Interpretazione Dell'ombra
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INTERPRETAZIONE DELL’OMBRA di Raffaele Manica Nello studio di Enzo Siciliano in via Tarvisio, l’ultima sua abitazione a Roma, la disposizione dei volumi, ordinatissi- ma, poteva dare conto, a ben guardare, delle linee della sua formazione, non solo di scrittore. Aveva inseguito libri per decenni, e per decenni era stato inseguito dai libri, da essi costretto a cambiare casa ogni tanto. Ora, finalmente, la parte maggiore di quanti ne aveva raccolti stava nella casa di campagna, lì disposta per argomenti: le letterature anti- che, la letteratura inglese, francese, tedesca, russa, america- na e così via; il teatro; i libri d’arte; la letteratura contem- poranea, prime edizioni novecentesche comprese; e tutto il resto, affrontato o anche solo sfiorato, nel corso della vita, in una serie innumerevole di pubblicazioni. Va detto subi- to, perché è un tratto che connota la sua personalità intellet- tuale, è una sigla di riconoscibilità: anche quando, per l’oc- casione offerta dall’attualità, Siciliano interveniva con una specie di improvvisazione emotiva dalla quale sembrava ri- mosso il dato erudito, in qualche parte della sua biblioteca era sempre riscontrabile una fonte, remota nel tempo, rela- tiva proprio a quell’argomento. Per non dire quale mole di letture svolgeva per appropriarsi di temi da far rivivere let- terariamente: fu una sorpresa per me, ma soltanto per un attimo, vedere allineate in uno scaffale seminascosto tutte le opere tenute presenti – e solo in parte dichiarate – per la stesura del testo teatrale su Galeazzo Ciano. A Roma dietro la scrivania teneva i classici italiani, inte- si come classici anche coloro che, nel Novecento, gli erano stati vicini ogni giorno – prima e dopo Moravia –, ora con- segnati a volumi in cui le opere, tolte dalla loro solitudine, XII Raffaele Manica Interpretazione dell’ombra XIII si accompagnano ad altre opere, con introduzioni e note; smo, della quale, sorvegliatamente ma con continuità, Si- accostata all’angolo, la «Ricciardiana»; di fronte, dall’altra ciliano ebbe pratica (rimane in mente il pomeriggio in cui, parte della stanza, accanto ai dischi e ai CD, qualche catalo- con compiacimento, mostrò il suo “colpo” del momento, che go d’arte, il Battaglia, libri di filosofia; in altre stanze sag- era un’altra tessera di identità: un’opera giovanile di Nata- gi di argomento musicale e di storia, e quegli scaffali di va- lino Sapegno stampata da Piero Gobetti, in una copia, di- rietà culturale e civile, di varia umanità, che non mancano cono i cataloghi, “come nuova”). mai in casa di persone colte e curiose. Siccome non si vuole Certo, Croce e Freud sono una coppia ben strana, anche intraprendere qui la descrizione, né completa né sommaria, se restano una coppia ipotetica, messa qui in evidenza per le della sua biblioteca, bensì trarre qualche conseguenza dai suggestioni che può suscitare, pronte a moltiplicarsi se anche libri che Siciliano teneva accanto, si dirà solo che, di ope- solo si affaccia l’idea di spiegare l’uno con l’altro, Freud at- re complete, erano agevolmente rintracciabili allo sguardo traverso Croce e Croce attraverso Freud. E con suggestioni i volumi sansoniani di Roberto Longhi, a partire dai quali ancora moltiplicate se si pensa a che cosa questa strana cop- si apriva, come un’allusione, il richiamo a maestri e amici: pia abbia significato per e in quel loro lettore. O si può forse Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Pier Paolo Pasolini non dire che qualunque personalità di spiccata cultura della ge- sono forse stati alcuni dei letterati italiani formati, in vario nerazione di Siciliano ha o aveva in casa, ci mancherebbe, modo e ognuno per sé, dal magistero di quel critico d’arte le opere complete di Croce e di Freud. Non si può tuttavia che è anche uno dei primi prosatori del Novecento? Sem- esserne troppo sicuri, anche per la constatazione che già Si- pre nel suo studio, erano ancora meglio evidenziate – come ciliano apparteneva a una generazione successiva a quella messe in una loro cornice, ma agevoli da consultare quan- che intravide in Croce un nodo – esistenziale, non si dice do ne venisse voglia o necessità –, in due appositi scaffali, culturale – ineludibile; ma si ammetta pure, in ipotesi. Però: le opere di Benedetto Croce e quelle di Sigmund Freud. Il le tiene o teneva altri nello stesso modo di Siciliano, come maestro di una chiarezza nata sull’angoscia, Croce, titola- fossero i poggiabraccia della poltrona da lettura, accanto alla re, oltre tutto il resto che si sa, anche di un’altra posizione lampada? Soprattutto quel che colpiva, nella disposizione, altissima – forse la più alta – nella prosa novecentesca; e il era la messa in evidenza, come si dice in algebra, di simboli maestro, a non dire altro, dell’angoscia da chiarire. In ciò, o fattori moltiplicanti. Anche fosse una questione di mero nella strana commistione di Croce e Freud, due maestri di arredamento, non si vede perché scegliere proprio quei ti- conclamata fama e tuttavia ben controversi, risiede più di toli e non altri preziosamente protetti da bei dorsi in pelle, qualche indizio degli interessi di Siciliano, e del suo modo in marocchino rosso, a far “caldo” l’ambiente. di leggere e di interpretare. Si può credere che quegli scaffa- li siano stati riempiti in tempi diversi, nel senso che si può Croce e Freud, i perturbanti. Stranissimi perturbanti, e intravedere lì traccia di interessi succedutisi l’uno all’altro ridotti a presenze domestiche, lari o penati. Non è proprio nel tempo; o si può credere che quei libri siano stati radu- Freud a rilevare l’opposizione tra perturbante e familiare? nati a formazione avvenuta, come presentando a se stes- La parola tedesca unheimlich, perturbante, scrive, «è evi- so la configurazione materiale di fantasmi continuamen- dentemente l’antitesi di heimlich (confortevole, tranquil- te presenti nel passato, due revenants dei quali si dà a un lo, da Heim, casa), heimisch (patrio, nativo)». Siciliano i certo punto attestato di presenza con l’arte del collezioni- suoi perturbanti se li è eletti a numi tutelari, anche perché, XIV Raffaele Manica Interpretazione dell’ombra XV è sempre Freud a scrivere, «quanto più un uomo si orienta ra di tutti e di nessuno. Un celebre titolo della critica let- nel mondo che lo circonda, tanto meno facilmente riceverà teraria alludente all’infinitezza implicita nel numero miti- un’impressione di turbamento (Unheimlichkeit) da cose co-biblico del sette, Seven Types of Ambiguity di William o eventi». Per Siciliano, Freud è a lungo una presenza in- Empson (1930), cercava quale fosse la retorica dell’ambi- terpretativa della realtà e della letteratura: dagli esordi di guità, puntando alla sua codificazione; ma il problema era scrittore fino agli anni Sessanta inoltrati, è una consueta tutto interpretativo, un’operazione sugli effetti che solo illu- chiave di accesso alla decifrazione. Ciò potrebbe sospettar- soriamente andava alle cause (e ciò al di là di tutto quanto si come tratto culturale indotto dalla vicinanza con Mora- si scrisse sull’ambiguità privata di Empson e sulle sue plu- via, ma la coppia di Moravia era un’altra, e l’altro nome, rali preferenze sessuali). Il volume di Empson uscì in ita- Marx, segnava a fondo anche il nome di Freud. Per Mo- liano nel 1965, e la data è più che una coincidenza: è una ravia Marx e Freud significavano sostanzialmente denaro traccia. In un libro sull’ambiguità dei nostri giorni, Simona e sesso, carburante e motore di tutte le storie; e se Marx Argentieri ha indagato, da psicoanalista, le risultanze sociali era, tutto considerato, un aggiornamento scientifico di Bal- di questa categoria sfuggente. Oggi più nulla resiste del fa- zac (il denaro muove il mondo e ogni relazione umana), scino intravisto da Empson, del compiacimento con cui ci Freud era la razionalizzazione degli istinti. Freud invece, si abbandonava all’incertezza. Le parole cambiano di sen- per Siciliano, è l’individuazione di un piano formalizzan- so, con il passare del tempo: e quella che era una categoria te dentro cose che per loro natura stenterebbero a prende- della conoscenza plurima diventerebbe, per l’Argentieri, un re forma e che solo per quel piano possono diventare pa- modo di sfuggire alle responsabilità. Tolte le conseguenze role: una chiave di accesso a zone buie che non si riescono sociali e cliniche (il confine tra patologia ed etica), ogni ag- a razionalizzare (e infatti per Moravia ogni istinto era ra- giornamento a Freud (e lo stesso clamore di Lacan è un ef- zionalizzabile perché il razionalista era Moravia, più an- fetto detonante dell’ambiguità) lascia tuttavia in piedi, per cora che il suo Freud). chi voglia restare all’ambito di fatti di cultura e letteratura, Il perturbante vero o il revenant è Croce. Osserva Freud le indicazioni sull’ambiguità come volontà di evitare il con- che heimlich ha anche un significato che allude a qualcosa flitto, permettendo a identità molteplici di convivere den- di nascosto e segreto; e, quando affiora (unheimlich), si ha tro di sé. Ciò che Simona Argentieri cura nei suoi pazienti, come un sobbalzo, una scossa, e ciò che era familiare appa- e che la inquieta per quanto ne deriva sul versante politico re insolito. Lo studente Siciliano, che si forma con maestri e civile, può tranquillamente valere per chi scrive roman- crociani (Carlo Antoni) o di scuola idealistica (Ugo Spiri- zi, poesie, saggi. La cura è nello scrivere (o la «Cura», con to), decide di dedicarsi a una tesi su Wittgenstein; ma il la maiuscola derivata da Goethe, intravista da Pietro Cita- fantasma di Croce è lì, agisce. E arriverà pure il momento ti nella vita come pensiero e come azione di Croce). Le pa- di recuperarne il senso, per poi dedicargli un intero scaffa- role, nel corso del tempo, cambiano di significato: non sarà le tra i libri di casa.