21 Nuoto il richiamo di ogni specchio d’acqua per la gioia dei piccoli, per il divertimento e lo sforzo di galleggiare ad ogni età Uomini e SportPubblicazione periodica gratuita | Maggio 2016 | 21 numero - EDITORIALE

er una rivista come la nostra, impegnata ad orientare luglio – Tour de : grande ciclismo!; l’attenzione e ad appagare la curiosità di tanti sportivi agosto – XXXI° edizione dei Giochi Olimpici, in Brasile: dal 5 al 21 Pappassionati, mi sembra che corra forse anche l’obbligo atleti di tutto il mondo si incontreranno per esprimere al massimo di non trascurare l’informazione relativa alla programmazione grado i valori sportivi di ogni disciplina; degli eventi di particolare interesse ed importanza nel loro settembre – ripresa del campionato italiano di calcio e nuova svolgimento nel corso dell’anno. Non solo questo, anzi, ma pure stagione della pallavolo; quello di dare almeno un cenno delle ricorrenze anniversarie ottobre – è il mese del possibile rilancio della nostra pallacanestro; in cifra tonda di alcuni avvenimenti che a loro tempo avevano novembre – mese decisivo per le sorti del Mondiale di Formula 1; suscitato entusiasmo o emozioni di vario tipo. Lo sento davvero dicembre – campionati mondiali di nuoto in Canada. come un obbligo, ma lo trovo anche come un compito che mi Riservo due parole alle ricorrenze che meritano una speciale gratifica, sia perché da una parte ci proietta verso l’anticipazione attenzione per l’importanza obiettivamente riconosciuta o perché di quanto poi si potrà pienamente gustare, più che mai oggi grazie riguardano episodi e persone legate al nostro territorio: agli attuali mezzi di visione che fanno vivere quasi tutto in forma il 3 aprile, la mitica “Gazzetta dello Sport”, nata dalla fusione diretta. Sia perché, sotto il secondo aspetto, veniamo rinviati ad dei giornali “Ciclista” e “La Tripletta”, ha compiuto i suoi primi un vissuto che ha segnato incisivamente buona parte della nostra 120 anni; esistenza. So bene che, perché affidati alla mia discrezione, gli per Reinhold Messner ricorrono 30 anni da quando nel 1986, con appunti che seguiranno non potranno evitare di essere tacciati di la salita del Lhotse, ha ultimato la sua rincorsa per la conquista un eccesso di parte riguardo agli avvenimenti ed ai protagonisti dei 14 ottomila, sempre senza ossigeno, iniziata al Nanga Parbat che saranno menzionati: non posso fare a meno di riconoscerlo e nel 1970; me ne scuso anticipatamente. festeggiano il loro 70° di fondazione i Ragni di Lecco, che avevano L’anno che già sta trascorrendo di gran corsa è certamente più visto la luce nel 1946; ricco del consueto di manifestazioni sportive di ogni genere, e primo “decennale” anche per le serate “A tu per tu con i grandi questo perché alle normali competizioni che si effettuano con dello Sport”, che coinvolge tutti gli amici di DF Sport Specialist; una regolarità temporale quasi monotona, se ne aggiungono altre, ricordo con orgoglio e commozione il 25° dell’arrivo in vetta dal molto importanti, che si effettuano ad anni alterni. Abbiamo già versante Nord lungo il Great Couloir della spedizione “Longoni assistito, con l’ausilio di molteplici canali televisivi, ai campionati Sport Everest Expedition”, da me sponsorizzata nel 1991 e guidata europei di pattinaggio artistico su ghiaccio, che in gennaio da Oreste Forno: era il 14 maggio, quando Battistino Bonali e si sono svolti a Bratislava. Mentre poi, dopo la lunga pausa Leopold Sulovsky mettevano piede sul tetto del mondo. natalizia, riprendeva il nostro campionato di calcio, da gennaio È evidente che questa elencazione di ricorrenze è soltanto a marzo ci hanno fatto palpitare le folli discese dello sci alpino una scarna reminescenza di pur importanti avvenimenti: può in Coppa del Mondo e le estenuanti marce sulla neve con lo sci rappresentare uno stimolo perché ognuno si immedesimi in quelle nordico. Contemporaneamente eravamo concentrati sui tornei che sono rientrate nel bagaglio della sua esperienza. Intendo però internazionali di tennis che si succedevano in Francia, Stati aggiungerne ancora un’ultima, che appartiene al ricordo di uno dei Uniti e soprattutto in Australia. momenti di più intensa tristezza che molti di noi hanno vissuto. Non potremmo mai esprimere pienamente con quanta gioia ed Perché questo è l’anno in cui cade il ventennale di quel giorno emozione abbiamo appreso, sul finire di febbraio, l’ennesimo in cui abbiamo pianto per la tragedia di un giovane alpinista sul trionfo di Simone Moro, che giungendo il 26 di quel mese sulla vetta quale erano puntati con affetto i nostri occhi: Lorenzo Mazzoleni, del Nanga Parbat, conseguiva il primato come alpinista che ha al precipitato nella discesa, dopo che era giunto sulla vetta del K2. suo attivo ben quattro vette himalayane oltre gli 8000 salite nella Pensando a Lorenzo, credo che assieme al suo bisognerà stagione invernale. È un cenno obbligato in questa elencazione condividere il ricordo di un importante trentennale, quello che si degli eventi sportivi che caratterizzano l’anno 2016, ma è pure un riferisce alla scomparsa di un altro alpinista a noi caro, Renato gesto che concediamo all’affettuosa e lunga amicizia che mi lega Casarotto, che proprio nel 1986 perdeva la vita, anche lui nella personalmente a questo formidabile alpinista bergamasco, che discesa del K2. ancora, a 48 anni, non cessa mai di stupire. Se ogni ricorrenza ha il potere di far risorgere emozioni gioiose o 29 Nel citare le diverse discipline sportive, non riesco a nascondere invece dolorose: in entrambi i casi, quando il loro riferimento è lo una certa dose di soddisfazione e di orgoglio per quella piccola sport, sappiamo che ci troveremo in tanti, uniti, a gioire o soffrire parte di comprensione e di interesse che stiamo loro offrendo alla stessa maniera. con la semplice infarinatura fornita dalla rubrica “Sport a tutto Anche questa è la forza dello sport. campo” di questa nostra rivista. Accorgendomi però di stare dilungandomi eccessivamente, voglio ora procedere più spedito, stringendo quasi per cenni, per segnalare quanto di più importante e imperdibile si avvicenderà nei mesi a seguire: maggio – internazionali di tennis a Roma e giro ciclistico d’Italia; giugno – campionati europei di calcio in Francia, per la prima volta con 24 squadre al via; SOMMARIO

MAGGIO 2016 - Anno VII - N° 21 Editoriale

Brevi DF 2 Notizie

Diamo spazio ai testimonial DF 4 Stefano Carnati

“Un nome”: da non dimenticare 5 Gaston Rébuffat, alpinista e artista

Un’ impresa raccontata in anteprima 8 Prima ripetizione e prima libera al Fitz Roy

I consigli dell’esperto 5 8 12 Trail running Il punto di vista 13 Antonio Cressi

Testimonianze di simpatia 16 Un incontro speciale sul Grignone

17 Sport a tutto campo 13 Parliamo di nuoto 24 Evoluzione nell’alpinismo Dove va l’alpinismo?

27 I punti vendita DF Sport Specialist Lugano 17 Alpinismo alla grande 28 Concatenamento invernale sulle Sciore

29 Accadeva nell’anno... 1968 - La direttissima alla Torre Trieste

Amici in corrispondenza 33 Partenza e arrivo 29 28 34 A proposito delle serate “A tu per tu” Uno sguardo sulle prime serate 2016

Eventi 36 Galleria

Il fatto Solidarietà in concreto Così continuano le serate 2016 24 Christoph Hainz, Tito Arosio, Simone Moro Fondatore: Sergio Longoni “Uomini e Sport” è scaricabile e consultabile In copertina: Coordinamento della pubblicazione: online sul sito www.df-sportspecialist.it , protagonista Giuseppe Zamboni storico del nostro nuoto, giustamente riconosciuto dall’assegnazione di Redazione: Renato Frigerio - Sara Sottocornola Posta e risposta: Angolo dei lettori “Italian Sportrait Awards 2016”, che Progetto grafico: Francesco Ceciliani [email protected] gli è stata conferita nel marzo 2016 presso il Teatro Centrale di Roma. Numero chiuso in redazione: 02/05/2016 DF Sport Specialist Diffusione: 8.000 copie Redazione “Uomini e Sport” - Via Figliodoni, 14 - Distribuzione nei negozi DF Sport Specialist 23891 Barzanò - LC BREVI DF

* Ottimo esordio di stagione per il team KTM PROTEK DAMA di Monticello Brianza, fondato da Fabrizio Pirovano e supportato da DF Sport Specialist. La bergamasca Serena Tasca, neoacquisto della squadra, si è aggiudicata il titolo di campionessa italiana under 23 nella gara nazionale della specialità cross country, di Rivoli Veronese. In Canada, con la Fat bike, ha conquistato due vittorie e un secondo posto, poi un primo posto a Laigueglia nella gara Donne Open del campionato Giovanile per società. Da segnalare anche la bella vittoria di Maximilian Vieider alla Bardolino Bike, che ha visto anche Johnnatan Botero Villegas aggiudicarsi un quarto posto di tutto rispetto.

* 25 anni di attività e di importanti risultati: traguardo importante per la PAVAN FREE BIKE, società brianzola di mtb supportata da DF Sport Specialist. Nel 2016 festeggia, usando le parole del presidente Antonio Pavan, con “grande orgoglio” e “voglia di continuare a questi livelli e migliorarli”. Quattro nuovi bikers sono entrati in squadra: Monica Maltese, Giaime Origgi, Stefano Moretti e Mirko Gritti. Gli ultimi due già protagonisti di un podio: alla Bottanuco MTB Race si sono classificati rispettivamente primo e secondo della categoria Elite Sport.

2 | Maggio 2016 | Uomini&Sport * Marzio Deho, Andrea Dei Tos, Pietro Sarai, il danese Alexander Laugesen e il colombiano Leonardo Hector Paez Leon. Ecco le star del team 2016 OLYMPIA - POLIMEDICAL, che ha iniziato la stagione inanellando podi e successi nelle più ambite competizioni del settore. “Abbiamo biker di alto livello e tanti obiettivi da raggiungere in ambito nazionale e internazionale” ha detto Loredana Manzoni, la presidente del team sponsorizzato da DF Sport Specialist.

* Il 24 aprile si è svolta la Sarnico Love- re Run, una corsa unica nel suo genere perché i 26 km si svolgono sulla strada che costeggia il lago d’Iseo. La nostra * Renzo Barbugian, atleta Francesca Marin (sulla destra) si testimonial DF Sport Spe- è classificata al 3° posto della classifica cialist, vince il titolo di generale con il tempo di 1.37.45. Un piaz- Campione Italiano SM50, zamento ottimo visto il nutrito parterre durante l’edizione della di altlete presenti sulla linea di partenza. “50 km di Seregno della Brianza”, con un tempo di 3:44:17, svoltasi il 10 aprile 2016 Uomini&Sport | Maggio 2016 | 3 DIAMO SPAZIO AI TESTIMONIAL DF La favolosa stagione di Stefano Carnati = 2015 =

Malgrado alcuni problemi al ginocchio, accorsi durante la stagione estiva, per Stefano é stato Come non sceglie a caso gli atleti un anno interessante e di soddisfazione, sia per le prestazioni in falesia, ma soprattutto per che vanno a comporre lo squadrone le competizioni internazionali, dove ha centrato gli appuntamenti importanti, proprio come si dei suoi testimonial, così DF Sport addice ad un ‘cecchino’ (soprannome affibbiatogli nel 2013 in occasione della sua vittoria in Specialist stabilisce con tutti loro Canada, durante i Mondiali giovanili). un rapporto di affettuosa amicizia. Nelle gare, Stefano si é concentrato sulla specialità Lead, e per la categoria under 18, si é portato a Questo comporta in forma del casa (in giugno) il titolo di campione Italiano e il titolo di campione Europeo, gara questa svoltasi tutto spontanea che ognuno di ad Edimburgo. loro venga seguito con interesse I problemi al ginocchio, con menisco da operare, dopo un po’ di riposo e qualche terapia, non di autentico tifoso, quello che fa gli impediscono di scalare su roccia, testandosi così in vista del campionato Mondiale giovanile gioire in occasione dei successi che, fortunatamente, quest’anno, si sarebbe svolto in Italia, ad Arco di Trento, in concomitanza e di soffrire quando la sfortuna o con il Rock Master. Buone sensazioni hanno consigliato di rimandare l’intervento chirurgico gli incidenti sempre possibili sono per cercare di parteciparvi, rinunciando tuttavia alla combinata e al boulder, ritenuto troppo causa di forti delusioni. rischioso per un ginocchio già abbastanza malandato e compromesso. La vicinanza di DF Sport Specialist La scelta si é rivelata corretta. Infatti, ad Arco, dopo un avvio in qualifica non brillante, Stefano ai suoi atleti ha la forza di uno entra in semifinale, solo 26 atleti sui 90 presenti, e poi entra nella rosa degli 8 finalisti come 7°. stimolo gratificante, che si Oltre a lui, due giapponesi, un coreano, un russo, un americano (il favorito), e i due soliti compagni ingigantisce comprensibilmente al di battaglia: il francese Parmentier e lo svizzero Lehmann. Via di finale durissima per tutti, momento in cui i loro più importanti tanto che, per la categoria under 20, vengono in seguito sostituite due prese. Gli atleti europei risultati diventano visibili anche dimostrano di scalare meglio e, tutti e tre, salgono sul podio. Stefano é medaglia d’argento, per l’ingente massa di pubblico che distanziato per una presa dal vincitore Lehmann. li può incontrare sulle pagine della Anche nell’ arrampicata in falesia, si è espresso ad alto livello non lasciandosi sfuggire importanti nostra rivista. realizzazioni, anche su vie storiche. Tra queste spicca la ripetizione a Finale Ligure di Hyaena, In questo numero di “Uomini e un tiro di Andrea Gallo che, malgrado sia “solo” 8b e abbia più di vent’anni, di ripetizioni ne ha Sport” prende spicco l’encomiabile viste davvero pochine. Di particolare rilevanza, sono state le performance, durante le vacanze attività svolta nel 2015 di un climber pasquali. Scartato il Frankenjura per meteo avversa, Stefano ripiega all’ultimo su Arco di Trento. di razza, che continua a crescere in Al “Bus de vela” e a Nago trova “pane per i suoi denti” e in cinque giorni chiude cinque 8c , o forza delle sue eccezionali qualità, meglio chiude due 8c al giorno, perchè si permette un giorno di riposo; mentre il sesto tiro è sua ma anche grazie alla passione opinione gradarlo “solo” 8b+. Tra questi la storica Mangusta, primo 8c della zona. e alla serietà con cui convive e A conferma della buona annata di Stefano, si può anche dire che, l’intervento al menisco in che costituiscono l’anima del suo settembre, non ha certo intaccato il suo entusiasmo. Uno dei suoi obiettivi era salire un 9a: una impegno. prestazione che non è cosa di tutti i giorni, nemmeno per i più conosciuti fuoriclasse. Ovvio che oltre alla sua concentrazione e dedizione, serviva anche un pizzico di fortuna. Qualche viaggio a vuoto, gli appigli bagnati, l’inverno alle porte, ma alla fine il clima di quest’ultimo bellissimo autunno gli ha concesso quel “pizzico di fortuna”. Un incantevole luogo, la val Bavona in Ticino, un paesino speciale, Sonlerto, è stata la cornice ideale dove festeggiare il suo primo 9a , Coup de grace, firmato Dave Graham, e terza ripetizione.

Qui: Stefano Carnati a Campitello di Fassa impegnato in una gara di Coppa Italia 2015.

4 | Maggio 2016 | Uomini&Sport OGNI VOLTA “UN NOME”: DA NON DIMENTICARE Gaston Rébuffat: l’alpinista che visse nell’incanto della montagna

Ribadiamo ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, che non rientra nel piano editoriale di “Uomini e Sport” proporre il curriculum biografico e nemmeno le imprese dei grandi alpinisti o di altri campioni sportivi. Per chi ne fosse interessato, le loro storie sono ormai facilmente ed ampiamente reperibili nella consultazione dei siti internet, ed è anche per questo motivo che abbiamo deciso di non occuparcene qui. Potrà però succedere che talvolta questa nostra decisione sembri venire contraddetta dai fatti, e in parte anche noi non lo possiamo negare: in questi casi però il grande nome che prenderà posto in questa rubrica troverà una pertinente giustificazione per il fatto di aver qualcosa a che fare con il nostro territorio o perché collegato storicamente all’inclinazione ed alla passione che ha a lungo contraddistinto la nostra città. a cura di Renato Frigerio E infatti il personaggio di cui ora qui viene tracciato un interessante profilo possiede i requisiti sopra esposti per Gaston Rébuffat nasce a Marsiglia il 7 maggio 1921 e trascorre l’importanza simbolica e promozionale che gli appassionati la sua fanciullezza al cospetto del mare. Fin da ragazzo, d’alpinismo gli attribuivano non solo per incentivare un soprattutto nell’adolescenza, il suo carattere irrequieto lo entusiasmo già vivo, ma ancora per far crescere in senso porta ad arrampicarsi sulla barriera delle Calanques, scogliere calcaree sulla costa mediterranea francese. A diciassette alpinistico le generazioni lecchesi del secondo dopoguerra. anni conosce l’alta montagna degli Écrins. Si trasferisce Gaston Rébuffat, ancora all’inizio degli anni sessanta, poi a Chamonix dove, nel 1941, si iscrive alla “Jeunesse et costituiva un mito fantastico dell’alpinismo mondiale, un Montagne” e in questo ambiente conosce le Guide Alpine, personaggio trascinatore per quello che di sé narrava e per il quegli uomini cioè che fin da bambino ha sempre sognato. Successivamente frequenta un corso per diventare Guida e fascino con cui si presentava. dopo averlo superato brillantemente, nonostante la giovane Fu un onore allora per Lecco riuscire ad accaparrarselo con età non glielo consenta, con una particolare dispensa, forte anticipo rispetto alle altre piazze italiane che se lo ottiene il diploma della Fédération Française de la Montagne. disputavano, e lui stesso rappresentò un vanto per la nostra Diventa così, nel 1942, la più giovane Guida Alpina di Francia. città per questa sua manifesta preferenza, che indicava anche Qualche anno dopo, nel 1946, per iniziativa di Alfred Couttet (decano delle Guide) è ammesso a far parte della Compagnia il modo con cui le riconosceva gli innegabili meriti alpinistici. delle Guide di Chamonix. A ventitré anni è istruttore a l’Ecole Il compito di questa iniziativa fu assolto da un’Associazione Nationale de Sky et d’Alpinisme (E.N.S.A.). all’apparenza insignificante, il C.A.I. Belledo sottosezione del Agli inizi degli anni ’50 quando i migliori alpinisti C.A.I. di Lecco, ma che era in effetti un’autentica fucina di francesi, fossero dilettanti o Guide poco importa, si misero particolarmente in luce nella gara per la conquista delle cime giovani e pur già affermati alpinisti, circondati dall’entusiasmo che circondano il Monte Bianco, Rébuffat, oltre ad essere appassionato dei suoi numerosi soci. Molti di loro ricorderanno fra gli uomini di punta della nuova generazione, fu l’unico a ancora con nostalgia la lontana serata dell’inizio anni ’60, continuare la grande tradizione di Guida conducendo i clienti quando riuscirono a proporre ai lecchesi l’intervento del non su montagne qualsiasi ma addirittura sullo Sperone della Punta Walker alle Grandes Jorasses o sulla Nordest del famoso e richiestissimo alpinista francese, offrendo nello Pizzo Badile. stesso tempo lo spettacolo plaudente ed emozionato in una Per quanto riguarda la sua attività alpinistica, vediamo come sala gremita all’inverosimile. sono andate le cose: dal 14 al 16 luglio 1945, con Édouard Nascevano certamente da questi incontri le spinte irresistibili Frendo, ripete la salita alla Nord delle Grandes Jorasses che contribuivano a perpetuare la già affermata tradizione percorrendo in 2° ascensione la via aperta dai lecchesi Cassin, Esposito, Tizzoni nell’agosto del ’38, poi con Jean alpinistica di Lecco, che metteva ripetutamente in scena Deudon e Pierre Bernard correggerà la via che nel 1935 giovani di straordinario talento, che avrebbero continuato a Gabriele Boccalatte e Ninì Pietrasanta avevano aperto sulla far vivere alla nostra città imprese e successi di invidiabile effetto.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 5 Guglia della Brenva apportandovi una “variante diretta” nel 1948. Le difficoltà? – Sestogrado, naturalmente! È anche attratto dalle nostre Dolomiti di cui spesso sente parlare, ma quando nel luglio del 1948, sempre con Deudon, “viene a vedere” la Nord della Cima Grande di Lavaredo, l’inclemenza del tempo sconsiglia ogni tentativo. Il rammarico per la mancata salita, però, dura molto poco: dal 27 al 29 agosto, neanche un mese dopo, supera in 28 ore la Nordest del Badile, seconda salita e prima ripetizione, in cordata con Pierre Bernard. Ma la Cima Grande di Lavaredo gli è rimasta nel cuore ed allora, l’anno successivo, ritorna e con Gino Soldà (la famosa Guida di Recoaro), lo studente austriaco Roland Stern e Colò Corte (il notissimo Mazzetta), riesce a toccarne la vetta: è il 14 settembre 1949. Questa salita lo rese talmente euforico che in seguito ebbe a scrivere: “a voir grimper Soldà et Mazzetta, on peut dire qu’ont l’abitude de mettre le pied sur le vide… des hommes jouent un ballet fantastique sur un plateau de pierre verticale; ils sont chez eux, là est leur vocation” – che, all’incirca, significa: “veder arrampicare Soldà e Mazzetta si può dire che sono abituati a mettere il piede sul vuoto; uomini che eseguono un balletto fantastico su di un altopiano di pietra verticale; sono a casa loro, è la loro vocazione”. Sempre nel 1949, con Raymond Simond scala la parete Nord del Cervino: è la sesta ripetizione, poi dal 26 al 28 luglio del ’52, con Jean Bruneau, Paul Habran, Pierre Leroux e Guido Magnone porta a termine la durissima scalata della Nord dell’Eiger che risulterà essere l’ottava ripetizione e la prima francese. Davanti a loro vi era un’altra cordata formata da due grossi calibri: Hermann Buhl e Sepp JÖchler, austriaci, coi quali, una volta raggiunti, formeranno una sola cordata per lungo tratto. L’elenco delle sue salite potrebbe continuare ma costituirebbe arida cronaca. Termino quindi citando la parete Nord ai Drus che Rébuffat ha scalato con René Mailleux potendo così vantare di aver salito per primo le sei grandi pareti Nord più scabrose di tutta la cerchia alpina e cioè: Grandes Jorasses, Pizzo Badile, Petit Dru, Gaston Rébuffat, a sinistra, è stato un alpinista legato ai lecchesi, Cervino, Eiger e Cima Grande di Lavaredo. ricambiato con altrettanta simpatia e affetto. Significativa la foto L’alpinismo da lui praticato ha raggiunto livelli eccelsi tanto da che lo ritrae ai Piani Resinelli nel 1954, assieme a Tino Albani e assicurargli un posto di tutto riguardo nel G.H.M. (1). Ha sempre Walter Bonatti, a destra. continuato nella sua professione di Guida di alto livello, quale la (Foto: archivio Tino Albani) sua grande tecnica e gli eccezionali mezzi fisici gli consentivano, fino a salire a cinquantaquattro anni il Pilone Centrale del Frêney! Il secondo conflitto mondiale aveva imposto uno stop ad ogni attività alpinistica ma, subito dopo, una nuova generazione di alpinisti salì alla ribalta e in Francia, tra gli altri, spuntarono i nomi di tre “cittadini”: Lionel Terray di Grenoble, Louis Lachenal di Annecy e quello di Gaston Rébuffat di Marsiglia, che diventarono Guide Alpine legando il proprio nome ad imprese audacissime, mentre fra i giovani arrampicatori, formatisi alla scuola di Fontainebleau, vicino a Parigi, dove si trovano massi di arenaria, si distinsero Lucien Bérardini, Guido Magnone, René Desmaison, Pierre Mazeaud, Adrien Dagory e Marcel Lainé. Ma torniamo a Rébuffat, scrittore, fotografo e cineasta. Come scrittore ha pubblicato diversi libri e per tutti citiamo: “Étoiles et tempêtes – Stelle e tempeste”; “Entre terre et ciel – Tra terra e cielo”; “Jardin féerique – Giardino fiabesco”; “Les Horizons Gagnés – Gli orizzonti conquistati”, il manuale “Glace, neige et roc – Ghiaccio, neve e roccia”, e la guida “Mont Blanc: le 100 plus belles courses”, che si possono considerare dei classici della letteratura alpina. Scorrendo le pagine di Rébuffat troviamo il racconto di qualche scalata e se compiuta da un campione della sua classe, si può star certi che si tratta di qualche parete Nord, magari salita in prima ascensione. Il fatto di conoscere profondamente la montagna, ma Ancora sul territorio lecchese Gaston Rébuffat, nell’ottobre del 1968, soprattutto di poter vivere la sua quiete, lo ha portato ad esprimersi per una sua serata con il CAI di Merate. Tino Albani a sinistra, Dante in modo semplice, disteso ed armonioso. La descrizione che ad Spinotti al centro. esempio fa della scalata alla Nord del Petit Dru, è un condensato di (Foto: archivio Tino Albani) tutto ciò. La sua lettura è piacevolissima poiché nella narrazione

6 | Maggio 2016 | Uomini&Sport Gaston Rébuffat sulla cuspide dell’Aiguille de Roc (3409 m): un’immagine estremamente simbolica della sua concezione alpinistica “tra terra e cielo”. vengono messe in risalto due cose: l’ambiente ove si svolge l’azione tenteranno l’assalto finale alla cima. e le sensazioni che l’alpinista prova in quei magici momenti. Per Maurice Herzog e Louis Lachenal, saranno i fortunati che Rébuffat tutto è semplice: in parete la sua irrequietezza si placa e alle 2 pomeridiane del 3 giugno 1950 toccheranno gli 8.091 m il suo spirito s’impregna di una calma e di una gioia indescrivibili dell’Annapurna I, non adopreranno respiratori!, mentre lui e che lo pongono in perfetta simbiosi con la natura che lo circonda. Terray li attenderanno al quinto campo, installato a 7.400 m, e Nel campo della cinematografia ha girato parecchi film, tutti festeggeranno coi compagni appena scesi dalla vetta la conquista ambientati tra i colossi delle Alpi e uno di questi “Entre terre et ciel” del primo “Ottomila”. E con i due alpinisti vittoriosi entrambi gli è valso il Gran Premio al X° Festival Internazionale del Cinema seriamente congelati la ritirata fu un’impresa epica e drammatica. di Montagna e dell’Esplorazione che ogni anno si svolge a Trento. Decorato Ufficiale della Legione d’Onore nel 1984, Rébuffat il 31 Correva l’anno 1961. maggio 1985, a soli 64 anni, deve cedere prematuramente di fronte Anche come fotografo si è distinto: ne fanno fede le numerose a un male che non perdona. Questi era Gaston Rébuffat, uomo immagini con le quali ha corredato gli articoli o le relazioni semplice e dai modi garbati. John Enry Cecil Hunt, capo della pubblicate nei suoi libri. spedizione inglese che conquistò l’Everest nel 1953, ebbe a scrivere: E, prima di terminare, penso sia doveroso fare un accenno ”È stato fra i più grandi scalatori di ogni tempo, ma soprattutto all’impresa dell’Annapurna, in Himalaya, nel Nepal. Nel 1950 una una persona di intensa umanità che ha scoperto per mezzo delle spedizione francese si prefigge di scalare l’Annapurna (sarebbe montagne la vera prospettiva della vita”. il primo oltre 8000 a cadere). Di questa spedizione fa parte anche Rébuffat. Stabilito il campo base, con Lachenal, esplora il ghiacciaio (1) Groupe de Haute Montagne. Associazione fondata da Jacques de Lepiney Nord di questa grande montagna ed insieme convengono che e Paul Chevallier al termine della prima guerra mondiale – nel 1919 – nella attraverso le sue insidie è possibile tentare di aprire una via di cui cerchia sono ammesse anche le donne distintesi in particolari imprese salita. Così i due attrezzano il primo campo e successivamente, alpinistiche. È un gruppo elitario, che non è riservato soltanto agli alpinisti assieme a Terray (guarda caso: proprio i tre “cittadini”) creano di nazionalità francese, influente e molto rispettato nell’ambiente alpinistico. tutta la serie di campi per agevolare il percorso ai compagni che

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 7 UN’IMPRESA RACCONTATA IN ANTEPRIMA

Sulla parete Est del Fitz Roy: ancora una volta i Ragni di Lecco

di Matteo Della Bordella* “Uomini e Sport”, che ha già prontamente rivolto al suo testimonial Matteo Della Bordella i suoi entusiastici complimenti per lo straordinario successo al Fitz Roy, li intende ora ravvivare insieme a tutti i lettori della nostra rivista. Ricordiamo che Matteo Della Bordella, con Davide Bacci, ha conseguito la prima ripetizione assoluta della via che nel 1976 era stata aperta dai Ragni Casimiro Ferrari e Vittorio Meles, conquistando per la prima volta la parete Est del Fitz Roy. La vittoria di Matteo, che ha seguito la via più diretta, più elegante e più difficile, l’unica su questa parete a non essere stata mai più ripetuta, premia gli sforzi e la caparbietà di un alpinista indomito, che si era accinto a ritentare quello che non gli era precedentemente riuscito nel 2014 e nel 2015. Le estreme difficoltà di questa salita prendono risalto nell’avvincente descrizione che ci viene offerta in anteprima: ed anche di questo particolare riguardo sentiamo di dovere al nostro Matteo un sentito ringraziamento. Nello stesso tempo invitiamo i lettori a prendere atto da una parte della modestia e dall’altra dell’ammirazione che più volte esprime nel confronto con i primi salitori quando ripetutamente si stupisce di come loro siano riusciti a superare passaggi ardui e ancora micidiali, pur non disponendo allora dell’equipaggiamento e delle attrezzature attuali.

8 | Maggio 2016 | Uomini&Sport Chiunque abbia la fortuna di essere stato in Patagonia ed aver visto le sue fantastiche montagne non potrà certo scordare la parete Est del Fitz Roy. Si tratta probabilmente della parete più imponente ed elegante dell’intero massiccio, ben visibile già dalla strada che porta al paese di El Chalten, sono circa 1400 metri di granito verticale che si elevano fino a 3405 m della cima; immaginate una volta e mezza la parete del Capitan a Yosemite o della Marmolada, oppure 4 volte la parete del Medale, una sopra l’altra (tanto per fare un esempio vicino a casa), il tutto, ovviamente, immerso nel severo ed austero ambiente Patagonico… La storia di questa parete è già abbastanza nota ai lettori di “Uomini e Sport”; nel mio articolo dell’anno scorso raccontai di quando questa parete fu conquistata per la prima volta nel 1976 dai Ragni di Lecco Casimiro Ferrari e Vittorio Meles, dopo innumerevoli tentativi falliti negli anni precedenti da parte di altre spedizioni italiane, francesi e svizzere. Negli anni a seguire su questo immenso muro furono aperte “Se un uomo non è disposto a lottare per una manciata di altre vie: la mitica “Royal Flush” del compianto inseguire i propri sogni: o i suoi sogni non tedesco Kurt Albert, la “Linea d’eleganza”, una grande via che porta la prestigiosa firma di Elio Orlandi, un vero mito dell’alpinismo valgono molto, o è l’uomo stesso a non patagonico, ed “El corazon” dello svizzero Kaspar Ochsner con il valere un granchè…” ceco Michal Pitelka. Arrivarono poi negli anni le prime ripetizioni di questi ultimi tre itinerari, poche per la verità, e sempre ad opera di grandi nomi, come Tommy Caldwell su “Linea d’eleganza”, o Favresse e Qui sopra: David Bacci e Matteo Della Bordella dopo la prima ripetizione Villanueva su “El Corazon”…Ogni rara salita in stile alpino di una della via dei Ragni al Fitz Roy. qualsiasi delle vie sulla Est del Fitz ha sempre fatto notizia nel mondo alpinistico. Pagina accanto, sopra: i Ragni dell’epica conquista: in piedi, Casimiro Gli anni pian piano passarono, e tuttavia, ancora nel 2016, la prima Ferrari, Gianni Stefanon, Guerrino Cariboni, Giovanni Arrigoni , Gianluigi via aperta su questa parete, la linea tracciata da Casimiro Ferrari Lanfranchi, Floriano Castelnuovo; accovacciati, Amabile Valsecchi, e Vittorio Meles restava ancora la più diretta, la più elegante e la Franco Baravalle, Giacomo Pattarini, Vittorio Meles. più difficile e l’unica a non essere mai stata ripetuta! (Foto: archivio Ragni di Lecco) 2016. Sono passati 40 anni dalla salita di Ferrari e Meles. Il mondo Pagina accanto, sotto: impressionante rappresentazione della difficoltà è cambiato ed anche il mondo dell’alpinismo è cambiato. di procedere sulle gigantesche pareti verticali di un granito che non Per aprire questa furono necessari qualche kilometro di corde offre appigli, nella spedizione vittoriosa dei Ragni apritori della via. fisse, metri e metri di scalette metalliche, centinaia e centinaia (Foto: archivio Ragni di Lecco) di chiodi, e circa una cinquantina di uomini. (Anche se poi il successo arrivò grazie al carattere e alla determinazione di uno solo, il grande Casimiro). Oggi noi vogliamo scalare questa parete in stile alpino, solo in due, con due sole corde da 60 metri e 4 chiodi, ma anche tutta una serie strada che porta alla vetta è lunga e bisogna procedere in modo di altre attrezzature (friend e nuts) che nel 1976 non esistevano ed rapido e costante, gestendo bene le energie… hanno rivoluzionato il modo di andare in montagna. Senza dubbio il fatto di aver già percorso altre due volte la prima Il nostro obiettivo è quello di ripercorre questa grande via con parte della via (nel 2014 e nel 2015) è un altro punto a nostro uno stile moderno, possibilmente scalando in libera, dimostrare favore. I primi 15 tiri offrono un arrampicata fantastica, e seguono che a 40 anni di distanza dalla prima salita i Ragni di Lecco sono delle fessure perfette, quest’anno completamente libere da neve ancora al top dell’alpinismo patagonico e mondiale, con modi e e ghiaccio. stili moderni, ma con lo stesso carattere e determinazione dei Fino alla sera del primo giorno, la salita fila veramente liscia. loro predecessori. David mi sostituisce al comando dopo il 13/esimo tiro e procede Dopo i tentativi effettuati nel 2014 e nel 2015 insieme a Luca Schiera, spedito verso l’alto ancora per altri 6-7 tiri. In una giornata di Silvan Schupbach, Pascal Fouquet e Luca Gianola (vedi racconto scalata arriviamo quasi fino al punto massimo raggiunto nel 2015. completo su “Uomini e Sport” della primavera 2015), quest’anno è Sono circa le 6 di sera quando cercando un posto per bivaccare, David Bacci il mio compagno per questa salita. David, di Varese, David arriva in sosta esclamando “Que suerte!”. Dentro di me 30 anni, è già stato mio socio a Yosemite e in Pakistan, oltre che in penso che abbia trovato un ottimo posto dove passare la notte; numerose scalate sulle Alpi, è al suo primo anno in Patagonia, ma una bella dormita è proprio quello che ci vuole per recuperare le la settimana precedente ha già colto un bel successo ripetendo energie e ripartire freschi il giorno dopo… la mitica via dei Ragni al Cerro Torre, versante Ovest, con Luca Tuttavia resto piuttosto deluso quando lo raggiungo in sosta: la Godenzi. piazzola dove passeremo la notte è appena poco più grande di A distanza di pochi giorni dal mio arrivo in Patagonia, si presenta una panchina dei giardini pubblici…Su questa parete meglio di anche l’occasione giusta per effettuare un tentativo sul Fitz Roy. niente, anche se nella mia testa già mi immaginavo qualcosa di Sabato 16 gennaio saliamo al Passo Superior e domenica 17 siamo più confortevole. all’attacco della via. Nell’aria si respira quel mix di tensione ed Il peggio però deve ancora arrivare…Giusto il tempo di preparare energia giusta per affrontare le grandi salite. Sappiamo di avere la cena e pian piano il cielo si copre ed inizia a piovere e davanti a noi una bella occasione: la parete è in condizioni ottime nevischiare. Non sarebbe nulla di particolarmente preoccupante, e il tempo dovrebbe essere stabile, ma sappiamo anche che la

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 9 A lato: Matteo Della Bordella in arrampicata libera sui primi tiri della via dei Ragni al Fitz Roy. (Foto: David Bacci) Sotto: il gruppo del Torre fotografato all’alba dalla cima del Fitz Roy: da sinistra, le poderose cime innevate del CordÓn Adela. Partendo dallo svettante Cerro Torre, a seguire verso destra Torre Egger, Punta Herron, Cerro Standhardt, Aguja Bifida. (Foto: David Bacci)

se avessimo i sacchi da bivacco impermeabili, ma purtroppo non li abbiamo portati, confidando sempre nella “suerte”. Non ci resta altro da fare che infilarci nei sacchi a pelo e sperare che smetta! Nella notte la situazione non fa che peggiorare, la neve cade sempre più fitta e dopo poche ore ci ritroviamo con i sacchi a pelo completamente inzuppati e l’acqua che penetra anche nei nostri vestiti. Decidiamo di tenere duro e finalmente la tanto attesa “suerte” arriva: all’alba le nuvole pian piano si diradano e grazie al fatto che la parete è esposta a Est, i raggi del sole arrivano a scaldarci e ad asciugarci. Un paio di ore di attesa per far colazione e asciugare tutta la nostra roba e via, si riparte verso l’alto. La scalata nel secondo giorno fila decisamente meno liscia rispetto al primo: David, al comando della cordata, a un certo punto stacca un blocco grande come lui e cade. Lui va a sbattere verso destra, il blocco si schianta 1 metro alla sua sinistra, io guardo impotente la scena in diretta mentre faccio sicura. La tragedia è solo sfiorata e ancora una volta la “suerte” è stata dalla nostra parte. Proseguo io e mi trovo davanti quello che è il sogno di tutti gli scalatori amanti delle fessure. Uno scudo alto 100 metri, completamente liscio, solcato da un’unica fessura dall’inizio alla fine! Una linea perfetta come solo queste grandi pareti di granito sanno regalare. Mentre la guardo penso a come cavolo facevano 40 anni fa a salire fessure simili, senza friend, con gli scarponi e con l’equipaggiamento di allora…giù il cappello! La fessura nella realtà non è perfetta come quella dei miei sogni: all’interno è spesso bagnata o ghiacciata. La salgo in parte in libera, in parte in artificiale.

10 | Maggio 2016 | Uomini&Sport Proseguiamo ancora 3-4 tiri fino a una zona con della neve, David mi raggiunge in sosta e proseguo per un paio di tiri su dove decidiamo di bivaccare. Abbiamo già salito 900 metri e ne terreno che da bagnato si fa pian piano ghiacciato. A un certo mancano ancora 400, ma dentro di noi abbiamo la speranza che punto, quando la roccia diventa completamente ricoperta da questi 400 siano più facili. verglas e neve, capisco che è il momento di cedere il comando La mattina del 19 gennaio, il terzo giorno in parete, partiamo con al mio socio, togliere le scarpette, infilare scarponi e ramponi e una sola idea in testa: “oggi vogliamo arrivare in cima”. Le nostre prendere in mano le picche. speranze di “fine delle difficoltà” sono in realtà subito disattese. Arriviamo in cima al Fitz Roy alla 6 di sera. Per me è la terza volta La qualità della roccia - fino a quel momento davvero perfetta - in cima a questa montagna, ma quest’ultima è sicuramente la più peggiora e la parete è sempre perfettamente verticale con tratti bella di tutte, quella più voluta e sognata, quella che più mi ha strapiombanti. dato soddisfazione. La linea più bella, più elegante e più difficile A un certo punto fatichiamo a capire dove passi realmente la via: del Fitz Roy. Una salita di 3 giorni, ma che racchiude in sé anni di davanti a noi un muro strapiombante senza fessure, a destra un allenamenti e preparazione. Una storia per me lunga 3 anni, ma diedro cieco completamente liscio e a sinistra una cascata di che rappresenta la naturale continuazione di qualcosa iniziato 40 acqua e roccia piena di blocchi instabili. Io e David ci guardiamo anni fa. e dentro di noi sappiamo entrambi qual è l’unica soluzione…Mi Quando arriviamo in cima il mio amico David mi dice “El que cree infilo la giacca in Gore tex, stringendo per bene le maniche e mi crea”. Un antico proverbio Maya che tradotto in italiano significa preparo per fare la doccia. Il mio amico Sean Villanueva su una “colui che crede, crea”. Quattro parole per riassumere una storia rivista aveva scritto “se vuoi scalare la parete Est del Fitz Roy devi lunga 40 anni. avere una laurea in arrampicata sul bagnato”…Ma non avrei mai Un ringraziamento speciale a Sergio Longoni e tutto lo staff pensato fino a tal punto!!! DF-Sport Specialist per il prezioso supporto che mi fornite sempre In un modo o nell’altro mi faccio strada verso l’alto, cercando di in tutte le mie avventure! salire il più veloce possibile su terreno ben appigliato ma sempre molto ripido, finchè riesco ad attraversare la cascata e raggiungere una sottile fessura da salire in artificiale su micronut. Non è una *Ragni di Lecco, C.A.A.I. bellissima sensazione essere completamente appeso a questi piccoli pezzettini di metallo, quando il compagno né ti vede né ti sente e non ha nemmeno una vaga idea di che diavolo stia succedendo! Ancora una volta, ripenso ai primi salitori, a Casimiro e Vittorio e non posso fare altro che essere stupito da tanta abilità e coraggio!!

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 11 I CONSIGLI DEGLI ESPERTI a cura di Paolo Rusconi

Vengono qui presentati alcuni degli ultimi modelli di scarpe da Trail Running che potete trovare nei nostri punti vendita. I nostri esperti vi consiglieranno il modello con le caratteristiche più adatte alle vostre esigenze.

LA SPORTIVA - AKASHA UOMO Calzatura da mountain running endurance super ammortizzata, concepita per percorsi a lunga distanza, Ultra-Marathons, Ultra-Trails e per utilizzi prolungati in allenamento. La suola grippante e bi-mescola FriXion XT è dotata dell’esclusiva soluzione Trail Rocker™ in grado di favorire il movimento naturale “tacco esterno – punta interna” del piede durante la corsa. Akasha: il codice dell’ultra-runner si esprime attraverso protezione, comfort ed ammortizzazione.

Tomaia: AirMesh forato + PU Leather parte posteriore e Dynamic ProTechTion™ in punta - Fodera: Mesh anti-scivolo - Intersuola: EVA ad iniezione e Cushion Platform™ - Plantare: OrthoLite Mountain Running - Suola: Mescola FriXion XT bi-mescola con sistema Trail Rocker™ - Peso: 660 g (al paio, misura 42)

SALOMON - SCARPE WINGS PRO 2 Con design e performance mutuati direttamente dalla S-LAB, la Wings Pro è la perfetta scarpa da trail running per ogni tipo di terreno. Sensifit™ Il sistema Sensifit™ avvolge il piede, garantendo una calzata precisa e sicura. I battistrada Salomon Contagrip® offrono un’ottima trazione sulle superfici più disparate, utilizzando una combinazione di gomme progettata per un uso specifico.

Quicklace™ Stringa minimalista e robusta per un’allacciatura one-pull. Semplifica la calzata e lo sfilamento della scarpa - EVA A DOPPIA DENSITÀ L’intersuola a doppia densità, stabile e ammortizzante, permette un ottimo controllo del movimento - ENDOFIT™ Manicotto interno che avvolge il piede mantenendolo fermo e stabile, migliorando il feedback e l’avvolgimento - OrthoLite® Soletta OrthoLite® costituita da schiuma specifica OrthoLite® e contrafforte del tallone in EVA. La schiuma OrthoLite® crea un ambiente più fresco, asciutto, salubre ed efficacemente ammortizzato al di sotto del piede. L’utilizzo di materiali ottenuti da pneumatici riciclati riduce l’impatto ambientale. Il contrafforte del tallone in EVA conferisce maggiore supporto e ammortizzamento a questa zona del piede.

HOKE ONE ONE - SCARPE SPEEDGOAT Il modello Speed Goat, ovvero l’arma segreta di atleti e appassionati di trail running, unisce una suola esterna in Vibram® Megagrip dal design aggressivo per massima trazione in qualsiasi condizione, protezione Hoka, adattamento al terreno e grande leggerezza.

Rocker: Meta-Rocker equilibrato - Geometria: Forma ad “H” per la massima stabilità - Peso: 275 g per 9 USM - Tomaia: SpeedFrame, leggera e senza cuciture - Rivestimenti di supporto sintetici saldati - Stato sottostante in microfibra saldata per maggiore comfort - Intersuola: IMEVA - 28,5 mm avampiede - 33,5 mm tallone - Differenziale: 5 mm - Suola esterna: Vibram® Megagrip da 4 mm - Scanalature di flessione sulla suola esterna per maggiore stabilità

SCARPE INFERNO X-LITE 3.0 Suola TRS, leggera, flessibile e durevole, grip in tutte le condizioni, costruzione “2 layer bridge” con alloggiamento e avvolgimento ottimale Puntale di protezione in TPU iniettato, lingua “Ergonomic Cut” leggera, comfortevole, adattabile al piede. Per Trail e Ultra-trail runners che ricercano una calzatura con caratteristiche di precisione e reattività, ma senza rinunciare a leggerezza, ammortizzazione, protezione e traspirazione. Appassionati trail running ed escursionisti veloci, che cercano maggiore stabilità, versatilità, traspirabilità e supporto su terreni sconnessi.

Tomaia PU sintetico senza cuciture (Tecniskin),mesh - Fodera Fibra tessile 3D Texture, antiscivolo e traspirante - Battistrada TRS Trail, XS Trek compound - Intersuola EVA Technology, TX-Reactive Compound - Plantare OrthoLite® anatomico a doppia densità - Peso M 290 gr W 245 gr - Calzata Low

12 | Maggio 2016 | Uomini&Sport IL PUNTO DI VISTA Cressi: il marchio che qualifica l’attività subacquea La passione di un imprenditore che non considera lavoro quello che fa, e l’impegno continuo per una evoluzione integrale stanno alla base di un successo che non conosce crisi intervista di Marco Milani

Siamo interessati innanzitutto a conoscere da quale idea, da chi precisamente e con quali inizi è sorta questa vostra azienda, di Il nostro viaggio nel mondo degli imprenditori dello Sport cui ora ammiriamo quello sviluppo straordinario che l’ha portata questa volta ci ha portato fino a Genova dove, aggrappata a primeggiare nel settore in ambito internazionale. tra mare e montagna nella val Bisagno, abbiamo avuto “Mio zio era il grande appassionato di subacquea, mentre mio l’opportunità di visitare l’azienda Cressi, leader indiscussa padre ha messo solo la parte economica. Giovanni, mio padre, nel mondo della subacquea ed eccellenza del Made in nel dopoguerra era riuscito ad entrare nel settore dei copertoni e . La sede centrale di Genova, infatti, è la “fucina” aveva avuto due/tre anni magici: è in seguito a questa fortunata dove nascono le idee e la maggior parte degli articoli vicenda con suo fratello Egidio, funzionario di banca, che decisero firmati Cressi, contraddistinti da sempre da un elevato di mettere in piedi questa azienda. Mio padre non è mai stato un standard di qualità. Il processo produttivo è improntato grande appassionato di subacquea, il vero motore era mio zio. su un minuzioso controllo da parte della proprietà Maschere, fucili, pinne, tutti prodotti artigianalmente. Avevano Cressi. L’azienda nasce nel 1939, grazie a due fratelli che acquisito un piccolo locale nel centro di Genova dove costruivano condividevano la passione per il mare e avevano un’innata a mano tutte queste attrezzature. Addirittura, per le prime predisposizione per la progettazione e la realizzazione maschere, si riciclavano i copertoni delle auto. Poi è cominciato di prototipi. Egidio e Nanni Cressi iniziano la produzione il montaggio dei primi fucili che erano a molla, e quindi hanno artigianale di maschere e fucili subacquei, che consentiva sviluppato l’Aro (autorespiratore a ossigeno), un buon apparecchio loro e ai loro amici di muoversi con maggiore efficacia a circuito chiuso, semplice ma molto innovativo, utilizzato per nelle acque vicino a casa. Nel 1946 il loro design e i loro sviluppare l’attività subacquea. Un apparecchio che è rimasto sul prodotti divennero tanto conosciuti da indurli a fondare a mercato per tantissimi anni”. Genova l’odierna Cressi. Oggi i valori dell’azienda, ancora di proprietà della famiglia, sono incarnati da Antonio Cressi, Antonio Cressi, a 63 anni, di strada ne ha fatta davvero tanta. che ha ereditato e spinto a livelli mondiali la passione e le “Io sono nato in fabbrica, la mia vita l’ho passata nel quadrato della competenze del papà e dello zio. Cressi. Il mio lavoro è sempre coinciso con la mia passione per il

Qui: da destra, Antonio Cressi e Sergio Longoni, legati da stretta e cordiale amicizia.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 13 mare, perciò ho passato la mia vita o in acqua o in fabbrica. A livello di comunicazione che strategie adotta Cressi? Poi ho avuto un grosso problema di gestione, perchè il rapporto “La base è sempre il prodotto, quello è il punto focale. Detto tra mio padre e mio zio era abbastanza travagliato e l’azienda ne questo, oggi, i sistemi di comunicazione cambiano a una velocità risentiva. Mi rendevo conto che dovevamo migliorare tante cose spaventosa. La comunicazione tradizionale è sicuramente in e, se la proprietà non andava d’accordo, diventava un disastro. calo perchè il pubblico sta diminuendo ed è meno interessanto. In una situazione del genere si stavano mettendo in crisi il Si aprono invece delle finestre spaventose sfruttando l’on-line: prodotto, i collaboratori e l’azienda; quella è stata la spinta a prima era il sito, oggi è Facebook. Il messaggio però è sempre iniziare la mia carriera lavorativa ancora giovanissimo. Oggi sono legato al prodotto, che a volte basta per comunicare qualcosa: rimasto io con mia sorella, e l’azienda è rimasta a conduzione bisogna sempre più pensare a prodotti che si spiegano da soli. familiare. Accanto a me c’è anche Francesco Odero, una persona Il nostro è un mondo in cui la comunicazione di immagine pura che ha dato tantissimo a questa azienda: sono cresciuto con lui”. è complicata, perchè molto legata all’aspetto tecnico. Oggi, però, anche con costi contenuti si riescono a raggiungere una miriade Come nasce l’idea vincente? di contatti. Poi ci sono i testimonial: un Umberto Pellizzari che “L’idea vincente nasce dalla collaborazione di tutti. Per quanto ci ha fatto dei record, con un Cressi scritto sopra, ci ha aiutato in riguarda abbiamo la grossa fortuna di avere collaboratori molto maniera pazzesca. validi in azienda e, soprattutto con l’inserimento delle filiali, Fra l’altro, stiamo cercando di recuperare la grande storia del riusciamo ad avere un’ampia visione sul mondo. Basti pensare marchio, perchè quando andiamo all’estero non bisogna dare per che ci riuniamo ogni 2/3 mesi, e in questi incontri cerchiamo scontato che tutti sappiano chi sei o da quanto tempo fai questo di scambiarci i punti di vista per decidere qual è il prodotto che lavoro. Non tutti nascono appassionati di subacquea, e al giorno dovrebbe funzionare di più. Sicuramente sono parecchi i prodotti d’oggi si aprono nuovi mercati che di subacquea non sanno niente. che hanno segnato la storia dell’azienda, ma non direi che ci Dobbiamo essere noi stessi a comunicare che Cressi è presente sia mai stata una rivoluzione: piuttosto un continuo e graduale in questo mondo fin dall’inizio e che la subacquea abbiamo miglioramento di tutto. Cambiano i materiali, le attrezzature, gli contribuito noi a inventarla e svilupparla. Spetta a noi il compito stampi e l’evoluzione passa per tutti questi fattori. Di certo, se di spiegare che Cressi non è uguale a un marchio inventato negli guardiamo a 10/15 anni fa, di strada ne è stata fatta molta. Abbiamo ultimi due anni, su base di prodotti già esistenti a cui viene avuto prodotti che ci hanno dato tantissime soddisfazioni, appiccicato un contrassegno simile alla marca.” come la maschera Big Eyes, ma sono sempre stati frutto di una evoluzione. Si parte da una prodotto che funziona e si cerca di Quanto ha contato la pesca subacquea nello sviluppo dell’azienda? farlo evolvere con materiali, stampi e tecnologie diverse. E poi c’è “La pesca subacquea ha contribuito in maniera determinante allo il discorso passione: senza quella non si può portare avanti una sviluppo della nostra azienda, perchè c’è una passione fortissima azienda di questo genere. Non è concepibile questo tipo di lavoro in tutto il mondo. Il Mediterraneo è il cuore della pesca, ma è senza un contatto stretto con la natura e con l’acqua. molto sviluppata anche ai Caraibi, Sud America, Australia. È uno É un lavoro che va vissuto in prima persona.” sport dove la gente si appassiona in una maniera incredibile.

14 | Maggio 2016 | Uomini&Sport Oggi, avendo tante riserve e zone libere, c’è più bilanciamento tra Come affrontate la crisi? gli appassionati di pesca sportiva e immersioni con il respiratore. “Chi oggi sta in piedi è perchè ha cercato di essere più presente Il nostro messaggio è rivolto al rispetto della natura. La pesca che all’estero in maniera diretta. La chiave di volta di un’azienda è noi amiamo è quella dove si prende un pesce per mangiarselo a quella di crearsi la sua rete distributiva. Chi deve dipendere solo casa, e tutto il contrario della pesca incontrollata o chi poi il pesce dal mercato nazionale non ha prospettive di sopravvivenza. va a venderlo.” Di conseguenza bisogna creare tutta una serie di prodotti che siano il più possibile adatti alla maggioranza dei mercati, un catalogo C’è ancora tanto da scoprire? che si presta molto bene per tutti i mercati, dai Caraibi all’Asia. “C’è sempre una evoluzione. Oggi ci sono aspetti importanti che in In secondo luogo Cressi è riuscita a creare un meccanismo per cui passato non erano considerati. Oggi si parla di materiali riciclabili, noi produciamo e tutta una serie di aziende satellite ci termina si cercherà di lavorare derivati vegetali, e non derivati dal petrolio. il prodotto: solo così riusciamo a ottenere un’ottima qualità a Adesso anche l’elettronica sta offrendo spazi immensi, basti un costo accettabile. Bisogna poi tenere presente che i tempi pensare alla comunicazione sott’acqua. Autorespiratore, pesca, di programmazione con l’Asia sono di 6/7 mesi, il tempo con lo snorkeling e nuoto, sono i quattro settori che nella nostra azienda stabilimento proprio si riduce a 25 giorni. Il poter recuperare una rivestono la medesima importanza.” certa quota di fatturato perchè hai l’impianto vicino che puoi gestire di giorno in giorno ha il suo peso, anche perchè il mondo tende Il Made in Italy, per Cressi, costituisce un motivo di vanto. a programmare sempre meno. La realtà di un’azienda familiare, “La maggior parte dei prodotti li realizziamo a Genova. Una scelta in questa ottica, porta tanti vantaggi ma anche tanti svantaggi, controcorrente? Il fatto di andare via dal Paese forse è stata una perchè il margine di errore è minimo, soprattutto in relazione ad pratica un po’ troppo di moda negli ultimi anni. L’Italia, pur con aziende molto più grandi della nostra.” una miriade di problemi ciclopici, ha ancora il grosso vantaggio di poter contare su una rete di microaziende che negli altri Paesi Antonio Cressi, prima di essere un imprenditore di successo è un non esiste. L’Italia è rimasta in piedi per un meccanismo di lavoro grande appassionato di mare e acqua. che è saltato fuori come un antivirsus negli anni ‘70/80 e che ha “Ho il massimo rispetto del mare. Per rendere ancora più bello permesso al Paese di crearsi una struttura di micro società che questo sport bisognerebbe far capire alla gente che meno in dànno la possibilità di lavorare con prodotti qualificati a costi profondità si va e meno rischi si corrono. Forse a venti metri ci decenti, e questa peculiarità è solo italiana. Noi fondamentalmente si diverte più che a quaranta. C’è tutto un mondo di immersioni siamo un’azienda di nicchia, con tutte le esigenze che comporta. leggere che andrebbero potenziate e che comportano molti meno A libro paga della Cressi ci sono 120 persone, però divise tra Italia, rischi. Le immersioni tecniche da un lato ci spaventano, perchè Ungheria, diverse filiali e un’azienda di elettronica che abbiamo gli eccessi, nel nostro campo, coincidono con le tragedie con acquisito 3/4 anni fa per occuparci della parte di computer. conseguenze negative a livello di immagine. Forse ci vorrebbe un La ricerca e lo sviluppo del prodotto chiave vengono fatti a Genova, cambio di mentalità”. perchè serve il mare vicino. C’è più flessibilità sui prodotti leggeri, come mute e jacket, che cominciano a essere sviluppati anche in America.” Il segreto di questo successo nel lavoro? “Quello che faccio non lo considero un lavoro...”

Qui: l’alta tecnologia del reparto produzione.

Pagina a fianco: l’importante gamma principale dei prodotti Cressi.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 15 TESTIMONIANZE DI SIMPATIA Un incontro speciale sulla via verso il Grignone Testo e foto di Davide Chiesa*

C’è il sole che riverbera sulla neve, in questa bella giornata invernale quassù al bivacco Riva Girani comunemente denominato Comolli, a 1850 m di quota, sacrosanta sosta È difficile capire se Davide Chiesa debba per chi si dirige verso la vetta della Grigna Settentrionale o “Grignone” dal versante essere considerato uno scrittore che Sudest. Sembra creato apposta, questo manufatto, sull’ultimo balcone naturale riserva una spiccata preferenza a parlare appena prima della ripida rampa “il muro del pianto” che sale verso la cresta della di montagna, oppure un alpinista che non montagna, spartiacque verso il Legnone e l’alta Valsassina con notevole vista anche resiste a mettere su carta le esperienze da sulla Valtellina. Se ne apprezza la presenza ancor di più in inverno in quanto il “muro lui vissute arrampicando. Il dubbio ritorna del pianto”, con le sue numerose pietre instabili, è evitato nella stagione estiva. Spesso anche questa volta che prendiamo in mano si incontra gente al bivacco, ci si ristora, si indossano i ramponi per il tratto finale l’articolo che ci ha passato per “Uomini dell’ascensione. e Sport”, e che a quanto pare ha scritto Ci sono parecchie persone oggi, ma un viso conosciuto mi colpisce; riconosco Sergio: dietro sollecitazione di Sergio Longoni. Sergio Longoni. Alcuni anni sono passati dal nostro ultimo incontro. L’incontro con lui è stato del tutto fortuito, Ci salutiamo con un sorriso, e ci presentiamo ai rispettivi amici. Subito ci invita nella una sorpresa felice per entrambi, che sono sua piccola baita, proprio a ridosso del bivacco Comolli. All’interno la stufa è accesa, ci legati da una stretta amicizia, quasi un mostra la stanza, accogliente, con tante icone di montagne ed alpinisti, alcuni viventi regalo per lo scrittore che stava salendo altri non più, come il grande Marco Anghileri o come Battistino Bonali. Il caffè da lui verso la cima del Grignone. Alla proposta offerto è caldo e gradito, il calore della stufa ci asciuga il sudore della precedente salita. di un amico come Sergio, Davide Chiesa Subito si parla di montagne e di amici alpinisti comuni, e mi mostra l’ultima copia non ha potuto opporre nessun motivo per della rivista di Sport Specialist “Uomini e Sport”. rifiutare: anzi, da come si può leggere, “Perché non scrivi qualcosa per la mia rivista”, mi chiede con entusiasmo. La sua sembra che l’invito di scrivere qualcosa per richiesta mi coglie di sorpresa: “ cosa potrei scrivere?” penso tra me e me. la nostra rivista sia stato accolto con vivo Si capisce che lui tiene molto a questo posto, con la stessa cura con cui ha sistemato la piacere, come un’inattesa occasione per sua baita ha ristrutturato anche l’adiacente bivacco, ad uso gratuito di chiunque passi poter parlare di “un grande uomo e di una di lì: l’amore di Sergio per il Grignone e per quei luoghi è palpabile e soprattutto concreto. bella montagna”. E non solo, anzi, ma anche Come non ricordare inoltre la sua concretezza imprenditoriale, decennale, legata non per poter rivolgere “un cordiale saluto a tutti solo alle “mission” aziendali di chi vende prodotti per la frequentazione della montagna, coloro che transiteranno dal bivacco Riva ma ad un amore vero e proprio per le montagne e per le persone che la frequentano con Girani ai Comolli, luogo di pace, panorami, passione. Persone di tutte le estrazioni sociali e perché no…tecniche. Sì, perché questo sorrisi e piacevoli incontri”. uomo ha dato fiducia non solo ai forti alpinisti nonché “big” tipo Simone Moro o Mario Panzeri, ma ha anche aiutato normali alpinisti non professionisti che avevano qualche bella idea o qualcosa da raccontare. Ricordo qualche anno fa, quando espose volentieri in tutti i suoi negozi il mio primo libro, nonostante fossi un perfetto sconosciuto, e con grande fiducia ci aiutò nella nostra prima spedizione himalayana al Baruntse, fallita, e poi l’anno dopo a quella del Manaslu. Non è da tutti una simile generosità, spontanea e gratuita. Colpisce poi l’amore, caratteristica di tanti uomini che hanno la montagna dentro e che non la usano come strumento, che si manifesta con il suo contributo a valorizzare le montagne lecchesi, soprattutto il Grignone, appunto con la ristrutturazione del Comolli. Una montagna strana il Grignone, contraddittoria nella sua peculiarità ambientale, data dal fatto che proprio sulla vetta, sul punto più alto a 2410 m sorge addirittura un rifugio, il Brioschi, uno dei più amati dal popolo di alpinisti lombardi e non, definito “il più amato d’Italia”. Lo credo, è proprio amato il Brioschi, forse perché se non ci fosse.….beh il Grignone sarebbe una montagna più tosta, e meno frequentata. E la vetta ben più lontana. Invece grazie ad esso anche i principianti, o i semplici escursionisti, possono Qui: Davide Chiesa al fianco di cimentarsi ed assaporare quella sensazione di “alta montagna” che si prova da lassù. Con un panorama Sergio Longoni, davanti alla incredibile che ogni volta stupisce. Una montagna con accessi non da poco, con la possibilità di effettuare struttura del bivacco Riva Girani. anche dislivelli considerevoli, non a caso scelta come terreno di duro allenamento anche da nomi illustri e da atleti delle altissime quote himalayane. Soprattutto in inverno questo amato monte diventa anche impegnativo tecnicamente se l’ultimo tratto risulta ghiacciato e con la presenza di cornici di neve. Penso che in tanti, come Sergio Longoni, e come me, siano stati affascinati e innamorati da questa vetta. Una cima che piace sempre. Sulla quale ci si saluta tutti e non ci sente mai soli, ma neanche ci si disturba però, ognuno con il suo passo, chi di corsa, chi con gli sci, chi a piedi con scarpette o con scarponi. Sulla quale si rincontrano vecchi amici e se ne fanno dei nuovi. Sulla quale non ci si annoia mai. Della quale non ci si stanca mai.

*scrittore di montagna e alpinista

16 | Maggio 2016 | Uomini&Sport SPORT A TUTTO CAMPO GENERAZIONI A CONFRONTO Testo e foto di Davide Chiesa* Nuoto, l’anomalia dinamica: quando il moto è determinato dalle braccia

di Renato Frigerio le interviste a cura di Sara Sottocornola

Per parlare di nuoto, andiamo ad incrociare un’attività sportiva sua proprietà di potenziare la fisicità ed anche come valido mezzo in qualche modo controversa rispetto a quelle che si sono finora per ripristinare la mobilità per persone che l’avevano persa a presentate, in quanto sport che esula dall’autonomo muoversi causa di incidenti di ogni genere. Tutto questo viene attuato in dell’uomo nel suo ambiente naturale, come il camminare o il apposite grandi vasche, denominate piscine: ma è qui che si correre, sia anche dal movimento che ci si procura con mezzi svolgono pure le gare più diffuse e più seguite, quelle appunto che artificiali, tipo biciclette o imbarcazioni. Il nuoto, consistente prendiamo in considerazione in questa rubrica. Eviteremo infatti nel complesso dei movimenti necessari per spostarsi nell’acqua, di parlare delle gare di gran fondo, che vengono disputate sulla in superficie e in profondità, non era indispensabile per l’uomo distanza di almeno 6 chilometri, in mare aperto o lungo i fiumi, e primitivo, come invece lo era il camminare. A quanto pare però, nemmeno di tuffi, pallanuoto e nuoto sincronizzato, che sono le come si rileva da antichissime rappresentazioni rupestri, l’uomo si principali varianti dello sport in acqua. impadronì ben presto della tecnica natatoria. Se infatti prendiamo Ci riferiamo allora al nuoto come sport praticato in vasca per per buona l’indicazione scientifica che fa risalire la comparsa precisare che qui, a differenza della corsa e della marcia, le gare dell’homo sapiens a circa 10.000 anni fa, è davvero sorprendente risultano moltiplicate per i diversi stili con cui si nuota, anche che le rappresentazioni di cui sopra vengano datate a circa 7.000 se gli stessi si compongono tutti nelle medesime fasi con cui le anni dai nostri giorni. Nato comunque come attività utilitaria, una bracciate si alternano al momento di entrare in acqua. Si hanno volta superata questa sua funzione, a seguito dell’introduzione praticamente due fasi, di cui la prima è quella attiva, in quanto dà di sia pur primitive imbarcazioni, il nuoto non è stato mai più la propulsione, usando le mani come fossero delle pale e sbattendo abbandonato nella lunga storia umana. Ha continuato a far parte le gambe in modo da spingere l’acqua lontana dal corpo, mentre la di tutti i popoli, in ogni angolo della nostra terra, sotto forma di seconda fase passiva, serve a recuperare gli arti. Nella fase attiva attività ricreativa in un primo tempo, e divenendo poi una delle prendono forma tre diversi momenti: l’appoggio o presa, quando più attraenti competizioni sportive. Nello sviluppo del benessere la mano penetra in acqua; la trazione, in cui la forza esercitata dal sociale, il nuoto ha acquisito sempre maggiore importanza per la nuotatore è prevalentemente orientata parallelamente al corpo

Qui: incisioni rupestri risalenti presumibilmente alla più recente era glaciale, 10.000 anni fa, documentanti l’esistenza del nuoto.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 17 Uno sguardo storico

Esiste una testimonianza di disegni rupestri che induce a far ritenere che la disciplina del nuoto risalga al periodo preistorico, mentre un sigillo di argilla egiziano datato tra il 4.000 e il 9.000 a.C. mostra quattro nuotatori impegnati in quella che si ritiene una variante del crawl. Certamente più chiare e precise sotto questo aspetto sono le notizie scritte che risalgono almeno al 2.000 a.C., che troviamo nel Gilgamesh, nell’Iliade, nell’Odissea, nella Bibbia, Beowulf e altre saghe. Nel 1538 appare un primo libro sul nuoto, scritto da un professore di lingue tedesco, Nicolas Wynman. Sotto l’aspetto agonistico il nuoto si avvale di una storia ultra Qui: gare di nuoto in una millenaria, in quanto è stato inserito nel fotografia relativa alla Prima Olimpiade moderna programma olimpico fin dai Giochi della prima Olimpiade. In Europa il nuoto competitivo del 1896 disputata nelle iniziò attorno al 1800, principalmente con il dorso. Nel 1833 il tedesco Guts Muths acque nei pressi del Pireo, organizza le prime gare di nuoto e tuffi. Nel 1873 viene introdotto il crawl da John Arthur in Grecia Trudgen, ma già nel 1896 lo troviamo nel programma delle prime Olimpiadi moderne disputate ad Atene. Nel 1908 viene fondata la Fédération Internationale de Natation Amateur (FINA). La prima storica generazione italiana di campioni del nuoto moderno è rappresentata da Emilio Polli, il più forte campione in Italia fino al 1931. Carlo Pedersoli, il noto Bud Spencer, fu il primo italiano nel 1950 a scendere sotto la barriera di 1’ (59,50) nei 100 m stile libero in vasca da 25 metri. Il dorso fa la sua prima apparizione non ufficiale nel 1878 e viene inserito nel programma Olimpico nei giochi del 1900 a Parigi. La rana appare in Europa nel 1844 ed è inserita nei giochi Olimpici di Londra nel 1908. La farfalla viene riconosciuta ufficialmente come nuovo stile solo nel 1953, ma già nel 1956 fa la sua prima comparsa ai giochi Olimpici. (Fonte: Wikipedia)

del nuotatore; la spinta, in cui si lascia indietro la massa d’acqua. Quattro sono gli stili ufficiali, riconosciuti dalla FINA: Farfalla, considerato da molti lo stile più spettacolare e difficile, richiede pure un notevole sforzo fisico e una perfetta coordinazione di gambe e braccia; Dorso, che è l’unico dove il volto dell’atleta è rivolto verso l’alto; Rana, che è considerato lo stile più faticoso e complesso; Stile Libero, con un’azione natatoria lasciata alla libera scelta dell’atleta, anche se con il passare del tempo viene da tutti utilizzato il crawl. Questo, che viene definito il principe degli stili ed è il più appassionante, è lo stile che garantisce di muoversi nell’acqua nel modo più efficace ed economico. Le competizioni contemplano anche le gare in Stile Misto, quando ogni quarto della lunghezza del percorso viene effettuato alternando i quattro diversi stili con questa sequenza: farfalla, dorso, rana, libero. Qui: Alfréd Hajós è stato Le gare si svolgono normalmente in vasche di lunghezza metri 50, sulla distanza di m 100, il primo campione nel nuoto 200, 400, 800 e 1500 per lo stile libero; 100 e 200 per il dorso, farfalla e rana; m 400 per il misto. alle Olimpiadi moderne giocate Per la staffetta maschile le distanze sono m 4x100 e 4x200 per lo stile libero e 4x100 per lo stile nel 1896. misto. Per la staffetta femminile solo m 4x100 per stile libero e 4x100 per il misto. Da 25 anni si svolgono campionati mondiali nella specifica tipologia della vasca corta. (Fonte: Wikipedia)

18 | Maggio 2016 | Uomini&Sport DA CHI HA PASSATO IL TESTIMONE Massimiliano Rosolino

Dici nuoto e pensi a Rosolino. Il nuotatore italo-australiano, biondissimo e con lo sguardo di ghiaccio, è uno dei volti più noti dello sport italiano. Perchè con le sue vittorie ha contribuito fortemente a portare il nuoto nelle case degli italiani, e forse anche per le sue partecipazioni televisive a “Ballando con le stelle” (dove ha incontrato sua moglie Natalia Titova) e al reality “Pechino Express” che ha vinto con il campione di judo Marco Maddaloni. Nato a Napoli l’11 luglio 1978, campione Olimpico a nel 2000 e Mondiale a Fukuoka nel 2001 nei 200 metri misti, ha un palmares troppo ricco per essere raccontato in poche righe. Tra il 1995 e il 2008 è stato quattordici volte campione Europeo e 60 volte a medaglia in importanti manifestazioni internazionali come Giochi Olimpici, campionati Mondiali ed Europei. L’apice della sua carriera è stato l’anno 2000, nello stile libero e nei misti. Lascia l’agonismo dopo il 2009.

> Massimiliano, la tua carriera è costellata di medaglie e grandi vittorie. Ma la carriera di uno sportivo è anche fatta di molti sacrifici. Oggi, guardando indietro per fare un bilancio, lo vedi in positivo o negativo? Io direi solo positivo. Perchè quando raggiungi obiettivi o comunque semplicemente ci provi vuol già dire che ne è valsa la pena. Dico sempre che quando decidi di fare qualcosa ci sono due strade: se ci provi puoi avere due risposte; se non ci provi non ne avrai nemmeno una. > Italo-australiano e nato a Napoli. Il mare, l’acqua, ce l’hai nel sangue? È questo, quindi l’istinto, che ti ha portato a diventare un grande del nuoto oppure piuttosto una decisione razionale perseguita con determinazione? Penso che nel mio Dna la volontà di avvicinarmi all’acqua ci fosse. Rimanevo a mollo in vasca da bagno per ore e Qui: da sinistra, ore, il mare mi piaceva, ho iniziato a stare a galla quando in piscina mi sono accorto che la tavoletta che doveva , tenermi a galla è andata a fondo quindi... in un certo senso “dovevo stare a galla” nella vita. , Massimiliano > Da dove viene il soprannome “Cagnaccio”? Ti piace? Rosolino, Emiliano Devo dire che il soprannome “cagnaccio” non mi fa impazzire. Lo sopporto perchè mi ha portato molta fortuna. E’ Brambilla, festanti: nato nel 1995, durante un raduno quando René Gusperti, uno degli “anziani” del gruppo, mi ha chiamato così. Mi vincitori della ha visto grintoso, determinato, in acqua attaccavo tutti i miei compagni di squadra e mi ha detto “sei proprio un staffetta 4X200 stile cagnaccio”... libero, ai campionati Europei di Eindhoven, ...SEGUE A PAGINA 21 Olanda, nel 2008.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 19 Matteo Pellicciari

Le Olimpiadi: un sogno di bambino diventato realtà. , nato a Milano il 22 gennaio 1979, è una delle stelle azzurre del nuoto che più hanno fatto sognare le giovani generazioni. Specializzato nei 200 metri stile libero, è stato uno dei protagonisti delle staffette che hanno portato all’Italia diverse medaglie tra fine anni 90 e inizio millennio. Ha stabilito il record Europeo con la staffetta 4 x 200 stile libero, sia in vasca lunga che in vasca corta. Dopo l’abbandono dell’attività agonistica, è diventato allenatore ed è rimasto nel settore del nuoto: lavora per Aquarapid, nel reparto commerciale/sviluppo prodotti e segue i giovani atleti della scuderia.

> Matteo, dagli Europei Giovanili di Copenaghen nel 1996 all’oro di Eindhoven nel 2008. Hai vissuto molti anni fra competizioni di altissimo livello, allenamenti a ritmo serrato e viaggi per il mondo. Ora lavori per una grande azienda del settore. Ti manca quel periodo, o sei contento di quello che fai oggi? Tutte due in realtà. Da un certo punto di vista mi mancano quel brivido e quell’emozione. Dall’altro è stata una parentesi della mia vita che adesso si è chiusa: la vita va avanti, quella è stata solo la prima parte. Ora l’azienda è il mio lavoro a tempo pieno, mi occupo di indicazioni di sviluppo per il settore agonistico e commercializzazione. Ad esempio seguo la fase di sviluppo dei costumi da competizione, che non testo più direttamente, perchè non ho più le sensazioni di un tempo. Ma mi piace molto: ho trovato il modo di restare nell’ambiente e sono molto contento. > Si racconta che il tuo incontro con il nuoto non sia stato dei migliori. Che cosa è accaduto? È stato un po’ particolare: quando avevo 3 anni circa, i miei hanno visto che al mare avevo un po’ paura dell’acqua ma ne ero anche attratto, quindi mi hanno iscritto a un corso di nuoto. Ai tempi facevano pochi corsi prescolari. È stata un’esperienza tragica, il giudizio è stato “elemento non idoneo al nuoto” e quando sono uscito da lì non volevo più saperne di una piscina. Qualche tempo dopo, ero all’ultimo anno di scuola materna, avevano organizzato un pullman che passava in varie scuole della zona a prendere i ragazzi per portarli a fare i corsi di nuoto. Questa cosa affascinava tantissimo, più per il pullman e per il fatto di prenderlo da solo, con i miei amici, che per il nuoto in sè. Dopo un anno e mezzo mi hanno proposto il preagonismo, dicendo che era solo 3 volte a settimana, serviva a perfezionarsi. Ho provato, e gli allenamenti sono diventanti 4,5,6 a settimana ed eccomi qua. > Arrivare ai massimi livelli è stato naturale oppure c’è stata la spinta di qualcuno: della famiglia, degli allenatori, o magari della tua ambizione? No, è avvenuto tutto abbastanza inconsapevolmente. Quando ero bambino, in un tema di prima media, hanno chiesto qual era il mio sogno nel cassetto: ho risposto “andare alle Olimpiadi”. Ma non credo mi rendessi conto quale fosse il vero significato della cosa. Non era la mia ambizione reale, forse avevo solo l’idea di arrivare ai massimi livelli di qualcosa. Infatti poi è stato tutto naturale, anche se rispettando certe regole come non mancare mai agli allenamenti. Chiaramente contano le doti innate, perchè puoi impegnarti finchè vuoi, ma se non hai quelle non vai da nessuna parte, e così viceversa: non vinci le Olimpiadi senza un impegno costante. > È cambiato il nuoto da quando hai iniziato ad oggi? Sì. Dal punto di vista tecnico c’è stata la grossa rivoluzione dei costumi da competizione, fino ad arrivare all’apice di quelli in gomma, e alle limitazioni di oggi sulla superficie coperta. Tecnologicamente è stato un notevole sconvolgimento. E poi io ho fatto parte di quella generazione in cui l’Italia per la prima volta si è affacciata al nuoto come una nazione di primo piano. Questo ha causato, in senso positivo, una crescita di tutto il movimento sin dalla parte giovanile che per noi era ancora molto “soft”. Per esempio, negli anni ‘80-’90 la palestra era vissuta come un demone soprattutto per i giovani; invece adesso si è scoperto che è il momento in cui si costruisce la forza, anche a 12-14 anni. Per fortuna, comunque, il nuoto si basa prevalentemente su un movimento del corpo umano e questa forte crescita non ha sconvolto i valori in campo come in altri sport. > Quanto conta il materiale tecnico nel nuoto? Può fare la differenza anche se l’attrezzatura, i costumi, sono una parte così “piccola” del vostro stare in vasca? Conta molto. Adesso si è abbassato a livello prestazionale soprattutto l’uomo perchè si usa il jammer, una specie di ciclista, mentre negli anni scorsi potevi usare un costume integrale dai polsi alle caviglie. I primissimi costumi del genere davano qualche vantaggio perchè facevano scivolare o galleggiare ma questo veniva compensato dal maggior peso del tessuto bagnato. Io ero stato subito favorevole anche perchè era una possibilità di visibilità per gli sponsor, come le tute di Formula 1. Questo poi non si è realizzato. Dando spazio a tecnologia e innovazione poi siamo arrivati al 2008 con questi nuovi costumi in gomma comunemente detti fra noi “gommoni”: hanno veramente sconvolto molto il mondo del nuoto. Ci sono stati oltre 220 record in 2 anni, e parlo di record del mondo. Nei 50 dorso donne del 2009 a Roma hanno fatto 4 volte il record durante la manifestazione. È una cosa mostruosa. Ci si è accorti che era esagerato e si è fatto un passo indietro, limitando il tipo di tessuti che puoi usare a livello di impermeabilità, e la superficie del corpo che puoi coprire. Comunque anche i tessuti senza gomma hanno fatto un passo in avanti tale per cui siamo quasi a quei livelli. Se tornassimo allo slip per l’uomo e all’olimpionico per donna il nuoto farebbe un salto indietro in tempi e prestazioni.

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20 | Maggio 2016 | Uomini&Sport ...SEGUE DALLA 19 ...SEGUE DALLA 20

> Qual è stato il tuo avversario più forte? E la squadra con cui > La tua medaglia più bella? ti sei trovato più in sintonia nella staffetta? Il campionato Europeo di Helsinki nel 2000, perchè è stata quella L’avversario più forte, senza ombra di dubbio e ricordando gli più inaspettata di tutti. Quell’anno avevo iniziato con l’idea di anni più belli che ho attraversato, è stato Ian Thorpe: tentare tutte le carte possibili per andare all’Olimpiade, preparato anche nel momento in cui ho avuto il mio massimo di forma a non avere rimpianti in caso di mancato risultato. È stata invece fisica, nel 2000-2001, lui restava praticamente imbattibile, un’annata fantastica, ho iniziato con un collegiale in altura con la nonostante ci abbia provato in tutte le salse. La squadra che mia società e poi al Gran Prix Italia a Viareggio battei nei 200 stile ricordo con più piacere è sicuramente quella del 2000-2001 con sia Brembilla che Rosolino, che erano ormai da anni i migliori , Matteo Pelliciari e , per interpreti della distanza, assolutamente imbattuti in Italia. arrivare al 2004 con Filippo Magnini, , e ancora Poi sono arrivati i campionati assoluti e la qualificazione per Brembilla e Pellicciari. l’Europeo di Helsinki come 4/5 della 4x2. Ero una matricola, mi > La difficoltà più grande che hai dovuto affrontare: la gara o son giocato il posto con altri due e son riuscito a entrare: abbiamo la medaglia che ti hanno lasciato l’emozione più forte. vinto. È un ricordo magico, una vittoria inattesa per me e per gli La gara che mi ha lasciato l’emozione più forte rimane quella allenatori. del 2000, quando ho vinto l’oro nei 200 metri misti stabilendo > L’Olimpiade è stata poi l’emozione che sognavi? il record Olimpico. E nel 2014 ho avuto forse la delusione più Sì, anche di più. Ci sono arrivato abbastanza incosciente perchè grande, perchè non centrare nemmeno la finale Olimpica sulla mi sono reso conto di cosa è stata Sydney quando sono rientrato: distanza che avevo vinto quattro anni prima è stata davvero era la conseguenza di un anno magico in cui è venuto tutto, e la una bella “legnata”. convocazione Olimpica è arrivata alla fine. Forse sono riuscito a > Sei uno dei nuotatori che è rimasto più a lungo all’apice leggere davvero l’atmosfera Olimpica con l’ultima che ho fatto a dell’agonismo. Come ti sei visto cambiare in questi anni, e Pechino. L’ho vissuta con maggior consapevolezza, forse anche come hai visto cambiare il nuoto? perchè io ero più grande. Rimanere tanti anni sulla cresta dell’onda è il sogno di ogni > C’è mai stato un momento di difficoltà in cui hai pensato che ragazzo che intraprende un’attività anche abbastanza severa sarebbe stato meglio fare il pittore, o l’operaio? come quella del nuoto. Sono cambiato, certo. Perchè da 20 a No, non così tanto. Però nel 2006-2007 ho avuto un grosso passo 30 anni le cose cambiano. Cambiano le distanze: a 20 anni indietro rispetto alla stagione precedente. Mi sono perso sulla riesci a fare 5 gare e prepari 2-3 discipline, invece quando sei vasca lunga e avevo iniziato a pensare di aver già dato il meglio, più grandicello cerchi di non rischiare così tanto, perchè devi e di essere in fase calante. Invece nel 2008 ho ripreso subito bene cercare fondamentalmente di portare la freccia al bersaglio a settembre, riuscivo a girare nuovamente sulle andature che senza sbagliare. E anche a livello personale comunque cambi. facevo quando ero al top della forma. Mi sono reso conto che negli > A che punto è oggi la tua storia di sportivo e cosa vedi nel anni precedenti non mi ero allenato bene. Mi sono qualificato tuo futuro? all’Europeo ma non in modo brillante e così anche alla selezione La mia storia da sportivo credo non avrà mai termine, perchè Olimpica. Poi ho conosciuto una ragazza che ad oggi è mia moglie, per me lo sport rappresenta comunque un modo di vivere. e questo momento di serenità mi ha aiutato a ritrovare quello Se fossi un insegnante e potessi scegliere una materia a scatto in più che mi mancava in gara. scuola sceglierei lo sport, perchè secondo me non è solo un > Preferisci nuotare solo o in staffetta? passatempo, è proprio una materia. Figuriamoci da grande. Tutti e due. Il nuoto è uno sport individuale anche quando fai La cosa più bella per me è quando la mattina vado in palestra staffetta, non è paragonabile a uno sport di squadra. Sono 4 o piscina io, e il pomeriggio porto le bambine: quella è la mia individualità messe insieme. Devo dire che ho sempre amato giornata preferita. la gara individuale, ma in carriera nelle staffette sono sempre > Il tuo volto è noto per lo sport e per due esperienze riuscito a dare qualcosa in più e il medagliere lo dimostra. televisive come Ballando con le Stelle e Pechino Express. Ti > Un pensiero per l’altra vecchia gloria Rosolino... piace la popolarità? Ritorneresti in Tv o sono state solo delle Vecchia gloria? A pensarci fa ridere, è vero che a 37 anni sono parentesi? giovane, ma l’età media del nuoto è abbastanza bassa. Io ho Ricordo con grande soddisfazione queste due esperienze in Tv, smesso a 30 anni, Massimiliano a qualcuno in più, ma eravamo che sono state certamente le più belle però sono state un reality ai limiti su queste distanze. Vecchia gloria ci sta. Per me lui è e un varietà. Ora ben venga tornare in Tv per fare l’opinionista, sempre stato un obiettivo da raggiungere: ha solo 6 mesi più di me, qualche volta, però se potessi fare un’esperienza da conduttore ma lui era già una stella nella parte giovanile, quando io mi sono di programmi come Linea Blu, Linea Verde, sarebbe molto più affacciato allo sport. Ho visto la sua crescita verso la Nazionale e gratificante. pensavo fosse un traguardo molto lontano, all’inizio non pensavo > Un pensiero su Matteo Pellicciari, che è affiancato a te in di potercela fare. Tant’è che in quella famosa gara di Viareggio queste intervista come grande campione degli ultimi anni. è stata soddisfazione immensa batterlo. Da quel momento si è Che tipo è? Per cosa lo stimi e che ricordo hai della prima creata un’amicizia che è andata oltre lo sport. volta che ti ha battuto, a Viareggio? Come è cresciuta la vostra Per esempio dopo l’Olimpiade di Sydney siamo andati in vacanza amicizia? con altri in Australia. È sempre stato un discorso di riuscire a Parto subito da questa cosa di Viareggio perchè non mi ricordo mettere la mano davanti... qualche volta ce l’ho fatta, la maggor quando mi ha battuto: se è successo ero distratto (ride). Al di là parte no, ma abbiamo avuto un rapporto sempre molto corretto. della battuta... Matteo da noi era soprannominato il “tuttologo”, È uno sportivo a 360°. perchè era sempre preparatissimo su qualsiasi materia che fosse matematica, scienze, fisica. Per quanto riguarda il nuoto, però, penso di conoscere molto più di lui! L’esperienza più bella è stata sicuramente l’Olimpiade 2004 quando insieme abbiamo raggiunto un traguardo veramente importante. Ho un ricordo meraviglioso di Matteo.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 21 Federico Bocchia

Federico Bocchia, nato a Parma il 24 ottobre 1986, è un protagonista nato. Chiamato “Re squalo”, celebre per le sue entrate in vasca con mantello, scettro e corona, è uno stileliberista specializzato nei 50 metri, gara in cui ha vinto 7 titoli assoluti in vasca lunga. Ha debuttato nel 2003 con la Nazionale giovanile. Nella categoria assoluta ha vinto nel 2007 i tre titoli dei 50 m stile libero. Nel 2009 è stato bronzo ai Giochi del Mediterraneo di Pescara (50 m) e agli Europei in vasca corta di Istanbul (staffetta 4 × 50 m stile libero con , Filippo Magnini e ). Dopo un breve momento lontano dalla maglia azzurra è tornato vincendo con la Nazionale un oro (4x50 stile libero mista) e un argento (4x50 stile libero uomini) agli Europei di Netanya in Israele, dove l’Italia ha incassato un numero record di medaglie: 17, di cui 7 ori, 5 argenti e 5 bronzi. “Ora mi sento un professionista serio a 360°, dal punto di vista fisico e mentale, pronto e maturo per il salto di qualità definitivo” aveva detto Bocchia dopo essersi qualificato per la competizione.

> Cosa significa per te essere un campione di nuoto? Essere qualcuno che può lasciare un segno o dare l’esempio oppure semplicemente soddisfazione personale per i traguardi raggiunti? Essere un campione mi fa sentire, in un certo senso, responsabile. Perché sono un esempio per i giovani e per quelli che vogliono o vorrebbero intraprendere questa strada. > Qual è stata la tua vittoria più bella? La vittoria più bella è sicuramente la staffetta mista ai Campionati Europei di nuoto in vasca corta di Netanya in Israele, che si sono svolti nel 2015. Con Marco Orsi, Silvia Di Pietro ed Erika Ferraioli abbiamo vinto l’oro con un tempo complessivo di 1’29”26 segnando il nuovo record dei Campionati, che prima apparteneva alla Germania. > Da dove viene il soprannome “re squalo”? Trovi che ti rispecchi? Da questo è nata la cuffia da squalo che ora spopola e come ti senti vedendo questo successo? È vero che hai fatto anche una linea di profumo? La cuffia è nata per un gioco, per il soprannome che mi avevano dato alcuni amici che mi chiamavano “king”. Poi una designer mi ha chiesto quale fosse un animale che mi caratterizzasse per crearmi una cuffia, e da lì è nato il marketing. Anche il soprannome “re squalo” è nato per motivi di marketing, ed è stato scelto perchè rispecchia la mia forte personalità. Devo dire che mi piacciono queste inziative. Recentemente, ho creato anche una linea di profumo. > I tuoi ingressi con mantello e scettro sono ormai celebri. Questo carattere ti ha aiutato o intralciato nella vita? Gli ingressi mi hanno aiutato molto ad avere più sicurezza prima e durante la gara, ma spesso purtroppo mi hanno procurato problemi con le autorità. > Quanto è dura mantenere sempre alto l’impegno dopo una grande vittoria? Qual è l’importanza di un mental coach? Ogni grande vittoria mi dà una carica in più per continuare a lavorare con entusiasmo e sacrificio, e puntare dritto all’obiettivo successivo. Attualmente non ho un mental coach, credo comunque che sia un ottimo supporto per atleti che vivono agonismo ad alto livello. > Raccontaci una tua giornata tipo? Oltre all’allenamento, quanto conta la nutrizione nel tuo sport? Nel nuoto la nutrizione è molto importante perché mantenersi in forma, anche grazie alla preparazione atletica, è uno dei principi base di questo sport. Mi sveglio alle 8.30, poi dalle 9.30 alle 11.30 mi alleno in palestra. Alle 12.30 pranzo e dalle 14.30 alle 16.30 sono in piscina. Alle 18 faccio uno spuntino, alle 20.30 cena e poi relax fino a mezzanotte. Poi a nanna! > Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Lavorare bene per fare il tempo agli assoluti o al Settecolli per le Olimpiadi di Rio.

22 | Maggio 2016 | Uomini&Sport A CHI È TUTTORA IN CORSA Alice Mizzau

Alice Mizzau, di Codroipo (Udine), nata il 18 marzo 1993, è una delle giovani stelle della Nazionale italiana di nuoto. Specializzata nello stile libero, dal 2011 fa parte del gruppo sportivo delle Fiamme Gialle. Si è distinta la prima volta agli Europei giovanili del 2009 con l’argento nella staffetta 4x100 stile libero. Dal Friuli si è trasferita a San Marino per allenarsi con il tecnico Max di Mito, che oggi ha deciso di seguire a Caserta con il team Energy Standard, dopo aver fatto un anno a Sabadell, in Spagna, allenata da Fred Vergnoux. Con Federica Pellegrini, Silvia Di Pietro ed Erika Ferraioli ha stabilito il record Italiano staffetta 4x100 m stile libero il 28 luglio 2013, all’esordio ai Campionati del Mondo di Barcellona. Il 2014 è stato un anno difficile, per la scomparsa della madre Ida: Alice si è ritirata dagli Europei per starle accanto. E le ha voluto dedicare la medaglia d’argento vinta l’anno successivo a Kazan. Un risultato importante, ma Alice guarda avanti, mentre si allena anche in notturna per preparare le Olimpiadi di Rio 2016.

> Alice, un carattere solare e una determinazione come poche ti hanno portato un palmares ricco di medaglie e di esperienze importanti a soli 23 anni. Come ti sei avvicinata al nuoto e qual è stato il momento più bello della tua carriera? Mi sono avvicinata al nuoto quando avevo due anni prima di tutto per evitare “la paura dell’acqua” e in secondo luogo per seguire le orme di mia sorella maggiore. Il momento più bello della mia carriera è stato quando sono scesa sotto i due minuti per la prima volta nei 200 stile, facendo 1.58.94. È stata una soddisfazione immensa, una sorpresa. Per ora. Il mio sogno nel cassetto... è arrivare al mio massimo, il mio limite. Non credo di averlo ancora raggiunto. > Ai Mondiali di Kazan, sul podio della staffetta 4x200 in cui avete vinto la medaglia d’argento, hai scattato un selfie che ha fatto il giro del web... L’ormai famosissimo “selfie mondiale” è stata una mia idea. L’ho fatto presa dalla felicità del momento, di trovarmi su quel podio e soprattutto senza rendermene conto. Non ci ho pensato due volte. > Quanto conta il rispetto delle regole nel nuoto? E l’amicizia, il lavoro di squadra ad esempio nella staffetta? Il rispetto delle regole nel nuoto è fondamentale, poiché la gara è il risultato delle regole che sono state rispettate o meno in allenamento. Il nuoto è uno sport individuale, anche nelle staffette ognuno fa la gara in una diversa posizione; in questo caso però, per fare quel passo in più, per fare la differenza, è molto importante che il gruppo sia affiatato e in sintonia. > Hai avuto vittorie importanti. E hai gareggiato con personaggi come Federica Pellegrini. Essere un personaggio pubblico ad alti livelli, quanto pesa secondo te sulle performance? Comporta pressioni a livello psicologico, in modo positivo o negativo? Più si raggiungono i vertici e più si è sotto la lente d’ingrandimento, oggetto di possibili giudizi. Sicuramente essere un personaggio pubblico incide sulla performance, bisogna solo imparare a gestire il tutto. > Quanti sacrifici ha comportato dedicarti al nuoto a livello agonistico? Qual è la motivazione che ti ha spinto a percorrere questa strada, quando eri piccola e ora? Per dedicarmi a questo sport a livello agonistico ho fatto molti sacrifici. Non parlo di sacrificare pomeriggi con gli amici al parco oppure i sabato sera in discoteca, perché i risultati e le gioie che ho ottenuto valgono molto di più per me. Ma ho sacrificato il tempo da passare con la mia famiglia a casa, Natale, Pasqua con i miei cari. Nonostante questo, però, lo consiglierei sinceramente ad un bambino, perché questo sport insegna la disciplina ed è una marcia in più nella vita di ogni giorno. > Raccontaci una tua giornata tipo. La sveglia suona alle 6.30 per essere in piscina alle 6.55. Dalle 7.15 alle 9.45 ho allenamento in acqua, poi la colazione. Dalle 10.30 alle 11.45 sono in palestra. Alle 13 pranzo e un po’ riposo, ho un’ora per dormire. Dalle 16 alle 16.30 riscaldamento a corpo libero e poi fino alle 19 allenamento in acqua e stretching. Alle 20.15 cena e relax (ma alle 22.30 si va a dormire!!). > Cosa ti piace fare quando non nuoti? Quando non nuoto mi piace rilassarmi leggendo o guardando film, poi adoro fare passeggiate sia nella natura che in mezzo alla gente. Ultimamente mi interesso molto di moda. > Sei nel gruppo sportivo Fiamme Gialle. Come vedi il tuo futuro quando smetterai con l’agonismo? Essere nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle è una grande fortuna e un grande onore per me. Sicuramente vedo la possibilità di continuare la mia carriera dentro all’arma, poi in futuro si vedrà.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 23 EVOLUZIONE NELL’ALPINISMO

Dove va l’alpinismo? La determinante presenza lecchese negli storici dibattiti di Renato Frigerio

La domanda al giorno d’oggi, a quanto pare, non viene più posta: in questo caso. Del resto non sarebbe stato comprensibile per anche se non è del tutto superflua, sembra che ormai non interessi nessuno che proprio ne rimanesse estranea, dopo tutto quello che più di tanto, per cui al massimo potrebbe essere formulata a modo aveva realizzato nell’alpinismo con i suoi capiscuola e con i tanti di provocazione, tanto per mettere in moto una sfida, che comunque alpinisti che avevano portato avanti ininterrottamente per decenni non è più di moda. una gloriosa tradizione. Su questo si cominciò ad interrogarci soltanto una quarantina Dalla Sezione lecchese del CAI, con i suoi Ragni, dalla sorprendente d’anni fa, quando ormai tutte le cime più importanti erano state Sottosezione del CAI Belledo, e in seguito dal gruppo Gamma, violate e quasi tutte le montagne erano state percorse lungo le vie partirono significative iniziative per contribuire a dare una risposta più interessanti e significative. ai quesiti sottintesi alla domanda: dove va l’alpinismo? La fantasia allora si stava indaffarando nella ricerca di forme Nessuno si meravigliò cha a farsi avanti per primo fosse un nuove e diversificate che consentissero agli alpinisti più accaniti, minuscolo sodalizio dell’imponente consorzio alpinistico lecchese: e certamente dotati di qualità eccezionali, di attirare lo stupore e la Sottosezione del CAI Belledo, guidata da Ambrogio Panzeri, l’ammirazione degli appassionati che a quel tempo erano molto più che si mosse soprattutto a seguito del fremente impulso dei suoi numerosi degli attuali. Non è di questo però che intendiamo parlare, perché in tal caso dovremmo incominciare addirittura con il chiederci che cosa si intende con la parola alpinismo, e a proposito di chi e di che cosa si è coniato un termine che prima non esisteva. Dopo di che, dovremmo esaminare se lo stesso termine si può applicare adesso a tutti coloro che arrampicano su ogni parete, cercando quasi di sfidare la legge di gravità. Certamente anche nell’alpinismo e nel modo di arrampicare, nessuno lo mette in dubbio, si è svolta una naturale evoluzione che, in certo modo, ne ha cambiato la faccia, contribuendo nello stesso tempo a sminuire apparentemente perfino il merito ed il valore dei primi conquistatori delle cime più impervie.

Dobbiamo comunque ammettere che la domanda che ci ha introdotto qui, a suo tempo non si è presentata come un quesito accademico, ed è comprensibile che, se poteva essere posta anche da chi era più o meno profano, a maggior ragione abbia coinvolto sia chi l’alpinismo lo praticava, sia chi lo seguiva con pari passione e interesse. Fu così che la questione accalorò gli animi e ne iniziarono a scriverne e a parlarne nelle loro conferenze tanti alpinisti, soprattutto quelli che andavano per la maggiore. Fu così che se ne fecero carico le Sezioni del CAI, i gruppi alpinistici e i vari settori culturali che avevano a cuore la purezza di questa pratica sportiva. Fu così che anche la comunità lecchese legata alla montagna non solo avvertì come suo doveroso compito intervenire in questa disputa, ma lo fece con tanto calore e impegno da distinguersi una volta di più per la particolare attenzione e competenza che dimostrò anche

24 | Maggio 2016 | Uomini&Sport giovanissimi soci. Fu da parte sua che il 29 ottobre del 1974 venne organizzato un grandioso e acceso Convegno per dibattere in merito ad un argomento sul quale si capì subito che le opinioni divergevano notevolmente. Sul tema indicato sinteticamente “Il settimo grado” era ormai giunto il momento di dare risposte chiare e definitive rispetto alla scala delle difficoltà alpinistiche, la cui valutazione allora cominciava ad apparire estremamente confusa. Quanto l’argomento fosse attuale e particolarmente sentito risultò chiaramente dal fatto che il Convegno si presentò affollatissimo e che a prendersi la parola intervennero alpinisti e giornalisti di grosso spessore, come Riccardo Cassin, Reinhold Messner, Giampiero Motti, Alessandro Gogna, Ugo Manera, Corradino Rabbi, Aldo Anghileri, Piero Ravà, Casimiro Ferrari, Det Alippi, Luigino Airoldi, Nino Oppio. Era la prima volta che, almeno in Italia, veniva posto storicamente il problema relativo alla percezione che il sesto grado non bastava più, e qui finalmente veniva data una risposta illuminante sullo stato delle cose al 1974. L’importanza storica di questo Convegno è Sopra: un’immagine dell’originario trofeo “Grignetta stata recentemente ripresa dal lusinghiero riconoscimento di d’Oro” che fu assegnato per la prima volta Reinhold Messner, che lo cita nel suo ultimo volume “La vita a Benvenuto Laritti nel 1970. secondo me”, ricordando che “a Lecco – la roccaforte italiana dell’alpinismo estremo – si tenne una prima tavola rotonda sui pro e i contro dell’introduzione di un settimo grado di difficoltà, e che erano presenti numerosi alpinisti e giornalisti rinomati, ma anche alpinisti meno assidui”.

Pagina a lato: riproduzione del frontespizio della pergamena realizzata a ricordo dello straordinario convegno.

Qui: un’eco del dibattito lecchese in un articolo di una figura storica e prestigiosa dell’alpinismo, Emanuele Cassarà, pubblicato sul numero del 7 novembre 1974 di “Tuttosport”.

Non si può escludere che a muovere le acque verso la soluzione dell’annoso quesito abbia avuto la sua parte anche la rimarchevole iniziativa della Sottosezione del CAI Belledo, dove stavano facendosi luce le brillanti idee dei suoi più giovani ed entusiasti alpinisti. Grazie al loro apporto culturale per un concreto rinnovamento della pratica dell’alpinismo, che deve necessariamente sorgere a partire dalle nuove generazioni, fu organizzata la promozione di un Concorso annuale denominato “Premio Grignetta d’Oro”, riservato ai giovani alpinisti lombardi di età non superiore ai 24 anni, da conferire al rocciatore che documentava la serie più completa di vie salite, conteggiando sia il numero delle scalate che la loro specifica difficoltà. Nella normativa era inserita la clausola che chi fosse “volato” anche una volta soltanto, venisse ipso facto eliminato. Il Concorso si effettuò regolarmente e con grande successo dal 1970 al 1976.

Sono poi i Gamma che nel 1978 organizzano un Convegno per riflettere sul significato dell’innovativa tecnica dell’arrampicata, così come perviene dalle incredibili esibizioni che si stanno attuando sulle candide pareti nella Yosemite Valley. “Alpinismo americano – Dalla California arriva il Nuovo Verbo delle scalate” è il tema su cui il 28 ottobre si svolse l’intenso dibattito, introdotto dalle relazioni di Renato Casarotto e Giancarlo Grassi. Erano intervenuti, richiamati dalla novità e dall’importanza dell’argomento, numerosi alpinisti italiani al tempo al centro dell’attenzione, quali Sergio Martini, Lorenzino Cosson, Nando

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 25 A lato: frontespizio della pergamena relativa come documentazione degli eccezionali personaggi intervenuti al convegno sull’alpinismo californiano.

Sotto: è ancora consultabile la solita pergamena che documenta la ricca e prestigiosa presenza degli alpinisti che offrivano il loro autorevole contributo all’iniziativa.

Nusdeo, Felice Anghileri, Ivan Guerini, Raffaele Dinoia, Jacopo Merizzi, Paolo Panzeri, Daniele Chiappa, Maurizio Simonetto.

La volontà di fare chiarezza anche del rapporto alpinistico nel suo riferimento con il suo massimo teatro, cioè là dove le vette che superano gli 8000 metri di quota erano state definitivamente conquistate, apriva il problema di come si potessero realizzare analoghe imprese corrispondenti alla quotazione più grande dell’alpinismo. Si trattava di un compito ambizioso, che fu affrontato anche questa volta dal gruppo lecchese Gamma, inserendolo come primizia nell’ambito delle sue manifestazioni programmate per celebrare il primo ventennio della sua fondazione. Fu così che si diede vita ad un importante Convegno con tema “Oltre gli ottomila”, per discutere sulle prospettive alternative per il nuovo nell’alpinismo. Nelle due intere giornate del 7 e 8 marzo 1998 si svolse, in un ampio salone pubblico cittadino, un serrato e vivace dibattito, nel quale intervennero per esporre le loro posizioni alcuni dei numerosi ospiti di lusso che erano stati invitati, tra i quali Lindsay Griffin, Roger Payne, Ken Wilson, Jean Christophe Lafaille, Thomas Humar, Erhard Loretan, Romolo Nottaris, Riccardo Cassin, Simone Moro, Sonja e Paolo Vitali, Agostino Da Polenza, Manrico Dell’Agnola, Mario Manica, Mario e Tore Panzeri, Floriano Castelnuovo, Dario Spreafico, Gianluca Maspes, Sergio Panzeri, Marco Anghileri, Manuele Panzeri, Danilo Valsecchi, Gigi Mazzoleni, oltre ai relatori Marco Bianchi e Giuliano De Marchi ed al coordinatore Giacomo Stefani.

Da quell’anno, a Lecco come altrove, su simili questioni è calato una specie di sipario: vuol forse dire che ogni perplessità è stata del tutto superata, oppure è il segno che è stato tacitamente deciso che ognuno interpreti l’alpinismo alla sua maniera? Ma anche questi interrogativi, se ancora ci interessiamo seriamente di alpinismo, non sono forse degni di meritare una risposta? Sarebbe bello che anche adesso si partisse da Lecco...

26 | Maggio 2016 | Uomini&Sport PUNTI VENDITA DF SPORT SPECIALIST

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Uomini&Sport | Maggio 2016 | 27 ALPINISMO INVERNALE ALLA GRANDE

Si realizza la prima traversata delle Sciore Un concatenamento durato 18 ore corona il sogno di cinque anni di Fabio Salini * Il Gruppo delle Sciore (letteralmente “di sopra”) si trova Le Sciore sono, insieme al Badile e Cengalo, le “regine” della Bondasca. Sono severe anche se nelle Alpi Retiche occidentali, l’inverno non è quello dei racconti epici dei fratelli Gianni e Antonio Rusconi. Il concatenamento sul territorio svizzero del Canton invernale (che poi non è un progetto ma un sogno), è nato grazie ad una intuizione di Giuseppe Grigioni a lato della Val Bregaglia. “Popi” Miotti che mi ha “invitato” a partecipare non ricordo più quanti anni fa, insieme al comune Maestoso e ambito dal punto amico Luca Maspes. di vista alpinistico, è costituito Da allora ci ho provato quattro, credo, o forse cinque volte. La prima con Miotti e Maspes, la da un’imponente bastionata di seconda con Maspes e Giovanni Ongaro, la terza e la quarta con Davide Codega. E la quinta, nel granito formata dalle cime Sciora 2015, sempre con Davide è stata il coronamento del sogno. di Dentro - 3275 m, Ago di Sciora - Non era un progetto riservato, di quelli che parti senza dirlo a nessuno e rendi pubblico 3205 m, Pioda di Sciora - 3236 m, soltanto a cose fatte. Io i segreti non li so proprio tenere. Già due anni or sono, dopo essere stato Sciora di Fuori - 3169 m, Scioretta “rimbalzato” dalle Sciore con Davide ho postato su due social network la foto con commento... - 3046 m. dunque tutti lo sapevano. Ma questo non ha tolto emozioni alla scalata. A quota 2118 m, ai piedi del Ci sono volute 18 ore no stop. Ma non ci aspettavamo niente di meno. Abbiamo tenuto la gruppo, si trova la capanna concentrazione, consapevoli che avremmo dovuto arrampicare a lungo al buio. Per fortuna Sciora. Il nome deriva dagli alti oltre alla pila frontale c’era una luna splendida che ha contribuito a tenere il morale alto. pascoli della val Bondasca: alpe Il momento più bello è stato riuscire in qualcosa a cui aspiravamo da tempo, quando siamo di Sciora significa alpe “di sopra”. entrati nuovamente al Rifugio Sciora alle 23:00. La prima traversata del gruppo è I tentativi precedenti sono falliti, anche se il termine è improprio per questioni ambientali... stata compiuta il 2 agosto 1923 troppa neve, troppo pericolo per possibili scariche o slavine. Il primo anno invece, era andato da Alfred Zürcher con Walter male a causa mia che, da “beginner”, calzavo scarponi troppo tecnici e poco termici. Risch, dalla Sciora di Dentro alla Quest’anno le condizioni erano perfette, ormai è cosa nota. Significa poca neve e temperature Sciora di Fuori. più che accettabili, sicuramente anomale per il Circo della Bondasca. Ma in ogni caso abbiamo La prima traversata invernale battuto traccia, senza se e senza ma. delle Sciore è stata compiuta il 21 La cordata Salini-Codega è piuttosto legata all’inverno. Ci siamo incrociati le prime volte sugli dicembre 2015 da Fabio Salini con sci, poi qualche “bicchierata”, insieme e in compagnia, è servita per consolidare le basi. Davide Davide Codega in 18 ore no stop a marzo tenterà le selezioni per diventare Guida Alpina: ho cercato in tutti i modi di dissuaderlo dalla Sciora di Fuori alla Sciora di dall’idea, ma senza successo, così non mi resta che augurargli un grosso in “bocca al lupo” per Dentro. il suo nuovo sogno. Il mio sogno nel cassetto? Nemmeno si contano, ne ho un guardaroba pieno. Si tratta anche di piccole cose che non riesco a portare a termine e continuo a desiderare...perché bene non lo so, Qui: Fabio Salini in vetta su una delle creste ma la professione di Guida, il lavoro del ristoratore, la figura di padre non troppo presente fanno della prima traversata invernale. a pugni con la mia voglia di fare alpinismo. Ma so che non mi fermerò qui. (Foto: Davide Codega)

*Guida Alpina

(ndr - Fabio Salini gestisce, insieme al fratello Mauro, due Crotti in Val Chiavenna: il Crotto Quartino a Piuro e il Crotto del Fuin, nei pressi della cascata dell’Acquafraggia).

28 | Maggio 2016 | Uomini&Sport ACCADEVA NELL’ANNO... 1968 La direttissima alla Torre Trieste Prima ripetizione e prima assoluta invernale su una montagna mai vista in antecedenza

di Gianni Rusconi

Mi sembra ancora impossibile, guardando il cielo azzurro ed Ritorniamo indietro di quarantotto anni per poter assaporare il sole caldo che batte sul balcone di casa mia, di aver vissuto ancora uno di quei magici momenti in cui a Lecco veniva le terribili, seppur esaltanti ore di bufera sulla direttissima accolta la notizia di una nuova conquista in montagna. della Torre Trieste in Civetta. Eppure il dolore che sento Le emozioni e la gioia erano percepite soprattutto grazie quando stringo con le mie mani gonfie e screpolate quelle al racconto fatto in prima persona dai protagonisti, che ne degli amici e conoscenti mi testimonia che, finalmente, il trasmettevano il valore per opera di un’immediatezza che sogno che da tempo inseguivo è diventato realtà. Queste avvinceva e rendeva partecipi, superando di gran lunga qualsiasi povere mani che non assomigliano certamente a quelle di elaborato e trionfante resoconto di cronaca giornalistica. Gianni Rusconi impiegato al Credito Italiano che, quindici Ne abbiamo un prova concreta proprio in questa relazione di giorni or sono, lasciava Lecco per andare incontro al suo due prestigiosi primati, conseguiti contemporaneamente dai appuntamento con la “Torre delle Torri” nelle Dolomiti. due fratelli Rusconi con la prima ripetizione e la prima assoluta Che cosa ci ha spinti ad allenarci, a soffrire, a sopportare invernale sulla direttissima alla Torre Trieste. fatiche e difficoltà pur di riuscire a fare questa salita? Per il notiziario trimestrale del C.A.I. di Lecco la scriveva allora È sempre difficile dare una risposta a questa domanda. Gianni Rusconi, ma il suo è un racconto che nulla ha di diverso Potrei rispondere che è stato il desiderio di onorare il di un intenso duetto che si svolge e si alterna con il fratello ricordo dell’amico Elvezio Dell’Oro che, proprio su questa Antonio, come a significare che in nessuno dei due alpinisti Torre Trieste, dieci anni or sono trovava la morte; che io albergava una qualche pretesa di supremazia o di egoistico ed Antonio abbiamo voluto portare a nuovo splendore, nel orgoglio. mondo alpinistico, il nome dei Rusconi cui nostro fratello Nel calore e nella semplicità dell’articolo, nel quale perfino non Carlo, prima di cadere in montagna, aveva dato grande figurano, pur indispensabili in questo caso, gli estremi indicativi lustro; potrei mettere anche una componente di vanagloria del periodo in cui è svolta la loro impresa, (ndr - compiuta nel personale. Ma tutto ciò non credo che basterebbe a mese di marzo nei giorni dall’11 al 17, con 6 bivacchi in parete), giustificare i pericoli ed i rischi cui si va incontro durante è impossibile non riscontrare lo spirito della loro passione una “invernale” di tali difficoltà. Non penso che si possa alpinistica, che si presenta nella forma di un’ammirevole dare alcuna spiegazione logica a questo desiderio di noi purezza. alpinisti di cimentarsi ognor sempre più con le pareti più dure. Noi accettiamo quello che disse un giorno lo scalatore inglese Albert Federick Mummery a chi gli chiedeva perché scalava le montagne: “Perché esse sono là”. Con l’aiuto di Ernesto, Pietro, Gianni “Strepa”, e del nostro autista Eugenio siamo arrivati all’inizio delle difficoltà. Con quanta tristezza abbiamo detto addio agli amici che ritornavano al sicuro! Le ultime facezie di “Strepa” e poi li vediamo scomparire nel vuoto. Siamo soli con la nostra parete: è la prima delle otto lunghe notti che passeremo legati a questa roccia. Unico legame che ci unisce al mondo orizzontale è la nostra radiolina che ci consente di parlare con il buon Silvio De Colò. Che lacrime gli luccicavano sulle ciglia quando, stando discosto per non disturbare tutti quei giornalisti che ci subissavano di domande, ci covava con gli occhi come la chioccia con i pulcini. Con ansia aspettava la nostra comunicazione delle ore 19, spesso resa incomprensibile dal suo dialetto – vero Silvio! – e quando noi, ancora impegnati nell’oscurità crescente della notte, non potevamo parlare restava preoccupato ed in ansia e subito, non appena albeggiava correva a vedere se, tra le schiarite delle nubi, ci vedeva. I bivacchi, specie quelli fatti come i nostri seduti sui seggiolini, durano una eternità. Il dormiveglia in cui cade l’alpinista è punteggiato da lunghi periodi di lucidità in cui si pensano le cose più disparate, “Come la prenderanno i miei dirigenti se non arrivo in tempo? Se cado che ne

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 29 Qui: Gianni Rusconi approfitta dell’unico giorno di bel tempo per superare il diedro sopra la grande cengia situata a metà parete.

sarà di mia moglie, di mio figlio, di mia madre? Perché non viene ad un metro di distanza non riesco a vedere nulla. Mio fratello il brutto tempo così che si possa tornare indietro e ritornare a è in piena crisi: questa interminabile fascia di roccia malsicura, casa, come già altre volte ho fatto, a testa alta? Gli amici che mi ed il vento che continua a frustarci hanno fiaccato il suo morale. hanno accompagnato nei due tentativi precedenti dove sono, cosa Vorrebbe che ci fermassimo qui appesi a due chiodi a pressione, a pensano? Domani cosa farò, cosa mi aspetterà?” È quest’ultima bivaccare. Anch’io sono tentato ma la mia volontà reagisce: capisco domanda soprattutto che mi tiene desto. A volte mi sveglio sotto a quale tremenda notte andremmo incontro restando in questa l’impressione di essere volato; a volte mi sembra di essere incrodato posizione ed allora, mostrando una calma che invece non ho, e di vedere le squadre di soccorso che muovono in aiuto e che non metto sul casco la pila e riparto. Con quale gioia dopo trenta metri possono fare nulla per noi. Reminescenze della tragedia di Toni trovo una strisciolina di terreno quasi orizzontale! Il lumino di Kurz (ndr – Guida tedesca di Berchtesgaden che morì sulla Nord Antonio sale verso di me richiamato dalla corda che qui non è più dell’Eiger nel 1936, in quella che fu una delle più drammatiche corda, bensì, direi, legame di vita fra due fiammelle che brillano in tragedie alpinistiche), brani di tragedie alpine sconvolgono la mia un cielo cupo e tempestoso. Un abbraccio ci unisce: ora sappiamo mente. Nel torpore delle membra tutto s’acquieta ed il benefico che andremo sicuramente in vetta. sonno mi riprende. Che importa se, a volte, con la lingua gonfia e secca come un Il nostro secondo bivacco è durato diciannove ore. Causa la neve che sughero, sogniamo di essere rimasti giù a valle, nel comodo rifugio cadeva abbondante. Il giorno seguente abbiamo deciso di infilarci della nostra casa? presto nei nostri sacchi piuma per ricuperare un po’ di energie Nell’agevolare lo zaino che sto recuperando Antonio vola. Un breve in vista della famosa “placca gialla”. E abbiamo fatto bene perché voletto (il primo per lui) che per fortuna non lascia conseguenze. riusciamo a superarla solo quando ormai è notte fonda. Alla sesta Sono suo fratello ed allora… ciò che è mio, è tuo. Un chiodo messo, lunghezza di corda che facevo sulla placca pensavo che, ormai, come si suol dire, con le mani, fuoriesce. Mi trovo tre o quattro avremmo dovuto uscire in cengia. Invece, di cenge, nemmeno metri più sotto che dondolo con in mezzo alle gambe il gran vuoto l’ombra. Quando Antonio mi raggiunge alla fine del settimo tiro, fino ai ghiaioni dell’attacco. Giù a Listolade a Silvio il cuore è

30 | Maggio 2016 | Uomini&Sport balzato in gola. “Ha tu volato?” gracchia la radiolina. “Non capisco: sentire voci umane, mangiare e bere con gli amici, distenderci in ripeti lentamente”: - “Ha tu volato?” – “Non ho capito: ripeti”. – “Ho un letto che non sia come questo di duro ghiaccio appena scalfito chiesto se ha tu volato”. Antonio interpreta che dicono che sono dal nostro martello. Chiediamo via radio se siamo sulla giusta via matto. – “Come matto? Quando scendo faremo i conti, Silvio!”. E o se invece non stiamo per caso facendo la variante Hasse della via davanti ad un buon bicchiere di vino e mentre ci abbracciamo sono Carlesso. Ci confermano che stiamo salendo lungo la variante ed finalmente riuscito a capire quello che il Silvio mi domandava. allora attraverso a sinistra per raggiungere il caminone terminale. Nei “grigi” le difficoltà sono enormi ma la roccia sana e la bellezza In un primo tempo mi ero detto che, difficoltà in più, difficoltà in dell’itinerario fanno sì che la salita si svolga più serenamente che meno, con tutte quelle ormai superate potevo fare benissimo un in basso. Ecco, vedo là sullo spigolo della “Cima” il pilastro da cui ultimo sforzo. Ma poi il desiderio di ripetere integralmente la via caddero Elvezio ed il suo compagno. Chiamo Antonio e sto per tracciata da Ignazio Piussi e Giorgio Redaelli nel 1959 ha fatto sì dirglielo quando, colpito dal suo tono di voce, mi accorgo che sta che io abbandonassi la variante, seppur più difficile, per seguire la attraversando un periodo di crisi. Svio l’argomento raccontandogli via originale, anche se più facile. di aver visto un chiodo; ormai è molto tempo che non ne troviamo Pulisco gli appigli dalla neve che vi si è accumulata. Sono in un più e la notizia lo risolleva un poco. Arrampichiamo come automi: punto un po’ critico ma non voglio piantare un chiodo a pressione, un chiodo, una staffa, un altro chiodo, un’altra staffa. Quante volte e di quelli normali non ne ho più. Accarezzo la roccia indeciso mi sono sorpreso a pensare ad Ignazio Piussi! Quante volte ho sul da farsi e, dietro una piccola quinta rocciosa trovo un chiodo. invocato la sua presenza in un passaggio particolarmente difficile! Che gioia sentirne l’anello, trovare questo piccolo pezzo di ferro Quante volte, le mani doloranti nello sforzo di liberare il sacco di conficcato da uno sconosciuto alpinista! Mi sembra di aver trovato ricupero, ho promesso a me stesso di andare al mare un’altra volta un amico e se queste mie labbra screpolate e questa mia gola secca invece di venirmi ad ammazzare quassù, su questi sassi! Ma poi non me lo impedissero urlerei al cielo la mia gioia. mi sorprendevo ad accarezzare le rocce, a pregarle di essere buone Abbiamo raggiunto il camino che ci porterà sulla vetta. Seguiamo con me e di tenere il mio peso. Le maledicevo e le supplicavo come con lo sguardo affascinato lo zaino da recupero che rotea nel solo si fa con la donna amata. vuoto dove l’abbiamo gettato. Non possiamo frenare un brivido al “Domani saremo in vetta… salvo imprevisti”. Con queste parole ho pensiero che se volassimo anche noi cadremmo in quel modo. chiuso la trasmissione di venerdì sera. Ma subito si scatena il brutto Sono le ore 14,12’ quando ci abbracciamo, gli occhi lucidi, sulla tempo e perdura tutto il sabato: sono le ultime resistenze della vetta. La radiolina ci porta le grida di “bravi!” e gli hurrà! della gente montagna, gli ultimi tentativi della donna amata per trattenere fra che ha seguito questa ultima fase dell’arrampicata. le sue braccia l’amante. Non conosciamo la discesa e quindi andiamo a fiuto, anche perché Sentiamo la vetta. È una percezione, direi, quasi tangibile: ed è la neve ha ricoperto qualsiasi traccia. Incocciamo giusta la prima proprio per questo che l’ultimo bivacco ci sembra eterno. Vorremmo “doppia” e poi… giù, verso la vita. Due, tre volte devo risalire sulle già essere laggiù dove vediamo brillare migliaia di lumi, vorremmo corde bagnate per sboccarle. Cala la sera e dobbiamo percorrere

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 31 un pezzo di discesa in arrampicata libera. ancora una volta mi chiedevo se valeva la pena Pagina precedente: l’immagine Bivacchiamo un’ultima volta sulle rocce di di fare tutte quelle fatiche… Man mano che il invernale della Torre Trieste, vista dalla questa cima che ci ha visto lottare per otto tempo passa la salita diventa più mia: perde Val Corpassa, ai giorni della conquista giorni. quel clamore che aveva sollevato e la gioia dei fratelli Rusconi. Il resto è tutto confuso. Baci, abbracci, diventa intima. Adesso si fa dolce e mi piace televisione, interviste, la commozione di soffermare il ricordo anche sui momenti più Sotto: l’intensa espressione del volto nostro fratello Luigi, del Silvio, di “Strepa”, degli brutti. Adesso rispondo a me stesso che valeva di Antonio Rusconi, mentre tenta di amici e dei familiari. la pena di andare “Perché la montagna era là”. individuare nella caratteristica placca gialla il punto dove fermarsi per un Ritorno a casa e scendo in cantina: guardo bivacco, prima della grande cengia. commosso e dò un addio a tutti quei buchi che avevo fatto nel muro quando, ritornato dal lavoro, mi allenavo a chiodare di destro e Tutte le fotografie sono state rilevate dall’archivio di sinistro; guardo, le mie mani doloranti ed di Gianni Rusconi.

32 | Maggio 2016 | Uomini&Sport AMICI IN CORRISPONDENZA...

A Vittorio Faiella, con riconoscenza

Il suo accento non è lecchese, ma è uno dei volti più storici delle legati alcuni dei suoi più bei ricordi. Grigne. Vittorio Faiella, il “custode” delle baite Comolli al Grignone, “All’inizio tutti i trasporti erano a spalle - racconta Faiella -. Legna, ha compiuto più di 50 anni di permanenza sulle pendici della bombole del gas, rifornimenti: quanti sacrifici ho fatto! Ricordo che montagna, dove Sergio Longoni ha inaugurato l’ormai famoso c’era una teleferica che andava al Grignone, così io ne ho costruita bivacco il 26 settembre del 2010. una per le baite col motore della Lambretta. I ricordi sono tanti. “Era il 6 gennaio 1963 - racconta Faiella -. Quel giorno abbiamo Carlo Mauri, per esempio, si fermava a mangiare la pasta quando cominciato ad andare alle baite. È iniziato tutto con una valanga, tornava dal Grignone. Con Sergio Longoni ci vogliamo bene, che ha portato via la baita di Sandro Esposito che sorgeva vicino a quando lui può sale ai Comolli e mangiamo insieme, magari sta a quella che oggi ha Sergio. Sandro allora è andato a gestire il rifugio dormire, facciamo due chiacchiere. Io vado sempre su il giovedì, in cima al Grignone e lì un giorno ho conosciuto il signor Comolli, scendo e poi salgo sabato e domenica”. di Milano, che era proprietario delle omonime baite. Mi ha portato a casa sua a mangiare, a Lierna, e mi ha preso in simpatia. Mi ha chiesto se potevo aprirgli la baita quando andavo su, e da quegli anni ad oggi sono sempre salito”. Faiella ha conosciuto la montagna quando è arrivato a Lecco, da ragazzo, e se ne è innamorato. “Lavoravo sotto Dino Piazza, il presidente dei Ragni. Un po’ alla volta ha cominciato a portarmi in montagna, ho fatto la scuola di roccia ai Resinelli e poi ho iniziato ad andare in Grignone con lui e Riccardo Cassin. Ho imparato a sciare e a fare scialpinismo, facevo il “portatore” dei Ragni. Sono andato tante volte sul ghiacciaio del Ventina, alla Nord del Cassandra, una volta anche con Sandro Gogna. Ho arrampicato in Grignetta, in Medale, ho fatto il Bernina e altri 4000”. Ma il Grignone è la montagna del cuore, e li c’è la baita a cui sono

Da Floriano Castelnuovo Da Robi Chiappa

Un dipinto nepalese come segno di riconoscimento per il “Ester Maria Negretti, pittrice internazionale di Como, ha prezioso sostegno dato alla ricostruzione dopo il terremoto composto questo splendido quadro materico-figurativo e lo ha che ha colpito la valle del Khumbu la primavera scorsa. donato all’Associazione Italian Amala Onlus, che aveva fondato “Con Sergio Longoni c’è un’amicizia antica e con questo mio fratello Daniele e si occupa del Tibetan Children’s Village di dono voglio ringraziarlo per l’aiuto che ha dato al progetto Choglamsar – Leh, in Ladakh. Il quadro è realizzato con tecnica che abbiamo avviato in Nepal per aiutare numerose mista, quindi diversi materiali come sabbia, sassolini, colori famiglie in condizione di disagio, per riparare e ricostruire acrilici, resina, catrame e carta di giornale. Rappresenta le dita di la scuola di Khumjung e l’acquedotto pubblico.” Daniele, simbolo che lui utilizzava nelle sue lettere. Mi sono sentito in dovere di donarlo a Sergio Longoni, perchè tutti gli anni fa un’importante donazione a questo villaggio. A Sergio mi lega un’amicizia che risale a molti anni fa, quando ancora aveva il negozio a Barzanò. Posso dire di sentirlo come un fratello, e sono felice che questo quadro sia ora nelle sue mani.”

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 33 LE PRIME STREPITOSE SERATE DEL 2016

Due fuoriclasse dell’alpinismo mondiale e un innamorato delle pareti da scoprire del Gran Sasso hanno annunciato una stagione che incanterà. Fuori programma ancora un ricordo di Marco Anghileri.

a cura di Sara Sottocornola

Yann Borgnet con “Tra terra e cielo”

“Solo alpinismo sarebbe noioso. Arrampicata, sci, goulottes, parapendio, mountain bike: a me piace fare tutto e soprattutto fare queste attività insieme”. Yann Borgnet non è mai stanco. Ha solo 25 anni, e alle spalle più traversate delle Alpi di molti veterani. L’ultima nell’estate 2015, quando con “l’Alpine line project” è andato dalla DUE FUORICLASSE DELL’ALPINISMO MONDIALE Corsica alla senza mezzi motorizzati, con barca a vela, arrampicata, parapendio E UN INNAMORATO DELLE PARETI DA SCOPRIRE e bici. Il giovane alpinista francese, balzato agli onori delle cronache per la “trilogie Bonatti” DEL GRAN SASSO HANNO ANNUNCIATO UNA realizzata con Christophe Dumarest, è stato ospite lo scorso 4 febbraio da DF Sport Specialist, in una serata organizzata in collaborazione con Camp e presentata da Carlo STAGIONE CHE INCANTERÀ. Caccia, dall’emblematico titolo “Tra terra e cielo”. Perchè fra terra e cielo si dibatte e cresce la sua attività. Lo hanno visto con i loro occhi gli ospiti di DF, con i due filmati proiettati da FUORI PROGRAMMA ANCORA UN RICORDO DI Borgnet: il primo sul progetto “xCassin” che lo ha visto ripercorrere, insieme alla fidanzata, le vie Cassin fra le Tre Cime di Lavaredo e Chamonix, collegandole in bici. Il secondo MARCO ANGHILERI. affascinante video illustrava il racconto di un viaggio fra ragazzi in un’altra dimensione: la Georgia, “un luogo dove la solitudine è garantita”. “Ho cominciato a pensare a questo progetto a 14 anni - ha detto - ho visto bimbi in sala. Attenzione. È allora che vengono i sogni. Avevo visto il film di Bérhault sulla traversata delle Alpi, ma volevo fare qualcosa di diverso con differenti attività, per esempio con il parapendio che per me è molto importante. Il resto è venuto da sè”. E ora non si ferma più. Il prossimo obiettivo è l’Islanda, con le sue cascate di ghiaccio mai salite.

Markus Pucher con “Cerro Torre in un attimo: un momento da condividere”

Gennaio 2013: prima solitaria in libera sul Cerro Torre (3.128 m), dal versante Ovest. Dicembre 2014: prima free solo della stessa via dei Ragni, compiuta in mezzo ad una bufera. Due salite mozzafiato, frutto del talento e del caso. Perchè Markus Pucher, 39 anni, Guida Alpina e autore dei due capolavori, entrambe le volte si è avvicinato la montagna senza aver minimamente pianificato l’itinerario, ma solo con la voglia di muoversi e la curiosità di spingersi “un po’ più su”.

I racconti dell’alpinista austriaco, ospite a DF Sport Specialist giovedì 3 marzo, hanno lasciato il pubblico a bocca aperta. “Non è mai stato facile decidere se continuare o fermarmi - ha spiegato Pucher -. Sapevo di essere molto vicino al mio limite, ma non sono mai andato oltre. La mia salita non era un nuovo record, ma un’avventura personale, un attimo di pace e di tranquillità”. Emozionante l’incontro di Pucher a fine serata con Mariolino Conti (a sinistra, in ordine, il primo nella foto, con Sergio Longoni e Markus Pucher), presente in sala, che nel 1974 fece parte della cordata di Casimiro Ferrari che firmò la prima salita sulla celebre montagna patagonica.

34 | Maggio 2016 | Uomini&Sport Giorgio Spreafico ci ha fatto risalire “La scala dei sogni” di Marco Anghileri

Parole, immagini, video, ricordi e tanta emozione. ecco gli ingredienti della serata dedicata a Marco Anghileri che Sergio Longoni ha voluto organizzare nel punto vendita di Bevera di Sirtori il 17 marzo, a due anni dalla sua scomparsa. Giorgio Spreafico, giornalista, scrittore e autore del libro “La scala dei sogni” (2015) che ne racconta la vita di uomo e di alpinista, ha guidato il pubblico in un’intenso viaggio, dalle prime salite di Marco, con il papà Aldo e il fratello Giorgio, a quella che purtroppo è stata l’ultima, sulla via JÖri Bardill al Pilone centrale del Frêney sul Monte Bianco. “Marco non torna dalla scalata dei suoi sogni - racconta Spreafico -. E nello spazio di un fine settimana il mondo dell’alpinismo passa da entusiasmo e orgoglio per l’impresa che stava per compiere, a sgomento, lutto e disperazione”. Marco, celebre per le solitarie invernali come la storica prima invernale sulla Solleder, in Civetta, era amato e conosciuto da tutti, nella sua Lecco e a livello internazionale. “Ognuno di noi ha un ricordo personale di Marco - riflette Spreafico -. Il libro “La scala dei sogni” nasce per trasmettere la memoria collettiva. Cerca di raccontare la sua intensità. Il suo alpinismo che era prima di tutto emozione, vita, e non solo dislivello e difficoltà. Marco parlava di montagna come di bellezza e di avventura. Ha portato nello zaino i sogni di tutti gli innamorati delle vette. Nessuno, negli ultimi 20 anni, ha vissuto con le nostre cime un rapporto così romantico”. “Butch era un grande amico di DF Sport Specialist e di Sergio Longoni - ha detto Spreafico -. Parlare di lui in questo luogo, dove molto del materiale tecnico è stato realizzato anche grazie alla sua esperienza, è per me molto importante”. Longoni ha voluto portare a DF Sport Specialist la serata, in una veste più familiare, e il punto vendita era strabordante di pubblico. “Lui era amico di tutti, era un uomo straordinario e un’eccellenza nell’alpinismo - ha detto -. Ancora oggi quando parlo di lui provo emozione”.

Massimo Marcheggiani con “Meravigliose arrampicate sul Gran Sasso”

“Non è il grado che dà il valore ad una salita. É realizzare un progetto, e condividerlo con chi ti sta accanto”. L’alpinismo autentico e silenzioso di Massimo Marcheggiani è stato protagonista il 14 aprile del ciclo “A tu per tu con i grandi dello Sport” di DF Sport Specialist. Marcheggiani, 64 anni, di Frascati, è uno degli alpinisti italiani più attivi, ma forse meno noti del panorama italiano. Lontano dai riflettori sotto i quali molte volte gli scalatori amano porsi, è stato autore di 8 salite su cime inviolate in Himalaya e numerose vie nuove su roccia, fra cui la via del “Vecchiaccio”, la più ripetuta del Gran Sasso, realizzata nel 1977, con Pierluigi Bini e Vito Plumari (il primo settimo grado aperto sul massiccio e senza protezioni intermedie), e di altre incredibili linee nuove sull’immenso “Paretone”. Una delle sue ultime imprese è il concatenamento delle tre Spalle del Corno Piccolo in invernale con Lorenzo Trento, nel 2015. “Da qualche tempo mi sono stancato delle vie tradizionali. Mi piace andare a spasso sulle pareti, mi diverto a collegare vari itinerari. Ma, ci tengo a sottolinearlo, senza mai mettere uno spit”. Il suo è da sempre un alpinismo puro, al massimo livello. Niente spit. Niente corde fisse. Niente supporto alle sue spedizioni in Himalaya. Solo il piacere di viverlo e di superare le sue difficoltà in modo “leale”. “Il Gran Sasso è forse l’unico posto in Appennino dove poter fare un alpinismo di serie A - racconta -. Merita un viaggio da parte di chiunque: offre infinite possibilità. Il Corno Piccolo ha una roccia magnifica. Il Corno Grande è molto diverso per pareti, per qualità della roccia e per difficoltà di accesso. Il Monte Camicia con la sua roccia raccapricciante, sulla parete Nord, è una sfida continua. Certe mattine limpide, dalla vetta vedi il mare. Ma, sorgendo fra due mari, è anche un luogo dove si scatenano perturbazioni violentissime”. Le sue spedizioni hanno toccato le montagne più belle e più alte del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya, dove ha realizzato salite di ogni ordine e grado, a volte realizzando i propri obiettivi, a volte dovendo ripiegare su altri progetti. “Non è un problema. L’importante è realizzare qualcosa. Ognuno di noi ha la propria misura della difficoltà e del piacere, oltre il quale c’è il rischio. La montagna, nelle sue mille sfaccettature, offre a tutti la possibilità di realizzarsi”. Marcheggiani, accademico e istruttore nazionale del CAI, oggi gestisce una delle poche palestre di arrampicata del Lazio. “Ringrazio Sergio Longoni e Df Sport Specialist per aver guardato cosa c’è al Sud”.

Uomini&Sport | Maggio 2016 | 35

EVENTI

STRAMILANO 2016

Uno splendido sole primaverile ha accompagnato gli oltre 55.000 DF Sport Specialist era presente con uno stand (insieme ad Asics) appassionati runner che il 20 marzo alle 9.00 di mattina erano ai (in foto) in Piazza Duomo per consigliare e far conoscere la sua e far nastri di partenza della Stramilano 2016. conoscere la sua attenzione nei confronti dei runner.

CAMMINATA DELL’AMICIZIA 2016

Oltre 30.000 le presenze alla 43^ edizione della Camminata dell’Amicizia 2016 organizzata dal Gruppo “Amici de La Nostra Famiglia” con il sostegno di DF Sport Specialist, svoltasi il 10 aprile a Bosisio Parini, che ha fatto “sbocciare la solidarietà”, chiamando a raccolta sportivi, famiglie e bambini. “Un’edizione che ha raccolto grande successo anche quest’anno, alle 11 eravamo già a 30.000 presenze, c’era chi si iscriveva ancora alle 10.15 quando la partenza era alle 9.” ha dichiarato Redaelli Felicino, rappresentante del Gruppo Amici nonché speaker di questa giornata all’insegna della solidarietà.

36 | Maggio 2016 | Uomini&Sport

IL FATTO

DF Sport Specialist raccoglie oltre 250 biciclette con l’iniziativa “Rottama la tua bici”

Le bici raccolte sono state donate Possiamo unirci per sostenere all’Associazione “Insieme si può fare” di con donazioni liberali: Credito Valtellinese Monza per il progetto “Una bici per la Siria” IBAN: IT24R 05216 20402 0000 0000 3462 Scrivici a [email protected] Con la primavera ritorna la voglia di andare in bicicletta e anche Seguici su www.insiemesipuofare.org quest’anno c’è stato grande fermento nei punti vendita DF Sport Lorenzo Locati 338.4428309 Specialist e Bicimania per vedere le nuove collezioni e approfittare Bruna Mandelli 338.3245476 dell’operazione rottamazione. L’iniziativa, che si è appena conclusa, ha permesso ai clienti DF Viale Libertà, 126 – 20900 Monza Sport Specialist e Bicimania di poter usufruire, a fronte della – C.F. 94629210157 rottamazione del proprio mezzo, di uno sconto sull’acquisto di una qualsiasi nuova bicicletta. L’iniziativa rottamazione però quest’anno si arricchisce di un importante risvolto benefico e umanitario, grazie all’adesione al progetto “Una bici per la Siria”, lanciato dall’Associazione “Insieme si può fare” di Monza e che DF Sport Specialist e Bicimania hanno voluto fortemente sostenere. Le oltre 250 biciclette che sono state portate dai clienti nei punti vendita sono state sistemate, aggiustate dai volontari della Bottega Solidale di Lissone (ragazzi con disabilità sistemano le biciclette da volontari), e ora sono pronte per essere spedite direttamente sul territorio siriano in tutta la provincia di Aleppo e Idlib: in queste zone la popolazione ha un grosso bisogno di biciclette per potersi muovere in autonomia, le persone comuni non hanno un mezzo a motore, ecco dunque che la bicicletta diventa per loro di fondamentale importanza per la vita quotidiana.

“Il progetto Bici per la Syria, nato dalla richiesta esplicita dell’associazione che distribuisce per noi i nostri aiuti umanitari a Luglio 2015, è stato un grandissimo successo. Pensavamo di raccogliere qualche bicicletta, mentre ne erano già state raccolte almeno 200 prima dell’arrivo delle bici “rottamate” da DF e BiciMania. Con quest’ultime arriveremo a più di 500. Le biciclette che partiranno nei prossimi container e andranno ad alleviare i dolori causati da una terribile guerra che dura da più di 5 anni. Stiamo anche realizzando un importante progetto di bike sharing per il campo di richiedenti asilo di Lecco. Grazie per la sensibilità e il sostegno più volte dimostrata da DF Sport Specialist, da chi crede come noi in questo importante progetto umanitario.” Bruna Mandelli, Onlus Insieme si può fare

DF Sport Specialist è da sempre sensibile sul fronte umanitario e tra i vari progetti che sostiene ci sono anche: • Tanzania, Ospedale Ikonda - www.missioniconsolataonlus.it, Padre Sandro Nava • Nepal, Scuole femminili in Mustang - www.altevette-onlus.it, Francesca Stengel • Ladakh, Villaggio dei bamabini tibetani - www.italian-amala.com, Robi Chiappa COSÌ CONTINUANO LE SERATE “A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT” I NEGOZI DF SPORT SPECIALIST:

Milano Via Palmanova 65-fermate MM Udine/Cimiano Tel. 02-28970877 Olgiate Olona (VA) Via Santa Chiara - al fianco di Esselunga e Brico “L’uomo delle Tel. 0331-679966 Meda (MB) Tre Cime” Outlet by DF Sport Specialist Via indipendenza 97 Tel. 0362-344954 CHRISTOPH Piacenza HAINZ Centro Commerciale “Galleria Porta San Lazzaro” Via Emilia Parmense ore 20.00 Tel. 0523-594471 Grancia / Lugano (Svizzera) In Parco Commerciale Grancia collaborazione 12/05/2016 Sirtori con: Via Cantonale s.n. Tel. 0041-919944030 Desenzano del Garda (BS) Centro Commerciale Le Vele Via Marconi, angolo Via Bezzecca s.n. Tel. 030-9911845 “A spasso… Mapello (BG) nelle montagne Centro Commerciale Il Continente Via Strada Regia 4 del mondo” Tel. 035-908393 Cremona TITO Centro Commerciale Cremona Po, Via Castelleone 108 AROSIO Tel. 0372-458252 Orio Al Serio (BG) ore 20.00 Via Portico 14 - 16 (vicino Oriocenter) Tel. 035-530729 9/06/2016 Sirtori Sirtori (LC) Via delle Industrie, Provinciale Villasanta-Oggiono, Località Bevera Tel. 039-9217591 Bellinzago Lombardo (MI) Centro Commerciale La Corte Lombarda “Happy Winter” Tel. 02-95384192 La felicità di andarsene Lissone (MB) al freddo Centro UCI Multisala, Via Nuova Valassina Tel. 039-2454390 SIMONE San Giuliano Milanese (MI) Centro commerciale “C.C. San Giuliano” MORO Via Emilia - km 315, angolo via Tolstoj Tel. 02-98289110 ore 20.00 Shop On Line Vieni nei negozi a prendere i cataloghi delle nuove 6/07/2016 Sirtori collezioni, o sfogliali online sul nostro sito: www.df-sportspecialist.it

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