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GIAREDA 2019 – NOTE STORICHE SULLA SAGRA E SULLA BASILICA DELLA GHIARA

LA TRADIZIONE DELLA GIAREDA - Per ben 260 anni, dal 1601 al 1861 la Ghiara ha ospitato la Fiera di Reggio, che si inaugurava il 29 aprile – festa del primo Miracolo – e proseguiva per otto giorni. Era un periodo di festa che segnava la vita della città: confluivano in questo corso commercianti da ogni parte d'Italia e anche dall'estero con le loro mercanzie (stoffe, specchi, cappelli, occhiali, bicchieri, maioliche, strumenti musicali, giocattoli) che venivano esposte nelle caselle di legno appositamente costruite. Per consentire lo svolgimento dell’evento veniva rivoluzionato il traffico delle carrozze e per l’occasione si apriva la stagione teatrale che attirava spettatori reggiani e forestieri. Improvvisamente una forte nevicata caduta nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1861 distrusse i banchi della Fiera e ne decretò la fine, anche per le mutate condizioni politiche ed economiche legate alla nascita del nuovo Regno d'Italia, proclamato poche settimane prima. Per 120 anni il fascino e la magia di quell'appuntamento primaverile andarono quindi persi finché nel 1980 la Fabbriceria del Tempio e il Comune di Reggio ripristinarono la tradizione, mutandone tuttavia le date, ma valorizzando nuovamente il legame tra i reggiani e il Tempio mariano, vero monumento di fede e di arte. L’immagine miracolosa della Madonna della Ghiara, insieme a quella del patrono San Prospero e dei compatroni Grisanto e Daria, è riprodotta sul retro del gonfalone del Comune di Reggio.

LA BASILICA - La Basilica della Ghiara, da sempre officiata dalla Comunità dei Servi di Maria (presenti a Reggio dal 1313) e proprietà ancora oggi del Comune, fu costruita con il contributo dei reggiani, che si tradusse in talento artistico, sapienza costruttiva, contributi economici e in materiali: durante la costruzione del Tempio, dalle campagne e dai paesi venivano portati pietre e mattoni sulla Via Emilia, poi raccolti dai carri diretti al cantiere. Se il Seicento, il tempo del Barocco, è stato definito il Secolo della meraviglia e della gloria, la Basilica della Ghiara ne è la piena esemplificazione e conferma. Il suo ciclo di affreschi, realizzati da alcuni dei più grandi maestri del Seicento emiliano – scoperti e cresciuti alle scuole dei Carracci e di – si sviluppa su un efficace e simmetrico sistema di volte e cupole (quella maggiore centrale e le quattro laterali), innestate su una costruzione a croce greca, progettata a fine Cinquecento dal ferrarese Alessandro Balbi, allievo di Biagio Rossetti e collaboratore di Giovanni Battista Aleotti, con interventi successivi di Francesco Pacchioni, reggiano, architetto direttore dei lavori e ideatore della cupola maggiore nelle forme attuali. Intervallati da pregevoli stucchi, dorature, decorazioni e statue, gli affreschi delle volte sono una narrazione di episodi dell’Antico Testamento, con protagoniste femminili, fino a Maria, che è il “punto di incontro” fra l’Antico e il Nuovo Testamento. E’ rappresentato quindi con grande rilievo e bellezza il ruolo della donna nella storia della Ufficio Stampa

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Salvezza. Nelle cupole, Profeti, Sibille, Evangelisti, Dottori della Chiesa, Santi dei Servi di Maria e della città di Reggio, allegorie delle Virtù. Di grande pregio, altresì, le Pale d’altare, una per tutte il ‘Gesù in croce consolato dall’angelo’, fra i più ammirati dipinti di Giovanni Francesco Barbieri detto il , collocato nella bellissima ancona marmorea di Giovanni Battista Magnani, sull’altare di fronte a quello della Madonna della Ghiara. Fra gli altri maestri, a costo di dimenticarne alcuni, vanno ricordati: Ludovico Carracci, Carlo Bononi, Alessandro Tiarini, Lionello Spada, Luca Ferrari da Reggio, Orazio Talami, Camillo Gavassetti, Pietro Desani, Tommaso Sandrini, Carlo Caliari ‘Veronese’, Lorenzo Franchi, Jacopo Palma il Giovane, Sebastiano Vercellesi, Pietro Armani, Giovanni Savi, Francesco Burani, Giulio Cesare e Michele Mattei.