La Via Delle Aquile Nella Terra Dei Lupi a Cura Di Celestino Grassi

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La Via Delle Aquile Nella Terra Dei Lupi a Cura Di Celestino Grassi LA VIA DELLE AQUILE NELLA TERRA DEI LUPI a cura di Celestino Grassi atti dal convegno Conza della Campania, 28 agosto 2012 INDICE pag. 5. La via Appia, il Parco Letterario Francesco De Sanctis e un’ipotesi di sviluppo per l’Irpinia – Paolo Saggese 9. La tematica – Gerardo Bianco INTERVENTI 13. Note su autori ed ipotesi riguardanti l’Appia irpina – Nicola Di Guglielmo 29. La via Appia in Irpinia – Gerardo Troncone 71. Dalla Mefite a Venosa lungo la Capostrada e Conza– Celestino Grassi 81. Tecniche di costruzione dei ponti romani sull’Ofanto – Michele Carluccio 89. Il tracciato dell’Appia antica dall’Ofanto a Venosa – Nicola Giovanni Di Meo 99. Il progetto della Società Magna Grecia sulla via Appia – Giuliana Tocco / Marianna Franco APPENDICE I 117. I – I viaggi DIPINTI – Osservazioni sulla Tabula Peutingeriana – Gerardo Troncone APPENDICE II 125. II – LA TAVERNA FRA I MONTI – I luoghi di Orazio in Irpinia – Gerardo Troncone Paolo Saggese LA VIA APPIA, IL PARCO LETTERARIO FRANCESCO DE SANCTIS e un’ipoteSI DI SVILUPPO PER L’IRPINIA el presentare, a nome del Parco Letterario Francesco De Sanctis, Nquesti importanti atti del convegno “La via delle aquile nella terra dei lupi”, svoltosi a Conza della Campania il 28 agosto 2012, non possono non venire alla mente alcune delle riflessioni, che Antonio La Penna volle trasmettere, in modo programmatico, in un suo messaggio comunicato agli organizzatori del Parco du- rante la Tavola rotonda “Serve ancora la lezione di De Sanctis per la politica dei nostri tempi?”, cui presero parte, a Morra De Sanctis, il 3 giugno 2000, intellettua- li e politici che rispondono ai nomi di Giorgio Napolitano, Gerardo Bianco, Dan- te Della Terza, Ortensio Zecchino. Allora, scriveva La Penna, con lungimiranza: “La ricerca archeologica ha trovato [in Irpinia] difficoltà e limiti nella scarsezza di mezzi finanziari: sarebbe bello se il Parco Letterario divenisse abbastanza ricco per aiutare validamente la ricerca archeologica. Mi chiedo, tuttavia, quanto del materiale scoperto sia visibile in Alta Irpinia e quanto possa attirare i turisti”1. Dunque, tredici anni fa Antonio La Penna, nell’augurare buon lavoro agli animatori del Parco, poneva tra gli obiettivi di questa sfida non solo culturale dell’Irpinia la necessità di promuovere una cultura militante, che non si riduca ad Arcadia, e al contempo il dovere degli operatori della cultura a vario titolo di 1. Antonio La Penna, Agli amici dell’Alta Irpinia per l’inau- gurazione del Parco Letterario Francesco De Sanctis, in Fran- promuovere iniziative, che fossero in grado di intercettare le richieste di sviluppo, cesco De Sanctis, il critico, l’uomo, il politico, a cura di Paolo Saggese, Agostino Pelullo, Marco Marandino, Coordina- che provenivano e provengono dal territorio stesso. In tal modo, pur da un’ottica mento editoriale CRESM Campania, Lioni, 2001, p. 113. 5 accademica, ma non avulsa dalla realtà, lo studioso indicava nella valorizzazione dei beni archeologici, monumentali, paesaggistici e in generale ambientali uno degli impegni nodali del Parco in quanto capace di produrre sviluppo e progres- so. Questa impostazione, d’altra parte, è pienamente in coerenza con il magistero del grande intellettuale di Morra. Infatti, ancora La Penna ribadiva: “Richiamarsi a De Sanctis significa far proprio un modello di intellettuale che si nutre di gran- di tradizioni culturali italiane ed europee, come l’umanesimo, il pensiero libero e ribelle di Giordano Bruno e di altri filosofi italiani, l’illuminismo, il romantici- smo, l’idealismo hegeliano ecc., e nello stesso tempo è attentissimo ai problemi politici e culturali del presente, ai nuovi bisogni etici ed economici della società”2. Ho ritenuto opportuno richiamare le autorevoli parole di Antonio La Penna, perché questo libro, di cui il Parco ha promosso e finanziato la pubblicazione, risponde mirabilmente alle due sollecitazioni del messaggio di più di un decen- nio fa. Da un lato, il convegno sulla Via Appia fornisce, infatti, le coordinate scientifiche più attendibili relative al tracciato dellaRegina Viarum nel territorio degli Irpini (grazie ai saggi di Nicola Di Guglielmo, Michele Carluccio, Gerardo Troncone, Celestino Grassi e Nicola Giovanni Di Meo), dall’altro fornisce alcu- ne prospettive di valorizzazione del territorio e delle vestigia archeologiche, che potranno contribuire allo sviluppo culturale ed economico di questa parte della provincia di Avellino, che volge verso la Puglia e la Basilicata. Al proposito, particolarmente significativo è l’intervento di Giuliana Tocco e Marianna Franco qui edito, con il titolo Il progetto della Società Magna Grecia sulla Via Appia. La grande viabilità antica: un progetto per la tutela e la riqualificazione, in cui le studiose illustrano le iniziative già intraprese per rendere visibile e per valorizzare l’intero tracciato della Via Appia, il cui studio dovrebbe culminare nell’inserimento della Regina Viarum nella lista dei luoghi e delle opere ritenute Patrimonio Mondiale dell’Umanità (UNESCO). Ecco uno dei passaggi significa- tivi del saggio di Giuliana Tocco e Marianna Franco: “A tal fine appare rilevante che il Ministero per i Beni e le Attività culturali sia in procinto di riprendere 2. La Penna, art. cit., pp. 111-112. le azioni già in precedenza avviate per proporre l’inserimento della Via Appia 6 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità (UNESCO). La Società Magna Grecia intende contribuire fattivamente al conseguimento di tale obiettivo, met- tendo a disposizione il lavoro sin ora compiuto e promuovendo tutte le iniziative utili ad incrementare la rete di collaborazioni necessarie a portare a compimento il progetto ambiziosissimo ma quanto mai attuale di restituire all’antica strada romana il ruolo concepito con straordinaria lungimiranza sin dall’antichità come testa di ponte tra Oriente e Occidente”. Ecco, queste parole concludono in un cerchio perfetto le riflessioni prima ri- portate di Antonio La Penna. Pertanto, il coordinatore del Parco, Mario Salzaru- lo, come il Presidente del GAL Agostino Pelullo, e tutti gli altri operatori culturali e progettisti del Parco non potevano non vedere in questa pubblicazione e in tutte le iniziative che potranno seguire, una delle modalità privilegiate di promo- zione culturale ed economica della nostra terra. Anche per noi, diviene un obiet- tivo fondamentale far inscrivere la Via Appia nell’elenco delle opere e dei luoghi Patrimonio Mondiale dell’Umanità. È una sfida, che accogliamo e rilanciamo. Con Orazio, più volte evocato in questo volume, potremo allora affermare: hoc erat in votis! 7 La via Appia 8 Gerardo Bianco UNA SUGGESTIVA IPOTESI SULL'APPIA ANTICA IN IRPINIA onsacrata, secondo la felice definizione di Publio Papinio Stazio C(S. 2,2,12), come longarum Regina Viarum, l’Appia continua a raccontarci, da oltre due millenni, la sua mirabile storia. Nel mutare dei tempi e dei luoghi, abbandonata dai nuovi percorsi, sepolta dai profondi cambiamenti urbani, essa resiste e si rivela come ineludibile asse viario dal quale è necessario ripartire per una ricognizione an- che attuale del territorio centro–meridionale per leggerlo, appunto, “in profondità”, come acutamente scrivono Giuliana Tocco e Marianna Franco nel loro bel contributo sulla grande viabilità antica, con la proposta di un progetto per la tutela e la riqualifi- cazione dell’Appia antica. Non si tratta solo di una importante operazione archeologi- ca e culturale, ma piuttosto di una impresa che ha l’ambizione più ampia di “immette- re l’antico nella contemporaneità” perché si alimentino a vicenda, secondo le proprie, specifiche logiche. Ciò significa rigoroso rispetto della tutela e della conservazione del bene archeologico e sua corretta fruizione in una prospettiva di iniziative economiche rivolte alla valorizzazione del territorio che, spesso, nell’antico reperto, ha il suo stori- co presupposto. Riscoprire, per dire così, l’Appia romana nella sua unitarietà, significa anche ritrovare in quella “sopravvivenza” dei tratti stradali e dei ponti in rovina, il filo di un destino comune che collega il sud d’Italia e anche l’oriente greco-anatolico, Atene e Istanbul, a Roma e, attraverso Roma, al Nord d’Italia e d’Europa. Il recupero integrale dell’Appia ci restituisce le fondamenta di quelle strutture materiali lungo le 9 quali si è costruita la storia europea attraverso i millenni. A questa finalità mira il pro- getto della Società Magna Grecia, accuratamente illustrato da Giuliana Tocco e da Marianna Franco. È un obiettivo ambizioso che può essere raggiunto solo con un’atti- va collaborazione tra diverse competenze, burocratiche e scientifiche, utilizzando le più avanzate tecniche di ricerca, di catalogazione, d’informatica, etc. Oggi l’Appia an- tica è conosciuta per tratti, come spezzoni del suo mirabile assetto viario (il più vasto quello romano e laziale), e ciò induce alla percezione di un bene da tutelare come qualcosa di circoscritto, di museale e non come testimonianza di una straordinaria impresa da far “rivivere” nel nostro tempo, con la riscoperta del suo percorso, delle varianti che ne hanno segnato lo sviluppo, come quella traiana, del paesaggio delle terre attraversate e della loro storia che spesso dall’Appia ha avuto origine. Recupera- re, dunque, l’originaria concezione dell’Appia come asse viario che unificava terre lontane, antichi insediamenti umani, colonie istituite a presidio dell’espansione roma- na (una visione che andava ben oltre la pur presente funzione militare dell’antica strada, che è la tesi del Mommsen),
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