REGIONE PIEMONTE

PROVINCIA DICommittente

HENKEL ITALIA COMUNEUfficio amministrativo: Novara, DI Via Lagrange MARANO 28 TICINO Tel. 0321-49.97.42 · Fax 0321-52.07.77 e-mail: [email protected] S.r.l.

Identificativo del documento IDROGEOLOGIA:STABILIMENTO 10-HENKEL

BALCHEM ITALIA

DEFINIZIONE DEI CONTENUTI DELLO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE (art.21 D.Lgs 152/06) Relazione non tecnica

Revis. Data Descrizione Redatto Redatto Controllato

Dott. Agr. Dott. Geol. Dott. Geol. 12/03/2018 Documento di rito V. Porzio M. Mazzetti F. Grioni Dott. Dott.

M. Vailati C. Fontaneto Dott.

A. Ventura Committente

Ufficio amministrativo: Novara, Via Lagrange 28 BALCHEM ITALIA Tel. 0321-49.97.42 · Fax 0321-52.07.77 e-mail: [email protected]

Identificativo del documento

VIA: 18 – BALCHEM – MARANO TICINO 5 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio di Via Del Porto, Marano Ticino (NO) Impatto Ambientale

PREMESSA

La presente relazione è stata redatta ai sensi dell’art.21 del D. Lgs 152/2006 e smi, allo scopo di richiedere una fase di consultazione con l'autorità e i soggetti competenti in materia ambientale, per definire le informazioni, il livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la redazione dello Studio di Impatto Ambientale.

Si sono quindi illustrati gli aspetti programmatici, progettuali ed ambientali dello stato attuale e delle previsioni di sviluppo dello stabilimento Balchem Italia, sito nel Comune di Marano Ticino, all’interno del Parco Naturale del Fiume Ticino.

Relativamente al quadro programmatico, si è considerata la legislazione, pianificazione e programmazione vigenti di riferimento, nazionale, regionale e locale.

Per ciò che riguarda il quadro progettuale, si sono descritte le attività attualmente svolte e le possibili previsioni di modifica per migliorare e ottimizzare tali produzioni e svilupparle.

Nel quadro ambientale si sono descritte le componenti ambientali, come risultano dalle informazioni documentali e dai dati bibliografici.

Le azioni di processo, con le relative fonti di impatto derivanti dal quadro progettuale, organizzate in matrici, hanno permesso di individuare gli effetti potenziale sulle componenti ambientali ritenute più sensibili.

Sulla base di tale confronto, si sono indicati i metodi di analisi utili per indagare sullo stato ambientale di tali matrici e per valutare i possibili scenari di impatto conseguenti alle previsioni di sviluppo industriale.

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DISCLAIMER

Il presente elaborato viene trasmesso agli enti e alle autorità competenti esclusivamente ai fini di cui all'art. 21 del D.Lgs. 152/2006.

Tutte le informazioni e i dati contenuti in detto documento, relativi a consumi, volumi di produzione, costi o soluzioni tecnologiche implementate da Balchem Italia s.r.l. costituiscono informazioni aziendali "segrete" di quest'ultima ai sensi degli articoli 98 e 99 del D.Lgs. 30/2005.

Qualsiasi tipo di diffusione, comunicazione o utilizzo di tali dati e informazioni difforme rispetto alle finalità di cui all'art. 21 del D.Lgs. 152/2006 e non preventivamente autorizzato da Balchem Italia s.r.l. dovrà, pertanto, considerarsi uso abusivo e idoneo ad arrecare irreparabile pregiudizio all'attività econimica svolta dalla Balchem Italia s.r.l.

I dati e le informazioni contenute nel presente documento dovranno essere conservate nel rispetto di ogni più alto standard di protezione contro accessi non autorizzati da parte di terzi.

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INDICE

1 QUADRO PROGRAMMATICO 7 1.1 Inquadramento dell’area in relazione alla legislazione, pianificazione e programmazione vigenti 7 1.1.1 Piano territoriale regionale (Ptr) 8 1.1.2 Piano territoriale regionale – Area di approfondimento “Ovest Ticino” 8 1.1.3 Piano paesaggistico regionale (Ppr) 9 1.1.4 Piano territoriale provinciale (Ptp) della Provincia di Novara 14 1.1.5 Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) 15 1.1.6 Direttiva alluvioni (Dir. 2007/60 CE, D.lgs. 49/2010) 17 1.1.7 Piano Regionale dì Risanamento e Tutela della Qualità dell'Aria (2002) 19 1.2 Finalità e motivazioni strategiche degli interventi 21 1.2.1 Inquadramento storico delle attività produttive 21 1.2.2 Interventi in progetto 22 1.2.2.1 Sezione produzione 22 1.2.2.2 Sezione utilities 22 1.3 Attuale destinazione d’uso dell’area 22 1.3.1 PRG del Comune di Marano Ticino 23 1.3.2 PRG del Comune di 25 1.4 Vincoli territoriali 27 2 QUADRO PROGETTUALE: ATTIVITÀ PRODUTTIVA 28 2.1 Principali caratteristiche dei processi produttivi 28 2.1.1 Impianto Metilammine 28 2.1.2 Impianto Colina liquida e Sali di Colina 28 2.1.3 Impianto DiTioCarbammati 29 2.1.4 Impianto Colina secca su supporto vegetale 29 2.1.5 Impianto Colina secca su supporto minerale 29 2.2 Descrizione delle caratteristiche tecnologiche degli impianti 30 2.2.1 Produzione Metilammine 30 2.2.1.1 Scarico e stoccaggio Ammoniaca 31 2.2.1.2 Scarico e stoccaggio Metanolo 31 2.2.1.3 Produzione e frazionamento Metilammine anidre 31 2.2.1.4 Stoccaggio e carico Metilammine anidre 32 2.2.1.5 Produzione Metilammine e Ammoniaca in soluzione 32 2.2.1.6 Infustaggio e deposito fusti Metilammine in soluzione 32 2.2.1.7 Sistema di assorbimento e strippaggio sfiati 33 2.2.2 Produzione Colina liquida (base) e Coline Speciali 33

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2.2.2.1 Scarico e Stoccaggio dell’Ossido di Etilene 33 2.2.2.2 Produzione Cloruro di Colina 34 2.2.2.3 Produzione Colina Bitartrato 34 2.2.2.4 Abbattimento sfiati funzionali e di emergenza 34 2.2.3 Produzione DiTioCarbammati 35 2.2.3.1 Stoccaggio materie prime, Solfuro di Carbonio e Soda Caustica 35 2.2.3.2 Impianto per la sintesi dei sali sodici dei DiTioCarbammati (DTC) 36 2.2.3.3 Stoccaggio prodotto finito 36 2.2.4 Produzione Colina secca su supporto vegetale 37 2.2.4.1 Stazione di scarico dei supporti vegetali 37 2.2.4.2 Sistema di captazione delle polveri derivanti dalle operazioni di riempimento dei silos di stoccaggio del supporto vegetale. 37 2.2.4.3 Confezionamento in big-bags dei prodotti dell’impianto Colina Vegetale 38 2.2.4.4 Impianto di produzione 38 2.2.4.5 Emissione dai silos di stoccaggio del prodotto finito 38 2.2.4.6 Trattamento immissioni nell’ambiente di lavoro 38 2.2.4.7 Stoccaggio del Cloruro di Colina liquida 38 2.2.5 Produzione Cloruro di Colina su supporto minerale 38 2.2.6 Servizi generali 39 2.2.6.1 Centrale termica 39 2.2.6.2 Laboratorio analisi 40 2.2.6.3 Officina manutenzione elettro-strumentale 40 2.2.6.4 Officina manutenzione meccanica-idraulica 40 2.2.6.5 Magazzino ricambi 40 2.2.6.6 Cabina elettrica ENEL 40 2.2.6.7 Locali trasformatori e cabine elettriche di distribuzione 41 2.2.6.8 Gruppo elettrogeno 41 2.2.6.9 Stoccaggio Azoto ed Anidride Carbonica 41 2.2.6.10 Approviogionamento idrico 41 2.3 Descrizione delle soluzioni tecniche prescelte per minimizzare le fonti di impatto 41 2.3.1 Acque reflue 41 2.3.2 Emissioni in atmosfera 42 2.3.3 Sistemi di contenimento 43 2.3.4 Rete fognaria 45 2.4 Valutazione del tipo e delle quantità dei residui e delle emissioni 45 2.4.1 Acque di processo 45 2.4.2 Acque di prima pioggia 45 2.4.3 Scarico in acque superficiali 46

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2.4.4 Gestione dei rifiuti pericolosi 46 3 QUADRO AMBIENTALE 46 3.1 Qualità ambientale con riferimento alle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad impatto importante 47 3.1.1 Qualità dell’aria 47 3.1.1.1 Caratteristiche dell’area in esame 47 3.1.1.2 Emissioni nell’area in esame 47 3.1.1.3 Stato Attuale della Qualità dell’Aria per l’Area in Esame 48 3.1.2 Clima acustico 54 3.1.3 Suolo e sottosuolo 56 3.1.3.1 Caratteristiche geologiche e geomorfologiche 56 3.1.3.2 Caratteristiche litologiche e stratigrafiche 60 3.1.4 Acque sotterranee 60 3.1.4.1 Identificazione strutturale dei sistemi acquiferi 60 3.1.4.2 Descrizione del campo di moto dell’acquifero superficiale 62 3.1.4.3 Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi 64 3.1.5 Acque superficiali 65 3.1.5.1 Inquadramento fisico e idrografico del Fiume Ticino 65 3.1.5.2 Aspetti idrologici del Fiume Ticino 65 3.1.5.3 Portate di piena e piene storiche principali del F. Ticino 66 3.1.6 Vegetazione terrestre e acquatica 67 3.1.6.1 Caratteristiche della vegetazione terrestre 67 3.1.6.2 Caratteristiche della vegetazione acquatica 68 3.1.7 Fauna 69 3.1.7.1 Inquadramento generale 69 3.1.7.2 Caratteristiche della fauna terrestre 80 3.1.7.3 Caratteristiche della fauna acquatica 80 3.1.8 Ecosistemi 82 3.1.8.1 Caratteristiche degli ecosistemi 82 3.1.8.2 Habitat 86 3.2 Individuazione preliminare degli effetti potenziali 88 3.3 Piano di lavoro per la valutazione degli impatti 94 3.3.1 Qualità dell’Aria 94 3.3.1.1 Piano d’indagine 94 3.3.1.2 Modalità Operative 97 3.3.2 Clima Acustico 107 3.3.2.1 Piano d’indagine 107 3.3.2.2 Modalità Operative 109

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3.3.3 Suolo e sottosuolo 113 3.3.3.1 Condizioni di stabilità 113 3.3.3.2 Condizioni di esondabilità 113 3.3.4 Acque sotterranee 113 3.3.5 Acque superficiali 114 3.3.6 Vegetazione terrestre e acquatica 115 3.3.7 Fauna terrestre e acquatica 115 3.3.8 Ecosistemi 117

ALLEGATO PLANIMETRICO

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1 QUADRO PROGRAMMATICO

1.1 Inquadramento dell’area in relazione alla legislazione, pianificazione e programmazione vigenti

L’area sede dello stabilimento BALCHEM si trova in un territorio interessato dalla seguente pianificazione sovraordinata territoriale e di settore:

A) Piani territoriali:

• Piano Territoriale Regionale (Ptr);

• Piano territoriale regionale – Area di approfondimento Ovest Ticino (Ptr)

• Piano Paesaggistico Regionale (Ppr);

• Piano Territoriale Provinciale della Provincia di Novara (Ptp);

B) Piani di settore:

• Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI);

• Direttiva alluvioni (Dir. 2007/60 CE, D.lgs. 49/2010)

• Piano Regionale dì Risanamento e Tutela della Qualità dell'Aria (2002)

In particolare, i Piani territoriali costituiscono atti di indirizzo per la pianificazione a livello regionale e provinciale volti al riconoscimento, gestione, salvaguardia, valorizzazione e riqualificazione del territorio, oltre che strumenti per un governo efficiente e sostenibile delle attività antropiche.

I piani di settore individuati riguardano invece tematismi legati alla difesa del suolo ed alla qualità dell’aria.

La difesa del suolo, secondo l’art.54 del D.Lgs. 152/06, è “il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate”.

Tale fine trova attuazione mediante il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) e la Direttiva Alluvioni.

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Relativamente alla qualità dell’aria, si intende la tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico, esplicitata attraverso la L.R. 43/200 ed attuata mediante il Piano Regionale dì Risanamento e Tutela della Qualità dell'Aria (2002).

1.1.1 Piano territoriale regionale (Ptr)

In base al Piano Territoriale Regionale (approvato con DCR n. 122-29783 del 21 luglio 2011), l’area Balchem è compresa nei “territori di collina”.

Art. 28. I territori di collina [1] Il PTR assume come obiettivi prioritari per i territori di collina, così come individuati nella Tavola di progetto, la promozione dei valori, delle attività e delle potenzialità del lavoro e dell’impresa rurale e individua nelle attività economiche della produzione agro- forestale e in quelle correlate una risorsa essenziale per lo sviluppo sociale e per la qualificazione culturale e paesaggistica del territorio. Figura 1 Stralcio della Tavola A “Riqualificazione territoriale, tutela e valorizzazione del paesaggio” (scala 1: 500.000).

1.1.2 Piano territoriale regionale – Area di approfondimento “Ovest Ticino”

Il P.T.R. Ovest Ticino individua il sito in esame nelle “Aree di salvaguardia ambientale normata - Parco Naturale della Valle del Ticino”.

L’ambito corrisponde al territorio ricompreso nel Parco, per il quale sono operanti strumenti di pianificazione mirati, ai sensi della L.R. 12/90.

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Figura 2 Stralcio della Tavola 1.01 “Individuazione ambiti territoriali – area nord” (scala 1: 25.000).

1.1.3 Piano paesaggistico regionale (Ppr)

Il Piano Paesaggistico Regionale, adottato con D.G.R. n. 20-1442 del 18 maggio 2015, costituisce il riferimento per tutti gli strumenti di governo del territorio, dettando regole e obiettivi per la conservazione e la valorizzazione dei paesaggi e dell’identità ambientale, storica, culturale e insediativa del territorio piemontese.

Ai sensi dell’articolo 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs 42/2004), il Ppr articola il territorio regionale in 76 ambiti di paesaggio, in funzione delle caratteristiche paesaggistiche, e in 535 unità di paesaggio, intese come sub-ambiti connotati da specifici sistemi di relazioni, che conferiscono loro un’immagine unitaria, distinta e riconoscibile, articolate a loro volta in 9 tipologie in relazione alla rilevanza, integrità e alle dinamiche trasformative dei caratteri paesaggistici prevalenti.

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In particolare, il sito in esame è compreso nell’Ambito di Paesaggio 17 “Alta Valle del Ticino” e all’Unità di Paesaggio 1702 “Oleggio, Marano, tra Ticino e Terdoppio”, che ricade nella tipologia normativa prevista dall’art. 11 delle NdA “(VII) Naturale/rurale o rurale a media rilevanza e integrità”.

Figura 3 Stralcio della Tavola P3 “Ambiti e unità di paesaggio” (scala 1: 250.000).

Ad integrazione degli ambiti e delle unità di paesaggio, il Ppr riconosce l’insieme delle componenti paesaggistiche, finalizzate ad assicurare la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio regionale, suddivise negli aspetti naturalistico-ambientali, storico-culturali, percettivo- identitari e morfologico-insediativi.

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Figura 4 Stralcio della Tavola P 4.5 “componenti paesaggistiche” (1: 50.000).

Il sito industriale in esame risulta essere un insediamento specialistico in un ambito agroforestale caratterizzato dalla presenza diffusa di infrastrutture o attrezzature storiche.

Allo scopo di garantire, che il paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato, valorizzato e regolato, il Ppr promuove inoltre la salvaguardia, la gestione e il recupero dei seguenti beni paesaggistici tutelati ai sensi degli articoli 136, 142 e 157 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004):

• gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico (artt. 136 e 157);

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• le aree tutelate per legge, in quanto appartenenti alle categorie appositamente elencate all’art 142.

Figura 5 Stralcio della Tavola P2.3 “Beni paesaggistici - Novarese – Vercellese – Biellese” (scala 1: 100.000).

In particolare, l’area in esame ricade interamente in quanto indicato nella lettera f) parchi e riserve nazionali o regionali (art. 18 NdA) e parzialmente in quanto indicato nelle lettere c) fiumi: fasce di 150 m e g) territori coperti da foreste (art. 16 NdA).

Nell’ambito della predisposizione della Carta della Natura prevista dalla L.r. 19/2009, il Ppr riconosce la rete ecologica regionale, inquadrata nella rete ecologica nazionale ed europea, quale sistema integrato di risorse naturali interconnesse, volto ad assicurare in tutto il territorio regionale le condizioni di base, anche per la sostenibilità ambientale dei processi di trasformazione e, in primo luogo, per la conservazione attiva della biodiversità.

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Figura 6 Stralcio della Tavola 5 “Rete di connessione paesaggistica” (scala 1: 250.000).

Nell’area in esame, interamente compresa nel Parco del Ticino, sono presenti elementi della rete ecologica regionale, quali SIC e ZPS “Valle del Ticino”.

La sintesi dei temi trattati nel Piano paesaggistico è riportata nella relativa Tavola P6 “Strategie e politiche per il paesaggio”, che rappresenta i 12 macroambiti territoriali (aggregazione dei 76 ambiti in cui è stato suddiviso il Piemonte), che costituiscono una mappa dei paesaggi identitari della regione.

Ogni strategia si articola nei rispettivi obiettivi generali, e per ogni obiettivo generale sono riportati i temi di riferimento e le azioni da attuare per il perseguimento dello stesso.

13 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Il sito è compreso nel paesaggio della pianura risicola, all’interno di un’area protetta in cui valorizzare e implementare la rete di connessione paesaggistica.

1.1.4 Piano territoriale provinciale (Ptp) della Provincia di Novara

In riferimento al Piano territoriale provinciale, l’area in esame è compresa in “Aree regionali protette istituite”, ovvero l’area del Parco Naturale della Valle del Ticino.

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Figura 7 Stralcio della Tavola A “Caratteri territoriali e paesistici” (scala 1: 50.000).

1.1.5 Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)

Il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico (PAI), adottato dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino con Deliberazione n. 18/2001 del 26.4.2001 e approvato con DPCM del 24 maggio 2001 è uno atto del “Piano di Bacino”, che “ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato” (art. 17, comma 1, L. n. 183/1989).

Il PAI comprende la definizione e la delimitazione cartografica delle fasce fluviali dei principali corsi d’acqua appartenenti al bacino del Fiume Po.

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In particolare, nelle tavole cartografiche a corredo del Piano stralcio stesso è riportata la seguente classificazione delle fasce fluviali:

• Fascia di deflusso della piena (Fascia A), costituita dalla porzione di alveo, che è sede prevalente del deflusso della corrente per la piena di riferimento.

• Fascia di esondazione (Fascia B), esterna alla precedente, costituita dalla porzione di alveo interessata da inondazione al verificarsi della piena di riferimento, assumendo come portata quella relativa ad un TR di 200 anni. Il Piano indica con apposito segno grafico, denominato "limite di progetto tra la fascia B e la fascia C", le opere idrauliche programmate per la difesa del territorio.

• Area di inondazione per piena catastrofica (Fascia C), costituita dalla porzione di territorio esterna alla precedente (Fascia B), che può essere interessata da inondazione al verificarsi di eventi di piena più gravosi di quella di riferimento.

In base a tale delimitazione, il sito in esame, sede di edifici e impianti produttivi, ricade nell’area di inondazione per piena catastrofica (fascia C), delimitata da una fascia B di progetto, mentre il settore settentrionale, dedicato alle attività ricreative, risulta compreso nella fascia A.

Figura 8 Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)- Tavole di delimitazione delle fasce fluviali, Foglio 094 Sez. II – Varallo (scala 1: 25.000)

16 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

In tali aree si applicano le norme previste agli artt. 29, 30, 31 e 39 delle N.T.A. del PAI; in particolare nella fascia A sono vietate attività di trasformazione dello stato dei luoghi, che modifichino l’assetto morfologico, idraulico, infrastrutturale, edilizio e il deposito a cielo aperto, ancorché provvisorio, di materiale di qualsiasi genere, mentre sono consentiti gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica.

Nei territori della Fascia C delimitati da una “B di progetto”, i Comuni competenti sono tenuti a valutare le condizioni di rischio e ad applicare, anche parzialmente, fino all’avvenuta realizzazione delle opere di minimizzazione del rischio, gli articoli delle norme relative alla Fascia B.

In tal senso, si precisa che il Comune di Marano Ticino ha intrapreso la proposta di modifica di tali fasce, a seguito dell’avvio di procedura di cui alla DGR n. 31-3749 del 06.08.2001.

In fascia B risultano vietati gli interventi, che comportino una riduzione apprezzabile della capacità dell’invaso e consentiti quelli di sistemazione idraulica. Dal punto di vista della pianificazione urbanistica sono esclusivamente ammesse le opere di ristrutturazione edilizia, che non aumentino il livello di rischio, comportando un significativo ostacolo o riduzione apprezzabile della capacità d’invaso.

1.1.6 Direttiva alluvioni (Dir. 2007/60 CE, D.lgs. 49/2010)

La Direttiva 2007/60/CE (Direttiva Alluvioni), recepita nell’ordinamento normativo italiano con il D.lgs. 49/2010, intende “istituire un quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni all’interno della Comunità”.

L’area in esame, ricadendo all’interno delle fasce del PAI, è stata riconosciuta come potenzialmente esposta a rischio di alluvioni, sebbene in uno scenario di eventi estremi, con tempi di ritorno probabili superiori ai 500 anni.

17 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 9 Stralcio della “Carta di pericolosità da alluvione”, AdBPo, AIPo, Regione Piemonte, ARPA Piemonte (scala 1: 25.000)

La carta del rischio, che indica le potenziali conseguenze negative derivanti da alluvioni per ciascuno dei tre scenari di pericolosità individuati (elevato, medio e scarso), prevede 4 classi di rischio, espresse in termini di:

• numero di abitanti potenzialmente interessati;

• infrastrutture e strutture strategiche;

• beni ambientali, storici e culturali;

• distribuzione e tipologia delle attività economiche;

• presenza di impianti potenzialmente inquinanti (Allegato I D.Lgs 59/2005) e di aree protette (Allegato 9 parte III D.Lgs 152/2006);

• altre informazioni considerate utili, come le aree soggette ad alluvioni con elevato volume di trasporto solido e colate detritiche o informazioni su fonti rilevanti di inquinamento

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Figura 10 Stralcio della “Carta del rischio da alluvione”, AdBPo, AIPo, Regione Piemonte, ARPA Piemonte (scala 1: 25.000)

Il sito in esame risulta soggetto a rischio medio (R2), in quanto, pur essendo scarsa la probabilità di alluvioni, ricade in una potenziale classe di danno D2 per la presenza dell’impianto industriale e del Parco Naturale che la ospita, in quanto area protetta.

1.1.7 Piano Regionale dì Risanamento e Tutela della Qualità dell'Aria (2002)

La Legge Regionale 7 aprile 2000 n. 43 è l'atto normativo di riferimento per la gestione ed il controllo della qualità dell'aria. In essa sono contenuti gli obiettivi e le procedure per l'approvazione del Piano per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria, nonché le modalità per la realizzazione e la gestione degli strumenti della pianificazione: il Sistema Regionale di Rilevamento della Qualità dell'Aria, l'inventario delle emissioni IREA.

19 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Per quanto riguarda la caratterizzazione dello stato attuale della componente ambientale “Aria”, la norma di riferimento è il “Piano Regionale dì Risanamento e Tutela della Qualità dell'Aria (2002)”, aggiornato con D.G.R. 19-12878 del 28/06/2004 e successivamente ulteriormente aggiornato con D.G.R. 41-855 del 29/12/2014, che ha rimodulato la zonizzazione regionale sulla qualità dell’aria, introducendo nuovi criteri di scelta in conformità al D.lgs. 155/2010.

La nuova zonizzazione suddivide il territorio regionale in tre zone, che corrispondono alle fasce altimetriche secondo la classificazione ISTAT, in quanto risultano omogenee per caratteristiche geografiche, demografiche e per i fattori di pressione, che sono stati considerati. Ad esse si aggiunge l’agglomerato di Torino, coincidente con il territorio dei Comuni dell’Agenzia per la mobilità dell’area Metropolitana di Torino.

La nuova zonizzazione consta, in sintesi, dei seguenti quattro elementi:

• agglomerato di Torino (codice IT0118)

• zona di pianura (codice IT0119)

• zona di collina (codice IT0120)

• zona di montagna (codice IT0121).

Il piano regionale colloca il comune di Marano Ticino in “zona di collina interna” (IT0120).

Figura 11 Stralcio dell’All. I alla DGR 41-855 del 29.12.2014

Figura 12 Piano Regionale di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria - Zonizzazione 2014

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1.2 Finalità e motivazioni strategiche degli interventi

1.2.1 Inquadramento storico delle attività produttive

Lo stabilimento è attivo dal 1968 per la produzione di Metilammine e derivati (acceleranti di vulcanizzazione per la gomma). La produzione delle Metilammine, che avviene in continuo, si articola in una sezione di sintesi fra Ammoniaca e Metanolo, da cui si ottiene una miscela grezza di prodotti e una distillazione, nella quale vengono separate le tre Metilammine: Mono-, Di- e Tri-.

A queste produzioni, dal 1974 si è affiancata quella del Cloruro di Colina liquido per mezzo della reazione fra Trimetilammina (prodotta internamente), Acido Cloridrico in soluzione e Ossido di Etilene (entrambi reperiti sul mercato). La Colina è una vitamina del gruppo B utilizzata come additivo nel campo zootecnico. Il prodotto così ottenuto viene poi impregnato su un supporto vegetale, per renderlo di più agevole utilizzo ai destinatari finali, che sono tipicamente produttori di premiscele per mangimi o formulatori di mangimi finiti.

A partire dall’inizio degli anni ’90 si è aggiunta la produzione del Bitartrato di Colina, additivo per l’alimentazione umana.

Lo stabilimento è dotato quindi al suo interno della filiera completa, che dalle materie prime (sostanze di largo uso nell’industria chimica) porta alla commercializzazione del prodotto finito direttamente sui mercati di utilizzo, con particolare riferimento al Cloruro di Colina su supporto vegetale.

Lo sviluppo di questo prodotto ha comportato il graduale aumento della concentrazione di principio attivo (Cloruro di Colina) nel prodotto finito, a partire dai valori iniziali del 50% fino all’attuale titolo del 70%, che rappresenta la quasi totalità della produzione.

La capacità produttiva dell’impianto è cresciuta nel tempo, sia attraverso le continue ottimizzazioni dei processi, sia con lo sviluppo impiantistico, sia con il passaggio della produzione a ciclo continuo rispetto alla operatività settimanale.

Gli impianti a monte per la produzione dei prodotti intermedi della filiera sono rimasti sostanzialmente inalterati.

Gli aumenti di capacità produttiva a monte, necessari per far fronte alla maggiore richiesta di prodotto finito, sono stati ottenuti con successive affinazioni dei processi e con modifiche impiantistiche non sostanziali.

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1.2.2 Interventi in progetto

1.2.2.1 Sezione produzione

Le recenti modifiche impiantistiche realizzate, con gli attesi aumenti di produzione, ha determinato l’inadeguatezza della capacità produttiva a monte, per quanto riguarda la disponibilità di intermedi di lavorazione.

Lo sviluppo in progetto riguarda l’impianto delle Metilammine.

Si prevede essenzialmente di potenziare la sezione di sintesi e di ottimizzare la sezione di distillazione.

L’attuale assetto impiantistico sarà mantenuto, con il riciclo dei reflui prodotti, senza determinare variazioni qualitative dell’acqua di scarico e delle emissioni per l’unico punto presente.

La maggiore disponibilità di Metilammine sarà utilizzata negli altri impianti dello stabilimento, i quali essendo attrezzati per il recupero interno dei reflui, non origineranno modifiche qualitative delle acque di scarico, così come il mantenimento delle apparecchiature esistenti eviterà modifiche alle emissioni in atmosfera.

1.2.2.2 Sezione utilities

Il potenziamento della produzione in progetto determinerà la necessità di adeguare le capacità di smaltire il calore generato. Per questa ragione, oltre all’attuale fonte principale di approvvigionamento idrico, costituita dalla derivazione delle acque superficiali lungo la Roggia Molinara, sono in progetto delle soluzioni alternative, che prevedono l’installazione di torri di raffreddamento, unitamente alla possibilità di incrementare gli emungimenti di acqua dalla prima falda.

1.3 Attuale destinazione d’uso dell’area

L’area in esame, comprendente gli edifici, gli impianti produttivi e l’area ricreativa, appartiene al territorio del Comune di Marano Ticino, mentre un modesto settore perimetrale lungo il lato Ovest, dove scorre la Roggia Molinara, ricade nel comune di Oleggio.

Gli strumenti urbanistici comunali generali individuati risultano i seguenti:

• PRG del Comune di Marano Ticino;

• PRG del Comune di Oleggio.

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1.3.1 PRG del Comune di Marano Ticino

Nel vigente PRG del Comune di Marano Ticino (Variante Strutturale e di Adeguamento al PTR Ovest Ticino; 2001), il settore occupato dagli edifici e dalle strutture impiantistiche risulta compreso nelle “Zone D: aree produttive esistenti e di completamento”, regolate dall’art. 4.15. delle N.T.A.

Il restante settore settentrionale, utilizzato per servizi ricreativi (circa il 10% dell’area in esame), ricade in “Zone F: Standards urbanistici e servizi sociali ed attrezzature a livello comunale” regolate dall’art. 4.19 delle N.T.A.

Figura 13 Stralcio della Tav. PR2 “Quadro 1: Zonizzazione del territorio” - PRG di Marano Ticino (scala 1. 5.000)

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Relativamente al rischio idrogeologico, secondo lo studio geologico allegato al PRG di Marano Ticino, il sito è compreso nelle seguenti classi di idoneità all’utilizzazione urbanistica:

• Classe II “Porzioni di territorio nelle quali le condizioni di moderata pericolosità geomorfologica possono essere agevolmente superate attraverso l’adozione e il rispetto di modesti accorgimenti tecnici realizzabili a livello di progetto esecutivo esclusivamente nell’ambito del singolo lotto edificatorio o dell’intorno significativo circostante. Tali interventi non dovranno in alcun modo incidere negativamente sulle aree limitrofe, né condizionare la propensione all’edificabilità.”

• classe IIIA “porzioni di territorio inedificate che presentano caratteri geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti”.

• In particolare, la quasi totalità dell’area in esame ricade in classe II, che comprende “la piana fluviale del F. Ticino”, interessata da “bassa soggiacenza della superficie falda freatica“, mentre un modesto settore, lungo la scarpata spondale in erosione, è compreso nella classe III.

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Figura 14 Stralcio della Tav. 7 “Carta di sintesi e della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica” - PRG di Marano Ticino (scala 1. 10.000)

1.3.2 PRG del Comune di Oleggio

Il vigente PRG del Comune di Oleggio (progetto definitivo, 2012) classifica il settore ricadente nel proprio territorio come “Zona E – Agricola” regolata dall’art. 38 delle N.T.A.

Figura 15 Stralcio della tav. 3.C.2 “Azzonamento, situazione di progetto” - PRGI di Oleggio (scala 1. 5.000)

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Relativamente alla Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica, lo studio geologico allegato al PRG comprende l’area di indagine nella “Classe IIIA”: “Porzioni di territorio inedificate, che presentano caratteri geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti.”.

L’attribuzione di tale classe è determinata dalla fascia di rispetto della Roggia Molinara.

Figura 16 Stralcio della Tav. 9a “Azzonamento” - PRG di Oleggio (scala 1. 5.000)

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1.4 Vincoli territoriali

Per la definizione dei vincoli territoriali gravanti sull’area in esame, si è fatto riferimento alla tavola “PR2 “Quadro 2: fasce di rispetto, zone di vincolo, prescrizioni PTR Ovest Ticino” allegata al PRG di Marano Ticino recante le fasce di rispetto, le zone di vincolo e le prescrizioni del PTR “Ovest Ticino”.

In tale elaborato viene riportata la proposta di modifica delle fasce fluviali del F. Ticino, a seguito dell’avvio di procedura di cui alla DGR n. 31-3749 del 06.08.2001, come indicato nell’art. 5.1 delle N.T.A. del comune.

Figura 17 Stralcio della tav. PR2 “Quadro 2: fasce di rispetto, zone di vincolo, prescrizioni PTR Ovest Ticino” - PRG di Marano Ticino

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In riferimento al comma c dell’articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n°42 e s.m.i.), le sponde del F. Ticino, essendo di interesse paesaggistico, risultano tutelate per legge:

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna

2 QUADRO PROGETTUALE: ATTIVITÀ PRODUTTIVA

2.1 Principali caratteristiche dei processi produttivi

L’attività produttiva attualmente svolta dalla Balchem Italia riguarda principalmente la fornitura di prodotti e derivati a base di Metilammine per un’ampia varietà di utilizzi, tra i quali i mercati farmaceutici, alimentari (per esempio integratori vitaminici, epatoprotettori) e fine chemicals (settore fitofarmaci e applicazioni industriali del cloruro di colina).

In particolare, si riportano i processi produttivi di base degli impianti in attività:

• impianto Metilammine (MA2000)

• impianto Colina liquida e Sali di Colina

• impianto DiTioCarbammati (DTC)

• impianto Colina secca su supporto vegetale

2.1.1 Impianto Metilammine

In questo impianto vengono prodotte Monometilammina (MMA), Dimetilammina (DMA) e Trimetilammina (TMA) anidre e in soluzione acquosa a partire da Ammoniaca e Metanolo, il cui approvvigionamento avviene con autobotte, scaricate in appositi serbatoi di stoccaggio.

Le tre Metilammine vengono separate in un apposito impianto di distillazione, costituito da quattro colonne e stoccate in appositi serbatoi per la vendita o l’utilizzo interno.

2.1.2 Impianto Colina liquida e Sali di Colina

La Colina liquida si ottiene per reazione fra Ossido di Etilene, soluzione acquosa di Acido Cloridrico e Trimetilammina, prodotta nell’impianto delle Metilammine.

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Il prodotto ottenuto, concentrato fino al titolo desiderato, viene inviato all’impianto Colina secca o venduto come prodotto finito. Nella stessa area si producono anche Coline Speciali in soluzione metanolica e acquosa.

2.1.3 Impianto DiTioCarbammati

In questo impianto viene prodotto il DiTiocarbammato di Monometilammina attraverso la reazione fra Solfuro di Carbonio, Soda caustica e Monometilammina in soluzione acquosa.

Le materie prime, Solfuro di Carbonio e Soda caustica, sono trasportate in tank container o autobotte e vengono stoccate in serbatoi dedicati, mentre la soluzione di Monometilammina viene trasferita dall’impianto Ammine. Questo prodotto, chiamato "metam sodium" viene utilizzato come fumigante per l'agricoltura.

2.1.4 Impianto Colina secca su supporto vegetale

In questo impianto il principio attivo (Cloruro di Colina), sintetizzato nell’impianto Colina Liquida, viene trasformato in una preparazione, utilizzando supporti vegetali, per ottenere una formula di più facile utilizzo nel settore della mangimistica (mercato di riferimento).

Le materie prime utilizzate sono due:

• Supporto vegetale, ammesso dalla normativa relativa agli alimenti per animali.

• Colina Cloruro 75%, prodotta dal reparto Colina liquida.

L’impianto, a ciclo continuo, produce circa 70 tons/giorno di prodotto tal quale, con 60-70% di titolo in Cloruro di Colina.

Nell'impianto si realizza un processo di sola trasformazione fisica delle materie prime, senza reazioni chimiche. A tal fine sono installati silos di stoccaggio materie prime, mulino a martelli, mescolatori, sei forni ad aria calda e quattro silos per il prodotto finito.

Il prodotto finale viene insaccato e pallettizzato in automatico in sacchi, confezionato in big- bags, oppure spedito sfuso in autosilo.

2.1.5 Impianto Colina secca su supporto minerale

In una area dedicata nel reparto DiTitioCarbammati è installato un piccolo impianto per la produzione di Cloruro di Colina su supporto minerale (silice amorfa). Il prodotto ha un titolo del 50% di principio attivo ed è utilizzato nel settore mangimistico.

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2.2 Descrizione delle caratteristiche tecnologiche degli impianti

2.2.1 Produzione Metilammine

Le materie prime utilizzate nell'impianto Metilammine (MA2000) sono l'Ammoniaca e il Metanolo, trasportati in autobotte e scaricati in appositi serbatoi di stoccaggio, dai quali vengono prelevate le quantità necessarie alla produzione giornaliera. Dai serbatoi dedicati alla produzione, le materie prime, insieme al riciclo di impianto, sono riscaldate per alimentare in fase gassosa il reattore di sintesi, che produce una miscela di tre Metilammine (mono, di e tri metilammina), separate in un apposito impianto di distillazione costituito da quattro colonne.

La produzione prevista viene estratta dall’impianto in fase liquida e trasferita ai serbatoi batch per campionamento e analisi, il prodotto in specifica è inviato ai serbatoi di stoccaggio.

Sono presenti inoltre due impianti per la produzione di Monometilammina (MMA) e

Dimetilammina (DMA) in soluzione e uno per la produzione di NH3 in soluzione o in alternativa Trimetilammine (TMA) in soluzione.

Nello specifico, la TMA viene utilizzata in stabilimento tal quale, mentre la MMA è utilizzata in soluzione acquosa. Le tre Metilammine vengono vendute anidre o in soluzione acquosa. Le varie sezioni dell’area di produzione delle Metilammine sono protette da impianti di raffreddamento a diluvio.

L’Ammoniaca anidra è utilizzata per produrre una soluzione al 25% circa destinata ad uso interno per il trattamento delle emissioni dell’impianto di cogenerazione.

Le unità di impianto, secondo la loro funzione, possono raggrupparsi come segue:

• scarico e stoccaggio Ammoniaca

• scarico e stoccaggio Metanolo

• produzione e frazionamento Metilammine anidre

• stoccaggio e carico Metilammine anidre

• produzione Metilammine e Ammoniaca in soluzione

• infustaggio e deposito fusti Metilammine in soluzione

• sistema di assorbimento e strippaggio sfiati

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2.2.1.1 Scarico e stoccaggio Ammoniaca

La baia di scarico dell’Ammoniaca è ubicata in posizione esterna rispetto agli impianti produttivi, protetta da un impianto fisso a lame d'acqua, oltre che con monitori brandeggiabili.

Il trasferimento agli impianti avviene a mezzo pompa. Un altro serbatoio più piccolo, viene utilizzato per la produzione giornaliera nello stesso reparto MA-2000. Oltre alla produzione giornaliera, la pompa della sfera può inviare l’Ammoniaca anidra all’impianto per la preparazione di Ammoniaca in soluzione.

2.2.1.2 Scarico e stoccaggio Metanolo

La nuova baia di scarico del metanolo, è ubicata in posizione esterna rispetto agli impianti produttivi e protetta con monitori brandeggiabili.

Lo stoccaggio principale del Metanolo è effettuato preferenzialmente in un serbatoio ubicato nell’area dell’ex impianto MA3000; nell’area MA2000 è presente un altro serbatoio, ma che per prassi aziendale contiene normalmente meno di un metro di livello di liquido.

I serbatoi ricevono il prodotto da autocisterna, scaricato con pompe a ciclo chiuso.

Esistono altri stoccaggi secondari più piccoli per la produzione giornaliera.

Gli stoccaggi sono effettuati a temperatura e pressione ambiente, in serbatoi provvisti di indicatore di livello.

2.2.1.3 Produzione e frazionamento Metilammine anidre

L’impianto di produzione è costituito da una sezione di reazione ed una di frazionamento delle Ammine prodotte.

La produzione delle Metilammine avviene per sintesi in fase vapore tra Ammoniaca e Metanolo, secondo il processo Leonard. La reazione si verifica mediante il passaggio delle materie prime su un letto catalitico, di tipo fisso. Il prodotto è una miscela di Metilammine (mono, di, tri), Ammoniaca e acqua.

La reazione per la produzione delle Metilammine è esotermica e il calore che si ricava viene utilizzato per il riscaldamento delle materie prime in alimentazione al reattore e per l’innalzamento della temperatura nei diversi stadi adiabatici del reattore stesso.

Una ulteriore integrazione termica deriva dal riutilizzo del calore sensibile contenuto nell'acqua estratta dalla colonna disidratatrice; tale calore è utilizzato, insieme al calore del circuito acqua calda del cogeneratore, per preriscaldare le materie prime in alimentazione al reattore.

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La miscela prodotta dal reattore alimenta la sezione di distillazione, costituita dalle seguenti 4 colonne:

• colonna Ammoniaca, nella quale si separa in testa una miscela azeotropica NH3/TMA, successivamente rilavorata nel reattore.

• colonna TMA, che si estrae pura dalla testa

• colonna disidratatrice, che separa dall’acqua la DMA e la MMA

• colonna DMA/MMA, ove dalla testa si estrae la MMA pura e dal fondo la DMA pura, che si inviano allo stoccaggio.

In parallelo alla colonna disidratatrice, è installata una colonna per il recupero del Metanolo non convertito.

2.2.1.4 Stoccaggio e carico Metilammine anidre

Le Metilammine prodotte pure dalle colonne di distillazione sono inviate ad un serbatoio di controllo (batch) e successivamente ai serbatoi di stoccaggio. Ciascun prodotto ha due serbatoi di controllo ed una sfera di stoccaggio.

Dagli stoccaggi si alimentano con pompa:

• le rampe di carico per le spedizioni via autobotte

• il sistema di assorbimento in acqua per la preparazione delle soluzioni.

2.2.1.5 Produzione Metilammine e Ammoniaca in soluzione

Il sistema, sia per le tre Metilammine, che per la soluzione di Ammoniaca, comporta il caricamento dell’acqua nel serbatoio di diluizione, con capacità di 60 m3, e l’invio mediante pompa di riciclo dal serbatoio a uno scambiatore di calore, prima del quale, in linea, avviene il dosaggio con le Metilammine o con l’Ammoniaca.

2.2.1.6 Infustaggio e deposito fusti Metilammine in soluzione

Il sistema d’infustaggio è costituito da un misuratore massico, che consente di dosare automaticamente la soluzione nei fusti. I vapori sono convogliati ad un sistema di abbattimento ad umido.

I fusti sono stoccati in un magazzino e, in caso di necessità, nella zona d’infustamento, ubicata sotto tettoia, aperta su tre lati.

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2.2.1.7 Sistema di assorbimento e strippaggio sfiati

L’area di produzione delle Metilammine è attrezzata con un proprio impianto di convogliamento ed abbattimento degli sgasi, sia di processo, che di emergenza. Questi arrivano ad un polmone, che alimenta due distinte colonne di assorbimento con acqua demineralizzata poste in serie e con le soluzioni che ne risultano, si alimenta l’impianto per il recupero dei prodotti di distillazione.

2.2.2 Produzione Colina liquida (base) e Coline Speciali

La Colina liquida si ottiene per reazione fra Ossido di Etilene, soluzione acquosa di Acido Cloridrico e Trimetilammina, prodotta nell’impianto delle Metilammine (MA2000). L’Ossido di Etilene è stoccato in due serbatoi ubicati in un’apposita area recintata e protetta da impianti di raffreddamento a diluvio, così come la soluzione acquosa di Acido Cloridrico, collocata in un apposito serbatoio nella stessa area.

Il prodotto ottenuto, portato alla concentrazione desiderata in acqua, viene inviato all’impianto Colina secca o venduto come prodotto finito.

Nella stessa area si producono anche una serie di Coline Speciali in soluzione acquosa o di Metanolo. Le Coline Speciali, prodotte dalla reazione fra Ossido di Etilene, Trimetilammina ed eventualmente un acido, sono destinate ad uso interno per la produzione di Sali di Colina o alla vendita.

Gli impianti dell’area Colina liquida e Sali di Colina, secondo la loro funzione, possono essere così raggruppati:

• scarico e stoccaggio dell’Ossido di Etilene

• produzione Cloruro di Colina

• produzione Coline Speciali

• abbattimento sfiati funzionali e di emergenza

2.2.2.1 Scarico e Stoccaggio dell’Ossido di Etilene

La baia di scarico e i serbatoi di stoccaggio sono ubicati in aree diverse; la baia di scarico è posta vicino all’impianto di Cloruro di Colina, mentre i serbatoi sono in un’area recintata, fuori dagli impianti di produzione.

Sono presenti 2 serbatoi di stoccaggio protetti da un sistema a pioggia.

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2.2.2.2 Produzione Cloruro di Colina

Il Cloruro di Colina viene prodotto per reazione fra Cloridrato di Trimetilammina al 68÷70% ed Ossido di Etilene.

Il Cloridrato di Trimetilammina è prodotto a ciclo continuo in un miscelatore statico (R-19302) a partire da una soluzione di Acido Cloridrico al 33÷37% e la Trimetilammina anidra (liquida). Il processo è complessivamente esotermico.

Il Cloruro di Colina viene prodotto in due reattori in serie. Nel primo reattore sono caricati contemporaneamente i reagenti, costituiti da Cloridrato di Trimetilammina, Ossido di Etilene e un piccolo flusso di Trimetilammina. In caso di alta temperatura, oltre al blocco dei reagenti, viene inviata acqua fredda nel semi tubo del reattore. Il livello nel primo reattore è controllato estraendo una parte del flusso di riciclo al secondo reattore, che funziona come post-reattore. Dal secondo reattore viene estratto liquido in continuo ai batch di produzione.

Giornalmente la produzione viene girata da un serbatoio batch all’altro per eseguire in modalità batch la correzione del pH del prodotto finale.

2.2.2.3 Produzione Colina Bitartrato

La produzione di Colina Bitartrato avviene per reazione fra una soluzione di Colina con la soluzione di Acido Tartarico.

Alla fine della reazione, si strippa la TMA in eccesso, facendo il vuoto nel reattore e inviando la soluzione di Colina metanolica al serbatoio di stoccaggio.

La Colina Bitartrato si ricava in un apparecchio denominato precipitatore, che si trova all’interno del reparto DTC, ove viene inviata una quantità predeterminata di una soluzione di colina in Metanolo ed una soluzione di Acido Tartarico in Metanolo.

Il precipitato si filtra sotto vuoto e si essicca sotto pressione per essere poi vagliato ed infustato, mentre dal filtrato si distilla e recupera il Metanolo.

2.2.2.4 Abbattimento sfiati funzionali e di emergenza

Dall’area della Colina liquida escono sgasi funzionali di Ossido di Etilene (OE) nelle seguenti situazioni:

• depressurizzazione del serbatoio, che riceve l’autocisterna di OE

• sfiato del serbatoio durante il riempimento

• sfiato dei reattori durante la produzione

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Ci sono poi, dagli stessi apparecchi, i possibili sfiati di emergenza. Tutti questi sfiati, costituiti da OE ed Azoto o da OE, TMA ed Azoto devono essere lavati per minimizzare le emissioni in atmosfera.

Il sistema di abbattimento consiste in 2 separatori liquido-gas, la cui fase vapore è collegata alla base di uno scrubber, dall’alto del quale piove una soluzione di Cloridrato di Trimetilammina (TMA·HCl).

2.2.3 Produzione DiTioCarbammati

L'impianto di DiTioCarbammati (DTC) comprende le seguenti unità ed aree di stabilimento principali:

• Stoccaggio materie prime, Solfuro di Carbonio e Soda Caustica.

• Impianto per la sintesi dei sali sodici dei DiTioCarbammati (DTC).

• Stoccaggio prodotto finito.

Si produce il Sodiometilditiocarbammato, ottenuto per reazione tra Solfuro di Carbonio, Soda Caustica e Monometilammina in soluzione acquosa.

Le materie prime, Solfuro di Carbonio e Soda Caustica, arrivano in tank container o autobotte e vengono stoccate in serbatoi dedicati, mentre la soluzione di Monometilammina proviene dalla produzione dell’impianto Metilammine.

Il prodotto finito, denominato SMD o "Metam Sodium” è utilizzato come fumigante (fungicida, nematocida, insetticida e diserbante) per l'agricoltura.

Le produzioni sono effettuate a cicli batch.

La linea di produzione di Metam Sodium (SMD) opera normalmente a ciclo continuo.

2.2.3.1 Stoccaggio materie prime, Solfuro di Carbonio e Soda Caustica

Lo stoccaggio delle materie prime e di altri prodotti di pertinenza del reparto DTC è in serbatoi fuori terra, all’aperto, posti all’interno di appositi bacini di contenimento di adeguata capacità e tenuta.

A lato dei serbatoi di stoccaggio si trovano le corrispondenti baie di scarico da autocisterne, anch’esse rispondenti a norma e dotate di sistemi di contenimento.

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Il Solfuro di Carbonio (CS2) è stoccato sotto pressione di azoto a temperatura atmosferica nel serbatoio, posto all’interno di una vasca metallica costantemente mantenuta con un piede d’acqua, per prevenire il rischio di incendio in caso di perdita, considerata la bassa temperatura di autoaccensione del prodotto.

Durante lo scarico, la baia di travaso viene allagata con acqua e svuotata successivamente aprendo il tappo posto sulla canalina grigliata laterale verso la rete fognaria. La fine dello scarico è visibile dalla specola posta sulla pompa a membrana.

La Soda Caustica al 50% è stoccata nel serbatoio cilindrico orizzontale, posto all'interno di un bacino di contenimento dedicato di adeguata capacità, con annessa baia di travaso, dotata di canaline grigliate per convogliare eventuali perdite verso pozzetti di raccolta chiusi.

2.2.3.2 Impianto per la sintesi dei sali sodici dei DiTioCarbammati (DTC)

La sezione di produzione è costituita da una struttura metallica aperta, con pianerottolo grigliato, su un’area impermeabile in cemento, completamente cordolata sul perimetro e con rete fognaria collegata a una vasca interrata con pompa di rilancio verso i vasconi di raccolta delle acque reflue o al serbatoio di emergenza.

La linea di produzione principale è costituita da un reattore di sintesi in pressione e da un reattore atmosferico, nel quale si effettua la messa a punto del prodotto finito, previo controllo analitico della massa risultante di reazione.

La linea è completata dai serbatoi di stoccaggio dei prodotti finiti sfusi.

Il Sale sodico è mantenuto in soluzione acquosa.

Il reattore di sintesi è accessoriato con un sistema di raffreddamento, costituito da uno scambiatore di calore a piastre posto sulla linea di ricircolo esterna.

Il reattore nel quale si effettua il finissaggio è dotato di un sistema di raffreddamento a semitubo e viene esercito a pressione atmosferica, aperto alla linea di vent verso una colonna di lavaggio (scrubber), con invio delle acque all’impianto di trattamento effluenti.

2.2.3.3 Stoccaggio prodotto finito

Il "Metam Sodium" (prodotto finito per la vendita) è stoccato in 5 serbatoi fuori terra, con propria postazione indipendente per il travaso alle autocisterne in circuito chiuso.

I suddetti serbatoi sono alloggiati in bacini di contenimento impermeabili, dotati di scarico valvolato verso una vasca interrata, con pompa di rilancio ai vasconi di raccolta delle acque reflue o al serbatoio di emergenza.

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2.2.4 Produzione Colina secca su supporto vegetale

Il processo di produzione si compone delle seguenti operazioni:

• Stazione di scarico dei supporti vegetali.

• Sistema di captazione delle polveri derivanti dalle operazioni di riempimento dei silos di stoccaggio del supporto vegetale.

• Confezionamento in big-bags dei prodotti dell’impianto Colina Vegetale

• Impianto di produzione

• Emissione dai silos di stoccaggio del prodotto finito

• Trattamento immissioni nell’ambiente di lavoro

• Stoccaggio del Cloruro di Colina liquida

2.2.4.1 Stazione di scarico dei supporti vegetali

Lo scarico del supporto vegetale dai mezzi di trasporto è effettuato riversando il contenuto entro una tramoggia, da cui si alimentano i silos di stoccaggio.

In corrispondenza della tramoggia è installato un sistema di aspirazione dell’aria ambiente per la captazione delle polveri aerodisperse prodotte dall’operazione di scarico, l’aria aspirata è convogliata in un filtro a maniche di tessuto, che trattiene tali polveri.

Le operazioni di scarico sono effettuate in un ambiente parzialmente isolato dall’esterno, con lo scopo di limitare le emissioni diffuse nell’aria ambiente durante le operazioni di scarico del supporto vegetale.

2.2.4.2 Sistema di captazione delle polveri derivanti dalle operazioni di riempimento dei silos di stoccaggio del supporto vegetale.

Il sistema è costituito dalla combinazione di un ciclone e di un filtro a maniche.

Il dispositivo installato è a servizio dei quattro silos adibiti allo stoccaggio del supporto vegetale.

I quattro silos sono collegati tra di loro con una linea di bilanciamento ed ogni silo è protetto con un pannello per l’esplosione di polvere.

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2.2.4.3 Confezionamento in big-bags dei prodotti dell’impianto Colina Vegetale

Per evitare la dispersione nell’aria ambiente di polveri è in funzione un sistema costituito da un ciclone e da un filtro a maniche, che depolvera l’aria utilizzata per il trasporto pneumatico del prodotto.

La depolverazione dell’impianto di riempimento dei big-bags è affidata ad un filtro a maniche, che convoglia nello stesso condotto in cui confluisce anche lo scarico del filtro ciclone al servizio del trasporto pneumatico, che alimenta l’impianto.

2.2.4.4 Impianto di produzione

Nell’impianto si mescolano con un processo meccanico i supporti vegetali con la Colina liquida; questo impasto viene successivamente essiccato e vagliato e l’aria di essiccamento viene espulsa in atmosfera attraverso un filtro a maniche.

2.2.4.5 Emissione dai silos di stoccaggio del prodotto finito

Al termine del ciclo di produzione, costituito essenzialmente da fasi di miscelazione ed essiccamento, il prodotto finale è stoccato in silos chiusi, prima di essere inviato all’insaccamento.

Il prodotto in polvere che viene introdotto dall’alto nei silos sposta l’atmosfera presente, captata da un filtro a maniche.

Gli sfiati dei silos trattati singolarmente sono convogliati all’esterno dell’edificio, in cui sono installate le apparecchiature dell’impianto.

2.2.4.6 Trattamento immissioni nell’ambiente di lavoro

Per quanto riguarda i vapori presenti negli ambienti di lavoro, è stato realizzato un lavatore ad acqua collocato all’esterno del fabbricato, entro il quale viene trattato il vapore d’acqua che può fuoriuscire dalle apparecchiature utilizzate nella fase di miscelazione/impregnazione

2.2.4.7 Stoccaggio del Cloruro di Colina liquida

Nel reparto di produzione della Colina secca è presente un serbatoio di stoccaggio della soluzione in acqua del Cloruro di Colina da utilizzare su supporto vegetale.

Lo sfiato del serbatoio è convogliato in una guardia idraulica al fine di limitare l’eventuale disagio olfattivo in prossimità degli ambienti di lavoro presidiati. Lo sfiato della guardia idraulica è convogliato all’esterno del capannone.

2.2.5 Produzione Cloruro di Colina su supporto minerale

Il prodotto è ottenuto per miscelazione della Colina liquida con il supporto in un miscelatore.

38 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

L’aria viene estratta attraverso un filtro a maniche installato direttamente sopra il miscelatore.

L’impianto non produce reflui liquidi

2.2.6 Servizi generali

Si riportano i servizi generali ed utilities di stabilimento, che possono essere così riassunti:

• Centrale termica

• Laboratorio analisi

• Officina manutenzione elettro-strumentale

• Officina manutenzione meccanica-idraulica

• Magazzino ricambi

• Cabina elettrica ENEL

• Locali trasformatori e cabine elettriche di distribuzione

• Gruppo elettrogeno

• Stoccaggio Azoto ed Anidride carbonica

• Approvvigionamento idrico

2.2.6.1 Centrale termica

La centrale termica è una struttura in c.a. completamente aperta su tre lati e circondata da un cordolo perimetrale di contenimento.

La centrale ospita 3 caldaie (di cui una in riserva a rotazione) per la produzione di vapore ed 1 caldaia per il riscaldamento del circuito dell’olio diatermico, con relativo serbatoio di espansione sopraelevato di accumulo e pompe di circolazione verso l’impianto, utilizzato per il preriscaldamento di avviamento dell’impianto delle Metilammine.

Nel 2015, con il collegamento alla rete gas metano, 2 caldaie per la produzione di vapore vennero convertite a tale combustibile, previa presentazione delle relative istanze formali.

Nel 2016 è entrato in servizio l’impianto di cogenerazione per la produzione di elettricità da gas metano. L’impianto comprende anche una caldaia per la produzione di vapore dai fumi di scarico del motore e un sistema per il riscaldamento del circuito acqua-glicole per l’ulteriore recupero di calore.

39 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

2.2.6.2 Laboratorio analisi

Il laboratorio di analisi occupa un edificio ad un piano e comprende alcuni locali dedicati:

• laboratorio controllo qualità

• laboratorio di ricerca e sviluppo

• deposito campioni e reagenti

• box bombole gas (area esterna).

2.2.6.3 Officina manutenzione elettro-strumentale

Si tratta di due locali comunicanti, ricavati nell’edificio in muratura adibito al Servizio di Manutenzione di Stabilimento, dove si effettuano piccole riparazioni elettriche, elettroniche e pneumatiche a banco e tarature di strumenti, facendo uso di normali attrezzi da banco ed utensili manuali da elettricista, apparecchiature di prova pneumatica e un bagno termostatato per le calibrazioni.

2.2.6.4 Officina manutenzione meccanica-idraulica

Occupa tre locali dell’edificio Servizi di Manutenzione di Stabilimento destinati a:

• revisione meccanica pompe

• manutenzione apparecchi idraulici

• spazio ufficio e scaffali attrezzi speciali

Si svolgono attività di manutenzione, riparazione e revisione di componenti di impianto e piccoli montaggi meccanici mediante l’impiego di normali attrezzi ed utensili per interventi meccanici di taglio e saldatura o di finitura superficiale di metalli.

2.2.6.5 Magazzino ricambi

Il magazzino occupa parte della palazzina contigua al laboratorio e contiene scaffali per il deposito di materiali di ricambio elettrico e metallico all’interno di cassette o direttamente appoggiati sui ripiani, raggiungibili con scalette mobili adeguate a norma per le attività di prelievo da parte dell’addetto.

2.2.6.6 Cabina elettrica ENEL La cabina è collocata sul confine di Stabilimento, nei pressi dell’accesso principale ed ospita il sezionatore di arrivo a 15000 V protetto da rete metallica con interblocco meccanico all’apertura.

40 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

2.2.6.7 Locali trasformatori e cabine elettriche di distribuzione

I locali sono posti nell’area degli impainti tecnici dello stabilimento. I trasformatori sono protetti da griglia metallica dotata di interblocco meccanico con sezionatori per l’apertura della porta di accesso. Nell’area dei servizi tecnici sono anche collocate 2 cabine di distribuzione elettrica.

2.2.6.8 Gruppo elettrogeno

Il gruppo elettrogeno è collocato in un piccolo edificio in muratura indipendente, posto fra il locale trasformatori e la cabina primaria del Reparto Ammine + DTC.

2.2.6.9 Stoccaggio Azoto ed Anidride Carbonica

Azoto ed Anidride Carbonica sono stoccati in 3 serbatoi criogenici posti in proprio bacino di contenimento con relativo evaporatore ad aria, a lato dell’impianto di trattamento acque di Stabilimento.

2.2.6.10 Approviogionamento idrico

Il fabbisogno idrico complessivo avviene principalmente dalla derivazione della Nuova Roggia Molinara e da due pozzi presenti in stabilimento

In condizioni di emergenza, per impossibilità di attingimento dalla Nuova Roggia Molinara, l’acqua necessaria per la produzione viene derivata dal Fiume Ticino.

2.3 Descrizione delle soluzioni tecniche prescelte per minimizzare le fonti di impatto

2.3.1 Acque reflue

I reflui provengono unicamente dagli impianti Metilammine, Colina liquida e DiTioCarbammati, dove si privilegia il recupero dei reattivi e il loro riutilizzo.

Durante la reazione di sintesi delle Metilammine, l’acqua prodotta nella reazione viene eliminata in seguito nella colonna disidratatrice.

Le acque reflue dagli impianti Metilammine, che possono contenere Monometilammina e Metanolo, sono trattate a piè impianto per distillazione, in modo da recuperare e riciclare le sostanze più volatili.

Queste acque successivamente, si combinano con i reflui provenienti dagli abbattitori e dal dilavamento dei bacini di contenimento dell’impianto DiTioCarbammati, che nella reazione di sintesi non produce reflui.

41 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Nella reazione di sintesi per la produzione del Cloridrato di Trimetilammina (TMAHCl), da TMA e HCl 37%, si separa acqua attraverso l’evaporazione continua sotto vuoto. Questa acqua è scaricata nei vasconi di omogeneizzazione.

Tutte le acque di scarico provenienti dall’impianto Colina liquida contengono tracce di inquinanti e hanno una acidità residua tale da neutralizzare l’alcalinità proveniente dagli altri processi. Queste acque sono direttamente avviate al vascone di equalizzazione e neutralizzazione.

Le acque utilizzate per il lavaggio delle apparecchiature in caso di manutenzione sono raccolte e riutilizzate in impianti nelle successive corrispondenti produzioni.

I trattamenti a piè impianto sono di tipo chimico-fisico (es. strippaggio), mentre quello finale prevede la omogeneizzazione e il controllo della neutralità dell’effluente e successivamente lo scarico nel Cavo Zendone.

Nel caso di anomalie, le acque reflue di processo vengono deviate in automatico verso i serbatoi di accumulo.

L’impianto di trattamento acque reflue è costituito da due vasche impermeabilizzate con telo in HDPE (denominate V1 e V2).

Le acque giungono nella prima vasca di lagunaggio (V1), in cui avviene una riduzione del pH (911).

La vasca è aerata attraverso una soffiante e comunica per troppo pieno con la seconda vasca di lagunaggio (V2), dotata di una pompa di sollevamento per lo scarico nel “Cavo Zendone”, previo controllo in continuo di pH, conducibilità e temperatura.

In caso di sversamenti accidentali nelle aree di carico/scarico, così come nei piazzali, le pavimentazioni sono tutte impermeabilizzate e dotate di idonea pendenza per il convogliamento nella rete fognaria di stabilimento mediante i pozzetti di raccolta predisposti.

Tutte le acque potenzialmente contaminate sono veicolate al vascone di equalizzazione V1.

Il secondo vascone viene utilizzato al 40-50% della capacità, per assicurare, in casi imprevisti, un’autonomia sufficiente a consentire la chiusura dello scarico esterno per contenere i reflui.

2.3.2 Emissioni in atmosfera

Anche per le emissioni in atmosfera viene privilegiato il recupero dei reattivi e la loro reimmissione nel processo.

42 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

I principali dispositivi di trattamento e riutilizzo risultano essere i seguenti:

• 4 assorbitori, di cui 2 ad acqua e 1 Venturi scrubber, utilizzati rispettivamente per l’impianto di Metilammine, per i vent della Trimetilammina nell’impianto Cloruro Colina e per il vent dell’impianto di Metam Sodium, più assorbitore in coda al sistema di condensazione per il recupero metanolo del processo CBT.

• un lavatore scrubber, per gli effluenti gassosi dell’Acido Cloridrico nell’impianto Cloruro di Colina;

• due sistemi di condensazione per il recupero del Metanolo utilizzato nella produzione delle Coline Speciali e nel processo della produzione dei Sali di Colina.

2.3.3 Sistemi di contenimento

Allo scopo di contenere la fuoriuscita di liquido infiammabile, gli stoccaggi del Metanolo sono dotati di bacino di contenimento.

Tali bacini sono in grado di contenere il 100% della capacità dei serbatoi a cui sono preposti.

Nel caso delle sfere di Ammoniaca, Metilammine e dell'Ossido di Etilene, trattandosi di prodotti gassosi liquefatti, sotto tali serbatoi un cordolo è presente per contenere l’acqua inquinata, che si produrrebbe in caso di attivazione dei sistemi di protezione a diluvio. L’acqua è convogliata nel vascone di emergenza.

Sono presenti bacini di contenimento anche per le seguenti sostanze:

• Soluzioni delle Metilammine: nell’area (MA2000) è presente un bacino di contenimento per i serbatoi di stoccaggio delle soluzioni.

• Acido Cloridrico, Cloridrato di Trimetilammina e Colina Cloruro in soluzione: nell’area (CC- liquida) sono presenti due bacini di contenimento per gli stoccaggi delle sostanze contenute nei serbatoi presenti.

• Solfuro di Carbonio, Sodiodimetilditiocarbammato (SMD), Dimetilammina.

Nell’area (DTC) sono presenti i serbatoi di stoccaggio di tali sostanze, ciascuno dei quali è posto in un bacino di contenimento, così come per tutti i prodotti liquidi dell’impianto.

In quest’area sono presenti inoltre i bacini di contenimento per tutti i prodotti liquidi dell’impianto.

I convogliamenti delle acque reflue eventualmente prodotte dall’intervento degli impianti antincendio avvengono con le seguenti modalità:

43 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Impianto Metilammine

L'area occupata dall'impianto Metilammine (MA2000), incluse le baie di scarico del Metanolo e dell’Ammoniaca, le baie di carico Ammine anidre e in soluzione sono collegate tramite tubazioni interrate ad un bacino di raccolta per il contenimento di tutte le eventuali acque antincendio utilizzate in impianto. Il suddetto bacino è posizionato a circa 100 m dagli impianti.

Pertanto, sotto le sfere di stoccaggio delle Metilammine e dell’Ammoniaca sono realizzati dei sistemi di collettamento alla vasca di emergenza dell’acqua antincendio idonei e dimensionati per garantire il convogliamento e contenimento della portata e della quantità totale erogata.

Sono inoltre presenti le platee relative alle apparecchiature di processo e dei serbatoi giornalieri delle cariche all’impianto.

La misura adottata consente di ridurre il rischio connesso alla permanenza sotto le apparecchiature di acque antincendio contenenti sostanze infiammabili nel caso in cui dovesse verificarsi una perdita, permettendo inoltre di evitare sversamenti sul terreno di acque potenzialmente inquinate.

I tombini della fognatura adiacenti all’impianto sono muniti di sigilli a tenuta, che ne impediscono il deflusso diretto.

Unità di distillazione del Metanolo e stoccaggio principale

L’acqua eventualmente utilizzata in caso di apertura delle valvole a diluvio sulle apparecchiature e sullo stoccaggio principale del Metanolo è raccolta all’interno dei bacini di contenimento presenti.

Impianto Colina liquida

L’acqua eventualmente utilizzata in caso di apertura delle valvole a diluvio sullo stoccaggio dell’Ossido di Etilene e sulle apparecchiature di processo dell’impianto viene convogliata in uno dei vasconi di raccolta delle acque reflue dello stabilimento.

Impianto DTC

L’acqua eventualmente utilizzata sugli stoccaggi delle sostanze infiammabili e sulle apparecchiature di processo dell’impianto è raccolta nella rete fognaria di reparto e quindi negli stoccaggi di emergenza. L’area di travaso della Soda caustica e Metam sodium è collegata, come l’impianto Metilammine, al bacino di raccolta. Per la sicurezza delle operazioni di travaso del CS2 da autobotte, la baia di scarico è allagata per contenere sotto battente un eventuale spanto di sostanza.

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2.3.4 Rete fognaria

La rete fognaria delle acque bianche e meteoriche è separata dal sistema di trattamento delle acque di processo e reflue in genere.

Le acque sanitarie vengono veicolate a fosse settiche di adeguata capacità e quindi inviate nella fognatura di stabilimento.

Nella rete fognaria di stabilimento sono convogliate, isola per isola, le acque di raffreddamento utilizzate nei vari scambiatori di calore presenti.

Le acque derivanti dai processi produttivi, trattate con le modalità descritte, sono raccolte nei bacini di decantazione e quindi sollevate nel collettore fognario principale.

Il collettore principale scarica nel Cavo Zendone.

2.4 Valutazione del tipo e delle quantità dei residui e delle emissioni

2.4.1 Acque di processo

Le acque reflue di processo provengono unicamente dagli impianti Metilammine, Colina liquida e dalla centrale termica, mentre l’impianto DTC produce acque reflue solo dai sistemi di lavaggio delle emissioni gassose.

Le acque di processo prodotte dai vari impianti sono convogliate nei due bacini di equalizzazione V1 e V2 e nel collettore, che li collega viene effettuato il controllo del pH.

2.4.2 Acque di prima pioggia

Le acque di prima pioggia di tutte le baie di carico/scarico sono raccolte in sistemi di captazione posizionati in prossimità delle baie stesse.

Le acque di prima pioggia e connesse a interventi di emergenza risultano così raccolte:

• Isola reparto Metilammine (impianto e stoccaggi) (MA 2000): baia di scarico Metanolo, baia di carico Ammine, baia di carico Sali sodici: confluiscono per gravità alla vasca di emergenza;

• Isola DTC (impianto e stoccaggi): vasche di equalizzazione V1 e V2 e in caso di necessità al serbatoio di emergenza;

• Stoccaggi Sali sodici e rifiuti: vasca locale e successivamente vasca di emergenza

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• Isola Colina liquida (impianto e stoccaggi): vasche di equalizzazione V1 e V2 (normalmente nella vasca V2 è mantenuto un volume residuo disponibile per situazioni di emergenza pari a circa 350÷400 m3).

La vasca da 3.000 m3 è mantenuta normalmente vuota e le acque in essa raccolte per gravità dalle zone sopra indicate sono pompate in fognatura dopo controllo.

2.4.3 Scarico in acque superficiali

Prima dello scarico nel cavo Zendone, nella condotta di raccolta delle acque bianche e di raffreddamento confluiscono quelle provenienti dal vascone V2.

Il flusso totale è controllato nella cabina di analisi, attrezzata per il monitoraggio in continuo di pH, conducibilità, portata e temperatura e con un campionatore per i prelievi.

2.4.4 Gestione dei rifiuti pericolosi

Lo smaltimento dei rifiuti è affidato a società qualificate ed autorizzate, gestito mediante il SISTRI.

Le esigue quantità di rifiuti movimentati, conformemente alle normative vigenti, non implicano una autorizzazione formale per tali stoccaggi.

Le platee esistenti dedicate sono munite, per quelli speciali pericolosi, di tettoie e di sistemi di raccolta delle acque meteoriche e di eventuali sversamenti.

3 QUADRO AMBIENTALE

Al fine di valutare preliminarmente le condizioni ambientali dell’area, si sono considerate le seguenti componenti:

• atmosfera: qualità dell'aria e caratterizzazione meteoclimatica;

• rumore: considerato in rapporto all'ambiente sia naturale, che umano.

• suolo e sottosuolo: intesi sotto il profilo geologico e geomorfologico;

• ambiente idrico: acque sotterranee e acque superficiali;

• vegetazione e fauna: formazioni vegetali ed associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali;

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• ecosistemi: complessi di componenti e fattori fisici, chimici e biologici tra loro interagenti ed interdipendenti, che formano un sistema unitario e identificabile per propria struttura, funzionamento ed evoluzione temporale.

3.1 Qualità ambientale con riferimento alle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad impatto importante

3.1.1 Qualità dell’aria

3.1.1.1 Caratteristiche dell’area in esame

La valutazione della qualità dell’aria e della presenza di sorgenti di inquinamento atmosferico parte dall’osservazione dell’ubicazione dell’area in esame, posta nella zona settentrionale della Val Padana, al confine con i primi rilievi orografici prealpini.

Si deve inoltre considerare come l’area si colleghi senza interruzione di continuità e senza barriere orografiche con la parte più meridionale della stessa Val Padana centro occidentale, caratterizzata da una elevata concentrazione industriale, oltre che da varie centrali di potenza alimentate sia a carbone, che ad olio combustibile.

A livello regionale, si osserva inoltre una rilevante struttura viaria stradale e autostradale, oltre che aeroportuale.

Da quanto sopra descritto discende l’importanza per l’area in esame delle emissioni da sorgenti mobili (traffico veicolare) e fisse (emissioni industriali, riscaldamento domestico, ecc.), oltre che l’importanza dei meccanismi chimico-fisici in grado di produrre inquinanti secondari tra i quali va ricordato, come il più importante tra tutti, l’ozono troposferico.

A tali osservazioni va aggiunto inoltre il fatto che tale area, caratterizzata da una climatologia tipicamente padana e continentale, è prevalentemente soggetta a fenomeni meteorologici e diffusivi in grado non di disperdere gli inquinanti emessi, bensì di creare accumuli di tali inquinanti nei bassi strati atmosferici a contatto del suolo. Ciò soprattutto durante il periodo autunno-inverno.

3.1.1.2 Emissioni nell’area in esame

Le sorgenti di sostanze inquinanti, che incidono sulla qualità dell’aria, sono principalmente le combustioni (dai motori a scoppio alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche, i processi di evaporazione (ad esempio i solventi da operazioni di verniciatura) ed i processi chimici.

Nello specifico del Comune di Marano Ticino è possibile ricavare dall’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA-dati 2010), i quantitativi di inquinanti emessi, distinti per macrosettore:

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Figura 18 Elaborazione per il Comune di Marano Ticino basata sull’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA) realizzato dalla Regione Piemonte conformemente all’art. 22 del d.lgs.155/2010 Le stime sono espresse in t/anno, eccetto che per il biossido di carbonio e il biossido di carbonio equivalente (parametro che definisce le emissioni totali di gas serra pesate sulla base del contributo specifico di ogni inquinante) espressi in kt/anno.

3.1.1.3 Stato Attuale della Qualità dell’Aria per l’Area in Esame

Per la caratterizzazione dello stato attuale della qualità dell’aria, si è fatto riferimento a:

• Report annuale qualità dell’aria Novara (centralina di Oleggio) (http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/report-annuali- qualita-dellaria-novara-e-vco) relativo all’anno 2015

• Relazione qualità dell’aria in Provincia di Novara (http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/relazioni) relativamente alla campagna effettuata nel Comune di Oleggio nell’anno 2016

• Simulazioni modellistiche nell’ambito della valutazione regionale sulla qualità dell’aria relative al Comune di Marano Ticino (http://webgis.arpa.piemonte.it/aria_modellistica_webapp/index-anni.html) anno 2015.

Vediamo in dettaglio:

a) Report annuale qualità dell’aria Novara (centralina di Oleggio) relativo all’anno 2015

Vengono riportati di seguito i dati estrapolati dal REPORT 2015 (http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/report-annuali-qualita- dellaria-novara-e-vco) relativo alle centraline operanti sul territorio della Provincia di Novara, evidenziando i dati elaborati dalla centralina di Oleggio, scelta in quanto territorialmente vicina all’area di indagine in Comune di Marano Ticino, per gli inquinanti di interesse della presente relazione, ovvero PM10, NO2 e CO.

48 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 19 Ubicazione della Stazione di Misura di Oleggio nella Rete Regionale Piemontese (http: //relazione.ambiente.piemonte.gov.it/it/aria/stato/)

Report conclusivo per PM10 nell’anno 2015

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/report-annuali-qualita-dellaria- novara-e-vco)

49 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Report conclusivo per NO2 nell’anno 2015

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/report-annuali-qualita-dellaria- novara-e-vco)

Report conclusivo per CO nell’anno 2015

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria-2/report-annuali-qualita- dellaria-novara-e-vco)

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b) Dati relativi a campagne di misura effettuate da ARPA (Oleggio 2016)

Si ritengono significativi, ai fini della caratterizzazione della qualità dell’aria nell’area in esame, anche i dati estrapolati dalle RELAZIONI relative alle campagne di valutazione della qualità dell’aria effettuate da ARPA Piemonte con laboratorio mobile sul territorio della Provincia di Novara; nella fattispecie vengono riportati i valori ottenuti nel corso della campagna nel Comune di Oleggio, effettuata nel periodo dal 16.02.2016 al 21.03.2016, relativamente agli inquinanti di interesse della presente relazione ovvero PM10, NO2 e CO:

Stralcio relazione qualità dell’aria per PM10 nel periodo 16.02-21.03.2016 a Oleggio

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria- 2/RelazioneTecnicaOleggio2016.pdf)

Stralcio relazione qualità dell’aria per CO nel periodo 16.02-21.03.2016 a Oleggio

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria- 2/RelazioneTecnicaOleggio2016.pdf)

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Stralcio relazione qualità dell’aria per NO2 nel periodo 16.02-21.03.2016 a Oleggio

(http://www.arpa.piemonte.gov.it/approfondimenti/territorio/novara/aria- 2/RelazioneTecnicaOleggio2016.pdf) Di seguito si riporta, infine, lo stralcio della relazione di ARPA relativo alle considerazioni conclusive tratte a seguito dei dati riportati e che evidenziano nel complesso una situazione discreta per quanto riguarda la Qualità dell’Aria nel periodo osservato.

Stralcio delle conclusioni sulla relazione qualità dell’aria nel periodo 16.02-21.03.2016

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c) Simulazioni modellistiche nell’ambito della valutazione regionale sulla qualità dell’aria relative al Comune di Marano Ticino - anno 2015.

Per quanto riguarda i livelli attuali di qualità dell’aria, per l’area in esame si è fatto riferimento anche a valori di simulazioni modellistiche specifiche per comune effettuate da ARPA e pubblicate al seguente link http://webgis.arpa.piemonte.it/aria_modellistica_webapp/index-anni.html dove vengono rappresentate le aggregazioni a livello comunale dei campi di concentrazione della qualità dell’aria prodotti con simulazioni modellistiche.

Di seguito per il Comune di Marano Ticino:

(http://webgis.arpa.piemonte.it/aria_modellistica_webapp/index-anni.html):

Figura 20 ARPA Piemonte – qualità dell’aria – PM10 –n superamenti del valore limite per la media giornaliera anno 2015 per il Comune di Marano Ticino.

Figura 21 ARPA Piemonte – qualità dell’aria – PM10 Media annuale anno 2015 per il Comune di Marano Ticino

53 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 22 ARPA Piemonte – qualità dell’aria – valutazione modellistica del valore medio annuale per NO2 nell’ anno 2015 per il Comune di Marano Ticino. Sulla base dei dati sopra esposti e sintetizzati si osserva:

• Nessun superamento dei limiti di legge sulla qualità dell’aria relativamente al CO nell’anno 2015;

• 5 superamenti del limite a protezione della salute per NO2 nel 2015;

• Il parametro PM10 ha registrato più di 35 superamenti del limite giornaliero di 50 µg/m3 nel 2015 (95), mentre nel 2016 sarebbe rimasto al di sotto della soglia dei 35 superamenti.

3.1.2 Clima acustico

L’area in cui sorge lo stabilimento viene classificata dal PZA del Comune di Marano Ticino, adottato con DCC n. 16 del 31.07.2006, in Classe VI “Aree esclusivamente industriali” con limite di emissione di 65 dB(A) e limite di immissione di 70 dB(A), sia in periodo diurno (6.00-22.00), che in periodo notturno (22.00-6.00).

Il territorio immediatamente esterno allo stabilimento è stato dotato di due fasce cuscinetto in Classe V e IV per poi essere classificato in Classe III “Aree di Tipo misto” con limiti di immissione di 60 dB(A) e 50 dB(A) rispettivamente in periodi diurno (6.00-22.00) e notturno (22.00-6.00).

Analoghe fasce di rispetto attorno allo stabilimento sono state create nel PZA del Comune di Oleggio, approvato con Deliberazione di C.C.n.33 del 28.09.2007 e aggiornato con Deliberazione di C.C.n.31 del 26.07.2010, per arrivare fino alla classificazione in Classe I “Aree particolarmente protette” con limiti di immissione di 50 dB(A) e 40 dB(A) rispettivamente in periodo diurno (6.00- 22.00) e notturno (22.00-6.00).

54 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 23 Zonizzazione Acustica integrata dei territori di Marano Ticino e Oleggio, con indicazione dell’ubicazione dello stabilimento Balchem.

Data la vicinanza dello stabilimento col territorio comunale di (VA), è stata verificata anche la situazione di quelle porzioni di territorio comunali oltre il Fiume Ticino.

Il Comune di Vizzola Ticino (VA) ha approvato il Piano di Zonizzazione Acustica con D.C.C. n. 2 del 20.03.2008, successivamente adottato con D.C.C. n. 24 del 21.11.2016 ed aggiornato con D.C.C. n. 10 del 28.04.2017; le aree più vicine allo stabilimento, interne al Parco del Ticino, sono state classificate in Classe I e Classe II, con una Classe III relativa al Campo di Prova Pneumatici della Pirelli.

55 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 24 Stralcio della Zonizzazione Acustica del territorio di Vizzola Ticino, con indicazione della posizione dello stabilimento

3.1.3 Suolo e sottosuolo

3.1.3.1 Caratteristiche geologiche e geomorfologiche

Il territorio in esame, compreso nel Foglio n° 44 “Novara” della Carta Geologica d’Italia, è costituito da un sistema di terrazzi alluvionali degradanti verso il Fiume Ticino, formati da depositi fluvioglaciali ciottolosi.

56 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Figura 25 Stralcio del foglio n° 44 "Novara" della Carta Geologica d’Italia (Scala 1. 100.000)

Sito in esame

Figura 26 –Sezione stratigrafica tratta da “Carta geologica d’Italia, Foglio 44 NOVARA”

In particolare, secondo quanto riportato nello studio geologico allegato al P.R.G. del Comune di Marano Ticino, il sito si colloca sui “Depositi fluviali delle Baragge”, attribuiti all’Olocene e costituiti da “ghiaie a supporto clastico massive o rozzamente stratificate, embricate e sabbie laminate, clasti eterometrici arrotondati non alterati”.

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Figura 27 Stralcio della Tav.n.1 "Carta geomorfologica e del dissesto con elementi geolitologici” PRGI di Marano Ticino (scala 1. 10.000)

Il margine Sud-occidentale dei “Depositi fluviali delle Baragge” è delimitato dal piede delle scarpate dei terrazzi più antichi, costituiti localmente dalle “Ghiaie di S. Gaudenzio” (Pleistocene Sup.) a Sud e dalle “Ghiaie di C.na Vallazza” (tardo Pleistocene Sup. – Olocene) a Nord, distanti circa 300 m dal sito, mentre lungo l’alveo del F. Ticino si osservano i depositi fluviali più recenti (Olocene - Attuale).

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L’area produttiva è ubicata nella parte più orientale dei “Depositi fluviali delle Baragge”, localmente riconosciuta come “barra stabilizzata” e delimitata ad Est da una scarpata classificata come riattivabile, protetta con opere longitudinali per la difesa spondale.

La sommità della “barra” si trova localmente ad un quota media di circa 164 m s.l.m., mentre le sottostanti alluvioni recenti ricorrono a quota di circa 156 m s.l.m..

In particolare, secondo quanto riportato nella “Carta delle opere di difesa e degli effetti alluvionali” e nelle relative schede delle opere di difesa idraulica S.I.C.O.D. (scheda “EPIFDS002”), nel tratto adiacente all’area produttiva la sponda è difesa con scogliere di massi di cava per una altezza di 4-5 m.

Figura 28 Stralcio della Tav.n.8 "Carta delle opere di difesa e degli effetti alluvionali” PRGI di Marano Ticino (scala 1. 10.000)

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3.1.3.2 Caratteristiche litologiche e stratigrafiche

Il territorio di Marano Ticino è caratterizzato da una successione litostratigrafica costituita da depositi continentali olocenici e pleistocenici di natura glaciale e fluvioglaciale, sovrastanti quelli fluviali e transizionali attribuiti al Villafranchiano.

I rapporti cronostratigrafici delle unità riconosciute in letteratura sono riportati nello schema sottostante, attraverso un sistema di terrazzi alluvionali degradanti verso la Valle del Ticino.

Figura 29 - Schema dei rapporti stratigrafici del territorio di Marano Ticino

In particolare, il sito si colloca in corrispondenza delle “Ghiaie delle baragge” (Olocene), che poggiano sulle alluvioni villafranchiane, note in letteratura come “Ghiaie di Pombia” (Villafranchiano, Pleistocene inf. - Pliocene sup.).

In corrispondenza dell’area in esame, lo spessore complessivo dei depositi quaternari, in base a quanto riportato nelle sezioni geologiche allegate alla Foglio n° 44 “Novara” della Carta Geologica d’Italia, è stimato pari a circa 10 m.

3.1.4 Acque sotterranee

3.1.4.1 Identificazione strutturale dei sistemi acquiferi

Secondo i contenuti della D.G.R. 34-11525 del 03/06/09, successivamente aggiornata con D.D. n. 229 del 06/07/2016, la struttura idrogeologica del sito in esame, che si pone in corrispondenza delle “aree di pianura alluvionale dove è possibile individuare la base dell’acquifero superficiale (sottoarea PA)”, può essere così individuata:

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• l’acquifero superficiale a falda libera, alimentato direttamente dalle precipitazioni meteoriche ed in diretta connessione con i corsi d’acqua superficiali, è associabile al Complesso dei depositi grossolani fluviali, correlato ai depositi fluviali olocenici; risulta costituito da ghiaie prevalenti e sabbie con scarsa frazione limoso-argillosa, per uno spessore in corrispondenza dell’area d’intervento, individuato nella “Carta della base dell'acquifero superficiale delle aree di pianura della Regione Piemonte”, di circa 15 m.

• l’acquifero profondo, presente alla base del precedente, è costituito dal Complesso delle alternanze Villafranchiane, formato dai depositi di transizione attribuiti al Pliocene superiore, caratterizzati da un’alternanza di sabbie e argille di colore blu/grigio di spessore variabile, da metrico a decametrico, con rari livelli ghiaiosi; l’unità è sede di un acquifero multifalda, con flussi generalmente confinati negli intervalli sabbiosi.

DGR 34-11525 del 03/06/09 e s.m.i. Configurazione Acquiferi Complessi Seri idrogeologici

Complesso dei Depositi fluviali Acquifero superficiale a Depositi fluviali depositi grossolani (Olocene) falda libera fluviali

Depositi di Complesso delle Depositi transizionali Acquifero profondo transizione alternanze villafranchiani confinato villafranchiani villafranchiane (Pliocene sup.)

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Figura 30 Carta della base dell'acquifero superficiale delle aree di pianura della Regione Piemonte (aggiornamento con D.D. n.229 del 06/07/2016, scala 1: 10.000)

3.1.4.2 Descrizione del campo di moto dell’acquifero superficiale

In riferimento alla falda freatica, secondo quanto riportato nello studio geologico allegato al P.R.G. del Comune di Marano Ticino, il flusso sotterraneo locale è fortemente condizionato dall’azione drenante del Fiume Ticino.

In particolare, nella Carta geoidrologica si osserva un deflusso rivolto prevalentemente verso Est, con soggiacenza di circa 7 m in corrispondenza del sito.

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Figura 31 Stralcio della Tav.n.2 "Carta geoidrologica” PRG di Marano Ticino (scala 1. 10.000)

Secondo tale studio, l’area in esame si colloca nel complesso idrogeologico dei “depositi fluviali ghiaioso-sabbiosi e ciottolosi”, correlabile ai Complesso dei depositi grossolani fluviali (DGR 34-11525 del 03/06/09 e s.m.i.), caratterizzati in genere da una permeabilità elevata, con valori variabili da 10-1 a 10-2 m/sec.

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3.1.4.3 Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi

La vulnerabilità intrinseca di un acquifero rappresenta la facilità con cui può essere raggiunto da un eventuale inquinante a partire dalla superficie topografica o ancora la suscettività specifica di questo ad ingerire e diffondere un inquinante liquido idrotrasportato (Albinet e Margat, 1970).

La valutazione viene espressa considerando le condizioni ambientali intrinseche dell’acquifero, rappresentate dalle caratteristiche granulometriche, tessiturali e idrauliche dei terreni, che lo costituiscono.

La vulnerabilità dell’acquifero superficiale proposta da ARPA Piemonte, valutata a scala 1:250.000 con il metodo G.O.D. (Foster & Hirata, 1987), distingue nell’area in esame due classi: estrema nei settori adiacenti al F. Ticino ed alta nel resto del sito.

Figura 32 - ARPA Piemonte, Vulnerabilità intrinseca dell’acquifero valutata con il metodo

GOD

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3.1.5 Acque superficiali

3.1.5.1 Inquadramento fisico e idrografico del Fiume Ticino

L’idrografia dell’intorno è caratterizzata dalla presenza del Fiume Ticino, che scorre lungo il margine orientale dell’area produttiva, e da una rete di canali irrigui e colatori.

In particolare, il settore più occidentale del sito è attraversato, per un breve tratto, dalla Roggia Nuova di Oleggio, colatore, che fiancheggia il margine meridionale, per confluire nel Fiume Ticino.

Lungo il confine settentrionale scorre il cavo Zendone, che si immette nello stesso fiume presso il vertice Nord dell’area Balchem.

Relativamente al F. Ticino, esso ha origine in territorio svizzero, in prossimità del passo del S. Gottardo, ed ha una lunghezza complessiva di 284 km. Costituisce con il F. Toce il principale affluente del lago Maggiore o di Verbano.

Il fiume riprende il suo corso quale emissario del lago dallo sbarramento della Miorina (Sesto Calende) e prosegue fino alla confluenza con il Po, al ponte della Becca, con alveo dapprima monocursale e successivamente pluricursale ramificato.

Nel settore sublacuale il corso d’acqua, caratterizzato da un assetto idraulico di tipo naturale, può essere suddiviso in due diverse tipologie fluviali:

• tra Sesto Calende e Oleggio è caratterizzato da un alveo molto inciso in cordoni morenici e in terrazzi fluviali, incanalato in un unico filone di corrente con velocità discreta, sezione media di larghezza pari a 50-80 m, sponde ripide e vegetate. Nella parte alta del tratto, il deflusso risente della regolazione del lago, effettuata dalla traversa della Miorina; i livelli hanno mediamente escursioni poco rilevanti e permettono una stabilizzazione delle sponde e dell’interfaccia sponda-alveo;

• da Oleggio fino alla confluenza in Po presenta un alveo molto ampio (larghezza massima circa 400 m), a filone divagante in diversi rami, sponde basse, vegetazione molto consistente sia di sponda, che in alveo, con notevole presenza di isole, sabbioni e terre nude.

3.1.5.2 Aspetti idrologici del Fiume Ticino

Il regime idrologico del Ticino sublacuale è condizionato dai seguenti fattori:

• la regolazione del deflusso dal lago Maggiore allo sbarramento della Miorina;

• lo scambio di portate con la fitta e complessa rete dei canali artificiali derivatori e tributari;

• l’alimentazione da parte del bacino imbrifero superficiale sotteso.

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Di fondamentale importanza per il regime idrologico del Ticino è la regolazione del lago, che è legata prevalentemente alle esigenze delle utenze idroelettriche e irrigue di valle.

La regolazione opera in modo tale da ritenere i deflussi nei periodi invernali e primaverili, per distribuirli nei mesi estivi; l’intervallo di regolazione è fissato tra i livelli idrometrici -0.50 m e +1.50 m nel periodo tra il 15 novembre e il 31 marzo.

Il regime delle portate di regolazione del Ticino è quindi caratterizzato da massimi deflussi nel periodo maggio-luglio e minimi deflussi nella stagione invernale, mentre le portate di massima piena si registrano prevalentemente nel periodo autunnale.

3.1.5.3 Portate di piena e piene storiche principali del F. Ticino

Alla sezione della Miorina, i deflussi del Ticino sono controllati dal 1° ottobre 1942, con una capacità massima di regolazione pari a 420 milioni di m3.

La portata massima che può defluire dallo sbarramento in condizioni di massimo invaso del lago è dell’ordine di 2.000 m3/s.

Prima della realizzazione dell’opera, le portate di piena erano sicuramente maggiori; la massima piena storica, del 2 ottobre 1868, è stata infatti pari a 5.000 m3/s.

Nella tabella seguente sono riportati i valori delle portate di piena desunte dalle serie storiche disponibili (“Linee generali di assetto idrogeologico e quadro degli interventi - Bacino del Ticino“, AdBPo, Progetto di Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico)”:

Tabella 1 Valori delle portate di piena storiche nel bacino del Ticino

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3.1.6 Vegetazione terrestre e acquatica

3.1.6.1 Caratteristiche della vegetazione terrestre

Il Fiume Ticino, nell’area di interesse, ha un andamento meandriforme, con la presenza di una serie di ramificazioni tra barre periodicamente sommerse dalle piene, risultando caratterizzato da lanche in cui l'acqua, scorrendo più lentamente, favorisce lo sviluppo di una ricca vegetazione.

Immagine 1: Fiume Ticino

Nell’intorno, lungo l’alveo fluviale, si può distinguere una porzione distale, dove predominano la praticoltura e la cerealicoltura, e una prossima al corso d’acqua, in cui è presente una successione di popolamenti forestali, a partire dalle formazioni di greto a pioppi e salici, fino ai querco-carpineti e ad alneti nelle aree meno soggette alle dinamiche fluviali.

I saliceti (Salix alba in particolare, ma possono essere presenti altre specie del genere Salix, quali Salix eleagnos e Salix purpurea) dominano fisionomicamente le bordure lungo le diramazioni del Ticino e colonizzano le isole fluviali. Tali aree sono spesso ricche di specie nitrofile, quali Urtica dioica, ed esotiche, quali Solidago gigantea, Reynoutria japonica, Sicyos angulatus e Humulus scandens.

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Immagine 2 Saliceto ripareo

La lanca presente, originata da meandri fluviali abbandonati, è dominata fisionomicamente da Alnus glutinosa. Tra le specie erbacee, ne compaiono diverse del genere Carex, Iris pseudacorus, Thelypteris palustris, Osmunda regalis, Athyrium filix-foemina.

E’ invasa da rovi e vi è la presenza, oltre alla fascia di carici, della cannuccia di palude (Phragmites australis). Sono presenti, piccole comunità composte da specie del genere Cyperus ed Eleocharis.

Le superfici boscate presenti recano tracce dell'originario bosco planiziale, con netta prevalenza di latifoglie quali Quercus robur, rovere, Quercus cerris, Carpinus betulus, Prunus avium e Robinia pseudoacacia, oltre all’invasivo Prunus serotina. Il sottobosco è caratterizzato da nocciolo, prugnolo e biancospino. Tra le specie erbacee sono frequenti Vinca minor, Convallaria majalis e Polygonatum multiflorum.

3.1.6.2 Caratteristiche della vegetazione acquatica L’area bagnata in corrispondenza della lanca, ospita formazioni a Ranunculus sp., Potamogeton sp. e Callitriche sp.. In prossimità di piccole zone con acque lentiche, si possono trovare formazioni a Lemna sp.

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In generale, in tale zona è presente una ricca vegetazione acquatica, collocata in particolare nelle piccole depressioni, ai bordi delle aree paludose e in acque stagnanti, le cui specie principali interessano diversi papiri (Cyperus fuscus, Cyperus flavescens, Cyperus glomeratus), giunco bufonio (Juncus bufonius), giavone (Echinochloa crus – galli), sabbieso (Polygonum hydropiper), tiracollo (Polygonum aviculare), canna palustre (Phragmites communis), tifa (Typha latifolia), diversi carici (Carex riparia e Carex elata), campanella bianca (Leucojum aestivum), miriofillo (Myriophyllum verticillatum), elodea (Helodea canadensis), erba ranina (Callitriche stagnalis), trifoglio dei fossi (Marsilea quadrifolia), ninfea (Nymphaea alba), erba tinca (Potamogeton lucens, Potamogeton thricoides), vallisneria (Yallisneria spiralis), lenticchie d’acqua (Lemna trisulca, Lemna minor, Lemna paucicostata), lattuga ranina (Potamogeton crispus), coda di fosso (Ceratophyllum demersum).

3.1.7 Fauna

3.1.7.1 Inquadramento generale

In riferimento alla fauna, si possono elencare come dati generali di presenza, interessanti l’intera area protetta, i report riportati nella scheda propria del SIC/ ZPS “Valle del Ticino” IT1150001.

Come si evince dalle specie presenti nelle tabelle di seguito riportate, l’area protetta è prevalentemente caratterizzata dalle specie afferenti all’ecosistema fluviale e a tutti gli ambienti in esso rappresentati.

In generale, l’intera area protetta, coincidente con il sito Rete Natura 2000, è per quasi la metà della superficie occupata da un manto boschivo discontinuo, caratterizzato da varie categorie forestali: dalle boscaglie pioniere riparie, alle formazioni boschive più evolute e stabili del bosco planiziale, quali: querceti ed alneti, dai robinieti ai castagneti. Il resto dell’intorno è caratterizzato da ambienti erbacei, quali: prati stabili di pianura e da cenosi xerofile, colonizzatrici del greto. Allontanandosi dal fiume, si trovano le colture agrarie, quali: prati permanenti, seminativi irrigui, risaie ed impianti per l’arboricoltura da legno, essenzialmente pioppeti.

Si riporta la scheda del sito “Valle del Ticino” IT1150001, nella quale però sono riportate solo le presenze faunistiche più significative e non gli areali di distribuzione di ciascuna singola specie.

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Nello specifico della fauna frequentante il sito in oggetto, non vi sono dati puntuali: le specie potenzialmente presenti sono quelle legate al sistema forestale e ai corsi d’acqua, in quanto l’area è limitata dal Cavo Zendone a Nord e confina in parte con il Fiume Ticino.

Va segnalato che non vi sono all’interno del sito zone umide naturali: l’area, dove non urbanizzata, è coperta da vegetazione semi-naturale, rappresentata in parte da piante messe a dimora, come arredo verde e in parte da piante residuali del bosco originario. Il sottobosco è in ogni caso assai ridotto per la gestione del cotico erboso. Questa situazione non offre quindi alla fauna le condizioni ottimali per viverci, soprattutto per le specie più esigenti, ma per lo meno non interrompe la continuità con la matrice boscata in cui il sito è inserito. Le specie comunque più presenti nel sedime industriale sono quelle ubiquitarie, che ben sopportano anche la presenza umana.

3.1.7.2 Caratteristiche della fauna terrestre

In generale, discrete sono le presenze di Mammiferi, Rettili e Anfibi presenti nell’area protetta, che possono usufruire del verde del sedime industriale. Gli Uccelli, caratterizzati da maggiore mobilità, possono frequentare il sito come area di sosta momentanea. Sicuramente presenti sono tutte le specie più antropofile e con meno esigenze ecologiche, in quanto il sito è comunque inserito in un contesto ricco di biodiversità.

In relazione alla gestione faunistica, il Parco ad oggi attua un Piano di Controllo della specie cinghiale, atto a rendere sostenibile da un punto di vista naturalistico-ambientale la sua presenza nel Parco e a limitare di conseguenza anche i danni alle colture. Sebbene l’area industriale sia cintata, è possibile l’entrata da fallanze della rete o da passaggi dal fiume, sia di cinghiali, che di altri mammiferi.

3.1.7.3 Caratteristiche della fauna acquatica

In merito alla fauna acquatica, si possono prendere come riferimento, per il tronco del Ticino adiacente al sito produttivo, i dati riportati nel “Documento tecnico di valutazione della sperimentazione del deflusso minimo vitale nel Fiume Ticino”, tratto sublacuale, redatto nell’ambito del Protocollo di intesa tra Regione Lombardia, Regione Piemonte, Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino ed Ente di Gestione Parco del Ticino piemontese.

Il sito TIC2, come mostrato nella figura sotto riportata, è ubicato proprio nel tratto immediatamente a valle dello stabilimento produttivo Balchem e quindi ben rappresenta le caratteristiche del Ticino nel tratto oggetto di esame.

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Figura 33 Documento tecnico di valutazione della sperimentazione del deflusso minimo vitale nel Fiume Ticino In generale, i dati compresi nei vari documenti stilati in ambito del Protocollo di intesa sopra citato, indicano, che nel complesso la comunità ittica del Fiume Ticino è molto diversificata, ma la sua consistenza numerica in molte situazioni risulta inferiore alle potenzialità dell’ambiente naturale. Le miglior condizioni della comunità ittica si riscontrano in tutte quelle localizzazioni in cui vi è possibilità per i pesci di trovare molte zone rifugio.

Le specie censite nel tratto prossimo alla Balchem risultano essere 17, di cui 12 appartenenti alla famiglia dei Ciprinidi e, tra queste ultime, due specie esotiche: il “gardon” ed il rodeo amaro. Tra le altre specie è discreta la presenza del pesce persico, del cobite comune e dell’anguilla. La specie più rappresentata è il cavedano, seguito dalla scardola; buona pure la situazione della tinca, presente anche con esemplari di grossa taglia.

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Sebbene, quindi, vi sia una discreta presenza di numero di specie, il giudizio complessivo è però non del tutto positivo, in quanto ad una ampia disponibilità di habitat, non corrisponde una altrettanto buona consistenza della fauna ittica. Probabilmente un ruolo negativo importante è costituito dalla presenza degli sbarramenti presenti, sia a monte (Miorina), sia per quelli posti a valle, con conseguente alterazione del trasporto solido, della velocità di corrente e delle possibilità migratorie.

Per il Cavo Zendone non vi sono dati specifici relativi alla fauna ittica.

3.1.8 Ecosistemi

3.1.8.1 Caratteristiche degli ecosistemi

L’area in oggetto ricade in un’area interessata dalla presenza del SIC/ZPS “Valle del Ticino” (codice IT1150001).

Figura 34 Area del SIC/ZPS interessata dal progetto.

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L’area del SIC/ZPS, che coincide con quella del Parco Naturale della Valle del Ticino, corrisponde a tutto il corso piemontese del fiume, dal Lago Maggiore al confine con la Lombardia e ha una estensione di 6.597 ha.

Di seguito, si riporta una descrizione generale come riportato nella pubblicazione “La rete Natura 2000 in Piemonte”.

Caratteristiche generali

Nel segmento iniziale, dove esercita una prevalente azione erosiva, il fiume scorre in mezzo a scarpate e pendii terrazzati, ma ben presto l’alveo si allarga in ampi greti. Le aree adiacenti sono periodicamente inondate, come dimostra la presenza di lanche e canali secondari di deflusso, anche a ramificazioni multiple, attivi solo durante le piene. Quasi la metà della superficie è occupata da un manto boschivo discontinuo, in cui si possono riconoscere varie categorie forestali. Partendo dalle sponde si riconoscono varie tipologie di boscaglie pioniere riparie, quindi le formazioni boschive più evolute e stabili del bosco planiziale, rappresentate da querceti e alneti; lontano dalle rive diventano più diffusi i robinieti e, sulle scarpate, i castagneti, entrambi strutturati in cedui solitamente poco estesi. Gli ambienti erbacei sono costituiti da prati stabili di pianura e da magre cenosi xerofile, che colonizzano i greti consolidati. Le colture agrarie occupano vaste estensioni nelle zone più distanti dal fiume: sono presenti prati permanenti, seminativi irrigui, risaie ed impianti per l’arboricoltura da legno, essenzialmente pioppeti.

Ambienti e specie di maggior interesse

La Valle del Ticino, per la presenza di ambienti naturali estesi, ben conservati e distribuiti in modo pressoché continuo lungo tutta l’asta fluviale, costituisce uno dei più importanti corridoi ecologici della Pianura padana, nonché un’area di elevato pregio naturalistico. La vegetazione ripariale offre habitat ottimali per ospitare un ricco popolamento avifaunistico, la buona qualità delle acque del fiume permette l’esistenza di una ittiofauna ricca e diversificata e le zone umide ospitano una delle erpetocenosi più ricche del Piemonte.

Per quanto riguarda la vegetazione è da segnalare la presenza di interessanti cenosi acquatiche, localizzate prevalentemente nelle lanche, e di un’interessante vegetazione xerofila, che si sviluppa sui greti fluviali consolidati. Sui terrazzi fluviali più alti i boschi, costituiti prevalentemente da farnia (Quercus robur), ospitano specie arboree termofile, come cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), roverella (Quercus pubescens). All’interno delle cenosi forestali sono state individuate tre aree destinate alla raccolta del seme di farnia (Quercus robur), ontano nero (Alnus glutinosa) e ciliegio (Prunus avium), nonché di alcune specie arbustive.

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Nell’intorno del sito sono stati rilevati diversi ambienti di importanza comunitaria. Tra le cenosi boschive e arbustive riparie sono presenti i boschi misti ripari dei grandi fiumi di pianura (91F0), i boschi alluvionali di ontano nero, salice bianco e pioppi (91E0) e i saliceti a Salix eleagnos (3240). Lontani dalla zona riparia o da quella interessata dalle dinamiche fluviali sono presenti i boschi di castagno (9260) e i querco-carpineti (9160).

Per ciò che riguarda le cenosi erbacee si rilevano, ai margini delle formazioni boschive riparie, formazioni di alte erbe igrofile (6430), prati stabili di pianura (6510) e alcune zone a calluneto (4030); interessanti sono i pratelli aridi (6210) delle alluvioni ciottolose stabilizzate, a suolo assai superficiale, colonizzati da tappeti di licheni e muschi xerofili, dove sono presenti anche alcune specie mediterranee come Tuberaria guttata e alcune orchidee come Orchis tridentata e Orchis morio.

Nelle zone riparie interessate dalla periodica dinamica fluviale si sviluppa la vegetazione tipica dei banchi fangosi (3270), caratterizzata da specie pioniere, annuali e nitrofile; tra gli ambienti igrofili si ricordano anche le cenosi acquatiche delle acque lente di fontanili e delle risorgive (3260), in cui si ritrovano specie quali Ranunculus trichophyllus, R. fluitans, Hottonia palustris (Lista rossa italiana e regionale), alcune specie del genere Potamogeton e il muschio Fontinalis antipyretica.

Una delle maggiori minacce per i boschi è l’invasione del ciliegio tardivo (Prunus serotina), albero di origine nordamericana in grado di colonizzare i boschi naturali ed i coltivi abbandonati e di sostituirsi alle specie autoctone con gravissimi squilibri all’ecosistema. Minore preoccupazione desta la presenza di robinia e quercia rossa, di più agevole gestione selvicolturale.

Nel complesso sono segnalate per la fascia piemontese della Valle del Ticino oltre 600 specie di vegetali superiori, circa 280 specie di funghi e circa 50 di licheni. In riferimento alle specie della Direttiva Habitat, tra le piante vascolari, è segnalata la presenza di Myosotis rehsteineri (All. II), di cui l’intorno del sito rappresenta una delle poche stazioni piemontesi note, quindi della felce acquatica Marsilea quadrifolia (All. II e IV) e di Lindernia palustris (All. IV), specie rara, che vegeta su suoli umidi e fangosi. Tra le piante rare, nel territorio in esame sono state segnalate le presenze di Iris sibirica, Gladiolus imbricatus, Osmunda regalis, Geranium palustre, Samolus valerandi e Baldellia ranunculoides.

Passando alla fauna, i mammiferi contano circa 30 specie, tra cui la martora (Martes martes), raramente segnalata in pianura, e alcune specie di chirotteri. Inoltre, è in atto il tentativo di reintroduzione della lontra (Lutra lutra, All. II e IV), mammifero acquatico per eccellenza, un tempo presente lungo fiumi, laghi e paludi, purchè pescosi.

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L’avifauna è ricca: delle circa 190 specie segnalate, 90 risultano nidificanti certe o probabili, oltre 100 svernanti ed altrettante di passo. Ben 40 specie di uccelli sono inserite nell’All. I della D.U.; tra queste sono di particolare interesse il tarabuso (Botaurus stellaris), considerata prioritaria, e la rara cicogna nera (Ciconia nigra).

L’erpetofauna conta 10 specie di rettili e 10 di anfibi, tra le quali alcune sono particolarmente importanti, poiché estremamente rare o localizzate. Le specie più minacciate sono indubbiamente il pelobate fosco (Pelobates fuscus insubricus, All. II), specie prioritaria, considerato uno degli anfibi europei a maggior rischio di estinzione, la lucertola campestre (Podarcis sicula, All. IV), comune in Italia, ma a rischio di estinzione in Piemonte, dov’è strettamente legata ai prati erbosi aridi perifluviali, e la rana di Lataste (Rana latastei, All. IV), originaria dei boschi padani e che si riproduce nelle lanche.

Il ricco popolamento ittico comprende numerose specie autoctone e quasi tutte quelle piemontesi inserite negli Allegati della Direttiva Habitat. Tra le circa 45 specie segnalate sono particolarmente interessanti Knipowitschia punctatissima, piccolo ghiozzo endemico delle risorgive padane, dimenticato dopo la descrizione per circa un secolo e riscoperto da pochi anni, Lipophrys fluviatilis e Lota lota, rispettivamente l’unico blennide e l’unico merluzzo italiani d’acqua dolce, presenti in Piemonte solo nel Lago Maggiore e lungo il Ticino; di rilievo anche il pigo (Rutilus pigus, All. II), segnalato negli anni recenti solo in queste acque e in quelle del Po, e lo storione cobice (Acipenser naccarii, All. II e IV), la cui presenza non è accertata nel territorio piemontese del Parco, ma che potrebbe risalire il Ticino arrivando dalla zona Pavese. L’area è una delle meglio studiate del Piemonte dal punto di vista entomologico; tra i gruppi più numerosi si ricordano i coleotteri, di cui sono state censite oltre 580 specie, gli emitteri eterotteri (oltre 160 specie) e le libellule (39 specie, tra cui la rarissima Oxygastra curtisii), ma sono anche disponibili dati per imenotteri, efemerotteri e tricotteri; tra i lepidotteri diurni, circa 70 specie, Zerynthia polyxena e Lycaena dispar sono di interesse comunitario.

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3.1.8.2 Habitat

Figura 35 Estratto della Carta degli Habitat del SIC.

Nella tabella seguente sono riportati gli habitat inseriti nell’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE, riscontrabili all’interno del SIC “Valle del Ticino”.

Il Formulario standard fornisce alcune valutazioni per gli Habitat presenti, attribuendo a essi un grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale sul sito:

• A: rappresentatività eccellente;

• B: buona rappresentatività;

• C: rappresentatività significativa;

• D: presenza non significativa.

La definizione della Superficie relativa:

• A: compresa tra il 100 e il 15 %;

• B: compresa tra il 15 e il 2 %;

• C: compresa tra i 2 e lo 0%.

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Il grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat naturale in questione e possibilità di ripristino:

• A: conservazione eccellente;

• B: buona conservazione;

• C: conservazione media o ridotta

Una valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat naturale in questione:

• A: valore eccellente;

• B: valore buono;

• C: valore significativo.

Grado di % Rapprese Superficie Valutazion Codice Denominazione conservazi copertura ntatività relativa e globale one Laghi eutrofici naturali con 3150 vegetazione del 2 B C B B Magnopotamion o Hydrocharition Fiumi alpini con vegetazione riparia 3240 0,2 B C B B legnosa a Salix elaeagnos Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del 3260 0,1 B C B C Ranunculion fluitantis e Callitricho-Btrachion Fiumi con argini melmosi con 3270 vegetazione del 0,1 A C B B Chenopodion rubri p.p. e Bidention p.p. Lande secche 4030 1 B C B B europee Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da 6210 0,1 B C B C cespugli su substrato calcareo (Festuco- Brometalia) Bordure planiziali, 6430 montane e alpine di 2 B C B B megaforbie igrofile.

87 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

Grado di % Rapprese Superficie Valutazion Codice Denominazione conservazi copertura ntatività relativa e globale one Praterie magre da fieno a bassa altitudine 6510 (Alopecurus 4,6 B C B B pratensis, Sanguisorba officinalis) Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior 91E0* 9,3 B C B A (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) Foreste miste riparie di grandi fiumi a Quercus robur, Ulmus laevis e 91F0 0,8 B C B B Ulmus minor, Fraxinus excelsior o Fraxinus angustifolia (Ulmenion minoris) Querceti di farnia o rovere subatlantici e 9160 20,8 A C B B dell’Europa Centrale del Carpinion betuli Foreste di Castanea 9260 1,7 C C B C sativa Nell’areale considerato, vista la sua vicinanza con il corso del Fiume Ticino e con una delle sue lanche, si può far riferimento agli habitat strettamente legati ai corsi d’acqua.

3.2 Individuazione preliminare degli effetti potenziali

Per l’individuazione e la valutazione preliminare degli effetti potenziali, si sono considerate, nella seguente matrice (tabella 1), le azioni di processo e le corrispondenti fonti di impatto; con la successiva matrice (tabella 2), si sono individuati gli effetti potenziali relativamente alle fonti di impatto:

88 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

AZIONI DI PROCESSO

mmati

DiTioCarba

FONTI DI IMPATTO

Produzione di Metilammine di Produzione bitartrato Colina e Colina liquida di Produzione vegetale su supporto secca Colina di Produzione di Produzione prime materie delle Stoccaggio finiti prodotti dei Stoccaggio prime materie delle Trasporto finiti prodotti dei Trasporto prime materie delle Movimentazione finiti dei prodotti Movimentazione generali servizi e Utilities

Emissioni in atmosfera di tipo convogliate

Emissioni diffuse

Emissioni fuggitive

Diffusione di odori

Emissioni sonore

Applicazione di carichi fissi o mobili sui terreni

Produzione di rifiuti

Sversamenti accidentali di sostanze

Derivazione di acque sotterranee

Derivazioni di acque superficiali

Scarico in corpi idrici superficiali

Tabella 2 – Matrice azioni di processo / fonti d’impatto

89 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

FONTI DI IMPATTO

di tipo di tipo

acque acque

menti accidentali di accidentali menti

EFFETTI POTENZIALI

Emissioni in atmosfera in Emissioni convogliate diffuse Emissioni fuggitive Emissioni odori di Diffusione rumore di Emissioni o di carichi fissi Applicazione mobili sui terreni solidi rifiuti di Produzione Sversa sostanze acque di Derivazione sotterranee di Derivazioni superficiali idricicorpi Scarico in superficiali Variazione del livello di qualità dell’aria

Sensazioni olfattive sgradevoli

Disagi legati al rumore-stress

Variazione del clima acustico

Condizioni di equilibrio dei terreni

Modificazione delle proprietà dell’aerato Modificazione delle proprietà del suolo Modificazione della circolazione idrica sotterranea Modificazione della qualità delle acque sotterranee Modifica delle portate dei corpi idrici recettori Modifica delle portate dei corpi idrici derivati Alterazione della qualità chimico- fisica delle acque superficiali

Aumento dei carichi veicolati

Immissione di sostanze potenzialmente coinvolgenti vie critiche scarsamente controllabili

Stress vegetazionali

Modificazione della composizione vegetazionale

90 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

FONTI DI IMPATTO

di tipo di tipo

acque acque

menti accidentali di accidentali menti

EFFETTI POTENZIALI

Emissioni in atmosfera in Emissioni convogliate diffuse Emissioni fuggitive Emissioni odori di Diffusione rumore di Emissioni o di carichi fissi Applicazione mobili sui terreni solidi rifiuti di Produzione Sversa sostanze acque di Derivazione sotterranee di Derivazioni superficiali idricicorpi Scarico in superficiali Stress a carico delle popolazioni animali Alterazioni demografico-strutturali del patrimonio faunistico Danni diretti e indiretti alle biocenosi acquatiche Alterazione della funzionalità degli ecosistemi terrestri Alterazione della funzionalità degli ecosistemi acquatici

Tabella 3 Matrice fonti d’impatto / effetti potenziali

In particolare, gli effetti potenziali riferiti alle azioni di processo potrebbero risultare i seguenti:

• Variazione della qualità dell’aria: principalmente per le emissioni in atmosfera degli impianti e per i mezzi di movimentazione e trasporto

• Sensazioni olfattive sgradevoli: per la presenza di sostanze con odori caratteristici, quali le ammine

• Disagi legati al rumore-stress: per la presenza di sorgenti sonore fisse e mobili, quali le attrezzature impiantistiche e i mezzi di movimentazione e trasporto.

• Variazione del clima acustico: per la presenza di sorgenti sonore in grado di modificare il clima acustico esistente

• Condizioni di equilibrio dei terreni: principalmente per il carico sul terreno apportato dagli impianti, dalle strutture relative a stoccaggi e infrastrutture

• Modificazione delle proprietà dell’aerato: per la ricaduta di emissioni, polveri e sversamenti

• Modificazione delle proprietà del suolo: per sversamenti accidentali di sostanze

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• Modificazione della circolazione idrica sotterranea: per l’emungimento di acqua di falda mediante pozzi

• Modificazione della qualità delle acque sotterranee: per sversamenti accidentali di sostanze

• Modifica delle portate dei corpi idrici recettori: per il contributo delle acque di scarico

• Modifica della portata dei corpi idrici: per la derivazione di acque superficiali

• Alterazione della qualità chimico-fisica delle acque superficiali: per i potenziali inquinanti presenti nelle acque di scarico

• Aumento dei carichi veicolati: per i potenziali composti non biodegradabili presenti nelle acque di scarico e per sversamenti accidentali

• Immissione di sostanze potenzialmente coinvolgenti vie critiche scarsamente controllabili: per l’immissione accidentale nell’atmosfera, nei corpi idrici superficiali, nel suolo e sottosuolo di contaminanti

• Stress vegetazionali: a seguito delle emissioni in atmosfera o dello scarico nei corpi idrici e dell’alterazione dell’equilibrio idrologico a seguito della derivazione di acque superficiali

• Modificazione della composizione vegetazionale: riconducibile alle emissioni sulle fitocenosi presenti nell’area vasta e allo scarico dei reflui nei corpi recettori

• Stress a carico delle popolazioni animali: per le emissioni in atmosfera, lo scarico nei corpi idrici recettori ed il rumore

• Alterazioni demografico-strutturali del patrimonio faunistico: per le emissioni in atmosfera, lo scarico nei corpi idrici recettori ed il rumore

• Danni diretti e indiretti alle biocenosi acquatiche: per lo scarico delle acque reflue

• Alterazione della funzionalità degli ecosistemi terrestri: a seguito delle emissioni in atmosfera e cambiamento degli habitat

• Alterazione della funzionalità degli ecosistemi acquatici: in corrispondenza dei corpi idrici recettori dello scarico per modifica delle portate e perdita di habitat

• Modificazione della componente quantitativa e qualitativa della fauna: per il rumore, le emissioni in atmosfera e lo scarico dei reflui nei corpi recettori e cambiamenti degli habitat

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• Modificazione della complessità ecosistemica: riconducibile al rumore, alle emissioni in atmosfera e allo scarico dei reflui nei corpi recettori e in generale a modifiche degli habitat per cambiamenti quali-quantitativi delle caratteristiche chimico-fisiche e biologiche.

Infine, si sono confrontati gli effetti potenziali individuati e le componenti ambientali più sensibili e ritenute di maggior criticità.

EFFETTI

POTENZIALI

le

vati

osistemi acquatici

fisica delle acque superficiali -

rietà del suolo strutturali del patrimonio faunistico

-

stress -

SISTEMI AMBIENTALI

INFLUENZATI Variazione del livello di qualità dell’aria Sensazioni olfattive sgradevoli Disagi legati al rumore Variazione del clima acustico Condizioni di equilibrio dei terreni Modificazione delle prop Modificazione delle proprietà dell’aerato Modificazione della circolazione idrica sotterranea Modificazione della qualità delle acque sotterranee Modifica delle portate dei corpi idrici ricettori Modifica delle portate dei corpi idrici deri Alterazione della qualità chimico Aumento dei carichi veicolati Stress vegetazionali Modificazione della composizione vegetaziona Stress a carico delle popolazioni animali Alterazioni demografico Danni diretti e indiretti alle biocenosi acquatiche Alterazione della funzionalità degli ecosistemi terrestri Alterazione della funzionalità degli ec

Immissione di sostanze potenzialmente coinvolgenti via critiche scarsamente controllabili Qualità dell’aria

Clima acustico

Suolo e sottosuolo

Acque sotterranee

Acque superficiali

Fauna

Vegetazione terrestre e acquatica

Ecosistemi terrestri

Ecosistemi acquatici

Tabella 4 Matrice componenti ambientali / effetti potenziali

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3.3 Piano di lavoro per la valutazione degli impatti

3.3.1 Qualità dell’Aria

3.3.1.1 Piano d’indagine

Lo stabilimento Balchem di Marano Ticino è caratterizzato da una complessità di sorgenti di emissioni in atmosfera, sia dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo.

Dall’ultimo aggiornamento AIA del marzo 2017 risultano presenti 35 punti di emissione, che emettono, ciascuno con le proprie caratteristiche, i seguenti inquinanti:

• Polveri Totali,

• NOx,

• CO,

• Ammoniaca,

• Monometilammina,

• Dimetilammina,

• Trimetilammina,

• Metanolo,

• Acido Cloridrico,

• Ossido di Etilene,

• Solfuro di Carbonio

Nel progettare nuove realizzazioni impiantistiche o variazioni sostanziali tali da essere in ogni caso assoggettate a Procedura di Revisione AIA e Procedura di Impatto Ambientale vanno considerati i seguenti argomenti di lavoro:

• Valutazione dell’Impatto sul territorio delle emissioni in atmosfera

• Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni diffuse

• Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni fuggitive

• Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni odorigene

• Verifica della congruenza con le BREF e le BAT di settore relativamente a:

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o accorpamento o separazione dei flussi emissivi;

o tipologia e adeguatezza ed efficienza dei sistemi di abbattimento.

In particolare, va inoltre verificata l’applicabilità della nuova “Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Common Waste Water and Waste Gas Treatment/Management Systems in the Chemical Sector” emanata dalla Comunità Europea con la decisione di esecuzione 2016/902 della Commissione del 30.5.16 e contenente le nuove BAT di riferimento per l'industria chimica.

Alla luce di quanto sopra descritto ed allo scopo di poter dar corso alle procedure per l’adeguamento ed aggiornamento delle attività svolte, si propone l’esecuzione del seguente programma di lavoro:

a) Valutazione dell’impatto sul territorio delle emissioni in atmosfera

• Realizzazione di una Valutazione di Impatto delle emissioni in atmosfera della configurazione impiantistica mediante l’esecuzione delle seguenti attività:

o Acquisizione dei dati di concentrazione di fondo degli inquinanti atmosferici di interesse mediante consultazione delle banche dati ARPA;

o Caratterizzazione delle emissioni attuali e delle eventuali nuove sorgenti emissive e valutazione modellistica del contributo aggiuntivo sul territorio circostante;

o Valutazione dei valori finali di Emissione e Immissione e confronto con i limiti di legge.

• Valutazione circa l’opportunità di realizzare interventi di riduzione delle emissioni in atmosfera;

b) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni diffuse

Sarà realizzato e analizzato il quadro delle emissioni non convogliate (sfiati di serbatoi, polmonature, ecc…).

Per ciascuna emissione si valuterà il rateo giornaliero e annuale, considerando eventuali interventi possibili allo scopo di minimizzarne o annullarne i valori.

Sarà inoltre redatta una proposta di monitoraggio periodico da inserire nel PMC AIA.

c) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni fuggitive

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A livello di emissioni in aria possono essere identificate due principali tipologie: emissioni convogliate ed emissioni non convogliate. Mentre la prima tipologia può essere quantificata, in modo relativamente immediato, essendo ben definiti i principali parametri caratteristici (identificazione, ubicazione e dimensionamento) del punto di emissione e le caratteristiche chimico-fisiche e quantitative dell’emissione stessa; per le emissioni non convogliate il procedimento di caratterizzazione e quantificazione risulta più complesso.

Le emissioni non convogliate sono tutte quelle dispersioni in atmosfera, che provengono da sorgenti non puntiformi, quali: serbatoi e contenitori in genere, ventilazioni e dispersioni provenienti da edifici, magazzini o depositi, evaporazioni da superfici libere, dispersioni da apparecchiature (nel loro complesso), che trattano prodotti allo stato gassoso, dispersioni da cumuli di materiale polverulento, ecc.

Un sottoinsieme rilevante di tale tipologia di emissione è costituito dalle “emissioni fuggitive”, definibili come quelle emissioni di VOC o di sostanze volatili pericolose nell’ambiente, risultanti da una perdita graduale di tenuta (causata generalmente da una differenza di pressione) di una parte delle apparecchiature designate a contenere/movimentare un fluido (gassoso o liquido).

L’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) indica il LDAR come strumento per il monitoraggio, il controllo e la riduzione delle emissioni fuggitive. Il programma LDAR è un metodo, che trova riferimento al protocollo EPA 453/R-95-017 c al documento Federal Register / vol. 71 n 66 aprile 2006 e rappresenta un insieme di pratiche esecutive, che richiedono al gestore dell’impianto di eseguire ispezioni per la verifica di perdite su apparecchiature e componenti.

La metodologia d’ispezione correntemente impiegata prevede l’utilizzo di uno strumento, che rispetti le specifiche tecniche individuate nell’US EPA Method 21. Tale strumento è costituito da un dispositivo portatile, usato per individuare perdite di composti organici volatili (VOC) e/o inquinanti volatili pericolosi (HAP) in prossimità della perdita del componente monitorato.

Sulla base di quanto sopra descritto, verrà predisposto un programma di attività estratte dalla metodologia LDAR (Leak Detection And Repair programme), che tiene debitamente conto delle indicazioni dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale ISPRA per le modalità di attuazione dei piani di monitoraggio e controllo (PMC) redatte nel Giugno 2011, oltre che di quanto indicato nel protocollo EPA 453 R-95-017.

d) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni odorigene

Sarà effettuato un censimento e una caratterizzazione delle emissioni potenzialmente odorigene attraverso l’identificazione delle sostanze e dei composti a bassa soglia olfattiva presenti in stabilimento, oltre che l’identificazione dei possibili punti di emissione.

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Sulla base di quanto sopra descritto, si propone di attivare un programma di monitoraggio come di seguito sintetizzato:

• Attivazione di idonee procedure di monitoraggio nei punti di possibili emissioni odorigene.

• Definizione, sulla base dei dati acquisiti, dei valori di emissione di riferimento.

• Messa a punto di un modello diffusionale, a partire dai dati di emissione, in grado di stimare

i valori attesi in termini di UOE al perimetro dello stabilimento e sul territorio circostante nelle condizioni più critiche sia a livello emissivo, che diffusivo.

• Confronto dei valori stimati dal modello con i valori di riferimento ambientali e di soglia olfattiva.

• Valutazione, sulla base dei dati di cui al precedente punto d), circa l’opportunità o necessità dell’avvio di specifiche campagne di monitoraggio a campo.

• Valutazione, sulla base dei dati ottenuti, circa la necessità di avviare una analisi tecnica di possibili interventi di mitigazione degli impatti olfattivi.

3.3.1.2 Modalità Operative

Per la realizzazione di quanto descritto precedentemente, saranno utilizzate le metodologie di lavoro di seguito esposte:

a) Valutazione dell’impatto sul territorio delle emissioni in atmosfera

Per lo studio di impatto ambientale saranno utilizzati:

• dati di concentrazione di fondo degli inquinanti atmosferici reperiti mediante consultazione delle banche dati ARPA;

• dati di emissioni attuali e delle eventuali nuove sorgenti emissive dello stabilimento desunti dai dati del PMC e/o di progetto.

La previsione e la stima dei livelli di concentrazione al suolo di inquinanti da sorgenti di emissione sarà effettuata invece attraverso l’utilizzo di specifica modellistica diffusionale.

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I modelli diffusionali rappresentano, in maniera più o meno semplificata, la diffusione di sostanze in atmosfera in relazione alle caratteristiche delle emissioni (quantità di inquinante emesso, temperatura, velocità, etc.) e alle condizioni meteorologiche. Per mezzo di questi strumenti di analisi è possibile, partendo da una conoscenza delle emissioni e delle condizioni meteorologiche, simulare il fenomeno della diffusione dell'inquinante con buona approssimazione. I dati ottenuti da queste simulazioni possono quindi venire utilizzati per valutare il campo di concentrazione della sostanza oggetto di studio all’interno del dominio di calcolo.

A livello mondiale esistono numerosi modelli matematici di simulazione della diffusione atmosferica. Per facilitare la scelta all’utente finale, l'EPA (Environmental Protection Agency), l'ente di protezione ambientale americana, massima autorità mondiale nel settore, su mandato del Congresso degli Stati Uniti cura la pubblicazione della guida ai modelli sulla qualità dell'aria, che debbono essere utilizzati per gli scopi indicati.

I modelli inseriti in questa guida sono stati sviluppati dall'EPA stessa o da centri privati. In entrambi i casi, prima di essere registrati nel "Federal Register" ed essere inseriti nella guida, i modelli vengono sottoposti ad una estesa serie di procedure di validazione scientifica.

Il modello proposto per il caso in esame è denominato AERMOD (AMS/EPA Regulatory Model).

AERMOD è uno “steady-state plume model”, ovvero un modello analitico stazionario a pennacchio, che simula la dispersione degli inquinanti in atmosfera, basandosi sull’equazione gaussiana, e ne calcola la concentrazione nel dominio d’indagine in corrispondenza di recettori distribuiti su una griglia (definita dall’utente) o discreti. Il codice prevede la possibilità di considerare diverse tipologie di fonti emissive (puntuali, areali, volumiche) e a ciascun tipo di sorgente corrisponde un diverso algoritmo per il calcolo della concentrazione per un singolo inquinante. Il modello calcola il contributo di ciascuna sorgente su ciascun recettore e ne somma gli effetti.

Poiché il modello è stazionario, le emissioni sono assunte costanti nell’intervallo temporale di simulazione (generalmente un’ora). Il software specificatamente utilizzato per l’attuazione del modello permette inoltre di configurare la variabilità nel tempo dei flussi di massa per ciascuna sorgente. Tale funzione è utilizzata per tenere conto delle variazioni stagionali.

Le principali caratteristiche innovative di AERMOD rispetto al predecessore ISC sono:

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• trattazione differente della dispersione degli inquinanti nello SBL (Stable Boundary Layer) e nel CBL (Convective Boundary Layer): nel primo caso, in condizioni stabili, la distribuzione di concentrazione segue una curva gaussiana sia in orizzontale che in verticale, mentre nel secondo caso, in condizioni di instabilità, la distribuzione di concentrazione segue una curva gaussiana in direzione orizzontale, e in verticale segue una funzione di densità di probabilità di tipo bi-gaussiano;

• possibilità di trattare il fenomeno detto “plume lofting” nel CBL, per il quale una porzione di massa del pennacchio emessa dalla sorgente, sale e rimane nella parte superiore dello strato stabile, prima di essere mescolata dalla turbolenza del CBL;

• possibilità di ricostruire i profili verticali delle variabili meteorologiche più significative (vento, temperatura, turbolenza, ecc.) utilizzando i dati rilevati al suolo e in quota;

• possibilità di considerare fenomeni di deposizione e reazione/trasformazione chimica degli inquinanti;

• possibilità di trattare condizioni orografiche sia semplici, che complesse.

Il codice consente di effettuare due tipi di simulazioni:

• “short-term”: fornisce concentrazioni medie orarie o giornaliere, consentendo di individuare la peggior condizione possibile;

• “long-term”: tratta gli effetti dei rilasci prolungati nel tempo, al variare delle caratteristiche atmosferiche e meteorologiche, e fornisce le condizioni medie nell’intervallo di tempo considerato, generalmente un anno.

Per elaborare i dati meteorologici di input, il modello si avvale dell’utilizzo del preprocessore meteorologico AERMET

Lo scopo del preprocessore AERMET è quello di raccogliere ed elaborare i dati meteorologici rappresentativi della zona studiata, per calcolare i parametri dispersivi del PBL (Planetary Boundary Layer) e consentire così ad AERMOD di ricavarsi i profili verticali delle variabili più influenti su trasporto e dispersione degli inquinanti.

L’input di AERMET consiste di quattro tipi di dati:

• DATI ORARI DI SUPERFICIE: parametri rilevati dalle stazioni meteorologiche (generalmente a 10 m dal suolo), che comprendono:

o dati relativi alla stazione: numero identificativo, coordinate, quota;

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o dati meteorologici: temperatura, velocità e direzione del vento, copertura nuvolosa.

• DATI ON-SITE (opzionali): comprendono radiazione solare, pressione atmosferica, umidità relativa, turbolenza, visibilità, precipitazioni.

• DATI “UPPER AIR” (opzionali): dati meteorologici in quota, ad una serie di livelli di pressione compresi tra il suolo e l’altezza massima dello strato di mescolamento; possono essere direttamente rilevati da stazioni meteorologiche (attrezzate con sonde, radar, ecc), che effettuano sondaggi in quota almeno due volte al giorno, o da sistemi di misurazione satellitari; altrimenti, possono essere utilizzati modelli meteorologici (per esempio RAMS), che elaborano i dati al suolo misurati dalle centraline per ottenere i valori corrispondenti alle diverse quote d’interesse. I dati “upper air” richiesti da AERMOD, oltre a quelli relativi alla stazione, sono, per ogni livello di misurazione: pressione atmosferica, altezza geopotenziale, velocità e direzione del vento, temperatura, umidità relativa.

• PARAMETRI DI LAND-USE: si considera un Land Use coerente con la realtà territoriale nei dintorni dell’impianto. Nel caso specifico, inoltre, per la scala relativamente ridotta dell’applicazione modellistica e la necessità di un elevato grado di precisione, l’impostazione per il Land Use sarà manuale, basata su osservazioni in loco e cartografie di dettaglio, piuttosto che utilizzare database di più ampia scala.

• Vengono invece tratti da librerie EPA interne al modello i dati relativi ai parametri di Bowen, Albedo e rugosità superficiale ad essi relativi.

AERMET elabora i dati meteorologici descritti per produrre i seguenti parametri, che verranno poi forniti come input ad AERMOD:

• H: flusso di calore sensibile;

• L: lunghezza di Monin-Obukhov per tutte le ore disponibili;

• u*: velocità di attrito;

• Zim: altezza di rimescolamento meccanico per tutte le ore disponibili;

• zic: altezza di rimescolamento convettivo (solo per le ore in cui si ha turbolenza di origine

• convettiva);

• w*: velocità di scala turbolenta (solo per le ore in cui si ha turbolenza di origine convettiva);

• r(Φ): Albedo;

100 Balchem Italia Definizione dei contenuti dello Studio Via Del Porto, Marano Ticino (NO) di Impatto Ambientale

• B0: Bowen ratio;

• uref: velocità del vento alla quota di riferimento zref ;

• Tref: temperatura ambiente alla quota di riferimento zTref;

• dθ/dz: gradiente di temperatura potenziale.

AERMOD riceve in ingresso alcuni dati di input dello stesso AERMET:

• velocità e direzione del vento;

• temperatura;

• turbolenza verticale e laterale.

L’output di AERMET viene elaborato da AERMOD per ottenere due record di parametri caratterizzanti il PBL: uno per i valori delle variabili meteorologiche al suolo ed i parametri di superficie (SURFACE.DAT) e l’altro per i profili verticali delle variabili più significative per il trasporto e la dispersione degli inquinanti (PROFILE.DAT), che sono:

• velocità del vento;

• direzione del vento;

• temperatura;

• gradiente di temperatura potenziale;

• turbolenza verticale;

• turbolenza orizzontale.

A questo punto, attraverso un’operazione simile alla media statistica, AERMOD effettua una conversione delle variabili disomogenee, rendendole uniformi: partendo dai profili verticali si ottengono singoli valori delle variabili meteorologiche, che vengono assunti come rappresentativi del loro andamento in tutto lo strato esaminato.

Un fattore limitante è costituito dal fatto, che le condizioni meteorologiche sono assunte costanti ed omogenee in tutto il dominio, non consentendo di valutare gli effetti delle loro variazioni sulla dispersione degli inquinanti.

I dati meteo che verranno utilizzati consistono delle seguenti elaborazioni meteorologiche orarie da stazione e da modellistica forniti da ARPA Piemonte:

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• dati interpolati da modello meteorologico (Minerve/SurfPRo) a diverse quote di altezza (profilo verticale);

• dati meteorologici orari (precipitazioni, umidità relativa e pressione atmosferica) registrati dalla stazione della rete di monitoraggio regionale di OLEGGIO.

Si specifica che i campi di vento e temperatura sono prodotti mediante l'utilizzo di un modello diagnostico mass-consistent, mentre i campi dei parametri di turbolenza dello strato limite planetario sono ottenuti con un processore di turbolenza diagnostico basato sulla teoria di similarità di Monin-Obukhov e su metodi di bilancio energetico superficiale.

Le cartografie che saranno utilizzate sono tridimensionali ufficiali SRTM (Shuttle Radar Topology Mission), ovvero cartografie tratte da un progetto NASA mirato a creare una ricostruzione cartografica del globo terrestre in X, Y e Z. Tali cartografie sono costruite mediante calcolo del tempo di ritorno di una banda spia infrarosso, il cui segnale è lanciato dallo spazio e verso lo spazio si riflette, più intenso tanto più è “vicina” la superficie terrestre (lo stesso concetto utilizzato da un altro satellite, MISR, per il calcolo del Cammino Ottico Medio e la valutazione conseguente di valori di PM10 da satellite).

Le misure sono allocate su una griglia di 90 m di lato ed estesa quanto il globo intero. I valori intermedi sono ricostruiti mediante interpolazione durante la creazione del DEM (Digital Elevation Model), necessario per istruire il modello sull’orografia complessa della zona. Tale DEM, ottenuto mediante tecnica dei Triangoli a Minima Area, costituisce il vero e proprio terreno ricostruito su cui “poggiano” tutti gli elementi del modello.

E’ importante notare come tutte le cartografie, e di conseguenza il progetto intero, siano referenziate su sistema UTM, Fuso 32N, utilizzante il datum WGS84.

Per i plottaggi cartografici dei risultati saranno utilizzati 2 sistemi differenti: il primo più comune e accettato, ovvero l’utilizzo di supporto cartografico CTR e l’applicazione mediante Post- processore delle linee di iso-concentrazione. Il secondo, più innovativo, consiste nell’esportazione georeferenziata dei dati ottenuti su sistema Google Earth, al fine di semplificarne la consultazione e la visualizzazione.

In generale, le sorgenti utilizzate nel modello AERMOD sono come di seguito classificabili:

Ovvero sorgente puntiforme. Viene utilizzata per i Camini e gli Sfiati puntuali. Per ogni POINT sorgente è richiesto: Altezza della base (m), altezza di emissione (m), diametro (m), velocità di uscita (m/s), temperatura all’uscita (K), rateo (g/s), coordinate UTM.

Ovvero sorgente areale. E’ utilizzata per le sorgenti diffuse. Per ogni sorgente è AREA richiesto: Altezza della base (m), altezza di emissione (m), dimensione dei lati (m), velocità di uscita (m/s), temperatura all’uscita (K), rateo (g/s*m2), coordinate UTM.

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Ovvero sorgente lineare. E’ utilizzata per le emissioni stradali, viene chiamata lineare, LINE ma è costituita da una sorgente areale con larghezza fissata e lunghezza definita dall’utente. Le richieste sono le stesse che per la sorgente areale.

La risposta finale del modello sarà un output quantitativo per ogni inquinante, che verrà considerato, con l’indicazione delle coordinate di massima ricaduta per ogni media temporale calcolata, nonché una serie di mappe di concentrazione al suolo per ogni punto di ricaduta all’interno dell’area di riferimento utilizzata.

I valori finali dovranno essere confrontati coi limiti di legge.

b) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni diffuse

Sarà costruito e analizzato il quadro delle emissioni non convogliate (sfiati di serbatoi, polmonature, ecc..).

Per ciascuna emissione sarà valutato il rateo giornaliero e annuale in funzione delle movimentazioni dei materiali.

Ulteriori campionamenti a monte e a valle dei sistemi di abbattimento potranno essere programmati ad integrazione dei dati esistenti.

I campionamenti e le analisi chimiche saranno effettuate da laboratorio certificato.

c) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni fuggitive

Per la realizzazione del piano di lavoro e del programma LDAR devono essere effettuati monitoraggi specifici per la verifica di perdite su apparecchiature e componenti.

La metodologia d’ispezione correntemente impiegata prevede l’utilizzo di uno strumento che rispetti le specifiche tecniche individuate nell’US EPA Method 21. Tale strumento è costituito da un dispositivo portatile, che è usato per individuare perdite di composti organici volatili (VOC) e/o inquinanti volatili pericolosi (HAP) in prossimità della perdita del componente monitorato.

In caso di individuazione di una perdita sull’apparecchiatura, la stessa deve essere oggetto di un intervento manutentivo in tempi definiti.

Un’applicazione corretta della procedura deve prevedere un monitoraggio periodico delle apparecchiature.

La concentrazione misurata in prossimità della perdita permette di determinare la massa rilasciata, attraverso correlazioni empiriche o fattori di emissione, che consentono di avere una stima dei VOC o HAP emessi.

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Il gestore deve inoltre effettuare una stima annuale delle perdite mediante l'utilizzo di fattori di emissione, con riferimento a quelle effettive calcolate sulla base del numero di componenti in perdita rilevati durante le ispezioni. Tali stime devono essere effettuate sia come dato complessivo relativo all'intero impianto, sia come emissioni specifiche per categorie di componenti, indicando esplicitamente i fattori di emissione utilizzati e la loro origine.

Le metodologie e la strumentazione utilizzata per l'attività di misura saranno conformi agli standard EN 15446 e US EPA 21 e alle best practice previste dalla Direttiva IPPC e al Protocollo LDAR (Leak Detection And Repair) dell'EPA.

La strumentazione sarà del tipo a sicurezza intrinseca (ATEX II 1G EEx ia IIC T4 – CE – IECEx) per l’utilizzo in ambienti potenzialmente esplosivi, con intervallo di misurazione da 0 ppmv a 15.000 ppmv.

La tecnica di misurazione delle emissioni fuggitive sarà in accordo con le prescrizioni EPA method 21 (Environmental Protection Agency M.21 – “Determinazione delle perdite di composto organici volatili”).

d) Quantificazione e piano di monitoraggio delle emissioni odorigene

Allo scopo di effettuare le valutazioni modellistiche descritte, sarà utilizzato il codice modellistico gaussiano ISCST3 (Standard EPA).

La motivazione della scelta di questo codice modellistico risiede nella necessità, in questa specifica applicazione, di poter individuare e rappresentare al meglio le condizioni peggiori sul breve periodo (medie orarie) e non valori medi di periodo maggiore (giornalieri, mensili, ecc...). Ciò per poter disporre di dati di concentrazione in aria delle sostanze odorigene ben collocabili nell’ambito di situazioni di molestie olfattive legate a fenomeni di carattere episodico di breve durata. Per tale motivo è importante individuare le peggiori condizioni possibili di breve periodo, per quanto riguarda i parametri meteo diffusivi. Queste necessità vengono ben interpretate quindi attraverso l’utilizzo di una analisi di screening e successiva valutazione modellistica sulla peggiore condizione individuata. Questo approccio modellistico risulta ben realizzabile proprio attraverso l’utilizzo del codice ISC3.

Tale codice utilizza una soluzione approssimata di un'equazione di bilancio, che si basa sul principio di conservazione della massa. La variazione della concentrazione del gas in un volume di aria è data dalla differenza tra il gas entrante e quello uscente più un eventuale contributo positivo di sorgente e un eventuale contributo negativo di rimozione (che può consistere in una reazione chimica o nella deposizione dell'inquinante):

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Il flusso netto entrante è essenzialmente associato al fenomeno del trasporto da parte del vento in quanto, per le scale spaziali e temporali in esame, il fenomeno della diffusione molecolare può essere considerato trascurabile.

Le piccole e rapide fluttuazioni cui è soggetto il vento vengono descritte introducendo un coefficiente di diffusione turbolenta K, che sommato al trasporto del vento medio ricostruisce esattamente il flusso totale:

Una prima formulazione semplificata del fenomeno della diffusione si ottiene con le seguenti assunzioni:

• il fluido è incomprimibile (il campo di moto ha divergenza nulla);

• la diffusione molecolare è trascurabile rispetto a quella turbolenta;

• la componente verticale della velocità del vento è trascurabile (condizione abbastanza ben verificata nelle scale spaziali e temporali caratteristiche dei fenomeni atmosferici);

• i coefficienti di diffusività turbolenta trasversale Kxx e Kyy sono costanti in x e y, mentre Kzz dipende dalla coordinata verticale;

• per un inquinante inerte o poco reattivo chimicamente si omette anche il termine di rimozione R.

L'equazione che si ottiene continua a non offrire soluzioni analitiche, tranne che per condizioni iniziali del tutto particolari. La sua integrazione numerica risulta però più veloce e meno onerosa della formulazione originaria:

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Per integrare numericamente nel tempo l'equazione della diffusione, pur semplificata sulla base delle ipotesi descritte, è necessario estendere il sistema con le equazioni della dinamica del vento. L'equazione della diffusione di una sostanza di concentrazione c(x,y,z,t) ci dà, una volta risolta, l'evoluzione della variabile c(x,y,z,t) nel tempo, supposto noto il vento v. Poiché il vento evolve sulla base della dinamica atmosferica, per determinare l'andamento di c bisogna conoscere l'evoluzione di v. Il problema della determinazione della dinamica del vento è, come noto, di singolare complessità e richiede in generale l'utilizzo di strumenti di calcolo molto potenti. E' essenzialmente per queste ragioni che al problema così impostato si aggiungono delle ipotesi ancora più restrittive, che permettono però di arrivare ad una soluzione analitica.

In particolare si suppone:

• che il processo sia stazionario;

• che la velocità del vento sia costante nel tempo e diretta lungo il solo asse x;

• che il trasporto dell'inquinante dovuto alla turbolenza, nella direzione del vento, sia trascurabile rispetto al trasporto dovuto al vento;

• che i coefficienti di diffusione turbolenta Kxx e Kzz siano costanti in y e z;

• che il termine di sorgente sia indipendente dal tempo e valga Q nel punto di coordinate (0,0,0) e sia nullo in tutti gli altri punti dello spazio.

In questo modo l'equazione viene ulteriormente semplificata e ammette una soluzione analitica di tipo gaussiano.

In pratica, si assume che la concentrazione dell'inquinante abbia una distribuzione gaussiana trasversalmente alla direzione del vento e lungo la verticale e che l'ampiezza delle distribuzioni, controllata dal coefficiente di diffusione turbolenta, aumenti man mano che ci si allontana dalla sorgente.

In questo modo si descrivono gli effetti di un camino puntiforme al livello del suolo. Non è difficile a questo punto passare a descrivere un camino posto ad una altezza H.

Utilizzando il metodo delle immagini, si tiene conto della riflettività del terreno e dell'esistenza di uno strato rimescolato dell'atmosfera in cui l'inquinante può restare intrappolato.

La stima dei coefficienti di diffusione turbolenta (sigma) può essere frutto di parametrizzazioni empiriche o di misure dirette della turbolenza atmosferica. Un approccio molto usato prevede che si identifichino alcune categorie di stabilità dell’atmosfera e che per ciascuna di queste si ricavino empiricamente (per mezzo di campagne di misura) gli andamenti delle sigma.

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Per la determinazione delle categorie di stabilità dell'atmosfera il metodo maggiormente utilizzato è quello dovuto a Pasquill.

Una volta determinate le classi di stabilità e stimate le curve per le sigma, il valore del parametro di diffusione turbolenta può essere sempre valutato. Esistono diverse stime dei parametri di diffusione turbolenta, che si distinguono tra loro per la tipologia delle sorgenti e delle caratteristiche della zona in cui sono misurate.

Gli andamenti delle sigma di Pasquill-Gifford, ad esempio, sono rilevate in aperta campagna, con sorgenti a bassa quota e superficie relativamente piatta; le curve di Briggs sono sia urbane, sia rurali e utilizzate soprattutto per sorgenti elevate.

Il SW modellistico utilizzato è distribuito dalla LAKES ENVIRNMENTAL.

Il codice consente di effettuare simulazioni “short-term”, fornendo le concentrazioni medie orarie o giornaliere e consentendo di individuare la peggior condizione possibile.

3.3.2 Clima Acustico

3.3.2.1 Piano d’indagine

Nell’immagine che segue sono evidenziati alcuni possibili recettori (cerchi rossi) e recettori virtuali (cerchi azzurri), questi ultimi ricadenti nella parte lombarda del Parco del Ticino, che potrebbero essere significativi per potenziali impatti sia diretti (emissioni sonore dello stabilimento), che indiretti a causa del traffico indotto.

Tra questi possibili recettori saranno scelti i punti di indagine sui quali andranno effettuate specifiche valutazioni modellistico/sperimentali allo scopo di stimare il contributo acustico dello stabilimento Balchem.

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Va inoltre considerata la pregnanza della seguente prescrizione contenuta nella vigente autorizzazione AIA, che impone, nel caso di variazioni impiantistiche, anche la valutazione del livello differenziale del rumore ai sensi della L. 447/95 e del DPCM 11.11.97:

Alla luce di quanto sopra descritto ed allo scopo di poter dar corso alle procedure per l’adeguamento ed aggiornamento impiantistico ipotizzato da Balchem, si propone l’esecuzione del seguente programma di lavoro:

• Realizzazione di una valutazione di impatto acustico della nuova configurazione impiantistica mediante l’esecuzione delle seguenti attività:

o Misura del Rumore Ambientale in periodo diurno e notturno in condizioni di normale funzionamento dell’impianto.

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o Misura del Rumore Ambientale Residuo in periodo diurno e notturno in condizioni di non funzionamento dell’impianto.

• Caratterizzazione delle emissioni sonore delle eventuali nuove sorgenti emissive e valutazione modellistica del contributo acustico aggiuntivo ai recettori.

• Valutazione dei valori finali di Emissione, Immissione e Differenziale e confronto con i limiti di legge.

• Valutazione circa l’opportunità di realizzare interventi di mitigazione acustica attivi o passivi.

• Redazione della proposta di Piano di Monitoraggio del Rumore per la nuova autorizzazione AIA.

3.3.2.2 Modalità Operative

L’approccio operativo prevede misure a campo di Rumore e valutazioni modellistiche.

a) Misure a campo

Le misure saranno effettuate presso i recettori sopra indicati sia in periodo diurno, che in periodo notturno, in condizioni impiantistiche idonee per lo scopo delle misure stesse ed in condizioni meteorologiche contraddistinte da assenza di precipitazione e calma di vento.

La durata di ciascuna delle misure (TM) sarà pari ad 1 ora, al fine di poter fornire un Leq orario valido e rappresentativo in ogni periodo di riferimento (TF).

Sarà misurato il Livello Equivalente di Pressione Sonora (Leq), cioè il livello di pressione sonora integrato sul periodo di misura T, che può essere considerato come il livello di pressione sonora continuo stazionario, contenente la stessa quantità di energia acustica del rumore reale fluttuante, nello stesso periodo di tempo. La misura di Leq è basata sul principio di uguale energia:

2 Leq,T = 10 Log10 (1/T) int[0,T](p(t)/p0) dt dB

dove:

p0 = pressione sonora di riferimento (20 Pa);

p(t) = pressione sonora variante nel tempo;

T = tempo di misura totale.

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Le misure saranno effettuate con un fonometro integratore di classe 1 Delta Ohm Hd 2110 conforme al Decreto del Ministero dell'Ambiente 16/03/1998.

Prima dell’inizio ed al termine della misura il fonometro sarà controllato mediante Calibratore.

Per quant’altro riguardante l’esecuzione delle misure stesse si farà riferimento alle norme tecniche di cui al D.M. 16.3.98.

b) Valutazioni modellistiche

Per l’attività previsionale sarà utilizzato il Codice Modellistico SOUND PLAN nella sua versione 7.0.

I modelli di simulazione della propagazione del rumore devono integrare necessariamente tutta una serie di parametri, che influenzano tale propagazione, quali ad esempio la topografia, le barriere eventualmente presenti, la natura del terreno e la dinamica dell’atmosfera.

Le differenti fasi di calcolo sono:

• caratterizzazione dell’emissione sonora delle sorgenti;

• analisi della propagazione del rumore legata alle caratteristiche fisiche, topografiche, orografiche del territorio, presenza di barriere artificiali o naturali, ecc.;

• valutazione finale di impatto e incremento del clima acustico sui recettori situati all’interno dell’area di studio.

Per quanto riguarda la caratterizzazione delle sorgenti, SoundPLAN permette la descrizione e l’utilizzo di sorgenti lineari, puntiformi, areali, strade, ferrovie e aeroporti. In particolare, per il rumore prodotto da strade, autostrade e aerei, il modello contiene una routine di calcolo e di stima delle emissioni. Per il rumore industriale, invece, il rumore emesso deve essere valutato per mezzo di misure fonometriche appositamente effettuate allo scopo di tarare il modello di calcolo e differenziando le diverse tipologie di sorgenti di rumore.

Nel codice SoundPLAN sono implementati tre metodi di calcolo della propagazione acustica tra sorgente e recettore:

• Standard ANSI 126;

• Standard ISO 3891;

• Standard ISO 9613 parte 1.

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ISO 9613 è il più recente ed il più flessibile. I valori vengono calcolati dalla formula derivata dalle funzioni per l’ossigeno e per l’azoto. Sono considerati per i calcoli anche i parametri meteorologici in input.

ISO 3891 è in parte tabulata ed in parte interpolata e utilizza il Metodo di Calcolo VDI 2714 / 2720 OAL 28.

ANSI 126 è disponibile solo in forma tabulare e utilizza come metodo di calcolo il “Nordic General Prediction Method for Industrial Plants.

SoundPLAN, a scelta dell’utente, permette l’utilizzo di ciascuno dei 3 Standard descritti. In assenza di specifici settaggi, il modello utilizza come default:

• Nordic General Prediction Method for Industrial Plants;

• VDI 2714 / 2720;

• -OAL 28/30;

• ISO 9613;

• Concawe.

Il codice modellistico sopra descritto viene implementato con gli scenari relativi alle caratteristiche geografiche ed orografiche dell’area in esame, alle sorgenti di emissione ed ai recettori presenti

Tutti gli scenari sono allocati su specifici files georeferenziati mediante lo sviluppo di particolari tematismi.

Vengono così implementati i seguenti files di tematismi specifici:

• orografia;

• recettori;

• sorgenti di emissione.

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a) Orografia

L’area sarà caratterizzata orograficamente mediante l’utilizzo di file georeferenziati con la creazione di un DGM (Digital Ground Model) ottenuto attraverso algoritmo TIN (Triangular Irregular Network), che è ritenuto il più attendibile per la realizzazioni di modelli digitali del terreno partendo da mappe vector. Questo sistema sfrutta alcune potenzialità del DEM (Digital Elevation Model), come la possibilità di mediare le distanze tra le isoipse, ma introduce, in caso di soli punti quotati noti, la tecnica di triangolazione ad area minima, crea cioè una serie di “triangoli”, che hanno come vertici i punti quotati noti e con la minor area possibile e attribuisce a queste aree triangolari valori di quota calcolati sulla differenza dX, dY e dZ, ovvero le pendenze dei versanti.

b) Recettori

Il tematismo recettori sarà sviluppato usando come base la cartografia territoriale disponibile.

Su tale cartografia saranno quindi allocati tutti i recettori individuati e le relative informazioni tematiche. In particolare, per ogni recettore saranno riportati:

• ubicazione x,y,z;

• ubicazione eventuale presso abitazione civile e, nel caso, indicazioni circa il proprietario ed il nucleo familiare.

c) Sorgenti di emissione

Il tematismo sorgenti di emissione sarà sviluppato partendo dalla base cartografica sopra indicata e allocando sulla stessa le sorgenti di cui si intende studiare l’impatto sull’area circostante.

In particolare, per ogni sorgente saranno riportati:

• ubicazione x,y,z;

• tipologia delle sorgenti (puntiforme, areale, lineare, volumetrica, ecc.).

Per quanto riguarda le emissioni dai mezzi di trasporto, sulla base dei dati bibliografici raccolti e in funzione delle caratteristiche tecniche dei mezzi utilizzati, sarà assunto un valore di Potenza Acustica pari, per ciascuno dei mezzi utilizzati, a 71,21 dB(A) (desunto da Guide de Bruit) considerando l’area dello stabilimento.

Le modellizzazioni saranno effettuate nella condizione di massimo carico lavorativo e di utilizzo dei mezzi di trasporto.

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3.3.3 Suolo e sottosuolo

3.3.3.1 Condizioni di stabilità

Per verificare l’azione dei carichi applicati ai terreni di fondazione, nello stato attuale e nel caso di nuovi manufatti, si procederà a una caratterizzazione geotecnica e sismica dell’area secondo i criteri stabiliti dalle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” (D.M. 14 gennaio 2008 e Circolare esplicativa n. 617 – 2 febbraio 2009).

Per la caratterizzazione geotecnica, data la natura granulare dei terreni, si eseguiranno prove penetrometriche dinamiche, che consentono di ricostruire la successione litologico-tecnica e di definire i “valori caratteristici” delle diverse unità.

L’indagine sismica locale sarà svolta applicando le metodologie MASW e ReMi per la determinazione della velocità Vs30 necessaria alla classificazione del sito; i risultati permetteranno inoltre di evincere la successione stratigrafica sismica del sottosuolo fino alla profondità approssimativa di 35 m.

3.3.3.2 Condizioni di esondabilità

Per stimare le condizioni di tale eventualità in sito, verranno presi come riferimento i criteri per le valutazioni idrauliche indicati nella D.G.R.28/07/2009, n.2-11830.

3.3.4 Acque sotterranee

In relazione all’ambiente idrico sotterraneo, eventuali modifiche di portata delle derivazioni attive o la realizzazione di nuove captazioni saranno valutate secondo i criteri indicati nel D.P.G.R. 29.7.2003 n. 10/R e s.m.i., considerando in particolare:

• le condizioni idrogeologiche dell’area,

• il progetto dell'opera di captazione,

• la valutazione della possibile interferenza del prelievo con lo stato ambientale di ecosistemi superficiali, con corpi idrici superficiali, con eventuali captazioni di acque sotterranee di utenti terzi in regolare concessione

• valutazione della compatibilità quantitativa del prelievo di “acque sotterranee” con quanto disposto dall’Allegato 2 della Direttiva “Valutazione del rischio ambientale connesso alle derivazioni idriche in relazione agli obiettivi di qualità ambientale definiti dal Piano di gestione del Distretto idrografico Padano” (brevemente definita “Direttiva Derivazioni”).

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In riferimento all’ultimo punto, la Direttiva Derivazioni, approvata il 17 dicembre 2015 dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino ed attualmente in corso di aggiornamento, introduce un metodo di valutazione di tipo probabilistico delle derivazioni di acque superficiali o sotterranee, finalizzato alla verifica della compatibilità delle derivazioni stesse rispetto agli obiettivi di tutela ed alle previsioni contenuti nel Piano di Gestione del Distretto Idrografico (“PdGPo”) e, più in generale, rispetto alla normativa di settore, in conformità alle previsioni di cui all’art. 12 bis, comma 1, lettera a del R.D n. 1175/1933 nonché alle finalità di controllo di cui all’art. 7, comma 2 del medesimo Regio Decreto.

Si tratta quindi di stabilire il rischio ambientale per un corpo idrico interessato da una derivazione e il grado di accettabilità del rischio stesso, che viene quantificato come prodotto tra due fattori: lo stato ambientale del corpo idrico e l’impatto della derivazione sullo stesso.

Il metodo della valutazione del rischio ambientale (Metodo ERA) può essere schematizzato in tre fasi.

FASE 1: Valutazione degli impatti delle derivazioni, che prevede l’analisi della pressione sul corpo idrico e l’entità dell’impatto generato dalla stessa.

FASE 2: Valutazione dello stato ambientale del corpo idrico interessato

FASE 3: Applicazione della matrice di rischio

3.3.5 Acque superficiali

Si sono evidenziati eventuali effetti potenziali sull’ambiente idrico superficiale:

• Modifica della portata dei corpi idrici superficiali a seguito di derivazione;

• Modifica della portata dei corpi idrici superficiali per gli scarichi.

Relativamente al primo punto, gli attingimenti saranno valutati secondo i contenuti dell’allegato A Parte II del D.P.G.R. 29/7/2003 n. 10/R e s.m.i. e la “Direttiva Derivazioni” dell’Autorità di Bacino del Fiume Po, di cui alla Deliberazione n. 8 del 17/12/2015.

Per quanto riguarda gli scarichi, verranno prese come riferimento le “Linee guida in materia di scarichi in acque superficiali” approvate con D.G.R. n.39-1625 del 23 giugno 2015, che hanno l’obiettivo di perseguire l’omogeneizzazione dei controlli sugli scarichi industriali e derivanti dai sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue urbane, garantendo la coerenza con il quadro normativo di riferimento costituito dalla Direttiva Acque 2000/60/CE, dalle norme nazionali e dalle misure di tutela del Piano di Gestione del Distretto del Po.

Tale procedura prevede:

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• la valutazione della pressione dello scarico, cioè l’impatto sul corpo idrico recettore in relazione allo stato e agli obiettivi di qualità;

• la valutazione dell’impianto di trattamento e del ciclo produttivo

• la valutazione dei piani di monitoraggio e controllo

3.3.6 Vegetazione terrestre e acquatica

Si prevedono le seguenti indagini:

• Rilievi vegetazionali e analisi degli habitat e della loro correlazione

• Analisi dello stato ecologico degli ambienti acquatici tramite: analisi chimiche, fisiche, biologiche (diatomee, macrofite e macrobentos) e microbiologiche.

Lo stato di fatto degli aspetti naturalistici verrà analizzato riportando le informazioni contenute nel Piano di Gestione del SIC/ZPS “Valle del Ticino”, facendo specifico riferimento all’area oggetto dello studio. Maggiori dettagli deriveranno da studi specifici riferiti all’area. Per quanto riguarda la vegetazione, si elaboreranno i risultati ottenuti da sopralluoghi effettuati con l’obiettivo di caratterizzare con maggiore dettaglio l’area e valutare le possibili incidenze determinate dalle attività. Particolare attenzione sarà posta nell’individuazione e valutazione degli habitat e delle specie vegetali presenti nel SIC, con particolare riferimento a quelli di interesse comunitario.

Un’ulteriore approfondimento sullo stato della vegetazione dell’area sarà ottenuto utilizzando i risultati di “Monitoraggio dello stato di salute della vegetazione boschiva mediante tecniche di telerilevamento all’Infrarosso Falso Colore nella Valle del Ticino”, “Mappatura delle specie arboree del Parco del Ticino mediante telerilevamento iperspettrale” e Piani di gestione forestale.

I corsi d’acqua minori, non essendo oggetto di studi specifici, saranno analizzati direttamente tramite l’applicazione dei principali metodi di caratterizzazione ecologica. Le indagini biologiche dei corsi d'acqua valuteranno la presenza di vari organismi. Il risultato sarà la qualità biologica delle acque, indice di quanto un corso d'acqua è adatto come habitat per piante e animali.

In particolare saranno analizzati i Macroinvertebrati tramite l’applicazione dell’ Indice STAR_ICMi (basato sull’analisi della struttura della comunità di macroinverterati bentonici); le Diatomee tramite l’Indice ICMi (basato sull’analisi della struttura della comunità di diatomee) e le Macrofite tramite l’Indice IBMR (basato sull’analisi della comunità delle macrofite acquatiche per valutare lo stato trofico dei corsi d’acqua).

3.3.7 Fauna terrestre e acquatica

I corpi idrici maggiormente interessati dall’attività in essere e dalle previste variazioni risultano:

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• le acque del fiume Ticino

• le acque del cavo Zendone

Le analisi, relative alla sola componente faunistica, saranno impostate secondo quanto previsto dalla Direttiva Acque e dalla Deliberazione della Giunta Regionale 16 marzo 2015, n. 28- 1194 Art. 15 ter del Regolamento 10/R del 2003, come inserito dall'art. 11 del Regolamento 2/R del 2015. “Linee guida per la valutazione e il monitoraggio della compatibilità ambientale degli impianti idroelettrici con l'ecosistema fluviale. Approvazione del documento”.

In generale, si evidenzia come le metriche di valutazione previsionale e di rilevazione dei valori e delle criticità ambientali avranno una duplice funzione:

• prevedere e valutare il potenziale impatto determinato dalla presenza/sviluppo delle attività;

• monitorare l’entità effettiva dell’impatto, in tal senso le campagne ante operam sono finalizzate alla caratterizzazione del sito ed alla predisposizione del riferimento rispetto al quale valutare successivamente l’entità degli impatti.

Si effettueranno i seguenti rilievi lungo lo sviluppo delle regioni fluviali influenzate:

• Indice di Funzionalità Fluviale (IFF);

• Presenza e abbondanza di microhabitat (modificata da APAT, 2008);

• Rilievo della composizione e struttura della comunità ittica;

• Presenza nota di inquinanti specifici;

• Presenza di specie di interesse conservazionistico.

Per le altre componenti faunistiche ad oggi risulta difficile stabilire quali siano le più compromesse o eventualmente individuare fattori di pressione specifici strettamente correlati alle attività della Balchem.

In generale, per i Vertebrati il maggior impatto è relativo alla sottrazione di aree disponibili da frequentare, sebbene le specie meno esigenti non abbiano particolari difficoltà ad essere comunque presenti.

Da un punto di vista metodologico, sia in relazione alla procedura di VIA, che di VIncA, saranno condotti tutti i rilievi di campo necessari a definire lo stato di fatto.

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3.3.8 Ecosistemi

Il monitoraggio dello stato degli ecosistemi, in particolare quelli acquatici, è inteso come la valutazione dello stato dei corpi idrici in funzione “della loro capacità di mantenere e supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate, il più possibile vicine alla condizione naturale in cui non appaiono significative modificazioni dell’ecosistema prodotte dall’attività umana e in cui il sistema mantiene intatte le sue capacità di risposta e autodifesa dalle perturbazioni prodotte da tali attività grazie ai processi naturali di autodepurazione“.

La valutazione dello stato ambientale si deve basare soprattutto sull’analisi degli elementi biologici degli ecosistemi acquatici a diversi livelli trofici:

• fitobenthos e macrofite come produttori primari,

• macroinvertebrati e pesci come consumatori.

I parametri chimicofisici e idromorfologici sono considerati a supporto di quelli biologici. L’obiettivo è quello di valutare l’analisi dell’alterazione di queste comunità rispetto all’atteso, quindi il grado di discostamento dalla comunità di riferimento (presente in condizioni vicine alla naturalità).

Le seguenti analisi e valutazioni messe a sistema, secondo la normativa di riferimento, determineranno la valutazione dello stato ecologico:

• Macrofite: attraverso la determinazione dell’indice macrofitico (IBMR) viene fornita un’analisi della composizione e dell’abbondanza della flora acquatica presente nel corpo idrico;

• Fitoplancton: in ambiente fluviale viene valutata la biomassa delle Diatomee attraverso il calcolo dell’indice Diatomico (ICMi);

• Macroinvertebrati: la classificazione dei Macroinvertebrati si basa sul calcolo dell’Indice Multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR_ICMi);

• Ittiofauna: la valutazione della composizione e dell’abbondanza della fauna ittica tramite l’utilizzo dell’indice ISECI (Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche)

• Parametri Microbiologici;

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• Elementi Chimico-fisici: con lo scopo di integrare le informazioni sulla qualità delle acque superficiali, a sostegno degli indici di qualità biologica, sono determinati i macrodescrittori chimico-fisici che concorrono al calcolo del Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico (LIMeco). Il LIMeco è un indice sintetico che descrive la qualità delle acque correnti per quanto riguarda i nutrienti e l’ossigenazione. I parametri considerati per la definizione del LIMeco sono: Ossigeno in % di saturazione (scostamento rispetto al 100%), Azoto ammoniacale, Azoto nitrico e Fosforo totale.

L’ecosistema acquatico è un complesso sistema dinamico, caratterizzato da elementi biologici, chimici e fisici che variano continuamente per cause naturali e/o antropiche; tale dinamicità lo rende particolarmente complesso nell’ambito dell’analisi ambientale Per la protezione e il miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici e delle zone umide associate è necessario una conoscenza approfondita delle caratteristiche biologiche e idromorfologiche dell’ecosistema fluviale:

• la dinamica dei fluidi, le geometrie degli alvei, lo sviluppo e i fattori strutturali del reticolo idrografico, le condizioni climatiche, il comportamento idrogeologico del bacino e in generale la complessa rete di relazioni chimiche, che modificano le condizioni dell’ambiente acquatico, mutando continuamente gli equilibri chimici;

• le relazioni e i processi, che si instaurano all’interno delle reti trofiche dell’ecosistema fluviale, in relazione soprattutto alla capacità di utilizzo e trasformazione dell’energia in ingresso nel sistema e della materia organica disponibile.

Secondo il River Continuum Concept, considerando la sua complessità, un corpo idrico può essere studiato come una successione di ecosistemi, che sfumano gradualmente l’uno nell’altro, condizionati a loro volta dagli ecosistemi terrestri circostanti: dalla sorgente alla foce variano i parametri morfologici, idrodinamici, fisici e chimici e, in relazione a essi, i popolamenti biologici.

Da queste considerazioni, nasce la scelta di utilizzare come metodo di valutazione della qualità delle acque superficiali anche l’IFF (APAT, 2007), già precedentemente citato, in aggiunta agli Indici Metrici riportati.

L’Indice di Funzionalità Fluviale permette di valutare l’ecosistema fluviale nel suo complesso, acquisendo informazioni sulla funzionalità, intesa come risultato delle interazioni tra fattori biotici e abiotici, che lo compongono. L’obiettivo è quello di rilevare, attraverso l’analisi di parametri morfologici, strutturali e biologici, il grado di allontanamento del sistema fluviale dalla sua condizione ottimale.

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L’IFF prevede la definizione degli obiettivi e le indagini preliminari sull’area di studio. Gli obiettivi dell’indagine possono limitarsi al rilevamento dello stato di “salute” di un corso d’acqua o mirare direttamente all’individuazione di ambienti o tratti di corsi d’acqua a elevata valenza ecologica, per approntare strumenti di salvaguardia o, viceversa, all’individuazione di tratti degradati per predisporre interventi di ripristino e riqualificazione.

L’indagine preliminare consiste in una accurata ricerca bibliografica e in uno studio dell’area attraverso carte, foto aeree e l’acquisizione di informazioni e dati su morfologia e uso del territorio e del bacino idrico, eventuali interventi antropici e dati di monitoraggio rilevati con metodi chimici, fisici, biologici e microbiologici. Il corso d’acqua viene osservato lungo il suo percorso analizzandone le componenti abiotiche (morfologiche, strutturali) e biotiche (vegetazione in alveo, vegetazione riparia e vegetazione perifluviale).

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ALLEGATO PLANIMETRICO

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