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DELL’EDUCAZIONE

SCIENZE SCIENZE Sullo sfondo della speranza di ottenere la lungamente sognata energia pulita derivante dalla DELL’EDUCAZIONE fusione termonucleare controllata, coltivata ormai da 60 anni nei laboratori di ricerca di tutto il mondo, il libro narra per la prima volta la storia della nascita di queste ricerche in Italia. Grazie alla Collana diretta lungimiranza di Enrico Persico e Edoardo Amaldi, il nostro paese fu tra i pionieri in questo settore da Luigino Binanti alla fine degli anni '50, quando, in piena guerra fredda, gli scienziati sovietici da una parte e gli Sta- ti Uniti dall'altra decisero di abbattere lo spesso velo di segretezza che dagli anni di guerra avvol- geva queste ricerche, associate inizialmente agli studi sulla fissione nucleare e alla produzione di potenti armi di distruzione. Il percorso storico si sviluppa attraverso numerosi brani inediti tratti L. BONOLIS dalla corrispondenza tra alcuni membri dell'originario gruppo dei padri fondatori della fisica mo- derna in Italia, che intorno a e a avevano gettato negli anni '30 le basi di una solida tradizione di ricerca. Queste testimonianze forniscono una presa diretta su un'epoca In copertina: Prometeo dona il fuoco agli uomini in cui, nonostante le perdite subìte con le leggi razziali del 1938 e in generale con la fuga dei cer- velli verso paesi che offrivano mezzi e strutture di ricerca ben più avanzate, un piccolo gruppo ri- masto attivo ebbe la capacità di riportare la fisica italiana ai livelli di eccellenza raggiunti prima del- la guerra e di costruire una nuova realtà in cui l'Italia ha saputo conquistare e mantenere una posi- zione di primo piano nel panorama internazionale. Il libro rappresenta uno strumento di riflessione su un tema di grande attualità come l'energia da fusione nell'ambito del rapporto tra scienza e società e sullo sfondo delle intense vicende sto- riche e umane che hanno caratterizzato il periodo di grandi cambiamenti che va dagli anni '30 fino

alla fine degli anni '50. IL SOGNO DI PROMETEO

Luisa BONOLIS Luisa Bonolis, fisico, svolge da molti anni ricerche sulla storia della fisica del Novecento con particolare attenzione a personaggi e vicende della fisica italiana. È stata visiting scholar presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e assegnataria di una borsa di ricerca presso il Deutsches Museum di Monaco e presso il Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Massachusetts Institute of IL SOGNO DI PROMETEO Technology. Ha insegnato storia della fisica presso l'Università di Potenza ed è autrice di La nascita delle ricerche sulla fusione in Italia articoli di ricerca pubblicati su riviste internazionali quali in Perspective, American Journal of Physics, Rivista del Nuovo Cimento, European Physical Journal H. Ha curato con Carlo Bernardini il volume Conoscere Fermi nel centenario della nascita (2001), ha scritto una biografia di Ettore Majorana (Le Scienze 2003) e si dedica regolarmente alla raccolta di testimonianze orali, una parte delle quali è stata pubblicata nei volumi Fisici italiani del tempo presente (2003), Maestri e allievi nella fisica italiana del '900 (2008), Storie di uomini e quark (2012). Pubblica sulle riviste Sapere e Lettera Pristem e ha collaborato alla realizzazione di numerosi documentari sulla storia della scienza del XX secolo. ISBN - 978-88-6187-096-3

BARBIERI SELVAGGI EDITORI 9 788861 870963 e e € 20,00 (i.i.) Lu i sa BONOLIS

IL SOGNO DI PROMETEO

La na sci ta del le ri cer che sul la fu sio ne in Italia SCIENZE DELL'EDUCAZIONE Col la na di ret ta da Lu i gi no Bi nan ti

La col la na ospi ta sag gi di ri cer ca to ri, ita lia ni e stra nie ri, che si de di ca no con en tu sia smo e se rie tà scien ti fi ca, ad ap pro fon di re le va ste ed “in tri gan- ti” te ma ti che del l'e du ca zio ne nel ter zo mil len nio.

Al mio Cerbe ro

© 2012 Pro prie tà ar ti sti co–let te ra ria: BARBIERI SELVAGGI EDITORI s.r.l. Se de: C.da Tor re Bian ca – 74024 Man du ria TA – ema il: in fo@bse di to ri.com – www.bse di to ri.com

ISBN 978-88-6187-096-3

2 Capitolo 1 Introduzione

Già nel lontano 1956, quando la ricerca fusionistica era ancora agli albori, si diceva che il raggiungimento della fusione termonucleare con- trollata, con conseguente produzione di energia in quantità sufficienti a soddisfare i bisogni dell’intera umanità, sarebbe stata una delle più grandi sfide scientifiche del Novecento. I recenti avvenimenti relativi al disastro ambientale provocato dal sisma che ha colpito la centrale nucleare di Fukushima in Giappone hanno sollevato nuovamente, in maniera più drammatica, il problema di una scelta “nucleare sì–nucleare no”. All’energia da fissione, che pone problemi molto seri dal punto di vista delle scorie e della potenziale pericolosità degli impianti, si contrappone l’alternativa dell’energia “pulita” derivante dalla fusione termonucleare controllata, tuttora in fase di studio nonostante 60 anni di ricerche nei laboratori di tutto il mondo. I progetti attuali non consentono di coltivare una speranza a breve scadenza per l’ottenimento della lungamente sognata energia da fusione. La sfida ancora in atto si basa sulle ricerche pionieristiche iniziate nel corso degli anni ’50 da parte di alcuni gruppi sparsi nei laboratori di tutto il mondo. L’Italia fu tra questi pionieri, grazie alla lungimiranza di Enrico Persico e Edoardo Amaldi che compresero rapidamente l’importanza di lanciare anche nel nostro paese un progetto di ricerca in un settore di enorme interesse, sia a livello di fisica fondamentale, sia per le sue eccezionali potenzialità applicative. Il materiale qui presentato, i cui risultati preliminari sono stati inclusi in un lavoro di rassegna sugli sviluppi di queste ricerche in Italia preparato

3 Introduzione L. Bonolis in collaborazione con Franca Magistrelli [59], rappresenta il primo tenta- tivo di una ricostruzione dettagliata delle vicende che hanno posto le basi della ricerca sui plasmi e sulla fusione in Italia. Basandosi su una vasta documentazione d’archivio, questo studio mette particolarmente in evi- denza il ruolo speciale svolto in questo senso da Enrico Persico – accanto a quello ben noto della guida del progetto teorico dell’elettrosincrotrone di Frascati – nell’ambito della fase di espansione e sviluppo della fisica italiana avvenuta nel corso degli anni ’50. Perfino nell’accurato saggio biografico scritto da Edoardo Amaldi e Franco Rasetti a distanza di qual- che anno dalla scomparsa di Persico, che rappresenta la fonte principale delle notizie sulla sua vita, non viene fatto alcun cenno della parte decisiva che egli ebbe nel promuovere l’inizio di queste ricerche a Roma – di fatto le prime di questo genere in Italia. A questo proposito vengono infatti menzionati soltanto il suo originale contributo scientifico allo studio dei plasmi attraverso il lavoro innovativo fatto nel 1926 [125], all’epoca del suo soggiorno a Cambridge sotto l’influenza di Eddington, e l’articolo scritto nel 1958 assieme Jirka G. Linhart sulla perdita delle particelle del plasma da una bottiglia magnetica [135]. I documenti presenti nei fondi personali di Enrico Persico e Edoardo Amaldi conservati nell’Archivio del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma – una fonte inestimabile per la storia della fisica italiana del Novecento – hanno in effetti rivelato la presenza di una grande quantità di documenti del tutto inediti relativi al periodo fondatore che va dal 1957 al 1960, durante il quale cominciò ad operare il Laboratorio Gas Ionizzati, la struttura di ricerca che creò le premesse per lo sviluppo di questo settore. Queste carte costituiscono una vera e propria fonte privilegiata nel testimoniare l’opera lungimirante di Persico e Amaldi nell’avviare le premesse per lo sviluppo delle ricerche sulla fusione in Italia. L’iniziativa italiana risale alla primavera del 1957, ed è riconducibile a una felice intuizione di Enrico Persico suscitata dalle novità che dopo anni di segretezza venivano per la prima volta rivelate dalla Gran Breta- gna, e sopratutto dall’Unione Sovietica, nel clima di disgelo che si stava

4 L. Bonolis Introduzione instaurando verso la fine degli anni ’50. Dopo un certo numero di mesi di attività preparatorie, Basilio Focaccia e Felice Ippolito, rispettivamente Presidente e Segretario Generale di quello che allora era il Comitato Na- zionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), firmarono il decreto costitutivo del gruppo di ricerca facente capo al Laboratorio Gas Ionizzati, che venne posto sotto la guida di Bruno Brunelli. La prima ad avere un contratto, seppure provvisorio, fu Franca Ma- gistrelli, seguita di lì a poco da Ugo Ascoli-Bartoli e da Sergio Segre. Durante questa fase pionieristica – durata circa tre anni, e che può essere considerata conclusa nel 1960 con l’accordo tra CNRN e Euratom – En- rico Persico e Edoardo Amaldi hanno la funzione di supervisori scientifici. Il gruppo parte con un finanziamento straordinario di 10 milioni erogato da Felice Ippolito «per mantenere in vita il gruppo per la durata di tre mesi dal 15 Ottobre 1957 al 15 Gennaio 1958, e per acquistare fin da questa data qualche apparecchiatura di uso generale».1 A partire dall’aprile del 1958, inizio dell’attività ufficiale sotto contrat- to specifico con il CNRN, il gruppo prospera felicemente – con l’aiuto e la collaborazione di esperti internazionali e con il supporto di Franco Rasetti – fino al luglio 1960, quando viene firmato il contratto tra l’Euratom e il CNRN. Nel volume 1960-2010. 50 anni di ricerca sulla fusione in Italia, pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario dell’associazione Euratom–ENEA sulla fusione [38], solo alcune righe sono dedicate alla nascita del Laboratorio Gas Ionizzati: «Su sollecitazione di Edoardo Amaldi e con la collaborazione di Enrico Persico e Franco Rasetti dal 1957 Bruno Brunelli aveva raccolto un piccolo gruppo di ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche Nucleari CNRN, poi CNEN (oggi ENEA) e dell’Euratom che iniziarono un’attività di ricerca sulla fisica del plasma

1C.N.R.N. – Laboratorio Gas Ionizzati. Resoconti organizzativi e scientifici, Rela- zione delle attività preliminari, fino alla data del 30 novembre 1957. Archivio Edoardo Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università di Roma Sapienza (da ora in poi abbreviato con AA), scatola 198, fascicolo 1, sottofascicolo 4.

5 Introduzione L. Bonolis e sulla fusione termonucleare presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma». Tuttavia, nella prospettiva del cinquantenario, tutta la sapiente opera di avviamento dell’attività scientifica e organizzativa rischia di risultare soltanto una sorta di vago prodromo che precede la firma del contratto di associazione Euratom–CNEN. Questo evento a sua volta coincise con il trasferimento del Laboratorio Gas Ionizzati in un edificio apposita- mente costruito all’interno dei Laboratori Nazionali di Frascati, l’area già attrezzata per ospitare l’elettrosincrotrone, un acceleratore che vedeva l’Italia alla frontiera mondiale delle alte energie. In realtà, a quell’epoca l’attività condotta dal gruppo nell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi a Roma nell’arco del periodo 1957–1960 si era già pienamente affermata a livello internazionale acquistando una precisa fisionomia scientifica, tale da porre l’Italia in grado di ottenere un contratto specifico per portare avanti le ricerche sui plasmi e sulla fusione nucleare nell’ambito di una rete europea ad esse dedicata. A parte Bruno Brunelli, a quell’epoca giovane e promettente leva dell’Istituto di Fisica romano, e i suoi giovani collaboratori, i nomi dei personaggi coinvolti nell’impresa iniziale sono tra i protagonisti della nascita della fisica moderna in Italia, per una felice combinazione di eventi uniti in una collaborazione ambiziosa: quella di far partecipare l’Italia al sogno di ottenere energia dai processi simili a quelli che tengono in vita le stelle. Per apprezzare l’enorme tensione, gli ideali, e l’impegno che caratterizzano quegli anni di espansione e sviluppo della fisica italiana, è opportuno ripercorrere gli eventi a partire dal momento in cui inizia il processo di “ricostruzione” dopo la liberazione di Roma e accennare agli sviluppi della fisica in Italia nel contesto degli anni ’50, all’epoca ancora focalizzati principalmente intorno alla fisica nucleare e delle particelle elementari, secondo la tradizione nata a Roma con Enrico Fermi e il gruppo di via Panisperna. Sono anni che rappresentarono per tutta l’Europa un periodo di rinascita e di recupero di una nuova identità sotto il segno della cooperazione internazionale, durante i quali si dispiega la

6 L. Bonolis Introduzione complessa attività di Edoardo Amaldi, scienziato e stratega della politica della ricerca sul palcoscenico internazionale. La ricostruzione dei tre anni pionieristici durante i quali vennero avviate le ricerche sui plasmi e sulla fusione nell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi avviene a più di mezzo secolo di distanza dal primo incontro internazionale che ebbe luogo a Ginevra nel contesto della seconda conferenza organizzata dalle Nazioni Unite nel 1958, un evento che vide le ricerche sulla fusione protagoniste di un enorme interesse scientifico. Intorno a questo sogno si focalizzarono le speranze di una nuova èra all’insegna della collaborazione internazionale su questi temi, nello spirito che da sempre aveva caratterizzato la comunità dei fisici, ma che aveva conosciuto un lungo periodo di oscuramento successivo alla scoperta della fissione a partire dal 1939, seguìto dalle drammatiche vicende della guerra e della corsa alle armi nucleari iniziata negli Stati Uniti sotto la minaccia di Hitler. Fu proprio in occasione della Conferenza di Ginevra del settembre 1958 che la Gran Bretagna, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti avviarono ufficialmente la declassificazione delle ricerche sulla fusione controllata, suscitando l’immensa speranza di una energia pulita e senza limiti a disposizione dell’umanità. Un primo ritrovamento di alcuni documenti che testimoniavano la nascita del Laboratorio Gas Ionizzati nell’autunno 1957 negli archivi personali di Enrico Persico e Edoardo Amaldi, conservati nel Dipartimento di Fisica di Roma, rappresentava una traccia concreta di quegli anni in cui un piccolo gruppetto iniziale formato da Bruno Brunelli, Franca Magistrelli e dal giovane laureando Alberto De Angelis avviò lo studio della fisica del plasma nell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi. Un lavoro più approfondito nel ricco patrimonio archivistico romano ha permesso di rintracciare la maggior parte della corrispondenza e soprattutto i primi rapporti di attività relativi a quel periodo iniziale. I documenti utilizzati provengono sia dalla corrispondenza personale di Persico e Amaldi, sia da cartelle relative all’attività del Laboratorio Gas Ionizzati che sono presenti in entrambi i fondi, a testimonianza di quanto questa sia

7 Introduzione L. Bonolis stata un’impresa comune, portata avanti da entrambi nella fase di avvio. Attraverso questa documentazione è stato possibile ricostruire nel suo complesso l’intensa azione di promozione, organizzazione e collaborazione internazionale orchestrata da Amaldi e Persico, non senza la decisiva e sapiente collaborazione di Franco Rasetti e l’opera di Bruno Brunelli, sotto la cui direzione il gruppo iniziò ad operare dando origine al programma fusionistico italiano La storia degli usi militari e pacifici dell’energia nucleare e dei suoi svi- luppi nel contesto politico degli anni ’40 e ’50 è un argomento complesso a causa delle implicazioni sullo scenario mondiale che sono strettamente legate al ruolo inedito che la fisica ha acquistato nel corso delle vicende belliche. Nella sequenza qui proposta verranno richiamati una serie di eventi fondamentali che forniscono la griglia su cui innestare una riflessio- ne intorno all’attività di Amaldi, dalle premesse alla piena realizzazione della sua figura di scienziato che insieme a pochi altri ha intuito imme- diatamente la necessità di promuovere con impegno e decisione le azioni necessarie a rilanciare l’Europa nella competizione con gli Stati Uniti. So- no proprio i fisici, forti della rete di rapporti e collaborazioni instaurati nel corso degli anni ’30, a realizzare il sogno di una Europa unita, ben prima dell’istituzione effettiva di un organismo sovranazionale come l’Unione Europea nei tardi anni ’50. Nel suo complesso questo scenario scientifico e politico fornisce il necessario contesto per comprendere e apprezzare l’iniziativa di Amaldi e Persico. Il percorso è corredato da numerosi brani tratti dalla corrispondenza tra alcuni membri dell’originario gruppo dei padri fondatori della fisica moderna in Italia che, nell’illuminarci sulle relazioni di amicizia e di soli- darietà, restituiscono al contempo lo spirito con cui i fisici affrontavano la fine del conflitto mondiale e i primi anni della ricostruzione. Queste lettere – sostanzialmente inedite in tale forma estesa – sono utili per chiarire, in particolare, lo spirito assai diverso che animava Amaldi e Persico nel primo dopoguerra e le rispettive scelte, diametralmente op-

8 L. Bonolis Introduzione poste, che entrambi compirono in quegli anni.2 In generale, esse sono assai preziose per comprendere i sentimenti che si agitavano negli animi dei diversi protagonisti di questa vicenda. Ma soprattutto testimoniano in presa diretta le emozioni, le difficoltà, gli sforzi, gli ideali, vissuti da questi protagonisti della fisica italiana nell’atto stesso del ricostruire – e al tempo stesso del costruire – creando le premesse per lo sviluppo di una nuova realtà. Alla fine della guerra Persico è molto provato, sfiduciato e pieno di timore che la situazione internazionale possa di nuovo degenerare in maniera drammatica. Il suo carattere schivo e riservato, la sua tendenza alla prudenza e le vicende personali producono in lui un atteggiamento opposto a quello ottimista e combattivo di Amaldi. Hanno soltanto otto anni di differenza, ma appartengono a due generazioni distinte dal punto di vista scientifico e formativo. Persico, che ha condiviso fin dalla prima giovinezza l’entusiasmo di Fermi per la fisica, non ne ha poi condiviso la visione più ampia, strettamente legata alla necessità di creare delle strutture di ricerca dotate di ampi mezzi per competere a livello internazionale. Entrambi vincitori nel 1926 del primo concorso per una cattedra di Fisica teorica bandito in Italia, sono subito investiti della grande responsabilità di formare una nuova generazione di ricercatori sulla base di un curriculum che includa la nuova fisica. Persico a Firenze e Fermi a Roma creano i primi nuclei delle due scuole su cui si è successivamente basato lo sviluppo della fisica moderna in Italia. Nel 1930, con la scelta di Torino, a quell’epoca una Università con uno status superiore a quello di Firenze, Persico si trovò isolato dai contatti con Roma, ed ebbe rapporti assai ridotti con l’ambiente locale, a parte alcune notevoli eccezioni. Dopo la guerra, stanco delle privazioni e timoroso di un nuovo conflitto, decise di trascorrere un periodo all’estero e colse l’occasione offertagli da Franco Rasetti che si stava spostando a Baltimora lasciando libero il suo

2Alcune delle lettere relative all’anno 1946 sono state pubblicate nell’appendice del volume Da Via Panisperna all’America [23].

9 Introduzione L. Bonolis posto all’Università di Laval. Successivamente, l’offerta di una cattedra a Roma entusiasma Persico, che decide di lasciare l’Università di Torino, dove aveva insegnato per quasi vent’anni, per tornare nei luoghi dove era iniziata la sua carriera universitaria durante la metà degli anni ’20 come assistente di Orso Mario Corbino. Rapidamente viene coinvolto nel progetto teorico dell’elettrosincrotrone guidato da Giorgio Salvini a cui lavora intensamente dal 1953 al 1957. Nel frattempo, l’inizio del disgelo e la crescente informazione che tra il 1956 e il 1957 stava trapelando sulla scena scientifica riguardo i programmi di ricerca segreti in corso negli Stati Uniti, in URSS, nel Regno Unito e in Francia, avevano preparato il contesto in cui ebbe luogo la genesi dell’idea di promuovere le ricerche sui plasmi nell’ambito del percorso scientifico di Persico. Risulterà evidente come l’iniziativa italiana, fra quelle nate alla luce del sole e a scopi dichiaramente pacifici, fu assai tempestiva e suscitò immediatamente un interesse, tanto da ricevere l’invito a partecipare al gruppo di studio sulla fisica dei plasmi messo in piedi da John B. Adams al CERN, immediatamente dopo la seconda conferenza di Ginevra. Grazie al prestigio internazionale di cui godevano Amaldi e Persico, e ai rapporti con gli alti vertici della comunità scientifica mondiale, fu anche possibile avvalersi della collaborazione di un certo numero di esperti, alcuni dei quali passarono dei lunghi periodi in Italia partecipando all’iniziale attività del Laboratorio Gas Ionizzati. Un apporto importante in questa fase pionieristica fu dato in partico- lare da Franco Rasetti, che collaborò con il nascente gruppo sia come consulente a distanza, sia soggiornando a Roma per un periodo di circa sei mesi. Il lavoro svolto da Rasetti e Ugo Ascoli-Bartoli portò alla prima misura eseguita al mondo della densità elettronica di un plasma mediante interferometro ottico. Durante questo periodo, quando ormai i rapporti tra le persone erano profondamente mutati a causa del naturale trascorrere del tempo e dei notevoli sconvolgimenti determinati sulla scena nazionale e internazionale, si ritrovano all’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi tre personaggi ben

10 L. Bonolis Introduzione noti della fisica italiana tra gli anni ’20 e ’30: Amaldi, l’ex “fanciulletto” dell’epoca di via Panisperna, ormai leader nel processo di sviluppo della fisica italiana ed europea, Rasetti, come al solito eccellente sperimenta- tore, dallo spirito caustico, ma sempre più attratto dalla paleontologia del Cambriano, e Persico, molto provato dalle vicende della guerra e sempre assai critico nei confronti dello scenario italiano, un po’ defilato, e desideroso di dedicarsi soltanto alle sue ricerche e all’insegnamento della fisica, senza aspirazione ad avere ruoli direttivi di alcun tipo. Con il determinante supporto di questo eccezionale terzetto, Bruno Brunelli metterà in onda il programma iniziale di queste pionieristiche ricerche. Nel corso dei primi tre anni furono create le competenze e le premesse per il successivo sviluppo che ebbe luogo a partire dall’autunno del 1960, nella nuova sede costruita all’interno dei Laboratori Nazionali di Frascati, dove era appena entrato in funzione l’Elettrosincrotrone e dove il gruppo guidato da Bruno Touschek era già all’opera per una nuova straordinaria impresa: la costruzione di AdA, il primo anello di accumulazione per elettroni e positroni, la madre di tutti i collider. Sono particolarmente grata a Franca Magistrelli per aver suscitato in me l’interesse per la nascita del Laboratorio Gas Ionizzati inizialmente attraverso il racconto della sua personale esperienza e successivamente durante la collaborazione al citato lavoro di rassegna [59] nel corso del quale ho iniziato a raccogliere la documentazione su cui si basa la ricostruzione che segue. A Franca Magistrelli, come a Silvio Bergia, Angelo Mainardi e Pietro Nastasi desidero anche esprimere la gratitudine per aver accettato di leggere una versione preliminare del manoscritto e per i molti preziosi commenti. Ringrazio anche Carlo Bernardini per notizie e precisazioni sulle pas- sate vicende e Giovanni Battimelli per la sua abituale disponibilità nel fornire vari suggerimenti per il reperimento del materiale d’archivio. Come sempre sono anche debitrice verso Antonella Capogrossi, della Biblioteca del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza, per l’aiuto

11 Introduzione L. Bonolis a distanza fornitomi nel reperimento della versione elettronica di molti articoli. Questo lavoro è stato scritto nel corso di un soggiorno di studio presso il Centro per la Storia della Scienza e della Tecnica di Monaco, dove ho avuto il privilegio di accedere con facilità a una vasta letteratura scientifica. Last but not least ringrazio Carla Romagnino che nel corso di molti anni mi ha incoraggiato con il suo interesse verso il mio lavoro e che ha determinato l’impulso iniziale ad affrontare questa ricerca.3

Luisa Bonolis

Monaco, 22 giugno 2011

3A questa ricerca è stato conferito il premio, per l’edizione 2011, del concorso per la “Storia della Fisica” intitolato a Edoardo Amaldi.

12 Capitolo 2 Continuità e discontinuità: dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi

All’inizio degli anni ’60, in un periodo di grande sviluppo per la fisica italiana, Gilberto Bernardini commentava nella prefazione al numero del Nuovo Cimento dedicato all’elettrosincrotrone di Frascati [51]:

Sarebbe erroneo, anche se parzialmente sostenibile, l’affer- mare che nel nostro Paese abbia radici una antica tradizione scientifica. L’opera e gli insegnamenti dei grandi nomi del nostro passato non si collegano solidamente allo sviluppo naturale oggi raggiunto in Italia, almeno in certi settori della ricerca più avanzata. Così più che di tradizione si può parlare di scuole e per quel che riguarda la Fisica due sono quelle che ebbero influenza determinante rispetto al presente: una sorta a Roma attorno alla personalità e all’intelletto eccezionali di Enrico Fermi; l’altra a Firenze essenzialmente per merito di Bruno Rossi, grande scienziato e maestro.

Bernardini fa risalire al Convegno di Fisica Nucleare organizzato a Roma nel 1931 da Orso Mario Corbino «la data che segna per così dire l’entrata ufficiale del nostro paese nel campo delle nazioni capaci di dare contributi essenziali e determinanti allo sviluppo delle scienze fisiche, e quindi della civiltà moderna». Il Convegno ebbe come segretario generale Fermi, e la relazione sui “problemi della radiazione cosmica” fu da lui affidata a Bruno Rossi. A trent’anni di distanza Bernardini osservava ancora che:

13 Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi L. Bonolis

La costruzione dell’elettrosincrotrone di Frascati è sotto molti aspetti una (e per il nostro Paese una delle maggiori) fra le conseguenze dell’indirizzo nuovo sancito da quel Convegno di Roma. In particolare è direttamente connesso a quei “problemi della radiazione cosmica” che trasferiti da Rossi e dai suoi allievi, dall’ambito geofisico a quello della ricerca fondamentale, portarono il nostro Paese all’avanguardia nella fisica delle particelle elementari.

Nel sottolineare la «vitalità di questa giovane Scuola fisica italiana che potè sopravvivere alle partenze definitive di Fermi e di Rossi, di Rasetti, Emilio Segrè e Pontecorvo e di altri ancora», Bernardini ricordava come «Chi rimase si raccolse prima prevalentemente all’Istituto di Roma e mantenne, con i ‘raggi cosmici’ e con l’unico acceleratore allora esistente in Italia (quello da 1 MeV costruito presso l’Istituto Superiore di Sanità di Roma) brillantemente attivo l’interesse nella fisica nucleare fondamentale». Bernardini, che raccoglieva l’eredità di Bruno Rossi nel campo dei raggi cosmici, aveva anche acquisito un’ottima competenza in fisica nucleare, un settore che a quell’epoca aveva una accezione assai estesa ed era mescolato alla fisica delle particelle elementari. Dobbiamo a Edoardo Amaldi una serie di preziose testimonianze sul periodo che va dagli anni ’30 fino agli anni ’50 e che raccontano in varie tappe e attraverso saggi sia biografici, sia di carattere più generale molte delle vicende che hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo di questa nuova realtà [15][16][18][19][21][23][22][24]. Amaldi ha potuto narrare queste storie in virtù del fatto che lui stesso ha rappresentato l’anello forte con cui si sono saldati i due rami della catena, determinando la continuità della giovane tradizione e promuovendo lo sviluppo di tali straordinarie potenzialità. A questi lavori si sono aggiunti nel tempo molti contributi che hanno ben inquadrato storicamente e ricostruito a fondo

14 L. Bonolis Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi gli sviluppi narrati in forma semi-autobiografica da Amaldi.1 Molti degli aspetti e del contesto che caratterizzano le vicende qui ricostruite sono ben noti, tuttavia appare opportuno ripercorrere le vicende, seppure a grandi linee – e con dei flashback sugli anni precedenti – a partire dal 1945, la data che segna la fine di un’epoca e che per i fisici significa l’inizio di un coinvolgimento profondo nelle faccende politiche, militari, istituzionali. Lo spirito diverso con cui Amaldi e Persico affrontano il difficile pe- riodo del dopoguerra e della ricostruzione emerge con chiarezza dalla corrispondenza personale dell’epoca, nonché dai racconti di Amaldi. In particolare nel lavoro Gli anni della ricostruzione [16], basato essenzial- mente sui suoi ricordi («le vicende più spiccatamente personali come parti della “storia di un povero fisico” vissuto in Italia durante gli anni 1938– 1954»), Amaldi ha tracciato nelle sue linee generali il difficile percorso della fisica italiana dalla partenza di Fermi nel dicembre del 1938 fino al 1954, anno in cui lui stesso colloca la fine del periodo della ricostruzione.2 Le leggi razziali furono la causa di fuga per molti, alcuni come Pontecorvo e Segrè si trovavano già all’estero, altri andarono via perchè non sopportavano l’atmosfera, come Gleb Wataghin e Giuseppe Occhialini, che si trasferirono in Brasile dove divennero i padri fondatori della fisica di quel paese, oppure Franco Rasetti, che fu indotto a recarsi nel Canada, dove aveva avuto l’offerta di creare e dirigere un laboratorio di fisica

1Una scelta dei più importanti saggi storici pubblicati da Amaldi, nella versione italiana e inglese, si trova nel volume curato da G. Battimelli e G. Paoloni [24]. Altri lavori storici sul ruolo di Amaldi nella fisica italiana si trovano in [44][39][40][41] [117][77][42]. Si veda anche il volume edito da Carlo Schaerf che raccoglie gli atti del convegno dedicato ad Amaldi in occasione del suo 70mo compleanno [147] e il volume 20 del Giornale di Fisica pubblicato nel 1979 contenente quattro relazioni (E. Segrè, G. Bernardini, E. Amaldi, L. Zanchi) presentate durante il Convegno sulle prospettive della fisica fondamentale organizzato in occasione del passaggio fuori ruolo di Amaldi tra il 5 e il 10 settembre 1978. Il volume contiene il contributo di Amaldi Gli anni della ricostruzione [16]. 2Sul tema della ricostruzione si veda anche [43].

15 Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi L. Bonolis presso l’Università di Laval a Québec a causa del «disagio conseguente all’alleanza dell’Italia con la Germania nazista e la previsione di una guerra» [138]. La decisione di Amaldi di restare e affrontare il difficile compito che lo aspettava in Italia risaliva al 1939, quando lo scoppio della guerra lo aveva colto negli Stati Uniti, dove si era recato per studiare la possibilità di realizzare un ciclotrone per l’Esposizione Universale di Roma prevista per il 1942, ma anche con l’idea di sondare la prospettiva di una collocazione. Il problema di quanto potesse essere opportuno in un momento come quello restare negli Stati Uniti fu sollevato esplicitamente da – ex collaboratore di Werner Heisenberg a Lipsia, fuggito a causa delle leggi antisemite – a cui Amaldi dichiarò la sua intenzione di tornare in Italia. L’episodio è narrato da Mario Ageno in uno scritto restato a lungo inedito, dall’eloquente titolo Il nostro debito verso Edoardo Amaldi [1, p. 21]:3

«Decidendo di ritornare, ti trovi di fronte una quantità di cose da dover fare. Dopo ciò che è avvenuto in Italia, poiché ciò che è stato fatto da Fermi è stato distrutto, tu devi cercare di far sopravvivere qualcosa». E aggiunse in proposito tutta una serie di considerazioni molto chiare e ben definite: «Non sarà facile, concluse, ma se puoi, lo devi fare». Edoardo era fin d’allora perfettamente conscio della re- sponsabilità che si assumeva ritornando in Italia e di ciò che doveva esser fatto, se lui fosse stato forte abbastanza.

L’episodio è stato narrato dallo stesso Amaldi che così commentava l’incontro con Bloch [23, p. 79]:

3Questo ricordo di Amaldi, insieme a un altro scritto a lui dedicato e ai ritratti di Emilio Segrè e di Nella Mortara sono conservati presso l’archivio di Ageno nel Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma (Archivio Ageno, scatola 6, inventario 1.2.10) e sono stati pubblicati per la prima volta nel volume [58] grazie alla segnalazione di Giovanni Battimelli.

16 L. Bonolis Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi

Il discorso fu lungo, articolato non privo di punti sgra- devoli, o quasi, ma mi poneva per la prima volta nella mia vita di fronte a problemi e prospettive che fino ad allora non avevo mai menomamente considerato. Nel gruppo di Via Panisperna ero stato sempre il più giovane o quasi, dato che poi era giunto Bruno Pontecorvo, e avevo sempre ritenuto che spettasse a quelli più vecchi di me prendere le decisioni e tirar le fila di una “politica scientifica”. Avevo sempre ritenuto che i miei compiti si limitassero a studiare e progettare esperienze e cercare di interpretare i risultati. Quello che diceva Bloch riguardava molte altre attività a cui non avevo mai pensato e a cui mi sentivo impreparato.

In quei giorni anche Werner Heisenberg, ormai in una posizione di guida della fisica tedesca, si trovava negli Stati Uniti, pochi giorni prima dell’annuncio dell’invasione della Polonia e dell’inizio della seconda guerra mondiale. Amaldi ricordava bene quale fosse stata la reazione di Heisenberg di fronte a questa scelta [25]:

Era domenica pomeriggio, forse proprio il giorno in cui ero arrivato ad Ann Arbor, e i Fermi avevano invitato vari colleghi e giovani fisici ad un piccolo ricevimento per salutare Heisenberg proveniente, se ben ricordo, da Berkeley e diretto in Germania. L’argomento unico e centrale della conversazione erano gli eventi politici in Europa, ove la situazione sembrava diventare sempre più scura. Ricordo che S. Goudsmith chiese a Heisenberg che cosa ne pensava e se non prendesse in considerazione la possibilità di lasciare la Germania e trasferirsi negli Stati Uniti. Heisenberg disse che era sua intenzione tornare comunque in Germania.

17 Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi L. Bonolis

Ne seguì una discussione che, se fosse stata registrata, sarebbe oggi molto interessante. Qualcuno, forse Fermi, accennò al trasferimento di Rasetti a Québec4 e qualcun altro, credo Goudsmith, accennò assai più esplicitamente di quanto io desiderassi al mio desiderio di emigrare negli Stati Uniti. Non ricordo in modo completo le considerazioni di Heisenberg, salvo un punto che mi rimase impresso nella memoria. In un discorso di natura generale egli associò la decisione di emigrare negli Stati Uniti con l’aspirazione a poter lavorare con la tranquillità indispensabile per una elevata produzione scientifica, e la decisione di rimanere nel proprio paese con il desiderio di conservare viva una certa forma di cultura. L’argomento mi rimase impresso nella memoria ed ebbe certamente un’influenza sulle decisioni che presi sei o sette anni dopo.

Questo episodio è assai rivelatore; chiarisce come Amaldi abbia più tardi preso la decisione di restare in Italia in una prospettiva ben più ampia, quella dell’Europa. Il 4 ottobre 1939, il giorno dopo questa conversazione, Amaldi si imbarcava sul Vulcania per far ritorno in Italia: «In ben pochi periodi della mia vita, forse in nessun altro, mi sono sentito così angosciato come in quei dieci giorni di navigazione». Amaldi partiva sapendo che il loro gruppo «era definitivamente distrutto» per far ritorno in un’Europa in cui era scoppiata la guerra, nella quale l’Italia sarebbe ben presto stata coinvolta, «dalla parte sbagliata» [23, p. 79]:

Anche le considerazioni di Felix Bloch si riaffacciavano alla mia mente come un modo di dare un senso alla mia vita, ma si trattava di un modo diverso da tutti quelli che avevo

4Rasetti e sua madre Adele Galeotti avevano viaggiato sul Vulcania diretto a New York insieme ad Amaldi, sbarcando a New York il 13 luglio.

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sempre immaginato e così lontano dalle mie aspirazioni e capacità.

La situazione appariva disperata, ma Amaldi aveva ormai dentro di sé il seme di un doppio obiettivo: restituire all’Italia e all’Europa una posizione di leadership in almeno qualche campo [14, p. 4]. Ageno, un prezioso testimone di quegli anni, ci fornisce una presa diretta su Amaldi fisico e organizzatore in quel lontano 1939 [1, p. 21]:

Col suo ritorno in Italia, Edoardo si trovava ad essere ormai l’unico superstite del gruppo di Roma, portato dalle circostanze a occupare la cattedra di Fisica sperimentale, senza direzione d’Istituto. Aveva fino a quel momento fatto ricerca con le spalle protette, come membro giovane di un gruppo molto affiatato, guidato dalle personalità prevalenti di un Fermi e di un Rasetti e in cui lo stesso Segrè era più anziano di lui di tre anni. Era stato ripetutamente all’estero, per lo più per brevi periodi, ma non si era mai trovato a dover portare da solo l’intera responsabilità di un gruppo, a dover scegliere in modo autonomo un indirizzo di ricerca, dovendo incominciare col formarsi dei nuovi collaboratori. Aveva, lo si tenga ben presente, solo trentun anni.

Con spirito critico Ageno contesta l’idea diffusa di un Fermi impegnato a formare una scuola [1, p. 15]:

In realtà, Fermi era un autodidatta e come tale era portato a pensare che chiunque avrebbe potuto fare altrettanto. La creazione di una scuola non era tra i suoi obiettivi e non si accordava col suo temperamento. Ciò che si proponeva era essenzialmente di realizzare condizioni tali, che gli permettes- sero di portare avanti la ricerca e ne favorissero il successo.

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Così, ad esempio, non si preoccupò affatto di fare allievi a Firenze, che considerava sua sede solo provvisoria: il gruppo di Firenze si formerà dopo, attorno a Enrico Persico e a Bruno Rossi. A Roma con lezioni private e seminari, con un inces- sante lavoro di orientamento concettuale, riuscì in pochissimo tempo a trasformare un gruppetto di giovani, selezionati per intelligenza ed impegno, in ricercatori di primissimo piano, formando così quei collaboratori di cui aveva bisogno.

Ageno sottolinea poi che gli altri giovani – tra cui vi era lo stesso Ageno – che si accostarono successivamente al gruppo «non ebbero più da Fermi alcun insegnamento specifico, al di là delle sue bellissime lezioni [. . . ]» e impararono «osservando il suo modo di fare ricerca. Non per iniziativa di Fermi». Certamente Ageno soffrì della mancanza di attenzione che era stata dedicata ad altri, ma questo gli forniva anche il distacco per recuperare – con spirito po’ diverso – una osservazione di Emilio Segrè secondo cui, dopo la dispersione della scuola di Galilei, a differenza di ciò che è avvenuto nei Paesi del Nord dell’Europa, è sempre mancato alla fisica italiana «il supporto di una tradizione, rappresentata da una grande scuola scientifica, capace di portare avanti una visione scientifica del mondo, anche col contributo di scienziati di medio livello». Segrè intendeva mettere in evidenza che la fisica italiana era fatta di contributi discontinui in un sostanziale deserto, anche a livello di insegnamento, e che proprio «in questo deserto si produsse il miracolo di Fermi». Ma Fermi, con tutta la sua genialità, faceva ugualmente parte di quello che più avanti Ageno definiva il tradizionale «stato normale della fisica in Italia [. . . ] quello del coma profondo, interrotto appena, ogni tanto, da un piccolo contributo occasionale di qualche onesto professore universitario [. . . ]». Lo stesso Alessandro Volta, osservava infatti Ageno, rappresentò, dopo Galilei, «un vivissimo lampo isolato», che non fece allievi [1, pp. 14–16]. Dopo tale premessa, Ageno afferma con decisione che:

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Di fatto, nel gruppo di Roma, l’unico che avesse alle spalle, tramite il padre, la tradizione di una grande scuola scientifica, era Edoardo. Credo che questo fatto vada tenuto ben presente da chiunque voglia capire come mai un giovane di soli trentun anni sia potuto diventare d’un tratto il “motore” della fisica italiana.

Ageno, certamente tra i pochi che abbiano avuto una stretta frequen- tazione con lui nel periodo a cavallo tra l’epoca Fermi e il dopoguerra, ci fornisce anche una rara immagine di Amaldi alle prese con il suo lavoro di ricerca [1, p. 23]:

Va detto subito, e messo nel massimo rilievo, che [. . . ] il fronte principale della sua battaglia per la sopravvivenza è stato sempre quello della ricerca personale. Io lo ricordo, – quando nei brevi intervalli concessimi dalle vicende della guerra tornavo per alcuni giorni in laboratorio – lo ricordo intento come sempre a progettare esperimenti, a montare con le sue mani apparecchiature, a fare personalmente per ore e ore al giorno misure sistematiche, appollaiato su uno sgabello sulla plancia dell’impianto della Sanità, annotando via via i risultati su uno dei famosi quadernoni. E tra una lettura e l’altra, riduceva i dati, calcolando col regolo apportando le correzioni necessarie; predisponeva le tabelle e le medie finali, calcolava gli errori. . . Il tutto, senza mai perdere il buon umore, sempre pronto alla battuta scherzosa, come se la fatica non ci fosse e come se non avesse altra preoccupazione al mondo che quella di vedere il risultato dell’esperimento in corso. Va detto chiaro che nulla sarebbe andato avanti, nulla si sarebbe concluso senza il suo continuo e prevalente impegno personale diretto, ben poco aiuto venendogli dai giovani collaboratori, sia per loro difetto di coltura e di esperienza, sia perché

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continuamente distratti e allontanati da vicende di guerra e difficoltà del momento.

Certamente, accanto alle sue non comuni doti di carattere, nel DNA culturale di Amaldi c’è l’appartenenza a una famiglia di grandi tradizioni umane e accademiche [30]. Suo padre Ugo faceva parte dell’élite della scuola matematica italiana e Edoardo era cresciuto in un ambiente ca- ratterizzato da alti ideali e senso di responsabilità civile e culturale, che, come sottolinea Ageno [1, p. 21], lo aveva messo in grado

[. . . ] di valutare la fondamentale importanza della scuola scientifica. Spirito di scuola significa profondo senso del dovere verso il passato, nei confronti del quale siamo debitori, e impegno profondamente sentito verso il futuro, nei confronti dei più giovani che hanno inizialmente bisogno di guida per imparare a scegliere felicemente una loro strada, per procedere poi autonomamente, con motivata fiducia in loro stessi. Nel corso della sua precedente esperienza col gruppo di Roma, Amaldi aveva inoltre appreso la necessità di una pianificazione intelligente della propria ricerca, come premessa non solo del successo, ma anche del necessario inserimento nel più vasto quadro della ricerca mondiale.

L’aver fatto parte ancora giovanissimo del gruppo scelto che ebbe il privilegio di una speciale attenzione da parte di Fermi e l’aver lavorato a stretto contatto con lui fino alla partenza dall’Italia, insieme all’altissimo esempio che gli derivava dall’aver frequentato da vicino Orso Mario Corbino, un fisico di enorme intelligenza scientifica e di straordinarie capacità nell’ambito della politica della ricerca, conferì ad Amaldi la sua unicità. Tuttavia, come ha sottolineato suo figlio Ugo, non era diffusa in quel gruppo la coscienza della situazione sociale del tempo [29, p. 19]:

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«Furono soltanto le chiacchierate con Emilio Sereni, cugino di Bruno Pontecorvo, che diverrà poi un noto intellettuale antifascista e comunista, ad aprire a mio padre gli occhi sulle questioni sociali». Il contatto con persone impegnate ad alto livello nella lotta politica contribuisce a maturare in Amaldi una profonda sensibilità per le situazioni politiche e sociali dell’Italia, che egli seppe poi tradurre nella sua lotta per difendere la posizione e il ruolo della scienza nel suo paese e come organizzatore della ricerca a livello internazionale e internazionale. Egli aveva appreso anche «la necessità di una pianificazione intelligente della propria ricerca, come premessa non solo del successo, ma anche del necessario inserimento nel più vasto quadro della ricerca mondiale» [1, p. 21], che gli conferiva lo spirito speciale con cui, una volta fuori del suo laboratorio, trovava naturale svolgere

[. . . ] quella incessante azione di riorganizzazione e di stimolo, che ne ha fatto in breve il vero “motore” della fisica italiana. Il suo stile era quanto di più antiretorico si potesse immaginare. Non faceva proclami, non enunciava principi, indirizzi, scopi generali. Evitava ogni chiasso ed ogni esibizione personale. Non ha mai assunto atteggiamenti da capo, da maestro, da “pastore di popoli”.

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Figura 2.1: Enrico Fermi e Edoardo Amaldi. Archivio Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.

Figura 2.2: Edoardo Amaldi sulla motonave Vulcania in viag- gio per gli Stati Uniti nel giugno 1939. Archivio Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.

24 Capitolo 3 Dal “disastro della fisica in Italia” all’inizio della ricostruzione

Con la scelta di far partire il suo racconto Gli anni della ricostruzione dalla fine del 1938, al momento dell’emigrazione di Fermi e di tanti altri colleghi, Amaldi colloca di fatto l’inizio del processo di “ricostruzione” ben prima della fine della guerra.1 Grazie a questo prezioso resoconto abbiamo una testimonianza diretta di ciò che avvenne a Roma durante quegli anni difficili in cui si trattò di raccogliere coraggiosamente le forze per «salvare il salvabile» [23] [16]. All’arrivo delle truppe alleate a Roma il 5 giugno 1944 la fine della guerra era ancora lontana, in particolare per il nord Italia, ma i fisici romani già iniziavano a raccogliere le idee, con soddisfazione di Fermi: «Mi ha fatto molto piacere il sentire che tu e Wick sperate di poter organizzare presto la ripresa del lavoro scientifico e che considerate l’avvenire con un certo ottimismo. Giudicando la situazione da questa riva dell’Atlantico ho talvolta la speranza che la ricostruzione dell’Italia possa forse essere meno difficile di quella di altri paesi europei».2 Come Amaldi, anche Ageno fissa «come data d’inizio della ricostru- zione quella dell’arrivo a Roma delle truppe alleate [. . . ]» che occuparono la città nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1944 [1]:

1Questo scritto fu preparato da Amaldi in occasione del suo 70mo compleanno, festeggiato in occasione del Convegno su Prospettive della Fisica Fondamentale tenuto a Roma dal 5 al 10 settembre 1978. 2E. Fermi a E. Amaldi, 15 agosto 1944 da Chicago, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5.

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C’era in tutti una esasperata volontà di riprendere a vivere, di riportare il Paese in condizioni di indipendenza, di ritornare a una esistenza normale. E questa è stata senz’altro una componente fondamentale di quella straordinaria concordanza di intenti che ha reso possibile il rapido risorgere della fisica italiana, il suo autorganizzarsi in una scuola e il suo inserirsi con piena dignità nel quadro della ricerca fisica internazionale. Ma tutto ciò non sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato per tutti un punto di riferimento sicuro, qualcuno che avesse un’idea assolutamente chiara degli scopi da raggiungere e delle vie da seguire, basata su una consapevole e meditata esperienza precedente e, diciamolo pure, una tensione morale tale da privilegiare sempre gli interessi comuni rispetto al particolare di ciascuno. Nel ricordare il periodo drammatico dell’occupazione tedesca, con tutti i suoi orrori, e l’entrata «in una nuova fase di esito ancora incerto, forse anche oscuro» [16, pp. 190–191], Amaldi sente anche la necessità di prendere le distanze dal passato, esprimendo in modo impersonale quali dovessero essere gli obiettivi immediati, quelli che in realtà lui stesso si stava ponendo in prima persona. Si percepiscono già lo spirito di iniziativa e l’esigenza di mirare molto in alto che caratterizzeranno tutta la sua successiva attività sul piano scientifico e organizzativo: Bisognava riparare i danni materiali subìti dal Paese, cer- care di andare ben oltre i livelli raggiunti nel passato e con- tribuire a costruire una società che conservasse e sviluppasse solo alcune delle caratteristiche di quella passata, rifiutan- do e cancellando gli aspetti deteriori, superficiali e profondi, lasciati dal fascismo. La prima regola consisteva evidentemente nel cercare di lavorare seriamente senza ridicole borie nazionalistiche, senza prosopopea o retorica, ma anche senza false modestie né

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complessi d’inferiorità. Questo stato d’animo era particolar- mente vivo in Istituto ove tutto il personale era cosciente che una lunga notte volgeva verso la fine e che il nuovo giorno richiedeva un grande impegno.

Una delle prime preoccupazioni fu quella di recuperare tutto il materia- le scientifico che era stato messo in salvo in una sede sicura. In particolare fu riportato in sede anche l’apparecchiatura utilizzata da Marcello Con- versi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni, che avevano continuato a lavorare anche durante l’occupazione [109][110][75]. Anche l’attività di ricerca fu ripresa con «straordinaria energia» secondo due linee caratteristiche: lo studio dei raggi cosmici, guidato da Gilberto Bernardini, e la fisica nucleare, di cui Amaldi si occupava personalmente. Proprio su questo secondo fronte Amaldi e Bernardini si erano attivati a livello istituzionale e nella primavera del 1945 avevano proposto la costituzione di un Centro di Studio della Fisica Nucleare e delle Particel- le Elementari con un programma di ricerca rappresentato dal naturale sviluppo delle attività svolte in precedenza e mantenute vive a Roma anche durante gli anni difficili della guerra. La convenzione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma fu firmata il 30 ottobre e Amaldi fu nominato direttore e Gilberto Bernardini vicedirettore. Ma nel frattempo qualcosa di terribile era accaduto durante quel- l’estate del 1945 sul fronte della fisica nucleare: il 6 e il 9 agosto due ordigni nucleari erano stati lanciati su e , due città del Giappone. Gli Amaldi erano in villeggiatura in montagna insieme a un gruppo di fisici romani [16, p. 194]:

Il mondo venne così a sapere in modo improvviso e dram- matico che le applicazioni nucleari tanto pacifiche quanto militari non erano più una possibilità intravista solo dagli esperti, ma erano ormai un fatto reale [. . . ] Fummo tutti

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estremamente colpiti dalla drammaticità dei problemi di fron- te a cui ora si trovava l’umanità e al tempo stesso non ci restava che constatare che gli sviluppi scientifico-tecnici fatti oltre oceano avevano chiaramente stabilito un divario ben maggiore di quanto non avessimo ritenuto fino ad allora, tra i livelli tecnologici raggiunti dalle due parti dell’Atlantico

A questa prima constatazione ne sarebbero seguite altre sempre più amare. Ai fini della nostra storia è interessante richiamare una ben nota osservazione fatta appena tre anni dopo da Patrick Blackett, in una accurata analisi sulle conseguenze politiche e militari dell’energia atomica, e con profonda conoscenza di scienziato e di uno dei leader del programma bellico nel Regno Unito: «So, in truth, we conclude that the dropping of the atomic bombs was not so much the last military act of the second world war, as the first act of the cold diplomatic war with Russia» [54, p. 127] Il 25 aprile Milano e il Nord Italia erano stati liberati e di lì a poco la resa incondizionata della Germania aveva posto fine alla II guerra mondiale. Finisce l’isolamento per il gruppo di raggi cosmici, in particolare per Giorgio Salvini [58, pp. 102–102]:

L’anno 1946 si può considerare per Milano l’anno della nostra rinascita: si allacciarono i primi rapporti con Roma. Fu per me memorabile il viaggio Milano–Roma–Milano con Vanna Tongiorgi e Giuseppe Cocconi, ormai sposi; incontrai finalmente l’ormai famoso Edoardo Amaldi [. . . ] Fu l’anno della ripresa di contatti personali; in particolare ricordo che fu Gilberto Bernardini a legarci generosamente alle sue personali ricerche sperimentali sui raggi cosmici e in generale a quelle del gruppo romano. Gilberto metteva voglia di lavorare, ispirava nuovi pensieri, anticipava le cose e soprattutto donava fiducia e alimentava il nostro orgoglio e le nostre speranze.

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Da lui ho imparato che la fiducia è un bene severo, che induce alla disciplina, spesso più di un seppur motivato rimprovero. Gilberto riconosceva il valore, si inchinava a chi – pochi – avevano piglio e gettata maggiore di lui. L’invidia scientifica, il tormentarsi nel valutare la misura di sé rispetto agli altri, il non gioire dei risultati di altri fisici perché non sono i propri, non facevano parte del suo bagaglio. Dal 10 al 12 novembre si svolse a Como un convegno per celebrare il secondo centenario della nascita di Volta organizzato da Giovanni Polvani. «Giungemmo a destinazione – ricorda Amaldi – dopo 36 ore di viaggio, con il sacco in spalla pieno di viveri e attraversando a piedi, su ponti di barche, vari fiumi sulle cui sponde si fermavano i treni fatti in gran parte solo di vagoni bestiame» [16, pp. 194–195]. è l’occasione per riallacciare i contatti tra fisici dell’Italia settentrionale e quelli dell’Italia centro-meridionale che si erano interrotti nel corso delle vicende di guerra [23, pp. 102–103]: La riunione fu straordinariamente importante [. . . ] In una riunione del Consiglio della SIF [Società Italiana di Fisica] allargato a vari colleghi interessati ai problemi generali, si discusse a lungo su come far riemergere la ricerca fisica in Italia. Molti erano sfiduciati, soprattutto i colleghi dell’Italia settentrionale che erano stati in condizioni di guerra e occu- pazione tedesca fino a pochi mesi prima. In quella occasione io mi mostrai piuttosto ottimista e sostenni che potevamo recuperare una posizione decente in campo internazionale a condizione di impegnarci molto fortemente e solo in un ristretto numero di settori della ricerca. Sostenni che a mio avviso il più promettente era costituito dai raggi cosmici, campo in cui il paese aveva ormai una lunga tradizione e in cui non ci trovavamo svantaggiati rispetto ad altri per quello che riguardava la sorgente.

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In quella occasione, di passaggio per Milano, Amaldi conosce Luigi Morandi, chimico industriale e fratello del leader socialista Rodolfo Mo- randi, «molto interessato al problema dei rapporti fra ricerca universitaria e industria». In seguito a questo colloquio Amaldi viene stimolato concre- tamente a mettere nero su bianco la sua strategia per la ricostruzione. In un rapporto di una trentina di pagine dattiloscritte su La Fisica in Italia indicava con lucidità cosa si dovesse fare, secondo la sua opinione «nell’immediato avvenire sia per l’acquisizione di attrezzature scientifiche che per la formazione di personale qualificato in vista di un decoroso sviluppo anche delle applicazioni pacifiche della fisica nucleare».3 La no- tevole tradizione maturata in Italia nel settore rendeva naturale muoversi in questa direzione. All’inizio del 1946 Amaldi ricevette la visita di Giuseppe Bolla da Milano che gli parlò di una iniziativa elaborata insieme a Giorgio Salvini, Carlo Salvetti e Mario Silvestri riguardante la creazione di un laboratorio per lo sviluppo della fisica nucleare applicata. Il progetto aveva il supporto finanziario di un gruppo di industriali dell’Italia settentrionale ed ebbe una funzione importante nella formazione di persone che successivamente avrebbero avuto ruoli di rilievo nel settore della ricerca nucleare.4 Il centro ebbe inizialmente l’appoggio di Amaldi, Bernardini e Bruno Ferretti e fu stabilito che il Centro romano si sarebbe dedicato alla fisica fondamentale, per evitare inutili dispersioni di energia e risorse. In quell’autunno del 1945 Truman e i primi ministri del Regno Unito e del Canada firmavano a Washington una dichiarazione trilaterale sull’ener- gia atomica in cui si impegnavano anche a procedere con la diffusione di documentazione scientifica a fini pacifici con qualsiasi Paese interessato a

3Amaldi naturalmente aveva lo sguardo rivolto a ciò che si stava facendo negli Stati Uniti. Il programma infatti era ambizioso e includeva la costruzione di un ciclotrone e un betatrone, la messa in funzione successiva di un reattore nucleare e di un impianto per la separazione degli isotopi. 4Per la storia del CISE si veda [160]. Per una eccellente sintesi della storia del nucleare in Italia si rimanda al volumetto redatto da Giovanni Paoloni [120].

30 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione uno scambio reciproco. Il 27 dicembre veniva firmato a Mosca un accordo con l’Unione Sovietica, con la nascita della Commissione delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica(UNAEC). Ma il piano Baruch, l’ambizioso progetto che prevedeva la creazione di una Autorità Internazionale per lo Sviluppo Atomico (IADA) che avrebbe avuto un controllo di tipo mana- geriale di tutte le attività riguardanti l’energia atomica, potenzialmente pericolose per la sicurezza, naufragò negli anni successivi nel mare burra- scoso della guerra fredda. Il piano Baruch prevedeva una organizzazione per la collaborazione internazionale su larga scala nel campo dell’energia atomica in modo da assicurare le sue applicazioni a scopi pacifici, una delle sue caratteristiche principali era l’eliminazione del veto in tutte le questioni che cadevano sotto la giurisdizione della International Control Agency. Con il suo libro sulle conseguenze dell’energia nucleare pubblicato nel 1949, all’epoca della definitiva chiusura del progetto Baruch, Blackett aveva dimostrato a chiare lettere che nessuna impresa di cooperazione internazionale aveva la possibilità di essere bene accetta in un mondo infestato dal sospetto e avvelenato dalla propaganda [54]. Nel corso dell’inverno 1945–1946 Gian Carlo Wick accettava l’offerta di una cattedra all’università di Notre Dame nell’Indiana, che gli era stata procurata da Fermi. Wick sapeva che là avrebbe trovato un acceleratore di particelle e che Chicago non era lontana, così avrebbe potuto incontrare Fermi ogni fine settimana:5 «La sua partenza dispiacque a tutti moltissimo, ma a me in modo particolare. Non solo perdevamo un bravissimo fisico teorico ma io perdevo anche un amico fraterno» [16, p. 200]. Come giustamente sottolineava Amaldi, Wick era stato un importante punto di riferimento teorico per le attività di ricerca nel campo della fisica nucleare e in quelle sui raggi cosmici, guidate da Gilberto Bernardini. Il 3 dicembre

5Questo racconto si trova nella storia dell’Università di Torino reperibili nei siti http: //www.to.infn.it/it/content/storia-della-sezione-di-torino-1 e http:// www.ph.unito.it/fisicatoit.html, quest’ultimo estratto dall’opera curata da Clara Silvia Roero [140].

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1945 Amaldi commentava la partenza di Wick in una lettera a Fermi:6

Sono contento per lui ma qui la situazione diventa sem- pre più sconsolante; la soluzione di andarsene del tutto è egoisticamente la migliore ma mi sembra un poco un peccato lasciare qui tutti i vari ragazzi ora che la guerra è finita e che c’è qualche speranza di riprendere i contatti con voi e gli altri fisici del mondo. Sono questioni che mi preoccupano parecchio e mi piacerebbe molto discuterle con te; la loro so- luzione dipende molto dalle possibilità o meno di movimento che che si possono prevedere per l’avvenire.

Intanto riprendevano i rapporti epistolari interrotti durante il periodo bellico. Nel gennaio del 1946 Amaldi risponde agli auguri di capodanno di Enrico Persico da Torino: «Caro Persico, grazie degli auguri che contraccambio di cuore. Quando vieni a trovarci a Roma? Noi lavoriamo parecchio; stiamo ora facendo una esperienza piuttosto carina. Con neutroni di 14 MeV [. . . ] facciamo la diffrazione sui nuclei di Pb. Abbiamo ottenuto una specie di fattore di forma del nucleo [. . . ] Cercheremo di ripetere l’esperienza con altri nuclei ed un’altra lunghezza d’onda. Purtroppo però possiamo solo aumentarla e non diminuirla con i mezzi di cui disponiamo [. . . ]».7

6E. Amaldi a E. Fermi, 3 dicembre 1945, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5. 7E. Amaldi a E. Persico, 2 gennaio 1946, Archivio Persico, Dipartimento di Fisica, Università di Roma Sapienza (da ora in poi abbreviato con AP), scatola 1, fascicolo 266. Persico si era laureato con Orso Mario Corbino con una tesi sull’effetto Hall nel novembre del 1921 e fu nominato assistente all’Osservatorio Astronomico di Roma diretto da Alfonso Di Legge a partire dal 17 gennaio del 1922. Divenne assistente di Corbino all’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, dall’ottobre del 1922 e il 30 dicembre del 1926 venne «nominato per concorso professore stabile di Fisica teorica» e «nominato stabile della stessa disciplina» all’Università di Firenze il 7 febbraio del 1930. In quello stesso anno accettò la chiamata all’Università di Torino, che allora era una sede statale, contrariamente a quella di Firenze, con decorrenza dal 20 novembre 1930 (Stato di Servizio di Enrico Persico, Archivio di Stato, M.P.I. Fascicoli Professori

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A sua volta Persico, nel riprendere la corrispondenza con i «vecchi amici transoceanici», scriveva una lunghissima lettera a Rasetti, rac- contandogli in dettaglio tutte le proprie vicissitudini durante gli anni drammatici della guerra arricchite da interessanti commenti sull’Italia allo sbaraglio:8

[. . . ] fino al novembre 1942 ho fatto presso a poco la solita vita. Il 18 di quel mese i bombardamenti su Torino co- minciarono a farsi duri, così che mi decisi a “sfollare” (conosci questo neologismo?). “Sfollai” a Torre Pellice [. . . ] Torino è stata alternativamente e a varie riprese in mano ai fascisti, ai tedeschi, ai partigiani, ai carabinieri e a nessuno: le sparatorie, gli incendi e i “rastrellamenti” nonché la presa di ostaggi erano di ordinaria amministrazione. D’altra parte, anche a Torino, per i professori antifascisti non spirava aria troppo buona, specialmente durante una certa campagna della stampa “repubblichina”. Quanto ai bombardamenti non erano più notturni ma diurni[. . . ] il governo repubblichino ci minacciò, se avessimo interrotto le lezioni, di arruolarci nel “servizio di lavoro”. Così, il 15 gennaio dell’anno scorso, mi aggrappai all’esterno di un camion e mi trasferii in città, sistemandomi alla meglio nell’unico locale chiudibile di casa, universitari, III versamento, Busta 369). La chiamata fu proposta dal matematico Francesco Giacomo Tricomi: «Io ero in affettuosa amicizia con P. già dal 1922, quando ero assistente di Severi a Roma. E fui io a contribuire in modo determinante al trasferimento di P. a Torino, vincendo l’ostilità (non alla persona ma alla materia) di Somigliana» (F. G. Tricomi a E. Amaldi, 21 Aprile 1977, AA scatola 12E fascicolo 2). Si rimanda al volume curato da Silvia Roero [140] per dettagliate notizie sulla permanenza di Persico all’Università di Torino. 8E. Persico a F. Rasetti, 23 gennaio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266. In quel periodo Persico «ebbe una profonda e lunga depressione» in seguito alla improvvista scomparsa della madre avvenuta nel 1940 (F. G. Tricomi a F. Rasetti, 4 novembre 1974, AA scatola 12E, fascicolo 2.

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e cioè la cucina [. . . ] L’inverno era eccezionalmente freddo, e ho passato allora il mese più disagiato della mia vita [. . . ] Come dio volle venne la liberazione. Ed ora siamo qui da otto mesi a cercare di ricostruire, o meglio a parlare di “Ricostruzione” e di “Democrazia”, le quali hanno preso il posto della “Autarchia” e del “Piano dell’Impero” [. . . ] Quanto ad attività scientifiche, come puoi immaginare, in questi anni non ho combinato nulla, tranne alcune letture e redazioni. L’Istituto di Fisica ha avuto l’aula completamente bruciata e la biblioteca sfondata, ciò che accresce solo di poco il suo originario scalcinatismo: i libri si sono salvati solo perché erano “sfollati”, ma sono ancora chiusi in casse (tranne quelli di fisica teorica) e quindi inutilizzabili. Dei progressi della fisica all’estero durante la guerra ho solo notizie indirette e frammentarie e attendo con impazienza le riviste arretrate (purtroppo molte cose interessanti saranno coperte dal segreto). Non ho ancora rivisto gli amici di Roma e ho avuto con loro solo scambi di lettere [. . . ]

Dopo il suo trasferimento a Québec nell’estate del 1939, Franco Rasetti aveva praticamente creato da zero il dipartimento di fisica. Mentre in tutta Europa si raccoglievano le forze per ricreare le condi- zioni necessarie alla ricerca e allo sviluppo, dagli Stati Uniti cominciavano ad arrivare le prime notizie relative alla trasformazione profonda nei rapporti tra la fisica e il potere politico e militare. I fisici erano usciti vincitori dal conflitto, e un effetto evidente di questo mutamento era la straordinaria disponibilità di fondi a disposizione, come scriveva Fermi ad Amaldi alla fine di gennaio:9

Dal gennaio io mi sono stabilito a Chicago, più o meno definitivamente [. . . ] Sembra che avremo mezzi piuttosto

9E. Fermi a A. Amaldi, 24 gennaio 1946, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5)

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illimitati e abbiamo cominciato ad usarli ordinando un be- tatrone da 100 MeV [. . . ] Anche in America la situazione della fisica ha subito cambiamenti molto profondi per effetto della guerra. Alcuni sono per il meglio: ora che la gente si è convinta che con la fisica si possono fare le bombe atomiche tutti parlano con apparente indifferenza di cifre di vari milioni di dollari. Fa l’impressione che dal lato finanziario la maggiore difficoltà consisterà nell’immaginare abbastanza cose per cui spendere. D’altra parte ci aspettiamo che il numero degli studenti cresca considerevolmente [. . . ] È l’epoca della canzone Take Away Your Billion Dollars scritta quando sembrava appunto che tutti i fisici stessero inventando, costruendo o progettando una nuova e più grande macchina acceleratrice. L’autore era Arthur Roberts, un fisico che si divideva tra il Conservatorio del New England e il dipartimento di fisica del Massachusetts Institute of Technology e che durante la guerra aveva lavorato al Radiation Laboratory del MIT e poi nel campo della fisica nucleare.10 Il 4 febbraio anche Bernardini si fa vivo con Persico da Bologna:11

Persico carissimo, scusa se rispondo con tantissimo ritardo alla tua cartolina di auguri [. . . ] oggi ti riassumo per sommi capi le vicende generali e mie, nel seguito cercheremo di provocare un incontro per i particolari. Dunque, la guerra per me e per i miei si è conclusa con un bilancio negativo, come per tutti, ma non così negativo come magari si sarebbe potuto pensare quando lasciammo Bologna; prima sfollati,

10La musica fu poi pubblicata su Physics Today del 1948. La canzone faceva parte di un gruppo di sei scritte e registrate in un album: The Cyclotronist’s Nightmare, or Eighty Millicuries by Half-Past Nine (1939); It Ain’t the Money (1944, scritta in occasione del conferimento del premio Nobel per la Fisica a Isidor I. Rabi); Placement (1945); How Nice to be a (1947) e Conant, Compton and Baruch [139]. 11G. Bernardini a E. Persico, 4 febbraio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.

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poi fuggiaschi a Firenze [. . . ] e infine a Roma (fra i profughi assistiti dal Santo Padre, quello di S. Pietro). Adesso i miei sono a Roma da poco più di un anno, in un alloggio assegnatomi dal Commissariato, in quanto la mia casa di Bologna è stata convertita, da tre bombe americane, in un mucchio crateriforme di calcinacci. A Roma, con grande difficoltà abbiamo ripreso a lavorare. Anzi in un primo tempo, quando arrivarono le Phys. Rev. fino a tutto il 1944, avemmo l’illusione di aver mantenuto il passo. Purtroppo era solo un’illusione e ora, con le pile al plutonio, i betatroni da 100 MeV, ecc. (mi ha scritto Bruno Pontecorvo che hanno fatto i mesoni in casa [. . . ] perdiamo terreno a kilometri al secondo e forse senza speranza di recure [sic]. Non è escluso che cambieremo strada così come ha fatto Franco [Rasetti], che è il solito vecchio Franco di sempre, buono e tagliente, infantile e gelidamente triste, pieno d’ingegno e di infinite risorse. Si è dato alla paleontologia e, da quanto abbiamo sentito dire (via Segrè, Fermi, Gina Castelnuovo ecc.) ha fatto una scoperta che rivoluziona la Paleontologia del Canadà [. . . ] Ha dato le dimissioni dalla cattedra di Roma. In conseguenza la facoltà di Roma mi avrebbe chiamato, come successore (ti prego di non fare confronti e se li fai, inquadrami nel resto dell’Italia di oggi) per la Spettroscopia ecc. Io non so ancora cosa fare per quanto abbia già degli impegni abbastanza precisi con Edoardo e con il Preside di Roma che è il vecchio “Ughetto nostro, gagliardo e tosto” [. . . ] mi dispiace abbandonare questo Istituto in una fase di ricostruzione e di rinascita. È un po’ come fuggire davanti alle responsabilità di una ripresa. Vorrei comunque che di Bologna non accadesse quello che è già accaduto per Firenze e Padova, dopo la tua partenza dal primo e la partenza di Rossi dal secondo [. . . ] Conto comunque di rivederti presto

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e per ora ti saluto molto affettuosamente. Tuo Bernardini

Il 6 aprile Rasetti risponde a Persico dal Canada:12

Caro Persico, è qualche tempo che volevo rispondere alla tua lettera del 23 gennaio [. . . ] Per noi rimasti in questi paesi tranquilli a far la vita di tutti i giorni di prima della guerra sembra veramente miracoloso che siate riusciti – almeno alcu- ni, come te – non solo a sopravvivere ma anche a conservare l’antico sense of humor. Di me non c’è praticamente niente da raccontare [. . . ] Ho organizzato un piccolo laboratorio, di cui non esisteva nulla al mio arrivo, e ho anche fatto qualche lavoro. Te ne mando a parte gli estratti. Faccio anche delle lezioni di fisica teorica, e per la meccanica quantistica mi baso sul tuo libro, prodotto dall’evoluzione del vangelo copto, di cui posseggo una preziosa copia; quindi tu godi in questo istituto di molta celebrità [. . . ] Malgrado tutto questo è anche possibile che un altro anno me ne vada, soltanto per ora non ho trovato il posto che soddisfi alle mie numerose condizioni. A questo proposito vorrei sapere se, nel caso, saresti interessato alla mia successione [. . . ] Avrai probabilmente notizie della varia gente di conoscen- za negli Stati Uniti. Ho visto per Natale a New York Gina Castelnuovo, Eugenio e Gino Fubini, il Fanaccio, Lorenzo Emo e Cacciapuoti. Tutti si sono ben sistemati [. . . ] Bruno Pontecorvo è a Montreal dove fa fisica di guerra, Emilio [Segrè] dopo aver lavorato nel New Mexico ha un posto di professore a Berkeley. Io sono rimasto talmente disgustato dalle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non avere niente a che fare) che penso seria- mente a non occuparmi più che di geologia e di biologia. Non

12F. Rasetti a E. Persico, 6 aprile 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.

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solo trovo mostruoso l’uso che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere li- bero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare [. . . ] Per fortuna mi sono molto interessato alla geologia, scien- za pacifica e ancora libera dagli interessi politici, e in partico- lare alla paleontologia [. . . ] ho acquistato grande reputazione come uno dei due o tre primi specialisti d’America sulle faune del Cambriano [. . . ]

Nella Mortara, che fin dal 1917 era stata assistente presso l’Istituto di Fisica di via Panisperna, prima di Orso Mario Corbino e poi di Giulio Cesare Trabacchi che dirigeva il Laboratori di Fisica dell’Istituto Superiore di Sanità,13 aveva una antica amicizia con Persico, sviluppata quando quest’ultimo si trovava ancora a Roma, anche lui come assistente di Corbino.14 Il 27 aprile del 1946 lo ringraziava per il testo di una sua conferenza: «Tanto io che mio cognato abbiamo ammirato il suo garbo nel rendere comprensibili anche ai profani le cose più astruse; credo che, se lei mi facesse lezione, finirei perfino io per interessarmi alla fisica teorica; ma lei è tanto lontano e non si degna mai di farci una visitina! E quelli di Roma sono gente simpaticissima, almeno per la maggior parte, ma tutti tanto padreterni!!» Persico aveva sempre dedicato molto impegno nella produzione di libri di testo, che all’epoca ebbero una enorme funzione nel rendere disponibili

13Si veda il saggio di Mario Ageno Ricordo di “zia Nella” in [58]. 14Era ben noto che Persico negli anni ’20 si era innamorato della Mortara e le chiese di sposarla. Lei «non si sentiva in alcun modo portata per il matrimonio» ma conservarono per tutta la vita un eccellente rapporto di amicizia, come si narra nel ricordo di Persico scritto da Amaldi e Rasetti [28].

38 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione dei manuali in lingua italiana. Accadeva anche il viceversa, come si deduce da una sua lettera a Emilio Segrè del maggio 1946:15 Caro Segrè, ti ringrazio proprio per la tua gentile lettera. Di te e della tua brillante attività avevo avuto notizie dai comuni amici, oltre che dallo .16 La proposta che mi fai, di far tradurre la mia Meccanica atomica, cade come il cosiddetto cacio sui maccheroni, e ti sono molto grato per averci pensato: ti dirò che ci avevo pensato anche io, ma temevo che ci fosse una eccessiva concorrenza di libri del genere. Se dunque vuoi parlarne ai due editori da te nominati e sentire quale fa le condizioni migliori, mi fai un vero piacere. Ora dovrà uscire una nuova edizione, con diversi ritocchi e miglioramenti. Qui in Italia il libro ha avuto un discreto successo. A questo proposito, non so se conosci la mia Fisica Matematica (pure edita da Zanichelli) che qui si è abbastanza diffusa come testo per i corsi universitari di fisica matematica: se non la hai, te ne manderò volentieri una copia (se ce ne è la possibilità postale). Gradirei sapere se pensi che anche essa possa venir tradotta. Qui stiamo riprendendo molto lentamente la vita civile della quale, come sai, avevamo fatto “tabula rasa”, come

15E. Persico a E. Segrè da Torino, 21 maggio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266. Si veda anche una lettera dello stesso periodo (maggio 7) scritta da Persico ad Amaldi a proposito di certe sue dispense di “Istituzioni di Fisica atomica” e del libro Fisica Atomica. 16Volumetto preparato dal fisico Henry DeWolf Smyth che racconta la storia dello sforzo bellico per lo sviluppo della bomba nucleare il cui titolo era A General Account of the Development of Methods of Using Atomic Energy for Military Purposes. Fu pubblicato il 12 agosto 1945, subito dopo i bombardamenti delle città giapponesi allo scopo di fornire informazioni al pubblico sulle nuove armi e renderli consapevoli delle implicazioni politiche legate al loro uso, come si legge nella prefazione: «The ultimate responsibility for our nation’s policy rests on its citizens and they can discharge such responsibilities wisely only if they are informed».

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disse il duce nel 1938. Purtroppo la pestilenziale mentalità fascista è penetrata così profondamente che ne sono inquinati anche moltissimi antifascisti [. . . ] speriamo tuttavia che un po’ per volta si riesca ad attuare quella “democrazia” e quella “ricostruzione” che per ora servono solo a gargarizzare la gola degli abbondantissimi oratori. Qui a Torino l’Università e il Politecnico hanno avuto le sedi completamente distrutte, e l’Istituto Fisico è stato in parte incendiato o demolito: la biblioteca però è salva benché ancora pressoché inutilizzabile per mancanza di locali e di scaffali. Cominciamo solo ora a ricevere qualche libro dall’estero, ma non riusciamo ancora ad avere le riviste, così che abbiamo notizie assai frammentarie dello stato attuale della fisica. Io sono stato “sfollato” per due anni [. . . ]

Era comunque il momento di fare il punto della situazione e perfino di pensare «a qualche cambiamento», come scriveva Giorgio Abetti, direttore dell’Osservatorio astronomico di Arcetri nel mese di giugno: «Sono secoli che non ci vediamo dopo tante tragedie [. . . ] Senza essere troppo ottimista, posso dire ora che le cose non sono andate male, come avrebbero potuto, e la baracca cammina [. . . ] dovendo d’altra parte provvedere qui alla fisica teorica mi viene in mente di scriverti per chiederti consiglio. Se la Facoltà nostra ponesse gli occhi su di te, tu avresti nessun desiderio di lasciare Torino?».17 Persico lo ringrazia per la lusinghiera offerta della cattedra di Fisica Teorica:18

17Persico aveva avuto un rapporto molto stretto con Abetti fin dall’epoca del arrivo a Firenze sulla cattedra di Fisica Teorica, incarico ricoperto da Persico tra il 1927 e il 1930. Abetti, professore di Astrofisica dal 1925, fu il fondatore di una importante scuola italiana di astrofisica ed ebbe anche un notevole ruolo nel fiancheggiare le iniziative di Persico, in particolare attraverso il seminario di astronomia, fisica e matematica istituito dallo stesso Abetti secondo il modello anglosassone [55, p. 12]. 18G. Abetti a E. Persico da Arcetri, 8 giugno 1946 e risposta di Persico in data 30 giugno, AP 1, fascicolo 266.

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Anche io ricordo con piacere gli anni passati costì, ma anche qui a Torino non mi trovo male, anzi, come forse saprai, ho recentemente rinunciato ad un trasferimento a Milano che, benché quando fu progettato fosse vantaggioso da certi lati, era poi diventato sfavorevole in seguito alla difficoltà di alloggio e di riorganizzazione di casa e di Istituto causate dalla guerra. Anche per la tua proposta valgono le stesse considerazioni: perciò non credo sia il caso di concretarla in un passo ufficiale. Resta come prova della tua cordiale amicizia, della quale ti sono infinitamente grato e che ricambio di cuore.

In verità esisteva un altro motivo che per il momento spingeva Persico a riflettere su una possibilità ben diversa offertagli nella lettera inviatagli da Franco Rasetti il 6 aprile di quello stesso anno, in cui Rasetti aveva adombrato la possibilità di lasciare il suo posto in Canada. Anche in questa lettera abbiamo una presa diretta sullo stato d’animo di Persico in quei primi mesi dopo la fine della guerra:19

Caro Rasetti, ti ringrazio molto per la tua lettera del 6 aprile e per la proposta, che mi fai, di porre la mia candida- tura ad una tua eventuale successione, nel caso tu lasciassi il posto. Certamente, ogni possibilità di uscire da questo scon- quassatissimo paese va presa in seria considerazione, anche in vista degli sconquassi futuri, che io, non ostante il cieco ottimismo di molta gente, credo praticamente certi [. . . ] Ti ringrazio molto anche degli estratti che mi hai mandato e che ho letto con molto interesse: essi sono tanto più preziosi in quanto qui siamo ancora del tutto privi di riviste americane ed inglesi. Quanto a libri adesso soltanto comincia ad arrivare qualcosa, ma a prezzi pressoché proibitivi e senza

19E. Persico a F. Rasetti, 1 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.

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molte possibilità di scelta. Ti sarò anzi assai grato se potrai segnalarmi qualche novità libraria interessante soprattutto di fisica nucleare [. . . ] Qui come sai abbiamo fatto la repubblica, alla quale io ho dato il mio voto. Il suo primo atto è stata una pazze- sca amnistia che rimette in circolazione ladri, spie fasciste, rastrellatori e torturatori eccetto quelli le cui torture siano “particolarmente efferate!” (sic) [. . . ] L’epurazione, come forse saprai, si è risolta in una burletta, e fascistoni e firma- tari del manifesto della razza rientrano trionfalmente nelle Università. Ma basta con questi disgustosi argomenti. Tanti affettuosi saluti a te e alla tua Mamma. In quel periodo la fisica a Torino si stava pian piano riorganizzando, esisteva un progetto per costruire un betatrone 20 e stavano emergendo alcuni giovani leve che avrebbero dato il loro notevole contributo negli anni dello sviluppo. Ma certamente Torino non disponeva ancora di sufficienti fondi; a questo proposito Persico scriveva ad Amaldi:21 Uno dei miei migliori allievi, l’ing. Marcello Cini, vorrebbe dedicarsi alla fisica nucleare anche dal punto di vista speri- mentale. Vorrei perciò sapere se dopo la laurea (che conta di prendere a ottobre), ci può essere qualche possibilità di farlo lavorare da voi, con una borsa di studio o un posto di

20Vedi lettera di Persico a Donald Kerst, che aveva costruito il primo betatrone nel 1940 nell’Illinois, del 2 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266: «Dear Prof. KerstKerst, the “Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris”, in cooperation with this Institute, is planning a small betatron of 2,5 Mev, as a preparation for the construction of a bigger one, to be undertaken afterwards. We should like to know whether You could provide us with a complete “doughnut” of about 75 mm (radius of the equilibrium orbit) and which would be the price of it, post paid. We would also ask you the conditions for doughnuts of greater size, and if they are prepared of standard diameters or can be obtained of any desidered [sic] dimension. 21E. Persico a E. Amaldi, 14 luglio, AP scatola 1, fascicolo 266.

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assistente o qualcosa del genere. Si tratta di un ragazzo di primissimo ordine, assai colto, di ingegno vivace e di idee larghe, del tutto privo dei soliti pregiudizi piemontesi. Si è laureato brillantemente in ingegneria meccanica l’anno scorso, e ora studia fisica [. . . ]

Amaldi gli risponde il 18 agosto, di passaggio prima della sua partenza per il lungo viaggio negli Stati Uniti, e a proposito del compenso osserva: «Quanto all’Ing. M. Cini penso che la cosa sia possibile [. . . ]Durante la mia assenza che sarà di circa tre mesi si occupa della cosa Gilberto a cui lascio la tua lettera [. . . ]: è una miseria ma il Centro non ha soldi a sufficienza; se riesco a farli aumentare si aumenteranno anche i compensi [. . . ]». Come è stato messo in evidenza nei volumi curati da Silvia Roero sulla storia della Facoltà di Scienze di Torino, Persico, pur avendo pochi contatti con gli altri abitanti dell’Istituto, a parte Nicolò Dallaporta, aveva avuto un ruolo importante nella formazione delle nuove leve e nel preparare la rinascita del dopoguerra. Tra coloro che ne risentirono l’influenza, oltre Dallaporta ci furono Tino Zeuli, Carola M. Garelli, Guido Bonfiglioli, Luigi A. Radicati di Brozolo, Francesca Demichelis, Marcello Cini, Augusto Gamba. Tuttavia, le possibilità di lavorare in ricerche di avanguardia erano assai ridotte al momento a Torino e Persico continuava a lanciare messaggi per sistemare i suoi allievi:22

Caro Bernardini, [. . . ] Gamba è un ragazzo veramente in gamba. Dopo la laurea, conseguita brillantemente in gennaio con una tesi sulla relatività generale, ha studiato assiduamente, sotto la mia direzione, meccanica quantistica, mostrando non solo grandi attitudini assimilatrici, ma anche non comune originalità di pensiero [. . . ] Avrei anche un

22E. Persico a G. Bernardini, 9 dicembre 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.

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altro ottimo allievo da segnalare, il dott. Radicati di Brozolo (l’unico individuo di Torino, credo, oltre me, che abbia letto il Wentzel) [. . . ] Attualmente fa il mio assistente volontario e l’assistente “involontario” di Perucca, il quale tollera a malincuore che continui ad avere per la testa neutroni e mesoni [. . . ]

Anche a Padova ci si stava muovendo, come racconta Rostagni: «Co- me va il betatrone? Qui sono abbastanza avanzati i lavori di costruzione per l’impianto da un milione di volt, sebbene io sia stato per più di un mese sottochiave per una malattia [. . . ]».23 Con il suo entusiasmo Amaldi contagiava alcuni allievi che avrebbero poi avuto un ruolo importante negli sviluppi del secondo Novecento: Giorgio Careri era stato studente durante la guerra:24

Il corso di fisica per ingegneri lo teneva Edoardo Amaldi, che fin da allora è stato un punto di riferimento per la mia vita. Ero uno studente di ingegneria ancora molto incerto su cosa veramente mi piacesse [. . . ] Fu una mattina di quegli anni che la possibilità di vivere in un modo diverso mi si rivelò. Sulla scalinata della Facoltà di Ingegneria di San Pietro in Vincoli, vidi Amaldi con altri più giovani assistenti, che saltava dalla gioia ed inforcava la bicicletta gridando a gran voce: “Evviva, sono finiti gli esami, andiamo subito a fare misure!!”. Quelle parole, quel volto felice sottolineato dal basco, quella bicicletta, ebbero su di me un effetto determinante: era possibile vivere in quel modo, come il mio professore di fisica.

Ma la ripresa del lavoro di ricerca e di riorganizzazione, la formazione di nuove leve, non erano sufficienti per garantire l’avvenire, era fondamentale

23A. Rostagni a E. Persico da Padova, 15 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266. 24Giorgio Careri, testimonianza autobiografica in [60, p. 117].

44 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione riprendere i contatti interrotti, soprattutto quelli internazionali. La prima occasione a livello europeo venne da una conferenza organizzata dalla British Physical Society e dal che ebbe luogo a Cambridge tra il 22 e il 27 luglio 1946 sul tema particelle fondamentali e basse temperature. In quella occasione Amaldi, Bruno Ferretti e Bernardini ebbero modo di rinnovare i loro rapporti e di confrontarsi con le ricerche che venivano svolte a livello internazionale. Bernardini presentò una relazione sul decadimento del mesone e la produzione di elettroni secondari insieme a una sulla tecnica dei contatori a basso rendimento e Amaldi un report sul lavoro con neutroni al laboratorio dell’Istituto di Sanità, Ferretti un lavoro teorico sull’assorbimento dei mesoni a riposo da parte dei nuclei, in particolare discutendo i lavori di Rasetti e di Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni sul decadimento dei mesoni positivi. Bruno Ferretti, che insieme a Bernardini fu una figura chiave nell’affiancare Amaldi, era a Roma dal 1948, quando era subentrato alla cattedra di Fisica Teorica lasciata da Gian Carlo Wick. In quegli anni ebbe un ruolo importante in particolare nel contribuire ai lavori sperimentali sui raggi cosmici che si svolgevano in area romana. A quell’epoca i raggi cosmici erano ancora una fonte privilegiata di particelle di alta energia per lo studio dei processi fondamentali. Come sottolineato da Amaldi «nonostante l’enorme distruzione subita dalla maggior parte dei paesi europei, la ricerca nel campo dei raggi cosmici era ancora ad un livello molto alto alla fine della seconda guerra mondiale» [15, p. 327]. In quei giorni a Cambridge Amaldi incontra anche , che aveva conosciuto nel 1934, in occasione di una visita a Cambridge con Emilio Segrè [16, p. 202]:

Quella breve ripresa di contatto e il suo inaspettato inte- ressamento per i problemi della fisica in Italia furono per me segni premonitori di possibilità alla scala del nostro continente ancora non immaginate.

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Amaldi, che fin da giovanissimo, durante il suo soggiorno a Lipsia, aveva sperimentato i benefici della collaborazione internazionale, e accan- to a Fermi aveva iniziato ad avere rapporti diretti con i protagonisti della fisica mondiale, avrebbe sempre combattuto il provincialismo nel campo della ricerca. Con questi incontri si creano i presupposti per le grandi collaborazioni europee che sfoceranno nella nascita del CERN che diven- terà il luogo dove la comunità dei fisici, sparpagliata dalla politica e dalla guerra, si riunirà di nuovo alla scala che Amaldi stava già lucidamente presagendo. Fin dalla nascita della scienza moderna nel Seicento era sempre esistita una tradizione per la quale era stato naturale superare le frontiere internazionali, avere riviste, soggiorni, conferenze. Ma la generazione dei fisici nati dopo l’inizio del Novecento aveva stabilito sistematicamente legami, sia scientifici sia umani, e si era formata attraverso soggiorni all’estero e collaborazioni. Questo spirito era divenuto particolarmente vivo nel corso degli anni ’30, e la guerra aveva interrotto solo temporaneamente queste relazioni. Amaldi fu il primo a scrivere a Werner Heisenberg per invitarlo a una comune collaborazione25 e più tardi, durante il periodo di progettazione di un grande laboratorio europeo, il futuro CERN, la sua mediazione sarà essenziale nel coinvolgere nel progetto anche «un personaggio scomodo» come il padre dell’atomica tedesca [117, p. 42]. Amaldi stesso ricorderà lo spirito che li animava, in occasione di un discorso che fu invitato a tenere a Dorchester, il 30 novembre 1966, in occasione del 306.mo anniversario della Royal Society, la più antica e prestigiosa società scientifica del mondo: «After the Second World War, as a reaction to the absurdity of its material and moral destructions and to the misery of all its consequences, all of us, irrespective of the side taken by the Government of his own country,

25Sono grata a Helmut Rechenberg, biografo di Heisenberg, per avermi dato una copia della lettera di Amaldi a Heisenberg, che non figura nella corrispondenza conservata nell’Archivio Amaldi.

46 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione felt a categoric need of overcoming the pre-war limitations and barriers and to work together in new and more efficient ways and forms» [14]. è un segno dell’altissima considerazione di cui Amaldi godeva ormai a livello internazionale. L’incontro di Cambridge avveniva nel clima volto al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale in cui si era tenuta a Londra la prima Assemblea generale dell’ONU, con la presenza di 51 Stati. Gli scopi fondamentali erano quelli di «sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto e dell’autodeterminazione dei popoli» e la promozione della «cooperazione economica e sociale», del «rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali» e naturalmente la promozione del disarmo e il controllo degli armamenti. Per gli scienziati era stato già naturale sviluppare organizzazioni di tipo non governativo che promuovevano l’attività scientifica internazionale a livello interdisciplinare, come l’International Council for Scientific Unions (ICSU) una delle più antiche, fondata nel 1931 come evoluzione ed espansione di precedenti organismi di origine ottocentesca già aventi la funzione di mobilitare le risorse della comunità scientifica. All’ICSU faceva anche capo la International Union of Pure and Applied Physics (IUPAP), nata all’inizio degli anni venti. Del comitato esecutivo, formato da 10 fisici incaricati di preparare la base istituzionale di regolamentazioni e attività dell’organizzazione, aveva fatto parte anche Orso Mario Corbino. Il ruolo di questi organismi si esplicava anche nella funzione di organizzare conferenze scientifiche che consentivano agli scienziati di tutto il mondo di riunirsi, di confrontare i risultati della ricerca, di fare progetti di collaborazione. Già nel 1946, nell’ambito delle Nazioni Unite, fu discusso il progetto della creazione di laboratori internazionali, ma questa iniziativa portò poi alla sola creazione del Centro Internazionale di Calcolo a Roma. Sarà invece la formula europea a risultare vincente e in un campo non previsto a quell’epoca dal dossier preparato dall’ONU, come quello della “fisica nucleare”, a quell’epoca non ancora del tutto distinta dalla fisica delle

47 Dal disastro alla ricostruzione L. Bonolis particelle elementari. Come ha sottolineato Amaldi, gli ingredienti essenziali alla base della nascita del CERN, la prima struttura di ricerca internazionale creata nell’Europa dell’Ovest, furono due: l’idea generale avvertita in molti circoli politici dei paesi europei della necessità di muoversi in direzione di una forma di unificazione politica, accanto all’esistenza di una vasta esperienza scientifica, tecnica e amministrativa già ampiamente diffusa nei vari paesi nell’ambito delle complesse strutture di ricerca che avevano operato durante la guerra e nel primo dopoguerra nel campo delle scienze nucleari [15, p. 326]. Nel frattempo Persico aveva ricevuto una nuova allettante offerta da Bologna. Lo spostamento a Roma di Gilberto Bernardini sulla cattedra di Spettroscopia rendeva imminente la necessità di una successione e il Preside della Facoltà di Scienze a nome di tutti esprimeva il desiderio e la speranza «di vedere affidate nelle Sue mani le sorti future della Fisica bolognese» con il desiderio di una soluzione che rispettasse «le esigenze e le tradizioni gloriose della Scuola e dell’Istituto di Fisica». A questa lettera inviata il 20 settembre ne era seguita un’altra molto accorata dello stesso Bernardini:26

Carissimo Persico, [. . . ] Nessuno meglio di te può assicu- rare l’avvenire di quell’Istituto, che, ora ricostruito, considero un poco una mia creatura. Nessuno, fra i pochi fisici ita- liani degni di questo nome associa, come te, le qualità di insegnante e di maestro. Se, come io spero caldissimamente, tu accetterai di ve- nire a Bologna a dirigere l’Istituto, troverai là un ambiente abbastanza simpatico dove sarai addirittura “venerato”. Ci

26Preside della Facoltà di Scienze a E. Persico da Bologna, 20 settembre 1946; G. Bernardini a Persico, 26 settembre 1946; E. Persico a G. Bernardini 1 novembre 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.

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sono infatti dei giovani e dei giovanissimi cui un uomo della tua cultura sarebbe di aiuto e d’impulso [. . . ] C’è poi un’aria di famiglia, un’aria che ricorda tanto quella romana d’un tempo e, per te, sarebbe quasi un ritorno, quasi (scusa, ma direi lo stesso per me) un ringiovanire. Noi di Roma, noi tutti saluteremmo una simile decisione come un ravvicinamento a noi di un amico carissimo, come tu sei per tutti noi. Prima di prendere una qualsiasi decisione io ti prego solo di venirmi a trovare a Bologna [. . . ] Io ho un po’ cercato, fino dal principio che non assumesse troppo l’aspetto dell’Istituto fatto per una data persona e per una data specializzazione. Volevo che ci fossero coltivati simultaneamente i raggi cosmici, una nascente fisica biologica e un poco di fisica molecolare [. . . ] Non dire quindi di no, caro Persico, o almeno non dirlo subito. Vieni prima a trovarci [. . . ] tuo G. Bernardini

Ma ancora una volta Persico dice di no; il suo spirito è quello di chi prova una forte sensazione di precarietà, di minaccia di un nuovo conflitto, temi che tornano costantemente nella corrispondenza di questo periodo:

Caro Bernardini, mi ha indotto alla decisione negativa, oltre alla preferenza per la città di Torino e alla speranza che questo Istituto possa prossimamente risorgere a nuova vita, soprattutto la convinzione che sia futile e vano compiere spostamenti e fare piani a lunga scadenza in questo periodo di “interguerra”, che tutto fa ritenere di pochissimi anni [. . . ] Mi pare che sia come cambiarsi la camicia mentre si sta scaricando il carbone, o qualcosa del genere. è molto più ragionevole, a mio giudizio,

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cercar di utilizzare il meglio possibile questo periodo di tregua, anziché considerarlo come il preludio di un periodo illimitato di pace, quasi che il mondo fosse sulla via del disarmo e che l’UNO27 navigasse a gonfie vele tra la simpatia generale. Eppure quasi tutti chiudono gli occhi dinanzi alla realtà, e, anche se a parole ammettono il “pericolo” di una guerra, si comportano poi come se si trattasse di una eventualità assai improbabile e remota, oppure, con incredibile ingenuità, dicono che “questa volta l’Italia ne resterà fuori”. Non è, questa, la psicologia dello struzzo? [. . . ]

Persico sentiva che la sua esistenza era fortemente condizionata dalla minaccia derivante dall’esistenza delle armi nucleari e dall’influenza che questa nuova forma di potere esercitava ormai a livello di politica internazionale. Il 10 dicembre del 1945, era comparso il primo numero del Bulletin of the Atomic Scientists of Chicago, nel quarto anniversario dell’attacco di Pearl Harbor l’articolo di fondo sottolineava come le 3000 vittime dell’attacco a sorpresa giapponese sarebbero diventate 30 milioni di americani in caso di un attacco atomico: «This catastrophe will be inevitable if we do not succeed in banishing war from the world [. . . ] The Atomic Scientists of Chicago appeal to the American people to work unceasingly for the establishment of international control of atomic weapons, as a first step towards permanent peace». Il dissenso contro la politica governativa della corsa alle armi nucleari era comparso assai presto tra gli scienziati che avendo partecipato al progetto Manhattan avevano fondato la rivista e la Federazione degli Scienziati Atomici allo scopo di fare in modo che le armi nucleari non fossero mai più usate in guerra.

27L’Organizzazione delle Nazioni Unite, un termine coniato da Theodor Roosevelt, era stata costituita ufficialmente il 24 ottobre del 1945; la carta dell’ONU fu firmata da 51 nazioni, attualmente sono arrivate a 192.

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All’inizio di novembre Persico aveva ricevuto una lettera da Bruno Rossi, il suo antico allievo ad Arcetri alla fine degli anni ’20. Dopo la sua fuga dall’Italia nell’ottobre del 1938, Rossi aveva sostato per alcuni mesi a Manchester da Blackett e poi si era spostato negli Stati Uniti nel giugno 1939. Dopo aver effettuato una serie di notevoli esperimenti sul decadimento del muone, e aver partecipato al progetto Manhattan, si era appena sistemato al Massachusetts Institute of Technology, dove aveva subito messo insieme un gruppo di raggi cosmici nel Laboratory of Nuclear Sciences e aveva fatto un progetto di ricerca assai articolato per lo studio di una serie di problemi di punta. Aveva poi partecipato in prima persona al progetto Manhattan. Lui stesso ricordato nella sua autobiografia i giorni angoscianti che precedette- ro la sua decisione di accettare l’offerta di lavorare al Progetto Manhattan: «Essendomi rassegnato al fatto che né accettando né rifiutando la richie- sta di Los Alamos potevo sottrarmi a una pesante responsabilità, vidi che la scelta non poteva essere basata che sulla necessità di combattere l’immediato pericolo [. . . ] occorreva evitare ad ogni costo che Hitler avesse la bomba prima di noi» [142, p 68]. Particolarmente per questi motivi Rossi era particolarmente sensibile alle questioni relative all’uso delle armi nucleari e naturalmente faceva parte della Federazione degli scienziati atomici:28

Caro Persico; da tempo volevo farmi vivo per ristabilire i contatti interrotti dalla guerra; ma per una ragione o l’altra ho sempre rimandato. Da Wick e da Amaldi ho avuto tue notizie e ho saputo che sei sempre a Torino. Se hai tempo di scrivermi un rigo, mi farebbe grande piacere sapere che stai facendo (ho sentito che hai scritto alcuni libri molto belli). La ragione principale per cui ti scrivo è per mandarti l’acclusa lettera circolare. Immagino che anche tu, come me

28B. Rossi a E. Persico, dal MIT, Cambridge MA, 1 novembre 1946

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e come tanti altri, sarai preoccupato per la tensione che esiste nelle relazioni internazionali e che è tanto più pericolosa in quanto esistono oggi i mezzi di distruzione così potenti e difficili da controllare. è ben poco ciò che ognuno di noi può fare, ma è nostro dovere di cercare con tutti i mezzi di facilitare un’intesa internazionale. Tanto più che, come scienziati, siamo meglio in grado di giudicare i pericoli di una corsa agli armamenti atomici, e, d’altra parte, siamo per natura e per abitudine, più inclini a considerarci cittadini del mondo. Appena puoi, scrivimi, per favore, che cosa ne pensi del problema dell’energia atomica in particolare e della situazione politica in generale, ed io trasmetterò le tue osservazioni alla nostra Federazione. Spero di leggerti presto e intanto ti saluto affettuosamen- te, tuo Bruno Rossi

Persico risponde soltanto il 24 dicembre, con una lunga lettera di cui resta tra le sue carte una bozza manoscritta, piena di cancellature:

Caro Rossi, benché avessi avuto tue notizie da L.F. e da altre parti, mi ha fatto un grandissimo piacere ricevere una tua lettera. Ti ringrazio anche per la circolare della F. Am. S. [Federation of the American Scientists] che mi hai mandato: conoscevo già l’istituzione e avevo potuto leggere vari n.i [numeri] del Bull. of At. S. [Bulletin of the Atomic Scientists] e altri opuscoli. Come puoi immaginare, ho seguito sempre con estremo interesse tutto ciò che ho potuto leggere sull’en. at. sia dal lato tecnico che da quello politico. Ho anche cercato, sia nel mio corso, che in conferenze e conversaz[ione], di

52 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione

suscitare interesse negli altri e di prospettare i gravi problemi che si presentano. Purtroppo però la massima parte delle persone (almeno qui a T.) si interessa assai poco. C’è stato nei primi tempi naturalm[ente] un vasto movim[ento] di cu- riosità nel pubblico ma ora questo è praticam[ente] cessato. Quanto ai fisici di qui (di cui tu conosci i pregiudizi contro la fisica cosiddetta “moderna”) hanno ostentato fin da principio una grande indifferenza ed evitato ogni conversaz[ione] in proposito. Le persone che si occupano di politica d’altra parte, sono totalmente assorbite dalla più gretta lotta di partito e non si occupano certo della politica atomica internazionale e nem- meno di governare l’Italia, purtroppo e la massa del pubblico è assorbita dal problema del pranzo quotidiano e semmai trova molto più interessante la questione di Briga-Tenda e il Moncenisio. La maggior parte della gente è convinta che la guerra una volta o l’altra ci sarà, ma che per ora è meglio non pensarci (p. es tutti trovano esagerata la mia racco- mandaz[ione] di conservare in efficienza i rifugi e costruirne dei nuovi). Aggiungi che il partito comunista ha adottato il sistema di “minimizzare” l’importanza della b.a. [bomba atomica]; ho visto perfino un opuscolo, anonimo, fatto molto bene, destinato a insinuare i dubbi che la b.a. non esista affatto. Tutto ciò ha generato nell’opinione pubblica una diffusa apatia nei riguardi dei problemi atomici.29

29Lo stesso Amaldi ha ricordato che i tedeschi «quando fu annunciato che la bomba era stata buttata su Hiroshima, non ci volevano credere. Pensavano che fosse un bluff americano. Del resto, quest’atmosfera di incredulità esisteva anche in Italia: c’erano persone (in generale molto legate al regime precedente), anche insigni matematici, che non volevano ammettere, non volevano accettare l’idea che gli americani avessero realizzato una cosa del genere. Gli americani erano descritti come sempliciotti, come gente sbruffona, che faceva dei bluff. Cose incredibili. Io ho avuto a quel tempo delle

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Per sottoporre a verifica queste mie impressioni, ho invi- tato a casa mia tre colleghi per una conversaz[ione] su questi argomenti prendendo lo spunto della tua circolare. Uno di essi era un esponente del partito comunista, un altro lo era del partito conservatore, il terzo era uno dei fisici “antimoderni”. Ho stentato a mantenere la conversazione nel tema, ed è risultato che nessuno aveva la più lontana idea dell’esistenza dei piani Baruch e Gromiko e dei problemi relativi e che tutto ciò non li interessava gran che. Il fisico e il comunista hanno sostenuto la tesi che la b.a. è un’arma come le altre, che non muta nulle ai vecchi problemi della guerra e della pace. Tutti e tre hanno mostrato ben poca fiducia nella possibilità di accordi per il controllo, ma alla fine il fisico, per tagliare corto, ha detto che approverebbe le idee di Baruch. Se ora vuoi il mio parere ti dirò che io sono convinto che l’impor- tanza di evitare la guerra ha cambiato ordine di grandezza: purtroppo però ho anche io forti dubbi sul funzionamento dei progettati sistemi di controllo. Tuttavia [cancellato: la posta del gioco è così grande che anche se] anche se la speranza è minima, la “speranza matematica” è apprezzabile, data l’enorme posta del gioco, e quindi vale la pena di fare ogni tentativo in proposito, sia con l’az. politica sia con quel po’ di az. individuale con cui ognuno può contribuire (v. a questo proposito la chiusa del discorso con cui inaugurai l’anno accademico passato, che ti mando a parte). Natural- mente, mi rendo ben conto che l’Italia come naz. e gli italiani individualm[ente] possono oggi influenzare queste questioni tutt’al più in modo estremam[ente] generico ed indiretto, e discussioni, mi dispiace dire, anche molto villane con qualche persona di questo genere: erano loro che non capivano niente. Del resto, secondo me, avevano sempre capito molto poco» [31, p. 146].

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solo in virtù del principio fisico che non esistono al mondo sistemi perfettam[ente]. isolati. Nei riguardi in particolare dell’atteggiam[ento] appunto della Fed. Am. Sc., non mi sento di prendere posizione non avendo conoscenza sufficientemente profonda della condotta del governo americano e dei motivi contingenti che possono determinarla. Caro B., il miglior augurio che posso farti per l’anno nuovo è un augurio di carattere generale: che il mondo trovi in quest’anno la via della vera pace. A te e a tutti i tuoi, che ricordo sempre con molta simpatia, auguro di cuore ogni bene personale.

Persico è in quel momento in Italia tra le poche persone profondamente consapevoli delle nuove problematiche generate dalla folle politica dei regimi di Hitler e Mussolini sfociata nel conflitto mondiale. Nel frattempo Edoardo Amaldi stava compiendo un lungo viaggio negli Stati Uniti, iniziato all’inizio di settembre. Al Congresso Internazionale di Princeton, Edoardo incontrò, per la prima volta dopo otto anni, Enrico Fermi, di cui fu poi per qualche tempo insieme alla moglie Ginestra ospite a Chicago. Fermi informò Amaldi che l’Università di Chicago era disposta ad offrirgli una cattedra. Gli parlò anche della già iniziata progettazione di due acceleratori, uno per protoni ed uno per elettroni, che avrebbero reso l’Institute for Nuclear Studies uno dei centri di ricerca meglio attrezzati del mondo:

La proposta era oltremodo lusinghiera e attraente, tanto da scuotere fortemente la mia precedente intenzione di restare in Italia, dove sentivo una certa responsabilità verso i ricerca- tori più giovani e il dovere di contribuire alla ricostruzione, nel mutato clima politico.

55 Dal disastro alla ricostruzione L. Bonolis

Amaldi stava avendo modo di toccare con mano la realtà dell’abisso che ormai divideva l’Italia – e naturalmente in qualche modo tutti i paesi d’Europa – dagli Stati Uniti. Secondo il commento di Ageno [1, p. 26]: L’alternativa era chiara. Da una parte, un Paese distrutto, in cui per giungere a fare validamente ricerca si doveva ripar- tire praticamente da zero, dedicando agli altri gran parte del proprio tempo e della propria capacità di lavoro, battendosi quotidianamente contro immaturità, impreparazione, egoismi spesso maldestramente camuffati, addossandosi la respon- sabilità di decisioni, lasciando agli altri spesso il merito dei progressi e dei successi e accollandosi il peso degli inevitabili errori. Dall’altra parte, un Paese ricco, organizzato, tran- quillo, tutte le più moderne attrezzature a disposizione, la collaborazione rinnovata con Fermi in un ambiente di altissi- mo livello scientifico, la possibilità di dedicarsi interamente alla ricerca senza altra preoccupazione che la ricerca stessa. Nel corso di quel viaggio, il 28 novembre 1946, Amaldi comunicò a Fermi i risultati finali dell’esperimento di Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni che era stato condotto durante la guerra a Roma nei mesi difficili dell’occupazione [107, p. 263]. Fermi, a Chicago, comprese subito l’enorme rilevanza della scoperta che indicava come il mesone dei raggi cosmici aveva un’interazione con le particelle nucleari molto più debole di quella prevista in base alla visione dell’epoca, secondo cui il mesotrone sarebbe stato la particella ipotizzata da Yukawa come mediatore delle forze nucleari. Quello stesso dicembre ne diede annuncio al famoso seminario del giovedì e, secondo il ricordo di Conversi, iniziò andando subito alla lavagna: « [. . . ] as a joke, he started by writing our names on the blackboard commenting he would not dare to pronounce them. . . » [71, p. 15]. Nel corso del suo soggiorno americano Amaldi fece molti seminari parlando dei lavori svolti a Roma sui neutroni e sui raggi cosmici, ma

56 L. Bonolis Dal disastro alla ricostruzione anche del lavoro svolto a Milano da Giuseppe Cocconi sugli sciami estesi, seminari che suscitarono molto interesse e probabilmente contribuirono a porre le basi per gli inviti che negli anni successivi furono rivolti a Oreste Piccioni da Bruno Rossi, a Cocconi dalla Cornell University e a Gilberto Bernardini a tenere un corso sui raggi cosmici alla Columbia University [16, p. 203]. Questi segni di vitalità della fisica italiana facevano guardare al futuro con qualche speranza. Amaldi discusse a lungo con sua moglie Ginestra. Entrambi sentivano che non era il momento giusto di lasciare l’Italia e che c’era la possibilità di iniziare a fare qualcosa di buono e Ginestra fu molto ferma nell’incoraggiarlo in questo senso. Ci fu anche un episodio che contribuì a confermare in Amaldi la sensazione che il suo posto ormai era in Italia, dove la sua identità di scienziato era ormai profondamente mutata negli otto anni intercorsi dall’epoca della partenza di Fermi:30

When I went to Chicago and I talked about with Fermi, he was talking completely freely up to a certain point, and then it was quite clear he did not want to give more information– not because he did not want, but he could not because a lot of work was classified. I found that extremely unpleasant. I found that was one of the most unpleasant things – the fact that we could not talk any more freely. So I did not want to work in a field where the people were not able to talk freely [. . . ]

Questa sgradevole sensazione fu anche una delle ragioni per cui Amaldi decise di dedicarsi ai raggi cosmici:

This was one of the elements. I like neutrons. But I like also mesons. I found it very unpleasant, especially with

30Intervista di C. Weiner a E. Amaldi, Firenze 9–10 aprile 1969, American Institute of Physics.

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Fermi. We used to talk and talk, and it was quite clear that after the war he could not say everything any more. With another person, it could have been different, but with Fermi it was terrible. I don’t blame Fermi – of course it was the situation – but I found it very unpleasant.

Al loro arrivo a Roma Edoardo e Ginestra Amaldi furono ricevuti alla Stazione Termini da un «numeroso gruppo di ricercatori e tecnici affettuosamente festanti» [16, p. 203]. Il gruppo rimasto a Roma si era chiesto con ansia: «Resisterà alle offerte degli americani di stabilirsi là? Resisterà alle pressioni dello stesso Enrico Fermi?».31 Ettore Pancini prese Ginestra sotto braccio: «Grazie Ginestra per avercelo riportato».32 Con il rientro di Amaldi a Roma, poco prima del Natale del 1946, «ha veramente inizio un nuovo capitolo nella storia della fisica italiana», in cui prende definitivamente corpo la nuova fisionomia di Amaldi, quella di «organizzatore e politico della ricerca» [1, pp. 26–28]:

[. . . ] si fa sempre più evidente in questo periodo il suo agire secondo un preciso disegno programmato a lungo termine. Dedicava sempre prevalentemente, quasi esclusivamente, la sua attenzione ad una sola impresa per volta, secondo un ordine di precedenze niente affatto casuale. Era sua l’iniziativa, ma cercava sempre collaborazione e cercava di spingere gli altri avanti a sé. Non appena si rendeva conto che l’impresa era avviata e poteva ormai andare avanti da sola, nelle mani della persona più idonea, si disimpegnava gradualmente, per passare all’impresa successiva.

31Giulio Cortini, citato in C. Chianura, “Amaldi, la ricerca continua”, La Repubblica, 8 dicembre 1988, p. 22. 32Ugo Amaldi intervistato da V. Napolano in [29, p. 22].

58 Capitolo 4 Gli strateghi della ricostruzione

Ormai era chiaro che esisteva un dislivello enorme tra la situazione italiana e la scala ormai irraggiungibile a cui era pervenuta la fisica al di là dell’Atlantico, anche se nel campo della ricerca fondamentale l’Italia si era mantenuta a un livello soddisfacente. «Eravamo invece rimasti estremamente indietro – ricorda Amaldi – per quanto riguardava le tecniche sperimentali per non parlare delle applicazioni della fisica dei neutroni» [16, p. 206]. La consapevolezza di questa realtà indusse Amaldi e Bernardini a restringere l’attività di ricerca al settore dei raggi cosmici che oltre a non richiedere grandi mezzi finanziari e tecnici, era quello in cui gli italiani avevano una grande tradizione e una diffusa competenza. In particolare consentiva di mettere immediatamente al lavoro le nuove leve in un ambiente che li abituava alla collaborazione su scala nazionale, e anche per questo motivo questa strategia fu seguita anche in altre parti d’Italia. Come ha ricordato Giulio Cortini, Amaldi e Bernardini furono in quel momento la coppia trainante dell’azione di ricostruzione: «Abbiamo avuto una grande fortuna perché quei due erano realmente dei capi! Erano tutti e due straordinari ed era un ambiente meraviglioso! Un ambiente incredibile, di persone, che cercavano di migliorare il mondo» [58, p. 83]. Nel realizzare questo programma furono decisivi anche i legami con la comunità internazionale: Patrick Blackett a Manchester e soprattutto Bruno Rossi al MIT furono un fondamentale punto di riferimento nel formare i giovani italiani nel campo delle tecniche di avanguardia e nel- l’avviarli alla ricerca in laboratori estremamente avanzati e dotati di fondi

59 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis impensabili per i livelli italiani: «Nel periodo del dopoguerra noi giovani avevamo cominciato a renderci conto di quanto fosse importante essere nel gruppo di Amaldi per il prestigio di cui Amaldi godeva, e che ci avrebbe permesso un inserimento nella comunità scientifica internazionale».1 Tuttavia, oltre ad aggiornare le tecniche sperimentali, era necessario restringere le linee di ricerca e a questo scopo Amaldi, Bernardini e Bruno Ferretti decisero di abbandonare alcuni programmi in fase iniziale nel campo della fisica nucleare. Dal punto di vista applicativo stava diventando l’oggetto di ricerca del CISE a Milano, mentre, come ricorda Amaldi, «[. . . ] per la parte fondamentale la nostra strumentazione non poteva competere con quella dei colleghi americani. Tutto lo sforzo fu quindi concentrato sullo studio della radiazione cosmica [nostro corsivo]» [16, pp. 216–217]. Siamo in pieno dopoguerra, sono anni poveri, in cui i campi ARAR (Azienda Rilievo Alienazione Residuati), ricchi di residuati bellici degli alleati, fornivano grandi quantità di prezioso materiale elettronico di ogni tipo, compresi strumenti, come ricorda Sebastiano Sciuti [58, p. 55]:

Per mesi Pancini, Lepri, Rispoli, io ed altri visitammo i principali campi ARAR in Campania e in Toscana caricando sui camion valvole termoioniche (tra cui le preziose 6Ak5), resistenze, condensatori, oscillografi e perfino radio ricetra- smittenti che furono poi preziose per i collegamenti tra il Laboratorio della Testa Grigia e l’Istituto di Fisica di Roma.

La situazione era particolarmente difficile nelle altre sedi universitarie italiane, che erano in difficoltà anche nel campo della formazione dei giovani. Amaldi si adoperò per ottenere i fondi necessari per quattro borse di studio destinate a laureandi in fisica. Di queste borse, tre furono assegnate ad allievi della Scuola Normale di Pisa (Carlo Castagnoli, Alfonso Merlini e Bruno Rumi) e da Pisa arrivò con una borsa anche

1Giorgio Careri, testimonianza autobiografica in [60, p. 126].

60 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Raoul Gatto, che fece una tesi teorica con Ferretti [16, p. 211]. La quarta borsa la ebbe un giovane chimico di Genova, Giovanni Boato, che desiderava laurearsi anche in fisica [58, p.192]:

C’è da ricordare che gli anni dell’immediato dopoguerra furono anni straordinari per quei giovani fisici che ebbero la fortuna di far ricerca a Roma presso l’Istituto di Fisica “Guglielmo Marconi”, diretto dal Professor Edoardo Amaldi. Il prestigio e il carisma di Amaldi, l’ancora vivissimo influsso del lavoro eseguito da Enrico Fermi [. . . ] e la presenza di tanti entusiasti proseliti, sia romani sia provenienti, subito dopo la guerra, da ogni parte d’Italia, rendevano l’Istituto (nella sua nuova sede della Città Universitaria) un luogo idea- le non solo per lo svolgimento della ricerca, ma anche per la circolazione delle idee, favorita dal forte spirito di gruppo e dal quasi completo disinteresse, almeno nei primi tempi, di svolgere una rapida carriera [. . . ] La vita nell’Istituto di Fisica era piacevolissima. Era una grande famiglia, unita e ben ordinata, dove prevaleva la collaborazione e non era consentito il minimo litigio. C’erano condizioni di ristrettezza economica, ma questo favoriva l’aiuto scientifico e pratico nel lavoro quotidiano. Si conoscevano continuamente inte- ressanti personaggi, fisici e scienziati illustri, che venivano a visitare l’Istituto per amicizia diretta con Amaldi e/o perché vi aleggiava ancora lo spirito di Fermi. Si potevano sentire conferenze e seminari di grande interesse, e fare discussioni, scientifiche e non, sui più svariati argomenti. Di tutto ciò il maggior merito doveva essere attribuito ad Amaldi, ma il clima era certamente favorito dall’atmosfera di ricostruzione post–bellica, poco inquinata dalle ambizioni personali, e dove era completamente assente ogni tipo di favoritismo.

61 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

Dopo la laurea Boato lavorò con Giorgio Careri che a quell’epoca aveva costruito su richiesta di Amaldi uno spettrometro di massa per analisi isotopiche, il primo del genere in Italia. Careri ricordava le prime misure: «Come test disegnai su un foglio di carta millimetrata la curva di distribuzione isotopica del neon, che risultò identica a quella già nota. Non c’era nessuna informazione oggettiva nuova in quei due picchi degli isotopi 36 e 40 che emergevano netti e silenziosi come due scogli dopo una mareggiata, ma il valore emotivo di quella curva per me fu enorme: c’era qualcosa di sicuramente vero, eterno e celato nella natura, che si poteva raggiungere. Corsi da Amaldi e gli mostrai quel foglio; lui sorrise felice e lo volle tenere per sé. Più tardi mi disse: «I numeri delle proprie misure sono diversi da tutti gli altri numeri». Careri ci dà un ricordo dell’atmosfera dell’istituto in quei primi anni del dopoguerra:2

A quei tempi l’Istituto era silenzioso, quasi vuoto, in confronto ad oggi. C’era una sola persona per la biblioteca, una per l’amministrazione, nessuna per il magazzino. Tra docenti, ricercatori e tecnici circa 50 persone: vivevano in un’atmosfera di collaborazione e di reciproca fiducia. Le chiavi degli armadi degli strumenti e del magazzino con le poche scorte rimaste erano nel cassetto della scrivania di Amaldi, e chiunque poteva prenderle lasciando un biglietto. Allora la strumentazione per una ricerca veniva costruita in Istituto, inserendo solo qualche strumento di uso generale che veniva prelevato di volta in volta dal magazzino [. . . ] Perciò aveva molta importanza l’efficienza e il livello tecnico delle nostre officine, e tra queste l’officina dove veniva soffiato il vetro per poi saldarlo ai metalli, per costruire gli impianti a vuoto. Non c’era riscaldamento, e per avviare una pompa da vuoto rotativa era necessario scaldarla con un becco a gas

2Giorgio Careri, testimonianza autobiografica pubblicata in [60, pp. 120–121].

62 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

ogni mattina per almeno mezz’ora. Il materiale di laboratorio era formato prevalentemente da residuati bellici dell’esercito americano, che cercavamo di adattare alle nostre necessità. Lavoravamo dalla mattina alla sera, sabato incluso, e spesso anche la domenica. Lo spirito di collaborazione era tale che per mantenere i collegamenti radio con la stazione dei raggi cosmici del Cervino venivamo a turno ogni mattina alle 7, tanto i giovani teorici che gli sperimentali. I pochi docenti si impegnavano con noi in un lavoro continuo di tutoraggio. Quando arrivarono i primi fondi Amaldi li distribuì tra noi in nostra presenza, in misura diversa e a seconda delle necessità. Io ebbi 12.600 lire al mese per l’assistenza alle esercitazioni. Eravamo estenuati dagli esami per i reduci, spesso nostri ex compagni di studi, in sessioni che duravano anche dei mesi. Eravamo tutti amici fra noi, ci vedevamo spesso dopo cena, e con Bruno Zumino, Brunello Rispoli, Italo Federico Quercia, Carlo Franzinetti, andavo anche in vacanza. Il livello scientifico era altissimo. Ricordo che venne nel mio laboratorio mentre lavoravo per la tesi di laurea, che Werner Heisenberg venne al mio primo seminario, che Wolfgang Pauli mi accompagnò in gita ai Castelli Romani. Il seminario settimanale era frequentato da noi tutti, e ogni fisico di passaggio per Roma si fermava per raccontare il suo lavoro nell’Italia della ricostruzione.

Erano giorni di povertà, in cui nulla veniva gettato via, come ricorda ancora Careri, «prendemmo due bottiglie di birra [. . . ] i vuoti furono conservati da Ginestra e al ritorno mi furono dati da Amaldi perché li usassi in laboratorio per contenere solventi».

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Una svolta decisiva del processo di sviluppo fu l’idea che ebbe Gilberto Bernardini nel 1947: costruire un laboratorio per lo studio dei raggi cosmici in alta montagna. Il primo laboratorio di alta quota era stato realizzato da Rossi all’Asmara nel 1933, a 2400 m di altitudine, e servì a dimostrare che effettivamente esisteva un eccesso nell’intensità dei raggi cosmici provenienti da Ovest rispetto al piano passante per il meridiano geomagnetico. Questo risultato, previsto da Rossi già nel 1930, aveva consentito di stabilire che la radiazione primaria è effettivamente di natura corpuscolare e ha carica positiva, un risultato che al momento costituì un punto di svolta nelle ricerche dell’epoca. Quella grande tradizione era ancora vivissima, ma andava coltivata con attrezzature adeguate. Il Laboratorio della Testa Grigia a 3500 m di altezza vicino al passo del Teodulo nel massiccio del Cervino, costruito sotto la direzione di Bernardini, Pancini e Conversi, avrebbe fornito una buona struttura di riferimento per i vari centri di ricerca italiani e soprattutto un laboratorio comune che per molti anni ancora fu utilizzato intensivamente. Il lavoro si svolgeva in condizioni spesso molto dure, come ricorda Giorgio Salvini: «[. . . ] a trenta sotto zero, pronti a morire per concludere una ricerca. . . ».3 Nel frattempo Amaldi proseguiva la sua energica opera di promozione e riorganizzazione visitando i vari centri di fisica del paese, tra cui Pavia, come ricorda Alberto Gigli Berzolari: «[. . . ] a lungo si è discusso con lui sul “che fare” [. . . ] Portava notizie aggiornate ed indicava alcuni indirizzi promettenti e da coltivare, tenuto conto della povertà dei mezzi finanziari e strumentali allora disponibili [. . . ]» [58, p. 147]. Amaldi viaggia moltissimo anche in Europa, e in quello stesso 1947 ha un contatto diretto con i fisici oltre la cortina di ferro quando si reca con una missione culturale del Governo italiano in «una Polonia quasi totalmente distrutta ma estremamente dignitosa» [16, p. 204]. Persico invece sperimentava uno stato d’animo assai diverso e il 2 giugno riceveva una lettera da Franco Rasetti che gli annunciava il suo

3Giorgio Salvini in [60, p. 381].

64 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione prossimo allontanamento dalla sua posizione all’Università di Laval alla fine dell’anno accademico: «[. . . ] ti scrivo per sapere se ti interesserebbe avere la successione [. . . ] I vantaggi e svantaggi di Québec li sai, più o meno [. . . ] Io dopo aver meditato sopra una dozzina di posizioni che mi hanno offerto ne ho accettata una di professore di fisica a Johns Hopkins (Baltimore, Md.) sebbene mi avessero offerto un posto di professore ordinario di paleontologia [. . . ]». Persico prende in seria considerazione la proposta:4

Purtroppo in Italia la normalizzazione della vita procede più lentamente di quello che si poteva sperare e il lavoro scientifico (in particolare qui a Torino) è ancora assai ostaco- lato da una quantità di inconvenienti. Penso perciò che non sia da disprezzare l’idea di un cambiamento di sede, benché non consideri il Canada la sede ideale, per i motivi che già ti ho esposto [. . . ] per il momento non penserei ad una emigrazione definitiva, ma solo ad un viaggio di un anno, durante il quale lascerei in Italia la maggior parte delle mie cose, e prenderei l’aspettativa: se poi la prova fosse favore- vole, mi farei spedire [. . . ] scrivo a parte alcune righe per la tua mamma [. . . ]

Questa lettera alla madre di Rasetti chiarisce bene l’inquietudine vissuta da Persico e il suo atteggiamento di rinuncia a lottare contro le difficoltà di ogni genere che caratterizzano il primo dopoguerra in Italia:5

Cara Signora Rasetti, che ne dice dell’idea di Franco? essa mi mette nella più grande perplessità. Da tempo mi vado persuadendo sempre di più che l’Europa non diventerà mai più un paese adatto

4F. Rasetti a E. Persico, 2 giugno 1947 e E. Persico a F. Rasetti 12 giugno 1947, AP scatola 1, fascicolo 267. 5E. Persico alla signora Rasetti, 12 giugno 1947, AP scatola 1, fascicolo 267.

65 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

per chi vuol vivere e lavorare tranquillamente nel campo scientifico, anzi rischia di diventare presto assolutamente l’opposto. Accarezzavo perciò da tempo l’idea di passare l’Oceano, ma essendo leggermente stufo di guerre mondiali pensavo piuttosto all’America Meridionale. Inoltre sono anche stufo di combattere col freddo, con le stufe, la scarsezza di carbone e di energia elettrica etc., e non so se il paese delle aurore boreali sia il più adatto per liberarsi da questi fastidi (lascio poi da parte l’acqua color cioccolato, le gambe storte, i gatti magri e spelacchiati e le altre cose a cui dovrei abituarmi). Però l’idea di disporre di un buon istituto e di una buona posizione economica e la possibilità di essere in contatto coi fisici degli U.S.A. mi sorride parecchio [. . . ]

La decisione è presa e l’11 agosto Persico scrive a Ferdinand Vandry, rettore dell’Università di Laval accettando l’offerta di insegnare fisica nel successivo anno accademico 1947–1948, come si apprende da una lettera di risposta scritta in data 26 agosto.6 Persico sbarca a New York l’8 novembre e arriva a Québec dopo tre giorni, come racconta in una lettera agli amici torinesi: «E così, l’11 novembre ho fatto il mio solenne ingresso in Q. C’era alla stazione quasi tutto l’Istituto di Fisica a ricevermi».7 Si affretta a dare notizie di sé a Rasetti, ringraziandolo per avergli lasciato la radio:8

6La lettera reca a mano il visto della Legazione d’Italia a Ottawa che esprime parere favorevole. F. Vandry a E. Persico da Québec, 26 agosto 1947, AP scatola 1, fascicolo 267. 7E. Persico a F. Vandry, 11 ottobre 1947, AP scatola 1, fascicolo 267; E. Persico a Gino Castelnuovo e alle famiglie Terracini, Cini e Tedeschi, 15 novembre 1947, AP scatola 1, fascicolo 260. A Torino Persico si era legato di profonda amicizia con i fratelli Terracini, Alessandro (matematico) e Benvenuto (glottologo) e con Gino Castelnuovo, figlio di Guido e dirigente della RAI [140, p. 297]. 8E. Persico a F. Rasetti da Québec 14 novembre 1947, AP scatola 1, fascicolo 269.

66 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Caro Franco, sono da tre giorni a Q. e mi sto rapidamente orientando. Naturalmente è troppo presto per dare un giudizio ma la prima impressione non è cattiva [. . . ] Ti prego di farmi sapere se avrai una prossima occasione di venire da queste parti o, in caso contrario, se è possibile incontrarci negli S.U. durante le vacanze di Natale. Quali sono i tuoi progetti? Io sono stato invitato da Fermi [. . . ]

In quel periodo partivano anche Giuseppe Cocconi e Oreste Piccioni per gli Stati Uniti, e non sarebbero più tornati a lavorare in Italia. Invitato a Princeton su suggerimento di Bruno Rossi, un paio d’anni più tardi sarebbe partito anche Giorgio Salvini, che con Antonio Lovati, Antonino Mura e Guido Tagliaferri aveva mantenuto viva la tradizione di ricerca sui raggi cosmici iniziata da Cocconi, conducendo una serie di esperimenti sugli sciami atmosferici, continuati poi negli Stati Uniti. Successivamente al suo ritorno in patria nel 1951, dopo questi anni di aggiornamento e di stimolo, Salvini sarebbe stato coinvolto nella grande impresa della costruzione dell’elettrosincrotrone e della costruzione dei Laboratori Nazionali di Frascati che avrebbe guidato per molti anni.9 Ma intanto, in quell’autunno del 1947, Amaldi, che aveva già provato la sensazione di una «grave perdita» con la partenza di Gian Carlo Wick, guardava con grande preoccupazione l’allontanarsi dal nostro paese di personalità così rilevanti. In particolare, forse Amaldi avvertiva nella partenza di Persico un aspetto fortemente simbolico: con lui si allontanava, dopo la partenza di Fermi e Rasetti, l’ultimo dei tre padri fondatori del nuovo corso della fisica italiana. Nell’ottobre di quell’anno un suo rapporto sulle condizioni della fisica in Italia, datato 21 ottobre 1947 e inviato a G.

9Si veda il contributo autobiografico di Giorgio Salvini in [60] e specialmente le pagine dedicate alle ricerche sui raggi cosmici a Milano in [58].

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P. Harnwell, del Randal Morgan Laboratory of Physics della University of Pennsylvania, conteneva una osservazione sintomatica:10 è comunque piuttosto difficile poter dire oggi se nel pros- simo avvenire le condizioni ambientali saranno tali da per- mettere o meno in Italia un normale sviluppo della fisica, sia pure limitatamente a ben determinate direzioni. Il pericolo maggiore e inevitabile derivante dalla situazione sopra espo- sta è soprattutto quello che continui l’emigrazione di fisici dall’Italia verso altri paesi, in particolare verso gli Stati Uniti, ove essi sono attratti dalle ben maggiori possibilità di ricerca e dalle migliori condizioni di vita. Ageno ha commentato con durezza questa emigrazione di fisici maturi nel corso degli anni della ricostruzione [1, p. 25]: [. . . ] all’incessante azione di stimolo e di riorganizzazione portata avanti da Amaldi, non tutti coloro che avrebbero dovuto hanno di fatto collaborato sempre positivamente. Era, per esempio, molto importante che gli ormai numerosi giovani che incominciavano allora ad essere attratti alla fisica dai grandi successi da questa conseguiti negli ultimi decenni, trovassero in ogni Università italiana professori esperti, capaci di avviarli competentemente alla ricerca autonoma. Invece, c’è stato in quegli anni, tra il 1945 e il 1950, un secondo esodo che coinvolse numerosi tra i fisici più in vista. Se il primo esodo, del 1938–39, era stato forzato dalla persecuzione razziale, questo secondo era da attribuirsi solo al prevalere di interessi e implicava in pratica il rifiuto di contribuire alla ricostruzione del Paese. Tra il 6 novembre e il 4 dicembre del 1947 Amaldi faceva parte della delegazione italiana che partecipò ai lavori della Conferenza Generale

10Testo pubblicato in appendice al volume [23], p. 187.

68 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione dell’UNESCO ( Educational and Cultural Organization) tenuta a Città del Messico. In quella occasione Amaldi ebbe modo di conoscere Pierre Auger, direttore del Dipartimento di Scienze Naturali dell’UNESCO [16, pp. 203–204]:

Lo incontrai sull’aereo fra Parigi e Città del Messico, lo rividi solo brevemente qualche volta durante la Conferenza, ma ciò bastò per stabilire rapporti tali da far sí che lui, nel séguito, si rivolgesse qualche volta a me per informazioni o scelte di persone, e io mi ponessi molto naturalmente in contatto con lui quando, qualche anno più tardi, si cominciò a parlare di porre le basi di nuove organizzazioni interna- zionali come il CERN e l’ESRO [European Space Research Organization].

Il rapporto con Auger si sarebbe successivamente tradotto in un forte sodalizio nella lotta per la realizzazione delle grandi istituzioni scientifiche europee, che avrebbero anche rivestito la funzione importante di fornire ai fisici del vecchio continente un competitivo e stimolante ambiente di lavoro, contrastando la tendenza all’emigrazione verso gli Stati Uniti. La posizione e l’impegno di Amaldi sulla scena internazionale cresce- vano costantemente. Nel 1948 viene eletto vicepresidente dell’Unione Internazionale di Fisica Pura ed Applicata (IUPAP), incarico che man- terrà fino al 1954. Le preoccupazioni di Amaldi riguardo l’arretratezza dell’Italia si estendevano anche alla fisica in Europa. In quel periodo si stava facendo strada tra i fisici europei l’idea della necessità di una collaborazione internazionale [16, p. 336]:

Many scientists were aware of the continually increasing gap between the means available in Europe for research in general and in particular for research in the field of and elementary particles, and the means available in the United States [. . . ] It was becoming more and more

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evident that such a situation would be changed only by a considerable effort made in common by many European nations [. . . ]

Intanto, nel gennaio del 1948 veniva inaugurato ufficialmente il La- boratorio della Testa Grigia, nel massiccio del Cervino. Amaldi aveva portato avanti le sue ultime ricerche sullo scattering di neutroni, su cui aveva chiesto la consulenza di Persico nei primi mesi del ’47 («Passando ai tuoi calcolini mi sembrano senz’altro interessanti»).11 I due avevano discusso questioni collegate agli ultimi lavori di fisica nucleare pubblicati da Amaldi nel 1947.12 Nel frattempo, come ricorda Ageno, Amaldi «lasciata la Sanità, costituì un nuovo gruppo presso l’Istituto di Fisica e si dedicò allo studio dello scattering anomalo nella materia dei mesoni µ di alta energia»[1, p.28]. La decisione di dedicarsi ai raggi cosmici veniva in un momento di grande interesse derivante dalle numerose novità provenienti dallo studio degli sciami estesi atmosferici e dalle nuove tecniche di rivelazione introdotte nel campo delle emulsioni nucleari.13 Il 1947 era stato infatti l’anno in cui Cecil F. Powell, Cesare Lattes e Giuseppe Occhialini avevano scoperto che il mesotrone dei raggi cosmici – ribattezzato appunto µ e di cui ben presto fu chiarita la stretta parentela con l’elettrone – è in

11E. Persico a A. Amali, 26 febbraio 1947; E. Amaldi a E. Persico, 2 marzo 1947, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. 12Si tratta dei lavori N. 68, 70, 71 e 72 della lista pubblicata in [143]. 13Il rinnovato contatto con Bruno Rossi, a cui tutti dovevano le conoscenze sulle nuove tecniche fu importante in quel periodo. Si veda per esempio la lettera scritta da Amaldi a Rossi il 26 maggio 1948: «Caro Bruno, ti vorrei pregare di un piacere. Ho visto quel tuo bel rapporto riassuntivo (Technical report N◦ 7 March 22 (1948)) riguardante l’interpretazione dei fenomeni della radiazione cosmica e ti vorrei pregare di mandarmene una copia se puoi farlo. Ho messo su qualche camera di ionizzazione del tipo di quelle impiegate da te e durante l’estate conto di cominciare ad usarle» (AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 8).

70 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione realtà il prodotto del decadimento del mesone π che interagisce invece attraverso la forza nucleare forte. Sebastiano Sciuti a quell’epoca iniziava a collaborare con il gruppo romano di raggi cosmici:14

L’impatto con Amaldi fu bellissimo, nel senso che mi assunse a 15 mila lire al mese – allora mi aiutavano un pochino da casa. Ho fatto prima dei lavori con Quercia e Rispoli e poi dei lavori con Amaldi in cui appunto c’erano i raggi cosmici sotto terra, a livello del mare e a 3500 metri. Io mi ricordo la capanna, all’Istituto di fisica di Roma, sulla terrazza. C’era un locale fatto in legno perché non si voleva che i raggi cosmici arrivassero senza essere un po’ selezionati. Era la fisica povera! Che fortunatamente il Padre Eterno ci mandava gratis! Poi i contatori di Geiger ce li facevamo da soli. Da un punto di vista della fabbrica, l’esperto era Mario Ageno, c’era tutta una stanza nell’Istituto di Fisica dove si fabbricavano questi contatori di Geiger. Una volta costruiti si mettevano sottovuoto; erano normali tubi di rame [. . . ] Amaldi non dava grande confidenza, ma senza farsi ac- corgere lui spronava tutti, con pazienza. Il fatto di poter fare, per esempio, dei seminari. . . Anche a me inizialmente fecero fare un seminario, io mi sentivo morire. E invece molto gentilmente mi faceva delle domande [. . . ]15 Quando tornava dall’America era una festa per noi; lui aveva il suo libricino magico e noi andavamo pronti ad an- notare sia le indicazioni bibliografiche, sia le nuove tecniche. Era un po’ come la chioccia con i pulcini, no? I raggi cosmici

14S. Sciuti in [58, pp. 52–56]. 15A quell’epoca Amaldi aveva deciso che tutti i giovani dell’Istituto dovessero fare un seminario, G. Cortini in [58, p. 72].

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ci hanno salvato! Ci hanno salvato da un punto di vista di continuità scientifica!

Parlando dopo ben cinquant’anni del quaderno di ricerca utilizzato negli esperimenti sui raggi cosmici condotti alla Testa Grigia, Sciuti aveva ancora ben impresso lo stile di lavoro di Amaldi:

Io ho tuttora il quaderno di Cervinia. È piuttosto ingenuo il librone, nel senso che era tutto “sporcato” da noi, e poi ogni tanto compariva Amaldi e si vedeva subito la differenza: c’era il lapis rosso, il lapis blu, c’era tutta una teoria di come si usava. . . Insomma io penso che effettivamente Amaldi meriti di essere ricordato in tutta la pienezza della sua attività [. . . ]

L’esperimento di Lattes, Occhialini e Powell aveva messo in rilievo la validità della tecnica delle emulsioni nucleari, da loro molto perfezionata. In quel periodo anche Giulio Cortini iniziava a lavorare a Roma nel campo dei raggi cosmici:16

Ho iniziato in un modo abbastanza strano. Era uscita all’epoca la tecnica delle emulsioni nucleari, e i miei capi, cioè Wick e AmaldiAmaldi, non capirono che era un discorso assai complicato e difficile e presero questo giovanotto, che ero io: “Tu occupati delle lastre nucleari!”. Fu una scelta sbagliata! Nel senso che non si poteva affidare a una persona inesperta, completamente inesperta, una nuova tecnica. Mi fu affidata in modo abbastanza incosciente [. . . ] Inizialmente ebbi un aiuto da Ettore Pancini, che mi apprezzava molto e mi voleva bene, tra l’altro perché eravamo comunisti tutt’e due. Aveva una grande esperienza personale e mi guidò molto all’inizio. Fu una cosa abbastanza avventurosa, molto

16G. Cortini in [58, p. 80].

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avventurosa! Imparai a guardare in un microscopio. Persi moltissimo tempo per la mia inesperienza.

Fu un periodo di intensa attività, durante il quale i raggi cosmici costituirono la base sperimentale su cui la maggior parte delle giovani leve si fecero le ossa. Fino alla metà degli anni ’50 continuarono a regalare ai fisici un intero zoo di nuove particelle e l’Europa produsse risultati di grande rilievo nonostante la devastazione prodotta dalle vicende belliche. Come ricorda Amaldi, la tecnica delle emulsioni nucleari sviluppata da Powell e Occhialini divenne in particolare un ingrediente base negli studi sui raggi cosmici nel corso degli anni ’50 e consentì ai fisici di molte università europee di partecipare agli importanti sviluppi che stavano avendo luogo nel campo della fisica delle alte energie nonostante la povertà dei fondi a disposizione. Più tardi favorì anche l’attiva partecipazione di molti gruppi europei alle ricerche sulle nuove particelle prodotte dai nuovi potenti acceleratori entrati in funzione negli Stati Uniti nei primi anni ’50 [15, p. 329]. Nel 1974, ricordando le importanti scoperte nel campo della ricerca sui raggi cosmici svolte durante la guerra e nell’immediato dopoguerra, Amaldi commenterà con soddisfazione, nel corso di un dialogo con pubblicato su Physics Today: «These discoveries and a few others of the same type were completely European and took place at a time when Europe was in an almost incredible situation of destruction and depression».17 Nel frattempo Persico era stato nominato direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Laval e si era dedicato allo studio della teoria degli spettrometri per raggi beta, dispositivi per misurare l’energia degli elettroni emessi in vari tipi di processi, su cui avrebbe dato importanti

17“Research contributions since the war”, Intervista a Edoardo Amaldi e Viktor Weisskopf, Physics Today, novembre 1974, 23–30, p. 27.

73 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis contributi e su cui indirizzò anche alcuni suoi allievi [127][128][129] [134] [130]:18 Caro Nasini, l’articolo di Graham e C. sullo spettrometro di massa per misure di intensità è evidentemente di importanza fon- damentale e M. Kerwin, che qui si occupa della costruzione del nostro spettrometro, lo ha tenuto nel debito conto. Pur- troppo non abbiamo ancora nessuna esperienza personale in proposito perché la nostra costruzione è ancora molto indietro [. . . ] Mi fa piacere di sentire che anche a Torino si fa qualcosa in questo campo (ciò che può rappresentare un motivo di più per non considerare definitiva la mia partenza). Nei due mesi che ho finora trascorso a Q. mi sono un po’ occupato di questioni di ottica elettronica, ma sono stato assorbito principalmente, come è naturale, dal lavoro di “ingranamento” nella vita del Dipartimento [. . . ] Io faccio un corso di spettroscopia e uno di fisica nucleare [. . . ] inoltre ho un corso di relatività per i “gradués” [. . . ] Nelle vacanze di Natale sono riuscito, nonostante le restrizioni, a fare un viaggetto fino a Chicago dove ero stato invitato per il Capodanno da Fermi [. . . ] Nel novembre del ’47 era andato in pensione a Torino Alfredo Pochet- tino e Deaglio, che si stava dedicando all’Istituto di Fisica con energia e capacità organizzativa per creare un ambiente adatto a sviluppare la ricerca, all’inizio del 1948 scriveva a Persico:19 Caro Persico, [. . . ] Ha fatto una breve apparizione qui a Torino Wataghin [. . . ] ha raccontato molte cose interessanti

18E. Persico a Nasini, 22 gennaio 1948, AP scatola 1, fascicolo 260. La fonte principale sulla vita di Enrico Persico è costituita dall’articolo scritto da Amaldi e Rasetti nel 1979 [28]. 19R. Deaglio a E. Persico, 7 febbraio 1948, AP scatola 1, fascicolo 260.

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sulla sua attività scientifica, e non mi ha nascosto il suo desiderio di potere ritornare in Italia. Non è escluso che possa presentarsi anche lui come candidato alla eredità di Pochettino [. . . ] è venuto pure Rostagni qualche tempo fa [. . . ] Vorrei conoscere in proposito il tuo parere [. . . ] è ritornato Terracini, poco a poco si ricombina il vecchio ambiente intellettuale al quale manca in questo momento l’apporto della tua efficiente personalità scientifica. Sono finalmente incominciati i lavori di ricostruzione del- l’aula di Fisica; è un primo passo verso la ricostruzione dell’Istituto!

In una lettera di Amaldi a Persico si parla invece dell’interesse di Cocconi per Torino; quest’ultimo gli aveva scritto ponendo una serie di domande:20

1) Persico torna a Torino oppure no? 2) La facoltà di scienze di Torino ha intenzione di chia- marmi oppure no? Mi scrive tali domande pregandomi di rispondergli subito perché deve decidersi se tornare in Italia o restare per un altro anno (o forse molti altri anni) in U.S.A., come gli è stato offerto da Bethe. Data la situazione ti pregherei di rispondermi subito e di scrivere al tempo stesso a Cocconi le tue intenzioni che spero per ovvie ragioni siano ritornereccie. . . Certo che a Torino con Persico–Deaglio–Cocconi si po- trebbe mettere su qualcosa di buono.

20E. Amaldi a E. Persico, 9 febbraio 1948, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. Cocconi, che si trovava a Catania, andò poi all’Università di Cornell chiamato da .

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Nella sua risposta Persico comunica ad Amaldi le sue impressioni sul Québec («Tutto sommato, benché questo posto abbia molti lati attraenti, non è un posto da invecchiarci dentro [. . . ] La mia occupazione principale in questo momento [. . . ] è il calcolo di uno spettrografo magnetico per raggi beta che progettiamo di costruire») e annuncia di aver scritto a Cocconi esponendogli le sue intenzioni di tornare l’autunno successivo: «a meno che a quell’epoca lo spettrografo mi abbia abbastanza affascinato da invogliarmi a lavorarci ancora un anno [. . . ]». Persico chiede anche loro notizie: «E a Roma che cosa si fa? Avete chiamato Ferretti al posto di Wick? Quando festeggerete il 70◦ compleanno di Lo Surdo?».21 In realtà Deaglio favorì l’anno successivo la chiamata di Gleb Wata- ghin sulla cattedra di Fisica Sperimentale. Wataghin aveva studiato a Torino negli anni ’20 ed era emigrato in Brasile alla vigilia della guerra. Con l’arrivo di Wataghin anche i torinesi parteciparono attivamente allo studio dei raggi cosmici, in particolare al Laboratorio della Testa Grigia. Nel 1949, dopo ben 15 anni di esilio, sarebbe tornato anche Giuseppe Occhialini chiamato prima a Genova sulla cattedra di Fisica precedente- mente occupata dal padre e l’anno successivo a Milano, su proposta di Piero Caldirola e Giovanni Polvani. Da Roma scrive anche Nella Mortara, una lunga lettera in cui rac- conta di sé e dell’ambiente romano, in particolare dell’inaugurazione del Laboratorio della Testa Grigia e della cartolina che tutti insieme gli hanno mandato in quella occasione:22

Abbiamo avuto in questi giorni ospite Blackett, che ha tenuto due conferenze sui raggi cosmici all’Istituto; sabato gli è stato offerto un rinfresco (naturalmente dal Consiglio delle Ricerche, perché l’Istituto non ne avrebbe i mezzi, essendo più pezzente che mai), che è riuscito molto simpatico; e domenica

21E. Persico a E. Amaldi, 17 febbraio 1948, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofascicolo 6. 22N. Mortara a E. Persico, 13 aprile 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.

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la gioventù fisica si è data alla pazza gioia, consumando gli avanzi del festino [. . . ] Vedo dalla sua lettera che anche lei ha una voglia matta di non tornare in Italia; ma ci sono io sola che soffro subito di nostalgia quando mi trovo in un altro paese? è una vergogna che vi piantiate tutti laggiù; va bene che avete tanti mezzi di ricerca che qui mancano; ma tanto più merito sarà far le scoperte in queste condizioni; non le pare? Di Rasetti ho notizie spesso da mio fratello Mario, che sta a Baltimore e quindi lo vede di tanto in tanto; da una fotografia di un giornale americano mi sembra davvero che non sia affatto cambiato; mentre Fermi mi faceva l’effetto di essere invecchiato parecchio [. . . ] Stia bene, e si persuada che l’Italia è molto bella!

Di lì a poco, su suggerimento di Amaldi, Fermi avrebbe scritto ad Alcide De Gasperi, Primo ministro, per chiedere un aumento dei finanziamenti al CNR, che sul momento purtroppo non ebbe l’esito sperato:23

Io ho seguito con molta attenzione le pubblicazioni scien- tifiche che ci arrivano dall’Italia. Esse danno prova col loro numero e ancor più con la loro eccellente qualità dell’enorme sforzo degli studiosi italiani per continuare una produzione scientifica di prima classe a dispetto delle evidenti difficoltà del momento. Le pubblicazioni italiane, particolarmente quelle sulla ra- diazione cosmica, formano assai spesso oggetto di discussione tra gli scienziati americani. Ho udito spesso commentare con meraviglia sul fatto che così notevoli risultati siano stati ottenuti in circostanze esterne tanto difficili.

23E. Fermi a A. De Gasperi, 27 aprile 1948, AA scatola 1E, fascicolo 1.

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Sono sicuro che se il Governo Italiano potrà mettere a disposizione degli studiosi mezzi più larghi i risultati saranno corrispondenti [. . . ]

Nel mese di maggio Amaldi scriveva una nota sullo stato della ricerca in Italia sulla rivista ufficiale della comunità scientifica americana, Physics Today, nell’ambito di un lungo articolo di rassegna sull’Europa. Dopo aver aver parlato della distruzione e della quasi cessazione di attività di ricerca in tutta Italia, Amaldi faceva il punto sulla situazione e concludeva lamentando il pericolo della fuga dei cervelli:24

Today most of the buildings are repaired or rebuild [. . . ] For the time being the construction of heavy machinery is out of the question in Italy, because of the economic situation. The working conditions of the scientists are difficult. Com- pared with prewar standards, salaries are are seventeen time greater, but the cost of living has increased by a factor of about sixty. The scientist’s wages are quite inadequate to his needs, and almost all university staffs are compelled to look for other means of livelyhood [. . . ] The postwar increase in students is greater in italy than in other countries, and makes teaching duties more and more fatiguing. Despite this hard situation, the number of those who devote themselves willingly to physics is a little more than before the war. The Consiglio Nazionale delle Ricerche seeks to provi- de the more urgent necessities of the research institutes, with funds set up by the Italian government (theoretically 200,000,000 lire, but actually 100,000,000 lire for 1947). Al- though this sum is small and cannot compare with those supplied to American institutions, it is enough to keep re- search from stopping entirely. In addition, the physics

24E. Amaldi, “Abroad, Italy”, Physics Today (maggio 1948), pp. 35–37.

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institute and some others have been aided by business firms and private enterprises. It follows from all this that for the next several years most of the Italian research will be addressed, necessarily, to those fields which do not require a large outlay of money, such as cosmic-ray studies. In any event it is hard to say whether normal physical progress can persist in this situation. The greatest and most unavoidable danger is the continuing depar- ture of to other countries, especially to the United States, where they may have better research equipment and living conditions.

Una impressione diretta sull’atmosfera che si respirava in Italia e a Roma in quell’epoca viene da una lunga lettera scritta da Rasetti a Persico nel dicembre del 1948. Rasetti tornava a Roma dopo un lungo soggiorno negli Stati Uniti, dopo essere passato a Pozzuolo trovando la sua casa distrutta dai bombardamenti:25

Vorrei descriverti le impressioni locali ma non è facile condensarli nella misura di una lettera. Appena sbarcato a Napoli ho avuto il genere di impressione che si può immaginare in un personaggio di un romanzo alla Wells che si trovi magicamente trasportato due o tre secoli indietro. Però ho trovato l’insieme pittoresco e interessante. Bisogna dire che Napoli rappresenta anche in Italia un caso estremo nel senso opposto alla vita americana. Ho molto ammirato la gente che se ne stava al sole a Mergellina senza dimostrare alcuna preoccupazione di occupare la propria esistenza in modo efficiente. Credo che ci sarebbe molto da imparare da loro, ma è difficile mettere i loro metodi in pratica a Québec, specialmente di dicembre. E anche in estate manca

25F. Rasetti a E. Persico, 6 dicembre 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.

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l’atmosfera propizia. Mi sembra che Roma rappresenti un compromesso ragionevole tra l’efficienza e il non far niente. Ormai le prime impressioni si sono attenuate e non mi sembra più che questo paese sia così strano come i primi giorni. Nell’insieme trovo che è più organizzato di quanto mi aspettavo, specialmente i trasporti. Una cosa a cui non si è più abituati in America è il freddo nelle case, a Roma nelle due ultime settimane si congelava perché ci sono pochissimi ambienti riscaldati. All’università ci sono 12◦ il che per chi è stato a Torino durante la guerra deve sembrare tropicale ma a me sembra freddo. L’Istituto di Sanità è ben scaldato. A Pozzuolo abbiamo una bella casa nuova, frequentata da una quantità di gatti che io non sono capace di apprezzare al giusto valore. La mia mamma sta lì e io vengo a Roma 5 giorni per settimana. Vorremmo trovare un appartamento ammobiliato qui ma costano la modesta somma di L. 70.0000 al mese. Il nostro è affittato a 2000 lire al mese e naturalmente è impossibile mandar via l’inquilino. Mi sembra che in Italia gli impiegati dello stato siano quelli che soffrono della situazione economica, mentre proletariato e capitalisti stanno circa come prima. Non riesco a capire come una famiglia possa vivere con lo stipendio di professore; e infatti tutti fanno qualche altra cosa. Nell’insieme la situazione ha confermato (dato che ce ne fosse bisogno) la mia intenzione di restare in America. L’Italia è un bel paese per visitarlo da turisti ma non per averci le proprie basi. Non sono ancora ben deciso se restare a Roma tutto l’inverno, oppure tornare negli Stati Uniti per 5 mesi e venir qui a riprendere la mia mamma in autunno. Trabacchi vorrebbe che facessi qualche cosa alla Sanità, ma in fisica oggi è quasi impossibile organizzare ed eseguire un lavoro in sei mesi o poco più. Edoardo e gli altri lavorano in

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raggi cosmici e hanno varie esperienze in corso a Cervinia. Come va la vita a Québec? Mi raccomando di non esagerare con l’efficienza. Salutami tutta la gente dell’Istituto, e merry Xmas and happy New Year, anche da parte della mia mamma, Trabacchi, Nella Mortara; ecc. Cordialissimi saluti da Franco

Persico intanto vive una sensazione di sospensione e di precarietà, senza una prospettiva ben definita rispetto al futuro, come scriveva in una lettera a Nella Mortara del novembre 1948 in cui esordiva con notizie sulla durata interminabile degli inverni a Québec. Di recente Rasetti aveva passato un periodo a Roma:26

Avrà dunque anche saputo che ho deciso di restare un altro anno qui in sospeso, senza disfare i bauli e con la mentalità dello “sfollato”. Benché non soffra di nostalgia in modo patologico come Lei, non è affatto vero che abbia, come dice Lei, «una voglia matta di restare in America: anzi trovo che questo paese (compresi gli S.U.) è sotto certi aspetti molto meno paradisiaco di come lo si immagina generalmente in Italia. Il fatto è che non ho la minima idea di quello che farò in seguito e tiro avanti alla giornata senza nessun piano definito [. . . ] Nelle vacanze ho gironzolato negli S.U. [. . . ] poi ho passato un mese ad Ann Arbor dove c’era un “symposium” di fisica teorica. L’effetto di questi viaggi è deprimente per chi lavora isolato o quasi e con mezzi modesti: sembra veramente tramontata l’epoca in cui la fisica si faceva con “love and string and sealing wax” (avrà certamente visto nell’ultimo numero di “Physics Today” la canzone “Take away your billion

26E. Persico a N. Mortara, 26 novembre 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.

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dollars”: la mostri a Rasetti nel caso gli fosse sfuggita). Qui a Québec fabbrichiamo lentissimamente uno spettrometro di massa e uno spettrometro beta: io mi sono occupato un po’ della teoria di questi strumenti e ora mi gingillo con un problema di ottica elettronica da cui non so se verrà fuori qualcosa. è molto probabile che quando i nostri spettrometri saranno finiti, provati e pronti a funzionare esisterà negli S.U. una biblioteca di 5000 metri cubi contenente tutti i possibili spettri beta o di massa, ottenuti con 10.000 superspettrometri da 100.000 dollari l’uno [. . . ] Ricevo ogni tanto dei giornali italiani, e ogni volta resto più colpito dalla violenza e dall’acrimonia della lotta politica in Italia in contrasto con la flemma con cui i canadesi prendono queste cose. Naturalmente, la cosa si spiega, ma tuttavia non manca di fare una certa impressione quando per qualche mese ci si è dimenticati il tono della stampa italiana [. . . ] Buon Natale e buon anno!

All’inizio del 1949, uno scambio di corrispondenza con Pontecorvo, che all’epoca si trovava in Gran Bretagna, al centro nucleare di Harwell, dove si era di recente trasferito («Io qui posso fare quel che mi pare (come soggetto di ricerche) il che è un gran vantaggio [. . . ] finora non c’era praticamente alcuna ricerca pura in fisica»), fornisce qualche indizio sulle preoccupazioni economiche che affliggevano Amaldi:27

Caro Bruno, [. . . ] Mi fa molto piacere di sentire che sei in Europa, ancora di più che verrai a lavorare al laboratorio della Testa Grigia. Qui cerchiamo di lavorare e le cose non sarebbero messe male se non ci mancassero i soldi. Siamo arrivati ad

27E. Amaldi a B. Pontecorvo, 18 febbraio 1948 e B. Pontecorvo a E. Amaldi da Abingdon, 23 marzo 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.

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un punto proprio nero e io dedico purtroppo quasi tutto il mio tempo a schiarirlo. Ho però ancora qualche speranza [. . . ]

Anche Pontecorvo si stava interessando di raggi cosmici,28 Amaldi gli aveva scritto sperando che qualche italiano potesse andare a lavorare all’Atomic Energy Research Establishment di Harwell, ma purtroppo questa possibilità al momento non era prevista. Inoltre il 24 maggio gli segnalava la pubblicazione del bando di concorso per una cattedra di Fisica sperimentale a Pisa, un’idea che solleticava Pontecorvo, il quale tuttavia non aveva ancora preso una decisione. Certamente Amaldi sperava molto che l’ex “Cucciolo” di via Panisperna, ormai un valente fisico a livello internazionale, potesse essere riconquistato alla fisica italiana e ci riprovò anche l’anno successivo, segnalandogli il concorso bandito all’Università di Cagliari.29 Pontecorvo, abbandonando il centro di ricerche nucleari di Harwell si fece invece convincere nell’estate del 1950 ad occupare una cattedra all’Università di Liverpool, nonostante l’idea non lo convincesse molto. Ma subito dopo le vacanze scomparve con la famiglia senza lasciare traccia. Soltanto nel 1955 fu poi resa ufficialmente nota la sua fuga in Unione Sovietica. In quella primavera del 1949 Persico manifestava in varie lettere la sua intenzione di rimanere ancora in Canada. La possibilità di partecipare di tanto in tanto alla vita scientifica negli Stati Uniti e l’attività di ricerca sulla teoria degli spettrometri su cui sta avviando alcuni giovani costituivano per il momento ragioni sufficienti per confermare la sua scelta.30

28Si veda in particolare la lettera di Pontecorvo ad Amaldi del 19 giugno 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. 29E. Amaldi a B. Pontecorvo, 19 maggio 1950, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. Dopo la fuga dall’Europa Pontecorvo aveva lavorato in Canada fino al 1949. 30Vedi lettere di Persico a Finzi e Tricomi rispettivamente del 5 e 30 aprile 1949,

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Ma un evento del tutto imprevisto stava riconfigurare le pedine sulla scacchiera della fisica italiana in direzione dei desideri di Amaldi. Il 24 giugno del 1949 Persico riceve da Roma un telegramma firmato da Amaldi, che gli annunciava la morte di Antonino Lo Surdo, divenuto direttore dell’Istituto di fisica romano dopo la partenza di Fermi:31 Deceduto Losurdo stop Scopo orientativo pregoti telegra- fare se disposto accettare cattedra spettroscopia et eventuale direzione istituto. Dopo quattro giorni arriva a Roma un telegramma di risposta di Persico dal testo sorprendente:32 Gratissimo proposta purtroppo impossibile accettarla Rasetti gli scrive immediatamente una lettera perorando la causa romana e mettendo in evidenza sia che «Québec non è il luogo dove uno desideri passare il resto della propria esistenza [. . . ] gli inverni interminabili mi sono venuti sempre più a noia [. . . ] E devi considerare che avevo l’attrattiva locale dei trilobiti che tu non hai [. . . ]», sia che alla loro età non sarebbe stato facile trovare una buona posizione negli Stati Uniti «a meno di non fare scoperte spettacolose»:33 Forse non ti meraviglierai se ti scrivo da Roma, dato il grado elevato di nobiltà che mi è caratteristico. Ma forse ti meraviglierà la ragione specifica per cui ti scrivo: quella di persuaderti ad accettare una cattedra di Fisica Superiore e di Spettroscopia a Roma [. . . ]

AP scatola 1, fascicoli 270 e 271. Si vedano anche la seconda relazione dell’attività svolta inviata da Persico al Console italiano in Canada, 30 aprile 1949, e la lettera inviata al Ministero della P. I. il 13 maggio dello stesso anno in cui chiede una proroga fino al 31 ottobre 1950, AP scatola 1, fascicolo 274. 31E. Amaldi a E. Persico, 24 giugno 1949, AP scatola 1, fascicolo 274. 32E. Persico a E. Amaldi, 28 giugno 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. 33F. Rasetti a E. Persico, 2 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.

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Sono disposti a darti una cattedra per cui tu potrai in- segnare quello che ti pare e lavorare nei problemi che ti interessano in un ambiente pieno di giovani abili intelligenti e simpatici, a parte i nostri vecchi amici Amaldi e Bernardini che non ho bisogno di descriverti. è certo che in Italia non esiste posizione migliore. Ma non faresti il solo vantaggio tuo, ma ancor più quello della fisica romana. Se tu non accetti è quasi certo che, per appoggi politici, la cattedra andrà a Medi e in questo caso si prospetta una disintegrazione completa dell’ambiente fisico romano. Dunque vedi quali sorti dipendono dalla tua decisione e ripensaci. [. . . ] Sono in Italia da 10 giorni, ho comprato una 1100 e rimpiango la tua assenza [. . . ] Pensa alle Dolomiti e forse ti verrà la voglia di tornare in Italia [. . . ]

Contemporaneamente, anche Amaldi manifestava la sua delusione:34

Caro Persico, ho ricevuto il tuo telegramma che ci è alquanto dispiaciuto. Noi qui contavamo enormemente su di te e, a dire il vero, ci contiamo ancora un poco. Se non vuoi la direzione per timore di seccature, non te la diamo; l’offerta aveva il carattere di un doveroso atto di deferenza ma non te la vogliamo imporre. La cattedra di spettroscopia non dà un gran da fare e tu potresti, di conseguenza, essere molto libero [. . . ] Prima di prendere una decisione definitiva, dovresti consi- derare il fatto che tu qui ci saresti estremamente utile; a noi manca proprio una persona posata e tranquilla con cultura fisica classicheggiante, insomma ci manca Persico. . . Anche

34E. Amaldi a E. Persico, 3 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.

85 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

Emilio Segrè, che è qui, considera che una tua risposta posi- tiva costituisca la migliore soluzione sia per noi che per te del problema di fronte al quale ci troviamo. Noi qui abbiamo continuamente dei problemi teorici in re- lazione alle nostre esperienze nella cui soluzione tu ci potresti essere di grande aiuto; ma anche su questo punto intendiamo lasciarti la massima libertà [. . . ] In conclusione, ti prego di studiare la cosa un poco più a fondo e, se possibile, di rispondere favorevolmente.

Le lettere di Amaldi e Rasetti sono soltanto le prime di una cascata di appelli accorati di cui si riporta il testo integrale, perché proprio nel loro insieme costituiscono una preziosa presa diretta sull’epoca e fanno comprendere i legami e i rapporti tra le persone (che traspaiono anche dal modo diverso con cui si rivolgono l’un l’altro) e perfino la diversità dei personaggi dal punto di vista umano. Ma soprattutto mettono in evidenza le aspettative dei fisici romani in quel momento difficile, in cui si sentiva oramai l’esigenza di fare un grande salto di qualità, dopo i primi anni passati a raccogliere i cocci del disastro e a creare le premesse per questo cruciale balzo in avanti. La terza lettera, in ordine cronologico, è quella di Giulio Cesare Trabacchi dall’Istituto di Sanità:35

Caro Persico, [. . . ] la fisica romana sta passando un brutto momento; io spero che la lettera che ti ha scritto ieri Rasetti ti abbia persuaso [. . . ] io reputo questo di capitale importanza per l’Istituto Fisico di Roma. In quell’ambiente c’è la necessità di una persona di fama indiscutibile, di mente equilibrata, che faccia una “scuola”, la quale sappia che il suo capo è, e rimarrà sempre qui.

35G.C. Trabacchi a E. Persico, 4 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.

86 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Sia nei capi, sia nei gregari, vi sono buoni elementi; ma, un po’ per la “auri sacra fames”, e un po’ per strane forme di ambizione, le cose non vanno come dovrebbero andare. Tutto si aggiusterebbe con la presenza di una persona che, per cultura e serietà, incutesse rispetto a tutti. Naturalmente ti scrivo tutto questo in via assolutamente riservata. Mi auguro di ricevere buone notizie e di rivederti presto a Roma. è ovvio che questo Laboratorio, con tutti i suoi mezzi (che non sono pochi) e il suo personale, lo puoi considerare a tua disposizione. G.C. Trabacchi La dattilografa si unisce a quanto sopra. Cordiali saluti Nella La successiva proveniva da Gilberto Bernardini, anche lui, come Bruno Rossi, antico allievo di Persico negli anni gloriosi di Arcetri:36 Caro Persico, alle lettere di Franco, di Edoardo e di Ferretti, io tuo “discepolo prediletto” non ho molto da aggiungere. Ho solo da ricordarti un affetto ch’è vecchio di tanti anni (e nacque dalla gratitudine) e una nostra conversazione a N.Y., non molti mesi fa, quando commentammo gli effetti della solitudine e la necessità di uscirne quando questa comincia a diventare cronica. Io non so bene, né molto comprendo i motivi della tua de- cisione [. . . ] Però è in noi il sospetto che il tuo quebecchismo ad oltranza abbia origini generiche quali supposti “guerroni, quinte colonne, guerre civili ecc” e in questo caso, data l’as- soluta imprevedibilità di certe convulsioni, è opinione, non

36G. Bernardini a E. Persico da Milano, 6 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 247.

87 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

solo mia (è per es., attualmente, anche opinione di Franco) che, alla fin fine, il gioco non valga più la candela [. . . ] Qui a Roma la tua presenza sarebbe, oltre che piacevole per tutti noi che ti siamo amici, anche fattore di equilibrio nella scuola e nella ricerca. In quel gruppo che ora siamo ci manca proprio una persona come te, che abbia le tue caratteristiche culturali e intellettuali e molte volte abbiamo rimpianto che tu non fossi con noi e che tu ti sia così al- lontanato da noi da quell’infausto dì in cui lasciasti il “colle sacro a Galileo”. Oggi si sono realizzate le condizioni migliori per un tuo ritorno. Torneresti in un ambiente che si è ormai consolidato e che è totalmente convertito alla vera fede. I residui nordici sarebbero, specie con la tua presenza, tenuti in utile soggezione, in confini perfettamente definiti, ligi a una disciplina e a una consegna chiaramente definita. Torneresti e solo tuo grande compito sarebbe quello di tutelare, di fronte all’incalzare, talvolta eresiaco, delle correnti moderniste, i sacri principi delle origini. Non tornando la tua anima si macchierebbe di una colpa ben più grave di quella commessa lasciando il sacro colle. Daresti in pasto agli infedeli la terra santa e, credi, dopo non varrebbero niente 100 crociate per riconquistarla. Oggi siamo proprio nel momento più critico. I nostri ragazzi, da Ageno e Cacciapuoti a Pancini ecc. sono alla vigilia di diventare professori sistemandosi poi in molte sedi importanti. Dopo la vita della fisica, nel nostro paese, sarà più tranquilla. Però bisogna superare bene questo periodo e per questo sarebbe quasi necessario un tuo ritorno, qui a Roma, per insegnare, studiare e lavorare con noi [. . . ] tuo G. Bernardini

Anche Bruno Ferretti, il fisico teorico del gruppo romano, si univa al

88 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione coro delle proteste:37 Caro Prof. Persico, Amaldi mi ha detto della Sua risposta al telegramma che Le aveva inviato, e anche io ne sono rimasto spiacentissimo; mi permetto anzi di insistere un poco perché Ella modifichi la Sua decisone, dato che secondo il mio parere la Sua venuta qui a Roma sarebbe una cosa ottima sotto tutti i punti di vista, primo fra tutti quello dell’insegnamento della fisica, che verrebbe con Lei e dato il Suo indirizzo ad essere completato in modo brillantissimo [. . . ] Io poi personalmente sarei felicissimo se Ella accettasse perché penso che collaborando con lei sarebbe molto più facile costruire una scuola di Fisica Teorica, che in Italia purtroppo oggi praticamente non esiste. Per quanto riguarda la forma concreta della nostra collaborazione La lascerei fin d’ora liberissimo di fissarla come crede. Io non credo che noi dobbiamo trascurare completamente le responsabilità che virtualmente abbiamo verso i giovani di ingegno che per mancanza di scuola potrebbero essere perduti alla ricerca, ed è stata questa una delle ragioni, e non la minima, che mi hanno spinto a tornare in Italia nonostante che in Inghilterra mi fossero state fatte offerte sotto certi punti di vista molto allettanti. Sono sicuro che anch’Ella sarà sensibile a questi motivi, e quindi mi lusingo che vorrà rivedere le Sue decisioni [. . . ] Il 29 luglio un nuovo telegramma di Persico ad Amaldi rappresenta un vero e proprio colpo di scena. La spiegazione del rifiuto di Persico risiedeva in una grave diagnosi formulata dai dottori di Québec, fortunatamente smentita successivamente da una équipe medica negli Stati Uniti:38

37B. Ferretti a E. Persico, 7 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274. 38E. Persico a E. Amaldi, 29 luglio 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.

89 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

Ospedale Newyorkese smentisce diagnosi. Stop. Ancora in tempo? Persico

Il telegramma è seguito da una lettera scritta da New York, in cui Persico spiega in dettaglio la tormentata vicenda di cui è stato vittima:39

Caro Edoardo, faccio seguito al cablogramma speditoti ieri per spiegarti il colpo di scena [. . . ] Inutile dire che uscire dall’ospedale e correre al telegrafo è stato tutt’uno. Ora la mia gioia è solo amareggiata dal pensiero che quasi certamente avrete già impegnato altrimenti la cattedra che mi avevate offerto e che la meravigliosa possibilità di venire a Roma andrà perduta per questo incredibilmente maligno concorso di circostanze. Ma ho ancora un filo di speranza (come vedi, malgrado le apparenze io non sono un pessimista) e quindi ti confermo ufficialmente che accetterei con gran piacere una cattedra al- l’Università di Roma. Non ci tengo alla direzione dell’Istituto Fisico, purché mi sia garantita completa autonomia e parità di diritti, cosa di cui non dubito [. . . ] Caro amico, capisco benissimo la confusione che sto creando e spero che non mi manderai all’inferno: ne torno ora e ti assicuro che ci si sta male [. . . ]

Con grande gioia Amaldi, Bernardini e Ferretti gli inviano subito un telegramma:40

Felicissimi duplice ragione preghiamoti inviare lettera ufficiale per Facoltà.

39E. Persico a E. Amaldi, 30 luglio 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. 40E. Amaldi, G. Bernardini, B. Ferretti a E. Persico, 30 luglio, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.

90 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Una decina di giorni dopo la sua del 6 luglio Bernardini si scusava per alcuni toni della sua precedente lettera e riversava su Persico parole molto affettuose cogliendo l’occasione per manifestare tutta la sua amicizia:41

Caro Persico, torno ora a casa, dopo aver parlato con Edoardo e Ferretti della notizia dataci da Trabacchi. Poche volte sono stato così abbattuto, così addolorato, così spiacente per non aver saputo prima per non aver indovinato o almeno intuito. Dovevo ben immaginare che il tuo rifiuto avesse origine da cose gravissime [. . . ] Oggi non potrò scriverti in modo molto sensato. Tutto sommato vorrei solo pregarti di perdonare la mia precedente lettera certo non intonata, col suo fare scherzoso, al tuo spirito. Però a costo di aggravare questa mia condizione umiliante di uomo che non capisce, che urta, che annoia e offende, sostenuto solo dal fatto che io ho per te, effetti- vamente, una grande amicizia, ti scrivo anche entrando un poco in merito alla questione tua, intima, e ti prego solo di perdonarmi [. . . ] Oggi posso dirti che fra i miei amici tu e [Franco]42 siete forse i più cari. A voi ho pensato spesso, con vera [. . . ] preoccupato della vostra solitudine e, spesso, mi sono domandato se eravate voi che la cercavate (e in questo caso era senz’altro [almeno da] rispettare) o se invece essa non pesasse su di voi come un [. . . ] destino. Oggi so da Franco stesso (e credo di essere fra [. . . ] che lo sanno; qui a Roma ho per compagna Lalla Fermi) [. . . ] era proprio

41G. Bernardini a E. Persico da Roma, 18 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274. 42C’è un frammento che manca nella pagina; il nome di Rasetti si deduce dalle righe successive, alcune parole sono ricostruibili, ma restano alcune parti di cui non è possibile intuire il testo.

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un cattivo destino connesso [con la] sua natura di uomo intellettualmente troppo superiore. Forse è lo stesso per te, ma allora non vorrei che tu ti abbandonassi, in questo periodo della tua vita, a questo sentimento che coincide un poco con quello del lupo, che, malato, si ritira nella sua tana. I lupi fanno così per ovvie ragioni, ma per te dovrebbe esser tutto il contrario. Pochi furono giusti, onesti e buoni come te. Tutti qui ti ricordano così come io ti conosco; tutti ti vogliono e ti vorrebbero bene. Tu devi veramente pensare se questo tuo desiderio di esser solo in questo periodo della tua vita non sia sostanzialmente frutto di una troppo pessimistica e, (una volta tanto da parte tua) ingiusta, valutazione degli uomini. Vorrei che tu fossi così gentile da rispondere appena potrai. Io sarò a Roma ancora per qualche giorno, poi a Cervinia [. . . ] A settembre avremo il grande Congresso di Como; se potessi vederti, credi, Persico, ne sarei così felice. Allora mi crederesti; crederesti in pieno a questo affetto che nacque dalla gratitudine, si sviluppò con l’ammirazione e finì per essere una vera amicizia. tuo Gilberto (Bernardini)

Ma Persico non può allontanarsi subito dall’Università di Laval, l’anno accademico è già in procinto di cominciare. Alla fine di agosto scrive a Rasetti per congratularsi delle imminenti nozze con Marie Madeleine Hennin, di origine belga, che aveva conosciuto a Québec. La notizia sorprendeva tutti gli amici, considerando che a quell’epoca Rasetti aveva già 49 anni:43

43E. Persico a F. Rasetti, 30 agosto 1949, AP scatola 1, fascicolo 271.

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Caro Franco, il principio “anything can happen” è una legge fonda- mentale della natura, che non ammette nemmeno quelle poche eccezioni che generalmente gli si attribuiscono: me ne persuado ogni giorno di più e la tua lettera ha finito per convincermene assolutamente. Ma poiché credo che di di- scorsi di questo genere ne avrai ormai sentiti a sazietà, passo senz’altro a farti i più sinceri rallegramenti e gli auguri più fraterni ed affettuosi per la tua nuova vita [. . . ] Ti ringrazio dell’invito a venirti a trovare a Baltimora prima di imbarcarmi per l’Europa, ma non credo che la cosa possa aver luogo in questo autunno. Infatti, come saprai, la Facoltà di Roma deve decidere la mia chiamata alla fine di settembre, e (supposto che la decisione sia favorevole) mi sarà impossibile piantare Laval senza un ragionevole preavviso. è quindi assai possibile che passi a Québec anche questo inverno [. . . ] Di lì a poco, nei giorni 11–16 settembre, si tiene a Como un Convegno sui raggi cosmici, la cui prima tranche si era tenuta a Basilea all’inizio del mese. Giorgio Salvini ricorda il «commovente incontro tra Fermi e Werner Heisenberg»: «Fermi entrava da una parte dell’aula, Heisenberg dall’altra [. . . ] si abbracciarono. Si erano conosciuti da giovani, non si erano visti per l’intervallo della guerra. Fu un grande incontro; poco dopo si aggiunse anche Wolfgang Pauli».44 è l’occasione del primo rientro di Enrico Fermi in Italia dopo la guerra. Dopo il congresso Fermi tenne una serie di lezioni a Roma e Milano, organizzate sotto gli auspici dell’ e della Fondazione Donegani, che ebbero un effetto importante nell’orientare le ricerche dei fisici italiani verso la fisica delle particelle. Lo stesso Amaldi è ormai profondamente implicato in questo settore di ricerca, e insieme a Carlo Castagnoli, Alberto Gigli Berzolari, e Sebastiano

44G. Salvini in [60, p. 383].

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Sciuti presenta a Como il suo primo lavoro sui raggi cosmici, “Contributo allo studio degli sciami estesi dell’aria” [27].45 In quel periodo il gruppo di Rossi al Massachusetts Institute of Technology è all’avanguardia in questi studi, così con la sua entrata in questo settore di ricerca e la creazione di un gruppo, Amaldi si preoccupa subito di invitare Bruno Rossi a tenere un corso nell’Istituto romano.46 Questo contatto diretto con la cultura di un settore di ricerca assai articolato e ricco, alle prese con problemi fondamentali come la fisica delle particelle elementari, e il suo spostamento verso gli aspetti astrofisici, come l’origine della radiazione cosmica primaria, contribuiscono a creare un nuovo substrato scientifico nell’Amaldi pioniere della fisica nucleare degli anni ’30. Il 4 ottobre, Amaldi, Bernardini e Ferretti comunicano a Persico con un telegramma che la Facoltà ha approvato all’unanimità la sua chiamata sulla cattedra di Fisica superiore,47 e quest’ultimo riceve subito una lettera di felicitazioni da parte del matematico Mauro Picone, direttore dell’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo:48 Mio caro Persico, non so proprio astenermi dall’esprimerti la gioia che io provai nell’apprendere che tu eri disposto ad accettare la chiamata a Roma, nella nostra Facoltà, ritornando in Patria. Come già ti palesai altra volta il tuo ritorno era fra i voti miei più vivi ed ora lo vedo finalmente appagato. Ciò ha un grande significato per il prestigio dell’Italia perché dimostra al mondo l’esistenza di valorosi suoi figli che

45Questo lavoro non è presente nella lista pubblicata in [143], che inizia invece dal 1950, con l’articolo scritto insieme a Giuseppe Fidecaro. 46E. Amaldi a B. Rossi, 17 dicembre 1949, AA scatola 142, fascicolo 6, sottofasc. 8. 47E. Amaldi, G. Bernardini, B. Ferretti a E. Persico, 4 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 274. 48M. Picone a E. Persico, da Roma, AP scatola 1, fascicolo 274.

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non la rinnegano, pur potendolo, ed anche per il suo avvenire perché si può sperare che altri insigni italiani, attualmente espatriati, ti imitino. Quando i componenti la Facoltà hanno saputo che tu eri disposto a venire tra noi per insegnare la Fisica superiore, l’unanimità si stabilì immediatamente per il provvedimento da proporre al Ministero per la cattedra vacante di quella materia. Col grande apporto che tu darai all’attività scientifica e didattica della nostra Facoltà io mi auguro che tu vorrai anche concedere la tua alta collaborazione a questo Istituto [. . . ]

Con l’annuncio ufficiale Persico tornava ai suoi luoghi d’origine dopo le tappe Firenze-Torino-Québec, che Persico chiamava la sua «marcia di avvicinamento al polo» [140, p. 300]. Persico informa subito Romolo Deaglio della notizia:49

Caro Deaglio, ti scrivo per comunicarti ufficialmente una notizia che probabilmente ti sarà già pervenuta in qualche modo quando riceverai questa lettera. Ieri ho ricevuto un cablogramma da Roma che mi informa che quella Facoltà di Scienze mi ha chiamato (all’unanimità) alla cattedra di Fisica Superiore lasciata vacante dalla morte di Lo Surdo. Come tu sai, da diciannove anni ho l’onore di appartenere alla Università di Torino, e in diverse occasioni ho dato prova del mio attaccamento rinunciando a lusinghiere offerte di altre Università. Ma questa volta l’offerta viene dalla mia città natale, dove ho trascorso la mia giovinezza e dove ho molti legami di parentela e di amicizia. Ho quindi accettato

49E. Persico a R. Deaglio, 5 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.

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la chiamata, benché lasci con sincero rimpianto il simpatico ambiente torinese.

Il 16 ottobre Amaldi scrive a Persico:50 «Qui tutto l’Istituto ha fatto una grande festa non appena si è saputo della tua chiamata; in questi giorni c’era anche Fermi il quale si è rallegrato con noi [. . . ]». Ma la situazione rimaneva difficile. Per continuare a lavorare a un buon livello era necessario passare dei periodi all’estero, come stava facendo Salvini e come faceva lo stesso Gilberto Bernardini, che peraltro aveva una funzione importante nel mantenere uno stretto contatto con i fisici americani, già dotati di acceleratori a energie che iniziavano ad essere competitive con quelle dei raggi cosmici e che comunque consentivano di avere fasci di particelle in laboratorio. Questa constatazione certamente contribuiva a rendere Bernardini perplesso di fronte alla possibilità di continuare ad essere competitivi in questo settore in enorme espansione:51

Carissimo Persico, sono di nuovo alla Columbia, per circa un anno (fino alla prossima estate) poi, nonostante certe allettanti prospettive, penso di ritornare in Italia e più precisamente a Cervinia, dove romanticamente sento di aver lasciato un po’ di me stesso) e, nel riprendere i miei contatti con la terra di Colombo desidero salutarti con particolare affetto. Quando penso che l’anno prossimo saremo insieme a Roma, ne sono davvero felice e sono quasi portato a desiderare che quest’anno newyorkese passi presto. Non mi faccio molte illusioni sulle nostre possibilità di lavoro in Italia. Anche con Cervinia, andremo avanti decen- temente qualche anno. Poi, più o meno, staremo a vedere

50E. Amaldi a E. Persico, 16 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 274. 51G. Bernardini a E. Persico da New York, 16 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 271.

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quello che faranno gli americani oppure ci metteremo al ser- vizio dei biologi o dei chimici. Tuttavia, anche con i preti, l’Italia è un discreto paese e ci si sta bene per quel senso di dignità che si riesce a mantenere anche facendo poco o nulla. Proprio di recente, attorno a una bottiglia di Brolio, con Pauli abbiamo scoperto che l’Italia è l’unico paese in cui “l’ozio non sia un vizio”.

In quel dicembre del 1949 si riunisce a Losanna il Movimento Europeo, a cui partecipano 172 delegati da 22 paesi e per la prima volta nel dopoguerra viene avanzata la proposta di una collaborazione scientifica internazionale nei settori astrofisico e nucleare. Ormai si avvicina il ritorno di Persico in Italia; durante l’estate programma un giro negli Stati Uniti, dove naturalmente ha intenzione di visitare i Fermi: «Il mio passaggio per Chicago comincia a delinearsi verso il 10 giugno [. . . ] Mi farà molto piacere di vedervi, tanto più che ho quasi in tasca il biglietto di ritorno in Italia (ho l’impressione di non essere mai stato così scemo nella mia vita. Ma ormai è fatto).52 Spera anche di andare a trovare Rossi al MIT, dove si sarebbe incrociato con Edoardo Amaldi: «Io ho chiesto la prenotazione di una cabina sul Saturnia in partenza da N.Y. il 21 sett. e attendo di giorno in giorno la conferma. Sarebbe piacevole se ci trovassimo insieme nel ritorno [. . . ] Verso la fine di luglio conto di ritornare nell’est, e non escludo di passare da Cambridge Mass. Gradirei di sapere esattamente quando ti ci posso trovare».53 Nel frattempo Persico si preoccupa della sua prossima attività di insegnamento a Roma, e ha uno scambio di lettere con Amaldi riguardo il suo corso: «Caro Edoardo, sto cercando di concretare un programma di Fisica Superiore per l’anno prossimo a Roma [. . . ] Come vedi sono animato dalle migliori intenzioni di ritorno a Roma, nonostante le insistenze dell’Università Laval per trattenermi qui», Amaldi gli risponde

52E. Persico a L. Fermi, 29 maggio 1950, AP scatola 1, fascicolo 260. 53E. Persico a E. Amaldi, 8 giugno 1950, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.

97 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis sollecitamente: «ti saluto con molto affetto e pieno di speranze per la tua venuta a Roma e collaborazione al funzionamento della baracca generale [. . . ]».54 I preparativi del viaggio si svolgono sotto la minaccia della guerra di Corea, che coinvolgeva la Russia di Stalin e gli Stati Uniti. Alla fine di agosto Persico manifesta i suoi timori a Nella Mortara, dopo il racconto del suo viaggio negli Stati Uniti:55

[. . . ] Ed ora eccomi qui a Québec, in procinto di riordina- re le mie cose per attraversare l’Atlantico, nonostante i segni non dubbi del temporale che si prepara. Ero in California quando è cominciata la guerra di Corea e la latente mobi- litazione americana, e l’impressione generale (specie negli ambienti dei fisici) era che si marcia a grandi passi verso il guerrone. Quanto a Emilio Segrè, può immaginare che di- scorsi faceva. Confesso che ho seriamente considerato se non era il caso di restare nel Canada, tanto più che al mio ritorno a Québec l’Università Laval mi ha offerto di considerare nulle le dimissioni che avevo dato. Ma l’attrattiva della cattedra a Roma era troppo forte per lasciarla cadere, e così ho deciso di rischiare: mi imbarco a New York il 13 ottobre sul Vulcania che arriva a Genova il 25 (probabilmente sbarcherò a Genova anziché a Napoli per passare da Torino prima di raggiungere Roma). Come vede, non tutti i pazzi sono al manicomio (vecchia verità che non ha bisogno di conferma, vero?) [. . . ]

Le stesse preoccupazioni venivano manifestate in una lettera scritta una settimana dopo a Franco Rasetti:56

54E. Persico a E. Amaldi, 13 agosto 1950; E. Amaldi a E. Persico 16 agosto 1950, AA. 142, fascicolo 3, sottofasc. 6. 55E. Persico a N. Mortara da Québec, 30 agosto 1950, AP scatola 1, fascicolo 272. 56E. Persico a F. Rasetti, 6 settembre 1950, AP scatola 1, fascicolo 260.

98 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Caro Franco, [. . . ] I miei propositi di ritorno in Italia sono stati gra- vemente scossi, come puoi immaginare, dagli avvenimenti internazionali degli ultimi mesi, ma tuttavia hanno soprav- vissuto. Sono convinto che si marcia a grandi passi verso la guerra mondiale, ma dall’esperienza dell’ultima guerra ho imparato che è praticamente impossibile prevedere l’aspetto che prenderanno le cose nei vari paesi e quindi ogni provvedi- mento diretto a schivare il peggio ha una probabilità poco superiore a 0.5 di essere utile. Probabilmente Québec sarà un posto migliore di Roma durante la guerra. Però credo che se ora non vado a Roma è quasi certo che non ci vado mai più. Così ho deciso di rischiare e di traversare l’Atlantico, tanto più che l’Università Laval mi ha offerto di conservarmi il posto per un anno, per il caso che mi penta [. . . ] Questa estate ho fatto un bellissimo viaggio attraverso gli S.U. [. . . ] ed ora sono qui in procinto di preparare la partenza. Ho prenotato una cabina sul Vulcania in partenza da N.Y. il 13 ottobre: probabilmente lascerò Québec ai primi di settembre per fermarmi qualche giorno a N.Y. prima di imbarcarmi. Speriamo che di qui al 13 ottobre la guerra non sia ancora scoppiata. . .

Persico sbarca a Genova nel pomeriggio del 25 ottobre 1950,57 e il suo arrivo a Roma è previsto per il primo novembre. Qui Lodovico Zanchi gli aveva già fissato una stanza nella pensione “Villa Fiorita”:58

Il prof. Bernardini, nell’ultima lettera a me diretta, mi scrive di mettere a Sua disposizione il proprio appartamento del quale io conservo le chiavi [. . . ] Ieri ho acquistato il libro

57E. Persico a C. Persico, 2 ottobre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275. 58L. Zanchi a E. Persico da Roma, 16 ottobre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.

99 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

di De Broglie – Ho ordinato il Pierce – il Zworikin esiste già nella nostra biblioteca. Infine, mi permetta, illustre Professore, di porgerLe il mio vivo compiacimento per il ritorno nell’Istituto di Fisica di Roma. È un ritorno che ho sempre desiderato e ne sono felice che si sia avverato.

Un paio di lettere scritte all’epoca dei primi giorni del suo rientro a Roma ci danno una testimonianza diretta delle sensazioni vissute da Persico:59

Caro Gilberto, sono a Roma da due settimane [. . . ] è quindi ora che ti scriva [. . . ] per renderti conto della mia installazione nel tuo alloggio e per ringraziarti di avermelo proposto [. . . ] All’Università mi sto lentamente orientando nella vita dell’Istituto, assai più complessa di quella degli Istituti di Québec e di Torino. Comincerò il corso di Fisica Superiore la prossima settimana, con l’idea di fare un po’ di lezioni sulla relatività ristretta, poi sull’ottica e infine un po’ di ottica elettronica. Come futuro professore di spettroscopia ho anche preso contatto coi giovani spettroscopisti Rossi e Santoro [. . . ] Ma la cosa più interessante (per me) che ho fatto in questi giorni è stata la curiosa esperienza psicologica di ritrovarmi in un mondo di cose e di persone che mi erano familiarissime venti anni fa. è un continuo alternarsi di concordanze e discordanze tra la vecchia immagine e la nuova, che mi rende interessanti anche i particolari più banali e che mi dà un piacere agrodolce.

59E. Persico a G. Bernardini, 17 novembre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.

100 L. Bonolis Gli strateghi della ricostruzione

Pochi giorni dopo Persico scriveva a Laura Fermi:60

Roma (che non vedevo, praticamente da prima della guerra) mi fa l’effetto di una città essenzialmente nuova con strane sovrapposizioni alla città della mia giovinezza. Una cosa che però è rimasta è il gran numero di persone e di istituzioni aventi l’unico scopo di farmi perdere tempo [. . . ]

Figura 4.1: Enrico Persico nel suo studio all’Istituto di Fisica del- l’Università di Roma all’inizio degli anni ’50. Cortesia Alessandra Raggi.

60E. Persico a L. Fermi, 20 novembre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.

101 Gli strateghi della ricostruzione L. Bonolis

Figura 4.2: Ingresso principale dell’Istituto di Fisica “Guglielmo Marconi”, progettato negli anni ’30 dall’architetto Giuseppe Pagano per la nuova città universitaria. Archivio Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.

102 Capitolo 5 Grandi imprese

Al suo arrivo a Roma per l’inizio dell’anno accademico 1950–1951 Persico tiene il corso di Fisica Superiore e continua ad occuparsi di ottica elettronica, in particolare degli spettrometri per raggi beta. Viene anche immediatamente coinvolto nell’attività di formazione per il personale del CISE a cui avevano già contribuito Ferretti e Amaldi. All’inizio di luglio Persico acquista anche una “Topolino”1 con cui fare piccole scorribande nel fine settimana: «Negli anni successivi Persico, Conversi, Ageno e Nella Mortara (spesso chiamati gli scapoloni dell’Istituto) presero l’abitudine di fare gite domenicali nelle piccole bellissime città nei dintorni di Roma, gite che tutti ricordarono per anni con gran piacere» [28, p. 251]. A quest’epoca Amaldi, ormai direttore dell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi, stava rinunciando a questo impegno, a causa dell’intensa attività legata alla nascita del CERN. Il 12 dicembre del 1950 c’era stato un incontro a Ginevra organizzato su impulso di Pierre Auger, in cui si era deciso di esplorare la possibilità di costruire acceleratori di potenza superiore ai sincrociclotroni, le macchine di frontiera dell’epoca. Ma in questa fase non era possibile attingere ai fondi UNESCO, fu dunque essenziale il deposito fatto a nome dell’Italia da Colonnetti, direttore del CNR, di una somma di 3.000.000 di Lire, necessaria per condurre gli studi preliminari in adeguate condizioni scientifiche a livello internazionale. È facile immaginare chi fosse il motore di questa iniziativa: I remember that in the years 1948–1950 the various aspec- ts of the problem including energy and cost of machines were

1E. Persico a G. Bolla, 20 febbraio 1951, AP scatola 2, fascicolo 275.

103 Grandi imprese L. Bonolis

examined in Rome in frequent discussion between Ferretti and myself and in letter exchanged with Bernardini, who in those years was at Columbia University and thus had the opportunity of contributing to stimulating the interest of Rabi in this subject.

Sarà proprio Rabi, nel corso dell’Assemblea Generale dell’UNESCO tenuta a Firenze nel giugno del 1950, a sollevare il problema dell’urgenza di creare centri e laboratori che potessero incrementare e far fruttare meglio la collaborazione internazionale in tutti quei settori dove gli sforzi del singolo paese sarebbero stati insufficienti ad affrontare tale onere. Il rapporto stabilito con Auger sarà un altro ingrediente chiave nella preistoria del CERN [37, p. 332]:

[. . . ] ce sont des conversations entre Amaldi, Rabi et moi-même qui ont mis en évidence une nécessité de favoriser la recherche sur le particules fondamentales en Europe, les laboratoires europénnes étant moins dotés d’instruments de grand calibre que les laboratoires américains. Il ressortait clairement de ces conversations la nécessité de la construction en Europe de grands accélerateurs.

L’idea ambiziosa degli europei si manifesta nel corso dell’incontro organizzato a Parigi sotto gli auspici dell’UNESCO, promosso da Pier- re Auger, direttore del Dipartimento di scienze naturali dell’UNESCO. La proposta è quella di costruire un laboratorio europeo fornito di un acceleratore da 36 GeV. [15, pp. 336–338]. Auger ha sottolineato quali fossero gli ingredienti che permisero a suo tempo la riuscita di una iniziativa inedita e originale come la creazione del CERN. Fra questi individuava due elementi essenziali. Per evitare le implicazioni politiche ed economiche era stato necessario nel corso dei lavori preparatori concentrare l’autorità tra le mani di un piccolissimo gruppo di scienziati: «à des personalités de grande valeur scientifique et

104 L. Bonolis Grandi imprese non à des experts moins qualifiés, mais désignés par les Administrations des futurs Etats membres». L’altro era quello relativo al soggetto scelto, non legato in maniera immediata a possibili sviluppi industriali o economici. Come più tardi nel caso dell’European Space Research Organization (ESRO), fu proprio il carattere non applicativo che permise a queste organizzazioni di avere un budget realmente internazionale e di godere di una grande libertà di scelta per la realizzazione, senza il peso economico e diplomatico che, come notava Auger, ha poi ucciso l’European Launcher Development Organisation (ELDO) e reso poco efficace l’Euratom. Il carattere del CERN stroncava alla radice qualsiasi difficoltà diplomatica, in particolare quelle tra paesi dell’Est e dell’Ovest, in un’epoca in cui le relazioni internazionali erano ancora fortemente afflitte dal clima difficile della guerra fredda. Intanto, sul fronte interno va in porto una iniziativa che sarà fon- damentale per il successivo sviluppo della fisica in Italia. L’8 agosto 1951, sotto la spinta di Amaldi, Bernardini e Eligio Perucca, presidente del Comitato di Fisica del CNR, viene costituito ufficialmente l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con lo scopo di coordinare l’attività di ricerca e gestire le risorse del CNR a favore della ricerca fondamentale svolta dai centri già costituiti a Roma e a Torino.2 Come primo presi- dente veniva nominato Gilberto Bernardini, che a quell’epoca trascorreva circa metà del suo tempo negli Stati Uniti, stabilendo un importante collegamento con gli studi portati avanti con gli acceleratori della Co- lumbia University e poi dell’Illinois; Amaldi, che rivestirà questa carica nel periodo 1960–1966, faceva parte del Consiglio Direttivo in quanto direttore del Centro di Roma, insieme ai direttori di quelle che diverranno le altre sezioni Piero Caldirola (Milano), Antonio Rostagni (Padova) e Gleb Wataghin (Torino) [44]. Il Laboratorio della Testa Grigia diveniva ora ufficialmente una struttura di ricerca a livello nazionale, anche se di

2Il Centro Sperimentale e Teorico di Fisica era stato costituito a Torino il 1 luglio.

105 Grandi imprese L. Bonolis fatto faceva già parte della rete internazionale costituita dai laboratori di alta montagna presenti in Svizzera (Jungfraujoch) e in Francia (Pic du Midi) e dai laboratori dell’Università di Bristol e di Bruxelles guidati rispettivamente da Powell e Occhialini. Come ha ricordato Giorgio Salvini, all’epoca appena rientrato dagli Stati Uniti e vincitore di una cattedra a Cagliari, «era stato proprio Amaldi il primo a proporre che fosse Gilberto Bernardini il presidente dell’INFN. La questione dei rapporti fra questi due grandi è di notevole interesse, perché credo che raramente ci siano stati, tra personalità così diverse, accordi e capacità di intesa come ce ne furono tra Amaldi e Bernardini».3 Nel giugno del 1952 si sarebbe poi deciso di istituire anche in Italia un Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari, analogo ad altre istituzioni come il francese Commisariat à l’Energie Atomique, all’inglese United Kingdom Atomic Energy Agency e alla statunitense Atomic Energy Com- mission. Ancora una volta Amaldi è uno dei motori dell’iniziativa. Il 26 De Gasperi firma il decreto istitutivo del CNRN, che avrebbe finanziato il CISE e l’INFN. Presidente è il chimico Francesco Giordani, amico di Amaldi; quest’ultimo, insieme a Bruno Ferretti, è uno dei cinque membri del comitato direttivo [119]. Nel frattempo Rostagni aveva costruito il Laboratorio della Marmola- da, a 2030 m s.l.m., che divenne ben presto un polo di ricerca a livello europeo. A quell’epoca la collaborazione rappresentava una esigenza vitale per i fisici europei. Le relazioni stabilite prima della guerra furono un ingrediente importante della riorganizzazione e della fioritura della fisica europea. In questo senso sono esemplari le ricerche con i palloni svolte nel periodo 1952-1955, promosse da Powell in un incontro avvenuto nel dicembre del 1951 a Bristol. Il gruppo romano guidato da Amaldi partecipò attivamente alla prima e alla seconda di queste spedizioni.4 Nel fare un esauriente resoconto

3G. Salvini, testimonianza autobiografica in [60, p. 386]. 4Per una rassegna sulle spedizioni con palloni dei primi anni ’50 si veda il lungo

106 L. Bonolis Grandi imprese delle collaborazioni europee legate alla fisica dei raggi cosmici nei primi anni ’50 (“Post-war European Collaboration in High-Energy Physics” in [22, pp. 115–117]) Amaldi sottolinea:

One of the most important results of the G-stack study was the final recognition that the values of the masses of heavy mesons giving rise to different decay processes were identical within rather small experimental errors. Thus the interpretation of all these processes as alternative decays of the same particle was strengthened, contributing in an essential way to the general recognition of the so-called θ −τ puzzle.

Il puzzle avrebbe trovato una spiegazione definitiva solo nel 1956, con la scoperta di T.D. Lee e C.N. Yang della violazione della parità nei processi governati dalle interazioni deboli. Tra il 6 e il 12 luglio del 1953 si svolse un incontro a Bagnère de Bigorre nei Pirenei francesi, durante il quale si discussero le nuove particelle scoperte e il puzzle rappresentato dai decadimenti di alcune particelle che facevano ormai parte del vasto zoo messo insieme dai fisici dei raggi cosmici. Amaldi all’epoca firmò insieme a Rossi, Blackett, Leprince- Ringuet, Powell, e altri un lavoro intitolato “Symbols for Fundamental Particles”, che ben fa comprendere la necessità avvertita a quell’epoca di mettere un po’ di ordine nella complessa fenomenologia del tempo [26].5 Il convegno annuncia la fine di un’èra, la fisica delle alte energie si emancipa dall’essere un ramo dello studio dei raggi cosmici “piovuti dal cielo”: dall’osservazione della produzione di particelle secondarie da parte di quelle primarie di cui non si conosceva a fondo l’energia e spesso addirittura l’identità, diventa una scienza costruita sullo studio dettagliato della ricca fenomenologia prodotta da fasci di particelle che gli acceleratori articolo di Cristina Olivotto focalizzato in particolare sul lancio del G-Stack [116]. 5Per una discussione del convegno di Bagnère de Bigorre si veda [72].

107 Grandi imprese L. Bonolis forniscono in laboratorio. Come fu esplicitato da Cecil Powell durante la conferenza, diveniva urgente costruire grandi acceleratori anche in Europa, allo scopo di evitare che il vecchio continente dovesse perdere la possibilità di continuare ad essere competitivo nel campo della fisica delle alte energie [21, p. 154]. I risultati complessivi degli esperimenti con palloni – un vero e proprio canto del cigno per i raggi cosmici nel settore particelle elementari – verranno poi presentati nel corso della conferenza internazionale sulle particelle elementari organizzata a Pisa nel 1955 per celebrare il centenario del Nuovo Cimento. «A striking fact that emerged in Pisa – rileva anche Amaldi – was that the time for important contributions to subnuclear from the study of cosmic rays was very close to an end. A few papers presented by physicists from the U.S.A. showed clearly the advantage for the study of these particles presented by the Cosmotron of the Brookhaven National Laboratory (3 GeV) but even more by the Bevatron of the Lawrence Radiation Laboratory in Berkeley (6.3 GeV)» [22, p. 117]. In quel periodo Rossi stava ospitando Piero Bassi, proveniente da Padova, presso il suo gruppo di raggi cosmici al MIT, come sarebbe accaduto negli anni successivi anche per molti altri italiani e per ricercatori provenienti dal gruppo di Leprince-Ringuet all’École Politechnique di Parigi. Il lavoro svolto all’epoca da Bassi sugli sciami estesi dell’atmosfera fu di grande rilevanza nell’ambito del percorso di ricerca in questo settore. A quell’epoca Amaldi stava abbandonando la sua carica di Segretario generale del CERN provvisorio, ed era felice di recuperare molto del suo tempo in un momento in cui si era molto appassionato alle ricerche sui raggi cosmici, un settore ancora strettamente legato alla fisica delle parti- celle elementari. Il 23 dicembre del 1953 scriveva a Gilberto Bernardini, che si trovava a Urbana:6

6E. Amaldi a G. Bernardini, 23 dicembre 1953, AA scatola 150, fascicolo 1.

108 L. Bonolis Grandi imprese

Mi è stata offerta la direzione del Laboratorio di Ginevra, ma ho rinunciato, e prima dell’estate sarò nuovamente libero o quasi. Dico quasi perché resterò certamente nel CERN per quanto riguarda la cooperazione scientifica che è la cosa che più mi interessa, in quanto si tratta di occuparsi direttamente di fisica. Sono contento del lavoro fatto, ma sono anche contento che sia prossimo alla fine.

In una lettera scritta a Fermi nello stesso periodo Amaldi ribadiva: «[. . . ] seguiterò a collaborare ma non con una responsabilità e carico amministrativo di questa importanza e peso. Desidererei quindi mettermi rapidamente in condizioni di poter lavorare efficientemente sui mesoni [. . . ]».7 Amaldi confessò anche a suo figlio Ugo che «aveva un grande desiderio di tornare a fare ricerca a tempo pieno e, per di più, non ammetteva che qualcuno potesse pensare che avesse lavorato alla costituzione del CERN per poi divenirne direttore» [29, p. 24].8 Accanto all’intensa attività di promozione della scienza sulla scena internazionale, e ai suoi doveri a livello nazionale, Amaldi fu coinvolto molto da vicino nelle ricerche sui raggi cosmici in occasione di una scoperta fatta in una delle emulsioni esposte nel corso del lancio di un pacco di emulsioni con palloni del 1953. Una delle tracce fu interpretata come possibile evidenza del processo di annichilazione di un antiprotone, una particella prevista teoricamente, ma mai osservata prima [13]. Un accordo con Emilio Segrè che stava lavorando presso il Bevatrone di Berkeley, all’epoca una delle macchine più potenti al mondo, consentì di

7E. Amaldi a E. Fermi, 10 gennaio 1954, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5. 8A conclusione del suo mandato Amaldi preparò dei report che sintetizzavano l’attività svolta dal CERN provvisorio: E. Amaldi, Reports to Member States, by the Secretary-General of the provisional European Council for Nuclear Research (CERN9 1952–1954, 4th January 1955, CERN 55–1; E. Amaldi, The Scope and Activities of CERN 1950–1954, 7th January 1955, CERN 55–2, http://cdsweb.cern.ch/record/ 212114?ln=it.

109 Grandi imprese L. Bonolis fare una ricerca ben più sistematica nelle emulsioni esposte al fascio di protoni. La conferma del cosiddetto “evento Faustina”, individuato da Carlo Castagnoli, venne da un esperimento effettuato qualche settimana dopo per mezzo di contatori, una scoperta per la quale Segrè e Owen Cham- berlain furono insigniti del Premio Nobel per la Fisica nel 1959. Come ha sottolineato Giovanni Battimelli: «The Rome group just missed receiving that recognition. It was further confirmation for Amaldi of the absolute need for European physicists to push hard on the CERN program and to invest in large-scale, competitive experimental facilities» [40, p. 62] [45]. In ogni caso, queste collaborazioni internazionali su larga scala costi- tuirono un ottimo banco di prova per le future dimensioni della ricerca, che avrebbero presto caratterizzato le attività nel nuovo laboratorio euro- peo del CERN, ancora in costruzione a Ginevra [16, p. 220–223] [39, pp. 29–30] . Ma non tutti avevano le idee così chiare all’epoca sull’importanza di impiegare questa strategia:9

Amaldi era in una sintonia notevole con la “globalizzazio- ne” della ricerca, come anche Gilberto Bernardini. C’era un certo numero di persone che hanno promosso questo modo di vedere e lo hanno attuato. Ma ricordo anche che quando si trattava di fare il laboratorio di Ginevra molta gente era contraria, perché pensava che dovessero essere le singole uni- versità l’elemento da rivalutare. C’era anche una resistenza al fatto che la gente uscisse dal proprio istituto, dal proprio laboratorio, se non per visite, che andava oltre al fatto che istituzionalmente ci fossero delle strutture e dei mezzi che potevano essere messi a disposizione solo da una comunità ampia e internazionale.

9Giampiero Puppi, in [60, p. 355].

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Più avanti Giampiero Puppi, che fu l’artefice della riorganizzazione su larga scala dell’Istituto di Fisica di Bologna, ribadiva come fosse stato necessario un cambiamento di mentalità «per arrivare a considerare che Ginevra era anche Italia; oppure che Saclay era Francia, ma ci si poteva andare con lo stesso spirito». A quel momento le ricerche cominciavano a richiedere una base finanziaria considerevole e quindi anche per chiedere fondi bisognava essere in tanti, come era accaduto nel caso dei laboratori americani, come Brookhaven, in cui varie sedi universitarie si erano associate per fare un laboratorio comune. La costituzione dell’INFN creò soprattutto i presupposti per realizzare il sogno lungamente inseguito fin dall’epoca di Fermi [46] che ora tuttavia assumeva una dimensione su scala nazionale. Il promotore principale di questa iniziativa fu Gilberto Bernardini.10 Come ha ricordato Giorgio Salvini, «Lui partì subito, “alla Bernardini”, dicendo: “Questa è l’occasione unica perché l’Italia possa avere un laboratorio nazionale, analogamente ad altri paesi come la Francia, la Germania e gli Stati Uniti. Un laboratorio nazionale che deve essere centrato intorno a una macchina acceleratrice”».11 Del progetto avevano lungamente discusso Amaldi e Bernardini nel corso del 1952 e nel gennaio del 1953 si prese la decisione concreta di costruire un elettrosincrotrone, la cui realizzazione fu affidata ad un gruppo guidato dall’appena trentatreenne Giorgio Salvini:12

Questa operazione è nata nella mente di Gilberto Ber- nardini, animo impetuoso, generoso, costruttivo, che aveva trascorso molti anni in America (dal ’48 al ’54) e aveva accu- mulato risultati scientifici di prima classe sui pioni. Ricordo

10Per una ricostruzione approfondita della storia dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare si veda [44]. 11Giorgio Salvini in [60, p. 385]. 12Tutte le citazioni qui di seguito provengono dal contributo di Giorgio Salvini in [60, pp. 386–388].

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come i suoi lavori furono apprezzati e stimati da Enrico Fermi, in quelle indimenticabili giornate di Varenna del 1954, in cui si discussero tanti recenti risultati. Bernardini tornava, in un certo senso, carico di gloria. Credo fossero tutti d’accordo sulla mia capacità di fare, energie ecc., ma Bernardini portò un altro elemento, che credo persuase molti: «Guardate che quest’uomo è stubborn» [. . . ] Mi ricordo quando vennero a trovarmi a Pisa: Gilberto Bernardini ed Ettore Pancini [. . . ] Anche Pancini era convinto che io fossi l’uomo adatto, si sentiva un po’ troppo pigro per esserlo lui, anche se sono convinto che ne avrebbe avuto la piena capacità; e d’altra parte era già in gloria per quel famoso esperimento. Vennero praticamente a nominarmi [. . . ] Si decise di formare uno stato maggiore di fisici esperti, e di arruolare giovani fisici e ingegneri, di massima neo laureati, con poca preoccupazione per la loro attività precedente o per la loro competenza specifica in elettrosincrotroni. Quello fu un mio piccolo merito: io ho sempre creduto nei primi della classe. Non i primi della classe nei corsi banali, ma nei corsi specifici: laurea in fisica, in ingegneria, ecc. Andai a cercarmi i collaboratori, di università in università, che fossero i primi della classe. Non mi importava niente che sapessero o no come funzionava un elettrosincrotrone, perché in un mese lo potevano imparare; non mi importava il carattere o l’ideologia. Mi importava che fossero bravi, e credo che questa sia stata una richiesta vincente. Naturalmente non mancò a me e a Gilberto il criterio di avere una struttura base di esperti “anziani”: il prof. Mario Ageno aveva cinque anni più di me e accettò, esperto in macchine nucleari qual era, di occuparsi dell’iniettore per il

112 L. Bonolis Grandi imprese

Sincrotrone; il prof. Enrico Persico, del 1900, con diciotto anni più di me, accettò di dirigere il lavoro teorico, e fu in questo formidabile. Ma non accettò responsabilità di direzione. Tutti dicevano: “Benissimo, ti lasciamo tutto; ma tu lasciaci in pace a lavorare in questo o quel settore”. Dal 20 luglio al 10 settembre al 1953, Gilberto Bernardini e Giorgio Salvini compirono un viaggio negli Stati Uniti per visitare le macchine acceleratrici e prendere delle decisioni [60, p. 390]:

Fu un viaggio notevole; vedemmo le varie iniziative ame- ricane e trovammo simpatia e attenzione ovunque, in par- ticolare dal prof. Wolfgang Panofsky e dal prof. Robert Wilson. Un viaggio incredibile. Ricordo che avevamo perso un autobus di linea – perché dovevamo limitare anche le spese – e che poi eravamo costretti ad andare a piedi con delle grosse valigie. Facemmo un bel tratto, sotto il sole, e ogni tanto ci fermavamo e Gilberto diceva: «Però Giorgio, io penso che per l’iniettore potremmo forse fare così. . . »; allora all’ombra parlavamo un po’ e poi ripigliavamo il cammino. Io avevo trentatre anni; ma lui, del 1905, ne aveva quarantotto, con un vigore e uno spirito generoso e ispiratore. Un gran Gilberto, veramente.

Nel corso di questo viaggio Bernardini e Salvini si convinsero dell’op- portunità di innalzare l’energia massima della macchina ad almeno mille MeV, orientandosi definitivamente verso un elettrosincrotrone, rispetto all’ipotesi di un acceleratore lineare per elettroni. Questa scelta strategica creava una alternativa alle due macchine a protoni previste al CERN, che avrebbe consentito ai fisici italiani di disporre non soltanto del futuro Laboratorio Nazionale, di cui ancora non si era decisa la sede, ma an- che della possibilità di lavorare a ricerche alternative nel Laboratorio in costruzione a Ginevra.

113 Grandi imprese L. Bonolis

Nel solco di questa scelta, Bruno Touschek, avrebbe proposto all’inizio del 1960 la costruzione di una piccola macchina per accumulare elettroni e positroni, che avrà a sua volta un ruolo enorme nel creare una vera e propria tradizione di ricerca nei Laboratori Nazionali di Frascati, che ancora oggi produce i suoi frutti. Nell’aprile del 1954, mentre già ferveva il lavoro di progettazione della macchina, si decise finalmente quale sarebbe stata la sede del Laboratorio da costruire intorno a quello che all’epoca veniva normalmente chiamato “elettrosincrotrone italiano”. La scelta cadde nei dintorni di Roma, secondo il desiderio di Amaldi di «concentrare la ricerca fondamentale vicino alla capitale» [40, p. 61]:13

Offerte erano venute da Roma, da Milano e da altri, e le discussioni si conclusero nell’aprile di quell’anno, con la decisione di fare sorgere il laboratorio del sincrotrone su un terreno dell’amministrazione comunale di Frascati, a venticin- que chilometri da Roma. Un terreno incolto, a vegetazione bassa, di un verde scuro, ondulato, senz’acqua, con una so- la strada carrereccia, bellissimo nei tramonti, molto più di adesso che è civilizzato con strade e acqua. Io non avrei mai creduto, vedendo quel terreno nel 1954, che nel 1958 avremmo avuto lì il primo fascio di elettroni.

«Nel corso del 1954 dunque gli anni della ricostruzione erano chia- ramente terminati, grazie ad un’opera collettiva non molto frequente nel nostro Paese per ampiezza numerica, varietà e qualità delle persone e durata nel tempo (circa un decennio» [16, p. 225]. Tuttavia, come già messo in evidenza, questo processo in qualche modo era iniziato fin dall’epoca della partenza di Fermi, quando Amaldi, già profondamente cosciente del compito che lo attendeva, aveva preso in mano il timone

13Su questa fase preliminare si veda in generale la testimonianza di Giorgio Salvini, in [60, p. 391].

114 L. Bonolis Grandi imprese raccogliendo le forze rimaste e cercando di navigare in quelle acque così turbolente. Quel periodo di “rodaggio” era stato essenziale al momento in cui si erano realizzate le condizioni per iniziare davvero un lavoro che era di ricostruzione e costruzione allo stesso tempo. Come ha giustamente commentato Gianni Battimelli,

[. . . ] non si è mai assistito, nella storia della scienza del- l’Italia post-unitaria, e verosimilmente anche senza limitarsi alla sola fisica, ad un decennio che abbia visto un proces- so di trasformazione istituzionale e di sviluppo disciplinare altrettanto profondo.

Il decennio successivo sarà ormai caratterizzato da una realtà ancora più inedita per la storia del nostro paese [39, pp. 40–41]:

[. . . ] se guardiamo al panorama della fisica italiana della seconda metà degli anni ’50 non troviamo solo macerie rimes- se in piedi, ma soprattutto cose fondamentalmente nuove. I fisici italiani hanno ora un istituto di ricerca in grado di reg- gere il peso della costruzione di un vero laboratorio nazionale, in cui sta finalmente per realizzarsi il vecchio progetto, mai giunto a compimento, di una moderna macchina accelera- trice; un livello inedito di coordinamento tra le varie realtà locali; una significativa presenza nel progetto di un grande laboratorio europeo; una scuola internazionale di prestigio. Nulla di tutto ciò esisteva in Italia prima della guerra [nostro corsivo].

115 Grandi imprese L. Bonolis

Figura 5.1: Basilea, 1949: Giorgio Salvini (al centro), Bruno Ferretti (a destra), Edoardo Amaldi (a destra, in seconda fila) e Guido Tagliaferri (a sinistra, in seconda fila); vicino a lui Antonio Lovati.

116 Capitolo 6 Il “vecchio Enrico”

Il ritorno di Persico a Roma si rivelava ora provvidenziale; una persona di vasta cultura fisica come lui rappresentava una enorme risorsa per affrontare il compito del tutto nuovo di studiare la teoria di base del sincrotrone. Del gruppo teorico da lui guidato stava per entrare a far parte Carlo Bernardini, un giovane fresco di laurea [59, pp. 362–364]:

Il momento in cui arrivai a Roma, nell’autunno del 1947 (a 17 anni), per iscrivermi all’Università, era immediatamente successivo a una grande discontinuità della storia: la Seconda Guerra Mondiale [. . . ] Quando arrivai, con l’intenzione di iscrivermi a matematica, bastò poco per riconoscere che i pur grandi matematici romani non avevano il fascino dei loro col- leghi fisici [. . . ] Mi trasferii precipitosamente da Matematica a Fisica: fu come lasciare un solenne ricevimento ufficiale per andare in trattoria con gli amici [. . . ] le sorprese che avrei trovato tra i fisici non finirono di sbalordirmi. Avevano nome e cognome: Edoardo AmaldiAmaldi, Bruno Ferretti, Ettore Pancini, per non parlare dei “pedagoghi” (oggi ribattezzati tutors), nientemeno che Ruggero Querzoli e Gherardo Stop- pini, poco più anziani di noi, non ancora leaders ma tali di lì a poco: la pratica di usare i giovani laureati per il training “duro” delle matricole è stata malauguratamente abbando- nata, ma allora produceva sfide intellettuali estremamente coinvolgenti; si affrontavano insieme problemi veri e non presi dai repertori.

117 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

Per completare lo sbalordimento, di lì a poco arrivò stabil- mente Enrico Persico [. . . ] Tutto questo straordinario Olimpo della fisica italiana sembrava che lavorasse solo per noi, meno di una decina di studenti estremamente assidui.

Carlo Bernardini, che si era laureato con Bruno Ferretti nel marzo del 1952, racconta ancora che quell’anno il congresso della Società Italiana di Fisica si svolse a Trieste, e per i giovani studenti di fisica o appena laureati era un punto d’onore partecipare a questi eventi:

La sera me ne andai a spasso per Trieste, che mi affasci- nava. In un vicoletto trovai un gattino che doveva aver perso la madre. Presi il gattino e cominciai a cercarla. A un certo punto si avvicinò un signore di una certa età e cominciò a dirmi: «Ma lei lo ha preso in braccio? Non ha paura delle pul- ci?» Io risposi che le pulci dei gatti non si attaccano all’uomo e via dicendo. Cominciammo a parlare di gatti e a cercare la madre; quando la trovammo, eravamo entrambi contenti. La mattina dopo, al congresso, sentii quelli del palco che dicevano: «È arrivato Persico!» E vidi entrare quello del gatto. Passandomi vicino mi salutò. Ebbi una forte emozione, ero un ragazzino, avevo ventidue anni, ero appena laureato [. . . ] e avevo trafficato con i gatti insieme al grande Persico. . .

I giovani provavano un comprensibile senso di reverenza nei confronti di Persico, che apparteneva alla stessa mitica generazione di Fermi e Rasetti, essendo tutti nati tra il 1900 e il 1901. Durante il successivo congresso della SIF, tenuto a Cagliari nel 1953, Persico fu posto di forza a sedere sopra il tetto di un’automobile e portato in trionfo, come mostra una foto d’epoca [28, p. 243]. Salvini invitò Persico a partecipare alle prime riunioni del gruppo che doveva progettare e costruire l’elettrosincrotrone. Persico accettò

118 L. Bonolis Il “vecchio Enrico” di dirigere la Sezione Teorica, di cui entrò subito a far parte Carlo Bernardini:1

Cominciò così una intensa attività quotidiana: noi teo- rici più Franca Magistrelli, Angelo Turrin e io (di lì a poco arrivò anche Giorgio Sona) eravamo a Roma, con Persico [. . . ] Persico si era occupato di progettazione di magneti per spettrografi di massa ad alta risoluzione. Per questo, aveva lavorato molto su problemi di calcolo numerico, con varie tecniche [. . . ] Ciò di cui si disponeva, in quei primi anni ’50, erano due calcolatrici elettriche, una Marchant e una Monroe, che facevano un baccano infernale [. . . ] mi misi subito a macinare numeri con la Marchant (Persico riservava la Monroe per sé) [. . . ] Persico mi disse che aveva scovato una vecchia proposta secondo la quale era possibile simulare traiettorie di elettroni relativistici in campi magnetici non omogenei mediante un filo conduttore meccanicamente teso e percorso da corrente. Mi disse che era una tecnica non semplicissima da realizzare. Ma io mi precipitai a costruire il marchingegno e ci riuscii: sicché mi fece scrivere il mio primo lavoro, per i Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei [47]. In quel periodo, calcolammo tutto ciò che si poteva calco- lare per la macchina: effetti di risonanza nelle oscillazioni di betatrone, cattura a radiofrequenza, misuratori dell’intensità del fascio circolante, spettro della radiazione di sincrotrone, effetti di carica spaziale, possibili metodi di estrazione del fascio [. . . ]

1Una rassegna del lavoro complessivo eseguito dal gruppo teorico [50] fu pubblicata più tardi nel numero del Nuovo Cimento dedicato all’elettrosincrotrone [51].

119 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

Persico aveva una gran passione per la matematica applicata e, poiché aveva lavorato in Canada per molti anni sugli spettrometri magnetici e aveva il gusto di disegnare campi magnetici con cui fare spettrometri, era interessato a come trovare soluzioni di equazioni ellittiche, di equazioni di Laplace, con condizioni al contorno piuttosto complicate.2 Persico teneva quindi moltissimo al calcolatore analogico a rete di resistenze che permetteva di simulare campi elettrici e magnetici generati da elettrodi o poli dalle forme più svariate e sui cui bordi si potevano fissare facilmente condizioni qualsiasi [131][132]. Il metodo, che era piuttosto accurato per l’epoca, consentiva di fare i profili di questi campi.3 Franca Magistrelli era l’amministratrice della rete:4

Pur non essendo il mio lavoro principale, in quanto si trattava di un volontariato senza particolari impegni e re- sponsabilità, era per me importantissimo poiché mi dava la possibilità di operare sotto la guida di un Maestro [. . . ] Si trattava di costruire un numero considerevole di resistenze a filo curando, mediante l’impiego di un ponte di Wheatstone, che i valori teorici fossero approssimati con elevata precisio- ne. Si trattava quindi di un lavoro di grande pazienza. In realtà disponevamo di due ponti di Wheatstone, affiancati su uno stesso bancone. E capitava spesso che il professore, il cui studio comunicava con il laboratorio con una porta interna, per fare una pausa nel suo lavoro a scrivania, venisse in laboratorio a darmi una mano a costruire resistenze. E

2La richiesta da parte di Chien-Shiung Wu dei reprint di questi lavori sulla teoria degli spettrometri costituisce tra l’altro una misura di quanto fossero apprezzati a livello internazionale: «These two articles have been very useful in our laboratory. I also enjoyed reading your book on Quantum theory. It is such an excellent book on fundamental conceptions of the quantum formulation». C. S. Wu a E. Persico, 9 febbraio 1953, AP scatola 2, fascicolo 277. 3Carlo Bernardini, testimonianza autobiografica in [60, p. 18]. 4Testimonianza autobiografica di Franca Magistrelli in [58, p. 314].

120 L. Bonolis Il “vecchio Enrico”

poiché questo lavoro, pur richiedendo grande precisione, non impediva di rivolgere ad altro i propri pensieri, era possibile chiacchierare. Ricordo sempre con piacere queste conversa- zioni che riguardavano anche argomenti non scientifici, alle volte anche leggeri, ma che l’arguzia e la vivacità intellet- tuale del professore rendevano comunque interessanti. Una volta costruita, la rete venne naturalmente da noi adoperata appunto per la soluzione di vari problemi di ottica elettronica.

Rasetti aveva seguito dalla Johns Hopkins l’attività “artigianale” di Persico, e a questo proposito gli aveva scritto l’anno prima facendo alcune considerazioni sul destino della loro generazione, nata con “sputo, spago e ceralacca”, secondo la definizione di Luigi Puccianti:5

Caro Persico, Scusa se non ho risposto prima alla tua lettera del 25 dicembre, ma si sa come vanno le cose [. . . ] è straordinario come uno finisca per essere occupatissimo e non far nulla, come Gigi Puccianti. Ho visto nel Cimento il tuo lavoro sulla risoluzione numeri- ca del problema di Dirichlet mediante una rete di resistenze e immagino che ormai la rete con le resistenze diagonali sarà in efficienza, e che ne farai applicazioni alle lenti elettrostatiche. La fisica a Hopkins non dà manifestazioni molto interes- santi. Facciamo un poco di fisica nucleare [. . . ] più per aver qualche problema sperimentale per le tesi di dottorato e per far qualcosa che per l’interesse dei problemi stessi. Ormai la fisica nucleare, per chi non abbia i super-ciclotroni che producono mesoni ecc. è ridotta come la spettroscopia: l’inte- resse dei possibili lavori si riduce esponenzialmente col tempo, mentre la difficoltà di eseguirli e soprattutto la concorrenza

5F. Rasetti a E. Persico, 28 gennaio 1952, AP scatola 2, fascicolo 276.

121 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

aumentano di giorno in giorno [. . . ] Non è molto divertente lavorare con questa mentalità di concorrenza. La conclusione ovvia è tutta a favore della paleontologia, dove ci sono cento problemi interessanti per ogni paleonto- logo, nessuno porta via i lavori agli altri, e non ci vogliono sovvenzioni perché il costo è irrisorio. Naturalmente, se la paleontologia servisse per ammazzare il prossimo, il governo ci spenderebbe milioni di dollari [. . . ] Per fortuna la possi- bilità di questa corruzione nella paleontologia è pressoché nulla. Anche in fisica forse si possono trovare dei campetti “morti” ancora sfuggiti all’interesse industriale e militare, ma si riducono sempre più piccoli e meno interessanti. Credo che potrai restare a lungo nell’appartamento di Bernardini che conosco ed è molto bello, perché Gilberto come sai è andato a Urbana e non mi immagino che torni in Italia per un pezzo, tanto più che se esce dagli Stati Uniti non ce lo lasciano rientrare, data la sua situazione irregolare con l’immigrazione [. . . ] Io sono diventato cittadino degli Stati Uniti [. . . ] Spero di venire in Italia questa estate, anzi nel caso si potrebbe combinare di passare qualche tempo insieme in Dolomiti o qualche cosa del genere [. . . ] Due settimane fa a New York vidi Fermi, Wick ed altri amici. Fermi sta lavorando col super-ciclotrone ed è come un topo entro una forma di cacio.

Salvini aveva invitato Persico a partecipare alle prime riunioni del gruppo che doveva progettare e costruire l’elettrosincrotrone. Quest’ulti- mo accettò subito la direzione della Sezione Teorica – ma non la direzione generale offertagli da Salvini – e iniziò l’attività con una serie di lezioni su problemi legati alla progettazione della macchina, in particolare legati alla dinamica ultrarelativistica degli elettroni, alla distribuzione dei potenziali elettrici e di campi magnetici determinati da poli di forma non usuale, ai

122 L. Bonolis Il “vecchio Enrico” metodi di risoluzione ottenuti attraverso simulazioni [28, p. 252]. Il 3 aprile del 1953 Persico scriveva a Salvini (che si trovava ancora a Pisa), chiedendogli qualche notizia sui tempi di progettazione:

Caro Salvini, l’anno scorso, come forse saprai, mi occupai dei metodi analogici e, in particolare delle reti di resistenze per la risolu- zione numerica dei problemi di field-mapping. Vorrei perciò domandarti (dietro suggerimento di Bernardini) in quale epo- ca credi che il gruppo del magnete si troverà di fronte allo studio numerico della forma dei poli, del fringing field etc., per sapere se sarebbe utile iniziare ora la costruzione di una rete adatta a portare un eventuale contributo a tale studio. Intanto, con l’aiuto di [Angelo] Turrin, sto studiando le condizioni più favorevoli per l’iniezione, tenendo conto delle oscillazioni che Ageno e Querzoli (nel rapporto che avrai già ricevuto) hanno trascurato. Sto inoltre leggendo alcune memorie relative alle oscillazione che si eccitano quando si accende la radiofrequenza [. . . ] Al ritorno spero che potremo concretare qualcosa riguardo l’iniezione [. . . ]

Accanto a una serie di studi legati alla progettazione dell’elettrosin- crotrone, Persico stava sviluppando la teoria generale dell’iniezione di particelle cariche nelle macchine acceleratrici, La risposta di Salvini arrivò rapidamente:6

Caro Persico, grazie della tua lettera del 3 Aprile ’53. Il problema della forma del campo è attualmente allo studio dell’Ing. Pella- schiar. Io penso di procedere secondo quest’ordine, suggerito dalla letteratura vista: 1) metodi analitici e numerici, 2)

6G. Salvini a E. Persico, 7 aprile 1953, AP scatola 2, fascicolo 276.

123 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

metodi analogici (sapevo vagamente del tuo lavoro dell’anno scorso), 3) vasca elettrolitica; 4) costruzione dei modelli in ferro [. . . ] Alla fine del 1953 Persico raccontava a Rasetti:7

Il progetto di elettrosincrotrone del quale sentisti parlare questa estate comincia a concretarsi [. . . ] Intanto sono stati portati abbastanza avanti un progetto da 600 MeV e uno da un BeV. Certo che l’impresa è piuttosto arrischiata in un paese dove non si è mai fatto nulla di simile, ma io spero che ce la faremo. Io passo intanto il tempo a calcolare, con due giovani assistenti, gli scodinzolamenti degli elettroni e il modo di farli arrivare incolumi in fondo ai 3700 km di viaggio, ed è un lavoro molto di mio gusto.

Nel 1954 si svolse la prima Scuola di Varenna, una iniziativa organiz- zata da Giovanni Polvani sulla scia della Scuola di Fisica di Les Houches, fondata nel 1951. Nel porgere il suo saluto, durante il discorso inaugurale, Polvani faceva un omaggio speciale a Fermi «[. . . ] gloria della nostra terra, il quale, presente nel cuore ammirato degli italiani, ha voluto ac- cogliere, come già nel 1949, l’invito della nostra Società e soddisfare un po’, con la sua presenza, la nostra nostalgia, che poi purtroppo sarà più acerba che mai. . . ».8 Anche Bruno Rossi era presente a questo importante appuntamento e tenne lezioni sull’origine dei raggi cosmici e sulle particelle fondamentali mentre Fermi tenne un memorabile ciclo di lezioni sulla fisica dei mesoni iniziando la mattina del 19 luglio, come ricorda lo stesso Edoardo Amaldi:9

7E. Persico a F. Rasetti, 20 dicembre 1953, AP scatola 2, fascicolo 277. 8I contributi presentati alla Scuola di Varenna furono pubblicati tutti sul Nuovo Cimento N. 2, Supplemento 1 (1955). 9E. Amaldi, Commemorazione di Enrico Fermi tenuta nella seduta a Classi riunite del 12 marzo 1955 all’Accademia Nazionale dei Lincei, quaderno N. 35, Roma (1955)

124 L. Bonolis Il “vecchio Enrico”

Al termine della lezione, svolta di fronte a una quarantina di allievi, metà italiani e metà di tutti i paesi del mondo, con quella semplicità di forma, chiarezza incisiva, con quella logica stringente e con quello spirito critico stimolante che avevano tutte le sue lezioni, c’era stata una breve pausa di attesa commossa seguita da un applauso indimenticabile, pieno di gratitudine e di ammirazione. Tutti coloro che erano presenti lo ricordano, piccolo, ma- gro, un po’ scavato dal male non ancora individuato ma che già distruggeva la sua fibra robustissima, con gli occhi ancora scintillanti per il piacere di insegnare, di comunicare ad altri la semplice profonda ed elegante analisi di recentissimi risultati sperimentali.

La presenza di questi due personaggi ormai mitici ebbe un forte im- patto emotivo sulle nuove leve e attraverso il risalto dato anche dalla stampa fu determinante nell’attirare l’attenzione dei giovani sulla pos- sibilità di una carriera in questo campo di ricerca. In quella occasione Fermi discusse con gli anziani, molti dei quali ritrovava dopo tanti anni, i progetti del momento, in particolare l’impresa dell’elettrosincrotrone, che era stata presentata durante la Scuola di Varenna da Enrico Persico (A theory of the capture in a high energy injected synchrotron [133]) e da Giorgio Salvini (The italian design of a 1000 MeV electronsynchrotron: A comparison between the strong and the weak focusing [145]):10

Persico ha fatto un lavoro di alta classe come fisico teorico, anche nel campo dell’astrofisica. Nel nostro caso si mise, prima pazientemente, poi genialmente a studiare l’iniezione, ripubblicato in [48], disponibile anche in versione elettronica: http://www.sif.it/ SIF/it/portal/libri/conoscere_fermi; nello stesso volume si veda il contributo di R. A. Ricci su “Le ultime lezioni di Fermi”. 10Giorgio Salvini, testimonianza autobiografica pubblicata in [60, pp. 393–394].

125 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

trovò delle soluzioni originali [. . . ] Mi ricordo l’interesse con il quale Enrico Fermi – l’altro grande Enrico – ascoltò il “vecchio Enrico” (Fermi chiamava così Persico) e la teoria del sincrotrone, cioè la teoria di questa iniezione, a Varenna, quando Persico la presentò [. . . ] Fermi disse, infatti, a Persico: «Ma se io prendo in considerazione tutti i dati che tu mi hai dato, debbo concludere che in un elettrosincrotrone una cosa importantissima è avere una forte energia di iniezione. L’avete abbastanza alta l’energia di iniezione?» Io e Persico dicemmo: «Si, l’abbiamo abbastanza alta; ma se fosse più alta sarebbe ancora meglio». Allora l’energia era 1 MeV. Di questo ci ricordammo, un anno dopo, quando venne sul mercato l’occasione di avere un acceleratore di 2 MeV e c’erano d’altra parte degli inevitabili ritardi nella preparazione dell’acceleratore di 1 MeV della Sanità. Quindi ci consultammo – Bernardini, Amaldi, Ippolito, io – e dopo due notti di discussioni concludemmo che conveniva senz’altro usare l’iniettore di massima energia.

Salvini ricorda ancora con molta chiarezza una tranquilla passeggiata, che si svolse in quei giorni memorabili, di pomeriggio:

Fermi passeggiava con sua moglie Laura; Ginestra Amaldi era arrivata ed era insieme a Edoardo. Doveva esserci anche Nella, la moglie di Gilberto, perché ricordo Gilberto che arrivava dopo aver fatto la traversata del lago insieme alla figlia Ludovica. Anch’io ero con mia moglie Costanza. In quell’incontro si parlava di fisica, ma in una forma amichevole, ed io ascoltavo dai miei maggiori con molto interesse. Fu allora che Gilberto Bernardini disse a Fermi che si era ormai scelta Frascati, come sede del sincrotrone, che Pisa aveva messo a disposizione dei fondi, e che i fondi di Pisa non

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sarebbero stati usati. Gilberto passeggiava con Enrico Fermi; ricordo quasi testualmente le parole del dialogo. Gilberto: «Enrico, cosa suggerisci per quei fondi di Pisa?» Enrico aveva camminato per un po’, poi si era fermato dicendo: «Fate un calcolatore elettronico!» E Gilberto aveva esclamato: «Ah, sì, che bella idea, si può fare un calcolatore elettronico, questo è un consiglio che vale tant’oro quanto pesa!». «Lo credo», disse calmo Enrico Fermi, «Non pesa nulla!». Tutti e due si fecero una risata. La conseguenza fu che il consiglio venne raccolto e Conversi indirizzò i fondi di Pisa su un calcolatore elettronico, che dopo pochi anni andò in funzione e fece nascere la scuola dei calcolatori di Pisa. Quindi quell’incontro di Varenna, degli ultimi giorni di Fermi, decise la storia del sincrotrone, e decise in buona parte anche la storia di Pisa.

Amaldi aveva presentato a Varenna una relazione sul “Progetto di macchina acceleratrice per il Centro Europeo di Ricerche Nucleari” [13]. In quegli stessi giorni i bulldozer stavano cominciando a scavare a Meyrin, vicino Ginevra e iniziava così la costruzione del grande laboratorio europeo del CERN. La fase provvisoria finirà nel settembre successivo con la fondazione ufficiale della più grande istituzione scientifica europea, che avrebbe avuto un ruolo pionieristico nella collaborazione tra Est e Ovest, ancora prima dell’inizio del disgelo. L’11 ottobre Laura Fermi scriveva a Persico:11

Caro Persico, l’agosto di quest’anno è stato uno dei più piacevoli che siano passati da tanti anni. Mi ha fatto particolarmente piacere vedere Lei e Enrico insieme. Enrico ha un carcinoma già molto diffuso.

11L. Fermi a E. Persico, 11 ottobre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278.

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[. . . ] Ora si sta rimettendo lentamente dall’operazione (fatta ieri l’altro). Per piacere cerchi di vedere cosa può fare, come l’ha presa Maria. Giulio ancora non è del tutto informato. Nella è abbastanza giù. Io ho i nervi forti. Tante cose Lalla Le notizie sulla salute di Fermi si annunciavano subito assai gravi. Dagli Stati Uniti Bernardini scriveva a Persico circa 20 giorni dopo:12 Io mi fermai a Chicago, subito dopo l’operazione, ma allora non ebbi il coraggio di andare a vederlo. Ci sono tornato una settimana fa, sapendo che stava meglio. Ci tornerò ancora questa settimana e ti scriverò di nuovo. Lui è perfettamente informato [. . . ] Laura, per ora, è come dominata e guidata da questa quasi incredibile forza morale [. . . ] Mi è molto naturale comprendere quello che tu dici nella tua lettera e tanto ho capito quello che dici che ne ho provato come un senso di conforto. Come tu sei stato il primo, così io credo di essere stato l’ultimo ad avvicinarlo fino ad essergli amico. Amico forse significa qualcosa che non poteva esistere fra lui e me; non si mi succedeva mai di sentirmi al suo livello. Tuttavia per nessuna altra persona al mondo ho provato una tristezza così grande. Mi sembra che essa dovrebbe essere tristezza di tutti, anche di quelli che non lo conoscono. Il 28 novembre Persico riceve da Segrè il telegramma che gli annuncia la fine:13 «Enrico mancato stanotte pregoti comunicare Edoardo e amici».

12G. Bernardini a E. Persico, 1 novembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278. 13E. Segrè a E. Persico, 28 novembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278.

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Il 4 dicembre Segrè fa sapere a Persico che si sta preparando una pubblicazione delle Opere: «Sarebbe importante se tu ricercassi gli estratti che ci sono ancora [. . . ] Sarebbe anche estremamente desiderabile, e tu solo puoi farlo, se tu scrivessi, senza pretesa almeno per ora, quello che tu sai e ricordi».14 La precoce scomparsa di Fermi e l’immediata decisione di pubblicare la raccolta dei suoi lavori ha reso unica questa esemplare pubblicazione, arricchita da una serie di preziosi contributi di collaboratori e amici che hanno commentato gli articoli da un punto di vista scientifico e ricordato le circostanze in cui furono scritti [84]. Nella tristezza infinita di quelle giornate, Persico ricordava certamente le ultime ore serene trascorse insieme a Fermi sulle Alpi e in Toscana, appena pochi mesi prima:15

[. . . ] era ancora il caro e semplice compagno delle nostre passeggiate giovanili. Anzi, in una gita che facemmo, noi due soli, nell’isola d’Elba, ritrovai in lui una sua vecchia abitudine, che credo pochi conobbero, e che forse farà stupire chi lo ha conosciuto solo superficialmente. Spesso, nei momenti di distensione, camminando o sostando in vista di un bel paesaggio, l’ho udito recitare, come tra sé, lunghi brani di poesia classica, di cui fin dalla giovinezza custodiva nella memoria un ricco tesoro. Temperamento poco incline alla musica, la poesia gli teneva luogo di canto.

Alla scomparsa di Fermi si accompagnava la sensazione della fi- ne di un’èra eroica, irripetibile. Pochi giorni dopo Bernardini scriveva nuovamente a Persico:16 14E. Segrè a E. Persico, 4 dicembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 277. 15E. Persico, Commemorazione di Enrico Fermi tenuta all’Università di Pisa nel gennaio del 1955, ripubblicata in [48], e nella sua versione elettronica http://www. sif.it/SIF/it/portal/libri/conoscere_fermi. 16G. Bernardini a E. Persico, da Università dell’Illinois, 5 dicembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 277.

129 Il “vecchio Enrico” L. Bonolis

Io, come tutti, sento in questo momento tutto il peso di una nuova tristezza e di una nuova solitudine, ma poi lentamente esso si farà più leggero. Saremo solamente più vecchi e più isolati. Ti abbraccio tuo Gilberto

Figura 6.1: Enrico Fermi durante una gita in barca all’Isola d’Elba nel 1954. Archivio Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.

130 Capitolo 7 Atomi per la pace

Nel gennaio del 1953 Dwight D. Eisenhower succedette a Harry Truman nella presidenza degli Stati Uniti d’America. Il 31 gennaio del 1950 Truman aveva lanciato un appello diretto all’Atomic Energy Commission (AEC):1

It is part of my responsibility as Commander in Chief of the Armed Forces to see to it that our country is able to defend itself against any possible aggressor. Accordingly, I have directed the Atomic Energy Commission to continue work on all forms of atomic weapons, including the so-called or super bomb. Like all other work in the field of atomic weapons, it is being and will be carried forward on a basis consistent with the over all objectives of our program for peace and security.

Questo annuncio ufficiale aveva dato nuovo impeto agli studi di fatti- bilità della bomba H negli Stati Uniti e nel 1951 si era presa la decisione di eseguire dei test su esplosioni generate da reazioni termonucleari. Subito dopo l’avvento di Eisenhower, il 5 marzo del 1953 morì Stalin e l’evento, su cui corsero anche voci di morte non naturale, determinò subito una svolta ai vertici dell’Unione Sovietica. Il progetto Commissione delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica (UNAEC) nato dopo la guerra, era già definitivamente naufragato alla

1Documento originale reperibile nel sito http://www.atomicarchive.com/Docs/ Hydrogen/HBomb.shtml

131 Atomi per la pace L. Bonolis

fine degli anni ’40 e ora il monopolio statunitense sullo sfruttamento civile e militare dell’energia nucleare stava perdendo colpi. Un motivo in più fu fornito dalla falsa notizia (12 agosto 1953) che l’Unione Sovietica aveva fatto esplodere la sua prima bomba all’idrogeno. L’ordigno aveva in realtà più il carattere di una bomba a fissione piuttosto che a fusione; il primo test sovietico di una vera e propria bomba H ebbe invece luogo nel novembre del 1955. Ma intanto il discorso di Eisenhower all’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti dell’8 dicembre del ’53 sui temi della collaborazione inter- nazionale e delle utilizzazioni pacifiche dell’energia atomica, varava il programma Atoms for Peace, che prevedeva una ripartizione tra i diversi paesi dei materiali fissili attraverso una Agenzia internazionale. L’idea centrale veniva espressa da Eisenhower nel modo seguente:2

Non è sufficiente togliere l’arma atomica dalle mani dei militari, va messa nelle mani di coloro che sanno adattarla alle arti della pace.

Le potenze nucleari di quell’epoca – Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti – tenevano anche sotto controllo i fili delle ricerche sulla fusione nucleare controllata. Ciò era dovuto semplicemente al fatto che soltanto queste nazioni, attivamente impegnate negli studi sulla bomba all’idrogeno, erano dotate delle conoscenze e dell’esperienza necessarie per aspirare a realizzare in laboratorio i processi di fusione che avvengono normalmente nelle stelle. Concettualmente, un reattore a fusione è un dispositivo all’interno del quale appropriati isotopi di elementi leggeri vengono utilizzati per ottenere la fusione nucleare, il risultato finale è la produzione controllata e l’estrazione di utili quantità di energia, in eccesso rispetto a quella richiesta per far funzionare il reattore.3

2Si veda il discorso completo pubblicato in appendice C al volume [136, 283–291]. 3Normalmente i nuclei si respingono tra loro essendo dotati della stessa carica, ma ad alta temperatura i nuclei possono viaggiare molto veloci collidendo con forza

132 L. Bonolis Atomi per la pace

Per realizzare il programma delineato da Eisenhower, era necessario modificare a fondo l’atteggiamento su questi temi facendo sì che le ricerche nucleari, in ambito sia civile che militare, diventassero materia di scambio tra i vari paesi. Si doveva passare da una politica del segreto a una politica di trasparenza e cooperazione internazionale nello sviluppo e nelle applicazioni delle tecnologie nucleari. Il discorso di Eisenhower – applaudito pubblicamente, ma anche aspramente criticato – segnava l’avvento di un mutamento del clima internazionale. Contemporaneamente, la morte di Stalin, rendeva pen- sabile che gli scienziati sovietici, che fino allora avevano lavorato in uno stato di polizia dove il dissenso era pericoloso e spesso a rischio della vita, potessero incontrare gli scienziati dell’Ovest e discutere in forma non ufficiale le preoccupazioni legate al controllo degli armamenti. I fondamenti per la cooperazione tra scienziati dell’Est e dell’Ovest anche in materia di disarmo saranno poi costruiti, mattone su mattone, dalle Conferenze Pugwash sulla scienza e le questioni mondiali. Il movimento Pugwash, partirà nel luglio del 1957, ispirato dal “manifesto Russell– Einstein” redatto nel 1954, dal filosofo Bertrand Russell e firmato da una schiera di eminenti scienziati, tra cui Albert Einstein. Il manifesto sollecitava l’umanità ad abolire la guerra e gli scienziati a riunirsi per discutere i pericoli risultanti dallo sviluppo delle armi di distruzione di massa. Al movimento Pugwash aderì fin dall’inizio anche AmaldiAmaldi, che nel corso degli anni si impegnò con tutto le sue forze per portare avanti i temi del disarmo a tutti i livelli.4

sufficiente per superare la repulsione mutua e fondersi in un elemento più pesante. Tuttavia, occasionali reazioni di fusione sono insufficienti per un vero e proprio reattore a fusione. Per ottenere abbondanti reazioni di fusione il combustibile deve essere riscaldato a temperature di almeno 100 milioni di gradi Kelvin, 14 volte superiori a quelle presenti nel centro del Sole. 4Su questi temi si veda in particolare il racconto di Francesco Calogero [60] e il saggio di Carlo Bernardini e Francesco Lenci [49].

133 Atomi per la pace L. Bonolis

Nel luglio del 1953 alcuni paesi europei si erano riuniti a Parigi impegnandosi a costituire l’Euratom, un organismo nucleare europeo che iniziava così la sua attività nel mutato clima internazionale inaugurato dal discorso di Eisenhower. A quest’epoca in Italia venivano fatte una serie di valutazioni riguardo la possibilità di dotare il paese di impianti nucleari da costruire utilizzando le tecnologie disponibili in paesi più avanzati, in particolare negli Stati Uniti [119, pp. 16–18]. Il 30 agosto 1954 Eisenhower firmò la Legge sull’energia atomica (Atomic Energy Act), che autorizzava la ricerca nucleare privata e in particolare la trasmissione di informazione ai “paesi amici”. Questa fase preliminare si concretizzò nell’accordo nucleare bilaterale della primavera del 1955 tra Italia e Stati Uniti, entrato in vigore nel luglio successivo. Nel dicembre del ’55 l’Italia entrava anche a far parte delle Nazioni Unite. Il nuovo corso registrava intanto passi significativi. L’Atomic Energy Commission decideva di declassificare l’informazione che gli Stati Uniti erano attivamente impegnati in un programma di fusione termonucleare controllata. A quell’epoca esistevano ormai crescenti preoccupazioni tra gli scienziati riguardo i problemi delle instabilità che si osservavano nei plasmi studiati per mezzo di dispositivi diversi e si stava quindi facendo strada la consapevolezza che la prospettiva di ottenere energia dalla fu- sione avrebbe richiesto tempi assai lunghi. Va sottolineato che il General Advisory Committee della AEC, presieduto da Robert Oppenheimer, e di cui faceva parte anche Fermi, aveva raccomandato fin dal 1947 di de- classificare l’informazione sulle proprietà del trizio, l’isotopo dell’idrogeno utilizzato per il processo di fusione. Poco dopo la morte di Einstein, avvenuta nella primavera del 1955, ebbe luogo tra il 18 e il 26 luglio a Ginevra un incontro tra i leader delle quattro maggiori potenze: Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Un evento ricordato come Conferenza dei Quattro Grandi. Nel clima di distensione internazionale seguito all’incontro, l’8 agosto si apriva di nuovo a Ginevra, la prima conferenza internazionale Atoms for Peace, con la partecipazione di 73 nazioni e 1400 delegati ufficiali, 3000

134 L. Bonolis Atomi per la pace osservatori, 900 giornalisti da tutto il mondo. Gli atti della conferenza [69] sono preceduti da una prefazione speciale dello stesso Eisenhower, che esordiva dicendo:

The atom cannot be limited by national boundaries. Men of science from many countries, often working toge- ther, help to harness its great energy for the good of mankind. The Geneva Conference on Peaceful Uses of Atomic Ener- gy is a tribute to the inventive genius of these men. At the same time, it demonstrates to people everywhere that continued international cooperation is essential if we are to realize man’s capacity to create for himself an increasingly productive world, living at peace [. . . ] In this cause, the United States is firmly dedicated to promote international cooperation and to contribute its share of scientific knowledge and resources.

L’evento, del tutto inedito per spirito di collaborazione e dimensioni, rappresentò anche una occasione favorevole per l’incontro tra Est e Ovest. Iniziarono a cadere i veli sui segreti atomici. Il 3 ottobre, nel corso di una conferenza stampa, Lewis L. Strauss, Presidente della Atomic Energy Commission, aveva confermato che negli Stati Uniti la AEC stava finan- ziando un programma a lunga scadenza sulla acquisizione della fusione controllata per usi pacifici con il nome in codice di Progetto Sherwood. Fu anche rivelato quali fossero le località dei laboratori dove venivano condotte tali ricerche. Strauss si spinse ad affermare che cil lavoro era in corso da qualche tempo, senza tuttavia alcun risultato di rilievo. Anche la Gran Bretagna confermò l’esistenza di un progetto analogo. John D. Cockcroft, responsabile del programma nucleare britannico, disse: «My faith in the creative ability of the scientists is so great that I am sure this will be attained long before it is essential for man’s needs» [12, p. 151]. Il tema venne ripreso dal presidente della Conferenza, il fisico indiano Homi

135 Atomi per la pace L. Bonolis

Bhabha, all’epoca presidente del programma atomico indiano, e direttore del Tata Institute, un centro di fisica per la ricerca fondamentale. Nel suo discorso di benvenuto ai delegati, Bhabha fece una previsione che attirò l’interesse del pubblico sulla fusione suscitando grandi speranze [69, Vol. 1, p. 35]:

It is well known that atomic energy can be obtained by fusion processes as in the H-bomb and there is no basic scientific knowledge in our possession today to show that it is impossible for us to obtain this energy from the fusion process in a controlled manner. The technological problems are formidable, but one should remember that it is not yet fifteen years since atomic energy was released in an atomic pile for the first time by Fermi. I venture to predict that a method will be found for liberating fusion energy in a controlled manner within the next two decades. When that happens the energy problem of the world will truly have been solved forever for the fuel will be as plentiful as the heavy hydrogen in the oceans.

L’ultimo giorno della conferenza il fisico russo Dimitri V. Skobel- tzin dichiarò pubblicamente che riteneva possibile realizzare la fusione controllata se il mondo intero avesse fatto ogni sforzo per trovare una soluzione. Il segreto che circondava questo lavoro era stato criticato in particolare da James G. Beckerley, che si era appena dimesso dalla guida della divisione di classificazione dell’AEC: «The value of withholding all information on a potential source of nuclear energ is extremely debatable». In un editoriale su Nucleonics del mese di agosto aveva sollecitato che almeno l’informazione di base concernente i reattori a fusione fosse resa nota in modo che la maggior parte degli scienziati americani, che al momento erano del tutto all’oscuro, avessero potuto divenire consapevoli

136 L. Bonolis Atomi per la pace del problema e formare un più esteso pool di nuove idee [12, p. 152].5 A quell’epoca, in entrambi i blocchi, gli scienziati si stavano rendendo conto che la fusione nucleare a confinamento magnetico – unico sistema esistente all’epoca per imbrigliare i plasmi alle altissime temperature necessarie per vincere la repulsione elettrostatica e innescare i processi di fusione – non presentava alcuna potenziale utilizzazione a scopi militari.6 Appariva anche chiaro che la sfida scientifica e tecnologica necessaria a tenere sotto controllo i plasmi era invece una impresa estremamente complessa, che avrebbe richiesto gli sforzi congiunti di un enorme numero di cervelli, come d’altra parte era avvenuto nel caso della realizzazione dei primi ordigni nucleari a Los Alamos.7 L’anno successivo, il 26 marzo 1956, venne istituito il Centro per le ricerche nucleari di Dubna, a poco più di 100 km a nord di Mosca. Lo stesso anno specialisti di 12 paesi furono invitati a Dubna, che acquistò ben presto un carattere internazionale. La collaborazione tra scienziati del CERN e di Dubna fu ottima fin dall’inizio, e in questo modo il CERN finì per giocare un ruolo importante nell’ambito dei primi segnali di attenuazione della guerra fredda.

5Per una trattazione approfondita dei commenti sulla prima Conferenza di Ginevra si veda il Vol. 11 Bulletin of the Atomic Scientists dell’ottobre 1955. 6Questo particolare stato della materia – un gas completamente ionizzato costituito da una miscela globalmente neutra di particelle cariche come elettroni e ioni – venne chiamato plasma nel 1927 dallo statunitense Irving Langmuir. Il confinamento di un plasma – che ha luogo spontaneamente nelle stelle a causa della rilevante forza di gravità connessa con le enormi masse in gioco – può essere ottenuto basandosi sulla proprietà che hanno le particelle cariche, come quelle di un plasma, di viaggiare lungo le linee di forza del campo magnetico. Nel cosiddetto confinamento magnetico, attraverso opportune configurazioni dei campi è quindi possibile intrappolare il plasma e riscaldarlo con sistemi diversi (microonde, fasci di particelle, e correnti che fluiscono all’interno del plasma stesso). 7Il confinamento inerziale, effettivamente utilizzabile per scopi militari, fece la sua comparsa sulla scena solamente negli anni ’60.

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Nel numero di ottobre del 1955 il Bulletin of the Atomic Scientists così commentava nell’introduzione a una serie di articoli dedicati alla Conferenza di Ginevra: The Soviet scientists not only presented, in talks and exhi- bitions, a revealing picture of atomic science and nonmilitary technology in the , but felt themselves free to mingle with their Western colleagues and to resume with gust the tradition of free international discussion of problems of common interest which has been one of the great joys of scientific life in the past. Niels Bohr, intervistato il 20 agosto, aveva manifestato tutta la sua soddisfazione [114, p. 284]: This Conference has been most successful. There has been most friendly intercourse between representatives of all nations, and everyone learned very much from the exchange of knowledge given to us freely. All feel sure that it is a most important step in furthering understanding between nations and recognition of common interests. Quite apart from the very great importance of the present technological developments and cooperation, science has always been one of the best ways of mutual understanding and recognition of our common positions. Allison K. Smith, un’osservatrice inviata dal Bulletin, osservava a proposito della fusione [153, p. 277]: I was also much impressed by the absence of fusion talk among the scientists and never once hear it mentioned unless I brought it up. This was not because they thought its development either infinitely remote or impossible, simply that it was not an important item at the Conference except

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as brought up by the press [. . . ] One often heard the remark that there would soon be no secrets except industrial ones [. . . ] that we would soon be back in the good old simple days. This seems obviously impossible if the peaceful and industrial atom is to be used as a tool of foreign policy.

In effetti la fusione controllata fu menzionata quasi esclusivamente nel discorso di Bhabha. Per il resto la conferenza trattò i temi del nucleare da fissione, che in quel momento stavano diventando di enorme attualità con l’avvento degli accordi internazionali riguardo le applicazioni pacifiche dell’energia nucleare.8 Nell’ottobre di quello stesso anno gli Stati Uniti stabilirono che gli scienziati della Atomic Energy Commission avrebbero potuto inviare copie del materiale pubblicato agli scienziati sovietici, con la ragionevole condizione che materiale analogo fosse reciprocamente dai sovietici. Donald J. Hughes, del Brookhaven National Laboratory, sottolineava gli aspetti positivi della desecretazione di informazioni così riservate [93, p. 169]:

Perhaps in the long run the greatest positive result of the Geneva Conference was the successful cooperation of Eastern and Western scientists [. . . ] To me, it seems by far the most reasonable explanation for the Soviet action at Geneva was that the Kremlin, for whatever reason, had decided that cooperation, real and not mere window-dressing, is best policy in this particular field [. . . ] Perhaps the Soviets have reached the conclusion as we, I hope, are doing, that

8Secondo quanto espresso da Strauss nella sua prefazione generale, i futuri sviluppi degli usi pacifici dell’energia atomica sarebbero stati molto facilitati dallo scambio di informazioni scientifiche e tecniche. Lo scopo degli atti era appunto quello di fornire tali informazioni; gli 8 volumi sono dedicati ciascuno a temi legati al funzionamento dei reattori per la ricerca (fisica, ingegneria, materiali, sezioni d’urto, processi e attrezzature chimici, isotopi) [69].

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security by achievement, involving only strictly necessary secrecy, is the best policy for atomic progress.

Tutti i commentatori avevano enfatizzato al massimo il significato di questo primo scambio aperto di idee relativo a questioni puramente scientifiche con gli scienziati nucleari russi e dell’improvviso crollo di una buona parte della cortina di segreto che fino a quel momento aveva circondato i problemi della tecnologia nucleare in America, Gran Bretagna, Francia e Russia. Tuttavia, gli eminenti fisici e Eugene P. Wigner, osservarono che l’informazione messa a disposizione dagli Stati Uniti era di gran lunga superiore a quella rivelata dall’Unione Sovietica a livello puramente scientifico: «We hope that the demand to “free (atomic secrets) from the clutches of secrecy” will not become a tool in an imaginary contest for popularity» [150, p. 24]. Prima della Conferenza di Ginevra un silenzio quasi assoluto aveva circondato tutto ciò che riguardava le possibilità di controllare le reazioni termonucleari che avvenivano nella bomba H. Questo argomento era stato ignorato dall’Atomic Energy Act del 1954 eccetto che per un piccolo cenno. La AEC non aveva mai riferito sulla fusione. Né esisteva alcun riferimento riguardo bilanci o altro che fosse di pubblico dominio. Fu proprio il discorso di Bhabha a sbalordire improvvisamente la stampa di tutto il mondo rendendola consapevole della possibilità di risolvere il problema energetico mondiale se si fosse riusciti ad ottenere energia dal processo di fusione, che utilizza come materiale di base gli elementi leggeri, in particolare l’idrogeno, abbondante quanto le acque degli oceani.9 È quello stesso ottobre il presidente dell’AEC parlò molto estesamente del progetto Sherwood, il programma fusionistico americano coordinato da un comitato presieduto da , il padre della bomba H. La ricerca veniva portata avanti principalmente in cinque centri: All’Università di Princeton (Lyman Spitzer), a Livermore (Herbert F. York) a Los

9Per una spiegazione semplice ma esauriente dei meccanismi e dei problemi legati agli aspetti scientifici e tecnologici del problema si veda [59, pp. 28–31].

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Alamos (James L. Tuck) a Oak Ridge (in scala minore Edward D. Shipley, John S. Luce, A. Simon) così come alla New York University (Richard Courant, Harold Grad, Kurt O. Friedrichs). Quanto al denaro investito, Strauss disse che era un segreto, osservando che si trattava di una “cifra significativa”, il doppio di quella spesa nel 1953 e ’54, e il 1000 per cento rispetto al momento di avvio del progetto nel 1951.

Figura 7.1: Francobollo commemorativo del programma “Atoms for Peace”. Archivio National Archives and Record Administration.

141 Atomi per la pace L. Bonolis

Figura 7.2: Il 30 agosto 1954 il Presidente Eisenhower firma la legge sull’energia atomica di fronte a vari testimoni, tra cui senatori, rappresentanti del congresso e membri dell’Atomic Energy Commission. Archivio National Archives and Record Administration.

142 Capitolo 8 La fusione: il secondo capitolo dell’èra atomica

Nel mito si racconta che Prometeo dovette espiare la colpa di aver rubato il fuoco del sole agli dèi regalandolo agli umani. Una analoga maledizione colpiva ora i fisici del ventesimo secolo: nel liberare l’energia nascosta nelle più piccole unità di materia avevano brutalmente perso la loro innocenza al momento del Test, la prima esplosione di un ordigno nucleare nel deserto del Nuovo Messico. Già prima del Trinity Test molti fisici coinvolti nel progetto Manhattan avevano cominciato a riflettere alle implicazioni del loro lavoro di guerra e all’opportunità di utilizzare gli ordigni che stavano per essere messi a punto. Ma nell’accet- tare di far parte di quell’impresa, di fatto avevano perso ogni potere di controllarla. Teller non aveva avuto dubbi in proposito proseguendo le sue ricerche sulla bomba a fusione il cui potere distruttivo era molto superiore alle atomiche sganciate sul Giappone. Come dichiarò Truman nel gennaio del 1953 a proposito dell’Operation Ivy, una serie di test atomici che ebbero luogo nel Pacifico: «From now on, man moves into a new era of destructive power, capable of creating explosions of a new order of magnitude, dwarfing the mushroom clouds of Hiroshima and Nagasaki» [158, p. 1099]. Già prima di quell’epoca era ormai divenuto evidente che probabilmen- te entro un secolo il mondo non avrebbe potuto contare sui combustibili fossili per soddisfare la domanda crescente di energia, che nel futuro sarebbe potuta derivare in sostanza soltanto da quella liberata nei processi di reazione nucleare, ovvero la fissione o la fusione.

143 Il secondo capitolo dell’era atomica L. Bonolis

Da tempo esisteva scientificamente la consapevolezza che i processi di fusione sono quelli che tengono in vita le stelle, e in particolare il nostro Sole, che crea le condizioni per il mantenimento della vita sul nostro pianeta. In un solo giorno l’energia solare che raggiunge il globo terrestre è equivalente all’intera quantità immagazzinata dalla nascita del pianeta sotto forma di carbone, petrolio o acqua. Questo prova anche che la scarsità di energia, caratteristica della nostra èra moderna, non è dovuta alla limitata quantità fornita dal Sole, ma alla bassissima efficienza con cui essa viene utilizzata nel ciclo meteorologico o nella crescita delle piante. La fusione è molto più antica del mito di Prometeo e del Sole stesso, è antica quanto l’Universo. Pochi minuti dopo il Big Bang, all’inizio del tempo, l’universo caldissimo primordiale si è espanso e raffreddato a sufficienza per permettere ai nuclei di idrogeno – i protoni – di formare il deuterio, e al deuterio di fondersi in elio. Tracce di deuterio sopravvissero alle cataclismiche reazioni di fusione e, insieme a piccole quantità create in successivi eventi astronomici come le supernovae, costituiscono la principale fonte per l’odierna ricerca sull’energia da fusione. Il deuterio, esso stesso una forma di idrogeno, è un piccolo costituente dell’acqua, circa una parte su cinque milioni. Nonostante ciò, se si considera l’enorme riserva di acqua disponibile negli oceani, perfino questa piccola percentuale di deuterio rappresenterebbe una fonte quasi illimitata di energia sul nostro pianeta. Le prime speculazioni su come attingere a questa enorme quantità di energia emersero pochi anni dopo la brillante deduzione fatta da Einstein nel 1905, rappresentata dalla formula più famosa di tutti i tempi: E = mc2. Ma a quel tempo il piccolo nucleo dell’atomo conservava ancora gelosamente il suo segreto riguardo questa fonte di energia, la più grande che si fosse mai immaginato prima. Le misurazioni pionieristiche effettuate da Francis W. Aston nel 1919– 1920 sulle masse degli atomi leggeri mostravano che la massa di un atomo di elio 4 è circa 1% inferiore rispetto a quella di quattro atomi di idrogeno

144 L. Bonolis Il secondo capitolo dell’era atomica che si sapevano essere i suoi costituenti elementari [34] [35] [35]. Quando Rutherford, circa alla stessa epoca, mostrò che gli elementi leggeri collidendo con sufficiente energia possono subire delle trasforma- zioni nucleari, gli astrofisici suggerirono non soltanto che questo processo di fusione nucleare sarebbe potuto avvenire, ma che si trattava in effetti della lungamente cercata fonte di energia delle stelle. Arthur Stanley Eddington stava intanto cercando di comprendere il funzionamento del Sole e delle altre stelle. Sapeva che certi elementi possono trasformarsi in altri nei laboratori terrestri, e quindi giunse alla conclusione che le stelle sono il crogiolo in cui vengono creati gli elementi. Si rese anche conto che questa “alchimia” stellare avrebbe liberato energia, proprio grazie alla trasformazione di idrogeno in elio all’interno delle stelle. La differenza di massa sarebbe stata quindi utilizzata come energia per alimentare la stella stessa. Eddington poneva così le basi per risolvere il problema della fonte di energia delle stelle. Nell’osservare che «Ciò che è possibile nel Cavendish Laboratory non è difficile da attuare all’interno del Sole», Eddington faceva una notevole previsione nel corso di una conferenza alla British Association del 1920: «Se effettivamente l’energia subatomica viene liberamente utilizzata nelle stelle per mantenere le loro gigantesche fornaci, sembra proprio che siamo un po’ più vicini al coronamento del nostro sogno di controllare questa energia nascosta per il bene della razza umana – o per il suo suicidio» [79, p. 335]. Eddington si rese infatti conto che la fusione di idrogeno in elio nel Sole avrebbe liberato circa lo 0.7% della massa in energia [80]. Approssimativamente alla stessa epoca, in un saggio intitolato “Ato- mi e luce” il fisico francese Jean Perrin sosteneva che le trasformazioni radioattive degli elementi potevano essere in grado di mantenere la pro- duzione di luce solare al tasso attuale per diversi miliardi di anni, o forse perfino diverse dozzine di miliardi, e che la massa perduta durante la trasformazione di quattro nuclei di idrogeno in un nucleo di elio avrebbe fornito energia in base all’equazione di Einstein [122]. Rutherford aveva mostrato che il nucleo dell’idrogeno contiene il protone solo nel 1919,

145 Il secondo capitolo dell’era atomica L. Bonolis l’anno prima dell’articolo di Eddington , e il mondo subatomico era lar- gamente sconosciuto. I fisici erano tuttavia convinti che i protoni non avrebbero potuto reagire l’uno con l’altro all’interno del Sole. Il mecca- nismo della fusione restava difficile da accettare, a causa del problema della repulsione tra cariche dello stesso segno. Questa barriera repulsiva non può essere superata nel corso delle collisioni, nonostante le enormi temperature all’interno del Sole. In altre parole, la temperatura all’interno del Sole era ritenuta di gran lunga troppo bassa per permettere la fusione tra protoni e quindi il verificarsi di reazioni nucleari. Il paradosso venne risolto con la scoperta della meccanica quantistica. Un protone si comporta come un’onda, così che esiste una probabilità molto piccola, ma finita, che trovandosi vicino a un altro protone la barrie- ra repulsiva possa essere non superata, ma semplicemente “attraversata” in base al cosiddetto “effetto tunnel”. Lo stesso in realtà accade nel verso opposto, quando i nuclei radioattivi come l’uranio o il radio, si liberano dei protoni in eccesso emettendo particelle alfa ad alta velocità. A queste manca in effetti l’energia per superare la barriera nucleare, ma alcune di loro riescono a fuoriuscire grazie al meccanismo dell’effetto tunnel. Per questo motivo i protoni a volte hanno la probabilità di trovarsi abbastanza vicini da fondersi insieme, nonostante la loro energia media sia ben al di sotto di quella richiesta per superare la loro repulsione elettrica. Ma perché il meccanismo dell’effetto tunnel possa verificarsi sono necessarie una serie di condizioni. La collisione deve essere quasi esattamente frontale e deve avvenire tra protoni dotati di alte velocità. Le reazioni nucleari all’interno del Sole si sviluppano quindi molto lentamente. Se la temperatura fosse tanto alta da permettere la fusione troppo di frequente, il Sole esploderebbe. A differenza di una bomba all’idrogeno, le reazioni all’interno del Sole sono molto sensibili alla temperature e agiscono quindi come un termostato, rilasciando energia in una maniera costante e controllata, esattamente al tasso necessario per mantenere il Sole in equilibrio. Nel 1929, all’inizio della Grande Depressione apparve un lavoro che

146 L. Bonolis Il secondo capitolo dell’era atomica collegava l’atomo nucleare di Rutherford alla teoria di Einstein e al lavoro di Aston. Robert d’Escourt Atkinson e Fritz G. Houtermans predissero che fondendo insieme i nuclei di atomi molto leggeri (come l’idrogeno) sarebbe stato possibile ottenere nuovi atomi il cui peso complessivo sarebbe stato inferiore al peso dei componenti originari [36]. In base alla formula di Einstein era quindi possibile affermare che questa perdita di energia sarebbe stata all’origine della incredibile quantità di energia prodotta dalle stelle sotto forma di luce. Nel 1932 era stato scoperto il deuterio, e aveva scoperto l’elio 3 e il trizio e successivamente la possibilità di far reagire tra loro i nuclei di deuterio, ma Rutherford definì moonshine (“fantasie”, “idee balzane”) la possibilità di estrarre energia dai processi di trasmutazione dei nuclei atomici.1 Nel 1934, usando i primi acceleratori di particelle, fasci di nuclei di deuterio furono diretti contro bersagli contenenti deuterio. Oliphant, Rutherford e Paul Harteck osservarono così reazioni in cui l’energia cinetica totale trasportata dai prodotti di reazione era molto superiore a quella delle particelle in moto nel fascio iniziale [115]. Era stato dimostrato il processo di “combustione nucleare” con produzione di energia, il che tuttavia non significava aver ottenuto “energia dalla fusione”.2 Con la scoperta delle reazioni di fusione nucleare il potere energetico della fusione era stato stabilito, ma la possibilità di accedere sulla Terra, alla scala umana, a questa fonte illimitata è ancora

1«One timely word of warning was issued to those who look for sources of power in atomic transmutations – such expectations are the merest moonshine». La vicenda, accaduta durante una riunione della British Association sulla costituzione dell’atomo, è stata narrata in una breve nota siglata A. F. pubblicata sull’edizione del 16 settembre 1933 di Nature [81]. 2La situazione in cui la potenza di fusione prodotta uguaglia quella che si deve iniettare per riscaldare e confinare il plasma viene detta pareggio (breakeven), una condizione che va superata per ottenere una produzione netta di energia. Dimostrare la fattibilità scientifica della fusione termonucleare controllata significa riuscire a portare il plasma in una situazione in cui la potenza fornita al plasma è sufficiente a compensare le perdite di energia. In queste condizioni di ignizione il plasma è in grado di autosostenersi.

147 Il secondo capitolo dell’era atomica L. Bonolis oggi qualcosa di elusivo. Nelle macchine a fusione esistenti nel mondo e operanti con solo deuterio vengono da anni prodotte reazioni di fusione alle quali è ovviamente associata una produzione di energia. Tuttavia la fattibilità scientifica della fusione termonucleare controllata resta ancora da dimostrare, nel senso che l’ignizione, come pure il pareggio, non sono stati a tutt’oggi realizzati. Il calore che proviene dal nucleo solare ha origine da una sorta di enorme reattore a fusione delle dimensioni lineari dell’ordine di 1010 cm e a una temperatura superiore a dieci milioni di gradi Kelvin. Da questo reattore a fusione dipendono l’esistenza della vita e lo sviluppo della civiltà umana. Durante gli anni ’30 vennero chiariti i processi nucleari alla base della catena delle reazioni in atto nel Sole, in particolare grazie agli studi teorici di Hans Bethe [52], e si iniziò lo studio dei gas ionizzati. Nei tardi anni ’30 Jacobs e Kantrowitz negli Usa tentarono inutilmente di produrre processi di fusione [87, p. 4]. All’inizio del 1939, la notizia dell’esistenza del processo di fissione dei nuclei di uranio colse di sorpresa i fisici, alle soglie della seconda guerra mondiale, una delle coincidenze più fatidiche della storia. Nel corso delle successive ricerche belliche, volte alla costruzione di un ordigno nucleare basato sulla fissione, nasceva anche l’idea della possibilità di innescare una reazione termonucleare nei nuclei di idrogeno attraverso una reazione a catena nell’uranio 235. L’idea di tale possibilità veniva avanzata dal giapponese Tokutaro Higawara nel maggio del 1941 e nel settembre dello stesso anno Fermi suggeriva a Edward Teller una possibilità analoga. Le discussioni tra i due fecero nascere in Teller l’ossessione di creare una superbomba termonucleare. Nel frattempo Fermi realizzava la prima reazione a catena controllata nel dicembre del 1942, mentre nella stessa epoca R. E. Schreiber e L. D. P. King ottennero la prima dimostrazione della reazione di fusione tra deuterio e trizio alla Purdue University. A quel tempo era ben chiaro che enormi quantità di energia nucleare potevano essere ottenute sia dalla fusione di elementi leggeri sia attraverso la fissione di elementi pesanti, ma non era stato ancora stabilito quale dei

148 L. Bonolis Il secondo capitolo dell’era atomica due processi avesse maggiore probabilità di ottenere l’innesco di una catena di reazioni nucleari autosostenute, utile per progettare un’arma di guerra. L’interesse per i plasmi astrofisici nato all’epoca soprattutto per gli studi dello svedese Hannes Alfvén, contribuì ad attirare l’attenzione scientifica su quello che è stato definito il quarto stato della materia, uno stato che è decisamente preponderante nell’Universo. Nel 1946, George P. Thomson e Moses Blackman all’Imperial College di Londra registravano un brevetto per la fusione termonucleare: avevano inizio le ricerche britanniche che restarono segrete fino all’inizio degli anni ’50. Nel 1948 gli americani E. Bretscher, A. P. French e F. G. P. Seidl misurano la sezione d’urto – eccezionalmente grande – della reazione D-T. L’alto tasso di probabilità del processo indusse ad adottare tale reazione come la più promettente tra i processi da utilizzare per scopi pratici di rilascio di energia da fusione nucleare. Nello stesso anno Watson Davis pubblicava un articolo intitolato “Superbomb is possible”, che si concludeva con le seguenti notevoli previsioni: «Even if more powerful bombs are not needed, research should continue on nuclear energy from deuterium. Power plants of the future might be run on this atomic fuel. The production of a continuing (chain) reaction that won’t explode should be as possible with heavy hydrogen as with . And there is probably more heavy hydrogen than uranium on earth» [74]. Nel frattempo, tra il 1949 e il 1950, Igor V. Kurchatov, direttore del progetto atomico sovietico, promuoveva un programma di ricerca sulla fusione che fu varato il 5 maggio del 1951. Nel programma confluirono le idee, già sviluppate qualche mese prima da Andrei Sakharov e Igor Tamm, di un dispositivo a confinamento magnetico, idee che si sarebbero poi trasformate nel cosiddetto tokamak, un nome che deriva da un acronimo basato sulla combinazione dei concetti di camera toroidale e avvolgimento magnetico: TOroidalnaya KAmera ee MAgnitnaya Katushka. Il plasma, contenuto in una camera da vuoto, assume una configurazione a forma di ciambella in presenza di un complesso sistema di campi magnetici. A

149 Il secondo capitolo dell’era atomica L. Bonolis capo del progetto venne posto Lev Andreevich Artsimovich.3 Il 19 settembre del 1945 , un fisico di origine tedesca che tra il 1944 e il 1946 era stato un membro del team britannico a Los Alamos, ed era un collaboratore dei servizi segreti sovietici, aveva incontrato a Santa Fe, nei pressi del laboratorio segreto di Los Alamos, Harry Gold consegnandogli una sintesi delle lezioni di Enrico Fermi. Le lezioni presentavano i fondamenti teorici del progetto americano per la bomba all’idrogeno, nota come la “super-classica” e riflettevano i primi approcci al problema degli scienziati di Los Alamos. Quando Fuchs confessò nel gennaio del 1950 di aver passato informazioni segrete sulle armi atomiche ai russi, lo sviluppo della superbomba ebbe la massima priorità. Fermi, che pure si era battuto contro la realizzazione della bomba all’idrogeno come membro del General Advisory Committee – un comitato consultivo dell’Atomic Energy Commission composto da otto scienziati e presieduto da Oppenheimer – fu tra i primi a rimettersi al lavoro e vi si dedicò durante l’estate del 1950, trascorsa nei laboratori di Los Alamos. Il 1◦ novembre 1952 la prima bomba H – nome in codice Ivy Mike – (contenente un nucleo di deuterio e trizio, circondato da un “guscio” di uranio) venne fatta esplodere al di sopra dell’atollo di Enewetak ad est di Bikini, nell’Oceano Pacifico. Aveva una potenza di centinaia di volte superiore a quella usata su Hiroshima. Gli Stati Uniti ribadivano così la loro intenzione di mantenere il primato sull’energia nucleare nel loro dialogo a distanza con l’Unione Sovietica, che aveva fatto esplodere la sua prima bomba a fissione nel 1949. Tuttavia, nei primi anni ’50 i fisici che si applicavano alle ricerche sulla fusione sapevano bene che non avrebbero potuto copiare la bomba all’idrogeno, in cui le alte temperature necessarie per innescare il processo

3Queste informazioni derivavano da una intervista rilasciata il 10 maggio del 1956 da Kurchatov alla Pravda e pubblicata sul numero di settembre del Bulletin of the Atomic Scientists [99].

150 L. Bonolis Il secondo capitolo dell’era atomica di fusione venivano ottenute facendo esplodere una piccola bomba a fissione fatta di uranio o plutonio. Né avrebbero potuto semplicemente imitare i processi di fusione del tipo di quelli avvenuti miliardi di anni fa nel corso del Big Bang. Il 24 marzo del 1951, comparve sulla stampa la prima chiara evidenza che qualcuno stava pensando a ottenere energia dalla fusione. Il presidente argentino Juan Domingo Perón affermava che lo scienziato di origine austriaca Ronald Richter era riuscito ad ottenere energia da reazioni termonucleari in condizioni controllate in un laboratorio segreto nell’isola di Huemul. Il cosiddetto progetto Huemul era stato proposto da Richter a Perón circa tre anni prima e ora Perón sbandierava una notizia che nel giro di pochi mesi si rivelò del tutto infondata in seguito all’analisi condotta da un comitato tecnico di esperti, i quali conclusero che la temperatura effettiva negli esperimenti era troppo bassa per produrre una vera reazione termonucleare. Il progetto argentino fu chiuso nel 1952, ma nel frattempo la noti- zia suscitò l’immediato interesse degli Stati Uniti. In particolare attirò l’attenzione dell’astrofisico Lyman Spitzer, che in breve tempo con l’ap- provazione della AEC mise in piedi quello che sarebbe diventato il Plasma Physics Laboratory di Princeton, dando origine al programma fusionistico americano. Molta della teoria fisica di base era stata formulata a Los Alamos da Edward Teller, Enrico Fermi, James Tuck e altri, e in parte fu utilizzata nel programma sperimentale Sherwood, diretto a Los Alamos proprio da James L. Tuck. Spitzer non conosceva questo lavoro che all’epoca era classificato, e concepì un approccio diverso al reattore a fusione. Il 23 luglio del 1951 Spitzer pubblicò un Report in cui descriveva il cosiddetto Stellarator, un tubo piegato a forma di 8, intorno al quale sorse il Progetto Matternhorn, il nucleo iniziale del Princeton Plasma Physics Laboratory.4

4L. Spitzer, “A proposed Stellarator”, Technical Report N. NYO-993, 23 luglio 1951, pp. 17, declassificato il 22 agosto del 1958.

151 Il secondo capitolo dell’era atomica L. Bonolis

Le prime idee sulle reazioni termonucleari controllate si basavano sul concetto di usare i campi magnetici per controllare e contenere un gas ionizzato a temperature dell’ordine di 100 milioni di gradi centigradi, condizioni in cui possono essere liberate quantità utili e controllabili di energia termonucleare. La ricerca scientifica necessaria per realizzare queste idee si orientò quindi verso la fisica del plasma – la materia rarefatta ad alta temperatura – in presenza di fortissimi campi magnetici, un soggetto che ancora oggi costituisce un aspetto fondamentale della ricerca in questo settore. Una delle ragioni principali della segretezza assoluta di questo tipo di ricerche era dovuto all’apparente possibilità di ottenere una grande quantità di neutroni a basso costo, che avrebbero potuto essere utilizzati per l’attivazione di materiale nucleare a scopi militari. Tuttavia, accanto alla crescita di una consapevolezza dell’importanza di tale fonte di energia sicura, basata su un combustibile universalmente disponibile e virtualmente illimitato a costo quasi nullo, era ormai del tutto evidente che la prometeica lotta per domare l’energia della fusione, per catturare il fuoco del Sole sulla Terra, sarebbe stata la più grande sfida tecnologica di tutti i tempi.

152 Capitolo 9 La macchina ZETA e i primi segni del disgelo

Nel periodo 1952–1954 il lavoro degli inglesi all’Imperial College fu spostato ad Aldermaston, alle Associated Electrical Industries Research Laboratories, mentre il lavoro di Oxford fu spostato ad Harwell. Queste ricerche su scala maggiore sembrarono sufficientemente promettenti da iniziare nel 1955 la costruzione di un toro da 1 m di diametro, lo Zero Energy Toroidal Assembly (ZETA). Il pioniere di queste ricerche era l’australiano Peter C. Thonemann.1 Intanto Lyman Spitzer, il cui gruppo all’inizio di agosto del 1954 aveva preparato la prima rassegna completa (278 pagine) sui reattori a fusione,2 nel 1956 pubblicava Physics of Fully Ionized Gases. Si trattava del primo di una serie di volumi su questi temi, che per qualche tempo costituì un manuale fondamentale per i nuovi studiosi della fisica della fusione. Nel luglio dello stesso anno comparve anche l’articolo di rassegna di Richard F. Post, tra i primi a parlare esplicitamente dei programmi statunitensi [137]. Nonostante ciò, sostanzialmente tutte queste ricerche venivano svolte in grande segretezza. Perfino gli scienziati britannici e americani, pur essendo al corrente dei rispettivi progetti, non ne conoscevano i dettagli. Molto poco si sapeva del lavoro svolto in Unione Sovietica. Si doveva

1Per i primi sviluppi del programma fusionistico di Harwell si veda [66]. 2L. Spitzer Jr. et al., “Problems of the Stellarator as a useful power source”, 1 agosto 1954, Technical Report, N. NYO-6047, PM-S-14, declassificato il 28 gennaio 1959. Per la storia del programma fusionistico americano si veda [62].

153 La macchina ZETA L. Bonolis continuare a mantenere segrete queste ricerche, o era opportuno renderle pubbliche? La pressione verso la declassificazione aumentò considere- volmente in seguito a un evento inaspettato, un vero e proprio colpo di scena. Nell’aprile del 1956 i leader sovietici Nikita Khruschev e Nikolai Alexandrovich Bulganin, all’epoca Presidente del Consiglio dei ministri si recarono in visita di Stato in Gran Bretagna. Lo stesso Khruschev racconta la vicenda nel terzo volume delle sue memorie [97, p. 65]:

Although Bulganin was chairman of the Council of Mi- nisters of the USSR at that time, I was included in the delegation because at Geneva better relations between An- thony Eden and me had been established [. . . ]3 We also decided to include Academician Igor Vasilyevich Kurchatov in our delegation [. . . ] Through him we wanted to make contacts with British scientists [. . . ]

Il noto fisico Igor Kurchatov, una vera e propria star dell’establishment scientifico sovietico, aveva supervisionato la costruzione della prima bomba nucleare e aveva progettato il primo impianto per la produzione di energia da fissione. Kurchatov era convinto dell’importanza di avere una ricerca sulla fusione senza segreti e già all’inizio del 1956 si era rivolto alle autorità proponendo di declassificare tutte le attività di ricerca sulla fusione, spiegando che l’energia da fusione sarebbe stata una applicazione strettamente pacifica e che la cooperazione internazionale sarebbe stata di indubbio vantaggio in direzione della soluzione di questo difficile compito [152]. Nel corso di una conversazione con John Cockcroft, fondatore dell’Atomic Energy Research Establishment (AERE) di Harwell e direttore del programma nucleare britannico, Kurchatov gli propose di tenere una

3Anthony Eden era appena divenuto Primo Ministro in sostituzione di Winston Churchill dopo aver ricoperto la carica di ministro per gli Affari Esteri dal 1951 al 1955.

154 L. Bonolis La macchina ZETA conferenza sulla fusione nel loro centro di ricerca. Cockcroft rimase assai colpito dalla personalità del fisico sovietico [68, p. 388]:

I had not met Kurchatov before but was greatly impressed by his intelligence and by his eagerness to talk about colla- boration in Atomic Energy work and we had a very animated discussion at the top of the Athenaeum staircase where he was able to go much further than I could reciprocate, having had no idea of the way the discussion would go. He suggested that he should deliver a lecture at Harwell and I agreed to arrange this. On April 25th Kurchatov delivered his lecture in the Harwell Conference Room describing work at the Atomic Energy Institute in Moscow [. . . ]

Nel suo intervento all’Atomic Energy Research Establishment dal titolo “On the Possibility of Producing Thermonuclear Reactions in a Gas Di- scharge” Kurchatov sorprese il mondo facendo rivelazioni sugli esperimenti sovietici.4 Era anche piuttosto eccezionale il fatto che Kurchatov parlasse a un pubblico che in quel momento svolgeva ricerche segrete proprio sui temi di cui lui stesso stava liberamente parlando. L’occidente scoprì così che in effetti gli scienziati sovietici avevano seguito linee di ricerca molto simili alle loro sul confinamento magnetico. Kurchatov mise in guardia sulla possibilità di avere una produzione di neutroni – il segnale di una reazione di fusione – senza tuttavia avere una vera e propria reazione termonucleare, ed espresse anche dubbi su altri aspetti tecnici relativi al confinamento del plasma.5

4Kurchatov fece due relazioni: la prima fu tenuta il 25 aprile e riguardava gli sviluppi dell’energia nucleare in URSS [101], la seconda, centrata sui problemi delle reazioni di fusione, ebbe luogo il giorno successivo [100]. Entrambi i testi delle relazioni comparvero nel maggio del 1956 nel primo volume della rivista Atomic Energy, accanto a molti altri lavori di scienziati sovietici. 5Qualche anno più tardi John Cockcroft scrisse un ricordo commentando la visita della delegazione sovietica [68].

155 La macchina ZETA L. Bonolis

Questa visita fu il primo vero passo sulla via della cooperazione in- ternazionale nell’ambito della fusione nucleare controllata, seguita dalla pubblicazione da parte dei russi di una serie di lavori su Atomnaya Ener- gya, presentati anche nel successivo mese di agosto durante una sessione straordinaria del Stockholm Symposium on Electromagnetic Phenomena in Cosmical Physics organizzato dalla International Astronomical Union.6 Nel corso di questo convegno l’unico atto di presenza della ricerca occi- dentale sulla fusione fu un lavoro di R. S. Pease di Harwell, ma negli stessi giorni venivano rivelati su Science i primi dati sul programma americano [70]. Nel frattempo la pressione verso la declassificazione cominciava a montare sia nella comunità scientifica sia a livello di pubblica opinione, e qualche lavoro sulla fusione cominciò a trapelare nelle riviste scientifiche anche a ovest della cortina di ferro. Dopo la visita dell’aprile 1956 della delegazione sovietica, una conferenza internazionale sulla fisica delle alte energie e sulle particelle elementari, organizzata dall’Accademia delle Scienze, venne tenuta a Mosca tra il 14 e il 20 maggio successivo. Vi parteciparono quattordici scienziati americani, assieme a sette dalla Gran Bretagna, quattro francesi e almeno un rappresentante di quasi tutti i paesi del mondo, incluse la Yugoslavia, la Romania, l’Indonesia e anche la Repubblica Popolare Cinese. Del gruppo americano faceva parte anche Viktor Weisskopf, ormai un eminente rappresentante della fisica statuni- tense. Weisskopf scrisse un resoconto dell’avvenimento, descrivendo con toni commossi l’incontro con gli scienziati sovietici [159, p. 258]:

On Friday, May 11th, at midnight, we landed at the Moscow Airport. There were four American physicists on the plane [. . . ] It was a remarkable moment. I visited the USSR and its physics Institutes for the last time twenty years ago. [. . . ] Who would have thought it possible even a year or two ago that American nuclear physicists would be invited

6Per una sintesi storica del programma fusionistico sovietico si veda [56].

156 L. Bonolis La macchina ZETA

and permitted to attend a scientific meeting in Moscow? When we stepped from the plane we were received most enthusiastically by a group of about ten of the most important Russian physicists: I. Tamm, L. Landau, V. Veksler, Markov, E. Lifschitz, Smorodinsky, and others. We were given a most friendly and moving welcome. A few among the group I knew quite well from my previous visits and from my student days in Germany during the twenties, when a number of Russian students came to Western universities. Obviously they were deeply moved, after all these years of complete separation.

Nel corso di quelle giornate a Mosca ebbero perfino l’occasione di incontrarsi nelle abitazioni private. Per inciso, Weisskopf non nomina affatto Bruno Pontecorvo, all’epoca da poco emigrato in Unione Sovietica; gli echi della sua defezione erano ancora molto recenti e la comunità internazionale lo considerava probabilmente una sorta di “traditore”, non comprendendo le ragioni di questa scelta. Un analogo segno di distensione venne da Hannes Alfvén, che invitò i fisici russi L. A. Artsimovich e I. N. Golovin alla conferenza di astrofisica che si tenne a Stoccolma nell’ottobre 1956 [104]. Artsimovich e Golovin tennero seminari sui pinch e i tokamak, e conobbero sia Lyman Spitzer che Robert Pease, che guidava allora il programma britannico sulla fusione nucleare.7 Questi eventi stimolarono una prima ondata di declassificazione sui lavori nel campo della fusione. In particolare, Harwell rispose alla sfida di Kurchatov pubblicando una serie di articoli sul Philosophical Magazine e nei Proceedings della Physical Society nel gennaio del 1957. Il primo volume del 1957 dei Proceedings, datato 1◦ gennaio, conteneva infatti

7Uno dei primi sistemi per confinare un plasma portandolo ad elevati valori di densità e temperatura, è stato quello basato sull’effetto di compressione (pinch effect). In questo caso si sfrutta l’interazione tra la corrente che fluisce in un tubo di scarica e il campo magnetico generato dalla corrente stessa. Questa interazione genera una forza che comprime il plasma verso l’asse del tubo.

157 La macchina ZETA L. Bonolis lavori tutti inviati dai fisici britannici tra i primi di ottobre e i primi giorni di novembre [156] [103] [121] [2] [155] [67].

Figura 9.1: Eisenhower e Khruschev con le loro mogli Nina e Mamie ad una cena ufficiale nel 1959. Archivio National Archives and Record Administration.

158 Capitolo 10 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma

Nel gennaio del 1957, la prima fuga di notizie su ciò che si stava facendo ad Harwell, aveva attirato l’attenzione di Enrico Persico.1 Questi sviluppi sugli studi relativi alle applicazioni dei plasmi suscita- vano certamente il suo interesse a livello della fisica fondamentale e lo riportavano indietro nel tempo di molti anni, quando nel 1925, giovanissi- mo, aveva passato un anno in Gran Bretagna lavorando sotto l’influenza di Arthur S. Eddington, uno dei più eminenti scienziati britannici, noto astrofisico e direttore dell’Osservatorio di Cambridge. Nel 1919 James H. Jeans aveva messo in evidenza che un nuovo tipo di processo nucleare – la totale annichilazione di cariche positive e negative – poteva liberare energia sotto forma di radiazione gamma molto energetica [95, p. 286]. Allora si conoscevano solo gli elettroni e i protoni, così che questa appariva l’unica possibilità per spiegare l’origine di una radiazione tanto penetrante come i raggi cosmici, la cui natura elettromagnetica era generalmente data per scontata a quell’epoca. Anche Walther Nernst aveva ipotizzato che la radiazione “ultra-gamma” potesse essere prodotta nel corso di processi cosmici di formazione della materia nelle stelle rosse giganti [112]. Da considerazioni basate sulla durata di vita delle stelle, anche Eddington giunse alla stessa conclusione nel 1926 [80], condivisa dallo stesso Jeans [96]. Questi tentativi nascevano dall’esigenza di trovare una sorgente che fosse molto più efficiente in questo senso rispetto all’ipotesi di un processo di formazione di elio a partire dall’idrogeno nelle profondità dello

1Franca Magistrelli, testimonianza autobiografica in [58, p. 316].

159 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma L. Bonolis spazio, come invece sosteneva Robert Millikan con la sua teoria dei raggi cosmici come “vagiti degli atomi neonati” [144]. Nel 1922, subito dopo la laurea, Persico aveva lavorato all’Osservatorio Astronomico prima di passare come assistente di Corbino all’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, dall’ottobre del 1922.2 Durante questo periodo si era interessato di astrofisica e nel 1925 trascorse circa un anno all’Università di Cambridge, dove ebbe appunto modo di frequentare Eddington e P. A. M. Dirac [28, p. 273] [140, p. 295]. Il contatto con gli astrofisici di Cambridge contribuì a rafforzare l’interesse di Persico per l’astrofisica e in quell’occasione scrisse un fondamentale contributo pionieristico sulla teoria cinetica dei gas altamente ionizzati e uno sulle oscillazioni delle Cefeidi, un tema quest’ultimo che era stato qualche anno prima tra gli interessi di Eddington. Il primo dei due lavori, – che reca in calce la data Cambridge, dicembre 1925 – era stato pubblicato da Persico prima in versione italiana (“Sulla teoria cinetica di un gas completamente ionizzato e su alcune applicazioni astronomiche”) sulle Memorie della Società Astronomica Italiana: «Le attuali teorie sulla costituzione delle stelle portano a ritenere, come è noto, che nell’interno di esse la temperatura ascenda a diversi milioni di gradi, e quindi la materia vi si trovi in condizioni del tutto diverse da quelle realizzabili nei nostri laboratori» [123, p. 93]. Attraverso una più sofisticata formulazione matematica, Persico rielaborava precedenti calcoli di Eddington insieme al classico lavoro di Debye e Hückel [118, p. 531].3 La versione inglese comparve nel 1926 sulle Monthly Notices of

2Cfr. Cap. 3, nota 7. 3La versione italiana non fu inclusa da Amaldi e Rasetti nell’elenco dei lavori pubblicato in fondo alla biografia di Persico [28]. Come è stato rilevato, questo lavoro fu in seguito citato spesso accanto a quelli dei pionieri di questo campo di ricerca (B. Brunelli a E. Amaldi, Frascati 23 maggio 1977, AA scatola 12E, fascicolo 2). Del resto il suo interesse si misura dal fatto che fu citato più volte tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, quando questi temi tornarono di attualità e continuò ad esserlo anche negli anni ’70 e ’80. In particolare figurava tra

160 L. Bonolis L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma the Royal Astronomical Society [125], di seguito all’articolo sull’effetto di viscosità nelle oscillazioni di una Cefeide [124], entrambi presentati da Eddington. Nel corso del suo soggiorno a Firenze dal 1927 al 1930, Persico aveva anche avuto modo di frequentare intensamente Giorgio Abetti, direttore dell’Osservatorio di Arcetri, di cui Abetti aveva appena trasformato la denominazione in Osservatorio Astrofisico, costruendo proprio nel 1925 la prima torre solare d’Europa [55, p. 12].4 Persico, che si era sempre occupato a fondo di ottica, scrivendo un voluminoso trattato sull’argomento negli anni ’30,5 durante il suo periodo a Québec si era interessato all’ottica elettronica, ovvero alle proprietà ottiche di sistemi di trasporto di particelle cariche, lavorando sugli spettrometri magnetici per la spettrometria di massa, con disegni di profili magnetici molto avanzati. Il suo interesse era continuato a Roma e fu uno degli argomenti principali delle sue lezioni tenute nell’ambito della Scuola di Perfezionamento, che Carlo Bernardini seguì dopo la laurea:6

A quel punto, l’ottica elettronica lo aveva catturato e voleva insegnarci quali erano i problemi: sorgenti, proprie- tà cromatiche, tipi di focheggiamento, ecc. E spaziava dai microscopi agli acceleratori, dai sistemi di estrazione dei fa- sci agli spettrometri di massa. C’era poca letteratura. . . Se ricordo bene c’era un francese che aveva scritto qualcosina (Darmois); ma c’era Ageno che spingeva per avere il micro- scopio elettronico alla Sanità, che poi ha avuto. Ecco, questa, le referenze del citatissimo articolo di Lawrence H. Aller e Sidney Chapman “Diffusion in the Sun” [11], scritto dai due eminenti rappresentanti della fisica dei plasmi solari. 4Cfr. Cap. 3, nota 17. 5La prima edizione del suo famoso trattato Ottica, che conteneva ben 565 figure, comparve nel 1932 nella serie curata da Angelo Battelli e P. Cardani [126]. 6Carlo Bernardini, comunicazione personale, 20 giugno 2011. Il libro a cui si accenna è il trattato di Eugène Darmois [73], comparso qualche anno prima.

161 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma L. Bonolis

per uno come Persico, era una motivazione forte, che poi si corroborava con le cose pratiche, tecnologiche: quando usare campi elettrici e quando campi magnetici per farne elementi ottici con proprietà adeguate [. . . ]

Nel laboratorio annesso alla sua cattedra di Fisica Superiore venivano appunto portate avanti ricerche sperimentali riguardanti l’ottica elettroni- ca e, presumibilmente intorno al 1954, si era iniziato, in parallelo ad altre attività, a lavorare su una piccola sorgente di ioni, come ricorda Franca Magistrelli:7

[. . . ] intanto il professor Persico aveva deciso di costruire una sorgente di ioni a radiofrequenza per poter studiare una opportuna ottica elettronica per l’estrazione del fascetto ionico; e quindi mi applicai a questo lavoro.

Nel 1956 era entrato a lavorare nel Laboratorio di Fisica Superiore anche Bruno Brunelli, un fisico di qualche anno più anziano di Franca Magistrelli e allora assistente di ruolo. Con lui iniziò a quell’epoca a lavorare Alberto De Angelis per svolgere una tesi di laurea su una sorgente di protoni a plasma: Il plasma nella sorgente di ioni era per noi solo un mezzo per poter estrarre un fascetto di ioni con convenienti ca- ratteristiche. E tuttavia avevamo un plasma in laboratorio. E fu per questo che Persico, avendo letto della macchina ZETA inglese, che all’epoca sembrava aver prodotto neutroni da reazioni di fusione in un plasma, suggerì che la nostra attività si spostasse su questo argomento conducendo qual- che esperimento realizzabile nell’ambito di un laboratorio universitario. 7Franca Magistrelli, comunicazione personale, 15 giugno 2011. La citazione che segue è tratta dalla nota autobiografica di F. Magistrelli nel volume [58].

162 L. Bonolis L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma

Secondo Bruno Brunelli, lo stesso Fermi aveva sottolineato l’importan- za dello studio dei plasmi – accanto a quello dello sviluppo dei calcolatori – nel corso di conversazioni avvenute durante la Scuola di Varenna dell’e- state ’54 [119, p. 245]. Ciò non sorprende, se si tiene presente che Fermi a quell’epoca era di nuovo alle prese con i plasmi astrofisici, un interesse maturato in particolare dopo l’incontro con Hannes Alfvén nel 1948, a Chicago.8 Non è nemmeno affatto da escludere che Fermi fosse in qualche modo al corrente delle ricerche che venivano svolte segretamente negli Stati Uniti, considerando anche che lui stesso era stato coinvolto negli aspetti fisici riguardanti la bomba H, come già ricordato. Nel complesso, quindi, Fermi era tra le persone più esperte e maggiormente consapevoli dell’interesse degli studi sui plasmi, sia a livello della fisica fondamentale sia dal punto di vista applicativo. Le notizie sui recenti sviluppi degli studi legati alle applicazioni dei pla- smi comparsi in particolare nel gennaio del 1957 sulla stampa scientifica, e lo scalpore che da tempo suscitavano le notizie legate alla declassifica- zione di questo tipo di ricerche, si tradussero comunque in una proposta concreta fatta da Persico nel maggio del 1957, quella cioè di formare un gruppo di ricerca sui gas ionizzati costituito da Bruno Brunelli, Franca Magistrelli e il laureando Alberto De Angelis. In seguito a questa idea Persico e Amaldi decisero di partecipare di lì a poco al III Congresso Internazionale sui fenomeni di Ionizzazione nei Gas, organizzato quell’anno in Italia dalla Società Italiana di Fisica (SIF), che ebbe luogo a Venezia tra l’11 e il 15 giugno, nella sede della

8L’esistenza di nubi di plasma nello spazio interplanetario suggerita da Alfvén, era stata collegata da Fermi alla possibilità di spiegare i meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici. Proprio fra il 1953 e il 1954, quando gli studi sugli sciami estesi prodotti da primari nell’atmosfera stavano rivelando l’esistenza di particelle dotate di energie incredibilmente elevate, Fermi aveva ripreso, rielaborandola, la sua teoria dell’origine dei raggi cosmici pubblicata nel 1949 [82][85][86][83]. Si vedano a questo proposito le introduzioni ai suddetti lavori fatte da Hannes Alfvén e Subrahmanyan Chandrasekhar nella raccolta delle opere di Fermi [84].

163 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma L. Bonolis

Fondazione “Giorgio Cini”.9 Si trattava di conferenze che venivano tenute ogni anno, ma quella fu caratterizzata dal fatto che, oltre ad unire scienziati dell’Est e dell’Ovest, fu particolarmente notevole per «il numero eccezionalmente grande di relazioni e di comunicazioni», come osservava nel discorso introduttivo lo stesso Giovanni Polvani, presidente della SIF. Il notevole numero di articoli presentati da parte di fisici famosi come Marshall Rosenbluth e Vladimir Shafranov, pubblicati negli atti della conferenza, sarebbero divenuti fondamentali nell’ambito delle ricerche sulla fusione nucleare e la fisica dei plasmi [151]. Nel manifestare il suo apprezzamento per gli organizzatori, Polvani dava il benvenuto agli «scienziati di tutto il mondo» che, nel linguaggio poetico caratteristico di Polvani, si ritrovavano «a mezzanotte in quel salotto di trine marmoree che è Piazza S. Marco [. . . ] con la luna piena in cielo e un’altra in acqua».10 Ricordando la conferenza 32 anni dopo, Arnulf Schlüter, che all’epoca lavorava nel gruppo degli astrofisici guidati da Ludwig Bierman, capo della divisione astrofisica dell’Istituto di Fisica Max Planck diretto da Heisenberg, ha sottolineato quali fossero i caratteri di novità rispetto alle precedenti edizioni [148, p. 1725]: Quella fu la prima vera e propria conferenza internaziona- le, dove la fusione termonucleare ebbe una parte ufficiale negli atti. E in effetti, c’erano contributi sulla fusione non soltanto dal vicino continente europeo, ma anche dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ciò che rese quella conferenza diversa da tutte le altre che seguirono, fu che tutti e tre i lavori americani sulla fusione termonucleare controllata erano classificati come 9Ringrazio Edoardo Milotti per avermi fornito copia degli atti della conferenza di Venezia. 10Il convegno era stato organizzato dalla SIF con il contributo finanziario di SIF, Ministero della Difesa, CNRN, Istituto Nazionale delle Poste e Telegrafi, Fondazione “Giorgio Cini”, Laboratori CISE. La parte introduttiva contiene due ricordi di Giorgio Valle e un ricordo di John Townsend.

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segreti. Apparve anche chiaro che per ottenere la fusione il plasma ad alta temperatura deve essere confinato per mezzo di un campo magnetico. Tuttavia, come dovesse essere il campo, non venne detto, né fu rivelato come si potessero rag- giungere le alte temperature richieste, che tuttavia dovevano essere più di un fattore mille maggiore della più alta tem- peratura raggiunta fino a quel momento vicino all’equilibrio termico [. . . ] Il risultato della conferenza fu così in qualche modo ambiguo, non apprendemmo fino a che punto il lavoro era andato avanti negli Stati Uniti – ma certamente molto era stato fatto – molto di più di quanto fosse affermato nei più promettenti resoconti sperimentali [. . . ] Come osservavano alcuni partecipanti al congresso [88], il successo dell’incontro di Venezia risiedeva largamente nella presentazione di mate- riale realmente nuovo in un gran numero di lavori. Il tutto testimoniava quale ampia ed intensa attività di ricerca fosse effettivamente in atto su diversi fronti. A questo congresso presero parte anche Brunelli, Italo Federico Quer- cia e Carlo Bernardini, che fin dall’inizio aveva lavorato con Persico nella Sezione Acceleratore, tutte persone che già da qualche tempo si interessavano di fisica dei plasmi:11

In questa occasione vennero raccolte nel corso di colloqui privati con i personaggi di punta di queste ricerche una serie di informazioni sulle sorgenti di ioni (Schneider, Thonemann, Chenot), sull’utilizzazione delle microonde nella produzione di plasmi ad alta temperatura e nella misura dei loro para- metri caratteristici (Brown, Gilardini), inoltre si polarizzava

11Informazioni su questa fase preliminare furono in seguito riportate nella prima relazione ufficiale sull’attività svolta dal gruppo fino alla data del 30 novembre 1957. Laboratorio Gas Ionizzati – Resoconti organizzativi e scientifici, AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.

165 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma L. Bonolis

l’attenzione su quanto, nelle varie relazioni, veniva detto circa la produzione di alte temperature.

Nel frattempo Persico si era in qualche modo dimesso dal suo incarico ufficiale nell’ambito del progetto sul sincrotrone, come si deduce da una lettera che gli aveva scritto Giorgio Salvini nel febbraio del 1957:12 Caro Prof. Persico, rispondo alla tua lettera del 26 febbraio ’57 circa l’assegno mensile che tu ricevi dalla Sezione Acceleratore. Poiché tu metti in relazione l’ammonto dell’assegno al tuo contributo, desidero chiarire nel modo più esplicito che esso è sempre stato a mio giudizio sproporzionato, ma in senso opposto a quanto tu pensi. Infatti la Sezione Acceleratore deve a te, per tuo diretto contributo scientifico e per la tua opera di direzione scientifica del gruppo teorico, tutto il progetto teorico del sincrotrone, oltre che una generale educazione a questi problemi, della quale tutti noi abbiamo beneficiato. Comunque comprendo che quanto mi scrivi corrisponde ad una tua precisa intenzione, e ti comunico che l’ammini- strazione sospenderà il tuo assegno in obbedienza alla tua richiesta, a partire dal 1◦ Marzo 1957. Poiché abbiamo ragione di ritenere che alla fine di que- st’anno vi sarà una nuova ondata di problemi, mi permetto di considerare fin d’ora l’attuale trasformazione come reversibile. Nel frattempo noi tutti terremo presente la tua offerta di continuare come prima la tua collaborazione scientifica. Con molta gratitudine, e cordiali saluti, tuo Giorgio Salvini Per inciso conviene osservare che quel periodo coincide con lo sposta- mento a Frascati della Sezione Acceleratore. Per l’occasione Giorgio Sal-

12G. Salvini a E. Persico, 28 febbraio 1957, AP scatola 3, fascicolo 281.

166 L. Bonolis L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma vini inviava una lettera «Agli abitanti dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma»:13

Cari Amici, La Sezione Acceleratore se ne va a Frascati [. . . ] Ci muoviamo in un mare di casse: mi avete visto leticare coi trasportatori e avete visto il Prof. Quercia in maglietta e bello come Apollo trasportare i tavoli? La Sezione Acceleratore voleva fare con Voi una festicciola di saluto, ma in questi giorni è troppo complicato e siamo troppo sporchi [. . . ] Con molta gratitudine per il bellissimo tempo trascorso insieme e per l’ospitalità magnifica di questo Istituto, un caro arrivederci [. . . ] Giorgio Salvini

Nel ricordare alcune doti del carattere di Persico («i suoi modi sempre uguali chiunque fosse il suo interlocutore e la sua assoluta indisponibilità al benché minimo compromesso. Dote, quest’ultima, che poteva anche risolversi in un inconveniente all’atto pratico, e che era un aspetto di tutto un certo tipo di ‘pignoleria’, ma che mi sembrava comunque una sua caratteristica importante e inseribile in un quadro di limpidezza e di coerenza di vita »), Franca Magistrelli ha opportunamente sottolineato come Persico non avesse alcuna propensione per la direzione di gruppi numerosi:14

Era forse un po’ anche questo, insieme ad una spiccata avversione per certe inevitabili macchinosità amministrative e burocratiche, che lo portavano a non voler più fare parte di un gruppo quando questo si ingrandiva più di un tanto.

13G. Salvini a Persico ed altri, 27 giugno 1957, AP scatola 3, fascicolo 281. 14F. Magistrelli, nota 1.

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Amava dire che un gruppo non faceva più per lui quando superava un certo numero di persone; mi pare di ricordare che fissasse a 6 questo numero.

Secondo l’opinione di Magistrelli, fu proprio questo, oltre al maturare degli interessi legati all’affascinante mondo della fisica del plasma, a determinare il distacco dal gruppo del sincrotrone, «Ferma restando la sua massima apertura verso questi gruppi, come verso chiunque altro, ma su un piano personale e non inquadrato e programmatico». Il 23 giugno, una settimana dopo il Congresso di Venezia, Brunelli veniva inviato a visitare una serie di laboratori: l’Imperial College di Londra, il laboratorio di Saclay, vicino Parigi, e il CERN. Al suo ritorno si cominciò ad impostare l’organizzazione del nuovo gruppo e il 22 luglio Brunelli e Quercia presentarono un preventivo biennale nel corso di un incontro tenuto nella stanza di Amaldi. Il piano di azione da loro preparato includeva una rassegna dei laboratori dove si lavorava «sulla scarica dei gas»,15 si passavano in rassegna i nomi delle persone già disponibili16 e di quelle che si aspirava a cooptare.17 Inoltre veniva fatta una lista delle persone con cui parlare in Italia («Carrara, Firenze; Gilardini, Roma; Giulotto, Pavia; Chiorboli e Milone, Bologna; Prof. Vittorio Gazzi, Bologna; Laboratorio Castelgandolfo; Prof. Angelini; Istituto Sanità»), seguita dall’«Operazione stranieri», vòlta a contattare una serie di persone chiave a livello internazionale.18

15Aldermaston, Amsterdam, MIT, Livermore, Eindhoven, Urbana, Berne, Princeton, Bonn, Uppsala, Oxford, Harwell, Firenze (Carrara, microonde). 16Persico, teorico; Brunelli (De Angelis) organizzazione generale e microonde; Bernardini teorico; Magistrelli, laboratorio. 17«Wanted (Gozzini (Polacco) microonde, Zambrini, Mandò, Strumenti»; appariva anche necessaria la collaborazione di un elettrotecnico, uno spettroscopista e di un “fotografo rapido”. La fotografia ad alta velocità serviva infatti a produrre immagini del comportamento delle scariche nei gas ionizzati. 18«Harwell (Amaldi) Cockcroft; Oxford (Persico e Brunelli) Von Engel; MIT (Amal- di) Rossi e Brown; Saclay (Quercia: Winter e Taicts) (Ippolito?); Bonn (Quercia:

168 L. Bonolis L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma

Il preventivo presentato era relativo ad un progetto per iniziare a livel- lo universitario il lavoro sulla fusione «in locali preesistenti», con una amministrazione in prestito nel corso di due anni finanziari e prevedeva una spesa di 82,4 milioni per il personale (Personale, Tecnici alto livello, Tecnici laboratorio), e una cifra di 46,4 milioni per gli strumenti. Il totale previsto raggiungeva 145,8 milioni di lire, incluse una serie di altre voci (materiali di consumo, Lavorazioni esterne, Documentazioni e viaggi).19 Nel frattempo Amaldi avrebbe anche preso contatto con la Segreteria del CNRN Inoltre, poiché si prevedeva che le microonde avrebbero avuto un ruolo essenziale nel laboratorio, Franca Magistrelli iniziava uno studio in questa direzione.20 Cinque giorni dopo, il 27 luglio, una nuova riunione ha luogo nella stanza di Amaldi, a cui partecipano Persico, Quercia e Brunelli e nel corso della quale vengono riprese le discussioni del piano presentato il 22 decidendo di «continuare lo studio della sorgente di ioni del tipo di Thonemann e di iniziare un laboratorio di microonde e di spettroscopia essenziali per le misure sui plasmi». Veniva ribadito che per la realizzazione di questa prima fase appariva opportuno prendere una serie di contatti con laboratori che lavoravano in questo campo, cercando di ingaggiare qualche specialista.21

Wincler); Urbana (Brunelli e Gilberto Bernardini per Goldstein); Amsterdam (Brunelli Kistemaker); Uppsala (Amaldi Siegbahn)». 19Tutti i dati precedenti provengono dal “Piano Quercia Brunelli”, AP scatola 15, fascicolo 72. 20Relazione preparata alla fine di novembre del 1957 (vedi nota 11). 21A questo proposito si stabiliva quanto segue: «1) Il Prof. Amaldi scriverà a Mann per chiedergli di contribuire nel lavoro di spettroscopia durante il suo soggiorno a Roma nel prossimo anno accademico. Ai primi di settembre prenderà contatti con i fisici inglesi. 2) Il Prof. Persico scriverà al Prof. Bernardini per saggiare la possibilità di ingaggiare un esperto in scarica nei gas da Urbana. 3) Il prof. Quercia scriverà ad un allievo del Prof. Carrara. 4) Brunelli alla fine del c.m. avrà colloqui con la Ballario, con Carrara, Gilardini, Chiodoli, Grassi e gli astronomi di Castel Gandolfo; cercherà un perito radiotecnico ed ai primi di settembre andrà ad Amsterdam (Kistemaker) ed a Oxford

169 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma L. Bonolis

Due giorni prima Persico aveva scritto a Bernardini:22

Caro Gilberto, come sai c’è nel nostro istituto un gruppo che da tempo lavora ad una sorgente di ioni, principalmente con lo scopo di impratichirsi della tecnica e della teoria dei gas ionizzati. L’interesse crescente che presenta ora questo gruppo di ricerca, anche in vista di eventuali applicazioni agli acceleratori e alla fusione nucleare, ha suggerito ad Amaldi e a me di ampliare e potenziare questo gruppo, con mezzi che il C.N.R.N. sarebbe disposto a fornire quando sarà approvata la Legge per l’Energia Nucleare. Si tratterebbe, in un primo tempo, di mettere a punto le tecniche di studio (elettrico, spettroscopico etc.) del plasma, e di produzione di scariche ad alta intensità [. . . ] Pensiamo di poter accrescere gradualmente il gruppo con fisici ed ingegneri reclutabili in Italia, ma ci sembra necessario avere fin da principio una persona già esperta di questo genere di ricerche, e questa pensiamo sia necessario cercarla all’estero. Ti scrivo perciò per chiederti se ci puoi suggerire, tra le persone che conosci a Urbana o altrove, un fisico sperimentale, di media anzianità e posizione accademica, che abbia già lavorato in questo campo e che sia disposto a trasferirsi a Roma, su contratto per un anno o eventualmente due [. . . ]

(Von Engel)». “Promemoria sulle conclusioni raggiunte nella riunione organizzativa del laboratorio ‘Plasmi’, tenuta il 24/7/1957 nella stanza del Prof. Amaldi”, AP scatola 15, fascicolo 72. 22E. Persico a G. Bernardini, 25 luglio 1957, AP scatola 15, fascicolo 72.

170 Capitolo 11 I primi passi del Laboratorio Gas Ionizzati

Durante il mese di luglio, prima della pausa estiva, Persico inviava un paio di messaggi a J. Kistemaker del Laboratorium Voor Massaspectro- grafie Stichting F.G.M. di Amsterdam, per annunciare l’arrivo di Brunelli i primi giorni di settembre.1 A metà agosto Brunelli, ancora a Folgaria in vacanza, scrive anche ad Amaldi:2 [. . . ] ho ricevuto una lettera di Reynolds dal CERN: in essa egli mi indica qualche nome, a cui ci si può rivolgere per chiedere fisici inglesi. Inoltre accenna a una possibile visita in Italia del Dr. Linhart (CERN) in settembre. Questi sarebbe disposto a tenere “informal lectures” sui plasmi. Sicuro di interpretare il Suo pensiero ho scritto a Linhart che è graditissima una sua visita al nostro Istituto. Sarà a Roma alla fine di agosto [. . . ] Jirka G. Linhart, che faceva parte della sezione del Protosincrotrone al CERN, aveva partecipato al Convegno di Venezia (“Analysis of Contrac- tion Processes in Neutralised Beams”) e ora appariva disponibile

1E. Persico a J. Kistemaker, 29 luglio 1957 («We are planning to investigate high temperature phenomena by means of electrical discharges in gases. Whilst the experimental apparatus is being prepared, we are getting familiar with the fundaments of gas discharge physics preparing a proton source of the Thonemann type. I think it would be very useful that one of my Assistants, Dr. B. Brunelli, could come to Amsterdam and discuss with you our research program in order you can give him some advices») e risposta di quest’ultimo il 12 agosto; AP scatola 15, fascicolo 72. 2B. Brunelli a E. Amaldi, AA scatola 158, fascicolo 1, sottofasc. 2.

171 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis a tenere una serie di seminari sulla fisica dei plasmi: «Io l’ho senz’altro invitato, sicuro che Lei e il Prof. Amaldi sarebbero stati d’accordo», scriveva Brunelli a Persico da Folgaria.3 Tra il 4 e il 9 settembre Brunelli, d’accordo con Amaldi, Persico e il Segretario del CNRN Felice Ippolito, completò il suo giro presso i laboratori sui plasmi ad alta temperatura,4 e nella sua relazione faceva le seguenti considerazioni generali:6 1) con una trentina di milioni di attrezzatura vi è possibi- lità di realizzare delle esperienze che abbiano non solo uno scopo introduttivo, ma anche un interesse di avanguardia; 2) ciascun gruppo di ricerca è formato di almeno 6 fisici esperti nel campo e comunque già formati; e nei laboratori a

3«Il programma delle lezioni è il seguente: 1) Derivation of fundamental hydro- magnetic equations of plasma; 2) The plasma confinement by magnetic fields instabi- lities; 3-4) The heating of plasma to high temperatures and the energy losses from hot plasma; 5) The ignition and propagation of a thermonuclear flame; 6) Some other applications (e.g. in the field of particles accelerators) Il dr. Linhart desidererebbe distribuire questi seminari nella prima quindicina di settembre a partire dal 2 o 3 del mese [. . . ] Purtroppo la mia visita ad Amsterdam si sovrapporrà con qualche seminario di Linhart; spero però che sia possibile diradare i seminari durante la mia assenza in modo che ne perda al più uno o due [. . . ]». B. Brunelli a E. Persico, 27 agosto da Folgaria, AP scatola 15, fascicolo 72. 4Visitava il Laboratorium Voor Massenspectrografie di Amsterdam, Il Physikalischen Institut der Technischen Hochschule di Aachen e Il Clarendon Laboratory a Oxford. Brunelli commentava che le ricerche all’Imperial College si trovavano ancora in una fase iniziale e che i risultati di Saclay erano stati descritti in una relazione di P. Hubert al Convegno di Venezia, mentre ad Aachen stavano «studiando il pinch e la stabilità di una scarica lineare prodotta tra due elettrodi in un cilindro lungo 25 cm e del diametro di 5 cm. Il banco di condensatori è di 73 µF caricati a 2,5 KV».5 Quanto alla visita al CNRN Brunelli parlava di un gruppo di sei fisici che stavano studiando la possibilità di realizzare una macchina acceleratrice con plasma. Per la fine del corrente anno speravano di avere in funzione un betatrone di circa 1 MeV. Il laboratorio era ancora in fase di montaggio. 6B. Brunelli, “Relazione sulle visite ai laboratori stranieri di ricerca sui plasmi ad alta temperatura”, AP scatola 15, fascicolo 72.

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carattere universitario ho trovato, più che la disposizione, il desiderio di collaborare fattivamente con noi. Tanto è vero che nel giro di un mese, è stato possibile organizzare una serie di seminari specializzati, avere informazioni varie, oltre quelle avute durante le visite, ed avere l’indirizzo di qualcuno dall’estero disposto a venire a Roma a lavorare per un anno o due [. . . ]

Nel corso del suo viaggio, Brunelli aveva raccolto dati e indirizzi per reperire le apparecchiature, ma soprattutto aveva potuto chiarire una serie di punti chiave:7

1) Le microonde non sono efficienti nel riscaldare il plasma 2) È possibile fare una esperienza di avanguardia disponendo di una trentina di milioni 3) È fondamentale e poco dispendio- so l’uso delle sonde per studiare le caratteristiche dei plasmi 4) Da Kistemaker e da Von Engel, indipendentemente, viene sug- gerita un’esperienza riguardante l’effetto della temperatura delle superfici metalliche sulla ricombinazione degli ioni.

Tra personale, strumenti e apparecchiature, ed altre voci risultava che la cifra da chiedere al CNRN sarebbe stata di 42 milioni, da integrare con 10.3 milioni da ottenere attraverso altre fonti.8 Tra il 17 e il 20 settembre, su richiesta del Segretario Generale del CNRN Felice Ippolito, Brunelli preparava un preventivo per un programma ridotto della durata di un anno, il cui personale di ricerca prevedeva anche

7Si veda la relazione sull’attività svolta fino al 30 novembre 1957 (Cap. 10, nota 11). 8Alcune note a mano precisano quanto segue: «senza spettroscopia e con con- densatori da Lepri 33,0 e 4,3 spese personale/spese apparecchi=0,6 (0,9 nel prog. senza spettroscopia)». B. Brunelli,“Preventivo per un programma ridotto di ricerca sui plasmi (1 anno)”, 17 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 72.

173 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis un fisico straniero.9 Il nuovo preventivo, che sostituiva quello biennale su una scala più ampia di 145 milioni di lire, veniva ridotto a 43 milioni per la durata di un anno, riducendo il personale e le apparecchiature. Esaminato il nuovo preventivo, il 21 settembre Ippolito decideva di anticipare 10 milioni per mantenere in vita il nuovo gruppo, non previsto nel bilancio finanziario dell’anno in corso e per acquistare qualche apparecchiatura strettamente necessaria. Secondo le speranze questo primo nucleo avrebbe costituito la base per un futuro più ampio gruppo. Come commentava Brunelli molti anni dopo: «Per fortuna in quegli anni avevamo Ippolito che rispondeva molto velocemente alle nostre richieste. Del resto Amaldi garantiva per noi. E siamo andati molto alla svelta [. . . ]» [119, p. 247]. Il programma previsto, alla data del 1◦ ottobre 1957, risultava essere il seguente:10 1) Studiare la esistente sorgente di protoni per quanto riguarda il problema della ricombinazione dell’idrogeno ato- mico sulle pareti e lo studio mediante sonde di Langmuir dei principali parametri, da cui dipende l’intensità del fascetto di protoni.11 2) Progetto di una esperienza sul plasma ad alta tem- peratura. Tale progetto è già stato iniziato e prevede la

9In quel periodo Brunelli aveva avuto una lettera da Reynolds in cui accennava all’interesse di J. E. Allen, un esperto di plasmi del centro di Harwell, a trascorrere a Roma un periodo di uno o due anni. Si veda la lettera di F. Reynolds (Proton Sinchrotron Division del CERN) a B. Brunelli dell’11 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70. 10B. Brunelli, “Organizzazione del Laboratorio su Gas Ionizzati (situazione alla data del 1◦.X.’57)”; si veda anche B. Brunelli, “Preventivo per un programma ridotto di ricerca sui plasmi (1 anno)”, 17 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 72. 11Per la realizzazione di questo programma si ritenevano strettamente necessari: 1 fisico (Dr. F. Magistrelli) e un laureando, 1 tecnico di laboratorio (ancora da nominarsi), componenti della sorgente, 1 banco da vuoto, attrezzatura da vuoto, materiale di consumo, lavorazioni esterne, imprevisti.

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compressione adiabatica e magnetica di un plasma entro un cilindro senza elettrodi del volume di un litro.12

Si prevedevano inoltre consulenze, seminari, documentazione, e viag- gi.13 Nella deprecata eventualità che all’inizio del 1958, ossia allo scadere dei tre mesi a partire dal 15 ottobre, il Laboratorio avesse dovuto dissol- versi per mancanza di fondi, si sarebbe posto il problema di sistemare convenientemente il fisico e il tecnico di laboratorio assunti. Perciò si era ritenuto opportuno garantire loro uno stipendio adeguato per sei mesi anziché per tre, come appare infatti dal contratto fatto a Franca Magistrelli in data 15 ottobre.14 Tuttavia, nella auspicata eventualità che all’inizio del 1958 potessero aprirsi maggiori possibilità economiche di finanziamento, si faceva notare che, per una ricerca di un certo respiro sul plasma, il preventivo di L. 43.000.000 per il programma annuale ridotto sarebbe stato del tutto insufficiente. In data 18 ottobre 1957 il Presidente ed il Segretario Generale del CNRN firmavano il decreto costitutivo del «gruppo di ricerca sui gas ionizzati». Nel frattempo Persico e Amaldi si erano attivati presso la comunità scientifica internazionale per invitare studiosi di rilievo a collaborare o a tenere cicli di seminari. Nella prima settimana di settembre Linhart tenne

12A questo progetto si sarebbe dedicato Brunelli, il cui stipendio era già garantito. Alcune attrezzature senz’altro necessarie per la realizzazione di questo progetto e comunque di uso generale nelle ricerche sul plasma erano: 1 banco di condensatori (14.000) joule e 2 oscillografi rapidi. 13In un documento adiacente al precedente veniva specificato quale sarebbe stato l’impiego dell’anticipo di 10 milioni: «Fisico; Consulenze; Tecnico di laboratorio; Documentazione, viaggi e Segreteria; 1 Banco da vuoto; 1 banco condensatori non speciali (14.000 joule); 1 oscillografo; Strumenti elettrici; Elettronica varia; Sorgente: componenti e spettrografo; Attrezzatura da vuoto; Materiale di consumo; Lavorazioni esterne. Totale: 10,28 milioni». 14«La S.V. è assunta a contratto presso il Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari in qualità di fisico, alle dipendenze del prof. Bruno Brunelli [. . . ]». L’originale del contratto è attualmente conservato da F. Magistrelli.

175 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis una serie di lezioni su argomenti di carattere fondamentale,15 e in quella occasione discusse con Persico il problema del calcolo del coefficiente di riflessione magnetica di un plasma confinato in un particolare campo magnetico. Campi magnetici sufficientemente intensi modificano le orbite degli ioni e degli elettroni di un plasma facendo sì che questi si muovano a spirale intorno alle linee del campo. Questo impedisce la fuga delle particelle attraverso le linee del campo, ma non limita il loro moto lungo le linee di forza. Questa risultava appunto essere una delle più impor- tanti ragioni di fuga di un plasma imbottigliato in un campo magnetico. Linhart aveva di recente proposto e parzialmente risolto un particolare problema legato al confinamento [106], per il quale Persico troverà una soluzione generale e più dettagliata facendo una valutazione approssima- tiva di tale perdita sotto certe particolari ipotesi.16 Per ottenere energia dalla fusione è necessario scaldare e poi confinare il plasma abbastanza a lungo, in modo che l’energia rilasciata dal processo sia superiore a quella richiesta per scaldare il combustibile nucleare alle temperature necessarie. All’epoca appariva ormai chiaro che i plasmi, in qualsiasi configurazione magnetica sperimentata, mostravano fenomeni di instabilità e turbolenza, che si traducevano in una rapida perdita di plasma. I problemi relativi agli effetti negativi della turbolenza sul confinamento erano ormai uni- versalmente noti e rappresentarono anche successivamente il problema centrale delle ricerche sulla fusione. Dalla collaborazione tra Persico e

151) Derivation of fundamental hydromagnetic equations of plasma 2) Confinement of plasma by magnetic field. 3) Confinement of plasma by magnetic fields produced by currents outside the plasma. 4) Heating of plasma. 5) Ignition and propagation of a thermonuclear flame. 6) Application of relativistic plasma to accelerators. 16In linea generale la soluzione di questo tipo di problema ha diviso a suo tempo i fusionisti in due gruppi distinti: quelli che risolvevano il problema della fuga usando sistemi a campo chiuso – configurazioni le linee del campo che si chiudono all’interno di una camera a forma di ciambella, una configurazione toroidale – e quelli che studiavano sistemi a campo aperto, cioè utilizzando un fascio di linee di forza a forma di tubo e rinforzando il campo alle estremità in modo da creare dei veri e propri “specchi magnetici”, in grado di riflettere le particelle verso l’interno della camera da vuoto.

176 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati

Linhart scaturì in breve tempo l’articolo “plasma Loss from Magnetic Bottles” inviato al Nuovo Cimento nel marzo del 1958 [135]. Natural- mente l’articolo faceva riferimento al gruppo di lavori appena comparso sulla rivista Nature. Nel corso del suo soggiorno Linhart suggerì anche la possibilità di eseguire una esperienza dell’entità di quella portata avanti ad Aachen, così che il gruppo iniziò a lavorare alla realizzazione di una sorgente di protoni a radio-frequenza adatta a studiare l’effetto della temperatura delle superfici metalliche sulla ricombinazione degli ioni, alla realizzazione di uno spettrografo per l’analisi di massa del fascio, come pure al progetto e organizzazione dell’esperimento sulla compressione magnetica dei plasmi suggerita da Linhart. Quest’ultimo successivamente si trasferirà definitivamente in Italia. Il contatto con l’inglese Allen si concretizzava rapidamente attraverso uno scambio di lettere con Persico:17

As you probably know Prof. Amaldi and I are trying to organize in Rome a small group doing some research on plasma physics on the experimental as well as on the theoretical side. We are confident to get for this project some financial support by the “Comitato Nazionale Ricerche Nucleari” as soon as the Atomic Energy law will be approved by the Parliament: this ought to happen in a few months. In this case, we could enroll a few young physicists and engineers (beside the 2 or 3 already interested) and set up a specialized laboratory which, at the beginning, would be at a relatively modest scale but could perhaps expand in future. Besides, we would like to invite from abroad some expert on plasma physics to lead the experimental work for a year or two, since nobody here has any experience in this field.

17E. Persico a J.E. Allen, 15 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.

177 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis

I have heard that perhaps you would be interested in coming to Rome for a while, and I have informed Amaldi of this possibility [. . . ] Allen si mostrava disponibile a trascorrere almeno due anni in Italia, con l’obiettivo di raggiungere consistenti risultati («I think that two years woud be preferable to one [. . . ] as I would like to achieve some solid results, and a year soon passes [. . . ]».18 Nel frattempo, l’estate precedente Amaldi aveva accennato a Rasetti la possibilità che lui potesse trascorrere in Italia un periodo tra il 1958 e il 1959 per occuparsi di spettroscopia delle scariche nei gas, come lo stesso Rasetti raccontava a Persico in una lettera datata 11 ottobre:19

Egli crede che sia un campo che stia per acquistare molto interesse con lo svilupparsi delle reazioni termonucleari [. . . ] Ricordo che a Roma mi dicesti che avevi intenzione di dedi- carti alla teoria dei gas ionizzati e argomenti connessi; non so se i problemi a cui ti interessi confinino con quelli a cui pensa Amaldi [. . . ]

Questa lettera dimostra che sia Persico sia Amaldi avevano cominciato a pensare alla questione “gas ionizzati” fin dal 1956, stimolati molto

18Descrivendo il suo lavoro presso la United Kingdom Atomic Energy Authority, proponeva di muoversi lungo due direzioni: 1) Study of plasma Boundaries [. . . ] 2) Study of plasmas and their interactions with Magnetic Fields [. . . ] Such experiments would be (roughly speaking) a continuation of work which Dr. Reynolds and I have done at Harwell (reported in Venice last June) and/or a continuation of experiments which Professor Craggs and I have described in Brit. J. Appl. Phys. 1954. For both (1) and (2) a large aperture quartz spectroscope would be useful. Clearly the programme can only be decided after discussions with Prof. Amaldi and yourself, but I have given the above outline to give you some idea of the kind of equipment required in this work [. . . ]. J.E. Allen a E. Persico, 23 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70. A Venezia Allen aveva presentato un lavoro proprio con Reynolds: “Ring Discharge of Short Duration”. 19F. Rasetti a E. Persico, 11 ottobre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.

178 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati probabilmente anche dall’ondata di interesse e dalle reazioni suscitate dalla visita della delegazione sovietica a Harwell. Come Persico, anche Amaldi, che frequentava abitualmente gli ambienti internazionali, era particolarmente sensibile all’interesse scientifico e applicativo delle ricerche in corso, trapelate in quella occasione. D’altra parte, fin dall’inizio degli anni ’50, il suo atteggiamento era sempre stato quello di allargare il più possibile l’orizzonte culturale della fisica italiana, favorendo lo sviluppo e l’apertura di nuove linee di ricerca, in particolare nell’Istituto romano, come ricorda Gianfranco Chiarotti, uno dei pionieri della fisica dello stato solido in Italia:20 «Furono Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Marcello Conversi che mi contattarono: si voleva sviluppare a Roma un’attività di Fisica dei solidi». Questa strategia si basava in modo naturale anche sulla naturale esigenza di Amaldi di essere al corrente degli sviluppi più recenti:

Amaldi era sicuramente una personalità molto forte e motivata, ed ha avuto un’importanza enorme nella fisica e nella scienza italiana. Amaldi aveva una curiosità per tutta la fisica, voleva sapere per filo e per segno cosa facevano tutte le persone dell’Istituto de “La Sapienza”. Quando io venni a Roma, mi disse: «Un giorno mi devi far venire in laboratorio e spiegare quello che fai».

Persico rispondeva all’amico Rasetti con comprensibile entusiasmo, fornendogli anche una descrizione dei lavori in corso e dei metodi se- guiti, compresa una dettagliata bibliografia secondo quanto richiesto da Rasetti:21

[. . . ] la prospettiva che tu venga per qualche tempo a lavorare con noi mi sorride moltissimo, e penso inoltre (a

20G. Chiarotti, testimonianza autobiografica in [60]. 21E. Persico a F. Rasetti, 22 ottobre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.

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parte le ragioni personali) che il nascente gruppo del plasma se ne avvantaggerebbe in sommo grado [. . . ] Il futuro di questo gruppo del plasma è naturalmente legato allo stanziamento di fondi da parte del C.N.R.N., che a sua volta dipende dalla approvazione di un certo disegno di legge per le ricerche nucleari. Sembra però che ci siano buone speranze. In attesa stiamo cercando di imparare che cosa è il plasma. Abbiamo invitato Linhart, un inglese che lavora al CERN, a farci una serie di 6 lezioni su questa roba, e poi leggiamo tutto quello che possiamo. Io dovrei essere il teorico di questo gruppo (ho rifiutato ogni lavoro organizzativo). Di sperimentale per ora non c’è praticamente nulla salvo lo studio di una sorgente di ioni a radiofrequenza, che è più che altro un’occasione per avere a che fare con un oggetto contenente plasma.

A questo riguardo anche Amaldi si stava muovendo con D. E. Mann, del National Bureau of Standard di Washington, ricevendo da lui assicu- razioni che, durante l’anno di permanenza a Roma dal novembre 1957, avrebbe fatto da consulente nel progetto di spettroscopia dei plasmi.22 A partire dal 19 novembre 1957, Persico lasciò la cattedra di Fisica Superiore per passare a quella di Fisica Teorica, la qual cosa comportò la chiusura del laboratorio di Fisica Superiore. Tuttavia egli continuò a seguire l’attività di ricerca e a impegnarsi nel promuovere i contatti utili al suo sviluppo.23 Bohm rispondeva il successivo 27 novembre

22Si veda la lettera scritta da D. E. Mann a E. Amaldi, 20 settembre 1957, AA scatola 158, fascicolo 1, sottofasc. 13. 23Vedi lettera scritta da Persico a , il 19 novembre: «We hope to get in a few months from the C.N.R.N. financial support for starting an experimental program: meanwhile, with the limited funds at our disposal we want to prepare some young physicists and engineers trained to such problems. It would be extremely useful for us if you could come to Rome for a while to give some seminars on plasma physics and discuss such questions with our group [. . . ] for one month» (AP scatola 15,

180 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati accettando l’invito e proponendo di tenere i suoi incontri nel marzo dell’anno successivo.24 Altri contatti vennero presi in quel periodo con Otto Klemperer, un esperto in ottica elettronica che lavorava all’Imperial College di Londra,25 e con Alfredo Bañoz Jr., del Dipartimento di Fisica dell’Università della California, un esperto di plasmi che sia Persico che Amaldi furono lieti di ospitare a Roma dove, grazie a una borsa Fulbright, si trattenne alcuni mesi a partire dal febbraio 1958, favorendo con la sua presenza l’aggiornamento del gruppo.26 Il 30 novembre 1957 viene redatto il primo rapporto di attività. A quella data il personale risulta costituito da Bruno Brunelli (ricercatore capo gruppo), Franca Magistrelli (ricercatore con contratto provvisorio di 6 mesi a partire dal 15 ottobre ’57, in attesa di approvazione della legge stralcio), Ugo Ascoli (ricercatore a mezzo tempo dal novembre ’57, in attesa di distaccamento dalle FF.SS.), Alberto De Angelis (laureando), fascicolo 70). Bohm, che aveva lasciato gli Stati Uniti nel ’51, all’epoca della caccia alle streghe di McCarthy, si era appena spostato a Bristol dopo essere vissuto molti anni in Brasile, aveva appena rinunciato pubblicamente alla sua fede marxista dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica. 24L’11 dicembre Persico gli scriveva ringraziandolo e raccontando per sommi capi la loro attività: «I hope that when you will come here the financial questions will be settled and the experimental program will be already going. We are now discussing a possible experiment on plasma constricted in a cylindrical vessel by a longitudinal pulsed magnetic field. The theoretical training of the group is based chiefly on Spitzer’s and Alfvén’s books and on some seminars given here last summer by Prof. Linhart of CERN. Of course we read some papers and join periodically to discuss them (unfortuately I cannot spare for this work all the time I would like». Le lettere sono conservate in AP scatola 15, fascicolo 70. 25Si vedano le lettere di O. Klemperer a E. Amaldi, 11 dicembre 1957, quella di Klemperer a Persico, 17 dicembre 1957, e di Persico a Klemperer del 23 dicembre 1957 («I think that your three lectures on “Space charge and electron optics” will be very interesting and useful not only for the group working on ionised gases but for many other people too.»), ed altre della primavera successiva, AP scatola 15, fascicolo 70. 26E. Persico a A. Bañoz Jr., 19 dicembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.

181 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis

A. Bernardini (tecnico di laboratorio con contratto in prova per 3 mesi a partire dall’11 novembre ’57), un tecnico meccanico (a fattura per un mese). Persico e Amaldi figurano come “supervisori scientifici” del gruppo, a cui ci si aspetta che nell’immediato futuro si unisca anche Sergio Segre.27 I lavori sperimentali e teorici si indirizzavano verso lo studio della sorgente di ioni («una sorgente con pareti parzialmente metalliche e riscaldabili», secondo il suggerimento di Kistemaker e Von Engel),28 e l’analisi del fascio. Sulla scena internazionale era nel frattempo accaduto qualcosa che segnava l’avvento di una nuova èra per l’umanità: il 4 ottobre, l’URSS aveva lanciato lo Sputnik 1, nell’ambito dell’International Geophysical Year. L’evento fu uno shock per gli Stati Uniti, a cui seguì nel giro di pochi mesi la fondazione della NASA (National Aeronautics and Space Administration) e nella primavera del 1958 il lancio dei satelliti Explorer che avrebbero scoperto le fasce di plasma ionizzato che circondano la Terra, denominate poi fasce di Van Allen. Questi risultati e la lunga esperienza con i raggi cosmici avrebbero di lì a poco stimolato Bruno Rossi ad attivare un gruppo di studio al Massachusetts Institute of Technology che nel 1961 dimostrò l’esistenza del vento solare, un flusso di plasma continuamente emesso dal Sole nello spazio, frutto dell’espansione della

27Gli incarichi risultano così suddivisi: «Brunelli: Organizzazione, Progetto dell’e- sperienza sulla compressione dei plasmi. Tesi di De Angelis; Magistrelli: Segreteria scientifica. Vuoto. Comportamento elettrico del plasma nella sorgente. Studio del plasma con sonde; De Angelis: Progetto della sorgente. Analisi del fascio; Ascoli: Programma di studio dei plasmi; seminari sulle equazioni del plasma. Collaudo del banco di condensatori da 14.000 joule; Bernardini A.: Tecnico di laboratorio. Frequenza alle lezioni di elettronica (Prof. Quercia) e alle lezioni di matematica (Dr. Brunelli)». Vedi relazione citata nella nota 11. 28A questo proposito, nel frattempo Magistrelli si occupava del «calcolo dell’impe- denza di un condensatore avente come dielettrico un plasma eccitato a radio-frequenza; calcolo essenziale per poter comprendere il comportamento elettrico della sorgente da adattarsi al generatore di radio-frequenza».

182 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati corona dotata di temperature dell’ordine del milione di gradi Kelvin. Intanto, in quell’autunno del 1957, nel corso di una conferenza te- nuta a Princeton il 17 e il 18 ottobre, vennero resi noti i primi risultati ottenuti con la macchina ZETA di Harwell, in funzione da circa un mese, contemporamente ad alcuni risultati americani. Il velo sollevato sulle ricerche britanniche e americane suscitò un enorme interesse nella stampa e indusse un eccesso di ottimismo sulle prospettive della fusione nucleare nel vicino futuro. Già nel corso delle prime settimane di attività della macchina ZETA sembrò che fossero prodotti neutroni in gran numero e questo causò grande eccitazione nella comunità scientifica. Ma la doman- da fondamentale era: si trattava di neutroni termonucleari? Kurchatov aveva già messo in guardia sulla possibilità che i fasci di ioni accelera- ti ad energie altissime potessero produrre neutroni interpretabili come provenienti dal plasma ad alta temperatura. Si trattava di una distinzio- ne fondamentale, che avrebbe seriamente condizionato la possibilità di estrapolare i risultati in vista di un impianto per la produzione di energia da fusione. L’incertezza sarebbe stata risolta se fosse stato possibile misurare accuratamente la temperatura del plasma, ma le tecniche per farlo erano ancora ai primordi. La pressione crebbe perché Harwell facesse un comunicato ufficiale. Così, mentre il primo satellite lanciato dai russi si disintegrava a contatto con l’atmosfera terrestre e il secondo finiva di completare i suoi giri, le ricerche relative al controllo delle reazioni termonucleari in Gran Bretagna e USA venivano ufficialmente annunciate in comunicati e lavori scientifici presentati il 24 gennaio dall’Atomic Energy Commission e dalla United Kingdom Atomic Energy Authority. Gli articoli corrispondenti apparvero il giorno dopo, nell’edizione del 25 gennaio 1958 di Nature [157][154][10][65][90][64][92]. Il punto su cui si focalizzava l’atten- zione era menzionato in particolare nel primo articolo, dove si affermava specificamente che «the flux so far obtained was insufficient to obtain a sufficient accuracy of measurement to show that a thermonuclear process was responsible for the neutrons». Nonostante questa cautela,

183 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis relativa alla presunta produzione di neutroni da fusione, la stampa si impadronì della notizia e gridò al successo dell’esperimento di fusione con la macchina ZETA che nel giro di vent’anni avrebbe reso possibile ottenere energia elettrica usando l’idrogeno degli oceani. I giornalisti erano stati invitati a visitare Harwell qualche giorno prima, così il 25 gennaio le testate dei giornali britannici riportarono titoli del tipo: “To Britain – a Sun is Born” oppure “H-power everlasting”, e il Daily Mail lo definiva addirittura “A triumph as great as the Russian Sputnik”. La recente crisi di Suez aveva messo in evidenza che il Regno Unito non era più una potenza mondiale e questo successo sembrava riportare il paese a un livello competitivo almeno nel campo scientifico. Gli scienziati che lavoravano con ZETA venivano quindi descritti come «the atom men who won Round One in the race with the scientific big brothers, Russia and America». Come ricordò nel 1963 lo stesso John Cockcroft, direttore del centro di Harwell che ospitava la macchina ZETA, successivamente fu più volte ribadito che molti anni di intenso lavoro sarebbero stati richiesti per ottenere in laboratorio un dispositivo in grado di produrre più energia di quella consumata e che dopo di ciò sarebbero stati necessari ancora molti anni per sviluppare una unità dalle dimensioni tali da ottenere energia su grande scala. «Ma non fummo creduti», sottolineava più avanti Cockcroft [68, p. 389]. In verità lui stesso si era mostrato evasivo sulla faccenda; tuttavia, messo sotto pressione, si era spinto ad affermare che, secondo la sua opinione, al 90% i neutroni osservati derivavano da reazioni di fusione. Sei mesi più tardi fu chiarito che effettivamente gli spettri di neutroni osservati erano inconsistenti con una origine termonucleare, ma erano piuttosto da attribuirsi alla produzione di deutoni accelerati. La reale temperatura del reattore era molto inferiore ai circa 5 milioni di gradi valutati inizialmente in base alle misurazioni. Si rivelò decisamente troppo bassa perché il processo di fusione potesse avere luogo [141]. Tutto ciò innescò una paranoia durata circa dieci anni sull’origine dei neutroni e

184 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati gradualmente si capì che erano eventi isolati causati da instabilità interne al plasma. Ma intanto nessun reale risultato eclatante – del tipo di quello ottenuto nel dicembre del 1942 da Enrico Fermi con la messa in funzione della prima reazione a catena controllata – era stato raggiunto. E comunque, come affermava Henry DeWolf Smyth dall’Università di Princeton «una gran quantità di informazioni relative agli esperimenti sulle reazioni di fusione rimane segretato» [12, p. 126], e infatti anche lo stato reale delle ricerche in URSS non era noto, anche se risultava evidente che era stata data loro alta priorità. Nell’ondata di speranze e delusioni suscitate da queste notizie il gruppetto romano presentava i risultati dei primi tre mesi di attività affermando che il programma previsto era stato pienamente realizzato e annunciava che era al momento «allo studio un vasto programma quinquennale di ricerca».29 Il 2 febbraio J. E. Allen, uno degli autori della cascata di articoli appena pubblicati sull’edizione del 25 gennaio di Nature, scriveva a Persico da Harwell:

I am writing to ask whether there is any news relating to the financing of your plasma laboratory. If I am going to join you in Rome I will devote some time to planning the experimental programme [. . . ] Very recently the work of the Harwell gas-discharge group has been declassified (i.e. made non-secret) which simplifies the situation a great deal.

29“CNRN – Laboratori gas ionizzati, Resoconti organizzativi e scientifici”, relazione relativa al periodo 18 ottobre 1957 – 18 gennaio 1958, preparata da Brunelli (si veda la copia manoscritta della stessa con calligrafia di Brunelli), AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.

185 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis

Persico rispondeva a giro di posta:30

I am answering to your kind letter of February 2nd. The reason why I have not written you since along time about our projects is that the bill of law containing the financing of our project on plasma physics is still waiting for approval by the Parliament. Prof. Amaldi and I will pay a visit at Harwell on February 19th, Wednesday. On this occasion we will be glad to meet you and discuss the situation.

Il diario di Edoardo Amaldi riporta alcune tappe del viaggio del piccolo gruppo romano in visita al CERN, all’Imperial College di Londra, e infine ad Harwell, uno dei templi della ricerca fusionistica mondiale:31

16 Partenza per Ginevra TWA con Persico Brunelli e Ascoli 17 Visita al CERN (PS e bubble Chamber) 18 Riunione dei direttori del CERN. Nel pomeriggio a Londra con Persico e Brunelli) 19 Visita ad Harwell: ZETA e alla sera dopo il meeting del Consiglio della Società Europea, visita agli acceleratori. Poi cocktail e cena dai Cockcroft con [. . . ] Persico e Brunelli 20 Al mattino ad Imperial College con Persico e Brunelli. Vediamo i rapporti di spettroscopia, shock-waves e camera a bolle a idrogeno. Al pomeriggio shopping e alla sera al cine 21 Partenza per Roma.

30J. E. Allen a E. Persico, 2 febbraio 1958, E. Persico a J. E. Allen, AP scatola 15, fascicolo 70. 31E. Amaldi, “Quaderno 1949–1959”, AA scatola 6 E.

186 L. Bonolis Il Laboratorio Gas Ionizzati

Figura 11.1: Gilberto Bernardini nel novembre del 1964. Archivio Foto del CERN.

Figura 11.2: Bruno Brunelli nel 1965. Cortesia Franca Magistrelli.

187 Il Laboratorio Gas Ionizzati L. Bonolis

Figura 11.3: Franco Rasetti nel 1953 all’Università di Laval.

188 Capitolo 12 Internazionalismo e cooperazione: una rete europea per le ricerche sulla fusione

Il 25 marzo del 1957 i trattati di Roma firmati da Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Olanda e Germania Federale, fondavano la Comunità Europea per l’Energia Atomica (Euratom) e la Comunità Economica Europea. L’Euratom nasceva ufficialmente il 1◦ gennaio del 1958 affiancandosi a Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica, le tre potenze che dominavano il mondo negli usi pacifici dell’energia nucleare. Le sei nazioni si univano in un blocco di tipo sovranazionale per lo sfruttamento dell’atomo a livello energetico su larga scala, il primo dopo la nascita della Comunità del Carbone e dell’Acciaio nel 1951. Il trattato si basava su due semplici idee. La prima era che l’energia nucleare poteva essere sviluppata in modo più efficiente su larga scala rispetto a quella accessibile ai singoli paesi. La seconda era che questo principio, del tutto evidente nel campo del nucleare, è anche applicabile a molte altre attività economiche precedentemente condotte su base puramente nazionale. Queste due idee unite insieme costituivano il fondamento della rivoluzione pacifica che nel corso degli anni ’50 aveva gradualmente trasformato l’Europa attraverso una profonda revisione del ruolo dell’economia e della politica estera nei singoli paesi. Nel firmare l’atto di nascita dell’Euratom, i sei firmavano anche il trattato per la costituzione della Comunità Economica Europea. Le sigle stesse delle nuove istituzioni erano l’espressione di due cambiamenti rivoluzionari caratteristici del XX secolo: la nuova rivoluzione industriale innescata dalle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare e la rivoluzione

189 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis politica ed economica che stava aprendo la via all’Europa unita. Amaldi fu presidente del Comitato Scientifico e Tecnico dell’Euratom nel periodo 1958–1959 e seguitò ad esserne membro per un ulteriore decennio. A meno di un anno dalle prime riunioni nella stanza di Edoardo Amaldi che avevano dato vita al programma fusionistico italiano, John B. Adams, direttore del progetto per la costruzione del protosincrotrone del CERN, scriveva a Persico il 27 febbraio 1958 chiedendogli di partecipare a un ristretto gruppo di studio sulla fisica dei plasmi («not more than 30 persons») che si sarebbe riunito al CERN il 14 e il 15 marzo successivo:1

Dr. P.C. Thonemann from the British Thermonuclear Group will be present and will talk about the ZETA experi- ments. The discussions will be entirely informal, and if you would like to contribute a short talk perhaps you will let me know quickly, so that I can make up a tentative programme for the two days [. . . ]

Nel confermare la sua adesione, Persico annunciava che aveva esteso l’invito anche a Brunelli e che avrebbe fatto un breve intervento sul problema del confinamento del plasma trattato nell’articolo con Linhart.2 Con questo invito di Adams il neonato Laboratorio Gas Ionizzati entra- va di fatto nella rete europea dei laboratori dedicati agli studi sui plasmi e sulla fusione nucleare. Amaldi conosceva John Adams dal dicembre del 1952, quando erano stati entrambi invitati da John Cockcroft, fondatore e direttore di Harwell: «I was immediately impressed by his competence in accelerators, his open mind on a variety of scientific and technical subjects, and his interest in the problem of creating a new European Laboratory». Non a caso Amaldi era rimasto colpito dal dinamismo e dall’ampia visione di Adams, con cui si sentiva probabilmente affine, e

1J. B. Adams a E. Persico dal CERN, 27 febbraio 1958, AP scatola 16, fascicolo 73. 2E. Persico a J. B. Adams, 4 marzo 1958, AP scatola 16, fascicolo 73.

190 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione verso il quale provava anche ammirazione, tanto da dedicargli successi- vamente una lunga nota biografica [20]. Mentre il protosincrotrone si avviava ad essere completato, Adams stava infatti trovando il tempo per mettersi alla guida di un gruppo di studio che avrebbe avuto il difficile compito di passare in rassegna lo stato delle ricerche sui plasmi e sulla fusione e fare proposte su come tali ricerche potessero essere sviluppate in un programma su scala europea. L’incontro informale programmato per il mese di marzo fu dedicato principalmente alla presentazione dei risultati dell’esperimento ZETA di Harwell. Il gruppo di studio fu poi messo in piedi ufficialmente nel giugno dello stesso anno, con il dichia- rato obiettivo di «scambiare informazione, discutere i programmi dei vari laboratori e considerare il modo di facilitare la ricerca fusionistica in Europa».3 Adams mobilitò circa 50 scienziati di 10 paesi europei e statunitensi insieme con membri dell’Euratom, della Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea (OECE) e del CERN. Il compito che il gruppo di studio si era prefisso consisteva nel fare una rassegna dello stato di queste ricerche, a cominciare dai risultati della macchina ZETA, resi noti nel gennaio di quell’anno, fino al gran numero di lavori che sarebbero stati presentati alla seconda Conferenza di Ginevra sugli usi pacifici dell’energia atomica in programma nel mese di settembre. Erano ormai disponibili una storia del progetto statunitense [53] e quattro volumi di lavori originali ma fino ad allora rimasti segreti condotti in Unione Sovietica che comparvero in traduzione inglese [105], oltre a un compendio degli studi sui plasmi astrofisici, comparsi nel volume 31 degli atti della conferenza di Ginevra. Molti avevano difficoltà a formarsi un giudizio su quali dovessero essere i passi successivi da intraprendere di fronte al quadro che stava rapidamente emergendo come conseguenza della declassificazione dei risultati principali ottenuti nel corso di anni di

3Si veda la pagina introduttiva al resoconto del secondo incontro della decima sessione del Council, tenuto a Ginevra il 27 giugno 1958 (CERN Fusion Research – proposed setting up of informal Study Group, CERN/269/Add. 4, http://cdsweb. .ch/record/17516/files/CM-P00076172-e.pdf.

191 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis ricerche segrete in Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Francia. Questi dati andavano messi in connessione con ciò che da qualche tempo stava emergendo dalle ricerche astrofisiche.4 Con l’approvazione da parte del parlamento di un finanziamento per le ricerche nucleari su base biennale, anche il gruppo gas ionizzati poteva guardare al futuro con più fiducia, come anunciava Persico a John Allen nel mese di marzo, sperando quindi di poterlo avere presto a Roma grazie a questa consistente elargizione di fondi.5 Della faccenda parlava anche Amaldi in una lettera a Donald W. Fry, anche lui un membro della General Physics Division di Harwell, allo scopo di concretizzare la collaborazione di Allen, menzionando con soddisfazione i fondi recentemente concessi («The Italian government has recently allowed us the requested funds, so that it becomes possible to assign a sum of 290 millions lit. for the work on plasma physics in the period April 1958 – end of June 1959. We are using this sum to buy the necessary equipment for fundamental techniques, and to start an experiment on the pinch effect») accanto alla necessità di poter disporre in quella fase iniziale, per un periodo di almeno due anni, di un fisico con una buona conoscenza di quel tipo di problemi.6 Il crescente ruolo rivestito dal gruppo romano in ambito europeo si può anche misurare da una lettera scritta il 27 marzo 1958 da Paul Capron, dal Centro di Fisica di Héverlé (Université di Louvain), a Edoardo Amaldi, in cui chiede un supporto scientifico per iniziare un analogo programma anche nei loro laboratori:7 Cher Professeur Amaldi,

4Riguardo la partecipazione del gruppo gas ionizzati di Roma a questa importante iniziativa si vedano una serie di lettere e documenti collocati in AP scatola 16, fascicolo 73 e in AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4. 5E. Persico a J. E. Allen, 20 marzo 1958, AP scatola 15, fascicolo 70. 6E. Amaldi a D. W. Fry, Harwell, 28 marzo 1958; si veda anche D. W. Fry a E. Amaldi, 10 aprile 1958; AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4. 7P. Capron a E. Amaldi, 27 marzo 1958, AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.

192 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione

Je me permets de venir vous demander quels sont le personnalités et les laboratoires qui, dans votre pays, s’inté- ressent à la question de la fusion thermonucléaire. Comme il est question qu’on entreprenne en Belgique un programme dans ce domaine, j’aimerais beaucoup savoir si c’est une chose possible à notre échelle. Je serais très heureux si je pouvais éventuellement faire une visite d’information à ce sujet en Italie. Je suis encore sous le charme des moments que j’ai passés en votre compagnie lors de notre rencontre à l’UNESCO [. . . ]

È evidente che la nascente attività del gruppo rappresentava un impor- tante esempio relativamente alla possibilità di mettere in piedi analoghe iniziative ad una scala universitaria.8 Nella sua risposta Amaldi forniva una serie di indicazioni su quale dovesse essere il tipo di impostazione, tenendo presente la difficoltà «di fare un piano di ricerca a lunga scadenza in un campo così fluido e ricco di innovazioni».9 Nell’estate del 1958 la Scuola estiva di Varenna fu dedicata alla “Fisica del plasma e relative applicazioni astrofisiche”. Verso la fine di giugno Brunelli raccontava a Persico da Varenna che lui e Sergio Segre erano «già stati catturati per redigere le dispense del Prof. Ferraro e del Prof. Gallet [. . . ]». Ferraro, uno dei massimi esperti di plasmi astrofisici, aveva tenuto delle lezioni sui fondamenti della fisica del plasma. Proprio all’inizio di giugno Persico aveva inviato a Polvani la nota di Segre “On the Formation

8Anche in altre parti d’Italia cominciava a diffondersi l’interesse verso questo tipo di ricerche. Il 23 aprile Luigi Radicati scriveva a Persico: «Qui a Pisa c’è un piccolo gruppo di persone (Gozzini e altri) che si interessano ai plasmi: hanno già cominciato qualche lavoro e penso potranno nel seguito sviluppare un poco la loro attività. Conoscono per esempio quelle lezioni che tu hai fatto a Roma. Tuttavia io penso che sarebbe più utile un seminario [. . . ] Quanto al soggetto potrebbe essere Le reazioni termonucleari e lo ZETA di Harwell [. . . ]». L. A. Radicati a E. Persico, 23 aprile 1958, AP scatola 3, fascicolo 282. 9E. Amaldi a P. Capron, 2 aprile 1958.

193 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis of magneto-hydrodynamic shock waves” per la pubblicazione sul Nuovo Cimento [149].10 Persico rispondeva subito a Brunelli annunciandogli che Rasetti era stato a Roma per un paio di giorni: «[. . . ] abbiamo cominciato a discutere del progetto di spettrometro a reticolo. È un peccato che non ci fosse Ascoli. Ho pregato perciò Rasetti di tornare a Roma verso il 24-25 luglio [. . . ]». In una lettera successiva Brunelli dava ulteriori notizie a Persico: «Sono iniziate le lezioni di Gilardini sulle µ onde [. . . ] Ho pensato che è il caso di allevare fin d’ora uno studente nel campo delle µ onde [. . . ] Speravo di rimanere a scrivere, qui a Varenna, la mia parte dell’articolo sul plasma per la “Ricerca Scientifica” ma non ce la faccio. Ho comunque raccolto delle considerazioni sulle varie misure che si possono fare sui plasmi caldi e penso che meriterebbe farne cenno. Ogni tanto si fanno colloqui privati coi Lahma dei plasmi [. . . ]».11 Nel giro di pochi giorni, il 29 luglio 1958, Eisenhower firmò lo Space Act, il documento ufficiale che segnava l’atto di nascita della NASA. La proposta risaliva al mese di aprile, quando Eisenhower, nel corso di un messaggio speciale al Congresso, aveva lanciato l’idea di creare una nuova agenzia dedicata alle attività spaziali di carattere non militare. Le notizie relative alla fase preliminare di questo evento importante, che segnava l’avvento della corsa allo spazio, un nuovo cruciale elemento nella competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, avevano attirato già l’attenzione di Amaldi che come scienziato era stato certamente impressionato dai primi dati scientifici provenienti dai lanci di quella primavera, che avevano messo in evidenza il fenomeno delle fasce di

10Il lavoro discuteva una soluzione delle equazioni (non lineari dipendenti dal tempo) della magnetoidrodinamica per la propagazione di onde piane di ampiezza finita, nel caso semplice in cui esiste una forte analogia con l’idrodinamica. 11Brunelli si riferisce qui a personaggi come P. C. Thoneman, L. Biermann, K. O. Kiepenheuer, A. Dattuer, K. J. Gibson, e J. G. Linhart, tutti citati a questo proposito in una relazione sull’attività svolta nel periodo luglio–settembre 1958 (CNRN, LGI, Bollettino Interno n. 37) di cui si parlerà più avanti. Questo scambio di lettere, datate rispettivamente 26 e 28 giugno, 1◦ luglio 1958 si trovano in AP scatola 3, fascicolo 282.

194 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione plasma solare, più tardi note come “fasce di Van Allen”. Naturalmente la corsa allo spazio tra le due superpotenze aveva le sue radici nel confronto politico, militare e ideologico tipico della guerra fredda. Van Allen divenne subito una figura chiave nella competizione: Il numero del 4 maggio del Time Magazine accreditava Van Allen come la figura chiave nel fornire agli Stati Uniti «a big lead in scientific achievement». La scoperta delle fasce di Van Allen solleticava anche l’appetito degli scienziati, che intravedevano nell’avvento dell’èra spaziale la possibilità di aprire nuove linee di ricerca. Personaggi come Van Allen e lo stesso Bruno Rossi, compresero immediatamente che lo spazio offriva un contesto in cui immaginare esperimenti totalmente inediti, non una semplice estensione di quelli eseguiti nei laboratori terrestri. Ma la scienza era ormai ben lontana dall’epoca “dello sputo, dello spago e della ceralacca”; le imprese spaziali richiedevano grandi quantità di fondi, ad una scala perfino superiore a quella che ormai caratterizzava la Big science dei grandi laboratori americani. In base alle stesse considerazioni che lo avevano guidato all’epoca della fondazione del CERN, ora Amaldi stava preparando una strategia di attacco per fare in modo che l’Europa non rimanesse tagliata fuori dalle possibilità del tutto inedite offerte dall’avvento dell’era spaziale. Ancora una volta la soluzione era la cooperazione internazionale. Nel mese di luglio, nel corso di un invito a casa di Giorgio Salvini a Rocca di Papa, Amaldi discusse l’idea con il suo vecchio amico Luigi Crocco, all’epoca professore di Aerospace Propulsion presso il Department of Aeronautical Engineering a Princeton, esperto a livello mondiale nel campo della propulsione di razzi e missili. Notizia questa che apprendiamo da una lettera scritta dallo stesso Amaldi a Crocco, nel dicembre di quell’anno. Alcuni passaggi sono interessanti perché dalla viva voce di Amaldi e nel contesto dell’epoca abbiamo modo di apprezzare il dinamismo del suo pensiero e la decisione con cui operava:12 In seguito alla conversazione che abbiamo avuta insieme

12E. Amaldi a L. Crocco, 16 dicembre 1958, AA scatola 212, fascicolo 6.

195 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis

alla fine di luglio, ho riflettuto sulla possibilità di sviluppare in Europa una attività adeguata nel campo dei razzi e dei satelliti. È ora del tutto evidente che il problema non è alla scala dei paesi come l’Italia, ma solo alla scala dei continenti. Ne segue che ciò debba essere fatto su scala europea come è stato fatto per il problema della costruzione delle grandi macchine acceleratrici per cui è stato creato il CERN. Il lancio di una o più Eurolune, effettuato da un organismo ad hoc, avrebbe evidentemente un’importanza sia morale che pratica, di prim’ordine per tutti i paesi del continente [. . . ] Credo che questa mia lettera ti meraviglierà molto; essa è basata sulla mia esperienza del CERN, in tutta Europa nel 1952 solo tre o quattro persone credevano alla possibilità di costruire il CERN, ma nel 1958 i laboratori di Ginevra hanno superato le 800 unità, la prima macchina ha cominciato a funzionare dando risultati scientifici di primissimo piano e la seconda macchina funzionerà prima della metà del 1960 [. . . ]

Amaldi ne aveva parlato immediatamente con Luigi Broglio (all’epo- ca Direttore dell’Istituto di Ingegneria Aeronautica presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza, e colonnello dell’Aeronautica Militare). Ma quest’ultimo si mostrò piuttosto perplesso riguardo le difficoltà che avreb- bero potuto nascere per raggiungere gli accordi necessari, soprattutto attorno a problemi in cui era ancora fortemente preminente l’interesse bellico.13 Nel frattempo Amaldi non si fece affatto scoraggiare dalla reazione di Broglio (il quale pensava che sarebbe stato difficile realizzare tale progetto al di fuori dell’ambito militare) e colse l’occasione di parlarne con Isidor Rabi durante l’evento dell’anno, la seconda Conferenza sugli

13Sulla nascita dell’impresa spaziale europea si veda [98] e per la vicenda italiana e il ruolo di Amaldi [76] e il volume [78].

196 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione usi pacifici dell’energia nucleare tenuta a Ginevra dal 1◦ al 13 settembre 1958, come apprendiamo dal suo stesso diario:14

1 Inizia la 2a conferenza per l’Atomo della Pace 2 Conversazione con Rabi sul lancio di un’Euroluna 9 Nello studio di Cockcroft con Perrin, Adams, Fry e Ruar- te conversazione sulla possibilità di aiuti americani all’Europa per la fusione 13 Chiusura della conferenza. Seconda conversazione con Rabi sull’Euroluna.

Rabi era uno dei fisici più eminenti degli Stati Uniti, che fin dall’epoca di Los Alamos aveva avuto un ruolo rilevante nella politica scientifica statunitense, anche come membro dei comitati scientifici del Dipartimento della difesa e della Atomic Energy Commission e soprattutto aveva avuto un ruolo cruciale come delegato dell’UNESCO all’epoca della creazione del CERN. Lo spirito con cui Amaldi affrontava questa nuova battaglia appare chiaramente in una lettera scritta a Bernardo Nestore Cacciapuoti, che si trovava a Washington come Consigliere Scientifico e Nucleare presso l’Ambasciata d’Italia:15 Rabi è stato entusiasta della cosa, solo che lui pensava fosse il caso di farla in sede Nato. Io invece sono contrario perché penso che debba essere una organizzazione puramente scientifica e civile, proprio come è il CERN. Il gruppo romano, come tutti coloro che ormai erano pienamente coinvolti nelle ricerche sui plasmi e sulla fusione, guardava alla Conferenza

14E. Amaldi, diario del periodo 1949–1959, AA scatola 6 E. Rabi, a quell’epoca un importante interlocutore per Amaldi riguardo tutte le questioni internazionali, aveva sempre avuto un ruolo di primo piano in comitati scientifici e consultivi del- l’amministrazione degli Stati Uniti ed era divenuto anche il consigliere scientifico di Eisenhower. 15E. Amaldi a B. N. Cacciapuoti, 18 marzo 1959, AA scatola 212 fascicolo 6.

197 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis di Ginevra come una importante occasione di aggiornamento, come veniva comunicato al CNRN dando notizia del programma di ricerca in corso: «[. . . ] si conta di completarlo sulla base dei dati che verranno man mano declassificati dai Paesi più avanzati in questo settore di ricerche ed in particolare dopo la seconda Conferenza Internazionale sugli Usi Pacifici dell’Energia Nucleare [. . . ]».16 Queste aspettative, che si erano man mano create nel corso degli ultimi due anni, non andarono deluse. Il 30 agosto Stati Uniti e Regno Unito annunciarono la declassificazione dei loro programmi sulla fusione termonucleare controllata, proprio alla vigilia dell’apertura della Conferenza, i cui lavori si svolsero nel periodo 1–13 settembre 1958. Per la prima volta i temi della fusione termonucleare controllata furono discussi tra Est e Ovest. Per la prima volta modelli dei dispositivi in attività nei vari centri di ricerca statunitensi e russi svelarono al mondo il complesso delle ricerche in corso sui vari fronti. La fusione, di cui era stato solo fatto un cenno nella prima Conferenza del 1955, diventava ora il tema di punta del nuovo incontro di Ginevra, nel corso del quale apparve chiaro che sostanzialmente i gruppi segreti di lavoro avevano affrontato le stesse sfide ed erano giunti a conclusioni del tutto analoghe. Più che i risultati scientifici, su cui gli scienziati si confrontarono su scala internazionale, il maggiore progresso fu rappresentato dunque dalla declassificazione in sé, che divenne il punto di partenza di una vasta collaborazione internazionale, già preconizzata dall’iniziativa di John Adams. Nell’intervento conclusivo della conferenza il russo Lev Andreevich Artsimovich, uno dei leader del programma sovietico, fece con chiarezza il punto della situazione:

It is now clear that all our original beliefs that the doors into the desired region of ultra-high temperatures would open smoothly at the first powerful pressure exerted by the

16Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari. 1952-1958, AP scatola 3, fascicolo 284.

198 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione

creative energy of physicists have proved as unfounded as the sinner’s hope of entering Paradise without passing through Purgatory. And yet there can be scarcely any doubt that the problem of controlled fusion will eventually be solved. Only we do not know how long we shall have to remain in Purgatory. We shall have to leave it with an ideal vacuum technology, with the magnetic configurations worked out, with an accurate geometry for the lines of force and with programmed conditions for the electrical parameters, bearing in our hands the plasma, stable and in repose, heated to a high temperature, pure as a concept in theoretical physics when it is still unsullied by contact with experimental fact. Finally I should like to note that we should keep up this attitude of discussion in order to allow us to find new and more progressive ideas, to move forward more quickly and to at last leave this Purgatory, where we have already spent too long.

Nel discorso di sintesi fatto dopo la conclusione dei lavori, John Cock- croft dedicava una sezione ai reattori a fusione. Nell’esordire ricordando il discorso di Bhabha nella edizione del 1955 di Atoms for Peace, Cockcroft faceva una rassegna dei risultati presentati nel corso della conferenza e del- le soluzioni messe in atto nei vari dispositivi in vista dell’obiettivo a lungo termine di raggiungere – e superare – le temperature di 50–100 milioni di gradi nel gas costituito da una mistura di deuterio e di trizio. Nelle righe conclusive, riportando il giudizio di Peter Thonemann, responsabile del programma fusionistico di Harwell, Cockcroft parlava di una previsione di circa dieci anni per ottenere il cosiddetto breakeven point, in cui l’energia generata dalla fusione si bilancia con quella introdotta dall’esterno. Nel caso di successo, almeno altri dieci anni sarebbero stati necessari prima di accertare la fattibilità di una centrale a fusione. Nell’aderire a questa previsione, Cockcroft concludeva dicendo:«Dr. Teller’s timescale was even

199 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis longer» [111, pp. 440–436]. Oggi sappiamo quanto queste previsioni fossero ottimistiche. È significativo che una intera sessione vertesse sul tema delle colla- borazioni internazionali nel campo dell’energia atomica.17 Quello stesso settembre l’accordo Cockcroft-Libby fornì una base concreta per la colla- borazione USA–Gran Bretagna per molti anni a venire, basato su incontri periodici, scambi di documenti e altre attività comuni, mentre durante l’inverno successivo gli americani visitarono per la prima volta l’Istituto di Kurchatov. Tra i personaggi alla guida della delegazione italiana a Ginevra figura- vano naturalmente Amaldi e Arnaldo M. Angelini, i due vicepresidenti del CNRN, come pure Felice Ippolito, Segretario Generale dell’Ente. Nella spettacolare mostra ospitata in un edificio costruito per l’occasione nel parco del Palazzo delle Nazioni Unite, Salvini presentava con orgoglio il modello in scala 1:1 di una sezione del magnete dell’elettrosincrotrone e della camera da vuoto. Anche Persico non mancò a questo eccezionale appuntamento, a cui gli italiani parteciparono in gran numero.18 Appariva tuttavia chiaro che nell’immediato soltanto l’energia nuclea- re da fissione avrebbe potuto venire incontro alla domanda di energia costantemente in crescita nei paesi industrializzati. Del programma ita- liano aveva parlato a Ginevra Basilio Focaccia, Presidente del CNRN, nella sezione dedicata al futuro dell’energia nucleare [111, p. 116]. Come commentò poco dopo Felice Ippolito, il complesso delle informazioni rivelate dimostrava «senza equivoci che da un canto non si può attendersi a breve scadenza, e forse neanche a scadenza di qualche decennio, un’ap- plicazione industriale per produzione di energia, a prezzi convenienti, e con un bilancio energetico in attivo, dalle ricerche sulla fusione nucleare, mentre invece viene sempre più concretamente a delinearsi che non solo

17Si veda la sezione 23b in [111, pp. 355–388]. 18La lista dei partecipanti italiani si sviluppa su ben tre pagine (497–499) nel primo volume degli atti del convegno [111].

200 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione per Paesi ad alti costi dell’energia elettrica, quale l’Italia, la produzione di energia da centrali nucleari a fissione è tecnicamente possibile ed economicamente conveniente» [94, p. 427]. I risultati presentati alla Conferenza di Ginevra non influivano in modo sostanziale nel programma di lavoro del Laboratorio Gas Ionizzati, come indicato nella relazione presentata l’8 settembre al CNRN,19 ma le nuove conoscenze acquisite e i suggerimenti venuti da John E. Allen consigliavano di sviluppare un programma di ricerche su interessanti problemi di scarica nei gas, abbandonati negli ultimi anni, come per esempio lo studio del criterio di Bohm per lo sheath di un plasma in campo magnetico.20 Nel frattempo era iniziato il progetto di uno spettrografo a reticolo «per lo studio dei profili delle righe spettrali emesse da un plasma caldo e risolte nel tempo» attraverso una corrispondenza con Franco Rasetti.21 Inoltre, come sottolineava Brunelli in una lettera a Felice Ippolito, «Nella riunione a Ginevra del gruppo europeo di studio sul plasma del 5-6 settembre scorso si è constatato quanto sia ora prematuro giudicare quale potrebbe essere il tipo più promettente di macchina per fusione tra quelle costruite e in progetto. Per questo si sta facendo uno studio comparativo che sarà portato a termine per l’inizio dell’anno 1959». Alla lettera erano allegati una serie di documenti contenenti i dati di massima chiesti da Ippolito relativi al Laboratorio.22 Nella relazione trimestrale, relativa al periodo luglio–agosto–settembre 1958, si osservava che la Conferenza di Ginevra confermava «la conve-

19Laboratorio Gas Ionizzati - Programma futuro di ricerche sul plasma, AA scatola 212, fascicolo 4. 20Il plasma, in presenza delle cariche negative contenute nella superficie di un materiale con cui è in contatto, tende a formare uno strato di ioni positivi che le bilancia. Il fenomeno, che rappresenta la transizione tra il plasma e una superficie solida, fu descritto per la prima volta da Irving Langmuir all’inizio degli anni ’20 [102]. 21Si veda il documento “Programma di lavoro per le misure spettroscopiche (progetto di spettrografo)”, AP scatola 15, fascicolo 72. 22B. Brunelli a F. Ippolito, 10 ottobre 1958, AA scatola 212, fascicolo 4.

201 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis

nienza di insistere sul tipo di esperienza (ad effetto strizione ortogonale) iniziata con il banco di condensatori provvisorio e sul progetto di un’ana- loga esperienza con un nuovo banco di condensatori più rapido». Veniva anche sottolineato che «nei laboratori europei non si è ancora considerata una siffatta esperienza».23 A partire dall’inizio di ottobre John E. Allen entrava a far parte del gruppo dei fisici (al momento ancora formato da Ascoli-Bartoli, Brunelli, De Angelis, Magistrelli e Segre) con un contratto di consulenza biennale e teneva subito una serie di seminari iniziando anche a seguire i lavori per le tesi di tre studenti (Boschi, Cavaliere e Trautteur). Allen teneva inoltre un corso di Fisica del plasma all’interno della Scuola di Perfezionamento in Fisica Nucleare creata da Amaldi nel 1952. Amaldi e Persico continuavano ad avere il ruolo di supervisori scientifici, di «padri-consulenti», come li chiamava Brunelli [119, p. 245]. Il bilancio delle attività svolte dal Laboratorio nel terzo trimestre del 1958 contiene una descrizione delle ricerche in corso relative alla sorgente di protoni, all’esperienza di compressione magnetica del plasma,24 a esperienze con sonde magnetiche e in particolare una presentazione dettagliata sul

23CNRN, Laboratorio Gas Ionizzati, Bollettino Interno N. 37, Relazione trimestrale relativa al periodo luglio-agosto-settembre 1958, 16 marzo 1959, AA scatola 212, fascicolo 4. 24Questo esperimento aveva lo scopo di studiare la compressione rapida di un plasma contenente un campo magnetico. In una relazione specificamente dedicata a questo argomento presentata negli stessi giorni si specificava: «Le cognizioni su questo soggetto sono scarse: è stato fatto qualche lavoro teorico peraltro non completo. Pertanto questa ricerca è di grande interesse dal punto di vista della fisica fondamentale del plasma. In sede di previsioni circa possibili applicazioni alla fusione, la compressione rapida del plasma (riscaldamento per urto) può ben rappresentare il modo migliore di riscaldamento del plasma a temperature astronomiche; tuttavia, si tratta per ora di ipotesi, poiché la fisica del processo non è chiara [. . . ] Si è deciso di studiare la compressione usando “l’effetto di strizione ortogonale” [. . . ] Sono stati ottenuti risultati interessanti a Los Alamos, Livermore e al Naval Research». Bollettino Interno N. 50, Esperienza di Compressione del plasma con Effetto Strizione Ortogonale progettata dal Laboratorio Gas Ionizzati del CNRN, 21 aprile 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.

202 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione progetto dello spettrografo a reticolo, che da tempo veniva discusso con Rasetti.25 La sua collaborazione con il Laboratorio avrebbe costituito un importante contributo in questa fase di avviamento. Persico si rallegrava dell’arrivo imminente di quest’ultimo:

Sono molto contento di sapere che sarai in Italia il 2 od il 3 febbraio p.v. [. . . ] C’è qui Emilio che desidera lavorare con te per una decina di giorni per sistemare definitivamente il 1◦ volume delle opere di Fermi [. . . ]

In quei giorni stava per entrare in funzione a Frascati l’elettrosincro- trone; l’eccitazione di quei giorni è stata spesso ricordata, in particolare da Giorgio Salvini, che dell’impresa di costruzione della macchina e dei Laboratori di Frascati era stato il principale responsabile [146]:

[. . . ] il 9 febbraio si partì per provare il funzionamento definitivo. Quella sera stessa si arrivò ad accelerare gli elet- troni a 1000 MeV e ad una intensità già elevata. Ricordo che Alberigi Quaranta, Fabiani, Puglisi, Quercia arrivarono con passo pesante cadenzato, con fare semiserio si avvicinarono alla macchina, salutarono militarmente, schiacciarono un bot- tone, e zac! ci furono i mille MeV [. . . ] E il fascio venne, ed era il fascio più intenso che mai un elettrosincrotrone avesse prodotto nel mondo [. . . ]

A quel tempo Persico aveva cessato da tempo la sua collaborazione ufficiale:26

25CNRN, Laboratorio Gas Ionizzati, Bollettino Interno N. 45, Relazione trimestrale relativa al periodo ottobre–novembre–dicembre 1958, 14 aprile 1959, AA scatola 212, fascicolo 4. 26G. Salvini a E. Amaldi, 11 maggio 1977, AA scatola 12E, fascicolo 2.

203 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis

ma rimase disponibile, e con precedenza assoluta su altri suoi impegni, per consigli, verifiche calcoli [. . . ] Comunque, egli non volle comparire, anche se sollecitato, nel momento meritato (e in tanta parte a lui dovuto) successo di funzio- namento del sincrotrone. Non per ritrosia o disinteresse, ma perché veramente superiore a «certo caldo e baccano scientifico, in un’epoca di gran baccano».

D’altra parte lo “stile” di Persico all’interno dell’équipe del sincrotrone era sempre stato inimitabile: «Non chiese mai uno spazio, ma tutti si “fecero in quattro” rispettosamente per darglielo». A circa 50 anni di distanza Giorgio Salvini ha commentato a proposito di quei tempi:27

Debbo dire, vedendo adesso le cose da lontano, che non si può fare troppa filosofia e troppa enfasi sui laboratori di Frascati, nati in una certa occasione. Però in quel momento ci credevamo così tanto che, per un certo periodo, abbiamo pensato di essere il centro del mondo.

Intanto l’Euratom aveva in corso di definizione una serie di contratti con la Francia e con la Germania per ricerche sulla fusione e Donato Palumbo, che per molti anni ricoprì la carica di Direttore del Programma Euratom sulla fusione, scriveva a Persico da Bruxelles chiedendogli di proporre qualche nome di italiani che potessero far parte di tali équipes.28 Si stava andando a grandi passi verso un analogo accordo con l’Italia. L’11 maggio Gilberto Bernardini, direttore dell’INFN, si rivolgeva ai colleghi per sollecitare la presentazione di un elenco di attività da inserire nella richiesta di collaborazione finanziaria da parte di Euratom:29

27Giorgio Salvini, testimonianza autobiografica in [60, p. 408]. 28D. Palumbo a E. Persico, 6 febbraio 1959, AP scatola 3, fascicolo 283. 29G. Bernardini a colleghi da Frascati, 11 maggio 1959, AP scatola 3, fascicolo 283.

204 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione

[. . . ] in seguito a una conversazione avuta con Amaldi, Presidente del Comitato Scientifico e Tecnico dell’Euratom, sembra opportuno preparare un piano di ricerche da svolgere nell’interno dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ma finanziato con la collaborazione dell’Euratom [. . . ] Il 18 di questo mese la Giunta Esecutiva dell’INFN si riunirà a Frascati per cominciare a predisporre il programma da presentare, per ora ufficiosamente tramite Amaldi, all’Euratom entro il 30 giugno p.v. [. . . ]

Mentre si impegnava attivamente sulle trattative con l’Ente atomi- co europeo, Amaldi continuava a perseguire con decisione il suo sogno di un’Euroluna preparando un rapporto dal titolo “Ricerche Spaziali in Europa”, che in quei giorni stava inviando a una decina di persone “stra- tegiche”.30 L’articolo basato su tale relazione sarebbe stato pubblicato in francese nel dicembre di quell’anno con il titolo “Créons une organisation européenne pour la recherche spatiale” sulla rivista L’expansion de la Recherche Scientifique. Una interessante corrispondenza scambiata in quel periodo con Bruno Rossi mostra quanto Amaldi volesse potenzia- re anche a livello dell’Istituto romano il tema della fisica spaziale. In quel periodo Rossi era in prima linea in questo campo nascente, sia come membro dello Space Board Committee, il comitato scientifico di consulenza della NASA, sia perché stava preparando con il suo gruppo l’esperimento che avrebbe ben presto dimostrato l’esistenza del vento solare e perché nel contempo stava promuovendo un altro pionieristico esperimento, che avrebbe scoperto la prima sorgente extrasolare di raggi X, inaugurando l’astronomia X, uno strumento decisivo per l’esplorazione dell’Universo. Nel novembre del 1959 Amaldi offriva a Rossi – anche a nome di Bruno Touschek, Marcello Cini, Enrico Persico – una cattedra di Fisica Sperimentale a Roma. A malincuore Rossi rifiutava, a causa

30Si vedano le due lettere inviate rispettivamente a F. Giordani (presidente del CNRN) e a L. Broglio in data 22 maggio 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.

205 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis degli impegni di ricerca e accademici che in quel momento lo legavano fortemente agli Stati Uniti. Tuttavia un suo lungo soggiorno a Roma nel corso dell’estate–autunno del 1960 dette un contributo importante nell’aggiornare i fisici romani sugli aspetti scientifici legati alle nuove scienze spaziali.31 Anche un’altra delle creature di Amaldi – un’impresa condivisa con Enrico Persico e per alcuni aspetti anche con Franco Rasetti – stava ormai camminando con le sue gambe sotto l’efficiente direzione di Bruno Brunelli. Il Laboratorio Gas Ionizzati cominciava ad avere una sua fisionomia scientifica e una collocazione sulla mappa europea dei laboratori che si occupavano delle ricerche sui plasmi e sulla fusione. Nell’estate del ’59 il fisico americano Ernest P. Gray dell’Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University, nel programmare una visita ai centri europei, aveva deciso di passare anche per Roma:32

After attending the Conference on Phenomena in Uppsala this summer, I am planning to visit numerous European laboratories engaged in research in the field of plasma physics. On this tour I should like very much to visit you and your Institute [. . . ]

31Tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960 Rossi delineava in una lettera ad Amaldi un possibile programma da svolgere in Italia, tenendo conto realisticamente di ciò che si sarebbe potuto fare. Grazie al soggiorno presso il gruppo di Rossi al MIT che in quel momento che stava iniziando a cavalcare tutte le potenzialità aperte dall’era spaziale, Giuseppe Occhialini e sua moglie Connie Dilworth decisero di perseguire anche a Milano un programma di fisica nello spazio. Il gruppo di lettere relative a questi temi si trovano in AA scatola 235, fascicolo 1, sottofasc. 4; scatola 180, fascicolo 1, sottofasc. 17. 32E. P. Gray a E. Persico, 16 luglio 1959. Persico rispondeva che non avrebbe partecipato alla conferenza, dove avrebbe invece potuto incontrare Brunelli e altri membri del gruppo, che sarebbero stati lieti di dare informazioni utili, E. Persico a E. P. Gray, 22 luglio 1958; il 4 agosto Gray chiedeva anche di inviare libri e reprints perché stavano organizzando un gruppo di studio sui plasmi; AP scatola 15, fascicolo 72.

206 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione

My interest in the past few years has centered on the field of electronic and atomic collision phenomena and more recently, on low temperature, weakly ionized plasmas [. . . ] In the immediate future, much of my effort will be devoted to hot plasma physics, a field which the Applied Physics Laboratory is planning to enter. It is in connection with this that I am particularly anxious to visit your laboratory.

La 4a Conferenza sui Fenomeni di Ionizzazione nei Gas ebbe luogo tra il 17 e il 21 agosto del 1959 e il gruppo presentò tre relazioni, il risultato concreto delle attività di ricerca svolte nel corso dell’ultimo anno.33 Al suo ritorno dal convegno Brunelli scriveva a Persico:34

Al congresso, checché ne dicano i giornalisti, non ci sono state novità importanti. Noi abbiamo presentato tre relazioni: le due previste e quella di ottica che il segretario del congresso ha gentilmente inserito. Alla fine di tutte e tre le relazioni ci sono stati degli interventi, che hanno rivelato l’interesse dei congressisti [. . . ]

Da qualche tempo il gruppo aveva sollecitato la Società Italiana di Fisica perché si organizzasse una nuova scuola estiva dedicata ai plasmi. La Scuola, dal titolo “Fisica del plasma: Esperimenti e tecniche”, fu tenuta a Varenna dal 2 al 15 settembre 1959 sotto la prestigiosa direzione di Hannes Alfvén e nel clima dei notevoli sviluppi che ormai stavano avendo

33I tre lavori furono pubblicati nel secondo volume degli atti della conferenza [113]: J. E. Allen e F. Magistrelli , “The plasma-Sheath Transition in the Presence of a Magnetic Field” (p. 599); J. E. Allen e S. E. Segre, “Experiments on the Orthogonal Pinch Effect” (p. 1073); U. Ascoli-Bartoli e F. Rasetti, “Measurements of the refractive Index of a plasma in the Optical Region” (p. 839). Il lavoro di Ascoli-Bartoli e Rasetti comparve anche sul Nuovo Cimento [33]. 34B. Brunelli a E. Persico da S. Vito di Cadore, 24 agosto 1959, AP scatola 15, fascicolo 72.

207 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis luogo in tutta Europa nel campo delle ricerche sui plasmi e sulla fusione. Di lì a pochissimo i progetti nazionali sarebbero confluiti nell’accordo di cooperazione tra i membri della Commissione Euratom e la statunitense Atomic Energy Commission. Gli esperimenti condotti da Rasetti e Ascoli-Bartoli sulle proprietà ottiche e del plasma attraverso la misura interferometrica dell’indice di rifrazione, avevano lo scopo di fornire una misura molto diretta della densità «i cui risultati preliminari, assai incoraggianti, sono stati presentati al recente congresso di Uppsala destando un certo interesse», raccontava Persico a Guglielmo Righini, direttore dell’Osservatorio di Arcetri, mani- festando al contempo la sua preoccupazione per la fine del contratto di collaborazione con Rasetti, appena tornato all’Università di Baltimora:35 [. . . ] e così il gruppo ottico del plasma si trova pauro- samente assottigliato proprio quando invece occorrerebbe ampliarlo sia per sviluppare la presente esperienza che per avviarne altre. Occorrerebbe perciò assumere un fisico già abbastanza maturo e con una certa esperienza generale di laboratorio d’ottica disposto a lavorare full-time in questo laboratorio [. . . ] Se tu avessi da suggerirmi il nome di una persona capace e disposta a questo lavoro mi faresti un vero piacere [. . . ] Prima di partire Rasetti aveva preparato una accurata relazione in cui dava indicazioni per il proseguimento delle ricerche sull’indice di rifrazione dei gas ionizzati.36 Il lavoro svolto da Rasetti e Ascoli-Bartoli portò alla prima misura eseguita al mondo della densità elettronica di un plasma mediante interferometro ottico. In quel periodo si stava laureando sotto la loro guida Sergio Martellucci [32] che ricordava Rasetti il “Venerato Maestro”, aggirarsi alla ricerca di vecchi strumenti [108, p. ix]:

35E. Persico a G. Righini, 15 settembre 1959, AP scatola 15, fascicolo 72. 36F. Rasetti, “Suggerimenti per la continuazione delle ricerche sull’indice di rifrazione dei gas ionizzati”, settembre 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.

208 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione

I recall in my memory the time when he took us in a round to the basement of the Institute of Physics in Rome looking for the Jamin interferometer (which was subsequently used in the experiment), that he knew had been delivered to Italy by Austria after the First World War as war reparation. Also then when he looked in the library of the Institute through all the works by Enrico Fermi on interstellar plasma to find the formula for refractivity of a gas of free [. . . ] Questo lavoro poneva le basi per gli sviluppi successivi che, con la scoperta del laser, consentirono al gruppo di raggiungere risultati di grande rilievo, alcuni dei quali assolutamente di avanguardia. L’8 novembre 1959 i membri dell’Euratom (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Olanda e Germania Federale) firmavano a Bruxelles un accordo di collaborazione per gli usi pacifici dell’energia atomica con l’Atomic Energy Commission. L’obiettivo principale era quello di dotare l’Europa di un milione di kilowatt di energia nucleare entro 5–7 anni, un programma dal costo di 350 milioni di dollari. Naturalmente Amaldi, in qualità di vicepresidente del CNRN, aveva ampiamente tirato le fila di questo accordo. Il 16 dicembre nel corso di una riunione nella stanza di Amaldi, a cui partecipavano Persico, Brunelli e Allen, veniva discusso lo schema di contratto tra Laboratorio Gas Ionizzati e Euratom:37 Brunelli commentava molti anni dopo [119, p. 247]: Lo volemmo Amaldi ed io, Persico era contrario; egli pen- sava che ci legassimo mani e piedi. Non so se, a posteriori, avesse torto o ragione, certamente l’Euratom ci ha aiutato a superare le crisi che successivamente ebbero il CNRN, il CNEN e l’ENEA; queste crisi si alternavano con quelle del- l’Euratom, per cui o l’Ente nazionale o quello internazionale ci permettevano di stare sempre a galla [. . . ]

37“Riunione nella stanza del prof. Amaldi per discutere lo schema di contratto Gas Ionizzati-Euratom”, 16 dicembre 1959, AA scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1.

209 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis

Appare evidente come la tempestività con cui Persico aveva colto l’interesse scientifico di questo settore di ricerca, accanto alla sua sintonia con Amaldi nel portare avanti l’idea sull’onda favorevole della declassifica- zione, si stesse ora dimostrando decisiva nel cogliere le nuove opportunità fornite degli accordi Europa–Stati Uniti. Sergio Segre ha ricordato come nei primi tempi l’Euratom non svolgesse una vera e propria opera di coordinamento delle attività svolte nei diversi laboratori europei che si occupavano di fusione [119, p. 248], piuttosto

Raccoglieva le proposte, le vagliava e dava il suo assenso, ma non è che desse indicazioni, che insistesse su certe linee piuttosto che su altre. Poi il coordinamento man mano è diventato più stretto, anche le spese più grosse, le esperienze più importanti

Tuttavia diventava essenziale la possibilità di disporre di finanzia- menti consistenti, che consentirono all’originario gruppetto di pionieri dell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi di svilupparsi pienamente in una impresa matura, secondo le prospettive che già si stavano delineando. In quello scorcio finale degli anni ’50 Amaldi raccoglieva con soddisfazione il frutto dei suoi sforzi e della sua visione proiettata nel futuro iniziata molti anni prima. Alla fine di quello stesso mese di novembre i primi protoni stavano circolando nel protosincrotrone e l’elettrosincrotrone di Frascati iniziava a lavorare a pieno ritmo inaugurando l’attività di ricerca. Grazie alla sua lungimiranza e a quella di Bruno Ferretti, alla fine del 1952 era arrivato a Roma Bruno Touschek, un personaggio fuori del comune, che oltre a essere un eccellente fisico teorico aveva una note- vole conoscenza degli acceleratori [17]. In una lettera subito scritta ai genitori, Touschek racconta con entusiasmo dell’Istituto di fisica romano: «L’istituto è veramente eccellente. Attualmente ci sono due premi Nobel (Pauli e Blackett), un possibile candidato, e anche le altre persone sono

210 L. Bonolis Internazionalismo e cooperazione molto interessanti [. . . ]».38 Nei primi mesi del 1960 Touschek propose di costruire AdA, il primo collider per elettroni e positroni che nel giro di un anno dimostrò al mondo la fattibilità di una fisica del tutto nuova [61][57][89]. AdA aprì la via ai futuri sviluppi dei Laboratori di Frascati nel campo della fisica delle alte energie e alla grande stagione degli anelli di collisione che, arrivando fino al Large Electron Collider del CERN, ha poi mostrato e confermato tutta la ricchezza del Modello Standard delle particelle elementari. La nuova èra della fisica europea nel campo delle alte energia si aprì ufficialmente il 5 febbraio 1960, quando Niels Bohr inaugurava il protosincrotrone da 25 GeV. Accanto ai Premi Nobel Bohr, Heisenberg e Cockcroft, a fianco di eminenti personalità della fisica e delle istituzioni scientifiche europee come Francis Perrin, Cornelis J. Bakker, Director- General del CERN, e John B. Adams, Direttore della Proton Synchrotron Division, Amaldi, presidente del CERN Scientific Policy Committee, è tra le eminenti personalità scientifiche che rispondono ai quesiti della stampa.39 Amaldi teneva anche un discorso ufficiale:40

This machine was operated successfully for the first time in November 1959 [. . . ] Thus the speed of development of CERN has been adequate to catch up with the fast pro- gress of high energy physics, bringing the European countries to the front of this most important field of research [. . . ] We know that this success is due to the research ability of

38B. Touschek ai genitori, Roma 30 dicembre 1952. Corrispondenza conservata dalla famiglia Touschek. 39“CERN Proton Synchrotron inaugural press conference”, 1 febbraio 1960, http: //cdsweb.cern.ch/record/840125/files/CM-P00053722.pdf. 40“Speech to be delivered by Professor E. Amaldi on the occasion of the inauguration of the CERN Proton Synchrotron on 5 February (not to be published before 16:30 on 5 February), 1960, CERN CM-P00053725, http://cdsweb.cern.ch/record/840131/ files/CM-P00053725.pdf.

211 Internazionalismo e cooperazione L. Bonolis

the new generation, but also that it has its roots in the unimpaired scientific tradition of Europe which found new stimulus for development and which will flourish in the future in an atmosphere of co-operation between many countries on an unprecedented scale [. . . ] We are conscious that the traditional spirit of liberalism which has characterized the European universities for many centuries pervades this new organization which, for all of us, is and should always be, in the future, one of the main centers of co-operation between the scientists of all countries of the world. Amaldi non cesserà di combattere per la sua idea di una Europa in pole position, idea che esprimerà senza mezzi termini nel 1966, durante il suo discorso per il 306.mo anniversario della Royal Society [14, p. 4]: What we should learn is to look forward and try to foresee what should be made now, immediately, in order to make sure that the European countries, as a whole, will occupy a position on the first line in ten or, maybe, twenty years from now. Nell’autunno di quell’anno Amaldi ebbe un ruolo cruciale nel segnalare al fisico triestino Paolo Budinich la proposta avanzata dal pakistano di costruire in Europa un centro internazionale per la fisica teorica con lo scopo di supportare e promuovere la fisica nei paesi del terzo mondo. Questa iniziativa, inizialmente piuttosto contrastata soprattutto da Stati Uniti e Unione Sovietica, andò in porto grazie al decisivo contributo di fondi da parte dell’Italia e l’ICTP (International Centre for Theoretical Physics) ebbe la sua sede definitiva a Trieste a partire dal 1964.41

41Amaldi aveva appreso le intenzioni di Abdus Salam nel corso di una seduta plenaria dell’IAEA (International Atomic Energy Agency) tenuta a Vienna nel settembre del 1960. Budinich scrisse subito a Abdus Salam proponendogli Trieste come possibile sede per il nuovo istituto e insieme iniziarono la lotta su vari fronti per l’attuazione del loro ambizioso progetto [91, p. 31].

212 Capitolo 13 Epilogo

Il contratto di associazione tra CNRN e Euratom fu firmato il 12 luglio da Jules Guéron, direttore generale per la ricerca e l’insegnamento della Commissione Euratom, e il Segretario Generale Felice Ippolito. Naturalmente Amaldi aveva discusso ampiamente con Guéron i vari punti del contratto, in particolare del “sub-contratto” riguardante il gruppo romano.1 Questi contratti di associazione, rappresentavano un passo che andava oltre lo scambio bilaterale di informazioni che avevano caratterizzato la prima fase di organizzazione internazionale intorno alle ricerche sulla fusione. I vari paesi della Comunità Europea avevano contribuito a stabilire i fondamenti della fisica dei plasmi ad alta temperatura, ma non erano dotati di programmi nazionali autosufficienti nel campo delle ricerche sulla fusione. Gli accordi tra i vari laboratori e l’Euratom fornivano ora fondi e gestione unificati per svolgere tali ricerche. Dopo quello con la Francia, seguirono appunto l’Italia, poi la Germania dell’Ovest e immediatamente dopo l’Olanda e la Germania dell’Est. Oltre a portare avanti la ricerca fondamentale sui plasmi caldi, furono concretizzati i progetti per la realizzazione di un reattore a fusione attraverso studi specifici portati avanti nei singoli laboratori. Alla fine di giugno del 1960 il personale del Laboratorio Gas Ionizzati era considerevolmente aumentato rispetto a quello iniziale di tre anni

1Si vedano per esempio le due lettere di Amaldi a Guéron del 9 e del 26 febbraio 1960, AA scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1.

213 Epilogo L. Bonolis prima.2 L’attività di ricerca era articolata su tre linee principali: for- mazione della guaina di un plasma in presenza di un campo magnetico, esperimenti di compressione (era in corso la realizzazione dell’esperimento Cariddi), misura ottica della densità degli elettroni, che aveva già visto il completamento dell’esperimento sulla misura dell’indice di rifrazione effettuata da Rasetti e Ascoli-Bartoli.3 Le relazioni sull’attività di ricerca del Laboratorio Gas Ionizzati della prima metà del 1960 menzionavano già alcuni degli esperimenti di fisica del plasma che avrebbero caratterizzato l’attività del laboratorio negli anni immediatamente successivi, in partico- lare Mirapi, Mafin e la già citata macchina Cariddi, un esperimento per la compressione rapida del plasma.4 In un articolo di rassegna sulle ricerche svolte dal Laboratorio Gas Ionizzati dalla nascita fino alla metà del 1960 il direttore Bruno Brunelli esordiva sottolineando che al momento ben 12 laureati facevano parte del gruppo [63], un segnale di grande vitalità che preludeva alla espansione favorita anche dall’accordo tra Euratom e CNRN, che di lì a poco si sarebbe trasformato in Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN).5 Nel frattempo era stata costruita a Frascati una sede per il laboratorio, nella stessa area che ospitava l’elettrosincrotrone. Quello che nell’estate del 1960 si spostò da Roma a Frascati era ormai il Laboratorio Gas Ionizzati dell’Euratom–CNEN, composto da alcune decine di persone, con programmi di ricerca ben definiti ed articolati in gruppi, con efficienti

2I seguenti nomi figurano in un promemoria inviato ad Amaldi: J. E. Allen, U. Ascoli-Bartoli, B. Brunelli, A. Cavaliere, A. De Angelis, L. Gratton, A. Luccio, F. Magistrelli, S. Martellucci, M. Martone, B. Rumi, S. Segre, A. Sona, R. Toschi, G. Trautteur. 3“Promemoria allegato alla lettera dell’Ing. Susini al Prof. Amaldi (30.6.60)”, AA scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1. 4Si veda il documento contenente la Relazione trimestrale scientifica del Laboratorio Gas Ionizzati relativa al periodo aprile–maggio–giugno che ha come intestazione “Contratto di Ricerca tra la Comunità europea atomica (Euratom) e il CNRN”. 5Accanto all’articolo di Brunelli, una serie di lavori scientifici furono pubblicati dal gruppo nel 1960 [3] [4] [5] [6] [7] [8] [32] [9].

214 L. Bonolis Epilogo servizi tecnici e amministrativi.6 Come era accaduto nel caso del sincrotrone, Persico lasciò che il gruppo ormai autonomo navigasse da solo. L’8 ottobre scriveva a Bruno Bertotti che si trovava negli Stati Uniti e lavorava a Princeton al progetto Matternhorn:7

Il gruppo plasma di Roma si è trasferito in un edificio di Frascati (vicino al sincrotrone) ed io ho cessato di occupar- mene. Perciò Amaldi ed io abbiamo trasmesso la Sua lettera al prof. Brunelli che lo dirige e che, credo, Le risponderà direttamente. Sarò lieto se verrà a lavorare a Roma, specialmente se deciderà di dedicare tutto il Suo tempo o al plasma o alla teoria dei campi, anziché cercare di tenere un piede in due staffe [. . . ]

Dopo circa dieci anni dal suo soggiorno a Roma, Alfredo Bañoz Jr., faceva un giro in tutta Europa come inviato dell’Office Naval Research, trovando a Frascati una struttura che ormai ospitava circa cento ricercatori. Nel suo rapporto osservava:8

At that time, spring of 1958, there was at the Institute a small plasma physics laboratory with a total scientific staff of three persons: Dr. Bruno Brunelli, in charge of the group; Dr. Sergio Segre working on the theory of hydromagnetic

6Ormai ne facevano parte anche persone direttamente dipendenti dall’Euratom, come Linhart. Si rimanda all’articolo di Bonolis e Magistrelli [59] e al volume preparato per i 50 anni del contratto Euratom–CNEN [38] per notizie sugli sviluppi delle ricerche sulla fusione condotte successivamente nella sede di Frascati. 7E. Persico a B. Bertotti, 8 ottobre 1960, AP scatola 15, fascicolo 72. 8A. Bañoz Jr., “Notes on plasma Physics at the Laboratori Gas Ionizzati (As- sociazione Euratom–CNEN)”, Office of Naval Research London, 21 agosto 1968, Technical Report ONRL–65–68

215 Epilogo L. Bonolis

shocks, and Dr. F. Magistrelli who had already initiated her experimental studies of waves in plasma columns [. . . ] Today Brunelli is Director of the Laboratori Gas Ionizzati and his scientific staff numbers more than a hundred qualified researchers. It was extremely gratifying to return to Rome ten years later to find such a fine laboratory at Frascati, where Brunelli, Segre, Magistrelli, and their collaborators are engaged in what appears to us to be a most significant and pertinent research program, theoretical and experimental, in basic and applied plasma physics [. . . ] We had visited similar laboratories in the Soviet Union, in the Scandinavian countries, in the Continent of Europe, and of course, in the United Kingdom [. . . ] we believe that the Frascati Laboratory has achieved, for its limited size and scope, an enviable reputation for scientific excellence that places Frascati among the leading plasma physics laboratories of the world.

La stessa opinione era espressa nel 1975 da Richard F. Post, uno dei maggiori esponenti del settore negli Stati Uniti, il quale, nel menzionare gli importanti programmi di ricerca sulla fusione sviluppati in vari paesi dopo la declassificazione del 1958, citava in particolare la Francia, la Germania, l’Italia e il Giappone.9 Dieci anni dopo la morte di Persico, avvenuta nel giugno 1969, a un anno di distanza dalla visita di Bañoz a Frascati, Amaldi e Rasetti si impegnarono a scrivere un saggio commemorativo. La lunga amicizia con Rasetti e lo stretto contatto avuto con Amaldi nei lunghi anni di soggiorno a Roma, univano i due in un doveroso desiderio di ricordarne

9R. F. Post, “Fusion Power: The transition from fundamental science to fusion reactor engineering”, 25 luglio 1975, Lawrence Livermore Laboratory, preprint UCRL 11055, http://www.osti.gov/bridge/servlets/purl/4170621-MofoBL/4170621. pdf.

216 L. Bonolis Epilogo la figura «per il contributo che egli diede alla ricerca e all’insegnamento universitario e per le sue qualità umane. Il non raccogliere i dati più importanti sulla sua persona e il suo lavoro, il non riordinarli – e qui era l’Amaldi cultore della storia della Fisica a parlare – significherebbe lasciare una grave lacuna nella storia dello sviluppo storico della Fisica in Italia durante il periodo 1925–1970» [28, p. 236]. Nel corso della stesura Amaldi aveva raccolto una serie di testimo- nianze e di commenti fra tutti coloro che avevano conosciuto Persico da vicino. Il 10 giugno 1977 Giuseppe Occhialini così si esprimeva nel commentare la bozza della nota biografica:10

La parte più bella è quella su “il maestro”, dove è tutto l’essenziale. Mi ha mostrato un Persico che non conoscevo, che ha dimostrato nella seconda parte della sua vita in Roma– Frascati una dimensione che non poteva svilupparsi su un teatro piccolo come Firenze, Torino e Quebec. . .

La seconda pagina, dove Occhialini elenca in dettaglio le sue osserva- zioni, riporta in alto a destra la seguente citazione:

History is not what happened but what people remem- ber...

10G. Occhialini a E. Amaldi, 10 giugno 1977, AA scatola 12E, fascicolo 2.

217

Bibliografia

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232 Indice analitico

Abetti, Giorgio, 40, 161 109 Adams, John B., 190, 191, 197, 198, Amaldi, Ugo (padre di Edoardo), 22 211 Angelini, Arnaldo Maria, 168, 200 AEA (Atomic Energy Act), 134, 140, ARAR (Azienda Rilievo Alienazione Re- 142 siduati), campi, 60 AEC (Atomic Energy Commission), 131, Artsimovich, Lev Andreevich, 150, 157, 134–136, 139, 140, 151, 183 198 AERE (Atomic Energy Research Esta- Ascoli-Bartoli, Ugo, 10, 202, 207, 208, blishment, Harwell), 82, 83, 214 153–157, 159, 168, 178, 179, Aston, Francis W., 144, 147 183–186, 190–193, 199 Atkinson, Robert d’, 147 Ageno, Mario, 16, 19–22, 25, 38, 56, Atoms for Peace, 7, 132, 134, 141, 199 68, 70, 71, 88, 103, 112, 123, Auger, Pierre, 69, 103–105 161 Bañoz, Alfredo, 181, 215, 216 Alberigi Quaranta, Alessandro, 203 Bakker, Cornelis J., 211 Alfvén, Hannes, 163, 207 Bassi, Piero, 108 Allen, John E., 174, 177, 178, 185, 186, Battelli, Angelo, 161 192, 201, 202, 207, 209, 214 Battimelli, Giovanni, 11, 15, 16, 110, Aller, Lawrence H., 161 115 Amaldi, Edoardo, 3–5, 7–12, 14–19, Beckerley, James G., 136 21–23, 25–34, 38, 39, 42–48, Bergia, Silvio, 11 51, 53, 55–64, 67–78, 82–86, Bernardini, A., 182 89, 90, 93, 94, 96–98, 103– Bernardini, Carlo, 11, 117–120, 123, 111, 114, 117, 124, 126, 127, 133, 161, 165, 168 133, 160, 163, 168–172, 174, Bernardini, Gilberto, 13–15, 27–31, 35, 175, 177–182, 186, 190, 192– 37, 43, 45, 48, 49, 57, 59, 60, 197, 200, 202, 203, 205, 206, 64, 85, 87, 88, 90–92, 94, 96, 209–217 99, 100, 104–106, 108, 110– Amaldi, Ginestra, 57, 58, 63, 126 113, 122, 126, 128, 129, 170, Amaldi, Ugo (figlio di Edoardo), 22, 58, 187, 204

233 Indice analitico L. Bonolis

Bertotti, Bruno, 215 Castelnuovo, Guido, 66 Bethe, Hans, 75, 148 CEE (Comunità Economica Europea), Bhabha, Homi, 136, 139, 140, 199 189, 213, 214 Bierman, Ludwig F.B., 164, 194 CERN (Centre Européen Recherche Nu- Blackett, Patrick M.S., 28, 31, 51, 59, cléaire), 46, 48, 69, 103–105, 76, 107 108–110, 113, 127, 137, 168, Blackman, Moses, 149 171, 174, 180, 181, 186, 190, Bloch, Felix, 16–18 191, 195–197, 211 Boato, Giovanni, 61, 62 Chamberlain, Owen, 110 Bohm, David, 180 Chandrasekhar, Subrahmanyan, 163 Bohr, Niels, 63, 138, 211 Chapman, Sidney, 161 Bolla, Giuseppe, 30, 103 Chiarotti, Gianfranco, 179 bomba H, 131, 132, 140, 150, 163 Churchill, Winston, 154 Bonfiglioli, Guido, 43 Cini, Marcello, 42, 43, 66, 205 Bretscher, E., 149 CISE (Centro Informazioni Studi ed Broglio, Luigi, 196, 205 Esperienze), 30, 60, 103, 106, Brunelli, Bruno, 5–8, 11, 160, 162, 163, 164 165, 168, 169, 171–175, 181, CNEN (Comitato Nazionale per l’Ener- 182, 185–187, 190, 193, 194, gia Nucleare), 5, 6, 209, 214, 201, 202, 206, 207, 209, 214– 215 216 CNR (Consiglio Nazionale delle Ricer- Budinich, Paolo, 212 che), 27, 77, 78, 103, 105 Bulganin, Nikolai A., 154 CNRN (Comitato Nazionale per le Ri- cerche Nucleari), 5, 106, 164, Cacciapuoti, Nestore Bernardo, 37, 88, 169, 170, 172, 173, 175, 180, 197 185, 194, 198, 200–203, 205, Caldirola, Piero, 76, 105 209, 213, 214 Calogero, Francesco, 133 Cocconi, Giuseppe, 28, 57, 67, 75, 76 Capogrossi, Antonella, 11 Cockcroft, John D., 45, 135, 154, 155, Capron, Paul, 192 168, 184, 186, 190, 197, 199, Cardani, P., 161 200, 211 Careri, Giorgio, 44, 60, 62, 63 Colonnetti, Gustavo, 103 Carrara, Nello, 168, 169 Conversi, Marcello, 27, 45, 56, 64, 103, Castagnoli, Carlo, 60, 93, 110 127, 179 Castelnuovo, Gina, 36, 37 Corbino, Orso Mario, 10, 13, 22, 32, Castelnuovo, Gino, 66 38, 47, 160

234 L. Bonolis Indice analitico

Cortini, Giulio, 58, 59, 71, 72 Fermi, Enrico, 6, 9, 13–22, 24, 25, 31, Courant, Richard, 141 32, 34, 36, 46, 55–58, 61, 67, Crocco, Luigi, 195 74, 77, 93, 96, 97, 109, 111, 112, 114, 118, 122, 124–129, Dallaporta, Nicolò, 43 134, 136, 148, 150, 151, 163, Darmois, Eugène, 161 185, 203, 209 Dattuer, A., 194 Fermi, Giulio, 128 Davis, Watson, 149 Fermi, Laura, 91, 97, 101, 126, 127 De Angelis, Alberto, 162, 163, 168, Fermi, Maria, 128 181, 182, 202, 214 Fermi, Nella, 128 De Gasperi, Alcide, 77, 106 Ferraro, Vincent C.A., 193 Deaglio, Romolo, 74, 75 Ferretti, Bruno, 30, 45, 60, 61, 76, 87, Debye, Peter J. W., 160 88, 90, 91, 94, 103, 104, 106, Demichelis, Francesca, 43 116–118, 210 Di Legge, Alfonso, 32 Fidecaro, Giuseppe, 94 Dilworth, Connie, 206 Focaccia, Basilio, 5, 200 Dirac, Paul A. M., 160 Franzinetti, Carlo, 63 French, A.P., 149 Eddington, Arthur S., 145, 146, 159– Friedrichs, Kurt O., 141 161 Fry, Donald W., 192, 197 Einstein, Albert, 133, 134, 144, 145, Fubini, Eugenio, 37 147 Fubini, Gino, 37 Eisenhower, Dwight D., 131–135, 142, Fuchs, Klaus, 150 158, 194, 197 ELDO (European Launcher Develop- Gamba, Augusto, 43 ment Organisation), 105 Garelli, Carola M., 43 Emo Capodilista, Lorenzo, 37 Gatto, Raoul, 61 ENEA, 5, 209 Gazzi, Vittorio, 168 Engel, A. Von, 168, 170, 173, 182 Gibson, K.J., 194 ESRO (European Space Research Or- Gigli Berzolari, Alberto, 64, 93 ganization), 69, 105 Ginevra, Conferenza di, 7, 134, 135, EURATOM, 5, 6, 105, 134, 189–191, 137–140, 191, 197, 198, 200, 204, 205, 208–210, 213–215 201 Giordani, Francesco, 106 Fabiani, Dino, 203 Giulotto, Luigi, 168 Fano, Ugo, 36, 37 Gold, Harry, 150

235 Indice analitico L. Bonolis

Golovin, I.N., 157 Kantrowitz, Arthur R., 148 Goudsmith, Samuel A., 17, 18 Kerst, Donald W., 42 Gozzini, Adriano, 168, 193 Khruschev, Nikita, 154, 158 Grad, Harold, 141 Kiepenheuer, K.O., 194 Gratton, Livio, 214 King, L.D.P., 148 Gray, Ernest P., 206 Kistemaker, J., 169, 171, 173, 182 Guèron, Jules, 213 Klemperer, Otto E.H., 181 Kurchatov, Igor V., 149, 150, 154, 155, Hückel, Erich A.A.J., 160 157, 183, 200 Harteck, Paul, 147 Heisenberg, Werner, 16–18, 46, 63, 93, Laboratori Nazionali di Frascati, 6, 11, 164, 211 13, 14, 67, 114, 126, 166, Hennin, Marie Madeleine, 92 167, 203–205, 210, 211, 214 Higawara, Tokutaro, 148 Laboratorio della Marmolada, 106 Hitler, Adolf, 7 Laboratorio della Testa Grigia, 60, 64, Houtermans, Fritz G., 147 70, 72, 76, 82, 105 Hubert, P., 172 Laboratorio Gas Ionizzati, 4–7, 10, 11, Hughes, Donald J., 139 165, 190, 194, 201–203, 206, 209, 213, 214 IAEA (International Atomic Energy Agen- Landau, Lev D., 157 cy), 212 Langmuir, Irving, 137, 174, 201 ICSU (International Council for Scien- Lattes, Cesare Mansueto Giulio, 70, 72 tific Unions), 47 Lee, Tung-Dao, 107 ICTP (International Centre for Theore- Lenci, Francesco, 133 tical Physics), 212 Lepri, F., 60 INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nu- cleare), 105, 106, 111, 204, Leprince-Ringuet, Louis, 107, 108 205 Lifschitz, Evgeny M., 157 Ippolito, Felice, 5, 126, 168, 172–174, Linhart, Jirka G., 4, 171, 172, 175–177, 200, 201, 213 180, 181, 190, 194, 215 Istituto Superiore di Sanità, 14, 21, 38, Lo Surdo, Antonino, 76, 84, 95 45, 80, 86, 126, 161, 168 Lovati, Antonio, 67, 116 IUPAP (International Union of Pure Luce, John S., 141 and Applied Physics), 47, 69 Magistrelli, Franca, 4, 5, 7, 11, 119, Jeans, James H., 159 120, 159, 162, 163, 167–169,

236 L. Bonolis Indice analitico

174, 175, 181, 182, 187, 202, ONU (Organizzazione Nazioni Unite), 207, 214–216 47, 50 Mainardi, Angelo, 11 Oppenheimer, Robert, 134, 150 Mandò, Manlio, 168 Manifesto Russell–Einstein, 133 Palumbo, Donato, 204 Mann, D.E., 180 Pancini, Ettore, 27, 45, 56, 58, 60, 64, Markov, Andrej A., 157 72, 88, 112, 117 Martellucci, Sergio, 208, 214 Panofsky, Wolfgang K.H., 113 Medi, Enrico, 85 Paoloni, Giovanni, 15, 30 Merlini, Alfonso, 60 Pauli, Wolfgang, 63, 93, 97 Millikan, Robert, A., 160 Pease, Robert S., 156, 157 Milotti, Edoardo, 164 Perón, Juan Domingo, 151 MIT (Massachusetts Institute of Tech- Perrin, Francis, 197, 211 nology), 35, 51, 59, 94, 97, Perrin, Jean, 145 108, 182, 206 Persico, Enrico, 3–5, 7–11, 15, 20, 32, Morandi, Luigi, 30 33, 35, 37–44, 48–52, 55, 64– Morandi, Rodolfo, 30 67, 70, 73–76, 79, 81, 83– Mortara, Nella, 16, 38, 76, 81, 87, 98, 87, 89–92, 94–101, 103, 113, 103 117–129, 159–163, 165–172, Mura, Antonino, 67 175–182, 185, 186, 190, 192– 194, 200, 202–210, 215–217 Perucca, Eligio, 44, 105 NASA (National Aeronautics and Spa- Piano Baruch, 31, 35, 54 ce Administration), 182, 194, Piccioni, Oreste, 27, 45, 56, 57, 67 205 Picone, Mauro, 94 Nastasi, Pietro, 11 plasma, 4, 5, 7, 10, 134, 137, 147, 149, NATO (North Atlantic Treaty Organi- 152, 155, 157, 159, 161–165, zation), 197 168–178, 180–183, 185, 186, Nernst, Walther, 159 190–195, 197, 199, 201, 202, 206–209, 213–216 Occhialini, Giuseppe, 15, 70, 72, 73, Pochettino, Alfredo, 74, 75 76, 106, 206, 217 Polacco, Erseo, 168 OECE (Organizzazione per la Coope- Polvani, Giovanni, 29, 76, 124, 164, razione Economica Europea), 193 191 Pontecorvo, Bruno, 14, 15, 17, 23, 36, Oliphant, Mark L.E., 147 37, 82, 83, 157

237 Indice analitico L. Bonolis

Post, Richard F., 153, 216 Rostagni, Antonio, 44, 75, 105, 106 Powell, Cecil F., 70, 72, 73, 106–108 Rumi, Bruno, 60 progetto Manhattan, 50, 51, 143 Russell, Bertrand, 133 progetto Matternhorn, 151, 215 Rutherford, Ernest, 145, 147 Prometeo, 143, 144 Puccianti, Luigi, 121 Sakharov, Andrei, 149 Puglisi, Mario, 203 Salam, Abdus, 212 Pugwash (movimento), 133 Salvetti, Carlo, 30 Puppi, Giampiero, 110, 111 Salvini, Giorgio, 10, 28, 30, 64, 67, 93, 96, 106, 111, 113, 114, 116, Quercia, Italo Federico, 63, 71, 165, 118, 122, 123, 125, 126, 179 167–169, 182, 203 Schaerf, Carlo, 15 Querzoli, Ruggero, 117, 123 Schlüter, Arnulf, 164 Schreiber, R.E., 148 Rabi, Isidor I., 35, 104, 196, 197 Sciuti, Sebastiano, 60, 71, 72, 94 Radicati di Brozolo, Luigi A., 43, 44, Scuola Normale Superiore, 60 193 Segrè, Emilio, 14–16, 19, 20, 36, 37, Rasetti, Franco, 4, 5, 8–11, 14, 15, 39, 45, 86, 98, 109, 110, 128, 18, 19, 33, 34, 36–38, 41, 45, 129 64–67, 74, 77, 79, 81, 82, 84, Segre, Sergio, 182, 193, 202, 207, 210, 86, 91, 92, 98, 118, 121, 124, 214–216 160, 178, 179, 194, 201, 203, Seidl, F.G.P., 149 206–208, 214, 216 Seitz, Frederick, 140 Rechenberg, Helmut, 46 Sereni, Emilio, 23 Reynolds, William F., 171, 174, 178 Severi, Francesco, 33 Richter, Ronald, 151 Shafranov, Vladimir, 164 Righini, Guglielmo, 208 Sherwood, progetto, 135, 140, 151 Rispoli, Brunello, 60, 63, 71 Shipley, Edward D., 141 Roberts, Arthur, 35 Silvestri, Mario, 30 Roero, Clara Silvia, 31, 33, 43 Skobeltzin, Dimitri V., 136 Romagnino, Carla, 12 Smorodinsky, A., 157 Rosenbluth, Marshall, 164 Smyth, Henry DeWolf, 39, 185 Rossi, Bruno, 13, 14, 20, 36, 51, 52, Società Italiana di Fisica, 29, 118, 163, 57, 59, 64, 67, 70, 87, 94, 97, 164 107, 108, 124, 168, 182, 195, Somigliana, Carlo, 33 205, 206 Sona, Giorgio, 119

238 L. Bonolis Indice analitico

Spitzer, Lyman, 140, 151, 153, 157, Van Allen, fasce di, 182, 195 181 Van Allen, James, 195 Stalin, Iosif, 98, 131, 133 Vandry, Ferdinand, 66 Stellarator, 151, 153 Varenna, Scuola di, 112, 124–127, 163, Stoppini, Gherardo, 117 193, 194, 207 Strauss, Lewis L., 135, 139, 141 Veksler, Vladimir I., 157 Volta, Alessandro, 20, 29 Tagliaferri, Guido, 67, 116 Tamm, Igor, 149, 157 Wataghin, Gleb, 15, 74, 76, 105 Teller, Edward, 140, 143, 148, 151, 199 Weisskopf, Viktor, 73, 156, 157 Terracini, Alessandro, 66, 75 Wick, Gian Carlo, 31, 32, 45, 51, 67, Terracini, Benvenuto, 66 72, 76, 122 Thomson, George P., 149 Wigner, Eugene P., 140 Thonemann, Peter C., 153, 165, 169, Wilson, Robert R., 113 171, 190, 199 Wu, Chien-Schiung, 120 tokamak, 149, 157 Yang, Chen Ning, 107 Tongiorgi, Vanna, 28 York, Herbert F., 140 Toschi, Romano, 214 Yukawa, Hideki, 56 Touschek, Bruno, 11, 114, 205, 210, 211 Zanchi, Lodovico, 15, 99 Townsend, John, 164 ZETA (Zero Energy Toroidal Assem- Trabacchi, Giulio Cesare, 38, 80, 81, bly), 153, 162, 183, 184, 186, 86, 87, 91 190, 191, 193 Tricomi, Francesco Giacomo, 33, 83 Zeuli, Tino, 43 Trinity Test, 143 Zumino, Bruno, 63 Truman, Harry S., 30, 131, 143 Tuck, James L., 141, 151 Turrin, Angelo, 119, 123

UNAEC (United Nations Atomic Ener- gy Commission), 31, 131 UNESCO (United Nations Educational and Cultural Organization), 69, 103, 104, 193, 197

Valle, Giorgio, 164

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Indice

1 Introduzione 3 2 Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi 13 3 Dal disastro alla ricostruzione 25 4 Gli strateghi della ricostruzione 59 5 Grandi imprese 103 6 Il “vecchio Enrico” 117 7 Atomi per la pace 131 8 Il secondo capitolo dell’era atomica 143 9 La macchina ZETA 153 10 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma 159 11 Il Laboratorio Gas Ionizzati 171 12 Internazionalismo e cooperazione 189 13 Epilogo 213 Bibliografia 219 Indice 232

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