Più Dolci Affetti» Ottavio Rinuccini E La Lingua Del Primo Melodramma

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Più Dolci Affetti» Ottavio Rinuccini E La Lingua Del Primo Melodramma UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Humanae Litterae – Filologia Moderna Storia della lingua e letteratura italiana XXIV ciclo «PIÙ DOLCI AFFETTI» OTTAVIO RINUCCINI E LA LINGUA DEL PRIMO MELODRAMMA Dottorando: STEFANO SAINO Tutor: Chiar.ma prof.ssa ILARIA BONOMI Coordinatore: Chiar.mo prof. FRANCESCO SPERA A.A. 2010-2011 Ringrazio in maniera particolare Ilaria Bonomi per l’aiuto offerto nell’ideazione e durante la stesura del presente lavoro, e per la costante vicinanza umana con la quale ha seguito tutto il mio percorso di studi. Un ringraziamento sincero anche a Massimo Gioseffi e a Claudio Toscani per la loro disponibilità e i preziosi suggerimenti. Indice 1. Sulla figura di Ottavio Rinuccini, poeta cortigiano…………………………….…1 1.1 Per una bibliografia sul melodramma: Solerti e i contributi stranieri………10 1.2 I contributi italiani sulla nascita del melodramma………………………….26 2. Sui precedenti del melodramma nel teatro cinquecentesco………………………37 2.1 Le tragedie fiorentine del primo Cinquecento……………………………...37 2.2 Fra Corte ed Accademia: le tragedie padane del Cinquecento…………..…61 2.3 Le favole pastorali ferraresi……………………………………………...…79 2.4 Guarini e la questione del Pastor fido……………………………………...91 2.5. Lorenzo Giacomini e l’Accademia degli Alterati…………...……………104 3. I melodrammi di Ottavio Rinuccini……………………………………………..108 3.1 La Dafne…………………………………………………………………..108 3.2 L’Euridice…………………………………………………………………118 3.3 L’Arianna……………………………………………………………….…133 4. La lingua di Ottavio Rinuccini……………………………………………..……153 4.1 Fonetica……………………………………………………………………153 4.2 Morfologia………………………………………………………………...160 4.3 Microsintassi………………………………………………………………167 4.4 Macrosintassi: la coordinazione…………………………………………...179 4.5 Macrosintassi: la subordinazione………………………………………….184 4.6 Retorica e sintassi…………………………………………………………193 4.7 Latinismi lessicali…………………………………………………………205 4.8 Lessico della tradizione volgare………………………………………..…220 4.9 L’aggettivazione e l’ornatus........................................................................228 5. La nascita di un nuovo stile musicale: Peri e Monteverdi……………...……….238 5.1 La metrica di Rinuccini………………………………………………...….239 5.2 Sull’intonazione musicale di Jacopo Peri………………………………....243 5.3 Sull’Orfeo di Striggio e Monteverdi……………………………………....251 5.4 La rivoluzione di Monteverdi……………………………………………..258 5.5 Ancora su Rinuccini e Monteverdi…………………………………..……264 6. Conclusioni……………………………………………………………………...270 Bibliografia………………………………………………………………………...277 1. Sulla figura di Ottavio Rinuccini, poeta cortigiano «Si dice che Ottavio Rinuccini fosse bellissimo, assai elegante, eloquente, corteggiatore delle dame più leggiadre della società aristocratica. Rappresentò la Dafne alla presenza della granduchessa Cristina di Lorena, l’Euridice in occasione delle nozze di Maria De’ Medici, l’Arianna per le nozze di Francesco Gonzaga, dopo essere stato in Francia, cortigiano e forse innamorato della stessa regina. Cantò più volte questa e il marito Enrico IV, al solito freddo e compìto come un gentiluomo di corte. E dopo tanti amori e tanta eleganza finì la vita in cristiano raccoglimento.»1 Così Attilio Momigliano sintetizzava, quasi cent’anni fa, nel lontano 1926, l’esperienza biografica e poetica dell’inventore del nuovo genere melodrammatico, non senza una certa dose di ironico distacco, come se la materia non fosse degna di approfondimento critico; e tale impressione viene rafforzata se si prosegue nella lettura del brevissimo saggio, laddove Momigliano afferma che Rinuccini «non sembra che abbia mai conosciuto l’intimità spirituale del vero poeta: sicché anche quel po’ di musica che vapora nel cielo scialbo de’ suoi melodrammi come una spira lieve di fumo, pare più che altro una grazia fugace di aristocratico»2. Sul fatto che Rinuccini sia da considerare un tipico esempio di poeta cortigiano dell’estrema stagione rinascimentale, alle soglie della nascente sensibilità barocca e marinista, non sembrano porsi particolari dubbi o difficoltà; si tratta, insomma, di un abile verseggiatore, influenzato, com’è naturale, dal petrarchismo tassiano, ma non disposto a seguirlo nei suoi esiti più spregiudicati e concettosi, legato a filo doppio, com’era, all’eredità poetica fiorentina di matrice polizianesca, che lo tratteneva dagli slanci espressivi più insoliti e ricercati, in virtù d’una sostanziale esigenza di compostezza formale: un letterato, in breve, che non conosce certo gli straordinari picchi, pur discontinui, di ispirazione poetica propri del Tasso, frutto di un ingegno fervido di immaginazione e costantemente stimolato dalle più diverse e dolorose 1 Cfr. Momigliano (1960), p. 89. 2 Ibidem. 1 esperienze di vita, anche se non va sottovalutata, a mio avviso, la consapevolezza critica delle sue scelte letterarie, che costituiscono il risultato di un’approfondita ricerca archeologica ed erudita, in seno alle speculazioni accademiche fiorentine tardo- umanistiche, così come la più recente bibliografia ha messo in luce. Tutta l’esperienza letteraria di Rinuccini si svolge per circa quarant’anni, ad esclusione di qualche pur significativa trasferta, all’interno della corte medicea di Firenze. Lo si incontra per la prima volta, seguendo l’ormai storica raccolta di suoi testi drammatici costituita da Angelo Solerti all’inizio del secolo scorso3, se la ricostruzione è corretta, nel 1579, cioè all’età di soli diciassette anni, come autore di un poco significativo testo in ottava rima, destinato ad una delle tante mascherate scritte in onore delle nozze del nuovo granduca Francesco de’ Medici, figlio di Cosimo il Grande, con la veneziana Bianca Cappello. La prima importante prova poetica di Rinuccini, tuttavia, risale a dieci anni dopo, cioè al 1589, quando il futuro primo librettista partecipa ad uno degli avvenimenti spettacolari più importanti della Firenze medicea: mi riferisco agli intermedi scritti per la rappresentazione teatrale della commedia di Girolamo Bargagli La pellegrina, che prevedevano musiche, canti e danze, sotto la supervisione del celebre Conte del Vernio, Giovanni de’ Bardi, aristocratico fiorentino appassionato cultore di musica e fra i principali esponenti delle tradizionali istanze neoplatoniche in seno alla corte medicea, protettore di Vincenzo Galilei e di Giulio Caccini. L’occasione questa volta sono le nozze di Ferdinando de’ Medici – salito al potere, con la rinuncia alla porpora cardinalizia, dopo la morte del fratello Francesco – con Cristina di Lorena, venuta dalla Francia quale nipote di Maria de’ Medici. Ecco come un testimone dell’epoca descrive gli straordinari spettacoli di quell’anno: Addì 2 di maggio, in martedì, fu fatta nel Regio Salon grande di Palazzo […] una bellissima Commedia recitatasi ottimamente da giovani nobili Sanesi dell’accademia degli Intronati, intitolata La Pellegrina, composta da ms. Girolamo Bargagli, gentiluomo sanese e dottore, e la prospettiva principale era la città di Pisa. Gl’Intermedi furono singolari e con rappresentazioni e macchine quasi soprannaturali, invenzione di Bernardo Buontalenti, architetto eccellentissimo, quale fu pure inventore dell’apparato del Salone, il quale era messo tutto a oro con pitture e statue di rilievo. Aveva all’intorno i gradi di mano in mano l’uno sopra l’altro, ove comodamente stavano assise tutte le dame sì forestiere come fiorentine, e nel mezzo della sala stavano gli uomini a sedere sopra a banche accomodate in modo che tanto vedevano gli 3 Cfr. Solerti (1904), vol. II. 2 ultimi, quanto i primi. Per i Principi e Principesse era ordinato dietro a tutti un bel palco […]4. Giovanni de’ Bardi affida a Rinuccini la stesura poetica del secondo, terzo, quinto e sesto intermedio, dunque di buona parte dell’intero lavoro. Si tratta, nell’ordine, della rappresentazione della sfida mitologica tra le Pieridi e le Muse; del Combattimento di Apollo col serpente Pitone, entrambi per la musica del bresciano Luca Marenzio; della rappresentazione di Arione citaredo, affidata ad un giovane Jacopo Peri, ancora poco conosciuto presso la corte fiorentina; e del ballo finale, caratterizzato da un notevole dispiegamento di forze sceniche e personaggi mitologici. Fra gli intermedi, il terzo acquista particolare importanza, dal momento che la battaglia pitica, rievocata dallo stesso Rinuccini anche all’inizio del suo futuro primo melodramma, permette al nostro autore di sperimentare per la prima volta la rappresentazione allegorica della figura di Apollo, identificabile – come molti contributi hanno mostrato5 – con la figura del regnante mediceo. Dopo altre mascherate di poco conto, si arriva finalmente alla svolta poetica di Rinuccini, con un testo, la Dafne, che deve essere considerato il primo esempio di rappresentazione drammatica in musica6. Sulla genesi di questo lavoro, appaiono molto interessanti le parole del compositore Marco da’ Gagliano, il quale, in occasione della stampa fiorentina della propria partitura sul medesimo libretto rinucciniano, nel 1608, scrive: Dopo l’avere più e più volte discorso intorno alla maniera usata dagli antichi in rappresentare le lor tragedie, come introducevano i cori, se usavano il canto e di che sorte, e cose simili, il signor Ottavio Rinuccini si diede a compor la favola di Dafne; il sig. Jacopo Corsi, d’onorata memoria, amatore d’ogni dottrina e della musica particolarmente (in maniera che da tutti i musici con gran ragione ne vien detto il padre) compose alcune arie sopra parte di essa. Delle quali invaghitosi, risoluto di vedere che effetto facessero su la scena, conferì, insieme col sig. Ottavio, il suo pensiero al sig. Jacopo
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