Novecento in Prosa Da Pirandello a Busi

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Novecento in Prosa Da Pirandello a Busi Impaginato2.indd 1 20-10-2011 10:26:22 Impaginato2.indd 2 20-10-2011 10:26:22 Novecento in prosa da Pirandello a Busi Giovanni Tesio Edizioni Mercurio Impaginato2.indd 3 20-10-2011 10:26:22 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL PIEMONTE ORIENTALE Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Piemonte Orientale. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Copyright © 2011 Edizioni Mercurio - Immobiliare Leonardo srl, piazza A. D’Angennes, 8 - 13100 Vercelli ISSN 1722-1951 ISBN 978-88-95522-74-6 Copertina: Ugo Nespolo Impaginato2.indd 4 20-10-2011 10:26:23 Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Piemonte Orientale «Amedeo Avogadro» Collana Studi Umanistici Nuova serie 24 Impaginato2.indd 5 20-10-2011 10:26:23 Impaginato2.indd 6 20-10-2011 10:26:23 Indice Presentazione 11 Saggi Lalla Romano e il cuore («imperdonabile») di Un sogno del Nord 17 Lucio Mastronardi: invito alla trilogia 43 L’ultimo Mastronardi 55 Sebastiano Vassalli, un «nulla pieno di storie» 73 Cuore di pietra di Sebastiano Vassalli tra gli uomini e gli dei 101 Contributi Antonio Bobbio: il percorso di un memorialista alessandrino del secondo Ottocento 121 Dal Fu Mattia Pascal a I vecchi e i giovani: piccole chiose per una transizione 135 Augusto Monti e Cesare Pavese: un’affinità «dissimilare» 147 I «piemontesi» di Carlo Dionisotti 161 Il «frammentario ricordare» di Virginia Galante Garrone in Dopo il fiore 183 I Promessi Sposi tra parodia e rimaneggiamento: i casi di Guido Da Verona e Piero Chiara 195 Il piatto piange: le donne, i cavalier, il gioco e gli amori nel «secondo esordio» di Piero Chiara 207 La prosa incisa di Cristina Campo 223 Excursus breve su Giuseppe Tonna scrittore 237 Alessandro Spina: appunti di lettura sul romanzo breve La vedova 251 Le dogane di Nico Orengo tra Mortola e Torino 263 Impaginato2.indd 9 20-10-2011 10:26:23 10 Occasioni Sul Diavolo al Pontelungo di Riccardo Bacchelli 279 Su Anima e volti del Piemonte di Filippo Burzio 291 Mario Soldati: L’architetto e il (povero) diavolo 297 Gli scritti per «Il Mondo» di Giovanni Arpino 309 Aldo Busi, un Prometeo che ha le rose fiorite anche d’inverno 317 Appendice Natale sotto la Mole 327 Scrittori torinesi per il lago d’Orta 333 Nota al testo 339 Indice dei nomi 343 Impaginato2.indd 10 20-10-2011 10:26:23 Presentazione Un libro che nasce per addizioni è sempre un libro almeno un po’ composito. E questo mio non fa eccezione, tanto vale dichiararlo subito. Anche perché ciò non significa – tout court – che sia un li- bro senza senso e senza direzione. Magari la direzione e il senso sono meno immediatamente percepibili, ma ci sono: l’uno e l’al- tra, in necessaria congiunzione. Non starò a dire – si parva licet – della “lunga fedeltà” che mi lega ad autori come Lalla Romano, come Lucio Mastronardi, come Sebastiano Vassalli. Alla prima, su cui ho scritto in tante occasioni, ho pensato più volte di dedicare una monografia sistematica; del secondo ricordo ancora l’emozio- ne che me ne venne – lavorando ai Libri degli altri di Italo Calvi- no – quando m’imbattei nelle sue lettere confidenti e disperate, da cui prese corpo l’idea di una biografia, mai scritta per tante ragio- ni non tutte imputabili alla mia pigrizia; al terzo mi lega – ormai – anche un’amicizia cresciuta a contatto con un’opera che giudico tra le più assidue e incisive degli ultimi cinquant’anni. Dopodiché non trascurerei – in questo profilo – i nomi di Augu- sto Monti e Cesare Pavese (qui legati a una ben “dissimilare” affi- nità). Né il nome di Piero Chiara a cui in tempi sospettosissimi de- dicai una monografia che fu pubblicata da Franco Mollia – e glie- ne sono ancora grato – nei suoi «Castori». Né quello di Nico Oren- go, di cui ho più volte scritto sulle pagine del giornale a cui colla- boro. Né quelli di Arpino o di Soldati, «piemontesi» di specie aper- ta, come i «piemontesi» di Carlo Dionisotti, che ha insegnato a tut- ti noi la mobilità e la ricchezza della «geografia letteraria», in ve- rità a me cara da sempre, anche in tempi in cui – non lo dimentico certo – sembrava accademicamente ascritta a vergogna (con tutte le eccezioni del caso, e voglio ricordare almeno la grande officina di studi regionali creata a Chieti da Gianni Oliva). Devo tuttavia ammettere – quanto al “composito” – che mol- ti interventi vengono dalle occasioni più disparate. Il che giustifi- cherebbe il titolo che in un primo momento avrei voluto dare al li- bro, Letture d’occasione, occasioni di lettura. Proprio per dire che non sempre ciò che viene da sollecitazioni occasionali sia di per sé Impaginato2.indd 11 20-10-2011 10:26:23 12 occasionale. Se ogni invito accolto è una vocazione esaudita, resta nell’occasione qualcosa di segretamente legato a un interesse cui si va incontro: con fiducia, e persino con gioia, quasi sempre con sorpresa. Basta essere capaci di trasformare l’occasione in una pur piccola avventura, in un profitto della mente e del cuore. Così direi che sia accaduto – per non diventare ridicolo, non di- co con Pirandello a cui m’indusse Pietro Frassica – ma con Antonio Bobbio, a cui m’indusse una sottile scala di suggestioni; con Filip- po Burzio, a cui m’indusse Giorgio Calcagno; con Cristina Cam- po, a cui m’indusse il mio amico Pietro Gibellini, al quale devo an- che i nomi di Tonna e di Spina. Oppure – ancora – con Bacchelli, a cui m’indusse Ferruccio Parazzoli. E Aldo Busi, a cui m’indusse lo stesso Busi dopo una recensione che gli parve – e me ne scuso se lo dico – egregia. E lo stesso vale per le due piccole «appendici» che vengono da gradite occasioni rituali o semplicemente locali. Picco- li «à côté» – spero – di un’onesta navigazione critica. Non ho mai pensato che fare il critico sia una missione, e nem- meno una professione. Se mai un accompagnamento che postula, come dice Eliot, un capire «da un certo punto di vista». E se fos- si un critico di qualche peso – già l’ho scritto altrove, ma qui lo ri- prendo perché dove lo scrissi un refuso ne ha completamente di- storto il senso – adotterei per me, con tutta la coscienza dell’iro- nia, l’affermazione di Borges: «La critica, per la sua stessa facili- tà di dispensare elogi, corre il rischio d’essere profetica». Così co- me torno a dire per questa occasione (visto che di «occasioni», an- corché speciali, parliamo), che non riesco ad accettare del tutto il parere di Kierkegaard, il quale scrive che «un critico somiglia a un poeta come una goccia d’acqua, soltanto ch’egli non ha le pene del cuore né la musica sulle labbra». Per mio conto non cesso di inda- gare dietro l’ombra (o l’orma) di una inevitabile simbiosi, di un’al- leanza segreta e non vergognosa, di un inseguimento d’unità che non si dà mai per intero. Presunzione simulata (o, diciamolo pure, ipocrita)? Pretese di facile dottrina? Provocazioni «revanchistes»? A parlare sia il testo. Se riuscirà a dire qualcosa a qualcuno sarà un incontro. In caso con- trario resterà un invito. In ogni caso un messaggio che sta lì, a gal- leggiare nella sua bottiglia. Giovanni Tesio Impaginato2.indd 12 20-10-2011 10:26:23 Per Giovanni e Lorenzo, che cresceranno Impaginato2.indd 13 20-10-2011 10:26:23 Impaginato2.indd 14 20-10-2011 10:26:23 Saggi Impaginato2.indd 15 20-10-2011 10:26:23 Impaginato2.indd 16 20-10-2011 10:26:23 Lalla Romano e il cuore («imperdonabile») di Un sogno del Nord 1. Non di sicuro un libro addizionale, e tanto meno un libro occa- sionale (se non nel senso “goethiano”). Al contrario, un libro uni- tario, necessario, dorsale. Uno di quelli che attraversano gli altri, li nutrono, se ne nutrono, e si attestano come libri-mondo, libri-vi- ta come Gli imperdonabili di Cristina Campo, gran libro di prose forgiate nell’assoluto1. Pur nella differenza dei tratti (prossimità risolta in Lalla Romano con non meno colta e “letterata” ma più ruvida asprezza di scrittura), Un sogno del Nord assomiglia a quel libro e ha gli esatti connotati che la scrittrice stessa pone nella sua Notizia, in cui parla di prose databili ma non datate2. Prose che sfuggono al tempo a cui pure si riconducono. Non deperite, per- ché non schiacciate sul presente. E non deperibili, perché rivolte a cogliere il germe segreto del tempo che si fa Tempo. Di fatto l’escursione è di cinquantanove anni, come documen- ta la Nota ai testi del volume secondo delle Opere “meridiane” a cura di Cesare Segre, perché – a non dire degli scritti inediti – Le parole del «maestro» risale al 1930 e A Cheneil d’autunno al 1989, l’anno di edizione di Un sogno del Nord3. Il che è tanto più stupefacente se penso al fatto che Le parole del «maestro» è uno degli scritti più folgoranti, e sembra davvero intagliato nella ca- denza formidabile di un antico breviario d’arte, a cui Lalla Ro- mano è rimasta sostanzialmente fedele. 1 C. Campo, Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987. 2 L. Romano, Un sogno del Nord, Einaudi, Torino 1989, p. V. Se non di- versamente indicato, nel corso del saggio le pagine dei brani da Un so- gno del Nord vengono citate da questa edizione fra parentesi quadre.
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