Giacomo Matteotti . Filippo Turati .Lineamenti

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Giacomo Matteotti . Filippo Turati .Lineamenti SALVATORE RICCIARDINI . GIACOMO MATTEOTTI . FILIPPO TURATI .LINEAMENTI DI STORIA DELLA QUESTIONE MERIDIONALE CONTRIBUTI AD UNA STORIA DEL RIFORMISMO POLITICO E SINDACALE ALLE RADICI IDEALI DELLA STORIA DELLA UIL Introduzione di Stefano Munafò, segretario UIL Territoriale di Siracusa, Ragusa e Gela All'inizio il sindacato in Italia si chiamava CGL, Confederazione Generale del Lavoro, ed era saldamente guidata da dirigenti socialisti che avevano idee riformiste. Pensavano cioè che i lavoratori dovevano conquistare potere nella società gradualmente, senza illudersi di potere governare i municipi e il paese dopo avere fatto la rivoluzione. Quel sindacato unitario fu sempre dalla parte di Filippo Turati e di Giacomo Matteotti, anche quando nel 1922 essi furono espulsi dal PSI insieme a tutti i riformisti, ad opera di una magggioranza di massimalisti che volevano tutto e subito per la classe lavoratrice, ma non ottennero mai nulla. Matteotti sarà eliminato dal disegno fascista di conquista del potere in Italia e morirà da uomo coraggioso fino al sacrificio di sè. Turati lotterà fino alla morte per tenere viva anche in esilio l'opposizione socialista al regime che aveva soppresso la libertà in Italia. Sono due riformisti che dimostrano con la loro azione la coerenza di una Idea che, senza mai sbandare, mantiene in alto la bandiera del socialismo riformista e la passa alle generazioni successive, ai Nenni, ai Saragat, ai Craxi. Cosa c'entra la UIL con tutto questo? C'entra interamente, perché la UIL nasce per iniziativa di socialisti riformisti, tra i quali c'era anche uno dei figli di Giacomo Matteotti, Matteo. C'entra, perché la UIL ha mantenuto attraverso 64 anni di vita la sua caratteristica fondamentale di sindacato riformista. Nella galleria dei suoi padri c'è anche Bruno Buozzi, che lottò dalla Francia accanto a Turati contro il fascismo e che i nazisti trucidarono in Italia e c'è Matteotti che la nostra Organizzazione ha voluto onorare dedicandogli la tessera del 2014, nel Novantesimo Anniversario del suo sacrificio. In questo quaderno della UIL si parla di Matteotti, di Turati e della Questione Meridionale, alla soluzione della quale i riformisti apportarono forti contributi di interpretazione e di soluzione che ancora oggi conservano piena validità. E' il nostro modo di restare fedeli alle nostre origini, senza mai rinnegare le idee che sicuramente torneranno ad operare pienamente se riusciremo, come italiani, a superare questi momenti di offuscamento di ideali che, come il riformismo socialista, hanno nobilitato la storia del nostro paese. SALVATORE RICCIARDINI MATTEOTTI: L'IDEA CHE NON MUORE Testo della relazione alla conferenza organizzzata dal PSI e dal PSDI di Augusta il 10 giugno 1964, 40° Anniversario del suo sacrificio FILIPPO TURATI E IL RIFORMISMO OGGI Testo della relazione alla conferenza organizzata dalla Federazione del PSI e dal Centro Culturale Mondoperaio di Siracusa, il 16 Aprile 1982 LINEAMENTI DI STORIA DELLA QUESTIONE MERIDIONALE Testo del saggio che la UIL di Siracusa aveva pubblicato, in appendice nel suo Quaderno n. 1, dedicato al Mezzogiorno e stampato nel 1985 MATTEOTTI: L'IDEA CHE NON MUORE Il 10 giugno 1964 le sezioni dei due partiti socialisti di Augusta, PSDI e PSI, vollero commemorare unitariamente la figura di Giacomo Matteotti, in occasione del 40° Anniversario del suo sacrificio. La manifestazione ebbe luogo in un salone al pianterreno del nuovo edificio della Galleria, in via Principe Umberto, ad appena due passi dalla sezione socialdemocratica allocata al numero 48 della stesssa via e dalla sezione socialista che si trovava in Via Garibaldi 20. Davanti ad una folla di iscritti e simpatizzanti socialisti, con moltissimi giovani e tante donne, accorsi per la grandezza della figura del martire e per la bella novità di un avvio dell'unità dei socialisti, i segretari della sezione del PSDI e del PSI, Giovanni Saraceno e Giovanni Patania introdussero la conferenza. Parlarono l'on. Luigi Bertoldi, della direzione nazionale del PSI, e lo studente universitario di Lettere Salvatore Ricciardini, segretario organizzativo del PSDI e corrispondente del quotidiano “La Giustizia” e del settimanale della UIL “Il lavoro Italiano”. Il testo della conferenza di Ricciardini venne stampato a cura della federazione del PSDI ed inviato dal segretario provinciale Raffaele Dierna a tutte le sezioni del PSDI della provincia di Siracusa. Qui di seguito ecco il testo di quella conferenza. Concittadini, compagni, sento l'emozione di dover parlare non tanto davanti al pubblico quanto di Giacomo Matteotti, perché fin da bambino ho sentito mio padre, vecchio socialista, raccontare della sua uccisione e delle manifestazioni che allora i lavoratori di Augusta e di tutta la provincia misero in atto contro quel barbaro delitto fascista. In quel momento mio padre aveva solo 22 anni ed il suo racconto mi appariva come avvolto in una atmosfera che, più tardi, ho potuto assimilare alla tragicità del mito. Quando Matteotti viene ucciso ha l'ètà di 39 anni e noi siamo qui riuniti per commemorare il 40° Anniversario della sua uccisione, ma intanto è necessario, per ricordarlo degnamente, conoscere meglio la sua vita. La vita Era nato a Fratta Polesine, quando Filippo Turati aveva già 28 anni, nell'anno in cui nasce anche il Partito Operaio Italiano, che è come il precursore del Partito Socialista. Il socialista Giuseppe Garibaldi era morto tre anni prima, nel 1882. La famiglia di Matteotti era agiata. Egli entra nelle file socialiste già a 14 anni, si laureerà a 22 anni nel 1907, alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna, laddove si era laureato anche Turati. Matteotti fu subito accanto e alla testa del movimento contadino, dei braccianti, dei lavoratori in generale,. Li organizzò e presto si trovò alla guida dei 50.000 lavoratori della provincia di Rovigo. Quando scoppia la guerra del 1915-18 egli si dichiara subito contro di essa e ne scrive in un bellissimo articolo che viene pubblicato su “Critica Sociale”, la rivista del socialismo italiano fondata da Turati, che in un primo tempo era nata come “Cuore e Critica”. Di fronte a quel terribiule avvenimento di portata mondiale che stava per abbattersi su tutti i popoli, Matteotti passa con estrema facilità e continuità, quasi con naturalezza, dal riformismo economico applicato ai problemi sociali ad una intransigente ed implacabile lotta contro la guerra Egli sa cosa sia la guerra ed in essa vede apparire in forma gigantesca quello stesso male che aveva combattuto quando gli appariva sotto la forma dello sfruttamento e della miseria delle classi proletarie. Viene denunciato per disfattismo, viene arrestato, processato e assolto, quindi chiamato sotto le armi. Va a combattere da ufficiale come vanno a combattere tutti i lavoratori, che quella guerra non volevano, e che una volta scoppiata li vede comportarsi spesso con eroismo, come fece il mitragliere socialista Sandro Pertini. Per Giacomo furono tre anni di angherie e di sopraffazioni, finchè torna alla vita civile, si impegna ancor di più nella lotta politica, viene eletto deputato. Le idee Fermiamoci per alcuni momenti sull'attività di Matteotti contro la guerra, per capire meglio le sue idee e la sua capacità anticipatrice: egli è contrario alla guerra, diversamente da molti dirigenti del partito socialista che erano interventisti, non perché, si badi bene, fossero dei guerrafondai o perché volessero sposare la causa dei nazionalisti, ma perché sinceramente convinti, come Leonida Bissolati e Gaetano Salvemini, che quella guerra poteva offrire la possibilità di un ritorno all'indipendenza e alla libertà per le nazionalità oppresse sotto il tallone dell'impero austro-ungarico. Matteotti ha capito che la guerra è la prosecuzione su un piano violento della sottomissione del proletariato, in tutti i paesi dove il capitalismo schiaccia la maggioranza del popolo sotto le sue ferree leggi del profitto. Si apre una viva discussione sulle colonne di Critica Sociale ed egli si pronuncia apertamente per una azione del partito socialista che chiami i lavoratori anche alla insurrezione armata, per impedire l'entrata in guerra dell'Italia. Matteotti risponde alle esitazioni di Turati (che da parte sua temeva lo spettro della guerra civile tra le classi) opponendo le centinaia di migliaia di morti che la guerra europea avrebbe potuto regalare al nostro paese. Non si sbagliava perché quella guerra costò all'Europa oltre 600.000 morti. Matteotti rsponde a Turati: “Da buon riformista non posso escludere il ricorso alla rivoluzione”. E' chiaro che egli pensa all'effetto che una neutralità italiana avrebbe potuto avere nei confronti della politica europea e della stessa linea della Internazionale Socialista. Tuttavia, anche se in linea di principio Turati era d'accordo che la via del riformismo può intercettare la via della rivoluzione, il partito socialista si era avviato verso una posizione di disimpegno rispetto alle scelte del 1914 che erano state risolutamente avverse alla guerra, e considerava ormai possibile la eventualità che la guerra potesse venire subìta dal proletariato senza reagire. Nel gennaio del 1915 Matteotti prosegue ancora nel suo impegno: al consiglio provinciale di Rovigo torna a parlare di insurrezione armata per impedire l'ingresso italiano nel conflitto, esprimendo amarezza per la posizione del partito. Questa sua azione di coerente avversione alla guerra testimonia quella che lo storico Stefano Caretti ha definito “la sua posizione sempre più isolata di contestatore ad oltranza”. Infatti, anche nelle
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