UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI SALERNO in Patagonia: Viaggi
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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI SALERNO Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Dottorato di ricerca in “Testi e linguaggi nelle Letterature dell‟Europa e delle Americhe” IX Ciclo In Patagonia: viaggi, movimenti, scritture. Alcuni percorsi. Tesi di dottorato di Mariano Baino Coordinatore del Dottorato: Tutor Ch.ma Prof.ssa Ch.ma Prof.ssa Annamaria Laserra Rosa Maria Grillo Anno accademico 2009-2010 1 INDICE PREMESSA………………………………………………… Pag. 3 CAPITOLO I (La scrittura e il movimento: motivi e suggestioni della letteratura di viaggio. Il Nuovo Mondo. Deserti patagonici e “Fin del Mundo”)…………………….. Pag. 8 CAPITOLO II (“Desiderando veder del mondo”: Antonio Pigafetta, cronista del primo viaggio intorno al globo. I giganti patagonici. Lo stretto di Magellano)……………………….. Pag. 28 CAPITOLO III (Donne in movimento e Fin del Mundo: viaggiatrici, pioniere, bandoleras in una terra per uomini)………………. Pag. 81 CAPITOLO IV (Altre donne in movimento: le cautivas blancas. Immagini nella letteratura e nella mitologia nazionale in Argentina)….. Pag. 129 CAPITOLO V (Il marinaio e il missionario: Giacomo Bove e Alberto Maria De Agostini. Due contributi alla conoscenza di Patagonia e Terra del Fuoco).………………………………. Pag. 154 CONCLUSIONI……………..……………………………… Pag. 203 BIBLIOGRAFIA……………………………………………. Pag. 207 APPENDICE………………………………………………… Pag. 213 PREMESSA 2 La Patagonia ha esercitato nei confronti dei viaggiatori europei un forte richiamo, che l‟ha resa oggetto di una continua “invenzione”. Su questa terra smisurata – a partire dal momento in cui la cartografia e i viaggi di esplorazione hanno dilatato il mondo in un continuum di territori configurabili come spazi – è stata proiettata una geografia visionaria e straniante volta a esorcizzare il disorientamento di fronte al “vuoto”. Frontiera assoluta, questa terra ha visto anche il succedersi di imponenti fenomeni migratori, di scontri fra coloni e popolazioni autoctone, così come di drammatiche lotte per il lavoro. Tutto ciò ha lasciato tracce profonde nella letteratura e nella storia nazionale di Argentina e Cile. Ancora oggi, per Francisco Coloane la Patagonia somiglia a un vasto mare, ha i suoi stessi orizzonti. Per il poeta Evtušchenko, essa ha qualcosa della Siberia, un uguale odore di spazio. L‟immenso Sud, l‟estremo e profondo Fin del mundo, percepito come “non luogo” del pianeta, ha spinto la mente dell‟uomo che l‟ha attraversato a includervi di tutto, a proiettarvi di tutto, come su una lavagna vuota. Forse anche perché, quando l‟umanità è stata ben dentro il XX secolo, questa terra ha ancora espresso un‟età primordiale del pianeta. La parte più meridionale dell‟America australe (Appendice, tav. n.1) è poi divenuta, a forza di scritture, un‟estensione disseminata di storie e metafore. Un, dirò così, “iperluogo” letterario. “Almeno mille storie al metro quadro”, come spiega alla scrittrice Laura Pariani un vecchio avventore fuegino in un bar di Ushuaia. Una terra eccentrica, quasi irreale, che ha dato ricetto alle solitudini, all‟esilio e ai sogni di viaggiatori, perseguitati politici, avventurieri, anarchici. Un‟infinità di 3 voci umane, fra le quali quelle di tanti scrittori in viaggio, a cui si deve la mitografia che ha fatto della Patagonia un luogo assoluto, e degli uomini che lì vivono dei simboli viventi – e spesso bizzarri – dell‟erranza. A volte, la stranizzata umanità che vien fuori dai racconti fa pensare a un “tipo patagonico”, a uno stereotipo, allo sfruttamento, tutto epigonale, di un filone che nei primi cantori della Patagonia non aveva mancato di regalare metallo puro. Alcuni personaggi sembrano in vario modo apparentati con una delle “cartoline” scritte da Roberto Arlt nel 1934 (En el país del viento, Viaje a la Patagonia), dove la figurina ritratta è quella di un uomo, sdraiato sotto una tettoia, i piedi poggiati sulla balaustra di legno di un‟estancia, che sputa nel vento mentre osserva il desierto. Ma nei taccuini di viaggio più recenti vi è anche il disincanto, l‟insoddisfazione del viaggiare, la fine del mito, la consapevolezza delle trasformazioni introdotte sul territorio dal turismo di massa e dalle multinazionali per un mercato globalizzato e delocalizzato. Di fronte a una terra così vasta, così ricca di Storia e di storie ( e che in tempi diversi e in vari modi ha attratto navigatori come Pedro Sarmiento de Gamboa, Francis Drake, Thomas Cavendish, Robert Fitz Roy; scienziati come Charles Darwin e Alexander von Humboldt; scrittori come Victoria Ocampo, Bruce Chatwin, Ricardo Rojas, Antoine de Saint-Exupery, Roger Caillois; e persino fior di banditi come Butch Cassidy e Sundance Kid), di fronte a un intreccio di questioni storiche, geografiche, antropologiche, letterarie così fitto da sembrare incredibile, si è immediatamente portati ad escludere la possibilità di un discorso e di una linea d‟analisi a largo raggio. Di più: si sente il bisogno di dichiarare da subito che il proprio studio non potrà che ricostruire e interrogare solo alcuni percorsi fra i tanti che si 4 sono susseguiti nelle immense distese patagoniche e nei canali della Terra del Fuoco. Nella convinzione, però, che la ricerca possa tenersi al riparo dal rischio di farsi eccessivamente erratica. E ciò soprattutto perché l‟oggetto di essa – la Patagonia in rapporto al movimento umano, al viaggio e alla scrittura – costituisce, a parere di chi scrive, uno sfondo integratore capace di grande forza di coesione. Nomi e percorsi già noti, celebrità che costituiscono, se così si può dire, il canone del viaggio patagonico (Chatwin, Coloane, Sepúlveda), pur ricordati e citati, com‟è nel caso dei primi due, in diversi passaggi, non sono stati prescelti quali oggetto di studio. La preferenza è andata ad esperienze poco conosciute, fatte salve quelle degli inizi (Magellano, Pigafetta), che appartengono alla cultura universale. La tesi, scandita in cinque capitoli, dopo un inquadramento teorico della letteratura di viaggio, che configura quest‟ultimo come metafora di un percorso di conoscenza (Cap. I), si concentra sulle origini del mito letterario costituito dal locus patagonico. Vengono indagate (Cap.II) le motivazioni odeporiche di Antonio Pigafetta, autore della relazione del primo viaggio intorno al mondo; le conseguenze della “deformazione” da lui operata circa le dimensioni degli abitanti del Fin del Mundo (deformazione che ha fornito suggestioni alla parola poetica di Shakespeare e al pensiero di Vico); alcune forme dell‟immaginario occidentale in rapporto al tema dello Stretto e della scoperta del passaggio a sud-ovest da parte di Magellano. Un capitolo è dedicato a una tematica che si ritiene sin qui piuttosto trascurata nella tradizione culturale della Patagonia: la presenza (l‟operosità) femminile in una regione da sempre considerata 5 “terra per uomini”. La tesi ricostruisce (Cap.III) alcune microstorie femminili (viaggiatrici, pioniere, bandoleras), che attraverso la contingenza del loro precario esistere, permettono il formarsi di un quadro più veritiero e articolato della macrostoria. Questa parte della tesi è completata, attraverso l‟analisi dei testi letterari, da una ricostruzione (Cap.IV) del “viaggio”, doloroso e complesso, che la cautiva (donna bianca rapita dagli indios) ha dovuto vivere fra due civiltà diverse e tra loro antagoniste. La tesi si occupa, infine (Cap.V), di due esploratori italiani poco conosciuti ai più, ma che hanno grandemente contribuito alla conoscenza delle regioni magellaniche, delle montagne patagoniche e delle etnie fuegine: Giacomo Bove e Alberto Maria De Agostini. Circa quest‟ultimo (ma anche per i temi del gigantismo patagonico e dell‟immaginario dello Stretto), questa ricerca si dichiara sulla scia di Nicola Bottiglieri. Inevitabilmente, si vorrebbe dire, dal momento che è stato il suo lavoro a far emergere l‟opera di De Agostini dal cono d‟ombra in cui si trovava. 6 Hacia el Sur, hacia el sueño, dulce abismo buscabas. José Luis Cano Ils vont. L‟espace est grand. Victor Hugo Apenas desamarrada la pobre barca, viajero, del árbol de la ribera, se canta: no somos nada. Antonio Machado CAPITOLO I 7 La scrittura e il movimento: motivi e suggestioni della letteratura di viaggio. Il Nuovo Mondo. Deserti patagonici e “Fin del mundo”. Sommario: 1. Il viaggio della scrittura. L‟odeporica e il nesso imprescindibile fra viaggiatore e narratore. 2. Nuove via marittime. Nuovi itinera. Le immagini del mare. Patagonia e Terra del Fuoco: una terra eccentrica per eccellenza. 1. Il viaggio della scrittura. L‟odeporica e il nesso imprescindibile fra viaggiatore e narratore. Spero che sarai disposto ad ammettere pubblicamente, qualora tu ne fossi richiesto, di avermi persuaso con le tue insistenti e continue sollecitazioni a pubblicare una relazione molto slegata e scorretta dei miei viaggi, con l‟istruzione di incaricare qualche giovane signore dell‟una o dell‟altra università affinché la riordinasse e ne correggesse lo stile, come fece mio cugino Dampier per mio consiglio nel suo libro intitolato Viaggio intorno al mondo 1. Nei Viaggi di Gulliver (1726) di Jonathan Swift, il capitano Gulliver, protagonista del romanzo e sedicente cugino di quel William Dumpier navigatore e autore di un Viaggio intorno al mondo (1697) realmente effettuato, ci informa di una collaborazione ormai 1 Jonathan Swift, “Lettera del capitano Gulliver al cugino Sympson”, in I viaggi di Gulliver, tit. orig. Gulliver‟s Travel (1726), traduzione di Renato Ferrari, Edipem, Novara 1974, 15. 8 storicamente consolidata fra capitani di mare e letterati “dell‟una o dell‟altra