ELSA MORANTE a Cento Anni Dalla Nascita

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ELSA MORANTE a Cento Anni Dalla Nascita La Biblioteca Civica La Biblioteca del Centro Donna Il Centro Culturale Candiani in collaborazione con Università Popolare Mestre ricordano ELSA MORANTE a cento anni dalla nascita Rassegna stampa disponibile presso Biblioteca Civica e Centro Donna novembre 2012 Rassegna stampa a cura di Francesco Buda e Isabella Stevanato Questo documento può essere liberamente scaricato dal sito della Biblioteca Civica http//bcm.comune.venezia.it BIBLIOLAB 5 Stampa CPM – Comune di Venezia novembre 2012 - 2 Sommario ELSA MORANTE, IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI ....................................................... 4 UN ALTARE NEL CIELO DELLE MADRI ............................................................................... 8 ELSA MORANTE STA TORNANDO A VIVERE – .................................................................. 11 LA "PRIMA” MORANTE .................................................................................................. 13 LA CULTURA IN LUTTO. ................................................................................................ 14 È MORTA A ROMA, A 73 ANNI, LA SCRITTRICE ELSA MORANTE......................................... 14 LE SUE PERDUTE MADRI .............................................................................................. 19 MADRE BARBARA E CARNALE........................................................................................ 22 ELSA MORANTE: UNA VITA, UNA STORIA INFINITA ......................................................... 26 L’ALTRA ELSA ............................................................................................................. 29 ARMATA DI PAROLE CONTRO IL DRAGO ......................................................................... 31 L’IMMAGINE DI ELSA ................................................................................................... 34 IL SOGNO DELLA CATTEDRALE ..................................................................................... 38 “LA STORIA” DI ELSA MORANTE HA VENT’ANNI .............................................................. 51 SOTTO IL SEGNO DELLA GRATITUDINE.......................................................................... 62 “LA STORIA” DI ELSA MORANTE.................................................................................... 64 UN’ANIMA AFFOLLATA DI SOLITUDINE........................................................................... 74 IL GIOCO SEGRETO DI ELSA......................................................................................... 76 LE CATTEDRALI DI ELSA MORANTE................................................................................ 81 VIAGGIO NELLA MEMORIA............................................................................................ 83 L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DELLA SCRITTURA .......................................................... 86 GENESI E GENERAZIONE DELLA SCRITTURA..................................................................100 - 3 Elsa Morante, Il mondo salvato dai ragazzini di Goffredo Fofi Quaderni Piacentini numero 38, luglio 1969 Rispetto alla Morante dei romanzi e dei racconti, quest’ultima opera, composita e variopinta, ha il pregio di una complessità e decisione che non eludono come di solito i “grandi discorsi”: sul senso della poesia e dell’arte, e della sua in particolare. Non riconducibile a scuole, opera rara e di freschezza e di entusiasmo - pur nei momenti di più lancinante tristezza - la sua lettura è d’una “allegria” (termine morantiano per eccellenza, e d’origine certo mozartiana, cioè denso della più autentica serietà) e di un’eccezionalità - nel panorama di poetiche medio-borghesi intristite sui malori degli impiegati di banca, dei ciechi di guerra e delle massaie di Cecina, come di quelle sempre più morbosamente e noiosamente decadenti, come di quelle delle più incavillate alchimie verbali - tali da meritarle un’attenzione tutta particolare. Ma questa è ancora premessa. E analizzare pezzo per pezzo la costruzione calibratamente ariosa e non occasionale di quest’insieme poetico, o i valori e le rispettive interferenze, sarebbe ancora cornice; anzi far torto all’autrice, che ha da farci proposte, ha da spiegarsi e spiegarci, insomma “lanciar messaggi”, benché su lunghezze d’onda tutte particolari. Sulla mancanza d’ascolto ci sarebbe molto da dire, ma speriamo che le ragioni diventino chiare attraverso il nostro abbozzo di discussione. La Morante è dei pochi a credere ancora alla poesia non come rognosa autoconsolazione o mera ingegneria, ma come azione eminentemente “onesta”, paragonabile a quella del “protagonista solare, che nei miti affronta il drago notturno per liberare la città”. Dell’avvio (un “Addio”), che molto ci dice senza parere sulle contraddizioni dell’autrice, a tratti non pietosa su se stessa - ma solo a tratti, ché subito rientra, e ce ne dispiace - insistiamo su due accenni, in qualche modo rivelatori benché non determinanti: ogni ragazzo che passa è una morgana. / lo credo di riconoscerti per un momento - e - E poi, forse, brutto, rovinato, mi avresti scacciato anche tu. / Sei troppo infantile e matta! Ti conosco! Vengono poi soprattutto una rilettura dell’Edipo a Colono, assai bella, e “La smania dello scandalo ”, una lunga poesia che ci pare quella di più complessa analisi, che qui non possiamo affrontare, e infine, in terza e ultima parte del volume, le “canzoni popolari”, diremmo programmatiche, sulle quali in particolare ci soffermeremo. Nella “Serata a Colono ”, Edipo è trasferito in un ospedale di città in mezzo a un coro di pazzi il cervello è una macchina furba e idiota che la natura ci ha fabbricato studiandola apposta / per escluderci dallo spettacolo reale, e divertirsi ai nostri equivoci. / Solo quando la macchina si guasta, nelle febbri, nell’agonia, noi cominciamo a distinguere un filo / dello scenario proibito. Ed è assistito da una Antigone guaglioncella (cugina della Nunziatina dell’Isola di Arturo) che è semmai la “sconoscenza”, l’accettazione, la pietas popolare nei confronti di un Edipo folgorato di rivelazione, conoscenza, tragedia, dalla furia del male, dalla lotta col dio, che è il Sole, “dio della luce, della bellezza, della profezia e della peste”. Un Edipo più classico e insieme nuovo di altre recenti freudiane cattoliche versioni, ma che ancora ci pare non centri appieno, per scelta - 4 precisa, la sostanza del mito: che è nella identità tra Edipo e Sfinge, tra l’uomo e il suo destino. Su tutta la seconda parte del libro aleggia peraltro una strana triade di vati protettivi: Hölderlin, Mozart e Rimbaud; anche se i riferimenti ad essa sono discontinui e personalissimi, mescolati a molto d’altro (e ai sacri testi di varia tradizione: porte di saggezza, chiavi d’illuminazione interiore, passaggi dal limitato all’eterno). Nella terza parte, la già nota “Canzone degli F.P. e degli I.M .” (per chi non lo sapesse: Felici Pochi e Infelici Molti) e “Il mondo salvato dai ragazzini ” (la cui ribalta e girandola finale è meno significativa per eccesso di positività e, all’interno di questa, quasi di banale flower power ), ci troviamo di fronte alla parte più decisamente “impegnata”, cioè discutibile, del libro, quella alla quale circoscriveremo le nostre osservazioni. Tutto questo, / in sostanza e verità, / non è nient’altro / che un gioco è la conclusione cui da punti diversi arriva la saggezza dei personaggi puri, dunque folli, cui arriva ogni comprensione, in una sorta di tersa e istintiva visione che parte da un Vangelo in cui persino Giuda può trasformarsi morto nel candore di una ragazzina di borgata, che è poi altra incarnazione del “pazzariello” - su cui vedi avanti -, personaggio-simbolo per il quale specifiche attribuzioni sessuali sono felicemente superate o integrate. In essa i tentativi di controllo o di recupero del Sistema e di qualsiasi integrantissima e totalizzante Nuova Riforma Sociale, combinazione hitleristica d’istituzionalismi repressivi, si concretizzano nello spettacolo negativo, nell’inutile e ossessiva Grande Opera che però la santa follia degli F.P., e per tutti del geniale “pazzariello” comunque irrecuperabile - dietro al quale però si schierano Gramsci, Rimbaud, Giordano Bruno, Simone Weil, Spinoza e altri irriducibili noti e ignoti - arriva a mettere in crisi, a scombinare, come una virgola rossa in un meccanismo cibernetico, fino a produrne lo scoppio e ad aprire le porte di un futuro liberato. In questo futuro finalmente le attribuzioni di comodo delle colpe (le “rivoluzioni” contro questo o contro quello, contro i poveri o contro i ricchi, contro le donne o contro i canarini..., comunque “contro”, dunque comunque negative) crollano, e infine gli angeli-ragazzini liberano tutti gli uomini per un nuovo gioco d’illimitate possibilità. Questa, in sintesi estrema e che speriamo fedele, ci sembra essere la visione della Morante, decisamente metastorica, e bensì di un metastorico abbastanza diverso da quelli a cui siamo abituati. Innanzitutto perché il Pazzariello si cala in una mitologia concreta, mediterranea e popolare, forse anche più di quanto non voglia l’autrice - e per esso non valgono certe interessate appropriazioni pasoliniane (sull’ultimo Paragone) cui piacerebbe identificare Ninetto, cioè il sottoproletario giulivo e innocente, col Pazzariello della Morante: Ninetto può essere oggetto di canto o magari d’amore, e la Morante questo certo non lo esclude, assai meno oggetto di dialogo, ed è questo che invece, disperatamente, la Morante cerca: coi possibili F.P., principalmente “ragazzini” - cioè tutti ancora pre-conoscenza e tutti
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