MAX ASCOLI

Da a New York: l’itinerario intellettuale di Max Ascoli

Nato a Ferrara nel 1898, da famiglia ebraica, il padre Enrico era un commerciante di granaglie, la madre, Adriana Finzi, un’esponente di una famiglia benestante della città emiliana, Ascoli si laureò nel 1920 in legge nell’Università della sua città con una tesi di filosofia del diritto, discussa con Alessandro Levi, esponente di spicco del positivismo giuridico italiano. In questo ambito disciplinare, egli, a partire dal 1924, pubblicò alcuni interessanti contributi e parallelamente all’attività scientifica, Ascoli avviò anche quella di pubblicista collaborando a tutte le più importanti riviste del primo antifascismo: dalla "Rivoluzione Liberale" di Piero Gobetti a "Quarto Stato" di Nenni e Carlo Rosselli, fino a "Il Mondo" e a "Non mollare". Dopo un primo arresto e una condanna al confino, vistosi preclusa la carriera accademica, nel 1931 Max Ascoli riuscì, grazie ad una borsa della Fondazione Rockefeller, a lasciare l’Italia e a trasferirsi a New York presso la New School for Social Research, diretta da Alvin Johnson, dove iniziò una lunga e prestigiosa carriera che nel giro di pochi anni lo portò ad occupare una posizione di primo piano nell’establishment americano che mantenne fino alla morte avvenuta nel 1978. Nel dopoguerra l’attività di Ascoli si concentrò prevalentemente sulla rivista “The Reporter”, da lui fondata nel 1949 e diretta fino al 1968. Indubbiamente l’approdo alla New School rappresentò uno dei punti di svolta più significativi della biografia intellettuale e politica di Ascoli. Sul piano intellettuale egli si trovò proiettato al centro di un network di relazioni scientifiche di eccezionale livello, spostando decisamente l’asse dei suoi interessi verso le discipline politiche ed economiche. Lavorò assieme a studiosi del calibro di Emil Lederer, Jacob Marshak, Theodor Geiger, Franz Neumann, Hans Speir, Leo Strauss, quasi tutti impegnati nello studio dei caratteri dei moderni totalitarismi. L’ingresso nella New School consentì, inoltre, a Max Ascoli di accelerare il suo inserimento nella società americana e di stabilire solidi rapporti con il mondo politico ed economico americano. Risalgono a quegli anni l’amicizia con Adolf Berle, assistente di Stato e con la famiglia Roosevelt. Unico italiano presente nell’”Università in esilio”, in pochi anni consolidò la sua posizione fino ad arrivare ruoli di responsabilità significativi nella Graduate Faculty of Political and Social Science (nel 1939 fu nominato dean), in virtù dei quali riuscì a creare le condizioni per inserire nell’istituzione newyorkese giovani studiosi italiani, rompendo così l’egemonia tedesca. Grazie ad Ascoli approdarono, tra gli altri, alla New School con varie borse di studio e incarichi Paolo Milano, Nino Levi, Lionello Venturi, Paolo Contini, Giorgio Santillana, Alessandro Pekelis, Mario Einaudi e Franco Modigliani che si formò sotto la guida del citato Marschak. Ascoli occupò anche ruoli importanti nella rivista “Social Research”, pubblicata a partire dal 1934 dalla stessa facoltà. In questa prestigiosa sede pubblicò molti articoli sulle origini dei sistemi totalitari degli anni '30, sulle nuove relazioni internazionali (la documentazione prodotta dalla New School in quest’ambito venne utilizzata dall’Office of Strategic Service-OSS), sul New Deal. Collaborò a molte altre riviste (tra cui “Foreign Affaire”, Atlantic Monthly”, “The Nation”), ed ebbe ruoli di responsabilità in varie istituzioni scientifiche, culturali e diplomatiche americane tra cui citiamo: American Institute of Pacific Relations, Bureau of Latin America Relations, Center for International Economic Growth, Comite International d’Aide aux Intellectuels, Committee for a National Trade Policy, Comittee for Relief to Victmins of nazi-fascism, Inter-American Affairs office della ’s Foundation, Concil for Democracy, Concil for Foreign Relations. Non è, dunque, un caso se un documento dell’Ambasciata italiana a Washington, datato, ottobre 1941, lo descrive come il più influente fuoriuscito italiano e “uno dei più pericolosi antifascisti che risiedano negli Stati Uniti”. Per la notorietà di cui godette e per i diversi ruoli che ricoprì, Ascoli - assieme a , docente di storia e cultura italiane ad Harvard dal 1933 al 1948 – divenne il punto di riferimento per gli esuli italiani e il personaggio chiave della battaglia antifascista condotta negli Stati Uniti.

Mantenne i contatti con Ferrara e nel dopoguerra donò all’ospedale della sua città il Padiglione di oculistica, a lui intitolato