Verdi E Dante. Alcune Nuove Riflessioni
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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Diposit Digital de Documents de la UAB Dante e l’arte 2, 2015 103-126 Verdi e Dante. Alcune nuove riflessioni Antonio Rostagno Università di Roma “La Sapienza” [email protected] Riassunto Viene ripercorso il rapporto di Giuseppe Verdi con alcuni testi a vario titolo collegati a Dante, dalla vicenda della sua prima opera, Oberto conte di S. Bonifacio dove appare Cunizza da Romano, attraverso altre composizioni da concerto, fino alle Laudi alla Vergine Maria sulla preghiera di San Bernardo, da Paradiso XXXIII. Vengono portate alcune nuove documentazioni e proposte alcune nuove interpretazioni. Parole chiave: Verdi, Dante, Italia, Madrigalismo. Abstract The relationship of Giuseppe Verdi with several texts by Dante is well known, from the history of his first opera, Oberto conte di S. Bonifacio in which Cunizza da Romano appears, to other concert compositions, above all Laudi alla Vergine Maria, San Bernardo’s prayer in Paradise XXXIII. This paper contributes with new documents and proposals for a new interpretation. Keywords: Verdi, Dante, Italia, Madrigalism. issn 2385-5355 104 Dante e l’arte 2, 2015 Antonio Rostagno I l rapporto di Giuseppe Verdi con la poesia di Dante è assai lungo, tanto da I coprire quasi tutta la sua vita compositiva, sia pur con larghissime pause. Forse soltanto verso Manzoni e Goethe possiamo registrare un tanto precoce interessamento da parte di Verdi: di Manzoni infatti ancor prima del debutto operistico pone in musica alcuni cori dalle due tragedie e Il cinque maggio, poi nel 1858 come omaggio all’amico napoletano Melchiorre Delfico scrive una breve lirica sulla terza strofa del coro che descrive la morte di Ermengar- da nell’Adelchi, “Sgombra o gentil dall’ansia”.1 Di Goethe utilizza due tradu- zioni per altrettante liriche da camera pubblicate nel 1838 dall’editore Canti di Milano: Perduta ho la pace2 e Deh, pietoso, oh addolorata,3 testi entrambi provenienti dal personaggio di Gretchen dal Faust, nella traduzione italia- na (non eccelsa) di Luigi Balestra. Nonostante la loro semplicità musicale, sono due liriche importanti non solo perché anticipano alcuni incisi melodici poi confluiti nelle opere più mature, ma soprattutto perché affrontano per la prima volta un tema che accompagnerà Verdi molto a lungo: il tema dell’ “eterno femmineo”, quell’ewig Weibliche per cui a Goethe (dichiaratamente, pur differenziandosene) non era estranea la memoria dei canti conclusivi della Commedia dantesca. Sin dai primissimi anni, quindi, si chiarisce questa costellazione di rimandi culturali, che testimoniano come Verdi abbia assimilato già durante la forma- zione i grandi esempi della letteratura europea, condividendo quindi un’edu- cazione culturale solitamente riservata ai letterati più che ai musicisti. Dante costituisce poi per Verdi, come per Donizetti, un modello e un esempio di letteratura nazionale e di altissimo prestigio, a cui essi guarderanno non come a un serbatoio di situazioni, vicende, personaggi o testi da musicare, ma come un esempio di impegno e dignità artistica. 1. La prima apparizione di un personaggio legato alla Commedia nel teatro di Verdi avviene già nella sua prima opera, Oberto conte di S. Bonifacio (1839): il personaggio di Cuniza, l’antagonista femminile dell’opera, proviene infatti da 1. L’interessante relazione di Verdi con Manzoni, per cui nutriva una fanatica ammirazione, è descritta da Ortombina 1992. E a questo studio si rimanda per ulteriori notizie e riferimenti documentari relativi alle composizioni giovanili a cui qui faccio riferimento, composizioni che probabilmente sono ancora conservate dagli eredi a Villa Verdi a Sant’Agata, ma delle quali non si ha altre notizie che alcuni brevi accenni nella corrispondenza verdiana, pun- tualmente ricostruita da Ortombina. 2. È la traduzione italiana della canzone di Gretchen “Meine Ruh ist hin” dal Faust (Gretchen Stube, vv. 3374-3413), che anche Schubert (Gretchen am Spinnarade, op. 2, D118), Wagner e altri hanno posto in musica. 3. È la preghiera davanti alla Mater dolorosa in cui Goethe scrive un liberissimo adattamento tedesco dello Stabat Mater di Jacopone (Faust, Zwinger, vv. 3587-3619); Schumann ne offre una sublime intonazione nelle Faustscenen aus Goethes Faust, parte prima, seconda sezione. Verdi e Dante. Alcune nuove riflessioni Dante e l’arte 2, 2015 105 Paradiso IX 13-66. È vero che la geometria drammatica e lo sviluppo della vi- cenda hanno un collegamento solo parziale con la figura che nella Commedia parla a Dante e Beatrice, e che la vicenda portata in scena da Verdi è in larga parte frutto di invenzione:4 non si parla della storia del rapimento di Cunizza (nella grafia geminata, il libretto di Verdi opta invece per la lezione scempia);5 non compaiono né Sordello, altro personaggio dantesco che entrerà nel me- lodramma italiano dell’Ottocento,6 né Ezzelino; non si fa riferimento al suo triplice matrimonio né alla fama di donna spregiudicata, forse proprio per avvicinarsi alla figura celestiale che Dante tratteggia. Cunizza da Romano non è figura marginale nella Commedia; collocata fra gli Spiriti amanti nel terzo cielo di Venere, la sua luce attira Dante: Cunizza fui chiamata, e qui refulgo perché mi vinse il lume d’esta stella (Pd. IX, 32-33), cui segue la profezia sulla Marca Trevigiana e su Feltre: Piangerà Feltro ancora la difalta de l’empio suo pastor, che sarà sconcia sì, che per simil non s’entrò in malta. (Pd. IX, 52-54) Oltre al citato Sordello, Dante aveva incontrato anche Ezzelino III, lo spietato fratello di Cunizza (che Verdi tuttavia non porta in scena), fra i violenti contro il prossimo, nel primo girone del settimo cerchio dell’Inferno (If. XII 109-110). Il personaggio storico di Cunizza da Romano (1190-1279) è passato alla storia 4. Si potrebbe perciò pensare che la figura dantesca e l’eroina verdiana non possano essere identificate; ma se così ragionassimo, anche la Pia de’ Tolomei e la Francesca da Polenta, figure che hanno avuto molteplici intonazioni da parte dei compositori italiani, non sa- rebbero ascrivibili al modello di Dante. Il libretto di Cammarano per l’omonima opera di Donizetti infatti non deriva dai pochi versi di Pg. V 130-136; al contrario, il personaggio donizettiano come le altre Pie del melodramma italiano medio-ottocentesco derivano dal romanzo di Bartolomeo Sestini (1822), dal dramma di Giacinto Bianco (1836) o da quello di Carlo Marenco (1838). Similmente il libretto della Francesca da Rimini di Felice Romani (poi utilizzato da diversi compositori) proviene dal dramma di Silvio Pellico più che dal modello poetico di Inferno V. Eppure è comune convinzione, pienamente condivisibile, che la fortuna di queste figure nell’Ottocento debba essere posta in relazione con l’evidentissimo movimento di interesse per Dante caratteristico dell’intera cultura romantica italiana, non solo del melodramma. Data questa situazione, non si ritiene necessaria altra cautela nell’in- dicare la discendenza, sia pur indiretta, della Cuniza dell’Oberto dalla suggestione dantesca. 5. Non entriamo qui nel problema dell’attribuzione del primo libretto di Verdi, nel quale il ruolo di Antonio Piazza e quello di Temistocle Solera non sono del tutto chiariti; la biblio- grafia è ampia e si rimanda alla voce curata da Ottomano 2013, con sintetici riferimenti bibliografici. 6. Sordello. Opera in quattro atti, libretto di Temistocle Solera, musica di Antonio Buzzi, Milano, Teatro alla Scala, Carnevale/Quaresima 1856-57 [Milano, Pirola, 1856]; come ci si può aspettare, il libretto reca nel frontespizio una breve citazione da Pg. VI 74-75 (“… Io son Sordello / della tua terra”). 106 Dante e l’arte 2, 2015 Antonio Rostagno come donna diabolica, assetata di potere, sanguinaria e soprattutto libertina; è probabile che nella parte finale della vita Cunizza avesse subito un pentimento e dal 1265 al 1279 potrebbe aver vissuto a Firenze, dedita a opere pie, dove Dante stesso avrebbe potuto conoscerla. La scelta di Dante di inserirla nel Pa- radiso ha destato a lungo incertezze di interpretazione. Già nel Discorso (capp. XLVI-XVLII) Ugo Foscolo (1825: 229-231) aveva giustificato la sua presenza con motivazioni politiche anti-guelfe (Foscolo è spesso incline a credere che le scelte di Dante siano motivate di anno in anno dalle vicende contingenti, e il caso di Cunizza sarebbe una di queste). Nell’opera di Verdi, Cuniza (mezzo-soprano) è il vero personaggio posi- tivo, protagonistico; è l’unica che, come accadrà ai suoi eroi della maturità, compie una scelta, e questa scelta non è motivata dall’utilitarismo individuali- stico, ma dal fine di ottenere il bene altrui, secondo i principi del liberalismo etico ottocentesco condiviso da Verdi. Cuniza infatti sceglie di rinunciare al promesso sposo Riccardo (tenore) quando apprende di un suo precedente impegno con Leonora (soprano), figlia del proscritto Oberto (basso), e agisce per realizzare questa scelta di sacrificio del proprio bene personale a favore di una giusta causa. Non desta quindi sorpresa il fatto che Verdi abbia lavorato molto sulla sua parte; nei due anni che seguirono la prima milanese rielaborò molte delle parti dove Cuniza è coinvolta: una nuova aria, un nuovo duetto con il tenore, ma soprattutto un duetto che compare nell’autografo, ma non nella versione definitiva, con la antagonista Leonora, nel quale Verdi tradu- ce il senso della compassione di Cuniza, che porta le due donne non solo a comprendersi, ma persino ad abbracciarsi, riconoscendo la propria comune posizione di vittime della situazione (Budden 1992: 43-67, partic. 65-67). Non occorre qui riassumere la vicenda, sia però sufficiente ricordare che Verdi ne fa un’eroina positiva, e in lei rappresenta il tema del perdono, già caro a Donizetti (Marin Faliero, Maria Stuarda, Pia de’ Tolomei ecc.), di ovvia ascendenza manzoniana (soprattutto il Carmagnola, ma è tema radicato nella morale giansenista). Occorre però ricordare che Verdi è all’inizio della carriera e non ha ancora l’autorità per imporre ai librettisti le sue opinioni drammatur- giche; la scelta del personaggio dantesco quindi è più una casualità che una de- liberata intenzione.