Arte in Villa
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Arte in Villa 1948nascita di una collezione Arte in villa Con il patrocinio di 1948 Nascita di una collezione Pontedera Villa Crastan COMUNE DI PONTEDERA 19 giugno 2015 Con il contributo di Comitato promotore Comune di Pontedera Con il patrocinio di Regione Toscana Con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio San Miniato In collaborazione con Mostra e catalogo a cura di Silvia Guidi Ilario Luperini Testi di Silvia Guidi Ilario Luperini Autori delle Schede S.G. Silvia Guidi F.M. Fabrizio Mangione Coordinamento generale Maria Grazia Marchetti, Silvia Guidi, Gino Gozzoli - Ufficio Attività Culturali - Comune di Pontedera Progetto espositivo Urban Center Eleonora Dell’Aquila Andrea Mannocci Realizzazione allestimento PubliArt - Pontedera Allestimento Centro per l’Arte Otello Cirri Referenze fotografiche Marco Bruni Rapporti con i media e relazioni esterne Ufficio Attività Culturali - Comune di Pontedera Servizi Assicurativi Assiteca S.p.a. - Filiale di Livorno Progetto grafico Alessandro Paladini [Bandecchi & Vivaldi srl] Stampa Bandecchi & Vivaldi srl, Pontedera Avvertenze La stampa Veduta del Ponte d’Era di Antonio Terreni costituisce il prodromo della raccolta del Comune di Pontedera. L’opera Volto di donna di Lorenzo Vespignani è presente in quanto l’artista partecipò all’edizione del Premio Città di Pontedera, 1961/’62. Un sincero ringraziamento al Sindaco Simone Millozzi e all’Assessore alla Cultura Liviana Canovai Un ringraziamento particolare a Marisa Anichini, Marco Bruni, Laura Ferrini, Delia Granfatti, Mario Lupi, Maria Grazia Mancini, Mario Meozzi, Maurizio Pizzichini, Sergio e Francesco Senesi, Sergio Vivaldi, per la collaborazione estremamente significativa fornita a questa iniziativa e al Funzionario dell’Attività Culturali Maria Grazia Marchetti per il valido sostegno professionale Si ringraziano inoltre tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo alla realizzazione della mostra Arte in Villa 1948nascita di una collezione 4 Simone Millozzi L’apertura dei rinnovati ambienti di Villa Crastan è stata l’occasione per rea- Sindaco di Pontedera lizzare l’idea, peraltro accarezzata da tempo, di una mostra sulla collezione Liviana Canovai d’arte del Comune di Pontedera. Abbiamo deciso di proporre un percorso di Assessore alla Cultura avvicinamento e di conoscenza della raccolta in quanto, essendo dissemina- ta tra i vari uffici di Palazzo Stefanelli, di Villa Crastan e in altri ambienti di proprietà comunale, restava poco fruibile ai visitatori. In questa direzione va la scelta compiuta dall’Assessorato alla Cultura di promuovere un accurato lavoro di selezione, catalogazione e riorganizzazione del patrimonio, che ci consegna oggi una vasta e pregiata collezione. Per ovvie ragioni inerenti il nu- mero consistente delle opere, si è reso necessario, in questa esposizione, de- limitare l’arco di tempo entro cui ascrivere i dipinti; l’orizzonte storico si snoda dal 1925 alla fine degli anni ‘70. Una collezione che nelle nostre intenzioni non vuole essere isolata, ma occasione di studio, stimolo di iniziative, espositive e didattiche, in un percorso di crescita e di apertura culturale. Abbiamo volu- to rendere omaggio alla raccolta scaturita da lasciti, donazioni, acquisizioni e al contempo farla fruire dalla collettività alla quale appartiene. I visitatori potranno avere una visione d’insieme delle testimonianze notevolmente rap- presentative delle tendenze artistiche del Novecento e dell’ambiente cultura- le pontederese particolarmente vivo negli anni Cinquanta, grazie a persona- lità di spicco che dettero vita allo storico Premio Città di Pontedera da cui si è originato il nucleo fondante della collezione. Nelle intenzioni di questa Ammi- nistrazione, i capolavori in mostra diventeranno l’emblema della città: si sta infatti predisponendo la fase espositiva successiva del progetto sul patrimo- nio con la ricognizione sulle opere acquisite o donate che vanno dal 2003 alle recenti donazioni di artisti che hanno esposto al Centro per l’Arte Otello Cirri. Ci auguriamo che il il recupero del patrimonio di opere d’arte contemporanee possa essere ulteriormente valorizzato dalla ripresa del Premio Città di Ponte- dera - che ha costituito un importante appuntamento nazionale - inserendosi, nel vivace e quanto mai stimolante panorama culturale cittadino rivolto alle esperienze sull’arte contemporanea. 5 6 Il Premio Città di Pontedera al suo esordio: un’importante tessera nel mosaico dell’arte italiana del secondo Novecento Ilario Luperini La raccolta di opere possedute dal Comune – qui documentata a seguito di una accu- rata selezione in grado di dare il segno dello spessore culturale da essa trasmesso - è in massima parte derivata dal Premio Città di Pontedera, come puntualmente de- scrive Silvia Guidi nel saggio successivo. Un premio che prese vita, seppur in sordina, nel 1948 e che raccolse intorno a sé, almeno nei primi anni, i migliori artisti toscani del momento, rappresentativi delle due tendenze che allora si confrontavano: la neo figuratività post-rosaiana di Renzo Grazzini, Fernando Farulli, Enzo Faraoni, Dilvo Lotti, Renato Santini e via dicendo; e tendenze più orientate verso l’“astrattismo classico” di Vinicio Berti e Gualtiero Nativi. Un premio sorto dietro l’impulso di perso- nalità artistiche e critici d’arte di livello nazionale tra cui, vero elemento propulsore, Dino Carlesi. E non è cosa da poco, se si raffronta con il fervore culturale che nel 1947 e nell’anno successivo caratterizza la vita artistica italiana. Non va dimenticato, infatti, che nel gennaio del 1947, sul n. 35 del “Politecnico” ap- pare uno scritto di Elio Vittorini dal titolo Suonare il piffero per la rivoluzione in cui lo scrittore in maniera perentoria dichiara la sua convinta avversione verso tutti coloro che prendono “problemi dalla politica” e li traducono “in bel canto, con parole, con immagini, con figure”1. Affermazione della totale autonomia dell’arte dalla politica, in aperta polemica con chi, invece, sosteneva la loro stretta connessione. E nell’a- prile esce il primo e unico numero della rivista “Forma”, proprio per questo definita e passata alla storia come “Forma 1”. Nel loro Manifesto Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato rinnegano …”ogni esperienza tendente a inserire nella libera creazione d’arte fatti umani attraverso deformazioni, psicologismi e altre trovate…” Un duro attac- co all’interpretazionismo filosofico-critico allora dirompente, in nome della “libera creazione”; e gli estensori del manifesto si dichiararono polemicamente “formalisti e marxisti” contro ogni forma di “realismo spento e conformista, per portare l’arte italiana sul piano dell’attuale linguaggio europeo”.2 Il gruppo “Forma 1” dichiarò al mondo che l’arte “è”; che “è” al di qua di premesse so- ciologiche e culturali e al di là delle conseguenze storiche, psicologiche, ideologiche. Forma 1 fu una sorta di sasso nello stagno e il primo che si adirò fu Guttuso, per il contenuto del manifesto e per la struttura del gruppo. Lo scontro, poi, si manifestò clamorosamente in occasione della mostra di Corrado Cagli presentata da Massi- mo Bontempelli e Antonello Trombadori, critico dell’Unità, molto vicino a Guttuso. Il giorno dell’inaugurazione, nacque una forte colluttazione tra gli artisti di Forma 1 da un parte e Afro e Mirko Basaldella (la cui moglie era sorella di Cagli) dall’altra. La polemica tra le due fazioni continuò per tutto il mese di novembre sulle colonne di 7 “L’Unità”, “La Voce Repubblicana”, “L’Europeo”, “La Fiera Letteraria”, con la critica di sinistra schierata a favore di Trombadori e la linea sostenuta da Guttuso.3 Una rovente polemica che, sempre in quell’anno, non risparmiò certo la Toscana, a partire dall’ambiente fiorentino. Nel 1947, infatti, Pietro Annigoni, insieme ai fratelli spagnoli Antonio e Xavier Bueno, aveva fondato il gruppo dei Pittori Moderni della Realtà il cui manifesto proclamava: “Noi pittori moderni della realtà rinneghiamo tutta la pittura contemporanea dal postimpressionismo ad oggi, considerandola l’e- spressione dell’epoca del falso progresso e il riflesso della pericolosa minaccia che incombe sull’umanità”.4 Una presa di posizione che non poteva non suscitare reazioni altrettanto decise, a partire dalla recensione che Parronchi ebbe a fare sulle colonne del “Mattino” in cui sosteneva che “quella realtà ha a che vedere con l’autentica realtà come il mondo vero col mondo visto nel cul del bicchiere: nitido, esatto, allucinante, ma non più mondo”. Contro questa nuova realtà era insorto anche il gruppo di giovani, futuri esponenti dell’Astrattismo Classico che, attraverso le pagine della rivista “Il Torren- te”, fondata nel 1945 e di breve vita per la mancanza di fondi, avevano attaccato duramente Annigoni e i suoi, contestando il significato che da loro veniva attribuito alla pittura figurativa. Berti e Nativi, tra gli altri, sancivano la morte del rosaismo e del novecentismo, gettando le premesse per la redazione del manifesto dell’astrat- tismo fiorentino. Per quei giovani l’obiettivo era la rottura con l’intimismo naturali- sta, l’aspirazione a un nuovo interventismo sociale, la tensione di ricerca e di speri- mentazione di linguaggi, sulle tracce delle avanguardie storiche e, in particolare, di un certo futurismo, quello delle sperimentazioni formali di Balla. All’interno di una pressante richiesta di valori ideologici forti, il dibattito contrap- poneva, come già accennato, le due opposte fazioni degli astrattisti e dei realisti che, tuttavia, al di là della vena