“Il Consiglio Supremo Di Difesa”

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“Il Consiglio Supremo Di Difesa” UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI DIRITTO PUBBLICO “ANDREA ORSI BATTAGLINI” DOTTORATO DI RICERCA IN “DIRITTO PUBBLICO – DIRITTO URBANISTICO E DELL’AMBIENTE” (XXII CICLO) TESI DI DOTTORATO “IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA” CANDIDATO TUTORE RICCARDO BELLANDI PROF. CARLO FUSARO COORDINATORE DEL DOTTORATO DI RICERCA PROF. PAOLO CARETTI 1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI DIRITTO PUBBLICO “ANDREA ORSI BATTAGLINI” DOTTORATO DI RICERCA IN “DIRITTO PUBBLICO – DIRITTO URBANISTICO E DELL’AMBIENTE” (XXII CICLO) TESI DI DOTTORATO “IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA” CANDIDATO TUTORE RICCARDO BELLANDI PROF. CARLO FUSARO COORDINATORE DEL DOTTORATO DI RICERCA PROF. PAOLO CARETTI 2 INDICE INTRODUZIONE Oggetto, criteri e fonti dell’indagine . p. I CAPITOLO 1- ANTECEDENTI STORICI 1. Introduzione . p. 1 2. La commissione suprema mista per la difesa dello stato (1899-1915) . p. 4 3. Il comitato supremo per i rifornimenti di armi e munizioni (1915-1918) . p. 16 4. La commissione suprema (mista) di difesa (1923-1944) . p. 19 5. Il comitato di difesa (1945-1947) . p. 44 CAPITOLO 2 - DISCIPLINA COSTITUZIONALE 1. Introduzione . p. 49 2. L’art. 87.9 Cost. nell’ambito della “costituzione della difesa”: la genesi . p. 52 3. (segue): la valenza giuridica . p. 82 CAPITOLO 3 - LEGGE ISTITUTIVA 1. Introduzione . p. 93 2. Legge 28 luglio 1950, n. 624: genesi e disciplina . p. 95 3. Le ricostruzioni della dottrina . p. 120 3 CAPITOLO 4 NORME ATTUATIVE, PRASSI, DOTTRINA DAL 1950 AL 2009 PARTE I – ORDINAMENTO INTERNO 1. Introduzione . p. 147 2. Il presidente della repubblica in consiglio . p. 150 3. I rappresentanti del governo in consiglio . p. 169 4. Il capo di stato maggiore della difesa (e gli altri vertici tecnico/militari) in consiglio . p. 191 5. Gli altri membri straordinari in consiglio . p. 208 6. Il segretario e l'ufficio di segreteria . p. 211 7. Comitati di ministri e commissioni di studio . p. 230 8. La formazione della volontà consiliare . p. 236 9. Ordinamento interno e natura giuridica dell'organo . p. 249 PARTE II – ATTIVITA’ 1. Introduzione . p. 257 2. Il diritto positivo, la dottrina e la commissione Paladin . p. 259 3. La prassi dal 1950 a oggi: 3.1. L’ambito materiale dell’attività . p. 277 3.2 Natura giuridica ed efficacia dell’attività . p. 326 3.3. L’attività consiliare nei diversi mandati presidenziali . p. 343 4. Pubblicità dell’attività consiliare . p. 346 5. Rapporti con il parlamento . p. 351 TABELLE allegate al CAPITOLO 4 . p. 356 4 CAPITOLO 5 - RUOLO NEL SISTEMA COSTITUZIONALE 1. Il CSD quale organo “camaleontico”. p. 429 2. I fattori costitutivi . p. 431 3. L’interazione dei fattori costitutivi e i modelli di CSD che ne scaturiscono. p. 446 4. I modelli di CSD affermatisi nei diversi mandati presidenziali e alcune ipotesi di realizzazione storica. p. 450 5. L’impatto del CSD sulla figura del capo dello stato nel contesto della forma di governo della Repubblica italiana. p. 498 BIBLIOGRAFIA. p. 505 5 INTRODUZIONE OGGETTO, CRITERI E FONTI DELL’INDAGINE 1 – Il piano dell’opera. Lo studio tratta del “consiglio supremo di difesa” della Repubblica italiana (che per esigenze espositive potrà essere definito con l’acronimo “CSD”). Dopo una panoramica sui precedenti storici operanti nell’età liberale (1889/1923), durante il regime fascista (1923/1944) e nella fase transitoria (1944/1947) [cap. 1], l’indagine prenderà avvio dalle disposizioni costituzionali che prevedono il nuovo organo di difesa. Sarà così esaminato l’art. 87.9 della Costituzione nel più ampio contesto della ripartizione delle attribuzioni militari tra gli organi del vertice politico della Repubblica [cap. 2]. Seguirà l’analisi della legge che – in attuazione della Costituzione – istituì e di- sciplinò il CSD (L. 28 luglio 1950, n. 624), e dell’ampio dibattito che essa, ancor oggi in vigore nella sua versione originaria, ha suscitato tra i costituzionalisti [cap. 3]. Definito il quadro costituzionale e legislativo, l’attenzione si sposterà verso la normativa secondaria, le elaborazioni dottrinali e la prassi che hanno contrasse- gnato i primi sei decenni di attività del CSD [cap. 4]. In tale contesto assume particolare rilevanza lo studio della prassi, il vero “cuore” dell’opera: disposizioni costituzionali e legislative laconiche, ambigue e suscettibili di molteplici interpretazioni, seguite da una normativa secondaria par- ziale e informale o tardiva e contraddittoria, hanno consentito che l’ordinamento interno e le competenze del CSD si modellassero prevalentemente in via di fatto, adeguandosi ai diversi contesti politici e ai rapporti di forza tra gli organi del ver- tice istituzionale. L’opera terminerà con un tentativo di ricostruire il ruolo assunto dal CSD nel nostro sistema costituzionale, esaminandone l’evoluzione sotto i vari mandati presidenziali, dai primi anni ’50 a oggi. Non mancheranno, altresì, delle considerazioni conclusive sull’impatto esercitato dal CSD sulla figura del presidente della repubblica nel contesto della forma di governo italiana [cap. 5]. Il piano dell’opera, sopra sinteticamente illustrato, troverà debita integrazione nelle “introduzioni” dei rispettivi capitoli in cui il lavoro è suddiviso. 2 – Su alcuni criteri d’analisi. L’attività posta in essere dal CSD, nonché dagli organi similari che lo hanno preceduto, assume grande rilevanza nell’economia dell’opera. Ciò induce a proporre e illustrare già in questa sede i criteri che sa- ranno utilizzati per il suo esame. 6 L’attività del CSD (e, più in generale, di tutti gli altri soggetti dell'ordinamento che hanno competenze in materia di difesa) può essere classificata secondo tre criteri: 1) l’ambito materiale; 2) la natura giuridica; 3) la tipologia ed efficacia di- spiegata. 2.1 – L’ambito materiale. Il primo criterio di classificazione trae spunto da tre categorie concettuali proposte da Carlo Jaen, e successivamente riprese dalla mi- gliore dottrina giuridica e dallo stesso legislatore. Jean ripartisce l’attività di indi- rizzo politico in materia militare in tre categorie concentriche e con raggio d'am- piezza decrescente: la politica di sicurezza, la politica di difesa e la politica mili- tare1. La politica di sicurezza “comprende una gamma molto vasta di attività in cui si concreta l’azione internazionale dello stato. Essa riguarda azioni in settori pre- valentemente non militari, in campo politico, diplomatico, economico e finanzia- rio”, quali, ad esempio, le alleanze internazionali, “la sicurezza dei rifornimenti energetici o la sicurezza dell’autonomia nazionale da acquisizioni estere di settori chiave dell’economia e dell’industria nazionale”. Di fatto “coincide con la politica estera generale dello stato, e comunque ne costituisce componente essenziale”2. La politica di difesa rientra nella politica di sicurezza e rappresenta la sintesi di una politica di difesa militare, che riguarda specificatamente le forze armate, e di una politica di difesa civile, che “concerne tutti i settori interessati a conferire alla nazione la capacità di sopportare gli effetti di attacchi su obiettivi civili e di provvedere ai rifornimenti indispensabili per la popolazione e per il sostegno dello sforzo militare”3. 1 C. JEAN [1989, 7-9]. La ripartizione è adottata da G. DE VERGOTTINI [1991, 18-21] e recente- mente codificata dallo stesso legislatore. L’Art. 1, L. 18 febbraio 1997, n. 25 (“Attribuzioni del ministro della difesa, ristrutturazione dei vertici delle forze armate e dell’amministrazione della difesa”, in G.U., 1997, n. 45) fa esplicito riferimento ai tre ambiti materiali concentrici proposti da Jean, pur senza specificarne i contenuti: “Il ministro della difesa, preposto all’amministrazione ci- vile e militare della difesa e massimo organo gerarchico e disciplinare: a) attua le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza adottate dal governo, sottoposte all’esame del consiglio supremo di difesa e approvate dal parlamento; b) emana le direttive in merito alla politica militare, all’attività informativa e di sicurezza e all’attività tecnico-amministrativa; (…)” [corsivo mio]. Cfr. sul punto G. GUIGLIA [1997, 873-890], P. BONETTI [2000, 17-71]. La classificazione tra le tre politiche è stata recentemente ripresa e approfondita dallo stesso C. JEAN [2004, 37-64]. 2 C. JEAN [1989, 7-9]. 3 “In particolare la politica di difesa civile consiste nel predisporre quei piani civili di emergenza per “garantire la continuità dell’azione governativa e amministrativa in caso di attacco, la prote- zione civile, i rifornimenti d’emergenza, la funzionalità della rete dei trasporti e delle comunica- zioni, la mobilitazione industriale, il sostegno industriale e logistico alle forze armate, requisizione dei mezzi di trasporto, accoglimento di rifugiati ed evacuati” C. JEAN [1989, 7-9]. Mentre nell'uso italiano – evidenzia Valori – per difesa civile si intendeva la difesa della popolazione civile contro attacchi nemici, la terminologia anglosassone, preferibile, fa rientrare nel concetto di difesa ci- vile ogni tipo di organizzazione delle forze non militari ai fini della difesa in caso di guerra; quindi sia la mobilitazione e la protezione della popolazione civile che la mobilitazione industriale ed economica. F. VALORI [1964, 434]. 7 La politica militare, a sua volta parte della più ampia categoria della politica di difesa, riguarda la “definizione degli obiettivi dei concetti strategici, la riparti- zione delle risorse per la realizzazione dei vasti programmi e i lineamenti generali dell’organizzazione e dell’impiego delle forze armate. (…) In essa domina (…) nettamente
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