Gli Albori Del Melodramma

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Gli Albori Del Melodramma %i^^t.;^ ANGELO SOLERTI GLI ÌLBOR VOLUME J. INTRODUZIONE REMO SANDRON — Editor» Libraio della Real Casa Mn^\N<>-PALKKM«>-NAW>M (avv^IVh) Proprietà letteraria dsWEditore REMO SANDSON Tip. F. Andò. CAMILLO CIMATI DBPUTATO AL PARLAMENTO CON AMICIZIA E RICONOSCENZA IMPBBITURS AVVERTENZA ^e, sutor, ultra crepidam, risposi ad un amico che mi mosse, con garbato rimprovero, l'eccitamento a dare uno studio compiuto sulle origini del melodramma cosi sotto l'aspetto letterario come sotto quello musicale: e io poteva aggiungere che non è poi nepH pur tacile di eseguire bene i sandali, specialmente dovendo lavo- rare in luoghi dove manca.... anche il cuoio. Ho dunque voluto studiare le origini del melodramma soltanto sotto l'aspetto letterario e mi sono valso degli studi ormai acqui- siti sullo sviluppo corrispondente della musica per ciò che poteva interessare direttamente e chiarire il mio tema. Le ricerche nuove, vaste e minuziose, hanno dato frutto discreto, ma molto più parmi averne ricavato dall'esame e dal coordinamento accurato dei documenti già editi, nella maggior parte, per altri fini; credo di avere con ciò rettificati non pochi fatti e di aver lumeg- giato il loro succedersi in modo da poterne trarre ormai giu- dizio sicuro. Quello che ho potuto fare qui, dove manca ogni e qualunque sussidio agli studi, lo debbo alla cortesia di benevoli e di amici : e però, grato, ringrazio le Direzioni degli Archivi di Stato di Fi- renze, Mantova, Modena, Torino, Venezia, Parma e Milano; rin- grazio in particolare il sig. Stefano Davari dell' Archivio di Man- tova, che all'importante materiale edito già nel suo .studio sul Mon- teverdi altro me ne aggiunse e gli amici professore Carlo Cipolla e Giovanni Sforza che mi rassicurarono più volte sull'Archivio di Torino. Ricordo il sig. Umberto Fasciolo, già mio bravo scolare, che mi forni molte copie da Bologna; e gli egregi amici dott. Luigi Torchi, bibliotecario del Liceo Musicale di Bologna e avv. Gio- vanni Bellini che fu intercessore efficace per farmi ottenere di là il brano inedito del Peri. Debbo inoltre un pensiero di gratitudine a S. E, il Principe Trivulzio che mi concedette l'esame dei manoscritti Rinucciniani e al d.r Emilio Motta, suo bibliotecario, che me ne agevolò iu — vili — ogni modo lo studio. E ringrazio il dott. Diomede Bonamici che mise a mia disposizione la sua insigne raccolta melodrammatica: il prof. Giovanni Canevazzi che esaminò per me molte filze nel- l'Archivio di Modena; e il dott. C. E. Pollak che ritrovò e copiò per me la Morte d' Orfeo del Landi al British Museum , nonché la sig.ra Ada Simonetta Sacchi bibliotecaria della Comunale di Mantova. Agli amici, Achille Neri, Fortunato Pintor, Arnaldo Bona- ventura e Giorgio Rossi insieme coi ringraziamenti giunga il pro- posito efferato che ricorrerò di nuovo a loro con nuova occasione. Massa, agosto i903 -aprile 1904. A. S. GLI ALBORI PEL MELOPRAMMA INTRODUZIONE I. La musica nei vari gexeri drammatici durante il secolo xvi. Come fino dai più antichi tempi la musica fu sempre in grado maggiore o minore congiunta con la drammatica, così è ormai accertato che quando questa nel medio evo e nei primi secoli della nostra letteratura volgare fu ristretta alle devozioni e alle rappresentazioni sacre non abbandonò tale ornamento (1). Resta tuttavia oscuro in quale modo e in quale misura la mu- sica entrasse a far parte di simili spettacoli, ma certamente non è da credere ad alcun accompagnamento musicale prolungato, bensì che vi si intromettesse qualche canzonetta o laude, come pare sia da intendere anche nella Rappresentazione dei SS. Gio- vanni e Paolo di Lorenzo il Magnifico, del 1471, nel prologo della quale l'Angelo dice: Senza tumulto stien le voci chete Massimamente poi quando si canta. Dell' ornamento della musica non vollero privai'si i primi informi tentativi della nuova drammatica profana in sul finire del secolo decimoquinto. Infatti nel primo di tali drammi, l' Orfeo del Poliziano, rappresentato a Mantova nello stesso anno 1471, alla canzone d'Aristeo, al coro delle Driadi, alla preghiera d'Orfeo agli spiriti infernali e al coro delle Baccanti mise le note un tal Germi, di cui manca ogni notizia, sì come Giampietro della Viola, altro fiorentino al servizio dei Gonzaga, pure a Mantova nel I486, a quella Rappresentazione di Febo e Pitone o di Dafne da me di recente pubblicata (i'). Se nessuna notizia abbiamo di quella Conversione di 8. Paolo (1) Sai canto nelle rappresentoziuai sacre cfr. U' AxcoNà, Orìgini del teatro italia' HO, Torino, Loescher, 1891, I, pp. 395-401. (2) Per nozze Tedeschi-CaTalìorì, Firsnze, Arte delia Stampa, 1902. _ 4 — di un Francesco Beverini che il cardinale Raffaele Riario avrebbe i'atta rappresentare a Roma con acc-ompagnamento musicale nel 1480 (1), sappiamo invece che parte non indifferente ebbero musica e canto in quella festa detta di Paradiso, opera del Bellincioni, fatta a Milano nel 1489, e in altre consimili (2). Pa- rimente in tatte quelle così dette commedie e farse e ecloghe che si rappresentarono in quelli anni e nei seguenti per lo più nelle corti, troviamo che in qualche modo la musica ebbe sempre parte; cosi, per esempio, nella farsa del Sannazaro rappresentata in Napoli il 4 marzo 1492 Letizia viene accompagnata da tre compagne che sonavano la viola, cornamusa, flauto e una ribecca; noiVAmicizia, commedia di Jacopo Nardi, data nel 1494^ quattro stanze furono cantate sulla lira davanti alla Signoria di Firenze; nella Pan/Ua del Pistoia rappresentata a Ferrara nel 1499 fu- rono canzonette alla fine degli atti: e altrettanto sarà avvenuto per altri di quei drammi mescidati e di quelle ecloghe cortigiane per cui andarono famose le corti di Urbino, di Ferrara e di Mantova. « In ogni tempo » , osservò già Q-iovan Battista Doni (3), « si è costumato di frammettere alle azioni drammatiche qualche sorte di cantilena, o in forma d'intermedii tra un atto e l'altro, o pure dentro l'istesso atto per qualche occorrenza del soggetto rappresentato.... Conviene però sapere che quelle melodie sono molto differenti dalle odierne che si fanno in istile comunemente detto recitativo.... e non hanno che fare niente con la buona e vera musica teatrale. » Infatti proprio in quelli anni fra il finire del secolo decimoquinto e il principio del decimosesto, si veniva affermando P influsso dei fiamminghi, e con essi si ini- ziava quel connubio tra le parole e la musica che . se doveva compiersi soltanto un buon secolo appresso , appariva fino da allora con un sapore di novità e di freschezza di fronte alle antiche forme irrigidite. L' avvertimento del Doni va adunque inteso con misura e riflettendo che egli aveva già uditi i trionfi (l)Cfr. AoBMOLLo, / teatri di Rotna tul teoolo dMimoaéttimo, lloma, 1888, p. 2 n. (2) Ctr. D'Ancona, Op. oti., II, p. 141 agg. — Un'ampia raase^na di simili fwto »- di (atta da G. Giannini, Origini del dramma mutieale, nel Proptignatorv, N. S., Tu). VI, pp. 219-81. (3) SoLtKTt, J> origini del mtMmmma. Tuttimtmianw dei 'nniemporanei , Torino Bocca, 1806, p. 207-8. — 5 — della musica ri anovellata dalla Camerata fiorentina ; non è però da sprezzare tutto ciò che si ebbe prima, e quando verso il 1510 si diffuse il madrigale drammatico, trovò larga applicazione sulle scene. Mentre i traduttori e i commentatori della Fobica d'Aristo- tele e i trattatisti della poetica nostra non si trovavano d' ac- cordo nel definire quale e quanta parte avesse avuto la musica nella drammatica antica, l'usanza s'imponeva : attori e popolo non ne volevano far senza, i trattatisti ne prendevano atto e quando poi erano anche autori non si dimenticavano di questo prezioso elemento per divertire. Così il Trissino, ad esempio , nella Se- sta divisione della Poetica (1), non ammette se non il canto del coro, sia nella tragedia come nella commedia, ma è costretto a notare che € invece di questi tali cori , ne le commedie che oggidì si rappresentano, vi inducono suoni e balli et altre cose, le quali dimandano intermedi, che sono cose diversissime da la azione de la commedia, e talora v'inducono tanti buffoni e gio- colari che fanno un'altra commedia , cosa inconvenientissima e che non lascia gustare la dottrina de la commedia... » Ma quando si rappresentò la Sofonisha, tragedia di lui, nel 1562, eie musiche furono divine » (2). Il Giraldi Cinzio discute a lungo sul coro greco e anche sulla melodia nella tragedia (3), e quando nota che il coro an- tico serviva a dividere le parti o atti, soggiunge: € La qual di- stinzione si fa oggidì appresso noi colle musiche che si fanno al fine degli atti, allora che la scena riman vuota. Non nel cospetto degli spettatori , facendo sorgere nel mezzo della scena colla macchina i musici^ come si vide nella maravigliosa scena che fece il signor Duca Alfonso per la rappresentazione delle.... edie, ovvero che si odano dalla parte di dietro della scena, onde non si vede persona, e con questo modo è più facile e più in uso ; ma l'altro è più dilettevole, per non dire maraviglioso, specialmente se i musici sono vestiti da.... o da mus.... o da poeti , o con altri novi abiti convenevoli alla materia che si tratta sulla scena > (4). (1) Opert, Verona, Vallarsi, 1729, li, pp. 9&-122. (2) MoRSOLiN, Oiangiorgio Triasmo, Firenze. Le Monnier, 18M, p. 76. (3) G. B. OiRALoi Cinzio, Scritti tatetiei, ìUlano, Daelli, 1864, voi. II, pp. 52-58. (4) Op. oU., p. -2. ~ 6 — Che cosa poi egli facesse in pratica , ci sfugge ; ma è un fatto che nella stampa della sua tragedia VOrbecche (1) avanti l'argomento si legge questa nota: « Fu rappresentata in Ferrara in casa dell'Autore l'anno 1541 prima all'Illustrissimo Sig.
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