoltre condizionata dalla distanza tra il livello del condotto e la superfi- cie esterna soprastante. Dato che il tracciato inter- no è determinato da quello della falda, lo scavo dei pozzi dal basso verso l’alto non richiede l’esecuzione di misurazioni topografiche e risulta in genere an- Fig. 3 - Sezione di pozzo con accumulo ad anello del detrito di che meno oneroso, per lo meno per profondità non risulta dello scavo. Fig. 3 - Cross section of a shaft encircled by a ring of debris due molto superiori ai 10 m. Con il trascorrere degli an- to the digging of the water duct. ni e dei secoli le pareti dei pozzi tendono ad alterar- si, perciò è raro potere determinare la direzione del loro scavo (verso l’alto, o il basso, oppure mista) in base alle tracce lasciatevi dagli strumenti. Tuttavia Tecniche di scavo dei pozzi la loro posizione rispetto al tracciato dei condotti può in molti casi aiutarci: i pozzi scavati dal di sot- 1. Verso l’alto (fig. 4) to o sono perfettamente in asse col condotto, o net- Si può supporre che venisse eseguita con lunghe barre tamente disassati (per permettere la prosecuzione o scalpelli battuti con mazze, in modo da far precipita- dell’avanzamento nel condotto contemporanea- re i detriti davanti allo scavatore. Il vantaggio di que- mente allo scavo del pozzo). L’andamento dendri- sto tipo di scavo è che il fronte di scavo si libera auto- tico del condotto non sempre ha riscontro nei pozzi maticamente e l’asporto dei detriti può avvenire quasi perché molte diramazioni, scavate per sfruttare di- in contemporanea, ad opera di un secondo operatore; verse vene collaterali, sono di lunghezza limitata. tuttavia l’asporto dei detriti richiederebbe un percorso 2. In genere i pozzi sono presenti nei condotti della più lungo e, salvo che in rocce molto dure, comporte- seconda categoria se di notevole lunghezza. I pozzi rebbe una quantità di mano d’opera impegnata supe- risultano quasi sempre scavati dall’alto e possono riore a quella dello scavo. arrivare a profondità di svariate decine di metri. In Non dovrebbero sussistere grossi problemi respiratori,

questo caso tendono a presentarsi ben allineati e perché la CO2 espirata, più pesante, scende verso il equidistanti, frutto di un tracciamento topografico basso. In compenso si pone un problema di illumina- esterno, mentre il percorso del condotto può anche zione: si lavora sempre al buio e la caduta/proiezione essere zigzagante o con vistosi errori di congiungi- dei detriti potrebbe spegnere la lucerna. mento degli opposti fronti d’avanzamento. Lo scavo Ma si presenta anche un altro problema: man mano dall’alto è ancora più certo quando gli errori non che lo scavo sale occorre fornire al perforatore una ba- sono tanto in pianta quanto sulla quota, come si de- se d’appoggio pure in salita, che potrebbe però essere sume dalle volte del condotto. Se non v’è traccia di facilmente ottenuta da travetti incastrati ai lati del errori d’incontro e il tracciato del condotto è molto pozzo, i quali lascerebbero pertanto l’impronta sot- regolare, è possibile che i pozzi siano stati scavati to forma di nicchie appaiate e poste ad ugual livello verticalmente verso l’alto. Lo scopo fondamentale (mentre le classiche pedarole (fig. 5) si presentano per lo scavo dei pozzi dall’alto era la possibilità di sfalsate sui due lati del pozzo). mettere all’opera contemporaneamente numero- I pozzi di questo tipo sono generalmente rettangolari, se squadre di operai e ottimizzare il tracciamento larghi quanto basta (ca. 50 - 60 cm) e lunghi alme- del condotto. Nelle aree sub desertiche del Medio no 1,1 m. Pozzi circolari complicherebbero non poco il Oriente e del Nord Africa le fotografie aeree evi- posizionamento di un’incastellatura per sorreggere i denziano lunghissime sequenze di pozzi, general- piedi dello scavatore. mente abbastanza ravvicinati tra loro e tutti cir- Rocce troppo tenere o eterogenee (arenarie e conglo- condati da cumuli anulari di detriti (fig. 3). Questa merati poco cementati) potrebbero sconsigliare lo sca- caratteristica non è indicativa di un loro scavo dal- vo verso l’alto. Però, se le pareti del pozzo vengono l’alto perché, anche in caso di scavo dal basso, i de- consolidate man mano che lo scavo procede, con una triti sarebbero stati portati fuori non dall’imbocco fodera di piccoli conci sagomati, allora è proprio il caso del condotto ma dal più vicino pozzo già scavato. di eseguirlo dal basso verso l’alto. In Italia raramente si nota un cumulo anulare di Il mantenimento della verticalità è più facilmente con- detriti: la necessità di coltivare il suolo soprastan- trollabile col filo a piombo negli scavi verso il basso. te ne imponeva la dispersione o l’utilizzazione per Tuttavia, né una perfetta verticalità né un’eventua- consolidare la via, parallela al condotto, predispo- le avvitamento verso l’alto della pianta rettangolare sta per la manutenzione. avrebbero conseguenze negative. 50 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Il procedimento di scavo di un pozzo rettangolare verso l’alto: le fasi 4A e 4B si alternano. Fig. 4 - Method of outwards excavation of a rectangular shaft: phases 4A and 4B do alternate.

2. Verso il basso della verticalità, essi col tempo divennero preferiti, Lo scavatore può operare con picconcini corti (dolabel- perché assicuravano un miglior tracciamento del con- la ecc.) sia su pozzi rettangolari, nei quali si posizio- dotto anche se con un maggior onere di scavo. na su un estremo (fig. 7A) e poi in direzione opposta, che circolari (fig. 6) dove scava ruotando lentamente (è la tecnica dei cosiddetti “pozzi romani”). Accumula La velocità dello scavo dei pozzi il detrito in centro, poi riempie una sacca (di pelle, di tessuto) o un cesto, e quando è pieno un aiutante issa Il tempo e la mano d’opera per il loro scavo devono es- il contenitore con una corda, per scaricarlo poi nelle sere stati sempre un problema. Naturalmente si pre- vicinanze dell’imbocco. Meglio contenitori robusti e scinde dalle caratteristiche della roccia: tra teneri tufi chiusi; un contenitore aperto come un secchio, invece, e durissime rocce calcaree o sedimenti idromagmatici urtando nella risalita contro le pareti potrebbe rove- la differenza può essere enorme ma non dipende da sciarsi con conseguenze gravi, se non addirittura mor- tali per lo scavatore. Quest’ultimo, man mano che lo scavo si approfondisce, incide nelle pareti le pedarole alternate (fig. 5) che gli consentiranno di uscire a fi- ne turno, o di portare personalmente fuori il carico di detriti in assenza di un aiutante. Illuminazione: lu- ce naturale fino a 10-20 m di profondità, poi occorre l’impiego di una lucerna, che può trovar posto in una pedarola. Ventilazione: già gli autori latini sottolinea- vano la necessità di assicurare un adeguato ricambio d’aria in profondità perché il fiato espirato e la combu- stione della lucerna inquinano rapidamente; il ricam- bio doveva essere assicurato da un assistente agitan- do opportuni panni e certamente non era un problema da poco se la profondità del pozzo raggiungeva molte decine di metri. Verticalità e avvitamento dei pozzi: erano un problema serio perché potevano pregiudicare Fig. 5 - Pozzo con pedarole per la sua discesa e risalita. la corretta direzione di scavo del sottostante condotto. Fig. 5 - Shaft provided with foot grooves for climbing up and Con i pozzi a pianta circolare sussiste solo il problema down. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 51 come si progetta lo scavo. Prescindendo da tale para- metro e, per le considerazioni che seguono, anche dal- la profondità del pozzo, si giunge alla conclusione che minore è il volume da asportare, rapportato al numero di persone impegnate dallo scavo, minore è il tempo e, dunque, il costo dello scavo. Ma anche altri fattori pos- sono avere influenzato la scelta della forma dei pozzi. La fig. 7 mostra le tre configurazioni più comuni dei pozzi in argomento, rappresentati con le loro piante. In 7A si vede un pozzo rettangolare scavato da un sin- golo operatore, di dimensioni 0,6x1,10 m pari a 0,66 m2. In 7B un pozzo a pianta quadrata, scavato da due operatori sfalsati, di dimensioni 1,10x1,10 m pari a 1,21 m2. In 7C un pozzo circolare di diametro 1,1 m pari a 0,95 m2. Posta uguale a 1 l’area del pozzo ret- tangolare, quella del pozzo circolare risulta maggiore di ben un 44%. Quella del pozzo quadrato è ancora su- periore (+83%). Non è doppia perché sfalsando come nel disegno i due scavatori la sua area può restare leg- germente inferiore al doppio. In termini di velocità di scavo, e quindi di costo dell’opera, il pozzo circolare è il più svantaggiato ma forse tollera una mano d’opera meno qualificata, mentre quello quadrato costa di più ancora ma consente tempi di scavo leggermente infe- riori (91,5%) rispetto al rettangolare. L’esistenza di pozzi, in particolare quelli quadrati, di dimensioni superiori ai minimi sopra indicati e, quin- di, notevolmente più costosi di quanto sarebbe suffi- ciente, suggerisce che possano essersi presentate altre esigenze non facilmente identificabili.

La scelta della tipologia dei pozzi nelle varie epoche storiche

Limitando l’esame all’area presa in considerazione (il Lazio) e quindi alle 83 cavità registrate nel catasto CA, più l’osservazione in alcuni condotti dei grandi ac- quedotti della Roma classica, si constata che le opere arcaiche (etrusche, falische, latine, ecc.) presentano esclusivamente pozzi rettangolari. Non di tutti i pozzi è stato possibile accertare la tipo- logia. Molti sono profondamente alterati dall’erosione, Fig. 6 - Scavo di un pozzo circolare “romano”. dai crolli, da successivi interventi e di molti ancora Fig. 6 - Excavation of a round “roman” shaft. non è riportata nei rilievi la forma. Su circa 300 pozzi

Fig.7 - Pianta delle dimensioni minime di pozzi: A = rettangolare; B = quadrato con due operai; C = circolare (“romano”). Fig. 7 - Plan smallest dimensions in shafts: A = rectangular shaft; B = square shaft with two workers; C = round shaft (“roman”). 52 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 relativi alle 83 cavità prese in esame, ne sono risulta- pozzi rotondi a fianco di qualche pozzo quadrato, pa- ti rettangolari il 53%, quadrati l’11%, rotondi il 21%, lesemente più antico ed appartenente a strutture ad- indefinibili il 15%. dirittura precedenti gli edifici imperiali. Lo stesso si I pozzi degli acquedotti romani di epoca repubblicana nota nel riutilizzo di preesistenti acquedotti etruschi o degli inizi dell’Impero risultano in prevalenza ret- da parte di ville romane lungo il litorale dell’Etruria tangolari. In Ashby (1935, 1991) viene citata una cin- Marittima; ad esempio, alcuni pozzi circolari nel con- quantina di putei, fornendone spesso le dimensioni, il dotto che alimentava il castello Odescalchi di Palo si tipo di rivestimento e la forma. Di essi 11 si presenta- presentano indubbiamente più antichi dell’acquedot- no quadrati, 5 rettangolari e 20 rotondi (dei rimanenti to, che è medievale, ma posteriori ai tratti di origine non è indicata la forma), ma è importante precisare etrusca o romana repubblicana. che, come appare chiaramente dalla descrizione del- Per quanto tutto l’argomento “pozzi” risulti senza dub- l’Ashby, molti tratti degli acquedotti Anio Vetus, Aqua bio di importanza secondaria nello studio degli acque- Marcia, Aqua Claudia ed anche Anio Novus nei se- dotti antichi, sarebbe tuttavia interessante datare con coli successivi hanno subìto interventi manutentivi e maggior precisione l’epoca della transizione da una veri e propri rifacimenti. La maggior parte dei pozzi tipologia all’altra, perché potrebbe poi fornire utili in- rotondi risulterebbe di epoca Adrianea (117-138 d.C.) dicazioni sull’età di altre opere ipogee non altrimenti o posteriore. accertabili. Anche in altre opere romane più recenti, come nei ru- Ci si augura che la raccolta di tutti gli studi, defini- deri della Villa di Nerone ad Anzio che subì ingran- ta col nome di “Carta degli antichi acquedotti”, possa dimenti fino ai tempi di Settimio Severo, si trovano portare maggiori informazioni anche in tal senso.

Ringraziamenti

Numerosi sono stati coloro che hanno collaborato per il rilevamento degli acquedotti presi in considerazio- ne; sarebbe difficile elencarli tutti ma ad ognuno di essi va la mia più sincera riconoscenza.

Bibliografia

Ashby T., 1935, The Aqueducts of , Ed. I.A. Richmond, Clarendon Press, Oxford. Traduzione italiana, 1991, “Gli acquedotti dell’antica Roma”, Ed. Quasar, Roma. Bodon G., Riera I., Zanovello P., 1994, UTILITAS NECESSARIA, GEIE - Progetto Quarta Dimensione, Milano. Catasto delle Cavità Artificiali del Lazio: schede n.i 14, 18, 19, 20, 21, 28, 36, 37, 38, 39, 41, 50, 51, 52, 62, 63, 66, 73, 74, 79, 85, 86, 89, 98, 101, 103, 104, 110, 112, 114, 115, 121, 126, 130, 137, 157, 159, 162, 163, 176, 180, 181, 182, 184, 185, 187, 189, 190, 194, 195, 196, 197, 203, 206, 209, 212, 218, 219, 234, 247, 248, 250, 251, 252, 254, 264, 266, 281, 286, 292, 293, 296, 300, 304, 306, 314, 315, 347, 369, 398, 403, 404, 408. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 53 I cunicoli del Monte Tuscolo (Roma - Lazio)

Ruggero Capulli

Gruppo Speleologico Grottaferrata 2007, Grottaferrata, Viale San Nilo 10 - [email protected]

Riassunto

Nei pressi di Roma, sul margine nord delle alture formate dall’ampio cratere del Vulcano Laziale, meglio note come Colli Albani, si trovano le rovine di Tusculum, un’antica città latina. In questi luoghi sono stati localizzati numerosi cunicoli per la captazione idrica, alcuni dei quali vennero realizzati e utilizzati per l’approvvigionamento della città (VI sec. a.C. - XII sec. d.C.). Il Gruppo Speleologico di Grottaferrata ha proceduto alla ricognizione e al rilievo di questi cunicoli, così da fornire la base per uno studio di carattere archeologico. Sono stati rilevati soltanto sei cunicoli, di cui due già noti. Con questo lavoro viene presenta la documentazione di cinque di essi. Cunicolo della Cisterna Arcaica. Forse il primo ad essere realizzato; ha uno sviluppo di 280 m. Cunicolo del versante sud. Realizzato esternamente alla città, ma probabilmente sterile. Cunicolo del versante est. Acquifero ancora attivo, unico ad avere al suo interno una cisterna. Cunicolo dei tre fontanili. Tutt’ora attivo rifornisce alcuni abbeveratoi; ha uno sviluppo di 400 m. Cunicolo del Santuario. Coevo alle sostruzioni del monumento, non si tratta di un acquifero.

Parole chiave: Tuscolo, cunicoli, captazione idrica.

Abstract

Drainage tunnels in Tusculum The ruins of Tusculum, an ancient town nearby Rome, are on the north side of the hills which are part of the large Latium Volcano crater. A large number of drainage tunnels (cuniculi) are situated in this site; some of these structures were made and used to bring water to Tusculum (VI sec. B.C.-XII A.D.). The Gruppo Speleologico Grottaferrata made surveys of some cuniculi, to allow archaeologists to carry out further researches. The survey concerned only six cuniculi; two of them were already known. In this paper we provide evidences about five cuniculi. Cuniculus of the archaic Cistern. It is 280 m long and maybe it was the first to be realized. Cuniculus on the south side of the Tusculum. It was not located into the town, and probably did not have water inside. Cuniculus on the east side of the Tusculum. It is the only one with a cistern inside, and drains water still today. Cuniculus of the Three Fountains. It is 400 m long, and brings water to some fountains. Cuniculus of the Sanctuary. It dates back to the same age of the sanctuary, and it was not used to drain water.

Key words: Tusculum, cuniculi (drainage tunnels), drainage system.

Inquadramento storico-geografico: teatro, le sostruzioni di un santuario, tratti di strada la città di Tuscolo pavimentata con basolato, cisterne e sepolcri: è ciò che resta di Tusculum, un’antica città latina (tav. 1). A sud est di Roma si eleva il complesso montuoso dei Le origini della città, la cui leggendaria fondazio- Colli Albani, costituito dai rilievi dell’apparato vulcani- ne si fa risalire alla fine del XII sec. a.C. ad opera di co geologicamente denominato “Vulcano Laziale”. Sulle Telegono (figlio di Ulisse e della maga Circe), in realtà pendici e sui crinali della cinta craterica esterna, il cui sono incerte, ma la presenza umana nell’area è testi- diametro supera i dieci chilometri, sono sorti e si sono moniata dai ritrovamenti di insediamenti riconducibi- sviluppati i paesi conosciuti come “Castelli Romani”. li alla prima età del ferro, intorno al 1000 a.C. Sul margine nord dell’ampio cratere, in territorio Ai piedi dell’arce, la parte fortificata più elevata, nei dei comuni di Monte Porzio Catone, Grottaferrata e secoli successivi si formò la struttura urbana. Qualche Frascati, si può visitare l’area archeologica del Monte raro indizio, oltre al nome della città, può far rite- Tuscolo, con interessanti rovine tra cui la cavea di un nere plausibile una presenza etrusca, per altri versi 54 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Tav. 1 - Carta archeologica (tratta da Quilici & Quilici Gigli, 1991). Tav. 1- Archaeological map of Tusculum (from Quilici & Quilici Gigli, 1991).

non provata. Il luogo potrebbe essere stato occupato I cunicoli dai Tusci nel periodo della loro espansione verso la Campania Felix. Poiché la città era situata sopra un’altura, per di più Tuscolo fece parte della Lega delle città latine. In alter- costituita da materiale piroclastico, non beneficiava di ne vicende storiche si trovò a volte avversaria e a volte sorgenti naturali. I suoi abitanti dovettero ingegnarsi alleata di Roma, ma finì per essere definitivamente in- e faticare non poco per assicurarsi un adeguato ap- tegrata acquisendo la piena cittadinanza romana (381 provvigionamento idrico. a.C.). Da questa città provennero numerose tra le più Vennero realizzati, forse con il contributo delle tec- importanti famiglie romane, iniziando dai Mamili per niche etrusche, alcuni cunicoli per intercettare l’ac- finire, in periodo medievale, con i Conti di Tuscolo. qua assorbita dal terreno e trattenuta nel sottosuolo. La potenza dei Conti di Tuscolo fu così grande da L’acqua stillante dalle pareti dei cunicoli veniva rac- portare al soglio pontificio tre dei suoi esponenti. Il colta e convogliata verso l’esterno, fino alle strutture predominio, strettamente connesso agli intrecci tra il di accumulo e utilizzazione: cisterne, fontane e acque- Papato, l’Impero e l’aristocrazia romana, caratterizzò dotti. un periodo di luci ed ombre che gli storici non hanno Si tratta quindi di antiche opere idrauliche, scavate ancora ben delineato. in strati geologici costituiti prevalentemente da spero- La decadenza di questa famiglia, la sua conseguente ne1, da tufi o da lapilli più o meno coerenti. I cunicoli debolezza e le inimicizie che si erano create, fecero si sviluppano per centinaia di metri ed hanno forme venir meno il suo dominio e Tuscolo venne ceduta al e ramificazioni variamente articolate. In alcuni trat- Papato. Il Comune di Roma - formatosi nel 1144 - rite- ti sono presenti paramenti di rivestimento ed opere nendola un pericolo a causa della sua posizione strate- gica, tentò a più riprese di occuparla e annientarla fin- 1 Lo “sperone” è una roccia vulcanica attribuita ad un fenome- ché vi riuscì a seguito di un patto scellerato tra il Papa no di alterazione della lava scoriacea. Presente solo in alcuni e l’Imperatore. Tusculum, una delle più antiche città punti del margine craterico del Vulcano Laziale (Sella, 2003), del Lazio, venne completamente distrutta il 17 aprile di colore giallo tufaceo con varie tonalità, è stata largamente del 1191 dalle milizie cittadine romane (Gregorovius, utilizzata nei Colli Albani e a Roma come materiale da costru- 1967). zione e pietra per decorazione (Capulli, 2003). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 55

Tav. 2 - Cunicoli della Cisterna arcaica. Rilievi a cura del GSG, eseguiti da R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa (1995 - 2001). Tav. 2 - Cuniculi of the archaic Cistern of the Tusculum. Topographical survey by GSG (R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa; 1995 - 2001). murarie per il sostegno delle pareti e della volta. Lo “cisterna arcaica” - in catasto CA: La RM 18 - risul- scorrimento dell’acqua veniva assicurato, e in qualche ta eseguito un interessante lavoro (Felici & Cappa, caso lo è ancora, per mezzo di canalette scavate sul 1994), mentre di quello ubicato nel versante est del fondo del cunicolo. Nei casi in cui le caratteristiche del monte a quota 610 s.l.m. ne esiste la rappresentazione fondo non sono risultate idonee ad impedire la disper- schematica e la succinta descrizione in una carta ar- sione idrica per assorbimento, le canalette sono state cheologica del Tuscolo (Quilici & Quilici Gigli, 1991). rivestite con elementi di laterizio. In tutti i cunicoli Il GSG ha perciò deciso di procedere alla esplorazione sono presenti pozzi di escavazione, forse utilizzati an- ed al rilievo dei cunicoli così da formare la base neces- che per altre funzioni quali l’ispezione o l’aerazione saria per una indagine di tipo archeologico e quindi delle gallerie. In qualche caso si riscontrano opere di colmare la lacuna sopra accennata. manutenzione e rimaneggiamento risalenti ad epoche Il lavoro si è svolto negli anni dal 1995 al 2001, ma la relativamente recenti. relativa documentazione è rimasta finora inedita. Di alcuni cunicoli sono osservabili i manufatti di uti- Durante le operazioni di ricognizione, oltre ai due cu- lizzazione, peraltro attivi tutt’ora o fino a tempi recen- nicoli di cui era già nota l’esistenza, ne sono stati in- tissimi, mentre per altri non sono state individuate le dividuati altri cinque e si ha motivo di ritenere che ve strutture alimentate, anche se è logico ipotizzare una ne siano ancora. In questo lavoro viene presentata la prosecuzione degli stessi con opere esterne, probabil- documentazione dei cunicoli per i quali è stato comple- mente acquedotti, per il raggiungimento dei punti di tato il rilievo e la relativa restituzione grafica, mentre distribuzione. per il resto sono tutt’ora in corso le operazioni di rilievo.

Le ricognizioni e i rilievi Cunicolo della Cisterna arcaica

Il Gruppo Speleologico di Grottaferrata2, occupandosi La “cisterna arcaica” (VI sec. a.C.) in realtà non è un ser- anche di cavità artificiali, ha ritenuto naturale, oltre batoio, ma un piccolo ambiente con vasche limarie dal che doveroso, impegnarsi nell’area archeologica del quale l’acqua, privata delle impurità, veniva immessa Tuscolo perché essa appartiene territorialmente an- in una fontana. In seguito, a cura degli edili Quinto che al Comune dove si è costituito il gruppo, ma anche Celio Latiniense e Marco Decumio (Ribaldi, 2008), perché vi era cognizione della presenza di alcuni cuni- venne realizzata un’altra fontana (70 a.C.); questa re- coli e di alcune cisterne che potevano risultare di un stò attiva fino ad alcuni decenni or sono. Dalla cisterna certo interesse. si accede direttamente al cunicolo di alimentazione. Dalla ricerca bibliografica si è potuto constatare che, Per la cisterna e la fontana esistono descrizioni ed illu- mentre per le cisterne esistono studi e pubblicazioni strazioni in diversi testi di archeologia, ma dei cunicoli che trattano l’argomento in modo piuttosto approfondi- che le rifornivano non erano reperibili che vaghe noti- to, per quanto riguarda i cunicoli manca una adeguata zie sino al 1992, quando alcuni soci dello Speleo Club documentazione. Soltanto per quello della cosiddetta di Roma ne eseguirono il rilievo e ne diedero conto sul notiziario del gruppo. Oltre alla restituzione grafica del rilievo fu redatta una minuziosa ed interessante 2 Il Gruppo Speleologico di Grottaferrata si é recentemente descrizione dei cunicoli che per dovizia di particolari e sciolto. I soci che hanno effettuato i rilievi, che hanno conserva- per l’attenta analisi dei manufatti costituisce un pre- to il materiale e che hanno curato il presente lavoro, hanno ade- zioso contributo allo studio del complesso archeologico rito al neo costituito Gruppo Speleologico Grottaferrata 2007. della città. 56 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 I cunicoli hanno uno sviluppo complessivo di circa m 2803 e, con leggera pendenza, trasportano l’acqua cap- tata e convogliata in canalette fino alla cisterna (tav. 2). Il complesso sistema sottopassa il teatro e la gran- de cisterna ad esso retrostante. La sua conformazio- ne, la sua posizione ed alcuni elementi attentamente analizzati da Giulio Cappa, portano lo stesso autore a formulare alcune suggestive ipotesi sulla originaria funzione di una parte dei cunicoli, funzione che non doveva essere soltanto idrica ma forse legata a riti praticati dagli antichi Tuscolani. In questi cunicoli è interessante osservare il sistema a livelli sovrapposti delle gallerie (fig. 1) e la tecnica di raccolta dell’acqua dalle pareti (fig. 2).

Cunicolo del versante Sud

Il cunicolo si apre sul fronte di una piccola balza roccio- sa (fig. 3). Il primo tratto, pressoché rettilineo, è sca- vato nella roccia ed è percorribile in piedi anche se la larghezza è di appena 60 cm (fig. 4). Dopo una doppia curva il cunicolo si allarga fino a circa due metri, ma è possibile proseguire solo con difficoltà a causa di un cospicuo riempimento di terra e pietre che ostruisce quasi interamente il passaggio. Superata la strettoia, la cui altezza non supera i 30 - 40 cm, si prosegue co- modamente nel cunicolo, ora scavato nei lapilli, grazie

Fig. 1 - Cunicolo della Cisterna arcaica. Gallerie sovrapposte (foto R. Testa). Fig. 1 - Cuniculus of the archaic Cistern. Overlapping tunnels 3 Alcuni autori riportano una misura maggiore, ma ulteriori veri- (photo R. Testa). fiche hanno confermato questo dato.

Fig. 2 - Cunicolo della Cisterna arcaica. Canalette di drenaggio (foto R. Testa). Fig. 2 - Cuniculus of the archaic Cistern. Water drainage system (photo R. Testa). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 57

Fig. 3 - Cunicolo del versante sud. Punto d’ingresso (foto R. Testa). Fig. 4 - Cunicolo del versante Sud. Tratto iniziale (foto R. Testa). Fig. 3 - Cuniculus on the south side of the Tusculum. Entrance Fig. 4 - Cuniculus on the south side of the Tusculum. Beginning (photo R. Testa). tunnel (photo R. Testa).

Tav. 3 - Cunicoli del versante sud. Rilievi a cura del GSG, eseguiti da R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa (1995 - 2001). Tav. 3 - Cuniculi of the south side of the Tusculum. Topographical survey by GSG (R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa; 1995 - 2001). all’altezza che torna ad aumentare. La posizione del cunicolo, esterna alla cinta muraria, Arrivati alla base di un pozzo, ostruito in sommità, fa ritenere che lo stesso dovesse probabilmente prose- si trovano per terra alcune pietre squadrate la cui guire con manufatti di superficie per alimentare una fattezza e le cui dimensioni possono far supporre che cisterna. Una ipotesi plausibile è che dovesse servi- appartenessero alle antiche mura della città, o ad al- re la cisterna situata nei pressi del sepolcro di Marco tra struttura esterna, qui cadute o gettate attraverso Celio Viniciano. Tuttavia, non essendo stati rinvenuti il pozzo. Il cunicolo, dopo un percorso complessivo di elementi che provino la sua effettiva utilizzazione, è circa 75 m, termina con un cumulo di pietre e non si possibile supporre che lo stesso sia risultato sterile. esclude quindi che possa proseguire oltre (tav. 3). Peraltro oggi si presenta completamente arido. 58 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Cunicolo del versante Est Cunicolo dei tre fontanili

Si accede al cunicolo attraverso un piccolo varco (fig. 5) Nella piccola valle situata ad est del Monte Tuscolo, che immette in un ambiente piuttosto ampio. Appena proprio in vicinanza di tre fontanili (abbeveratoi), si entrati si apre sulla sinistra un breve ramo che con- apre un complesso sistema di cunicoli (tav. 5). La va- duce attraverso una piccola apertura in una cisterna sta rete ha uno sviluppo di circa 400 metri ed è munita completamente intonacata. in alcuni tratti di una canaletta in laterizio (fig. 7); Dal vano di accesso si entra nel cunicolo che, scavato questa consente lo scorrimento dell’acqua impedendo- nella roccia, si articola in vari rami per uno sviluppo ne la dispersione nel terreno permeabile. complessivo di circa 145 m (tav. 4). In alcuni punti le Il cunicolo iniziale é piuttosto angusto. Dopo circa qua- slamature delle pareti hanno abbondantemente am- rantacinque metri si trova un primo pozzo e dopo altri pliato lo speco (fig. 6). sedici ve ne è un altro alla cui base le pareti del cuni- Il cunicolo è caratterizzato dalla presenza di acqua colo sono rivestite con muratura di pietra squadrata; che scorre copiosa sul pavimento per immettersi nel- si tratta di opere di sostegno per impedire possibili la cisterna sopra citata. L’acqua è presente anche nei slamature. La parte successiva presenta la volta rin- periodi più asciutti, ma non riesce ad alimentare la forzata con tegulae disposte a cappuccina (fig. 8 - cfr. cisterna disperdendosi nei suoi pressi per altra via. Adam, 1990). Altri tratti hanno le pareti rinforzate con

Fig. 6 - Cunicolo del versante Est. Superfici di crollo (foto R. Testa). Fig. 6 - Cuniculus on the east side of the Tusculum. Landslide surface (photo R. Testa).

Tav. 4 - Cunicoli del versante Est. Rilievi a cura del GSG, eseguiti da R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa (1995 - 2001). Tav. 4 - Cuniculi of the east side of the Tusculum. Topographical survey by GSG (R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa; 1995 - 2001). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 59

Fig. 5 - Cunicolo del versante Est. Ingresso (foto R. Testa). Fig. 8 - Cunicolo dei tre fontanili. Volta con tegole a cappuccina Fig. 5 - Cuniculus on the east side of the Tusculum. Entrance (foto A. Peccerillo). (photo R. Testa). Fig. 8 - Cuniculus of the Three Fountains. Roof tiles “cappucci- na” vault (photo A. Peccerillo).

opera incerta di probabile origine romana. Il cunicolo si dirama poi in vari bracci, quasi tutti sca- vati nel tufo. Il sistema, tutt’ora attivo, è munito di ot- to pozzi dei quali due protetti con un chiusino di pietra e gli altri ostruiti in sommità.

Cunicolo del Santuario

In prossimità della città si trovano le imponenti rovine di un santuario inquadrabile tra le architetture sacre del Lazio antico, databile attorno al II-I sec. a.C. Di in- certa attribuzione, un recente lavoro farebbe propende- re per una consacrazione ad Ercole (R. Ribaldi, 2008). Da uno degli ambienti di sostruzione del santuario si accede ai cunicoli attraverso un foro, angusto e disage- vole, situato ai piedi di un cumulo di detriti e terriccio. I cunicoli hanno uno sviluppo di circa 135 metri, pre- sentano una notevole inclinazione raggiungendo un dislivello complessivo di 23 metri (tav. 6). Dall’ingresso ci si immette, procedendo carponi in ri- pida discesa, nel ramo principale. Questo è costituito da un cunicolo rettilineo con orientamento NE-SW, adiacente e parallelo ad uno dei muri della struttura del santuario. Da un’apertura sulla sinistra ha inizio un ramo laterale che, piegando ancora a sinistra e superata una piccola finestra con elementi lapidei di sperone, prosegue per circa 60 m. Fig. 7 - Cunicolo dei tre fontanili. Convogliamento con elementi di laterizio (foto A. Peccerillo). Il ramo principale, con un’altezza di circa 2 m e una Fig. 7 - Cuniculus of the Three Fountains. Tiles for water drain- larghezza variabile di 75-100 cm, per un buon tratto è age system (photo A. Peccerillo). percorribile in piedi. Ha le pareti rivestite con opus re- 60 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Tav. 5 - Cunicolo dei tre fontanili. Rilievi a cura del GSG, eseguiti da R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa (1995 - 2001). Tav. 5 - Cuniculus of the Three Fountains. Topographical survey by GSG (R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa; 1995 - 2001).

Tav. 6 - Cunicoli del Santuario. Rilievi a cura del GSG, eseguiti da R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa (1995 - 2001). Tav. 6 - Cuniculi of the Sanctuary of the Tusculum. Topographical survey by GSG (R. Capulli, A. Peccerillo, R. Testa; 1995 - 2001). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 61 ticulatum e la volta rinforzata con opera cementizia. Il pavimento, nei tratti ancora esistenti, è costituito da lastre di pietra al di sotto delle quali corre una cana- letta coperta a “cappuccina” (fig. 9). Il cunicolo termi- na con un varco munito di architrave, ma ostruito da detriti, oltre il quale è presente un sistema strutturale in pietra sperone che fa ipotizzare un piccolo andito con una apertura verso l’esterno, nella parte a valle del santuario (fig. 10). Nel cunicolo è presente un ca- mino rastremato, in ottimo stato di conservazione e in- teramente intonacato, che dovrebbe collegarsi con un altro ambiente delle soprastanti sostruzioni (fig. 11). Il ramo secondario è scavato nei lapilli, ha una sezione variabile sia in altezza che in larghezza e non è rive- stito. Al di sotto del pavimento del primo tratto, fino alla finestrella, prosegue la canaletta del ramo princi- pale (fig. 12); lungo il percorso sono stati realizzati due pozzi, attualmente ostruiti. Questo ramo si presenta come un’opera non completata, ma che avrebbe dovuto integrare il ramo principale per costituire con esso una struttura di servizio per il santuario. Peraltro il ramo principale sembrerebbe coevo alle opere di sostruzione. Verosimilmente le funzioni di questo sistema doveva- no essere diverse o almeno non soltanto quelle della captazione idrica. Ciò appare evidente dalle caratteri- stiche costruttive, dalla ubicazione e da alcuni manu- fatti in pietra tra i quali, assai particolare, un elemen- Fig. 9 - Cunicolo del Santuario. Particolare del cunicolo (foto to tronco-piramidale scavato e munito di una feritoia R. Testa). rettangolare rinvenuto all’interno del ramo principale Fig. 9 - Cuniculus of the Sanctuary. Tunnel details (photo R. (fig. 13). Il manufatto doveva in origine essere collocato Testa). in corrispondenza dell’attuale accesso. Anche in cima

Fig. 10 - Cunicolo del Santuario. Piccolo ambiente terminale Fig. 11 - Cunicolo del Santuario. Camino rastremato (foto R. (foto R. Testa). Testa). Fig. 10 - Cuniculus of the Sanctuary. Ending small space (photo Fig. 11 - Cuniculus of the Sanctuary. Tapered air duct (photo R. Testa). R. Testa). 62 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 12 - Cunicolo del Santuario. Finestra di separazione (foto Fig. 13 - Cunicolo del Santuario. Elemento sommitale per ae- R. Testa). razione foto R. Testa). Fig. 12 - Cuniculus of the Sanctuary. Inner window (photo R. Fig. 13 - Cuniculus of the Sanctuary. Upper part of air duct Testa). (photo R. Testa). al camino rastremato parrebbe esserci un elemento di Questo cunicolo, forse più degli altri, merita uno stu- identiche fattezze. Queste supposizioni sembrerebbe- dio approfondito per valutarne l’importanza dal punto ro confermate da riferimenti grafici individuati sulla di vista archeologico. pianta del santuario elaborata da Alberto Davico4 nel 1939. Fra le ipotesi plausibili si può ritenere che l’ope- 4 Alberto Davico, allora studente alla Reale scuola di Architet- ra fosse destinata allo smaltimento di liquidi o all’at- tura, eseguì il rilievo del santuario per lo studioso americano traversamento sotterraneo, oppure, con estrema pru- G.E. Mc Cracken, autore di numerose pubblicazioni sul Tusco- denza, a riti praticati nel santuario. lo antico.

Ringraziamenti Si ringraziano l’Azienda di promozione Turistica di Frascati e la XI Comunità montana del Lazio per il sostegno dato all’iniziativa. Si ringraziano tutti i soci dell’ex GSG che in varie occasioni hanno partecipato alle esplorazioni. Un particolare ringraziamento a Giancarlo Giannatiempo che ha realizzato la presentazione di questo lavoro ed a Marco Schutzmann per la rielaborazione dei disegni.

Bibliografia

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Luigi Casciotti

Architetto, speleologo e naturalista

Riassunto

Viene data per la prima volta una descrizione sistematica di cinque acquedotti antichi, per due dei quali viene identificata come destinazione finale (con maggiore o minore certezza) la parte più alta del Tempio della Fortuna Primigenia. Questo studio si aggiunge a quello relativo all’acquedotto delle Cannucceta ed arricchisce il quadro delle opere di rifornimento d’acqua all’antica Praeneste e al suo Tempio.

Parole chiave: Palestrina, cunicoli, acquedotti.

Abstract

The acqueducts of Praeneste (Palestrina, Rome, Italy) For the first time a systematic description is given for five ancient acqueducts, for two of which the final destination has been identified to be (with higher or lower degree of certainty) the upper part of the Temple of the Pristine Fortune. This investigation, together with the one on the acqueduct of the Cannucceta, likely completes our knowledge of the water supply system of ancient Praeneste and its Temple.

Key words: Palestrina, cuniculi, acqueducts.

Palestrina e l’acquedotto delle Cannucceta galleria, sugli attrezzi e gli strumenti utilizzati. L’acquedotto termina in città, all’esterno della base L’antica città latina di Praeneste, oggi Palestrina, è si- delle mura poligonali che sostengono il primo terrazzo tuata circa 30 km ad est di Roma ed è edificata ai piedi del Tempio della Fortuna Primigenia ed è, per alcu- e sulla mezza costa del versante meridionale del Monte ne connessioni costruttive, non posteriore ad esso. La Ginestro, prima propaggine dei Monti Prenestini (fig. quota dello sbocco, alla quota di 508 m s.l.m., al di- 1). Difesa da un imponente anello di mura poligonali, sopra degli antichi edifici del Foro cittadino, esclude si ergeva a controllo della naturale via di comunicazio- che l’acquedotto delle Cannucceta potesse alimenta- ne tra la Campania e l’Etruria. re i numerosi resti di canalizzazioni, pozzi e fontane La città è celebre soprattutto per l’edificazione, in età (almeno nove) che adornavano il complesso templare medio repubblicana, del tempio dedicato alla Fortuna nelle sue quote superiori, lasciando così presupporre Primigenia, il più grande dell’occidente, concepito a l’esistenza d’altri e nuovi acquedotti. scala paesaggistica territoriale ed ispirato a modelli el- lenistici. Lo sviluppo della città e l’impianto del santua- rio sul pendio montano testimoniano la notevole capa- Il tempio della Fortuna e i suoi acquedotti cità tecnica degli antichi costruttori, in grado tra l’altro di realizzare acquedotti atti a condurre in questi luo- In questi ultimi anni sono state rintracciate numero- ghi le acque captate in aree sorgentizie molto distanti. se altre testimonianze d’antiche opere di captazione e Nel 2002 è stato pubblicato uno studio sull’antico conduzione delle acque e per alcune di loro si è certi acquedotto romano delle Cannucceta (Castellani & della stretta relazione funzionale sia con la città che Casciotti, 2002) che da oltre 2000 anni, seppur par- con il suo Tempio. zialmente, ancora alimenta la fontana rinascimentale Le captazioni sono presenti soprattutto nelle aree col- del Borgo, nel centro storico di Palestrina. Le inda- linari circostanti, appartenenti prevalentemente al gini storiche e le investigazioni speleologiche hanno Comune di Castel San Pietro Romano, sorto sull’arce di permesso di rintracciarne l’intero percorso di oltre 3,5 Praeneste, e sono ancora oggi parzialmente utilizzate km, rappresentato in figura 2 al n.1, ed hanno miglio- per rifornire numerose fontane medievali e moderne. rato ed ampliato le conoscenze sulle tecniche costrut- Si elencano, qui di seguito, le cinque aree sorgentizie tive ipogee, sui metodi di scavo e di avanzamento in intorno alle quali sono stati rintracciati manufatti 64 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 1 - Localizzazione dell’area di Palestrina - Praeneste e Castel San Pietro Romano (grafica C. Germani). Fig. 1 - Position of the ground with Palestrina - Praeneste and Castel San Pietro Romano (drawing C. Germani).

connessi ad antiche captazioni ed acquedotti: te ed una lunghezza di circa 1,1 km, con una pendenza • Area sorgentizia della Campagnata, alla quota di quindi pari a circa 7,8%. circa 660 m s.l.m.; Si tratta di pendenze sicuramente eccessive per i ca- • Area sorgentizia del Fossatello, 657 m s.l.m.; noni costruttivi romani, ma che probabilmente veni- • Area sorgentizia del Formale, 620 m s.l.m.; vano mitigate interponendo lungo il percorso dei salti • Area sorgentizia delle Cannucceta, 558 m s.l.m.; di quota o brevi tratti in forte pendenza. Negli isolati • Area sorgentizia della Bulliga, 460 m s.l.m. resti del condotto occidentale non si è però riscontra- Le aree sono individuate anche nella planimetria di ta nessuna brusca variazione di quota mentre per il figura 2. condotto orientale si è evidenziata, in un brevissimo tratto posto tra il pozzetto d’ispezione part. 241 (vedi oltre) e la Chiesa di S. Cesareo, una pendenza della Gli acquedotti del Fossatello canaletta molto elevata.

Due dei nuovi acquedotti rintracciati insistono nel- l’area denominata del “Fossatello”, sita alle spalle di L’acquedotto del “Fossatello occidentale” Palestrina, all’interno della valle che isola a setten- trione l’abitato di Castel San Pietro Romano da “I All’inizio del 2000 furono rinvenuti a poca distanza Colli” circostanti. dal fontanile del Fossatello due cunicoli contrapposti, I due acquedotti aggirano con percorsi semicircola- allineati con le pendici occidentali del monte Ginestro, ri e contrapposti i fianchi del Monte Ginestro e, per che suggerirono un collegamento con altri resti di con- l’orientamento dei loro tracciati, sono stati denomina- dotto, questi edificati in superficie, rintracciati in pre- ti rispettivamente “Fossatello occidentale”, indicato in cedenza sullo stesso fianco del monte (fig. 3, disegni in fig. 2 con il numero 2, e “Fossatello orientale”, indicato alto e al centro). nella stessa figura con il numero 3. Le tecniche costruttive dei cunicoli, scavati in trincea I loro condotti, dopo aver prelevato le acque ad una e poi rifoderati in muratura, e delle sostruzioni del quota di circa 657 m s.l.m. le convogliavano nella zona condotto di superficie residuale, realizzato in opera più alta dell’antica città, probabilmente al servizio del cementizia, non lasciavano dubbi sull’origine romana Tempio della Fortuna Primigenia, come avremo modo dei manufatti. di esaminare nel seguito, sito ad una quota di circa Il cunicolo sito sulla destra idrografica del fosso, poco 565 m s.l.m. al disotto del livello del terreno, è realizzato con mu- L’acquedotto del Fossatello occidentale ha una lun- ratura di malta e pietre calcaree locali leggermente ghezza di circa 1,3 km e la sua pendenza risulta di cir- sbozzate; la volta a pseudocappuccina è formata da un ca 7,1 %. L’acquedotto del Fossatello orientale ha una getto continuo realizzato su tavole longitudinali, la cui quota di presa circa 6 m inferiore rispetto al preceden- impronta è rimasta impressa nella malta. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 65 Il condotto risulta decisamente ruotato verso valle che ancora oggi alimenta numerosi cunicoli che rifor- (fig. 4) e la sua lunghezza supera di poco i 5 m, es- niscono con le loro acque Fontana Nova, il fontanile sendo impedita l’esplorazione da una grossa frana che, abbeveratoio del Fossatello e il fontanile abbeveratoio secondo la testimonianza di un locale, è stata causata di Fontana Vito, sito poco più in alto. dalla realizzazione della fogna comunale nel 1970. Il condotto sulla sponda sinistra è della stessa tipolo- L’acquedotto captava le acque sul fianco occidentale gia costruttiva del precedente, le sue dimensioni sono del rilievo de “I Colli”, costituito da calcari marnosi, circa 1,55 m di altezza e circa 50 cm di larghezza.

Fig. 2 - Planimetria dell’area di Palestrina e Castel San Pietro Romano con riportati i percorsi rilevati o presunti degli acquedotti discussi nel testo (grafica L. Casciotti su base CTR 1:10000). Fig. 2 - Planimetry of the ground around Palestrina and Castel San Pietro Romano. The courses, observed or presumed, of the acqueducts discussed in the paper are indicated (drawing L. Casciotti based on the map CTR 1:10000). 66 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Area sorgentizia del Fossatello e ipotesi di captazione attraverso il pozzo CA253LaRM, particella catastale 118 (grafica L. Casciotti). Fig. 3 - The spring area at Fossatello, with the hypothesis of water capture by means of the well CA253LaRM, cadastral position 118 (drawing L. Casciotti). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 67

Fig. 4 - Cunicolo sulla riva destra del Fossatello (foto L. Casciotti). Fig. 4 - Cuniculus on the right bank of the Fossatello streamlet (photo L. Casciotti). Il cunicolo ha andamento rettilineo per una lunghezza interamente in opera cementizia, gettata direttamen- di circa 8 m, poi un esteso crollo strutturale ne impe- te in sito entro cassaforme lignee. Nelle parti meglio disce l’ulteriore esplorazione. conservate presenta un’altezza fuori terra di 1,50 m, è Il tratto intermedio oggi scomparso era edificato at- largo un metro mentre la lunghezza del tratto discre- traverso il fosso e forse formava una piccola diga fun- tamente conservato anche se interrotto da rilevanti zionale, come vedremo più avanti, all’alimentazione di fratture è di circa 12 m. Altre parti di questo condotto un vicino pozzo. s’individuano grazie alle residue tracce lasciate al suo- L’esistenza di questo piccolo bacino artificiale si può lo dal duro corpo del getto cementizio, mentre ampi ipotizzare grazie all’evidente inclinazione subita dal tratti sono totalmente erosi e scomparsi. cunicolo (fig. 4) e dall’erosione della riva sinistra del Il canale o “specus” è largo 40 cm, alto 20 cm e con fosso, che qui ha formato una piccola ansa in corri- sponde larghe 30 cm; non sono visibili, come in altre spondenza dell’altro cunicolo (fig. 3). parti, le incrostazioni calcaree lasciate dall’acqua. La Si può ragionevolmente supporre, infatti, che l’ac- copertura, non conservata, era forse formata da lastre centuata rotazione del condotto verso valle sia stata di pietra locale o da grandi tegoloni (embrici). prodotta dalla forte spinta orizzontale dell’acqua e dei Altri resti di questo manufatto si possono osservare sedimenti contenuti dalla diga quando questa fu ab- sul margine sinistro della strada provinciale SP58A bandonata e non più vigilata e regolamentata. Palestrina - Castel San Pietro Romano, al km 2,5. Qui L’esistenza del piccolo invaso artificiale forse consen- il condotto risulta edificato quasi al livello del suolo tiva, come abbiamo accennato, la percolazione delle e la sua altezza complessiva è mediamente di 50 cm; acque del lago verso un vicinissimo pozzo (fig. 3, al nel canale si vedono ancora i depositi calcarei lasciati centro e in basso) che a sua volta le immetteva, attra- dall’acqua. verso un collegamento sotterraneo, nell’acquedotto del Le ultime evidenze, molto significative, si rinvengono “Fossatello orientale” più oltre discusso. lungo il pendio al disotto della stessa strada provincia- Come già detto, investigando il territorio limitrofo, cir- le, all’interno del bosco di lecci denominato localmente ca 350 metri verso valle erano stati da tempo indivi- dei Frainili, confine tra il comune di Castel San Pietro duati sul fianco occidentale del Monte Ginestro i resti Romano e Palestrina. di un acquedotto edificato e in condotto superficiale Le quote dell’acquedotto e la direzione ricavata dal- che, per direzione e quota altimetrica, potevano essere l’andamento delle pendenze lasciano intuire che il validamente collegati ai cunicoli sopra descritti. luogo di recapito delle acque corrispondesse alla par- Il condotto superficiale (n. 2 di fig. 2) era realizzato te alta della città, anticamente occupata soltanto dal 68 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Tempio della Fortuna Primigenia. L’acquedotto del “Fossatello orientale” L’acquedotto fu quindi costruito verosimilmente per rifornire le fontane del Tempio, in quanto il lungo trat- Il secondo acquedotto ha inizio da un pozzo d’ispezio- to percorso in superficie rendeva le acque non adatte ne sito all’interno della stessa area sorgentizia del ad un uso potabile (eccessivamente calde in estate). “Fossatello”. Da qui, con un percorso semicircolare Va precisato tuttavia che le tracce della struttura speculare al precedente ed aggirando a mezzacosta in canaletta cementizia si perdono nel boschetto dei il fianco orientale del Monte Ginestro, si dirige nella Frainili e non sono del tutto chiare le modalità del suo parte alta della città di Palestrina. (fig. 2, n. 3) prosieguo ed il suo esatto recapito finale. Il pozzo, identificato come CA253LaRM nel Catasto

Fig. 5 - Rilievo della CA253LaRM (grafica L. Casciotti, rilievo CRS Egeria 2002). Fig. 5 - Plan of CA253LaRM (drawing by L. Casciotti, survey CRS Egeria 2002). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 69

Fig. 6 - Vista del casottino soprastante il pozzo di ispezione CA235LaRM (foto L. Casciotti). Fig. 6 - View of the small building above the inspection well Fig. 7 - Discesa del pozzo CA235LaRM (foto C. Germani). CA235LaRM (photo L. Casciotti). Fig. 7 - The descent into the well CA235LaRM (photo C. Ger- mani). nazionale cavità artificiali della Società Speleologica Si tratta di un’altro pozzo d’ispezione dell’antico ac- Italiana (fig. 5), è individuabile dal suo piccolo edificio quedotto, profondo circa 13 m, che in fondo porta ad di copertura, a quota 675 m s.l.m, distante meno di 50 un cunicolo-discenderia con due diramazioni: la prima m dalla sponda del fosso (fig. 6). tamponata da una muratura di tufo, la seconda per- Nel casotto di protezione, ricostruito recentemente corribile e scavata verso l’interno del monte (fig. 10). con pareti e volta in muratura mista di tufo e pietre Questa è risultata, al momento dell’ispezione, chiusa locali, è stata inserita, utilizzando fori esistenti, una da un sifone dopo una percorrenza di circa 33 m, per moderna passerella metallica che scavalca il pozzo e una profondità complessiva di circa 21 metri1. ne consente la discesa con tecniche speleologiche (fig. La discenderia drena attualmente delle vene idriche 7). Le pareti presentano una foderatura parziale sino superficiali che, percolando lungo le pareti, le hanno ad una profondità di circa 5 metri, mentre il diame- fortemente concrezionate. Anche il fondo del cunicolo tro passa da 2 metri a circa 130 cm in corrispondenza è ricoperto da uno spesso strato calcitico, che ne riduce del fondo, posto a –26 metri. Qui l’ipogeo si allarga in molto l’altezza, ora mediamente 1,30 m anziché 1,90 un’ampia nicchia alta circa 2 metri (fig. 8). Grazie alla - 2,00 m. sua profondità si ipotizza che potesse ricevere acque Testimonianze locali2 hanno portato alla individua- sia da falde sia dall’invaso artificiale precedentemente zione di altri pozzi di ispezione, identificati nello stes- descritto e posto alla quota di circa 655 m s.l.m (fig. 3). Dalla lettura dei dati catastali del Comune di Castel 1 Si ringraziano per l’esplorazione ed il rilievo gli speleologi L. San Pietro Romano si è accertato che questo casotto, Cianetti e V. Gasbarri del CAI di Palestrina che, in collaborazio- individuato con la particella 118 al foglio 14, è indi- ne con il sottoscritto, compirono nel 1997 una prima ispezione cato nelle annotazioni della partita 45 come “tombino cui seguirono le ulteriori ricerche che hanno permesso di appu- acquedotto”. rare i collegamenti a monte ed a valle descritti nel testo. Nella stessa partita catastale risulta inserito anche 2 Si ringrazia il sig. Angelo Lulli di Palestrina per avermi segna- il casottino visibile sul bordo della strada provinciale lato i resti dell’acquedotto, sito in parte sulla sua proprietà. Egli Palestrina - Castel San Pietro Romano, nei pressi del mi ha raccontato degli interventi regolari di manutenzione che km 3,7 e situato ad una quota di 670 m s.l.m., individua- alcuni operai di Palestrina compivano, fino agli anni ‘40, per to dalla particella 202 ed indicato anch’esso, nelle an- conto della famiglia Barberini a quest’acquedotto servendosi, notazioni catastali, come “tombino acquedotto” (fig. 9). appunto, di tutti questi pozzetti d’ispezione. 70 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 8 - Ambiente alla base del pozzo CA235LaRM (foto C. Germani). Fig. 8 - The bottom of the well CA235LaRM (photo C. Germani). so foglio 14 dalle particelle catastali 216 e 241 e più oltre descritti, che hanno confermato l’esistenza di un acquedotto in gran parte sotterraneo. Di questa struttura, attualmente interrotta in più parti, sappia- mo dalle stesse fonti orali che riforniva fino agli anni ‘40 del secolo scorso il Palazzo Baronale della fami- glia Barberini, complesso rinascimentale edificato nel 1493 dal principe Francesco Colonna sulla som- mità dell’antico Tempio della Fortuna Primigenia di Praeneste. In particolare, l’edificio sorge sulle rovine del Tempio Rotondo e dell’Emiciclo Colonnato, come ricordato dall’epigrafe incisa sull’architrave del porto- ne d’ingresso al palazzo, attualmente sede del Museo Nazionale Archeologico di Palestrina. Il casottino corrispondente alla particella 216, appar- tenente sempre al medesimo foglio 14 del Comune di Castel San Pietro Romano ed anch’esso nelle annota- zioni catastali trascritto come “tombino acquedotto”, è sprovvisto di porticina d’accesso (ora reinstallata) ed è alto circa 1,60 m e largo 1,27 m ed è, per tipologia costruttiva, simile al precedente. Immette anch’es- so in un piccolo pozzo quadrangolare di 0,59 x 0,59 m (due piedi romani), con muratura in opera incerta di calce e pietre calcaree locali, profondo solo 5,20 m. Il pozzetto era fornito di pedarole, (nicchie ricavate sulle due pareti contrapposte per scendere e risalire senza l’ausilio di scale) alcune delle quali sono state obliterate dall’inserimento di moderni ferri di discesa che permettevano agli operai una più agevole e sicura manutenzione. Fig. 9 - Casottino del pozzo d’ispezione, particella catastale In fondo al pozzo sono stati individuati, poco sotto il 202 (foto L. Casciotti). pelo dell’acqua, alta in questo punto circa 1,40 m, i due Fig. 9 - The small buiding of the inspection well, cadastral posi- cunicoli contrapposti, (alti circa 1,10 m) scavati con la tion 202 (photo L. Casciotti). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 71

Fig. 10 - Pianta e sezioni del pozzo di ispezione, particella catastale 202 (grafica L. Casciotti, L. Cianetti, rilievo L. Casciotti, L. Cianetti, V. Gasbarri, 1997). Fig. 10 - Plan and sections of the inspection well, cadastral position 202 (drawing by L. Casciotti and L. Cianetti; survey L. Ca- sciotti, L. Cianetti and V. Gasbarri 1997). 72 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 stessa direzione NNO della porticina d’accesso (fig. alterate dai depositi calcarei o dalle moderne ricostru- 11). Tale orientamento conferma la provenienza del- zioni. l’acquedotto dal casottino del pozzo soprastante (part. Un ultimo casottino, foglio 14, particella 241, indicato 202), precedentemente illustrato e descritto. ugualmente come “tombino acquedotto” nelle annota- Il completo allagamento dei cunicoli che impedisce zioni catastali, con porticina d’accesso ora mancante, l’esplorazione è dovuto all’occlusione della canaletta permetteva l’ispezione al condotto superficiale con il che alcuni metri a valle di questo pozzo sostituiva il pozzetto aperto al livello del pavimento, esattamente cunicolo sotterraneo, seguendo anch’essa la fascia di sul canale delle acque e rialzato dal suolo solo di 23 mezzacosta poco al disotto della superficie del terreno, centimetri. sino alla città. Il piccolo edificio (fig. 12) è ricoperto da un solaio mo- Essa è localizzabile seguendo i rivoli superficiali delle derno in calcestruzzo voltato a botte sulla cui volta è limpide acque che circa 10 m oltre il pozzo affiorano in impostata un’unica falda in calcestruzzo, con una pen- superficie e costantemente defluiscono nel sottostante denza di circa 20°. La muratura d’elevazione, formata Fosso della Campagnata. di malta e scaglie miste di pietre locali e tufo, ha uno A circa 50 m dal pozzo s’individua, al livello del terre- spessore medio di 22 cm. Il canale interno del condotto no su uno stradello che scende verso valle, un piccolo (“specus”), completamente interrato, dopo una parzia- tratto della canaletta, qui ricoperta con pietre calca- le pulizia ha evidenziato che il condotto proveniente ree locali e con l’estradosso della copertura coinciden- da nord, largo circa 25 cm e alto 30 cm, è parzialmen- te con il piano di campagna. Una lastra di copertura, te ostruito da incrostazioni calcaree; per tale motivo o evidente sul sentiero e semplicemente appoggiata, ha forse per garantire una maggiore salubrità delle ac- consentito l’esame ed il rilievo interno del canale qui que, era stata disposta al suo interno una moderna privo dell’acqua corrente. Esso risulta intonacato sul- tubazione in ghisa, del diametro di 13 cm e spessore le pareti interne e verosimilmente anche sul fondo, le di 0,5 cm, (divelta, da testimonianze di locali, dopo sue dimensioni sono di 50 cm di profondità e 20 cm di l’ultima guerra) e parzialmente lesionata. S’intuisce larghezza, misure che potrebbero essere parzialmente che essa è stata disposta solo nell’ultima fase d’utiliz-

Fig. 11 - Interno del pozzetto di ispezione particella 216. Sotto il pelo dell’acqua si intravede il cunicolo proveniente dal pozzetto 202 (foto L. Casciotti). Fig. 11 - Inside of the small inspection well with cadastral position 216. Under the water surface one can see the cuniculus coming from the well 202 (photo L. Casciotti). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 73

Fig. 12 - Casottino del pozzo di ispezione particella 241 (rilievo e grafica L. Casciotti). Fig. 12 - The small building of the inspection well with cadastral position 241 (survey and drawing L. Casciotti). zo dell’acquedotto perché non presenta al suo interno La chiesa, ci narra lo storico prenestino P. Petrini3, fu alcuna traccia di deposito calcareo. costruita come parrocchiale e cimitero per il quartiere L’acquedotto, oltre questo casottino proseguiva ancora dello “Scacciato”, così detto per la popolazione rifugia- in canaletta superficiale scavata nell’impervio suolo tasi in questi luoghi dopo la distruzione di Palestrina roccioso e terminava su un’antica strada di comuni- per opera del cardinale Vitelleschi, nel 1437. cazione tra Praeneste e le zone montuose soprastanti, Si può presumere che la scelta del sito per la costruzio- sottopassando le mura poligonali della città nei pressi ne delle case e della chiesa del quartiere fu effettua- dei ruderi della rinascimentale chiesa di San Cesareo. Qui la canaletta è ancora visibile e al suo interno si trova una moderna tubazione in ghisa, forse anch’es- 3 P. Petrini riporta in “Memorie Prenestine disposte in forma di sa inserita per garantire una maggiore salubrità delle annali”, Roma, 1756, che le case dello “Scacciato” e la chiesa acque in prossimità dell’abitato. di San Cesareo furono edificate negli anni tra il 1440 e il 1448. 74 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 13 - Resti del condotto dell’acquedotto della Bulliga ancora visibili sul lato sinistro del fosso Lucinetto (foto L. Casciotti). Fig. 13 - The remains of the tunnel of the acqueduct La Bulliga, still visible on the left bank of the Lucinetto streamlet (photo L. Casciotti).

ta proprio in funzione del passaggio di questo antico tini esterni appaiono associabili al riutilizzo rinasci- acquedotto, che permise alla popolazione di usufrui- mentale dell’acquedotto, forse databile al 1493, anno re dell’acqua corrente del canale superficiale, tuttora di costruzione del Palazzo Colonna poi Barberini. parzialmente individuabile all’interno dei ruderi della Un ulteriore elemento che può confermare e raffor- chiesa. zare la coincidenza di tale acquedotto con l’antico è Oltre ad aver trovato conferma nelle tradizioni orali dato dai disegni ricostruttivi del tempio della Fortuna sull’utilizzazione dei casottini come pozzi d’ispezione Primigenia eseguiti dal pittore ed architetto Pietro per la manutenzione dell’acquedotto rinascimentale, si Berrettini, meglio noto come Pietro da Cortona, pub- può ragionevolmente ritenere che questo abbia origini blicati nel libro: “Praenestes Antiquae libri duo”, di J. più antiche e che si sia di fronte ad una seconda opera M. Suares, edito nel 1655. idraulica che, in età romana, alimentava la parte alta Il Cortona, architetto ed artista di fiducia della fami- del tempio della Fortuna di Praeneste. A conforto di glia Barberini, molto probabilmente effettuò dei rilievi tale ipotesi sono l’ardita opera di scavo tra i pozzetti ed elaborò i disegni dopo il 1630, anno in cui Taddeo delle particelle 118, 202 e 216, la struttura muraria Barberini, fratello dell’allora pontefice Urbano VIII di rivestimento del pozzo della particella 216, le cui (Maffeo Barberini 1623-1644), acquistò il feudo di misure coincidono con quelle classiche dell’età romana Palestrina dalla famiglia Colonna. e la già citata sovrapposizione del Palazzo Baronale al Nella sua fantasiosa ricostruzione del Tempio ebbe Tempio della Fortuna Primigenia. l’accortezza di riportare anche il percorso dell’acque- Lesioni, crolli e smottamenti che caratterizzano anche dotto che alimentava la parte sommitale del santuario questo acquedotto sono da imputarsi allo stato di ge- e che, pur nei limiti della restituzione, ben corrisponde nerale abbandono che hanno subito tutti questi manu- al tracciato dell’acquedotto rinascimentale. fatti a partire dal IV e V secolo4 mentre i quattro casot-

4 L’editto di Teodosio del 392 decretò la chiusura di tutti i templi pagani e questa sorte subì anche il santuario della Fortuna Primi- genia di Praeneste. Intorno alla metà del V secolo, le successive invasioni barbariche causarono un generale impoverimento di tutte le città, che non ebbero più modo di provvedere alla manutenzione e riparazione dei loro acquedotti. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 75

Fig. 14 - Pianta e sezioni delle captazioni dell’acquedotto del Formale (rilievo e grafica L. Casciotti). Fig. 14 - Plan and sections of the water-capture works of the Formale acqueduct (survey and drawing L. Casciotti). 76 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Altri acquedotti di Palestrina te interramento (oltre 140 cm di spessore), esteso per tutta la lunghezza del condotto, ha consentito solo una Acquedotto della Bulliga parziale esplorazione speleologica. Sono stati rilevati I resti di un altro acquedotto, denominato della Bulliga comunque oltre 200 m di condotto, sugli 800 presumi- dal nome della corrispondente area sorgentizia, sono bili, cosa che ha consentito di evidenziare l’assoluta stati rintracciati all’interno del Fosso Lucinetto, in linearità dello scavo, la mancanza di pozzi intermedi prossimità della strada rurale Ciavaccone - Bulliga, (lumen) e l’orientamento dell’opera verso la sorgente nel territorio di Castel San Pietro Romano. della Bulliga. Essi sono costituiti da un lungo cunicolo (CA225LaRM) Il canale di superficie è ancora in parte visibile nel- scavato all’interno del “Colle delle Scrime”, con dire- la parete opposta del fosso, realizzato esternamente zione NE e perfettamente rettilineo, evidentemente in opera quadrata di tufo e, nella parte contro terra, connesso poco più a valle con resti di un breve con- con piccole pietre calcaree. La copertura è formata da dotto interamente edificato all’esterno, prospiciente il grandi lastroni di pietra disposti orizzontalmente (fig. Fosso Lucinetto (fig. 2, n. 4). 13). Scendendo il sentierino al lato della strada prima ci- Le dimensioni dei blocchi tufacei sono 45 x 47 cm, con tata e risalito l’alveo del fosso per circa 20 metri, s’in- lunghezza da circa 90 a 110 cm; le dimensioni inter- dividua lo sbocco del cunicolo sulla parete sinistra del ne dello speco risultano di 45 cm di larghezza per 45 colle, a circa 2 metri dal suolo. cm di altezza, questa calcolata dall’intradosso della Attualmente una scala di ferro permette la visita del copertura sino all’interramento, del quale non è pos- cunicolo che s’inoltra all’interno del colle. Alto media- sibile valutare la profondità. Tale condotto scompare mente 190 cm e largo 60 cm, è stato scavato nella dura del tutto in prossimità della moderna strada (peral- roccia calcarea con sezione leggermente trapezoidale, tro antichissimo tratturo pedemontano da Praeneste in basso la base maggiore, funzionale al passaggio per a Tibur, l’odierna Tivoli) probabilmente scalzato e lo scavo e la rimozione dei detriti. Il cunicolo è facil- rimosso durante i moderni lavori d’ampliamento (cfr. mente percorribile per circa 17 m, poi un consisten- Quilici, 1984, pag. 74).

Fig. 15 - Vista dal basso della copertura del pozzo della captazione del Formale (foto L. Casciotti). Fig. 15 - View from the bottom of the covering of the water-capture well of the Formale acqueduct (photo L. Casciotti). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 77 Un piccolo ponte-acquedotto o, più probabilmente, una briglia-acquedotto ormai scomparsa doveva esse- re edificata attraverso l’alveo per congiungere i due tratti. Possiamo ipotizzare, considerata la quota della sor- gente della Bulliga (circa 460 m s.l.m.), che l’acquedot- to, traforato il colle delle Scrime, costeggiato Monte L’Abate e poi sottopassato Colle Martino portasse le acque nel grande bottino d’accumulo esistente nei pressi della chiesa di S. Lucia a Palestrina, su Via de- gli Arcioni, sito alla quota di 445 m s.l.m. Il percorso complessivo, secondo questa ipotesi, sareb- be di circa 3 km con un pendenza approssimativa dello 0,5%.

Acquedotto del Formale Sono state rinvenute antiche opere ipogee di captazio- ne anche in prossimità della zona sorgentizia denomi- nata “Il Formale” (vedi fig. 2), sempre sul territorio comunale di Castel San Pietro Romano, la dove il to- ponimo stesso ne indicava la presenza. I manufatti presenti in loco, realizzati prevalentemen- te in sotterraneo, sono probabilmente parti di un an- tico acquedotto il cui percorso è per ora incognito, ma probabilmente confluente, per quota e direzione, nella città di Praeneste. Gli abitanti di Castel S. Pietro Romano utilizzarono queste acque per alimentare, nel 1955, un acquedotto omonimo dismesso solo nel 1970 con l’entrata in servi- zio del moderno acquedotto del Simbrivio. Le captazioni sono adiacenti al Fosso di Varoncio, for- se il “Verestis” citato da Strabone in Geografia, V, 3, 11, ed ora in esso confluiscono. Sono formate da una prima galleria, lunga 31,30 m, che conduce le acque all’esterno a partire da un pozzo quadrangolare di m 1,60 x 1,80 nel quale confluiscono tre condotti drenanti (fig. 14). Il pozzo, alto circa 8 m, è coperto da grandi pietre calcaree disposte a falsa cu- Fig. 16 - Cunicolo di sinistra della captazione del Formale (foto pola, sovrapposte a secco e impostate su un perimetro C. Germani). Fig. 16 - Cuniculus on the left in the water-capture works of the pseudocircolare regolarizzato da quattro grandi lastre Formale acqueduct (photo C. Germani). calcaree appoggiate agli angoli (fig. 15). Delle tre gallerie drenanti, una è stata sospesa dopo pochi metri, un’altra ancora drenante è attualmente della Campagnata. Le acque, parzialmente captate ostruita da un massiccio crollo, mentre il terzo cuni- con delle tubazioni moderne, sono ora utilizzate per colo (fig. 16), avendo incontrato durante lo scavo uno irrigare dei terreni sottostanti. spesso strato argilloso, è stato intenzionalmente inter- Il convento dei Cappuccini è ubicato ad una quota rotto dopo 43,80 m. molto più bassa rispetto a quest’area sorgentizia e, per mantenere una pendenza non eccessiva della ca- Acquedotto dei Cappuccini nalizzazione, è possibile che fossero presenti lungo È stato individuato, a mezzacosta del fianco orientale il percorso dei salti di quota o dei tratti con maggior del monte Ginestro, un piccolo acquedotto in canaletta pendenza. in laterizio, rintracciabile in isolate parti, con copertu- ra spesso coincidente con il piano di campagna. Dalle Acquedotto della Campagnata testimonianze raccolte dai locali si presume alimen- Non lontano dal fontanile della Campagnata, infine, tasse il rinascimentale Convento dei Padri Cappuccini, sono stati rinvenuti i resti d’antiche opere idrauliche edificato nel 1566 (Petrini, 1795), per essere completa- (cunicoli e cisterne) ubicati nel sottostante Colle di mente abbandonato dopo la realizzazione della moder- Casa Pallone, con funzioni ancora sconosciute. I pochi na fornitura idrica del Simbrivio. reperti sono dettagliatamente descritti in Muzzioli, La sua opera di presa forse coincide con un breve cuni- 1970. colo posto sotto un muro di sbarramento che sembre- rebbe drenare le acque di una piccola falda superficia- le, ancora attiva, nelle immediate vicinanze del fosso 78 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Ringraziamenti

Gli studi sono stati realizzati in collaborazione con F. Bagella e N. Zattini mentre le esplorazioni speleo- logiche (e non solo queste!) sono state curate dal Centro Ricerche Sotterranee “Egeria” ed in particolare da Tullio Dobosz, Carla e Sandro Galeazzi, Carlo Germani e Vittoria Caloi. Ringrazio anche Carlo e Vittoria per la revisione dei testi e la paziente opera di correzione.

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Norma Damiano1, Rosalba Maresca2, Lucia Nardone2, Danilo Galluzzo3

1 Gruppo Speleologico CAI Napoli – Università degli Studi di Napoli “Federico II”, [email protected] 2 Università del Sannio 3 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sezione di Napoli - Osservatorio Vesuviano

Riassunto

La Grotta di Seiano fa parte di un percorso archeologico di notevole interesse e consiste in una galleria artifi- ciale che, traforando la collina di Posillipo, congiunge Coroglio con il vallone della Gaiola. In merito alle sue origini si ritiene che essa sia stata, in un primo momento, una cava per il reperimento di materiale da costru- zione e, successivamente, abbia avuto funzione carrabile di accesso alla villa Pausilypon. La cavità si sviluppa per circa 770 metri in direzione NW-SE, con una larghezza variabile dai 2,5 ai 7 metri ed un’altezza compresa tra 4 e 8 metri; tre cunicoli secondari si aprono sul lato sud-orientale della galleria fornendo luce ed areazione. All’interno della cavità, il giorno 13 dicembre del 2007 si è svolta una campagna di acquisizione di dati sismici, mediante registrazione di rumore sismico, con lo scopo di determinare la successione sismostra- tigrafica superficiale e valutare gli effetti di sito locali. Il rumore sismico è stato registrato utilizzando due array lineari installati lungo l’intero percorso della galleria, realizzati secondo due configurazioni geometriche dei sensori (A e B), ognuna formata da 5 stazioni sismiche a tre componenti e a corto periodo. La configurazione A è lunga 450 metri, mentre quella B è lunga 150 metri. Un’ulteriore stazione sismica è stata installata all’interno del Parco Virgiliano, in corrispondenza della cavità stessa, con lo scopo di valu- tare l’amplificazione del banco di tufo sovrastante l’ipogeo. Le stazioni sismiche hanno acquisito all’incirca un’ora di segnale sismico. Sui dati registrati sono state effettuate le analisi spettrali ed è stata calcolata la funzione di trasferimento sperimentale per ogni stazione, usando il metodo di Nakamura (Nakamura, 1989). In questo lavoro sono presentati i risultati preliminari delle frequenze di risonanza ed i valori di amplifi- cazione ottenuti nella galleria artificiale della Grotta di Seiano, mediante l’applicazione della tecnica di Nakamura.

Parole chiave: rumore sismico, array, Grotta di Seiano.

Abstract

Seismic noise experiment at the Seiano Cave (Campi Flegrei): acquisition techniques and first results The Seiano Cave is part of a very interesting archaelogical route; it consists of an artificial gallery that tunnels Posillipo hill and links Coroglio with the Gaiola valley. It seems that, originally, it was a quarry of building material and that, afterwards, it was used to reach the villa at Pausilypon. The cavity deve- lops for about 770 metres in direction NW-SE, with a width varying from 2,5 to 7 metres and a height between 4 and 8 metres; three secondary tunnels open on the SE side of the gallery, supplying light and air. On december 13th 2007 a seismic survey was carried out in the cave with the purpose of inferring the shallow structure and evaluating local site effects. Seismic noise was recorded by two linear seismic arrays deployed along all the route. Two geometries (A and B) were designed, consisting of 5 short period three-component sensors. The geometry A was 450 meters long, the B one was 150 meters long. An other seismic station was in- stalled in the Parco Virgiliano, very close to the underlying cave, with the purpose of evaluating the amplifica- tion of the tuff in the top of the cave. About 1-hour of seismic noise was recorded for each linear configuration. The spectral analysis has been carried out on the dataset and the experimental transfer function at each sampled point has been estimated using Nakamura’s method (Nakamura, 1989). In this paper we show the first results on the resonance frequencies and amplification values in the artifi- cial gallery obtained from the application of Nakamura’s method.

Key words: seismic noise, array, Seiano Cave. 80 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Introduzione metri idonei richiede l’utilizzo di grosse risorse, l’ac- quisizione di dati sismici in grotta può risolvere que- L’analisi delle onde superficiali attraverso misure di sto problema. rumore sismico costituisce un approccio alternativo ed Le misure di rumore sismico eseguite nella Grotta di economico per lo studio della successione sismostra- Seiano hanno potuto beneficiare delle condizioni de- tigrafica superficiale e per la valutazione degli effet- scritte: infatti la cavità si trova ad una profondità di ti di sito. Le onde superficiali si generano nella parte circa 100 metri dal piano campagna. Inoltre, molte tec- più superficiale della crosta terrestre a causa della niche comunemente usate per la stima degli effetti di discontinuità esistente tra la crosta terrestre e l’atmo- sito sono basate sulla valutazione dei rapporti spettra- sfera; sono formate da due tipi fondamentali, le onde li e, dunque, richiedono la registrazione di dati in due di Rayleigh e di Love. luoghi: la prima registrazione è idealmente effettuata Con il termine di rumore sismico si indicano le vibra- alla base dei sedimenti e la seconda in corrisponden- zioni ambientali del suolo causate da sorgenti sia na- za della superficie libera del sito stesso. Le misure in turali che antropiche, come per esempio le maree, le pozzo approssimano le registrazioni alla base dei sedi- onde che si infrangono lungo la costa, il vento ed il menti così come le misure effettuate in galleria. suo effetto su alberi o edifici, le vibrazioni provocate dai macchinari industriali, dal passaggio di automo- bili e treni, dai passi degli uomini, ecc. All’interno del La Grotta di Seiano rumore sismico possiamo distinguere tra microsisma e microtremore: il primo a bassa frequenza (<1 Hz) è La storia nell’area costiera di Napoli e dei Campi prodotto da sorgenti naturali, il secondo a frequenza Flegrei è sempre stata ricca di avvenimenti testimo- superiore a 1 Hz è prodotto da sorgenti antropiche. niati dal ritrovamento di numerosi reperti archeolo- Alcune metodologie applicate per l’acquisizione del gici. In particolare, dall’età repubblicana e per tutto il rumore sismico sono rappresentate dalle tecniche periodo dell’Impero romano l’area è stata interessata multicanale (SPAC, Aki, 1957; MSPAC, Bettig et al., dall’insediamento di numerose ville appartenenti, per 2001; FK, LaCoss et al., 1969 e Kvaerna & Ringdahl, lo più, a grandi esponenti dell’aristocrazia, della poli- 1986) proposte per la determinazione della velocità di tica e della finanza del tempo. Le testimonianze più si- fase ed il modello di velocità definito può essere usato gnificative sono rappresentate dalle ville, poi trasfor- per il calcolo della risposta sismica locale. Altra me- mate in dimore imperiali, costruite sul promontorio todologia, comunemente applicata, è rappresentata di Pausilypon tra la baia di Trentaremi, le isole della dalla tecnica dei rapporti spettrali della componente Gaiola, la cala di San Francesco e dei Lampi, fino a orizzontale rispetto a quella verticale (H/V) proposta Marechiaro. da Nakamura (1989) per determinare la funzione di La Grotta di Seiano (fig. 1) rappresenta l’accesso al trasferimento del sito. In generale, la valutazione del- complesso del Pausilypon così denominata erronea- la risposta sismica di sito riveste grande importanza, mente dall’umanista G. Pontano che attribuì l’opera soprattutto in aree densamente urbanizzate, dove la a Tiberio Seiano. È una galleria artificiale che, trafo- stima del fattore di amplificazione è necessaria per rando la collina di Posillipo, congiunge Coroglio con il una corretta valutazione del rischio sismico. vallone della Gaiola. La sua progettazione è attribuita I vantaggi nell’analizzare il rumore sismico per la all’architetto Cocceio e testimonia le grandi capacità stima dell’effetto di sito risiedono nella possibilità di costruttive e progettuali nonché le tecniche avanzate eseguire misure in qualsiasi momento e luogo senza di rilevamento e misurazione raggiunte dall’ingegne- dover ricorrere a sorgenti attive o attendere il verifi- ria romana. Il ritrovamento della galleria, di cui dopo carsi di un evento sismico naturale, nonché nel per- il XVI secolo si era perso il ricordo, avvenne nel mag- mettere la realizzazione di esperimenti a basso costo gio del 1840 nel corso del tracciamento di una strada con un impatto ambientale praticamente inesistente e che poi non fu più realizzata. Il re Ferdinando II di nel consentire misure speditive. Borbone diede subito ordine all’ingegnere Ambrogio Un modo per approfondire le conoscenze sul campo Mendia di riattivare l’antico passaggio e i lavori, d’onda sismico è rappresentato dalle misure effettuate lunghi, difficili e pericolosi a causa delle frane e del- in pozzi, in quanto consentono di migliorare la qualità le esalazioni di gas mefitici, furono portati a termi- del segnale attraverso differenti fattori: la riduzione ne nel 1841 (Viggiani, 2006). Con la Seconda Guerra del rumore sismico (dati sperimentali dimostrano che Mondiale, l’area archeologica fu sequestrata dai co- già con i primi 30 metri si ha una rapida attenuazione mandi militari e adibita a rifugio per gli abitanti della del rumore, e a 100 metri di profondità si raggiungo- zona industriale di Bagnoli, soggetta per lunghi giorni no le condizioni ideali per l’installazione dei sensori ai pesanti bombardamenti delle truppe alleate. Dopo sismici); la stabilità della temperatura che si crea a tale utilizzo e la caduta negli anni Cinquanta di alcu- maggiori profondità e la ridotta variabilità della pres- ne frane, che ne ostruirono in parte gli ingressi, per il sione come conseguenza del rivestimento rigido del monumento ci fu di nuovo un lungo periodo, quasi un pozzo. Nel caso particolare di misure di rumore sismi- trentennio, di abbandono e di oblio, terminato con i co, le misure in profondità contribuiscono a ridurre lavori eseguiti in occasione del vertice del G7 nel 1994 la presenza di transienti nel segnale, eventualmente che hanno permesso di rendere visitabili questi splen- provocati dalle attività antropiche. didi luoghi. Poiché l’esecuzione di un pozzo e l’acquisto di sismo- L’intero traforo inizia da Via Coroglio e termina al sito Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 81

a

Fig. 1 - Ingresso della Grotta di Seiano (a) e panoramica inter- na (b) (foto N. Damiano). Fig. 1 - Seiano Cave opening (a) and indoor view (b) (photo N. Damiano). archeologico della villa d’otium; è lungo 773 m con una larghezza compresa tra i 2,5 e i 7 m, per consentire il doppio senso di marcia, ed un’altezza che varia tra 4 e 8 m, per ottenere una migliore circolazione d’aria e d’il- luminazione (fig. 2). La galleria si presenta tangente, con direzione NW-SE, ad un antico cratere sommerso di tufo; l’imbocco orientale è posto ad una quota supe- riore rispetto a quello occidentale, con una differenza di quota di circa 1,5 m, al fine di consentire un facile deflusso delle acque meteoriche. A causa della natura geologica della collina in cui si sviluppa la galleria, la progettazione romana per l’areazione e l’illuminazio- ne ha previsto la costruzione di soli tre cunicoli late- rali, tutti concentrati nella parte orientale dell’opera, anziché di pozzi verticali (Busana & Basso, 1997). I cu- nicoli si trovano a circa 316, 190 e 73 m dall’ingresso sud-orientale della grotta, di cui il primo affaccia su Punta del Cavallo ed è lungo circa 175 m, gli altri due affacciano su cala Trentaremi e sono lunghi all’incirca 25 e 42 m, rispettivamente. La galleria presenta un tracciato rettilineo di semplice e rapida realizzazione; nella parte ricavata nei tufi stratificati si è resa neces- saria la costruzione di 68 pilastri in muratura di tufo a sostegno della volta, utilizzando le tecniche dell’opus b reticulatum e dell’opus incertum. 82 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 2 - Rilievo della Grotta di Seiano e visualizzazione delle configurazione degli array A e B. Fig. 2 - Seiano Cave map and showing array A and B configuration.

Geologia della collina di Posillipo sismiche in posizione diversa con cui effettuare misu- re contemporanee e sincronizzate. La strumentazione Il promontorio di Posillipo separa il golfo di Napoli da utilizzata per eseguire l’esperimento è composta da 6 quello di e rappresenta ciò che rimane della stazioni sismiche Lennartz MarsLite e 6 sensori Mark porzione meridionale di uno dei crateri appartenenti LE3Dlite a 3 componenti e risposta strumentale elet- al complesso vulcanico dei Campi Flegrei. In questa tronicamente estesa a 1 Hz (fig. 4). L’intera strumen- zona affiorano successioni comprese tra l’Ignimbri- tazione è alimentata da batterie di 12 V. te Campana, datata 39000 anni fa ed il Tufo Giallo I dati sono stati acquisiti con un passo di campiona- Napoletano (TGN), datato 15000 anni fa (Orsi et al., mento di 125 sps ed un fattore di scala di 8 μVolt/count 2004). Sequenze più antiche del TGN affiorano solo e sono immagazzinati nel formato binario su una PC- ai piedi della scarpata che delimita la collina verso Card DPPCM2 di 1 GB e su dischi magneto-ottici di NW e SE e lungo la Grotta di Seiano. Una sequenza 500 MB; in seguito i dati sono stati trasferiti su un di due unità composte da depositi piroclastici di surge supporto rigido e convertiti nel formato SAC (http:// con minori strati di depositi da caduta è esposta in www.llnl.gov/sac/). modo discontinuo lungo la scarpata NW di Villanova; I sensori installati nella Grotta di Seiano (SEI) non a Coroglio e Trentaremi e nella Grotta di Seiano affio- sono stati sotterrati a causa della presenza di substra- ra quello che resta di un cono di tufo (TMa in fig. 3). to litoide, mentre per la stazione installata nel Parco Questo cono è ricoperto da una sequenza di due unità Virgiliano (VIR) il sismometro è stato sotterrato in di depositi da surge e da un deposito rimaneggiato, una buca di circa 20 cm di profondità. Le componenti tutti separati da paleosuoli (TMb e TMc in fig. 3); al orizzontali dei sensori sono orientate nella direzione di sopra si ha uno spessore di circa 100 metri di TGN N-S e E-W. Le coordinate degli array sono state defi- (Orsi et al., 1996). nite mediante ubicazione delle stazioni sul rilievo to- pografico digitale della grotta e successivamente tra- slate su carta topografica; le coordinate della stazione Strumentazioni e dati VIR sono state ottenute tramite posizionamento GPS (Global Position System). Le registrazioni del rumore sismico effettuate per il Nella Grotta di Seiano sono stati installati due array presente lavoro sono state eseguite utilizzando la tec- lineari (configurazioni A e B) composti da 5 stazioni nica di array, che consiste nell’impiego di più stazioni sismiche (da SEI1 a SEI5) riportate in figura 2. La Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 83

Metodologie

Analisi spettrale L’analisi spettrale consiste nel calcolare lo spettro e lo spettrogramma del rumore sismico. Lo spettro di un segnale sismico è una funzione che esprime il contri- buto energetico di un treno d’onda (l’ampiezza spet- trale misurata in micron) in funzione della frequen- za, mentre lo spettrogramma è la rappresentazione dell’ampiezza spettrale in funzione del tempo e della frequenza. Pertanto, un’analisi spettrale consente di conoscere le proprietà del campo d’onda e di discrimi- nare l’origine del segnale, se naturale (microsisma) o artificiale (microtremore). Inoltre, le caratteristiche spettrali del microtremore mostrano una buona corre- lazione con le condizioni geologiche del sito: un corto periodo predominante è caratteristico di rocce a com- portamento rigido, mentre un lungo periodo dominan- te è indicativo di depositi incoerenti (Bard, 1999).

Metodo dei rapporti spettrali H/V di Nakamura Fig. 3 - Sezione stratigrafica effettuata al sito di Trentaremi, La tecnica applicata ai microtremori, basata sulla sti- Posillipo. ma del rapporto spettrale tra la componente orizzontale Fig. 3 - Stratigraphic section measured at Trentaremi site, Po- e quella verticale (H/V) del moto sismico, è stata origi- sillipo. nariamente proposta da Nogoshi & Igarashi (1971) ed ampiamente diffusa, in seguito, da Nakamura (1989). spaziatura tra le stazioni non è regolare; la configura- Obiettivo di questa metodologia è la stima dei valori di zione A ha una lunghezza massima di 450 m, mentre amplificazione locale e di frequenza di risonanza di un la configurazione B ha una lunghezza massima di 150 sito in relazione alla funzione di trasferimento del sito m. In tabella 1 sono riportate le distanze delle singole stesso, usando misure di microtremore. stazioni rispetto alla stazione di riferimento SEI1. Nakamura ipotizza che i microtremori siano connessi Per ogni configurazione è stato acquisita una finestra a sorgenti molto locali e che possano essere interpre- di segnale della durata di circa 1 ora e mezza; la sta- tati come la propagazione dell’onda SH incidente ver- zione SEI2 ha acquisito soltanto le componenti verti- ticalmente in un singolo strato poggiante su un semi- cale e N-S, a causa di un problema di configurazione spazio. Il rapporto H/V rappresenta una stima affida- delle impostazioni dei parametri. bile per la funzione di trasferimento delle onde S. La stazione situata in superficie è necessaria per va- In accordo con questa assunzione, l’amplificazione di lutare l’amplificazione del moto sismico al suolo, con- sito può essere calcolata come: frontando le analisi eseguite in superficie con quelle eseguite in profondità attraverso le tecniche dei rap- Hj (f) porti spettrali; in questa situazione le stazioni in grot- Sj (f) = ta rappresentano quelle di riferimento. Vj (f)

Stazione Distanza (m) Sj = amplificazione al sito j-esimo; Hj = componente orizzontale dell’ampiezza spettrale Configurazione A al sito j-esimo; SEI1 0 Vj = componente verticale dell’ampiezza spettrale al SEI2 70 sito j-esimo. SEI3 170 SEI4 300 Analisi dati SEI5 450 Configurazione B Ai dati sono state applicate le analisi spettrali e dei SEI1 0 rapporti spettrali H/V di Nakamura. La fig. 5 mostra SEI2 20 gli spettrogrammi e gli spettri delle 3 componenti del- le stazioni SEI5 e SEI1, rispettivamente delle configu- SEI3 50 razioni A e B. La stazione SEI5 della configurazione A SEI4 90 è situata a circa 450 m dall’ingresso di Via Coroglio, SEI5 150 mentre la stazione SEI1 della configurazione B è si- Tab. 1 - Configurazione array A e B. tuata all’ingresso dal lato di Via Coroglio; entrambe Tab. 1 - Array A and B configuration. evidenziano un picco pronunciato a bassa frequenza 84 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Strumentazione sismica. Fig. 4 - Seismic instrument.

Fig. 5 - Analisi spettrale del rumore sismico registrato alla stazione SEI5, configurazione A ed alla stazione SEI1, configurazione B. Dall’alto verso il basso sono riportate le componenti verticali, N-S e E-W del segnale. Fig. 5 - Spectral analysis of the seismic noise recorded by station SEI5, configuration A and by station SEI1, configuration B. From the top to the bottom: vertical, N-S and E-W component. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 85 corrispondente a circa 0,7 Hz; un contributo energeti- dario a circa 4,5 Hz presente solo per i primi 10 minuti co significativo di minore ampiezza è riscontrabile ad di registrazione, ad esclusione della stazione SEI1. La alte frequenze (> 15 Hz). Questi risultati si riscontrano stazione VIR (fig. 6), posta al Parco Virgiliano, eviden- a tutte le stazioni installate per entrambe le configu- zia caratteristiche spettrali simili, con un marcato au- razioni; è possibile individuare anche un picco secon- mento delle ampiezze ad alte frequenze.

Fig. 6 - Analisi spettrale del rumore sismico registrato alla stazione VIR. Dall’alto verso il basso sono riportate le componenti ver- ticali, N-S e E-W del segnale. Fig. 6 - Spectral analysis of the seismic noise recorded by station VIR. From the top to the bottom: vertical, N-S and E-W component. 86 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 I risultati ottenuti dall’analisi dei rapporti spettrali plificazione avviene alla stessa frequenza per tutte le H/V di Nakamura, applicata ai dati di tutte le sta- stazioni, valore che varia tra 2,3 e 2,5 Hz. Il valore 2 zioni, sono mostrati nelle figure da 7 a 9. La fig. 7a di amplificazione è inteso come un valore limite al di rappresenta le curve spettrali H/V mediate su tutte le sotto del quale il materiale attraversato dal segnale si- finestre di analisi delle stazioni dell’array A ad ecce- smico non genera amplificazione (SESAME European zione della stazione SEI2 in cui non è stato possibile Research Project, WP12 – Deliverable D23.12). La applicare la tecnica per la mancata registrazione della stessa immagine è stata eseguita per l’array B (fig. componente E-W. Solo la stazione SEI1 ha un picco di 8), i risultati sono simili, un picco relativo di ampli- amplificazione di poco superiore a 2, come evidenziato ficazione (2,3) è presente solo alla stazione SEI1 alla nel diagramma di figura 7b in cui il picco massimo frequenza di circa 2,5 Hz; per le restanti stazioni il corrisponde proprio alla posizione della stazione SEI1. valore 2 non è mai raggiunto. La stazione VIR posta in Il valore di amplificazione diminuisce verso l’interno superficie (fig. 9) presenta un valore massimo di am- della grotta. Nella figura 7c si nota che il picco di am- plificazione di circa 2,5 alla frequenza di 2 Hz.

Fig. 7 - Analisi dei rapporti spettrali H/V del rumore sismico registrato all’array A. Fig. 7 - The horizontal to vertical (H/V) spectral ratio analysis of the seismic noise recorded by array A.

Fig. 8 - Analisi dei rapporti spettrali H/V del rumore sismico registrato all’array B. Fig. 8 - The horizontal to vertical (H/V) spectral ratio analysis of the seismic noise recorded by array B. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 87

Conclusioni stente contenuto energetico ad alte frequenze, dovuto ad attività antropiche, e di un picco più pronunciato a I risultati preliminari delle analisi spettrali delle regi- bassa frequenza, probabilmente legato all’azione del strazioni del rumore sismico acquisite durante l’espe- mare. Anche la stazione posta nel Parco Virgiliano rimento effettuato alla Grotta di Seiano il 13 dicembre mostra gli stessi risultati con un contenuto energetico 2007, mostrano la presenza di segnali con un consi- alle alte frequenze più marcato.

Fig. 9 - Analisi dei rapporti spettrali H/V del rumore sismico registrato alla stazione VIR. Fig. 9 - The horizontal to vertical (H/V) spectral ratio analysis of the seismic noise recorded by station VIR. 88 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 L’analisi dei rapporti spettrali H/V di Nakamura non Queste analisi preliminari saranno approfondite inte- evidenzia un reale picco di ampiezza alle stazioni in- grando i risultati con dati stratigrafici provenienti da stallate nella Grotta di Seiano, mentre la stazione VIR sondaggi stratigrafici effettuati in loco, inoltre verran- installata al Parco Virgiliano mostra un’ampiezza di no applicate le tecniche multicanale FK proposta da picco che supera di poco il limite di significatività di LaCoss et al. (1969) e Kvaerna and Ringdahl (1986) amplificazione assunto uguale a 2. ed il metodo SPAC modificato da Chavez-Garcia et al., La mancanza di un picco di amplificazione alle stazio- (2005) per conoscere il modello di velocità, che con- ni da SEI1 a SEI5 (configurazioni A e B) può indicare frontato con i dati geologici, potrà essere utilizzato per la presenza di un bedrock, cioè di materiale compatto, una modellazione della risposta sismica in superficie. mentre la limitata amplificazione alla stazione VIR Il confronto della risposta di sito ottenuta in superficie può indicare la presenza di un basso contrasto di im- con quella ottenuta in profondità potrà fornire inte- pedenza tra bedrock e strato superficiale, ma anche la ressanti informazioni sulla propagazione delle onde vicinanza di strutture verticali come la scarpata del sismiche e quindi evidenziare l’influenza degli strati promontorio di Posillipo può influenzare il valore ot- più superficiali sul moto sismico, strati che generano tenuto. le maggiori amplificazioni del sito.

Ringraziamenti

Ringraziamo Simona Petrosino e Paola Cusano per gli utili commenti e discussioni che hanno permesso di migliorare la versione del manoscritto. Inoltre, ringraziamo la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta per aver consentito lo svolgimento dell’esperimento all’interno della Grotta di Seiano.

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Sossio Del Prete1, Giuseppe Di Crescenzo2

1 geologo, Federazione Speleologica Campana/Gruppo Speleologico Natura Esplora 2 dottore di ricerca, Dip. Ing. Geot. Sez. Geologia Applicata - Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Riassunto

Sui Monti del Matese, nella prima metà del XX secolo, si è concentrata e sviluppata una modesta attività mineraria che ha interessato mineralizzazioni manganesifere nei terreni del Miocene superiore, ma soprat- tutto il livello bauxitico del Cretacico medio. Le bauxiti del Matese derivano da sedimenti alloctoni depositatisi sulla superficie erosa dei calcari du- rante la fase di continentalità tra il Cretacico medio e superiore e sono state oggetto di attività estratti- va, all’inizio del 1900, prima da parte della Società Anonima Monte Mutri e poi dalla Società Anonima Montecatini fino al 1965. Il Gruppo Speleologico Natura Esplora alla fine del 2000 sul Matese ha indi- viduato, esplorato e topografato 12 gallerie minerarie ancora accessibili con uno sviluppo planimetrico variabile tra 10 m e oltre 1500 m per un totale di oltre 3000 m di gallerie sotterranee. I risultati pubblicati risvegliano l’interesse e la memoria storica della comunità locale e si iniziano a far strada le prime idee di una possibile fruizione turistica dei siti. Nell’intento di un possibile intervento di ripristino e messa in sicurezza delle gallerie per una valorizzazione e riconversione del sito a fini didattico culturali, sono stati avviati una serie di studi di dettaglio. In questo contesto è stata redatta una carta geologica delle gallerie ed effettuata una valutazione della qualità degli ammassi finalizzata ad un’analisi preliminare dello stato di conservazione e di stabilità dell’ipogeo i cui risultati vengono presentati in questa sede.

Parole chiave: miniera di bauxite, zonizzazione geomeccanica, Monti del Matese.

Abstract

Geomechanical characterisation of abandoned mine galleries: the case study of Fontana Tasso mine (Matese Mountains, Campania, Southern Italy) The Matese mountains are carbonatic massif of the Italian southern Apennines with important paleontolo- gical sites, epigean and hypogean karst morphology and naturalistic and environmental evidence. Located at the border between Campania and Molise regions, the massif has an extension of about 1000 km2. During the first part of the XX century, a minor mining activity developed there, focused on the Upper Miocene manganesiferous mineralisations, and even more on the Middle Cretaceous bauxitic levels. The bedrock of the Matese massif is represented by a 3000 meters-thick Mesozoic carbonatic sequence. Continuity of the sequence is interrupted by bauxite levels of Albo - Cenomanian age. The Matese bauxite represent an allochthonous sediment deposited on the eroded calcareous surface du- ring the Late - Middle Cretaceous continental phase; this bauxite was mined first by Società Anonima Monte Mutri and then by Società Anonima Montecatini from 1900 to 1965. In this period over 3000 meters of underground galleries were realized, that have been recently explored from speleological investigation by Natura Esplora spelaeological group. The published results have drawn the attention of the local commu- nity which started thinking about the touristic exploitation of the site. In the light of this possible cultural and didactic exploitation, a detailed analysis for recovery of the galleries has started. In this note, the authors report the first results of this study, illustrating the geological map of the mine and the outcomes of the geomechanical zonation.

Key words: bauxite mine, geomechanical characterisation, Matese mountains. 90 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Introduzione Si tratta di uno dei massicci carsici più importanti dell’Appennino meridionale per le numerose e diffuse Il massiccio del Matese occupa una superficie di circa emergenze geologiche, naturalistiche e ambientali s.l. 1000 km2. Situato a ridosso del confine campano-moli- che spaziano dalle morfologie carsiche sia ipogee che sano, culmina a 2050 m s.l.m. nel territorio molisano epigee, alle tracce del glacialismo quaternario a siti con la cima del Monte Miletto. fossiliferi di eccezionale rilevanza.

Fig. 1 - Schema geologico del massiccio del Matese (da D’Argenio, 1963, modificata). Legenda: 1) Alluvioni, detrito di falda, sedimenti lacustri e depositi piroclastici (Pleist. Sup.- Olocene); 2) Conglomerati sabbie e argille (Pliocene); 3) Arenarie molassiche e flysch (Cenozoico); 4) Calcari, marne e arenarie (Miocene); 5) Calcari, calcari selciosi e conglomerati (Mesozoico-Cenozoico); 6) Calcari e dolomie (Mesozoico). Fig. 1 - Geological sketch map of Matese Mts (after D’Argenio, 1963). Legend: 1) Alluvial deposits, slope deposits, lacustrine and pyroclastic deposits (Upper Pleist. -Holocene); 2) Conglomerates, sands and clays (Pliocene); 3) Arenaceous flysch (Cenozoic); 4) Limestones, marls and sandstones (Miocene); 5) Limestones, flinty limestones and conglomerates (Mesozoic-Cenozoic); 6) Limestones and dolomitic limestones (Mesozoic). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 91 In sintesi, l’assetto geologico del Matese (fig. 1) è co- resse e la memoria della comunità locale, tanto che stituito da una successione di terreni di ambiente di l’amministrazione comunale si è mostrata interessa- piattaforma che supera i 3000 m di spessore, costi- ta a valutare la fattibilità di una valorizzazione delle tuita da depositi prevalentemente dolomitici che van- miniere. no dal Trias superiore al Lias inferiore e da depositi Nell’intento di un possibile intervento di ripristino e prevalentemente calcarei che vanno dal Lias medio al messa in sicurezza delle gallerie per una valorizzazio- Cretaceo superiore. In trasgressione sulla successione ne e riconversione del sito a fini didattico culturali e carbonatica poggiano depositi calcareo marnosi e poi turistici sono stati avviati una serie di studi di detta- terrigeni di ambiente bacinale del Miocene. glio presentati in questa sede. La continuità della successione carbonatica (fig. 2) è interrotta dalla presenza di un livello bauxitico riferi- bile all’Albo-Cenomaniano (80-110 milioni di anni fa). Notizie storiche sullo sfruttamento minerario del- Sul Matese, soprattutto nella prima metà del XX seco- le bauxiti di Cusano Mutri lo, si è concentrata e sviluppata una modesta attività mineraria che ha interessato mineralizzazioni man- Le bauxiti del Matese derivano da sedimenti alloctoni ganesifere affioranti in bancate di vari decimetri di depositatisi sulla superficie erosa dei calcari duran- spessore nei terreni del Miocene superiore o in filoni te la fase di continentalità tra il Cretacico medio e lungo discontinuità tettoniche (Frongia, 1939; Boni & superiore (Crescenti & Vighi, 1970; Bardossy et al., Di Nocera, 1976), ma soprattutto il livello bauxitico 1977; D’Argenio, 1978). I principali costituenti chimi- del Cretaceo medio. ci (Maranelli, 1939; Franco, 1957; Crescenti & Vighi, Nel 2000 il Gruppo Speleologico Natura Esplora, ha 1970) sono rappresentati da ossidi di alluminio (60- avviato una campagna di studi e rilievi topografici del- 65%), ossidi di ferro (8-10%), ossidi di titanio (1-3%) e le miniere esistenti (Del Prete et al., 2002a, 2002b) silice (5-6%). L’elevato tenore in silice (>6%) non ne ha che, ad oggi, ha permesso di individuare, esplorare favorito lo sfruttamento per l’estrazione di Alluminio e topografare 12 ipogei con uno sviluppo planime- metallico, nonostante l’alto tenore dell’ossido (>60%). trico delle gallerie variabile da 10 m a oltre 1500 m. Esse furono utilizzate, per lo più, per la produzione Complessivamente sono state esplorate e cartografate di mattoni refrattari, sali di Alluminio (per mordenti oltre 3000 m di gallerie sotterranee (Del Prete et al., in tintoria, emostatici nell’industria farmaceutica, e 2002b). I risultati pubblicati hanno risvegliato l’inte- nell’industria della carta) e preparazione di sostanze abrasive. Le prime notizie sulla presenza di livelli bauxitici nel- la zona del Matese si devono al viaggiatore francese De Launay ai primi del 1900 (De Launay, 1913). In seguito, tra il 1919 e il 1921, la Società Anonima Monte Mutri svolse lavori di ricerca che portarono alla localizzazione di formazioni bauxitiche nelle loc. Regia Piana e Pecorareccia, da sfruttare a scopo minerario. La Società, tra il 1921-24, realizzò una decina di trin- cee (250 m3 di scavo) e gallerie e rimonte per 450 m lineari; a causa degli eccessivi costi di produzione, nel 1924 la Società Anonima Monte Mutri terminò i lavori di estrazione della bauxite (Maranelli, 1939). A partire dal 1925, la Società Anonima Montecatini avviò ricer- che sui giacimenti bauxitici campani e nel 1939, dopo un lungo periodo di inattività, i giacimenti di Cusano Mutri vennero acquisiti dalla nuova Società che avviò un programma di ricerche minerarie proseguite fino a tutto il 1963 con due interruzioni tra il 1943-45 e nel 1950. Nel 1963 i lavori di estrazione terminarono definitivamente anche se i lavori di ricerca sono prose- guiti fino al 1965 (Crescenti & Vighi, 1970).

Caratteristiche litologiche e geologia delle gallerie della Miniera di Fontana Tasso

L’area della Miniera di Fontana Tasso rappresenta la continuazione verso nord-est dell’affioramento bauxi- Fig. 2 - Sezione stratigrafica tipo affiorante nella zone della Re- tico della loc. Regia Piana-Pecorareccia dove è possibi- gia Piana (foto S. Del Prete). le osservarlo con continuità in affioramento per circa Fig. 2 - Stratigraphic section outcropping at Regia Piana (photo 600 m. S. Del Prete). Il rilievo geologico dei litotipi all’interno delle gallerie 92 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

(fig. 3) si è basato anche sullo studio di Crescenti & Bauxite Vighi (1970) come fondamentale riferimento nella di- Sopra i calcari dell’Albiano poggia l’orizzonte bauxi- stinzione delle principali litologie e facies deposizionali. tico il cui spessore varia da qualche centimetro a 3- Dal basso verso l’alto stratigrafico i rilievi in galleria 4 m. Lateralmente alla bauxite talora è presente un hanno permesso di distinguere Calcari di età Albiano, complesso litologico costituito da calcari rossastri e Bauxite di età Albiano p.p.-Turoniano p.p. e Calcari conglomerati calcarei con elementi a spigoli vivi per del Turoniano p.p. i cui rapporti giaciturali sono varia- uno spessore di 15-20 m. La manifestazione bauxitica mente complicati da fattori tettonici e stratigrafici. corrisponde ad una lacuna stratigrafica che va dall’Al- biano p.p. fino al Turoniano p.p. Calcari Albiani All’interno delle gallerie esplorate, la bauxite si pre- Si tratta di calcari neritici a letto della bauxite costi- senta in una facies più litoide, ricca di pisoliti, di colo- tuiti da calcari organogeni compatti, colore da avana a re rosso scuro e compatta ed in una facies con aspetto grigio cenere, sottilmente stratificati, talora marnosi, relativamente più terroso e tenero, relativamente più lastriformi e fissili. Localmente sono presenti interca- alterata e di colore rosso giallognolo. lazioni di calcari detritici e sottili straterelli selciferi In eteropia laterale e/o verso l’alto stratigrafico sono neri e giallastri in listarelle e arnioni (Albiano p.p.). localmente presenti sottili livelli argillosi associati ad La stratificazione, ben evidente tra i 60 ed i 190 m oscillazioni marine o, più frequentemente, brecce cal- dall’ingresso della galleria n. 7 (o Ramo Basso), spes- caree con matrice argillosa gialla, grigio cenere, rossa- so è mascherata dall’intenso grado di fratturazione stra o verde. dell’ammasso nella prossimità di lineamenti tettonici La matrice argillosa è fortemente sovraconsolidata e (faglie) o in quei tratti dove più intenso è stato l’uso di si presenta con aspetto scaglioso. Soprattutto lungo la esplosivi durante le fasi di scavo. galleria n. 8 e lungo le gallerie di rimonta, le sezioni

Fig. 3 - Carta geologica delle gallerie, per il dettaglio delle litologie si veda il testo. Legenda: 1) Settori di galleria con pareti late- rali in bauxite e volta in depositi di transizione dell’orizzonte bauxitico e/o in calcari del Cenomaniano p.p. o del Turoniano p.p.; 2) Settori di galleria scavati nei calcari dell’Albiano; 3) Settori di galleria scavati nei depositi di transizione costituiti da brecce calcaree in matrice argillosa rossastra, giallastra, grigio cenere (a) e verde (b); 4) Settori di galleria con pareti laterali in calcare e volta nell’orizzonte bauxitico in facies brecciosa con matrice argillosa; 5) Settori di galleria con pareti laterali in bauxite e volta nella brecce calcaree in matrice argillosa bauxitica; 6) Settori di galleria scavati nei calcari del Turoniano; 7) Giacitura di strato e inclinazione; 8) Principale famiglia di frattura; 9) faglia. Legenda sezione longitudinale: 10) Calcari neritici, sottilmente stratificati. Albiano p.p.; 11) Calcari di ambiente costiero intercotidale. Cenomaniano p.p. - Turoniano pp.; 12) Orizzonte bauxitico con spes- sore variabile fino a 3-4m (a), brecce calcaree con intercalazioni argillose gialle, grigio cenere e rossastre (b) e verdi (c). Albiano p.p. - Cenomaniano p.p. Fig. 3 - Geological map of the mine. Legend: 1) Gallery with walls in bauxite and vault in limestones (Cenomanian p.p.-Turonian p.p.) or in transitional deposits (clays or breccias in clay matrix); 2) Gallery in Albian limestones; 3) Gallery in calcareous breccias with yellow, red, grey (a) or green (b) clay matrix; 4) Gallery with walls in limestone and vault in breccias with clay matrix; 5) Gallery with walls in bauxite and vault in breccias with clay matrix; 6) Gallery in Turonian limestone; 7) Bedding; 8) Main discontinuity set; 9) Fault. Legend of longitudinal section: 10) Limestones with thin marl and flint stone levels (Albian); 11) Limestones fractured due to the explosives (Turonian); 12) Bauxite (a) in eteropy with clay level or calcareous breccias with yellow, red, grey (a) or green (b) clay matrix. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 93 sono per lunghi tratti impostate interamente in questa variabile da qualche centimetro a qualche decimetro. litologia le cui scadenti caratteristiche tecniche danno Al di sopra di questi livelli si passa alle brecce calcaree spesso luogo all’innesco di piccoli collassi dalla volta e, in matrice argillosa rossa e verde nelle quali si impo- subordinatamente, dalle pareti laterali non più conte- sta l’intera volta del settore in esame. nute dalle opere di sostegno ormai in avanzato stato di Lungo la destra della galleria è presente con conti- degrado e marcescenza. nuità un cumulo di materiali da crollo distaccatisi in parte dalla volta ed in parte dalle pareti. A conferma di queste evidenze di instabilità è anche la presenza Calcari Turoniani diffusa di resti di quadrine e puntelli di sostegno della Sono i calcari a tetto della bauxite la cui giacitura in galleria ormai non più funzionali (fig. 4). galleria è spesso mascherata dall’effetto della frattu- Le ultime quadrine sono ubicate in corrispondenza razione indotta dall’uso di esplosivi per l’avanzamento dell’intersezione di un’evidente linea di faglia oltre la dello scavo. Si tratta di un deposito ritmico di ambien- quale si passa al settore successivo della galleria, tra te costiero intercotidale affiorante per lo più nei setto- 60 e 200 m dall’ingresso, la cui sezione è interamente ri terminali delle gallerie n. 7 (Ramo Basso) e 8 (Ramo impostata nei calcari albiani (fig. 5), con la sola ec- Alto). Cenomaniano p.p. - Turoniano pp. cezione di un breve tratto compreso grossomodo tra i 130-140 m dall’ingresso. Geologia della galleria n. 7 I calcari si presentano ben stratificati e con giacitura (Ramo Basso; cfr. fig. 3) compresa tra SE, nel primo tratto, e NE, nel secondo, L’imbocco della galleria è ubicato alla base di una pa- ed inclinazione inferiore a 30°. Nel tratto prima citato, rete rocciosa sub verticale lungo la quale è ben espo- compreso tra i 130-140 m dall’ingresso, si incontra un sta la successione stratigrafica tipo che caratterizza la evidente piano di faglia in corrispondenza del quale geologia del sito. affiorano le brecce calcaree in matrice argillosa rossa. A partire dall’ingresso, nei primi 60 m di galleria, lun- Lungo il piano di faglia si instaura anche un diffuso go le pareti laterali si osserva il livello di bauxite che stillicidio che ha favorito lo sviluppo di diversi feno- si presenta molto ricco in pisoliti e con giacitura im- meni di concrezionamento con formazione di crostoni mergente verso SSE. Verso l’alto la bauxite passa, con carbonatici policromi. un contatto stratigrafico ondulato, a sottili livelletti Superato questo settore, tra i 200 e i 236 m dall’in- argillosi scagliettati e di colore da giallo ocra, grigio gresso, si attraversa un tratto in cui, sebbene le pareti cenere a rosso mattone per uno spessore complessivo della sezione siano ancora in calcare, la volta è inte-

Fig. 4 - Settore con crolli dalla volta e rottura di quadrine e sostegni (foto N. Russo). Fig. 4 - Sector of mine with roof collapses and break of its support (photo N. Russo). 94 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Settore in calcari della galleria n. 7 (foto N. Russo). Fig. 5 - Sector of gallery n. 7: limestone (photo N. Russo).

ramente impostata nel livello delle brecce calcaree in leria di rimonta, segna il passaggio al settore succes- matrice argillosa. In questo settore, inoltre, si interse- sivo che fino alla VI galleria di rimonta si sviluppa in- cano una prima faglia all’incrocio con la I galleria di teramente nei livelli delle brecce calcaree con matrice rimonta ed una seconda alla fine del settore stesso. A argillosa policroma. In questo settore solo raramente seguire e per un tratto di circa 15 m la sezione della affiora, alla base della sezione, un sottile livello deci- galleria ritorna nuovamente a impostarsi interamente metrico di bauxite. nei calcari. Infine, l’ultimo tratto della galleria n. 7 che si sviluppa Oltre, tra i 250 e i 340 m circa dall’ingresso, i calcari, oltre l’incrocio con la VI galleria di rimonta, è intera- affioranti alla base della sezione, tendono gradual- mente impostato nei calcari di tetto della bauxite, pre- mente a scomparire e lungo le pareti della galleria è sumibilmente del Turoniano. Qui, infatti, l’intenso gra- ben esposta la bauxite mentre la volta è quasi sempre do di fratturazione indotto anche dall’utilizzo di esplo- impostata nelle brecce calcaree a matrice argillosa. sivi nelle fasi di coltivazione, ha completamente ma- Localmente, all’interno delle brecce, sono presenti an- scherato ogni struttura primaria contribuendo all’ulte- che sacche di argille policrome di colore variabile dal riore degrado della qualità complessiva dell’ammasso. grigio cenere, al giallo, al verde e al rosso. Nel tratto terminale di questo settore, a ridosso dell’in- Geologia della galleria n. 8 crocio con la III galleria di rimonta, è ancora presente (Ramo Alto; cfr. fig. 3) una struttura di sostegno della volta che maschera la La galleria n. 8 presenta un assetto geologico relativa- presenza di qualche frattura beante in corrispondenza mente meno articolato della precedente. della quale si instaura un intenso stillicidio attivo in A partire dall’ingresso attualmente ostruito, il primo ogni periodo dell’anno. tratto di circa 35 m è interamente impostato in calcari Poco oltre, ancora una faglia interrompe la continuità molto fratturati, sebbene comunque si riesca ad iden- geolitologica della galleria. tificare la stratificazione immergente verso SE con Nel settore successivo, infatti, affiorano nuovamente un’inclinazione di 22°. i calcari che ben presto, però, lasciano il posto nuo- Successivamente, dopo un primo tratto di pochi metri vamente al livello di bauxite. Questa, a luoghi, sfu- nelle brecce calcaree in matrice argillosa verde, tutto il ma lateralmente e superiormente verso quelle facies settore che si sviluppa fino alla IV galleria di rimonta di transizione rappresentate dalle brecce calcaree in è interamente impostato nelle brecce calcaree in ma- matrice argillosa policroma. trice prevalentemente rossa con limitati tratti in cui Un’altra faglia, presente all’intersezione con la V gal- alla base dei piedritti della sezione affiora la bauxite Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 95 (fig. 6) e/o, subordinatamente, calcari rossastri . l’intera successione che dai calcari turoniani passa al- Le scadenti caratteristiche tecniche di questi materia- le brecce e alla bauxite fino ai calcari albiani di base. li sono alla base dei numerosi dissesti che si rinvengo- Al termine di questo tratto si interseca un importan- no in questo tratto. te piano di faglia caratterizzato da una zona di taglio È da segnalare a pochi metri dall’incrocio con la I gal- costituita da cataclasite per uno spessore di almeno leria di rimonta, la presenza di un condotto carsico del 3 m, il cui parziale collasso ha distrutto le opere di diametro di circa 50 cm in alto sulla parete del lato sostegno ivi presenti e divelto e sepolto le rotaie dei ovest. Il condotto è attivo e le acque che apporta in mi- binari sottostanti. niera hanno concrezionato la parete ed il pavimento. Oltre, l’appendice finale della galleria n. 8 si imposta Diversi sono i resti e le tracce delle originarie opere di interamente nei calcari presumibilmente del turonia- sostegno ormai non più funzionali ed in avanzato stato no. L’utilizzo di esplosivi non consente una facile de- di degrado. terminazione delle strutture sedimentarie primarie. Tra la IV e la VI galleria di rimonta, le uniche va- rianti rispetto al settore appena descritto consistono Geologia delle gallerie di rimonta (cfr. fig. 3) in una più frequente variabilità laterale tra le facies Tutte le sei gallerie di rimonta si sviluppano all’inter- delle brecce in matrice argillosa rossa e quella in ma- no del livello bauxitico s.l., hanno pendenza media di trice argillosa verde; mentre la bauxite litoide affiora circa 15-20° e sono piuttosto anguste. sempre di rado e sempre con spessori limitati alla ba- In particolare, la I e la II galleria si sviluppano quasi se della sezione di scavo. La volta si imposta sempre interamente nelle brecce calcaree in matrice argillosa nelle brecce. rossa, mentre la bauxite affiora raramente e con spes- Il tratto finale della galleria n. 8 vede una prima zona sori limitati lungo le pareti della sezione di scavo. delimitata da due faglie, in cui a tetto affiorano cal- Da segnalare una piccola sorgente perenne a metà cir- cari turoniani molto fratturati ed alla base prima un ca della III galleria di rimonta. livello di brecce calcaree in matrice rossa o verde, per Nelle restanti gallerie la bauxite, invece, affiora con uno spessore di alcuni decimetri, e poi bauxite. Nella maggior continuità lungo le pareti, mentre le volte so- seconda zona, anch’essa delimitata da due faglie, si no sempre impostate nelle brecce calcaree in matrice attraversa, anche se molto disturbata dalla tettonica, argillosa.

Fig. 6 - Sezione geologica tipo di un settore della galleria n. 8 (foto S. Del Prete). Fig. 6 - Geological section of a sector of mine gallery n. 8 (photo S. Del Prete). 96 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Il pavimento di tutte le gallerie di rimonta è cosparso che, ma anche nella valutazione del grado di stabilità di detriti in parte derivato dagli scarti di lavorazione, generale. ma per lo più derivato da piccoli distacchi dalle volte In proposito, mentre per le gallerie impostate in am- e dalle pareti. massi litoidi (calcari e bauxite) si è potuto procedere Da segnalare la difficile praticabilità allo stato attuale ad una caratterizzazione mediante l’applicazione di di alcune di esse, con particolare riguardo alla I, alla V metodologie classiche della geomeccanica (Bieniawski, ed alla VI galleria impostate lungo linee di faglia che 1973; 1974; 1979), per i tratti impostati in breccia tale per loro natura rappresentano anche punti di debolez- approccio non è stato possibile. za degli ammassi. La classifica degli ammassi rocciosi RMR (Rock Mass Rating), introdotta da Bieniawski nel 1973 e perfezio- nata in diversi lavori successivi (1979, 1989, 1993), Caratterizzazione geomeccanica delle gallerie considera cinque parametri elementari: 1) Resistenza a compressione uniassiale del materia- La valutazione del grado di stabilità e di deformazione le intatto; di un cavo di galleria può essere effettuato mediante 2) Percentuale di carotaggio (RQD); metodi analitici (comportamento della galleria secon- 3) Spaziatura delle discontinuità; do la legge dell’elasticità sforzo/deformazione), metodi 4) Condizione dei giunti; numerici (modellazione dei processi di deformazione 5) Condizioni idrauliche. mediante modellazione con i metodi degli elementi fi- Ad ognuno dei parametri viene assegnato un punteg- niti, elementi discreti o delle differenze finite), metodi gio, la cui somma definisce l’RMR di base. A questo osservazionali (basato sulle misurazioni di tensioni e valore si somma algebricamente il punteggio relativo deformazioni che si verificano durante lo scavo) e me- ad un sesto parametro, che tiene conto dell’orientazio- todi empirici (utilizzo delle classificazioni geomeccani- ne dell’asse della galleria rispetto alla giacitura delle che per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi a famiglie di frattura e della stratificazione. Si ottiene partire da dati di affioramento e semplici prove in sito così il valore finale di RMR, compreso tra 0 e 100, da o laboratorio). considerare come indicatore della qualità dell’ammas- so roccioso. Nel caso specifico, il fattore correttivo è Questi ultimi metodi si sono andati consolidando sem- stato considerato ininfluente dato che i piani di strato pre più nella pratica poiché costituiscono un accetta- hanno sempre una pendenza inferiore a 30-35°. bile compromesso tra le esigenze di rigore metodolo- gico proprie della meccanica delle rocce e la necessità di dover esprimere in tempi brevi e grandi estensioni Caratterizzazione geomeccanica una valutazione affidabile delle caratteristiche di re- dei settori di galleria impostati nelle brecce sistenza dell’ammasso roccioso stabilendo correlazioni a matrice argillosa tra le classi di roccia e i parametri resistenti di coesio- ne e angolo di attrito. Tenendo conto degli aspetti geolitologici, per quei trat- ti di gallerie impostati nelle brecce calcaree in matrice Le classificazioni geomeccaniche più utilizzate sono argillosa non è applicabile, come è noto, una classifi- la Classifica di Bieniawski o RMR (Bieniawski, 1979, cazione geomeccanica tipica degli ammassi litoidi es- 1989), la Classificazione di Barton o Q (Barton et al. sendo, nel caso specifico, il comportamento controllato 1974) e la classificazione SRC (González de Vallejo, essenzialmente dalle caratteristiche della matrice. 1985, 2003). Ciò premesso, si evidenzia pertanto che questi terreni, Sebbene tutte valide, la Classificazione RMR si è an- a secondo secondo del rapporto tra matrice argillosa e data sempre più affermando come indice geomeccani- frazione calcarea, possono presentare notevoli varia- co per la valutazione delle proprietà dell’ammasso roc- zioni delle proprietà fisico meccaniche, della resisten- cioso per la maggiore facilità di acquisizione dei dati di za al taglio, della deformabilità e delle permeabilità, base e la maggiore economicità di applicazione. che risultano anche difficili da parametrizzare per l’intrinseca difficoltà/impossibilità di effettuare dei Nello specifico i vari tratti di galleria della miniera campionamenti ai fini delle esecuzioni di eventuali di Fontana Tasso presentano una notevole variabili- prove di laboratorio. tà sotto il profilo della stabilità. Ciò è funzione delle Le osservazioni in sito, tuttavia, hanno consentito di caratteristiche geomeccaniche delle rocce (variabili da notare che la frazione argillosa si presenta sempre con luogo a luogo in funzione della litologia e degli assetti aspetto scaglioso tipico delle argille sovraconsolidate e geostrutturali), delle dimensioni dei vuoti e del grado con superficie delle scaglie lisce e lucide. Senza scende- di decompressione consentito, nel tempo, alla massa re nel dettaglio di una trattazione sul comportamento rocciosa dalle opere di sostegno realizzate all’epoca dei terreni argillosi, che peraltro esula dagli obiettivi di della coltivazione in sotterraneo. questo contributo, va ricordato che i terreni sovracon- solidati hanno una deformabilità considerevolmente Come descritto in precedenza, le gallerie della miniera inferiore a quella dei terreni normal consolidati e che attraversano diverse tipologie di terreni che per que- si comportano sempre in modo approssimativamente sto motivo hanno richiesto approcci diversificati nella elastico. Le argille sovraconsolidate sono materiali a valutazione non solo delle loro caratteristiche tecni- maggior rigidezza, sono dotati di coesione e raggiun- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 97 gono tensioni di taglio nettamente superiori a quelle vamento delle discontinuità di maggiori dimensioni di un terreno normal consolidato. (fratture e faglie) riscontrate lungo di esse, che alla Alla luce di quanto appena detto, è derivato che per mesoscala, attraverso rilievi speditivi su stendimenti tutti i tratti di gallerie impostati in questi depositi, si di lunghezza pari a circa 2 m. è potuto solo procedere ad una caratterizzazione ge- L’orientazione delle faglie, delle fratture e della stra- nerica e ad una classificazione della resistenza a com- tificazione sono confluite su diagrammi polari (proie- pressione semplice dei terreni sulla base di verifiche zione equiareale di Schmidt) per l’individuazione di speditive e di prove col martello di Schmidt, seguen- famiglie di discontinuità preferenziali. do comunque le raccomandazioni dettate dall’ISRM Nel complesso è emerso che per la galleria n. 7 la di- (1981; tab. 1). stribuzione generale dei poli delle famiglie di discon- Le valutazioni in situ (tab. 1), puramente descrittive, tinuità principali, delle faglie/fratture e della stratifi- hanno evidenziato che la matrice argillosa è classifica- cazione occupa in maniera abbastanza diffusa i qua- bile da argilla consistente (classe T4) ad argilla molto dranti NE, SE e SW, con concentrazioni preferenziali consistente (classe T5). È stato osservato che la varia- in alcune aree (fig. 7a) che hanno permesso di indivi- bilità di comportamento è soprattutto associabile al duare le ciclografiche rappresentative delle famiglie di diverso contenuto d’acqua. discontinuità più importanti (fig. 7d). Tale analisi ha carattere preliminare dal momento Lo stesso procedimento è stato adottato anche per la che esistono metodi di individuazione delle caratteri- galleria n. 8 per la quale si riduce il numero di stazioni stiche geotecniche degli ammassi rocciosi eterogenei geomeccaniche poiché essa, per gran parte, si sviluppa (Marinos & Hoek, 2001) basati sulla determinazione nelle brecce in matrice argillosa. L’analisi geostruttu- del GSI (Geological Strenght Index, Hoek & Brown, rale ha comunque evidenziato che nelle stazioni del- 1997). la galleria n. 8 si riduce il numero di poli (fig. 8a) e di conseguenza il numero di famiglie di discontinuità (fig. 8d), pur conservando grosso modo giaciture simili Caratterizzazione geomeccanica dei settori a quelle rilevate nella galleria n. 7. di galleria impostati in roccia litoide (calcari Oltre ad un’analisi cumulativa dei dati per ogni sin- e bauxite) mediante analisi geostrutturale gola galleria, nei punti ritenuti più significativi sono stati effettuati degli stendimenti e per ogni stazione A differenza dei settori di galleria prima discussi, per considerata sono stati elaborati dei diagrammi polari quelli impostati in rocce litoidi sono stati raccolti dati che hanno evidenziato i piani rappresentativi delle fa- e informazioni sui sistemi di fratture e faglie riguar- miglie individuate in ogni singolo sito (fig. 9). danti la direzione di immersione (dip direction), l’incli- nazione, la persistenza, l’apertura, il riempimento, la spaziatura delle singole fratture o famiglie di fratture, Determinazione della resistenza individuate ed analizzate in base alle norme ISRM a compressione delle superfici delle rocce (1978), alle quali si rimanda per specifici approfondi- tramite prova sclerometrica (JCS) menti. È stato realizzato un rilievo geomeccanico delle due La resistenza a compressione delle pareti delle discon- gallerie (n° 7 e 8) sia alla macroscala, mediante rile- tinuità è stata valutata con la prova sclerometrica, uti-

Tab. 1 - Stima e classificazione della resistenza a compressione semplice dei terreni e delle rocce a partire da verifiche speditive di campagna (ISRM, 1981). Con il bordo più spesso sono evidenziate le classi T4 e T5 in cui ricadono i terreni della galleria. Tab. 1 - Evaluation of compressive strength of rock and weak rock in situ (ISRM, 1981). Bold line refers to the classes T4 and T5, where the gallery terrains belong. 98 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 7 - Distribuzione generale dei poli delle principali discontinuità rilevate nella galleria n. 7 distinti per tipologia (A) e per litotipo (B); contour plot (C) e ciclografiche rappresentative dalle principali famiglie di discontinuità individuate (D). Fig. 7 - Poles of main discontinuity sets in the mine gallery no. 7, grouped for typology (A) and lithology (B); contour plot (C) and ciclographic charts of the main discontinuity sets (D).

Fig. 8 - Distribuzione generale dei poli delle principali discontinuità rilevate nella galleria n. 8 distinti per tipologia (A) e per litotipo (B); countour plot (C) e ciclografiche rappresentative dalle principali famiglie di discontinuità individuate (D). Fig. 8 - Poles of the main discontinuity sets in the mine gallery no. 8, grouped for typology (A) and lithology (B); contour plot (C) and ciclographic charts of the main discontinuity sets (D). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 99

Fig. 9 - Piani rappresentativi della famiglie di discontinuità individuate in stazioni ubicate lungo la galleria 7 e 8 (Proiezione equia- reale di Schmidt, emisfero inferiore). Fig. 9 - Discontinuity set of measurement stations along the mine gallery no. 7 and 8 (Smith equiareal projection, lower emisphere). 100 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 lizzando il “martello di Schmidt”. Le prove sono state Il carico di compressione applicato al campione viene eseguite a gruppi di dieci e, nell’elaborazione, le 5 let- misurato mediante la lettura diretta del valore indi- ture più basse di ogni gruppo sono state scartate e si è cato da due aghi (valore espresso in kN e N), che sono calcolato il valore medio (R) delle 5 letture più alte. Il in grado di assicurare elevata precisione e di resistere valore di rimbalzo ottenuto è stato correlato, mediante agli sbalzi di pressione provocati dalla rottura rigida un abaco, alla resistenza a compressione semplice in dei campioni di roccia. I campioni vengono sottoposti a funzione della densità della roccia e dell’inclinazione prova in condizioni di umidità naturale. del martello rispetto alla superficie indagata (Deere Sono stati adoperati campioni di roccia di forma irre- & Miller, 1966). golare e con caratteristiche geometriche tali da soddi- Il valore della densità della roccia è stato differenziato sfare a quelle richieste dall’ISRM (1978). in funzione dei tre litotipi rinvenuti nelle due galle- Per ogni determinazione sperimentale, i risultati otte- rie ovvero calcari, breccia e bauxite e, pertanto, non nuti sono stati elaborati per il calcolo di un indice Is e disponendo di prove di laboratorio, si sono adottati i poi riassunti in una tabella finale (tab. 4). Dal valore valori da bibliografia (tab. 2; Maranelli, 1939; Franco, di carico (P) che porta a rottura si ottiene l’indice Is 1957): che può essere posto in relazione con la resistenza a I valori di resistenza a compressione ottenuti si riferi- compressione semplice del materiale testato: Is=P/D2 scono ai valori medi calcolati su ognuna delle stazioni (dove P è il carico di rottura e D è l’altezza del provino). individuate nelle due gallerie (tab. 3). I dati così ottenuti sono stati raggruppati per litotipo, per località di appartenenza e per orientamento (ri- spetto alla stratificazione) del campione di roccia irre- Determinazione della resistenza a compressione golare (quest’ultimo aspetto è stato tenuto in conside- uniassiale (UCS) mediante Point Load Test (PLT) razione solo per i campioni di roccia calcarea) sottopo- e dell’indice Is (Point Load Strength Index) sto a prova rispetto al piano di carico dello strumento per poter ottenere l’indice Is(50) e determinare, così, il La prova di carico puntuale o prova di Franklin (Point valore di resistenza a compressione dell’ammasso roc- Load Test) viene utilizzata per ottenere una rapida cioso attraverso la relazione (Bieniawski, 1974; Brock caratterizzazione della resistenza di una roccia e rap- & Franklin, 1972): presenta un tipo di indagine largamente adottato sia in sito che in laboratorio per la caratterizzazione di un UCS(MPa) = 24Is(50) ammasso roccioso. La prova consiste nel comprimere fino a rottura un Le figure 10 e 11 riportano per ogni gruppo di cam- campione di roccia mediante l’applicazione di un cari- pioni, il diagramma utilizzato per la determinazione co puntuale trasmesso da una coppia di punte coniche dell’indice di Point Load Test riferito ad un diametro normalizzate, misurando il carico necessario a rag- standard di 50 mm [Is(50)]. giungere la rottura del campione e la distanza tra le In particolare per i calcari il coefficiente correttivo di punte dello strumento prima e dopo lo schiacciamen- forma inizialmente calcolato (fig. 10a) è stato corretto to. Tale distanza deve essere compresa tra 15 e 100 eliminando i valori ritenuti anomali (fig. 10b). I valori mm. Per l’esecuzione delle prove è stato utilizzato un di resistenza a compressione (UCS), così ottenuti sono Point Load analogico costituito da un telaio di carico sintetizzati in fig. 12. da 55 kN di portata, completo di martinetto idrauli- Per quanto riguarda, invece, la bauxite sono stati pre- co azionato da una pompa manuale. Un’apposita asta levati dei campioni di forma irregolare sia all’interno graduata montata verticalmente sul telaio permette delle due gallerie oggetto di studio che nella Miniera di misurare direttamente la distanza D tra le punte M1 in loc. Regia Piana (poco distante da Fontana coniche prima e dopo la prova. Tasso). La rappresentazione grafica del rapporto tra 2 P e De per la determinazione del coefficiente Is50 mo- stra una distribuzione alquanto irregolare dei punti (fig. 11). Le curve di correlazione permettono di cal- colare valori di resistenza a compressione più bassi (20,6 MPa) per i campioni di bauxite prelevati nelle due gallerie di Fontana Tasso rispetto a quelli reperiti nella miniera M1 (51,9 MPa): il range di variazione è compreso rispettivamente tra 13,6 e 26,9 MPa e tra 24,8 e 63,3 MPa (fig. 12). Tab. 2 - Valori di g minimi e massimi adottati. g Tab. 2 - Range value of rock mine. Dai risultati ottenuti mediante le prove di cui sopra risulta che: - la resistenza a compressione misurata sulla su- perficie della roccia calcarea tramite martello di Schmidt mostra valori (circa 45 MPa; cfr. tab. 3) più alti rispetto a quelli (intorno a 30 MPa; cfr. fig. Tab. 3 - Valori di resistenza a compressione medi. 12) ottenuti tramite prova di Point Load su campio- Tab. 3 - Compressive strength values. ni di roccia; Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 101

Fig. 10 - Grafico di correlazione per il calcolo del coefficiente correttivo di forma (A) ed eliminazione dei valori ritenuti anomali (B). Fig. 10 - Correlation chart for evaluating the equivalent core diameter (A), also showing deletion of the anomal values.

- gli stessi valori (circa 20 MPa cfr. tab. 3 e fig. 12) nelle classi di intervallo comprese tra 25 e 80%. I valo- sono simili, invece, per la bauxite presente all’in- ri più bassi si rinvengono in quelle zone molto frattu- terno delle gallerie; rate prossime a lineamenti tettonici (cfr. fig. 14) o dove - i valori di resistenza a compressione uniassiale l’utilizzo degli esplosivi ha fortemente alterato lo stato ottenuti tramite prova di Point Load su campioni generale dell’ammasso. Ai valori di RQD così calcolati prelevati nella vicina Miniera M1 in località Regia è stato assegnato l’indice di RMR relativo. Piana risultano più alti di quelli relativi alle galle- rie n. 7-8 (cfr. fig. 12) ed, in particolare, sono con- Spaziatura ed apertura delle discontinuità frontabili in media con quelli relativi alla roccia I valori di spaziatura, misurati per ciascun sistema di calcarea (cfr. tab. 3); discontinuità, sono stati elaborati statisticamente, al - i valori di resistenza a compressione (circa 25 fine di determinare il valore modale tramite istogram- MPa), infine, della breccia presente nelle due galle- mi. I dati sono stati divisi in classi scelte attraverso la rie, ottenuti mediante la sola prova sclerometrica, relazione: K = 1 + 3,3 log N (dove N è il numero di dati). sono per lo più paragonabili a quelli ottenuti sulla I valori di spaziatura e apertura, riferiti alle classi bauxite dello stesso luogo. Tuttavia è da sottolinea- previste dall’ISRM (1978), sono risultati molto omoge- re che tale dato ha un valore puramente indicativo nei in tutti i tratti di galleria. In particolare, i valori considerate la eterogeneità del materiale esamina- di spaziatura delle varie famiglie di discontinuità ri- to; cadono sempre nella classe moderatamente ravvicina- - i valori di resistenza a compressione così calcolati ta (200-600 mm), mentre i valori di apertura ricadono mettono in evidenza come le rocce in esame pos- nelle classi da parzialmente aperta (0,25-0,5 mm) ad sono essere considerate (fig. 12) da deboli (bauxite aperta (0,5-2,5 mm). Isolati, e in genere corrisponden- delle gallerie) a resistenti (bauxite della miniera). ti a fratture drenanti o faglie, sono i giunti cavernosi (apertura > 1 m). Indice RQD Il valore dell’RQD (Rock Quality Designation) è stato Condizioni dei giunti e condizioni idrauliche calcolato sulla base della formulazione suggerita da Sia per le famiglie di discontinuità in bauxite che in Priest & Hudson (1981) secondo cui: calcari, i giunti si presentavano in genere poco scabri RQD = 100 e – 0,1n (0,1n + 1), e, soprattutto nella bauxite, spesso addirittura lisci. dove n = numero medio di discontinuità per metro. Le superfici sempre umide, non presentano né altera- I valori di RQD presentano valori che ricadono spesso zioni evidenti né riempimento. Solo nel caso dei calca- 102 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ri, laddove si instaurano venute d’acqua, esse possono fronti di alcuni metri (fig. 13a). Raramente sono stati presentarsi incrostate di calcare sino ad essere anche anche intercettati piccoli canali carsici attivi soprat- completamente sigillate. In alcuni casi infatti, a tetto tutto nei periodi piovosi (fig. 13b). della bauxite impermeabile, può formarsi una mode- Nel primo caso se si è formato uno spesso concreziona- sta falda sospesa nei calcari che nel momento in cui mento sulle pareti e nelle fratture, questo può contri- intercetta i vuoti delle gallerie può alimentare picco- buire a migliorare la stabilità della sezione o di parte le venute d’acqua concentrate in sorgenti o diffuse su di essa.

Fig. 11 - Grafico di correlazione per il calcolo del coefficiente correttivo di forma (A), differenze tra i valori massimi e minimi rispet- tivamente per le bauxiti prelevate nelle gallerie 7-8 e nella miniera M1 e grafico con l’eliminazione dei valori ritenuti anomali (B). Fig. 11 - Correlation chart for evaluating the equivalent core diameter (A), differences between maximum e minimum values for bauxites in the galleries 7 and 8 and in the mine M1, and chart showing deletion of the anomal values.

Fig. 12 - Classificazione delle rocce sulla base della resistenza a compressione uniassiale secondo Bieniawski (1973) e ISRM (1978). Fig. 12 - Uniaxial compressive strength classification of Fontana Tasso rock masses according to Bieniawski (1973) and ISRM (1978). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 103

Classi di qualità e valutazione preliminare no in questa classe gran parte dei tratti di galleria degli interventi di messa in sicurezza interessati da un grado di fratturazione medio in corrispondenza del quale si instaurano localmente, Sulla base dei dati descritti e dalla caratterizzazione modeste venute d’acqua; geomeccanica, le classi di stabilità individuate (fig. 14) in base all’RMR consentono di distinguere: 3) tratti di galleria ricadenti nella Classe V (Molto Scadente) di Bieniawski da ritenersi fortemente in- 1) tratti di gallerie ricadenti nella Classe III (Discreta) stabili con zone collassate, frequenti quando viene di Bieniawski che hanno ormai raggiunto condi- attraversata soprattutto la breccia calcarea immer- zioni di equilibrio stabile o parzialmente stabile. sa in matrice argillosa dotata di scadenti caratte- I tratti di gallerie che rientrano in questa classe ristiche tecniche. Questi settori di galleria sono da potranno essere resi fruibili senza necessità di in- ritenersi fortemente instabili in assenza di radicali terventi particolari salvo occasionali ed isolati la- interventi di consolidamento. vori di disgaggio. In genere corrispondono a zone in calcare poco o nulla mineralizzate con grado di fratturazione non elevato e scarse venute d’acqua; Conclusioni

2) tratti di galleria ricadenti nella Classe IV (Scadente) Sulla scorta dei dati della classificazione RMR è sta- di Bieniawski con condizioni di equilibrio limite ta effettuata anche una valutazione qualitativa del- ed evidenze di instabilità relativamente recenti. la condizione di stabilità del cavo e della necessità di Questi tratti di galleria necessitano, per garanti- adottare sostegni in funzione della larghezza delle re adeguate condizioni di sicurezza, di interventi gallerie sulla scorta del grafico di figura 15. di consolidamento comunque da realizzarsi senza Dal grafico emerge che, a fronte delle caratteristiche alterare l’aspetto originario del sito. Sono, pertan- generalmente scadenti dell’ammasso, nel complesso la to, da prevedere interventi di bullonatura, punto- ridotta sezione di scavo ha garantito lunghi tempi di ni, butte e quadri in legname a ripristino di quelli autosostegno con fenomeni di dissesto molto localiz- esistenti ormai marcescenti. In quest’ultimo caso il zati. lavoro di ripristino delle originarie opere di soste- Lo studio geologico-strutturale e geomeccanico ha gno deve essere effettuato con il sistema “scuci e consentito di effettuare una zonazione delle gallerie di cuci”, ad elementi singoli frazionati, al fine di evi- Fontana Tasso evidenziando i diversi gradi di “stabili- tare crolli, rilasci e/o franamenti laterali o in volta tà” esistenti (cfr. fig. 14). ed utilizzando legname tondo e marciavanti in lari- I tratti più critici sono posti in corrispondenza di faglie ce. Il risanamento delle strutture in legno esistenti e delle zone scavate nei depositi di transizione della in miniera avverrà con fasi di lavorazione tali da bauxite (brecce in matrice argillosa), in particolare non liberare superfici di tetto che sotto il proprio quando quest’ultima si pone al tetto della sezione. peso possano innescare distacchi di placche roccio- I tratti di galleria in cui la qualità degli ammassi roc- se o altro materiale detritico. In generale, ricado- ciosi è molto scadente si collocano in corrispondenza

Fig. 13 - Esempi di venute d’acqua in miniera diffuse lungo fronti (a) e concentrate in canali carsici (b). Si noti nel primo caso i fenomeni di concrezionamento lungo le pareti associati alle infiltrazioni di acqua (foto S. Del Prete). Fig. 13 - Example of groundwater conditions in mine, flowing through the wall (a) or by karstic spring (b). In the first case the de- velopment of a large calcite crust is common (photo S. Del Prete). 104 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 14 - Carta della zonizzazione geomeccanica delle gallerie. Legenda: 1) Ammasso con valori di RQD compresi tra 75 e 90, va- lori di resistenza a compressione uniassiale compresi tra 25 e 50 MPa, spaziatura dei giunti mediamente non superiore ai 20 cm, superfici dei giunti lisce, generalmente umide e senza riempimento. Questi settori di galleria sono da ritenersi parzialmente stabili è caratterizzati da valori di coesione di 200-300 KPa e angoli di attrito di 35-40°: qualità DISCRETA (Classe III della classificazio- ne di Beniawski, 1989); 2) Ammasso caratterizzato da valori di RQD compresi tra 25 e 50, valori di resistenza a compressione uniassiale inferiori a 25 MPa, spaziatura dei giunti non superiore ai 20cm, superfici dei giunti lisce, generalmente umide e senza riempimento. Questi settori di galleria sono da ritenersi instabili è caratterizzati da valori di coesione di 100-200 Kpa e angoli di attrito di 30-35°: qualità SCADENTE (Classe IV della classificazione di Beniawski, 1989); 3) Ammasso caratterizzato da valori di RQD inferiori a 50, valori di resistenza a compressione uniassiale non apprezzabili, spaziatura tra i giunti inferiore a 20cm, super- fici dei giunti lisce, umide o spesso caratterizzate da stillicidio e senza riempimento. Più frequentemente l’ammasso è costituito da una breccia calcarea immersa in matrice argillosa sovraconsolidata dotata di scadenti caratteristiche tecniche. Questi settori di galleria sono da ritenersi fortemente instabili è caratterizzati da valori di coesione di <100 Kpa e angoli di attrito intorno ai 30°: qualità MOLTO SCADENTE (Classe V della classificazione di Beniawski, 1989); 4) Giacitura di strato e relativa inclinazione; 5) Principale famiglia di frattura; 6) faglia. Fig. 14 - Geomechanical map of gallery. Legend: 1) Rock masses with RQD between 75 and 90, uniaxial compressive strength 25-50 MPa, spacing of set discontinuity 20 cm, joint surface smooth, damp and no filling material. This sector of mine is partially stable with cohesion value of 200-300KPa and friction angle of 35°-40°: discrete quality (Class III, Bieniawski, 1989); 2) Rock mas- ses with RQD value between 25 and 50, uniaxial compressive strength <25 MPa, spacing of set discontinuity 20 cm, joint surface smooth, damp and no filling material. This sector of mine is partially unstable with cohesion value of 100-200KPa and friction angle of 30°-35°: poor quality (Class IV, Bieniawski, 1989); 3) Rock masses with RQD value < 50, uniaxial compressive strength not appreciable, spacing of set discontinuity 20 cm, joint surface smooth, damp or dripping and no filling material. In this sector rock masses are calcareous breccias in clay matrix. This sector of mine is unstable with cohesion value < 100 KPa and friction angle of 30°: very poor quality (Class V, Bieniawski, 1989); 4) bedding; 5) discontinuity set; 6) fault.

delle gallerie di rimonta e in buona parte della galleria I risultati dello studio presentato dimostrano la neces- n. 8 (ramo alto). sità di effettuare interventi di sistemazione estensivi Le analisi geomeccaniche hanno confermato che la in diversi tratti della miniera che possono avere come qualità della bauxite, indipendentemente dalle carat- risvolto l’obliterazione di evidenze significative da un teristiche mineralogiche, è inferiore a quella delle al- punto di vista didattico-culturale, nonché un significa- tre gallerie della Regia Piana. tivo dispendio economico. Sarebbe opportuno definire un criterio di fruibilità se- Le miniere hanno contribuito allo sviluppo storico ed lettiva che consenta di limitare gli interventi estensivi industriale del nostro paese e per questo possono esse- ai soli tratti destinati al turismo di “massa”, mentre re considerate patrimonio collettivo, luoghi di forma- nei tratti di galleria più “compromessi” o di sezione zione e cultura legati alle storie degli uomini. più ridotta porre in essere interventi più soft limitan- Le miniere di bauxite di Cusano Mutri rappresentano do, nel contempo, l’accesso ad un turismo più “speleo- un importante sito di archeologia industriale che può logico”. essere riconvertito a fini turistici. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 105

Fig. 15 - Condizioni di stabilità delle gallerie di Fontana Tasso nel tempo in rapporto alla qualità degli ammassi e alla sezione di scavo (da Bieniawski, 1973). Fig. 15 - Stability of Fontana Tasso galleries with time, based upon rock mass quality and tunnel section (after Bieniawski, 1973).

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Michele De Marco1, Patrizia Guastella2, Aurelio Marangella1, Mario Parise3,4

1 Speleo Club Cryptae Aliae, Grottaglie 2 Soc.Coop. Polisviluppo 3 Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Bari 4 Gruppo Puglia Grotte, Castellana-Grotte

Riassunto

L’antico acquedotto romano di Saturo nel territorio di Leporano (Taranto), realizzato intorno al I sec. d.C., con i suoi 12 km di sviluppo, ha rappresentato per molti secoli, assieme all’altro grande acquedotto del Triglio, una delle principali fonti di approvvigionamento idrico per la città di Taranto. Grande opera di ingegneria idraulica, l’acquedotto del Saturo nasce in uno dei tratti più suggestivi della costa tarantina, interessata dall’omonima baia in cui insiste il Parco Archeologico di Saturo con le sue terme e ville. Dal 2003 sono iniziate le operazioni di ricerca, individuazione ed esplorazione delle gallerie dell’acquedotto romano, successivamente confluite nelle attività del Progetto “La Carta degli Antichi Acquedotti Italiani”, a cura della Società Speleologica Italiana. L’area oggetto di studio presenta un forte indice di espansione urbanistica che ha compromesso non poco le attività di ricerca e di esplorazione, ed in molti casi ha addi- rittura cancellato le tracce della presenza del bene archeologico, con la distruzione delle opere.

Parole chiave: acquedotto sotterraneo, ingegneria idraulica, Leporano.

Abstract

The ancient roman underground aqueduct of Saturo - Leporano (Taranto province, ) The ancient roman aqueduct of Saturo, 12 km-long, located in the territory of Leporano (Taranto provin- ce, southern Italy), was realized around the I century a.C. Together with the nearby Triglio aqueduct, it represented a fundamental source of hydric resource for the ancient town of Taranto. A remarkable work of hydraulic engineering, the Saturo aqueduct reaches one of the most beautiful sectors along the Taranto coast, the Saturo bay, where an Archaeological Park has been founded, due to the presence of roman villas and baths. Since 2003, researches and explorations in the underground aqueduct started, further stimulated later on by the activities of the Project “The Map of the Ancient Underground Aqueducts” by the Italian Speleological Society (SSI). The study area suffered in the last century a great and uncontrolled urban expansion, that created severe problems during the explorations and, above all, has locally destroyed any remnant of the ancient aqueduct.

Key words: underground aqueduct, hydraulic engineering, Leporano.

Premessa 2003 dagli speleologi dello Speleo Club Cryptae Aliae di Grottaglie nel sistema di gallerie dell’acquedotto di Il presente studio si propone l’esatta individuazione Saturo sul territorio del Comune di Leporano, ed ha di strutture ipogee o porzioni appartenenti all’antico ricevuto, successivamente, nuovo impulso grazie alle acquedotto romano di Saturo attraverso una esplora- attività connesse al Progetto “La Carta degli Antichi zione integrale, al fine di valutare lo sviluppo topo- Acquedotti Italiani”, a cura della Commissione Cavità grafico dell’ipogeo e le sue caratteristiche architetto- Artificiali della Società Speleologica Italiana (Parise, niche e idrogeologiche, e per fornire alcuni dati per 2007). la scelta delle tipologie di intervento, risanamento e Il percorso dell’acquedotto romano è lungo circa 12 km bonifica per una corretta gestione del bene culturale (sino a Torre D’Ajala da dove partiva la distribuzio- in oggetto. Esso ha preso avvio da lavori di ricerca ed ne urbana delle acque provenienti dal territorio a sud esplorazione avviati a partire dal mese di novembre della Salina grande). Un terzo dell’intero percorso, nei 108 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 pressi della Salina Grande e della Salina Piccola, era stato costruito un tessuto continuo di strutture urba- costituito da un canale sopraelevato su arcate, il resto ne al di sopra di tali gallerie, non sempre precedute interamente scavato nella roccia ad una profondità da indagini tecniche dettagliate. Non sono rari i casi media di m 2,50 dalla volta del canale. di edifici costruiti con fondazioni dirette al di sopra L’esplorazione sul campo ha permesso di verificare di reti ipogee a piccola profondità ed in condizione di una parte del tracciato dell’antico acquedotto, di lo- potenziale pericolo. calizzare, seppur in maniera ancora incerta, dei pozzi Il verificarsi di voragini e frane in corrispondenza di a N e a S del tratto esplorato, e di individuare alcuni dette cavità determina condizioni di rischio per la cit- pozzi originari nel territorio subito a SE di Talsano, tadinanza e problemi legati alla interruzione di strade in località Amendulo (fig. 1). In particolare, sono sta- e di reti di sottoservizi (fognature, reti idriche, elet- ti rintracciati complessivamente due tratti, entrambi triche, telefoniche, ecc.). Sono altresì da considerare ricadenti nel Comune di Leporano, il primo nel 2000, gli aspetti inerenti la salvaguardia dei beni culturali per una lunghezza di circa 100 m nella fascia sub-co- e quelli legati alla conservazione e fruizione degli am- stiera delle località Saturo-Gandoli, indagato dalla bienti ipogei di importanza storico-archeologica, parti- Soprintendenza per i Beni Archeologici nel corso dei colarmente frequenti nell’area provinciale lavori per la rete fognaria lungo la Strada Litoranea La documentazione disponibile per la ricostruzione Salentina; il secondo nell’entroterra, di maggiore dell’acquedotto di Saturo è costituita da cartografia estensione, lungo circa 1 km, provvisto di diversi pozzi di epoche diverse, derivante da precedenti lavori ine- originari ed alcuni praticati di recente da proprietari renti la struttura acquedottistica (Becchetti, 1897; di terre e masserie. Del primo tratto manca una qual- Fornaro, 1981; Dell’Aglio, 1990), e da fotografie aeree siasi descrizione, del secondo sono stati visionati otto di varie epoche (annate 1954, 1976, 1980, 1999), la cui pozzi verticali utilizzati attualmente per l’irrigazione visione stereoscopica ha consentito l’individuazione di dei campi, indicati sulla carta archeologica con le let- importanti elementi territoriali. L’analisi integrata di tere dell’alfabeto e connessi a numeri arabi legati alla tale documentazione, congiuntamente ai rilievi in sito prima Carta Archeologica. Di questi pozzi solo alcuni e alle esplorazioni nel sottosuolo, hanno consentito di risultano arcaici. visionare una serie di pozzi (alcuni antichi, risalenti Nel tempo si è di frequente persa la memoria della alla prima struttura dell’acquedotto, e che conservano ubicazione e presenza delle cavità sotterranee dell’ac- ancora le tracce delle pedarole sulle loro pareti; altri quedotto. Durante la intensa espansione edilizia, è moderni, che hanno sfondato in più punti la volta del

Fig. 1 - Tracciato dell’acquedotto di Saturo nel comune di Leporano. Fig. 1 - Course of the Saturo aqueduct in the Leporano territory. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 109 canale), il canale principale dell’acquedotto e alcuni cunicoli di drenaggio in direzione del mare (nelle loca- lità Saimbò, San Francesco, Gandoli).

Inquadramento idrogeologico

Insieme al non distante acquedotto del Triglio, che par- tendo da N di Statte si sviluppava attraverso ben sei diramazioni, per un percorso complessivo pari a circa 12 chilometri (Conte, 2005; Delle Rose et al., 2006), l’acquedotto di Saturo costituiva un fondamentale ele- mento di approvvigionamento idrico per l’antica città di Taranto. La città era infatti sita lungo la costa del versante sud-occidentale delle Murge, dove calcari e calcari dolomitici cretacei sono sormontati da calca- reniti e da argille, e subordinati livelli marnosi, del Plio-Pleistocene (Martinis & Robba, 1971). La locale successione stratigrafica (Verri & De Angelis D’Ossat, 1899), ben evidenziata nella rete di solchi di incisio- ne valliva, localmente denominati gravine, determina dal punto di vista della circolazione idrica sotterranea una situazione che può essere descritta come comune all’intera provincia di Taranto (Zorzi & Reina, 1962): essa consiste nella presenza di una falda superficia- le, sorretta dalle argille e contenuta nelle calcareni- ti, e di una falda profonda sorretta, secondo equilibri pseudostatici, da acqua marina di ingressione conti- nentale e contenuta nei calcari del Cretaceo. La falda Fig. 2 - Collettore principale (foto P. Guastella). superficiale è quella che risulta captata dalle gallerie Fig. 2 - Main channel of the underground aqueduct (photo P. sotterranee dell’acquedotto di Saturo, analogamente a Guastella). quanto riscontrato per l’acquedotto del Triglio (Delle Rose et al., 2006). ispezione (fig. 4). Alcuni di essi raggiungono il piano campagna e sono facilmente individuabili all’esterno in quanto marcati da modeste sopraelevazioni in conci Caratteristiche tecniche ed architettoniche di tufo e blocchi rocciosi. Molti di essi invece risultano, parzialmente o totalmente, occlusi dagli interventi di Nel suo complesso l’acquedotto è di tipo misto, a pe- edilizia in superficie, con materiale inerte o terroso, lo libero, quasi totalmente scavato direttamente nel oltre a rifiuti di vario genere (fig. 5). Tale occlusione banco roccioso, costituito dalle Calcareniti di Monte si ripercuote sullo scorrimento delle acque in galleria, Castiglione, di età Pleistocenica. La struttura è compo- con un notevole rallentamento che genera la creazio- sta da un reticolato di gallerie secondarie che captano ne di una patina calcitica sulla superficie delle acque la rete capillare della falda superficiale, convogliando stagnanti. Inoltre, nel tratto a monte dei pozzi ostruiti le acque nel collettore principale e nel contempo, a se- il livello dell’acqua sale notevolmente, a causa dell’im- condo dei livelli delle acque, svolgono anche funzioni pedimento al libero deflusso causato dai materiali sca- di gallerie di troppo pieno o drenaggio. ricati nel sottosuolo. Il collettore principale (fig. 2) è caratterizzato da strut- In corrispondenza di ciascun pozzo di ispezione, sul ture eterogenee lungo il tracciato, con una morfologia piano di calpestio della galleria, si trova generalmente abbastanza diversificata. La galleria principale pre- una vasca di decantazione, oltre che il punto di par- senta, in modo alternato, volta a botte, volta orizzon- tenza di nuove diramazioni secondarie (fig. 6). Tutti i tale e volta ad arco generalmente a tutto sesto (fig. 3). pozzi sono dotati di pedarole, piccole nicchie a forma I cunicoli delle diramazioni ortogonali hanno invece di un quarto di sfera scavate nelle superfici verticali, quasi sempre la volta orizzontale e sono ribassati ri- che consentivano l’accesso alle gallerie, scendendo in spetto alle altezze medie del collettore principale. Le contrapposizione, senza la necessità di scale. pareti delle gallerie sono quasi sempre verticali con I pozzi di ispezione avevano la funzione di consentire il delle eccezioni nei tratti in cui è presente la volta ad controllo, la manutenzione e l’aerazione delle gallerie arco. Il piano di calpestio delle gallerie è caratterizza- senza compiere lunghi percorsi nel sottosuolo. Inoltre to, nei brevi tratti in cui scompare il deposito fangoso, essi servivano per evacuare i depositi che si accumula- da una canaletta singola, che svolgeva la funzione di vano nelle vasche di decantazione. Altri pozzi, pur es- agevolare il flusso idrico. sendo dotati di pedarole, mancano delle corrispondenti Tutto il percorso esplorato delle gallerie è intervalla- vasche di decantazione. Presumibilmente essi sono sta- to, ad una distanza media di circa 25 m, da pozzi di ti utilizzati solo nelle fasi di costruzione delle gallerie. 110 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Esempi delle volte della galleria (foto A. Marangella). Fig. 3 - Examples of the vaults of the galleries (photo A. Marangella).

Fig. 4 - Pozzo di ispezione visto dal basso, località Gandoli (foto A. Marangella). Fig. 4 - Upward view of an inspection well in locality Gandoli (photo A. Marangella). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 111 In maniera simile alle pedarole, altre nicchie sono sca- vate nelle pareti delle gallerie, per alloggiare lumi e lucerne ad olio per l’illuminazione delle stesse (fig. 7). Queste nicchie hanno frequenza variabile e, nei trat- ti di massima densità, risultano localizzate ogni due metri. Una curiosità di natura geomorfologica è stata riscon- trata in alcuni tratti delle gallerie secondarie dove la presenza di un banco roccioso di calcare unito ad un forte stillicidio proveniente dalla volta delle gallerie ha generato una serie di formazioni secondarie calci- tiche (cannule, stalattiti, cortine) che oltre ad affasci- nare l’occhio dello speleologo ostruiscono il passaggio, restringendo di molto la sezione trasversale della gal- leria.

Caratteristiche esplorative e potenzialità future

Considerata la forte espansione urbanistica che il territorio di Leporano ha subito negli ultimi decenni, a tutt’oggi i punti di accesso liberi al sistema dell’ac- quedotto di Saturo sono rappresentati dagli sbocchi a mare (fig. 8) di alcune gallerie o di precedenti sorgenti, in prossimità delle baie (Gandoli, Saturo), o da pozzi e cisterne sparsi nelle campagne e non ostruiti. La percorribilità delle gallerie esplorate risulta al- quanto difficoltosa per vari fattori. Innanzitutto le mo- Fig. 5 - Cono detritico alla base di un pozzo occluso, località deste dimensioni delle stesse (tab. 1), ulteriormente Gandoli (foto M. De Marco). compromesse dall’abbondante deposito di fanghi sul Fig. 5 - Debris fan at the base of a well in locality Gandoli (pho- piano di calpestio che ne riduce notevolmente le altez- to M. De Marco).

Fig. 6 - Cisterna di decantazione nel tratto iniziale della galleria di drenaggio (foto A. Marangella). Fig. 6 - Sedimentation tank in the initial sector of the drainage gallery (photo A. Marangella). 112 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Lunghezza 220 m

Dislivello 2,5 m

Pendenza media 0,2 %

Profondità media delle gallerie dal piano di campagna alla volta 3,2 m

Profondità media delle gallerie dal piano di campagna al piano di scorrimento 4,7 m

Lunghezza gallerie principali

Media 0,80 m

Minima 0,62 m

Massima 1,63 m

Lunghezza minima diramazioni 0,53 m

Altezza massima della volta 1,70 m

Altezza minima 0,72 m

Pozzi (esplorati dall’interno delle gallerie) 7

Distanza media tra pozzi di ispezione 25 m

Tab. 1 - Dati relativi ai tratti esplorati dell’acquedotto del Saturo. Table 1 - Morphometric data of explored sectors in the Saturo aqueduct.

Fig. 7 - Nicchia per l’alloggiamento delle lucerne ad olio (foto A. Marangella). Fig. 7 - Niche for oil-lamps (photo A. Marangella). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 113

Fig. 8 - Ingresso della galleria drenante nella baia di Gandoli (foto M. De Marco). Fig. 8 - Entrance of the drainage gallery in the Gandoli bay (photo M. De Marco).

ze. I frequenti crolli e assestamenti delle pareti latera- Note di archeologia li, uniti ai coni detritici di materiali inerti riscontrabili in prossimità dei pozzi di ispezione, ostacolano non po- L’antico acquedotto di Saturo, costruito intorno al I co la progressione ed innalzano notevolmente il livello sec. d.C. è rimasto in uso sino a tutto il X sec. a.C., delle acque (sino a giungere in alcuni casi il metro di come ha dimostrato lo scavo del 1990 nel cunicolo di profondità). drenaggio di Gandoli. Esso ha inizio presso Leporano In alcuni tratti quest’ultimo elemento ha reso parti- ed ha un’estensione complessiva di circa 12 km. Con colarmente difficoltoso il trasporto di materiale per la andamento sinuoso giunge sulla costa jonica in cor- documentazione video-fotografica, nonché l’esecuzio- rispondenza della località omonima e da qui procede ne di dettagliati rilievi. Frequenti tratti delle gallerie parallelamente alla costa per un tratto di circa 1 km. sono interessati anche dalla presenza fitta di radici In località Gandoli inizia a dirigersi con orientamento provenienti dalle piante allocate in superficie, che con- NE-SW verso l’area a S di Talsano. Qui procede con tribuiscono localmente alla complessiva instabilità dei andamento E-W e in corrispondenza della Masseria luoghi, incidendo non poco nell’equilibrio statico degli Capitignani disegna un’ampia curva che serviva ad ag- stessi. Questi elementi, insieme alle difficoltà insite girare, sul margine occidentale, la Salina Grande, per nell’esplorazioni di ipogei con immersione parziale in poi proseguire sino a Taranto con orientamento grosso- acqua, compromettono non poco le potenzialità esplo- modo N-S sino al centro dell’antica città. L’acquedotto, rative future, senza contare sul fatto che molte galle- infatti, è stato costruito per servire i complessi termali rie si interrompono bruscamente per gli interventi di e le abitazioni private della città bassa. edilizia in superficie. Tale monumento antico viene studiato per la prima Un caso a parte è rappresentato dalle cisterne presen- volta alla fine del XIX secolo (Becchetti, 1896, 1897), ti nel sottosuolo del castello Muscettola (fig. 9): le loro e solo alla fine del XX - inizi del XXI secolo viene inda- dimensioni e posizione, e l’ubicazione di alcuni pozzi gato archeologicamente mediante saggi di verifica nel di ispezione a ridosso del centro abitato, ci fanno pre- tratto prospiciente la località Saturo, e risulta oggetto supporre un probabile collegamento delle stesse con la di schedatura scientifica dei tratti ancora ispezionabi- rete di gallerie dell’acquedotto romano. li da parte dell’Università di Lecce, nonchè esplorato 114 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 da gruppi speleologici locali. Il percorso è suddiviso in quattro parti: drenaggio, condotto sotterraneo, condotto aereo e rete di distri- buzione urbana. Nel territorio di Leporano ricade un tratto di circa 4,87 km dell’intero tracciato, compren- dente cinque cunicoli di drenaggio ed il collettore prin- cipale. Il punto di partenza dell’acquedotto è stato individua- to, alla fine dell’800, nella “Piantata di Vetrano” (oggi località S. Marco), sul fianco NW della località Aulone, ad una quota di 33 m s.l.m. Il sistema di drenaggio è composto da 3 canali, con- centrati in un’area compresa tra le attuali località Pirrone e Gandoli. Il primo braccio di raccolta delle acque, viene ubicato nella “Proprietà Schiavoni”, e in- contra il collettore principale nei pressi della “Ingegna Sfatta”. Nella stessa zona sono stati indagati, alla fi- ne del 1800, alcuni dei tombini di ossigenazione (da localizzare probabilmente all’interno della valle di Saturo). Il secondo canale di drenaggio si trova nella “Vigna di Cosimo Lorè”. A Gandoli si innesta il ter- zo canale, che parte da Torre Spada e Torre Roberti, e raggiunge il collettore, oggetto di scavi archeologici nel 1990 (Dell’Aglio, 1990), in corrispondenza della curva di Gandoli. Da tale località, il collettore mantiene un orientamen- to rettilineo orientato NW-SE, riconoscibile sulle foto aeree del 1954 e 1976, dirigendosi verso il territorio a S di Talsano. Aggira la cittadina e, dalla località Spagnoli, con percorso fuori terra formato da un cana- le sorretto da arcate, ormai non più visibili, si dirige, con orientamento N-S, verso l’antica città di Taranto (Gasperini, 1971; Lippolis, 1981; Dell’Aglio & Vinci, 1986-87). Fig. 9 - Pozzo di ingresso della cisterna all’interno del Castello Tornando al territorio di Leporano, in località S. Muscettola (foto P. Guastella). Tomai si trova un cunicolo che, con orientamento NE- Fig. 9 - Well entrance of the cistern within the Muscettola Cas- SW proviene dai terreni della Masseria Amendulo. tle (photo P. Guastella). Sempre a S. Tomai si distacca l’ultimo cunicolo diretto

Fig. 10 - Esempio di galleria di drenaggio (foto A. Marangella). Fig. 10 - Example of a drainage gallery (photo A. Marangella). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 115

Fig. 11 - Polla sorgentizia della falda superficiale all’interno del condotto (foto A. Marangella). Fig. 11 - Water emergence from the shallow aquifer within the main channel of the aqueduct (photo A. Marangella). verso l’omonima sorgente. La presenza di questi cana- Solo in alcuni tratti esso è caratterizzato da struttu- li lascia intuire la fitta rete di diramazioni sotterra- re murarie funzionali a rafforzare in alcuni punti le nee che dovevano servire diversi insediamenti rurali pareti laterali del canale (vitane), e dalla presenza di a conduzione agricola disseminati in un territorio di pozzi di aerazione e di manutenzione (capoventi), la ager divisus. cui imboccatura è principalmente di forma quadrata, Il canale principale (o collettore) ed i cunicoli per il costituita da blocchi sui quali poggiava la chiusura drenaggio (fig. 10) sono interamente scavati in uno (che nella maggior parte dei casi risultava “incassata strato di roccia posto al di sopra di un livello di argilla nel vivo sasso”; Becchetti, 1897). azzurra. Il fondo del canale, scavato nell’argilla azzur- ra, è rivestito con malta di colore grigio scuro molto compatta sino ad una altezza di 40 cm. Le pareti in Conclusioni roccia sono completamente rivestite in alcuni tratti con malta. Sino ad oggi l’intero sistema acquedottistico di Saturo Il piano del canale è costituito da una vasca larga me- non è mai stato oggetto di un progetto di ricerca siste- diamente 0,60 m ed alta circa 1 m, realizzata in bloc- matica e non risulta sottoposto a vincolo archeologi- chetti calcarei irregolari di medie dimensioni uniti con co, pur mantenendo un’ottima conservazione statica. malta o argilla mista a terra, e rivestita da uno stra- Per tale motivo sembra necessario accelerare la sal- to di malta di colore grigio scuro. La base del canale vaguardia di questo patrimonio abbondantemente de- è, inoltre, caratterizzata da numerosi restringimenti predato da scavi clandestini attivi già dagli inizi del delle pareti. Lungo le pareti si notano fori naturali di ‘900 e che rischia, se non nelle aree agricole almeno in emergenza delle acque (fig. 11), nicchie per le lucerne, quelle densamente edificate, di vedere compromessa lettere graffite. la sua futura conservazione e fruizione. 116 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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Carlo Ebanista1, Maria Amodio2

1 Università degli Studi del Molise 2 Dottore di ricerca in Scienze archeologiche e storico-artistiche

Riassunto

Lo scavo di cavità artificiali in Campania risale ad epoca remota e si richiama ad una radicata tradizione che ha visto nel tempo susseguirsi e talora intrecciarsi diverse modalità di utilizzo. Tra la tarda antichità e il medioevo si verifica un notevole incremento della frequentazione degli spazi ipogei, soprattutto come luoghi di sepoltura e di culto. La ricca e ampia documentazione campana comprende al suo interno una pluralità di situazioni differenti. Ad essa corrisponde, però, uno stato degli studi molto disomogeneo. In questo contributo, partendo dall’individuazione e dalla localizzazione delle cavità artificiali campane in uso tra tarda antichità e medioevo, vengono esaminati in parallelo luoghi di culto e aree sepolcrali, che spesso convivono nello stesso monumento. Si procede non tanto ad una capillare disamina dei singoli siti, quanto ad una preliminare classificazione dei diversi tipi di impianti, attraverso l’analisi delle soluzioni planimetriche, delle modalità di trasformazione degli ambienti, delle scelte decorative, delle tecniche di scavo e delle testimonianze documentarie.

Parole chiave: catacombe, chiese rupestri, Campania tardoantica e medievale.

Abstract

Cemeteries and Places of worship in rupe: Artificial Campanian Cavities between Late Antiquity and Middle Ages The excavation of artificial cavities in Campania dates back to remote ages and refers to a deep-rooted tradition and to a different modalities of use. Between Late Antiquity and Middle Ages there was a signi- ficant increase in use of the hypogea, especially as burial and worship places. In Campania the rich and extensive documentation includes a great number of different situations. The connected studies, however, are very uneven. In this essay, starting from identification and location of artificial cavities in use between Late Antiquity and Middle Ages in Campania, the places of worship and the burial areas, which often coexist in the same monument, are examined contemporaneously. We don’t propose a capillary analysis of the sites, but a pre- liminary classification of different types of plants, analysing the planimetric solutions, the modalities of changes of the places, the decorative choices, the techniques of excavation and the documentary evidences.

Key words: Catacombs, Cave churches, Late Antique and Medieval Campania.

* La redazione di questo contributo è frutto della collaborazione degli autori; si segnala, tuttavia, che M. Amodio ha redatto i pa- ragrafi “Le aree funerarie”, “L’impianto planimetrico delle aree funerarie”, “Le tipologie tombali” e C. Ebanista i paragrafi “Chiese e santuari rupestri”, “L’utilizzo cultuale delle catacombe di S. Gennaro”, “La ‘ rupestre’ di Cuma”, “La grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia”, “Il complesso rupestre di Prata di Principato Ultra”, “La chiesa rupestre di S. Maria a Marano di Napoli”, “La grotta dei Santi a Calvi”, “La grotta delle Fornelle a Calvi”, “La chiesa rupestre di Castel Campagnano”, “La grotta di S. Michele a Fasani di Sessa Aurunca”, “La chiesa di S. Maria in Grotta a Rongolise di Sessa Aurunca”, “La cappella di S. Maria dell’Itria nella ”, “La chiesa rupestre dei santi Donato e Isidoro a Caianello”, “La chiesa rupestre di S. Nicola sul Monte Epomeo a Serrara Fontana nell’isola d’Ischia”; le restanti parti sono state elaborate in comune. 118 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Introduzione o, in caso contrario, una lettura comunque difficile del- le tracce superstiti. Lo scavo di grotte artificiali in Campania risale ad epoca remota e si richiama ad una radicata tradizione che ha visto nel tempo susseguirsi e talora intrecciarsi Le aree funerarie diverse modalità di utilizzo. In questo contributo si è scelto di analizzare, da una prospettiva archeologica L’utilizzo funerario di ambienti scavati nella roccia è e storico-artistica, i monumenti campani scavati nel un fenomeno diffuso in Campania già in età ellenistica banco di tufo e destinati ad un uso cultuale e cimi- e romana (Von Hesberg, 1994, pp. 94-112). In epoca teriale in un periodo circoscritto tra tarda antichità tardo antica questo subisce un incremento da un lato e medioevo, allorché si verificò un notevole incre- per il macroscopico fenomeno della nascita delle ca- mento della frequentazione funeraria e devozionale tacombe, i cimiteri sotterranei dei cristiani, dall’altro degli spazi ipogei. Le due funzioni spesso convivono per la diffusa tendenza all’insediamento di sepolture, e s’intrecciano nello stesso monumento, dal momento sporadiche o in piccoli nuclei, all’interno di cavità già che nelle catacombe la presenza di tombe di santi o esistenti, destinate in origine ad altro uso. Il quadro martiri determinò talora la nascita di vere e proprie documentario è alquanto vario e l’analisi delle moda- basiliche ipogee, mentre alcune chiese rupestri furono lità insediative offre interessanti spunti di riflessione utilizzate a scopo funerario. La documentazione è ric- se si analizzano le scelte planimetriche, le soluzioni ca e comprende al suo interno una pluralità di situa- tecniche adottate, le tipologie tombali, nonché le de- zioni differenti. Ad essa corrisponde, però, uno stato corazioni e le rare strutture riconducibili alla rituali- degli studi molto disomogeneo; per alcuni monumenti tà funeraria. Allo stato attuale, però, i risultati della si dispone, infatti, di analisi approfondite e scientifica- ricerca possono essere solo preliminari e parziali dal mente affidabili, altri, invece, sono stati oggetto solo di momento che non si dispone ancora di uno studio di studi locali o, talora, sono del tutto inediti. insieme che raccolga in modo sistematico le evidenze; L’obiettivo di questa ricerca non è una capillare ana- di queste inoltre si attende, in alcuni casi, un’analisi lisi dei singoli monumenti, ma l’individuazione delle scientificamente affidabile e aggiornata che consen- diverse tipologie di cavità artificiali, in base alla fun- ta di definire con precisione le fasi cronologiche e le zione e alle caratteristiche strutturali, planimetriche, varie destinazioni d’uso. Spesso accade, infatti, che decorative. È evidente che, con tale intento, non si può diverse modalità di utilizzo si susseguano o si sovrap- prescindere dalla sistematica catalogazione archeo- pongano ed è difficile puntualizzare i vari momenti. logica delle cavità artificiali in uso in Campania tra In particolare la stretta connessione tra funzione se- tarda antichità e medioevo, un progetto impegnativo polcrale e cultuale, che è quasi una costante per que- che è stato appena avviato e che deve necessariamen- st’epoca, rende problematica talora una precisa rico- te includere anche le altre tipologie rupestri legate struzione della vicenda dei monumenti, come nel caso alle attività estrattive e produttive, alla captazione della grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia e conservazione dell’acqua, all’utilizzo abitativo e al- (Bertelli, 1996; De Simone, 2003) o della grotta delle le fortificazioni (Casini & Padovan, 2002, pp. 168-170; Fornelle a Calvi (Carotti, 1974); in entrambi i siti, per Padovan, a cura di, 2005). I risultati che si presentano definirne l’origine e le varie destinazioni d’uso, risul- hanno, dunque, carattere preliminare anche se, essen- ta fondamentale l’analisi dei rinvenimenti nelle aree do fondati su una base documentaria alquanto ampia circostanti. Un caso particolare in merito alle scelte e affidabile, forniscono le direttrici su cui proseguire insediative è quello dell’occupazione funeraria della la ricerca. Crypta Romana a Cuma, collocabile tra il IV e il VI La distinzione, non sempre netta, tra aree cimiteriali e secolo. La galleria militare, lunga 292,5 m, realizzata luoghi di culto richiede una precisazione. Per una pre- nel 38-36 a.C. alla base dell’acropoli della città per mo- liminare classificazione ci si è serviti, come criterio, tivi strategici, riconvertita ad uso civile forse in epoca della funzione preminente rivestita dai monumenti al domizianea e divenuta impraticabile in seguito a crolli momento della loro realizzazione (o del loro riutiliz- e ad un progressivo interro a partire dalla metà del III zo), come aree cimiteriali o luoghi di culto. Si è tentato secolo d.C., fu in alcune zone riutilizzata come cava poi di cogliere le differenze e le affinità tra sepolcreti e sepolcreto. All’epoca della guerra greco-gotica (535- e spazi destinati alla liturgia nella tecnica di scavo, 553), i Bizantini poi fecero alcuni interventi che ne nell’impianto planimetrico, nell’architettura, nella de- comportarono la riapertura nonché la fine dello sfrut- corazione, scegliendo di trattare separatamente i due tamento funerario che aveva interessato il sito in più aspetti che convivono spesso nello stesso monumento. punti (Caputo & De Rossi, 2007, pp. 980-982). La ricostruzione analitica delle fasi di utilizzo non è All’eterogeneità dei casi attestati, spesso frutto di in- sempre agevole, in quanto si tratta spesso di monu- terventi estemporanei e di entità modesta per esten- menti con una lunga stratificazione nel tempo, con sione, si contrappone la realtà più omogenea delle spazi che sono stati realizzati ad uno scopo, poi riuti- catacombe. Per questo motivo, in questa fase della ri- lizzati, trasformati e ampliati per destinarli ad altro cerca, si è deciso di focalizzare l’attenzione sui cimiteri uso. La peculiarità della tecnica di realizzazione, che sotterranei cristiani, che, per quanto peculiari, costi- procede per sottrazione di materiale (Masini, 2004; tuiscono, per lo stato di conservazione e degli studi, un Redi, 2007, pp. 18-21), implica nella maggior parte dei osservatorio privilegiato da cui è possibile analizzare casi la totale cancellazione delle situazioni più antiche caratteri e aspetti tecnici confrontabili, per affinità o Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 119

Fig. 1 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Pianta del livello inferiore (da Fasola, 1975). Fig. 1 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Map of lower level (from Fasola, 1975). 120 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 differenza, con altre unità rupestri campane. Uno dei Non lontano dal complesso ianuariano si estendono i fenomeni più rilevanti per l’epoca tardo-antica è, in- cimiteri di S. Gaudioso e di S. Severo, profondamente fatti, lo sviluppo delle catacombe che si differenziano alterati dagli interventi dell’età della Controriforma, nettamente dagli ipogei funerari pagani per la strut- quando sul luogo delle antiche vestigia cristiane furo- tura e la concezione degli spazi funerari. Se, infatti, no erette le chiese tuttora esistenti. La catacomba di questi ultimi costituiscono singole unità sepolcrali, in- S. Gaudioso (fig. 3), dedicata al vescovo africano che dividuali o familiari, di dimensioni limitate, i nascenti qui fu sepolto, è alquanto articolata e ampia ed è a cimiteri cristiani, destinati ai membri della comunità noi nota essenzialmente nell’aspetto che assunse nel religiosa, sono concepiti come spazi comuni, di note- V-VI secolo, in parte ricostruibile nonostante gli in- vole estensione, affollati di tombe raggruppate non in terventi distruttivi di XVI e XVII secolo; a quel tempo base ai tradizionali vincoli familiari o corporativi (o i Domenicani costruirono la basilica di S. Maria della almeno non necessariamente) ma con un criterio ‘me- Sanità (da cui si accede oggi al complesso) obliterando tafamiliare’. Nelle areae sepulturarum nostrarum di l’antica ecclesia S. Gaudiosi (su cui ci soffermeremo cui parla Tertulliano o nei coemeteria menzionati nelle più avanti) e alcune aree della catacomba, riutilizza- fonti romane, era possibile garantire a tutti i membri rono l’antico cimitero e lo ampliarono scavando alcune della comunità, soprattutto ai cristiani meno abbienti, zone ex novo (Ciavolino & Spinosa, 1979; Ciavolino, la sepoltura e la celebrazione dei riti funerari. I cimi- 2003, pp. 646-647). Sorte ancora peggiore ebbe la ca- teri, sorti agli esordi del III secolo, sono segno di una tacomba di S. Severo, che prende il nome dal vescovo comunità cristiana organizzata e dotata di una certa napoletano della fine del IV-inizi del V secolo lì sepolto disponibilità economica, dovuta in grande misura al- e che fu obliterata quasi del tutto dalla costruzione la conversione delle élites (Fiocchi Nicolai, 2003, pp. della basilica moderna; resta solo un cubicolo dipin- 921-930). Queste erano protagoniste di atti di everge- to e una piccola area funeraria adiacente (Rassello, tismo e mettevano spesso a disposizione della comuni- 1985; Rassello, 1987; Liccardo, 1991, pp. 100-101; tà delle proprietà dove impiantare le catacombe, che, Trapanese, 1991, pp. 275-279). Sempre nel quartiere infatti, in più casi si sviluppano da ipogei gentilizi. I Sanità sono attestate altre cripte cimiteriali in Vico cimiteri sorgevano in genere in aree già destinate ad Lammatari (Ciavolino, 2003, pp. 644-646), forse con- un uso funerario e spesso la scelta del luogo era deter- nesse alla basilica di S. Fortunato, ricordata dalle fonti minata dalla presenza di tombe di santi o martiri che (Gesta episcoporum Neapolitanorum, p. 404), dove era- divenivano il fulcro intorno al quale si sviluppavano no sepolti i vescovi napoletani Fortunato e Massimo. le gallerie. Sul versante di Capodichino si estende il complesso di In Campania le testimonianze più consistenti di cata- S. Efebo (fig. 4), luogo di sepoltura dell’omonimo ve- combe si ritrovano a Napoli, e su di esse concentrere- scovo napoletano collocabile tra la fine del III e i primi mo la nostra attenzione in questa sede, tralasciando decenni del IV secolo. Il cimitero, attualmente esplo- altri complessi, altrettanto interessanti, come le ca- rato solo in parte, si sviluppò a partire dal IV secolo tacombe di Prata di Principato Ultra (Muollo, 2001, e fu frequentato fino all’VIII-IX secolo. Fu notevol- pp. 1-9), e le catacombe dei Ss. Casto e Secondino a mente danneggiato dalla costruzione della chiesa dei Sessa Aurunca (Mazzeo, 1990, pp. 33-43), attualmente Cappuccini nel XVI secolo, che distrusse il nucleo cen- in corso di scavo e di studio. A Napoli nell’area set- trale del monumento (Bellucci, 1934b, pp. 328-358; tentrionale extra-urbana, destinata ad un uso fune- Bellucci, 2001). rario sin dall’età greca (Greco Pontrandolfo, 1985; Vecchio, 1985), si sviluppano i cimiteri comunitari cristiani, concentrati in una zona alle falde dei Colli L’impianto planimetrico delle aree funerarie Aminei, che va dal versante del quartiere Sanità a quello di Capodichino (Mallardo, 1936; Ambrasi, 1967; L’intreccio tra aspetto funerario e cultuale è partico- Ciavolino & Spinosa, 1979, pp. 13-16; Ciavolino, 2003, larmente evidente se si analizza la planimetria del- pp. 643-664). Le catacombe di S. Gennaro sono il com- le catacombe, che è, infatti, fortemente condizionata plesso più imponente e meglio conservato, la cui arti- dalla presenza di tombe venerate di santi o martiri, colata topografia si spiega con il lungo arco cronologico che, come abbiamo già accennato, costituiscono spes- in cui si sono sviluppate (figg. 1, 2). Nate, infatti, dalla so il nucleo irradiatore da cui si dipartono le gallerie fusione di alcuni ipogei gentilizi disseminati sulla col- cimiteriali oppure, in altri casi, ne condizionano il suc- lina, databili sin dalla fine del II-inizi III secolo, di- cessivo sviluppo comportando ‘deviazioni’ e variazio- ventano cimitero comunitario e luogo di culto per la ni rispetto al progetto iniziale. A questo fenomeno si presenza della tomba del martire Gennaro e dei santi ricollega anche la costante presenza di basiliche sot- vescovi napoletani e sono frequentate sino al IX-X se- terranee, che sorgono intorno a tali sepolture privile- colo. La storia del complesso, sempre accessibile nel giate. Il loro impianto è molto vario in quanto queste corso dei secoli e oggetto di scavi e di studi approfon- sono realizzate trasformando e adattando gli ambienti diti nell’Ottocento e nel Novecento, è nelle sue linee preesistenti, con un unico ‘comune denominatore’ che generali chiarita (Fasola, 1975; Ciavolino, 2003). è quello di preservare il ‘luogo sacro’. Diverso è il discorso per le altre catacombe napoleta- Dal punto di vista planimetrico è particolarmente si- ne, per le quali è difficile datare le fasi più antiche gnificativo, per estensione e stato di conservazione, il e ricostruire puntualmente l’impianto planimetrico e cimitero di S. Gennaro sorto agli inizi del IV secolo lo sviluppo topografico (Amodio, 2004, pp. 229-253). sulla collina di Capodimonte, dove erano presenti, a Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 121

Fig. 2 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Pianta del livello superiore; sono evidenziati i nuclei più antichi (da Fasola, 1975, riela- borata da M. Amodio). Fig. 2 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Map of the higher level with the oldest areas (from Fasola, 1975, reworked by M. Amodio). 122 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 varie quote, ipogei funerari più antichi e nel III secolo casi, da un ampio vestibolo da cui si diramano le gal- sono attestati i primi nuclei sepolcrali cristiani, ricono- lerie (figg. 1, 2). Nel piano inferiore si ha la misura scibili negli sviluppi successivi del complesso. Questo dell’imponente progetto voluto dalla comunità cristia- si articola su due livelli a cui si accede, in entrambi i na napoletana, impostato su tre gallerie monumentali

Fig. 3 - Napoli, catacombe di S. Gaudioso. Pianta (da Ciavolino & Spinosa, 1979, rielaborata da M. Amodio). Fig. 3 - Naples, catacombs of St. Gaudioso. Plan (from Ciavolino & Spinosa, 1979, reworked by M. Amodio). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 123 che partivano dalla parete di fondo del vestibolo infe- arricchite con diramazioni laterali. La scelta del luogo riore e si sviluppavano, in una prima fase, per circa 10 dove impiantare il cimitero fu senz’altro condizionata m (figg. 1, 5). Il complesso, già nel progetto iniziale, dalla presenza della sepoltura del vescovo napoletano fu concepito come un ‘sistema aperto’, destinato ad Agrippino, deposto nella seconda metà del III secolo un utilizzo intensivo e in vista di una futura esten- in un ipogeo adiacente al vestibolo, trasformato poi in sione, per una comunità in crescita, così come si può una piccola basilica dove fu eretto un altare sulla tom- riscontrare anche nei cimiteri romani (Pergola 1997, ba del santo (Fasola, 1975, pp. 53-76). pp. 57-68; Carletti, 2001, pp. 98-99; Fiocchi Nicolai, Nel piano superiore un’attenta analisi ha consentito 2003, pp. 922-926). Le gallerie, infatti, occupate da se- di individuare le tracce degli ipogei più antichi di- polture alle pareti e nel pavimento, furono progressi- strutti dalla nascita della grande necropoli comunita- vamente prolungate (dimezzandone, però, l’altezza) e ria, determinata dall’arrivo delle reliquie del martire

Fig. 4 - Napoli, catacombe di S. Efebo. Pianta (da Ambrasi, 1967, rielaborata da M. Amodio). Fig. 4 - Naples, catacombs of St. Efebo. Plan (from Ambrasi, 1967, reworked by M. Amodio). 124 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Gennaro agli inizi del V secolo (fig. 2). Questa si arti- sepolture ‘privilegiate’, così come accade di frequente cola su un’ampia galleria centrale su cui si affacciano, per questi siti, hanno segnato profondamente lo svi- da entrambi i lati, dei cubicoli. Lo scavo procedette dal luppo successivo del monumento e hanno comportato vestibolo verso est e fu molto rapido per il succedersi dei delle variazioni rispetto al progetto iniziale, favorendo vuoti degli ipogei preesistenti, di cui furono abbattute un’intensa occupazione di alcune aree (come approfon- le rocce divisorie, abbassato il suolo, allargate le pare- diremo più avanti a proposito delle tipologie tombali) e ti. Arrivati all’estremità (A29), per non uscire all’aper- l’abbandono di altre. to, si realizzò un ambulacro perpendicolare (A41) con A differenza del complesso ianuariano, lo stato di con- diramazioni verso est (A29-A50-A60) che costituirono servazione delle altre catacombe napoletane impedi- gli estremi limiti dell’espansione. In questo tratto, in- sce una puntuale disamina dello sviluppo topografico fatti, sono visibili arcosoli non compiuti, il suolo non è di questi monumenti nel tempo. Nella catacomba di S. livellato e non vi sono tombe (Fasola, 1975, pp. 79-96). Gaudioso il succorpo della chiesa seicentesca si è im- Fulcro del cimitero era la basilica ipogea (la cosiddet- piantato sulla ecclesia Beati Gaudiosi, menzionata dal- ta ‘basilica dei vescovi’) sorta nel livello superiore in le fonti letterarie (Gesta episcoporum Neapolitanorum, corrispondenza della tomba del martire, collocata in pp. 406-407), sorta probabilmente nel VI secolo dove un cubicolo del piano inferiore; accanto sorse la crip- in origine era l’ambulacro principale del cimitero; su ta dove erano sepolti i vescovi napoletani che fungeva di esso si affacciavano cubicoli a destra e sinistra, quasi da abside della chiesetta sotterranea (figg. 2, indipendenti l’uno dall’altro, quasi tutti affrescati o 6). La presenza delle spoglie del martire e dei santi mosaicati e in parte ancora oggi visibili. Alle spalle di vescovi comportò un intensissimo sfruttamento fune- essa si estende una galleria sulle cui pareti si aprono rario in quest’area (che analizzeremo nello specifico degli ambienti in più casi notevolmente prolungati. più avanti), molto ambita in quanto si riteneva che la Di particolare rilievo è il cubicolo dove era la tomba sepoltura ad sanctos, in prossimità di tombe di santi del vescovo Gaudioso, le cui reliquie furono traslate o martiri, favorisse la conquista della salvezza nell’al- nel IX secolo comportando il progressivo abbandono dilà (Rebillard, 1994; Fiocchi Nicolai, 2003, p. 928). del complesso. Il cubicolo ha costituito il centro irra- Il crescente numero di fedeli che aspirava ad una po- diatore della catacomba non solo per gli antichi, ma sizione ‘privilegiata’ per i propri defunti e che si reca- anche per i Domenicani che, nelle trasformazioni, lo va in catacomba per venerare il martire e i santi ve- hanno rispettato e riutilizzato per le proprie sepoltu- scovi, rese necessario ben presto l’ampliamento della re, abbellendolo e affrescandolo. Il cimitero (fig. 3) era piccola basilica di cui, tra la fine del V e gli inizi VI molto esteso e ampie aree risultano oggi inaccessibili, secolo, furono distrutte le pareti per creare un unico inesplorate o distrutte (Bellucci, 1942; Ciavolino & grande ambiente con l’ambulacro centrale. La basilica Spinosa, 1979). Anche nel caso delle catacombe di S. adiecta, a tre navate (lunga più di 50 m e larga 12 m), Efebo (fig. 4) è difficilmente ricostruibile l’originaria occupava dunque gran parte della catacomba superio- re, dalla ‘cripta dei vescovi’ fino all’edicola della Croce che ne costituiva l’accesso (Fasola, 1975, pp. 133-152; Ciavolino, 2003, pp. 656-658). La traslazione delle re- liquie del martire nel cimitero e la presenza delle altre

Fig. 6 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello superiore, veduta della ‘basilica’ e della ‘cripta dei vescovi’; in primo piano Fig. 5 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Vestibolo inferiore le formae terragne (da Fasola, 1975). (da Fasola, 1975). Fig. 6 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Higher level, view Fig. 5 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Lower vestibule of the ‘basilica’ and ‘Bishops crypt’ with formae (from Fasola, (from Fasola, 1975). 1975). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 125 planimetria. Il tratto catacombale meglio conservato pologia, infatti, rispondeva all’esigenza di un intenso presenta un andamento a croce latina con numerosi e razionale sfruttamento dello spazio e, al contempo, loculi, formae e arcosoli (Bellucci, 1934a; Bellucci, grazie all’uniformità e all’indistinguibilità delle depo- 1934b). La chiesa cinquecentesca obliterò quasi total- sizioni, rappresentava l’attuazione dell’ideale egalita- mente, come abbiamo già accennato, la catacomba di rio del cristianesimo e di una visione universalistica e S. Severo, di cui oggi è visibile solo un cubicolo dipinto trasversale della Chiesa, che accoglieva nel suo grem- e una piccola area funeraria attigua che, per quanto bo tutti in modo indifferenziato. File di loculi, privi di limitata, potrebbe costituire un’area retrosanctos. La elementi distintivi, si dispongono lungo la galleria B8 disposizione ‘disordinata’ delle sepolture fa presup- della catacomba inferiore di S. Gennaro (fig. 1), che è porre, infatti, che non ci troviamo molto lontani dal- molto simile alle regioni più antiche delle catacombe la tomba venerata del vescovo Severo presso la quale romane dove il fenomeno è evidente. La sostanziale sorse una basilica. omogeneità dei caratteri dei cimiteri sotterranei roma- ni è segno di una gestione centralizzata dei cimiteri da parte del vescovo (Fiocchi Nicolai, 1997, pp. 122-124; Le tipologie tombali Carletti, 2001, pp. 97-99). A Napoli, invece, al di là di questo settore delle catacombe, si nota una maggiore I tipi di sepolture presenti negli ipogei e nelle galle- varietà di soluzioni nelle forme di sepoltura rispetto a rie catacombali sono ricorrenti e comprendono loculi e Roma, non solo nei nuclei sepolcrali più antichi che si arcosoli scavati nelle pareti, tombe a fossa realizzate inseriscono in ipogei gentilizi preesistenti, ma anche nel piano pavimentale (formae), più raramente sarco- nel nuovo unitario progetto che porterà alla nascita fagi ricavati nel tufo, o realizzati in marmo o in pietra, delle catacombe in cui, pur nell’ambito di un impianto spesso riutilizzati. generale prestabilito, ha ampio spazio la libertà in- I loculi, dotati di una tegola o più raramente di una dividuale. Si susseguono, infatti, arcosoli affrescati, lastra di marmo come chiusura, sono allineati in pile loculi parietali e cubicoli con ingressi decorati da mo- verticali o in altri casi ricavati in spazi di risulta e tivi architettonici, con un gusto per la variazione che costituiscono la forma più semplice e modesta di se- rimanda, per abilità tecnica e per stile, alla tradizione poltura anche se questo non indica necessariamente locale di scavo di sepolcreti nel tufo risalente all’età un livello sociale più modesto dei defunti. Questa ti- ellenistica e proseguita in età romana (figg. 7-8).

Fig. 8 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello superiore, Fig. 7 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello inferiore, gal- cubicolo con colonne e, all’interno, tomba a baldacchino (da leria con loculi e arcosoli (da Fasola, 1975). Fasola, 1975). Fig. 7 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Lower level, gallery Fig. 8 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Higher level, cubicu- with niches and arcosolia (from Fasola, 1975). lum with columns and inside, canopy tomb (from Fasola, 1975). 126 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Gli arcosoli, a calotta o, più di frequente, a lunetta con e poi del VI secolo fu sempre più intenso nei cimiteri intradosso, si dispongono lungo le pareti delle gallerie lo sfruttamento sepolcrale delle aree sacre, dove le se- o nei cubicoli, che sono delle camere sepolcrali destina- polture si affollavano in maniera disordinata ed erano te a gruppi familiari (figg. 7, 10). Questo tipo di tom- spesso ricavate in spazi di risulta. Non aveva, infat- ba, decorata spesso nella parete di fondo da affreschi ti, importanza tanto la struttura della tomba, la sua o mosaici, è più elaborata rispetto ai semplici loculi forma esteriore, quanto la posizione. Un reticolato di e può presentare una o più sepolture nel piano oriz- formae terragne si estendeva nella catacomba supe- zontale. In alcuni casi la parete di fondo viene appro- riore di S. Gennaro, particolarmente fitto nei pressi fondita notevolmente creando delle nicchie profonde della tomba del martire (figg. 2, 6); qui, tra le gallerie che ospitano numerose deposizioni; si tratta del tipo A2 e A4 (fig. 2), fu forzatamente inserito tra le tombe cosiddetto siracusano, che, frequente nelle catacombe pavimentali un ambiente ipogeo (Ciavolino, 2003, p. siciliane, si ritrova nel cimitero di S. Gennaro, in par- 648). Anche i cubicoli che si aprivano lungo le pareti ticolare nella cosiddetta zona greca (area D) (figg. 2, dell’ambulacro centrale furono ampliati e trasformati 9). In alcuni casi una sepoltura, in genere infantile, nel tempo per ricavare nuovi spazi per le sepolture, era ricavata, successivamente, anche nella parete di destinate forse ad accogliere anche personaggi esterni fondo della lunetta, a riprova della potenzialità dello alle famiglie dei proprietari, come nel caso dell’afri- scavo nel tufo, in quanto ad estendibilità degli spazi cano Proculus sepolto nell’arcosolio della famiglia di (fig. 9). Theotecnus. Varie sono le modalità di trasformazione Anche il piano di calpestio delle catacombe costituiva attestate nei cubicoli. Viene distrutta, nella parete un ampio spazio in cui realizzare sepolture. Formae di fondo dell’ambiente, la lunetta dell’arcosolio la cui terragne, ovvero tombe a fossa con copertura piana tomba diventa il livello del nuovo cubicolo rialzato, per o in alcuni casi a cappuccina, in tegole o in lastre di accedere al quale sono creati gradini in muratura (fig. marmo, occupavano intensivamente il pavimento delle 10); oppure viene lasciata la parte superiore dell’arco- gallerie e dei cubicoli, soprattutto nelle zone più pros- solio e si scava in profondità per ricavare un ambiente sime alle tombe venerate. Soprattutto nel corso del V fatto di soli loculi; in altri cubicoli si scava un ambien-

Fig. 9 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Zona c.d. greca, arcosolio polisomo c.d. siracusano; un loculo è stato ricavato nella parete di fondo (foto M. Amodio). Fig. 9 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Greek Zone, Syracusan arcosolium; a loculus was obtained in the back wall (photo M. Amodio). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 127

Fig. 10 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello superiore, esempio di ampliamento di un cubicolo (foto M. Amodio). Fig. 10 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Higher level, example of enlargement of a cubiculum (photo M. Amodio). te ipogeo a cui accedere attraverso una scaletta rica- va è, infatti, molto diffusa in Africa e in aree soggette vata nel pavimento che provoca la distruzione di una ad una forte influenza africana, come la Spagna o la forma preesistente (Ciavolino, 1989, pp. 187-188). Sardegna, mentre è meno frequente altrove (Amodio, Gli ambienti erano ornati da affreschi o più raramente 2005, pp. 106-140). È interessante notare come nel ci- da mosaici, e talora erano decorati all’ingresso da co- mitero di S. Gennaro i rinvenimenti si concentrino nel lonne scavate nel tufo. La loro monumentalità, segno piano superiore, nell’estremo sviluppo orientale della di una committenza elevata, aumenta in prossimità catacomba, presso l’antico ingresso (A29), ad indicare della sepoltura ad martyrem. Molto esteso è, infatti, evidentemente un’area preferenziale di sepoltura per il cubicolo A7 (figg. 2, 8) che si trova di fronte alla ‘ba- questo gruppo etnico (fig. 2). La presenza di africani è silica dei vescovi’, dov’è attestato anche l’unico esem- attestata anche da alcuni ritratti musivi e dipinti pre- pio, a Napoli, di tomba a baldacchino, una tipologia senti nelle catacombe (Amodio, 2005, pp. 58-67), in par- molto diffusa nelle catacombe siciliane e maltesi (e ticolare quello del vescovo di Cartagine Quodvultdeus rara a Roma) (Fasola, 1975, p. 107). Si è supposta la nella ‘cripta dei vescovi’ a S. Gennaro e quello del ve- provenienza da queste aree del proprietario, plausi- scovo Gaudioso nel cubicolo dell’omonima catacomba bile anche se non vi sono altri elementi a sostegno di che, come abbiamo sottolineato in precedenza, fu og- quest’ipotesi. In un altro caso, invece, con maggiore getto di grande devozione. Lo attesta, anche in questo certezza possiamo ascrivere ad un gruppo etnico stra- caso, l’intenso sfruttamento funerario nei pressi della niero l’introduzione di una peculiare forma decora- tomba del vescovo, deposto in un arcosolio a calotta tiva delle tombe. Le 15 coperture tombali decorate a scavato sulla parete di fondo e decorato dal ritratto mosaico scoperte nelle catacombe napoletane (14 nel musivo del defunto (ormai quasi del tutto perduto). cimitero di S. Gennaro, uno in quello di S. Gaudioso) Sulle pareti laterali sono, infatti, visibili 28 loculi di- possono essere riconnesse al gruppo di esuli cristiani sposti simmetricamente in due pile. L’ambiente, come che, sfuggiti alle persecuzioni vandaliche in Africa, si abbiamo già detto, ebbe un’importanza centrale nello rifugiarono a Napoli dopo la presa di Cartagine del sviluppo del cimitero. 439 (Victor Vitensis, Historia persecutionis Africanae L’attrazione esercitata dalle tombe dei santi comporta provinciae, I, V, 15, p. 5). Questa tipologia decorati- un grande sviluppo di alcune zone dove si intensificano 128 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

le sepolture e, di conseguenza, il disinteresse per altre. naturali (Ebanista, 2007, pp. 129-131), ma si concen- Si interrompe dunque lo scavo di gallerie che doveva- tra solo nell’area centro-settentrionale della regione no essere progressivamente prolungate, lasciandone il (Piazza, 2006, pp. 30-31). A nord sono localizzate tra suolo non livellato; oppure non si completa lo scavo di il Roccamonfina (S. Michele a Fasani e S. Maria in arcosoli o di loculi alle pareti, tracciati nel tufo e poi Grotta a Rongolise, frazioni di Sessa Aurunca) e il non completati. Esempi di questo fenomeno sono visi- Monte Maggiore (grotte dei Santi e delle Fornelle a bili in alcuni punti del piano inferiore delle catacombe Calvi e grotta dei santi Donato e Isidoro a Caianello), di S. Gennaro, dove sulle pareti vi sono tracce di loculi mentre nella sezione centrale nel Taburno (chiesa o arcosoli, che evidentemente erano stati pianificati rupestre di Castel Campagnano), nei Campi Flegrei in un primo momento e poi non realizzati. L’enorme (‘basilica rupestre’ di Cuma, S. Maria a Marano di incremento di sepolture nel piano superiore, successi- Napoli, S. Maria dell’Itria nella Crypta Neapolitana), vo alla traslazione delle reliquie del martire Gennaro, nel Partenio-Monti di Sarno (“La grotta”, grotta del- implicò ad un certo punto, infatti, come abbiamo visto, l’Angelo e basilica rupestre dell’Annunziata a Prata la rapida monumentalizzazione di questo livello, e un di Principato Ultra), nei Lattari (grotta di S. Biagio conseguente minore sviluppo della catacomba inferio- a Castellammare di Stabia) e ad Ischia (S. Nicola sul re, non previsto nel progetto iniziale. Monte Epomeo a Serrara Fontana). Allo stato attuale della ricerca possiamo affermare che, I luoghi di culto rupestri, veri e propri santuari meta in linea generale, le tipologie tombali presentate non di pellegrinaggi locali, gravitavano per lo più nell’area sono esclusive delle catacombe ma, al di là di qualche circostante gli antichi centri urbani (, Caiatia, forma peculiare, sono tipiche degli ambienti funerari Cuma, Napoli) o nei pressi di ville e insediamenti ipogei non solo tardo antichi e altomedievali ma an- rurali (Marano di Napoli, Prata di Principato Ultra, che più antichi. Nella già citata Crypta di Cuma, ad Castellammare di Stabia), anche se non mancano te- esempio, sono attestati loculi, scavati lungo le pareti, stimonianze isolate e lontane dagli abitati (Fasani e di forma rettangolare o ovoidale, rastremati verso l’in- Rongolise di Sessa Aurunca, Caianello, Monte Epomeo terno, e tombe a fossa realizzate nel piano in tufo della ad Ischia). Ben documentata è l’ubicazione dei siti galleria (Caputo & De Rossi, 2007, pp. 980-982). rupestri lungo gli antichi tracciati viari; è il caso, ad Al di là dell’aspetto tecnico e della tradizione di scavo esempio, della ‘basilica rupestre’ di Cuma, di S. Maria che guida tali scelte, nel caso dei cimiteri cristiani è, dell’Itria nella Crypta Neapolitana e di S. Maria in però, interessante rilevare la forte influenza dell’ele- Grotta a Rongolise di Sessa Aurunca. In alcuni casi mento ideologico e religioso che detta la preferenza presso le chiese rupestri si trovano altre cavità artifi- per l’uno o l’altro tipo, come nel caso dei loculi su cui ci ciali, collegate direttamente al luogo di culto o del tut- siamo soffermati in precedenza, che riflettono una vo- to indipendenti (Torriero, 1994a, p. 25), che in passato lontà egalitaria; questa, particolarmente sentita agli sono state generalmente interpretate come residenze esordi del cristianesimo, tende poi a sfumarsi quando di monaci o eremiti. Considerata, tuttavia, l’inatten- prevale piuttosto un intento distintivo. Non in linea dibilità dell’ipotesi panmonastica, l’origine dei luoghi con i dettami dei padri della Chiesa che celebravano la di culto in rupe va ricondotta piuttosto all’iniziati- semplicità, la modestia e un ideale egalitario, spesso i va del clero, dell’aristocrazia e delle comunità locali fedeli ricercavano un elemento di distinzione nel mo- (Ebanista, 2007, pp. 127, 144), anche se non mancano mento della morte, che talora emerge nella forma este- casi che lasciano supporre un probabile legame con il riore della tomba talora è meno appariscente e consiste monachesimo. Un esempio di cavità artificiale di perti- nel privilegio di una posizione ad sanctos. L’aspetto nenza monastica potrebbe essere, infatti, rappresenta- cultuale e devozionale influenza non solo la scelta del- to dalla grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia, le tipologie tombali ma anche, come abbiamo visto, lo qualora fosse accertato che essa appartenne effettiva- sviluppo planimetrico dei monumenti e ne determina mente al cenobio di S. Renato a Sorrento (Bertelli, la storia, spesso non felicemente, fino in età moderna. 1996, p. 66). Difficilmente sostenibile, in assenza di Di frequente, infatti, tra XVI e XVII secolo, in nome del uno studio specifico, è, invece, l’attribuzione ad inse- recupero e della valorizzazione dei luoghi di culto del- diamenti monastici delle «numerose grotte scavate nel la chiesa degli esordi, paradossalmente si è definitiva- tufo che costeggiano le rive del torrente Pisciarello» mente compromessa la conservazione dei resti antichi, presso Caiazzo (Renda, 2004, p. 414) ovvero dei due com’è evidente in più casi nei monumenti napoletani. complessi rupestri esistenti sull’isolotto di castel del- l’Ovo a Napoli (Venditti, 1967, p. 514; Gubitosi & Izzo, 1967-68, pp. 84, 93, tavv. XII-XIII, XXII; Venditti, Chiese e santuari rupestri 1969, p. 840; Gubitosi, 1970, pp. 76-78, 81-82, figg. 44, 47). In quest’ultimo caso il complesso ubicato ad In Campania, oltre alle catacombe dove la funzione oriente, conosciuto come ‘romitorio di S. Patrizia’, è cultuale è secondaria rispetto a quella cimiteriale, costituito da piccoli vani, uno dei quali, dalla configu- sono attestate 14 unità rupestri scavate nel tufo che, razione più regolare, presenta un’absidiola che è stata a partire dal medioevo, sono state utilizzate a scopo impropriamente interpretata «come mensa per le cele- liturgico-devozionale e talvolta anche funerario. In brazioni religiose», in rapporto all’esistenza di due in- relazione alla geomorfologia del suolo, la loro distri- cassi per ripiani lignei (Gubitosi & Izzo, 1967-68, tav. buzione non copre l’intero territorio, come si verifica XIII). Il complesso rupestre situato ad ovest è, invece, per le 84 chiese campane ricavate all’interno di grotte formato da ambienti intercomunicanti, più grandi de- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 129 gli altri ma meno regolari nell’esecuzione, che sul lato eseguiti in occasione della trasformazione degli ipogei occidentale sono illuminati da finestre prospicienti il in luoghi di culto (Calvi, Rongolise). mare; sul pavimento di un vano compaiono due tombe L’espressione più evidente dell’utilizzo cultuale delle terragne, mentre in altri si conservano nicchie e trac- cavità artificiali è costituita dalle immagini sacre di- ce di affreschi. L’origine dell’insediamento rupestre pinte sulle pareti. Le più antiche testimonianze, risa- napoletano è stata assegnata al V-VI secolo, allorché lenti al periodo compreso tra la tarda antichità e l’alto sull’isolotto si sarebbero stanziati dei monaci orientali medioevo, si rinvengono nelle catacombe napoletane, (Gubitosi & Izzo, 1967-68, p. 84; Gubitosi, 1970, p. 76). nella grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia, Considerata la continuità d’uso del sito e la comples- nella basilica dell’Annunziata a Prata di Principato sa stratificazione, non si può essere certi dell’utilizzo Ultra, nella grotta dei Santi a Calvi, in quella di S. delle cavità da parte dei monaci, né tanto meno del- Michele a Fasani di Sessa Aurunca e nella chiesa di S. la cronologia proposta, anche perché il cenobio di S. Maria in Grotta a Rongolise di Sessa Aurunca, mentre Salvatore in insula maris è documentato solo dal IX al basso medioevo si collocano gli affreschi che decora- secolo (Cilento, 1969, p. 658); analogo discorso vale no le pareti della grotta delle Fornelle a Calvi, della per la vicina ‘sala delle colonne’ che è stata identifi- grotta dei santi Donato e Isidoro a Caianello, del S. cata con un locale destinato alle riunioni dei monaci o Michele a Fasani di Sessa Aurunca, de “La grotta” e un refettorio. Se la funzione abitativa di almeno una della grotta dell’Angelo a Prata di Principato Ultra e parte delle cavità è testimoniata dall’esistenza delle di S. Maria dell’Itria nella Crypta Neapolitana, oltre nicchie e di un pozzo, che è tradizionalmente collegato alle fasi pittoriche più tarde documentate in S. Biagio alla figura di S. Patrizia (Gubitosi, 1970, p. 77, nota a Castellammare di Stabia e nella grotta dei Santi a 10, fig. 44), e quella funeraria dalle sepolture terra- Calvi. Analogamente a quanto è attestato nei luoghi di gne, incerte rimangono l’epoca in cui i due complessi culto ricavati nelle grotte naturali (Ebanista, 2007, pp. rupestri furono realizzati e l’originaria destinazione. 140-141), nelle cavità artificiali si riscontrano imma- In Campania, se si escludono, forse, i casi delle chie- gini devozionali indipendenti da moduli narrativi, di- se rupestri di Castel Campagnano e di S. Nicola a nanzi alle quali i fedeli si fermavano in preghiera per Serrara Fontana ad Ischia, il culto venne ad impian- richiedere l’intercessione (Pace, 1994, p. 404). Oltre tarsi all’interno di cavità artificiali già esistenti. Il ad alcune scene del ciclo cristologico (ad esempio, la loro riutilizzo comportò il semplice adattamento degli Natività e l’Ascensione nella grotta delle Fornelle a spazi con l’aggiunta di altari in muratura e/o pareti Calvi e la Trasfigurazione nella chiesa rupestre di S. divisorie, la creazione di absidiole o piccole cappelle e Michele ad Avella) e della vita della Madonna (come la la decorazione delle superfici disponibili con immagi- Dormitio Virginis a S. Maria in Grotta a Rongolise di ni sacre (Calvi, Fasani e Rongolise di Sessa Aurunca, Sessa Aurunca), i soggetti più ricorrenti sono Cristo e la Cuma, Prata di Principato Ultra). In alcuni casi, pe- Vergine, raffigurati da soli oppure tra angeli e/o santi; rò, consistenti interventi di escavazione consentirono la maggior parte delle raffigurazioni pittoriche è, però, di creare, all’interno degli ipogei già esistenti, nuovi costituita da pannelli con immagini singole di santi o spazi cultuali, talora anche di notevole impegno archi- con diversi personaggi affiancati. La scelta dei sogget- tettonico, imitanti gli edifici sub divo (catacombe di S. ti è legata al carattere devozionale della committenza Gennaro a Napoli, Prata di Principato Ultra, Marano e, nel caso delle catacombe, alla presenza delle sepol- di Napoli, Castellammare di Stabia), a testimonianza ture venerate (ad esempio, Gennaro e Agrippino nel che in Campania i luoghi di culto in rupe non sempre complesso di Capodimonte). Sull’identità e sullo stato rivelano «un procedere empirico e rudimentale, sen- sociale dei committenti siamo informati, in qualche za neppure il ricordo di quelle matrici architettoniche caso, da iscrizioni e, ancora più raramente, da imma- subdivali continuamente affioranti nell’architettura gini. Nella pittura rupestre campana la presenza delle rupestre pugliese» (Venditti, 1967, p. 367). Nel corso iscrizioni è meno diffusa rispetto a quanto attestato dei lavori di escavazione peraltro furono talora realiz- in Puglia, almeno fino alla fine dell’XI secolo: sebbene zate anche strutture destinate agli usi liturgici o allo non manchino esponenti del clero, come documenta- svolgimento delle funzioni religiose; è il caso, ad esem- no gli affreschi della grotta di S. Michele a Fasani e pio, della cattedra e del fonte battesimale esistenti di S. Maria in Grotta a Rongolise (frazioni di Sessa nelle catacombe di S. Gennaro o dei bancali presen- Aurunca), i committenti sono per lo più laici e talvol- ti nella grotta delle Fornelle a Calvi e in S. Maria in ta nobili (Pace, 1994, pp. 407-408), come nel caso del Grotta a Rongolise di Sessa Aurunca. Diversamente Paldolfus comes che, tra la fine dell’XI secolo e gli inizi dagli ipogei funerari e dalle catacombe, i luoghi di cul- del successivo, commissionò l’Ascensione sulla parete to rupestre, considerata la minore complessità dell’im- di fondo della grotta delle Fornelle a Calvi (Carotti, pianto planimetrico e architettonico, consentono una 1974, p. 13). In prevalenza si tratta di committenze fa- migliore leggibilità delle fasi di escavazione, tanto miliari delle quali si conosce il solo nome del marito e che la lettura antropologica del costruito “in negativo” di rado quello della moglie, neutralizzata dal generico rappresenta un ottimo punto di partenza per la perio- cum uxore mea, secondo quanto si riscontra nella grot- dizzazione dei lavori (Ebanista, 2005, p. 23; Ebanista, ta dei Santi a Calvi (Piazza, 2002, p. 187, figg. 6, 16, 2006, p. 392; Ebanista, 2007, p. 145). L’analisi morfo- 18, 22, 24, tavv. I-III; Piazza, 2006, p. 238). Nella chie- logica delle tracce lasciate dagli strumenti impiegati sa rupestre di S. Maria in Grotta a Rongolise di Sessa per l’escavazione (Torriero, 1994a, pp. 24-25) ha con- Aurunca, oltre ai nomi degli offerenti sono registrati sentito, ad esempio, di evidenziare alcuni interventi tuttavia anche quelli delle mogli: Mainardus e Oliba, 130 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Ioh(anne)s Mainardo e Lunarda (Speciale, 1994b, pp. co di tufo e l’altare ricavato nel tufo nella parte inferio- 70-74, figg. a colori 9-10, 12-13). Nella cappella annes- re e costruito in muratura in quella superiore (Fasola, sa alla grotta delle Fornelle a Calvi è documentata la 1975, pp. 53-56, 167-171, figg. 105-106). La basilichet- dedica di Icmundo e dei suoi familiari che, nel primo ta sorse, a quanto pare nel IV secolo, intorno alla tom- quarto del XII secolo, si fecero raffigurare nell’affresco ba del presule che era stato deposto in quell’area (ipo- (Carotti, 1974, pp. 21, 25, fig. 77), secondo una con- geo B11-B14) nella seconda metà del secolo preceden- suetudine non molto diffusa in Campania. Un altro te; le differenze di quota e di esecuzione del soffitto e caso di visualizzazione dei committenti ricorre nella la posizione decentrata dell’altare indicano che l’aula grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia, dove il di culto venne realizzata adattando preesistenti edifici monaco Johannes, tra la fine dell’XI secolo e il XII, si funerari (Fasola, 1975, p. 53). Nell’alto medioevo sulla fece ritrarre prostrato ai piedi dei santi Benedetto e parete nord della basilichetta, nei pressi dell’ingresso, Renato (Bertelli, 1996, pp. 58-59, fig. 22). venne eseguito un affresco raffigurante S. Agrippino che guarisce un infermo (Fasola, 1975, pp. 212-213, tav. XIV), mentre su quella meridionale furono dipinti L’utilizzo cultuale delle catacombe di S. Gennaro un vescovo e un monaco orientale (Fasola, 1975, pp. 222-224, fig. 140; Bertelli, 1992, p. 138, fig. 6). Se il notevole sviluppo planimetrico delle catacombe è Intorno al 430 il vescovo Giovanni I (413-432) traslò i dovuto alla presenza delle reliquie dei santi Agrippino resti di S. Gennaro in un cubicolo (B6) al piano infe- e Gennaro, le cui tombe venerate costituirono un po- riore delle catacombe che, tamponato e reso inaccessi- lo di attrazione per le sepolture dei defunti (Fasola, bile, divenne la confessio del santuario ipogeo (Fasola, 1975, p. 53), la forte devozione per i due santi spiega 1975, pp. 111-127, figg. 77-80). Nel VI o VII secolo la nascita di edifici di culto ipogei e la loro progressiva sulla parete che bloccava l’accesso a questo cubicolo monumentalizzazione connessa al crescente afflusso dalla galleria B5 (fig. 12) fu raffigurata l’immagine del dei fedeli. martire tra due santi (uno è S. Stefano), il Vesuvio e La più antica testimonianza cultuale è rappresentata il Monte Somma; nel corso dell’alto medioevo sull’af- dalla ‘basilichetta di S. Agrippino’ (fig. 1) che è ubicata vennero stesi altri due strati di intonaco deco- al livello inferiore delle catacombe; si tratta di un’aula rati con le effigi di S. Gennaro e dei suoi compagni di culto terminante ad est con un’abside soprelevata, di martirio (Fasola, 1975, pp. 120-123, tavv. VIII,a-b, in cui si trovano una cattedra (fig. 11) scavata nel ban- IX; Bertelli, 1992, pp. 129-139, fig. 9; Minasi, 1998). All’arrivo delle reliquie di S. Gennaro è connesso un rinnovato impegno nella creazione di luoghi di culto atti ad accogliere il sempre crescente numero di fede- li, oltre che le sepolture ad sanctos; mi riferisco alla ‘cripta dei vescovi’ e alla ‘basilica dei vescovi’, ubicate al livello superiore delle catacombe. Nella ‘cripta dei vescovi’ (fig. 6), realizzata grazie alla trasformazione di un preesistente ipogeo (A6) di cui fu abbassato il piano pavimentale, nel 432 venne sepolto il vescovo Giovanni I. La scelta del luogo fu motivata dal desiderio del presule di essere seppellito presso il luogo, dove manu sua aveva collocato le reliquie del martire Gennaro e dove fu deposto parte dextra (Gesta episcoporum Neapolitanorum, p. 406). Tale indicazio- ne ci dà un interessante terminus post quem, ovvero il 432, data della morte di Giovanni I, per la nascita della ‘cripta di vescovi’ (o almeno del suo utilizzo come area di sepoltura di defunti eccellenti), che accoglierà successivamente i resti anche di altri presuli napole- tani (come il cartaginese Quodvultdeus) e diverrà luo- go venerato (Fasola 1975, pp. 133-150, figg. 90-97). In particolare per dare culto ufficiale ai vescovi di Napoli la ‘cripta’ nel corso del V secolo venne decorata da un rivestimento in opus sectile e da una ricca stesura mu- siva (Fasola, 1975, p. 146; Ciavolino, 2003, pp. 651- 652). L’importanza di questo luogo è attestata proprio dai mosaici (fig. 13) che decorano alcuni degli arcosoli con i ritratti dei vescovi (Bisconti, 1995; Amodio, 2005, pp. 79-92, figg. 33-39), nonché dai restauri e dagli ab- Fig. 11 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Basilichetta di S. bellimenti che furono eseguiti fino a quando il vescovo Agrippino, cattedra (foto C. Ebanista). Giovanni IV (842-849) traslò i resti dei vescovi nella Fig. 11 - Naples catacombs of St. Gennaro. Basilichetta of St. basilica urbana nota come Stefania (Cilento, 1970; Agrippino, chair (photo C. Ebanista). Lucherini, 2007, pp. 679-680). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 131

Fig. 12 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello inferiore, parete di fondo della galleria B5 con l’immagine del santo (foto C. Ebanista). Fig. 12 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Lower level, back wall of gallery B5 with the image of the saint (photo C. Ebanista).

Nell’area antistante la ‘cripta dei vescovi’, agli inizi del VI secolo (Fasola, 1975, p. 191), sorse una piccola aula di culto (fig. 6), conosciuta come ‘basilica dei ve- scovi’, che presentava l’altare in corrispondenza della sottostante confessio di S. Gennaro (Ciavolino, 2003, p. 653). La ‘cripta’ chiudeva, a mo’ di abside sopreleva- ta, questa basilica (Fasola, 1975, p. 133, fig. 88), le cui pareti furono affrescate con i ritratti dei primi presuli di Napoli. Nel corso del VI secolo l’aula di culto, ormai piccola per il crescente numero di fedeli, fu amplia- ta fino a comprendere l’intero ambulacro centrale; il nuovo spazio liturgico (lungo più di 50 m e largo 12 m), conosciuto come basilica adiecta (Fasola, 1975, pp. 179-182, 191), era scandito da una triplice arcata al centro e dalla ‘edicola della Croce’, nata dall’arretra- mento dei piedritti della volta del preesistente ipogeo (Ciavolino, 2003, pp. 650-651). Uno degli interventi più significativi nell’alto medioe- vo è rappresentato dalla costruzione del fonte batte- Fig. 13 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello superiore, simale al livello inferiore delle catacombe (fig. 14); ‘cripta dei vescovi’ con l’arcosolio del vescovo Giovanni I (foto l’intervento venne commissionato dal vescovo Paolo II C. Ebanista). (762-766) che, al tempo del suo esilio nel complesso Fig. 13 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Higher level, ‘Bishops di S. Gennaro, fu promotore di importanti interventi crypt’ with the arcosolium of Giovanni I (photo C. Ebanista). 132 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 monumentali in catacomba, dove allestì un ‘episcopio incassi», si riconoscono due graffiti (alti circa 1 m) raf- di emergenza’ per lo svolgimento della liturgia dei figuranti una corona e una palma (Caputo & De Rossi, sacramenti (Fasola, 1975, pp. 199-213, figg. 126-127; 2007, pp. 982-983, figg. 7-9). Molto suggestiva, ma tut- Lucherini, 2007, pp. 681-682). Al suo intervento, ol- ta da dimostrare, è l’ipotesi che la ‘basilica rupestre’ tre alla vasca circolare rivestita di marmi, risalgono corrisponda al luogo originario della sepoltura di S. molto probabilmente anche le due edicole nei piloni Massimo, i cui resti, anteriormente al X secolo, furono dell’ambulacro centrale B9, di cui non si conosce la traslati nella basilica sull’acropoli (Caputo & De Rossi, funzione (Fasola, 1975, p. 198; De Francesco, 2001, 2007, p. 983). Nel complesso rupestre, infatti, non solo pp. 1057-1076). In quella di destra, detta ‘Edicola mancano tracce dell’utilizzo cultuale legato alla pre- delle vergini’ (per l’affresco che ne decora le pareti), senza di una tomba venerata, ma non sono presenti di forma rettangolare e terminante con una piccola neanche sepolture ad sanctos. L’ipotesi è basata sulla abside, è posto un blocco di tufo di cui discussa è la presenza dei due simboli sulla parete e sul fatto che il funzione; potrebbe trattarsi di una mensa oleorum o sepolcro di S. Massimo era collocato in via Caballaria, del sedile di un consignatorium, dove stava il vescovo in agro innocenti, ubi videritis crucem; quest’ultima, per il sacramento della cresima. Purtroppo non può com’è stato supposto, potrebbe corrispondere alla venirci in aiuto l’affresco che decora l’edicola, che è più croce graffita, mentre la via Caballaria alla Crypta tardo, forse degli inizi del X o, più probabilmente, di Romana che passava sotto la ‘basilica rupestre’. XI secolo, e rappresenta, nella piccola abside, 5 sante (Caterina, Agata, Eugenia, Giuliana, Margherita) e nel catino absidale il busto di Cristo (Fasola, 1975, p. La grotta di S. Biagio a Castellammare di Stabia 204, tav. XV; Bertelli, 1992, p. 135, fig. 4). Originariamente dedicata ai Ss. Giasone e Mauro, la grotta di S. Biagio è ubicata ai piedi della collina di La ‘basilica rupestre’ di Cuma Varano, sulla cui sommità sorgono alcune ville roma- ne disposte su un vasto pianoro (De Simone, 2003, p. Ai piedi dell’acropoli di Cuma si trova una cavità 628); nella sua prima fase di vita, venne forse utiliz- artificiale scavata nel tufo al di sopra della Crypta zata come cava per l’estrazione del materiale da im- Romana, la galleria militare realizzata nel 38-36 a.C. piegare nelle strutture soprastanti (Bertelli,1996, per collegare la città bassa al litorale. L’ipogeo è costi- pp. 49, 65-66). La grotta (fig. 16), che ha uno sviluppo tuito da un ambiente rettangolare (3,50-4,80 x 15,30 longitudinale di circa 33 m e una larghezza di 3 m cir- m) con orientamento est-ovest (fig. 15), sul cui lato ca, si divide in due nuclei, entrambi scavati nel tufo nord sorgono due vani quadrangolari, anch’essi con (Bertelli, 1996, pp. 49-51, figg. 1-2): quello meridiona- il soffitto piano; nell’invaso principale, oltre ad alcuni le è stato ristrutturato entro il XIV secolo; l’altro è co- «tagli nelle pareti non facilmente identificabili, forse stituito da un lungo corridoio con orientamento nord-

Fig. 14 - Napoli, catacombe di S. Gennaro. Livello inferiore, fonte battesimale (foto C. Ebanista). Fig. 14 - Naples, catacombs of St. Gennaro. Lower level, baptismal font (photo C. Ebanista). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 133 ovest/sud-est, pavimentato con lastrine marmoree e sepolcreto e di lucerne africane con simboli cristiani caratterizzato, su ogni lato, dalla presenza di 4 nicchie potrebbe collocare l’avvio dell’utilizzo funerario ed affrescate e in parte occupate da sepolture in muratu- eventualmente cultuale della cavità nel periodo com- ra. La seconda nicchia del lato sinistro immette in una preso tra la fine del V secolo e gli inizi del successivo galleria, mentre la quarta reca le tracce di un altare (De Simone, 2003, pp. 629-630), confermando l’ipotesi a blocco addossato agli affreschi; sullo stesso lato del che l’ipogeo, venuta meno la primitiva funzione di ca- corridoio, dopo la quarta nicchia, è presente l’ingresso va, fu utilizzato come catacomba (Venditti, 1967, p. ad una galleria originariamente comunicante con la 452, nota 409; Bertelli, 1996, p. 60). Questa possibili- precedente. Sul fondo del corridoio si apre uno spazio tà sembra, tuttavia, esclusa dalla mancanza di loculi, soprelevato di circa 1 m, ai lati del quale si trovano cubicoli e arcosoli, laddove la trasformazione in luogo due piccoli ambienti che davano accesso a cunicoli og- di culto è documentata con certezza solo dalla fine del gi solo in parte esplorabili; il vano ubicato a nord-est, VII secolo-inizi dell’VIII, epoca alla quale risalgono i pavimentato con un mosaico a tessere bianche di età più antichi affreschi che decorano le pareti della grot- romana, conserva i resti di un’abside in muratura. ta (Bertelli, 1996, pp. 49, 60, 66-71). I lavori di ade- Segue un ampio ambiente trapezoidale che, sulla pa- guamento, oltre all’esecuzione dei dipinti e alla crea- rete di fondo, presenta una nicchia affrescata, mentre zione di altari e nicchie, comportarono significative su quello orientale l’ingresso ad un’aula rettangolare modifiche all’impianto planimetrico con l’isolamento con abside semicircolare, anch’essa scavata nel banco di alcune gallerie e la creazione di ampi spazi liturgi- tufaceo, che conserva l’impronta di un altare a blocco. ci (ambiente trapezoidale e vani absidati) nella parte Il rinvenimento, presso l’ingresso della grotta, di un più interna dell’ipogeo. Molto suggestiva, ma tutta da

Fig. 15 - Cuma, ‘basilica rupestre’. Sezione (da Caputo & De Rossi, 2007). Fig. 15 - Cuma, ‘cave basilica’. Section (from Caputo & De Rossi, 2007).

dimostrare, è l’ipotesi che i lavori siano stati commis- sionati da quel Redimptus servus Dei che promosse il restauro di un oratorium e che, agli inizi del VII se- colo, fu sepolto presso la grotta, dov’è stata rinvenu- ta la sua iscrizione funeraria (Lambert, 2008, p. 140). Se le campagne pittoriche che si susseguirono sino al XIV secolo attestano la continuità dell’uso cultuale, mancano dati cronologici sull’utilizzo funerario della grotta che, oltre alle sepolture presenti nel corridoio, potrebbe essere individuato dalla nicchia esistente sulla parete di fondo del grande ambiente trapezoi- dale che, molto probabilmente, fungeva da presbiterio (Bertelli, 1996, pp. 49-50, 71). A tal proposito degna di attenzione è l’ipotesi che nella grotta, che ospitava le reliquie dei santi Giasone e Mauro, sia stato deposto Catello, vescovo di (Pagano, 2004, p. 205). 134 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Il complesso rupestre no di un triforium in muratura, le cui arcatelle laterali di Prata di Principato Ultra immettono nel deambulatorio. Al centro dell’abside si apre una nicchia con volta a semicatino, anch’essa sca- A breve distanza dal fiume Sabato, a circa 1 km dal- vata nel tufo, arricchita da un affresco del XII secolo l’abitato di Prata di Principato Ultra, sorge un com- raffigurante la Vergine orante tra santi. La presenza plesso rupestre scavato nel costone tufaceo; le tre ca- di due strati pittorici sottostanti (risalenti rispetti- vità artificiali, nate tra II e III secolo d.C. come ipogei vamente all’VIII e al IX secolo) e il rinvenimento di funerari, sono state successivamente riutilizzate a un nummo di Baduela sotto la base di una colonni- scopo cultuale (Muollo, 2001, pp. 1, 6, 38). In partico- na dell’abside consentono di assegnare la costruzione lare l’ipogeo, noto come “La grotta”, venne trasformato della basilica al periodo compreso tra la fine del VII in luogo di culto grazie alla costruzione di un altare a secolo e la prima metà del successivo (Muollo, 2001, blocco e di un’arcata in laterizi che divise lo spazio in pp. 47-48). Mancano, invece, elementi per confermare due ambienti; nel XIV secolo nell’intradosso dell’arco l’ipotesi che la cavità artificiale nacque come luogo di furono raffigurati due santi, mentre due secoli dopo culto pagano e venne reimpiegata in età paleocristia- sulla faccia esterna venne dipinta l’Annunciazione na a scopo funerario (Muollo, 2001, p. 41). Si direbbe, (Muollo, 2001, pp. 6-7). Circa 6 m più in alto rispetto a piuttosto, che l’utilizzo cultuale ebbe inizio nell’alto questo ipogeo sorge una seconda cavità artificiale che medioevo, forse in rapporto alla presenza di tombe è conosciuta come grotta dell’Angelo; l’ingresso è costi- venerate, com’è attestato, ad esempio, nello specus tuito da un’arcata in tufo decorata da un affresco raffi- Martyrum della vicina Abellinum/Atripalda (Fariello gurante la Vergine e S. Michele psicopompo (Muollo, Sarno, 1991, pp. 11, 15-20; Fariello Sarno, 1996, pp. 2001, pp. 9-11). Pressappoco allo stesso livello de “La 166-170; Colucci Pescatori, 2005, pp. 304-306). grotta” sorge il terzo ipogeo che venne trasformato nella basilica dell’Annunziata (fig. 17), grazie ad un massiccio intervento di escavazione che comportò la La chiesa rupestre di S. Maria a Marano di Napoli demolizione di alcuni arcosoli funerari (Muollo, 2001, p. 39). La chiesa, a navata unica con volta a botte in A Marano nel bosco della Montagna Spaccata, presso opus vittatum mixtum, termina con un’abside ellitti- la masseria Faragnano, sorge la chiesa rupestre di S. ca traforata che si apre sul retrostante deambulatorio Maria (fig. 18), scavata nel banco tufaceo, come gli am- scavato nel tufo; all’emiciclo si accede dall’arco media-

Fig. 16 - Castellammare di Stabia, grotta di S. Biagio. Pianta e sezione (da Venditti, 1967). Fig. 16 - Castellammare di Stabia, cave of S. Biagio. Plan and section (from Venditti, 1967). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 135 bienti annessi (Arthur, 2002, p. 95, fig. 5:10). Sebbene na nord-orientale dell’antica città di Cales, ma sull’al- sia stata fortemente manomessa, a quanto pare nel tro versante del corso d’acqua e in posizione elevata corso del XVII secolo, la chiesa conserva l’impianto a rispetto ad esso (Piazza, 2002, p. 172, fig. 3). L’invaso navata unica con due profonde nicchie laterali e l’ab- principale (4 x 14 m circa), a pianta quadrangolare e side semicircolare circondata da un deambulatorio ac- sezione trapezoidale, presenta sul fondo un altare e un cessibile dai lati dell’emiciclo. Dietro l’altare si trova piccolo vano absidato, posto a circa 3,5 m dal calpestio, una sepoltura che è stata attribuita ad un religioso o, cui si accedeva grazie ad una scala scavata nel tufo. piuttosto, ad una persona oggetto di particolare me- Il terzo ambiente (3,5 x 7,25 m), ortogonale all’invaso moria da parte dei proprietari della chiesa. La presen- principale, ha la pianta rettangolare e reca sulla pare- za di un mosaico pavimentale presso l’unità rupestre te sinistra una nicchia. suggerisce che la cavità è stata realizzata nella tarda La configurazione spaziale dell’ipogeo, i segni regolari antichità, forse in rapporto ad una villa. Le ricogni- lasciati dagli strumenti impiegati per l’escavazione, la zioni archeologiche condotte nell’area della masseria natura stessa del banco tufaceo, tenero ma assai com- Faragnano hanno consentito l’individuazione di 6 siti patto, indicano chiaramente che si tratta di una cavità di età romana, distanti meno di 1 km l’uno dall’altro, artificiale, riconducibile all’età preromana o romana ad est della chiesa rupestre. Per l’impianto architet- (Piazza, 2002, pp. 176, 200). L’ubicazione appena fuori tonico, di tradizione altomedievale, la grotta è stata della città di Cales e la sezione trapezoidale sembra- avvicinata alla ‘chiesa sud’ del complesso monastico no indicare che la grotta dei Santi rientra nel sistema di San Vincenzo al Volturno, dove un simile deambu- di irreggimentazione e deflusso delle acque realizzato latorio conteneva una tomba privilegiata (Hodges & nel IV secolo a.C. (Ødegard, 1997, pp. 221-224), esclu- Mitchell, 1996, pp. 23-25). Il parallelo può essere, tut- dendo «di associare la sua primitiva funzione all’uso tavia, allargato alla basilica dell’Annunziata di Prata agricolo» (Piazza, 2006, p. 145). Nell’alto medioevo in di Principato Ultra (fig. 17). occasione del reimpiego cultuale, nella parte alta della parete di fondo della grotta dei Santi venne ricavato il piccolo vano absidato. La sua posteriorità rispetto La grotta dei Santi a Calvi all’invaso principale emerge dalla diversa morfologia dei segni lasciati sul soffitto della cavità dagli stru- La cavità, costituita da tre ambienti di forme e dimen- menti utilizzati per l’escavazione; lo scavo della sala sioni diverse (fig. 19), si apre nella parete tufacea che originaria ha lasciato, infatti, tagli ampi e piatti, men- costeggia il Rio dei Lanzi, in corrispondenza della zo- tre quello del piccolo vano segni molto fitti, sottili e curvilinei (Piazza, 2002, p. 176, nota 19). L’avvio del- l’utilizzo cultuale della grotta dei Santi è ascrivibile

Fig. 17 - Prata di Principato Ultra, basilica dell’Annunziata. Pianta (da Muollo, 2001). Fig. 17 - Prata di Principato Ultra, Annunciation basilica. Plan (from Muollo, 2001). 136 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

al X secolo, epoca alla quale risalgono i più antichi La grotta delle Fornelle a Calvi affreschi che ne decorano le pareti; gli altri dipinti in- dividuano quattro ulteriori campagne pittoriche asse- L’ipogeo, costituito da tre ambienti (fig. 20), è scavato gnabili rispettivamente alla seconda dell’XI secolo, al- nel fianco della parete di tufo ubicata sulla sinistra la seconda metà del XII secolo, agli inizi del Duecento del Rio dei Lanzi, a sud-est di Cales, non lontano dal e ad un periodo di incerta datazione (Piazza, 2002, pp. tracciato della via Latina (Carotti, 1974, p. 5, fig. 3 n. 176-177). La committenza laica degli affreschi attesta 11). L’invaso più grande (5,7 x 14,8 m), a pianta qua- che la grotta dei Santi era «un piccolo oratorio campe- drangolare con sezione trapezoidale, presenta sul fon- stre», senza alcun collegamento con il fenomeno ere- do una porta che immette in un piccolo vano (2,3 x 3 m mitico (Venditti, 1967, p. 367). circa) con soffitto piano, diviso in due spazi da un setto murario risparmiato nel tufo al momento dello scavo.

Fig. 18 - Marano di Napoli, chiesa rupestre di S. Maria. Pianta e sezione (da Arthur, 2002). Fig. 18 - Marano di Napoli, cave church of S. Maria. Plan and section (from Arthur, 2002). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 137 Il terzo ambiente (2,5 x 3,6 m), a pianta quadrangola- pale, in considerazione anche della sua posizione cen- re e con copertura a botte, è ubicato a destra dell’in- trale, non può essere interpretato come il giaciglio di gresso dell’invaso principale; lungo le pareti laterali un eremita (Venditti, 1967, p. 449, nota 390). La pre- corre un bancale (alto 40 cm), anch’esso scavato nel senza di due fori passanti con funzione di attaccaglia tufo (Carotti, 1974, p. 5, figg. 19-20). A breve distan- (Carotti, 1974, pp. 5-6, figg. 21, 24) attesta, invece, che za dalla grotta sorge una seconda cavità artificiale (5- l’ambiente, venuta meno la funzione cultuale, è stato 5,65 x 16,6 m), analoga per forma e dimensioni, che riutilizzato come stalla (cfr. De Minicis, 2003, p. 28), però non presenta tracce di pitture (Carotti, 1974, p. una circostanza questa, documentata nell’Ottocento 35). Le stringenti analogie (planimetria, dimensioni, (Carotti, 1974, pp. 42, nota 32), che potrebbe spiegare sezione, tecnica di escavazione) con la grotta dei Santi la presenza di fori per sbarre negli stipiti della porta. (fig. 19) escludono che quella delle Fornelle sia stata realizzata nel medioevo a scopo funerario e quindi suc- cessivamente adattata a luogo di culto (Carotti, 1974, La chiesa rupestre di Castel Campagnano pp. 38-39). Molto probabilmente l’ipogeo, insieme al- la grotta dei Santi, appartiene al sistema di irreggi- Pressoché sconosciuta è la chiesa rupestre che si trova mentazione e deflusso delle acque di Cales (IV secolo al di sotto del palazzo ducale di Castel Campagnano a.C.) e solo nella seconda metà dell’XI secolo ovvero (Bove, 2006), un piccolo centro del casertano situato tra la fine di quel secolo e gli inizi del successivo ven- sulla sponda destra del fiume Volturno. Inglobata nel- ne trasformato in chiesa rupestre su commissione di la residenza signorile nella seconda metà del XVIII se- Paldolfus comes e della moglie Cualferada: nell’occa- colo e modificata agli inizi del Novecento, la chiesa, a sione la parete di fondo dell’invaso principale fu affre- quanto pare, era originariamente dedicata all’Arcan- scata con una monumentale Ascensione. Nell’ultimo gelo. Oltre all’abside e a due pilastri risparmiati nel quarto dell’XI secolo o nel primo quarto del successivo tufo al momento dello scavo, si riconoscono i resti di un una seconda campagna pittorica venne eseguita, per nartece in muratura con tre arcate ogivali di differen- volere di Icmundo e dei suoi familiari, nella cappella te altezza. Le manomissioni subite in occasione del- situata a destra dell’ambiente principale, dove sorge- la trasformazione in cantina impediscono di cogliere va lo scomparso altare dedicato a Tutti i Santi. Alla fi- a pieno l’impianto originario della chiesa che sembra ne del XII secolo o alla prima metà del Duecento risale sia stata abbandonata dopo il XVI secolo. Nell’abside, il pannello con i santi Elena e Giovanni Evangelista, sulla calotta e su un pilastro compaiono alcuni inediti dipinto sulla parete destra dell’ambiente principale affreschi (Vergine con il Bambino, Cristo tra angeli e (Carotti, 1974, pp. 35-36, 40-41, 65-66; Piazza, 2006, santi, S. Nicola di Bari, S. Michele Arcangelo) che so- p. 152). Il vano ubicato sul fondo dell’invaso princi- no stati attribuiti al X-XI secolo (Bove, 2006, p. 14). La

Fig. 19 - Calvi, grotta dei Santi. Pianta e sezioni (da Venditti, 1967). Fig. 19 - Calvi, Saints’ cave. Plan and sections (from Venditti, 1967). 138 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 20 - Calvi, grotta delle Fornelle. Pianta (da Carotti, 1974). Fig. 20 - Calvi, Fornelle cave. Plan (from Carotti, 1974). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 139 chiesa si differenzia dagli altri luoghi di culto in rupe e gli inizi del successivo (Speciale, 1994b, pp. 64-65, della Campania per la presenza dei pilastri che risul- figg. a colori 5-6). Nella seconda metà del XII secolo tano, invece, piuttosto frequenti negli ipogei pugliesi sulla parete orientale dell’invaso principale venne af- (Messina, 2004, figg. 1-2, 5-6). frescata una Dormitio Virginis (Speciale, 1994b, pp. 67-70, fig. a colori 8) che, per l’impianto generale della scena e il titulus in greco, denuncia un collegamento La grotta di S. Michele a Fasani di Sessa Aurunca con l’ambiente bizantino e differenzia questa chiesa dagli altri luoghi di culto in rupe della regione. È no- La cavità, solo parzialmente conservata a causa dello to, infatti, che le pitture rupestri campane rivelano un sbancamento connesso all’uso agricolo della collina, contesto di committenza radicato nel clero e nella so- si apre nella parete tufacea sulla riva destra del Rio cietà ‘latina’ (Ebanista, 2007, p. 141) e che l’apertura Trabata, a breve distanza dalla strada che collega la alle nuove esperienze del mondo bizantino si verificò, via Appia al centro di Fasani (Fusco, 2005, pp. 92-93; talora con notevole ritardo generazionale, soprattutto Piazza, 2006, p. 153). Nonostante il calpestio sia inter- a seguito della rivoluzione artistica di fine XI secolo rato per un’altezza di circa 1 m, si riconoscono i resti promossa dall’abbazia di Montecassino (Pace, 1994, p. della parete di fondo con un dipinto raffigurante S. 413). Sulle pareti laterali dell’invaso principale, tra la Massimo e due absidiole affrescate rispettivamente fine del XII secolo e la metà del successivo, vennero con la Vergine orante tra i santi Tommaso e Nicola e eseguiti alcuni pannelli con immagini di santi e della Cristo tra S. Michele e S. Pietro; le pitture, che trovano Vergine (Speciale, 1994b, pp. 70-74, figg. a colori 9- riscontro nel secondo strato della grotta dei Santi di 13); in occasione della stesura degli affreschi lungo le Calvi, sono state assegnate al X secolo (Fusco, 2005, pareti venne realizzato il bancale, ampliando alla base pp. 93-94, fig. 3.1) o alla metà dell’XI (Piazza, 2006, la sezione della cavità (Torriero, 1994b, pp. 41, 45). pp. 153-154, tavv. 41c, 73c, 74-75). Il pannello con la La sezione trapezoidale dell’invaso principale, che si Vergine, come indica l’iscrizione votiva, venne com- differenzia leggermente da quella delle grotte di Calvi missionato da un sacerdote, a testimonianza che la ca- (Carotti, 1974, p. 44; Piazza, 2002, p. 177, nota 17) vità non è pertinente ad un insediamento monastico, per la curvatura che assume nella parte superiore, ma rappresenta piuttosto la cappella di una comunità denuncia un’origine antica e permette di assegnare rurale, identificabile forse con la chiesa di S. Angelo all’alto medioevo soltanto il riutilizzo cultuale di un de Trabata menzionata nelle rationes decimarum del vano appartenente ad un preesistente impianto pro- 1326 (Inguanez et al., a cura di, 1942, p. 109, n. 1374; duttivo dotato di riserve idriche (Speciale, 1994a, p. Villucci, 1986, p. 10). 34; Torriero, 1994b, p. 45). Sul lato est del complesso rupestre si trovano, infatti, alcuni ambienti (fig. 21 La chiesa di S. Maria in Grotta a Rongolise di Sessa nn. 3-8, 10-11), scavati nel tufo e in parte completa- Aurunca ti in muratura (Torriero, 1994b, pp. 43-45), come si riscontra nella chiesa di S. Maria a Marano di Napoli Situata su un colle a 2,8 km ad ovest di Sessa Aurunca (fig. 18). A Rongolise, oltre ad una scala, ad una cister- (Franco, 1994, p. 13), la chiesa è costituita da due ca- na e ad un acquedotto, è presente una vasca (fig. 21 n. vità intercomunicanti ricavate nel banco di tufo, come 8), dotata di due gradini per la discesa, sul fondo della gli ambienti adiacenti che formano un vero e proprio quale si trova un invaso circolare (diametro 60 cm). La complesso rupestre (fig. 21). A differenza delle grot- vasca, per la forma e la vicinanza ad una nicchia deco- te dei Santi e delle Fornelle di Calvi, i due ipogei di rata da una croce a rilievo, è stata identificata con un Rongolise risultano, però, collegati ad un soprastante fonte battesimale (Torriero, 1994b, pp. 43-44) e consi- edificio in muratura che ha svolto funzione di romitag- derata una prova della funzione plebana svolta da S. gio fino agli inizi del Novecento (Franco, 1994, p. 15). Maria in Grotta (Speciale, 1994a, p. 34), nonostante la L’invaso principale (4,5 x 12 m), a pianta rettangolare cerimonia del battesimo non sia attestata nelle chie- e con orientamento nord-sud (fig. 21 n. 1), presenta se rupestri (Bertelli et al., 2004, p. 163). Più plausi- la sezione trapezoidale e un bancale lungo le pareti bile è, tuttavia, l’identificazione con una vasca per la (Torriero, 1994b, p. 41, figg. 4, 7-9, 11-13). Il secon- spremitura dell’uva (Piazza, 2006, p. 161). La prossi- do vano, soprelevato rispetto all’invaso principale e mità alla strada che congiungeva l’antica Suessa con orientato sud-ovest/nord-est (fig. 21 n. 2), ha la sezio- la valle del Garigliano (Torriero, 1994b, pp. 39-40) e ne semicircolare e l’ingresso anche dall’esterno. I due la presenza di un vero e proprio complesso rupestre, ambienti, in origine separati, furono messi in comu- entrambi compatibili con «le funzioni di parrocchia nicazione nel 1691, allorché la parete di fondo dell’in- rurale», escludono «l’ipotesi che l’insediamento pos- vaso principale venne modificata per creare un nuovo sa aver ospitato una comunità monastica» (Speciale, altare e una lunetta con la Vergine tra i santi Stefano 1994a, p. 34). D’altronde il p(res)b(iter) Martinus che, e Girolamo (Speciale, 1994a, p. 37). I lavori, come indi- intorno alla metà del XIII secolo, fece affrescare la cano le tracce lasciate sulle pareti dagli strumenti im- Madonna Regina sulla parete destra dell’invaso prin- piegati per l’escavazione, comportarono l’eliminazione cipale (Speciale, 1994b, pp. 71-72, fig. a colori 12) ap- di un ripiano simile a quello esistente nella grotta dei parteneva chiaramente al clero secolare, come l’abbas Santi a Calvi (Torriero, 1994b, p. 41), oltre al danneg- Petrus de Galono che nel 1308 amministrava la chiesa giamento dell’affresco con la Vergine in trono tra due S. Marie de Gripta (Inguanez et al., a cura di, 1942, p. angeli che era stato eseguito tra la fine del X secolo 104, n. 1268). 140 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

La cappella di S. Maria dell’Itria sulla parete opposta si trova un’altra nicchia con l’im- nella Crypta Neapolitana magine di S. Luca ovvero di Virgilio mago (D’Ovidio, 2006-07, pp. 65-67, 71-73, figg. 12-13). L’edicola ogi- Presso l’imbocco della Crypta Neapolitana, il lun- vale nasconde una più antica nicchia ricavata nel tu- go tunnel scavato in età augustea nella collina di fo, in cui è stata individuata la presenza di un altro Posillipo per agevolare le comunicazioni tra Napoli e affresco, purtroppo indecifrabile. I motivi decorativi a Pozzuoli, sorge una cappella rupestre intitolata a S. racemi e foglie d’acanto, recuperati alla base dell’alta- Maria dell’Itria (Porzio, a cura di, 1999), come attesta rino dell’edicola e, dunque, successivi alla nicchia che la Cronaca di Partenope. Scavato nella parete tufacea, quest’ultima nasconde, sembrano riconducibili più al il sacello venne profondamente trasformato negli anni Duecento (D’Ovidio, 2006-07, p. 69) che al V secolo 1455-56, allorché Alfonso I d’Aragona fece abbassare il (Porzio, a cura di, 1999. p. 4), sebbene il loro ordito piano di calpestio di circa 11 m per migliorare l’acces- generico non consenta di datarli con precisione. so dal lato di Napoli e rimediare alla scarsa illumina- zione del tunnel. Venutasi a trovare sotto le volte della galleria aragonese, la cappella fu collegata al nuovo La chiesa rupestre dei santi Donato e Isidoro a calpestio grazie ad una scala che è successivamente Caianello scomparsa. Attualmente del sacello, oltre all’altare a blocco, rimangono due nicchie, anch’esse scavate nel A circa 2 km ad ovest di Caianello Vecchio, presso la tufo: in un’edicola ogivale è presente un affresco, da- masseria S. Donato, sorge la chiesa rupestre dei santi tabile entro il secondo quarto del Trecento, che raffi- Donato e Isidoro (Panarello, 1998, pp. 135-143, fig. gura la Vergine col Bambino tra S. Giovanni Battista 1-6). Scavata nel banco di arenaria, è costituita da un e un altro santo, forse Giovanni Evangelista, mentre invaso, a pianta trapezoidale (6,2-6,4 x 2,20-3,68 m),

Fig. 21 - Rongolise di Sessa Aurunca, chiesa rupestre di S. Maria in grotta. Pianta (da Torriero, 1994b). Fig. 21 - Rongolise di Sessa Aurunca, cave church of S. Maria in grotta. Plan (from Torriero, 1994b). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 141 con copertura a botte. La parete destra presenta una nicchia, mentre quella di fondo è affrescata con le im- magini di Cristo tra i santi Donato e Isidoro (secolo XV).

La chiesa rupestre di S. Nicola sul Monte Epomeo a Serrara Fontana nell’isola d’Ischia

La chiesa è situata sulla vetta del Monte Epomeo, il più alto dell’isola d’Ischia (D’Ascia, 1867, pp. 39, 498- 500; Iacono, 1952; D’Arbitrio et al., 1991, pp. 59-60, 78; Cappa et al., 1991, p. 46, fig. 2; Del Prete & Mele, 2005, p. 172). Scavata nel tufo e completata con una facciata in muratura (fig. 22), è orientata nord-sud: dal lato ovest della navata, che termina con il presbi- terio a pianta rettangolare, si accede ad una cappella Fig. 22 - Serrara Fontana ad Ischia, chiesa rupestre di S. Nicola laterale in cui sorgono due altari; ad est, presso l’in- sul Monte Epomeo (foto C. Di Scala). Fig. 22 - Serrara Fontana, Ischia, cave church of St. Nicola on gresso, è presente un ambiente semicircolare. La più the Monte Epomeo (photo C. Di Scala). antica attestazione dell’edificio di culto ricorre nel De bello Neapolitano composto da Giovanni Pontano tra Solo quando la catalogazione archeologica delle diver- il 1465 e il 1503 (D’Ascia, 1867, pp. 148, 260, nota 163; se tipologie di unità rupestri (impianti produttivi ed Iacono, 1952, p. 21; Iacono, 1996, pp. 51-53, 68); incer- estrattivi, serbatoi e canalizzazioni, abitazioni, luoghi ta è, tuttavia, l’epoca di fondazione della chiesa che, di culto, aree funerarie, fortificazioni) sarà completa- com’è stato opportunamente osservato, non è parte di ta, si potrà approfondire ulteriormente la conoscenza una catacomba paleocristiana (Iacono, 1952, p. 22). dell’utilizzo delle cavità artificiali, soprattutto se, nel Rimane, altresì, da appurare se la chiesa venne com- frattempo, sarà stato possibile avviare indagini ar- pletamente scavata nel tufo o rappresenta l’amplia- cheologiche. La disamina della documentazione scrit- mento di una grotta naturale (Iacono, 1952, pp. 22-23) ta, unitamente all’analisi sistematica delle varie tipo- e se esistono rapporti con le abitazioni rupestri, talora logie e delle tecniche di escavazione, fornirà gli altri articolate anche su più piani, che sorgono tra la costa dati necessari a precisare l’epoca di costruzione e di di Forio e le falde del Monte Epomeo (D’Ascia, 1867, frequentazione delle singole unità rupestri nonché a p. 39; D’Arbitrio et al., 1991; Cappa et al., 1991; Del riconoscerne la funzione. Prete & Mele, 2005, pp. 172-173). Nel 1588 alla chie- Dalle ricerche effettuate sinora sull’utilizzo funerario sa di S. Nicola che, cinquant’anni prima era stata con- e cultuale delle cavità artificiali emergono, tuttavia, cessa in patronato alla famiglia Mele (Iacono, 1952, alcuni primi dati. Le aree cimiteriali in rupe rispec- p. 38), risultava annesso un «antrum cum cenobio chiano in linea di massima le modalità dei cimiteri summae devotionis» (Iacono, 1996, p. 53), identifica- subdiali, non tanto per l’impianto planimetrico quan- bile con il complesso rupestre tuttora visibile ad ovest to per alcune tipologie tombali e per il fenomeno delle del luogo di culto, sebbene sia stato trasformato in al- sepolture ad sanctos. Quest’ultimo si manifesta, però, bergo (Cappa et al., 1991, p. 46). L’eremo di S. Nicola, in forme particolarmente rappresentative nelle ca- sorto dopo la chiesa rupestre, secondo quanto è am- tacombe. La fitta intensificazione delle sepolture in piamente documentato in Campania (Ebanista, 2007, prossimità delle tombe venerate si avvale, infatti, nei p. 143), sembra costituire un precoce esempio dell’in- cimiteri sotterranei, delle potenzialità dello scavo ‘al cremento dell’eremitismo avvenuto in età post-triden- negativo’. La grande varietà di soluzioni adottate nel- tina (Vitolo, 2001, p. 321). Alla metà del Settecento le catacombe per creare nuovi spazi per le inumazioni il romitaggio ospitava gli «eremiti di S. Nicola della presso le sepolture ‘privilegiate’ caratterizza l’aspet- Montagna», alcuni dei quali furono sepolti in chiesa to di questi monumenti, segnando spesso imprevisti (Iacono, 1952, pp. 33-38, 42, 47); allora si presentava sviluppi rispetto all’impianto planimetrico originario. come «un comodissimo Ospicio per potervi soggiorna- Significative differenze si riscontrano, invece, per i luo- re non pochi Religiosi: essendovi incavati dentro al- ghi di culto rupestri: la ricerca ha, infatti, evidenziato l’istesso sasso i proprj dormitorj, cenacoli, corridori, che tra tarda antichità e medioevo si preferì reimpie- per diporto e foresterie» (D’Aloisio, 1757, p. 30). gare cavità artificiali già esistenti (catacombe, cave, impianti produttivi, gallerie stradali), con interventi, più o meno marcati, di trasformazione, piuttosto che Prospettive di ricerca crearne di nuove. Se la loro origine, considerata l’inat- tendibilità dell’ipotesi panmonastica (Ebanista, 2007, Le considerazioni presentate in questa sede rivesto- pp. 127, 141, 144), è riconducibile per lo più all’inizia- no un carattere preliminare, dal momento che per la tiva del clero, dell’aristocrazia e delle comunità locali, Campania non è stata ancora ultimata la rilevazione la loro dislocazione sul territorio è connessa alla geo- sistematica delle cavità artificiali in uso tra la tarda morfologia del suolo e alla vicinanza ad antichi centri antichità e il medioevo (Ebanista, 2007, pp. 144-145). abitati e ai tracciati viari. 142 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Ringraziamenti

Si ringraziano la prof.ssa Giuliana Boccadamo, la dott.ssa Assunta Buono, il dott. Flavio Castaldo, l’arch. Carmine Di Scala, l’arch. Rosario Claudio La Fata e il prof. Pietro Luciano.

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Carlo Ebanista1, Massimo Mancini2

1 Università degli Studi del Molise 2 Associazione Speleologi Molisani

Riassunto

Negli ultimi anni, archeologi, storici, storici dell’arte, geologi, speleologi, climatologi, specialisti di aerofo- togrammetria e fotointerpretazione del territorio, con i loro studi, hanno rinnovato l’interesse per gli inse- diamenti rupestri in Italia, contribuendo, grazie alle metodologie innovative, all’avvio della catalogazione sistematica delle strutture ipogee e alla diffusione delle conoscenze acquisite. Finora il territorio molisano, nonostante la presenza di numerose unità rupestri localizzate sui rilievi appenninici e sub-appenninici, non è stato ancora oggetto di un’indagine sistematica; manca, infatti, un censimento complessivo delle grotte e delle cavità artificiali. Se le pitture delle chiese rupestri hanno suscitato in alcuni casi l’attenzione degli studiosi, ancora poco noto è, invece, l’utilizzo abitativo delle cavità che ha comportato significativi interventi di scavo e taglio della roccia. In questa sede vengono presentati i primi risultati di una ricerca che, oltre al censimento delle unità rupestri naturali e artificiali del Molise, prevede la classificazione ti- pologica dei diversi tipi di impianti, delle soluzioni planimetriche, delle modalità di trasformazione degli ambienti (a scopo abitativo o liturgico), degli apparati decorativi e dei rapporti con la viabilità.

Parole chiave: chiese rupestri, abitazioni rupestri, Molise medievale.

Abstract

Medieval cave settlements in Molise: places of worship and dwellings In the last years archaeologists, historians, art historians, geologists, cavers, climatologists, specialists of aerophotogrammetry and photo interpretation of the territory with their studies have renewed interest in the settlements cave in Italy, contributing, thanks to innovative methodologies, to the systematic catalo- guing of caves. The Molise, despite the presence of numerous caves located on the Apennine hills and sub- Apennine, has not yet been systematically investigated; we have not a census of caves and artificial cavities. If the paintings of the cave churches have been studied, the cave dwellings are still little known. We present here the first results of a research that, in addition to census of the natural and artificial cave of Molise, provides for the typological classification of different types of installations, plans, method of processing environments (for housing or liturgical), decorative equipment and relations with the roads.

Key words: cave churches, cave dwellings, Medieval Molise.

* La redazione di questo contributo è frutto della collaborazione degli autori; si segnala, tuttavia, che M. Mancini ha redatto i pa- ragrafi “Fisiografia del territorio molisano”, “Il patrimonio di ipogei naturali e artificiali in Molise” e “Unità rupestri di età medievale in Molise: localizzazione e distribuzione sul territorio“, mentre C. Ebanista i paragrafi “Cavità naturali e artificiali: utilizzo cultuale e abitativo”, “Luoghi di culto rupestri”, “Edifici di culto scavati nella roccia e completati in muratura”, “Edifici di culto in muratura addossati a cavità naturali” e “Abitati rupestri”. 146 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fisiografia del territorio molisano ed erosiva, ha determinato la formazione diffusa di particolari morfologie oltre che l’inasprimento della Il Molise è una regione prevalentemente montuosa superficie favorendo la creazione di luoghi di non fa- e orograficamente molto articolata; la maggior parte cile accesso, divenuti nel tempo non solo sedi di inse- della sua superficie è occupata da rilievi calcarei, di diamenti fortificati, ma anche luoghi di eremitaggio piattaforma e di bacino, mediamente elevati. Le prin- e, più recentemente, rifugio di briganti; questi siti si cipali vette e alcuni altopiani appenninici raggiungo- configurano oggi come veri e propri geotopi oltre che no i 2.242 m del Monte Meta nell’omonimo gruppo, siti d’elezione per la ricerca naturalistica, speleolo- i 2.050 m del Monte Miletto nei monti del Matese, i gica, storica e archeologica. Se non come nelle vicine 1.746 m di Monte Campo nell’alto Molise, i 1.452 m regioni d’Abruzzo e della Campania, tali fenomeni della Montagnola nei monti di Frosolone; molte cime hanno avuto modo di svilupparsi, in misura minore, del sub-Appennino raggiungono invece i 1.000 metri anche in Molise, regione in ogni caso, da sempre, as- dai quali il territorio digrada verso il mare attraverso sai meno frequentata e demograficamente più povera. un complesso sistema di colline argillose nelle quali Pertanto, se nella letteratura poco numerose sono le molto frequenti sono gli affioramenti di sabbie e are- descrizioni geografiche cui far riferimento per i propri narie compatte, tipiche del paesaggio molisano (Festa studi, maggiore è invece l’attenzione e l’interesse per et al., 2006). Nell’ambito di una più ampia ricerca sul l’esplorazione geografica, storica, archeologica da con- fenomeno carsico in Molise (Mancini, in stampa), è sta- durre direttamente sul campo. ta recentemente proposta la suddivisione del territorio regionale in unità orografiche; tale suddivisione tiene Il patrimonio di ipogei naturali e artificiali conto dell’assetto strutturale, della litologia prevalen- in Molise te e, non meno importante, della denominazione stori- camente già attribuita alla maggior parte dei gruppi Ad un’orografia come quella descritta per il Molise cor- montuosi; per l’individuazione, la delimitazione e la risponde l’esistenza di un patrimonio speleologico e di denominazione di alcuni gruppi, si è fatto riferimento, architetture ipogee che, tra grotte e cavità artificiali, altresì, alla letteratura esistente sull’argomento per le presenta numeri e tipologie di notevole interesse oltre limitrofe regioni Campania, Lazio e Abruzzo (Burri et che pregio naturalistico, storico, artistico, archeologico al., 1995; Felici et al., 1989; Del Vecchio, 2007). e architettonico (fig. 1). Le ricerche finora condotte e i La natura calcarea della maggior parte delle unità dati disponibili nella letteratura specifica consentono orografiche, associata ad un’intensa attività tettonica la seguente sintesi:

Fig. 1 - Salcito, Morgia di Pietravalle (foto M. Mancini). Fig. 1 - Salcito, Morgia di Pietravalle (photo M. Mancini). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 147

– 55 grotte note in letteratura speleologica; Unità rupestri di età medievale in Molise: – 85 grotte presenti nel Catasto Regionale delle localizzazione e distribuzione sul territorio Grotte del Molise; – 120 grotte circa conosciute e non ancora catastate Oggetto di questo contributo preliminare sono 10 luo- (fonte: Associazione Speleologi Molisani); ghi di culto rupestri e 7 insediamenti abitativi ricondu- – 33 cavità artificiali catastate e pubblicate (Fatica, cibili all’età medievale (fig. 2); a causa della mancanza 2004)2; di testimonianze scritte, del degrado della litologia – 262 ipogei e cavità artificiali conosciute e non anco- nella quale sono stati realizzati e dell’impropio riuti- ra catastate3. lizzo, non sempre è stato possibile definire l’origine di L’esistenza di un solo sodalizio speleologico, il recen- questi siti e il contesto storico-ambientale; tuttavia ne tissimo insediamento di un ateneo in Molise e le, non viene segnalata l’esistenza. meno rilevanti, difficoltà di individuazione e studio di Per l’individuazione e l’inquadramento storico dei luo- tali strutture, fanno sì che le conoscenze su tale patri- ghi di culto si è fatto riferimento alla scarsa bibliogra- monio siano ancora da approfondire. fia specifica esistente (Masciotta, 1914, 1915, 1952a, 1952b; Valente, 1984; De Vincenti & Monaco, 1986; Pompei, 2005) e a puntuali sopralluoghi che hanno consentito di verificarne l’impianto architettonico - per 2 Al sito http://www.ssi.speleo.it/it/cnca-catasto.htm è stato re- pochi di essi, infatti, sono disponibili i rilievi - oltre che centemente pubblicato, a cura della Commissione Cavità Artifi- l’attuale stato di conservazione. La maggior parte dei ciali della Società Speleologica Italiana (SSI), l’aggiornamento luoghi di culto rupestri è localizzata sui principali ri- dei dati del Catasto Nazionale della Cavità Artificiali per tutte le lievi calcarei delle aree più interne del Molise ad esclu- regioni d’Italia. 3 Trattasi dei risultati della ricerca Gli Ipogei e le cavità artificiali sione della grotta della Madonna di Bisaccia, ubicata del Molise svolta da M. Mancini e G. Battista, dal 1998 al 2000, a Montenero di Bisaccia appunto, nei monti Frentani, finanziata dall’Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise in un affioramento di arenaria poco distante dall’at- “V. Cuoco”. tuale centro abitato. Appare evidente, dalla distribu-

Fig. 2 - Gli insediamenti rupestri del Molise - Cave settlements of Molise: 1, S. Erasmo ad Isernia; 2, S. Michele a Sant’Angelo in Grotte frazione di Santa Maria del Molise; 3, S. Maria di Alto Piede a Longano; 4, S. Maria delle Grotte a Rocchetta a Volturno; 5, S. Michele a Foce a Castel S. Vincenzo; 6, S. Luca a Pescopennataro; 7, Morgia di Pietravalle a Salcito; 8, Morgia di Pietracupa; 9, S. Michele a Castropignano; 10, S. Anna in località La Portella a Busso; 11, Madonna di Bisaccia a Montenero di Bisaccia; 12, San Giacomo degli Schiavoni; 13, Sant’Elia a Pianisi; 14, S. Margherita di Scozia a Pietracatella; 15, Macchia Valfortore (R.C. La Fata). 148 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 della tipologia degli ipogei (ripari, ricoveri per anima- li, sistemi di intercettazione e raccolta dell’acqua in cisterne e pozzi) ne fanno un caso unico e di estremo interesse archeologico. Si segnala, in questa sede, che per insediamenti abitativi o d’uso agricolo si è fatto riferimento a nuclei di più di tre cavità; in alcuni casi anche di alcune decine di unità. Si tratta di cavità rea- lizzate, per la maggior parte, negli affioramenti plio- cenici di sabbie e arenarie, molto o debolmente cemen- tate, assai frequenti nella valle del Fortore, tuttavia, diffuse in buona parte del territorio regionale dal sub- Appennino fino ai monti Frentani meridionali. Tali af- fioramenti, sebbene mediamente compatti, risultano lavorabili con maggiore facilità. La natura della roc- cia, estremamente friabile, ha determinato, tuttavia, in molti casi la scomparsa delle tracce di scavo, quindi l’impossibilità di riconoscerne gli attrezzi utilizzati in- tesi quali potenziali indizi per risalire all’epoca di rea- lizzazione. Tali insediamenti oggi si presentano com- pletamente abbandonati (fig. 4), altri riutilizzati come rimesse e, a volte, addirittura, anche come garage. Un breve riferimento può essere fatto anche a singole cavità artificiali che, come gli insediamenti abitativi costituiti da nuclei di ipogei, sono state realizzate, anch’esse, nella maggior parte dei casi, negli affiora- menti pliocenici di sabbie e arenarie. Oggi quasi tutte abbandonate, si presentano in gran parte completa- mente crollate a causa dell’estrema friabilità della roccia nella quale sono state ricavate; non se ne co- nosce l’origine, tuttavia l’estrema diffusione in alcuni comprensori del Molise, lascia ipotizzare un loro uso prevalentemente agricolo e pastorale, ossia legato alle principali attività produttive del territorio.

Fig. 3 - Rocchetta a Volturno, processione della Madonna delle Cavità naturali e artificiali: Grotte (foto M. Mancini). Fig. 3 - Rocchetta a Volturno, procession of Madonna delle utilizzo cultuale e abitativo Grotte (photo M. Mancini). Gli insediamenti rupestri nascono per la necessità da parte dell’uomo di utilizzare ipogei, naturali o ricavati zione dei siti indagati (fig. 2), che il loro insediamento nella roccia, come luoghi di culto o abitazioni. I primi nelle aree più interne del Molise ha avuto origine dal- sono riconoscibili per la presenza di altari, edicole, im- la natura impervia dei luoghi e, nella quasi totalità magini sacre, romitaggi, vasche per la raccolta e la di- dei casi, da preesistenti grotte o ripari naturali. Oggi stribuzione dell’acqua, mentre i secondi per l’esisten- alcune si presentano completamente abbandonate, co- za di vani con pozzi, cisterne, focolari, scale, nicchie, me S. Anna in località La Portella a Busso (fig. 12), S. lettiere. In entrambi i casi la scelta delle aree non è Erasmo a Isernia, Madonna d’Alto Piede a Longano, stata casuale: la presenza di anfratti rocciosi naturali, S. Michele a Castropignano; altre, ancora frequentate, la lavorabilità della roccia, la vicinanza a corsi d’acqua risultano efficacemente conservate e oggetto anche di o sorgenti rendevano l’ambiente adatto alla vita e ga- recenti restauri. In molti di questi luoghi il culto si rantivano una relativa sicurezza. Non va trascurata, perpetua da “sempre”, in alcuni casi senza interruzio- inoltre, la vicinanza alla viabilità principale o secon- ni, come accade ancora oggi, ad esempio, alla Madonna daria; è il caso, ad esempio, della Morgia di Pietravalle delle Grotte di Rocchetta a Volturno (fig. 3), al san- a Salcito (fig. 1) che sorge a breve distanza dal trattu- tuario di S. Michele a S. Angelo in Grotte frazione di ro Celano-Foggia (Delmonaco, 1989, p. 27). Santa Maria del Molise, alla Madonna di Bisaccia di Le indagini sinora svolte hanno consentito di indivi- Montenero di Bisaccia, a S. Luca a Pescopennataro e a duare 10 luoghi di culto e 7 abitati rupestri che, con S. Michele a Foce a Castel S. Vincenzo. ogni probabilità, sono stati utilizzati (o riutilizzati) nel Al contrario dei luoghi di culto, gli insediamenti abita- medioevo (fig. 2). L’incertezza è dovuta alla mancanza tivi sono distribuiti prevalentemente nel basso Molise di una completa rilevazione dei siti che peraltro sono (fig. 2), ad eccezione di quello ricavato nella Morgia noti grazie a pubblicazioni per lo più a carattere loca- di Pietravalle (fig. 1) a Salcito, le cui caratteristiche le. Nella maggioranza dei casi, infatti, le unità risulta- assai particolari dell’impianto, della distribuzione e no studiate in maniera inadeguata sotto il profilo ar- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 149 cheologico e storico-artistico, sicché permangono forti sé è rappresentato dalla grotta di Carpinone che nel- dubbi sul numero, sull’esatta ubicazione e sull’epoca la prima metà dell’Ottocento appariva come “un antro di frequentazione. della lunghezza di circa un mezzo miglio” che attraver- sava da est ad ovest il Monte dei Santi “che è isolato e lontano da quella terra un miglio e mezzo” (Sanchez, Luoghi di culto rupestri 1833, p. 536). Tra il 1899 e il 1903, persa ormai la memoria dell’ubicazione della cavità, in contrada Redigere una mappa della devozione popolare sulla Coppola vennero invano effettuati degli scavi per ri- base dell’intitolazione delle chiese rupestri è un’im- trovarne l’ingresso (Archivio Comunale di Carpinone, presa difficoltosa e poco produttiva, non solo perché delibere del 19/11/1899, 13/05/1899 e 17/05/1903). manca un elenco completo delle unità rupestri impie- Nella grotta, stando alle testimonianze orali, sorgeva gate a scopo liturgico, ma anche perché talora il culto “un vastissimo ‘stanzone’ murato all’intorno e decorato originario è stato soppiantato da un altro, com’è av- di un altare” (Masciotta, 1952a, pp. 131-132); qualora venuto a Duronia, dove, agli inizi dell’Ottocento, la questa circostanza fosse effettivamente accertata, sa- grotta attualmente dedicata a S. Lucia era meta di remmo dinanzi ad una terza tipologia di chiese rupe- pellegrinaggio l’8 maggio, dies festus dell’Arcangelo stri che, in presenza di grotte sviluppate in altezza e/o Michele (Berardi, 1999, pp. 27-29). Le chiese rupestri in profondità, prevede la costruzione di veri e propri molisane sono consacrate in prevalenza ai santi (40%); edifici di culto in muratura analoghi a quelli sub divo seguono gli insediamenti dedicati alla Vergine (30%) e (Ebanista, 2007, p. 134). all’Arcangelo (30%). Sulla base delle tecniche costruttive, è possibile rico- Edifici di culto scavati nella roccia e completati noscere due tipologie di edifici di culto, secondo quanto in muratura si riscontra nelle altre regioni dell’Italia centro-meri- Al di sotto della chiesa di S. Pietro in Vincoli, situa- dionale. La prima è individuata dalle chiese scavate ta a Sant’Angelo in Grotte, frazione del comune di S. in gran parte nella roccia, allo scopo di imitare l’archi- Maria del Molise, sono presenti alcuni ambienti par- tettura sub divo (Messina, 2004; Masini, 2004), e poi zialmente scavati nella roccia e regolarizzati con pare- completate in muratura. La seconda tipologia, invece, ti in muratura. Un vano è illuminato da una finestra prevede l’utilizzo di cavità naturali successivamente che si affaccia sul dirupo su cui sorge la chiesa, mentre allargate e integrate con strutture murarie (Ebanista, un altro, coperto da una volta a botte, ospita un altare 2006, p. 392; Ebanista, 2007, pp. 133-140). Un caso a in pietra ed è riccamente affrescato (fig. 5). Risalenti

Fig. 4 - Macchia Valfortore, cavità artificiale chiusa da una parete in muratura (foto M. Mancini). Fig. 4 - Macchia Valfortore, artificial cave closed by a wall (photo M. Mancini). 150 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Sant’Angelo in Grotte, frazione di S. Maria del Molise. Cripta di S. Pietro in Vincoli (foto M. Mancini). Fig. 5 - Sant’Angelo in Grotte, near S. Maria del Molise. S. Pietro in Vincoli crypt (photo M. Mancini).

Fig. 6 - Pietracupa, cripta della chiesa di S. Antonio abate (foto C. Ebanista). Fig. 6 - Pietracupa, crypt of S. Antonio abate church (photo C. Ebanista). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 151 al XV secolo, le pitture raffigurano le Sette opere della orizzontale cui, a distanza regolare, si sovrappongono misericordia (Gattei et al., a cura di, 1980, p. 138, figg. quattro buche circolari destinate ad accogliere le travi 162-165; Valente, 2003, p. 116). che, con ogni probabilità, reggevano una tettoia, i cui La chiesa rupestre (fig. 6) della Morgia di Pietracupa, pali erano fissati in corrispondenza dei fori visibili in che dal tardo Seicento risulta denominata «Chiesa vec- diversi punti del pavimento; tra la seconda e la ter- chia» (Delmonaco, 1989, p. 65, nota 73), è interamente za buca, a partire da sinistra, la parete presenta una scavata nella roccia (Carano, 1982, pp. 225-227), come piccola rientranza in cui si apre una nicchia arcuata. attestano i segni lasciati dagli attrezzi; solo sul lato Una seconda nicchia, solo tracciata nella roccia e non sud è delimitata da una parete in muratura in cui si ultimata, è visibile nella parte orientale del vano cir- trova una finestra con arco a sesto acuto che, a quan- colare, in corrispondenza di un piano inclinato rica- to pare, rappresenta l’originario ingresso (Delmonaco, vato tagliando la roccia. I fori sul pavimento e sulle 1989, p. 103). L’ipogeo è costituito da un grande va- pareti dell’ipogeo sono stati interpretati, senza alcuna no circolare con soffitto piano che comunica con uno prova, come tracce dell’utilizzo carcerario dell’ambien- spazio pressappoco quadrangolare situato sul lato te ipogeo a partire dalla seconda metà del XVI secolo nord, presso la scala d’accesso. Al centro del soffitto (Carano, 1982, p. 225; Delmonaco, 1989, p. 103). Non dell’ambiente circolare rimane la parte superiore di va escluso, invece, che in origine la cavità fosse de- un pilastro risparmiato nella roccia al momento dello stinata alla lavorazione di prodotti agricoli, come po- scavo e che in origine articolava lo spazio in due locali. trebbe suggerire la macina di mulino riutilizzata come Nell’angolo tra il vano circolare e quello quadrangolare mensa d’altare, laddove la presenza di un foro passan- sono presenti tre buche, due più grandi e una centrale te con funzione di attaccaglia (fig. 7) denuncia la desti- più piccola, disposte in senso verticale e a distanza re- nazione a stalla. I capitelli erratici e l’acquasantiera golare tra loro. Poco oltre, sulla parete dell’ambiente depositati nella chiesa rupestre, qualora non proven- circolare, compaiono due fori ravvicinati, al di sotto dei gano da altri edifici di culto, denunciano l’esistenza di quali è presente un solco verticale; in corrispondenza un arredo scultoreo, difficilmente databile per la sem- di questi tagli la parete è stata regolarizzata fino ad plicità dell’esecuzione, analogamente al volto umano assumere una configurazione quadrangolare. Nella scolpito nella roccia presso l’attuale ingresso dell’ipo- parte alta del vano circolare corre un profondo solco geo, appena al di sopra dell’attaccaglia (fig. 7). Alla

Fig. 7 - Pietracupa, cripta della chiesa di S. Antonio abate. Volto umano e ‘attaccaglia’ (foto C. Ebanista). Fig. 7 - Pietracupa, crypt of S. Antonio abate church. Human face and ‘attaccaglia’ (photo C. Ebanista). 152 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 fine del Seicento, al di sopra della «Chiesa vecchia», (fig. 8); l’interno è decorato da affreschi databili tra il venne costruito un nuovo edificio di culto dedicato a S. XIII e il XV secolo: oltre a scene della vita di Cristo, si Antonio abate e scavato, quasi completamente, nella riconoscono numerose immagini di santi (Trombetta, roccia (Delmonaco, 1989, pp. 122-123). La presenza di 1971, pp. 26-27, figg. 16-21; Gattei et al., a cura di, alcune nicchie rettangolari nei muri perimetrali delle 1980, pp. 104-114, figg. 115-118; Valente, 1984). Se navate, scarsamente compatibili con la configurazione l’utilizzo funerario della chiesa era ben noto per la pre- spaziale della chiesa, induce ad ipotizzare che il nuovo senza di una tomba monumentale (Masciotta, 1952a, edificio venne realizzato trasformando una cavità arti- p. 451; Trombetta, 1971, p. 27), i recenti scavi hanno ficiale preesistente o forse accorpandone più di una. messo in luce numerose sepolture terragne, celle per i monaci e una fornace (Pompei, 2005, pp. 140, 142- Edifici di culto in muratura addossati 143, 146-150, figg. 26-29). La vicinanza ad un artico- a cavità naturali lato complesso di cavità naturali, rimodellate a scopo La seconda tipologia di chiese rupestri è individuata abitativo (Pompei, 2005, pp. 145-146, figg. 15-24), e la da grotte naturali, di piccole o medie dimensioni, che presenza di impianti per la produzione dell’olio e del sono state ampliate, grazie alla costruzione di opere vino attestano che la chiesa non sorgeva isolata ma murarie, per utilizzarle a scopo cultuale. È il caso, ad era parte di un complesso monastico, la cui esisten- esempio, della chiesa della Madonna delle Grotte a za è documentata dal 1331 (Valente, 1984, p. 212). Al Rocchetta a Volturno ubicata, presso le sorgenti del 1309 risale, invece, la prima attestazione della chiesa fiume, lungo un tracciato viario che collegava l’ab- S. Marie de Griptis (Sella, a cura di, 1936, p. 355, n. bazia di S. Vincenzo a Montecassino (Valente, 1984; 5185). Pompei, 2005). L’edificio è formato da due nuclei: uno, In stato di abbandono è la chiesa rupestre di S. Erasmo più antico, ricavato modellando la roccia in corrispon- (fig. 9) che sorge, appena all’esterno dell’abitato di denza di una cavità naturale e l’altro in muratura. Ne Isernia, a ridosso del fiume Carpino presso la con- è risultata un’articolazione in due navate, collegate da fluenza nel fiume Sordo. L’edificio è nato intorno ad aperture, e affiancate da cappelle e piccoli ambienti una cavità naturale, di forma pressappoco ovale, am-

Fig. 8 - Rocchetta a Volturno, chiesa rupestre di S. Maria delle Grotte. Pianta (da Valente, 1984). Fig. 8 - Rocchetta a Volturno, cave church of S. Maria delle Grotte. Plan (from Valente, 1984). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 153 pliata con la costruzione di un avancorpo e di un piano con piedritti, architrave e mensole in pietra lavorata; superiore, dove si conserva un affresco del XIV secolo sulla parete di fondo della cavità sono state ricavate raffigurante la Crocifissione (De Vincenzi & Monaco, due nicchie, una grande e profonda e l’altra più picco- 1986). Parzialmente crollata e ingombra di macerie è la. Lateralmente alla chiesa si sviluppa un ambiente, la chiesa rupestre di S. Maria di Alto Piede a Longano coperto da una volta a botte in muratura solo parzial- (fig. 10) che è costituita da una grotta preceduta da mente conservata, che termina con una grande nic- un avancorpo in muratura, in cui si aprono il portale chia absidata con tracce di affreschi. Documentata a

Fig. 9 - Isernia, chiesa rupestre di S. Erasmo. Pianta (da De Vincenzi & Monaco, 1986). Fig. 9 - Isernia, S. Erasmo cave church. Plan (from De Vincenzi & Monaco, 1986). 158 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

dalla seconda metà del XII secolo (Jamison, a cura di, nel 1575 fu concessa al diacono «Giulio delomonaco 1972, p. 135, n. 749), è composto dal termine pietra terre petrecupe» e che nel 1677 risultava già «diruta» (roccia, masso) e dall’aggettivo cupa (scura) (Marcato, (Delmonaco, 1989, pp. 33-34, nota 13). Nel 1652 nel 1990). Ancora da accertare è il rapporto tra l’abitato «casale rustico» di Pietravalle è attestato «un pagliaro rupestre e l’insediamento fortificato documentato dal- d.e alle grotte, quale serve per l’animali» (Archivio di le fonti; completamente scomparsi sono, difatti, i «ru- Stato di Campobasso, Atti demaniali, Salcito, b. 1, fasc. deri della torre del vecchio castello» che nel 1803 era- 1, copia del 1748), mentre nel 1765 solo un ‘casaleno’ e no ancora visibili sulla cima della morgia, nonostante i ruderi della chiesa di S. Lorenzo (Documenti, p. 46). il barone di Pietracupa, Francesco Francone, dopo il Nel secolo successivo, a quanto pare, le grotte furono 1676, ne avesse tratto un gran numero di pietre per utilizzate dai briganti (Pietravalle, 1977, p. 87). Nel costruire un nuovo palazzo (Delmonaco, 1989, pp. 121, versante meridionale della Morgia di Pietravalle sono 229). La continuità della frequentazione della morgia presenti 10 cavità artificiali, a pianta quadrangolare, è testimoniata dalle fonti scritte: sappiamo, infatti, distribuite su due livelli. Al livello inferiore compaiono che nel 1532 a Pietracupa risiedevano 64 fuochi che 3 grotte che all’interno, lungo le pareti, presentano un nel giro di 13 anni diventarono 89, prima di scendere a bancone alto circa 1 m, interpretabile come piano di 83 nel 1562 e a 40 nel 1595 (Delmonaco, 1989, pp. 80, lavoro (cfr. De Minicis, 2003, p. 28). Al secondo livello 82). Ancora utilizzate nel 1802 come abitazioni e stalle si trovano 7 grotte (fig. 17) che affacciano su una spia- (Delmonaco, 1989, p. 228), le grotte sono attualmente nata che insiste sulle cavità inferiori. In corrisponden- in fase di ristrutturazione per accogliere il Museo del- za di un ampio taglio verticale che ha regolarizzato la rupe. la parete della morgia, si riconosce una grotta, poco Completamente abbandonato è, invece, l’abitato ru- profonda e con ingresso a forma di parallelogramma, pestre di Pietravalle che sorge su una morgia (fig. 1) presso la quale, in alto a sinistra, compaiono due lun- nel comune di Salcito. Il toponimo è attestato dalla se- ghi solchi orizzontali che conservano ancora tracce dei conda metà del XII secolo nella forma Petramvaldam laterizi della copertura lignea alloggiata nei sottostan- (Jamison, a cura di, 1972, p. 144, n. 795). Anche in ti fori quadrangolari e circolari. Procedendo verso de- questo caso mancano dati per confermare o smenti- stra, segue una cisterna che si riempiva grazie ad un re l’ipotesi della nascita dell’insediamento rupestre in foro circolare scavato nel soffitto; dal serbatoio parte un’epoca anteriore al VI secolo d.C. (Delmonaco, 1989, un profondo canale verticale, anch’esso scavato nella p. 27, nota 6). Nei pressi dell’abitato sorgeva la chie- roccia (fig. 18), che continua in direzione delle cavità sa rurale «sub vocabulo S. Laurentii petrevallis» che alla base della morgia. Una tettoia simile a quella già

Fig. 17 - Salcito, Morgia di Pietravalle. Le cavità al secondo livello (foto M. Mancini). Fig. 17 - Salcito, Morgia di Pietravalle. The second floor caves (photo M. Mancini). 154 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 partire dal 1309, allorché ricadeva in castro Lipurse (Sella, a cura di, 1936, p. 352, n. 5156), la chiesa di S. Maria di Alto Piede era ancora officiata nel 1570, quando rientrava nel territorio di Sant’Agapito (Viti, 1972, pp. 66, 112). Successivamente a quella data, la statua lignea della Madonna (inizi XIV secolo), che si conservava nella chiesa rupestre, è stata trasferita nella cattedrale di Isernia (Catalano, 2004, pp. 343, 350, fig. 1). Una piccola cavità naturale (fig. 11), che forse rappre- senta il nucleo originario del culto, è inglobata nella cappella di S. Margherita sottostante la chiesa di S. Giacomo a Pietracatella (Di Vita, 1956, pp. 175-177; Carano, 1981, pp. 232-233; Carano, 1982, p. 224); af- frescata nel XIV secolo con scene della vita di Cristo (Carano, 1981, p. 242), la cappella è stata utilizzata a scopo funerario. Abbandonata da diversi decenni è la grotta di S. Anna in località La Portella a Busso (fig. 12) che è stata trasformata in cappella grazie alla co- struzione di una volta in muratura e di un altare con la fenestella per le reliquie e una nicchia per la statua di culto; entrambe le strutture conservano tracce di af- freschi. Dalla grotta, a pianta rettangolare, si accede, mediante alcuni gradini, ad un cunicolo che conduce ad una seconda grotta, molto più ampia. Nessuna testimonianza rimane, invece, della frequen- tazione cultuale della grotta presso cui sorge la chiesa Fig. 10 - Longano, ruderi della chiesa rupestre di S. Maria di della Madonna di Bisaccia a Montenero di Bisaccia; Alto Piede (foto T. Borriello). l’edificio di culto peraltro è stato costruito nel 1812 in Fig. 10 - Longano, ruins of the cave church of S. Maria di Alto sostituzione di uno più antico completamente scompar- Piede (photo T. Borriello). so (Paterno, 1969, pp. 41-42; Di Pietro & De Filippo,

Fig. 11 - Pietracatella, cappella di S. Margherita. Cavità naturale (da Carano, 1981). Fig. 11 - Pietracatella, S. Margherita chapel. Natural cave (from Carano, 1981). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 155

forma più regolare (Masciotta, 1952a, p. 375; Lucrezi Berti, 1975, pp. 186, 192). Anche nell’eremo di S. Michele a Foce, incastonato nella roccia scavata dal- l’omonimo torrente nei pressi di Castel S. Vincenzo, si conserva una cisterna per la raccolta dell’acqua di stillicidio. La modesta struttura in pietra ospita due ambienti, uno piccolissimo posto ad un livello più bas- so, probabilmente l’abitazione vera e propria dell’ere- mita, e l’altro sovrastante che corrisponde alla chiesa. Chiusa al culto da alcuni decenni è la chiesa rupestre di S. Michele a Castropignano (Perrella, 1883, p. 29; Masciotta, 1915, p. 146), nella quale si conservano i ruderi di un’edicola. Nell’area molisana il culto micaelico è meno diffuso rispetto a quanto si riscontra in Campania e Puglia, tanto che Martin nel suo studio sulla devozione per l’Arcangelo nel Mezzogiorno d’Italia ha escluso dal- l’indagine il Molise «authentiquement méridional, mais qui ne dispose que d’une documentation assez faible» (Martin, 1994, p. 375). Il culto micaelico in questa regione vanta, tuttavia, origini molto antiche. Sappiamo, infatti, che, tra la fine del 493 e gli inizi del 494, papa Gelasio I chiese al vescovo di Larino, Giusto, di consacrare all’Arcangelo Michele la basilica rurale

Fig. 12 - Busso, loc. La Portella. Grotta di S. Anna (foto M. Mancini). Fig. 12 - Busso, loc. La Portella. S. Anna cave (photo M. Mancini).

2003, p. 224). Scavata nel costone roccioso, la grotta ha la pianta quadrangolare e un ampio accesso ad arco; sulle pareti sono presenti nicchie e alloggi per scan- sie che sembrano denunciare una funzione abitativa, piuttosto che cultuale. Alla fine degli anni Sessanta, il pavimento era ricoperto da oltre un metro di depositi alluvionali e di paglia, in quanto sino a poco tempo prima era adibita ad ovile (Paterno, 1969, p. 40). Nella seconda tipologia, oltre all’eremo di S. Luca a Pescopennataro, rientrano anche le chiese rupestri dedicate all’Arcangelo: S. Michele a Foce a Castel S. Vincenzo, S. Michele a Castropignano, S. Michele a Sant’Angelo in Grotte frazione di Santa Maria del Molise. Il culto micaelico, com’è noto, trova la sua na- turale manifestazione proprio nelle grotte che, nella letteratura agiografica, erano considerate recesso delle potenze diaboliche, ma anche potenziale antro sacro destinato al culto divino (Fonseca, 2000, p. 36). Nelle cavità naturali dedicate all’Arcangelo, sulla fal- sariga di quanto attestato nel santuario micaelico del Gargano (Otranto & Carletti, 1990, pp. 5, 8, 10, 15; Otranto, 1994, pp. 88-90; Otranto, 2003, pp. 49-50), è sempre presente una vasca per la raccolta dell’acqua di stillicidio, destinata alle pratiche devozionali. È il caso, ad esempio, della chiesa rupestre di S. Michele (fig. 13) che sorge a Sant’Angelo in Grotte, frazione Fig. 13 - Sant’Angelo in Grotte, frazione di S. Maria del Molise. del comune di Santa Maria del Molise; alla cavità ori- Chiesa rupestre di S. Michele, pianta (da Lucrezi Berti, 1975). ginaria è stata aggiunta una parte in muratura che Fig. 13 - Sant’Angelo in Grotte, near S. Maria del Molise. S. amplia il luogo di culto verso sud-ovest e gli dà una Michele cave church, plan (by Lucrezi Berti, 1975). 156 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 che Priscilliano e Felicissimo avevano costruito nel fundus Mariana di loro proprietà (Regesta Pontificum Romanorum, p. 84, n. 630) che, a quanto pare, ricade- va nel territorio di Civitacampomarano, dov’è tuttora attestato l’agiotoponimo Morgia Sant’Angelo (Falla Castelfranchi & Mancini, 1994, pp. 514, 549). La ba- silica di Larino costituisce il riflesso della diffusione del culto micaelico nelle regioni limitrofe al Gargano, in seguito ai primi pellegrinaggi al monte (Otranto, 1991, p. 192; Nigro, 2003, pp. 98, 114). Considerato che Larino era un importante nodo viario, sia di stra- de romane, sia dei percorsi tratturali, è probabile che in Molise il culto di S. Michele abbia avuto origine più o meno in sincronia con quello garganico. È la realtà stessa regionale, legata alla pastorizia e quindi ad una condizione di seminomadismo e di povertà, che eviden- zia quei caratteri popolari del culto e della spiritualità medievale che ne sono all’origine (Falla Castelfranchi & Mancini, 1994, p. 549). Non a caso, nella chiesa ru- pestre di S. Michele a Sant’Angelo in Grotte e nell’ere- mo di S. Michele a Foce, l’Arcangelo è festeggiato l’8 maggio, il dies festus della storia tutta ‘longobarda’ del culto micaelico, e non il 29 settembre, data della festa di estrazione colta e libresca (Otranto, 2003, pp. 59- 60; Campione, 2007, pp. 289-290). Tra VIII e X secolo, grazie anche alle nuove fondazioni monastiche bene- dettine collegate al cenobio di S. Vincenzo al Volturno, in Molise furono costruite numerose chiese dedicate all’Arcangelo, alcune delle quali lungo i percorsi della Fig. 14 - Pietracupa, le cavità nella morgia (foto C. Ebanista). transumanza (Campione, 2007, p. 294). Fig. 14 - Pietracupa, caves in the morgia (photo C. Ebanista).

passato è segnalata l’esistenza di 10 o 14 grotte (Di Abitati rupestri Vita, 1956, p. 25), al momento si ha notizia di una sola cavità che è stata riempita di detriti in occasione del- Frequenti nella valle del Fortore, ma diffusi in buona la ristrutturazione di un serbatoio. Sulla datazione e parte del territorio molisano dal sub-Appennino fino funzione delle grotte sono state avanzate ipotesi quan- ai monti Frentani meridionali, gli abitati rupestri so- to mai discutibili: la loro creazione, infatti, è stata as- no costituiti da numerose cavità artificiali, realizzate segnata all’età della pietra o al IV secolo a.C. (Di Vita, talora su più livelli, che attualmente risultano abban- 1956, pp. 24-25), anche se non sono mancate proposte donate o riutilizzate come depositi. La raccolta siste- di identificazione con una catacomba paleocristiana matica dei dati, che è stata da poco avviata, consentirà (Carano, 1981, p. 232). in futuro di attribuire funzioni primarie (ricovero, abi- Anche l’abitato rupestre di Pietracupa (fig. 14) è stato tazione, stalla, luogo di lavorazione, ecc.) alle singole scavato all’interno di una morgia. Sul lato sud-est del- cavità, di appurare una loro successione cronologica la rupe, lungo la gradinata che conduce alla già cita- (grazie alla rilevazione delle tracce dell’escavazione) ta chiesa di S. Antonio abate, sono presenti 13 cavità e di avanzare una proposta di classificazione tipolo- artificiali, dislocate su tre diversi livelli (figg. 15-16) e gica della planimetrie, com’è avvenuto per altre real- collegate da scale intagliate nella roccia, secondo un tà regionali (De Minicis, 2003; Messina, 2004; Masini, procedimento ancora praticato agli inizi del XVII seco- 2004). In questa sede si presentano i primi dati della lo (Delmonaco, 1989, p. 90). Le grotte risultano quasi ricerca che ha riguardato in particolare due abitati ru- tutte chiuse da pareti in muratura, di epoca post-me- pestri (Pietracupa e Pietravalle) scavati all’interno di dievale, in cui sono presenti porte e finestre con ar- quelle massicce conformazioni rocciose emergenti dal chitravi e piedritti in pietra lavorata. Se si eccettua suolo che vengono definite pietra, sasso, pesco o morgia una cavità dal profilo irregolare, le altre sono tutte di (Busino, 2008, p. 23). Grazie all’aggiunta di altri voca- forma pressappoco quadrangolare con il soffitto pia- boli, questi termini sono diventati dei toponimi, secon- no. Oltre a nicchie di diverse dimensioni e forme, nelle do quanto si riscontra anche in altre regioni; in Molise cavità sono presenti gli apprestamenti tipici delle uni- è il caso di Pietracatella, Pietracupa e Pietravalle. tà abitative rupestri (panche, canali, vasche circolari, Nata dalla fusione di due distinti insediamenti (Petra pozzetti, attaccaglie). La fondazione dell’insediamento e Catella), documentati nella seconda metà del XII se- rupestre di Pietracupa viene generalmente assegnata colo (Jamison, a cura di, 1972, pp. 49, 278, nn. 298, al VI secolo d.C. e attribuita, senza alcun riscontro do- 1387), Pietracatella sorge su una morgia caratteriz- cumentale o archeologico, ad una comunità monastica zata dalla presenza di cavità artificiali. Mentre in (Delmonaco, 1989, pp. 30, 33). Il toponimo, attestato Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 157

Fig. 15 - Pietracupa, prospetto dell’abitato rupestre (Studio Ruscitto, Campobasso). Fig. 15 - Pietracupa, cave dwellings elevation (Studio Ruscitto, Campobasso).

Fig. 16 - Pietracupa, sezione di due cavità (Studio Ruscitto, Campobasso). Fig. 16 - Pietracupa, section of two caves (Studio Ruscitto, Campobasso). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 159

Fig. 18 - Salcito, Morgia di Pietravalle. Cavità e canale scavato nella roccia (foto M. Mancini). Fig. 18 - Salcito, Morgia di Pietravalle. Caves and drain into the rock (photo M. Mancini). descritta, se si eccettua l’uso di lastre in pietra al posto dei laterizi, copriva lo spazio antistante la cisterna e le due grotte adiacenti che sono intercomunicanti: nella cavità più vicina al serbatoio, oltre ad una nicchia sul- la parete sinistra, si notano un pozzetto quadrato (for- se destinato alla conservazione di derrate alimentari) e tre grossi fori quadrangolari scavati nel pavimento (fig. 19), mentre nell’altra grotta compaiono una nic- chia sulla parete di fondo, una finestra e alcune buche sulla parte alta delle pareti, probabilmente destinate a sorreggere una struttura lignea. Sul versante nord della morgia, pressappoco in quota con il livello supe- riore, si trovano altre 3 grotte con l’apertura ad arco che, in un caso, è stata murata per ricavarvi una por- ta e una finestra; lungo la parete sinistra della grotta ubicata più ad ovest è presente un bancone, mentre nella parete destra si apre una piccola finestra. Nella balza sud-ovest della collina su cui sorge Montenero di Bisaccia sono presenti numerose cavi- tà artificiali in stato di abbandono che, senza alcuna prova, sono state datate alla preistoria o interpretate come luoghi di culto e di sepoltura dei primi cristiani; in passato nelle grotte, divise in due o tre ambienti, sono state trovate «punte di frecce, ossa, frammenti di stoviglie, vasi e anfore d’ogni dimensione» (Paterno, Fig. 19 - Salcito, Morgia di Pietravalle. Pozzetto nel pavimento 1969, pp. 39-42). In stato di abbandono è anche l’abita- di una cavità (foto M. Mancini). to rupestre di S. Giacomo degli Schiavoni che, a quan- Fig. 19 - Salcito, Morgia di Pietravalle. Pit in the floor of a cave to pare, sorse dopo il terremoto del 1456, allorché i (photo M. Mancini). 160 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 sopravvissuti scavarono 7 cavità nella zona a sud del per la complessa articolazione e la qualità dell’esca- colle delle Piane; quando nel 1564 venne fondato un vazione. Com’è attestato in altre regioni, l’elemento nuovo abitato nella zona di Terra Vecchia, le grotte principale che distingue uno spazio abitativo è dato sarebbero state occupate dagli ‘zingari’ (Della Porta, dall’associazione di lettiere (ossia giacigli) con nicchie 1999, pp. 24-26). Anche a Sant’Elia a Pianisi esisto- di forma e dimensioni diverse: le più piccole erano uti- no diverse grotte artificiali (Testa, 2000, pp. 164-165) lizzate per le lucerne, mentre quelle più grandi (talora che, essendo dislocate in contrade distanti tra di lo- suddivise con ripiani lignei) per riporvi vasi, derrate ro (Cese, Campo del forno, San Benedetto, Piana S. alimentari e oggetti di vario tipo (De Minicis, 2003, Antonio), non appartengono ad un medesimo insedia- p. 28). Le numerose tracce in negativo che rimangono mento abitato. Ad un esteso abitato rupestre sembra- sui soffitti, sulle pareti e sul pavimento delle cavità, no riconducibili, invece, le cavità artificiali esistenti come anche le vasche, i canali e i pozzetti, rivelano a Macchia Valfortore; alcune risultano in stato di ab- una certa cura nell’escavazione che solo in parte può bandono, mentre altre sono state riadattate a deposito essere giustificata dalla facile lavorabilità della roccia. o a rimessa, grazie alla costruzione di pareti in mura- Considerato che nel Molise l’escavazione di abitazioni, tura (fig. 4). ricoveri per animali e depositi è ancora documentata Nonostante le ricerche sulle unità rupestri del Molise in età moderna, sembra plausibile che gli insediamen- siano appena iniziate, si possono, tuttavia, anticipa- ti abitati sinora censiti possono essere, almeno in par- re alcune osservazioni che contribuiscono ad inserire, te, assegnati al medioevo. Lo studio della documenta- a pieno titolo, la regione nell’ambito degli studi sul- zione scritta, unitamente all’analisi sistematica delle la civiltà rupestre dell’Italia centro-meridionale. Se tipologie abitative e delle tecniche edilizie impiegate l’utilizzo cultuale, considerato il numero ridotto dei nelle strutture murarie di completamento, fornirà i siti sinora censiti e la scarsa attestazione dei santuari dati necessari a precisare l’epoca di costruzione e di micaelici, non presenta particolarità di rilievo, gli abi- frequentazione delle singole unità rupestri nonché a tati rupestri molisani rivestono un indubbio interesse riconoscerne la funzione.

Ringraziamenti

Si ringraziano l’Amministrazione Comunale di Pietracupa, nella persona del sindaco Felice Di Risio, e lo Studio Ruscitto di Campobasso per aver messo a disposizione i rilievi grafici delle grotte di Pietracupa che sono stati eseguiti dai geometri Marco Carriero e Daniele Molinaro. Un particolare ringraziamento va a Tiziana Borriello, Ilenia Cincindella, Erika Colavita e Valentina Giuliani per la fattiva collaborazione.

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Alessandra Benini1, Graziano Ferrari2, Raffaella Lamagna3

1 Via Trau 3, I-00198 Roma, Italy; [email protected], 329-8630919, 06-7028870 2 Via Vignati 18, I-20161 Milano, Italy; [email protected], 339-7160730, 02-23168729 3 Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Napoli “Federico II”, Largo S. Marcellino 10, I-80138 Napoli, Italy; [email protected], 349-4925625, 081-2538331

Riassunto

Sulla costa nord-occidentale di Capo Miseno, nelle vicinanze della celebre Grotta Dragonara, si trova una sequenza di ambienti scavati nel tufo e parzialmente sommersi dal mare. Si tratta di cavità appartenenti ad un sistema di cisterne e di peschiere di età repubblicana, pertinenti probabilmente ad una villa patrizia. L’attribuzione delle peschiere ad una villa appartenuta a Lucullo non è sufficientemente suffragata dai testi antichi. In passato, le cavità erano state sommariamente descritte da Gunther (1903) e da Borriello & D’Ambrosio (1979). Nel quadro di uno studio più ampio sulle cavità costiere flegree, le “Peschiere di Lucullo” sono state esami- nate in dettaglio e rilevate, e sono stati identificati anche alcuni passaggi sommersi. Sono in corso appro- fondimenti di carattere biologico ed archeologico, estesi anche ai fondali adiacenti.

Parole chiave: Grotte marine, cavità artificiali, peschiere romane, Napoli, Miseno, Lucullo.

Abstract

Lucullo’s fisheries (Naples-Italy) On Capo Miseno north-western side, near the famous Dragonara Cave, there is a sequence of caves. They are dug in tuffs and they are presently partly submerged by the sea. The caves belong to a system of water tanks and fisheries, dating back to the republican age. The structures probably belonged to a magnifi- cent villa, but the “Lucullo’s Fisheries” denomination is conjectural. The caves were briefly described by Gunther (1903) and by Borriello & D’Ambrosio (1979). In the scope of broader researches on phlaegrean coastal caves, the “Lucullo’s Fisheries” were explored in detail and several surveys were produced. Some submerged passages were also identified. More detailed biological and archaeological researches are ongoing, even on the contiguous sea-bed.

Key words: Sea caves, artificial caves, Roman fisheries, Naples, Misenum, Lucullus.

Inquadramento geografico Pozzuoli ad occidente. Esso è costituito da un dosso tufaceo alto 168 m, che verso N digrada regolarmente “Il monte è tutto cauo, e da tanti edificij, che già se- fino ad innestarsi alla lingua di sabbia della spiaggia ruiuano per conserve de acque dolci, con tante colon- di Miliscola e all’abitato di Miseno (Comune di Bacoli nate et volte sostenuto, che par totalmente esser sospeso - Napoli). Alla base del promontorio, verso Miseno, si nell’aere et potersi propriamente con Virgilio chiamare trova la Grotta Dragonara, celebre cisterna scavata aereo” (Sadeler, 1606, tav. 45). nella roccia. Poco lontano da questa, citata pratica- “È quello promontorio così cavernoso, che pare sia un mente in tutte le guide antiche e moderne, si trova monte pensibile. Vi eran dentro de’ bagni natatorj, e una serie di ambienti scavati nella roccia, di minori di- delle conserve dell’acque in gran copia” (Sarnelli, mensioni, ma non meno interessanti. Tali cavità sono 1769, p. 180). situate in parte sulla terraferma ed in parte a mare, Queste due citazioni sintetizzano le particolarità di sulla costa rocciosa che si prolunga verso sud ovest Capo Miseno, che colpivano l’immaginazione dei viag- (fig. 1), e fanno parte di un complesso di strutture ipo- giatori e dei forestieri dei secoli passati: la grande gee ed epigee, che sono ora situate in gran parte sotto quantità di caverne presenti ed il fatto che si trattava il livello del mare, a causa del fenomeno bradisismico di strutture realizzate a scopo idraulico. che ha provocato l’abbassamento del suolo fra la data Capo Miseno è il promontorio che chiude il Golfo di di realizzazione delle strutture e l’epoca attuale. 164 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Inquadramento storico Numerosi indizi concorrono però a farle considerare come opere destinate all’itticoltura, pertinenti ad una Fin dall’età repubblicana, l’area napoletana-flegrea residenza patrizia del I secolo a.C. fu assai apprezzata dalle élite romane per le bellezze naturali, le fonti termali, la salubrità del clima e gli intensi traffici commerciali. Furono così edificate nu- Studi precedenti merose strutture civili e militari, fra cui diverse ville di grande sontuosità. Alcuni proprietari di queste ville Nessuna delle cavità citate in questo lavoro è stata passarono alla storia per la passione dell’itticoltura, descritta specificamente dagli scrittori antichi, e ciò con la realizzazione di peschiere anche coperte e l’alle- vale per la stessa Grotta Dragonara. Anche le guide vamento di specie di grande pregio. Fra queste, assai redatte fra il XVII ed il XIX secolo ignorano spesso rinomate erano le murene. queste cavità minori, o le citano in modo tanto gene- Fra i maggiori appassionati, si distingue la figura di rico da rendere impossibile un’identificazione certa. Lucio Licinio Lucullo, console nel 74 a.C. che, dopo es- Si veda ad esempio il seguente passo: “Presso il porto sersi enormemente arricchito grazie ad importanti suc- di Miseno si alzava la villa di Lucullo architettata in cessi militari contro Mitridate nel Ponto e Tigrane in molti antri scavati nel monte, che dovevan servir per Armenia, si ritirò a vita privata con l’acquisto della vil- piscine, e per lavacri, de’ quali resta gran parte, e per la misenate appartenuta a Caio Mario e poi a Cornelia, vivai di pesci verso il mare” (Romanelli, 1819, p. 507). per la favolosa cifra di 2.500.000 sesterzi (Plutarco, Solo la prima cavità della sequenza (Struttura A) è Vita di Mario, 34, 2). Il seguente passo è significativo citata a volte assieme alla Grotta Dragonara. Essa è di come la disponibilità economica di Lucullo avesse addirittura ritratta in una celebre incisione (Sadeler, indotto l’edificazione di importanti strutture ipogee: 1606, fig. 2). A proposito di questa cavità, è interes- (…) contra ad Neapolim L. Lucullum, posteaquam sante il seguente passo: “Non poco lungi da questo si- perfodisset montem ac maritumum flumen immisisset to (la Grotta Dragonara, n.d.r.) vedesi altresì un’altra in piscinam, qui reciproce fluerent ipsae, Neptuno non opera incrostata di mattoni, in cui entra, e d’ond’esce il cederet de piscatu” (L. Lucullo, vicino a Napoli, dopo mare, e che offre agli occhi lo spettacolo più pittoresco, aver fatto traforare un monte, e facendo così giungere di cui mai goder si possa, e che comunemente credesi, l’acqua marina nelle peschiere, sì da fluire e rifluire, che presso gli antichi stata fosse un bagno” (Paolini, nella pesca non era meno di Nettuno) (Varrone, De re 1812, p. 13). rustica, III, 17, 9). Nel quadro degli studi sulle antichità sommerse pre- Purtroppo le fonti storiche non descrivono in dettaglio senti nella zona di Posillipo, Robert Gunther ha som- la villa e le sue strutture, mentre gli scarsi reperti di mariamente descritto resti antichi di zone limitrofe, superficie non consentono identificazioni certe. Inoltre, fra cui le Peschiere di Lucullo (Gunther, 1903), ripor- risulta che Lucullo possedesse ville anche a Posillipo, tando una planimetria schematica parziale ed una se- Nisida e Pizzofalcone. Non è quindi possibile afferma- zione parziale degli ingressi. Priva di ogni fondamento re che le strutture oggetto di questo lavoro fossero ef- è l’ipotesi avanzata da Gunther che questi ambienti fettivamente pertinenti alla villa misenate di Lucullo. fossero tombe greche poi riutilizzate dai Romani.

Fig. 1 - Posizione geografica. Fig. 1 - Location map. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 165

Fig. 2 - La struttura A ritratta da Sadeler (1606). Fig. 2 - Structure A as depicted by Sadeler (1606).

Dal punto di vista archeologico, le cavità sono state modo omogeneo lungo la costa. Le cavità situate più prese in esame da Neuerburg (1958), in particola- vicino a riva si presentano intasate di sabbia nelle re la Struttura A, e successivamente da Borriello & parti inferiori, per cui i pavimenti non sono visibili. Le D’Ambrosio (1979), che riportano anche una planime- cavità più lontane dalla riva sono invece protette da tria schematica della sequenza di cavità e diverse fo- un lungo scoglio rettilineo, che è in realtà il risultato tografie risalenti al 1974. Tutti questi lavori sembrano dell’adattamento artificiale della roccia in posto, per però relativi alle sole parti emerse delle cavità ed alle ricavare vasche e canali situati in parte in cavità ed in sole aree degli ingressi. In effetti nessun autore descri- parte in esterni. ve la cisterna della Struttura E (ambiente E4, fig. 7), L’insieme si configura come una serie di ambienti, né viene identificata la presenza di passaggi sommersi alcuni dei quali sono di difficile interpretazione, altri o degli alloggiamenti per le paratie presenti sul fondo sicuramente riconducibili a peschiere coperte, a cister- della Struttura F. Non risulta inoltre che siano stati ne e ad altri ambienti di servizio, ma è verosimile che svolti studi di carattere biologico ed ecologico sui popo- alcuni di essi siano stati impiegati o riutilizzati per lamenti presenti nelle aree sommerse delle cavità. altri scopi già in epoca antica. Verranno ora descritte sinteticamente le principali cavità, partendo da riva e dirigendosi verso il mare Descrizione delle cavità aperto, con direzione NE-SW. Le strutture, a volte composte da più ambienti, sono identificate con lettere A SW della Grotta Dragonara si trova un tratto di co- maiuscole e sono rappresentate in fig. 7. sta lungo circa 220 m, caratterizzato da una paretina tufacea alta in media 15 m (fig. 3). Essa ha andamento Struttura A grossolanamente rettilineo, salvo nel primo tratto, do- Questa struttura è situata sotto una piccola rupe tufa- ve sporge una piccola rupe. cea e la trafora da parte a parte. Un ingresso (NE) si Nella parte a riva sono presenti edifici moderni men- trova su un piazzale adibito a parcheggio per un locale tre la parte a mare è ricoperta di sterpaglie. In tutta pubblico, a livello del suolo. Altri due ingressi sono si- la porzione emersa si trovano scarsi resti di strutture tuati sul versante esposto verso il mare (SW). La ca- murarie, in genere in blocchi tufacei. Queste strutture vità è costituita da un ambiente rettangolare a volta sono ormai malamente leggibili, mentre assai più evi- ribassata, lungo circa 15 m e largo 6,8 m. Neuerburg denti sono le numerose cavità che si aprono a livello (1958) aveva identificato due fasi di decorazione parie- del mare o poco al di sopra. Esse sono distribuite in tale, uno strato più antico celeste ed uno più recente 166 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Panoramica della costa con la posizione delle cavità descritte nel testo. Fig. 3 - Coast panoramic view with cave positions.

bianco, con stelle rosso scuro. Attualmente sussistono mare morto, e’l monte Miseno, tra finocchi seluaggi, e solo vaghe tracce di decorazione colorata. Il pavimento per questo netta gli occhi lipposi, rimedia all’vlcere di è nascosto da un riempimento di sabbia, ed è probabil- quelli, e fa la vista più acuta” (Capaccio, 1607, p. 208). mente situato al di sotto del livello del mare attuale, La struttura poteva essere un impianto termale anche dal momento che la quota minima del suolo è 0,7 m in epoca romana, ma è stata interpretata pure come s.l.m. e l’altezza libera massima è di circa 2 m. A sof- ninfeo (Neuerburg, 1958; Borriello & D’Ambrosio, fitto si trova una caditoia che prosegue verso l’alto per 1979). La presenza della caditoia potrebbe invece far circa 2 m, ostruita con massi tufacei. Vicino ad essa propendere per una conserva d’acqua, ma è anche pos- si apre anche un condotto cilindrico di circa 10 cm di sibile che la struttura abbia attraversato diverse fasi diametro, che si dirige verso l’alto. Altri tre condotti d’impiego. analoghi si trovano all’estremità occidentale. La piccola rupe tufacea ha uno spessore di roccia non All’interno di questo ambiente si trovano quattro ar- superiore ai due m al di sopra della cavità. Su di essa è coni di laterizio, di circa 0,75 m di spessore, molto ro- stato edificato in epoca moderna un ristorante. Il bra- vinati. Dal momento che sul soffitto si trova l’intonaco no di Paolini (1812) citato in precedenza mostra che la senza soluzione di continuità anche in corrispondenza superficie del mare penetrava all’interno della cavità, degli archi, si ritiene che essi siano un’aggiunta suc- e ciò è confermato dalla memoria dei residenti. Ancora cessiva. Il terzo arco ha la caratteristica di essere in- negli anni ‘60 del XX secolo era possibile ormeggiare terrotto ad arte alla sua sommità, per una larghezza piccole imbarcazioni all’interno, mentre già nel 1974 di 75 cm. In prossimità dell’ingresso orientale si no- la cavità era emersa (Borriello & D’Ambrosio, 1979). tano tracce di un quinto arco e, sulla parete nord una Ciò è dovuto ad un consistente avanzamento della li- rozza tamponatura di opus reticulatum. All’estremità nea di riva a causa dell’apporto spontaneo di grandi occidentale si trova invece un interessante prospetto quantità di sabbia da parte del mare. L’incisione di architettonico in laterizi (fig. 4), composto da due se- Sadeler (1606, fig. 2) mostra in effetti una linea di co- micolonnine ed un architrave che inquadrano un arco sta ben più arretrata rispetto all’odierna, mentre lo a tutto sesto. Esso da adito ad un breve corridoio molto spazio libero nella cavità è decisamente superiore al- insabbiato che si dirige verso l’esterno. l’attuale. Ai lati del prospetto laterizio si trovano due corridoi che portano verso gli ingressi occidentali. Il corridoio Struttura B di destra (nord) presenta una forma regolare con vol- L’ambiente B è costituito da una cisterna a doppia ta a sesto ribassato; dopo 3 m esso piega a sinistra e camera, lunga circa 16 m, larga 6 m. La camera SE, si ricongiunge al corridoio che si diparte dal prospet- lunga 7 m, ha volta a sesto ribassato alta 2,6 m, ed è to laterizio, per poi sbucare subito all’esterno con un separata dalla camera NW da una parete in muratu- ingresso di forma irregolare, largo 2 m ed alto 1,15 ra di rozzi conci tufacei, spessa 0,91 m, alla cui som- m. Una possibile prosecuzione ora franata si trova a mità è ricavato lo sfioratore, largo 0,77 m. All’interno destra. Il corridoio di sinistra (sud) presenta forma ir- della camera SE è visibile traccia del massimo livello regolare e pareti in roccia senza rivestimento. Subito dell’acqua. La camera NW ha una volta quasi piana, a sinistra si apre una nicchia in roccia lunga 1,8 m, sostenuta da un pilastro di 1,20 x 1,85 m, alto 2,18 m mentre il corridoio dopo 2 m sbuca all’esterno con un e rivestito di cocciopesto. A causa di un crollo, la pa- ingresso largo 2,15 m ed alto 1,66 m. È probabile che rete esterna è scomparsa, mettendo però in evidenza questi due ingressi siano stati ricavati in epoca suc- la struttura delle pareti. Alla roccia tufacea è addos- cessiva alla realizzazione dell’ambiente principale. sato un paramento in opus reticulatum ricoperto da Neuerburg (1958) data questo ambiente al I - II secolo uno strato di cocciopesto. La volta è invece priva di d. C., mentre gli archi di sostegno risalirebbero al III- paramento e presenta ancora le tracce di escavazione. IV secolo d. C. All’estremità SE si trovano due caditoie verticali af- Alcuni autori del XVII secolo identificano questa strut- fiancate. La minore è subito ostruita da massi tufacei, tura con un impianto termale in attività denominato mentre la maggiore, di 0,9 x 0,7 m, sale per circa 7 m “Bagno del finocchio”: “Il bagno del Finocchio, è tra’l fino alla base di un edificio sovrastante. La presen- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 167 za di due caditoie, di cui una ostruita, potrebbe far la continuità della volta. L’imposta di volta è obliqua e pensare a due fasi di realizzazione e di utilizzo della la sua altezza dal suolo va da 1,2 m all’ingresso fino a cisterna. 1,7 metri all’estremità opposta. La volta ha un’altezza La cavità è ora utilizzata come deposito di attrezzi, e massima di 2,4 m sia al fondo, sia a metà lunghezza. dobbiamo alla cortesia del proprietario il fatto di aver Per gran parte del lato SW è presente un allargamen- potuto realizzare la documentazione qui esposta. La to laterale di circa 1,5 m la cui altezza digrada da 1,4 chiusura moderna è stata realizzata ai due lati del pi- m in corrispondenza dell’ingresso fino a scomparire lastro, con una tamponatura in blocchi tufacei ed un sotto la sabbia a circa 2 m dal fondo. cancello. La parte esterna, che doveva far parte della L’ambiente è privo di paramento e sono visibili le trac- cisterna originaria, presenta una scaletta di accesso ce di scavo. Non sono presenti altre strutture come ad una proprietà privata ed un dislivello di 0,52 m per caditoie o pilastri. È quindi piuttosto difficile avanza- arrivare al piano della spiaggia. Fonti locali riferisco- re interpretazioni: potrebbe trattarsi di un semplice no che, prima dell’insabbiamento della spiaggia, era deposito o di una struttura in fase di costruzione o di presente anche una scaletta incisa nella roccia, che allargamento. scendeva sotto il livello del mare. Struttura D Struttura C L’accesso a questa cavità è preceduto da alcuni ambien- Questo ambiente è situato in corrispondenza della li- ti le cui volte sono crollate ed i pavimenti sono attual- nea di costa attuale, per cui il suo ingresso viene par- mente sommersi sotto 1 m circa di acqua. L’Ambiente zialmente occupato dal mare per una profondità lega- D è costituito da un vano a pianta quadrata di circa ta alla variazione di marea. L’interno è invece emerso 4 m di lato, con volta ribassata di altezza massima ed occupato da sabbia per una profondità non deter- pari a 3,8 m dalla base. Le pareti presentano ancora minata. tracce di intonaco, mentre il pavimento è ora molto La cavità è costituita da un ambiente a pianta rettan- irregolare e ricoperto di massi di crollo, sotto 0,8 m di golare lungo circa 15 m e largo dai 5 ai 6 m. Il soffitto acqua. Sul lato destro (SW) si apre un breve passaggio è voltato, ma è suddiviso in due sezioni: a circa metà voltato, largo 0,9 m ed alto 1,8 m, che immette in un lunghezza è presente un gradino sul soffitto che spezza piccolo ambiente (1,8 x 1,0 m), la cui parte terminale è

Fig. 4 - Prospetto architettonico laterizio. Fig. 4 - Masonry architectonical prospect. 168 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 sagomata ad arco di cerchio e presenta un ripiano rial- separare vasche, per cui sembra ragionevole ritenere zato di 0,8 m dal pavimento, per cui viene a trovarsi al che si tratti di peschiere ipogee. livello del mare. Grazie alle condizioni di semioscurità Sul lato SW dell’ambiente E2 si apre un ambiente mi- ed al moderato idrodinamismo, in questo ambiente si nore voltato, di circa 5 x 2 m, con una profondità del- trovano numerose specie di poriferi ed un piccolo nu- l’acqua di 2 m ed 1 m di spazio aereo. Nell’angolo NE cleo di crostacei. Allo stato attuale delle conoscenze dell’ambiente E1 si aprono una caditoia a soffitto ed non è possibile avanzare ipotesi sulla funzione di que- un corridoio squadrato, largo circa 1 m e lungo 4,5 m, sta struttura. con una profondità dell’acqua di 1,5 m ed un soffitto irregolare posto fra 0,5 ed 1 m sopra il livello del ma- Struttura E re. Questo corridoio immette in una cisterna di forma Si tratta di quattro ambienti fra loro collegati. irregolare (ambiente E4, fig. 5), lunga 14 m, larga 4 - 6 L’accesso è duplice, ed è costituito da due portali af- m ed alta 4,5 m. Essa è rivestita di cocciopesto fino ad fiancati, larghi circa 4,5 m ed alti circa 4,5 m, con pro- un’altezza di 4 m, mentre il soffitto è in roccia natura- filo a volta ribassata. I due portali sono separati da le. Il pavimento è ricoperto di acqua marina per un’al- un pilastro spesso 0,9 m ed immettono in due stanze tezza di 0,3 - 0,45 m. Nella zona centrale si trovano a pianta grossolanamente quadrata con lato di circa una caditoia a soffitto ed un approfondimento irrego- 4,5 m. La stanza NE (ambiente E1, fig. 7) ha il fondo lare nel pavimento. Quest’ultimo è stato probabilmen- coperto da 1,2 m d’acqua, mentre la stanza SW (am- te ricavato dalle onde in luogo della piscina limaria, biente E2) ha una profondità di 2,2 m. Sulla parete scalzando la struttura del pavimento. La parete verso di fondo delle due stanze si apre l’accesso ad una ter- l’esterno è costituita per circa 2 m da opus reticulatum, za stanza (ambiente E3), con il pavimento coperto di in cui si aprono tre fori cilindrici a diverse altezze; il sabbia e posto ad una profondità di 1,8 m. La volta di foro superiore si comportava da sfioratore, ed infat- questo ambiente è più bassa di quelle dei due ambien- ti sul cocciopesto all’interno della cisterna è visibile ti antistanti, lasciando solo 1,5 m di luce libera sopra la traccia del livello di pieno. Borriello & D’Ambrosio il livello del mare. Il fondo degli ambienti E2 ed E3 (1979) ritengono però che i tre fori siano moderni. Alla si presenta insabbiato, con camminamenti in rilievo a sommità dell’opus reticulatum si apre invece un varco

Fig. 5 - Ambiente E4: cisterna. Fig. 5 - Room E4: water tank. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 169 di forma irregolare, forse risultato di un crollo. Infine, uno stretto cunicolo sommerso collega l’angolo occi- dentale della cisterna con l’esterno.

Struttura F Due portali affiancati, larghi circa 6 m ed alti 6,5 m, permettono l’accesso a due ambienti quadrati di circa 7 x 6 m, separati da un setto di circa 1,2 m di spessore. Le pareti e le volte sono in roccia naturale, mentre il pavimento è ora ricoperto di sabbia, alla profondità di circa 3,4 m. Lungo il perimetro delle pareti corre un camminamento largo circa 0,6 m e con il piano posto circa 0,6 m sopra il fondo. Osservando solo la parte emersa delle due cavità, esse sembrano fra loro indi- pendenti, ma in realtà sono collegate da un passaggio voltato attualmente sommerso, anch’esso dotato di camminamenti fra i quali corre un canale posto alla stessa quota del fondo (fig. 6). Analogamente alla struttura E, sul lato SW dell’am- biente SW (ambiente F2) si apre un ambiente mino- re voltato. Qui il camminamento sommerso presen- ta un’interruzione in cui si notano gli alloggiamenti (gargami) per una paratia di chiusura ora scompar- sa. In questo ambiente minore è presente anche un passaggio sommerso che conduce all’esterno, da cui si dirama un cunicolo sommerso che porta ad altri due ingressi posti sotto il livello del mare. Sulla parete di fondo (SE) dell’ambiente F2 si apre una prosecuzione, costituita da un ambiente semi-sommerso con pareti Fig. 6 - Passaggio sommerso di collegamento fra F1 ed F2. irregolari ma verticali, lungo 19 m e largo circa 5 m. Fig. 6 - Underwater connection between F1 and F2. Esso ha il fondo ricoperto di sabbia e cosparso di grossi blocchi, alcuni dei quali si sono distaccati dal soffitto, e consentivano il passaggio dell’acqua ma non la fuga termina in una stretta fessura. Si tratta probabilmen- del pescato. te di un’opera artificiale poi rinaturalizzata da crolli. Anche la peschiera, parte integrante della soprastan- te villa, viene convenzionalmente attribuita a Lucullo, spesso ricordato dagli autori antichi proprio per la sua Note archeologiche passione per l’allevamento del pesce ed i lucrosi gua- dagni che ne traeva. Il complesso è sicuramente attribuibile alla pars ma- Questo impianto di allevamento è composto da almeno ritima di una delle numerose ville residenziali, che tre vasche all’aperto, alle quali corrispondono altret- tra la fine della Repubblica e la prima età imperiale tante vasche in grotta: questo aveva la doppia fina- caratterizzarono la costa flegrea. La tradizione storio- lità di creare zone di ombra per i pesci per limitare grafica attribuisce questa villa a Lucullo ma nessun un eccessivo riscaldamento dell’acqua delle vasche e dato archeologico ha finora permesso di confermare o creare ambienti a forte impatto scenografico, forse ab- smentire tale ipotesi. Ulteriori dati potrebbero giun- belliti con statue e giochi d’acqua ed utilizzati anche gere dallo scavo dell’area soprastante quanto finora come triclini estivi. Esempi simili si trovano a Ponza, descritto, ma alcuni sondaggi di scavo effettuati dal- a Ventotene, a Sperlonga, a Sorrento, a Napoli etc. la Soprintendenza archeologica sono rimasti tuttora Maggiori incertezze di interpretazione desta l’insieme inediti. di ambienti subito a nord (E), dove ad una planime- Del complesso insieme di cavità presenti lungo questo tria sommariamente simile alla precedente non è sta- tratto di litorale è possibile individuare con certezza to possibile far corrispondere una altrettanto sicura la destinazione di uso di solo due tipi di ambienti: le interpretazione, a causa del forte insabbiamento che cisterne, grazie alla presenza di rivestimento parieta- non ne ha permesso una analisi completa. La presen- le in cocciopesto e di caditoie, e le vasche per l’alleva- za di piccole vasche rettangolari (larghe solo m 1,20) mento ittico. Queste ultime sono collocate nell’estre- ricavate in nicchie correlate alla grande cisterna (E4) mità sud ovest del complesso (F), nell’area maggior- potrebbe anche far ipotizzare un uso balneare e/o ter- mente esposta al mare aperto dove pertanto avveniva male. Non si può comunque escludere neanche che un maggiore ricambio dell’acqua. Questi impianti so- queste vasche siano state ricavate in un successivo pe- no di solito facilmente riconoscibili per la presenza di riodo di riutilizzo dell’impianto (età tardo antica/me- canali di collegamento tra le vasche ed il mare aperto. dievale). I canali ed i varchi di comunicazione tra le vasche sono Finalità di otium ben diverse quindi dall’allevamento inoltre sempre caratterizzati da grate di chiusura che ittico si riscontrano anche nel settore D dove venne 170 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ricavata una piccola stanzetta a pianta semicircolare A che, essendo di più facile accesso, è stato maggior- forse destinata a cubiculum. mente studiato e riportato anche in vedute antiquarie, Sempre una destinazione residenziale seppur di in- seppure i numerosi rifacimenti e la presenza di un for- certa funzione avevano probabilmente le rimanenti te insabbiamento non consentono - senza uno studio cavità (ad esclusione dell’ambiente B identificabile ed uno scavo mirato - di avanzare ipotesi certe sulla con una cisterna). Di particolare rilievo è l’ambiente destinazione d’uso.

Fig. 7 - Pianta schematica del complesso. Fig. 7 - Complex schematic plan. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 171

Fig. 8 - Esemplare di Palaemon serratus nelle Peschiere di Lucullo. Fig. 8 - Palaemon serratus specimen into the Lucullo’s Fisheries.

Le biocenosi tus (fig. 8). Come segnalano anche Peres e Picard (1964) quando si passa da una grotta semioscura Tutte le cavità marine descritte hanno l’ingresso espo- ad una oscura si ha una rarefazione degli Antozoi sto verso NW. Da uno studio preliminare la biocenosi mentre compaiono biocenosi a policheti e crostacei. dominante è quella di grotta semioscura. Si tratta di ha- bitat popolati prevalentemente da Poriferi ed Antozoi, condizionati dall’idrodinamismo ancora elevato e dal- Conclusioni la quantità di luce che penetra all’interno delle cavità (Peres & Picard, 1964). Nel caso specifico è presente Lo studio di queste cavità ha mosso solo i primi passi, un grande numero di Poriferi (Chondrosia reniformis, con la loro documentazione preliminare e la stesura Petrosia ficiformis, Axinella verrucosa, etc.) e di Antozoi dei rilievi schematici. Le loro caratteristiche costrut- (Anemonia sulcata, Attinia equinia, Sertularella sp., tive permettono di stabilire che si tratta di opere risa- Eudendrium ramosum) a cui vanno ad aggiungersi lenti al I secolo a.C., con funzione di conserva idrica e Gasteropodi (Buccinulum corneum, Thais hematosto- di allevamento ittico. Inoltre, è possibile evidenziare la ma, Trunculariopsis trunculus, Patella coerulea, P. presenza di interessanti habitat di grotta semi-oscura rustica, Aphorrais pespellicani, etc.), Echinodermi pre- nelle parti sommerse. valentemente Oloturioidei ed Echinoidei; si registra in- È ora opportuno esaminare queste strutture in modo fatti una difficoltà nel reperire Asteroidei ed Ofiuroidei. più approfondito dal punto di vista archeologico, met- Le alghe sono ugualmente ben rappresentate e si distri- tendole in relazione con le opere sommerse antistanti buiscono seguendo le fasce d’illuminazione. Pertanto le e con gli scarsi resti emersi. Inoltre è importante effet- alghe verdi si trovano vicino agli ingressi, mentre più tuare una caratterizzazione dettagliata delle forme di all’interno abbondano le alghe brune e rosse (Padina vita specifiche di questi ambienti, in modo da valutar- pavonica, Cystoseira compressa, Dictyota dichotoma; ne la vulnerabilità. Asparagopsis armata, Sphaerococcus coronopifolius, Infine, è possibile ipotizzare un piano di valorizzazio- Corallina elongata, Pseudolithophyllum cabiochae, ne sostenibile che coinvolga questo tratto di costa, con Peyssonellia squamaria). l’obiettivo di divulgarne i consistenti valori culturali Negli ambienti più riparati dalla luce si possono ed ambientali e nel contempo ridurre i rischi connessi trovare anche crostacei come il Palaemon serra- ad una frequentazione inconsapevole. 172 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Ringraziamenti

Questo lavoro viene svolto nel quadro di un più ampio progetto di studio delle cavità costiere del Parco Regionale dei Campi Flegrei, sostenuto dall’Assessorato all’Agricoltura, Parchi e Protezione Civile della Provincia di Napoli. I responsabili di questi due Enti non si sono limitati a patrocinare il progetto, ma lo alimentano continuamente di entusiasmo e di potenzialità. È perciò un piacevole dovere ringraziare l’Assessore Francesco Borrelli, il Presidente ed il Vicepresidente del Parco, Francesco Escalona e Luca Monsurrò, ed i funzionari Salvatore Di Benedetto e Giulio Monda. È altrettanto importante ringraziare i privati che non solo hanno consentito l’accesso alle proprietà, ester- ne ed ipogee, ma hanno anche contribuito con supporto logistico, informazioni di prima mano e con una partecipazione emotiva ed un’accoglienza veramente ammirevoli. Grazie quindi ai gestori del Lido Beach Brothers e del Ristorante Dragonara di Miseno, ed al proprietario della Struttura B, tutti concordi sull’op- portunità e sull’utilità di valorizzare una realtà locale di grande rilevanza storica, archeologica, culturale ed ambientale.

Bibliografia

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Carla Galeazzi, Barbara Bottacchiari

Centro Ricerche Sotterranee “EGERIA” - Via Nicola Nisco, 2 - 00179 Roma - www.egeriasotterranea.it Società Speleologica Italiana - Commissione Cavità Artificiali

Riassunto

San Lorenzo Vecchio è un paese che non esiste più. A raccontare una storia lunga, che parte nel VII secolo a.C. e si conclude nella seconda metà del 1700 quando i suoi abitanti vengono forzosamente trasferiti nel paese nuovo, restano un cartello all’inizio della strada privata e parecchi sprofondamenti. Qualche anno fa gli attuali proprietari hanno acquistato il fondo che, avvolto da un’unica intricatissima massa di rovi, nascondeva il vecchio paese e la storia dei suoi ultimi sfortunati abitanti. “Topographia Sancti Laurentii, sive Paese Vecchio” è il titolo dato alla nostra campagna di studi da Alessandro Fioravanti, l’ingegnere minerario che insieme al figlio Fabrizio ci ha invitato a raccogliere una sfida piuttosto difficile: provare a “ricostruire” l’antica topografia del Paese Vecchio attraverso l’analisi dei sotterranei ed il completamento della ricerca bibliografica.

Parole chiave: cavità artificiali, architettura rupestre, San Lorenzo Vecchio, San Lorenzo alle Grotte, Viterbo.

Abstract

Sancti Laurentii, sive old village preliminary report San Lorenzo Vecchio is a village that does not exist any more. Its story began in the seventh century B.C. and ended in the second half of 1700, when its inhabitants were forcedly moved to the new village. As testi- mony of this long story, we have a poster at the beginning of the private road and many subsidences. A few years ago the present owners purchased the estate that, covered by one entangled mass of thorny bushes, hid the old village and the memory of its last unfortunate inhabitants. “Topographia Sancti Laurentii, sive Paese Vecchio” is the title given to our investigation campaign by Alessandro Fioravanti, the mine engineer who, together with his son Fabrizio, has challenged us to a rather difficult task: the reconstruction of the topography of the Old Village, through bibliographic research and the study of the underground structu- res. The investigations will be followed by the making of a movie by part of Studio Blu Production, in co- operation with our speleological group.

Key words: artificial cavities, rocky architecture, San Lorenzo Vecchio, San Lorenzo alle Grotte, Viterbo.

Inquadramento storico-geografico Il sito sorge effettivamente su un colle tufaceo, situato in prossimità della riva nord del lago di Bolsena, il “E’ situata la terra di San Lorenzo in piano distan- più grande lago vulcanico d’Italia, a ridosso dell’antica te poco più di quattro miglia da Bolseno nel fine di Via Francigena e sulle sponde del torrente chiamato una valle che per linea retta va a terminare nel lago di la “Vena” (fig. 1). Marta ossia di Bolseno dove il tratto di due miglia o La collina fu utilizzata come necropoli dal villaggio forse più e la bocca di una tal valle porta direttamente etrusco che sorgeva sull’altura di fronte, fu poi pro- i venti sciroccali alla medesima. Il masso su cui resta babile nucleo romano collegato ad una villa limitro- piantato il paese è composto d’un tufo reniccio e breccio- fa e ancora insediamento medievale (castrum Sancti so che in ogni facilità sfalda e scioglie. D’esperimento Laurentii, come si evince dalla dettagliata relazione fatto con i picconi e gli stessi massi distaccati esistono del vescovo Francesco d’Orvieto datata 1281) ed infine intorno alle mura castellane nella parte ove queste so- fiorente centro agricolo-pastorale soggetto al potere no dirute l’ispezione alle grotte scavate sotto il masso del Papa grazie alla fertilità della pianura circostante. medesimo somministrano una sicura prova di simile L’acqua, che scorreva abbondante, era canalizzata per tufo.” Così l’abate Giulio Sperandini descriveva il bor- alimentare i numerosi mulini per il grano e le vasche go di San Lorenzo nel 1773. di macerazione per la canapa, creando invasi che poco 174 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 1 - Il lago di Bolsena e i suoi dintorni, in una cartografia del 1867 (Marchetti A., 1868-1869, Corografia di cinque provincie dello Stato Pontificio… , particolare) Fig. 1 - The Bolsena lake and its surroundings, in a map of 1867 (Marchetti, 1868-1869, detail).

a poco - anche a causa della scarsa ventilazione del paese per evitare che si trasformasse in rifugio per i luogo - si trasformarono in zone acquitrinose e mala- numerosi briganti della zona. riche. Nel 1700 la malattia non era stata ancora iden- “Il Papa volendo ad ogni modo la piena e totale de- tificata e fu fatale alla popolazione di San Lorenzo che molizione del paese, giusta il chirografo sopra men- in poco più di trent’anni si dimezzò. zionato, si agì da parte del Card. Pallotta contro ogni La diminuita manutenzione alle abitazioni e la pre- forma di riguardo e favoritismo rigettando polemiche e senza dei “salnitrari”, che perforavano la rupe per rac- discussioni; uno essendo il compito, quello di estirpare cogliere il salnitro utilizzato nella preparazione della la malaria col togliere fino alle radici ogni richiamo polvere da sparo e come conservante nella produzione di soggiorno e di convivenza, e l’altro che non restasse degli insaccati, furono le cause principali della deca- traccia di abitato convertibile in asilo e covo di mal- denza del borgo. fattori a perenne e continua minaccia della Strada La popolazione era ridotta allo stremo e fu più volte so- Consolare troppo frequentata da viandanti di ogni speso l’obbligo di pagare i tributi al governo pontificio. specie.” [Aureli, 1926]. Clemente XIV inviò sul posto l’abate Giulio Sperandini, In effetti, per comprendere meglio come dovevano affinché redigesse una dettagliata relazione sullo sta- presentarsi tali luoghi ecco una citazione tratta dal- to dei luoghi, in seguito alla quale fu deciso di trasferi- la “Descrittione di tutta l’Italia” di Leandro Alberti: re tutto l’abitato in una posizione più salubre. I lavori “…più in giù ritrovasi la città di CASTRO talmente per la costruzione di San Lorenzo Nuovo iniziarono da rupi, et caverne intorniata, che par a quelli che la nel 1774 e di lì a poco il vecchio paese si spopolò. Per veggono, più tosto d’entrare in una oscura spelonca da disposizione del Papa tutti i materiali riutilizzabili fu- selvaggi animali abitata, che da domestici uomini... rono smontati dal vecchio borgo e trasferiti nel nuo- seguitando detta via si arriva a S. Lorenzo vicino al vo, infine fu ordinata la totale distruzione del vecchio lago di Volsena.” [Alberti, 1550]. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 175 Fra gli altri, possiamo ipotizzare che di lì siano passati ne del luogo, talvolta chiamato San Lorenzo alle Grotte anche i briganti Tiburzi e Fioravanti che compirono similmente a San Lorenzo Grotte, con il quale si in- scorrerie in tutta la bassa Maremma. Temuti dai po- tendeva invece la più nota Grotte di Castro. Abbiamo tenti ma non del tutto invisi al popolo, se si pensa che dunque affinato più volte la ricerca rintracciando an- molti decenni dopo i contadini usavano ancora asse- che toponimi insoliti ma evidentemente inequivocabi- gnare i loro nomi alle coppie di buoi. li, quale ad esempio “San Lorenzo Rovinato”. Dal punto di vista archeologico non esistono emergen- ze degne di interesse. Secoli di stratificazione antro- Obiettivi dello studio pica, l’utilizzo quotidiano delle strutture scavate in antico come cantine e ricoveri ed infine l’abbandono Per tentare di ricostruire la topografia del luogo ab- del sito alla fine del 1700, protratto fino al 2000, ha biamo utilizzato materiali messi a disposizione dal determinato la totale spoliazione del luogo. proprietario del fondo, consistenti nella copia di un’in- Proprio per questo abbiamo deciso di occuparcene, li- cisione del pittore olandese Bartolomeus Breemberch mitando il nostro intervento alla “lettura” di ciò che è (che fu a Roma fino al 1629 - fig. 3), nella relazione del ancora visibile e percorribile con l’ausilio di tecniche già citato abate Sperandini del 1773, nel disegno di un speleologiche, escludendo qualsiasi scavo. Riteniamo, anonimo viaggiatore inglese che nel 1815 raffigurò il infatti, che la speleologia in cavità artificiali debba in- paese ormai deserto ed infine nella ricerca compiuta tervenire proprio nei casi in cui l’archeologo può fare dagli studenti della locale scuola media, ottimamente ormai poco o nulla, mentre dal punto di vista storico guidati dai propri insegnanti. e geografico rimane ancora molto da raccontare, so- Quest’ultima, realizzata lasciando che la fantasia dei prattutto trovandosi San Lorenzo (vecchio e nuovo) a ragazzi ricostruisse idealmente gli ultimi giorni di vi- margine della Via Francigena. ta del paese, costituirebbe già di per sé il soggetto per Memorie bassomedievali, appunto, notano come luogo un documentario suggestivo. di tappa della Via Francigena anche il vecchio paese di Ulteriori indagini bibliografiche hanno confermato la San Lorenzo, nel quale si fermò Michel De Montaigne, scarsità di materiale documentale disponibile, esisten- che nel suo “Journal de voyage en Italie par la Suisse do peraltro una diffusa confusione sulla denominazio- et l’Allemagne en 1580 et 1581”, non dimostrando di

Fig. 2 - I resti di San Lorenzo Vecchio sono ormai ricoperti dalla vegetazione. Solo gli ipogei, corrispondenti alle cantine ed ai locali più bassi, ne rendono possibile l’identificazione (foto C. Germani). Fig. 2 - The remains of Saint Lawrence the Old are by now covered by the vegetation. Only the hypogea, corresponding to the cellars and to the lowest rooms, allow nowadays to recognize the village location (photo C. Germani). 176 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Veduta di San Lorenzo Vecchio. Incisione del pittore olandese Bartolomeus Breemberch (o Breembergh; 1598 - 1657). Fig. 3 - Saint Lawrence the Old in an engraving by the Dutch painter Bartolomeus Breemberch (or Breembergh; 1598-1657).

Fig. 4 - Ambiente sotterraneo semi ostruito, probabilmente adibito a culto cristiano (foto C. Germani). Fig. 4 - An underground room half-clogged up, likely used for Christian cult (photo C. Germani). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 177

Fig. 5 - Ipogeo etrusco riadattato. Sull’ingresso è incisa la data 1586 (foto C. Germani). Fig. 5 - An Etruscan hypogeum, largely modified. On the entrance, the date 1586 is engraved (photo C. Germani). gradire in modo particolare le strutture di accoglienza ficative, trasferendo tutti i dati acquisiti sul campo in del luogo, annotò telegraficamente: “San Lorenzo 16 un data base di facile consultazione. miglia: cattivi alberghi”. Lo scopo è tentare una ricostruzione della topografia del Nel 1500, in occasione dell’Anno Santo ricordato anche vecchio paese, sulla base delle strutture ancora iden- come Giubileo “dei ritardatari”, perché a causa della tificabili e delle scarse notizie raccolte in bibliografia. notevole affluenza di romei il pontefice Alessandro La tipologia prevalente è relativa a camere sepolcra- VI fu costretto a protrarre l’elargizione delle indul- li di epoca etrusca, riadattate più volte nel corso dei genze di qualche giorno, la chiesa impose ai venditori secoli per successivi utilizzi civili (abitazioni, cantine, un calmiere dei prezzi affinché non approfittassero ecc.), ma è da notare come molti degli ipogei rinvenu- della situazione. Ciò nonostante nel febbraio di quel- ti siano tali solo per il crollo delle architetture sopra- l’anno, lungo la Cassia, e precisamente nei territori di stanti. In questi casi ci si trova di fronte soprattutto Acquapendente, San Lorenzo (Vecchio), Montefiascone a strutture facilmente identificabili come stalle, ma e Bolsena si registrarono prezzi del vino comune ben poste ormai a 4-5 metri di profondità. Ai margini della più alti del dovuto [Galeotti, 2002]. rupe tufacea sono ancora visibili i colombari più volte ricordati nei testi, mentre all’interno della collina so- no stati rinvenuti anche i pochi resti delle tre chiese Gli ipogei descritte dallo Sperandini, ormai ipogee per il crollo delle strutture soprastanti (figg. 4 e 5). Ad oggi sono state censite un centinaio di strutture La campagna di studi del Centro Ricerche Sotterranee ipogee, numerate progressivamente, descritte e foto- “Egeria” proseguirà ancora per qualche mese ed i ri- grafate. Sono state inoltre rilevate in dettaglio una sultati conclusivi saranno pubblicati su questa stessa quarantina di cavità ritenute al momento più signi- rivista. 178 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Bibliografia

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Giacinto Cosimo Gentile, Salvatore Ficocelli

Gruppo Speleo Statte, [email protected]

Riassunto

L’Acquedotto del Triglio è un antico acquedotto probabilmente di origine romana, presente in provincia di Taranto, che si sviluppa in parte in ipogeo ed in parte in superficie. Ha avuto l’importante compito di rac- cogliere l’acqua nel sottosuolo tra i Comuni di Statte e Crispiano e di portarla, con la sola forza di gravità, nel comune di Taranto. Ancora oggi l’opera capta le acque, ma è oramai in disuso da quasi ottant’anni. Le acque sono state analizzate periodicamente ed il presente lavoro ne riporta gli ultimi risultati. Di recente il Comune di Statte sta portando avanti, grazie ad alcuni finanziamenti pubblici, una serie di lavori di sistemazione di un tratto dell’ipogeo ai confini con il Comune di Crispiano, uno dei partner del progetto, in una zona di bellezza paesaggistica non comune quale la verdeggiante gravina del Triglio. Tali lavori, ancora in corso di esecuzione, mirano alla ristrutturazione di una parte dell’acquedotto di circa 400 metri, mediante la pulizia del tratto ipogeo interessato, la sistemazione dei pozzetti di sfiato ed un succes- sivo consolidamento e restauro di alcune zone distrutte o comunque non più funzionali. L’intera area, di circa 5000 m2, è divenuta facilmente accessibile attraverso altre opere di risanamento della parte superficiale, grazie alla sistemazione del terreno e del verde, con la valorizzazione delle essenze tipiche della macchia mediterranea e dei resti delle civiltà rupestri presenti, contesto nel quale si inserisce l’opera. Il tutto al fine di agevolare la futura fruizione dell’ipogeo e per consentire a coloro che non volessero o non potessero entrare negli stretti cunicoli di poter ugualmente godere in maniera più agevole del luogo. L’obiettivo è quello del recupero di questa parte del condotto al fine di tutelarlo, valorizzarlo e renderlo visitabile, inserendolo in un contesto territoriale più ampio, con l’idea base di un turismo itinerante, che mostri i molteplici interessanti aspetti del territorio tarantino.

Parole chiave: acquedotto sotterraneo, recupero, valorizzazione, lavori di restauro, Triglio.

Abstract

Repair works in the Triglio aqueduct (Taranto, Puglia) and water analysis The Triglio aqueduct is an ancient hydraulic work, probably of Roman origin, in the province of Taranto, partly developing underground and partly at the surface. It had the important task to collect the water between Statte and Crispiano and to carry it, under gravity, to Taranto. Water flowing in the Triglio aqueduct has been analyzed periodically and in this work are present the updated results. Recently, the Statte municipality is carrying out, thanks to public funds, some restoration works on a subterranean stretch located near the boundary with the territory of Crispiano, which municipality also takes part in the project. The surrounding area is particularly attractive for the presence of the Triglio gravina (a local name for karst valleys). These activities, still in progress, aim at the restoration of 400 meters of the aqueduct through cleaning works, restoring of the air shaft, and consolidation of the destroyed areas. This area of 5000 m2 has become easily accessible by previous works aiming at preserving and exalting the typical local mediterranean scrub and the archeological sites of rupestrian civilizations. The target of this project is the restoring of the aqueduct to preserve and enhance it, in order to make it exploitable, thus increasing the tourism in the area around Taranto.

Key words: subterranean aqueduct, restoration works, air shaft, revaluation, Triglio. 180 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Introduzione L’opera

L’acquedotto del Triglio, così denominato per la sua L’acqua è una risorsa che fondamentalmente non ha vicinanza all’omonima gravina, è una monumenta- mai smesso di essere il presupposto di qualsiasi inse- le opera idraulica presente nei territori di Statte, diamento umano. Essa pone all’uomo sostanzialmente Crispiano e Taranto che raccoglie il prezioso elemento tre problemi strettamente connessi tra loro: individua- idrico nelle alture a nord della provincia e lo convoglia re dove essa si trovi, realizzare un modo efficace per verso la città di Taranto. trasportarla dove occorre e infine studiare un siste- La Gravina del Triglio è conosciuta per la sua impor- ma per conservarla e sfruttarla nel modo più continuo tanza storica ed è uno dei più antichi insediamenti ru- possibile. Sin dall’antichità l’uomo ha dovuto misurar- pestri del territorio tarantino; fu abitata fin dall’era si con questi inevitabili problemi, trovando soluzioni primitiva come testimoniano numerose testimonianze ingegnose per rendere disponibile l’acqua a intere culturali e ritrovamenti (Cippone, 2001). città ricercando sorgenti naturali, scavando cisterne e Oggi l’area della gravina viene utilizzata da pastori e aprendo pozzi dai quali attingerla quotidianamente. da contadini per colture di grano, vite, mandorli, oli- Diverse sono le questioni ancora irrisolte su questo veti ed ortaggi e risulta percorsa da un costante flusso acquedotto nonostante la sua veneranda età. Non si idrico che diviene importante in caso di eventi piovo- vuole in poche righe affrontare tali argomenti, anche si. perché sono ancora in corso di esecuzione indagini fi- L’opera, costituita da un condotto sotterraneo (fig. 1) nalizzate ad ottenere ulteriori chiarimenti. Si ritiene e da una parte in superficie, si presenta in generale però utile fornire qualche cenno per chi non conosce in stato di abbandono, ma per buona parte ancora fun- dettaglio quest’opera e rimandare alle specifiche pub- zionale. I pozzetti (detti anche pozzelle o sfiatatoi), blicazioni prodotte sull’opera per gli approfondimenti strette gallerie verticali che partono dall’acquedotto di merito (Becchetti, 1897; Conte, 2005; Delle Rose ed arrivano sul piano di campagna (figg. 2 e 3), sono et al., 2006). l’unico congiungimento dell’ipogeo con l’esterno. Gli sfiatatoi, utilizzati come via di accesso per la costru- L’origine. Le opinioni in merito sono discordi. La mag- zione dell’opera, sono importanti per il buon funzio- gior parte degli studi, comprese recentissime indagini namento della struttura. Sono dislocati in campagne (Conte, 2005), datano la costruzione in epoca romana. e terreni spesso privati, interessando anche il centro Diversi sono stati i lavori di manutenzione, restauro abitato di Statte. ed ampliamento che l’opera ha subito dalla sua nasci- È singolare incontrare questi grandi manufatti tufa- ta ad oggi. Per questo gli ultimi studi sono resi ancora cei mentre si attraversa il paese. Alcune pozzelle sono più difficoltosi, dato che di veramente antico di que- crollate o sono state abbattute, altre necessiterebbero st’opera restano solo alcuni tratti degli scavi sotterra- di interventi di manutenzione straordinaria. Alcuni nei, che non hanno subito modifiche significative tali tratti ipogei, principalmente nella parte “alta”, sono da far riconoscere il “tocco” romano nella costruzione. allagati e impraticabili, a volte a causa di piccoli crolli, Queste osservazioni sono supportate da una serie di mentre diversi tratti emersi non sono più esistenti a documenti depositati negli archivi storici. causa delle vicende storiche dei luoghi. L’opera si ri- Poche civiltà sono riuscite ad eguagliare il sistema tiene sia stata costruita proprio per alimentare la città idrico costruito dai romani, che per certi versi anti- di Taranto o il suo porto. cipò in maniera impressionante le tecnologie messe a punto, duemila anni dopo, dalle moderne società indu- strializzate. I romani si erano così dimostrati capaci di risolvere egregiamente alcuni problemi di fisica legati all’utilizzo dell’acqua. Per altri versi, però, rimaneva-

Fig. 1 - Pianta di un tratto dell’acquedotto in zona Boccaladrona - Crispiano (Taranto). Fig. 1 - Plan of a sector of the aqueduct at Boccaladrona locality - Crispiano (Taranto). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 181

Fig. 2 - Sezione longitudinale di un tratto dell’acquedotto in zona Boccaladrona - Crispiano (Taranto). Fig. 2 - Longitudinal section of a sector of the aqueduct at Boccaladrona locality - Crispiano (Taranto).

Fig. 3 - Sezioni trasversali dei pozzi di un tratto dell’acquedotto in zona Boccaladrona - Crispiano (Taranto). Fig. 3 - Transversal section of the wells of a sector of the aqueduct at Boccaladrona locality - Crispiano (Taranto). no irrisolti alcuni problemi tecnici: c’era, in particola- L’acqua è certamente appartenente ad una falda su- re, una grande perdita di acqua, dovuta sia all’imper- perficiale (cfr. oltre) di non ben definita estensione, ma fezione delle giunture, sia alla mancanza di rubinetti che da una prima analisi pare ben più ampia rispetto e di saracinesche resistenti. all’area nella quale insistono le diramazioni della re- te di condotte-sorgenti. La particolare morfologia del Le fonti. Altro quesito interessante è quello dell’alimen- territorio fa pensare che la falda, oltre che dalla perco- tazione idrica dell’acquedotto, delle sorgenti, termine lazione, venga alimentata da falde contigue o da falde improprio con il quale si indicano i diversi punti che molto più “importanti” che traggono origine nelle altu- costantemente ricaricano d’acqua la parte sotterranea. re della Murgia. Si ritiene probabile la presenza di un L’alimentazione avviene in diversi modi: captando le substrato impermeabile, non necessariamente di na- acque dalla falda come una galleria drenante, racco- tura argillosa, che “trattiene” queste preziose acque in gliendo e convogliando le acque di percolazione, con- una zona superficiale del terreno. Ciò ne impedisce la vogliando “semplicemente” le acque che sgorgano da discesa nelle zone più profonde dei calcari, come avvie- profondi pozzi (fig. 4) situati probabilmente in punti ne solitamente in territori limitrofi, come a Grottaglie “strategici”. e Manduria, originando così alcune sorgenti. 182 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Sezioni trasversali di un tratto dell’acquedotto in zona Boccaladrona - Crispiano (Taranto). Fig. 4 - Transversal sections of a sector of the aqueduct at Boccaladrona locality - Crispiano (Taranto).

I lavori e i finanziamenti itinerari lungo i quali indirizzare i flussi del turismo culturale e naturalistico. Il progetto prevede oltre al Nel 2007 il Comune di Statte ha avviato, a seguito recupero degli ambienti ipogei del Triglio la sistema- dell’ottenimento di finanziamenti pubblici, lavori di zione dell’area esterna adiacente la gravina mediante recupero di un tratto dell’ipogeo; attività che mira alla la pulizia del letto della stessa, con la rimozione dei ri- ristrutturazione di una parte dell’acquedotto di circa fiuti, e la realizzazione di sentieristica attrezzata con 400 metri. L’intervento in oggetto rientra nell’ambi- cartelli didattici e punti di osservazione. to del Programma Integrato Settoriale (P.I.S.) n. 13 È prevista la pulizia, consistente nella rimozione dei denominato “Itinerario Turistico - Culturale Habitat rifiuti e nell’eliminazione di limi, depositi e radici nel- Rupestre”. la parte interna dell’acquedotto, la ricostruzione degli Il P.I.S. n. 13 prende in considerazione due aree pro- imbocchi dissestati con l’impiego di materiale ancora tette: il parco regionale della Terra delle Gravine ed il presente in loco integrato da altro di nuova fornitura, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, due aree che svol- il ripristino degli sfiatatoi esistenti, la messa in opera gono un ruolo fondamentale per la difesa e la valoriz- di porte e chiusini, l’eventuale consolidamento a mez- zazione delle Gravine. Il progetto prevede la valorizza- zo di iniezioni di resina epossidica o imperniazione con zione ed il recupero sia di un tratto ipogeo dell’acque- barre di acciaio inox, ed infine la realizzazione di scale dotto del Triglio, ricadente nel Comune di Statte, sia alla marinara all’interno degli sfiatatoi per l’ingresso delle aree esterne contermini alla stesso acquedotto e l’uscita dall’acquedotto. che corrono lungo la vicina gravina del Triglio al con- fine del Comune di Crispiano, anch’esso partner del progetto, con il quale si è avviata una intensa sinergia. Speleologicamente… Tra gli obiettivi prioritari vi è quello di garantire la migliore utilizzazione dell’area allo scopo di assicu- Vista la tipologia degli ambienti, il Gruppo Speleo rare adeguati e continuativi servizi, da indirizzare al Statte (GSS) è stato coinvolto per collaborare ai lavori soddisfacimento di ampie e differenziate categorie di in diverse fasi, dapprima per fornire ai progettisti le bisogni, esigenze ed interessi collettivi in tema di tem- informazioni necessarie ed in seguito per documenta- po libero e cultura. re i lavori ed essere di supporto alle imprese esecutrici Il sito potrà diventare una tappa significativa degli affiancando un’archeologa. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 183 Uno dei più importanti interventi effettuati è stata la chimici rivelò valori accettabili di nitrati, cloruri e rimozione di un muro di sbarramento, certamente non solfati, mentre i fosfati risultarono elevati rispetto ai l’unico, costruito tempo addietro in maniera abusiva. limiti consentiti, sicuramente a causa dell’infiltrazio- Lo sbarramento causava l’innalzamento del livello ne di prodotti usati per la fertilizzazione agricola e di dell’acqua in maniera da non consentire un corretto detergenti. Nell’analisi dei metalli pesanti la differen- deflusso delle acque e tale da allagare completamente za tra la situazione di monte e quella di valle risultò alcuni tratti rendendoli impercorribili. Questa altera- evidente e decisamente sfavorevole per la seconda. zione della struttura ha causato una eccessiva sedi- L’esame microbiologico delle acque fu condotto allo mentazione di fango, che prima della fase di bonifica scopo di verificare la presenza di indicatori batterici raggiungeva i 50 centimetri, rendendo difficoltosa la tipici della contaminazione fecale. L’esito di questi semplice progressione. A seguito della “disostruzione” controlli diede conferma della non potabilità delle ac- è stato possibile percorrere questi “nuovi” tratti nei que a causa della probabile infiltrazione sia di scari- quali le pareti, e in alcuni passaggi anche le volte, risul- chi abusivi, di cui si ebbe successivamente riscontro tavano completamente annerite. I lavori sicuramente visivo, sia di acque provenienti da depuratori comu- renderanno più funzionale ed esteticamente più gra- nali limitrofi, che in quel periodo non operavano come devole il manufatto. Un’ulteriore difficoltà per l’esecu- avrebbero dovuto. zione dei lavori è stata la costante presenza di acqua. Dai dati analitici ottenuti risultò evidente che l’acqua del Triglio fosse influenzata negativamente dalle fonti di inquinamento presenti in superficie e tale condizio- Analisi e considerazioni sull’acqua ne poteva rappresentare una minaccia per le risorse idropotabili sotterranee. Da molti anni il GSS verifica periodicamente la qualità Le indicazioni suggerite da tale ricerca furono messe delle acque che scorrono nell’acquedotto del Triglio me- a disposizione delle autorità e della comunità locale diante il prelievo di campioni effettuato lungo il traccia- per contribuire al raggiungimento di un obbiettivo di to della condotta ipogea in punti ritenuti rappresenta- tutela dell’acquedotto. tivi del contesto ambientale in cui insiste l’acquedotto. Nel 2005 l’amministrazione comunale di Statte fece Già nel 1995 il GSS coordinò una prolungata indagi- richiesta al GSS di una nuova e più approfondita cam- ne delle qualità chimico–fisiche e batteriologiche delle pagna di rilevamento metrico di un tratto della con- acque del Triglio (Gentile & Mauro, 1999), condotta dotta per realizzare le attività descritte nel presente presso i laboratori dell’ Istituto Tecnico “A. Pacinotti” contributo. Nello stesso anno il GSS ha coordinato il di Taranto, che evidenziò lo stato di salute delle stesse controllo analitico eseguito dall’Istituto Professionale e che permise di verificare come gli elementi antropici “Cabrini” di Taranto che ha analizzato nuovi campioni presenti sul territorio rappresentassero effettivamen- di acqua, negli stessi punti già controllati dagli speleo- te fattori di stress per la qualità delle acque. logi, i quali hanno confermato la presenza di coliformi I risultati dimostrarono che le acque, campionate an- e streptococchi fecali e quindi la persistenza di infil- che presso una delle sorgenti, erano pure all’inizio del trazioni di liquami. loro percorso per poi mostrare un progressivo depau- Nel periodo tra ottobre 2006 e marzo 2007 (tabb. 1 e 2) peramento della loro qualità. sono stati eseguiti ulteriori controlli (Conte & Ficocelli, La determinazione quali-quantitativa dei parametri 2007) per verificare eventuali variazioni delle concen- trazioni degli inquinanti e programmare nuove in- dagini, anche alla luce dei previsti lavori di recupero dell’acquedotto. I risultati ottenuti hanno confermato le criticità già evidenziate in passato ovvero l’inqui- namento microbiologico delle acque, in tutti i punti controllati. L’inquinamento da metalli pesanti è cau- sato, probabilmente, dal dilavamento superficiale dei suoli, interessati dalle ricadute di origine industriale. Tab. 1 - Quadro d’insieme delle analisi effettuate nel 2007 (Monte = tratto di confluenza in zona Triglio / Valle = vasche L’ultima verifica effettuata è stata condotta di recente, di raccolta). nel maggio 2008. I dati analitici relativi ai campioni Tab. 1 - Summary of water analysis carried out in 2007 (Monte prelevati ci hanno confermato le criticità già eviden- = confluence at the Triglio locality / Valle = tanks). ziate (tabb. 3 e 4).

Tab. 2 - Analisi microbiologiche effettuate nel 2007 (Monte = tratto confluenza in zona Triglio / Valle = vasche di raccolta). Tab. 2 - Microbiological analysis carried out in 2007 (Monte = confluence at the Triglio locality / Valle = tanks). 184 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 I dati riportati in tabella 3 sembrano coincidere con un aumento delle concentrazioni dei metalli forse do- vuto anche al rimaneggiamento del sedimento nelle operazione sopra descritte. Sarà interessante verifi- care se tale condizione cambierà nel prossimo futu- ro con la stabilizzazione delle condizioni ambientali. Tab. 4 - Risultati analitici a maggio 2008 (Monte = tratto Miola- Permangono le criticità relative alla qualità micro- Alezza / Valle = vasche di raccolta). Tab. 4 - Analytical results in May 2008 (Monte = sector Miola- biologica delle acque dovute ad infiltrazioni di origine Alezza / Valle = tanks). fecale, già derivanti da immissioni a monte del tratto oggetto di lavori e che si ripercuotono negativamente tivi tecnici dovuti alla presenza del cantiere il cam- fino alla fine del percorso delle acque. pionamento è stato effettuato in un punto interessa- to dalle acque provenienti da una delle ramificazioni Gli ultimi dati non sono del tutto confrontabili con i sotterranee, mentre in passato il pozzo scelto per il precedenti per il punto più a monte in quanto per mo- prelievo ricadeva oltre la congiunzione di tutte le ra- mificazioni.

Conclusioni

I lavori descritti sono ancora in fase di esecuzione, anche se la parte ipogea è stata quasi completata. Il tratto interessato rappresenta una piccola porzione dell’intera opera. Seppure questa parte da rendere fruibile sia stata temporaneamente chiusa anche a chi, come noi, ha sempre a cuore il mondo sotterraneo, in essa si intravede un punto di partenza di una presa di coscienza da parte della comunità, ed in particola- re delle amministrazioni, sull’importanza di questo tipo di opere e sulla loro possibile utilizzazione come risorsa e non come bene da dismettere. Non sappiamo Tab. 3 - Risultati analitici a maggio 2008 (Monte = tratto Miola- quanto effettivamente si porterà avanti quest’idea di Alezza / Valle = vasche di raccolta). valorizzazione, ma ci si augura che in futuro almeno Tab. 3 - Analytical results in May 2008 (Monte = sector Miola- non si intervenga in maniera distruttiva in nessun Alezza / Valle = tanks). punto dell’acquedotto.

Ringraziamenti

Un ringraziamento a Pino Mauro per la travagliata collaborazione, a Mariangela Di Geronimo, Angelo Miccoli e Dino Grassi.

Bibliografia

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Carlo Germani

Centro Ricerche Sotterranee “Egeria”, www.egeriasotterranea.it

Riassunto

Viene presentato lo studio dettagliato del vasto complesso cunicolare del Fosso di Ponte Terra (San Vittorino, Roma), che si sviluppa per circa un chilometro a monte e a valle del Ponte. I cunicoli, presenti in entrambe le pareti della forra, appaiono di grande antichità sia per la fattura sia perché risultano inter- cettati da altre opere antiche. Fra le opere osservate vi sono i resti di due acquedotti assieme ai resti di un probabile acquedotto non terminato. Altri cunicoli sono di più dubbia interpretazione. Viene infine tentata una ricostruzione della complessa storia idraulica del Fosso.

Parole chiave: Ponte Terra, San Vittorino, cunicoli, acquedotti.

Abstract

Ponte Terra (San Vittorino, Rome, Italy): new speleologic investigations We present a detailed study of the large system of cuniculi in the Fosso of Ponte Terra (“Ravine of the Earth Bridge”, San Vittorino, Rome). The system develops for about one km up and downstream the Bridge. The cuniculi are found on both sides of the ravine and appear to be quite old, both due to the workmanship and because they are intercepted by other antique works. Among the works examined there are the remains of two acqueducts, together with the remains of an acqueduct that very likely has never been completed. Other cuniculi are more difficult to interpret. Finally we attempt to reconstruct the complex hydraulic history of the Fosso.

Key words: Ponte Terra, San Vittorino, cuniculi, acqueducts.

Introduzione vera e propria forra profonda una cinquantina di metri sul piano di campagna e con pareti verticali alte fino La forra di Ponte Terra, situata poco a Nord dell’abita- a venti metri. Questo tratto è particolarmente interes- to di San Vittorino (Roma), è interessata da un vasto sante non solo per le strutture cunicolari presenti e di complesso di opere cunicolari, alcune delle quali co- cui si discuterà nel seguito, ma anche per il peculiare sì arcaiche da essere intercettate e distrutte da altre microclima che consente la presenza di una fitta vege- opere antiche, quali la strada e lo sbarramento artifi- tazione solitamente presente a quote maggiori nonché ciale su cui questa attraversa la stretta valle. di alcune rare specie di felci. Questo imponente riempimento terroso, il “ponte ter- ra”, chiude la valle per tutta la sua larghezza, mentre il regolare deflusso delle acque è consentito da due Storia delle conoscenze ampie gallerie artificiali, una sola delle quali è attual- mente attiva, essendo l’altra quasi completamente in- La grande costruzione in terra e le due gallerie di by- terrata. La maggior parte degli autori che hanno trat- pass del torrente vengono datate tra la seconda metà tato questa antica struttura concordano sul fatto che del III sec. a.C. e la prima metà del II secolo a.C. La lo sbarramento è da ritenersi di origine artificiale. struttura doveva consentire il collegamento tra l’an- Il Fosso di Ponte Terra, lungo una decina di chilometri tica Tibur e Praeneste, superando in questo punto il e percorso da un flusso d’acqua perenne, è un affluente profondo fosso di Ponte Terra. di sinistra dell’Aniene. A partire dalle sorgenti, che si Purtroppo non si hanno per questo Ponte Terra o per gli trovano sul versante sud dei monti Tiburtini e su quel- altri “ponti” analoghi precisi riferimenti storici o lette- lo occidentale dei Prenestini, il corso d’acqua assume rari, mentre sono scarsissimi i dati tecnici ed archeolo- vari nomi (Fosso di Gericomio, Sbarra, di Pussiano) e gici. La datazione è quindi originata dall’analisi del con- nel tratto finale (Fosso di Ponte Terra) scorre in una testo e attraverso il confronto con strutture analoghe. 186 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Mappe antiche 1927 ne ipotizza una origine almeno in parte artificia- Il “ponte” era certamente usato nel Medio Evo per age- le, mentre per una chiara attribuzione delle gallerie volare il collegamento tra gli abitati di Tivoli e San all’opera dell’uomo occorre attendere gli anni ’70. Vittorino, ma la prima rappresentazione cartografica Una prima descrizione dei cunicoli di Ponte Terra la risale al XVII secolo ad opera di G.F. Ameti che, nel troviamo ad opera del prof. G. De Angelis D’Ossat, nel suo “Il Lazio con le sue più cospicue strade...” edito nel 1910, nei resoconti di una conferenza tenuta presso la 1693, mostra il fosso di Ponte Terra, disegnato peraltro Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani (De in modo estremamente schematico e senza indicazione Angelis d’Ossat, 1910). D’Ossat riferisce che il rinveni- del toponimo, attraversato da quattro mulattiere che mento delle opere idrauliche fu “occasionato” dallo stu- convergono nei pressi di San Vittorino (fig. 1). dio della sorgente dell’acqua ferrata posta poco a monte Nel 1739 Diego de Revillas nella sua carta “Diocesis et di Ponte Terra. I molteplici cunicoli sono interpretati Agri Tiburtini Topographia” mostra, ancora in modo come opere di derivazione dell’acqua verso le valli con- molto schematico e senza toponimo, il fosso attraver- tigue mentre il “ponte” viene definito naturale (fig. 3). sato nei pressi di San Vittorino da una sola mulattiera Nel 1927 Ashby cita brevemente Ponte Terra nella sua che collega questo centro a Tivoli (fig. 2). opera “La Campagna Romana nell’età classica” indi- La strada che attraversa il fosso di Ponte Terra com- candolo come “non del tutto artificiale” (Ashby, 1927). pare anche nelle carte di G.E. Westphal (“Carta topo- Nel 1959 il prof. Scotoni pubblica sul Bollettino del- grafica della Campagna di Roma”, 1827) e in quelle di la Società Geografica Italiana un articolo dal tito- G. Gell e A. Nibby (“Carta dei dintorni di Roma”, varie lo: “Ponte Terra: un ponte naturale presso Tivoli” versioni del 1827, 1837 e 1848) sempre però senza l’in- (Scotoni, 1959). Il titolo non lascia dubbi sulle opinio- dicazione del toponimo che compare solo nel 1877, nel- ni di Scotoni circa la natura del sito, mentre le analisi la prima carta in scala 1:25.000 realizzata dall’IGM idrologica e geologica appaiono complete e di notevole con la consueta estrema cura e precisione. interesse. Nel 1977 il prof. L. Quilici cita brevemente il si- Letteratura archeologica to di Ponte Terra nella sua opera dedicata alla Via La letteratura archeologica è piuttosto avara di cita- Prenestina, identificando come artificiale sia la gran- zioni riguardo ai cunicoli di Ponte Terra e, stranamen- de galleria di drenaggio sia il ponte vero e proprio. te, all’inizio del secolo scorso identifica le due grandi Anche F. Ravelli e P.J. Howarth, nel 1988, identifi- gallerie con un fenomeno naturale. Solo Ashby nel cano come artificiali i cunicoli e pubblicano un primo

Fig. 1 - Particolare della carta “Il Lazio con le sue più cospicue strade...” edita nel 1693 e opera di G.F. Ameti (grafica CRSE, 2008). Fig. 1 - Detail of the map “Il Lazio con le sue piu’ cospicue strade...” by G.F. Ameti, 1693 (drawing by CRSE, 2008). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 187

Fig. 2 - Particolare della carta “Diocesis et Agri Tiburtini Topographia” realizzata nel 1739 da Diego de Revillas (grafica CRSE 2008). Fig. 2 - Detail of the map “Diocesis et Agri Tiburtini Topographia” by Diego de Revillas, 1739 (drawing by CRSE, 2008).

Fig. 3 - La prima rappresentazione di Ponte Terra ad opera del prof. De Angelis D’Ossat. Da De Angelis d’Ossat G., 1910. Fig. 3 - The first representation of Ponte Terra by De Angelis D‘Ossat, in De Angelis D‘Ossat, 1910. 188 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Rilievo delle grandi gallerie di Ponte Terra realizzato nel 1990 da G. Cappa e altri. Da Felici A., Cappa G., 1990. Fig. 4 - Plan of the big tunnels at Ponte Terra made in 1990 by G. Cappa et al., in Felici A. and Cappa G., 1990.

sommario rilievo del sistema idraulico, evidenziando anche la grande galleria interrata sulla riva sinistra, fino a questo punto ignorata dalla letteratura. Nel 1991 il prof. Z. Mari, nella sua opera Tybur IV, offre la prima e più esauriente descrizione delle opere idrauliche di Ponte Terra, soffermandosi non solo sul- le grandi gallerie ma anche sui numerosi cunicoli da queste intercettati. L’opera della dott.ssa Stefania Quilici Gigli, del 1996, fornisce infine un quadro articolato e completo sui co- siddetti “ponti sodi” e “ponti terra” nonché una inter- pretazione estremamente efficace e corretta del Ponte Terra di San Vittorino.

Letteratura speleologica I cunicoli di Ponte Terra inaugurano la proficua sta- gione della speleologia in cavità artificiali nel Lazio, essendo i primi ad entrare nel Catasto relativo (CA 1 LaRM). Nel 1990 G. Cappa, V. Castellani, W. Dragoni ed A. Felici presentano al XVI Congresso nazionale di spe- leologia una prima analisi delle strutture di Ponte Terra ed il rilevo delle due grandi gallerie e dei vari cunicoli da esse intersecati (fig. 4). Il rilievo, da noi usato come base di discussione, è opera degli autori citati e di Gianni Mecchia e Maria Piro, dello Speleo Club Roma (SCR). Nello stesso anno l’analisi viene ripresentata in forma ridotta sulla rivista della Società Speleologica Italiana “Speleologia” e l’anno successivo sulla rivista dello SCR. Nel 1999, infine, V. Castellani pubblica in “Civiltà del- l’acqua” un ultimo vasto studio dei sistemi cunicolari di Ponte Terra soffermandosi non solo sulle grandi Fig. 5 - Il prof. Vittorio Castellani, perplesso, durante una esplo- gallerie, ormai ampiamente documentate, ma anche razione a Ponte Terra nel 2003. Le prime calate in parete han- sui numerosi e poco indagati cunicoli presenti a monte no appena dimostrato che probabilmente l’acquedotto alto di sinistra non esiste o è incompiuto (foto C. Germani). e a valle della struttura più nota. Fig. 5 - Vittorio Castellani, looking perplexed, during a survey at Gran parte degli studi effettuati dal Centro Ricerche Ponte Terra. The first descents along the ravine cliffs have just Sotterranee “Egeria” (CRSE) partono proprio da que- shown that the highest acqueduct on the left side is very likely sta pubblicazione e ad essa fanno riferimento. non-existent or incomplete (photo by C. Germani). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 189

Descrizione degli ipogei opere di Giulio Cappa e Vittorio Castellani prima ci- tate mentre per una disamina più completa dei cosid- La mancata esplorazione dei tanti cunicoli visibili sulle detti “ponti terra” e “ponti sodi” si rimanda all’opera di pareti della forra di Ponte Terra era fonte di particola- Stefania Quilici Gigli. re cruccio nell’amico Vittorio Castellani che, con la sua Brevemente, si tratta di due grandi gallerie artificiali insistenza, nel 2003 ci ha indotto ad intraprendere la scavate sulle sponde N e S del fosso di Ponte Terra nel sistematica esplorazioni di tutte le strutture visibili. suo punto più stretto, dove un enorme massa terrosa I primi risultati, come spesso accade in questi casi, di origine artificiale sbarra il corso del torrente con- hanno subito stravolto molte delle ipotesi fatte in pre- sentendone l’attraversamento. cedenza (fig. 5), come vedremo nel seguito. La galleria a nord (destra idrografica) è tutt’ora “at- La scomparsa di Vittorio ha poi bloccato a lungo le ri- tiva” ed è percorsa dal torrente che, nei secoli, ne ha cerche del CRSE, che sono riprese in modo sistematico eroso il fondo abbassandone il livello di circa due metri solo nel 2007. (fig. 7). La galleria di sinistra si presenta in gran parte Con molta pazienza, sfidando il caldo e le zanzare, tut- interrata - per questo viene a volte definita impropria- te le strutture presenti nella zona tra le grandi gallerie mente “fossile” - ma con dimensioni sostanzialmente e per circa un chilometro a monte e a valle, sono state simili al tunnel di destra. raggiunte, rilevate ed i disegni sviluppati in AutoCAD Nella realizzazione di entrambe sono stati intercetta- (fig. 6a - 6g). ti e distrutti vari ordini di cunicoli idraulici eviden- A lavoro terminato (ma questo tipo di esplorazioni temente preesistenti e forse usati come “guida” nello quasi mai può dirsi veramente ultimato) è stato possi- scavo, come ben evidenziato nel rilevo eseguito da G. bile suddividere gli ipogei in una serie di gruppi omo- Cappa nel 1990. genei qui di seguito discussi. La funzione delle grandi gallerie è evidentemente quel- la di aggirare il punto più stretto della forra, consen- Grandi Gallerie di Ponte Terra tendone il riempimento e la realizzazione della stra- Le grandi gallerie di Ponte Terra sono note e per una da. Le grandi dimensioni sono dovute alla necessità di loro descrizione dettagliata si rinvia senz’altro alle smaltire le piene del torrente mentre non è chiaro il

Fig. 6a - Planimetria d’insieme dei sistemi cunicolari rilevati a Ponte Terra, a valle e a monte delle grandi gallerie. Nella figura è riportata la suddivisione delle successive mappe di dettaglio 6b-6g (esplorazione e rilievo CRSE, 2003- 2008; grafica e CAD C. Germani, 2008). Fig. 6a - General plan of the systems of cuniculi mapped at Ponte Terra, upstream and downstream the big tunnels. The squares in the figure are referred to the others map detail of figures 6b - 6g (survey and plan by CRSE, 2003-2008; drawing and CAD by C. Germani, 2008). 190 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 6b - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6b - Map detail of general view of fig. 6a.

Fig. 6c - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6c - Map detail of general view of fig. 6a. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 191

Fig. 6d - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6d - Map detail of general view of fig. 6a.

Fig. 6e - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6e - Map detail of general view of fig. 6a. 192 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 6f - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6f - Map detail of general view of fig. 6a.

Fig. 6g - Dettaglio della planimetria generale di fig. 6a. Fig. 6g - Map detail of general view of fig. 6a. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 193 Acquedotto di sinistra basso A valle delle grandi gallerie, sulla sinistra idrografica e per una lunghezza di 400 metri circa, si nota una serie di aperture identificate dagli autori prima citati con gli accessi ad un acquedotto certamente arcaico, realizzato precedentemente alle gallerie stesse (fig. 8). In Castellani, 1999, è identificato come “sistema in- feriore”. Tali aperture si trovano ad una altezza dall’acqua va- riabile tra circa 3,5 metri in corrispondenza di Ponte Terra (D7 in fig. 4) fino ad arrivare praticamente alla stessa altezza del torrente nel tratto più a valle. In quasi tutte si notano due cunicoli: uno verso monte ed un’altro verso valle, completamente interrati. Il rilevamento strumentale (con livella ottica e stadia) delle quote degli imbocchi li mostra ragionevolmen- te allineati (fig. 9 - acquedotto “A”) su una retta con pendenza di circa due gradi verso valle. Anche i vari cunicoli, pur se interrati e non percorribili, appaiono allineati tra di loro. Si può quindi ipotizzare di essere in presenza di una struttura di trasporto dell’acqua con punto di presa in

Fig. 7 - La grande galleria di destra (foto C. Germani). Fig. 7 - The big tunnel on the right side of the ravine (photo by C. Germani).

perché della “duplicazione” delle strutture idrauliche. Si può ipotizzare però che le grandi gallerie siano sta- te realizzate in fasi successive in risposta a piene ec- cezionali, conseguenti all’improvviso svuotamento di laghi temporanei formati da crolli o smottamenti delle pareti a monte. Il verificarsi di un’onda di piena distruttiva è un even- to tutt’altro che improbabile lungo il fosso di Ponte Terra e tali esondazioni comportano di solito l’improv- viso spostamento a valle del materiale costituente la frana stessa e la rimobilizzazione di buona parte del detrito presente in alveo, con conseguenze disastrose per le strutture presenti sul suo percorso. È possibile che il parziale interramento della galleria di sinistra sia dovuto ad uno di tali fenomeni. Le nostre ricerche comunque non modificano in modo particolare quanto già noto sulle gallerie ne’ la crono- logia ipotizzata nelle opere citate. Possiamo solo escludere definitivamente la presenza Fig. 8 - Sotto il fitto intrico della vegetazione a valle delle grandi del passaggio sotterraneo trasversale alla forra ripor- gallerie di Ponte Terra si distinguono appena, sulla parete di sini- stra, due ordini di cunicoli. I cunicoli A fanno parte dell’acquedot- tato (con qualche dubbio) nel rilievo di G. Cappa ed in- to di sinistra basso, i cunicoli B di quello alto (foto C. Germani). dicato con D6-D7 (vedi fig. 4), avendo individuato una Fig. 8 - Under the thick vegetation downstream the big tunnels struttura idraulica sul lato destro della forra che ha at Ponte Terra two series of cunicoli are barely visible on the left reso leggibile anche l’ultimo cunicolo all’interno della cliff. The A cuniculi belong to the low acqueduct on the left side, grande galleria. the B cuniculi belong to the high one (photo by C. Germani). 194 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 corrispondenza delle grandi gallerie di Ponte Terra, sospesa per cause improvvise, forse una guerra, una precedente alle stesse, sviluppato lungo la parete sini- epidemia o – più semplicemente – una alluvione con stra della forra e con recapito finale non definibile allo esiti disastrosi per il “cantiere”. stato delle ricerche, ma presumibilmente posto poco I vari cunicoli tendono infatti ad intersecarsi tra di più a valle. La realizzazione successiva della grande loro mentre almeno una parte della struttura sembre- galleria di sinistra deve aver completamente cancella- rebbe essere stata completata, in corrispondenza di to questa struttura nella zona del “ponte”. Ponte Terra (tratto C2-C6 in fig. 4) e in un’altro tratto Lo stato di completo interro dei cunicoli non consen- circa 200 metri a valle (fig. 6c). te di stabilire se la struttura abbia mai trasportato L’opera di presa poteva essere coincidente con quel- acqua, mentre il fatto che i cunicoli si rilevino pro- la dell’acquedotto di destra (vedi oltre) oppure posta gressivamente ad una quota sempre più bassa, fino a ancora più a monte, verso la sorgente ferruginosa. In trovarsi incredibilmente al livello attuale del torrente, supporto a quest’ultima supposizione potrebbe essere è senz’altro dovuto alla realizzazione di una diga di il gran numero di cunicoli rilevati nel tratto di forra a regolazione circa un chilometro a valle di Ponte Terra. monte delle grandi gallerie e più oltre discussi. Questa infatti deve aver provocato un innalzamento Come ulteriore elemento di analisi occorre dire che i ed un livellamento del fondo della forra nel tratto in- cunicoli di questo livello presentano alcune peculiari- teressato e di conseguenza l’apparente abbassamento tà che li distinguono da quelli inferiori: nella maggior di quota degli imbocchi. parte dei casi sono perfettamente rettilinei e i “fine La struttura appare coerente con le ipotesi fatte in pre- scavo” che è stato possibile osservare direttamente si cedenza di una opera idraulica arcaica realizzata poco presentato ben rifiniti e senza la concavità che ci si al di sopra del livello del torrente attraverso l’apertura potrebbe aspettare in un lavoro di escavazione sospeso di una serie di finestre nella parete rocciosa, da ognu- per cause esterne ed improvvise. na delle quali è stata poi scavata una coppia di cunicoli verso monte e verso valle, condotti sino ad intersecare Acquedotto di destra quelli provenienti dalle finestre adiacenti. Sulla parete di destra della forra, sempre nel tratto L’opera di presa, completamente scomparsa in quan- a valle delle grandi gallerie, si possono notare alcuni to doveva trovarsi al di sotto dell’attuale Ponte Terra, brevi cunicoli completamente interrati ma dalle incon- consisteva con ogni probabilità in una semplice tra- fondibili caratteristiche di un’opera di trasporto del- versa idraulica realizzata nel punto più stretto della l’acqua. La verifica strumentale delle quote (fig. 9 - ac- forra. quedotto “C”) conferma un corretto allineamento ver- ticale degli imbocchi mentre sulle pareti dei cunicoli Acquedotto di sinistra alto è presente uno spesso strato di concrezione calcarea, Poco al di sopra della struttura precedentemente de- sicuro indice di un assiduo utilizzo della struttura. scritta e quasi in perfetta corrispondenza delle sue Si può quindi ragionevolmente parlare di un acquedot- varie aperture in parete, si notano altre strutture cu- to di destra del quale rimangono, lungo la forra, ormai nicolari poste da due a sei-sette metri al di sopra delle solo pochi metri di cunicolo e, all’interno della grande precedenti (cfr fig. 9). Anche queste sono state iden- galleria attiva, le tracce obliterate dalla realizzazione tificate come una ulteriore opera di trasporto arcaica della stessa opera (tracce D1 - D6 di fig. 4). e precedente alla realizzazione delle gallerie di Ponte L’opera di presa doveva essere poche decine di metri Terra. a monte di Ponte Terra, come testimonia uno strato In Castellani, 1999, è individuato come “sistema bas- di calcare residuale rilevato sulla parete dell’ingresso so sinistro”. della grande galleria di destra, e doveva consistere in Tra il 2003 e il 2007 è stata effettuata, dapprima con una semplice traversa idraulica. Le ricerche effettuate il conforto di Vittorio Castellani e poi - purtroppo - dal portano infatti ad escludere la presenza di una vera e solo CRSE, l’analisi puntuale di tutti gli imbocchi visi- propria diga, per la realizzazione della quale non sem- bili mediante una lunga serie di arrampicate e di cala- brano sussistere le condizioni idrogeologiche. te in corda a partire dai sentieri soprastanti. Impossibile dire dove fosse il recapito finale dell’ac- Lo studio ha portato al sorprendente risultato eviden- quedotto ne’ è possibile definire con certezza il suo ziato dalla fig. 6b e 6c: la maggior parte dei cunicoli percorso, stante l’esiguità dei resti. “superiori” non sono affatto collegati tra di loro e molti Nel complesso si potrebbe ipotizzare una struttura ge- terminano su dei “fine scavo”. mella e probabilmente coeva all’acquedotto di sinistra Anche l’analisi strumentale delle quote dei vari im- “basso” sopra descritto, come questa obliterata dalla bocchi (fig. 8 - acquedotto “B”) evidenzia come i va- realizzazione delle grandi gallerie di drenaggio. ri accessi non abbiano un allineamento chiaramente Sempre a livello di pura congettura, mancando qual- compatibile con una struttura di trasporto dell’acqua. siasi indizio sul terreno, è anche possibile che l’acque- Si può quindi escludere con ragionevole certezza che dotto di destra fosse destinato al trasporto delle acque le strutture del livello superiore appartengano ad un potabili captate dalla sorgente che si trova poche cen- acquedotto arcaico. Ma cosa sono dunque? tinaia di metri a monte di Ponte Terra. Lo stato di conservazione di tutte le strutture di Ponte La acque potrebbero essere state incanalate fino al- Terra rende estremamente difficile dare una risposta l’imbocco delle grandi gallerie da strutture sotterra- e ci sentiamo solo di avanzare l’ipotesi di essere di nee o più probabilmente superficiali, ormai completa- fronte ad un acquedotto la cui realizzazione è stata mente scomparse. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 195

Fig. 9 - Prospetto rettificato delle pareti destra e sinistra della forra a valle delle grandi gallerie di Ponte Terra, con riportati gli in- gressi dei cunicoli rilevati. Le quote degli imbocchi e del torrente sono state rilevate dagli autori con una livella ottica, nel 2007. Fig. 9 - Rectified view of the left and right cliffs of the ravine downstream the big tunnels, with the indications of the entrances to the surveyed cuniculi. The heights of the entrances and of the stream have been obtained by the authors by means of an optical- level in 2007.

Cunicoli a monte di Ponte Terra mostra segni di deposito calcareo, mentre quelli ante- Tra Ponte Terra e la sorgente “ferruginosa” sopra cita- posti sono troppo interrati per poter valutare questa ta, posta circa 500 metri a monte delle grandi gallerie, caratteristica. Dal muro è stato prelevato un campio- si notano sulla sinistra idrografica della forra un gran ne di malta da sottoporre ad analisi per una possibile numero di cunicoli. La maggior parte si apre quasi al determinazione dell’epoca di realizzazione. livello del torrente, ma non mancano quelli posti a 6- Le strutture osservate sono grossolanamente compa- 10 metri di altezza ed anche più in alto (figure 6e - 6g). tibili per quota e come aspetto generale con il prima I cunicoli al livello del torrente si presentano quasi discusso “acquedotto alto”, ma come già detto si inter- sempre completamente interrati mentre quelli posti a rompono ripetutamente su dei “fine scavo” e non pre- quote di poco superiori risultano a volte percorribili e sentano la continuità orizzontale e verticale necessa- spesso chiusi su dei “fine scavo”. ria per poter parlare di un’opera idraulica compiuta. I cunicoli perpendicolari alla parete della forra, pro- In realtà, a partire della grandi gallerie e per un tratto babilmente utilizzati per accedere a fronti di scavo in- di circa 100 metri verso monte, i cunicoli presentano terni, presentano a volte delle “cornici” simili a quelle una certa omogeneità nella disposizione ed è possibile riscontrate nel vicino acquedotto di Palestrina ed in ipotizzare, in base ai pochi indizi disponibili, l’esisten- alcuni si può notare effettivamente la presenza di uno za di una o probabilmente due strutture di trasporto o due ordini di cunicoli trasversali, grosso modo pa- dell’acqua, la prima forse legata all’acquedotto di sini- ralleli alla parete della forra, sempre completamente stra alto prima discusso ed una seconda identificata in interrati. Castellani, 1999, come “sistema alto” e comprendente Nel complesso illustrato nel dettaglio “A” (fig. 10) il anche i cunicoli individuati con B1 e B2 nel rilievo di cunicolo di accesso intercetta due ordini di cunicoli ed Cappa, 1990. è interrotto a metà da un muro alto poco più di un Più a monte e fino alla sorgente la disposizione dei metro (fig. 11), con l’apparente scopo di delimitare il cunicoli appare invece caotica e non è possibile indivi- corso dell’acqua che percorreva i cunicoli retrostanti duare alcuna sistematicità nelle strutture. impedendone il deflusso verso i cunicoli antistanti o L’osservazione di questi complessi di elementi a monte la forra stessa. Il fondo dei cunicoli dietro il muro non di Ponte Terra suggerisce dunque l’ipotesi dell’esisten- 196 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 za, sulla sinistra idrografica, di uno o due acquedotti ricerche, è quella di essere di fronte ad un sistema di iniziati e mai completati, con l’opera di presa posta cunicoli di drenaggio destinati a far defluire le acque presumibilmente tra la “sorgente ferruginosa” e la zo- meteoriche verso il fosso, a valle di Ponte Terra, a di- na 100 metri a monte delle grandi gallerie e recapito fesa del ciglio roccioso e della stessa strada. finale al termine della forra di Ponte Terra o in una Se così fosse, il cunicolo dell’Istrice e i cunicoli residua- delle valli contigue. li A1-A3 sarebbero “speculari” dal punto di vista fun- zionale e farebbero parte delle strutture di protezione Cunicoli di drenaggio in corrispondenza della strada San Vittorino - Tivoli (o meglio Tibur - delle gallerie di Ponte Terra Praeneste) risultando probabilmente coevi alle grandi Scendendo nella forra provenienti da San Vittorino si gallerie. possono notare, poco prima di Ponte Terra, dei residui È da notare che la strada stessa interrompe i cuni- di cunicolo ai lati della strada (A1, A2 e A3 in fig. 4) coli A1-A3 mentre il punto di drenaggio del cunicolo posti a circa 20 metri di altezza sul livello del fosso dell’Istrice sembra trovarsi oltre un metro al di sopra sottostante. Il loro allineamento ha fatto pensare ad del piano stradale attuale. Una ipotesi è che nei seco- un unico cunicolo idraulico probabilmente realizzato a li si sia verificato un abbassamento generalizzato del protezione della strada stessa, ma l’esiguità dei resti piano stradale coerentemente con il corrispondente non consente di dire nulla di più. abbassamento del letto del torrente all’interno delle È però interessante notare che sulla sponda opposta e gallerie di Ponte Terra. sempre a 20 metri di altezza sull’acqua, è stata esplo- Il diverso stato di conservazione dei due cunicoli (buo- rata una struttura cunicolare lunga circa 60 metri già no per l’Istrice e pessimo per A1-A3) può essere ragio- segnalata nei testi di S. Quilici Gigli e Z. Mari (fig. nevolmente attribuito alla diversa struttura rocciosa 12). L’opera idraulica è realizzata con scavo a fronti delle due sponde di Ponte Terra. contrapposti a partire da almeno tre ingressi rilevati e si trova in posizione simmetrica rispetto ai cunicoli prima citati. Ipotesi sulla struttura delle opere idrauliche La funzione del cunicolo “dell’Istrice” – così denomi- e loro destinazione nato in quanto utilizzato come tana da uno spinoso abitante di Ponte Terra – rimane abbastanza incerta, I dati a disposizione sulle strutture di Ponte Terra come del resto lo è quella dei cunicoli A1-A3. sono, malgrado le lunghe ricerche compiute, ancora Per entrambi l’ipotesi più plausibile, allo stato delle largamente lacunosi a causa del secolare degrado di

Fig. 10 - Dettaglio “A” di figura 6e. Pianta e sezione di uno dei cunicoli presenti nel tratto a monte delle gallerie di Ponte Terra. Si notano due ordini di cunicoli traversali completamente interrati ed un muretto che ne separa le acque (esplorazione e rilievo CRSE, 2008). Fig. 10 - Detail “A” of Figure 6e. Plan and section of one of the cuniculi found upstream the big tunnels. Two series of transversal cuniculi, completely filled with soil, are visible, together with a small wall that separates their waters (survey and drawing by CRSE, 2008). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 197 tutte le opere presenti. Inoltre, malgrado le ricerche compiute, non ne sono state trovate tracce significati- ve negli archivi storici. Con i dati ora a disposizione è possibile formulare al- cune ipotesi sulla successione degli eventi che hanno portato Ponte Terra all’attuale aspetto con l’avverten- za, però, che i (pochi) dati si adattano anche ad altri scenari e ad altre sequenze temporali. È possibile che i primi ad essere realizzati siano sta- ti gli acquedotti bassi sia di destra che di sinistra. Entrambi sono oggi completamente ostruiti e imper- corribili (fig. 13). Successivamente, a distanza probabilmente di secoli e con i precedenti cunicoli ormai abbandonati ed ostrui- ti, è stata avviata la realizzazione dell’acquedotto “al- to” di sinistra che, per motivi al momento sconosciuti (guerre, epidemie, alluvioni) è stata bruscamente in- terrotta (fig. 14). Infine è stato realizzato il grande terrapieno, forse sfruttando un movimento franoso naturale, protetto dalle due grandi gallerie di by-pass e dai cunicoli mi- nori di drenaggio (fig. 15). Se è possibile formulare qualche ipotesi sulla sequen- za temporale degli eventi, più difficile è fissare questa successione a momenti storici precisi.

Fig.11 - Il muro indicato nel dettaglio “A” di figura 6e. Si tratta dell’unica opera costruita rinvenuta durante le esplorazioni a Ponte Terra (foto B. Bottacchiari). Fig. 11 - The wall in the detail “A” in Figure 6e. It is the only construction found during the surveys at Ponte Terra (photo by B. Bottacchiari).

Fig.12 - Pianta e sezioni del cunicolo dell’Istrice, probabile opera di drenaggio realizzata sulla sponda destra di Ponte Terra a protezione della strada San Vittorino - Tivoli (rilievo CRSE, 2008). Fig. 12 - Plan and section of the Porcupine cuniculus, likely a drainage on the right bank of Ponte Terra, to protect the road San Vittorino - Tivoli (plan by CRSE, 2008). 198 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 13 - Fase iniziale delle strutture cunicolari di Ponte Terra. Vengono realizzati gli acquedotti “bassi” di destra e sinistra (grafica CRSE, 2008). Fig. 13 - The initial stage of the cuniculus system at Ponte Terra: the “low” acqueducts on the left and on the right are dug (drawing by CRSE, 2008).

Fig. 14 - Fase intermedia. Costruzione di un nuovo acquedotto, o forse di due, interrotta per motivi ignoti (guerre, epidemie o alluvioni). Gli acquedotti precedenti probabilmente non sono più in uso da tempo (grafica CRSE, 2008). Fig. 14 - The intermediate stage. The digging begins of a new acqueduct, or perhaps of two; the digging is stopped for unknown reasons (war, epidemic, flood). The first acqueducts had been likely out of use for some time (drawing by CRSE, 2008).

Fig. 15 - Fase finale (ed attuale) delle strutture di Ponte Terra. Gli acquedotti sono dimenticati e la strada San Vittorino – Tivoli passa sul terrapieno che sbarra la forra. Le acque del torrente sono deviate in un sistema di grandi gallerie e una serie di cunicoli protegge le strutture dalle acque piovane (grafica CRSE, 2008). Fig. 15 - Final (and present) stage of the structures at Ponte Terra: the acqueducts are forgotten and the road San Vittorino - Tivoli passes on the embankment that blocks the ravine. The stream is diverted into a system of big tunnels, and a system of cuniculi protects the structures from rain waters (drawing by CRSE, 2008). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 199 La letteratura in materia è abbastanza concorde nel- sulla destra si può ipotizzare che catturasse l’acqua l’attribuire i “ponti terra” ad un’epoca compresa tra della sorgente ferruginosa: l’analisi del deposito prele- il III e il II secolo a.C., quando non erano ancora di- vato dal cunicolo potrà chiarire il punto. sponibili le conoscenze necessarie alla realizzazione di La serie di cunicoli che inizia sulla sinistra idrografi- ponti in muratura. Questo porterebbe a retrodatare i ca poco a monte del ponte e prosegue a valle, ad una cunicoli sulle due sponde del fosso almeno ai secoli IV altezza sull’acqua di poco superiore alle strutture pre- o III a.C. o ancora in precedenza. cedenti, appare come un acquedotto non terminato del Una “luce nel buio” potrebbe venire dalle analisi del quale restano solo gli scavi preparatori mai collegati muretto di sbarramento in blocchi di tufo e calce ritro- tra di loro. vato in un cunicolo del tratto a monte. Si tratta del- Sembra esistere, infine, una ulteriore struttura idrau- l’unica opera “costruita” ritrovata nella zona di Ponte lica di trasporto alta sulla sinistra idrografica, a par- Terra, le cui analisi richiederanno però del tempo e non tire da circa 100 metri a monte del ponte, ma della sono pertanto disponibili al momento in cui scriviamo. quale rimangono pochissime tracce. I cunicoli sul sentiero, sui due lati di Ponte Terra, sono probabilmente destinati al drenaggio delle acque pio- Conclusioni vane per la salvaguardia della strada stessa. Un punto molto importante è costituito dalle possibili I lavori idraulici a Ponte Terra mostrano indizi di ap- destinazioni degli acquedotti che hanno origine dal fos- partenere a varie epoche, probabilmente dal IV al II so. Vari Autori (p.es. Cappa, 1993, e Castellani, 1999) sec. a.C., e di avere vari scopi: troviamo infatti grandi ipotizzano un recapito finale nella zona di Corcolle o gallerie per il passaggio del corso d’acqua, acquedotti, di Gabii, ma qui avanziamo l’ipotesi che questi acque- cunicoli di drenaggio e protezione. dotti, modesti e arcaici, avessero una funzione loca- Almeno due sono gli acquedotti accertati, entrambi le limitandosi, per esempio, a portare le acque a del- bassi sul livello del ruscello. La presa d’acqua di quel- le mole o ad un piccolo insediamento poco a valle di lo sulla sinistra idrografica potrebbe essere localizzata Ponte Terra. proprio nella zona di Ponte Terra mentre per quello

Ringraziamenti

Tutte le ricerche sono state effettuate dal Centro Ricerche Sotterranee “Egeria” di Roma. Ringrazio in particolare Vittoria Caloi per la scrupolosa verifica dei testi e delle idee, Barbara Bottacchiari per aver trovato, increduli tutti gli altri, l’unica opera edificata di Ponte Terra (il muretto in fig. 10) e na- turalmente Tullio Dobosz, Sandro Galeazzi e Carla Galeazzi per le pazienti ricerche. 200 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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Paolo Guglia

Via Navali 8, Trieste - Società Speleologica Italiana, Commissione Nazionale Cavità Artificiali, Catasto Cavità Artificiali S.S.I. del Friuli Venezia Giulia, Sezione di Speleologia Urbana della Società Adriatica di Speleologia – [email protected]

Riassunto

Il presente lavoro esamina le caratteristiche costruttive e funzionali del Capofonte (n. CA 1 FVG-TS) e delle Gallerie Superiori (n. CA 2 FVG-TS) dell’acquedotto Teresiano di Trieste (Italia). L’indagine analizza, inoltre, il particolare “pavimento attrezzato” che è stato realizzato lungo le gallerie e che contiene una serie di canali paralleli per lo scorrimento dell’acqua.

Parole chiave: acquedotto sotterraneo, risorse idriche, cavità artificiali, Friuli Venezia Giulia, Trieste.

Abstract

Capofonte and Upper Galleries of Theresian Aqueduct: study of underground galleries and on the equipped floor with channels for the water flow This paper describes the structural and operational features of the “Capofonte” (n. 1 FVG CA-TS) and the “Upper Galleries” (n. CA FVG-2 TS) of the Theresian Aqueduct in Trieste (north-eastern Italy). The study also analyzes the peculiar “equipped floor” which was realized along the galleries and contains a series of parallel channels for the water flow.

Key words: underground aqueduct, water resources, artificial cavities, Friuli Venezia Giulia, Trieste.

Introduzione nici presenti nei vecchi acquedotti romani: un punto di presa, un sistema di canalizzazioni per il trasporto Con proprio decreto di data 19 novembre 1749, l’Im- verso il punto d’utilizzo ed una rete di distribuzione peratrice Maria Teresa d’Austria ha dato il via al- finale dell’acqua. Nei pressi della chiesetta dei Santi la costruzione del nuovo acquedotto per la città di Giovanni e Pelagio1, è stato così realizzato il Capofonte, Trieste. Le ricerche idriche sono state affidate all’ing. piccolo edificio contenente i primi bacini di filtraggio, Hauptmann Frast, della progettazione è stato inca- che presenta una lunga galleria di captazione che si ricato il generale Bohn, mentre l’ing. Franz Xavier inoltra nella roccia flyschioide per oltre 280 m. Bonomo ha curato i rilievi, la direzione lavori ed i col- Quando la Sezione di Speleologia Urbana della Società laudi finali (Guglia, 2007). Adriatica di Speleologia, all’interno del suo program- L’acquedotto Teresiano, entrato in funzione nel 1751, ma di studio denominato “Progetto Theresia” (Guglia è stato realizzato seguendo gli stessi accorgimenti tec- & Pesaro, 1997), ha ottenuto l’autorizzazione per en-

1 Nel pressi del Capofonte si trova la trecentesca chiesetta dei Santi Giovanni e Pelagio. Questo edificio sacro è stato edificato nel XIV secolo, probabilmente su rovine di precedenti strutture di epoca romana e medioevale. Risulta interessante osservare come la dedica a San Giovanni Battista fosse spesso legata, in epoca antica, alla presenza di sorgenti e corsi d’acqua, come riscontrabile - ad esempio - nel caso della chiesa di San Giovanni in Tuba, presso la quale il fiume Timavo ritorna alla luce dopo il suo lungo percorso sotterraneo. 202 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 1 - Ingresso del Capofonte. Fig. 1 - Entrance of the Capofonte.

trare nel Capofonte (n. CA 1 FVG-TS)2, è stato possibi- tato di canalizzazioni per il trasporto dell’acqua, par- le constatare che la galleria di captazione retrostante ticolarità costruttiva già osservata nelle precedenti vi- si interrompeva dopo una decina di metri di sviluppo. site, ma solo ora analizzata per verificarne gli utilizzi E’ stato necessario avviare una serie di ricerche archi- e le modalità costruttive. vistiche per capirne i motivi, finché non è stato trovato un documento che indicava come, a causa di pericolosi cedimenti strutturali della volta, questo passaggio sia Il Capofonte stato ostruito, garantendo il deflusso dell’acqua attra- verso una tubatura di ghisa. Da allora (1881) è pos- Viene chiamata Capofonte la piccola costruzione dalla sibile accedere alla galleria di captazione solamente quale prendeva il via l’acquedotto Teresiano nella sua calandosi lungo un pozzo verticale profondo 6,7 metri. configurazione originale e dove un tempo abitava il cu- Non è stato facile scendere in questo pozzo, chiuso da stode dell’acquedotto3 stesso, posta a quota 97 m s.l.m. una pesante botola e posto all’interno di una proprie- (fig. 1). La parte seminterrata dell’edificio - l’unica che tà privata, ma siamo riusciti ad entrare nelle Gallerie si è conservata fino ai nostri giorni - si presenta come Superiori (n. CA 2 FVG-TS) in tre occasioni: la prima un vano dalla volta a botte e dalla pianta rettangolare, volta nel 1986, una seconda nel 1989 e finalmente - lungo 9,3 m e largo 2,6 m. con più tempo a disposizione - nei primi mesi del 2008. L’acquedotto Teresiano era dotato, lungo il suo percor- In questa ultima circostanza è stato possibile proce- so, di vari punti in cui avveniva il filtraggio dell’acqua. dere ad un nuovo rilievo di precisione dei cunicoli, ad All’interno del Capofonte sono ancora visibili tre baci- uno studio delle morfologie interne e ad un’indagine ni in cui veniva fatta passare l’acqua: nei primi due, riguardante il particolare “pavimento attrezzato” do- 3 La traduzione della lapide dedicatoria posta sulla facciata del 2 Le cavità dell’Acquedotto Teresiano studiate e rilevate dal- Capofonte recita “Antica sorgente dei romani, adesso nuova- la Sezione di Speleologia Urbana della Società Adriatica di mente restituita alla città ed al mondo sotto l’impero dei divini Speleologia sono state tutte inserite nel Catasto CA-FVG della Maria Teresa con Francesco, per opera ed impegno dei gover- Società Speleologica Italiana. natori de Chotek e Hamilton”. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 203 ricolmi di ghiaia, venivano rimosse le impurità più Superiori ammontava originariamente a 287 m, di cui grossolane, nel terzo, di più ampie dimensioni, l’acqua oggi 21 m ostruiti ed inaccessibili. Il tratto di cunico- sedimentava naturalmente le sospensioni più sottili. lo che si diparte dal Capofonte è lungo 9 m; il ramo Per regolare la portata dell’acqua e per permettere di principale che prende il via dal pozzetto d’accesso è intervenire con lavori di manutenzione lungo il canale percorribile per 109 m, mentre la diramazione di si- che scendeva verso la vallata di San Giovanni, è stato nistra è lunga 84 m. Il cunicolo che si diparte sulla realizzato presso il Capofonte un punto di sfioro, tra- destra, infine, è stato stimato in 55 m. L’altezza varia mite il quale era possibile regolare la portata dell’ac- da un minimo di 1,5 m ad un massimo di 4,2 m (punto quedotto stesso. n. 15). La larghezza, invece, varia a seconda del risul- All’interno del vano del Capofonte, secondo alcune pla- tato dello scavo in relazione alle fratture incontrate nimetrie, era convogliata anche l’acqua che proveniva e presenta un valore medio di 1,5 m. La quota alla dalla soprastante galleria denominata Slep. Dalle ri- quale è stata realizzata l’opera di captazione oscilla cerche archivistiche svolte, detta galleria Slep (attual- dai 97 m s.l.m. (in corrispondenza del Capofonte) ai mente ancora non localizzata) risulta staccata dall’ac- 100 m s.l.m. (al termine del ramo centrale). La botola quedotto già nei primi anni del 1800 e non doveva su- che chiude il pozzetto d’accesso è invece posta a 105 m perare originariamente i 20 m di lunghezza. Abbiamo s.l.m. La pendenza stimata delle gallerie si aggira at- però reperito un documento che riporta come, nel 1805, torno al 2-3%, al fine di garantire un regolare deflusso fu redatto un progetto per ricostruire nuovamente la dell’acqua verso l’esterno. tubatura di collegamento con il Capofonte. Tutte le Gallerie Superiori risultano prive di rivesti- Da segnalare, infine, l’esistenza di un ulteriore allac- mento, segno che la roccia, in questa zona, è stata con- ciamento, quello della galleria Marchesetti. Non si siderata abbastanza sicura al momento dello scavo. hanno molti dati storici inerenti il collegamento con Sono visibili comunque, in due punti, i resti di vecchie questo cunicolo di drenaggio posto alla quota di 146 travature in legno di puntellamento (fig. 4). In realtà, m s.l.m. (Guglia, 2002), ma è stata rintracciata una tutta la zona compresa fra il punto n. 4 ed il punto n. vecchia mappa, risalente al 1855, nella quale risulta 5 del ramo principale presenta dei tratti in cui la roc- indicata una tubatura che, staccandosi da tale galle- cia evidenzia profonde fessurazioni e si possono notare ria, scendeva fino al Capofonte. alcuni evidenti spostamenti di parti della volta rispet- to alla posizione originale. L’ingresso del ramo destro si presentava al momento della prima esplorazione Le Gallerie Superiori quasi completamente occluso da un muro di pietre. Percorrendo parzialmente questo cunicolo, è emersa Del sistema di captazione posto alle spalle del la reale instabilità di alcuni tratti, con notevoli episo- Capofonte sono disponibili poche planimetrie. La pri- di franosi anche recenti, situazione che spiega come, ma che abbiamo rintracciato è un documento redat- già nel passato, questa ramificazione sia stata consi- to nel 1775 in lingua tedesca, dall’analisi del quale è derata a rischio e per questo definitivamente ostruita. emerso un orientamento delle gallerie alquanto preciso Il pozzo d’accesso, profondo 6,7 m (fig. 5), risulta so- (Guglia & Halupca, 1988, p. 141)4. Una seconda raffi- vrapposto ad una preesistente struttura cilindrica, di gurazione disponibile è quella lasciataci dallo studioso cui si può intravedere la muratura circolare alla base Eugenio Boegan che, all’interno di una sua relazione del pozzo attuale (asse spostato di circa 40 cm in dire- riguardante le sorgenti di Aurisina ed i fenomeni del zione NE). In superficie l’accesso avviene attraverso Carso, ha riportato un rilevo schematico - formato da una botola quadrata in pietra, di dimensioni 80 x 80 una poligonale sommariamente orientata - dei cunico- cm, che risulta di più recente installazione rispetto ad li in questione (Boegan, 1906, p. 5). Bisogna arrivare una precedente chiusura di cui si possono osservare le all’anno 1984 per trovare nuovamente un rilievo fatto tracce delle imposte originali. da speleologi: si tratta del risultato delle esplorazio- L’acqua raccolta dalla galleria sgorga direttamente ni preliminari eseguite dal REST - Raggruppamento dalle discontinuità delle pareti. Sono visibili, in par- Escursionisti Speleologi Triestini, che per primo è riu- ticolare, alcune piccole fessure dalle quali l’acqua scito a rintracciare la botola di accesso, di cui si era zampilla in discreta quantità (l’arrivo maggiore è ri- persa la posizione (Spinella, 1987, p. 82). Come già scontrabile sulla parete nord, presso il punto n. 9). indicato, la Società Adriatica di Speleologia ha avuto Dall’analisi della situazione attuale, risulta che il ra- occasione di accedere alle gallerie nell’anno 1986. In mo centrale è quello che fornisce la maggiore portata, tale occasione è stato comunque predisposto un rilievo ma anche quello di sinistra partecipa in maniera con- speditivo, che è stato inserito nel Catasto delle Cavità sistente all’apporto idrico complessivo. Pur presentan- Artificiali S.S.I. del Friuli Venezia Giulia (Guglia & do alcune pozze d’acqua, il ramo di destra non sembra Halupca, 1988, p. 19). dare, invece, alcun contributo. Da evidenziare come lo Dal rilievo recentemente completato (marzo 2008 - fig. scorrimento dell’acqua sulle pareti ha comportato l’ac- 2 e 3) si possono ricavare i seguenti dati dimensionali: cumulo di calcite in vari punti: sono visibili cannule, lo sviluppo complessivo del Capofonte e delle Gallerie alcune corte stalattiti, delle piccole colate e delle va- schette (gours) di colore bianco. Nel corso delle nostre precedenti esplorazioni è stato 4 Documento conservato presso l’Archivio di Stato di Trieste, avviato un programma di monitoraggio mensile (dal- I.R. Luogotenenza del Litorale, Atti Generali, Busta 2236. l’agosto 1994 al giugno 1995) riguardante la quantità 204 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 2 - Planimetria generale del complesso for- mato dal Capofonte e dalle Gallerie Superiori. Fig. 2 - General map of the underground net- work composed of the Capofonte and the Up- per Galleries. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 205

Fig. 3 - Sezione longitudinale del complesso formato dal Capofonte e dalle Gallerie Superiori. Fig. 3 - Longitudinal section of the underground network composed of the Upper Galleries and the Capofonte.

Fig. 4 - Travi di puntellamento in legno nelle Gallerie Superiori - Punto n. 7 nella planimetria generale. Fig. 4 - Shoring wooden beams in the Upper Galleries - Point n. 7 in the general map. 206 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Discesa nel pozzo di accesso alle Gallerie Superiori. Fig. 5 - Descent into the access pit of the Upper Galleries.

dell’acqua oggi fornita dai vari cunicoli di captazione Il “Pavimento attrezzato” facenti parte dell’acquedotto Teresiano. In particola- re, sono state misurate le portate delle gallerie Zock- Già dalla prima esplorazione delle Gallerie Superiori è Tschebull e delle Gallerie Superiori presso il Capofonte. stato osservato come, lungo il cunicolo, fosse presente I risultati ottenuti in corrispondenza di queste ultime un pavimento regolare, realizzato con elementi in ter- (visibili nella tabella 1) indicano come la portata di ta- racotta e con piastre in arenaria. Durante le recenti li gallerie sia mediamente di 181 mc/giorno, con punte osservazioni è emerso chiaramente come tale pavimen- massime di 288 mc/giorno e minime di 86 mc/giorno. to non sia stato solamente un adattamento del fondo La temperatura dell’acqua risulta costante a 13,6 °C, dello scavo per facilitare il transito degli addetti alla mentre quella dell’aria presente nei cunicoli varia nel- manutenzione, ma sia stato - nel contempo - anche un l’arco dell’anno da 19,3 °C a 12,0 °C a seconda delle sistema di regolazione e canalizzazione “mirata” dei condizioni esterne. Da alcune osservazioni preliminari vari flussi idrici. Quasi tutto lo sviluppo della galleria eseguite nel 2008, sembra che i valori registrati circa di captazione è interessato, infatti, da un minimo di 15 anni fa siano da confermarsi anche attualmente, una canaletta centrale, ad un massimo di cinque cana- essendo le portate oggi misurate perfettamente collo- lette parallele, di cui tre coperte e due scoperte. cabili all’interno della curva a suo tempo rilevata. Nonostante siano presenti oggi accumuli localizzati

Monitoraggio mensile delle portate Capofonte e Gallerie Superiori (mc/giorno)

anno 1994 mese AGO SET OTT NOV DIC portata 86 217 176 194 114

anno 1995 mese GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG portata 194 235 239 132 288 158 135 Tab. 1 - Dati di portata raccolti nelle Gallerie Superiori nel periodo compreso fra l’agosto 1994 ed il giugno 1995. Tab. 1 - Water flow in the Upper Galleries in the time span August 1994 - June 1995. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 207 di fango ed argilla, è stato analizzato lo scorrimento • canale coperto “A”: quello centrale realizzato in dell’acqua lungo questi canali ed è stato possibile ef- pietra (docce); fettuare alcune osservazioni interessanti. • canali coperti “B” e “C”: quelli realizzati in mat- Per prima cosa è risultato che, con ogni probabilità, toni e tavelle, posti a sinistra ed a destra delle il primo canale costruito è stato quello realizzato in “docce” centrali; pietra (fig. 6). Sollevando alcune piastre di copertura • canali scoperti “D” e “F”: quelli ricavati esterna- è stato possibile accertare come tale struttura sia for- mente ai canali realizzati in mattoni e tavelle, mata da elementi ad incastro, costituiti da blocchi in subito a ridosso delle pareti del cunicolo. arenaria alti 26 cm e larghi 38 cm, che presentano una È stato abbastanza difficile analizzare quali erano i profonda scanalatura lungo l’asse longitudinale di 22 reali flussi idrici, cioè come sono state ideate tali ca- x 18 cm. Ogni elemento è lungo indicativamente 120 nalette e come l’acqua passasse dall’una all’altra, cm. Tali elementi sono chiusi da piastre di arenaria di perché questi passaggi risultano saldamente chiusi e eguale larghezza, spesse 5 cm e lunghe da 30 a 110 cm. non è stato ritenuto opportuno procedere allo sman- La tenuta idrica e la calpestabilità sono state ottenu- tellamento dell’intera copertura. Le osservazioni sono te attraverso l’inserimento di malta cementizia fra la state fatte, quindi, approfittando dei punti nei quali canaletta ed il relativo coperchio. Il collegamento fra i tali canalette si presentano aperte, o a causa del cedi- singoli elementi veniva assicurato, invece, da una spe- mento di alcuni elementi di copertura o in presenza di cie di incastro, a sua volta sigillato con malta. Questi vecchi interventi di scoperchiamento. moduli componibili scalpellati a mano nella pietra, al È risultato che il canale centrale (quello denominato tempo del loro utilizzo chiamati “docce”5, sono gli ulti- “A” e realizzato con le “docce” di arenaria) manteneva mi ancora osservabili all’interno dell’acquedotto. sostanzialmente la sua continuità strutturale lungo Tale canaletta in pietra è stata in seguito affiancata tutto il suo sviluppo, ovvero non riceveva apporti dalle da altri due canali paralleli (fig. 7). Alla lunga serie canalette adiacenti, con un’unica eccezione (punto n. di “docce” centrali sono stati infatti addossati (rispet- 6). Al contrario, è stato riscontrato - in almeno un pun- tivamente a destra ed a sinistra) due passaggi coperti to - un sistema di “troppo pieno” con soglie calibrate realizzati in mattoni e tavelle, con dimensioni medie che permettevano di travasare l’eccesso dell’acqua dal interne 25 x 15 cm. Il tutto è stato quindi livellato, sistema di “docce” alle canalette laterali “B” e “C”. formando un pavimento liscio e regolare, di larghezza Sono evidenti vari punti in cui l’acqua veniva convo- variabile da 70 a 120 cm. gliata dai canali scoperti ricavati alla base delle pareti L’acqua che scendeva dalle pareti si raccoglieva e scor- della galleria (“D” e “F”) nelle canalette coperte (“B” e reva esternamente a queste tre canalette (ovvero fra il “C”). Questo avveniva in particolari punti dove erano fianco esterno del canale realizzato in cotto e le pareti presenti cospicui arrivi d’acqua dalle pareti. stesse del cunicolo). In molti punti dell’acquedotto, pe- Verso il pozzo d’ingresso il “pavimento attrezzato” è rò, tali passaggi sono stati accuratamente regolariz- oggi sommerso dal fango e dall’acqua, per cui non è zati, ricavando delle vere e proprie canalette “a vista” possibile verificare, in questo breve tratto, la sua reale in mattoni, prive di copertura. Come predetto, quindi, configurazione. in alcuni punti delle gallerie sono riscontrabili sul pa- Lungo il ramo di sinistra, in corrispondenza dell’inizio vimento fino a cinque canalette parallele in cui scorre del “pavimento attrezzato”, è presente un primo siste- l’acqua. ma di filtraggio grossolano, formato da un pozzetto ri- Per facilitare la comprensione, tali passaggi sono stati colmo di ciottoli. La struttura si presenta con una pia- denominati nel seguente modo (fig. 8): stra rettangolare di arenaria di 120 x 120 cm, spessa 18 cm, con al centro un foro circolare del diametro di 60 cm. Questa apertura permette di accedere ad un poz- 5 Dalla denominazione un tempo usata per tali elementi lapidei zetto verticale, anch’esso a sezione circolare, ripieno di ha preso il nome anche la vicina Via delle Docce. piccole pietre arrotondate. Il flusso dell’acqua che pro-

Elementi modulari realizzati in pietra arenaria per il trasporto dell’acqua (“docce”)

Fig. 6 - Raffigurazione di una “doccia”, elemento componibile in pietra arenaria. Fig. 6 - Sketch of a “doccia”, modular element in sandstone. 208 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

veniva dalla galleria veniva forzato all’interno di questo ziosa risorsa idrica (Guglia et al., 2001, pag. 11-38). pozzetto per avviare una prima attività di separazione L’acquedotto è stato così dotato di varie gallerie di cap- delle impurità in sospensione, per poi confluire nelle tazione, che nei secoli sono state oggetto di numerosi canalette coperte che si sviluppavano fino all’esterno. interventi, come semplici manutenzioni, ma anche di Dalle osservazioni effettuate, è risultato che al termi- potenziamenti, prolungamenti, distacchi dalla rete e ne del ramo principale (punto n. 11) sono presenti delle successivi riallacciamenti (vedi schema in fig. 9). leggere infiltrazioni di materiale nerastro, con residui Le Gallerie Superiori sono l’esempio più interessate bituminosi. Si tratta con ogni probabilità di percolazio- di wassergallerien oggi ancora osservabile: nonostante ni derivate dal soprastante Borgo San Pelagio, legate siano state realizzate alla metà del XVIII secolo, in- alla presenza di qualche vecchio serbatoio interrato di fatti, risultano ancora integre e non compromesse da nafta. In ogni caso, l’acqua si presenta - complessiva- interventi recenti. mente - limpida e priva di odori particolari. La particolarità di questi cunicoli di drenaggio è co- munque rappresentata dal “pavimento attrezzato”, soluzione unica ed inedita per quanto riguarda il pa- Conclusioni norama complessivo degli acquedotti esistenti in re- gione. Dalle indagini svolte risulta come tale struttura L’area nella quale si apre il Capofonte è formata da avesse due scopi principali: da una parte quello di per- flysch, alternanza di marne ed arenarie terziarie origi- mettere il passaggio del personale addetto alla manu- natesi in ambiente marino. Questo particolare litotipo tenzione dell’acquedotto senza sporcare ed intorbidire risulta “permeabile per fessurazione” cioè, pur essen- l’acqua; dall’altra quello di poter in qualche modo “se- do teoricamente a permeabilità molto bassa, è interes- zionare”, attraverso la chiusura dei vari passaggi di sato dalla presenza di una limitata circolazione idrica collegamento, i flussi idrici presenti all’interno delle che avviene attraverso le fratture ed i piani di stra- gallerie. Non è stato possibile confermare se, all’epo- tificazione della roccia. Per raccogliere tale limitato ca del funzionamento dell’acquedotto, vi sia stato uno quantitativo di acqua si è adottata, nel 1749, l’unica sbocco alternativo dell’acqua nei pressi del Capofonte, soluzione all’epoca disponibile: scavando nel terreno ovvero se esisteva originariamente un passaggio per una galleria (wassergallerie), si potevano incontrare lo scarico diretto nel vicino torrente. Tale soluzione varie discontinuità ed in loro corrispondenza si poteva- avrebbe permesso di dividere l’acqua da inviare nella no captare i piccoli flussi idrici presenti. Più era lunga rete di distribuzione verso Trieste da quella che, per la galleria, più fratture si intercettavano e quindi più qualche motivo, non risultava adeguata alle funzioni acqua poteva essere raccolta. Si trattava, in pratica, di potabili. In pratica, con questo “pavimento attrezza- “pozzi orizzontali” che, essendo stati scavati in leggera to”, che poteva essere “conformato” in vari modi, era pendenza, permettevano di portare all’esterno la pre- possibile scegliere quali tratti della galleria usare per

Fig. 7 - “Pavimento attrezzato”. Al centro la canaletta realizzata con “docce”, elementi componibili in arenaria - Punto n. 13 nella planimetria generale. Fig. 7 - “Equipped floor”. At the center the channel made with “docce”, modular elements in sandstone - Point n. 13 in the general map. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 209

Fig. 8 - Sezioni del “pavimento attrezzato” presente nelle Gallerie Superiori, nelle sue tre configurazioni tipo. Fig. 8 - Sections of the “equipped floor” of the Upper Galleries, in the three typical configurations. 210 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 9 - Schema funzionale dell’acquedotto Teresiano. Fig. 9 - Functional scheme of the Theresian Aqueduct.

il prelievo idrico, e quindi quale acqua utilizzare e fico veicolare della strada soprastante. quale eventualmente eliminare. Molteplici sono state le azioni già intraprese per la Si tratta di una soluzione semplice, ma adottata an- difesa di questo manufatto ipogeo. In più occasioni è che in altri punti dell’acquedotto, per poter interveni- stata evidenziata alle Autorità la situazione di rischio re sulle singole parti dell’opera senza interrompere la esistente e sono attualmente in fase di avvio alcuni fornitura idrica complessiva. interventi di sistemazione e messa in sicurezza delle Come già sopra evidenziato, il Capofonte ha presenta- strutture sotterranee. Tale risultato è stato ottenuto to - a partire dal 1881 - vari dissesti in corrispondenza con l’impegno costante degli speleologi e con il sostan- del tratto iniziale delle gallerie di captazione. Oggi è ziale intervento dell’associazione di volontariato “Il possibile osservare la presenza di numerose fessura- Capofonte”, formata dagli abitanti del rione più sensi- zioni che indicano come la staticità dell’opera sotter- bili alle sorti dei beni storici e naturalistici presenti in ranea sia in qualche modo ancora compromessa dalle questa piccola ma pregevole area posta alla periferia caratteristiche geologiche del terreno, nonché dal traf- della città di Trieste.

Bibliografia

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Francesco Colussi, Carlo Leggieri

Associazione Culturale Celanapoli , www.celanapoli.it

Riassunto

Gli ipogei funerari ellenistici costituiscono uno straordinario documento dell’impronta greca nonchè una superba, quanto monumentale, testimonianza dell’utilizzo del sottosuolo. Realizzati tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. essi rappresentano la cultura nella quale si riconosceva la classe dominante. Ubicati prevalentemente lungo gli assi extraurbani che dalla porta nord della cinta muraria di Neapolis s’inerpicavano verso la collina di Capodimonte, frequentati sino ad età imperiale, essi erano scavati inte- gralmente nel banco tufaceo inciso dagli alvei prodotti dall’erosione delle acque di dilavamento. Le fronti degli ipogei, spesso architetture di notevole qualità artistica, modellavano senza soluzione di continuità lo sviluppo delle pareti rocciose. L’area, similmente ad oggi, interessata da un progressivo interramento conseguenza di robuste alluvioni vide, con l’obliterazione fisica degli ipogei, la scomparsa dei monumenti dalla memoria. Il XV secolo segna l’inizio dell’urbanizzazione dell’area del Borgo dei Vergini quando il comprensorio mostrava le caratteristiche di un’area rurale. La necessità di costruire nuove fabbriche die- de quindi avvio all’apertura, da parte dei cavamonti di pozzi per l’estrazione della pietra di tufo. Spesso l’escavazione intersecava gli ipogei funerari, che procedeva avendo, quale area di fronte cava, l’intera superficie pavimentale dell’ ambiente sfondato. L’approfondimento, rispettando il perimetro dell’antica camera, si spingeva per diversi metri, stravolgendone completamente i rapporti metrici. La cava così rea- lizzata, risultava di grande valore aggiunto per il fabbricato soprastante in quanto, una volta provveduto a impermeabilizzarne le pareti con malta idraulica, diventava una capace cisterna ad uso condominiale nella quale far confluire le acque meteoriche raccolte dalla superficie delle terrazze di copertura. Si creava in tal modo una preziosa riserva liquida cui attingere per le quotidiane necessità domestiche attraverso la canna di pozzo predisposta a servizio delle cucine poste sulla verticale. La peculiare destinazione d’uso, come spesso accade, preservò conservandole, anche se mutile, le importanti vestigia greche fino a quando, la devastante epidemia di colera del 1884 – imputata alla contaminazione dell’acqua potabile da parte degli scarichi fecali – ne decretò, con l’adozione dell’acquedotto in pressione, un inevitabile quanto rovinoso abbandono. L’ultima fase, per queste vestigia tanto rilevanti per la storia della città e del sottosuolo, vede la scellerata pratica di scaricare in queste immense cavità migliaia di metri cubi di materiali di risulta, residuo di ristrutturazioni edili, destinandole così, di fatto, a discarica. Dal 1992 l’Associazione Culturale Celanapoli, coordinando la sua azione agli indirizzi di tutela della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, promuove il recupero, la valorizzazio- ne e la fruizione di questo straordinario patrimonio. Un progetto in corso di definizione prevede, attraverso i locali sede dell’Associazione, l’accesso all’ipogeo dei Togati unitamente all’allestimento di un interessante laboratorio didattico dove opportuni supporti permetteranno di comprendere l’evoluzione del sottosuolo, dall’antichità ai giorni nostri.

Parole chiave: ipogei funerari, ipogei ellenistici, Borgo dei Vergini, Celanapoli.

Abstract

A proposal for the restoration and development of plans for public access for the Hellenistic hypo- gea of Naples Underground tombs dating to the Hellenistic period provide extraordinary evidence of Greek influence, as well as superb examples of monumental subterranean architecture. Built towards the end of the IV and the beginning of the III century BC, they embodied the main cultural values of the dominant aristocracy. The majority of these monuments, in use until the imperial age, can be found along the roads running outside the fortifications of Neapolis, from the northern gate up towards Capodimonte, and they were excavated 212 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

in the tuff bedrock, already cut by riverbeds as a result of water erosion. The facades of the tombs, often of great artistic value, shaped the whole length of the rocky face of the hillside. Due to continual floods over time, this area was gradually buried, silted over, which meant the disappearance of the material structures from our sight as well from our historical memory. The XV century marked the beginning of a period of urban development in a mainly rural area, known as “Borgo dei Vergini”. The need for new buildings ma- de it necessary to open new wells to dig out the blocks of tuff. Occasionally, the excavations would coincide with a pre-existing hypogeum. In that case, the excavators would simply continue digging through the floor of the chamber and, though respecting its perimeter, the deeper they dug, the more they altered original measures. The resulting quarry, once its walls had been water proofed with a special mortar, was then used as a capacious cistern for the new building above. Here rain water was stored, thereby providing a precious reservoir to satisfy daily needs. The wells were located in the middle of an interior, open air cour- tyard, around which the building had developed, and water was obtained through pipes leading from the kitchens down into the cistern. As often happens, it was this particular domestic use of a structure, which had ensured the partial preservation of important evidence of Greek architecture. But a devastating chole- ra epidemic, which broke out in 1884, whose cause was blamed on the fecal contamination of the cisterns, resulted in the city adopting a new pressure aqueduct, and the consequential abandonment and decay of the old hypogea. The last stages of decline, despite the importance of these remains for recording the history of the city above and below ground, were when these enormous cavities were turned into dumps, and hosted thousands of cubic metres of various kinds of construction waste. Since 1992, the cultural association “Celanapoli”, in cooperation with the city’s office of archaeology, the “Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei”, has been working to promote the restoration and development of policies allowing public access to this extraordinary heritage. At present, there is a project under way to allow visitors’ access to the chambers of the “Ipogeo dei Togati”, by entering them through the local offices of the Association. The initiative also includes preparing a workshop which would be aimed at developing a better understanding of the evolution of the subterranean city space from antiquity to the present day.

Key words: underground tombs, hellenistic hypogea, Borgo dei Vergini, Celanapoli.

Introduzione rurale. Una potente coltre detritica di origine vulca- nica, asportata dalla sommità delle colline circostanti, In quell’eccezionale palinsesto che è il ventre di spessa mediamente una decina di metri, non lasciava Napoli, gli ipogei funerari ellenistici rappresentano intuire alcun indizio circa le preesistenze celate nel una straordinaria testimonianza dell’impronta greca sottosuolo. della città e un superbo quanto monumentale esem- La necessità di costruire nuove fabbriche diede av- pio, di utilizzo del sottosuolo (AA.VV., 1967; AA.VV., vio all’apertura, da parte dei cavamonti, di pozzi per 1988). l’estrazione della pietra di tufo. Una volta superato, Realizzati tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. previo rivestimento delle pareti dei pozzi, lo spessore essi hanno – come ha evidenziato Daniela Giampaola dei materiali incoerenti accumulati nel corso dei se- – fissato puntualmente le memorie private delle fami- coli, s’iniziava a incidere il banco roccioso e spesso le glie dei maggiorenti della città e, con esse, la cultura maestranze verificarono, a loro spese, la disgraziata di cui questi si riconoscevano espressione (Giampaola, possibilità di precipitare nel vuoto costituito dai vo- 1994). lumi degli ipogei sottostanti, spesso parzialmente I monumenti, ubicati lungo le direttrici (fig.1) ex- interrati. L’estrazione nel punto prescelto continua- traurbane che dalla porta a nord della cinta muraria va avendo a quel punto quale area di fronte cava l’in- di Neapolis (Capasso, 1905; Napoli, 1959) s’inerpica- tera superficie pavimentale della camera sfondata. vano verso la collina di Capodimonte, erano disposti L’approfondimento, rispettando il perimetro dell’an- affiancati in quinte parallele digradanti e scavati inte- tica camera, si spingeva di diversi metri, stravolgen- gralmente nel banco tufaceo (Cardone, 1990). Le fron- done completamente i rapporti dimensionali. La cava ti degli ipogei, spesso architetture di notevole qualità così ottenuta, risultava di grande valore aggiunto per artistica, modellavano senza soluzione di continuità lo il fabbricato soprastante in quanto, una volta provve- sviluppo delle pareti rocciose. Gli ipogei, frequentati duto a impermeabilizzarne le pareti tufacee con malta sino ad età imperiale, caddero nell’oblio a causa di un idraulica, diventava una capace cisterna ad uso con- progressivo interramento conseguenza di notevoli al- dominiale nella quale convogliare le acque meteoriche luvioni. raccolte dalla superficie delle terrazze di copertura. Si Il XV secolo segna l’inizio dell’urbanizzazione del creava in tal modo una preziosa riserva idrica cui at- borgo dei Vergini (AA.VV., 1991) momento in cui il tingere, per le quotidiane necessità domestiche, attra- comprensorio mostrava le caratteristiche di un’area verso una canna di pozzo predisposta a servizio delle Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 213

Fig. 1 - Napoli. Via del Serbatoio. Strada intagliata realizzata regolarizzando un alveo naturale. Fig. 1 - Naples. Via del Serbatoio. Street made exploiting a natural riverbed.

cucine gravitanti sulla sua verticale. pero, la valorizzazione e la fruizione (Leggieri, 2006). La peculiare destinazione d’uso, come spesso accade, La descrizione fornita è il risultato di un esame pre- preservò conservandole, anche se mutile, le importan- liminare dei luoghi, nella consapevolezza che solo ul- ti vestigia greche fino a quando la devastante epide- teriori futuri approfondimenti potranno permettere mia di colera del 1884 – imputata alla contaminazione un’analisi e un’interpretazione puntuale dei contesti. dell’acqua potabile ad opera degli scarichi fecali – ne Il sito è noto al mondo scientifico dal 1981, quando ve- decretò, con l’adozione dell’acquedotto in pressione, l’inevitabile quanto rovinoso abbandono (Melisurgo, 1889; Miccio & Potenza, 1994). L’ultima fase, per vestigia tanto rilevanti per la storia della città e del sottosuolo, vede la scellerata pratica di scaricare in queste immense cavità migliaia di metri cubi di materiali di risulta prodotti da ristrutturazioni edili, destinandole così, di fatto, a discarica.

Il complesso di via Santa Maria Antesaecula

L’esiguità dei dati, legata all’assenza di scavi sistema- tici, emerge dall’esame della bibliografia disponibile che, con differente grado d’approfondimento, descrive la realtà degli ipogei funerari ellenistici della Sanità. Di seguito illustreremo gli ipogei ubicati in via Santa Maria Antesaecula 126 (fig. 2), di cui una descrizione preliminare è fornita nel catalogo della mostra “Napoli antica” (Greco Pontrandolfo & Vecchio, 1985). L’Associazione Culturale Celanapoli avente sede nel fabbricato del sito in esame, dal 1992 coordinando la sua azione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Fig. 2 - Ubicazione del sito. Archeologici di Napoli e Pompei, ne promuove il recu- Fig. 2 - Site location. 214 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 rifiche statiche, disposte a seguito dell’evento sismico cisterna. Una prima botola posta di fronte alla sca- del 23 novembre 1980, accertarono che le fondazioni la principale è praticamente inaccessibile in quanto del fabbricato insistevano su strutture intagliate nel ingombra di materiali di risulta. Una seconda botola banco tufaceo riconducibili a ipogei funerari (fig. 3). posta sulla verticale dell’androne si apre in una volta In verità, almeno gli ipogei posti a est (lato sx del fab- impostata direttamente sul banco tufaceo e permette bricato) sono stati frequentati senza soluzione di con- di raggiungere la sommità del cono detritico che obli- tinuità sino ad oggi. Ne costituiscono prova la menzio- tera quasi interamente la camera funeraria, sfonda- ne in atti di compravendita risalenti alla metà del XIX ta, dell’ipogeo contiguo (il secondo) riconoscibile da un secolo e, come vedremo meglio più avanti, i rimaneg- frustulo di cornice all’imposta della volta. Sempre nel giamenti che li hanno interessati. piano di calpestio del cantinato, attraverso uno scas- Il complesso composto da quattro ipogei, orientati in so aperto in concomitanza di lavori di consolidamento senso N-S, con le fronti rivolte a mezzogiorno, pro- del palazzo eseguiti in epoca imprecisata, si legge un spetta lungo un asse che, con andamento leggermente taglio longitudinale nella volta a sesto ribassato (in- curvilineo, verosimilmente prosegue lambendo il com- tradosso m -5,80) del vestibolo (fig. 8), che la percorre plesso contiguo di Vico Tratta (Celano, 1692; Ruggiero, per due terzi della lunghezza. 1888; Galante, 1896; Miranda, 1995). Il vestibolo, a pianta rettangolare (m 3,70 E-W x m 3,85 S-N), mostra una cornice a rilievo corrente sui tre lati visibili e su cui s’imposta la volta. L’ambiente Ipogeo dei Togati invaso da un notevole cono detritico frammisto a ma- Il monumento ubicato all’estremità ovest (lato dx del teriale archeologico, presenta sulla parete nord sovra- fabbricato) è denominato dei Togati (fig. 4) in quanto stante l’accesso alla camera funeraria, un altorilievo presenta un altorilievo (fig. 5) raffigurante due figure (fig. 5) scolpito nel banco tufaceo raffigurante una panneggiate. scena di fides (commiato funebre). Si riconoscono, im- Il pavimento di un cantinato (fig. 6) sottoposto alla postati su una trabeazione, una figura femminile con strada (m -5,15) lo copre parzialmente. Una massiccia chitone e himation, una maschile che indossa una toga scala in pietra, coeva al fabbricato, collega gli ambienti e calza calcei e, a destra di quest’ultima, seppur erasa, ad un locale posto a livello strada (m 0,00). Una tuba- ancora ben leggibile è accovacciata una figura felina zione in terracotta, addossata al muro perimetrale sud (fig. 9), presumibilmente riconducibile ad una sfinge. del seminterrato, testimonia il convogliamento delle Purtroppo la parte superiore dell’altorilievo è oblitera- acque meteoriche in una cisterna sottostante. ta da un arco avente funzione di sottofondazione per Un secondo accesso costituito da una scala attualmen- l’edificio. La parete est, in parte distrutta, conserva te tronca, realizzata durante l’ultimo conflitto bellico un lacerto di decorazione in stucco con tracce di colore. attraversando una canna di pozzo in disuso, collega- Anche la parete sud è parzialmente distrutta, ma si va il cantinato al cortile interno (fig. 7) del fabbricato, riconosce lo spigolo destro dell’ingresso, peraltro occu- permettendo di utilizzare gli ambienti come ricovero pato dal volume di una vasca moderna ricavata nel antiaereo privato. pavimento del cantinato soprastante. Due nicchiette, Nello stesso piano pavimentale si aprono due botole di dimensione diversa, realizzate successivamente, predisposte per consentire l’ispezione periodica della sono collocate nella parete ovest. Traccia del piano pa-

Fig. 3 - Planimetria schematica del sito. Fig. 4 - Ubicazione degli ipogei funerari in relazione al fabbricato. Fig. 3 - Site map. Fig. 4 - Position of funerary hypogean in respect to building. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 215

Fig. 5 - Ipogeo dei Togati. Vestibolo. Altorilievo raffigurante una scena di fides. Fig. 5 - Ipogeo dei Togati. Vestibule. High relief representing a scene of fides.

Fig. 6 - Ipogeo dei Togati. Cantina soprastante il vestibolo e scala di accesso al locale a livello strada. Fig. 6 - Ipogeo dei Togati. Cellar above the vestibule and access staircase leading to room at street level. 216 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 vimentale in cocciopesto (quota m -8,30), è riconoscibi- le nell’angolo N-W all’intersezione con la trabeazione sulla quale è impostato l’altorilievo. La camera funeraria a pianta rettangolare (m 4,60 E- W x m 5,40 S-N) è coperta da volta a sesto ribassato (intradosso m -8,00) che si stacca da una cornice a ri- lievo che corre su tutti i lati. Interrata per un’altezza superiore alla metà, presenta tutti gli angoli, tranne quello S-E, sfondati dall’azione di tombaroli in cerca di suppellettili in tombe contigue. La camera funeraria, posta trasversalmente a via Santa Maria Antesaecula, è interessata in volta da un articolato quadro fessura- tivo che interessa in misura inferiore anche le pareti. Tale quadro, come testimonia la documentazione fo- tografica redatta dal Centro Speleologico Meridionale circa venticinque anni fa, non ha avuto, ad oggi, alcu- na apprezzabile evoluzione, ma necessiterebbe di op- portuno monitoraggio al fine di garantire la pubblica incolumità.

Ipogeo dei Melograni Sul lato sinistro del cortile del fabbricato (fig. 7), attra- verso una scala articolata in tre rampe, si raggiunge il vestibolo (m 3,70 E-W x m 4,30 N-S; fig. 10) da uno sfondamento operato nell’angolo nord-ovest. Per l’in- tero perimetro corrono due cornici: una a circa metà altezza, l’altra all’imposta della volta a sesto ribassa- to (intradosso m -2,90). La parete nord mostra nella parte alta alcuni incassi che attestano la sistemazione Fig. 7 - Via Santa Maria Antesaecula 126. Il cortile interno al di rilievi in terracotta e, in prossimità del pavimento, fabbricato. tracce di una copertura a doppio spiovente. A sud si Fig. 7 - Via Santa Maria Antesaecula, 126. Building’s interior apre, su una cisterna contigua, l’antico accesso rifini- courtyard. to sul lato esterno da una modanatura (fig. 11). Due

Fig. 8 - Ipogeo dei Togati. Vestibolo. Cono detritico. Nicchiette nella parete ovest. Fig. 8 - Ipogeo dei Togati. Vestibule. Debris cone. Niches on the western wall. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 217

Fig. 9 - Ipogeo dei Togati. Vestibolo. Altorilievo raffigurante una scena di fides. Particolare della sfinge erasa. Fig. 9 - Ipogeo dei Togati. Vestibule. High relief representing a scene of fides. Detail of detached high relief representing a sphinx. nicchiette quadrangolari sono intagliate nella parete ovest dove è presente, similmente alla parete est, un bancone in muratura realizzato in epoca recente e fun- zionale all’utilizzo dell’ambiente quale cantina. Il pia- no pavimentale dalla camera risulta abbassato di cir- ca venti centimetri. Un arco moderno è costruito tra- sversalmente al vestibolo per contrastare le profonde fratture che lo attraversano. La scala di collegamento alla camera funeraria è stata distrutta probabilmente durante il secondo conflitto mondiale, quando il sito fu inserito dalla Direzione Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendio del Ministero degli Interni nell’elenco delle opere permanenti di difesa an- tiaerea (Esposito, 1994). La una nuova scala, magnifi- ca nel suo apparato tecnico-costruttivo, dopo sei ram- pe raggiunge un locale destinato a chianca (ambiente naturalmente refrigerato destinato alla conservazione degli alimenti specialmente carni e insaccati; fig. 12) verosimilmente in fase con il palazzo e il cui accesso originario era assicurato, probabilmente, da un cam- minamento adiacente ora interrato. La prima rampa di questa scala raggiunge l’esterno, parzialmente tom- pagnato, dell’accesso alla camera funeraria (m 3,70 E- W x m 9,10 S-N; fig. 13). L’ambiente è caratterizzato dall’affresco (Baldassarre, Fig. 10 - Ipogeo dei Melograni. Vestibolo. Parete Nord e Est. 1998) su decorazione a stucco della cornice perimetra- Fig. 10 - Ipogeo dei Melograni. Vestibule. Northern and eastern le dove s’imposta la volta a sesto ribassato (intradosso walls. 218 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 m -7,50). L’affresco rappresenta, ripetuta, una teoria di frutta – loto, pigna, melagrana (frutto da cui sca- turisce, corrotta, la denominazione) – intercalata da un uovo (Bachofen, 1989). Sulla parete a nord un ele- gante tripode in bronzo (fig. 14) sorregge una lucerna bilicne. Dal limite nord della parete a est si stacca una scala (fig. 15) riconducibile ad un rimaneggiamento successivo dell’ambiente, con andamento curvilineo, gradini inclinati e scivoli laterali che conduce ad un terraneo posto a livello della strada. Nell’area cen- trale della parete a est attraverso un ulteriore scas- so, interessato recentemente da un distacco di roccia, è visibile un’altra camera funeraria (quarto ipogeo) approfondita per l’intera superficie (fig. 16) da una pronunciata escavazione cui ha fatto seguito l’imper- meabilizzazione funzionale all’uso del volume quale cisterna. Leggibili sono la volta, la cornice perimetrale e la traccia dei sarcofagi lungo le pareti. Ritornando all’ipogeo dei Melograni un particolare di grande inte- resse è riportato sulla parete a sud dove, lo spigolo vi- vo dell’accesso conserva, incisi, segni di tracciamento. Di particolare interesse sono tre filari di blocchi (fig. 17) incassati nella parete ovest, di altezza diversa, so- vrapposti e posati a secco su un piano inclinato. Non convincono le ipotesi che vedono in questa evidenza una soluzione per compensare una discontinuità del banco tufaceo – peraltro inesistente (basta osservare Fig. 11 - Ipogeo dei Melograni. Accesso al vestibolo. Si notino un punto dove uno dei blocchi è stato asportato) – o le tracce della modanatura. quale correzione di un improbabile errore commesso Fig. 11 - Ipogeo dei Melograni. Vestibule access. Notice traces in corso di escavazione. Solo mirate successive indagi- of moulding. ni potranno fornire risposte più circostanziate. Il pia-

Fig. 12 - Ipogeo dei Melograni. Chianca. Si notino i ganci per sospendere gli alimenti e l’incasso perimetrale per evitare che pog- giassero alla parete. Fig. 12 - Ipogeo dei Melograni. Butcher’s shop. Wall hooks to hang the meat and cavity along the wall to prevent the meat from touching it. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 219

Fig. 13 - Ipogeo dei Melograni. Camera funeraria. Parete est. Apertura sull’ipogeo contiguo con il recente distacco di roccia nella parte alta. Fig. 13 - Ipogeo dei Melograni. Funerary chamber. Eastern wall. Opening onto the adjoining hypogeum. Evidence of a re- cent detachment of the rock in the upper part.

Fig. 14 - Ipogeo dei Melograni. Camera funeraria. Parete Nord. Fig. 15 - Ipogeo dei Melograni. Camera funeraria. Scala curvili- Tripode bronzeo affrescato su decorazione a stucco. nea nell’angolo nord-est (ripresa dalla parte alta). Fig. 14 - Ipogeo dei Melograni. Funerary chamber. Northern wall. Fig. 15 - Ipogeo dei Melograni. Funerary chamber. Curved Fresco representing a bronze tripod on a stucco decoration. staircase in the north-eastern corner (upper part). 220 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 no pavimentale della camera, ricoperto da circa una quarantina di centimetri di materiale detritico, lascia intravedere tracce dei sarcofagi che si presentano in gran parte distrutti. Di essi è possibile ricostruire la disposizione lungo le pareti in numero totale di dieci: quattro adiacenti i lati maggiori e due posti sulla pa- rete opposta all’ingresso. Nell’angolo nord-ovest una canna di pozzo, in parte collassata, intasata da ma- teriale di risulta, attraversa l’ambiente per attingere acqua in una cisterna sottostante attualmente inac- cessibile. Due pilastri collaborano alla staticità della volta fessurata. L’intervento di rifunzionalizzazione, valorizzazione e la conseguente fruizione del sito esaminato oltre a costituire un doveroso quanto indifferibile recupero di una testimonianza assolutamente peculiare per la storia della nostra città, potrà essere occasione per istituire una sorta di laboratorio del sottosuolo dove l’antico, senza soluzione di continuità, si collega al presente attraverso la lettura delle tracce che consen- tono di conservare e trasmettere la memoria.

Fig. 16 - Ipogeo dei Melograni. Ipogeo adiacente (quarto) posto a est. Camera inferiore. Pavimento sfondato. Si noti la traccia dei sarcofagi e il riutilizzo a cisterna. Fig. 16 - Ipogeo dei Melograni. Adjoining hypogeum (fourth one) located in the eastern part. Lower chamber. Broken floor. Remains of sarcophagi and evidence of its use as a cistern.

Fig. 17 - Ipogeo dei Melograni. Camera funeraria. Parete ovest. Filari di blocchi incassati. Fig. 17 - Ipogeo dei Melograni. Funerary chamber. Western wall. Rows of blocks built into the wall. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 221

Il progetto di valorizzazione del complesso pressoché parallelamente, all’attuale via Arena alla Sanità, circa 40 metri più a nord e, ad una profondi- Gli Ipogei di via Santa Maria Antesaecula (fig. 18) tà di circa 8 metri, passando sotto via Santa Maria rappresentano un significativo esempio di sepoltura Antesaecula pochi metri a nord di vico Traetta. ipogea a Napoli in età ellenistica e, contemporanea- La strada antica, in alcuni tratti è sepolta da detriti mente, sono inseriti in un contesto molto favorevole alluvionali con spessori di ricoprimento di appena 2-3 per un intervento mirato alla loro valorizzazione. Sono metri sigillati dalla pavimentazione dei locali cantina- ubicati, rispetto alla strada moderna, a quote compre- ti, in altri, è stata interessata dall’estrazione del banco se tra i 6 e i 12 metri e, in particolare la camera infe- tufaceo che ne ha asportato la sezione frequentata in riore dell’ipogeo dei Togati, è localizzata esattamente epoca antica. sotto la pubblica via, in corrispondenza dell’ingresso Il primo caso si verifica in corrispondenza dell’ingres- del civico 126. so all’ipogeo dei Togati, mentre il secondo caratterizza La posizione in successione degli ipogei permette di l’ingresso dell’ipogeo dei Melograni. ipotizzare il tracciato dell’antico percorso su cui pro- Trasversalmente al percorso originario abbiamo oggi spettavano gli accessi monumentali. Esso procedeva, molte strutture murarie in elevazione; è verosimile

Fig. 18 - Planimetria con l’ubicazione degli ipogei funerari. Fig. 18 - Map of the area with location of hypogean. 222 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 che le fondazioni di tali strutture, in molti casi, sia- 8 metri di profondità, si prevedono due diversi sistemi no state portate fino alla strada antica chiudendola in di collegamento verticale, eventualmente da utilizzare più tratti. Comunque i principali carichi degli edifici in un circuito di discesa e risalita. Il primo prevede sono trasmessi al banco tufaceo mediante un sistema l’utilizzo della scala settecentesca che dalla strada, di arconi e pilastri che concentrano, così, le sollecita- con autonomo ingresso al civico 129, conduce al piano zioni su aree limitate. cantinato scendendo di circa 5 metri e di una scala Il primo elemento progettuale è rappresentato dal- di acciaio, da localizzare in un ambiente ubicato sotto l’ipotesi di liberare e rendere percorribile la strada an- l’androne, che consenta di superare gli ulteriori 3 me- tica, dal punto in cui è più agevole lo scavo. Rimovendo tri; il secondo prevede la realizzazione di un ascensore una pavimentazione di calce e lapillo dello spessore di nel vano del pozzo che raggiungeva le cisterne attesta- pochi centimetri su una superficie di circa 10 metri te a quote vicine a quella di nostro interesse (fig. 19). quadri e asportando circa 30 metri cubi di materiale Raggiunto l’antico percorso e la parte bassa dell’in- incoerente si può liberare la strada in corrispondenza gresso monumentale all’ipogeo si dovranno svuotare, dell’ingresso all’ipogeo dei Togati. dai materiali incoerenti che parzialmente le riempio- Per raggiungere la quota dell’antico percorso, a circa no, sia la camera superiore sia la camera inferiore li-

Fig. 19 - Ipogeo dei Togati. Pianta di progetto a quota - 8,30. Fig. 19 - Ipogeo dei Togati. Project map -8,30 m below street level. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 223 berando le scale che, in questa tipologia di edificio fu- Ulteriori interventi di svuotamento e consolidamento nebre, attraversando l’ambiente superiore conduceva potranno essere successivamente estesi da questo pri- in quello inferiore (fig. 20). mo ipogeo a quelli adiacenti. L’ipogeo dei Melograni, Le opere di rimozione del materiale dovranno essere ad esempio, in cui sono stati sversati molti metri cubi accompagnate da interventi di consolidamento che, in di basoli della pavimentazione storica napoletana, for- particolare, sono necessari ed urgenti per la volta del- se in occasione di lavori di asfaltatura stradale, neces- la camera inferiore. Questa, infatti, presenta diverse sita, dopo lo svuotamento, di interventi per arrestare fratture, anche con principi di dislocazione, da cui per- il degrado delle strutture tufacee e dei superstiti affre- cola l’acqua piovana proveniente da via Santa Maria schi raffiguranti, tra l’altro, le melagrane. Antesaecula. La valorizzazione archeologica rappre- Nei locali cantinati, sovrapposti agli ipogei, si svilup- senta, quindi, l’occasione per mettere in sicurezza la perà il percorso didattico-museale che consentirà di strada pubblica e prevenire episodi luttuosi, purtrop- collegare idealmente il sito visitato con gli ipogei non po ricorrenti nella città di Napoli. visitabili (ad esempio quello di via dei Cristallini) e

Fig. 20 - Ipogeo dei Togati. Sezione di progetto. Fig. 20 - Ipogeo dei Togati. Cross section of improvement project. 224 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 con gli allestimenti realizzati al Museo Archeologico cessivamente con l’integrazione di numerosi altri ipo- Nazionale di Napoli. gei posti lungo l’antico percorso. Particolare cura sarà posta per consentire la visione di ambienti e particolari non raggiungibili per motivi di sicurezza o di salvaguardia dei reperti archeologici. Nota autori Si pensa all’impiego di attrezzature informatiche ade- guate alle condizioni termo-igrometriche dei luoghi e Al lavoro hanno contribuito Carlo Leggieri per l’inqua- ad una fruizione di un pubblico differenzato. dramento storico-archeologico e Francesco Colussi per Il progetto può raggiungere i primi obiettivi anche con gli aspetti progettuali relativi all’ipotesi di valorizza- limitate risorse finanziarie, potendosi sviluppare suc- zione del sito.

Ringraziamenti

Gli autori desiderano rivolgere un sincero ringraziamento ad Angela Rita Vocciante che ha curato la tra- duzione dei testi.

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Paolo Madonia1,2, Rossella Barile3, Danilo Colomela1, Paola Conti3, Cinzia Federico2, Pasquale Giugliano3, Raffaele Mascolo4, Vincenza Messana1, Maurizio Melosu1

1 Associazione Al Qantara, Palermo, e-mail: [email protected] 2 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di Palermo, e-mail: [email protected] 3 Ente Parco Nazionale del Vesuvio, San Sebastiano al Vesuvio (NA), e-mail: [email protected] 4 Associazione l’Olivella, Pollena Trocchia (NA), e-mail: [email protected]

Riassunto

Il complesso Chianatelle-Felice-Olivella, ubicato sul Vesuvio in territorio di Sant’Anastasia, è costituito da 4 distinte gallerie drenanti dello sviluppo di diverse decine di metri ciascuna, attualmente drenanti una portata complessiva di poco superiore a 0,1 l/s. Il loro attuale assetto è da riferire alle opere di sistemazio- ne idraulica dovute a Ferdinando II di Borbone, alla fine del XIX secolo, mentre le notizie in merito alla presenza di acque sotterranee nell’area risalgono ad un periodo antecedente l’eruzione del 79 d.C. Il complesso ipogeo, oltre ad essere un’importante testimonianza archeologica, è oggi parte integrante del network di punti di misura per il monitoraggio del rischio vulcanico dell’area Vesuviana, gestito dall’Isti- tuto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Proprio in occasione dell’evento sismico dell’11 Ottobre 1999, alcune importanti variazioni delle caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee sono state registrate nella galleria Olivella 1.

Parole chiave: Galleria drenante, Sorveglianza vulcanica, Vesuvio.

Abstract

The Chianatelle-Felice-Olivella drainage galleries complex in the Vesuvius National Park (Naples) The Chianatelle-Felice-Olivella complex, located close to the village of Sant’Anastasia on Mt. Vesuvius, is constituted of 4 drainage galleries, each several tens of meters long, with a total drainage of about 0,1 l/s. Their present structure is due to the hydraulic works made, at the end of the 19th century by the king Ferdinando II of Bourbon, whereas the presence of an underground aquifer in this area had been noticed before the 79 a.C. eruption. The underground complex is not only an important archaeological site, but it is nowadays a part of the monitoring network for the Vesuvius volcanic risk assessment managed by the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Some important variation of the geochemical characteristics of the Olivella 1 gallery were recorded in coincidence with the October 11, 1999, earthquake.

Key words: Drainage gallery, Vesuvius, Volcano monitoring.

Introduzione ed antropici, la cui unicità è rimarcata dal fatto che esse rappresentano oggi l’unico punto di emergenza Il complesso di gallerie drenanti Chianatelle-Felice- semi-naturale delle acque sotterranee nell’intera area Olivella si ubica sul versante nord-occidentale del Vesuviana. Vesuvio, in territorio comunale di Sant’Anastasia ed Il complesso ipogeo, oltre ad essere un’ importante te- all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio. Si tratta stimonianza archeologica di un antico schema idrau- di 4 distinte gallerie dello sviluppo di diverse decine lico, riveste inoltre un ruolo fondamentale nell’ambito di metri ciascuna, attualmente drenanti una portata dell’attuale sistema di monitoraggio del rischio vulca- complessiva di poco superiore a 0,1 l/s. nico dell’area Vesuviana, facendo parte del network di Il contesto nel quale si ubicano risulta caratterizza- punti di misura per la sorveglianza geochimica gestito to da una particolare integrazione tra elementi fisici dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. 226 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Nonostante queste gallerie idrauliche siano conosciu- dovute soprattutto alla presenza di acqua nel suolo, e te ed utilizzate da anni, sia a fini scientifici sia per ad un microclima particolarmente umido. In questa le attività di fruizione messe in atto nell’ambito delle zona, nel periodo di maggio, si assiste alla fioritura di iniziative dell’Ente Parco, mancava ad oggi un lavoro rare orchidee come Ophrys sphegodes e Elleborina. sistematico di documentazione che, partendo dal ri- La sorgente dell’Olivella è frequentata da quasi tutte lievo topografico, fornisse un inquadramento di tale le specie animali presenti nel Parco, soprattutto a cau- complesso nel contesto ambientale nel quale esso si sa della presenza dell’acqua, così scarsa sul territorio. colloca, e che costituisce lo scopo del presente lavoro. Sono presenti sia mammiferi abitudinari come i pipi- strelli (chirotteri), sia occasionali come i roditori (topi campagnoli) e gli insettivori. Inquadramento geologico-ambientale

Le gallerie drenanti sono ubicate nell’area del Vallone Note storiche Sacramento, ad una altezza compresa tra i 300 ed i 650 m circa, nel comune di S. Anastasia (NA) all’inter- L’attuale assetto delle gallerie drenanti risale alla se- no del Parco Nazionale del Vesuvio (vedi fig. 1). conda metà del XIX secolo, quando sotto il regno di I terreni che affiorano sono costituiti da alternanze di Ferdinando II di Borbone l’intera area vesuviana fu prodotti piroclastici sciolti e da colate laviche protosto- soggetta ad un intenso lavoro di sistemazione idrogeo- riche, dovute all’attività effusiva del vecchio appara- logica. La sistemazione degli ingressi delle gallerie, in to vulcanico del Somma, di età compresa tra 17.000 e archi di muratura di pietrame, la realizzazione di bri- 14.000 anni (Rosi et al., 1987; Santacroce, 1987). glie per la regimazione delle acque superficiali nelle Di particolare interesse geomorfologico risulta l’area aree limitrofe e il convogliamento delle acque in un circostante gli ingressi delle gallerie Olivella 1 e 2, di acquedotto, utilizzato per alimentare dal punto di vi- complessiva forma circolare, probabilmente derivante sta idrico la Reggia di Portici, furono eseguiti durante da opere di estrazione di materiale lapideo. Su tale quel periodo. struttura antropica si innestano fenomeni franosi, in- La conoscenza e l’utilizzo di queste acque sorgive sono nescati dalle precipitazioni atmosferiche ma favoriti comunque ben più lontani nel tempo, e numerosi sono in prima istanza dalla di presenza dei versanti sub- i documenti storici che ad esse si riferiscono. verticali di origine antropica. Sempre alla fine del XIX secolo sono datate le prime Dal punto di vista vegetazionale, la sorgente dell’Oli- ricerche sistematiche sull’area, ed in particolare è da vella presenta caratteristiche spiccatamente mesofile, citare l’opera di Camillo Napoleone Sasso, del 1856,

Fig. 1 - Inquadramento geografico e mappa di dettaglio dell’area nella quale si sviluppa il complesso idraulico ipogeo studiato; le coordinate metriche della mappa di insieme sono UTM-WGS84, Zona 33 S. Fig. 1 - Geographical setting and detailed map of the area where the underground hydraulic complex is located; the metric coor- dinates of the map are in the UTM-WGS84 system, 33 S Zone. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 227 nella quale è contenuta una dettagliata ricostruzione Descrizione del complesso ipogeo storica delle fonti idriche conosciute nel territorio di Sant’Anastasia. Il complesso idraulico ipogeo è costituito da 4 diver- Il Sasso fa risalire la conoscenza e l’utilizzo di tali ac- se opere ben distinte tra loro per ubicazione: la sor- que già ad un periodo antecedente al 79 d.C., quando gente Chianatelle, la Galleria Felice ed il Complesso l’eruzione che distrusse Ercolano e Pompei ebbe come Olivella 1 e 2. conseguenza profondi mutamenti del territorio, re- sponsabili della sparizione delle polle sorgive e delle Sorgente Chianatelle relative opere di captazione ed adduzione. La sorgente Chianatelle (fig. 2) è oggi inaccessibile, in In epoca più recente (1932), una nota del Conte quanto colmata da un recente riempimento di mate- Ambrogino Caracciolo di Torchiarolo, Regio Ispettore riale detritico a granulometria fine, dal quale emer- onorario per la conservazione dei monumenti di anti- ge esclusivamente un’opera di presidio in muratura a chità e belle arti, fa riferimento all’esistenza di un fiu- secco posta subito a monte dell’imboccatura. me sotterraneo, citato in una bolla papale di Innocenzo E’ la più alta in quota del complesso, ubicandosi a 675 III del 1251 e, precedentemente, da S. Gregorio Magno m s.l.m. circa 1,5 km a Sud-Sud Ovest rispetto alle alla fine del VI secolo. altre. Da testimonianze ricevute si trattava di una In generale, va osservato come la ricostruzione storica struttura a pozzo, del diametro di poco più di 1 m e dell’evoluzione di ipogei artificiali mirati all’utilizzo profonda qualche metro, al fondo della quale veniva di acque sotterranee, tramite opere di captazione ed intercettata una piccolissima falda della portata pre- adduzione, appare particolarmente problematica in sunta di pochi centesimi di litri/secondo. un’area vulcanica attiva come quella vesuviana. Non vi è traccia di opere di adduzione delle acque, le Nulla di paragonabile avviene in aree non vulcaniche, quali probabilmente venivano utilizzate a livello locale. dove le modifiche indotte da eventi come fenomeni gravitativi, erosione del suolo in seguito a variazioni Galleria Felice del suo utilizzo, etc., riguardano un ambito tridimen- L’imboccatura (fig. 3) è posta sulla testata di un vallone sionale del territorio svariati ordini di grandezza in- a quota 275 m s.l.m., che si origina immediatamente a feriore. Sud della Cupa dell’Olivella e che costituisce la prose-

Fig. 2 - Imboccatura della Sorgente Chianatelle(le barre bianco-rosse hanno lunghezza di 20 cm). Fig. 2 - Entrance of Chianatelle Spring (the lenght of the white-red reference bars is 20 cm). 228 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Tratto iniziale della Galleria Felice, completamente armata in muratura di pietrame saldata con malta; la volta, a botte, è sostenuta da un arco continuo. La soglia alta crea, grazie alla pendenza della galleria, un serbatoio di accumulo Fig. 3 - Imboccatura della Galleria Felice (le barre bianco-rosse dell’acqua di profondità massima di circa 1m. hanno lunghezza di 20 cm). Fig. 4 - Initial segment of the Felice gallery, completely armed Fig. 3 - Entrance of Felice drainage gallery (the lenght of the by masonry bounded by mortar; the roof, barrel-shaped, is sup- white-red reference bars is 20 cm). ported by a continuum-arch structure. The high threshold and the slope of the gallery permit the permanent accumulation of cuzione ideale verso valle del Vallone Sacramento. water, with a maximum depth of 1 m. La galleria ha un andamento praticamente rettilineo, con modeste articolazioni a zig-zag, in direzione Sud- Sud Est, una lunghezza di circa 90 m ed un dislivello positivo dall’ingresso verso il fondo di 14 m. La prima metà (fig. 4), sempre a partire dall’ingres- so, presenta una armatura in muratura di pietrame e malta, che per i primi 20 m circa copre pure la volta, mentre nel tratto successivo sostiene esclusivamente le pareti. La seconda metà (fig. 5) è invece a roccia viva, con preva- lenza di prodotti piroclastici cementati, e presenta una sezione più allargata ma meno alta del tratto iniziale. Ad eccezione di due modeste articolazioni laterali, in destra idrografica, oggi secche, non esistono altri ra- mi di drenaggio delle acque a parte quello principale, che termina a cul de sac in corrispondenza dell’unica scaturigine oggi attiva, posta sul pavimento della gal- leria e caratterizzata da portate di qualche centesimo di litro al secondo. L’acqua drenata viene accumulata nella sezione ter- minale della galleria, sbarrata da una soglia di tra- bocco alta 1,4 m. Attualmente non vi è alcun scorrimento idrico per tra- bocco dalla galleria, ma l’acqua accumulata si disper- de in sub-irrigazione nelle porzioni superficiali del ter- reno circostante. Fig. 5 - Tratto interno della Galleria Felice, privo di qualsiasi Pianta e sezioni longitudinale e trasversale sono ri- opera di sostegno. portate nelle figure 6 e 7. Fig. 5 - Inner, not-armed segment of the Felice gallery. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 229

Fig. 6 - Pianta della Galleria Felice. Fig. 6 - Plan of the Felice gallery.

Fig. 7 - Sezioni longitudinali e trasversali della Galleria Felice. Fig. 7 - Longitudinal and cross sections of the Felice Gallery.

Complesso Olivella 1 e 2 L’opera idraulica si articola in due diverse gallerie: la La Galleria Olivella 1 (fig. 8) è l’unica del complesso Ovest (fig. 9), lunga una ventina di metri, e la Est, dal- ancora oggi attiva, con una modesta portata idrica, lo sviluppo di circa 50 m. Entrambe presentano una da qualche centesimo a poco più di 0,1 l/s in funzione serie di piccole gallerie laterali, lunghe pochi metri, della stagione. L’acqua drenata raggiunge l’alveo del che probabilmente in passato intercettavano altre sca- Vallone Sacramento attraverso un canale di eduzione turigini, ma che oggi risultano asciutte. in basole vulcaniche giustapposte con sezione a “V” La galleria si articola a livello estremamente corticale, larga. tanto che gli apparati radicali degli alberi sovrastanti 230 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Dall’ingresso ad arco si accede direttamente ad una camera allungata, scavata in roccia viva e con volta rettilinea che, a differenza degli altri ambienti ipogei, si articola entro rocce lapidee (lave) che ne garantisco- no un eccellente equilibrio statico. La stanza è sbarrata da una soglia alta qualche decina di centimetri, che forma una vasca d’accumulo delle acque drenate, oggi non più in grado di colmarla e fuo- riuscire per trabocco (fig. 13). Subito a monte della vasca la galleria si restringe e prosegue in forte pendenza, in corrispondenza di un intenso stillicidio attivo, canalizzato nella vasca tra- mite un sistema di tegole in cotto (fig. 14), montate sul pavimento in posizione rovescia, che convogliano le acque di percolazione in una canaletta in sinistra idrografica. Tale canaletta non adduce le acque diret- tamente alla vasca principale, bensì in una piccola va- schetta secondaria che poi trabocca nel serbatoio più grande. La presenza di questa vasca, unitamente alla rea- lizzazione di alcune nicchie laterali apparentemente non collegate ad alcuna funzionalità idraulica, lascia supporre un utilizzo religioso di tali ambienti, che prescinde da quello connesso allo sfruttamento della falda acquifera.

Fig. 8 - Imboccatura della Galleria Olivella 1, con canale di eduzio- ne delle acque in basole di lava giustapposte con sezione a “V”. Fig. 8 - Entrance of the Olivella 1 gallery, with output V-section channel in lava masonry.

raggiungono i volumi ipogei, causando problemi stati- ci per franamento ed accumulo sul fondo della galleria di blocchi lapidei e materiale piroclastico sciolto. La scaturigine attiva più importante si trova sul fian- co destro idrografico della Galleria Ovest (fig. 10), le cui acque tramite una canaletta completamente rico- perta da concrezione calcitica raggiungono il letto del- l’ambiente ipogeo e tracimano all’esterno tramite una soglia a basola modellata con un solco di stramazzo a “V” stretta. Il collegamento all’esterno dell’ipogeo avviene tramite un cunicolo con volta ad arco continuo, di diametro in- feriore al metro, stabilizzata da un’opera in muratura di pietrame a secco. Pianta e sezioni longitudinale e trasversale sono ri- portate nella figura 11. La Galleria Olivella 2, nonostante sia con 30 m circa di sviluppo complessivo la più modesta del gruppo, per morfologia, soluzioni costruttive e struttura architet- tonica, risulta essere la più interessante del gruppo. Il raccordo con l’ambiente epigeo (fig. 12) avviene at- traverso l’utilizzo di un arco in muratura di pietrame a secco, certamente imponente se raffrontato con le Fig. 9 - Tratto iniziale della Galleria Olivella 1. Si notino il muro dimensioni della porzione ipogea; tale apparente so- di sostegno in muratura di pietrame, con basamento ad arco, gli apparati radicali degli alberi soprastanti che invadono la gal- vradimensionamento è invece assolutamente funzio- leria e l’accumulo di materiale franato sul fondo della galleria. nale alle funzioni statiche dell’opera di sostegno, che Fig. 9 - Initial segment of Olivella 1 gallery. It is evident the deve stabilizzare un pendio molto acclive costituito da supporting masonry wall, with arch-shaped basement, the tree rocce piroclastiche caratterizzate da scadenti qualità roots on the ceiling and the accumulation on the floor of mate- geo-meccaniche. rial detached from the ceiling. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 231 Tutta la porzione idricamente attiva è rivestita da con- crezioni calcitiche, la cui formazione in un ambiente non carsico è meglio chiarita nel successivo paragrafo sull’idrogeochimica. La parte terminale del complesso ipogeo si articola invece su rocce piroclastiche con intercalati livelli di lava, è priva di opere di sostegno e non presenta scor- rimento idrico. Pianta e sezioni longitudinale e trasversale sono ri- portate nella figura 15.

Note idrogeochimiche

La composizione chimica della sorgente Olivella è ri- conducibile alla circolazione idrica in rocce vulcaniche, che rilasciano in soluzione i principali cationi (Ca, K, Na, Mg), per azione dell’acqua meteorica in cui è di-

sciolta la CO2 di origine vulcanica. E’ proprio la CO2

che, per idrolisi, forma l’acido carbonico (H2CO3) che

Fig. 10 - Il ramo Ovest della Galleria Olivella 1. Sulla sinistra canaletta di scolo della scaturigine idrica, con concreziona- mento calcitico. Fig. 10 - West branch of the Olivella 1 gallery. On the left the little channel from the water spilling point, coated by calcitic concrections.

Fig. 11 - Pianta e sezioni longitudinale e trasversali della galleria Olivella 1. Fig. 11 - Plan and longitudinal and cross sections of the Olivella 1 gallery. 232 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 12 - Imboccatura della Galleria Olivella 2. Fig. 12 - Entrance of the Olivella 2 gallery. altera le rocce vulcaniche e produce ioni bicarbonato - (HCO3 ). All’interno delle gallerie drenanti, l’acqua

che viene a contatto con l’aria perde la CO2, e gli ioni 2+ - in essa disciolti (Ca e HCO3 ) possono formare con- crezioni di calcite, secondo una reazione del tipo:

- ++ 2HCO3 + Ca = CO2 + CaCO3 + H2O

Durante il monitoraggio geochimico ormai decen- nale condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la sorgente Olivella si è rivelata parti- colarmente utile ai fini della sorveglianza vulcanica, grazie soprattutto alla sua modesta portata (da 0,02 a

0,15 l/s), salinità e contenuto di CO2 disciolta. In par- ticolare (Federico et al., 2004), in occasione del ter- remoto del 11 ottobre 1999, la composizione chimica della sorgente cambiò radicalmente, per poi tornare dopo qualche giorno a quella abituale. Il contenuto di

CO2 disciolta aumentò di quasi 10 volte (da 7 a 53 cc/l STP), ed il pH diminuì da 8 a 6,8, ad indicare un au-

Fig. 13 - Stanza iniziale della galleria Olivella 2, con vasca di accumulo delle acque drenate e ricco concrezionamento cal- citico. Fig. 13 - Entrance ambient of Olivella 2 gallery, with an accu- mulation pool of the drained water, coated by calcitic concrec- tions. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 233

Fig. 14 - Opera di convogliamento delle acque di stillicidio della Galleria Olivella 2, realizzata con gruppo di tegole rovesce in cotto e canale di adduzione sulla parete sinistra. Notare in fondo la vaschetta concrezionata da dove le acque traboccano nella vasca principale. Fig. 14 - Drainage system for dropping waters in the Olivella 2 gallery, made by inverted clay tiles and adduction channel on the left wall; at its end, a little pool, coated by calcitic concrections.

Fig. 15 - Pianta e sezioni longitudinale e trasversali della galleria Olivella 1. Fig. 15 -Plan and longitudinal and cross sections of the Olivella 1 gallery. 234 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

mento di acidità prodotto dalla CO2. Inoltre, si verificò una brusca diminuzione del potenziale redox (ossido- riduzione) fino a valori negativi (da +140 mV a -150 mV), ad indicare l’input di gas riducenti (ad esempio

H2S). Infine, il rapporto isotopico dell’elio disciolto (3He/ 4He), un parametro indicativo della presenza di elio magmatico, che fino a quel momento nella sorgente era tipico dell’elio atmosferico, aumentò fino quasi ai valori ritenuti tipici dell’elio magmatico nel Vesuvio. Le variazioni descritte sono riassunte nel grafico di figura 16. In quella stessa occasione, la composizione chimica della falda principale non subì variazioni di rilievo. Il motivo di tale differenza risiede probabilmente nelle caratteristiche peculiari della sorgente Olivella che, poiché appartiene ad un circuito diverso e molto su- perficiale rispetto alla falda principale del Vesuvio,

ha un contenuto di gran lunga inferiore di sali e CO2 disciolta, che la rende particolarmente sensibile al mi- nimo input di fluidi vulcanici. L’acquifero principale del Vesuvio, invece, ha un’elevata salinità che deriva

dall’azione dell’abbondante CO2 disciolta, e pertanto risente meno dei piccoli apporti di gas vulcanici.

Fig. 16 - Andamenti temporali di temperatura, pH, potenzia-

le redox (Eh), CO2 disciolta e composizione isotopica dell’elio nella sorgente Olivella. Il rapporto isotopico dell’elio è espresso in rapporto a quello atmosferico (R/Ra=(3He/4He)s/(3He/4He)a). La barra grigia indica il terremoto del 11 Ottobre 1999. Fig. 16 - Time variations of water temperature, pH, redox po-

tential (Eh), dissolved CO2 and Helium isotopic composition in the Olivella 1 spring. The Helium isotopic ratio is expressed in comparison with the atmospheric one (R/Ra=(3He/4He)s/ (3He/4He)a). The grey bar indicates the 11 October 1999 earth- quake.

Bibliografia

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Marco Meneghini

Società Speleologica Italiana, Commissione Cavità Artificiali, Curatore del Catasto Nazionale Cavità Artificiali. Via R. Descari, 14 - 38017 Mezzolombardo - (TN) [email protected]

Riassunto

Nel contributo del Curatore, viene presentata la situazione del Catasto Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana alla data del presente Convegno. Il Catasto, la cui sede ufficiale si trova a Bologna, ha visto rafforzare, negli ultimi anni, la collaborazione a livello locale con le regioni d’Italia in cui la speleologia in ipogei antropici è fatta oggetto di importanti e sistematici studi in continuo sviluppo. Numerosi nuovi dati, sono stati raccolti dalla struttura a livello nazionale, permettendo di tracciare un quadro che, seppure non esaustivo, illustra la notevole varietà di forme e la complessa situazione del pa- trimonio sotterraneo del nostro Paese. I dati delle cavità finora censite vengono illustrati ed esaminati in termini statistici, soffermandosi in modo particolare sulle tipologie per collocazione geografica.

Parole chiave: cavità artificiali italiane, catasto, dati catastali, tipologie, Catasto Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana.

Abstract

Updated situation about tha National Cadastre of Artificial Cavities of the Italian Speleological Society In this paper, the Administrator of the National Cadastre of Artificial Cavities of the Italian Speleological Society, explain the situation of the cadastre as of today. Recently, the cadastre it was updated with an important size of data, which gives a scene that explain the considerable range and diffusion of the Italian artificial cavities. It is execute a statistic, particularly about the typologies which are present in the separate Italian regions.

Key words: italian artificial cavities, cadastre, cadastral data, typologies, National Cadastre of Artificial Cavities of the Italian Speleological Society.

Premessa cora più in chiaro le norme di conferimento, gestione e tutela dei dati, trasferendo la sede presso il Centro Il Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali della Italiano di Documentazione Speleologica “Franco Società Speleologica Italiana, costituisce la principale Anelli” di Bologna (Galeazzi & Meneghini, 2007). rappresentazione della ricerca speleologica effettua- L’esigenza di disporre di un unico archivio, in cui far ta, in Italia, negli ipogei di origine antropica (Cappa, confluire i dati di una mole di cavità sempre più con- 1999; Cappa, 2000; Guglia, 2004). Esso fu ufficialmen- sistente, procede di pari passo con la necessità di uno te costituito nel 1989, quale diretta emanazione del- strumento per coordinare le ricerche, che sia d’ausilio la Commissione Cavità Artificiali della S.S.I., ad otto per chi si occupa di questo importante settore della anni di distanza dall’istituzione della stessa, avvenuta speleologia. L’interesse per l’argomento è infatti cre- nel 1981 (Nini, 1990). sciuto enormemente, sia per numero di studiosi che Dotato di un regolamento proprio, il Catasto Nazionale, vi si dedicano, che in termini di qualità e diffusione inizialmente con sede a Narni (TR), vide nel 1999 la rior- dei lavori. Questi, vengono svolti in tutto il territorio ganizzazione delle metodologie di classificazione delle nazionale: i soggetti estensori di dati relativi ad ipogei cavità artificiali (CA), elaborata da Giulio Cappa e Paolo realizzati dall’uomo, risultano essere varie centinaia. Guglia, e tuttora in vigore (Cappa, 1999; Cappa, 2000). Lo scopo principale del Catasto è quindi di conservare Nel 2007, l’approvazione di un nuovo regolamento ha le informazioni raccolte sulle CA, mettendole a dispo- notevolmente riorganizzato le procedure, sancendo an- sizione della comunità speleologica e scientifica; resta 236 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 però fondamentale che i dati catastali sono di proprie- mentazione fotografica, compilando le apposite schede: tà del soggetto che li ha prodotti ed elaborati1. i dati completi, o estesi, vengono di norma conferiti ai Accanto al Catasto Nazionale CA, sono stati istituiti Catasti regionali o direttamente al Catasto Nazionale, alcuni catasti speciali riguardanti gli antichi acque- e sono accessibili su richiesta degli interessati. dotti (nell’ambito del progetto “Carta degli antichi ac- Si viene così a costituire un archivio estremamente quedotti italiani”, con un censimento di queste opere importante di informazioni sul territorio nelle sue idrauliche curato da Mario Parise), il censimento degli specificità, particolarmente utili per studi interdisci- insediamenti trogloditici nei Paesi del Mediterraneo plinari che vanno al di là dell’ambito strettamente (curato dall’arch. Mario Mainetti), ed un analogo la- speleologico. voro riguardante l’arco alpino, denominato progetto La disponibilità di queste informazioni sul vasto pa- Troglo - Alpi (Galeazzi & Meneghini, 2007; Parise et trimonio sotterraneo del nostro Paese è fondamenta- al., 2007). le in svariati ambiti applicativi, quali la protezione e corretta gestione dell’ambiente, del territorio e delle Struttura del Catasto Nazionale risorse idriche, la protezione civile, nonché la tutela delle Cavità Artificiali. La gestione dei dati e la valorizzazione del patrimonio artistico - culturale comprendente il recupero finalizzato allo sviluppo tu- Il Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali si artico- ristico delle cavità. la su base regionale. In ogni regione d’Italia, la locale Nulla di nuovo, comunque, vista la notevole mole di Federazione Speleologica o l’organismo ad essa assi- progetti che, in questo senso vengono sviluppati con milato individua un referente locale che cura la raccol- successo grazie all’apporto fondamentale degli speleo- ta e la catalogazione dei dati degli ipogei censiti. logi che si occupano di cavità artificiali: la loro opera, I Curatori dei Catasti Regionali, vera anima dell’in- esperienza e competenza è riconosciuta da anni e con- tero sistema, pur operando in autonomia fanno riferi- sta di proficue collaborazioni con enti pubblici e privati. mento al Curatore Nazionale, in particolar modo per La diffusione dei dati delle CA attraverso la rete in- la formazione e l’aggiornamento dei dati sintetici delle ternet, oggetto di un’attenta valutazione per una cor- CA, di cui vengono formati appositi elenchi che vengo- retta tutela degli stessi, è uno degli aspetti maggior- no resi pubblici attraverso gli organi di informazione mente sviluppati non solo dal Catasto ma dall’intera ufficiali della S.S.I. Commissione Cavità Artificiali. Se la pubblicazione Per dati sintetici, si intendono convenzionalmente le degli elenchi dei dati sintetici appare cosa fatta, l’alle- informazioni di carattere generale, che non permetto- stimento di un portale con contenuti molto più detta- no l’esatta localizzazione di una cavità, ma la identi- gliati e dai sistemi di ricerca più complessi, è una delle ficano chiaramente, ovvero: il numero di catasto2, il linee da perseguire, che porterà sicuramente al risul- nome, la regione, la provincia, il comune e la tipolo- tato più importante conseguito dalla S.S.I. nell’ambito gia, codificata secondo la metodologia già citata e che della speleologia in CA, al quale si sta già lavorando si illustrerà in seguito (Cappa, 1999; Cappa, 2000; Di con ottime prospettive. Labio, 2004; Galeazzi & Meneghini, 2007). Si viene così a creare un quadro completo delle ricer- Situazione del Catasto Nazionale che in corso, che fornisce un dato reale sulla situazio- ed analisi dei dati disponibili. ne, e sulla quantità e tipologie delle opere sotterranee esistenti nelle singole regioni, seppure non esaustivo Le cavità artificiali nelle regioni, province dell’intera realtà nazionale. Ciò in quanto si stima che e città d’Italia. gli ipogei artificiali siano presenti in numero enorme All’atto del VI Convegno Nazionale, risultano iscritte su tutto il territorio italiano e che gli stessi siano in- a catasto 3985 cavità. vestigati in minima parte, nonostante la rete di ricer- Il dato è comunque sottostimato, in quanto alcune sin- catori che fanno confluire i risultati del proprio lavoro gole cavità molto simili per dimensioni, tipologia e ca- all’S.S.I. sia da molti anni particolarmente attiva. ratteristiche, o dislocate nelle immediate vicinanze fra La prima serie di dati sintetici è stata pubblicata a cu- loro, vengono catastate, di prassi, con un unico nume- ra di Elena Di Labio, all’epoca Curatrice del Catasto, ro. È il caso di insediamenti ipogei a scopo abitativo, o su “Opera Ipogea”, la rivista della Commissione Cavità di caverne di guerra la cui presenza è ripetitiva lungo Artificiali della S.S.I (Di Labio, 2004; Di Labio, 2006). una linea fortificata. Gli aggiornamenti vengono effettuati annualmente, o Questo può spiegare, in parte, il divario esistente fra il a seconda delle scadenze editoriali della pubblicazione. numero di cavità presente nelle singole regioni italiane. Di ogni cavità, ovviamente, i rilevatori raccolgono infor- È importante sottolineare che i dati relativi al com- mazioni ben più dettagliate, quali ubicazione, speleome- plesso delle CA censite, rispecchia in primo luogo il tria, epoche di realizzazione, rilievi topografici e docu- risultato delle ricerche effettivamente svolte piuttosto che la presenza o meno di CA sul territorio in termini oggettivi; presenza che comunque si stima massiccia 1 Art. 1 del Regolamento del Catasto Nazionale CA S.S.I. e si rivela spesso ben al di là delle previsioni iniziali, 2 Il numero di catasto è formato dalla sigla CA seguita da un una volta iniziata una campagna di ricerca. numero progressivo regionale e dalle sigle identificative della I manufatti sotterranei, infatti, celano molto bene i se- regione e della provincia. Es.: CA 1 La RM (Cavità artificiale n. gni esterni della loro presenza (cancellati dall’abban- 1 del Lazio, prov. di Roma). dono o volutamente dalla mano dell’uomo) ed il relati- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 237 vo materiale documentale risulta molto spesso di dif- particolare, per quanto riguarda la numerazione delle ficile reperimento, collocato in archivi alle volte molto cavità, va sottolineato che alcune anomalie sono dovu- lontani dal luogo in cui gli ipogei si trovano ubicati. te al fatto che risultano estratte dal catasto cavità na- Si aggiunga a ciò, una rapidissima rimozione dalla turali, dove erano state precedentemente iscritte. Da memoria storica delle persone le cui vicende umane si ciò deriva una numerazione non consecutiva, se non in intrecciano con l’esistenza di manufatti di questo tipo. alcuni casi una mancanza di numeri; ogni lacuna verrà In ogni caso, i dati riassuntivi di seguito riportati, in breve colmata, con nuovi contributi di informazioni. analizzati a grandi linee in termini statistici, fornisco- In ogni caso, vi è una copertura di apporti catastali no una panoramica particolarmente significativa, sia che copre praticamente l’intero territorio nazionale. A sullo stato delle ricerche svolte, che sulla situazione questo proposito, desidero riportare un dato curioso: effettiva. la cavità più settentrionale è la Miniera di Ridanna Sono state inserite a catasto cavità di quasi tutte le - Monteneve Ridnaun - Schneeberg in Alto Adige, nei regioni italiane. Vale la pena rammentare che alcu- pressi di Vipiteno (CA 343 VT BZ)3, mentre quelle più ni catasti regionali sono di recente istituzione, anche a sud sono dislocate sull’Isola di Linosa: trattasi prin- se hanno dato prova di estrema solerzia sin dall’inizio cipalmente di cisterne per l’approvvigionamento idri- della raccolta delle informazioni. co (da CA 23 a CA 78 Si AG). Non risultano inseriti, invece, dati riguardanti la Valle In un dettaglio per provincia, il maggior numero di d’Aosta e la Sardegna, realtà ricche di ipogei antropici CA classificate si trova in provincia di Trieste, con 357 anche particolarmente caratterizzanti, che comunque cavità, seguita da Trento, con 342, Taranto con 310 e risultano essere oggetto di studi dettagliati. La man- Gorizia con 269. cata costituzione di una struttura referente a livello Se la speleologia in cavità artificiali, all’inizio del suo locale, non può essere che di stimolo per tutti i soggetti svilupparsi, veniva chiamata “speleologia urbana”, (Commissione, speleologi locali ma anche professioni- per aver avuto come oggetto delle esplorazioni gli ipo- sti, appassionati di storia, associazioni con altri fini) gei delle città, è giusto ricordare come nei vari cata- interessati ad un salto di qualità finalizzato ad incre- sti regionali siano annoverati i sotterranei di centri mentare forze e conoscenze. urbani quali Roma, Napoli, Genova, Matera, Trieste, A livello di numero totale di CA per regione, spiccano Bergamo, la cui celebrità spesso esula dalle conoscen- fra tutti i dati di Friuli - Venezia Giulia, Puglia (con ze degli addetti ai lavori. un notevole incremento in questi ultimi anni) e Lazio. Il catasto del Trentino - Alto Adige, è stato istituito nel 2004, e quello della Basilicata ha fornito i primi dati nel 2008 (fig. 1). 3 La sigla della regione Trentino - Alto Adige/Südtirol è VT, ov- Un accenno a sé stante merita la Campania, dove il ca- vero Venezia Tridentina, mutuata dal catasto cavità naturali e tasto CA viene curato dalla Federazione Speleologica derivante dalla denominazione storica adottata all’atto dell’isti- Campana, ed attualmente è in corso di riordino; in tuzione del Catasto delle Grotte d’Italia, negli anni venti.

Fig. 1 - Presenza di cavità artificiali censite nelle singole regioni presso il Catasto Nazionale S.S.I. Fig. 1 - Presence of artificial cavities recorded in the single regions in the National Cadastre of the Italian Speleological Society. 238 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Classificazione per tipologia, in termini complessivi riguardano un doppio utilizzo fra opere insediative e e raffrontati alle singole regioni di culto (B e C). In ogni caso, queste rimangono estremamente margi- Particolarmente interessante risulta l’analisi dei dati nali in percentuale (2 %; fig. 2). riguardanti la tipologia delle CA censite, vero indica- Si evidenzia immediatamente come, in termini assolu- tore delle circostanze e delle ragioni storiche che han- ti, la maggior parte delle CA classificate rientri nelle no portato allo scavo degli ipogei. opere militari (tipologia D – 40% del totale). Il dato è La classificazione tipologica adottata4, riporta sette sicuramente influenzato, in molti casi, dalla più sem- categorie principali, identificate con una lettera maiu- plice accessibilità delle stesse, spesso abbandonate, e scola dell’alfabeto, ed una serie di sottocategorie che dal vastissimo interesse che queste suscitano in alcu- definiscono in dettaglio i vari manufatti (es.: A – ope- ne regioni, specialmente al nord. Numerosi sono pure re idrauliche; A.1 opere di regimazione e bonifica; A.2 i rifugi antiaerei per civili (tipologia D.7), presenti in opere di captazione, ecc.) per le quali si rimanda al- tutte le città italiane e risalenti al secondo conflitto le procedure di accatastamento riportate in allegato mondiale. al regolamento ed a quanto in precedenza pubblicato Le opere idrauliche (tipologia A) riguardano meno (Cappa, 1999; Cappa, 2000; Di Labio, 2004; Galeazzi & della quarta parte del totale (23%), ma, assieme alle Meneghini, 2007). militari, sono oggetto di dettagliate e diffuse ricerche Le tipologie sono le seguenti: in merito5. Essendo più probabile incontrare singole A – Opere idrauliche (cunicoli di bonifica; acquedotti; opere puntuali, e meno gruppi di cavità (come nel caso cisterne; ghiacciaie ecc.) delle opere insediative, di culto e militari), in loro nu- B - Opere insediative civili (abitazioni, magazzini, mero in termini assoluti risulta più basso. stalle, ecc.) Opere insediative civili ed opere di culto, sono presso- C – Opere di culto (luoghi di culto; opere sepolcrali) chè in pari numero (13 e 12%); si consideri che le cavi- D - Opere militari (cunicoli di transito, postazioni di tà di tipologia mista (vedi), possono essere considerate sparo, rifugi antiaerei) parte di esse. E – Opere estrattive (cave, miniere) Gli ipogei di tipologia B e C, in genere insistono in F – Vie di transito (gallerie stradali, ferroviarie ecc.) commistione nei medesimi contesti (eremi, villag- G – Altre opere (tutte quelle non classificate, come ad gi trogloditici) sovrapponendosi strutturalmente e, esempio vani tecnici, parti strutturali interrate, ecc.). in vari casi, vengono numerati per gruppo di cavità; Nel presente lavoro, vengono considerate anche le ca- fattori, questi, che possono influire sulla misura delle vità di tipologia mista, che però, in linea di massima, iscrizioni a catasto, come già detto.

4 L’attuale classificazione è stata elaborata da G. Cappa e P. 5 Nel 2007 sono stati pubblicati i risultati del progetto “Carta Guglia nel 1999. degli antichi acquedotti italiani” (Parise et al., 2007).

Fig. 2 - Percentuali delle tipologie delle cavità a catasto. Fig. 2 - Percentage of typologies of cavities in the National Cadastre of the Italian Speleological Society. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 239 Cave, miniere ed opere ad esse assimilate, costituisco- no il 7% dell’elenco, anche se è da prevederne un incre- mento, visto che in certe regioni risultano presenti in misura estremamente elevata. Sono senz’altro margi- nali le vie di transito e le altre opere (ognuna con il 2% del totale), in termini di effettiva presenza delle stesse sul territorio. Risulta particolarmente interessante approfondire la distribuzione delle singole tipologie per regione. Questa analisi fornisce sicuramente i risultati più im- portanti per capire il fenomeno delle CA in Italia e soprattutto dei contesti storici che hanno portato ad una loro realizzazione in termini così consistenti. La situazione, illustrata nella cartina riportata di seguito (fig. 3), appare mutata rispetto all’analisi in termini assoluti già riportata in precedenza. Di fatto, in Italia risultano prevalere, per diffusione, le opere idrauliche. Esse sono le prime per numero in nove re- gioni, due al nord (Piemonte e Liguria), tutte quelle dell’Italia centrale (Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise) e due al sud (Calabria e Sicilia). Se si scende nel dettaglio, si evidenzia come in altre due regioni (Lombardia e Toscana), a dire il vero piut- tosto scarse di dati assoluti, esse costituiscano la se- conda tipologia presente per numero e comunque, in linea generale, una frazione consistente delle CA an- che nel resto d’Italia (in particolare in Friuli - Venezia Giulia e Puglia). In pratica, il nostro Paese è pieno di acquedotti, canali di scolo, cisterne, pozzi realizzati a partire dall’epoca preromana fino allo scorso secolo, la cui esistenza e caratteristiche sono spesso ignote. È evidente, perciò, Fig. 4 - Acquedotto di Fosso Tempesta - Nemi (Lazio). Opere l’importanza di conoscere le opere legate alla gestione idrauliche - tipologia A (Foto C. Germani). del ciclo dell’acqua, vitale aspetto della civiltà umana Fig. 4 - Fosso Tempesta aqueduct - Nemi (Lazio). Waterworks sin dai tempi più antichi (fig. 4). - typology A (photo C. Germani).

L’implementazione del progetto riguardante la Carta degli antichi acquedotti italiani (Parise et al., 2007), assieme all’incentivazione della conoscenza delle ope- re idrauliche, è quindi uno stimolo per lo sviluppo di progetti finalizzati ad una maggiore comprensione, in generale, delle acque sotterranee, campo in cui la spe- leologia riveste sicuramente un ruolo di primo piano e, si spera, maggiormente riconosciuto in futuro. Le opere insediative civili, prevalgono in Puglia, dove, in passato, il trogloditismo risultava particolarmente diffuso. Da qui, la realizzazione di spazi ipogei non so- lo abitativi, ma legati a tutte le attività umane, fra cui quelle produttive (importanti i trappeti ipogei per la lavorazione dell’olio) e quelle di culto, con una notevo- le diffusione di chiese rupestri che, dai dati a catasto, prevalgono in Basilicata (tipologia C). Qui il dato è pro- fondamente influenzato dalle ricerche effettivamente eseguite sinora, che hanno riguardato principalmente i luoghi di culto. Ben nota, infatti, è la particolare si- tuazione a Matera, celebre per le abitazioni ipogee che ricadono senz’altro nella tipologia B. Per la Campania, la realtà risulta particolarmente complessa, e merita decisamente un maggiore appro- fondimento, che ci si riserva di effettuare nell’imme- Fig. 3 - Le tipologie più rappresentate per regione. diato futuro, puntando innanzitutto all’acquisizione di Fig. 3 - The must representatives typologies for region. dati più completi. 240 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Le informazioni a disposizione, esaminate in occasio- Per quanto riguarda le opere estrattive, risalta so- ne del presente intervento, non evidenziano una netta lamente la Toscana con varie miniere metallifere, la prevalenza tipologica: ai fini dell’analisi compiuta in cui presenza risulta importante anche in Piemonte e questa sede, si propende per le tipologie insediative, Liguria. con importanti casi di opere idrauliche, di culto (fune- Vie di transito, altre opere (tipologia G) ed opere mi- rarie) ed estrattive. ste sono diffuse in quota marginale in tutte le regioni Si può quindi affermare che nelle regioni più meridio- d’Italia6. nali si ha una prevalenza di entrambe le tipologie, B e Riassumendo, la diffusione delle tipologie per aree C, che risultano contemporaneamente presenti e spes- geografiche riporta in maniera abbastanza fedele la so complementari. Inoltre, di opere scavate a scopi situazione sul campo, con una prevalenza, in linea di insediativo-produttivi e religiosi vi sono significativi massima, di opere militari al nord, idrauliche al cen- esempi in Italia centrale, con una notevole presenza tro ed insediativo-cultuali a sud, pur con una certa in Lazio. presenza di queste ultime nel Lazio. Si aggiunga a ciò che spesso, nel centro - sud, le carat- Risulterebbe certamente interessante un’analoga teristiche delle rocce, particolarmente lavorabili, ren- analisi relativa alle epoche di realizzazione, che vanno dono estremamente semplice il lavoro di scavo tanto dalla preistoria al XX secolo7; spesso, però, le stesse da far considerare imponente la presenza delle CA. cavità sono state oggetto di rimaneggiamenti succes- Una particolare connotazione geografica rivestono le sivi, ampliamenti, utilizzi prolungati attraverso varie opere militari, presenti in netta prevalenza in cinque epoche che si sono protratti sino ad oggi. Addirittura, regioni settentrionali: Friuli - Venezia Giulia, Veneto, l’origine di molte CA risale ad un’epoca sconosciuta. Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna (fig. 5). Tale preponderanza, nel Triveneto, è dovuta agli ipogei della prima guerra mondiale, guerra di 6 Da segnalarsi alcune gallerie stradali etrusche del Lazio: CA trincea e di posizione, e quindi caratterizzata da una 159 e 169 La RM. 7 massiccia opera fortificatoria in sotterraneo a causa Le epoche di realizzazione delle CA, secondo il metodo adot- dell’elevata potenza di fuoco delle artiglierie dell’epo- tato dal Catasto Nazionale CA, sono le seguenti: a = preistori- ca; b = protostorica; c = pre-romana (es. etrusca); d = romana ca. regia/repubblicana; e = romana imperiale; f = tardo-antica (tra- Degni di nota i rifugi antiaerei nelle città, ma pure i monto impero romano); g = alto-medioevale (fino al 1000 cir- sotterranei di castelli ed opere fortificate ben più anti- ca); h = medio-tardo medioevo; i = rinascimentale (1400-1600 che, evidenti nei catasti delle altre due regioni (Emilia circa); l = evo moderno (fino alla Rivoluzione francese); m = Romagna e Lombardia; fig. 6). ottocento; n = novecento.

Fig. 5 - Gallerie cannoniere di Monte Calvario – Gorizia (Friuli – Venezia Giulia). Opere militari – tipologia D (Foto per gentile concessione Centro Ricerche Archeologiche e Storiche nel goriziano). Fig. 5 - Artillery fortress of Monte Calvario – Gorizia (Friuli – Venezia Giulia). Military works – typology D (courtesy of Archaeologi- cal and Historical Research Center of Goriziano). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 241 È quindi particolarmente difficoltoso addentrarsi in questi dettagli, peraltro per nulla trascurabili, che pe- rò potrebbero portare ad una interpretazione dei dati distorta od incompleta. Ci si propone, in futuro, di ap- profondire l’argomento con metodo adeguato.

Conclusioni e prospettive future

Una collaborazione fra singole realtà associazionisti- che e non professionali, a volte anche esterne ad un mondo già di per sé variegato come quello speleologi- co, risulta tutt’altro che semplice da realizzare. I risultati ottenuti dal Catasto Nazionale delle CA pos- sono tranquillamente dimostrare come un obiettivo di questo genere possa essere concretizzato, grazie a due punti d’incontro quali la passione comune per l’opera umana nel sottosuolo ed una realtà di riferimento na- zionale come la Società Speleologica Italiana. La mole di dati e l’unione di competenze che si vedono riunite nel Catasto Nazionale CA e, più in generale, nella Commissione Nazionale CA, sono un risultato sicuramente prestigioso, ottenuto sviluppando l’intero lavoro basandosi sull’autonomia delle singole realtà locali e cercando di non calare “dall’alto” soluzioni o disposizioni. Continuare su questa linea rivestirà un’importanza fondamentale, al fine di implementare la collaborazio- ne su tutto il territorio nazionale soprattutto con gli Fig. 6 - Sotterranei del castello di Novara (Piemonte). Foto L. ambienti istituzionali ed accademici. In questo senso, Galimberti, per gentile concessione G. Cella. uno dei nodi fondamentali dovrà essere la giusta di- Fig. 6 - Vaults in the castle of Novara (Piemonte). Photo L. vulgazione dei dati relativi alle CA censite presso il no- Galimberti, courtesy of G. Cella arch. stro catasto, secondo sistemi, mezzi e metodi adeguati.

Ringraziamenti

Desidero ringraziare, per l’aiuto ed i dati messi a disposizione, tutti i Curatori dei Catasti Regionali, uni- tamente ad Ezio Burri e Carla Galeazzi per la revisione del testo. Un grazie, inoltre, a Roberto Bixio, Gian Domenico Cella, Carlo Germani, Giuseppe Lombardo ed al Centro per le Ricerche Archeologiche e Storiche nel Goriziano per le immagini pubblicate ed inserite nella presentazione.

Bibliografia

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Marco Meneghini Curatore del Catasto Nazionale del Catasto Cavità Artificiali della S.S.I.

In appendice alla relazione sullo stato dell’arte del Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana, vengono pubblicati gli aggiornamenti dei dati sintetici delle CA italiane, forniti dai rispettivi Curatori dei catasti regionali. Si tratta del proseguimento delle liste già edite nei numeri 2-3 del 2004 e 1-2 del 2006 di “Opera Ipogea”, rivista della Commis- sione Nazionale Cavità Artificiali.

NOTE SUI SINGOLI CATASTI REGIONALI E LEGENDE DELLE SIGLE DELLE FONTI DI INFORMAZIONE

BASILICATA: Fonti di informazione: Gruppo Puglia Grotte - Castellana Grotte (BA).

EMILIA ROMAGNA: La numerazione non è progressiva per regione, ma per gruppi di cavità. Fonti di informazione: GSE: Gruppo Speleologico Emiliano (Modena) GSB: Gruppo Speleologico Bolognese CAI OSMS: Organizzazione Speleologica Modenese “Sottosopra” GSA: Gruppo Speleo Ambientalista CAI Ravenna GSPGC: Gruppo Speleologico Paletnologico “Gaetano Chierici” Reggio Emilia GSF: Gruppo Speleologico Faentino GSB-USB: Gruppo Speleologico Bolognese - Unione Speleologica Bolognese (Bologna)

FRIULI - VENEZIA GIULIA: Fonti di informazione: sono indicati gli autori delle medesime e l’anno di esecuzione. I nomi delle persone sono abbreviati come da legenda sotto ri- portata. Le fonti di infomazione sono suddivise per : r = rilevamento topografico; c = compilazione della scheda catastale. AC=Accurso C. (GS Bert.); AO=Augusto O. (CRC); BA=Boschini Alessandro (CAT); BAn=Barazzetti Andrea (CRC); BC=Bordon C. (SAG); BF=Basilisco F. (SAS); BL=Barbana Luigi (GS Bert.); BLa=Bertolini Laura (SAG); BR=Bellini R. (CAT); BRa=Bernardis R. (CAT); BRo=Benedetti Roberto (CRC); BW=Basso Walter (SAS); CA=Canciani A. (CAT); CAT=Club Alpinistico Triestino; CD=Coslovi Diego (SAS); CDu=Cobol Duilio (CNS Cob.); CG=Crevatin Gabriele (SAS); CGi=Cresi Gianfranco (CAT); CM=Codiglia M. (CAT); CMa=Comar Maurizio (CSC Lind.); CP=Cechet P. (CAT); CR=Calligaris Ruggero (CAT); CRC=Centro Ricerche Carsiche Seppenhofer - Gorizia; CS=Cleva Stefano (SAS); DC=Duro Cristian (SAS); DCF=Della Costa F. (CRC); DCr=Del Ciello R. (CRC); DE=Devetak Ester (CRC); DG=Deiuri Giorgio (GSM AdF); DNA=Di Natale An- drea (SAS); DS=Dambrosi Sergio (SAS); EG=Esposito Guglielmo (GS Pradis); FL=Ferrero L. (CAT); FM=Ferfoglia Manuel (ASG); FN=Fosso N. (CSC Lind.); FS=Frenopoulos Spiro (CSC Lind.); FT=Fabec Tomaz (ASG); GA=Giassi Alessandro (CRC); GD=Gerli Damjan (ASG); GF=Gherlizza Franco (CAT); GFa=Gleria Franco (CAT); GG=Granatiero G. (GS Bert.); GGa=Graziuso Gabriella (CRC); GL=Gleria Luca (CAT); GLu=Grinover Luca (CRC), GM=Gherlizza M. (CAT); GMa=Gubertini Marco (SAS), GP= Guglia Paolo (SAS), GS=Gherlizza S. (CAT); HA=Halupca Armando (SAS); HM=Herbreteau Marco (GS Pradis); HP=Herbreteau Patrick (GS Pradis); HW=Hess Walter (GS Bert.); KA=Klun Antonio (CAT); KI=Kocjancic Igor (CRC); KM=Kraus Mauro (CAT); IV=Iaccarini Valeria (SAS), LA=Longo Alberto (CRC); LL=Lanza L. (--); LLu=Longo Luciano (SAS); LR=Laurencich R. (GSC); LRo=Lucco Roberto (GS Pradis); MA=Mikolic Anna (SAG); MAa=Miniussi A. (SAG); MAb=Millo A. (CAT); MAc=Marussic A. (CSC Lind.); MD=Miniussi D. (CSC Lind.); ME=Massari Enrico (CAT); MF=Mirolo Federico (GS Pradis); MJ=Mislej James (SAS); MG=Monaco G. (CAT); MGa=Maculus G. (CAT); MGi=Marcigaglia Gino (CRC); ML=Milanese L. (GS Bert.); MLa=Mian L. (GS Bert.); MLi=Monaco Lino (CAT); MM=Milanese M. (GS Bert.); MMa=Meneghini Marco (CRC); MP=Medeot Paolo (GS Bert.); MS=Marizza Simone (CRC); MSi=Milani Sula (ASG); MU=Mikolic Umberto (SAG); NA=Nigrisin Andrea (SAG); ND=Nardon D. (SAS); NDa=Neami Dario (SAS); NE=Neami Enrico (SAS); NEl=Nalon Elena (CRC); NM=Nacinovi M. (CAT); OE=Obersnel Enzo (SAG); OM=Olivieri Mauro (SAS); OP=Omari Paolo (CAT); PAl=Pribaz Aldo (SAS); PA=Pesaro Alessandro (SAS); PC=Pristavec Claudio (--); PD=Perhinek Daniela (CAT); PDa=Pintar David (CRC); PF=Picchieri Fabio (SAS); PG=Pian G. (GSM AdF); PI=Pittini Idana (CRC); PL=Postogna Luciano (SAS); PM=Pizzi Michele (CAT); PMa=Prestaino Marco (SAS); PR=Picek Roberto (CAT); RA=Rutar Antonella (CRC); RC=Romani C. (CAT); RF=Rovelli Fabrizio (CAT); RL=Russo Luciano (--); RM=Radacich Maurizio (CAT); RMa=Restaino Marco (SAS), RN=Rupini Nicoletta (SAG); SA=Sandron Alex (GS Pradis); SAS= Società Adriatica di Spe- leologia - Trieste; SE=Sepulcri Eraldo (SAS); SF=Sfiligoi Francesco (GSM AdF); SFa=Stoch Fabio (--); SG=Scrigna Gianni Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 243 (SAS); SGi=Susmel Gianni (CRC); SL=Scandiuzzi Laura (GS Pradis); SM=Siega Mauro (CAT); SMa=Sandrin M. (CSC Lind.); SMi=Susmel Michele (CRC); SP=Slama Piero (SAS), SR=Silvestri R. (GS Bert.); SU=Stocker Ugo (CSC Lind.); TF=Tiralongo Franco (SAG); TM=Tentor Maurizio (GSM AdF); TMa=Tommasini M. (CAT); TMo=Tavagnutti Maurizio (CRC); TW=Turus Walter (GS Bert.); UE=Emani Edi (CAT); VR=Visentin Ranieri (GSC); ZA=Zoff Alessandro (GSM AdF); ZG= Zeleznihìk G. (GSM AdF); ZGa=Zeleznik G. (CSC Lind.); ZGi=Zanin Gianluca (CRC); ZM=Zarotti Marco (SAS); ZI=Zoch I. (SAS); ZIa=Zocchelli I. (SAG); ZP=Zaccaria Paolo (CNS Cob.); ZPa=Zerial Paolo (SAS).

Nello schema soprastante è riportata, accanto al nome del rilevatore, la sigla del gruppo speleologico di appartenenza. I nomi dei gruppi sono stati abbreviati come da legenda di seguito riportata:

ASG=Associazione Sportiva Grmada, Sezione Speleologica, Malchina, Duino/Aurisina (TS); CAT = Club Alpinistico Triesti- no, Sezione Ricerche e Studi su Cavità Artificiali, Trieste; CRC = Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”, Gorizia; CSC Lind. = Centro di Studi Carsici “Antonio Federico Lindner”, Fogliano, Redipuglia (GO); CSN Cob. = Gruppo Speleo-Nautico “Cobol”, Trieste; GS Bert. = Gruppo Speleologico “Luigi Vittorio Bertarelli”, CAI, Gorizia; GS Pradis = Gruppo Speleologico Pradis, Clauzetto (PN); GSC = Gruppo Speleologico Carsico, San Martino del Carso (GO); GSM AdF = Gruppo Speleologico Monfalconese “Amici del Fante”, Monfalcone, (GO); SAG = Società Alpina delle Giulie, CAI, Trieste; SAS = Società Adriatica di Speleologia, Sezione di Speleologia Urbana, Trieste. L’indicazione (--) si riferisce a studiosi indipendenti non legati direttamente ad un gruppo speleologico.

LAZIO: Tipologie: categorie conformi alla revisione SSI del giugno 1999 (Albero delle Tipologie), con le abbreviazioni necessarie per lo spazio disponibile, seguite dalle sigle codificate in occasione di detta revisione; per quelle di culto (C1) o sepolcrali (C2) è in genere indicata anche l’epoca: etrusca, falisca, romana, cristiana = †. Fonti di informazione: sono indicati gli autori delle medesime e l’anno di esecuzione; i nomi delle persone possono essere abbreviati come da legenda sotto riportata. Sigle: e = rinvenimento e/o esplorazione; r = rilevamento topografico; c = compilatore della scheda catastale; p = autori della pubblicazione di base. Tra parentesi sono indicati dati parziali. CF = Cappa-Felici; CZ = Cianetti-Zampighi; MP = Mecchia-Piro; CC = Castellani & al.; DV = Dobosz-Vittori; GG = Germani- Galeazzi-De Paolis & al.; CRSE = Centro Ricerche Speleologiche Egeria; Ga = Galieti; MSR = Moretti-Saiza-Rampini; CS = Cappa-Santella; CDP = Cappa-Dobosz-Pintus; RS = Raspi Serra; P = Picchetto; N = Nelli; D = Devoti; GAL = Gr. Archeologico Latino-Monte Porzio; QG = Quilici Gigli; CO = Colonna E.& G.; CA = Cagiano de Azevedo- Schmiedt; BG = Battiati-Grassi (G.G.RM Niphargus); S = Santella; FC = Cappa-Frangini; CD = Cianetti-Orsini-Di Girolami & al.; GSGM = Gr. Speleol. Gui- donia-Montecelio; ZM = Zaccaria Mari; GB = Gigliuto Basilico & al., Gr. Gr. Saronno CAI; SZC = Shaka Zulu Club Subiaco; BSR = British School at Rome; P = M. Placidi-G.S.CAI Roma; BC = R. Bambini-M. Campagnoli (Cat.CA Marche); BT = M. Biagi-M. Terenzi & al.; OC = A. Ortolani-E. Carallo; BA = M. Biagi- A. Cocchiarella; JC = Jean Coste (in mem.) 1999; TD = Tullio Dobosz.

LOMBARDIA: La nuova cavità è stata iscritta momentaneamente solo presso il Catasto Nazionale, che segue una numerazione progressiva nazionale, contraddistinta dalla lettera N.

MARCHE: Fonti di informazione: GGR: Gruppo Grotte Recanati GSM: Gruppo Speleologico Marchigiano CAI Ancona GASP: Gruppo Autonomo Speleologico Portocivitanova GCACF: Gruppo Cavità Artificiali CAI Fermo GSCN: Gruppo Speleologico CAI Macerata GSU: Gruppo Speleologico Urbinate AR: Alberto Recanatini GV: Gianni Volpe GSCS: Gruppo Speleologico CAI Senigallia

MOLISE: Per informazioni rivolgersi alla Associazione Speleologi Molisani.

PIEMONTE: I numeri di catasto sono assegnati per provincia. Dati trasmessi dal Catasto Regionale Cavità Artificiali del Piemonte dell’Asso- ciazione Gruppi Speleologici Piemontesi.

SICILIA: Fonti di informazione: Gruppo Speleologico Agrigento. 244 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 245 246 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 247 248 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 249 250 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 251 252 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 253 254 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 255 256 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 257 258 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 259 260 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 261 La cisterna romana sotto la piazza del centro storico di Caiazzo (Caserta, Campania)

Manuela Merlo ([email protected]), Laura Pinelli ([email protected]), Natalino Russo ([email protected])

Gruppo Speleologico Grottaferrata 2007, Gruppo Speleologico del Matese

Riassunto

Il contributo illustra un caso di ricognizione e documentazione di una cisterna romana sotto la piazza del centro storico di Caiazzo (Caserta), il cui accesso era conosciuto da anni, ma in mancanza di un’indagine documentata aveva fatto nascere molteplici leggende. La ricognizione da parte degli speleologi ha dato lo spunto per intraprendere un’opera di indagine e valorizzazione del monumento da parte del Comune e del competente ufficio della Soprintendenza archeologica. Nell’articolo si forniscono inoltre alcuni spunti sull’osservazione di ipogei artificiali, che possono fornire indicazioni sulle fasi di edificazione e sui metodi di costruzione.

Parole chiave: Italia, cisterna romana, archeologia, documentazione, rilievo topografico.

Abstract

The roman cistern under the square in the historical center of Caiazzo (Caserta Province, Campania) This paper reports the survey and documentation of a Roman cistern, located under the central square in the old town of Caiazzo (Campania). The access to the cistern had been known for many years, but the lack of a documented survey had given rise to tales of various kind. The survey by the cavers has been the starting point for the intervention of the town council and the Archaeological Superintendence, in order to investigate and exploit to advantage the monument. The paper discusses also some features of artificial hypogea, that can help in recognizing the various stages of construction and the methods employed.

Key words: Italy, roman cistern, archaeology, documentation, survey.

Premessa che ha contribuito ad aumentare la distanza tra gli abitanti e la cisterna, e ad enfatizzarne l’aura mito- Piazza Giuseppe Verdi, già Foro Marco Gavio, è il logica. principale spazio aperto nel centro storico di Caiazzo. Negli anni ‘30 un gruppo di ragazzini giocava nella Localmente è chiamata “Mercatiello”, con riferimento piazza, e uno di loro cadde nel pozzo. I suoi compagni, al fatto che vi si svolge il mercato settimanale, ma an- per timore di punizioni, non dissero nulla per diversi che al ruolo che aveva in passato nella vita sociale del giorni, e il ragazzo morì. Pare che il corpo del ragazzo paese. Intorno a questa piazza esistono diverse leg- sia stato ritrovato soltanto dopo aver svuotato la ci- gende popolari, molte delle quali legate alla cisterna sterna, qualche giorno dopo. Altri svuotamenti furono che essa ricopre, chiamata semplicemente “Il Pozzo”. effettuati a scopo di bonifica, in seguito alla caduta di Gli abitanti del posto sanno da sempre che il sotto- cani dalla bocca del pozzo. Si narra anche di un solda- suolo del Mercatiello nasconde una cisterna; del resto to tedesco, ucciso e gettato nel pozzo. Infine la creden- la cavità è stata utilizzata per l’approvvigionamento za popolare ha sempre ipotizzato un collegamento con idrico delle abitazioni circostanti fino ad anni recenti, un’altra cisterna, il Formale, ubicato nella frazione di quando la capillarizzazione degli acquedotti civici ha SS. Giovanni e Paolo; collegamento improbabile non ridotto l’importanza di questo deposito d’acqua, ed es- tanto per la distanza che separa le due conserve (circa so è caduto in disuso ed è stato rapidamente dimenti- 1 km) quanto per la presenza di una profonda valle cato. A ciò si aggiunge la memoria di alcuni incidenti, tra di esse. 262 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Alcuni interventi di manutenzione eseguiti dopo la Descrizione e interpretazione Seconda Guerra Mondiale non hanno fornito materia- le di alcun genere utile a confermare queste leggende. La cisterna romana di Caiazzo (fig. 3) è costituita da È probabile che l’ultimo intervento risalga agli anni due ambienti rettangolari orientati nord-sud, misu- ‘60, allorquando mastro Luigi Costantino fu incaricato ranti poco meno di 21 m di lunghezza e 8 di larghezza, di ripulire la cisterna e tamponare una perdita su una entrambi con volta a botte alta 4,50 m. Tali ambienti delle pareti. La discesa fu effettuata probabilmente sono a loro volta divisi in tre sottoambienti da quattro servendosi di una scala, calata da un secondo accesso muretti alti circa 2,5 m, che non giungono quindi alla alla cavità, posto a sud, a un livello più basso rispetto volta (fig. 4). Tutti gli ambienti sono comunicanti fra al Pozzo, e chiuso da un tombino in ghisa. loro: sul muro che divide fra loro i due vani centrali si Un primo tentativo di esplorazione speleologica fu aprono due aperture ad arco, che si impostano su un condotto all’inizio degli anni ‘80 per iniziativa della lo- gradino e sono alte 2 m, mentre i quattro laterali sono cale sezione dell’Arci Lega per l’Ambiente. Speleologi messi in comunicazione da un fornice ciascuno; i tra- provenienti da Napoli non riuscirono a svuotare la mezzi che dividono tra loro trasversalmente le stanze cisterna e ripiegarono sull’esplorazione del Formale. più grandi presentano dei piccoli fornici, alti 85 cm, In quell’occasione fecero un tentativo anche su alcune che si dipartono dal pavimento. Tutte le aperture sono cavità naturali dei dintorni. costituite da archi con conci in pietra tagliati in mo- Nel 1990 l’Associazione Storica del Caiatino intrapre- do regolare. In ciascuno degli ambienti, ad eccezione se alcune iniziative volte alla riscoperta del patrimo- dell’ambiente centrale ad ovest, si aprono dei pozzi, nio storico-culturale del paese, e si interessò anche di che presentano però grandezze differenti, e, in alcuni sfatare le leggende che circolavano intorno alla cister- casi, tagliano il rivestimento; è stato possibile vedere na. Fu contattato il Centro Speleologico Meridionale inoltre che le canne di almeno due dei pozzi sono state di Napoli. L’esplorazione si svolse il 2 ottobre 1990: rialzate, ragionevolmente in occasione dell’innalza- anche in questo caso gli speleologi si calarono dal tom- mento del piano di calpestio della piazza. La cisterna bino, e visitarono la cavità utilizzando un canotto. è rivestita con malta idraulica su tutte le pareti, e su Scattarono alcune foto e consegnarono la relativa do- parte della volta; in alcuni punti sono visibili le trac- cumentazione, completa di rilievo topografico, all’Am- ce lasciate dalle casseforme in legno al momento della ministrazione Comunale (Salvi, 2007). Il perdurare costruzione. delle leggende sulla cisterna dimostra che di quella L’ambiente nord est presenta alterazioni di epoca mo- esplorazione non è rimasta memoria e conferma quan- derna: il tramezzo fra di esso e l’ambiente centrale, to sia difficile sfatare le credenze popolari. infatti, è stato chiuso da una muratura elevata fino Nel 2006 sono stati avviati alcuni studi sul sottosuolo al soffitto, all’interno della quale è stata lasciata solo di Caiazzo e si è risvegliato l’interesse verso la cister- una piccola apertura; il piccolo fornice in basso è stato na. Il 10 e 11 novembre 2007, su invito del Comune di tamponato e successivamente riaperto, mentre il for- Caiazzo, il Gruppo Speleologico del Matese e il Gruppo nice grande che lo metteva in comunicazione con l’am- Speleologico Grottaferrata 2007 hanno condotto nuove biente nord ovest è stato tamponato e non più riaper- indagini, complete di documentazione topografica e fo- to. Il vano sud ovest, invece, presenta un contrafforte tografica (figg. 1 e 2). di cemento nell’angolo sud occidentale. Il manufatto

Fig. 1 – La piazza del “Mercatiello” con il pozzo di accesso alla cisterna (foto P. Chialastri) Fig. 1 – “Mercatiello” square with the shaft of the cistern (photo P. Chialastri). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 263

Fig. 2 – Particolare del boccapozzo con le tracce di usura prodotte nei secoli dalle corde con i secchi per attingere acqua dalla cisterna (foto N. Russo). Fig. 2 – Detail of wear shaft top caused by cordage used to draw water from the cistern (photo N. Russo). appare in buone condizioni, se si eccettua una lesione i bacini sotterranei. Non sono comunque da escludere visibile sulla volta sul lato nord orientale. altri eventuali tipi di alimentazione: i massicci restau- Questa cisterna, per tipologia e forma, non differisce ri e rimaneggiamenti del manufatto potrebbero aver dai canoni antichi ai quali si attiene la gran parte dei cancellato altre adduzioni susseguitesi negli anni. Le depositi idrici costruiti in epoca romana: grandi am- cisterne potevano infatti essere anche ad alimentazio- bienti rettangolari coperti con volte a botte o a crocie- ne mista (piovana e di acquedotto, sorgiva e piovana ra, in molti casi suddivisi in sottoambienti comunican- ecc.), in modo da poter sfruttare almeno uno dei due ti tra loro. Varianti nella forma dipendevano dall’ubi- sistemi qualora si verificasse l’improvvisa interruzio- cazione, dalla portata o dal possibile sfruttamento di ne dell’altro. L’importanza di questi bacini, soprattut- caratteristiche naturali del sito. to di quelli pubblici, era data dalla sicurezza di avere Una prima classificazione dei bacini idrici può essere una fonte di approvvigionamento idrico in momenti di fatta a seconda del tipo di alimentazione: acqua sor- siccità o di guerra; gli acquedotti erano i primi a subi- giva, falde sotterranee, acqua piovana, acquedotti. In re i danni di eventuali assalitori. questo caso la presenza dei due piccoli fori circolari La cisterna di Caiazzo era molto probabilmente ad uti- posti in alto sulla parete nord degli ambienti di fondo, lizzo pubblico, non essendo collegata ad alcun edificio potrebbe avvalorare l’ipotesi di un approvvigionamen- privato (villa o abitazione) ed essendo situata nel sot- to di acqua piovana per caduta da discendenti (ora non tosuolo dell’area del Foro. Gli edifici privati dei più ab- conservati). Nella maggior parte delle cisterne pubbli- bienti erano sempre forniti di bacini di raccolta idrica che, situate nel sottosuolo di piazze e aree civili, un collegati agli impluvia degli atri delle ville o a cister- semplice sistema idrico di canalizzazione convogliava ne sovraterra. La classe media era invece rifornita o in canaline di scolo l’acqua piovana proveniente dai attraverso fontane pubbliche alimentate dagli acque- tetti degli edifici limitrofi attraverso grondaie e discen- dotti o attraverso la raccolta da pozzi situati nel Foro denti; le canaline si gettavano in appositi tombini rica- o nelle piazze principali. Le cisterne pubbliche erano vati nel piano di pavimentazione ed erano a loro volta infatti ubicate nel sottosuolo delle aree pubbliche a collegati a discendenti fittili (tubuli) che alimentavano maggior frequentazione (foro, terme, teatri, templi). 264 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Rilievo topografico della cisterna. Fig. 3 - Plan and sections of the cistern. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 265

Fig. 4 - A sinistra: l’ambiente A e il pozzo principale; a destra: l’ambiente B (foto N. Russo). Fig. 4 - Left: Room A with the main pit; right: room B (photo N. Russo).

Per quanto riguarda l’uso che si poteva fare con l’ac- ambienti si sarebbero via via riempiti a seconda della qua raccolta, ricordiamo che in tempi più antichi o in quantità di acqua addotta. luoghi dove non giunsero mai le imponenti reti idri- La tecnica edilizia del manufatto è una muratura che degli acquedotti, l’acqua poteva anche essere be- idraulica in cementizio (opus signinum) composta da vuta. In questo caso, come ci tramanda Vitruvio (De pezzami irregolari di pietra silicea impastati con mal- Architectura, VIII), era necessario creare sistemi di ta ad alto potere idraulico. Si tratta infatti non di un decantazione e filtri per impedire l’inquinamento. Nel rivestimento ma di un vero e proprio conglomerato caso esaminato la lieve pendenza di 5 cm rilevata sul studiato ad arte e raccomandato già da Vitruvio (De fondo della cisterna non ci sembra poter giustificare architectura, VIII, 14). una decantazione successiva dal primo ambiente a Solamente nei piccoli tramezzi che dividono in tre gli nord all’ultimo a sud. È indubbio però che i gradini ambienti principali, possiamo notare una tecnica ad presenti sotto i quattro fornici nel setto murario che opera incerta con pezzami irregolari; è probabile che divide i due grandi ambienti est ed ovest, avessero la questi setti siano successivi all’impianto originario funzione di impedire alle maggiori impurità di passa- della cisterna e i nuovi progettisti avessero in questo re da un ambiente all’altro una volta depositatesi sul caso utilizzato una tecnica muraria generica rivestita fondo. poi con intonaco idraulico (ora non conservato). Visto che l’unico modo di prelevamento di acqua dal- la cisterna era attraverso pozzi (fig. 2) i cui fori sono visibili in tutti gli ambienti, è plausibile pensare che Speleologia e archeologia: metodologie applicate non tutti fossero coevi ma che si siano succeduti nel tempo a seconda dell’utilizzo e delle modifiche dei pia- Sovente gli speleologi sono chiamati ad esplorare e ni sovraterra. documentare cavità o manufatti antichi, soprattutto È logico pensare che il pozzo di captazione principale nei casi in cui l’accesso richiede competenze specifi- fosse in diretta comunicazione con l’ultimo ambiente che. È molto importante pertanto che le metodologie verso cui convogliava l’acqua per pendenza; in caso di documentazione siano attinte dall’ormai codificato di scarso livello idrico, infatti, era necessario avere la repertorio dell’archeologia professionale. captazione diretta dall’ambiente più pieno. Gli altri Nel caso del monumento di Caiazzo, la raccolta di un 266 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 elevato numero di dati metrici e tipologici ha consen- del manufatto successiva alla sua prima edificazione: tito un’interpretazione scrupolosa e ha contribuito sia vanno ascritte a questo gruppo le tamponature moder- alla collocazione della cisterna nel quadro della topo- ne che isolano l’ambiente F dal resto della cisterna; grafia locale, sia più in generale alla conoscenza di il rinforzo in cemento nell’angolo SW dell’ambiente questa classe di manufatti. C; ma anche il pozzo nell’ambiente A, posteriore al- Per l’esecuzione del rilievo topografico sono state ese- la prima edificazione in quanto taglia il rivestimento guite accurate misurazioni e la raccolta dei dati è sta- murario (ed è inoltre eccentrico rispetto agli altri) e ta effettuata secondo il principio della ridondanza. La le sopraelevazioni osservabili nelle canne dei pozzi in restituzione grafica è stata effettuata tenendo presen- ambienti A ed E. Non si tratta di informazioni di poco ti le esigenze di studio future, anche da parte di chi conto, se si considera che nel nostro caso la chiusura non avrà modo di osservare direttamente il manufat- di uno degli ambienti è stata ricollegata ad un tentati- to (per indicazioni sulle convenzioni grafiche il riferi- vo da parte del vescovo locale di assicurarsi l’acqua a mento più recente è rappresentato da Medri, 2003): la scapito della comunità, e che sommosse per la gestione pianta è stata corredata da sezioni passanti per punti delle riserve idriche sono documentate storicamente a significativi e da prospetti sui quali figurano gli ele- Caiazzo. menti architettonici osservati sulle pareti dell’ipogeo. È stata posta attenzione anche alla presenza eventua- La documentazione è completata da un adeguato cor- le di depositi archeologici all’interno degli ambienti. redo di fotografie. Molto utile in proposito è risultato Nel caso di ambienti privi di murature o pitture che l’utilizzo di apparecchi fotografici dotati di possibilità ne aiutino la datazione, infatti, spesso è difficile indi- di memorizzazione vocale. viduare il momento dello scavo e le epoche di utilizzo. A livello strutturale è stata posta attenzione a elemen- Per questo motivo asportare depositi di terra, special- ti come: tracce di scavo; tipo di murature e di rivesti- mente se contenente frammenti ceramici e lapidei, menti e sequenza cronologica relativa; tipo di materia- senza la supervisione di un archeologo che curi la do- le lapideo utilizzato; impronte nella malta; pendenze. cumentazione, o sottrarre materiale antico, ci priva Nella cisterna caiatina, oltre agli elementi già citati per sempre della possibilità di conoscere più a fondo nella descrizione, sono state individuate tracce di un quel monumento: “È come bruciare le pagine di un li- discendente di cospicue dimensioni, nell’ambiente C, bro in copia unica subito dopo la sua lettura. Cosa ne forse realizzato con anfore e utilizzato nella fase di resterebbe senza una trascrizione o almeno un riassun- costruzione, e impronte della cassaforma in legno nel- to fedele?” (Carandini, 1991). La cisterna di Caiazzo, l’ambiente A. È stato inoltre facile decodificare i rap- mantenuta in uso fino ad epoca moderna, al momento porti stratigrafici (cfr. Carandini, 1991, pp. 61-66): i dell’esplorazione presentava esclusivamente un conoi- muretti che dividono le navate in ambienti minori sono de detritico, scaricato all’interno a seguito di un re- stati edificati posteriormente al muro che divide le na- stauro recente della piazza (asportato nelle settimane vate stesse, dal momento che sono ad esso appoggiati. successive al sopralluogo oggetto di questo scritto) e la Altre tracce strutturali importanti riguardano la vita ghiera di un pozzo, sul pavimento dell’ambiente D.

Ringraziamenti

Si ringrazia l’Amministrazione Comunale di Caiazzo per l’invito e per l’ottima accoglienza, il sig. Gaetano Chichierchia, la Proloco e la Protezione Civile per il supporto. All’esplorazione hanno partecipato: Salvatore Capasso, Paolo Chialastri, Mauro Cirinei, Ivan Martino, Manuela Merlo, Michela Merlo, Antonio Orsini, Antimo Peccerillo, Laura Pinelli, Natalino Russo.

Bibliografia

Carandini A., 1991, Storie dalla terra, Torino, Einaudi. Medri M., 2003, Manuale di rilievo archeologico, Roma-Bari, Laterza. Salvi F., 2007, La cisterna di Piazza Verdi a Caiazzo (CE), Notizia pubblicata sul sito Napoli Underground http://www.napoliunderground.org/Article1020.html Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 267 La riscoperta miniera di lignite di Acerno (Monti Picentini, Salerno)*

Mario Petrosino, Francesco Bennet, Raffaella D’Angelo, Giovanna Fiorillo, Davide Napoli, Giuseppe Saggese, Sergio Santomauro, Vincenzo Sessa

Gruppo Speleologico CAI Salerno - Federazione Speleologica Campana

Alla memoria di Francesco Raso Compagno di avventure e di grotte

Riassunto

La miniera di lignite di Acerno (SA) è ubicata nel comprensorio dei Monti Picentini, a pochi chilometri dal centro abitato di Acerno. Dal punto di vista geomorfologico essa risulta collocata all’interno di un deposito lacustre originatosi nel Pleistocene medio inferiore. La sua attività ebbe inizio nel 1941 e le estra- zioni terminarono soltanto pochi anni dopo, nel 1952, allorquando, in seguito a varie vicissitudini, venne definitivamente chiusa. La miniera di Acerno, nel periodo di attività era considerata uno dei maggiori siti dell’Italia Meridionale destinati alla coltivazione del carbon fossile, unico nella provincia di Salerno e nella regione. Al suo inter- no sono presenti due banchi di lignite xiloide scura rispettivamente della potenza di 0,7 m e 0,3 m separati da un banco di arenaria spesso 0,3 m. L’intero complesso che ricopre un’area di oltre 5 ettari e si sviluppa con oltre 2600 m di gallerie, allo stato attuale, costituisce uno dei più interessanti e meglio conservati contesti minerari rilevati in Campania. Il presente lavoro, frutto di esplorazioni sistematiche, evidenzia aspetti scientifici, storici e paesaggistici del sito minerario ad oltre settanta anni dalla sua dismissione e, attraverso la presentazione del rilievo topografico dello stato attuale delle gallerie accompagnato da una serie di dettagli di carattere esplorativo, si propone di esaltare oltre che l’aspetto storico anche la sua la valenza speleologica.

Parole chiave: Miniera, Lignite, Acerno, Monti Picentini.

Abstract

The rediscovered Acerno lignite mine (Picentini Mountains , Salerno) Acerno Lignite Mine is located in the hearth of Monti Picentini in the lacustrine deposits of middle lower Pleistocene. The site interest a surface of more than 5 hectares and the development of all practicable tun- nels is more than 2600 m and represent one of the most important mining place of Campania Region. The mine was productive between the 1941 and 1952, and its activity was stopped during the Second World War when it was sacked and spoiled. It was one of the most important sites for the coal mining of the South Italy supplying the major industries of Salerno, some paper factories and the national fuel monopoly. Two xiloid lignite layers are in the place; they are 0,7 m and 0,3 m thick respectively and 0,3 m of sandstone is interbedded. The site exploration appears dangerous because the uncertain stability of the rail sleepers and the presence of deep flooded galleries This work is the result of systematic speleological explorations and it points out to the scientific, historic and landscape features after 70 years since its abandonment. Showing the actual mine relief and some exploration details, we think filling the gap of information and drawing attention to its caving value.

Key words: Mine, Lignite, Acerno, Picentini Mountains.

* Il lavoro è stato coordinato da Mario Petrosino, e-mail [email protected] 268 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Ubicazione Anonima Ligniti Salernitane”, che per primo riuscì ad ottenere la concessione necessaria. L’abitato di Acerno è situato su conglomerati fluvio la- L’estrazione della lignite avveniva con l’ausilio di ope- custri originati nel Pleistocene medio inferiore (Munno rai che lavoravano in coppia: un picconatore ed un et al., 2001) circondati da massicci montuosi di calca- manovale, i quali procedevano prima all’abbattimento ri e dolomie quali il Polveracchio (1790 m), l’Accellica dello strato di arenaria intermedio e poi, con l’ausilio (1660 m) ed il Cervialto (1808 m). All’interno di questi di cunei, al distacco dei blocchi di lignite. strati alluvionali sono presenti, in alcune zone, lenti di Le gallerie in corso d’opera venivano armate con file di lignite xiloide. Gli strati principali di questo carbone puntelli e cappelli a forma di “T” posti lungo l’asse del- sono due entrambi situati alla quota di circa 584 m, lo scavo. Ad estrazione ultimata le gallerie invece ve- quello superiore della potenza di circa 110 cm e quello nivano armate esclusivamente con cappelli appoggiati inferiore di circa 30 cm, separati da circa 30 cm di are- in appositi incastri scavati alla sommità delle pareti. naria grigia (Hieke Merlin et al., 1971). Una volta portata nel piazzale antistante il cantiere, la lignite era selezionata a mano per purificarla da re- Il sito minerario è ubicato circa 1000 m a sud-ovest sidui di arenaria per poi essere trasportata, a dorso di dall’abitato di Acerno, presso la località Casa Imbriani mulo, alla stazione di smistamento situata sulla rota- e risulta facilmente raggiungibile percorrendo la bile Acerno-Salerno. sterrata Casa Imbriani-Cicerullo che raccorda la SS Infine, caricata a mano sui camion, raggiungeva così Salerno-Acerno con la rotabile Campagna-Acerno. La la stazione ferroviaria di Salerno (distante 42 km) per stratigrafia dei terreni nei pressi del giacimento dal- essere poi smerciata. La produzione rendicontata, ri- l’alto verso il basso è la seguente: 1m circa di terreno sultante dalle relazioni tecniche dell’epoca, era di cir- vegetale, 6m circa di arenaria, 70 cm di lignite xiloide, ca 10 tonnellate giornaliere. Tra i clienti si annovera- 30 cm di arenaria, 30 cm di lignite xiloide, banco pro- no, oltre a numerose industrie del salernitano tra cui fondo di arenaria. le Fornaci Meridionali Riunite Matteo d’Agostino e le Manifatture Cotoniere Meridionali, anche i Monopoli Le differenti ubicazioni della miniera riportate, rispet- di Stato. tivamente, dalla cartografia dell’Istituto Geografico Nel settembre del 1943 gli eventi bellici contingenti Militare e dalla cartografia tecnica regionale condu- determinarono la sospensione dei lavori prima, e la cono entrambe a localizzazioni errate. Infatti, la tavo- devastazione del sito poi. Infatti, in seguito allo sbarco letta I.G.M. omette l’indicazione della sterrata Casa degli anglo-americani sulle coste di Salerno, le truppe Imbriani-Cicerullo situata sulla cresta del pendio de- tedesche, in ritirata verso l’entroterra appenninico, terminando una erronea interpretazione dei luoghi e saccheggiarono la miniera. Successivamente il can- la C.T.R., invece, indica il sito a circa 200 m ad ovest tiere fu depredato dall’avanzata degli alleati e dalla del piazzale dove sono realmente ubicati gli ingressi, stessa popolazione civile che sottrasse per lo più at- risultando così sul versante opposto del pendio. Tali trezzature e scorte di carburo di calcio. erronee indicazioni hanno impedito per molto tempo, Successivamente, il Vicinanza, nella primavera del da parte di escursionisti e speleologi, l’individuazio- 1945, pur con problemi economici e logistici non in- ne dell’esatta ubicazione del sito di recente rinvenuto, differenti, riaprì il sito minerario. In quel periodo fu grazie alla tenacia del gruppo di Salerno ed ai contatti realizzata una teleferica lunga 800 m e costituita da 6 con alcuni residenti. campate con una fune traente messa in tiro da un mo- tore a benzina, per permettere il trasporto della ligni- te direttamente dal piazzale antistante il cantiere alla Storia dell’attività mineraria rotabile Salerno-Acerno. Venne anche raddoppiato il numero degli operai, che divennero circa 125, permet- La documentazione consultata per la ricostruzione tendo così l’incremento della produzione da 10 a 25 della storia dell’attività mineraria riportata in questa tonnellate giornaliere. nota, fa riferimento alle relazioni dell’Ingegnere Capo Nei primi mesi del 1947 gli operai della miniera a cau- del Distretto Minerario di Napoli depositate presso sa della mancata retribuzione delle ultime mensilità, l’Archivio di Stato di Napoli relative agli anni 1941- diedero vita a scioperi e manifestazioni di rimostran- 1952 (inv. 538/573, buste 195, 204 e 221). za che determinarono problemi di ordine pubblico. Le Il primo documento storico risale al 1868, allorquando difficoltà economiche in cui versava il Vicinanza, im- il sig. Gaetano Sorgenti, inoltrò all’Ufficio del Distretto possibilitato a far fronte ai numerosi debiti contratti, Minerario di Napoli, ente all’epoca competente, istan- portarono al sequestro giudiziario del cantiere ed alla za per lo sfruttamento del giacimento di lignite rica- sospensione della concessione mineraria. Nel 1951 dente su fondi privati. terminato l’iter giuridico, la miniera venne riaperta e Successive richieste di concessione furono inoltrate la sua gestione fu affidata alla Compagnia Industriale nel 1917 e nel 1938 in seguito ad indagini chimiche Mineraria Agricola (C.I.M.A.) che la sfruttò fino al che stimarono, per la lignite in esame, un potere calo- 1952. rifico di oltre 4000 kCal/kg. La coltivazione del giacimento, tuttavia, iniziò uffi- Con la sua chiusura la miniera fu abbandonata non cialmente soltanto nel 1941 ad opera del dott. Michele solo come risorsa, ma anche rimossa dalla memoria Vicinanza, amministratore unico della “Società degli acernesi. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 269

Descrizione delle gallerie in aiuole e giardini dell’abitato di Acerno. In alcuni tratti le rotaie, sospese ad oltre 1 m da terra, poggia- Il cantiere consta di quattro gallerie principali - la S. no su traversine di legno in fase di decomposizione. Barbara, la Cicerale, l’Intermedia e l’Imbriani - che in- Numerosi sono i settori di gallerie allagate (fig. 2) do- crociano rami ad esse perpendicolari creando un com- ve il livello dell’acqua raggiunge anche altezze di 1,5 plesso reticolo di cunicoli. La S. Barbara e la Cicerale m rispetto al piano di calpestio. Questi problemi deter- hanno direzione est-ovest circa, mentre le rimanenti minano un’esplorazione non priva di insidie e di peri- due hanno direzione nord-sud. Tutte le gallerie, prin- coli. Tuttavia, una cospicua parte del sito è facilmente cipali e secondarie, hanno larghezza mediamente di percorribile ed in particolar modo quella costituita dai 2 m, mentre l’altezza oscilla da 1,6 m a 2,3 m; la lar- rami più ad est. In fig. 3 è mostrata la planimetria del ghezza utile in alcuni cunicoli è ridotta a poco più di sito dove sono anche riportati (con delle linee) i cam- 1m in quanto sono presenti dei muretti di ripiena rea- mini di ripiena completamente ostruiti dall’arenaria. lizzati in arenaria. L’area su cui giace la miniera supera i 5 ettari ed al suo Questi erano utilizzati come sistema di stoccaggio interno sono presenti oltre 2600 m di gallerie percor- dello sterile dello scavo ed hanno dimensioni di 1 m ribili. Attualmente soltanto la galleria Cicerale, aven- di altezza e 0,5 m di profondità. La maggior parte te direzione ovest-nord-ovest/est-sud-est e lunghezza delle gallerie è occlusa completamente da blocchi di circa 150 m, apre a giorno su entrambe le estremità, arenaria: questo espediente fu utilizzato non solo per tagliando in tal modo il pendio da una parte all’altra. assembrare lo sterile, ma anche per garantire una sta- Entro questa galleria la linea di binari si interrompe bilità maggiore ai cunicoli già spogliati. In alcune gal- a poche decine di metri dall’ingresso sud per la pre- lerie sono presenti le rotaie metalliche (fig. 1), tra loro senza di alcuni scalini intagliati nell’arenaria; la loro distanti 0,65 m, che consentivano il trasporto della presenza risulta necessaria in quanto gli ingressi nord lignite dall’interno all’esterno della miniera attraver- e sud della galleria risultano a quote differenti (circa so carrelli. Alcuni dei carrelli utilizzati nella miniera 2 m di dislivello). La galleria più lunga è la Imbriani, sono tuttora visibili in quanto situati come ornamento di direzione nord-sud, e misura circa 230 m. Entrambe

Fig. 1 - In alcune gallerie sono tuttora presenti i binari che consentivano il transito dei carrelli per il trasporto della lignite dall’interno all’esterno della miniera. Fig. 1 - The rail lines are still in some tunnels. They allowed carrying the lignite out of the mine. 270 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 2 - Alcune gallerie risultano allagate. Il livello dell’acqua può variare bruscamente da 0,2 m a 1,5 m. Fig. 2 - Some tunnels are flooded. The water level varies between 0,2 m and 1,5 m roughly.

queste gallerie presentano l’ingresso a giorno nel piaz- rilevare la corretta ubicazione geografica della minie- zale antistante la miniera, sono parzialmente armate ra di Lignite di Acerno e di realizzare una planimetria di binari, ed il loro portale è rivestito da archi in late- corredata di una corposa documentazione fotografica, rizio (fig. 4). Ancora presenti sono i puntelli in legno andando in tal modo a colmare la carenza di informa- d’abete verticali ed orizzontali utilizzati per armare zioni sul sito ed a poter cominciare un processo di sua i cunicoli: i primi, sebbene parzialmente decomposti, restituzione alla memoria dei residenti. sono ancora situati con la ubicazione originaria (fig. L’esplorazione è stata resa difficoltosa dalla presen- 5), mentre i secondi risultano in un avanzato stato di za di alcuni pericoli dovuti alla dubbia tenuta delle decomposizione. Negli incroci delle gallerie il soffitto traversine sulle quali poggiano alcuni dei binari (sul presenta delle “volte” ben visibili che furono scolpite quale inevitabilmente l’esploratore deve poggiare in dai minatori per evitare che lo strato di arenaria fria- alcuni tratti), a suo tempo utilizzati per il trasporto bile (“falso-tetto”) che ricopre lo strato superiore di li- all’esterno, ed alla presenza di brusche variazioni del- gnite crollasse. la profondità dell’acqua nelle gallerie iniziali parzial- mente allagate. Dai dati forniti, il sito costituisce, con i suoi oltre 2600 m di gallerie attualmente percorribili, Conclusioni la più grande miniera della provincia di Salerno, e ri- copre anche interesse di carattere storico, in quanto Il presente lavoro è il frutto di una campagna esplorati- numerose sono le vicende che l’hanno vista protagoni- va durata alcuni mesi che ha innanzitutto permesso di sta nei suoi pochi e sfortunati anni di attività. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 271

Fig. 3 - Planimetria della miniera. Ai bordi delle gallerie sono evidenziati con delle linee i cammini ostruiti. Fig. 3 - Mine plan. The obstructed tunnels are shown with sin- gle lines.

Fig. 4 - Uno degli ingressi della miniera rivestito da arco in la- terizio. Fig. 4 - One of the mine entrances with brick arch. 272 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Alcuni cunicoli sono ancora armati con puntelli verticali in legno d’abete. Fig. 5 - Some tunnels are still reinforced with vertical pinewood props.

Ringraziamenti

Si ringrazia il Sig. Angelo Cerasuolo di Acerno per il suo indispensabile contributo alla localizzazione della miniera.

Bibliografia

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1 Laboratorio di Topografia Antica e Fotogrammetria, Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento, via D. Birago 64, 73100 Lecce, tel. 0832 295513; [email protected] 2 Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Bari 3 Speleofri

Riassunto La civiltà rupestre, oggetto da tempo di approfondite trattazioni anche ad alto livello scientifico, costituisce un fenomeno storico di grandissima rilevanza in molti paesi del bacino del Mediterraneo, e riveste notevole importanza in varie regioni dell’Italia meridionale. Nel territorio salentino il sistema della vita in grotta non presenta l’imponente scenario dell’habitat rupestre dell’arco jonico, ma non meno significative sotto il profilo della valenza culturale, economica e sociale sono le testimonianze rupestri che si conservano nelle incisioni vallive e lungo le dorsali rocciose delle Serre Salentine. L’insediamento rupestre di Macurano è ubicato lungo le pendici dell’altura su cui sorge l’abitato di Montesardo, frazione di Alessano (Lecce). La sua precipua connotazione agraria, nonostante parte del sistema rupestre sia andato perduto a causa della apertura di una ampia cava, oggi non più attiva, è chiarita dalla presenza di almeno tre frantoi ipogei, silos per l’immagazzinamento di derrate alimentari, sistemi per la raccolta delle acque, sviluppati in un territorio facilmente accessibile dal sistema stradale pedemontano, di cui restano abbondanti tracce sca- vate nel banco roccioso calcarenitico. Le citazioni sull’insediamento di Macurano nella letteratura a livello locale costituiscono il punto di par- tenza per l’organizzazione di uno studio analitico.

Parole chiave: villaggio rupestre, grotte, frantoio ipogeo, Puglia.

Abstract The rupestrian system at Macurano (Montesardo, Lecce, Apulia) The rupestrian culture represents a very important historical phenomenon in several Mediterranean coun- tries, including many regions of southern Italy, and has therefore been the object of thorough researches during the last decades. In Salento, the southernmost part of Apulia, it does not show the remarkable evidence as in the Ionian area between Basilicata and Apulia, but, nevertheless, some relevant features are preserved in the valleys and along the rocky ridges of the “Serre Salentine”. The rupestrian settlement at Macurano is at the foothills of the ridge where the village of Montesardo (Alessano, Lecce province) is located. Part of the rupestrian system was lost due to opening of a large quar- ry, nowadays inactive. However, many evidence testifying the agrarian use of the site are still present: three sub-terranean oil-mills, food-storage sites, hydric works, and several traces of the ancient roads, carved in the calcarenite rock. Starting from the available literature regarding the site, this contribution deals with a detailed documentation and analysis of the main features observed, and their state of preservation as well.

Key words: rupestrian settlement, artificial caves, hypogean oil-mill, Apulia.

Premessa tamenti di studio furono dominati dalla tesi “panmo- Lo studio del fenomeno insediativo rupestre, ampia- nastica” secondo cui l’intera arte bizantina del meri- mente diffuso e riconosciuto in numerosi paesi del ba- dione d’Italia doveva essere considerata come risul- cino del Mediterraneo, non si avvale ancora in modo tato della mediazione operata dai monaci greci giunti sistematico di indagini di carattere topografico e ar- nella provincia italiana durante le diverse fasi delle cheologico. L’interesse scientifico per il fenomeno ru- persecuzioni iconoclaste. In questa visione generaliz- pestre della Puglia, inizialmente incentrato sullo stu- zante grotte, cripte e anfratti ipogei vennero classifi- dio delle chiese rupestri, a lungo ritenute le grotte di cati univocamente come impianti monastici basiliani maggiore dignità artistica e architettonica, si sviluppò e cripte eremitiche, risultato della presenza monastica negli ultimi decenni dell’Ottocento e i successivi orien- italo-greca (Gabrieli, 1936; Medea, 1937). 274 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 più diffuso nell’edilizia dell’antichità e una favorevole condizione per lo sviluppo dell’«architettura in negati- vo» che caratterizza l’habitat rupestre. La località Macurano è sita a NE dell’insediamento di Montesardo, che a sua volta insiste su una dorsale de- gradante con notevole acclività dalla quota massima di 186 m s.l.m., sino a un primo ripiano morfologico posto intorno alle quote 135-130 m s.l.m. In tale set- tore si concentrano le prime cavità dell’insediamento, che poi si sviluppa con continuità lungo il resto del pendio, il quale con minori valori di acclività giunge sino all’area occupata dalla ferrovia (120 m s.l.m.). Il ripiano morfologico da cui inizia l’insediamento di Macurano prosegue verso NW sino alla zona su cui insiste l’abitato di Alessano. Fig. 1 - Inquadramento territoriale. Macurano si trova quindi in corrispondenza dell’ulti- Fig. 1 - Location map. mo salto morfologico che raccorda la Serra di Alessano con l’ampia zona pianeggiante che si sviluppa verso A partire dai primi anni ‘60 del Novecento si iniziò a NE. Come di frequente osservato nelle Serre Salentine, parlare di una “civiltà rupestre” ormai affrancata dal- lungo tali cambi morfologici si aprono numerose cavi- la dimensione eremitica e monastica e si cominciò a tà naturali, la cui presenza può essere stata alla base riflettere sul significato di questa “civiltà del vivere in della scelta del luogo su cui sviluppare l’insediamento grotta” nell’ambito più ampio del paesaggio naturale, rupestre, congiuntamente alle caratteristiche di facili- agrario e urbano dell’antichità (Fonseca, 1970, 1975). tà nella lavorazione della pietra calcarenitica locale. Benché il villaggio salentino di Macurano sia noto già La vegetazione spontanea dell’area di Macurano nel da tempo, non sono stati condotti finora studi siste- corso dei secoli è stata pesantemente modificata dalla matici e il sistema rupestre non è mai stato presen- coltivazione di piante di interesse alimentare, prima tato all’interno di un quadro complessivo e unitario. fra tutte l’ulivo, ed il paesaggio attuale è caratteriz- Sulla base di tali considerazioni ed in questo contesto, zato principalmente da appezzamenti agricoli e aree è stato avviato uno studio analitico globale e multidi- incolte. sciplinare attraverso la revisione critica dei dati pro- posti nella scarsa letteratura disponibile, un’accurata analisi delle fonti d’archivio e, in seguito a numerose ricognizioni, il rilievo sistematico delle cavità, di cui si presenta in questa sede solo una parte esemplificativa delle categorie individuate.

Il contesto territoriale

Il paesaggio fisico del capo di Leuca (Martinis, 1970; Palmentola, 1989,) è caratterizzato dall’alternanza di due elementi fisiografici principali: le dorsali rocciose e i ripiani subpianeggianti. Le dorsali, ovvero quei rilievi indicati col nome di “Serre Salentine”, allungate da NW a SE, non rag- giungono grandi energie di rilievo, sono modellate nei calcari mesozoici del Cretaceo (fig. 2) e presentano un profilo trasversale asimmetrico, con il versante orien- tale assai più acclive di quello occidentale. Nell’area in esame si identifica chiaramente un elemento orogra- fico principale costituito dalla Serra di Alessano, che raggiunge i 186 m s.l.m. I ripiani, o depressioni vallive, allungati nella stessa direzione delle Serre e scaglionati a quote differenti, sono costituiti da depositi miocenici (“Calcareniti di Andrano”) e sedimenti plio-pleistocenici (rappresenta- Fig. 2 - Schema geologico della Penisola Salentina: 1) depositi ti dalle “Calcareniti del Salento” e dalla “Formazione plio-pleistocenici; 2) depositi oligo-miocenici; 3) calcari eoceni- di Gallipoli”) (Bossio et al., 1989; D’Alessandro & co-cretacei. Massari, 1997), formazioni a grana variabile, che han- Fig. 2 - Geological sketch of the Salento Peninsula. Explana- no costituito, per la facilità di lavorazione e l’imme- tion: 1) Plio-Pleistocene deposits; 2) Oligo-Miocene deposits; diatezza di reperimento, il materiale da costruzione 3) Eocene-Cretaceous limestones. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 275

Nonostante la penuria di specie arboree autoctone co- traccia di un insediamento indigeno (De Luca, 2003; me le querce che un tempo dominavano su tutta la Ferrari, in stampa) cinto in età messapica da una for- provincia di Lecce, la vegetazione arbustiva ed erba- tificazione in opera quadrata lunga circa 3 km che rac- cea conserva ancora elementi di pregio ed interesse chiudeva una superficie di 63 ettari. Con la fine del III quali, rispettivamente, la quercia spinosa (Quercus sec. a.C. a Montesardo si registra una brusca interru- calliprinos) e numerose specie di orchidee spontanee zione nella continuità insediativa che aveva caratte- appartenenti ai generi Anacamptis Ophrys, Orchis e rizzato l’abitato nei secoli precedenti; solo più tardi si Serapias. sostituirà, in età augustea, una forma di popolamento Frammenti della originaria foresta di querce che ri- rurale, localizzabile ai piedi della Serra di Alessano, copriva tutto il Salento nei secoli scorsi si trovano a a controllo della vasta piana coltivabile attraversata breve distanza da Macurano, sempre nel comune di dall’arteria viaria di collegamento con Leuca, sede di Alessano, sulla serra del Cianci dove la presenza di un vivace porto (Schmiedt, 1975; Van Compernolle, Quercus virgiliana ha portato all’istituzione di un SIC 1978) considerato nevralgico lungo le rotte tra l’orien- (Sito di Interesse Comunitario). La stessa area è com- te greco e l’Italia meridionale e di un santuario empo- presa in un ambito di tutela panoramica per la pre- rico frequentato dall’VIII sec. a.C. almeno fino al III senza di beni diffusi del paesaggio agrario quali ter- sec. d.C. (AA.VV., 1978). razzamenti e muretti a secco e per le particolari condi- In assenza di fonti scritte ed in mancanza di scavi ur- zioni panoramiche utili a garantire la percezione degli bani sistematici a Montesardo, resta difficile identifi- aspetti più significativi del paesaggio sottostante. care le modalità insediative nella fase compresa tra il Proprio i muretti a secco, realizzati attraverso il lavo- VII e il X secolo. Nella piena età medievale il casale è ro di spietramento della terra da destinare all’agricol- documentato nel Catalogus Baronum (Jamison, 1972) tura, ospitano di frequente molti relitti di quella flora con il nome di Mons Arduus, che richiamava eviden- ormai espulsa dai terreni agrari e dal punto di vista temente la posizione d’altura che lo caratterizzava, ecologico rivestono il delicato compito di corridoi eco- successivamente trasformato in Mons Sardus nei do- logici. cumenti di XV secolo (Colella, 1941). Il casale ebbe una lunga storia feudale (Cazzato, 2005) e passò probabilmente alla famiglia Del Balzo che, alla Cenni storici e fonti documentarie fine del Quattrocento, edificò alla sommità dell’altura un castello, ricostruito mezzo secolo dopo con pianta Nella quasi totale assenza per la Terra d’Otranto di rettangolare e ampiamente rimaneggiato nel corso del fonti scritte medievali, che si intensificano in età nor- XVIII secolo (Caloro, 1996; De Vita, 1974). manna e raggiungono un numero consistente solo a Attualmente il borgo antico si caratterizza per l’aspet- partire dall’età angioina (Arthur, 2006), i dati al mo- to cinquecentesco ma la forma urbana che oggi vedia- mento disponibili non offrono chiarimenti in merito al- mo è stata creata con l’imposizione di un disegno cir- la cronologia dell’impianto del villaggio di Macurano e colare alla vetta dell’altura dovuta alla realizzazione delle sue fasi di occupazione. di un circuito murario, avvenuta con ogni probabilità Le prime fonti d’archivio in cui è menzionata la lo- nel corso del tardo Quattrocento, quando nella Terra calità Macurano sono costituite da atti notarili roga- d’Otranto nascono nuovi borghi fortificati, alcuni dei ti ad Alessano dal 1640 alla fine del XVII secolo dai quali dotati di piccoli castelli che diventeranno palazzi notai Giuseppe Duca e Fabio Della Giorgia (Piccolo nobiliari, considerati segno di una diffusa insicurezza Giannuzzi & Spedicato, 1994). Nell’atto più antico (1677 motivata dalla continua minaccia ottomana (Arthur, giugno 2, ind. XV, Montesardo cc. 46r-48r) si docu- 2006). menta un lascito da parte dell’arciprete di Montesardo La perimetrazione medievale che includeva, a scopo di Don Placido Maggio di due possessioni seminative site difesa, il settore più alto, chiudeva con uno sviluppo di nel feudo di Montesardo una delle quali sita in loca- 850 m uno spazio di 5 ettari, seguendo l’andamento ri- lità Macurano. Nel secondo documento (1688 ottobre calcato da una strada moderna che conserva il signifi- 31, ind. XII, Alessano cc. 126r -127r) è citato un orto cativo toponimo di Via Muraglie. Lungo il circuito mu- in località Macurano nel feudo di Montesardo, dona- rario, probabilmente turrito, si aprivano quattro por- to da Stefano Farati di Montesardo al fratello Franco te: a occidente la Porta Nova, la sola ancora esistente, Domenico. Non viene, comunque, fatto cenno alla pre- a Est Porta Castello, verso Nord Porta La Terra e a senza di grotte o cavità. Sud Porta Lo Chiuso. Sembra che tra il 1857 e il 1863 È in un atto del 1690 redatto dal notaio G. A. Gervasi il circuito murario, pericolosamente in crollo, sia stato di Lecce, in cui si documenta la donazione della mas- abbattuto e i suoli venduti a privati e successivamente seria Macurano da parte di Giulia D’Ippolitis al nipote edificati (Caloro,1996). Battista Tafuro, che viene per la prima volta menzio- nato tra le proprietà anche un trappeto. Per ben comprendere la funzione del villaggio rupe- L’insediamento in rupe stre è necessaria una conoscenza più allargata delle vicende storiche del territorio durante la fase medie- I resti dell’insediamento sono localizzati 550 m a NNE vale, e nello specifico un approfondimento sul vicino dell’abitato di Montesardo, lungo il versante orientale villaggio “costruito” di Montesardo. della Serra di Alessano (figg. 3 e 4). Il paese è di origine antica, essendo stata trovata L’insediamento consiste attualmente in 31 cavità, ta- 276 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 lune attribuibili con certezza al nucleo più antico del tento di creare un parco attrezzato saltuariamente complesso rupestre, altre riferibili alle più recenti si- manutenuto; il settore nord-occidentale, localizzato stemazioni antropiche della zona e nello specifico alle alle spalle della masseria fortificata in terreni privati, imponenti masserie fortificate, la cui costruzione ha è in stato di abbandono, ma ad un discreto livello di implicato l’escavazione di cavità funzionali alle attivi- conservazione strutturale. tà ad esse connesse. Della parte meridionale si conservano solo poche ca- L’analisi di ciascuna evidenza rupestre ha permesso vità a causa dell’apertura di una cava, oggi dismessa. di registrare la presenza di tipologie ricorrenti, solo Lungo i fronti si aprono, a quote diverse, alcune grotte in alcuni casi facilmente riconducibili ad esempi già delle quali risulta difficoltosa una lettura planimetri- classificati (Caprara & Dell’Aquila, 2004). ca ed un’analisi funzionale. La ricostruzione della topografia dell’insediamento ri- sulta oggi piuttosto difficoltosa a causa degli invasivi Le grotte monocellulari interventi antropici successivi che hanno, in alcuni ca- La tipologia maggiormente ricorrente è la grotta mo- si, obliterato ed in altri del tutto cancellato le evidenze nocellulare a pianta ellittica o sub-circolare (fig. 5-6), rupestri. Difatti, la continuità di occupazione dell’area, in un solo caso quadrangolare (fig. 7), con pilastro posta ai margini di una vasta area pianeggiante e a litico addossato alla parete di fondo che separa due poca distanza dal centro urbano, ha determinato l’edi- ambienti con funzione presumibilmente differente; le ficazione di masserie e luoghi di culto subdiali. dimensioni delle cavità risultano piuttosto variabili, Il settore centrale, probabilmente il più antico, è stato comprese tra 6,30x3,50 m e 5,70x2 m. provvisto di alcune infrastrutture realizzate con l’in- Gli ingressi si presentano in tutti i casi di forma ret-

Fig. 3 - Foto aerea verticale IGM del 1945: le frecce indicano il percorso delle mura messapiche in opera quadrata; con la lettera a è indicato l’abitato medievale di Montesardo; con la lettera b l’area in cui si sviluppa il villaggio rupestre di Macurano. Fig. 3 - 1945 Aerial photograph (after Military Geographical Institute); the arrows mark the Messapian walls, letter a indicates the middle age settlement at Montesardo, letter b the area where the rupestrian village of Macurano. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 277

Fig. 4 - Carta archeologica del villaggio rupestre. Fig. 4 - Archaeological map of the rupestrian village. tangolare e talvolta sono seguiti da brevi scale a gra- dini che collegano con il piano di calpestio interno dell’ambiente rupestre, posto ad una quota più bassa rispetto all’esterno (fig. 8). I piani pavimentali delle cavità censite sono, a tut- t’oggi, coperti da interri più o meno consistenti, con la sola eccezione della cavità n. 21 che conserva i resti di una pavimentazione a lastrine calcaree ancora in posto (fig. 9). Lungo le pareti sono scavate nicchie di forma e dimen- sioni estremamente variabili; quelle più piccole, di for- Fig. 5 - Rilievo di cavità monocellulare a pianta ellittica. ma quadrangolare, possono essere interpretate nella Fig. 5 - Plan and section of a single-room cavity with elliptical shape.

Fig. 6 - Rilievo di cavità monocellulare a pianta sub-circolare. Fig. 7 - Rilievo di cavità monocellulare a pianta quadrangolare. Fig. 6 - Plan and section of a single-room cavity with sub-cir- Fig. 7 - Plan and section of a single-room cavity with squared cular shape. shape. 278 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 8 - Ingresso con scala d’accesso al piano di calpestio interno. Fig. 8 - Entrance of a cave, with access stairs.

maggior parte dei casi come vani portalucerna; talu- I frantoi ne, per posizione e dimensioni, possono essere inter- Nell’area di Macurano sono stati individuate 5 cavi- pretate come ripostigli. In un solo caso la sequenza a tà riconoscibili come frantoi (nn. 24, 26, 27, 30 e 31). distanza regolare di fori può essere interpretata come Identificati localmente con il nome di trappèti o trap- l’alloggiamento di pali lignei che reggessero graticci pìti (Monte, 2003), i frantoi a grotta del territorio di con funzione di giacigli (fig. 10), come testimoniato in Montesardo sono stati oggetto di una ricerca tematica altri, più monumentali ed articolati complessi dell’Ita- sostenuta dall’amministrazione comunale di Alessano lia meridionale (Lapadula, 2002). nel 1988; fu in seguito redatta una Carta dei frantoi a È risultato estremamente scarso il repertorio dei graf- grotta scoperti nel territorio comunale (Grande Musio, fiti tracciati sulle pareti, riconducibili esclusivamente Pacella & Puce, 1998) e fu proposta una lettura stori- al tipo della croce semplice o uncinata. ca delle evidenze rupestri note. Resti di scalette con pedate si conservano nel settore Il trappeto più antico, per caratteristiche tecniche, è il a settentrione del villaggio, mentre presso la cavità n. “trappeto Macurano” (n. 24), posizionato in un setto- 13 una breve scaletta a gradini metteva in comunica- re centrale rispetto all’intero complesso rupestre (fig. zione con il registro superiore (fig. 11). 12). Gli altri frantoi (nn. 26, 27, 30 e 31) appartengo- no al tipo dei trappeti a grotta (fig. 13), e in due casi presentano un ingresso “monumentale” costruito con mattoni.

I sistemi di raccolta delle acque Nel settore settentrionale dell’insediamento è ancora presente una grande cisterna di forma quadrangolare (3,60 x 4,10 x 1 m) semi-interrata sulle cui pareti è an- cora presente parte del rivestimento in cocciopesto. Una cisterna di forma rettangolare (3,10 x 2,63 x 0,40 m) conserva parte di una copertura a lastre litiche (fig. Fig. 9 - Rilievo della cavità 21, con resti di pavimentazione a 14), mentre è ricorrente una tipologia di cisterna per lastrine calcaree. la raccolta delle acque con annesso canale di raccolta Fig. 9 - Plan and section of cave no. 21, with remnants of the (nn. 1, 2 e 4) interamente scavata nella roccia, con im- paving, made of small limestone pieces. bocco di forma ellittica e pareti a campana (fig. 15). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 279

Fig. 10 - Nicchia-ripostiglio e fori per l’alloggiamento di giacigli. Fig. 10 - Niche to store material, and holes for setting beds.

Le strade Sono state riconosciute ampie tracce del sistema via- rio di collegamento del villaggio con la viabilità mag- giore che si sviluppava ai margini della piana colti- vabile; un importante asse stradale con orientamento NW-SE si conserva per una lunghezza di circa 4 m nel settore meridionale del villaggio (fig. 16), mentre particolarmente ben conservato appare il sistema di collegamento con il trappeto a grotta “Macurano”. Si tratta di porzioni più o meno conservate di carraie sca- vate nel banco roccioso affiorante, costituite talvolta da più solchi paralleli, con interasse e distanza tra i solchi estremamente variabili. La loro datazione risul- ta, chiaramente, incerta, a motivo della lunga fase di occupazione dell’area, ma la collocazione topografica e l’andamento rendono molto probabile una realizza- zione in fase con il più antico nucleo del villaggio ru- pestre.

Osservazioni conclusive

Sebbene, in assenza di scavi archeologici, resti per lo più incerta una collocazione cronologica delle evidenze rupestri registrate, sembra comunque si possano ri- conoscere a grandi linee l’articolazione e lo sviluppo topografico dell’insediamento.

Fig. 11 - Scalette di collegamento. Fig. 11 - Stairs linking different levels of the cavities. 280 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 12 - Trappeto di “Macurano”: ingresso e particolare dell’interno. Fig. 12 - Macurano oil-mill: entrance and inner room.

Fig. 13 - Trappeto a grotta di “Santa Lucia”: ingresso. Fig. 13 - Santa Lucia oil-mill: entrance.

Il ritrovamento in superficie di una moneta bizantina funzione marcatamente produttiva, in considerazione della serie delle Anonime di XI secolo può costituire un della posizione topografica del villaggio, sorto a mar- indizio della frequentazione dell’area nella età medie- gine di una vasta area pianeggiante ideale per le colti- vale. Un reperto casuale che costituirebbe comunque vazioni, e della presenza di ben cinque frantoi ipogei. una valutazione “post quem” e che non escluderebbe La mancanza di dati non permette, però, ad oggi di frequentazioni o impianti più antichi. documentare con certezza la contemporaneità di occu- Abbandonata ormai l’idea di un utilizzo monastico, in pazione del villaggio rupestre e del vicino casale me- senso prettamente eremitico, delle grotte ipogee, tra dievale di Mons Arduus, che giustificherebbe la scelta l’altro non supportato dalle fonti almeno per quanto del contesto rupestre per l’impianto delle attività pro- riguarda il Salento meridionale, si può ora riconosce- duttive attestate nelle cavità di Montesardo. re nelle testimonianze che si conservano nell’area di Le nuove acquisizioni derivate dalla ricerca qui pre- Macurano, un sistema rupestre ben articolato, occu- sentata e la loro integrazione con il quadro generale pato probabilmente in momenti diversi della lunga delle conoscenze sul territorio del Salento meridionale organizzazione antropica del territorio del Capo di hanno comunque permesso di collocare nel giusto con- Leuca, da comunità locali che scelsero la soluzione testo storico e topografico il villaggio, contribuendo a dell’“abitare in grotta”. Può comunque essere ricono- ricostruire l’interessante sviluppo territoriale di anti- sciuta, senza incorrere nel rischio di infondatezza, una che comunità. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 281

Fig. 14 - Cisterna con copertura a lastre di pietra. Fig. 14 - Cistern with stone cover.

Fig. 15 - Rilievo della cavità n. 1. Fig. 15 - Plan and section of cave no. 1.

Fig. 16 - Carraia. Fig. 16 - Ancient carriage road. 282 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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Arcangelo Fornaro1, Antonio Vincenzo Greco2, Aurelio Marangella3, Patrizia Maranò3, Angelo Nuzzo5, Mario Parise6,7, Gian Claudio Sannicola3

1 Facoltà di Lettere Università di Bari 2 Perieghesys, Taranto 3 Speleo Club Cryptae Aliae, Grottaglie 4 Architetto DIRES 5 Architetto libero professionista 6 Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Bari 7 Gruppo Puglia Grotte, Castellana-Grotte

Riassunto

Il sito della lama di masseria Lonoce rappresenta una emergenza archeologica e speleologica di notevole interesse. Ivi si riscontra come l’ambiente lama con le grotte, gli spalti, il fondovalle, sia stato utilizzato dall’uomo a partire dall’insediamento di villaggi dell’età del bronzo sino ai nostri giorni. Le grotte (natura- li ed artificiali) modificate a più riprese per le diverse esigenze, nel corso del tempo, risultano di non facile interpretazione, gli spalti con i vari sistemi di raccolta dell’acqua piovana, le carrarecce, i resti di villaggi capannicoli e di tombe, danno ulteriore valenza al sito. Infine il fondovalle ricco di terra rossa ancora oggi è in uso per la coltivazione del classico ulivo secolare e dell’uva da tavola. In particolare la colombaia, il trappeto ipogeo ed i sistemi di raccolta dell’acqua piovana rappresentano un unicum di notevole interesse sia per studi archeologici che di Speleologia in Cavità Artificiali.

Parole chiave: lama, villaggio, grotte, frantoio ipogeo.

Abstract

Speleological studies and researches on the hypogean system at Masseria Lonoce (Grottaglie, Taranto province, Apulia) Masseria Lonoce, located in a karst valley (lama) in the territory of Grottaglie, is a site of great interest as regards archaeology and speleology, hosting several hypogean caves with a variety of uses. In addition, the overall natural system, consisting of gravine and lame (local names to indicate the typical karst valleys of the area) presents an high number of natural and artificial caves, which have been during the centuries subjected to several modifications, depending upon the different uses. Starting from the geomorphological framework, and after some notes of archeology and recent history of the site, the main hypogean artificial caves are descri- bed in this contribution, with particular focus on the very important subterranean oil-mill.

Key words: lama, settlement, artificial caves, hypogean oil-mill.

Introduzione la Terra delle Gravine dell’Arco Jonico, rappresenta un unicum all’interno delle evidenze archeologiche ed In questo contributo si illustrano le principali caratte- ambientali dell’intero territorio, in quanto concentra ristiche geomorfologiche, speleologiche, storico-cultu- in uno spazio ristrettissimo tutti gli elementi architet- rali e archeologiche del sito di Masseria Lonoce, inseri- tonici, geologici, morfologici, ed archeologici caratteri- to nell’omonima lama, che costituisce uno degli esempi stici e tipici della civiltà rupestre. Oltre a illustrare gli meglio conservati del fenomeno più ampio delle gravi- elementi sopra citati, ci si soffermerà inoltre su alcune ne e della civiltà rupestre del territorio di Grottaglie delle numerose cavità presenti, tra cui spicca il siste- e dell’intero Arco Jonico. Questa specifica porzione ma ipogeo dell’omonimo frantoio, che per la grandezza del territorio, facente parte del Parco Regionale del- e la varietà tipologica dei suoi ambienti, interamente 284 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 scavati nel sottosuolo, rappresenta una delle testimo- divide l’etimologia con molti altri termini in uso nella nianze migliori della stagione dei frantoi ipogei, sorti nomenclatura carsica pugliese e provenienti dalla stes- fra il ‘600 e il ‘700. sa radice (Parise et al., 2003), termini ai quali è quindi chiaramente associato il concetto di profondità, in con- Aspetti geomorfologici trapposizione al carattere di superficialità delle lame. La lama di Lonoce (fig. 2) ha un andamento iniziale a La lama di Lonoce (fig. 1) è ubicata nel settore meridio- direzione N-S, prima di deviare bruscamente in senso nale del territorio di Grottaglie, dove il collegamento NE-SW (tipico di gran parte delle gravine e lame di tra i due ripiani morfologici presenti, rispettivamente, Grottaglie; Marangella & Parise, 2007). A valle della alle quote 135-150 e 90-100 m s.l.m., avviene attraver- S.P. Grottaglie - San Marzano, la lama perde l’eviden- so blande incisioni che solcano i depositi calcarenitici. za morfologica, a causa delle blande pendenze connes- Caratterizzate da profondità e evidenza morfologica se all’affioramento delle Argille Subappennine e, in minori rispetto alle gravine (diffuse nella parte N del parte, anche degli interventi antropici sul territorio. territorio grottagliese), tali incisioni sono denominate Sebbene si tratti di non marcate incisioni, con scarsa lame (Colamonico, 1953; Palagiano, 1965). Il termine (talora nulla) portata idrica perenne, non andrebbe deriva etimologicamente dal latino lama, con signifi- mai dimenticato il ruolo svolto da tali elementi geo- cato di palude, ristagno d’acqua, quindi associato alla morfologici in occasione di intensi eventi piovosi: gra- presenza di acqua in superficie. Le lame sono infatti vine e lame divengono il naturale luogo di deflusso valli poco incise, all’interno delle quali si osserva scor- dell’acqua, anche con portate notevoli, e l’eventuale rimento idrico solo in occasione di intense piogge. Il presenza di opere antropiche all’interno delle valli o fondo è generalmente piatto, mentre i raccordi con gli al loro sbocco determina ovviamente la possibilità di adiacenti versanti alquanto graduali. La non netta danni alle strutture, come periodicamente osservato evidenza morfologica delle lame fa sì che questo ele- in più siti della provincia tarantina (Federico et al., mento del paesaggio carsico epigeo possa facilmente 1996; Polemio, 1996; Parise, 2007). La pericolosità essere modificato, o addirittura cancellato, a causa di geomorfologica delle lame e gravine va quindi tenu- azioni antropiche, in primis lo spietramento (Giglio et ta in debita considerazione per qualsiasi intervento di al., 1996; Parise & Pascali, 2003; Canora et al., 2008). pianificazione territoriale, ai fini della mitigazione del Ben diversa dalle lame è invece la gravina, valle profon- rischio ad esse connesso (Parise, 2007). Nel caso spe- da a pareti verticali, alta anche alcune decine di metri, cifico della lama di Lonoce, si segnalano tra gli eventi il cui nome deriva dal pre-latino grava, che significa più recenti quelli dell’evento piovoso del 26-27 settem- pozzo, buca, e dal messapico graba, che indica erosio- bre 2006, in occasione del quale si sono registrati dan- ne di una sponda fluviale (Rohlfs, 1976). Gravina con- ni a varie arterie stradali.

Fig. 1 - Ubicazione geografica della lama di masseria Lonoce all’interno del Parco delle Gravine. Fig. 1 - Geographic location of lama of Masseria Lonoce, within the Park of the Gravine. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 285 sei ipogei: quattro grotticelle artificiali e due caverne naturali. Sul fondo delle due lame e sui terrazzi tu- facei si raccolgono in gran quantità strumenti di sel- ce, fra cui alcune lamette di ossidiana, e frammenti di ceramiche databili dal bronzo antico all’età roma- na imperiale. Di questo lungo periodo di occupazione umana del sito restano inoltre varie altre tracce: fori di palificazione e solchi per le incannucciate, profonde carrarecce, una cisterna a campana rivestita di coccio pesto, una ventina di tombe a fossa (databili presumi- bilmente dall’età classica all’età medioevale). Il secondo villaggio (che interessa il sito da noi preso in esame) si sviluppa sugli spalti del livello inferio- re della terza e quarta lama. Vi si trovano, in gran- de quantità, buche di palificazione e tracce dei solchi delle incannucciate. Un saggio condotto in una delle buche circolari ci ha consentito di recuperare molti frammenti di impasto buccheroide. Le capanne sono attraversate da molte carrarecce, di età posteriore a quella del bronzo. All’età del bronzo deve pure risalire l’utilizzazione di due caverne naturali (fig. 3), nonché la costruzione di una serie di grotticelle artificiali. Sullo spalto S del livello inferiore della quarta lama è scavata una necropoli composta da una decina di tom- be a fossa rettangolare con pareti verticali; alcune di esse sono circondate da un solco continuo per il dre- naggio delle acque pluviali. Il materiale archeologico frammentario raccolto nel villaggio capannicolo e sul fondo delle due lame comprende: a) ceramiche di im- pasto buccheroide; b) frammenti di lame silicee e due punte di freccia, una delle quali intera con peduncolo ed alette, l’altra frammentaria; c) ceramiche indige- ne geometriche; d) ceramiche a vernice nera. I monu- menti studiati vanno dunque assegnati a due periodi: all’età del bronzo recente e finale le caverne, le grotti- Fig. 2 - Tavola archeologica della contrada Lonoce (da Forna- celle e i fondi di capanne; all’età classica ed ellenistica ro, 1978). le tombe a fossa e le carrarecce. Fig. 2 - Archaeological map of Lonoce locality (after Fornaro, 1978). Il terzo villaggio, infine, si trova sul terrazzo ubicato tra la quinta ed il livello superiore della sesta lama. Un sottile strato di humus impedisce di riconoscere Note archeologiche sul terreno tracce di capanne o di muretti. Il mate- riale archeologico comprende solo ceramica di impasto La contrada Lonoce è estremamente ricca di caverne e strumenti litici. La stazione si colloca, ad eccezio- naturali e di grotticelle funerarie artificiali. È attra- ne della punta musteriana, tra il bronzo medio ed il versata da sei lame, di varia lunghezza e profondità. bronzo recente. La necropoli rupestre è scavata nella La prima, la terza (Lama di Masseria Lonoce) e la parete N della sesta lama. quarta si articolano in due livelli, con una stretta pia- nura intermedia; la quinta è priva del livello inferio- re. Sul fondo di tutte le lame si raccolgono frammenti Documentazione storica in età moderna di ceramiche antiche; dappertutto, sugli spalti delle incisioni, si notano buche di palificazioni di capanne L’attuale Masseria Lonoce prende origine al passaggio preistoriche e carrarecce di varie epoche. Tre sono i fra Medio Evo ed Età Moderna. Precedentemente il villaggi principali, nel seguito brevemente descritti. suo territorio era stato occupato da un vasto insedia- Il primo villaggio è sito nella parte inferiore della pri- mento rurale sparso, in parte in rupe, in parte subdia- ma lama. Nella parete N sono presenti tre grotte na- le, in continuità con i numerosi altri nella medesima turali contenenti depositi archeologici; nella parete S contrada di Galeasi (il toponimo in cui essa era situa- sono scavate invece varie grotte artificiali, forse me- ta) e quella contigua di Caprarica. Certamente questo dioevali. Sullo spalto S si aprono due grotte a pianta abitato disperso gravitava intorno alla chiesa in rupe trapezoidale munite di lucernai e nicchie alle pareti, di San Pietro, una delle più interessanti del territorio da assegnare forse al medioevo. Nella parete N del li- grottagliese. A seguito degli abbandoni susseguenti vello superiore della lama sono scavate quattro tombe alla crisi tardo-medievale (secc. XIV-XV), gli antichi a grotticella. Nella seconda lama sono invece presenti insediamenti furono sostituiti da strutture produttive, 286 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - II° villaggio caverna naturale n. 2 (rilievo da Fornaro, 1978; foto G.C. Sannicola). Fig. 3 - The natural cave no. 2 in the second village (after Fornaro, 1978; photo G.C. Sannicola).

in primo luogo dalle masserie. Approfittando tuttavia cittadini grottagliesi. La masseria veniva in tal modo della presenza di grotte, canali e piccole gravine, l’in- venduta all’asta per 400 ducati a Giovanni Rodriguez tera contrada fu interessata dalla capillare presenza di Francavilla. Nel 1638, nuovamente posta all’asta, di giardini e di avucchiari o apiari. Per lungo tempo essa comprendeva tre distinte pezze: una di 25 tomoli la masseria si limitò ad occupare le strutture preesi- a Caprarica, una di tomoli all’Aera della creta, una di stenti. 5 a Galesi; inoltre una piantata di 500 olivi con trap- Il primo proprietario di una masseria nel sito in esa- peto, giardino ed alveare, in Galeasi. Per 700 duca- me fu, alla fine del ‘500, un tal Giuseppe Vergara di ti si aggiudicava il bando Fabio Gatto, per conto del Grottaglie. Nel 1594 era già stata ceduta ai de Raho; Collegio dei Gesuiti di Madrid, creditori dei Cesare. in quell’anno Geronima Odoarda, vedova di Antonio de Raho vendeva a Luigi de Cesare una chiusa con 12 olivi ed altri alberi di frutti comuni con un palombaro, L’approvvigionamento di acque piovane 5 grotte, curti, un grongo ed una cisterna a Galeasi, confinanti con i beni di Giulio de Raho, di Cataldo de Il problema del reperimento e della conservazione del- Trani, di Marco e Goffredo Quaranta e con la via pub- l’acqua ha influito in modo determinante sulla loca- blica. Il prezzo di vendita era di 100 ducati. Poco dopo, lizzazione di molti insediamenti e sull’organizzazione nello stesso anno, Luigi Ant. de Cesare cedeva il com- delle strutture produttive ed abitative. Ottimizzando plesso a Marco de Raho, per il medesimo prezzo. tutte le possibilità offerte dalla natura e dalle carat- La masseria dovette tornare ai Cesare, che provvidero teristiche fisiche del territorio, si sono sviluppati vari ad ampliarla e ad introdurvi numerosi miglioramenti. accorgimenti ed espedienti progettuali per poter assi- Nel 1603 Alessandro Cesare, figlio di Luigi Antonio, curare la disponibilità idrica necessaria alla pastori- vi aggregò una pezza di 27 tomoli a Galeasi, permu- zia, all’agricoltura e allo svolgimento delle attività di tandola con altri suoi beni a Leverano. All’interno di trasformazione. questa impiantò una nuova piantata di olivi, che nel Nelle immediate vicinanze della Masseria Lonoce, 1633 era estesa per 11 tomoli e contava 600 alberi. In proseguendo oltre il frantoio, si estende un pianoro quell’anno la masseria era estesa per 90 tomoli, com- brullo con rocce affioranti in cui si rintraccia un artico- prendeva diverse lame e serri ed annoverava al suo lato sistema di captazione e raccolta di acqua piovana, interno anche un giardino di cedrangoli (agrumi), un con molta probabilità risalente al periodo neolitico. Le pozzo, cisterne, diverse grotte e, per la prima volta, tre cisterne rilevate sono localizzate nei terrazzamenti una torre (cioè un edificio elevato in muratura) ed un più bassi dell’omonima contrada e raccolgono l’acqua trappeto. La masseria era stata nel frattempo (1630) di dilavamento attraverso una serie di rudimentali ca- donata da Alessandro al fratello, il chierico Francesco. nalizzazioni a cielo aperto che tagliano in diagonale Nel 1633, tuttavia, i beni dei Cesare venivano posti il terreno dal pianoro sovrastante. Le cisterne indivi- sotto sequestro per iniziativa del barone di Grottaglie, duate, disposte poco distanti tra loro, sono tutte della per crediti da questi vantati nei confronti di diversi tipologia “a campana”, con la classica forma assimila- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 287 bile a tale oggetto, di costruzione molto antica. stimento interno si tramanda da tempi remotissimi. Risultano costruite partendo dal piano campagna; due Per uniformare la superficie dei supporti sottostanti hanno un imbocco a fior di terra perfettamente circo- veniva steso un primo strato di malta di allettamento, lare del diametro di circa 1,00 m, mentre la terza (fig. poi un secondo strato grossolano di cocciopesto a crea- 4) viene individuata da un blocco monolitico quadran- re una spessa crosta monolitica e un terzo di malta di golare dotato nella parte centrale di un pozzetto d’at- calce (spesso mescolata a bolo) resa impermeabile in tingimento anch’esso circolare. Tutte sono provviste di virtù della presenza degli olii o sostanze consimili, in canali sfioratori e in aderenza di vaschette, anch’esse essa mescolato. Una volta essiccate, queste malte si- scavate nella roccia, in cui veniva a raccogliersi l’ac- gnine assumevano l’aspetto e la consistenza petrigna qua in eccesso o più frequentemente quella prelevata rendendo l’opera rifinita straordinariamente resisten- col secchio. te. La profondità di tali cisterne è compresa tra i 3 e i 4,5 Queste cisterne fino a qualche tempo fa potevano es- metri, ma potrebbe essere superiore dal momento che sere facilmente individuate sul pianoro poiché prive il terriccio e i detriti presenti impediscono di scorgere e di elementi di copertura e protezione, oggi per motivi di apprezzare pienamente la struttura. L’interno com- di sicurezza sono state occultate sotto cumuli di ter- pletamente pieno d’acqua lascia intravedere il fondo ra di riporto. Poco oltre la loro ubicazione, procedendo circolare al centro del quale si ipotizza, come per tut- lungo i percorsi delle canalizzazioni, si rinvengono va- te le cisterne campanate, l’esistenza di una vaschetta sche e abbeveratoi scavati nella roccia che lascereb- per il deposito delle impurità provenienti dall’ester- bero intendere l’importanza della zona per le poste e i no (terriccio, foglie e altri materiali estranei). Questa passaggi delle greggi. Inoltre si ipotizza l’esistenza di vaschetta, denominata sentina o catino di sedimenta- altre cavità assimilabili a grandi camere intagliate nel zione, favoriva il completo sfruttamento delle risorse banco roccioso dalle tracce di canalette di adduzione. idriche contenute nel serbatoio giacché una volta cala- Proseguendo fino all’area che sovrasta il frantoio ipo- to il secchio fino a raggiungere la stessa, era possibile geo scopriamo le tracce di altre tre cisterne, due di prelevare l’acqua lasciando in profondità il sedimento pertinenza dello stesso, ubicate all’interno, ed una po- portato dal liquido. sta in prossimità dell’accesso allo jazzo, riconoscibile Sulle pareti di tutte le cisterne indagate è ancora visi- dall’imbocco costituito dai resti di un blocco monolitico bile, ben conservato e di ottima fattura, lo spesso stra- in pietra. Entrando all’interno dell’opificio, subito a to di intonaco di cocciopesto che le rendeva impermea- destra dell’ingresso archivoltato, in uno dei locali la- bili. L’uso di intonaci di calce e cocciopesto per il rive- terali, troviamo una cisterna riconoscibile dal puteo in

Fig. 4 - Cisterna n. 3 (foto P. Maranò). Fig. 4 - Cistern no. 3 (photo P. Maranò). 288 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 muratura calcarenitica e dal condotto verticale di ad- di NW incontriamo partendo dal basso tre cisterne in duzione che capta l’acqua piovana raccolta attraverso linea su livelli diversi, già trattate nel paragrafo ine- le canalette intagliate sulla sommità della copertura. rente la raccolta dell’acqua piovana, ed una tomba con La cisterna è profonda circa 3 m e risulta tutt’oggi pie- dromos esaminata nelle note archeologiche. na d’acqua (fig. 5). La seconda cisterna è situata in una posizione arre- Il sistema ipogeo della colombaia si presenta mol- trata, nella parte più interna dell’ipogeo. Non svolge to trasformato rispetto a quello che doveva essere la più la primordiale funzione di raccolta dell’acqua poi- sua forma e quindi gli utilizzi originari. Impostati ché è stata convertita in deposito per le olive e resa su diversi livelli, gli ambienti presentano i pavimen- comunicante col frantoio attraverso un vano d’accesso ti attuali colmati di terra e pietre, sia a nascondere interamente scavato. È possibile quindi entrarci ad quello che era il vecchio piano di calpestio ma anche a una quota molto prossima alla sentina e goderne della riempire fosse o pozzetti non visibili; tra queste, due spazialità dal basso. La base perfettamente circolare probabili fovee (incavature nella roccia usate per la misura un diametro di circa 6,40 m per un’altezza fi- conservazione di derrate alimentari liquide e solide) o no all’imbocco al piano campagna di 5 m. È possibile frigoriferi naturali site nella colombaia, di cui solo una ancora individuare il rivestimento in cocciopesto sulle in vista che, iniziata a pulire dai detriti ha svelato un pareti. Grazie a recenti saggi di scavo alla base di que- altro pozzetto. Il sistema presenta due ingressi prin- sto enorme ipogeo, è stato possibile ritrovare il catino cipali, uno a SE e l’altro a N, e numerosi collegamenti di sedimentazione e quindi avvalorare l’ipotesi di par- con il piano di calpestio superiore esterno alle grotte tenza che l’invaso fosse stato realizzato per conservare (sfiatatoi-lucernari per il ricambio dell’aria, camini, l’acqua piovana. caditoie; queste ultime testimoniano la probabile pre- senza di assali di macine o torchi; fig. 7). Entrando da SE si trova la grotta delle caditoie, lunga Gli ipogei di Masseria Lonoce circa 17 m, larga 5 m ed alta meno di 3 m; in sinistra, ha andamento sinuoso ed al termine presenta un in- Il sistema degli ipogei della lama di masseria Lonoce gresso modificato a finestra per il rialzo del piano di è costituito da (fig. 6): 1) un insieme di varie cavità calpestio esterno. Ivi si nota sul soffitto una intacca collegate, tra le quali spicca una colombaia; 2) un fran- di quelle prima dette e la presenza di 6 caditoie; il pa- toio ipogeo; 3) una cisterna nell’aia della masseria; 4) vimento è colmato di materiale terroso. Sulla destra una grotta caseificio con forno; 5) una grotta-ovile con dell’ingresso, un corridoio lungo 4 m con scalinata im- fovea o frigorifero naturale; 6) una cavità con inusuali mette nella colombaia, lunga 10 m, larga da 1,50 a 6 m canali scavati lungo il perimetro basale; 7) una inci- ed alta 2,5 m. Essa presenta un insieme di 212 cellette sione sottoroccia con annessa cavità (probabile) riparo (fig. 8), di 30 cm di profondità, larghe 33 cm e alte 25 per animali; 8) due grotte riparo; 9) una tomba rima- cm; di queste, 5 sono senza la parte superiore per la neggiata; 10) una stalla semi-ipogea adiacente e sotto- mancanza di parte del soffitto e 28 sono costruite con stante l’immobile della masseria. Inoltre sullo spalto blocchetti di tufo squadrati sovrapposti a scacchiera.

Fig. 5 - Cisterna con acqua all’interno del frantoio (foto A. Marangella). Fig. 5 - Water-filled cistern within the oil-mill (photo A. Marangella). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 289 L’ipogeo risulta una colombaia o palombaro, come da Il frantoio ipogeo (fig. 9) si presenta completamente atto di vendita del 1594 da Geronima Odoarda, vedova scavato nella locale calcarenite e si compone di un an- di Antonio de Raho a Luigi de Cesare. Al centro della drone d’ingresso lungo 32 m, alto 2,5 m e con larghezza zona semicircolare nel pavimento si trovano due fovee massima di 16 m; l’ipogeo è stato dimesso come fran- unite da uno scavo tipo trincea, mentre sul soffitto vi toio probabilmente sin dai primi dell’ottocento, come sono vari anelli di roccia ed un lucernario chiuso. Due attesta un Atto Notarile del 1819, (Archivio di Stato gradini in salita danno accesso all’ultima zona dell’ipo- di Taranto, p.zo 5361, ff.128r 132r) del Notaio Michele geo, che ne costituisce il secondo ingresso: lunga 9 m, Casimiro Rossi, nel quale si affittava la masseria ed i larga 3 m ed alta 2 m, ha pavimento uniformemente terreni contigui senza fare alcun riferimento all’opi- ricolmo di materiale detritico. ficio in esame, e come testimonia inoltre la presenza

Fig. 6 - Ubicazione degli ipogei della lama di Masseria Lonoce. Fig. 6 - Location of the underground environments at lama of Masseria Lonoce. 290 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 unicamente di torchi alla calabrese, cioè scavi nel pa- vimento ed intacche dedicate sul soffitto. Mancano altresì quelli alla Genovese, che furono introdotti do- po il 1800 onde migliorare la lavorazione e quindi la qualità dell’olio (fig. 10). Dei cinque torchi alla cala- brese rimangono gli scavi a terra per l’installo dei ba- samenti costituiti da blocchi di calcare, per l’appoggio dei fiscoli con la canalina di raccolta dell’olio al centro della pietra basale, e, sulla volta, le intaccature per gli assali dei vitoni. In corrispondenza, sul pavimento si riscontrano gli angeli, del diametro di circa 80 cm e profondi 95 cm; da notare la presenza sul fondo del- l’angelo di una canalina scavata del diametro di 7 cm in direzione e quindi comunicante con l’angelo presso le sciaie, il tutto a costituire un sistema di raccolta e decantazione della moria in una vasca centrale (deno- minata Purgatorio o Inferno) onde recuperare l’ultimo olio scarso detto lampante (per le lampade ad olio) non alimentare. La macina era presumibilmente situata in prossimi- tà dell’ingresso, come risulta dall’intacco sul soffitto, tipico delle antiche macine. Sul pavimento, a causa dell’abbondante materiale di riporto, non si è riusci- ti a riscontrare né il basamento né il camminamento circolare che l’asino, o il cavallo, scavavano intorno alla macina stessa. Da notare all’esterno la presenza di due ruote in pietra calcarea, una nuova pronta per entrare in servizio, l’altra ancora in fase di costruzione Fig. 7 - Grotta delle caditoie (foto G.C. Sannicola). come si evince dall’assenza del foro centrale. Fig. 7 - Cave of the trap-doors (photo G.C. Sannicola). In una delle stanze del frantoio si notano graffiti co-

Fig. 8 - Interno della grotta della colombaia (foto A. Marangella). Fig. 8 - Inside view of the dove-cot cave (photo A. Marangella). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 291

Fig. 9 - Rilievo del frantoio ipogeo (rilievo A. Nuzzo) Fig. 9 - Plan of the underground oil-mill (survey A. Nuzzo). stituiti da numerose linee parallele, probabile siste- del materiale di decantazione (la cunserva), ricolma ma di conteggio delle giornate lavorative. Ivi è anche sempre di materiale detritico. L’abbondanza del ma- presente l’imboccatura di una cisterna piena d’acqua, teriale di riporto presente richiederebbe una serie di e due porte murate che davano in un altro ambien- scavi in tutto l’ipogeo, onde meglio definirne le pecu- te, anch’esso dedito al ricovero dei frantoiani. A metà liari caratteristiche morfologiche, architettoniche e androne, sullo stesso lato, c’è una stanza con quattro funzionali, viste anche le interessanti incisioni graf- mangiatoie, quindi un’incavatura e infine un’ultima fite ritrovate. stanza di metri 5 x 3.5, forse depositi per l’olio in con- tenitori. La grotta del caseificio con forno (fig. 12) è stata In fondo all’antro, si osservano dieci piccole stanze uti- utilizzata sino a qualche decennio fa come caseificio lizzate per la selezione e il deposito delle olive, chiama- (come indicato dalla presenza di un camino centrale te sciaie o sciave; dotate ognuna di una caditoia, per lo a due stalli murari di appoggio ai pentoloni di rame scarico delle olive direttamente dal suolo sovrastante usati nella lavorazione del latte) e come forno per la il frantoio, hanno l’ingresso originale (a finestra) am- cottura del pane. pliato a grandezza di porta, probabilmente per l’uso L’ipogeo presenta il pavimento in battuto cementizio, del frantoio come deposito di munizioni durante la II mentre i muri laterali ed il soffitto sono costituiti da Guerra Mondiale (fig. 11). Sono poi nuovamente pre- roccia calcarenitica scavata ed imbiancata a calce più senti graffiti a linee parallele. volte. Presso il forno c’è una nicchia che veniva pro- Dalla parte opposta dell’ambiente principale è inve- babilmente usata per la conservazione delle cibarie, ce presente una stanzetta con un grande camino. Sul mentre altre quattro più piccole sono presenti lungo il muro si osservano vari graffiti (nomi, date), mentre in perimetro, e sul soffitto i classici anelli di roccia e due fondo vi è un corridoio con, a sinistra, l’inizio di lavori sfiatatoi. L’unico graffito (una croce latina) è presente di scavo per il probabile ampliamento del passaggio al centro della stanza frontale. che conduce ad una cisterna tronco-conica aperta la- teralmente (diametro maggiore 6,40 m, altezza 5 m). La grotta della fovea o frigorifero (fig. 13), antica- Alla base ed al centro troviamo la vasca per la raccolta mente si presentava con un accesso naturale più am- 292 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 10 - Frantoio ipogeo: ingresso, androne e scavi basali del torchio alla calabrese (foto A. Marangella). Fig. 10 - Underground oil-mill: entrance, main room and excavations at the base of the Calabrian-type presses (photo A. Maran- gella).

pio. Oggi un muro di blocchi squadrati in calcarenite Anche la grotta delle incavature o mangiatoie è presenta un ingresso ristretto onde utilizzare la grotta stata modificata: l’ingresso principale presentava un per ricoverare gli ovini, come si evince dalla presenza muro di cui rimane solo una parte, mentre su quella di una mangiatoia scavata a 30 cm di altezza dal pia- opposta c’è un secondo accesso più piccolo trasformato no di calpestio e consistente in uno scavo a canaletta. a finestra, onde adibire l’ipogeo a ricovero per agnelli. Risalta subito alla vista la presenza al centro dell’ipo- Lunga 5,5 m, larga 4 m ed alta 2,5 m, essa presenta a geo di una fovea o pozzetto frigorifero senza rivesti- circa 30 cm dal piano di calpestio delle incavature per mento, con diametro superiore di 125 cm e profonda quasi tutto il perimetro interno ed anche sulla facciata non meno di 50 cm. Il pozzetto, precedentemente col- esterna alla grotta, usate come mangiatoie dagli ovini. mo di pietre e materiale terroso, ha rivelato la presen- Sul soffitto vi sono anelli di roccia e due sfiatatoi occlu- za di reperti ceramici (probabilmente medioevali) tra i si nei pressi delle due aperture, con le caratteristiche quali una lucerna ed una palla in pietra calcarea. Sul canaline di drenaggio tutt’intorno ai fori, onde evitare soffitto si notano anelli di roccia, uno sfiatatoio e un l’accesso dell’acqua durante le piogge. intacco di incastro per assale di torchio o macina. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 293

Fig. 11 - Depositi olive: corridoio sciaie, caditoia e graffiti per la conta della paga dei frantoiani (foto A. Marangella). Fig. 11 - Olives storage room: the corridor with the lateral rooms, trap-doors and graffiti to count the salary of the oil-mill workers (photo A. Marangella).

Fig. 12 - Grotta del caseificio con forno (foto G.C. Sannicola; rilievo A. Nuzzo). Fig. 12 - Cave of the cheese factory with oven (photo G.C. Sannicola; survey A. Nuzzo). 294 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 13 - Fovea all’interno dell’omonima cavità (foto A. Marangella; rilievo A. Nuzzo). Fig. 13 - Fovea (natural site to keep the food) within the Fovea Cave (photo A. Marangella; survey A. Nuzzo).

Ringraziamenti

Si ringraziano tutti i soci dello Speleo Club Cryptae Aliae senza i quali tale lavoro non si sarebbe svolto, e il proprietario del sito, sig. Ciro Monteleone, per la pazienza e la disponibilità dimostrata.

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Elia Sciumanò1,3, Sergio Genco2,3, Sandro Mancino3

1 geologo, struttura commissariale per l’emergenza idrogeologica in Campania: email: [email protected] 2 geologo libero professionista 3 Gruppo Speleologico CAI Salerno/Federazione Speleologica Campana

Riassunto

Durante l’epoca borbonica l’area di Giffoni Valle Piana (Salerno) fu interessata da esplorazioni e da studi scientifici finalizzati alla ricerca di rocce definite “zoofitantrace”, cioè carbon fossile. Tali ricerche inizia- rono nel 1797 e si susseguirono fino ai primi del 1900. Gli studi e i saggi realizzati furono variamente in- dirizzati alla sola ricerca di giacimenti di minerale da estrarre e/o alla pura ricerca geologica, risultante dalla catalogazione sistematica delle diverse specie fossili che si ebbe in quegli anni. Solo nei primi del Novecento fu, infine, avviata una modesta industria mineraria legata all’estrazione dell’ittiolo, un un- guento di origine naturale utile per medicare piccole infezioni cutanee. La coltivazione interessò i margini del massiccio montuoso dei Monti Picentini, dove affiorano i livelli dolomitici scuri del Norico (Trias Sup.), fittamente straterellati, contenenti pesci fossili e molto ricchi in materia organica. Giacimenti quest’ultimi famosi non solo per il loro contenuto in pesci fossili, ma anche per la ricchezza di Bivalvi, Brachiopodi, Serpulidi e grandi Alghe Dasycladacee. Tale ricchezza è da collegare all’evoluzione dell’ambiente di sedi- mentazione, infatti gli “Scisti Ittiolitici” si sarebbero formati in un ambiente marino subtidale con acque di fondo da subossiche ad anossiche. In questo quadro generale si inserisce il presente lavoro, finalizzato all’inquadramento geologico delle formazioni rocciose interessate dall’attività mineraria, in parte alla ricostruzione della storia delle miniere e soprattutto al censimento delle gallerie e al loro rilevamento. Informazioni queste ultime ormai patrimonio disperso nel tempo. La raccolta di questi dati e il successivo accatastamento vuole essere lo spunto per lo sviluppo di un patrimonio che già in fase di ricerca ha mostra- to tutte le sue potenzialità. Inoltre essendo l’area, in parte, già stata oggetto di individuazione come geosito, nell’ambito del progetto GEOSITES e delle iniziative proposte dal Servizio Geologico Italiano, può far sì che essa, anche se al momento abbandonata, possa diventare un polo di attrazione e di maggiore sviluppo nell’ottica di un turismo sostenibile.

Parole chiave: Monti Picentini, Giffoni Valle Piana, ittiolo, scisti ittiolitici, miniere di ittiolo, patrimonio geologico.

Abstract

The mines of “Ittiolo”: how a geological heritage may support the development of a region (Picentini Mounts - Giffoni Valle Piana - Salerno) In the Bourbon’s Age the area of Giffoni Valle Piana (Salerno) was explored and studied with the aim of searching for a type of coal, “zoofitantrace”. These researches took palce from 1797 to the beginning of XXth Century. Studies and tests of the period prove that the research focused mainly on the research of the mineral seams and/or on the pure geologic analysis. The result was the systematic classification of the va- rious fossil species. At last, in the first part of ‘900, a modest mining industry began to exploit the ichthyol extraction. The ichthyol is a natural origin ointment useful to treat small skin infections. The ore-mining was located on the western margins of the Picentini Mounts, where the dark dolomitic levels outcrop in thin layers containing fish remains and organic matter of the Norian (Upper Trias). These fields are fa- mous not only for their fossil fishes but also for the abundance of Bivalves, Brachiopods, Serpulids and Dasycladacee Algaes. Such riches are linked to the evolution of the sedimentary basin; in fact the Ichthyolic shales would form in a subtidale marine basin with suboxic to anoxic bottom waters. This work aims at 296 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

the definition of the geologic formations subject to the mineral processing, at the classification and survey of the tunnels and at the partial reconstruction of the mines history. Currently these data represent a great but forgotten resource. The collection of these data and the updating of caves public database will improve the possibile development of this area. Furthermore this region has been considered a geosite either in the GEOSITES project and in other Italian Geologic Service projects; this is just the starting point of a possi- ble upgrading of this neglected area in the light of a new environmental friendly tourism.

Key words: Picentini Mounts, Giffoni Valle Piana, ichthyol, ichthyolic shales, ichthyol mines, geological heritage.

Premessa pubblicò uno studio su quattro saggi eseguiti al mon- te Pettine e sugli scarsi vantaggi industriali (Tondi, Il presente lavoro ha come finalità il tentativo di rac- 1824). Il Pilla, nel 1845, dopo varie osservazioni ed cordare le conoscenze relative al sito delle miniere accurati studi sui pesci fossili espresse “il sospetto che di ittiolo presente sul territorio comunale di Giffoni queste rocce dovessero riportarsi al gruppo giurassico Valle Piana (Salerno). La ricerca bibliografica ha con- … rimettendo la soluzione ai fatti più decisivi, che po- sentito di ricostruire l’ambientazione storica che por- tranno in avvenire discoprirsi” (Pilla, 1845)1. La svol- tò allo sviluppo delle ricerche geologiche e di questa ta nelle ricerche la diede Oronzo Costa, che nel 1848 industria mineraria. Con l’attività di campo si sono compì numerose esplorazioni alla ricerca del carbon individuati gli accessi degli ipogei, alcuni mascherati fossile. Grazie ai suoi interessanti lavori e al presiden- dai successivi crolli e dal prosperare della vegetazio- te della Real Accademia delle Scienze, riuscì ad avere ne, la cui ubicazione ormai si sta perdendo nel tem- dei fondi dal governo che gli permisero di continuare po. Successivamente si è passati alla fase di rilievo, le ricerche in loco per un periodo di 18 mesi, negli anni di studio ed osservazione dello stato di conservazione 1858/59. In questo periodo fece attuare “con costi sta- delle gallerie. Infine si è elaborato quanto raccolto e biliti” numerosi scavi alla ricerca di carbon fossile, pur si è proposto di recuperare questo complesso minera- continuando a portare avanti le ricerche geologiche e rio non solo per il suo valore archeologico industriale, la catalogazione sistematica di tante specie di fossili. quale testimonianza per le generazioni di una storia Gli affioramenti da lui studiati furono quelli presenti che ha molto influenzato la vita di un paese, ma anche nella Valle del Cerasuolo, dove fece eseguire un taglio per le sue peculiarità naturalistiche. verticale di circa otto metri (Alfano, 2002). Dopo que- sto periodo, non si sa per quale motivo, egli abbandonò i lavori consegnando al Governo napoletano un par- Storia dell’attività estrattiva ticolareggiato rapporto e dando alle stampe le osser- vazioni geologiche (Costa, 1858). Egli scriveva che “in La necessità di abbattere i costi del carbon fossile, im- Giffoni, Provincia di Principato Citerone, è stato esplo- portato dall’Inghilterra e utilizzato nell’industria e co- rato un filone eccellente di litantrace grasso… Di tali me propellente per i mezzi navali, costrinse i Borboni filoni molti ne compaiono in quei monti, i quali sem- a finanziare degli studi per la ricerca e l’estrazione bra che tutti si trovassero nella valle di Mandriaduro, di minerali quali lo “zoo-fitantrace” (il carbon fossile; estendendosi per più di quattro miglia di raggio. È per- Montuori, 2006). ciò che nella suddetta valle di Mandriaduro si è aperto Così si diede avvio alla storia delle miniere, che spesso un cunicolo. Tutta questa opera è fatta in una roccia si sarebbe intrecciata con la pura ricerca scientifica. bituminosa, siffattamente ricca di bitume, che arde Alla fine del Settecento, la notizia di quelle rocce ca- con viva fiamma sostenuta con quella di poco legno. riche di bitume, sfogliose, contenenti “impressioni di La roccia è durissima e suscettibile di un bel polimen- pesce”, raggiunse la corte dei Borboni e per questo il re to” (Costa, 1863). Fu poi Francesco Bassani (1892), di- stesso ordinò al Collegio delle Miniere di istituire una rettore dell’Istituto Geologico della Reale Università commissione per esplorare i giacimenti. Commissione di Napoli, a comparare gli scisti di Giffoni con quelli che erroneamente classificò queste rocce come “zoo- di Seefeld (Tirolo). La formazione mineraria veniva fitantrace”, cioè carbon fossile. Nel 1797 si ebbero i descritta come molto regolare e con direzione paralle- primi studi ufficiali sulla giacitura del materiale af- la a quella generale del monte. Gli scisti si trovavano fiorante sul M. Pettine. Nel 1802 il Melograni, nel suo raggruppati essenzialmente in due giacimenti posti “Manuale Geologico”, scrisse che “la pietra calcefeti- rispettivamente a 750 e 850 m s.l.m. (Galdieri, 1908). da”, ossia la roccia dominante di queste montagne è a Fino al 1892 si susseguirono campagne esplorative strati scistosi ed è la più vecchia fra tutte le specie in carbon fossile (Delle Donne, 2002). Nel 1815, per in- carico del governo borbonico e con scarsi risultati, De 1 Cfr. Copia del dispaccio al De Giovanni di Ferdinando Corra- Giovanni scavò due cunicoli per accertare la presen- dini, datato Palazzo, 10 febbraio 1791, allegato alla memoria za di materiale combustibile. Nel 1824 Matteo Tondi al Ministro Zurlo. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 297 in zona e saggi sui campioni raccolti e ogni volta gli rale, nel novembre 1911, la società Visconti D’Angelo scarsi risultati, in termini di potenzialità economiche & C. domandò ed ottenne la concessione triennale di per lo sfruttamento di combustibile, facevano ritirare sfruttamento delle miniere. Una volta iniziata l’orga- gli impegni finanziari del governo. Ad arrestare tem- nizzazione industriale si ebbe l’ampliamento dei la- poraneamente gli studi fu Di Matteo (1892) che sulla vori minerari, che portarono ad un ulteriore sviluppo base di considerazioni geologiche, chimiche e logisti- nella zona del varco di Pietro Cuoco, ed interessarono che, relazionò sconsigliando di procedere in ulteriori anche la zona di Quercia di Rose e la vallata del tor- ricerche nell’area. Gli studi sugli scisti, che diedero poi rente Patanaro, a ridosso del Monte Diavolo. Il mag- impulso all’estrazione mineraria, furono condotti da giore potenziale di sfruttamento si ebbe nella zona del Marussia Bakunin la quale, scrivendo della loro bon- Patanaro (fig. 1) sia per la notevole potenza del banco tà, sostenne fortemente l’opera di sfruttamento delle e sia per la ricchezza in olio degli scisti e per l’elevato miniere. Così nel 1906, i sig. cav. Visconti Gaetano e contenuto in zolfo degli olii distillati ed, infine, perché Alfonso D’Angelo chiesero ed ottennero dall’Ammini- gli affioramenti permettevano in parte la lavorazione strazione Comunale di Giffoni Valle Piana il permesso a cielo aperto. Iniziate le operazioni di estrazione del di poter fare delle ricerche, analizzare il materiale e materiale si provvide, per ragioni di ordine pratico, a infine costituire una società adatta allo sfruttamento sdoppiare l’impianto di lavorazione in un’officina di del giacimento minerario. Molti studiosi dell’epoca re- distillazione in situ (fig. 2) ed in un laboratorio per lazionarono sulla bontà del giacimento, ma fu appunto il trattamento chimico degli olii situato a Napoli, al lo studio chimico e tecnologico di Marussia Bakunin, fine di facilitarne l’approvvigionamento e lo smercio. che sulla base dei buoni risultati sui campioni di scisti L’ubicazione dell’officina di distillazione fu scelta in e in analogia con quanto già accadeva in Tirolo, spin- posizione centrale rispetto ai vari cantieri di sfrutta- se Visconti e D’Angelo a dare incarico all’ing. Ettore mento minerario e quanto più prossima alla rotabile Lanzinger, per la costruzione di un forno di prova (ot- per Salerno (Bakunin, 1917). Inoltre per la sua posi- tobre 1910). Dalla distillazione degli scisti si ottenne zione in un’area boscosa si utilizzò come combustibi- un olio di ottima qualità. A seguito dei risultati otte- le, a sostegno dei gas prodotti dalla distillazione degli nuti e confortati dalle previsioni di reddito del mine- scisti, la legna.

Fig. 1 - Ingresso miniera di Ittiolo, località Patanaro (archivio foto Cianciulli C.). Fig. 1 - Ichthyol mine entrance, Patanaro locality (photo file Cianciulli C.). 298 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Il forno era munito di un gassogeno a legna e di un ga- Inquadramento geologico dell’area di studio zometro per la raccolta dei gas. A Napoli, nell’officina di lavorazione, si produceva il solfo-ittiolato di ammo- Ai margini occidentali dei Monti Picentini, nell’area nio che la Casa Cordes & Hermanni, concessionaria di Giffoni Valle Piana (Salerno), affiora una potente delle miniere di Seefeld, smerciava sotto il nome Ittiolo serie di piattaforma carbonatica del Trias Superiore. di proprietà tedesca e che la Ditta Visconti D’Angelo All’interno di essa sono riconoscibili delle facies dolo- & C., concessionaria delle miniere di Giffoni, fu co- mitiche ittiolifere ad alto contenuto in materia orga- stretta a denominare Orittiolo, in attesa del decreto nica. La successione è limitata a tetto e a letto da do- ministeriale che autorizzava l’uso del marchio di fab- lomie comparabili alla Dolomia Principale del Norico brica Ittiolo di proprietà tedesca. La società Visconti delle Alpi Meridionali (Galdieri, 1908) ed in accordo D’Angelo & C. tenne in concessione le miniere fino al con l’età norica dei pesci fossili (Bassani, 1892). A cau- 1917, allorquando per sopraggiunti problemi economi- sa della fitta straterellatura, queste rocce sono state ci fu ceduta all’anonima Società Industrie Chimiche denominate ora scisti ittiolitici, ora scisti bituminosi, Ittiolo nel luglio del 1917. Con la nuova società furono a seconda che si volesse porre l’accento sul contenu- impiantate anche una teleferica per il trasporto dei to fossile o sulla materia organica. La denominazio- materiali dai cantieri al forno, un’officina di frantuma- ne “scisti”, tipica del gergo minerario, risulta tuttavia zione sempre nei pressi del forno, una linea elettrica e scorretta in quanto, non avendo esse subito un proces- telefonica. Per tutto il periodo di estrazione, il lavoro so metamorfico, risulta più appropriato il termine do- fu condotto con la mazza gubbia e la polvere pirica. lomie con kerogene (sostanza progenitrice del petrolio; Soprattutto quest’ultima modalità comportò lo sfacelo Iannace, 1991). della bontà dell’industria intrapresa. La produzione Il massiccio dei Monti Picentini, rappresenta una del- venduta annualmente fu di 20-25 mila chili e se ne le zone più elevate morfologicamente dell’Appennino sarebbero venduti di più se non si fossero verificate Campano-Lucano, nonché una zona di culminazione delle sospensioni del lavoro dovute alla mancanza di strutturale. Esso, infatti, si colloca nella parte setten- legna per il forno a gassogeno (Tesauro, 1936). Dopo il trionale di quella fascia arcuata che verso sud, attra- 1930, anno in cui fu richiesta la cessione dei fabbricati verso i Monti della Maddalena, giunge fino all’area di e di altro materiale al comune dalla ditta appaltatrice, Lagonegro e alla Calabria settentrionale, vedendo af- non si hanno più atti o verbali riguardanti l’attività fiorare i livelli più profondi delle successioni di piatta- delle miniere. forma carbonatica, e i sottostanti depositi di bacino, che

Fig. 2 - Opificio (da Bakunin, 1917). Fig. 2 - Factory (from Bakunin, 1917). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 299 costituiscono l’ossatura dell’Appennino Meridionale. Brachiopodi, Serpulidi e grandi Alghe Dasycladacee, In particolare, nell’area di Giffoni Valle Piana, affio- incrostati da feltri micritici a superficie irregolare rano principalmente i termini triassici e liassici del- ascrivibili al gruppo delle Spongiostromata (Iannace, la successione di piattaforma carbonatica dell’Unità 1991). Gli “scisti ittiolitici” si sono formati in un am- stratigrafico-strutturale Alburno-Cervati (D’Argenio biente marino subtidale, generalmente mesosalino et al., 1973) derivanti dalla deformazione del dominio con tendenza iperalina, con acque di fondo da subos- paleogeografico della Piattaforma Campano-Lucana; siche ad atossiche. Per il bacino di sedimentazione è inoltre, in finestre tettoniche di limitata estensione ipotizzabile una stratificazione delle acque, infatti a (Ietto, 1963), affiorano rocce appartenenti alla se- condizioni anossiche ed ipersaline del fondo in superfi- rie “calcareo-silico-marnosa” (Scandone, 1967) rife- cie si impiantarono condizioni favorevoli allo sviluppo ribili all’unità stratigrafico-strutturale del Bacino della vita nectonica. La progradazione delle facies di Lagonegrese (D’Argenio et al., 1973). Infine, i terreni margine, a Serpulidi e Spongiostromata incrostanti, carbonatici dei Monti Picentini sono stati inquadrati prelude al progressivo colmamento del solco bacinale in contesti paleogeografici e strutturali lievemente dif- nel quale si erano sedimentati gli “Scisti bituminosi” ferenti (Mostardini & Merlini, 1986; Santo & Sgrosso, (Iannace, 1991). La deposizione degli “scisti ittiolitici” 1987). Comunque per la ricostruzione stratigrafica, il rappresenta un evento piuttosto effimero visti i mi- contributo essenziale è quello dato da Galdieri (1908), nimi spessori rispetto alla potente serie triassica dei che riconobbe l’esistenza del Carnico, individuato sul- monti Picentini. Inoltre durante la loro deposizione la base di analogie fossilifere con gli strati di Raibl erano frequenti variazioni delle condizioni di sedi- delle Alpi, e che operò delle distinzioni litologiche mentazione. In conclusione gli “scisti ittiolitici” si sono nell’ambito dei terreni fino ad allora genericamente formati in condizioni tipiche di laguna ristretta con ascritti alla Dolomia Principale del Norico. Egli per regime idrologico caratterizzato dalla stratificazione primo segnalò l’esistenza dei calcari con selce, degli delle acque. Tali condizioni si sarebbero instaurate in scisti silicei e delle marne silicifere, riconoscendo l’età relazione alla presenza di zone depresse nell’ambito Ladinica dei primi ma non l’origine tettonica della della piattaforma dolomitica norica e piccole variazio- sovrapposizione del Triassico Superiore sulle rocce ni oceanografiche e climatiche potevano portare all’in- calcareo-silico-marnose. Solo grazie al rinvenimento staurarsi di condizioni ristrette ed anossia nelle acque di faune liassiche negli scisti silicei, studiate da De di fondo (Iannace, 1991). Castro (1961) fu possibile ipotizzare la presenza di raddoppi tettonici, poi successivamente descritti da Ietto (1963). Le facies degli “Scisti Ittiolitici” affiora- Descrizione gallerie no estesamente (fig. 3) nei rilievi intorno alla frazione Curti, nella valle del Cerasuolo, alle pendici di Monte L’area su cui insistono le gallerie si estende su una Pizzautolo. Gli affioramenti in questione presentano superficie di circa 65 ettari,compresa tra il Monte a tetto un orizzonte di dolomie massicce, saccaroidi, Pettine, la Valle di Cerasole (denominazione storica ricchissime in piccoli brachiopodi cuoriformi (1-2 cm), dell’odierna valle di Cerasuolo), il Monte Pizzautolo, già osservati da Galdieri (1908), che li classificò come la Porta di Monte Diavolo e la Serra Mezzanella. In Amphiclina ungulina. Questo livello riccorre associato particolare, dalle ricerche effettuate si è potuto rico- a dolomie massicce quarzose con facies di boundstone struire che l’attività di coltivazione si è concentrata a Serpulidi, Spongiostromata e Bivalvi che denotano essenzialmente in tre luoghi. Il primo è situato alle una sedimentazione in ambiente di margine di piat- falde di Serra della Pettinessa, nei pressi dell’opificio, taforma. Considerando questi ultimi come limite su- la seconda in località Quercia di Rose e la terza e più periore, per gli Scisti ittiolitici si può ipotizzare uno estesa in loc. Patanaro (Valle di Cerasole). Inoltre, per spessore variabile fra i 150 e 130 m. Nella litofacies alcune di esse si è anche riusciti a risalire alla denomi- degli scisti ittiolitici, i livelli oggetto di coltivazione nazione storica (fig. 4). mineraria, definiti erroneamente “carbone”, erano Per raggiungere le miniere è necessario percorre- quelli centimetrici lenticolari, più ricchi in materia re la strada provinciale n. 26/c che da Giffoni Valle organica (prevalentemente di natura algale), di colo- Piana (Salerno) conduce a Serino (Avellino). A circa 7 re nero simile a pece, con peso specifico molto basso km dopo la frazione Curti si perviene ad un tornante (Iannace, 1991). La fauna bentonica nel bacino di sedi- sinistrorso ed è qui che si trovano i ruderi dell’opifi- mentazione delle dolomie ittiolifere era estremamen- cio. Percorrendo il sentiero CAI 16/c, che dai ruderi te limitata. Sono presenti, in una certa abbondanza, dell’opificio porta ai Monti Licinici, a circa 50 m dal gusci spatizzati di Ostracodi e molto raramente sottili suo inizio e sottostante ad esso si trova la galleria S. gusci di Bivalvi e/o Gasteropodi (Iannace, 1991). Barbara (“L” in fig. 4; fig. 5) adiacente i ruderi, mentre La vita nectonica doveva essere molto florida, ciò in procedendo in direzione est si trovano le gallerie M, I accordo con il ritrovamento dei numerosi resti fossili ed H, da considerarsi poco più che dei saggi. di Pesci Ganoidi (Bassani, 1892). Gli “scisti ittioliti- Continuando oltre la galleria H si trovano (cfr. figg. 4 ci” evolvono verso facies a minor contenuto organico. e 5) la galleria S. Gaetano (G) e poco più sopra, accan- Infatti si rinvengono, poi, dolomie massive saccaroi- to ad un rudere, la galleria S. Attilio (“F” in fig. 4). di con calchi o impronte di gusci di Bivalvi e tubuli Procedendo lungo il sentiero a quota 900 m s.l.m., di Serpulidi. Si tratta quindi di boundstone algali, la svoltando in direzione sud e scendendo al centro del cui struttura scheletrica, è data da gusci di Bivalvi, vallone a quota 840, si trovano nel luogo denominato 300 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 3 - Carta geologica schematica dell’area di affioramento degli “Scisti Ittiolitici” (mod. da Iannace, 1991). Legenda: 1) Marne e calcari marnosi con Avicula e Miophoria; 2) Dolomia massiccia chiara superiore; 3) Dolomie stratificate oscure; 4) Dolomia chiara massiva; 5) Calcari dolomitici con Palaeodasyclasus mediterraneus; 6) Sedimenti recenti; 7) siti minerari; 8) faglia. Fig. 3 - Geological map of Ichthyolic shales outcrops (mod. from Iannace, 1991). Legend: 1) Marls and marly limestones with Avicula and Miophoria; 2) Upper Light massive dolomite; 3) Dark stratified dolomite; 4) Light massive dolomite; 5) Dolomitic Lime- stone with Palaeodasyclasus mediterraneus; 6) Recent sediment; 7) Mines; 8) Faults. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 301 Quercia di Rose le gallerie S. Alfonso (E) e S. Carlo approssimata per difetto, in quanto al momento non (D). A circa 100 metri da queste in direzione SW, poco è stato possibile risalire alle quantità lavorate a cielo più in alto, a quota 855 m s.l.m. si apre la galleria S. aperto. Quando iniziò poi lo scavo in galleria, la poten- Eugenio (C) e poco più in avanti in direzione ovest, za media del banco coltivato risultò essere di 0,70 m. posta a quota 863 m s.l.m. vi è la galleria S. Giulia (B; In particolare la sua estensione andava da NW a SE, fig. 6, tab. 1). al di sopra di esso, è ancora visibile uno strato esente Tornando indietro sul sentiero principale (q. 900 m di sostanza organica, con uno spessore variabile da 50 s.l.m.) e continuando a salire, dopo pochi minuti si cm a 1,50 m e di nuovo un piccolo filone di scisto di giunge, a quota 923, ad un ampio valico cosiddet- aspetto lenticolare avente spessori di 4-6 cm ed anche to del Patanaro, qui svoltando in direzione nord si 10 cm, riccamente carbonioso (Tesauro, 1936). scende nella Valle di Cerasole detta localmente Valle All’interno i piani scavati comunicano quasi tutti tra del Patanaro dove alle pendici del versante ovest del loro a formare un reticolo ripetitivamente articolato Monte Pizzautolo a quota 800 m s.l.m., vi è il sito di con discenderie più o meno lunghe. Le prime gallerie estrazione più esteso. Il rilievo effettuato ha permesso che s’incontrano scendendo la valle sono quelle che di individuare otto gallerie, di cui una con l’ingresso si addentrano per una lunghezza maggiore fino ad completamente ostruito. Gli ingressi si aprono lungo un massimo di circa 100 m. Continuando a scendere un fronte dolomitico di circa 100 m (fig. 7). le gallerie diventano sempre meno lunghe, a causa Le direzioni di sviluppo delle gallerie hanno un anda- del diverso ritrovamento di materiale utile (tab. 2). mento pressoché SW-NE con inclinazioni delle diret- All’interno, sono ancora presenti ed in parte efficienti trici principali prossime all’orizzontale e invece molto i muri di contenimento e i sistemi di puntello utiliz- maggiori lungo le discenderie e ascenderie di collega- zati per sostenere le volte. In più punti si riscontra la mento dei vari rami. La larghezza è compresa tra 1,6 presenza d’acqua dovuta al fatto che gli scisti, sottopo- e 2,5 m circa (fig. 8). Lo scavo avveniva seguendo le sti alla dolomia, avendo una maggiore permeabilità, direzioni di strato e conseguentemente ciò conferiva fanno si che gli ipogei si comportino come delle vere una sezione trapezoidale alle gallerie (fig. 9). e proprie gallerie drenanti. Un’ultima galleria è quel- Le gallerie n 4, 5, 6 e 7, a causa del materiale crolla- la di Don Oronzio (“A” in fig. 4). Per raggiungerla è to in corrispondenza degli ingressi, risultano allagate necessario percorrere il sentiero 16/c oltrepassando il per i primi metri. I 2240 m3 di materiale estratto so- Valico del Patanaro in direzione est. All’inizio s’incon- lamente in questo sito rappresentano una stima molto tra il nuovo casone, ricostruito sui ruderi di quello fat-

Fig. 4 - Carta topografica con l’ubicazione delle miniere. Fig 4 - Mine sites map. 302 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 5 - Rilievi delle gallerie di S. Gaetano (G); S. Barbara (L) e S. Attilio (F). Fig. 5 - Surveys of St. Gaetano (G), St. Barbara (L) and St. Attilio (F) gallery.

Fig. 6 - Rilievi delle gallerie S. Giulia (B), S. Eugenio (C), S. Carlo (D) e S. Alfonso (E). Fig. 6 - Surveys of St Giulia (B), St. Eugenio (C), S. Carlo (D) and S. Alfonso (E) gallery. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 303

Tab. 1 - Tabella riepilogativa delle caratteristiche speleometriche delle gallerie. Tab. 1 - Galleries data set.

Fig. 7 - Alcuni ingressi delle miniere in loc. Patanaro (foto S. Mancino). Fig. 7 - Some Patanaro galleries entrances (photo S. Mancino). 304 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 8 - Rilievi gallerie località Patanaro. Fig. 8 - Patanaro Galleries surveys.

Tab. 2 - Tabella riepilogativa delle caratteristiche speleometriche delle gallerie in loc. Patanaro. Tab. 2 - Patanaro galleries data set. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 305

Fig. 9 - Sezione galleria loc. Patanaro (foto S. Genco) Fig. 9 - Patanaro gallery section (photo S. Genco)

to erigere da Oronzo Costa; di qui si deve proseguire nell’ambito del progetto GEOSITES e delle iniziati- fino alla Porta di Monte Diavolo a quota 941 m s.l.m. ve proposte dal Servizio Geologico Italiano (Saiello, e scendere ad ovest nella valle, dove a quota 850 m 2002) pone l’accento sulla validità dell’idea di far di- s.l.m. in destra orografica si trova quest’ultima galle- ventare tale area un polo di attrazione in un ottica ria, quasi completamente allagata ed ostruita all’in- di turismo sostenibile. Le miniere di Ittiolo nel loro gresso da detriti. complesso, costituito dai resti dell’officina e dalle gal- lerie, rappresentano non solo la memoria di una co- munità, quella giffonese, ma un bene economico che Conclusioni se opportunamente organizzato potrà avere la dupli- ce funzione di far giungere le generazioni odierne e In fase di elaborazione di questo lavoro sono emer- future ad una nuova consapevolezza di rispetto del- se tutte le potenzialità di questo territorio, in par- l’ambiente e della propria storia e di creare ricchezza ticolare quelle collegate al suo patrimonio geologico. permettendo all’intero territorio di rientrare nell’am- L’essere già oggetto di individuazione come geosito bito dei più moderni flussi turistici. 306 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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Simeone Maurizio, Masucci Paola, Villani Guido., Pagliarani Alberto, Nigro Fabio

Centro Studi Interdisciplinari Gaiola, Via F. Petrarca 49, 80122 Napoli - [email protected]

Riassunto

L’area oggetto di questo studio è il tratto di costa che si estende, lungo il litorale di Posillipo nel Golfo di Napoli, dal borgo di Marechiaro alla Baia di Trentaremi, rientrante tra i confini dell’Area Marina Protetta (AMP) “Parco Sommerso di Gaiola” (D.I. 7/8/2002). L’interazione tra elementi di erosione natura- le, movimenti bradisismici e massiccio rimaneggiamento dei versanti tufacei ad opera dell’uomo, avvenuto in diversi periodi storici, è ciò che caratterizza maggiormente l’attuale geomorfologia costiera dell’area. Nell’ambito di un progetto finalizzato allo studio e valorizzazione delle risorse naturalistiche e storico-ar- cheologiche dell’AMP che il Centro Studi Interdisciplinari Gaiola onlus sta portando avanti d’intesa con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei (Ente gestore AMP), nel presente lavoro ci si è concentrati sull’analisi delle numerose cavità costiere presenti nell’area. Dopo una prima fase di censimento e rilievo planimetrico delle cavità, la seconda fase è stata dedicata all’analisi geoarcheologi- ca delle cavità rilevate di maggior interesse ed alla loro caratterizzazione ecologica e biologica.

Parole chiave: Cavità costiere, Parco Sommerso di Gaiola, Pausilypon, peschiere romane, Trentaremi, Tufo Giallo Napoletano.

Abstract

Trentaremi caves and the other coastal caves of the Marine Protected Area Gaiola underwater park (bay of Naples) The study area is the coastal stretch, along the coast of Posillipo, in the Bay of Naples, from the Marechiaro village to the Trentaremi Bay into the Marine Protected Area (MPA) “Gaiola Underwater Park” (D.I. 7/8/2002). The interaction between elements of natural erosion, bradyseismic movements and massive anthropogenic interventions on the tuff walls, occurred in different historical periods, is what mostly cha- racterizes the current coastal geomorphology of the area. As part of a project aimed to study and exploita- tion of natural and historical-archaeological resources of the MPA that the Centro Studi Interdisciplinari Gaiola onlus is carrying out in agreement with the Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta (MPA manager), in this work has been concentrated on the analysis of the many coastal caves in the area. After a first phase of census and relief map showing caves, the second phase was devoted to geo-archaeologycal analysis of the most interesting caves and their ecological and biological characterization.

Key words: Coastal caves, Gaiola Underwater Park, Pausilypon, Roman Fishponds, Trentaremi, Yellow Neapolitan Tuff.

Introduzione Giallo Napoletano (TGN; 15 ka; Deino et al., 2004) ed al conseguente collasso calderico. Come il resto del- La collina di Posillipo chiude a nord-ovest il Golfo di l’area flegrea, Posillipo è tuttora interessata da feno- Napoli, separandolo da quello di Pozzuoli. Dal punto meni vulcano-tettonici che si manifestano principal- di vista geologico rientra nel Sistema Vulcanico dei mente sotto forma di bradisismo. Dal punto di vista Campi Flegrei, rappresentando l’orlo orientale della geomorfologico il settore costiero, quasi interamente caldera originatasi in seguito all’eruzione del Tufo roccioso, presenta una marcata differenza tra il tratto a 308 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ponente delle Isole della Gaiola, caratterizzato da alte sta portando avanti, d’intesa con l’Ente Gestore del falesie (fino a 150 m s.l.m.), ed il tratto a levante, dove Parco Sommerso di Gaiola, sull’intera fascia costiera la collina digrada dolcemente verso il mare. A partire che si estende da Capo Posillipo a Nisida con partico- dal I secolo a.C. questo tratto di costa fu densamente lare riguardo all’AMP di Gaiola. L’intento di queste ri- abitato (Gunther, 1903; 1913), come ci testimoniano cerche consiste nell’approfondire le conoscenze su uno oggi i numerosi resti archeologici di epoca Romana os- dei settori costieri di maggior rilevanza naturalistica servabili lungo la costa sopra e sotto la superficie del e storico-archeologica della Città di Napoli. mare. Proprio per tutelare il suo enorme valore na- turalistico e storico-archeologico lo specchio di mare che si estende dalla Baia di Trentaremi al borgo di Metodi Marechiaro, rientra oggi tra i confini dell’Area Marina Protetta (AMP) “Parco Sommerso di Gaiola” (fig. 1A) Rispettando la differenziazione morfologica della fa- istituita con Decreto Interministeriale del 7/8/2002, ed scia costiera in esame si sono identificate due macroa- attualmente gestita dalla Soprintendenza Speciale per ree di studio: i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. L’interazione - Area Trentaremi (T): si estende da Punta Cavallo tra elementi di erosione naturale, movimenti bradi- (limite occidentale dell’AMP) allo Scoglio di sismici e massiccio rimaneggiamento dei costoni tu- Virgilio (fig. 1A), comprendendo l’intera baia di facei ad opera dell’uomo sono all’origine dell’elevata Trentaremi. complessità geomorfologica che caratterizza la fascia - Area Gaiola (G): si estende dal limite orientale del- costiera dell’AMP (Simeone & Russo, 2005; 2006). Tra l’AMP sito sulla scogliera del borgo di Marechiaro gli elementi di maggior evidenza del rimaneggiamento fino allo Scoglio di Virgilio comprendendo le Isole antropico dei costoni rocciosi, visibili lungo la linea di della Gaiola, la cala dei Lampi e la Cala S. Basilio costa, vi sono certamente il gran numero di cavità sul- (fig. 1A). le quali a partire dal 2005 si stanno svolgendo una se- La prima fase di studio è stata finalizzata all’elabora- rie di studi mirati, nell’ambito di un progetto di analisi zione, in ambiente CAD, di una dettagliata planime- territoriale multidisciplinare, che il C.S.I.Gaiola onlus tria georeferenziata delle cavità costiere censite nel-

Fig. 1 - Mappa cavità costiere AMP Gaiola; A) Area di studio e Macroaree di riferimento; B-C) Cavità Area Gaiola; D-E) Cavità Area Trentaremi - (Restituzione cartografica a cura di M. Simeone). Fig. 1 - Gaiola Marine Protected Area coastal caves map; A) Study area and Macroareas; B-C) Gaiola area caves; D) Trentaremi area caves - (Cartography by M. Simeone). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 309 l’AMP fino a 6m di altezza sul livello del mare e -5m pologie di analisi pianificate (geo-archeologiche e bio- di profondità. Per ogni cavità rilevata ne è stata effet- ecologiche) e i rilievi planimetrici di dettaglio (fig. 1; tuata una documentazione foto-video e ne è stata cal- tabb. 1 e 2). colata la superficie (lunghezza in caso di cunicolo), la quota del pavimento s.l.m. e la quota della volta s.l.m. Area Trentaremi (fig. 1D, E) – Provenendo da ovest, Ad ogni cavità è stata assegnata una sigla che riporta appena doppiata Punta Cavallo, estremo lembo di in maiuscolo la lettera della macroarea di riferimen- un antico cratere pre-TGN, si entra nella Baia di to (G o T) seguita dalla numerazione crescente da est Trentaremi,. Con le sue alte falesie (fino a 150 m di verso ovest. Data la presenza di un gran numero di cu- altezza s.l.m.) a picco sul mare rappresenta certa- nicoli si è adottata una numerazione separata, facen- mente l’area di maggior interesse ai fini della pre- do precedere al numero la lettera “c” identificativa di sente trattazione. Sul versante orientale della Baia si cunicolo (es. G-c2: cunicolo 2 della macroarea Gaiola). apre un esteso sistema di cavità costiere, note come Una volta ottenuta la mappatura di riferimento, la se- Grotte di Trentaremi (fig. 2A, B), che si estende per conda fase di studi si è concentrata su analisi di tipo circa 2800 m2 sotto l’omonimo promontorio e con le geo-artcheologico e bio-ecologico sulle cavità ritenute loro 8 aperture sul mare caratterizzano fortemente il di maggior interesse storico e naturalistico. In parti- paesaggio dell’intera baia. Di queste, due sono navi- colare sovrapponendo le mappe planimetriche delle gabili ed hanno molto probabilmente un’origine natu- cavità costiere alle mappe archeologiche subacquee, è rale (Simeone et al., 2007), mentre le altre, di origine stato possibile ottenere un quadro di riferimento gene- evidentemente artificiale, hanno gran parte del piano rale delle rilevanze storico-archeologiche presenti, di di calpestio ad una quota di poco superiore al livello valido aiuto per comprendere le differenti destinazioni medio di marea, venendo periodicamente sommerso d’uso delle cavità stesse. L’analisi bio-ecologica è sta- dall’alta marea. La maggior parte delle cavità pre- ta indirizzata alla caratterizzazione biocenotica delle senti sono il frutto di secoli di attività estrattiva, che cavità sommerse e semisommerse rilevate nell’AMP. ha profondamente alterato la geomorfologia costiera Dopo una prima serie di campionamenti visual census, dell’intera area. Un’attività estrattiva così lunga nel l’analisi si è concentrata sullo studio dei popolamenti tempo concentrata su questa costa rende difficile sta- marini caratterizzanti le cavità T-2, T-3, e T-6, ritenu- bilire una precisa cronologia delle opere di scavo. Una te di maggior interesse ecologico. I dati bio-ecologici stima dell’antichità relativa delle opere di scavo la si raccolti sono stati successivamente elaborati in am- può avere dall’analisi dalle tracce d’erosione marina e biente CAD al fine di fornire una mappatura della di- meteorica rimaste sulle superfici delle cavità ipogee stribuzione dei popolamenti caratterizzanti le cavità. e degli sbancamenti costieri. Osservando l’andamen- to del profondo solco d’erosione marina che attraversa tutta la falesia, all’altezza di circa 5 m s.l.m. (S in fig. Risultati esplorativi e discussione 2A), si nota che questo penetra all’interno delle cave ipogee ma non è presente in alcune ramificazioni in- Le indagini sulle cavità costiere hanno portato al cen- terne secondarie, che tuttavia come le altre presen- simento di 36 cavità, di cui 12 cunicoli, quasi tutte tano la stessa geometria trapezoidale. L’ipotesi è che, di origine artificiale (Simeone et al., 2007). Per gran dopo che parte delle cave furono scavate, si è avuto un parte di queste è stato possibile svolgere le diverse ti- repentino sprofondamento della crosta terrestre che

Fig. 2 - A) Falesia e Grotte di Trentaremi;con l’indicazione del solco di battigia (S); B) Interno cavità T-3 (foto M. Simeone). Fig. 2 - A) Cliff and Trentaremi caves with track of shore line (S); B) Inside of T-3 (photo M. Simeone). 310 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 ha provocato un innalzamento del livello del mare di ta un antico condotto di un acquedotto romano, largo circa 5m rispetto a quello attuale per un periodo lungo mediamente 0,80 m, spezzandolo in due tronconi di 17 abbastanza da permettere la formazione del solco di m e 66 m. Quest’ultimo sale all’interno del promon- battigia. Successivamente il suolo è tornato a salire torio in direzione NE conducendo, poco prima di ter- portando il piano di calpestio delle cave di nuovo allo minare in una colmata di materiale di risulta, ad un scoperto e permettendo la ripresa dell’estrazione con ambiente soprastante di 53 m2 (T-4; fig. 1D), disposto ulteriori sbancamenti ed approfondimenti delle cave trasversalmente allo sviluppo del condotto, con volta originali, pur conservando la stessa geometria di ca- a botte, pavimento in cocciopesto e mura in opus re- va. Dall’analisi di queste evidenze morfologiche all’in- ticulatum, in parte ancora intonacate. Trattasi quasi terno delle cavità, è stato infatti possibile distingue- certamente di una cisterna e non è da escludere che ce re l’età relativa delle diverse diramazioni interne in ne siano state delle altre più avanti, vista l’ubicazio- pre-sommersione e post-sommersione (fig. 1D). Nella ne su di una diramazione laterale del condotto princi- cavità T-3 (fig. 1D) il ramo post-sommersione intercet- pale. Come la T-3 e T-6 anche la cavità T-2 presenta

Tab. 1 - Cavità costiere rilevate nell’area di studio. (*) Piano di calpestio sommerso durante l’alta marea; (°) Cavità con ambienti semisommersi ed emersi; n.d.: non disponibile. Tab. 1 - Coastal caves in the study area. (*) Submerged floor during high tide; (°) Caves with emerged and submerged zones; n.d.: not available.

Tab. 2 - Cunicoli costieri rilevati nell’area di studio. Tab. 2 - Coastal tunnels in the study area. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 311 un’ampia apertura trapezoidale sul mare ma rap- di una cavità naturale preesistente, successivamente presenta solo un principio di cava essendo profonda inglobata dall’espansione della cava. L’ultima cavità appena pochi metri. Sia la T-2 che la T-3 presentano degna di nota rilevata nell’Area Trentaremi è la co- sul fondo delle brecce che mettono in comunicazione siddetta Grotta di Acampora (T-9; fig. 1E), ubicata più con la cavità T-1, detta localmente Grotta del Tuono a all’interno della Baia rispetto alle precedenti. Trattasi causa della sua ampia volta a botte, che amplifica in di una cavità artificiale del tutto singolare che si disco- un tonfo sordo, simile ad un tuono, il rumore delle on- sta notevolmente dalle precedenti, non trattandosi di de che si frangono al suo interno. Questa penetra nel cava di tufo ed avendo un’architettura più elaborata. promontorio per circa 45 m in direzione SW-NE con Presenta un ambiente a pianta trapezoidale preceduto un’ampia apertura semicircolare verso sud larga circa da una sorta di vestibolo (fig. 3A). Alla cavità vi si ac- 27 m ed alta 7 m. Vari elementi di questa cavità la cede da mare attraverso tre differenti cunicoli laterali. differenziano dalle cavità analizzate fin ora, facendo- Due di questi cunicoli, più lunghi, conducono ad un ne ipotizzare l’origine naturale (Simeone et al., 2007), ambiente di 39 m2 con il piano di calpestio sommerso sebbene anche qui non mancano al suo interno tracce da circa 50 cm d’acqua, su cui poggiano una grande di rimaneggiamento antropico. Dall’analisi geomorfo- quantità di massi affioranti. Sulla parete di fondo di logica dei costoni rocciosi esterni all’attuale ingresso quest’ambiente è stata ricavata una nicchia, mentre principale della Grotta, appaiono evidenti le tracce di il soffitto presenta una sorta di volta a vela con un in- un’intensa attività estrattiva che ne ha provocato l’ar- cassato rettangolare. Il terzo cunicolo più largo e corto retramento di circa 35 m rispetto all’ingresso origina- sale verso il vestibolo che si affaccia sull’ambiente pre- le. Come la Grotta del Tuono anche la cavità T-5 sem- cedente grazie ad un ampio ballatoio a ferro di cavallo bra avere un’origine naturale con una profondità del posto a circa 1,80 m di altezza. Il vestibolo, mediante mare all’imbocco di circa 2 m che aumenta fino a 4 m una breve rampa di scale, si affaccia verso SW diretta- man mano che ci si addentra nella grotta, per la gran mente sulla baia mediante un’ampia finestratura. Di quantità di materiale franato accumulatosi all’entra- fianco alle scale è posizionato una sorta di pozzo. Dalla ta. L’apertura ha una forma stretta ed allungata che finestratura parte una scala esterna intagliata sul si restringe ulteriormente verso il fondo che si trova a fianco della falesia che conduce più in alto all’imbocco circa 60 m in direzione NE nel promontorio, andando di una scala ipogea che porta all’abitazione posta sul lentamente inabissandosi e rendendola navigabile so- promontorio detta “la casa rossa”, che appartenne tra lo per metà. Un piccolo foro apertosi nella volta comu- gli altri all’avvocato Acampora (fig. 3B). Di particolare nica con il ramo di levante della cavità adiacente (T-6) interesse per la datazione della cavità e per avanzare creando nelle ore pomeridiane suggestivi giochi di luce ipotesi sulla sua destinazione d’uso, appare l’iscrizione nell’oscurità della grotta. Sempre di origine naturale rilevata sulla cornice di ingresso al vestibolo (fig. 3C) appare l’apertura di ponente che dà accesso alla cavità . L’iscrizione, ancora ben conservata sembra indicare T-6. Anche qui elementi come la forma e la profondità le iniziali dei proprietari o di chi ne ordinò lo scavo e del mare all’interno inducono a pensare che si tratti la data di realizzazione: 1880. Tale data, corrisponde

Fig. 3 - A) Cavità T-9 dall’esterno: ingressi e scale di collegamento con la “Casa Rossa”; B) Cavità T-9: iscrizione sulla cornice d’ingresso; C) Cavità T-9: interno (foto M. Simeone). Fig. 3 - A) T-9 cave from the outside: entrances and connection stairs with the “Casa Rossa”; B) T-9 cave: inscription on entrance frame; C) T-9 cave: inside (photo M. Simeone). 312 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 tra l’altro al periodo in cui la proprietà sulla collina fu Aspetti Ecologici dell’avvocato Acampora (1877-1897), cui corrisponde- Dal punto di vista bionomico le cavità G-9, G-10, T- rebbero anche una coppia di iniziali. Per quel che ri- 1, T-5, T-7 e parte della T-6, per la loro morfologia guarda la destinazione d’uso della cavità, considerata e per la maggior profondità delle acque all’interno, l’architettura della stessa, l’ubicazione ed il ceto socia- si possono inquadrare nella Biocenosi delle Grotte le del proprietario e lo stile dell’iscrizione, sembrereb- Semioscure (Meinesz et al., 1983, Bellan-Santini et be un’ipotesi credibile collegare la cavità alle attività al., 1994) caratterizzate da coperture algali sciafile, massoniche fiorenti in quel periodo a Napoli. come le coperture ad alghe rosse incrostanti del genere Lithophyllum, e spugne policrome come Spirastrella Area Gaiola (fig. 1C, B) - Provenendo da est, fiancheg- cunctatrix e Oscarella lobularis. Sicuramente più in- giando la costa che porta da Marechiaro a Gaiola, si teressanti da un punto di vista ecologico sono i popola- incontrano le piccole Cale dei Lampi e S. Basilio, sboc- menti che hanno colonizzato le pozze di marea e di sco- co a mare di due ripidi canaloni di ruscellamento col- gliera che si formano all’interno delle cavità T-3 e T-6, linari. Sulla riva e tra la vegetazione è evidente una in cui ampie porzioni del piano di calpestio si trovano grande quantità di opere murarie di epoca romana all’interno della zona intertidale. Osservando la pian- mentre diverse cavità sono state realizzate all’inter- ta della Cavità T-3 si potrà notare che le due ampie no dei costoni rocciosi che fiancheggiano le baie (fig. aperture sono esposte a ponente ed il ramo principale 1B). Gran parte di queste strutture e delle cavità pre- della cavità è allineato, trasversalmente ai due rami senti sono da relazionarsi all’approdo che dava acces- che danno all’esterno, in direzione S-N. Prima delle so da mare al Pausilypon, come dimostra la presenza due aperture sulla falesia vi è un’ampia piattaforma del grande molo foraneo, attualmente sommerso, che semiaffiorante. Queste caratteristiche geomorfolo- si estende verso SE per circa 80 m ad una profondi- giche unite all’esposizione a ponente, creano un gra- tà costante di -2 m (Simeone & Masucci, in stampa). diente negativo di luce ed idrodinamismo dall’esterno All’ingresso della Cala dei Lampi si nota l’ingresso ad verso l’interno della cavità che si traduce in una diver- una serie di cunicoli (G-c1; G-c2; G-c3), attualmente sa caratterizzazione e distribuzione dei popolamenti semisommersi, che corrono parallelamente alla linea marini che hanno colonizzato le pozze. In base alla di costa, identificabili come rami di acquedotto per la distribuzione degli organismi animali e vegetali ca- distribuzione dell’acqua alle strutture portuali-costie- ratterizzanti è stato possibile identificare 4 differenti re (Simeone et al., 2007). Sul versante opposto della popolamenti in risposta alle diverse condizioni idro- Cala sono degne di nota le due cavità che si aprono dinamiche e di esposizione alla luce cui sono soggette in prossimità della spiaggia (G-4; G-5) di cui la prima le pozze. Nella tabella in figura 4 viene riportata la presenta ancora all’interno una nicchia intonacata. check-list degli organismi che caratterizzano i seguen- Certamente all’interno dell’area Gaiola le cavità che ti quattro popolamenti individuati: 1) Popolamento fo- destano maggior interesse, anche da un punto di vista tofilo di Piattaforma; 2) Popolamento fotofilo di pozza prettamente geo-archeologico, sono quelle che si apro- di marea; 3) Popolamento del mesolitorale superiore; no sul versante orientale dell’isola di levante (G-9; 4) Popolamento Sciafilo di pozza di marea G-10; fig. 1C). Trattasi di due vasche ipogee a pianta In fig. 4A viene riportata la mappatura relativa alla trapezoidale rientranti nel vasto sistema di peschiere distribuzione dei diversi popolamenti all’interno della afferenti alla villa del Pausilypon, che occupano una Cavità T-3. superficie di circa 9000 m2 di fondali immediatamente a levante delle Isole della Gaiola (Simeone & Masucci, in press). Gli ingressi hanno una larghezza rispetti- Conclusioni vamente di 6,6 m e 5,5 m e si estendono all’interno dell’isola in direzione SE-NW rispettivamente per 15 Alla luce di quanto fin qui esposto appare evidente m e 17 m, con una profondità del mare all’imbocco di quanto le cavità costiere rappresentino un elemento circa 3 m ed una volta a botte che si eleva mediamente caratterizzante il litorale dell’Area Marina Protetta per 5,5 m s.l.m., conservando, nella parte più interna, Parco Sommerso di Gaiola. Su di un perimetro costie- ancora tracce di intonaco. L’intero perimetro interno ro di circa 2 km, sono state rilevate 36 cavità per una delle due cavità è percorso da un camminamento in superficie totale di circa 3300 m2. Di questi, circa 2800 opus latericium che oggi si trova a -1,8 m. All’interno m2 appartengono al vasto sistema ipogeo noto col no- delle due cavità si aprono sul camminamento tre cuni- me di Grotte di Trentaremi, la cui origine è da ricon- coli attualmente sommersi alti circa 1,5 m, di cui uno dursi in massima parte all’estrazione del T.G.N., come mette in comunicazione le due cavità e gli altri due materiale da costruzione, attiva su queste coste già in collegano ciascun ipogeo con il canale di separazione epoca greco-romana. Di notevole interesse anche le ca- tra le due isole. Le quote rilevate all’interno delle due vità che si affacciano sul costone di levante dell’isola vasche ipogee assieme a quelle rilevate sul resto degli maggiore della Gaiola, identificabili come vasche ipo- elementi archeologici sommersi costituenti il sistema gee del complesso sistema di peschiere afferenti alla di peschiere romane (chiuse, canalizzazioni, crepidi- Villa d’otium di Publio Vedio Pollione (I sec. a.C.). ni), si sono dimostrate di estrema utilità nella stima Più recente la cavità nota come Grotta di Acampora della variazione del livello del mare lungo la costa di nella baia di Trentaremi, collocabile intorno alla fine Posillipo dall’epoca romana ad oggi, che è stata valu- XIX sec., ma molto interessante sia dal punto di vista tata di circa 3 m (Simeone & Masucci, in stampa). architettonico che per l’uso per cui probabilmente fu Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 313

Fig. 4 - A) Mappa della distribuzione dei popolamenti all’interno della Cavità T-3 (Restituzione cartografica a cura di M. Simeone); B) Check list delle specie caratterizzanti i 4 popolamenti rilevati; C) Peyssonnelia rubra; D) Pozze di marea (foto M. Simeone). Fig. 4 - A) Distribution map of peopling into the T-3 cave (Cartography by M. Simeone); B) Check list of characterizing species the 4 detected peopling; C) Peyssonnelia rubra; D) Tidal ponds (photo M. Simeone). realizzata. Di estremo interesse anche l’esteso sistema Anche dal punto di vista prettamente bio-ecologico è di cunicoli rilevati, identificabili come camminamenti, stato messo in luce come alcune cavità, rappresentino canalizzazioni e rami di acquedotto. dei veri e propri micro-habitat particolari per gli or- Lo studio di queste cavità oltre a fornire informazio- ganismi marini. Certamente si può quindi affermare ni di carattere storico-archeologico e speleologico ha che le cavità costiere del Parco Sommerso di Gaiola fornito elementi di riferimento per l’analisi delle va- rappresentano un valore aggiunto notevole per questa riazioni della linea di costa in epoca storica lungo il Area Marina Protetta, da tutelare e valorizzare al pari litorale di Posillipo, imputabili in massima parte a degli elementi biologici ed archeologici racchiusi sui movimenti vulcano tettonici (bradisismo). suoi fondali. 314 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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Varriale Rosario

Società Speleologica Italiana

Riassunto

In questo lavoro l’autore presenta un accurato studio sull’evoluzione storica e l’esplorazione speleologica del sito archeologico ipogeo della Grotta del Cane. L’accesso alla piccola cavità artificiale è ubicato in località Conca d’Agnano a Napoli, lungo il sentiero dell’antica Circumvallazione del lago di Agnano. La definizio- ne di “geosito” scaturisce dall’eccezionalità di un fenomeno naturale, presente nella grotta, da considerare come “tipico” di un edificio vulcanico (emissione di gas dal sottosuolo), nonché dalla natura geologica del territorio circostante, per anni divenuto meta di geologi e ricercatori. Tra tutti i vari fenomeni naturali, in particolar modo “legati” alle manifestazioni vulcaniche tuttora attive nell’area dei Campi Flegrei, quello della Grotta del Cane è da considerare come una rara “manifestazione”, della quale si conoscono pochis- simi esempi nei siti vulcanici ancora attivi in tutto il mondo. La piccola cavità artificiale della Grotta del Cane fu probabilmente scavata in età pre-romana (III-II secolo avanti Cristo), nell’intento di localizzare una probabile fonte sorgiva e sfruttarne le relative virtù terapeutiche. In età romana, i fenomeni vulcanici dell’area flegrea determinarono la comparsa di una “mofeta” all’interno della grotta, ossia l’emanazione naturale dal sottosuolo di anidride carbonica. La Grotta del Cane presenta una lunghezza di circa 10 me- tri, con andamento rettilineo e una pendenza negativa di circa 20°. L’anidride carbonica presenta un peso specifico diverso dall’ossigeno (risulta più pesante), e tende a livellarsi, quindi, in prossimità dei livelli più bassi. In relazione alla pendenza della Grotta, il gas provoca la completa saturazione della cavità ad una distanza di circa tre metri dall’ingresso, rendendola impraticabile. In tempi remoti e, soprattutto, nei pe- riodi del “Gran Tour” (XVI-XIX secolo), per mostrare ai visitatori stranieri gli effetti letali dello sconosciuto gas su di un organismo vivente, vigeva la barbara usanza d’introdurre un cane nella Grotta, afferrato per le zampe posteriori e tenuto con la testa all’ingiù, in modo tale che il cane fosse stato costretto a respirare il mefitico gas. Questo insolito e crudele esperimento contribuì, proprio in quegli anni, alla curiosa ed attuale definizione etimologica del sito archeologico ipogeo della Grotta del Cane. A tale periodo (XVI-XIX sec.), sono da porre in relazione, inoltre, la mole di fonti iconografiche sulla cavità e le “impressioni di viaggio” di numerosi scrittori e personaggi illustri che hanno visitato la Grotta del Cane, tra cui Giorgio Agricola, il Della Torre, Lazzaro Spallanzani, de Saint Non, il Ferber, Breislak e Alexander Dumas. Ridotta a discari- ca sin dal 1958, la Grotta del Cane fu nuovamente individuata nel 1989, ostruita da detriti e rifiuti solidi urbani. Nel maggio del 2001 l’autore ha definitivamente concluso le operazioni di rilievo delle condizioni statiche e conservative dell’intera cavità artificiale. Grazie ad una complesso intervento di rimozione dei detriti dall’interno della Grotta è stato possibile esplorare e rilevare un’inedita prosecuzione della cavità di circa 32 metri quadrati, rimasta inaccessibile e sconosciuta per oltre duemila anni.

Parole chiave: Campania, lago di Agnano, Grotta del Cane, cavità artificiale.

Abstract

Grotta del Cane: the exploration and surveys of hypogean geosite of Phlegrean Fields volcanic area The author reports the difficult intervention of exploration and the topographic survey of the artificial ancient cavity named “Grotta del Cane”, placed in Naples, in resort “Conca d’Agnano”. The access of the ancient cavity, mined in the greek-roman age, is along the path of the old street, the “circumvallazione del lago d’Agnano”, in the west side of Naples. The “Grotta del Cane” is a rare natural manifestation, one of the few examples in volcanic areas still active all over the world. In this artificial cavity there is a natural emission of carbon dioxide. The gas, in relation with the slope of cavity and its own specific weight, causes the complete saturation of the cavity at 3 meters of distance from the access. In ancient time, there was the custom to introduce a dog in the cavity, to show to tourists the effect of the gas on a living organism. In fact, 316 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

after few seconds, the dog breathed the gas and showed the dangerous effects of the carbon dioxide, with a manifestation of cerebral suffering and very soon the death for oxygen absence. The cavity was mined in roman age (III-II century b.C.), to localize a probably thermal spring-water in the attempt to utilize its therapeutical proprieties. In the roman age, the volcanic activity of the Phlegrean Fields caused the carbon dioxide presence inside the cavity. In 1970, Naples municipality shut the access to the “Grotta del Cane” after that, few years before, many announcements about the dangerousness of the site were provided. From 1967 to 1970, the archaeological site of the “Grotta del Cane” was utilized as an unauthorized dumping. In 1998, a group of young students, driven by a cultural association, began a delicate intervention to re-qua- lify the area. In this way, the access to the underground cavity was recovered. During intervention, about three meters from the access, workers of specialized business, were forced to suspend their collaboration, because carbon dioxide obstructed the access towards the deeper side of the cavity. The Fire Brigade of Naples effected the first attempt of exploration of the cavity, but they gave up, because there were many problems: rubbish-heap, carbon dioxide and high internal temperature of the cavity (68 °C , at a distance of eight meters from the access). The high temperature causes condense formation inside facial mask, that are connected to the oxygen cylinder. In this way, visibility to the explorer was reduced at minimum. On January 2001, the author proposed a collaboration to rubbish-heap removal and complete exploration of the cavity. Two technical reconnaissance were effected, each one with a duration of about 30 minutes. In this way it was possible to evaluate human organism’s reaction. Aimed at exploring the deepest part of the cavity, it was necessary to remove about three cubic metres of rubbish-heap, that were unloaded illegally in the cavity. Workers found everything, even electoral materials dating backs to 1968. Every work phase la- sted about 7-8 minutes; it was not possible to work inside to cavity for a prolonged time, because conditions required necessity to come back outside for cooling operations of body and materials. On April 2001 a better exploration of the cavity started again, so after 2000 years workers reached an extraordinary hypogeum environment, of about 32 meters squared, that it is connected to a well, with internal temperature about 68 °C. There is also the presence of a stone seat and “cocciopesto”, a typical waterproof cement of the roman’s age. This material was commune in ancient greek and roman aqueduct; for the high temperature it was not possible to take photos or video, but only to perform the topographical survey of the artificial cavity.

Key words: Campania region, Agnano lake, Grotta del Cane, artificial cavity.

Cenni sull’inquadramento geologico e morfologico tra i più recenti centri eruttivi della caldera flegrea della conca d’Agnano (Baldi, 1993). Una serie d’indagini, basate su datazio- ni radiometriche, colloca l’inizio dell’attività eruttiva Il cosiddetto “bacino d’Agnano” identifica un antico degli Astroni intorno ai 3.700 anni fa. Tale struttura apparato craterico-vulcanico dell’area flegrea (fig. 1), è geologicamente costituita da strati di cineriti sciolte dal perimetro di 6,5 km e con fondo a due metri sul dalla colorazione biancastra, da pomici e blocchi lavici livello del mare. In corrispondenza del fondo craterico disposti in “livelli” e “lenti”. Il vulcano degli Astroni è vi è l’area adibita ad ippodromo, delimitata da aree collegato al cratere della Solfatara mediante una lun- coltivate e geologicamente caratterizzate da affiora- ga sella, posizionata in prossimità del versante nord- menti di limi torbosi (Baldi, 1998). La struttura vul- occidentale del bacino di Agnano e denominata dei canica del bacino d’Agnano è geograficamente culmi- “Monti Leucogei”. nante a sud-ovest con il rilievo del Monte Spina (162 L’origine del toponimo è da ricercare nel fenomeno m s.l.m.), e ad est con l’altura del Monte Sant’Angelo della caolinizzazione dei feldspati, ossia una sorta di (173 m s.l.m.). Il cratere di Agnano rappresenta il più trasformazione delle rocce vulcaniche, dovuta all’azio- antico edificio vulcanico dell’area flegrea, risalente al ne indotta dalle fumarole. Tale fenomeno contribuisce, terzo periodo eruttivo ed è prevalentemente costituito quindi, alla formazione del cosiddetto “caolino” (sili- nella sua struttura da materiale di tipo “trachiande- cato idrato d’alluminio puro), comunemente conosciu- sitico”, ossia pomici, lapilli, ceneri, scorie e tufi grigi to come “bianchetto”. L’utilizzo del caolino, secondo teneri (AA.VV., 1976). La struttura morfologica del quanto riferito dal naturalista Plinio, era già noto sin cratere non presenta significative variazioni in prossi- dall’età romana ed era adoperato, oltre che per la pre- mità del versante di sud-est, mentre il profilo da ovest parazione di una colla, anche per dare colore ad una a nord è caratterizzato da alcune “evidenze”, legate ad sorta di polenta definita “alica”. L’estrazione del cao- eventi vulcanici “distruttivi”, riconoscibili nelle ben lino era resa possibile solo mediante il pagamento di note eruzioni della Solfatara (il “forum vulcani” degli una tassa annuale pari ad oltre 20.000 sesterzi. Tale antichi; fig. 2), e di Astroni. Il vulcano degli Astroni, area, fino al XV secolo è stata caratterizzata anche insieme al Senga, posizionato a nord-ovest, si colloca dall’estrazione dell’allume, utilizzato per la concia del Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 317 pellame e in medicina (Miniero, 1995). In corrispon- biancastre). L’area sud-ovest della Conca di Agnano denza del tunnel della tangenziale, il bordo est della è caratterizzata, invece, dall’altura del Monte Spina, conca di Agnano assume la denominazione di Monte interna alla cinta e geologicamente costituita da un Sant’Angelo. L’innalzamento della cinta in corrispon- deposito di colore marrone-rossastro (breccia vulca- denza dell’altura è da porre in relazione all’esisten- nica), contenente blocchi di grosse dimensioni. Sotto za di rilevanti spessori di cineriti bianco-grigiastre, la breccia vulcanica è rinvenibile un paleosuolo ed contenenti livelli di pomici con bande più giallastre. una formazione cineritica di colore grigio, con carat- L’emissione di tali prodotti vulcanici è correlata al- teristiche composizionali analoghe ai depositi emessi l’ulteriore esistenza di un centro eruttivo, identifica- dal centro eruttivo di Monte Sant’Angelo. Al di sopra bile nel rilievo di Monte Sant’Angelo (Baldi, 1993). della breccia è visibile un deposito di colore grigiastro Seguendo la successione stratigrafica di tali prodotti, a laminazione incrociata (base surge) corrispondente è rinvenibile un paleosuolo dalla colorazione marrone, alle fasi finali dell’eruzione di Monte Spina. Al di so- sul quale si sono successivamente depositati i mate- pra della breccia sono presenti, invece, i depositi del riali vulcanici emessi in seguito all’eruzione di Monte vulcano Solfatara costituiti da cineriti di colore grigio- Spina e dell’eruzione eneolitica di Astroni (cineriti giallastro.

Fig. 1 - Schema geologico-strutturale della piana di Agnano (da AA.VV., 1990). Fig. 1 - Geological plan of Agnano (from AA.VV., 1990). 318 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 2 - Vulcano “Solfatara” (foto R. Varriale). Fig. 2 - Pozzuoli (Naples): the “Solfatara” volcano (photo R. Varriale).

La conca di Agnano cenni sull’inquadramento stori- • 7 sorgenti fredde “atermali”(19-20 °C); co dell’area di studio • 39 sorgenti subtermali (21-35 °C); • 17 sorgenti termali (36-48 °C); La conca d’Agnano, sin dai tempi più antichi, ha rive- • 12 sorgenti ipertermali (49-68 °C). stito un ruolo di notevole importanza nell’ambito del- Le acque delle sorgenti di Agnano, in riferimento alla lo sviluppo del termalismo flegreo con la presenza di loro mineralizzazione, risultano caratterizzate dalla sontuosi edifici termali alimentati da sorgenti e vapori presenza di acido carbonico (che provoca il ben noto naturali. Attualmente, in un’area di circa 132 ettari, fenomeno dello “Sprudel”), dalla prevalenza di carbo- sgorgano ben 75 sorgenti, dalla portata complessiva di nati e bicarbonato alcalini, unitamente ad un gruppo quasi sette milioni di litri al giorno (Di Tommasi, 1926). di sorgenti che contengono notevoli quantità di cloruro In relazione alla loro temperatura, le varie sorgenti di sodio (AA.VV., 1976). Lo sfruttamento terapeutico sono state rispettivamente classificate in: delle sorgenti termominerali, delle esalazioni gasso- Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 319 se e dei fanghi a matrice sulfureo-ferruginosa, risale, Giuseppe Scheneer, su licenza di scavo e diretta sor- con ogni probabilità, alle fasi di colonizzazione greca veglianza della Soprintendenza dell’epoca (Vecchio, del territorio. In corrispondenza dell’area occupata 1995), si presenta con una difficile chiave di lettu- dall’attuale impianto termale sono stati rinvenuti i ra, determinata da numerose e frequenti alterazioni resti di un muro in blocchi di tufo (fig. 3), sui quali strutturali dell’impianto termale, determinate da un sono ben visibili alcuni segni di cava databili al IV- prolungato riutilizzo dell’ edificio ben oltre l’età roma- III secolo avanti Cristo. Tale “evidenza”archeologica na. L’edificio termale, pur non escludendo l’utilizzo è da porre in relazione alla probabile esistenza di un di acque minerali che scaturivano nell’area di studio, edificio per la raccolta delle acque termali o di un san- era idricamente alimentato dal fontis augustei acque- tuario dedicato ad una divinità legata al culto delle ductus del Serino che giungeva nel complesso termale acque (Vecchio, 1995). L’etimologia di Agnano deri- d’Agnano attraverso un cunicolo di circa 100 metri. Il va, probabilmente, dalla trasformazione etimologica condotto idrico, recentemente esplorato e rilevato, at- del “Praedium Annianum” della famiglia Annia di traversa in sottosuolo il rilievo del Monte Spina e si Pozzuoli, ritenuta dagli storici come una delle più ric- presenta in precarie condizioni statiche e conservative che casate della Pozzuoli antica (Passananti, 1996). (fig. 5). L’eruzione della Solfatara, avvenuta nel 1198 In età romana, l’utilizzo delle acque e dei vapori natu- e preceduta da fenomeni bradisismici, oltre ad avvia- rali a scopo terapeutico divenne una consueta abitudi- re una sensibile alterazione morfologica del territorio ne che, unitamente alla bellezza dei luoghi e al clima di Agnano, determinò anche una probabile mutazione particolarmente mite dell’area, contribuì non poco nel del corso delle acque sotterranee e delle sorgenti che rendere l’intera area flegrea una località privilegiata avevano alimentato, per diversi secoli, l’imponente degli “otia”della classe aristocratica romana. Il com- edificio termale. Tale fenomeno provocò la formazione, plesso termale di Agnano, realizzato in età romana, purtroppo storicamente non documentata, di un este- era situato lungo il percorso dell’antica strada che so lago di acqua dolce e moderatamente tiepida che collegava Neapolis con Pozzuoli, sviluppandosi lungo invase, in breve tempo, parte della conca vulcanica le pendici del Monte Spina con un fronte di oltre 300 d’Agnano, per una superficie pari ad oltre 920.000 m2 metri (fig. 4). L’intera struttura fu realizzata lungo le ed una profondità massima di circa 15 metri, raggiun- pendici del rilievo vulcanico con un sistema composto ta, spesso, nei periodi più piovosi. Le prime citazioni da una successione di terrazzamenti artificiali, sorret- storiche sul lago di Agnano risalgono al 1054. In un to nella sezione centrale da un muraglione con con- documento di concessione del conte Riccardo vi è un ri- trafforti. Il complesso termale, parzialmente riportato ferimento ad un monastero di Sant’Angelo Terraczuni, alla luce nel 1898 e nel 1911 da parte del proprietario situato sul monte “qui est desuper amne (lago), qui vo-

Fig. 3 - Mura greche all’interno delle nuove terme di Agnano (foto R. Varriale). Fig. 3 - The Greek walls in the new thermal baths of Agnano (photo R. Varriale). 320 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 4 - Ruderi delle antiche terme di Agnano (foto R. Varriale). Fig. 4 - The ruin of the old thermal baths of Agnano (photo R. Varriale).

catur Anglano…” (Passananti, 1996) Ulteriori testimo- nianze storiche risalgono, invece, al XIII secolo. Il cro- nista Nicola de Iamsilla riporta la descrizione dell’as- sedio, posto nel 1251 dal Manfredi alla città di Napoli dalla parte d’Agnano (Passananti, 1996). Nelle acque del lago, inizialmente, non vi erano pesci ma solo una gran quantità di rane e serpenti, con stormi di uccel- li acquatici (folaghe e mallardi), annidatisi nelle aree più paludose. Nelle miniature del poemetto del “De Balneis” di Pietro da Eboli, il “Balneum Sudatorium”, conosciuto dalla tradizione locale come il “sudatorio di S. Germano”, è stato rappresentato in prossimità del lago d’Agnano, popolato da rane e serpenti (fig. 6), forse anche dalle anguille, successivamente comparse nelle acque del lago (AA.VV., 1995). In prossimità del- la sponda del lago s’intravede nella miniatura lo stori- co sudatorio, certamente identificabile nella presenza di una piccola cavità, all’interno della quale sono stati raffigurati S. Germano e S. Pascasio nell’atto di pre- gare. Tra il 590 ed il 604, il Papa Gregorio Magno nei suoi “Dialoghi” fa riferimento ad un episodio della vita di S. Germano, vescovo di Capua, che si svolse proprio nelle terme di Agnano. Nel “balneum sudatorium”, og- gi noto come il complesso delle “Stufe di S. Germano”, il vescovo Germano incontrò il diacono Pascasio, con- dannato a scontare un periodo di pena per aver favori- to l’antipapa Lorenzo contro Simmaco I. La guarigione

Fig. 5 - Terme romane di Agnano: cunicolo del “fontis augustei acqueductus” (I sec. d.C.) (foto R. Varriale). Fig. 5 - Old thermal baths of Agnano: “fontis augustei acque- ductus” tunnel (I century b.C.) (photo R. Varriale). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 321 del lino nascondeva, infatti, degli interessi economici piuttosto consistenti, a favore, soprattutto, di ordini religiosi (Abatino, 2000). La sola lavorazione della ca- napa e del lino rendeva annualmente oltre 2.500 scu- di, di cui, oltre la metà era percepita dai Gesuiti ed il restante 25% versato a favore dei privati (Passananti, 1996). Un ulteriore testimonianza di tale lavorazio- ne è possibile dedurla da un’iscrizione riportata su di una lapide, tuttora esistente e posta di fronte all’at- tuale stazione della Metropolitana di Napoli di piazza Leopardi, nel quartiere di Fuorigrotta a Napoli. In un italiano decisamente arcaico sono specificate le moda- lità ed il relativo prezzo da dover pagare per il traspor- to della canapa da macerare nelle acque del vicino lago di Agnano. Le problematiche della Conca di Agnano, correlate alla presenza dell’esteso specchio d’acqua, non furono solo rappresentate dai processi di lavo- razione ritenuti inquinanti; in tutta l’area lacustre, infatti, per la presenza di acque putride e limacciose aveva attecchito la temibile zanzara anofele (AA.VV., 1990). I Padri Cappuccini del convento di S. Gennaro a Pozzuoli, a causa dell’insostenibile proliferarsi delle temute zanzare, chiesero ed ottennero dal Municipio di Pozzuoli, con atto del 17 maggio del 1676 del notaio Agostino Lanzetta, la concessione di un suolo prossi- mo alla costa a poca distanza dall’abitato di Pozzuoli. Il prosciugamento del lago di Agnano fu finalmente avviato nel 1870, dopo secoli di degrado. La realizza- zione dei canali di prosciugamento e di bonifica ebbe inizio nel 1865, concludendosi con inaspettata efficien- za e rapidità il 28 settembre del 1870. Il progetto fu Fig. 6 - “Balneum sudatorium” (da AA.VV. 1995). affidato all’ingegner Ambrogio Mendia, coadiuvato dai Fig. 6 - “Balneum sudatorium” (from AA.VV. 1995). colleghi Martusciello e Martorelli, ai quali fu affidata la direzione tecnica dei lavori di costruzione del canale del vescovo Germano da una rara malattia cutanea che di bonifica. A lavori ultimati, le acque del lago deflui- lo aveva da qualche tempo afflitto, coincise con la libe- rono in un canale emissario che, attraversando in sot- razione del diacono, voluta proprio dallo stesso vesco- tosuolo il Monte Spina per circa trecento metri, sfocia vo. La presenza di rane e serpenti nelle acque del lago tuttora in mare lungo il litorale di Bagnoli, in località ha fatto ipotizzare l’origine del toponimo di Agnano “Dazio”. Il prosciugamento del lago di Agnano, oltre al da una curiosa trasformazione letteraria del termine recupero delle condizioni igieniche ed ambientali della “Anguiano” (successivamente evolutosi in “Agnano”), Conca, contribuì alla restituzione di circa 130 ettari tradizionalmente attribuito ad una località lacustre di fertile terreno all’agricoltura locale. L’intervento di caratterizzata dalla folta presenza di rettili. bonifica e di prosciugamento dell’antico lago, rese pos- Il sovrano Carlo II d’Angiò, nell’intento di liberare la sibile, tra l’altro, la “ricomparsa” dei diversi gruppi di città di Napoli da un processo di lavorazione ritenu- sorgenti che avevano segretamente alimentato il fon- to ad alto rischio ambientale, ordinò il trasferimento do del lago per diversi secoli. Il “ritrovamento” delle delle sedi di lavorazione per la macerazione della ca- sorgenti termo-minerali nel bacino di Agnano, avve- napa e del lino dal ponte della Maddalena, nei pressi nuto alla fine del 1800, segnò la ripresa del “termali- di Napoli, al lago di Agnano (Celano, 1692). La ma- smo flegreo” che in Agnano ha sempre riposto epoche cerazione della canapa, come è noto, produceva degli di massimo splendore. insopportabili miasmi che per lungo tempo avevano infestato l’area orientale di Napoli, al punto tale da determinare l’instaurarsi di un preoccupante qua- La Grotta del Cane evoluzione storica della cavità dro di precarietà igienico-sanitaria. La macerazione della canapa nelle acque del lago di Agnano perdurò L’accesso alla storica e singolare cavità artificiale, de- anche oltre gli anni di dominazione aragonese. Negli nominata Grotta del Cane (fig. 7), è ubicato lungo il anni della dominazione spagnola, invece, furono ema- sentiero dell’antica via della circumvallazione del la- nati due divieti d’utilizzo delle acque del lago, datati go d’Agnano, ormai interdetta al transito dei veicoli 1656 (in occasione della terribile pestilenza), e 1663 già da alcuni decenni. L’opera ipogea della Grotta del (Conte di Pannaranda). Come già accaduto per le Cane è da considerare come la più documentata e nota “Prammatiche Sanzioni”, tali “divieti” si rivelarono, evidenza speleologica ed archeologica del sottosuolo purtroppo, inefficaci. La macerazione della canapa e napoletano. Risulta notevole, infatti, la documenta- 322 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 caldo (pseudo vulcanetti di fango; AA.VV. 1976). La mofeta della Grotta del Cane, in virtù della propria evidenza di manifestazione e millenaria attività, rap- presenta uno straordinario e raro fenomeno naturale, di cui si conoscono pochissimi esempi nei siti vulcanici ancora attivi di tutto il mondo. Secondo la tradizione letteraria, la curiosa denominazione di Grotta del Cane è da attribuire allo svolgimento di un crudele esperi- mento condotto per secoli su delle malcapitate bestiole (soprattutto i cani), al fine di mostrare agli incuriositi visitatori stranieri gli effetti dell’anidride carbonica presente all’interno della cavità in un organismo vi- vente. L’esperimento condotto sui cani rappresentava un singolare e crudele espediente di richiamo turistico ed economico, escogitato da contadini e improvvisati custodi della Grotta nel periodo del Gran Tour (XVI- XIX secolo). All’interno della cavità veniva introdotto un cane, afferrato per le zampe posteriori e tenuto con la testa all’ingiù, a circa 30-40 centimetri di distanza dal suolo. Il cane, una volta inalato il gas mostrava i sintomi della rapida insofferenza cerebrale determi- nata dalla carenza di ossigeno, con la comparsa di epi- sodi convulsivi che precedevano la morte della povera bestiola per soffocamento (fig. 8). Con la comparsa delle crisi convulsive, il cane veniva subito trasporta- to all’esterno e immerso nelle acque del vicino lago di Agnano (fig. 9), facendolo bruscamente rinvenire dal- lo stato asfittico instauratosi a seguito dell’inalazio- ne forzata di anidride carbonica avvenuta all’interno della cavità. L’insolita dimostrazione veniva condotta anche su rane e serpenti, raccolti, secondo quanto ri- portato dal Dumas ne “Il Corricolo” “da ragazzi vestiti di stracci che per due carlini mostravano ai turisti e ai Fig. 7 - Accesso alla cavità artificiale della Grotta del Cane (foto viaggiatori stranieri il fenomeno della morte di que- R. Varriale) sti animali…”. La prima raffigurazione iconografica Fig. 7 - The access to the Grotta del Cane (photo R. Varriale) del lago di Agnano e della Grotta del Cane risale al 1584. Nell’ Ager Puteolanus di Mario Cartaro vi è un zione iconografica e storica acquisita dalla presente incisione, ripresa dal Villamena (Cardone, 1993) raffi- ricerca che ha reso possibile, tra l’altro, la definizione gurante un complesso di edifici termali, uno dei quali di una mappa cronologica del sito ipogeo dal XVI se- è a due piani, affiancato da un probabile albergo (di- colo in poi. L’accesso alla cavità, oggi finalmente visi- versorium). tabile dopo decenni di degrado ed abbandono, ricade nell’ambito della giurisdizione del Comune di Napoli. A breve distanza dagli edifici termali s’intravede l’ac- Nell’antica Grotta del cane avviene, in realtà, il feno- cesso alla Grotta del Cane (Antrum Canum), posizio- meno naturale dell’emissione d’anidride carbonica a nato sulle sponde del lago di Agnano (fig. 10). Due temperatura ambiente, la cui presenza e millenaria anni dopo, Claudio Buchetti in “Ager Puteolanus” del attività è da porre in relazione ai fenomeni vulcanici 1586 riporta in un incisione quanto già riportato dal dell’area flegrea. Nel corso delle attività eruttive, rica- Cartaro due anni prima, senza aggiungere significa- denti in prossimità dei versanti o alla base di un edi- tive variazioni in merito agli edifici termali e alla lo- ficio vulcanico, si assiste alla comparsa, resa possibile calizzazione della Grotta del Cane (Cardone, 1992). Il dalla presenza di crepacci e interstizi, di masse aeri- primo viaggiatore straniero a fornire notizie in meri- formi, individuabili nelle ben note fumarole. Nel caso to al sudatorio di S. Germano e alla Grotta del Cane in cui l’attività si riveli di tipo centrale, manifestando- fu lo spagnolo Cristòbal Suarez de Figueroa nel 1617 si con fenomeni ricadenti in corrispondenza della boc- (Cardone, 1993). Nel 1663, nell’incisione di Joannes ca principale del vulcano si ha, invece, la cosiddetta Blaeu e Pierre Mortier (fig. 11), il Sudatorium S. fase solfatarica, prevalentemente caratterizzata da Germanus è stato raffigurato in prossimità dell’acces- emissioni di vapore acqueo. La fase solfatarica costi- so alla Grotta del Cane. All’esterno della Grotta s’in- tuisce una tipica manifestazione di tutti quei vulcani travedono tre uomini e uno di essi si appresta ad in- definiti in gergo quiescenti (tra cui proprio Agnano e trodurre un cane nella cavità per compiere l’insolita e la Solfatara), nei quali, oltre alle fumarole, è possibile crudele dimostrazione. L’esperimento dell’inalazione assistere anche ad emissioni di anidride carbonica (le d’anidride carbonica e la conseguente “ripresa”della cosiddette mofete), di acqua minerale e getti di fango malcapitata cavia, successivamente immersa nelle Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 323

Fig. 8 - Grotta del Cane presso il lago di Agnano. Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte. Fig. 8 - Grotta del Cane-Agnano lake (acquatinta; cm 13,5x 18,2; gabinetto disegni e stampe; inventario n. 1581). National Mu- seum of Capodimonte (inventory 1581).

Fig. 9 - Grotta del Cane, lago d’Agnano, Camaldoli (Raff. Morghen Fece) Napoli, Museo Nazionale di S. Martino (inv.9568). Fig. 9 - Grotta del Cane, Agnano lake and Camaldoli (Raff. Morghen Fece) Naples, National Museum of S. Martino (inventory 9568). 324 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

Fig. 10 - Lago di Agnano e Grotta del Cane (stampa di Mario Cartaro, 1584, ripresa dal Villamena nel 1652). Fig. 10 - Agnano lake and Grotta del Cane (printing of Mario Cartaro, 1584; reedited from Villamena, 1652). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 325 acque del lago, alimentò l’infondata convinzione che di Napoli”, fa riferimento alla località di Agnano, attri- attribuiva al lago di Agnano delle virtù magiche. Il buendo le origini del toponimo alla presenza di “nume- naturalista Lazzaro Spallanzani (1729-99), definì rosi serpenti che sono in quel terreno pieno di felci, ove “ciarlatanerie” gli esperimenti crudeli compiuti nella si rinchiudono…”. Indica, poi, l’accesso ad una “piccio- Grotta del Cane, sostenendo, tra l’altro, che per la ri- la e miracolosa Grotta di tanta potente puzza di zolfo o presa delle funzioni vitali del povero animale, asfissia- di altra occulta qualità terrena che, portatovi qualun- to dalle esalazioni d’acido carbonico, non era necessa- que animale, subito muore..” (Di Falco, 1535). Giorgio rio immergere la povera bestiola nelle acque del lago Agricola (1549), nel descrivere la Grotta del Cane ri- di Agnano ma fargli semplicemente respirare l’aria porta: “egli sono in molti luoghi del mondo, fosse che atmosferica (Abatino, 2000). Non di rado, la dimostra- emanano pestifere esalazioni, ma niuno luogo più che zione era compiuta mediante l’intelligente utilizzo del- in Italia; per ciò che su la metà del cammino, che è tra le fiaccole che si spegnevano a contatto con il suolo, Napoli e Pozzuoli, volgendo un poco a manca verso la evidenziando, in tal modo, il passaggio dall’ossigeno palude di Anagna, in quella parte che è volta a mez- (che funge da comburente) all’anidride carbonica. Le zogiorno è un monte continuato, che ha una stretta ed prime citazioni storiche sulla Grotta del Cane risal- umile spelonca che entra nel monte, lunga da VII pie- gono all’età romana. Lo storico e naturalista Plinio il di…e da questa spelonca escono così mortifere esshala- Vecchio, nel citare la cavità la definisce: “spiracula et tioni che elle tolgono la vita a dogni maniera di anima- scrobes charonae mortiferum spiritum exalantes…”. le…” (Agricola, 1549). Pompeo Sarnelli, nel descrivere La non buona conoscenza della chimica da parte degli le caratteristiche vulcaniche dell’area flegrea asserì, antichi aveva attribuito agli “aliti mortali” emessi dal in merito alla Grotta del Cane, che “quanto i bagni so- fondo della Grotta del Cane, la curiosa definizione di no utili all’uomo, tanto queste mofete sono dannose…” “charonae scrobes”. Nella sua “Descrittione dei luoghi (Sarnelli, 1768). Nel “Vojage pittoresque ou descrip- antiqui di Napoli” (1535) Benedetto di Falco, definito tion des royaumes de Naples et Sicilie” (1782), de Saint dal filosofo Benedetto Croce come il “primo descrittore Non (1792) definisce la veduta della Grotta del Cane

Fig. 11 - Grotta del Cane (J. Bleau-P. Mortier, Amsterdam, 1652). Fig. 11 - Grotta del Cane ( J. Bleau-P. Mortier, Amsterdam, 1652). 326 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 come la rappresentazione di uno dei fenomeni più cu- turno dal custode per mostrare ai visitatori stranieri riosi ed interessanti per tutti i viaggiatori. Il nome l’insolito fenomeno della mofeta della Grotta del Cane. della grotta è da attribuire alle “esperienze (condotte Il Dumas si sofferma su di una motivata resistenza sui cani) dell’aria fissa o meglio sull’acido mefitico, che del cane che, sapendo del proprio “turno”, cercava di esce continuamente dal suolo di tale grotta, all’altezza sottrarsi ad una sorta di forzato dovere. Va altresì di un piede e mezzo circa…” (de Saint Non, 1782). Nel ricordata una simpatica espressione dialettale ripor- 1793, nel rilievo topografico dell’Agro Napoletano di tata da Giovan Battista Basile (Pentamerone, V, 7): Rizzi-Zannoni, lungo le sponde del lago d’Agnano vie- “..si comme ‘na ranocchia ch’è misa dint’a Grotta d’o ne indicato l’accesso alla Grotta del Cane (fig. 12). Nel Cane e po’ se jetta dint’o lago d’Agnano, addiventaie 1818, il Panvini, nel suo “Il Forestiere”, fornisce un’at- viva n’ata vota…” (sei come un ranocchio che fu messo tenta ed esauriente descrizione della Grotta del Cane, nella Grotta del Cane e poi gettato nel lago d’Agna- riportando alcuni rudimentali esperimenti di chimica no, diventando vivo un’altra volta). In oltre 5 secoli condotti all’interno della piccola cavità dallo stesso au- di frequentazione sono stati numerosissimi gli esperi- tore (Panvini, 1818). menti compiuti nell’antichità all’interno della Grotta del Cane, da Giovanni Maria della Torre, dal Ferber Giuseppe Galanti in “Napoli e contorni” (1838), ripor- e da Scipione Breislak nel 1792 (Abatino, 2000). Oltre ta anch’egli una brevissima descrizione sulla Grotta ai cani, ai gatti, alle rane, alle galline e alle lucerto- del Cane, evidenziando nel suo racconto una migliore le, introdotte vive nella Grotta, si narra che il Re di conoscenza della chimica applicata alle manifestazioni Francia Carlo VIII vi avrebbe fatto morire, non si sa vulcaniche presenti all’interno della cavità (Galanti, in quanto tempo, addirittura un asino. Va riportata, 1838). Emmanuele Bidera nella sua “Passeggiata per tra l’altro, una triste vicenda, storicamente non docu- Napoli e Contorni” (1844), definisce la cavità come mentata, attribuita al volere del Viceré Don Pedro de un “antro micidiale”, soffermandosi brevemente sulla Toledo, il quale avrebbe fatto rinchiudere all’interno triste parentesi dell’esperimento condotto sul malca- della Grotta del Cane due prigionieri, condannati a pitato cane. In un singolare episodio letterario, ripor- morte e fatti morire asfissiati. Il Saint Non, nel suo già tato da Alexander Dumas nel già citato “Corricolo”, citato “Vojage pittoresque ou description des royaumes l’autore descrive una sua insolita visita “guidata”alla de Naples et Sicilie” (1782), riporta un’attenta descri- storica grotta. Lo scrittore riferisce della presenza di zione del quadro sintomatico manifestatosi nel cane, due cani, di cui uno di colore giallo di nome Castore tristemente “utilizzato” come cavia per la dimostrazio- e l’altro di colore nero, chiamato Polluce, utilizzati a ne del fenomeno all’interno della Grotta. L’abate, nel

Fig. 12 - “Topografia dell’Agro Napoletano” (Rizzi-Zannoni,1793). Fig. 12 - Agnano lake and Grotta del Cane map (Rizzi-Zannoni, 1793). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 327 descrivere l’insolito rituale scrisse: “giunge quindi la dell’Istituto Di Ricerca e di Didattica Ambientale di consueta vittima che è il cane del Lazzarone che il suo Napoli (IREDA), realizzò negli anni ’60 un lungo do- padrone prende per le quattro zampe e pone a terra: da cumentario a colori in “super8” sull’area flegrea, com- principio esso compie movimenti comuni a ogni anima- mentato dagli stessi autori. Il filmato rappresenta un le la cui respirazione è contratta e che compie sforzi per eccezionale e raro documento sull’originaria bellezza coprirla: un momento dopo il polmone si opprime, il e sulle risorse storiche e scientifiche della Conca di ventre si ritira, gli occhi si gonfiano fissandosi, la lin- Agnano, nonché dello stato della Grotta del Cane al gua spessa e livida fuoriesce dalla gola e dopo due mi- 1960. Il documentario si è successivamente posto alla nuti resta privo di movimenti; tale stato ci fece spaven- base di un’attenta campagna di sensibilizzazione, in- tare per la sorte della povera bestia che sarebbe stata stancabilmente promossa dall’IREDA per il recupero e certo soffocata se la si fosse lasciata due minuti in più; la valorizzazione storica e scientifica del sito archeolo- appena fuori dalla grotta, l’aria naturale fece compiere gico della Grotta del Cane (Abatino, 1992-1994). Nella ai suoi polmoni lo stesso movimento che avevo scorto metà degli anni ’60, l’allora assessore all’ecologia del quando era stata calata nel vapore, e dopo mezzo mi- Comune di Napoli, prof. Giovanni Grieco, dopo aver nuto si sollevò ansimando….” (de Saint-Non, 1782). Il ricevuto un documento-lettera di protesta da parte di racconto del Saint-Non conferma quanto è stato già un ambientalista di Pozzuoli predispose la chiusura ribadito nel presente lavoro, riportando, però, qualche della Grotta del Cane, murandone l’accesso e chiuden- sostanziale differenza nell’esecuzione del procedimen- do la strada al transito dei veicoli e dei pedoni. Nel to. Il cane viene tenuto dal custode della Grotta per le corso dell’intervento fu attuato, inoltre, un evidente quattro zampe ed emerge dal racconto la non necessi- innalzamento dell’originario livello di quota del sen- tà di immergere la bestiola nelle acque del vicino lago tiero d’accesso, pari, nell’ordine, ad alcuni metri. In di Agnano per farla riprendere, in quanto sono suffi- realtà, la Grotta del Cane fu volutamente ostruita, cienti, infatti, poche inalazioni d’aria atmosferica. In dal momento in cui erano emersi dei seri rischi per relazione all’elevata concentrazione dell’anidride car- l’incolumità dei ragazzi della zona, resisi incoscienti bonica, sprigionatasi all’interno della Grotta del Cane protagonisti di sprovvedute escursioni. Nel 1998, gra- è da considerare piuttosto rapido il tempo di azione zie al finanziamento del Ministero dell’Università e letale del gas su di un qualsiasi organismo vivente. La della Ricerca Scientifica e Tecnologica, un gruppo di perdita della coscienza all’interno della cavità è quasi giovani studenti dell’Alberghiero di Bagnoli è stato immediata ed è stato spesso riportato, in diversi testi, coinvolto dall’associazione culturale “Conca d’Agnano” un episodio, privo però di ulteriori conferme, secondo in un significativo progetto di riqualificazione ambien- il quale un turista straniero sia deceduto sul colpo, so- tale, mirato al recupero dei valori paesaggistici, sto- lo per essersi incautamente abbassato per raccogliere rici e naturali della conca, caratterizzata, tra l’altro, una pietra dal fondo della Grotta (Panvini, 1838). Nel dalla presenza di pregevoli evidenze archeologiche. Il concludere il suo racconto in merito alla storica cavità, progetto MURST, inizialmente partito da un’ipotesi il Saint Non aggiunge che “il Lazzarone ci disse che progettuale più ampia, a causa dei tempi e fondi eco- il cane non poteva sopportare tale prova che dodici o nomici ridotti al minimo è stato circoscritto nell’am- quindici volte e che in seguito erano colpiti da vertigi- bito di un settore più “ristretto” rispetto al piano ori- ni, morendo tra le convulsioni, come quelli che moriva- ginario, consentendo il ripristino di circa 850 metri di no di rabbia…”. Grazie ad una decisiva campagna di un sentiero che ricade nell’ambito giurisdizionale del sensibilizzazione e di protesta, attuata dalla Società di Comune di Napoli e la riapertura dell’antica Grotta Protezione degli Animali, è stato possibile poter porre del Cane. Per la realizzazione del progetto, l’associa- fine ad un secolare esperimento crudele e privo di al- zione culturale, oltre agli studenti si è avvalsa anche cun tipo di giustificazione scientifica. della collaborazione e del supporto tecnico di Enti ed Istituzioni, tra cui il Comune di Napoli, gli assessora- Fino al 1830 l’accesso alla Grotta del Cane era reso ti, il decentramento autoparchi della Nettezza Urbana possibile solo con il versamento di un compenso eco- e alcune realtà imprenditoriali della Conca di Agnano. nomico di due lire e cinquanta centesimi, “necessari Nel maggio del 2001, in occasione dell’evento culturale al rilascio della chiave da parte del proprietario del- del “Maggio dei Monumenti”, è avvenuta l’inaugura- la “Pensione Economica”, ubicata al quadrivio della zione del sentiero e la parziale riapertura al pubblico strada di Agnano…” (Abatino, 2000). Nel dopoguer- della Grotta del Cane. ra (1958), il cancello di protezione della Grotta fu ri- mosso e da quel momento in poi, la Grotta del Cane si avviò verso un periodo di degrado e di abbandono La Grotta del Cane l’esplorazione, il rilievo che si protrarrà per oltre venti anni. Con la rimozione e le metodologie d’intervento per il recupero del cancello, l’accesso alla Grotta del Cane, dapprima della cavità artificiale esclusivamente mèta di geologi e ricercatori, divenne un ricettacolo di rifiuti, luogo d’incontro per coppiette Un primo ed approfondito studio scientifico sui feno- e per le riunioni della malavita organizzata. Con la meni naturali che caratterizzano la cosiddetta Grotta chiusura al traffico veicolare dell’antica via denomi- del Cane è stato condotto verso la fine del 1920 da nata circumvallazione del lago d’Agnano, il sentiero Ester Majo, vulcanologa del Dipartimento di Fisica d’accesso alla grotta divenne una colossale discarica Terrestre dell’Università di Napoli (Abatino, 2000). a cielo aperto. Il professore Elio Abatino, direttore La relazione svolta dalla vulcanologa rappresenta un 328 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 inedito documento scientifico nel quale, oltre alle ben to alla cavità una lunghezza di 12 palmi ed un’altezza note caratteristiche vulcanologiche del sito ipogeo so- di 8. Lo studio della raccolta iconografica, relativa al no stati riportati alcuni dati plano-altimetrici della ca- periodo cronologicamente compreso tra il diciassette- vità artificiale rilevati in corrispondenza dell’accesso. simo ed il diciottesimo secolo e della documentazione Lo studio fornisce un inquadramento dell’area e della fotografica, relativa al periodo compreso tra il 1930 relativa cavità artificiale allo stato pressoché origina- ed il 2001, ha reso possibile l’avvio di un’attenta ri- rio, anteriormente, quindi, all’avvio della fase di de- costruzione dell’ambiente originario del sito archeo- grado e d’abbandono che ha coinvolto l’antico sentiero logico della Grotta del Cane, sensibilmente deturpato e la Grotta del Cane dal 1960 in poi. Agli inizi del 1920 da alterazioni morfologiche e strutturali, indotte dalla non fu possibile poter raggiungere il fondo della cavi- sprovveduta azione dell’uomo nel corso degli anni. Dal tà, empiricamente stimato da Ester Majo “…intorno confronto dei dati plano-volumetrici antichi ed attua- agli 8 o 9 metri….” (Majo, 1928). In prossimità di un li, non è emersa alcuna differenza strutturale della terzo gradino, non più ritrovato, “il caldo aumenta pro- sezione interna della cavità dalla fine del XVIII se- gressivamente e non è più possibile poter proseguire, in colo ad oggi (2007). Oltre un evidente innalzamento virtù delle ben note emanazioni di acido carbonico…” di quota del livello originario del piano di calpestio, (Majo, 1928). L’acido carbonico, sprigionatosi dal sot- determinato dall’azione di ripetuti scarichi abusivi, si tosuolo della Grotta del Cane, in relazione al proprio può certamente dedurre che l’attuale stato conserva- peso specifico che risulta più pesante dell’ossigeno, tivo interno della Grotta del Cane sia quasi analogo ai tende a stabilizzarsi ad un livello inferiore pressoché parametri descritti tra la fine del 1800 e l’inizio del XX costante. Il gas, seguendo la pendenza negativa del- secolo. Nel 1989, gli speleologi Abignente e Feniello la cavità tende a saturare completamente l’ambiente del Gruppo Speleologico del CAI di Napoli effettua- ipogeo a poco più della metà del percorso, rendendone rono una ricognizione speleologica della cavità artifi- impossibile qualsiasi tentativo di attraversamento o ciale (fig. 13). Gli speleologi tentarono l’esplorazione di esplorazione diretta. Alcuni cronisti del XVIII se- interna della cavità ma le problematiche connesse alla colo hanno riportato alcuni dati interpretabili come presenza della mofeta interna e rifiuti solidi urbani, “planimetrici”della cavità, relativi, soprattutto, allo abusivamente scaricati nella grotta dal 1960 in poi, sviluppo dell’antica grotta, stimato “intorno ai 14 pal- limitarono la ricognizione speleologica al solo accesso mi, con una larghezza di 6 ed un altezza di 7…”. Tali della cavità. Alla fine del 1998 era possibile poter ac- misure si pongono in evidente contrasto con quanto ri- cedere alla Grotta del Cane solo attraverso un’angusta portato dal De Capua (Abatino, 2000) che ha attribui- finestra, posizionata in prossimità della volta, a circa

Fig. 13 - Interno della Grotta del Cane nel 1989 (foto Abignente Filippo, archivio GSCAI di Napoli). Fig.13 - Grotta del Cane: the inside of the cavity in the 1989 (photo Abignente F., arch. Naples Speleological Group). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 329 due metri di altezza dal piano di calpestio (fig. 14). Nel mese di marzo del 2000 i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Napoli tentarono l’ esplorazione interna della cavità, purtroppo conclusasi senza successo. I Vigili del Fuoco, muniti di respiratori facciali (au- toprotettori), si addentrarono nella Grotta, cercando, invano, di liberarla dai rifiuti ed esplorarne l’interno. Oltre alla presenza della mofeta, va considerato che nella Grotta del Cane la temperatura interna aumen- ta progressivamente, favorendo l’immediata formazio- ne di pericolose condense all’interno delle maschere facciali collegate ai respiratori, limitando, pertanto, il campo visivo dell’operatore. Nel mese di gennaio del 2001 l’autore propose ai vertici dell’associazione cultu- rale Conca d’Agnano la propria collaborazione, sia per la rimozione dei rifiuti dalla cavità e sia per la possi- bile esplorazione della parte più interna della Grotta del Cane, rimasta inesplorata per oltre duemila anni. L’intervento di rimozione dei detriti dall’interno della cavità è durato circa due mesi, per complessive ses- santa ore di lavoro trascorse all’interno della grotta. L’intera operazione di rimozione dei detriti ed esplo- razione della cavità è stata condotta con l’ausilio di un respiratore a capacità elevata (fig. 15), con turni lavo- rativi di circa quattro ore ciascuno. All’interno della Grotta del Cane, in realtà, non è stato possibile poter

Fig. 15 - Febbraio 2001: rimozione dei detriti dalla cavità (foto R. Varriale) Fig. 15 - February 2001: the removal of the rubbish-heap from the cavity (photo R. Varriale).

Fig. 14 - Grotta del Cane: accesso alla cavità nel 1998 (foto archivio Associazione Conca d’Agnano). Fig. 14 - The access to the Grotta del Cane in the 1998 (photo cultural association Conca of Agnano). 330 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 operare per un tempo massimo di 7 o 8 minuti, tra- na della cavità, in alcuni punti superiore ai 60 °C. In scorso il quale si è avvertita la necessità di ritornare tal contesto si è unita la particolare natura incoerente all’esterno per le dovute operazioni di “raffreddamen- dei terreni vulcanici che compongono la struttura geo- to” corporeo e dei materiali utilizzati. L’acido carboni- logica attraversata dallo scavo artificiale, nonché la co non ha creato problemi riguardo alla permanenza presenza di grossi spezzoni di tufo giallo. Tali blocchi in cavità, tranne un leggero arrossamento della super- di tufo, accumulatisi nel fondo della cavità per azione ficie cutanea ma ha reso particolarmente difficile, pe- di ripetuti scarichi abusivi, hanno provocato più volte rò, l’esecuzione di alcune operazioni manuali a causa il blocco delle pale nello strato di terreno, rendendo di un’insolita sudorazione profusa delle mani che ha necessaria una rimozione dei detriti senza l’ausilio reso particolarmente scivolosa la presa degli attrezzi. della pale, con conseguente trasporto all’esterno dei A tal contesto si aggiunse, tra l’altro, l’impossibilità di grossi blocchi lapidei, molti dei quali presentavano un trasporto di materiali tecnici più pesanti, determinata peso superiore ai 7-8 kg. Dall’interno della Grotta del dalla difficoltà di accesso al sentiero di mezzi pesanti Cane sono stati complessivamente rimossi circa 3 me- e dalla relativa mancanza di acqua ed energia elettri- tri cubi di rifiuti solidi urbani, tra i quali sono state ca. L’intervento di rimozione dei detriti e dei rifiuti rinvenute alcune decine di paia di scarpe, copertoni dalla Grotta del Cane è stato condotto manualmente, per motocicli, bottiglie, lattine, stracci, palloni e una con l’esclusivo utilizzo di piccole pale pieghevoli. I ma- notevole quantità di materiale elettorale risalente al teriali detritici sono stati progressivamente riposti in 1968 del Partito Liberale Italiano. Attraverso la diffi- cassette di plastica, facilmente trasportabili all’ester- cile rimozione dei rifiuti solidi urbani, accumulatisi al- no. Tale metodica ha rivelato, in realtà, un vero e pro- l’interno della cavità, si è progressivamente giunti in prio criterio di “scavo archeologico” che ha mirato alla circa tre mesi verso lo sconosciuto fondo della Grotta, conservazione strutturale originaria del sito ipogeo. A mai prima esplorato in oltre venti secoli di frequenta- causa delle ridotte dimensioni interne della Grotta del zione. L’esplorazione dell’ambiente più profondo della Cane è stato possibile poter impegnare un singolo ope- Grotta del Cane è da considerare come uno degli inter- ratore per turno, costantemente munito di un respi- venti speleologici più complessi, compiuti negli ultimi ratore d’ossigeno. Le maggiori difficoltà tecniche che anni nell’ambito di attività esplorative in cavità artifi- sono state riscontrate in occasione dell’intervento di ciali posizionate in aree vulcaniche tuttora attive. rimozione dei rifiuti e dei detriti sono state rappresen- In prossimità del fondo della cavità, a circa 10,30 me- tate dal progressivo aumento della temperatura inter- tri dall’accesso, tutti i materiali impiegati per il tradi-

Fig. 16 - L’ingresso della Grotta del Cane agli inizi del 1990 (da AA.VV., 1990). Fig. 16 - The access to the Grotta del Cane in the 1990 (from AA.VV., 1990). Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 331 zionale rilevamento topografico della cavità a causa Superato l’irregolare sviluppo plano-volumetrico del- della formazione di un’improvvisa condensa si sono ri- la cavità, rilevato in corrispondenza dell’accesso, la velati inutilizzabili. Il rilievo delle condizioni statiche Grotta del Cane va a delinearsi in sottosuolo con una e conservative della parte più interna della cavità, è propria caratteristica sezione (fig. 17). La non ampia stato effettuato a più riprese, circa sei, da cinque mi- cavità s’inoltra nel sottosuolo con una pendenza ne- nuti ciascuna, con l’impiego di un metro digitale ad gativa superiore al 20% per complessivi 6,90 m, con ultrasuoni, bussola e lampade elettriche a tenuta sta- un’altezza di 1,90 m e 0,90 cm di larghezza. La sezione gna. A causa del calore elevato, non è stato possibile, della cavità presenta evidenti caratteristiche di taglio però, poter acquisire immagini fotografiche, in quanto analoghe ad alcune opere ipogee di età presumibilmen- le apparecchiature fotografiche si sono rivelate estre- te greca, esplorate e rilevate nel sottosuolo napoleta- mamente sensibili al calore interno elevato e alla for- no. A 2,50 m dall’accesso vi è il punto di maggior con- mazione delle condense. centrazione dell’anidride carbonica sprigionatasi dal sottosuolo della cavità. In virtù del proprio peso speci- fico più pesante e diverso, quindi, dall’ossigeno, l’aci- La Grotta del Cane descrizione della cavità do carbonico passa dai 27 cm di cosiddetto “spessore”, misurati in corrispondenza del primo gradino, al com- Per la ricostruzione originaria dei luoghi e della mor- pleto processo di saturazione della Grotta a poco più fologia dell’accesso all’antica Grotta del Cane ci si è di due metri dall’accesso, determinato dalla prosecu- avvalsi di un’ampia documentazione iconografica, re- zione dello scavo in evidente pendenza negativa. Tale lativa ad un periodo cronologicamente compreso tra condizione, determinata dalla presenza di una mofeta il XVII e XIX secolo. In corrispondenza dell’accesso, il interna, si rivela come un pericoloso ostacolo “natura- fronte della cavità è stato riprodotto in alcune stam- le” per l’attraversamento esplorativo della cavità nella pe dell’epoca con una sezione piuttosto irregolare (J. sezione più interna. Alcune analisi chimiche eseguite Bleau-P. Mortier 1663, fig. 11), quasi simile ad una nella Grotta del Cane da S. Claire Deville e da Felix caverna piuttosto che ad un angusto cunicolo. Le Blanc hanno evidenziato una concentrazione di aci- In prossimità della grotta vi è un edificio, dal quale si do carbonico variabile tra il 67,1% e il 73,6%;di azoto sprigionano vapori e la cui rappresentazione è da por- (26,4%-21,1%) e di altri gas (Abatino, 2000). Superato re in relazione al ben noto sudatorio di S. Germano. In il primo gradino, posto in corrispondenza dell’accesso, una preziosissima e rara immagine fotografica, scatta- ta agli inizi del 1990 (AA.VV. 1990; fig. 16), s’intrave- dono ai lati dell’accesso due grossi fori, probabilmente realizzati per il fissaggio di pali che dovevano sostene- re una probabile tettoia di protezione per l’accesso alla cavità. Oltre la tettoia, della quale non è emersa alcu- na “evidenza”archeologica, si apriva l’angusto accesso alla cavità sotterranea della Grotta del Cane. Nelle stampe del XVIII secolo, la Grotta del Cane appare già parzialmente priva della copertura artificiale realiz- zata a protezione dell’angusto accesso. Le dimensioni dell’imbocco alla cavità artificiale, non del tutto dissi- mile dai profili degli antichi cunicoli dell’acquedotto, sono pari a circa due metri di altezza per 1,02 m di larghezza. Superato un modesto dislivello di quota, la cavità presenta su ambedue i lati delle brevissime prosecuzioni, poco profonde e prive di collegamento. Il primo cunicolo, posizionato sul lato di sinistra, misura 1,07 m di profondità per 0,46 cm di larghezza ed un’al- tezza pari a 1,10 m. In corrispondenza di tale breve prosecuzione, la cavità artificiale tende ad allargarsi in maniera pressoché disomogenea all’interno di una debolissima formazione tufacea, con alternanze a si- gnificativi spessori di materiali piroclastici non lapi- dei, tipici dell’area di studio. L’altezza della grotta in tale punto è di circa 5,40 m. La variazione del profilo della cavità in tale punto è da porre in relazione alla presenza di un irregolare pozzo-lucernaio, la cui for- mazione è da attribuire a probabili fenomeni di disse- sto statico che hanno causato un collasso della volta ad “occhio di monte”. L’area del dissesto è avvenuta in corrispondenza di consistenti depositi di piroclasti- ti incoerenti sovrastanti la debole formazione tufacea Fig. 17 - Agnano, Napoli. Ambienti interni della “Grotta del Cane”. della calotta. Fig. 17 - Agnano, Naples. “Grotta del Cane” indoor. 332 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 la temperatura interna della Grotta si presenta più respirazione del gas in un organismo umano provoca, calda di qualche grado centigrado in più rispetto ai per chi si addentra nella grotta, l’insolita reazione del valori misurati in prossimità della quota d’accesso. Il “gusto frizzante”, simile all’acqua di seltz o alle ben fenomeno è da porre in relazione alla temperatura di- note bevande gassate. Oltre la metà del percorso, la versa dell’acido carbonico che ristagna ad un livello più temperatura interna della Grotta tende ad aumentare basso. La campagna di misurazioni della temperatura sensibilmente, superando i 45 °C e fino a raggiungere interna della Grotta del Cane si è rivelata piuttosto livelli di calore insostenibile per l’organismo umano. complessa e le temperature stesse hanno raggiunto Tale condizione ha reso impossibile la permanenza dei valori decisamente elevati, al punto tale da rende- piuttosto prolungata all’interno della cavità artificiale re inutilizzabili i tradizionali termometri comunemen- durante la fase di rimozione dei detriti e della relati- te impiegati per le misurazioni termiche. Lungo le pa- va esplorazione speleologica. A 10,30 m dall’accesso, il reti e in corrispondenza dello spazio saturo d’anidride fondo della Grotta del Cane appare caratterizzato dal- carbonica è presente uno spesso strato fuligginoso di la presenza di un ambiente, rimasto inesplorato per colore marrone, dallo spessore di circa tre millimetri oltre 2000 anni (figg. 19 e 20). Tale ambiente ipogeo si e facilmente scalfibile. La caratteristica colorazione presenta con pianta rettangolare e taglio della volta a marrone tende ad evidenziare il livello costante del cosiddetta sezione “piana”. L’ambiente ipogeo è stato gas, segnando con una leggera sfumatura il passag- scavato all’interno dei materiali vulcanici tipici del- gio tra anidride carbonica ed ossigeno. Nell’antichità l’area di studio, con caratteristiche geotecniche semi- le fiaccole accese ed adoperate per l’esperimento di- lapidee e particolarmente sensibili alla scalfitura. Il mostrativo venivano lentamente abbassate in corri- piano di calpestio della camera rettangolare è invaso spondenza del livello di anidride carbonica, la quale da materiali di riporto, accumulatisi nel corso dei vari provocava lo spegnimento delle fiaccole per mancanza secoli per azione di ripetuti scarichi abusivi. di ossigeno che, come è noto, funge da comburente. La fiamma acetilenica, provocata dalla miscela di car- In un angolo della cavità s’intravede un breve tratto buro di calce con acqua, a contatto con lo spessore di di passeggiatoio, al di sotto del quale è presente uno acido carbonico presente all’interno della Grotta pro- strato di malta idrofuga (cocciopesto), comunemente voca un’insolita “reazione”della mofeta, contribuendo impiegata nel rivestimento di opere idrauliche del alla formazione di morbide e bianche volute che ten- mondo antico. A sinistra del condotto principale, in- dono a dissolversi nel giro di pochi minuti (fig. 18). Un vece, vi è un prolungamento della camera, interrot- analogo fenomeno si è verificato anche con l’impiego to quasi per intero da un irregolare conoide di detriti di torce rudimentali, realizzate con stoppa e pece. In provenienti da un pozzo-lucernaio del quale n’è stata corrispondenza dello spessore di acido carbonico non ignorata l’esistenza per oltre venti secoli. è stata rilevata la presenza di organismi viventi. La

Considerazioni conclusive

In relazione alle caratteristiche strutturali del sito ipogeo si può senza alcun dubbio asserire che lo scavo della cosiddetta Grotta del Cane sia stato realizzato nell’intento di sfruttare la risorsa termale di Agnano. La discussa opera ipogea è da considerare, con ogni probabilità, come un probabile sudatorio dell’età anti- ca o un bagno termale ipogeo. Il calore elevato presen- te all’interno della cavità non ha reso possibile l’esecu- zione di un’analisi più dettagliata delle caratteristiche interne della Grotta del Cane, rendendo possibile solo l’avvio di un rapido intervento di rilievo delle condi- zioni statiche e conservative della struttura ipogea a tutto il 2001. Lo scavo della grotta è da far risalire alle prime fasi di frequentazione della Conca d’Agna- no da parte degli antichi colonizzatori Calcidesi. Nella Grotta del Cane era possibile accedere, probabilmente, attraverso un ipotetico ed agevole “dromos” a gradoni, scavato in pendenza, alla fine del quale si entrava era all’interno di un ambiente termale di piccole dimen- sioni, illuminato grazie alla presenza del pozzo lucer- naio, oggi ostruito da materiali detritici. La comparsa della mofeta è da considerare, quindi, cronologicamen- te successiva alla realizzazione della cavità artificiale. L’evidenza e la millenaria attività di manifestazione è Fig. 18 - Agnano, Napoli, “Grotta del Cane”. da porre in relazione, invece, all’intensa ed “irrequie- Fig. 18: Agnano, Naples, “Grotta del Cane”. ta” attività vulcanica dell’area flegrea. Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 333

Fig. 19 - Planimetria della Grotta del Cane (R. Varriale, 2001). Fig. 19 - Plan of the Grotta del Cane (R. Varriale, 2001)

Fig. 20 - Sezioni longitudinali e trasver- sali della Grotta del Cane (R. Varriale, 2001). Fig. 20 - Longitudinal and cross section of Grotta del Cane (R. Varriale, 2001). 334 OPERA IPOGEA 1/2 - 2008 Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali - Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008

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