Per Una Nuova Attribuzione Del Quadro S. Francesco D'assisi Riceve Le
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Filippo Silvestro Filippo Silvestro Federico Barocci (Urbino 1535-1612). Per una nuova attribuzione del quadro S. Francesco d’Assisi riceve le stimmate della Fondazione Manodori di Reggio Emilia Estratto dal Bollettino Storico Reggiano n. 165 Anno L – Fascicolo1 1 - Gennaio 2018 REGGIO EMILIA Federico Barocci 2 Filippo Silvestro Filippo Silvestro Federico Barocci (Urbino 1535-1612). Per una nuova attribuzione del quadro S. Francesco d’Assisi riceve le stimmate della Fondazione Manodori di Reggio Emilia Premessa Questo saggio segue la conferenza per la Deputazione di Storia Patria in relazione al quadro di proprietà della Fondazione Manodori di Reggio Emilia catalogato come “da Federico Barocci, Le stimmate di san Francesco”, olio su tela cm. 102x77, acquisito nel 1997. La Collezione d’arte Manodori nel catalogo del 2014 a cura di Massimo Mussini, soprattutto nella prima parte “dal cinque al settecento”, elenca importanti opere di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, Ludovico Carracci, Camillo Procaccini, Alessandro Tiarini, Giovanni Lanfranco, Luca Ferrari detto Luca da Reggio, Marcantonio Franceschini, Cristoforo Munari, Girolamo Donnini, Carlo Bononi e “da Federico Barocci, Le stimmate di san Francesco” La mia attenzione si è riversata su questo ultimo quadro che non aveva una attribuzione certa1. Nello studiare la pala d’altare del Cavalier d’Arpino “La Visitazione” (1602), (foto A) nella Cappella Toschi, nel Duomo di Reggio Emilia, avevo confrontato l’opera con quella di Federico Barocci, con lo stesso titolo, che l’urbinate aveva dipinto, alcuni anni prima, (1583-1586) per la chiesa romana di Santa Maria della Vallicella o Chiesa Nuova. (foto B) L’importanza della pala del Barocci è documentata e riassunta da Massimo Moretti che nella scheda relativa nel catalogo della mostra “Federico Barocci 1535-1612, L’incanto del colore. Una lezione per due secoli”. (2009)2. 3 Federico Barocci Scrive Moretti: “Come documenta la letteratura artistica e agiografica, Filippo Neri, fondatore degli oratoriani, amava pregare davanti all’immagine e trascorrere lunghi periodi nella cappella in devote contemplazioni”. Anche Pietro Giacomo Bacci riporta la notizia, nel Seicento, Filippo Neri si tratteneva volentieri davanti alla pala del Barocci, Santa Maria in Vallicella (1995)3. Per altre notizie sul confronto tra le due pale si veda anche F. Silvestro in “La scoperta dell’autoritratto del Cavalier D’Arpino nel Duomo di Reggio Emilia” (2013)4. Federico Barocci Nasce a Urbino nel 1535 e lì muore il 30 settembre 1612. L’importanza del pittore è collegata alla sua città natale con l’opera che si trova nel Palazzo Ducale nella Galleria Nazionale delle Marche “San Francesco riceve le stimmate”, 1594-1595, olio su tela cm. 360x245. (foto C) Venne commissionata dall’ultimo duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere, per la chiesa urbinate del Convento dei Cappuccini. Il modello di San Francesco ha le sembianze del duca Francesco Maria II, e ho messo a confronto, penso per la prima volta, in questo saggio. La critica definisce il quadro come la descrizione dei notturni più suggestivi della pittura italiana, forse aggiungo io, anticipando il “luminismo” del Caravaggio. La scena si svolge sul monte La Verna e vede protagonisti oltre San Francesco, Fra’ Leone che lì si riunivano in preghiera. All’improvviso la presenza divina che inonda il Santo che a braccia aperte riceve le stimmate. Sullo sfondo la Chiesa dei Cappuccini e l’episodio biblico dell’uccisione di Abele da parte di Caino. Il quadro della Fondazione Manodori, penso, possa essere un bozzetto del Barocci, prima della stesura definitiva della pala del Palazzo Ducale di Urbino. (foto D) Ritengo che il testo che meglio descrive l’opera di Federico Barocci e della sua scuola, sia quello di Hermann Voss (“La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze”, Roma 19945. Scrive il Voss: “ Fra tutti gli artisti dell’ Italia centrale, Federico Barocci (Urbino 1535-1612) è la personalità più originale e corente del tardo XVI secolo, nonché la più ricca interiormente e-tutto sommato lo si può ben dire-la più significativa”. Il Voss cita tante opere dell’artista tra cui la “Stimmatizzazione” di san Francesco in cui “il senso mistico dell’evento viene reso in un chiaroscuro che si rafforza fino a giungere alla monocromia”. 4 Filippo Silvestro Nel capitolo “Allievi e imitatori nelle Marche e a Siena” sono citati: Alessandro Vitale (1580-1630), Francesco Vanni, Ventura Salimbeni, Antonio Viviani Filippo Bellini e Claudio Ridolfi tra i maggiori. Un altro importante critico e storico dell’arte statunitense Sydney Freedberg, nel 1988, in “La pittura in Italia dal 1500 al 1600” scrive: “lo stile del Barocci fu la novità più radicale della pittura italiana, quella che fece maggiore impressione; e che anche dopo la morte dei Carracci, il modello del Barocci rimase per un certo tempo il più diffuso”. Anche il Freedberg accosta l’opera del Barocci a quella del Correggio e solo di sfuggita esamina “Le stimmate di San Francesco” della Galleria Nazionale di Urbino. Anche lo storico statunitense elenca gli allievi del pittore urbinate: Antonio Viviani, Andrea Lilio, Francesco Vanni e Ventura Salimbeni6. Alcune opere di Federico Barocci Autoritratto, 1596-1600, olio su tela cm. 42,2x33, Firenze Galleria degli Uffizi. Il pittore si autoritrae già anziano e incanutito però in una immagine potente “per l’affiorare luminoso del volto dal fondo rossiccio della tela. (foto E) Tra le più interessanti il “Riposo durante la fuga in Egitto” (1570-1573), olio su tela cm. 133x110 in Pinacoteca Vaticana. (foto F) Questo quadro potrebbe essere stato preso come “modello” dal Caravaggio, alcuni anni dopo (1595-1596) per la sua opera dallo stesso titolo, ora a Roma in Galleria Doria Pamphilj, olio su tela cm. 135,5x166,57. (foto G) Questo Caravaggio “prima maniera” ha colori sgargianti, chiari, simili alla tavolozza del Barocci, La Mina Gregori, a questo proposito, scrive in “Caravaggio” (1994): “Nel Riposo in Egitto riprende il motivo veneto della figurazione sacra nel paesaggio vuole affermare che non v’è differenza tra il sentimento del reale e il sentimento del divino”. Il Freedberg scrive sul Riposo nella fuga in Egitto: “…parafrasando evidentemente la Madonna della scodella del Correggio, il Barocci crea una specie di gioco, che nel Correggio non c’è, di sfaccettature acute, quasi astratte, della forma in contrasto con un polveroso sfumato”. Interessante questo inedito percorso artistico dal Correggio passando per il Barocci fino al Caravaggio. In questa tesi ci conforta anche Corrado Ricci che nella voce relativa al pittore nell’Enciclopedia Italiana (1930) fondata da Giovanni Gentile, scrive: “Vi sono dipinti suoi, come il “Riposo in Egitto” che possono considerarsi variazioni di temi correggeschi, quantunque svolti senza servilità”. 5 Federico Barocci Poi il riferimento al Bellori “suo primo e maggiore biografo” che asserisce questo influsso correggesco8. La Madonna del gatto, 1575 ca., olio su tela cm. 112,7x92,7, Londra, National Gallery. (foto H) Il committente è il conte Antonio Brancaleoni di Piobbico. Il quadro ebbe un immediato successo e nel 1577 è riprodotto in una incisione d Cornelis Cort. Dopo vari passaggi l’opera approda, per testamento, nel prestigioso museo londinese. L’Annunciazione, 1582-1584, olio su tavola trasportato su tela cm. 248x170, Pinacoteca Vaticana. (foto I) Eseguita per la cappella di Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino, nella Basilica di Loreto, Trasferita a Parigi nel 1797, rientra in Italia nel 1816. La Natività, 1597, olio su tela cm. 134x105, Madrid, Museo del Prado. (foto L) L’opera è realizzata su commissione di Francesco Maria della Rovere (1549-1631, condottiero e e duca di Urbino, il quale nel 1605 dona l’opera a Margherita d’Austria (1584-1611), moglie di Filippo III, re di Spagna. Cristo spirante, olio su tela cm. 374x246, Madrid Museo del Prado. (foto M) Viene commissionato dal duca di Urbino Francesco Maria II e secondo disposizioni testamentarie donato al re di Spagna Filippo III. Questa opera precede di alcuni anni quella del Reni. Il Crocifisso di Guido Reni, 1619, olio su tela cm. 261x174, Modena Galleria Estense. (foto N) Il dipinto era stato commissionato da Girolamo Resta per l’Oratorio reggiano detto delle Cinque piaghe. Venne prelevato dal duca di Modena nel 1783 per finire poi nei musei modenesi. Gian Carlo Cavalli, nella mostra a Bologna, nel 1959, definisce il pittore:” In Guido principio ideale e realtà s’identificano ben presto, come stretta conseguenza della teoria classicista, nel mito stesso della bellezza”9. Deposizione dalla Croce, 1567-1569, olio su tela cm. 412x232, Perugia Cattedrale di San Lorenzo. (foto O) L’opera è commissionata dal Collegio della Mercanzia e presenta un assetto compositivo e cromatico che si può assimilare a opere analoghe di Daniele da Volterra a Trinità dei Monti e a quella di Taddeo Zuccari, sempre a Roma, in Santa Maria della Consolazione. 6 Filippo Silvestro Fuga di Enea da Troia, 1598, olio su tela cm. 179x253, Roma Galleria Borghese. (foto P) Il dipinto ebbe una prima versione andata perduta. L’edificio sullo sfondo è il tempietto del Bramante in San Pietro in Montorio. Il dipinto è commissionato da Giuliano della Rovere, abate di San Lorenzo in Campo. Il ritratto di Francesco Maria II Della Rovere, 1572, olio su tela cm. 113x93, Firenze Galleria degli Uffizi. (foto P) Novella Barbolani di Montauto scrive nella scheda relativa che fu il padre Guidobaldo II della Rovere a volere il ritratto del figlio: “…aveva infatti solo ventitre anni quando nel 1572 tornò dalla battaglia di Lepanto, suggello vittorioso agli anni dell’adolescenza trascorsi alla corte di Filippo II di Spagna”10. Stimmate di San Francesco, 1594-1595, olio su tela cm. 360x245, Urbino Galleria Nazionale delle Marche. (foto C) Claudia Caldari nella scheda per la mostra di Siena, scrive: “Numerosi studi preparatori documentano l’elaborazione della composizione, più grandiosa e innovativa delle precedenti interpretazioni che Barocci aveva dato del tema”.