Dopo La Barbarie: Il Difficile Rientro (Pdf, 3.8
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DOPO LA BARBARIE Il difficile rientro A cura di LUCIO PARDO e CAROLINA DELBURGO Il volume è stato realizzato da Lucio Pardo e Carolina Delburgo Volume impaginato e stampato dal Centro Stampa della Regione Emilia-Romagna nel mese di ottobre 2019 Una storia Le leggi razziali volute dal fascismo e controfirmate dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III costituirono la base di una delle pagine più vergognose della storia del nostro Paese. E non solo per le tragiche conseguenze che colpirono i tanti cittadini di religione ebraica che furono barbaramente assassinati dai nazisti e dai loro alleati fascisti. Furono una barbarie perché umiliarono l’intero popolo italiano, costituendo una drammatica cesura nella nostra storia collettiva. Nel volume “Barbarie sotto le Due Torri”, realizzato in occasione della Giornata della Memoria 2019 dall’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna grazie al lavoro di Lucio Pardo, testimone del tempo e per molti anni alla guida della Comunità ebraica di Bologna, raccontammo le storie drammatiche di bolognesi ed emiliano-romagnoli perseguitati. Di come molti di loro perirono, di come alcuni si salvarono. Quest’anno, sempre grazie al lavoro di Lucio Pardo, abbiamo voluto dare risposta a un nuovo interrogativo: cosa avvenne dopo? Cosa accadde a chi tornava dai lager? Come avvenne il “rientro” nella vita della comunità? Sì perché storie e testimonianze raccontano di come la “barbarie” continuò anche dopo la fine della guerra, dopo la firma di rese e trattati di pace, tanto era stata devastante la violenza provocata dall’annullamento della dignità e del diritto stesso alla vita. Nelle pagine di questa pubblicazione rivive il dramma di chi, sopravvissuto alla Shoah, dovette ricominciare a lottare per riconquistare quei diritti e quella normalità che gli era stata rubata dalla criminale follia nazifascista. Simonetta Saliera Presidente Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna 1 2 Introduzione di Lucio Pardo Com’è stato possibile che degli uomini normali che fuori dal nazismo avrebbero vissuto una vita completamente simile a quella dei loro vicini di casa si siano trasformati in serial killer? Assassini seriali di uomini, donne e bambini con cui non avevano avuto nessun rapporto, che a loro non avevano fatto niente di male. Com'è possibile che siano venuti da migliaia di chilometri di distanza, apposta per distruggere delle famiglie come la loro? Ma che loro avessero considerato invece, che si fossero raccontati che non erano uomini ma che erano degli insetti, dei topi, dei parassiti quando vedevano benissimo che invece erano uomini donne bambini? La razionalità umana abitua ad associare ad ogni effetto una causa vicina o lontana ma sempre una causa. La rottura del rapporto causa effetto sconcerta e disorienta: è un'arma micidiale, pilastro dell'ordine del terrore, pietra angolare del lager, dopo il crollo del nazismo, dopo la distruzione del bunker di Hitler. In Germania e altrove un interrogativo è rimasto a mezz'aria: come e perché? La fuga dalla razionalità non è facile da spiegare. È ragionevole pensare che sia il risultato della sovrapposizione di diversi effetti di varie cause. La prima causa che è evidente a chi scrive è la fedeltà assoluta a questa terna: un Volk (popolo), un Reich, un Führer da cui consegue anche il cosiddetto „principio del Führer“, der Führer Prinzip, ossia che il Führer è la guida infallibile del Volk e comanda il Reich. Un mondo a rovescio inventa nemici, educa, pianifica e prepara genocidi. Non strumenti di conquista e dominio, ma obbiettivi finali di guerra: estinguere razze “non umane” e “subumane”. È una novità assoluta nella storia, l’arma segreta del nazionalsocialismo, un movimento che coglie il mondo intero di sorpresa e che tuttora lo lascia impreparato. È un movimento equivoco basato sulla menzogna: non è socialista e non è egualitario fra le nazioni. Non vuole che queste siano eguali, le vuole vassalle della Germania, della sua “Razza Padrona”. È il pangermanesimo, non il socialismo che esalta il lavoro di contadini e di operai, lavoratori uniti ed eguali sotto il simbolo di falce e il martello con l’aggiunta del libro. La svastica, o croce uncinata, invece, non ricorda nessuno strumento di lavoro, ma solo qualcosa che gira intorno un centro come un turbine, un gorgo nel quale si sprofonda oppure ricorda le ruote di un carro falcato da guerra. È comunque il simbolo di un movimento di distruzione che niente ha a che fare con il socialismo, ma che ha segnato la storia ed è tanto citato nei suoi crimini, quanto poco noto nelle sue motivazioni esposte nel Mein Kampf. Basta conoscerle per smentire coloro che negano, banalizzano o giustificano i crimini nazisti. Come Hitler guida il suo popolo è scritto in grande in questa frase alla fine del Capitolo XIV del Mein Kampf: “È missione del movimento nazionalsocialista portare il nostro speciale popolo (eigenes Volk) a quella visione politica che gli farà riconoscere che non deve inebriarsi sognando un’altra impresa come quella di Alessandro Magno, ma deve fare molto di più, portando (in Russia) l’alacre lavoro dell’aratro tedesco al quale la spada dà il solo terreno “. Traducendo in termini meno precisi e involuti ma più comprensibili quanto sopra: affinché Il popolo conquisti lo Spazio Vitale, il Führer insegna ad “uccidere tutti e distruggere ogni traccia di vita, prima che sia la spada a consegnare il solo terreno all’alacre lavoro dell’aratro tedesco”. Questa frase non è un ordine è il manifesto di una visione politica che vuole trasformarsi in un credo pseudo religioso. Hitler scrive nel suo libro che lui vuol essere solo “il tamburino che annuncia la nuova era”. 3 Però più che il tamburino, Hitler ricorda il pifferaio di Hamelin che trascina tutto il suo seguito verso il baratro e la distruzione. E forse proprio questa è la sua vocazione. Fallito come studente, come artista, come figlio che a 14 anni non studia e non lavora per aiutare la madre vedova e la sorellina di sette anni. Nell'aprile del 1924 A dolf Hitler è condannato a 4 anni di carcere per il tentato colpo di stato a Monaco di Baviera ed è rinchiuso in fortezza a Landsberg. Poi, la condanna a 4 anni è ridotta a 13 mesi. Durante la detenzione completa lo schema del Mein Kampf che descrive la sua azione politica. Nessun altro libro avrebbe meritato di più l’attenzione dei capi politici e militari degli Alleati quando il suo autore ottiene il potere. Lo legge Winston Churchill che così sintetizza nella sua “Storia della Seconda Guerra Mondiale” il pensiero di Hitler: “Nel Mein Kampf si trovano il programma della rinascita tedesca, la tecnica della propaganda di partito, piani di lotta contro il marxismo, la concezione dello Stato nazionalsocialista, la giustificazione del predominio della Germania sul mondo intero. Vi sono esposte le basi della sua fede e della sua guerra. È enfatico, prolisso, farraginoso, ma traboccante del suo verbo”. È reso in maniera efficace dall’editore del nazismo e giornalista Max Amann. Costui cominciò con accorciare il titolo: da una decina di parole a solo due, e supervisiona le centinaia di edizioni che seguono la prima. Il testo è diviso in due volumi: la “mia vita” e “il movimento nazionalsocialista”, questo secondo volume nella sua 416° edizione, consultabile nella biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, ha un formato tascabile, una stampa agile e leggibile ove, con caratteri più grandi e distanziati, sono esposti in tutta evidenza i punti salienti e le conclusioni del capitolo, quelle sole che devono restare nella memoria del fedele nazista. “La tesi principale del Mein Kampf - sintetizza Churchill - é semplice. L'uomo è un animale combattente e di conseguenza La Nazione, che è una comunità di guerrieri, è una unità combattente. Ogni organismo vivente che abbandona la lotta per la vita è condannato a perire. Il paese o la razza che cessino di combattere sono destinati a estinguersi. La determinazione a battersi dipende dalla purezza della razza. Di qui la necessità di espellere le contaminazioni razziali straniere. Il pacifismo è un peccato mortale perché significa la rinuncia della razza alla lotta per la vita. Primo dovere di ogni paese è quindi nazionalizzare le masse. Ideale ultimo della Istruzione è produrre un tedesco che, con un minimo di addestramento, possa mutarsi in un soldato. Se non fosse esistita la forza trascinante di passioni fanatiche isteriche i più grandi movimenti della storia sarebbero stati inconcepibili. Le virtù borghesi della pace e dell'ordine non possono dar vita a nulla. Il mondo procede ora verso un sommovimento del genere e il nuovo stato Germanico deve preparare la razza alle estreme più grandi decisioni che l'umanità possa prendere. La Germania non deve ripetere l'errore di combattere in una sola volta contro tutti i suoi nemici, essa deve isolare il più pericoloso e assalirlo con ogni sua energia la Germania deve mirare ad un'espansione verso la Russia". A questa sintesi dell’ideologia nazista Churchill nulla di suo aggiunge. Sono solo parole, anche se profondamente innovative, ma non ancora fatti. I fatti narrati nel seguito della storia sono i commenti alle parole ed il premio Nobel per la letteratura: sono il commento dell’Accademia di Svezia al lavoro di storico di Churchill. L’uomo nuovo, l'individuo ideale alla base dell'ideologia nazista è l’opposto di quel modello di uomo che la civiltà umana ha individuato in millenni di storia. Per il filosofo Aristotele l'uomo è un animale sociale, Zoòn Politikòn, per sua natura portato ad associarsi altri esseri umani nella Polis, in greco la città, luogo di pacifica convivenza retta da leggi rispettate da tutti anche a costo della vita come fa Socrate. La pacifica convivenza di diverse genti nella città, nella Civitas, è lo scopo della città romana.