COMUNE DI Piazza Marconi, 6 - 58053 (Provincia di )

Indagini geologico-tecniche di supporto per la formazione del PIANO STRUTTURALE Art.62 L.R.T.n°1 del 03 gennaio 2005

LOCALITÀ: Roccalbegna

FRANCO DURANTI - geologo

Roccalbegna, Gennaio 2008

Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______

INQUADRAMENTO GEOLOGICO, GEOMORFOLOGICO ED IDROLOGICO GENERALE DEL TERRITORIO COMUNALE Premessa Il comprensorio oggetto di studio corrisponde all'intero territorio del Comune di Roccalbegna che nel suo complesso ha un'estensione di circa 123 Kmq. Il territorio confina ad Est con il Comune di S. Fiora, a Nord con quello di , ad Ovest con il Comune di , a Sud-Ovest con quello di e a Sud-Est con quello di . I confini attraversano, dalla parte più orientale in senso antiorario: il Fiume Fiora, il F.sso Buio, a Sud di Poggio La Sassaiola di M. Labbro e P.ggio Le Sassaie, il F.sso Riccione, il F.sso Istrico, il T. Trasubbie, circa il T. Melacciole, e poi, verso Sud, dalle Coste dei Canesi al Poggione fino ad incrociare la valle del F.sso Fronsina, del T. Trasubbie e Trasubbino; dall' agro della Castellina, Castelluccio a Colle Lungo, da l' incrocio con il T. Fiascone, con il F.sso di Mazzabue, il F.sso dell' Asinarco, il T. Rigo, il F. , il F.sso Calizzano e F.sso del Bove, affluente di destra del Fiume Fiora. Il territorio comunale di Roccalbegna, dal punto di vista cartografico, ricade nei quadranti 128 I, 128 II e 129 III della Carta Topografica d' Italia, alla scala 1:25.000. Al fine di definire le caratteristiche di pericolosità del territorio, in conformità alla normativa vigente, si è reso necessario predisporre i seguenti elaborati in scala 1:10.000 e 1:2.000: - Carta geologica -Tavola 1-; - Carta geomorfologica -Tavola 2-; - Carta idrogeologica -Tavola 3-; - Carta litotecnica Tavola 4-; - Carta delle aree a pericolosità geomorfologica -Tavola 5-; - Carta delle aree a pericolosità idraulica - Tavola 6-; - Carta di adeguamento al P.A.I. - Tavola 7-; - Carta delle aree con problematiche idrogeologiche -Tavola 8-; -Carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) – Tavola 9-.

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Lineamenti geologici CARTA GEOLOGICA -Tavola 1- Nel territorio del comune di Roccalbegna, le unità litostratigrafiche affioranti sono state attribuite a quattro unità tettoniche e ad un complesso neoautoctono trasgrerssivo; il substrato di età meso-cenozoica (Trias-Eocene) è costituito da formazioni geologiche appartenenti al Dominio Toscano; questo, è sormontato dal Dominio Ligure sia interno che esterno (Cretaceo-Eocene); la trasgressione mio-pliocenica è rappresentata da depositi sia continentali che marini neo-autoctoni che giacciono trasgressivi e discordanti sul substrato pre-neogenico esistente. Dall’alto verso il basso si riscontrano le seguenti unità litostratigrafiche:

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Un rilevamento geologico supportato dalla cartografia CARG ha permesso di arrivare all’elaborato base per eccellenza: la carta geologica in scala 1:10.000 -Tavola 1-. Il rilevamento, si è basato su criteri di distinzione litostratigrafica, cioè sulla distinzione di corpi rocciosi definiti in base alle caratteristiche litologiche, paleontologiche, sedimentologiche, petrografiche, mineralogiche e morfologiche riconoscibili in superficie (e nel sottosuolo) e distinguibili da quelle adiacenti. In carta compaiono altresì, evidenziati con specifici simboli, i dati giaciturali più significativi, nonchè i contatti tettonici e stratigrafici.

La descrizione che segue delle diverse unità litostratigrafiche sarà fatta seguendo l’ordine di sovrapposizione a cominciare da quelle geometricamente più alte. Opposto sarà il criterio per le formazioni preneogeniche e per le unità tettoniche stesse.

-Terreno di riporto -Depositi antropici -Frane Attive-quiescienti Con tale termine sono stati indicati le frane con evoluzione recente: depositi caotici di litotipi eterogenei ed eterometrici attive o comunque riattivate nell’attuale sistema morfo-climatico. Dove quiescienti sono state evidenziate nella carta geomorfologica e nella carta della pericolosità geologico-sismica. -Frane con stato di attività indeterminato Con tale termine sono stati indicati le frane con attività indeterminata: depositi caotici di litotipi eterogenei ed eterometrici che non sono attive nell’attuale sistema morfo-climatico. -Frane senza indizi di evoluzione Con tale termine sono stati indicati le frane senza indizi di evoluzione recente: depositi caotici di litotipi eterogenei ed eterometrici non riattivate nell’attuale sistema morfo- climatico (paleofrane). -Depositi da debris flow e mud flow Si tratta di colate con un trasporto in massa su versanti o su solchi ripidi a rapida erosione per la presenza di terreni poco coerenti: l’acqua si mescola durante le intense precipitazioni a fango e a pietre in modo da formare una miscela di notevole intensità e grande forza viva dovuta alla velocità. Debris Flow sono colate rapide prevalentemente costituite da detrito grossolano, mentre le Mud Flow sono colate rapide prevalentemente fangose costituite da materiali fini come le argille ed i limi.

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-Depositi di versante Con tale termine sono stati indicati i detriti attuali provenienti dal disfacimento delle formazioni litostratigrafiche di monte: materiali eterogenei ed etrometrici accumulati per gravità e ruscellamento. -Depositi eluviali Depositi clastici formati da frammenti di rocce rimasti in posto. -Detriti di falda Blocchi lapidei accumulatasi e derivanti dal disfacimento per frane di crollo: affiorano a Roccalbegna e a Nord del capoluogo. Si tratta di accumulo di frammenti rocciosi non elaborati e non classati, per gravità, alla bese dei pendii pedemontani. -Depositi colluviali -Conoide alluvionale Accumuli sedimentari clastici a forma di settore conico, che si aprono a ventaglio alla bese delle strutture pedemontane in corrispondenza dello sbocco di corsi d’acqua a regime torrentizio. -Depositi alluvionali attuali Sedimenti alluvionali sciolti attuali e recenti, in cui non è stato possibile individuare un grado di terrazzamento. Si tratta di terreni ciottolosi, sabbiosi e siltosi generalmente posti al livello dei fondovalle o delle piane di divagazione delle acque dei fiumi nei periodi di piena. All’interno di tale formazione si riscontrano limi sabbiosi, sabbioso-argillosi con plaghe, anche di notevole spessore, ghiaioso-sabbiose. -Depositi alluvionali terrazzati Depositi fluviali terrazzati oltre 2 metri sugli alvei attuali; vista la scarsità dei depositi alluvionali terrazzati dovuto all’assenza di ampie pianure alluvionali, è stato evidenziato un solo ordine. Le caratteristiche litologiche rispecchiano la descrizione precedentemente fornita sulle -Alluvioni recenti-

NEOAUTOCTONO I terreni appartenenti al complesso Neoautoctono affiorano prevalentemente nel settore nord- occidentale al confine con il Comune di Campagnatico, a Sud (Usi) e ad Est di Roccalbegna, in modo più o meno continuo ed irregolare, poggiando trasgressivi sulle unità litostratigrafiche pre-neogeniche e sulle unità tettoniche delle Unità Alloctone Liguri. I terreni appartenenti al complesso neoautoctono appartengono a due cicli sedimentari rappresentati da:

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- un ciclo del Miocene superiore, dubitativamente comprensivo nella parte alta del Pliocene inferiore, con sedimenti di ambiente marino, salmastro e continentale; - un ciclo del Pliocene superiore, trasgressivo e discordante sul precedente, costituito da depositi marini e separati dai primi. -Argille ed argille siltose grigio-azzurre localmente fossilifere (Pliocene superiore) Argille, argille siltoso-marnose e compatte, con rari livelli sabbiosi, di colore grigio azzurro con patine biancastre e localmente giallastre per alterazione limonitica. Lo spessore è di circa 150m. -Conglomerati marini poligenici (Pliocene superiore) I conglomerati sono poco cementati con scarsa matrice sabbioso-siltosa; I clasti raggiungono dimensioni massime di 40-60 cm, ma la maggioranza di essi ha dimensioni inferiori ai 35 cm. I tipi litologici più frequenti sono: calcari silicei paesinizzati, calcari marnosi, grigio scuri, arenarie tipo Pietraforte e tipo Macigno, argilloscisti e siltiti e, subordinatamente selce, brecce ofiolitiche e calcareniti. I clasti, provenienti tutti dalla serie stratigrafica locale, sono inglobati in una matrica sabbioso argilloso-sabbiosa grigiastra e rossastra e possono raggiungere anche notevoli dimensioni; presentano abbondanti fori di litodomi. -Conglomerati poligenici e sabbie risedimentate (Pliocene inferiore) Si tratta di conglomerati poligenici ed arenarie con limi sabbiosi e sabbie. Intercalate si riscontrano sabbie risedimentate addensate con banchi decimetrici e con strutture trattive indice della loro risedimentazione. - Sistema di Sant’Angelo Scalo (Turoliano) Unità conglomeratica di ambiente marino o deltizio costituita da argille, argille sabbiose con lenti di sabbie ed elementi sciolti di ciottoli poligenici. -Ciottolami poligenici alluvionali, sabbie e silt argillosi (Turoliano) Conglomerato generalmente poco cementato e talora presente come ciottolame sciolto, con elementi variabili da pochi centimetri a diversi decimetri immersi in un’abbondante matrice sabbiosa di colore prevalentemente rossastro o ocraceo. I ciottoli, di norma poco arrotondati, provengono da calcari alloctoni e dalla Formazione del Macigno ed, in minor quantità e limitatamente ad alcune zone, da anageniti e quarziti del Verrucano. Talvolta la percentuale sabbiosa diventa predominante ed i ciottoli si organizzano sotto forma di piccoli strati o lenti. -Argille, argille sabbiose e sabbie argillose di (Turoliano) Argille siltose grigiastre con bande siltose arrossate (Turoliano) Marne biancastre stratificate di ambiente palustre lacustre intercalate con arenarie grossolane (Turoliano)

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Unità costituita da alternanze ritmiche sovrapposte di livelli sabbiosi argillosi e lenti di conglomerato; ogni strato mostra una gradazione variabile da ciottoli di piccole dimensioni a sabbie fini, fino alle argille. Le argille siltose grigiastre si organizzano in strati di potenza variabile dai 20 ai 40 centimetri con bande siltose arrossate; talvolta di colore grigio chiaro, ocra o biancastre, sono costituite quasi esclusivamente da granuli di quarzo. Le argille sono normalmente di colore grigio cenere o azzurrine, in strati spessi da qualche decimetro a qualche metro; le marne biancastre stratificate sono caratterizzate da una patina superficiale biancastra di alterazione. E’ frequente rinvenirvi frustoli carboniosi, che talvolta possono divenire predominanti tanto da conferire una colorazione nerastra.; raramente si rinvengono anche lenti limose. Le lenti conglomeratiche sono di norma poco cementate, con clasti provenienti da terreni alloctoni ed in misura minore da terreni del Verrucano; le dimensioni sono comprese generalmente tra 10-15 centimetri di diametro.

La descrizione che segue delle diverse unità sarà realizzata seguendo l'ordine di sovrapposizione a cominciare da quelle geometricamente più basse, mentre nell'ambito di ciascuna unità la descrizione procederà secondo un ordine cronologico, dalle più antiche alle più recenti.

DOMINIO TOSCANO FALDA TOSCANA F. del Macigno (Oligocene medio sup.) Flysch rappresentato da sequenze torbiditiche di arenarie gradate a grana minuta o media, quarzoso-feldspatico-micacee. La stratificazione è netta; le bancate arenacee, che spesso superano il metro di potenza sono predominanti ed i livelli argillosi e siltosi, che separano i singoli strati, sono generalmente di esigua potenza. In varie località si ritrovano strati di calcareniti nella parte basale della formazione. Tra i componenti mineralogici il quarzo è abbondantissimo; sono presenti inoltre feldspati (frequenti), biotite, muscovite, clorite ed accessori, fra i quali granato, zircone, tormalina, ecc.. I frammenti litici sono rappresentati da rocce metamorfiche (principalmente micascisti), rosse vulcaniche (rioliti) e rare rocce sedimentarie, selci e calcari.

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Petrograficamente le arenarie possono essere considerate greywackes feldspatiche o litoareniti. Sono gli affioramenti che alcuni Autori hanno indicato col nome di “Macigno costiero” o meglio “maremmano” o “Formazione delle Arenarie di Calafuria”. Le differenze di facies consistono in un maggior tenore di CaCo3 nella matrice e nei caratteri sedimentologici delle arenarie che, per lo meno parzialmente, si sarebbero formate per processi di sedimentazione non torbiditica. Facies più grossolane di “Macigno”, indicate con il nome di “Granitello”, costituiscono talvolta delle nubi all’interno dei banchi arenacei. Come è noto, nella parte superiore del “Macigno”, sia a Nord come a Sud dell’Arno, si trovano a più livelli lenti irregolari di argille e di calcari in giacitura di olistostromi ed olistolite. Questi sono interpretati come provenienti dal fronte delle unità sovrastanti (prevalentemente “Argille e calcari” ma anche Liguridi s.l.). Lo spessore della formazione varia aumentando considerevolmente da Ovest verso Est. Nella Toscana costiera il “Macigno” non supera i 1000m. di potenza (più spesso intorno ai 700 m.). La base del “Macigno” è datata all’Oligocene medio-superiore, per la presenza di fossili e microfossili fra cui Nummuliti e Lepidocicline ed in certe zone anche Miogypsinoides.

Scaglia Toscana Aree relativamente vaste della valle del F. Albegna sono occupate dalle formazioni appartenenti alla Scaglia Toscana. Con questo termine si vogliono qui indicare le formazioni che sovrastano il livello di scollamento rappresentato nella regione dalla Formazione di Burano. La maggior parte degli affioramenti sono costituiti dalla Scaglia Toscana s.s. mentre i livelli a questa sottostanti compaiono quasi esclusivamente lungo una stretta fascia che segue il decorso dei F. Albegna ed il tratto inferiore del T. Rigo (oasi WWF). La caratteristica principale della Falda Toscana qui affiorante è caratterizzata dalla scarsità di affioramento della Formazione del Macigno. Questa scarsità trova spiegazione nel quadro delle riduzioni tettoniche che interessano la Falda Toscana a sud dell'Arno, come risulta dagli studi di numerosi autori (per una sintesi si veda GIANNINI et alii, 1971; GIANNINI & LAZZAROTTO, 1975), e deriva dallo scollamento che si è verificato in corrispondenza dei livello plastico rappresentato dalla Scaglia Toscana in un periodo precedente o contemporaneo alla messa in posto dell'Unità Liguri.

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La successione presenta inoltre in questa area irregolarità di spessore e discontinuità di sedimentazione con riduzione fino a scomparsa totale di alcune unità litostratigrafiche in breve spazio areale. Situazioni di questo tipo tuttavia sono ben note in letteratura (BOCCALETTI et alii,1969; LAZZAROITO & MAZZANTI, 1976; FAZZUOLI, 1980) e si rinvengono frequentemente in tutta la Toscana.

-Formazione di Burano (Trias) La Formazione di Burano non compare mai in affioramento ma è presente a varie profondità nel substrato di tutta la regione amiatina, come risulta dalle stratigrafie delle perforazioni eseguite per ricerche geotermiche (CALAMAI et alii, 1970); è in corrispondenza di questa formazione che la Falda Toscana può separarsi dal basamento, lungo superfici di scollamento che la tagliano a diverse altezze e che di volta in volta la rendono compartecipe delle deformazioni della copertura o, almeno in parte, di quelle del basamento. Nell' area in studio la Formazione di Burano è stata incontrata in alcuni sondaggi ubicati rispettivamente nelle vicinanze di Roccalbegna (Ponte delle Zolferate), nella zona della Capitana (ad est di Semproniano) e nei pressi di . Soltanto nel primo di questi sondaggi la Formazione di Burano risulta sottostare a terreni di «facies» toscana, mentre in quelli eseguiti nell'area della Capitana essa è direttamente ricoperta dalle formazioni delle Unità liguri e subliguri e, a Saturnia, dai soli terreni del ciclo pliocenico. Caratteristica degna di nota è che in quest' ultima località la formazione si presenta sotto forma di alternanze di calcari e anidriti al contrario che nelle altre aree ove si rinviene per lo più con l'aspetto caratteristico che ha in superficie, con calcari grigio scuri brecciati noti con il termine di Calcare cavernoso. La Formazione di Burano viene generalmente attribuita al Norico-Retico sulla base dei rapporti stratigrafici con le formazioni sovrastanti e sottostanti (MERLA, 1951: TREVISAN, 1955; MARTINIS & PIERI, 1964); l'ambiente di sedimentazione si ritiene che fosse costituito da sebke e bacini evaporatici.

-Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (Retico) La migliore esposizione resta pertanto quella già segnalata da GELMINI et alii (1967) lungo il F. Albegna e da questi autori dettagliatamente descritta. Si tratta di calcari dolomitici grigi e nerastri in strati di potenza variabile da pochi centimetri ad oltre il metro, molto fratturati e localinente brecciati, ricernentati da calcite spatica. La

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componente dolomitica della roccia aumenta gradualmente verso il tetto della formazione ove è costituita da vere e proprie dolomie (GELMINI et alii, 1967). Il passaggio ai sovrastanti Calcari massicci avviene gradualmente: la stratificazione diventa massiccia e maldefinita ed il colore della roccia assume tonalità più chiare. La base della formazione non è mai visibile per la presenza di contatti tettonici ed il suo spessore non è pertanto valutabile. Per quanto riguarda l'età, l'attribuzione al Retico è stata ben documentata da GELMINI et alii (1967) ed è unanimamente accettata per tutte le località di affioramento.

-Calcare Massiccio (Lias inferiore) Gli affiorarnenti più estesi di questa formazione si rinvengono lungo il T. Rigo (valle dei F. Albegna) e lungo il F. Albegna, da P.gio il Sasso fino all'altezza di C. Montecchio di sopra. Altri affioramenti di più modeste estensioni compaiono a P.gio Monticchio, ad est di S. Martino sul Fiora e nei pressi di Pod.re la Casaccia (a Sud di Semproniano). Si tratta di calcari bianchi grigio chiari, rosati o nocciola a stratificazione indistinta o più raramente in strati massicci con giunti mal definiti. Quasi ovunque i calcari sono intensamente fratturati e presentano un alto grado di ricristallizzazione tanto che, nell'affiorarnento di Pod.re la Casaccia, sono costituiti a luoghi quasi interamente da spatite in grossi cristalli. In quest' ultima località sono presenti anche livelli a laminazione piano- parallela spessa, con frequenti e grossi coralli in parte bioaccumulati. Nella cava di Mezzagne compaiono numerosi piccoli Gasteropodi e Lamellibranchi e, al tetto della formazione, filoni sedimentari, con un riempimento costituito da silt con resti di Crinoidi, di colore rosato. Filoni sedimentari di grandi dimensioni sono presenti anche a P.gio il Sasso e sono stati descritti da FAZZUOLI & PIRINI RADRIZZANI (1980). Lo spessore dei Calcari massicci, mal valutabile poichè la base ed il tetto non affiorano mai contemporaneamente nello stesso luogo, si aggira in media sui 150-200 m. Per quanto riguarda l'età, non sono emerse nell' area indicazioni utili per una datazione, ma in letteratura questa formazione è concordemente attribuita al Lias inferiore (Hettangiano). Riguardo all'ambiente di sedirnentazione BOCCALETTI & MANETTI (1972) e FAZZUOLI (1974, 1980) ritengono che in quest'area fosse rappresentato da una laguna interna con prevalenti condizioni di bassa energia intervallate da brevi e sporadici episodi a più alta energia.

-Rosso Ammonitico (Lias inf.-medio)

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Le formazioni sovrastanti ai Calcari massicci, deposte nell' intervallo di tempo compreso tra il Lias inferiore ed il Giurassico superiore, mostrano una grande variabilità di spessore e possono essere lateralmente discontinue anche su brevi distanze. Questi fenomeni sono particolarmente evidenti nei Calcari rossi ammonitici e nei sovrastanti Calcari seleiferi. La Formazione del Rosso Ammonitico affiora in modo continuo soltanto lungo il T. Rigo ed il F. Albegna, da Poggio il Sasso fino all' altezza di ; in tutte le altre località di affioramento della Copertura toscana invece essa manca completamente o è ridotta ad un sottile livello, al massimo di pochi metri di spessore. Si tratta di calcari a grana fine, a volte marnosi, di colore variabile dal rosa al rosso cupo, caratterizzati nella parte alta della formazione dalla tipica struttura nodulare. Si presentano in strati di spessore da pochi centimetri a un metro circa. Generalmente la stratificazione è indistinta nella parte basale (GELMINI et alii, 1967; FAZZUOLI & PIRINI RADRIZZANI 1980) mentre verso l'alto della formazione i giunti, spesso di tipo stilolitico, diventano via via più netti. Localmente sono presenti orizzonti con frequenti Ammoniti, di solito pessimamente conservate e con piccoli Lamellibranchi e Gasteropodi. FAZZUOLI & PIRINI RADRIZZANI (1980) citano anche la presenza nella porzione basale della formazione, di filoni sedimentari con un riempimento costituito da materiale micritico contenente livelli ad abbondanti frammenti di Crinoidi e piccole Ammoniti. Lo spessore dei Calcari rossi ammonitici a nord di Rocchette, si aggira al massimo sulla ventina di metri, ma nella zona di Mezzagne si riduce a pochi metri; a sud di Rocchette, lungo il F. Albegna e a P.gio Monticchio la formazione è tuttavia assente ed ai Calcari massicci seguono direttamente i Calcari seiciferi. La formazione in Toscana è generalmente riferita al Lias inferiore e medio (Sinemuriano - Pliensbachiano) sulla base dei soli macrofossili essendo le microfacies scarsamente significative. L' ambiente di deposizione, secondo FAZZUOLI & PIRINI RADRIZZANI (1980), poteva variare, in accordo con le diverse litofacies riconosciute da questi autori, da condizioni di piattaforma a condizioni pelagiche relativamente profonde.

-Calcare selcifero di Limano (Lias medio-sup.) Ai Calcari rossi ammonitici, ove presenti, o ai Calcari massicci, segue in continuità di sedimentazione e con passaggio graduale la Formazione dei Calcari selciferi. Anche questa

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unità litostratigrafica, come la precedente, mostra notevoli variazioni di spessore ed in alcune località è ridotta a pochi metri o è assente. Si tratta di calcari a grana fine di colore grigio chiaro o nocciola in strati, spesso ad andamento lenticolare, di potenza variabile da 5-10 cm a 60-70 cm, contenenti frequenti noduli e liste di selce nera e grigia. Localmente (come a P.gio Monticchio, ad est di S. Martino sul Fiora) si rinvengono strati di calcari marnosi avana o rosati, sottili interstrati di rnarne e singoli strati di calcareniti grigie a grana fine, probabilmente risedimentati. Lungo il F. Albegna, ad est di C. Montecchio di sopra, la stratificazione si presenta molto disturbata (Fig. 1); sono visibili livelli caotici od orizzonti con ripetute pieghe metriche a cerniera acuta a superficie assiale quasi orizzontale che vengono qui interpretati come dovuti a frane intraformazionali (slumps). Lo spessore della formazione varia notevolmente in senso NS, presentando valori minimi (intorno a 15-30 m) a P.gio il Sasso e nella zona di Mezzagne, nella parte centrale degli affioramenti rnesozoici, mentre a nord e a sud di quest'ultima località tendono ad aumentare gradualmente fino a raggiungere i valori massimi che si aggirano intorno a 100-200 m. Le microfacies dei Calcari sciciferi sono risultate ovunque prive di associazioni faunistiche significative; tutti i campioni prelevati si sono rivelati infatti delle micriti sterili o con sole associazioni a Radiolari e spicole di Spongiari. L'unità viene quindi attribuita al Lias medio- superiore esclusivamente in base alla posizione stratigrafica e per analogia con le altre località di affioramento della Toscana. La deposizione dei Calcari seleiferi viene riferita dagli Autori ad un ambiente pelagico profondo. Superiormente la formazione in oggetto passa in modo graduale alle Marne a Posidonomya o ai Diaspri. -Marne a Posidonomya (Lias sup. – Dogger) Le Marne a Posidonomya affiorano esclusivamente ed in modo discontinuo nella valle dei T. Rigo, regolarmente comprese tra i Calcari selciferi alla base ed i sovrastanti Diaspri ai quali esse fanno passaggio graduale. Lo spessore massimo della formazione si aggira sui 15-20 m, quello minimo è di pochi metri e può ridursi fino ad annullarsi. Infatti nelle restanti località di affioramento del Mesozoico toscano, la formazione è assente ed i Diaspri riposano direttamente sui Calcari sciciferi. Litologicamente le Marne a Posidonomya sono costituite da ripetute alternanze di marne argillose e di marne fogliettate, grigio verdastre, giallastre, nocciola o rossastre in strati centimetrici cui si intercalano strati potenti da alcuni centimetri a qualche decimetro di calcari e calcari marnosi grigi. A luoghi sono presenti anche strati isolati di calcarenite e

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indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 13 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______calcirudite gradati, probabilmente risedimentati, già segnalati e descritti da GELMINI et alii (1967). Soprattutto nei livelli marnosi sono molti frequenti le impronte di Posidonie, ben visibili in particolar modo sulle superfici di strato alterate. Le Marne a Posidonomya sono generalmente attribuite, in tutta la Toscana, al Dogger per la presenza di Posidonia alpina (MERLA, 1951). Il rinvenimento di Ammoniti indicanti il Toarciano (FAZZINI et alii, 1968) in aree prossime a quella rilevata (M. Cetona e zona di Castell'Azzara) rende tuttavia probabile una estensione dei limite cronologico inferiore della formazione fino a comprendere il Lias superiore.

-Argilliti di Brolio (Creta inf. – Paleogene) Argilliti rosse e verdi manganesifere di ambiente pelagico con alla base calcari litografici riferiti alla Maiolica. La facies è prevalentemente argillitica con argilliti, argilliti-siltose di colore rosso vinato, rosa, verde e grigio giallastre; la fatturazione delle argilliti è aghiforme con sfaldatura secondo piani obliqui rispetto a quelli della stratificazione. Intercalati si riscontrano calcari a grana fine, bianchi e verdi, talora ricchi di silice diffusa e calcareniti a grana fine.

-Marne del Sugame (Creta inf. – Paleogene) L’unità litostratigrafia è costituita prevalentemente da marne e calcari marnosi con una facies prevalentemente marnosa. Nella parte mediana della formazione talvolta si intercalano argille rosse e calcareniti e calciruditi a macroforaminiferi cretacei e terziari in banchi e strati gradati talvolta molto potenti. -Calcareniti di Montegrossi (Creta inf. – Paleogene) Nell'area in studio questa unità litostratigrafica affiora lungo un'ampia fascia in posizione centrale e allungata in senso NS, da Roccalbegna fino a S. Martino sul Fiora. Essa si presenta per lo più suddivisa in zolle di svariate dimensioni e forme, separate le une dalle altre dalle altre unità della Scaglia Toscana. La formazione delle Calcareníti di Montegrossi è rappresentata da torbiditi ed è costituita da più litofacies che si succedono sia in senso laterale che verticale. Una litofacies molto diffusa è formata da una alternanza di strati potenti da 30 cm ad oltre 2 m di calcareniti e calciruditi grigie, a grana fine e media, quasi prive di intercalazioni politiche. Le basi di strato sono in genere ben marcate e limitate da superfici piano-parallele senza evidenti tracce erosive. Non di rado però la stratificazione diviene indistinta o maldefinita con strati saldati ed evidenti solo per variazioni di grana. A luoghi sono presenti strati gradati spessi fino ad un metro di

______indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 14 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______breccia grossolana canalizzata, poligenica ed eterornetrica, sfumante al tetto in pochi centimetri di calcarenite a grana fine a laminazione incrociata. I clasti, generalmente a spigoli vivi e in prevalenza a forma appiattita, raramente superano i 2 cm e sono costituiti da calcilutiti bianche, grigie, nocciola o rosate, da selci nere, quarzo a volte ben arrotondato, frammenti di macrofossili e, subordinatamente, da rnicascisti, gneiss, filladi e shales. Le strutture interne agli strati sono spesso rappresentate dalla sola gradazione e più raramente dalla laminazione parallela ed incrociata, nella parte superiore dello strato a cui segue di rado un sottile livello calcilutitico omogeneo. Le altre litofacies presenti (BETTELLI et alii, 1979) sono caratterizzate da un minor spessore degli strati (in genere compreso tra 10 e 100 cm) e dal ripetuto alternarsi di calcareniti, calcilutiti bianche, grigie o rosate, a volte marnose, con interealazioni di argilliti e marne rosse, tabacco o biancastre. Le sequenze torbiditiche più comuni sono dei tipo Te e Td, ma non sono rare, specie negli strati a grana più grossa, sequenze troncate alla sommità con solo gli intervalli basali. In alcuni affiorarnenti sono visibili anche intercalazioni, limitate a singoli strati isolati, di arenarie calcarifere ed arenarie quarzoso-micacce, giallastre o verdastre, mal cementate e prive di qualsiasi organizzazione interna. Molto frequenti sono i livelli detritici a Nummuliti, ben visibili anche ad occhio nudo specie sulle superfici alterate delle calcareniti. Le Calcareniti e calciruditi costituiscono dei corpi rigidi discontinui intercalati in un complesso a comportamento essenzialmente plastico (Argilliti di Brolio e Marne del Sugame) e questo diverso grado di competenza si riflette in una generale disarmonia strutturale che tende a mascherare gli originari rapporti tra le due unità. Lo spessore massimo di questa formazione nell'area in esame si aggira intorno a 100-150 m. Le microlitofacies degli strati calcarenitici e calciruditici delle Calcareniti e calciruditi (del tutto identiche a quelle degli strati corrispondenti per litofacies intercalati nelle Argille e calcari) sono prevalentemente costituite da intraspatiti o intrabiospatiti con esemplari o frammenti di: Rudiste, Echinoderrni, Sitlerolites, Orbitoides, Briozoi, Lithothamni, Giobotruncane, Nummuliti,Discocvciine, Alveoline, Rotalidi, Textularidi e Globorotalie di vari piani dell' Eocene e del Paleocene. I frammenti litici sono essenzialmente carbonatici (per lo più ciasti rnicritici) con microfacies a Radiolari e Spicole di Spongiari, a Miliolidi, a Tintinnidi e a Globigerinellae ed Heterohelix, ecc. Alcune microlitofacies di questi clasti mostrano strette affinità con quelle che si riscontrano nelle formazioni della Falda Toscana dai Calcari massicci alla Maiolica. Negli strati calcilutitici intercalati alle Calcareniti e calciruditi (rappresentati quasi esclusivamente da micriti e biornicriti) sono spesso presenti forme cretaciche, evidentemente

______indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 15 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______rimaneggiate come Globotruncane (di tutti i piani dei Cretaceo superiore escluso il Maastrichtiano), Globigerinelle ed Heterohelix, Pithonella ecc., da sole o in associazione con forme eoceniche di vari piani. Quest'ultime sono rappresentate di volta in volta da Globorotalia gr. aragonensis, da G. crassata, da G. cerro-azulensis e G. centralis le quali indicano per le Calcareniti e calciruditi un'età che si estende dall'Eocene inferiore fino all'Eocene superiore. Questi dati confermano pertanto la sovrapposizione anomala della formazione in esame sulla Scaglia Toscana e comprovano l'esistenza di rapporti di eteropia laterale con le altre unità della Scaglia Toscana. Le microlitofacies delle Calcareniti di Montegrossi di varie località della Toscana (NOCCHI, 1960, 1961; SESTINI, 1964; DALLAN, 1966; CANUTI et alii, 1965; BALDACCI et alii, 1972; BARELLI & MANTOVANI, 1985), fanno ritenere tale unità di età Cretacica inf. e Paleogenica.

Calcareniti di Dudda (Creta inf. Paleogene) Estesi affioramenti appartenenti a questa formazione si rinvengono a nord di Roccalbegna e lungo una fascia continua di ampiezza variabile che si estende in direzione NS (da Triana a ) e localizzata, per lo più, in prossimità dello spartiacque tra il F. Albegna ed il F. Fiora. Questa formazione è costituita da tipiche sequenze torbiditiche calcaree e calcarenitiche e mostra una certa variabilità di caratteri. Vi si possono distinguere almeno tre lítofacies caratteristiche, distinguibili soprattutto in base al diverso rapporto che può assumere la componente calcarea rispetto a quella calcarenitica. Una prima litofacies è quasi interamente costituita da alternanze di peliti e torbiditi calcaree con sporadiche interealazioni di strati calcarenitici risedimentati. Gli strati calcarei, torbiditici, sono in genere rappresentati da calcilutiti grigie, nocciola o verdastre, alterate in giallo chiaro, a volte marnose, da calcilutiti bianche o avana a frattura concoide e calcilutiti rnarnose rosate di spessore variabile da 10-20 cm ad oltre il metro. La pelite, quasi sempre predominante, è costituita da argille ed argilliti siltose di color grigio, tabacco o rossastro. I calcari sovente presentano una base calcarenitica di 2-3 cm di spessore a laminazione parallela, convoluta ed incrociata. Le calcareníti in strati di 30-40 cm di spessore sono in genere omogenee, gradate o a laminazione convoluta. Un'altra litofacies si distingue dalla prima esclusivamente per la presenza di un maggior numero di strati calcarenitici e per la comparsa di brecciole a Nummuliti.

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Un'ultima litofacies è caratterizzata dalla netta prevalenza degli strati calcarenitici e dal ridotto spessore dei livelli pelitici e rappresenta il termine di passaggio alla Formazione delle Calcareniti e calciruditi, sia in senso laterale sia verticale. Lo spessore dell' intera formazione è estremamente variabile e questo può essere imputato, molto probabilmente, a laminazioni e riduzioni tettoniche durante e dopo la messa in posto dell'unità. Uno spessore massimo sul centinaio di metri sembra comunque plausibile, benché difficilmente verificabile a causa della forte tettonizzazione subita, ed è in accordo con i dati dei sondaggi che hanno attraversato questa formazione. Caratteristica degna di nota è la grande frequenza ed abbondanza di faune rimaneggiate del Cretaceo superiore, rappresentate da Globotruncane di vari piani spesso coesistenti nello stesso campione e quasi sempre associate a Globigerinellae ed Heterohelix. Che si tratti di faune sicuramente rimaneggiate è dimostrato dalla contemporanea presenza di Globorotalie eoceniche o dalla alternanza e ripetizione in senso verticale di associazioni cretaciche ed eoceniche in strati differenti. La maggior parte dei campioni fossiliferi sono risultati delle micriti e biomicriti a Globorotalie di vari piani dell'Eocene. Tutte queste forme sono sempre coesistenti con altre rimaneggiate, rappresentate da Globotruncane (più o meno frequenti) di tutti i piani dei Cretacco superiore (tranne il Maastrichtiano), da Globigerinellae ed Heterohelix, da Rotalipora, Pithonella, ecc. Dai dati sopra riportati si può pertanto concludere che l’unità ha un'età compresa tra il Cretaceo inferiore ed il Paleogene.

DOMINIO LIGURE DOMINIO LIGURE INTERNO DOMINIO LIGURE ESTERNO Unità di Monte Morello, Unità di S. Fiora, Unità del Cassio Pietraforte (Creta sup.) Ben nota dagli studi di LOSACCO (1958) la Formazione della Pietraforte è presente in limitati affioramenti, la maggior parte dei quali di modesta estensione, separati gli uni dagli altri ed irregolarmente distribuiti su tutta l'arca, ad eccezione della zona mediana che corrisponde ad un alto strutturale allungato in senso appenninico (alto di Catabbio - Cadirossi). A nord di tale struttura le Arenarie Pietraforte affiorano a NE e a SE di Triana e nei dintorni di .

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La formazione presenta facies torbiditiche a rapporto sabbia-pelite molto alto: gli strati, potenti da 60 cm ad oltre 1 m, spesso saldati tra loro, sono costituiti da arenarie grigie a grana media con locali concentrazioni (nuvole) di clasti grossolani, lateralmente discontinue («cicerchina»). Le uniche strutture presenti sono rappresentate dalla gradazione e dalla laminazione parallela spessa alla sommità degli strati, seguita raramente da una ridottissirna porzione pelitica. La formazione si intercala nei terreni della F. di argilloso calcarea sotto forma di lenti più o meno spesse. La discontinuità areale delle Arenarie Pietraforte non sembra comunque che possa essere messa in relazione diretta con una originaria discontinuità sedimentaria di pari entità ancorché questa, se presente in qualche misura, possa averne favorito con ogni evidenza lo smembramento tettonico. Da un punto di vista composizionale le Arenarie Pietraforte mostrano una buona omogeneità per tutte le località campionate e possono essere classificate come litareniti. La frazione detritica è costituita da quarzo in buona parte policristallino, mentre molto scarsi sono i feldspati per lo più rappresentati da plagioclasi. I frammenti litici appartenenti alle rocce sedimentarie, estremamente abbondanti e di varia natura, sono rappresentati da frammenti di rocce carbonatiche in prevalenza dolomitici, radiolariti, seici nere, selci metamorfosate, shales e slates, rare siltiti e ancor più rare arenarie. Le rocce vulcaniche sono essenzialmente rappresentate da piroclastiti a composizione acida ed intermedia, in alcuni casi sono presenti metavulcaniti (quasi porfiroidi) mentre rarissirne sono le vulcaniti più basiche costituite da piagiociasi a struttura intersertale. Non sono mai stati osservati comunque frammenti di vulcaniti riconducibili ad un vulcanesimo penecontemporaneo segnalati invece da CESTARI et alii (1981). La componente interstiziale è costituita prevalentemente da cemento carbonatico (calcite) dove la rnatrice è scarsissima. L'età delle Arenarie Pietraforte non è stato possibile determinare con esattezza; sono state rinvenute infatti soltanto associazioni a Forarniniferi con guscio agglutinante e a piccole Globigerinellae ed Heterohelix che confermano una generica attribuzione al Cretaceo superiore. Lo spessore della formazione in affioramento è mal valutabile e varia probabilmente anche in modo considerevole da luogo a luogo; a P.gio Vignaccia esso può essere stimato attorno a 150-200 m.

Formazione di S. Fiora (Creta sup. – Paleocene)

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Sequenze torbiditiche argillitico-siltose in strati spessi in cui subordinatamente si intercalano calcari marnosi, calcari silicei e calcareniti. Argilliti e siltiti hanno un colore grigio-verde ed i silt sono laminati. Da un punto di vista litologico questa formazione presenta nel suo insieme un aspetto relativamente uniforme anche se i litotipi che la compongono appaiono numerosi e di varia costituzione. Si tratta di sequenze ritmiche con una notevole monotonia e sono il risultato di deposizione di onde torbide. Si riscontrano con maggiore frequenza: calcareniti gradate, arenarie fini e silt con lamine oblique e parallele, calcari a grana fine raramente silicei, calcari marnosi e marne. Nel suo complesso si tratta di una facies politico arenacea costituita da una frazione arenacea gradata e da una frazione argillitica e calcilutitica.

DOMINIO LIGURE INTERNO -Serpentiniti (Giurassico) Trattasi di affioramenti spesso di modesta espensione e potenza che affiorano in lembi soprattutto tra Roccalbegna e Triana e sempre immersi nella Formazione delle Argille a Palombini. Tipico ed imponente l’affioramento che accoglie il Castello della Triana. Si tratta di rocce derivanti per alterazione e/o metamorfismo di rocce magmatiche basiche ed ultrabasiche e formata, nella sua totalità da serpentino, crisotilo ed antigorite con ossidi di ferro. La roccia è compatta verde con varie tonalità chiare e scure in plaghe irregolari. -Gabbri con filoni basaltici (Giurassico) Trattasi di affioramenti spesso di modesta espensione e potenza che affiorano in lembi soprattutto tra Roccalbegna e Triana e sempre immersi nella Formazione delle Argille a Palombini. Roccia magmatica plutonica granulare di colore generalmente verde nerastro, formata da plagioclasio, pirosseni, olivina e biotite. Si riscontrano filoni di basalto.

-Oficalci (Giurassico sup.) Trattasi di affioramenti spesso di modesta espensione e potenza che affiorano in lembi soprattutto tra Roccalbegna e Triana e sempre immersi nella Formazione delle Argille a Palombini Serpentinite a struttura pseudo-brecciata con elementi gabbrici e serpentinitici di colore verde scuro immersi in una matrice calcitica e dolomitica di colore verde più chiaro.

-Diaspri (Malm)

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La Formazione dei Diaspri è costituita da una monotona ripetizione di sottili strati centimetrici (da 3 a 10 cm di spessore) di selce policroma di colore variabile dal rosso cupo, al grigio verde e al nerastro. Generalmente solo la parte centrale di ogni singolo strato si presenta interamente formata da selee; il tetto e la base sono spesso solo parzialmente silicizzati ed in alcuni casi sono ancora costituiti da calcare. Gli strati, spesso separati da sottili giunti argillosi, hanno una ridotta continuità laterale; comunemente presentano un andamento lenticolare, sdoppiamenti e biforcazioni (FAZZINI et alii, 1968). La formazione a luoghi è interessata da intensi fenomeni plicativi a scala metrica e da numerosissime fratture a disposizione normale rispetto alla stratificazione. Per quanto riguarda la loro origine in passato sono state avanzate varie ipotesi (PARONA, 1890; MERLA,1951; PASSERINI, 1965; ecc.) ma attualmente appare ben documentata una genesi per silicizzazione e metasomatismo di un originario sedimento misto calcareo siliceo (FAZZINI et alii, 1968; PAREA, 1970). La potenza massima della formazione si aggira a 20-30 m ma è difficilmente valutabile con esattezza poiché non affiorano mai nello stesso luogo, contemporaneamente, la base ed il tetto; lo spessore minimo invece è di pochi metri e si registra nella zona di Mezzagne (a SW di Rocchette). Nell' area non sono emerse indicazioni utili per una attribuzione cronologica poiché le microfaune sono risultate esclusivamente formate da Radiolari; in letteratura i Diaspri vengono comunemente riferiti al Malm (CANUTI & MARCUCCI, 1971).

-Calcari a Calpionelle (Creta inf.) Trattasi di affioramenti spesso di modesta espensione e potenza che affiorano in lembi soprattutto tra Roccalbegna e Triana e sempre immersi nella Formazione delle Argille a Palombini. Formazione costituita da calcari e calcari marnosi grigio chiari a grana finissima in strati di spessore variabile tra 20-30cm e 1-2m. Si riscontrano subordinatamente marne argillose ed argille fissili.

-Argille a Palombini (Creta inf.) E’ rappresentato prevalentemente da argilliti a cui si intercalano calcari e calcari silicei, arenarie calcarifere, siltiti laminate ed infine, subordinatamente marne più o meno calcaree. Le marne argillose sono di colore giallo ocra, anche se possono variare da toni grigio-

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indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 20 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______nocciola a verde marcio; in frattura fresca il colore è sempre più scuro. Esse tendono a suddividersi in numerose scagliette lucenti di dimensioni variabili in funzione dell’abbondanaza della frazione carbonatica: le superfici di queste scagliette rappresentao i piani di clivaggio che sono ben identificabili in corrispondenza di pareti verticali.Lo spessore delle marne argillose è variabile da diversi metri a pochi centimetri, infatti si possono riscontrare sia come interstrato al tetto di certe sequenze calcaree sia come litotipo sottilmente intercalato alle arenarie calcarifere; queste sottili intercalazioni possono ridursi a zero testimoniando delle amalgamazioni. L’andamento delle superfici di stratificazione è generalmente ondulato; sono stati notati strati lenticolari argillitici dove il passaggio con gli altri litotipi è di solito netto; solo subordinatamente queste sfumano in siltiti laminate. Le strutture riscontrabili sono variabili e legate alla presenza di strati lentiformi calcarei intercalati e di maggiore competenza. Possono avre un clivaggio piegato concordemente alla superficie di stratificazione o possono essere disturbate creando piccole pieghe con clivaggio di frattura sicuramente determinato per lo scorrimento relativo dei livelli calcarei. Inclusi nella massa marnosa si riscontra la presenza di noduli e picccole lenti di calcite con assse maggiore parallelo alla direzione del clivaggio. La calcite è spatica e macroscopicamente risulta granulare o brecciata. Intercalati nella massa marnosa ritroviamo prevalentemente calcari e calcari silicei entrambi a grana fine: i primi hanno un colore variabile dal grigio chiaro al nocciola in sezuione fresca, più scuro in alterazione; i secondi, subordinati, hanno un colore grigio piombo caratteristico dei “colombi” o “palombi”. I calcari, talvolta, alla base degli strati vengono riscontrati leggermente siltosi mentre verso il tetto divengono più puri e possono fratturarsi in modo concoide; questo tipo di frattura è sempre evidente nei calcari silicei. Di quest’ultimi è stato notato che la silice si concentra al teto ed alla base di ogni singolo banco determinando livelli più coerenti. La migrazione della silice fa sì che per effetto dell’azione meteorica, lo strato venga eroso maggiormente nella zona centrale, assumendo quindi la tipica forma ad incudine. Gli strati hanno spessore variabile normalmente fra i 5 ed i 50 cm, ma possono raggiungere anche i 150 cm di potenza; hanno uno spiccato andamento laterale lentiforme ed i contatti, con i litotipi adiacenti, sono sempre netti. Spesso accade che questom litotipo sia immerso nella massa argillitica con livelli più sottili, dell’ordine di 1-2 cm, o a blocchi di dimensioni decimetriche e con giacitura caotica. Nel primo caso, questi strati, possono disegnare micropieghe con piccolo raggio di curvatura e con ispessimento alle cerniere, imputato ad una fase di piegamento ancora allo stato semiplastico, cioè con sedimenti non ancora ben diagenizzati (Boccaletti & Sagri, 1965);

______indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 21 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______altre volte l’ispessimento in cerniera non si nota ma si riscontra un clivaggio ben marcato ai bordi degli strati più competenti che determina fratture radiali rispetto alle cerniere. Nel secondo caso la caoticità è evidente e quindi non si riconosce nessun ordine stratimetrico; subordinatamente i blocchi possono risultare allineati ed a spigoli vivi come se antecedentemente fosse stato un livello continuo che si è stirato e fratturato (boudinage). Queto litotipo presenta sia strutture primarie che secondarie: tra le primarie sono state riscontrate laminazioni piano-parallele; tra le seconde frequenti sono le fratture riempite da calcite di neoformazione e le superfici stilolitiche. Intercalate nella massa argillitica, sono presenti anche arenarie quarzose molto coerenti, grana fine, fillosilicatiche e ricche di inclusioni carboniose. Hanno un colore variabile dal grigio al nocciola in sezione fresca e giallo in alterazione. Lo spessore dei banchi è variabile e può raggiungere i 150 cm di potenza, mentre la geometria è lateralmente continua alla scala dell’affioramento. L’arenaria può sfumare in una siltite laminata o può avere un contatto netto con le comuni argilliti: Fra le strutture sedimentarie si notano mud chips ed amalgamazioni sopratutto al tetto degli strati; fra le strutture secondarie sono state notate fratture di clivaggio che tagliano la superficie di stratificazione. Il litotipo appena descritto si ritrova, subordinatamente, come elemento nei corpi clastici descritti prima. Gli strati di silts possono essere associati alle arenarie o essere semplicemente intercalati nelle argilliti. Hanno un colore simile al litotipo più grossolano, sono fillosilicatici, ricchi di frustoli carboniosi, non sono mai calcariferi e tendono a sfaldarsi parallelamente alla superficie di stratificazione. Hanno uno spessore variabile da pochio centimetri a qualche decimetro e sono continui lateralmente. Sono sempre laminati in modo piano parallelo con laminaziuoni sempre più sottili andando dalla base verso il tetto degli strati; sono comuni mud chips alla base dei livelli. Il passaggio con i litotipi adiacenti può essere netto o sfumato. Le marne hanno un colore grigio scuro in sezione fresca e giallo oro in alterazione e composizionalmente possono talora divenire calcaree. Il loro spessore è variabile da 30 cm fino a qualche metro ed hannno un andamnento laterale lenticolare. Anche questo litotipo risulta essere laminato ed il passaggio con i litotipi adiacenti risulta essere sempre netto. Associati ai numerosi litotipi che fanno parte dela Formazione delle Argille con calcari a Palombini sono stati riscontrati, subordinatamente blocchi di ofioliti e di oficalcite.

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La potenza della formazione è di difficile valutazione sia perchè non si riscontrano la base ed il tetto dell’unità litostratigrafica, sia per il forte grado di tettonizzazione che questo ha subito; lo spessore è stimabile sull’ordine di 250m. Per quanto riguarda i litotipi calcarei studiati è da rilevare il riconoscimento, tra le Calpionelle, di Calpionella alpina (Lorenz) che ne permette l’attribuzione all’intervallo Titoniano sup. - Berriasiano. In conclusione l’insieme di questi dati confermano sostanzialmente l’età cretacica inferioere data in bibliografia per la Formazione delle Argille con calcari a Palombini. Questa formazione è costituita principalmente da litotipi che presentano granulometria delle peliti e subordinatamente delle psammiti. Queste litologie presentano strutture sedimentarie trattive che in considerazione anche dell’alternanza dei litotipi più frequenti (argilliti e calcari), determinano una modalità di sedimentazione di tipo torbiditico.

-Argille a Palombini – litofacies arenacea (Creta inf.) Gli affioramenti appartenenti a questa formazione, non sono egualmente distribuiti in tutta l'area ma mostrano una preferenziale concentrazione nel settore meridionale compreso tra e S. Martino sul Fiora. In passato (Foglio 129 «S. Fiora») ma anche di recente (Foglio 332 «Scansano») queste arenarie sono state spesso confuse di volta in volta con il Macigno o con la Pietraforte. Anche LOSACCO (1958, 1960a) attribuiva al Macigno alcuni di questi affioramenti e, rilevandone l'anomala giacitura, li riteneva zolle esotiche o scaglie tettoniche comprese entro l'«alloctono indifferenziato». Le arenarie, ad eccezione della sopracitata area, sono rappresentate generalmente da piccoli affioramenti legati alla Formazione argilloso-calcarea a Palombini rappresentando il termine più alto della successione. Quarzo-areniti ed arenarie quarzose a cemento siliceo talvolta calcareo, grigio nocciola, lucenti; tendono a suddividersi in prismi. Costituiscono un elemento caratteristico e distintivo dell’Unità Ofiolitica; in qualche caso possono confondersi con le Arenarie della Pietraforte dove però si differenziani per composizione e posizione startigrafica. Si tratta in generale di arenarie risedimentate, a grana grossa, di colore giallastro con abbondante mica e quasi sempre profondamente alterate. Si presentano in strati di 1-2 m di spessore, internamente omogenei o mai gradati con una base grossolana e discontinuo costituita da microconglomerato e brecciola poligenica contenente numerosi fiocchi di pelite i quali, una volta asportati dalla alterazione, fanno assumere alla roccia un caratteristico aspetto vacuolare. Molto spesso gli strati sono saldati o più comunemente presentano al tetto

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una porzione arenacea a grana fine ed un livello siltoso di 10-15 cm a laminazione parallela spessa, sottolineata da frustoli carboniosi che in alcuni casi sfuma in un sottile velo discontinuo di argilla siltosa grigio scura. Lo spessore della formazione si aggira al massimo intorno a 150-200 m. Visto che queste arenarie compaiono al tetto stratigrafico della successione e che alla base hanno terreni datati al Cretaceo, per esse si può ipotizzare un'età cretacica inferiore. Le arenarie presentano una frazione detritica costituita da quarzo (sia monocristallino che policristallino, quest' ultimo con provenienza da metamorfiti), da feldspati (rappresentati in prevalenza da plagiociasi spesso albitizzati e. in subordine, da K-feldspato) e da frammenti di roccia. Quest' ultimi sono costituiti, in ordine di frequenza, da: metamorfiti di basso e basso- medio grado (shales, filladi e micasciti a quarzo, albite e muscovite c/o clorite e/o biotite), frammenti di rocce carbonatiche (ben visibili anche in affioramento nei livelli microcongiomeratici e a brecciole), in prevalenza dolomie a struttura saccaroide e calcari micritici; scici (localmente molto abbondanti) e scarse vulcaniti. Molto frequenti sono le miche rappresentate prevalentemente da muscovite e, in subordine, da clorite e biotite. La componente interstiziale è costituita da cemento carbonatico e da matrice detritica fillosilicatica. Caratteristica degna di nota, infine, è la notevole porosità secondaria di queste arenarie. Lo spessore modesto, risulta di qualche decina di metri.

-Unità dei flysch ad Elmintoidi (Creta sup.) Nella zona ligure esterna si depositano sedimenti prevalentemente calcreo-marnosi, in facies di flysch (Flysch calcareo marnosi ad Helmintoidi). Attualmente troviamo questi sedimenti dispersi in placche tettoniche alle quali impropriamente sono stati dati nomi diversi; fra questi troviamo appunto la Formazione calcareo-marnosa di Monteverdi M.mo. I flysch sopraindicati sono tutti costituiti da depositi torbiditici a prevalenza calcareo- marnosa. Ai banchi di marne e di calcari marnosi sono spesso associati banchi arenaceo- siltitici gradati ed argilliti. Oltre ad impronte di organismi limivori (Helmintoidea labyrintica) il contenuto organico è costituito in prevalenza da Foraminiferi planctonici (Hedbergelle, Ticinelle, Heterohelicidae, Globotruncane, Globorotalie, ecc.), Radiolari e Spicole di Spongiari.

Olistostromi di materiale ligure Tale unità è stata distinta all’interno delle formazioni del DOMINIO LIGURE e del Neoautoctono dove si riscontra con andamento lenticolare. Si tratta di frane sin-sedimentarie

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indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 24 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______all’unità che la comprende ed è costituita da blocchi eterogenei ed eterometrici di calcari silicei ed argilliti riconducibili in prevalenza alla Formazione delle Argille a Palombini.

Lineamenti morfologici CARTA GEOMORFOLOGICA -Tavola 2- L’elaborazione della carta geomorfologica in scala 1:10.000 -Tavola 2-, ha permesso di cartografare puntualmente le forme morfologiche presenti, distinguendole in base al processo alla causa, al tipo di movimento, all’attività od inattività del medesimo. Inoltre sono state prese in considerazione anche la Banca Dati Del Servizio Geologico Nazionale, della Provincia di Grosseto, Autorità di Bacino ed IFFI. Dal punto di vista morfologico, l’area in studio presenta una notevole varietà essendo caratterizzata da prevalenti paesaggi di alta collina ad energia di rilievo variabile e da zona di montagna tra Roccalbegna e M.te Labro. Le quote più alte s.l.m., si riscontrano presso Poggio Le Volturaie (1054 m), Poggio Pietriccione (1043 m), M. Farleto (1022 m) e M. Faete (772 m), Poggio Bellavista (627 m) posto più a Sud. La morfologia degrada da Nord-Est a Sud-Ovest dove si riscontrano le quote più basse in corrispondenda del F.sso Fronsina (circa 185 m), del F.sso dell' Asinarco (circa 215 m), del T. Trasubbino (circa 238 m). Il paesaggio, articolato secondo alti morfologici e valli anche molto incise, è dotato di pendenze oscillanti da 0 a più del 100% dove si riscontrano limitate aree pianeggianti in corrispondenza dei corsi d’acqua come i T.ti Trasubbie e Trasubbino, o comunque a bassa energia di rilievo, nella parte Sud del territorio comunale, tra il T. Fiascone ed il T. dell’Asinarco. Le aree in dissesto attivo, sono presenti su tutto il territorio comunale, da Nord a Sud: -M. Farleto, Poggio Petriccione, S-E di Poggio Cornetto e nei centri abitati di Roccalbegna, e Cana: frane dovute al crollo con rotolamento massi con detriti in fase di mobilitazione ancora attiva e frane rototraslative sono la peculiarità di queste aree; -lungo la strada statale 323, che collega Roccalbegna con Triana, nell’area a Nord del T. Trasubbie, limitrofa e a Sud e Nord del centro urbano di Cana, limitrofe ed all’interno del centro urbano di Vallerona. Le forme morfologiche rilevate, nel suo complesso, sono le seguenti, come da legenda allegata alla carta.

______indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 25 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______PROCESSI E FORME DI ORIGINE GRAVITATIVA All’interno di questa categoria vengono classificate le frane in base al tipo, allo stato di attività o inattività. In particolare sono state distinte nella carta geomorfologica: -Frane di dimensioni non cartografabili: sono dissesti attivi che per la loro dimensione sono state evidenziate in carta esagerando cartograficamente la loro estensione. Si tratta di frane puntuali con dimensioni areali inferiori ai 20m. -Orlo di scarpata di frana attiva: rappresentano le nicchie di distacco delle frane a cui si accompagna, generalmente a valle, il corpo di frana. Talvolta dove questo non è stato possibile riscontrarlo, è stato cartografato solo l’orlo della scarpata. Generalmente sono a forma di mezzaluna più o meno allungata o irregolare -Trincea di frana: come le precedenti hanno andamento più rettilineo. Le forme ed i processi di versante hanno, come azione predominante, la forza di gravità. Le frane sono state ricavate sia da rilievi diretti sul territorio da parte dello scrivente che dalla banca dati del servizio geologico regionale, della Provincia di Grosseto, dall’Autorità di Bacino, dalla banca dati IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia). Sono stati distinti in base allo stato di attività come segue: ATTIVE – QUIESCENTI – INDETERMINATO - STABILIZZATE - FRANE ATTIVE: in generale, indica tutti i fenomeni attivi di caduta ed i movimenti di masse rocciose o di materiali sciolti, come effetto prevalente della forza di gravità. Si distinguono in “indeterminate”, dove il tipo di movimento non è stato possibile determinarlo; “scorrimento”, dove il tipo di movimento avviene lungo una superficie di discontinuità preesistente inclinata, per lo più costituita da una superficie di strato; si verificano su perdii a franapoggio quando gli stati non si sostengono a vicenda ed in modo più spiccato quando sono presenti interstrati argilloso con presenza di acqua (rock slides); “colamento” sono provocate per lo più da ammollimento di masse argillose ad opera dell’acqua: il movimento è di tipo fluido-viscoso anche con velocità lenta; “di crollo”, consistono nel distacco improvviso di masse di roccia da pareti assai ripide o anche strapiombanti, dove nel movimento iniziale prevale la componente verticale (rock falls) , “complessa”, dove il movimento gravitativo acquista caratteristiche diverse ed il corpo di frana è formato da accumuli generatosi da diverse tiopologie di dissesto. - FRANE QUIESCENTI: in generale indica tutti i fenomeni di movimenti di masse rocciose o di materiali sciolti in uno stato di quiescenza: non esistono evidenze di attività recente, ma è possibile una loro ripresa in particolari condizioni locali e comunque nell’attuale sistema morfoclimatico. Sono state distinte in “scorrimeno”, “colamento” e “complessa”. ______

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- FRANE INDETERMINATE: sono state distinte fenomeni gravitativi indeterminati, cioè con il dubbio che si tratti di frane quiescenti o stabilizzate. Sono distinte in “indeterminate e di “colamento”. - FRANE STABILIZZATE: si tratta di paleofrane dove non ci sono dubbi sulla loro attuale inattività. Si tratta di frane avvenute in tempi remoti in un sistema morfo-climatico diverso da quello attuale. - DEFORMAZIONE GRAVITATIVI PROFONDA: sono aree che si sviluppano in terreni calcarei e carbonatici dove l’effetto delle acque meteoriche e sotterranee ha determinato dilavamento e fenomeni carsici talvolta molto sviluppati. In queste aree si formano dei vuoti sotterranei che determinano sprofondamenti locali e voragini (come nel centro abitato di Roccalbegna) al punto di creare cedimenti diffusi anche se molto localizzati. In particolare nella carta geomorfologica, questi dissesti attivi hanno una superficie di scivolamento poco profonda ed interessano prevalentemente le successioni conglomeratico- sabbioso-argillose del Neoautoctono (a Nord-Ovest, al confine con il Comune di Campagnatico) e le formazioni prevalentemente argillitiche preneogeniche. I terreni geologicamente instabili e soggetti a dissesti attivi, sono considerati punti di vulnerabilità dell’intero sistema territoriale e devono, quindi, essere circoscritti, fatti oggetto di azioni di ripristino degli assetti compromessi, con specifico riferimento alle opportune limitazioni degli usi.

FORME DOVUTE AI PROCESSI FLUVIALI ED ALLE ACQUE SUPERFICIALI - Orlo di terrazzo: individua l’orlo di un terrazzo dove si verifica una brusca rottura di pendenza. Si riscontrano generalmente in prossimità dei corsi d’acqua incisi. -Ruscellamento aggressivo: si genera in generale nei corsi d’acqua in cui nella dinamica fluviale l’erosione lineare è assolutamente prevalente rispetto alla deposizione: in particolare, sono stati cartografati i fossi impostati in terreni prevalentemente viscoso-plastici facilmente erodibili nel settore nord-occidentale del territorio comunale -Ruscellamento concentrato: aree sottoposte ad erosione per ruscellamento prevalentemente lineare dove vi è una forte concentrazione del flusso superficiale in rivi dotati di portata e velocità di corrente elevate: l’acqua provoca un’erosione lineare accentuata, scava fossi e calanchi, che tendono ad allungarsi e a ramificarsi attraendo a sé l’acqua che scorre nell’area circostante.

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-Conoide alluvionale e da debris flow: accumuli sedimentari clastici a forma di settore conico, che si aprono a ventaglio alla base delle strutture pedemontane in corrispondenza dello sbocco di corsi d’acqua a regime torrentizio.

PROCESSI EROSIVI, FORME E DEPOSITI QUATERNARI DI VERSANTE DOVUTI AL DILAVAMENTO - calanchi: diffusi in aree collinose a prevalente componente argillosa, sono attribuibili all’azione dell’acqua piovana sulle lamelle staccate dal disseccamento: si riscontrano nella zona nord-occidentale del territorio comunale dove affiorano i terreni argilloso-sabbiosi del Neoautoctono. FORME DI ORIGINE CARSICA - doline: macroforme carsiche che rappresentano piccole valli o “dol”. Sono conche chiuse dove l’acqua viene assorbita per via sotterranea da fenomeni di dissoluzione; di varia forma si riscontrano nel territorio comunale sia troncoconiche che emisferiche. FORME, STRUTTURE E DEPOSITI DI ORIGINE ANTROPICA -Pozzi minerari: sono stati cartografati i pozzi minerari ormai dimessi nell’area della miniera di cana e del Baccinello -Cava inattiva: è presente una cava dismessa (Cava del Sasso) impostata sul Calcare Massiccio nella parte centro-meridionale del territorio comunale (oasi del WWF).

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In tutto il territorio comunale, è presente quindi una sola cava dismessa in loc. P.gio del Sasso; non è stato possibile rintracciare le concessioni di coltivazione passate.

Più importante è stata in passato l’attività estrattiva riguardanti le miniere: PIANO DI DELIMITAZIONE DELLA CONCESSIONE PER LIGNITE -CANA “La Miniera di lignite di Baccinello. '...... La concessione 'Baccinello' (Comuni di Roccalbegna, Scansano e Campagnatico) originariamente accordata alla Società Agricola Industriale Maremmana con D.M. 8 Agosto 1935 e successivamente trasferita alla Società Mineraria dei Valdarno con D.M. 25 Settembre 1941, veniva trasferita alla Cooperativa Minatori Baccinello con D.M. in data 26 Luglio 1956. .... La concessione Baccinello si estende a circa 21 Km in linea d'area ad Est di Grosseto e vi si accede a mezzo di una buona strada carrozzabde. La concessione copre una superficie di 1109 ettari; il complesso dei lavori minerari si è sviluppato su di una striscia di terreno posta alla destra del torrente Trasubbie con estensione di circa 30 ettari. E’ da ritenersi praticamente esaurita. Il giacimento, per la parte già coltivata e per quella esigua parte residuale,risultava costituito da un esteso ed unico banco di lignite picea di potenza variabile sui 2-2,50 metri, avente a tetto argille mioceniche ed a letto uno strato di marne carboniose

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(pure mioceniche) di modesto spessore riposanti a loro volta su di una formazione calcarco- argillosa, dal Lotti ritenuta di età eocenica e da altri invece considerata alloctona. Il banco lignitifero si sviluppava secondo una direzione Nord 10° Est per una lunghezza in superficie di circa 1500 m. e si immergeva verso Ovest con una pendenza di circa 30'. Esso risultava limitato all’estremo Nord e Sud da due faglie,rispettivamente denominate Faglia della Paolona e Faglía di Vai Nebbiaia...... L’inizio di una attività mineraria nel bacino di Baccinello risale al 1916. In quest'anno, sotto lo stimolo della guerra in corso, furono sviluppati lavori di traccíamento e perforazione a partire dagli affioramenti di Castioni, Dogana, Fittaia e Mulinefla. Negli anni seguenti l'attività estrattiva assunse un notevole impulso tanto da richiedere la costruzione di una ferrovia a scartamento ridotto che, attraverso le vani delle Trasubbie e dell'Ombrone, collegò Baccinello con la stazione di Istia per una lunghezza complessiva di circa 32 chilometri. La ferrovia fu poi raccordata alla stazione di Grosseto mediante un tratto lungo 16 chilometri a scartamento normale, che si inseriva in quella a scartamento ridotto nella località . A partire dal 1920 l'attività si afflevori e nell’anno 1921 i lavori furono sospesi. Furono però ripresi nel 1922 e sino al 1926 la miniera ebbe una vita assai stentata. Nel 1927 si verificò una nuova crisi con una conseguente sospensione dei lavori;si ebbe un accenno di ripresa negli anni 1928 e 1929 per poi verificarsi una nuova chiusura della miniera nel 1930 che questa volta si prolungò sino al 1935 (è da notare che in questo periodo venne resa inservibile e poi smantellata la ferrovia). Nel 1936 la miniera fu riaperta quasi ex novo: fu eseguita una campagna di sondaggi e ricostituito il sotterraneo dove, salvo una sospensione negli anni 1944-45 connessa all'ultimo conflitto, l'attività è proseguita fino alI'Aprile 1959. La Cooperativa Minatori Baccinello ottenne come detto la miniera in concessione nel Luglio 1956. A quella data il giacimento risultava completamente esaurito dagli affioramenti esterni, di quota 270 circa, sino al livello 80 ed era stato parzialmente coltivato nei sottostanti livelli 60 e 40. La gestione della Cooperativa si svolse in un primo periodo con esito soddisfeente con l'impiego di 150-200 operai. La favorevole congiuntura di mercato dei combustibili esistentente all’atto della riapertura della miniera, facilitò il compito della Cooperativa che nel primo anno di attività non solo riusci a pagare i debiti contratti per la riorganizzazione iniziale del sotterraneo e dei servizi esterni, ma anche a rinnovare e migliorare alcuni impianti oltre a mettere a punto un nuovo sistema di coltivazione (da lavori a fondo cieco con cantieri in serie si passò a quello con ventilazione ascendente e cantieri indipendenti).

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Purtroppo il periodo di mercato favorevole fu di corta durata; il prezzo delle ligníti discese rapidamente e già all'inizio del 1958 la Cooperativa, anche offrendo il combustibile al prezzo di costo, (che durante il periodo di attività è stato in media di L. 6000-6100 con oscillazioni tra L. 5300 e L. 6800) non riusciva ad esitare tutta la produzione. Nel 1959 l'acuirsi della crisi delle ligniti (rientrante nella più generale crisi dei carboni che investe anche oggi un ampio settore dell'economia europea) trovava a Baccinello altre concause specifiche quali la tendenza sempre più marcata dell'uso degli oli combustibili nelle fornaci di laterizi e la vendita a bassissimo prezzo degli stock di lignite della miniera di . Tutto ciò metteva in sempre più intollerabili difficoltà l'esercizio della miniera e costringeva la Cooperativa a sospendere definítivamente ogni lavoro a partire dal 1 Aprile. A quella data il sotterraneo della miniera,di circa 5 Km. di sviluppo, risultava schematicamente costituito da una discenderia principale di estrazione detta Prima Nord,che era anche di entrata d'aria, da due discenderie interne (Prima e Seconda) di carreggio, dalle gallerie dei livelli 135, 60, 40 e 15 e da due discenderie di riflusso, poste grosso modo ai limiti Nord e Sud del sotterraneo ...... I lavori svolti negli ultimi due anni di attività della miniera dimostrarono che le consistenze del giacimento di Baccinello erano notevolmente inferiori a quefle preventivate all'epoca della cessazione dei lavori della Società Mineraria dei Valdamo; e ciò soprattutto a causa della elevata incidenza negativa dei disturbi tettonici incontrati nei nuovi livelli della miniera, sia anche a causa della più forte convergenza riscontrata nell'andamento della Faglia di Val Nebbiaia che chiudeva assai più rapidamente del previsto il giacimento in profondità ...... A partire dal mese di Giugno dei 1959 la Cooperativa nell'impossibuità di continuare la manutenzione del sotterraneo, soggetto ad un progressivo e rapido degradamento in conseguenza delle spinte ragguardevoli esercitate dalle rocce plastiche incassanti, iniziò il recupero del materiale e delle attrezzature esistenti all'interno, provvedendo contemporaneamente a sbarrare gli accessi ai cantieri e alle varie gallerie.

La Miniera di lignite di Cana '....'La concessione 'Cana", originariamente accordata per la durata di anni trenta con D.M. in data 27 Marzo 1942 alla Società Mineraria del Valdarno, veniva trasferita con D.M. in data 2 Luglio 1956 alla Cooperativa Mineraria Baccinello ...... La concessione di lignite “Cana” si estende a circa 23 Km. in linea d'area ad Est di Grosseto e vi si accede a mezzo di una buona strada carrozzabile. La concessione della

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superfici di ettari 811,67 confina ad Ovest con la ex concessione 'Baccinelìo" (già esercitata dalla Cooperativa Minatori Baccinello e rinunciata dalla stessa in data 15 Gennaio 1962) ed è attraversata per tutta la lunghezza dal torrente Trasubbie, che scorre da Nord - Est a Sud- Ovest. Le trascorse vicende della miniera di Cana sono sempre state strettamente legate, e in certo modo subordinate, a quelle della più importante e vicina miniera di Baccincllo, con la quale costituisce un unico bacino minerario. La miniera di Cana, esercitata sempre dalla stessa società titolare della concessione Baccinello, non ha mai avuto infatti una vita autonoma avendo sempre usufruito dei servizi di Baccinello, quali l'impianto di cernita, le officine elettrica e meccanica e la stessa direzione tecnica dei lavori. I primi lavori di ricerca nella zona di Cana risalgono al 1918. Queste ricerche effettuate dal Commissariato dei Combustibdi Nazionali, si svilupparono con lavori diretti nelle località Bachine e Molinello, in prossimità degli affioramenti del banco sulla riva sinistra del torrente Trasubbie e in una campagna di sondaggi dei quali però non sono rimasti elementi. Il giacimento rintracciato era costituito da due strati sovrapposti di lignite picea della potenza complessiva di metri -1,20 -1,80, separati da un intercalare argilloso-marnoso dello spessore variabile da 40 a 70 cm. Il giacimento, avente direzione Nord Est - Sud Ovest, pressoché parallelo al torrente Trasubbie, s'immergeva con una inclinazione di 220 verso il torrente stesso, raggiungendo nei pressi del Trasubbie una profondità massima di 25-30 m. rispetto al piano di campagna. Il banco, racchiuso in terreni miocenici, si estingueva sulla riva sinistra del Trasubbie contro l'appoggio dei argille con calcari palombini che quasi fiancheggiano il corso d'acqua. In quel periodo del primo dopoguerra la miniera Baccinello ebbe una ben più notevole attività tanto più che fu collegata a Grosseto con un tronco ferroviario di 32 Km. Nel 1921 una prima crisi determinò la sospensione dei lavori per alcuni mesi. Successivamente si ebbe un periodo di ripresa e nel 1923 si raggiunse la massima produzione. In seguito l'attività andò sempre scemando, per cessare del tutto nel 1930. La miniera di Cana attraversò nei primi anni della sua esistenza le medesime alterne vicende della miniera di Baccinello. Essa però non fece a tempo a passare dallo stato di ricerca a quello di regolare coltivazione poichè la crisi del primo dopoguerra fece sospendere colà i lavori assai prima che a Baccinello. Nel 1936 furono ripresi i lavori nella miniera di Baccinello che nell'anno successivo entrava in produzione. A Cana invece bisogna aspettare fino al 1940 per vedere iniziare ex novo i lavori sotterranei.

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Nel 1942 Cana, fino allora permesso di ricerca, con D.M. in data 27 Marzo veniva assegnata in concessione alla Società Mineraria Valdarno. Dal 1940 l'attività nella miniera, salvo una sospensione negli 1944-45 connessa all'ultimo conflitto, è proseguita fino al 1950. I lavori minerari eseguiti a Cana in questo periodo erano costituiti da tre discenderie controbanco poste sulla riva sinistra dei torrente Trasubbie a pochi metri dal suo alveo,che raggiunsero lo strato di carbone nel suo lembo più superficiale. La parte di banco coltivata era interrotta da numerose faglie che costrinsero ad una coltivazione per pannelli. La prima díscenderia ebbe breve vita e fu chiusa dopo un paio d'anni, dopo aver coltivato una piccola porzione di banco risultata staccata completamente dal resto del giacimento. Nel 1950 un incendio sviluppatosi in corrispondenza di vecchi lavori costrinse al definitivo abbandono del sotterraneo ormai completamente sfruttato. Gli accessi di quei sotterranei risultano franati e cancellati dalla superficie restituita allo stato agrario. La cooperativa Minatori Baccinello ottenne la miniera in concessione nel Luglio 1956; a quell'epoca come già detto ogni attività mineraria risultava sospesa da oltre 6 anni,non esisteva più un sotterraneo aperto e accessibile e mancava qualsiasi impianto e attrezzatura. Si era però in un momento di congiuntura particolarmente favorevole a causa della crisi di Suez e la Cooperativa, con giustificato ottimismo e con l'intenzione di trovare un succedaneo al giacimento di Baccineflo che si stava estinguendo, decideva di riprendere le ricerche nella concessione di Cana e in particolare su quella zona dei bacino, posta sulla destra del torrente Trasubbie, che era rimasta praticamente inespiorata salvo i sondaggi di cui si è fatto cenno eseguti dal Commissariato Combustibili negli anni 1918-1919 e altri quattro sondaggi eseguiti intorno al 1950 dalla Società Valdamo che aveva accertato la prosecuzione del giacimento. I nuovi lavori della Cooperativa ebbero inizio a Cana nell'Agosto 1957. La zona prescelta di ricerca, ubicata alla destra del Trasubbie, trovavasi in prossimità di un sondaggio piazzato alla quota 210 s.l.m. effettuato dalla Società Valdarno che aveva incontrato alla profondità di circa 50 m. due strati di carbone ciascuno di circa un metro di potenza, separati da una interealazione mamosa-argiuosa di un metro di spessore. Ogni lavoro di tracciamento però cessava il 28 Febbraio 1958. li numero di operai occupati in questa ricerca non superò mai le 28 unità. Nel 1959 l'acuirsi della crisi delle ligniti .... costringeva a sospendere definitivamente ogni attività sia a Baccinello che a Cana a partire dal I' Aprile 1959. Fino a quel momento il breve sotterraneo della miniera di Cana era stato mantenuto aperto e anzi erano state eseguite nei dintorni cinque perforazioni esplorative delle quali soltanto due però accertarono la presenza dei banco lignitifero.

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Acuitasi la crisi della Cooperativa, sfociata nega nomina di un Commissario liquidatore, ogni ulteriore programma di ricerca fu dovuto abbandonare e quel breve sotterraneo lasciato franare per mancanza di ogni mezzo finanziario nonchè di ogni prospettiva di mutamento di congiuntura....

La Miniera "Monte Labbro I"' (minerali di mercurio) '...... La Società Mercurifera Italiana S.M.I. chiede di ottenere la trasformazione dei tre permessi di ricerca 'Monte Labbro 10', 'Podere Segalari-Podere Spolveravolpi' e "Poggio Prato Nanzi-Podere Le Paole' dei quali è titolare, in concessione mineraria per mercurio e suoi minerali. La concessione da denominarsi ‘Monte Labbro I’ ricade in territorio dei comuni di Roccalbegna, Arcidosso e Santa Fiora, in Provincia di Grosseto. La sua area comprende per intero quella del permesso "Monte Labbro 1" ed una buona parte delle aree confinanti ed appartenenti agli altri due permessi citati...... L’area della concessione si sviluppa a Nord-Est dell'abitato di Roccalbegna tra l'alto corso del fiume Albegna che lo delimita verso Ovest e un lungo tronco della strada statale n° 323 che lo circonda verso Sud per attraversarla poi longitudinalmente nel versante orientale. Questa stessa strada con il raccordo di 2,5 Km, costruito a spese della Società richiedente nel 1961, costituisce l'unica via carrozzabúe di accesso al campo minerario e di collegamento con l'impianto metallurgico di , nel quale viene trattato sia il minerale estratto nell'omonima e vicina miniera della S.M.I., sia quello proveniente dai lavori di Monte Labbro I' .... L’area chiesta in concessione dalla Società Mercurifera Italiana con quella limitrofa della quale è concessionaria la Società Monte Amiata formano un unico campo minerario nel quale lavori di ricerca e coltivazioni furono iniziati circa 50 anni fa e, proseguiti poi, in modo discontinuo e con poco profitto sino al 1933. Nel periodo immediatamente successivo al primo dopoguerra due aziende, la Società Monte Amiata e una Società Mineraria Italiana,che con la richiedente attuale non ha nessun legame oltre la fortuita omonimia della ragione sociale, si assicurarono il possesso dei sottosuoh della zona e se ne ripartirono il territorio secondo una linea di confine, per un tratto coincidente con il Fosso delle Solforate,che è quelle stessa che a tutt'oggi divide la vigente concessione Monte Labbro 2' (di cui è titolare la Monte Amiata) dal Permesso Monte Labbro l'. Nel 1919 la prima Società Mercurifera Italiana iniziò, con il tracciamento a quota 973 sulla sponda destra del fosso Solforate, l'apertura di un sotterraneo che negli anni successivi veniva ampliato sino a comprendere due livelli sottostanti, un pozzetto di estrazione,varie vie di ventilazione e carreggio. A varie quote del sotterraneo furono aperti diversi cantieri di coltivazione rimasti attivi sino al 1933,

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anno in cui la miniera venne abbandonata per a fallimento della società esercente. Successivamente venivano alienati i terreni, riniossi gli impianti e i sottosuoli di Monte Labbro l' venivano dichiarati disponibili. Durante la sua vita stentata la miniera produsse circa 90.000 tonnellate di minerale trasportato per mezzo di lunga teleferica nell'impianto metallurgico installato a Bagnore. Se ne ricavarono circa 4.000 bombole di metallo, con una resa complessiva di circa l'1,75 x 1000 che non poteva non essere,soprattutto a quei tempi, fortemente antieconomico. Divenuta nel 1956 titolare del permesso di ricerca, la nuova Società Mercurifera Italiana riprese nuove indagini geologiche e geofisiche, culminate con la perforazione di un primo sondaggio posto a circa 250 metri ad Est del Poggio Pietriccione, e iniziò la riapertura ed il riattamento del vecchio sotterraneo. Negli anni successivi i lavori di esplorazione e di tracciamento sono stati intensificati ed estesi tanto in superficie che all'interno. Il sotterraneo, completamente rinnovato anche nella rete di gallerie e pozzetti già esistenti, è stato notevolmente ampliato e consta già di oltre m. 1.500 di vie che si svduppano su tre livelli a quota di 920, 900 e 885 metri s.m ..... Con D.M. in data 31 Gennaio 1973 la concessione 'Monte Labbro I" viene intestata, a decorrere dalI' Novembre 1972, alla Montecatini Edison s.p.a. Con D.M. in date 6 Febbraio 1974 la concessione passa alla Soc.Solmine, a decorrere dal 30 Aprile 1973. Con D.M. in data 5 Febbraio 1976 la Soc.Solmine rinuncia alla concessione. .... La miniera ‘Monte Labbro I’ di cui trattasi è destinata ad un abbandono definitivo o quanto meno ad un abbandono per un tempo indeterminato certamente lungo. E ciò perchè il giacimento è stato esaurito senza che le ricerche effettuate abbiano dato qualche risultato incoraggiante e perchè la situazione del mercato dei mercurio non lascia prevedere per il prossimo futuro un'inversione di tendenza sino al punto da far riprendere in considerazione l'arca mineraria testè abbandonata...... nel verbale di chiusura della miniera, oltre alle vie sotterranee ha elencato tra le pertinenze quattro fabbricati (adibiti rispettivarnente ad uffici di cantiere ecc, a sede dell'argano ecc, a sede dei gruppo elettrogeno ecc,a cabina elettrica), l'impianto di estrazione (argano e relative apparecchiature,castchetto,gabbia,silo metallico), ed una parte delle apparecchiatura della cabina elettrica...... La superficie occupata dalla concessione si estende sulla parte occidentale dei giacimento cinabrifero ubicato circa un chilometro a.Sud del Monte Labbro...... La zona in argomento è attraversata da alcune grosse faglie con direzione appenninica incrociate da faglie trasversali le quali hanno determinato localmente un alto tettonico. La

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mineralizzazíone ha sede in un banco sub-orízzontale di diaspri a strati sottili e fessuratí di circa 40 metri ed inclusa tra calcare maiolica a tetto e calcare marnoso a letto. Essa è rappresentata da spalmature di cinabro nelle fessure,prevalenternente concentrata in corrispondenza delle fasce di tetto e di letto defia formazione diasprina,potenti rispettivamente 10 e 4 metri circa come massimo,e da cinabro diffuso nella ganga argillosa della breccia di frizione delle faglie principali. Il tenore medio del minerale proveniente dal banco diasprino è di circa l'1,6 x 1000 in Hg mentre queflo scavato,in quantità minore,lungo le faghe è risultato generalmente più ricco...... una normale galleria di avanzamento che si stacca dalla galleria principale diretta del livello 920 e viene scavata nel corpo della formazione líassica di diaspri e ftaniti saltuariamente mineralizzata a cinabro. Questa formazione geologica si presenta così intensamente fratturata da risultare suddivisa in minuti parallelepipedi lungo le cui facce le soluzioni mineralizzanti depositarono, a suo tempo, la leggera patina cinabrifera che conferisce alla roccia valore economico e rappresenta l'oggetto defl'attività mineraria. .... la galleria o traversa è alta m. 2,35 e larga m. 1,90 al piede e m. 1,60 in corona. Essa è provvista di armature di sostegno costituite da quadri di legno posti a distanza l'uno dafl'altro di circa m. 1,20. Ciascuno di tali quadri è formato da tre elementi: due puntelli verticali addossati alle pareti dello scavo, sui quali si appoggia un traversone o cappello, disposto orizzontalmente in modo da sorreggere la volta della galleria. Sui traversoni sono collocati dei robusti tavoloni che costituiscono la soffittatura defia galleria stessa...... Le fasi di lavoro attraverso le quali si attua l'escavazione e l'avanzamento progressivo delle traverse sono le seguenti: perforazione dei fori da mína, sparo delle minc,sgombero del materiale abbattuto dalle mine ed infine posa in opera del quadro di armamento. Dopodichè il ciclo ricomincia con le medesime operazioni nella identica successione. Effettuato il brillamento delle mine e prima di iniziare lo sgornbero del materiale abbattuto si innesta una operazione particolare, che se necessario viene ripetuta anche in seguito durante lo svolgimento delle altre fasi di lavoro. Essa consiste nel saggiare il fronte delle pareti e della volta dello scavo, provocando debberatamente la caduta di massi o blocchi eventualmente in falso equilibrio, in modo che il loro distacco non abbia a verificarsi istantaneamente all’insaputa degli operai. STRATIGRAFIA nel SAGGIO n° 5 PROGRESSIVA SPESSORE Descrizione del litotipo (metri) (metri) (1) 2.5 2.5 argille. (2) 6.5 4.0 grossi massi di calcare .

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(3) 26.0 19.5 marne grigie. (4) 44.0 18.0 marne grigio-scure. (5) 61.0 17.0 arenarie verdastre. (6) 77.0 16.0 marne grigio-scure (7) 90.0 13.0 marne con ciottoli calcrei sparsi. (8) 94.0 4.0 calcare alberese. (9) 110.0 16.0 calcare alberese.

STRATIGRAFIA nel SAGGIO n° 6 PROGRESSIVA SPESSORE Descrizione del litotipo (metri) (metri) (1) 3.55 3.55 materiale alluvionale. (2) 22.0 18.45 ciottoli e ghiaie con argille. (3) 40.0 18.0 marne fossilifere. (4) 54.0 14.0 marne con arenarie. (5) 86.40 32.40 marne. (6) 87.0 0.60 lignite. (7) 88.75 1.75 marne con fossili. (8) 94.0 5.25 lignite. (9) 100.50 11.75 calcare alberese.

STRATIGRAFIA nel SAGGIO n° 7 PROGRESSIVA SPESSORE Descrizione del litotipo (metri) (metri) (1) 9.70 9.70 materiale alluvionale. (2) 15.0 5.30 marne con clasti calcarei. (3) 38.50 23.50 marne con fossili e detriti di carbone. (4) 39.50 1.0 lignite. (5) 40.50 1.0 marne. (6) 41.50 1.0 lignite. (7) 56.50 15.0 marne. (8) 93.60 37.10 arenarie. (9) 96.60 3.0 calcare alberese.

-Briglie: sono state cartografate le briglie lungo i fossi presenti e le opere idrauliche di attraversamento fluviale valutandone anche il loro stato qualitativo.

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Briglia n°1 Di seguito si riporta la classificazione delle briglie fino ad ora riscontrate. Tabella briglie

Numero Località-Fosso Stato qualitativo briglia

1 F.so Riccione buono 2 F.so Riccione scadente - scalzata ai lati 3 F.so dell’Armacione Buono 4 F. Albegna Buono

Briglia n°2

Sono previste, dal P.A.I. OMBRONE (Gennaio 2005), degli interventi paralleli ai corsi d’acqua (es. Torrente Trasubbie) di basso grado ed impatto ambientale (potatura, ripulitura, ecc.)..

RISORSE IDRICHE

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-sorgenti potabili: esistono n°4 sorgenti per uso idropotabile distinte negli elaborati cartografici; sono state cartografate altre sorgenti fornite dall’ATO (cartografate anche nella carta idrogeologica), che non hanno un uso idropotabile.

ELEMENTI IDROGRAFICI -laghetti: catografati dalla base topografica hanno origine per lo più antropica. -reticolo di interesse (PAI Ombrone e Fiora): sono evidenziati tutti i fossi di interesse facenti parte del reticolo significativo del P.A.I..

Tabella sorgenti cartografate (da 224 a 271)

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CARTA DELLE PENDENZE La carta delle pendenze è stata realizzata solo per la stesura della carta della pericolosità geo- morfologica e non è stata definita come elaborato cartografico come infece veniva richiesto dalla DCR 94/85. Rappresenta l’acclività dei versanti distinta per classi; nello specifico sono stati definiti sei intervalli di pendenza: classe 1: acclività 0-5 % = verde classe 2: acclività 5-10 % = viola classe 3: acclività 10-20 % = celeste classe 4: acclività 20-35 % = giallo classe 5: acclività 35-50 % = blu classe 6: acclività >50 % = rosso

Lineamenti idrologici Dal punto di vista idrologico, si riscontrano reticoli idrografici a pettern dendritico, sub- dendritico, sub-parallelo e in corrispondenza del F. Fiora e dei T.ti Trasubbie e Trasubbino, limitatamente all’area dell’alveo fluviale, si evidenziano tracciati anastomizzati o Breided Stream. Altri tipi di tracciati fluviali, nell’ area in oggetto, possono essere: -rettilinei: si osservano generalmente impostati lunghi una faglia o una frattura rettilinea e in tipi litologici ad elevata coerenza, che impediscono al corso d’ acqua di assumere un percorso meno regolare (esempio: corso F. Albegna a Sud del centro abitato di Roccalbegna); -irregolari: si presentano tortuosi ed irregolarmente sinuosi; le cause più evidenti sono: discontinuità litologica e tettonica, intreccio tra l’attuale sistema morfoclimatico con le forme e le paleoforme del rilievo, variazioni di portata, variazione della copertura vegetale. L’erosione lineare, rispetto alla deposizione nella dinamica fluviale, è prevalente su tutto il territorio comunale; questo fenomeno è dovuto alla relativa giovinezza, dal punto di vista geomorfologico, dell’area: questo è legato al sollevamento Pleistocenico della zona dell’Amiata, posto pochi Km a Nord-Est.

CARTA IDROGEOLOGICA -Tavola 3-

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La carta idrogeologica -Tavola 3- redatta in scala 1:10.000 definisce, le caratteristiche degli acquiferi, la loro estensione e le ubicazioni relative ai punti di emergenza naturale o ai punti di prelievo da pozzi. In particolare permette innanzitutto di evidenziare le zone a differente permeabilità presenti nel comprensorio oggetto di studio, il tutto con l’istituzione di tre differenti classi, a loro volta oggetto di un’ulteriore successiva suddivisione. PERMEABILITA’ PRIMARIA 1 - Permeabilità da bassa a molto bassa Depositi da debris flow e mud flow 2 - Permeabilità medio-bassa Depositi colluviali, frane attive-quiescienti, frane con stato di attività indeterminato, frane senza indizi di evoluzione (paleofrane), Depositi di versante, Depositi Eluviali, Conoide alluvionale 3 - Permeabilità media Sabbie risedimentate, 4 - Permeabilità medio-alta Depositi alluvionale attuali, Depositi alluvionali terrazzati, detriti di falda PERMEABILITA’ SECONDARIA I - Permeabilità da bassa a molto bassa Argille a Palombini, Argille a Palombini - litofacies arenacea, F. di Santa Fiora, Marne a Posidonomya, Marne del Sugame II - Permeabilità medio-bassa Flysch a Elmintoidi, Diaspri, Pietraforte, Oficalci, III - Permeabilità media F. del Macigno, Gabbri con filoni Basaltici, Rosso Ammonitici, Calcareniti di Montegrossi, Calcareniti di Dudda, Calcari a Rhaetavicula contorta, Serpentiniti IV - Permeabilità medio-alta Calcare selcifero di Limano, Calcare a Calpionelle V - Permeabilità alta Calcare Massiccio PERMEABILITA’ MISTA C - Permeabilità media Conglomerati marini poligenici, Conglomerati poligenici, Sistema di S. Angelo Scalo, ciottolami poligenici alluvionali sabbie e silt argillosi

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IM – Impermeabile Argille e argille siltose grigio azzurre localmente fossilifere, Marne biancastre stratificate di ambiente palustre-lacustre intercalate con arenarie grossolane, Olistostromi di materiale ligure, Argille siltose grigiastre con bande siltose arrossate, Argille argille-sabbiose e sabbie argillose di Baccinello, Argilliti di Brolio NRC - Aree non rilevate o non classificate Depositi antropici, Terreno di riporto

Dalla carta idrogeologica possono essere altresì dedotte importanti indicazioni sull’andamento delle isopiezometriche e delle direzioni di flusso sotterraneo: da una ricerca approfondita realizzata presso la Regione Toscana, l’amministrazione Provinciale e Comunale, è stato possibile recepire solo informazioni ubicative su pozzi esistenti. Non esiste alcuna forma di archivio in merito alla loro profondità o caratteristiche tecniche. Durante il rilevamento di campagna, in prossimità dei fabbricati rurali, non è stato mai ritrovato un’opera di captazione profonda. Tutto ciò, sia per il basso grado demografico che per la presenza di un numero considerevoli di sorgenti. Per quanto concerne le sorgenti, in carta si sono distinte due classi: quelle destinate per l’uso idropotabile (consumo umano) e quelle per uso privato o libero; sono state desunte dalla cartografia fornita dell’A.T.O.. Tabella sorgenti cartografate (da 224 a 271)-già evidenziate nella geo-morfologica

CARTA LITOTECNICA -Tavola 4- L’elaborato della carta litotecnica -Tavola 4- in scala 1:10.000, contiene le unità litostratigrafiche caratterizzate ed accorpate sotto il profilo litotecnico secondo parametri relativi alla composizione, grado di cementazione, tipo di stratificazione, stato di fratturazione e degradazione. La classificazione deriva dalla legenda elaborata dalla Regione Toscana. Il fine dell’elaborato cartografico è di delimitare i terreni che possono manifestare comportamento meccanico omogeneo; pertanto le unità che presentano caratteristiche tecniche comuni, indipendentemente dalla posizione stratigrafica e dai relativi rapporti geometrici, sono state raggruppate in apposite “Unità litotecniche” e cartografate secondo il seguente schema. LITOTIPI COERENTI Successioni di litotipi lapidei e subordinatamente argilloso-siltosi distinte in base al grado di fratturazione e di stratificazione. ______indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 43 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______

LC2 Formazioni litoidi con strutture massive o debolmente stratificate prevalentemente arenitiche o ultrabasiche fratturate: Oficalci, Calcare Massiccio, Gabbri con filoni basaltici, Serpentiniti. LC4 Formazioni litoidi con strutture massive e stratificate con alternanze ordinate intensamente fratturate: Calcare selcifero di Limano, Calcare a Calpionelle, Diaspri, Rosso ammonitico. LC6 Formazioni litoidi con strutture stratificate, con alternanze ritmiche ed ad alto grado di fatturazione: Calcari e marne a Rhaetavicula contorta, flysch ad Elmintoidi, F. del Macigno, Calcareniti di Dudda, Calcareniti di Montegrossi, Pietraforte. LITOTIPI SEMICOERENTI LS1 Formazioni costituite da alternanze di litotipi con prevalenza di livelli conglomeratico- sabbiosi a basso grado di cementazione o sciolti: Conglomerati marini poligenici, conglomerati poligenici, ciottolami poligenici alluvionali sabbie e silt argillosi, Sistema di S. Angelo Scalo. LS2 Sabbie risedimentate, Marne biancastre stratificate di ambiente palustre-lacustre intercalate con arenarie grossolane. LS3 Formazioni costituite da alternanze ritmiche e/o ordinate di litotipi lapidei ed orizzonti argilloso-siltosi: Marne a Posidonomya, Marne del Sugame LS4 Formazioni costituite da alternanze disordinate e/o caotiche di litotipi argillo-siltosi e lapidei: Olistostromi di materiale ligure, F. della Santa Fiora, Argilliti di Brolio, Argille a Palombini, Argille a palombini – litofacies arenacea. LITOTIPI PSEUDOCOERENTI Formazioni costituite da alternanze di litotipi con prevalenza di livelli argillosi ed argilloso- sabbiosi. LP1 Argille siltose grigiastre con bande siltose alla arrossate, Argille argille sabbiose e sabbie argillose di Baccinello LP2 Argille ed argille siltose grigio-azzurre localmente fossilifere

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LITOTIPI INCOERENTI Successioni conglomeratiche (o ghiaiose) - sabbiose – argillose distinte sulla base della composizione, della granulometria, del grado di cementazione o compattezza, e del tipo di legante. LI1 Depositi da debris flow e da mud flow, frane attive-quiescienti, frane con stato di attività indeterminato, frane senza indizi di evoluzione (paleofrane), depositi di versante, conoide alluvionale LI3 Formazioni costituite da alternanze di litotipi sciolti ghiaiosi-sabbiosi-argillosi: Detriti di falda, Depositi alluvionali attuali, Depositi alluvionali terrazzati LI4 Conoide alluvionale LI5 Depositi colluviali, depositi eluviali

Durante lo svolgimento e l’acquisizione dei dati territoriali per il Quadro Conoscitivo, non sono state ritrovate stratigrafie derivanti da pozzi. Sono state riportate nella Carta Litotecnica solo i sondaggi realizzati a Vallerona per il consolidamento del centro abitato (a Nord) e quelli a Roccalbegna realizzati alla fine degli anni ’80 per il consolidamento del centro abitato.

GEOLOGIA E GEOTECNICA DEL CAPOLUOGO Nel Gennaio 1989 il Consorzio Italeco-Fiat Engineering per la Protezione Civile di Roma, ha realizzato una indagine geognostica approfondita, una relazione geologica, geotecnica con proposte di consolidamento, che di seguito sarà parzialmente esposta. Introduzione La relazione geologica considera i terreni dal punto di vista geologico-applicativo: prima del rilievo di campagna, realizzato nel capoluogo, è stato realizzato uno studio fotogeologico preliminare; questo, insieme ad una campagna geognostica successiva, ha permesso di caratterizzare i terreni affioranti sia dal punto di vista geologico che geotecnico.

Geologia generale

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La zona è sita sul versante meridionale del M. Labbro e schematicamente affiorano le seguentio unità litostratigrafiche: -Argille con Calcari Palombini - facies ligure - -Calcareniti di Montegrossi – Falda Toscana - -Scaglia Toscana (Argilliti di Brolio) – Falda Toscana - Il seguente schema individua l’evoluzione meccanica del profilo M. Labbro-Roccalbegna: le calcareniti RIGIDE (c) delle Argille e Calcari affioranti a Roccalbegna, si sovrappongono tettonicamente ad un livello MOLTO PLASTICO (b) costituito dalle litofacies argillitiche delle stesse Argille e Calcari e della Scaglia Toscana; questo livello plastico si sovrappone, a sua volta, ad un SUBSTRATO RIGIDO costituito dal basamento della Successione Toscana (Verrucano) (a). Successivamente, la zona del M. Labbro ha subito un forte sollevamento causando lo scivolamento gravitativo della coltre a comportamento viscoso-plastico con le sovrastanti calcareniti: ciò ha causato il distacco di blocchi anche di dimensioni considerevoli - una sorta di “boudinage” gravitativo - di natura arenitica per una messa in posto più a valle. Altri autori ubicano l’abitato di Roccalbegna su un accumolo di una grossa frana di crollo avvenuta lungo il versante meridionale del M. Labbro sulla formazione delle Argille e Calcari o su quella della Scaglia Toscana, avvenuta nel Pleisocene a causa dell’elevata sismicità dell’area amiatina. Idrogeologia generale Il capoluogo giace su n° 3 unità idrogeologiche come da figura di seguito. unità A: substrato calcareo affiorante o blocco isolato nella matrice viscoso-plastica, con permeabilità secondaria (per fessurazione) da media ad elevata unità B: sustrato argillitico- marnoso con permeabilità da media a bassa unità C: copertura detritica eterogenea con permeabilità primaria da media ad elevata e con spessore variabile.

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Dalle misure piezometriche eseguite nell’area a seguito di una campagna geognostica di n° 8 sondaggi meccanici spinti fino ad un massimo di 45 m e realizzata da Maggio a Giugno 1988, si è ricavato quanto segue: Sondaggio 1: falda a - 16.61 m dal p.c. Sondaggio 2: asciutto Sondaggio 3: asciutto Sondaggio 4: falda a - 16.87 m dal p.c. Sondaggio 5: falda a - 10.60 m dal p.c. Sondaggio 6: falda a - 12.55 m dal p.c. Sondaggio 8: falda a - 8.20 m dal p.c. Si conclude che le argilliti costituiscono il substrato impermeabile, i litotipi calcarei presentano una buona permeabilità secondaria per fessurazione con circolazione idrica supposta, ed i depositi detritici, poggianti sul substrato impermeabile, hanno una buona permeabilità primaria senza una vera e propria circolazione idrica continua sotterranea - legata solo all’infiltrazione delle acque superficiali -; sono stati presi alcuni campioni d’acqua che hanno rilevato la presenza di un elevato inquinamento di tipo organico: ciò dimostra che la circolazione idrica nella coltre detritica è strettamente legata alle infiltrazioni meteoriche e/o di quelle antropiche. Sismicità Il Comune di Roccalbegna in passato non veniva ritenuto sismico nè ha rappresentato in epoca storica l’epicentro di qualche terremoto; è stato interessato marginalmente dal terremoto del 10/09/1919 che aveva avuto epicentro a Piancastagnaio e che ha fatto registrare a Roccalbegna scosse attribuibili al 6° grado della scala Mercalli. Attualmente, secondo l’Ord.P.C.M. 3519/2006 e la conseguente D.G.R. n°431 del 19/06/2006 inerente la riclassificazione sismica del territorio regionale, per il Comune di Roccalbegna è stata riproposta la classificazione sismica in zona 3 (come faceva riferimento anche l’Ordinanza P.C.M. n°3274 del 20/03/2003).

Di seguito sarà illustrata la relazione sull’indagine geognostica, realizzata dal Prof. Paolo Canuti - Ordinario di Geologia Applicata nell’Università di Firenze - alla fine degli anni ‘80. Relazione sull'indagine del Consorzio Italeco-Fiat Engineering. L'indagine in oggetto, terminata con la relazione conclusiva nei primi mesi dell'anno corrente, si poneva il problema di individuare metodi di risanamento del centro abitato di Roccalbegna, interessato in suoi numerosi fabbricati ed opere, da lesioni di varia entitá; tali

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lesioni avevano fatto ritenere, alle competenti Autoritá della Protezione Civile, necessario un intervento a tutela della pubblica incolumitá. Il Consorzio Italeco-Fiat Engineering veniva incaricato delle indagini al fine di acquisire elementi conoscitivi sul sottosuolo su cui è ubicato il centro abitato e su tale base individuare, anche se di massima, criteri di consolidamento. A tal fine veniva eseguita una serie di n° 8 sondaggi geognostici (TAVOLA 4), variamente ubicati, nell'intorno dell'area di maggior dissesto, dopo aver acquisito la conoscenza delle condizioni geologiche, geomorfologiche ed idrogeologiche di superficie, oggetto di elaborati cartografici. Nelle fasi di sondaggio sono state eseguite prove SPT, prove di permeabilità, prelievi di campioni dove possibile - per prove di laboratorio ed opportune classificazioni -, la messa in opera di n° 7 piezometri - per valutare le oscillazioni della falda acquifera - e di n° 4 inclinometri per misurare possibili spostamento orizzontali del sottosuolo. I risultati acquisiti, non hanno consentito un decisivo chiarimento sul meccanismo del dissesto presente in quanto le osservazioni sulle misure inclinometriche sono perdurate per un periodo piuttosto breve - dal 26/7 al 5/10/1988 -. Non sono stati - nel periodo di lettura degli inclinimetri suddetti - accertati movimenti generalizzati della massa, cioè una superficie di sorrimento del sottosuolo: viene ipotizzata la presenza, entro il corpo detritico, di zone a scarso addensamento e, quindi, a scarsa densità relativa dovute ad un flusso di acque sotterranee che avrebbero asportato la frazione più fine generando fenomeni di cedimento nel sottosuolo con inevitabili conseguenti lesioni agli immobili. Le due ipotesi formulate, superficie di scorrimento sub-orizzontale e cedimento per scarso addensamento - dilavamento da parte delle acque di infiltrazione - non si escludono a vicenda ma possono sussistere a vicenda. Secondo il dettagliato lavoro realizzato dal Prof. Canuti, prende ispirazione il progetto di massima del consolidamento da realizzare: consolidamento del substrato di fondazione degli edifici tramite iniezioni di malte cementizie di composizione particolare e per specifiche situazioni - strada comunale presso Ambulatorio e quella a valle provinciale - , la esecuzione di opere resistenti e drenanti - pali tiranti nel primo caso e muro di sostegno in c.a. fondato su micropali insieme a drenaggi sub-orizzontali nel secondo -. Concludendo l’indagine eseguita ha raccolto elementi relativi al sottosuolo del centro abitato di Roccalbegna che risulta indispensabile per ogni successiva azione progettuale.

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Geotermia E’ stato inoltre cartografato il pozzo di ricerca geotermica tra il centro abitato di Roccalbegna e quello di Triana (Tavola 4). Nella valutazione del potenziale geotermico i parametri reputati importanti sono la profondità e la temperatura delle riserve. La sfruttabilità di una riserva geotermica dipende infatti dall’accessibilità, quindi dalla profondità a cui questa si trova, e dal fatto che la tecnologia attuale richiede un certo intervallo di temperature. Le zone che compaiono maggiormente ricche di serbatoi ad alta temperatura sono quelle per ora maggiormente sfruttate: nella Provincia di Grosseto sono le aree di Monterotondo M.mo e del Monte Amiata per la produzione di energia elettrica, vista l’alta temperatura (entro 2.000 m. di profondità). D’altra parte compaiono molte aree in cui sono presenti riserve di fluidi a bassa entalpia, utilizzabili quindi per usi diretti, a profondità ridotta. Sarebbe auspicabile un corretto impiego di queste riserve che comportano un dispendio tecnico ed economico limitato e un’ottima risposta dal punto di vista ecologico e di risparmio energetico. Sulla base delle caratteristiche locali sono stati ipotizzati nuovi siti di sfruttamento della risorsa geotermica per usi diretti, laddove il potenziale serbatoio è ben localizzato e a profondità modeste, presenti anche nell’area grossetana con caratteristiche di termiche e geologiche note. L’impiego dell’energia geotermica a scopo termico è detta "per uso diretto" proprio perché non si attua la trasformazione dell’energia meccanica ottenibile dalle sorgenti geotermiche in energia elettrica. L’uso termico ha l’innegabile vantaggio di richiedere temperature del liquido o del vapore molto più basse rispetto all’impiego geotermoelettrico. Attraverso il Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche CO.SVI.G., che si occupa della promozione e/o gestione o realizzazione di progetti per lo sviluppo della geotermia, sono in corso di realizzazione o già funzionanti alcuni impianti-pilota per l’uso diretto della risorsa geotermica come il Progetto integrato per depurare i reflui di caseificio prodotto nella Toscana centromeridionale producendo lattosio, fertilizzanti organici, fitofarmaci anticlorosi naturali, concimi misto-organici. Località Carboli, Comune di (Gr). La disponibilità dell’energia geotermica presente nella zona in esame permette la fattibilità economica, escludendo i costi di smaltimento a carico dei caseifici, di un’operazione volta alla prevenzione, protezione e recupero dell’ambiente. Verrebbero riciclati completamente i reflui restituendo acqua completamente depurata, con un processo naturale, in assenza di trattamenti.

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Il territorio del Comune di Roccalbegna, soprattutto quello nord-orientale, ha sempre manifestato interesse geotermico da parte dell’ENTE N.E.L.: prima degli anni settanta, infatti, fù realizzato ROCCALBEGNA 1 - Perforazione ubicata tra Roccalbegna e Triana di circa 900 m attraversante l’unità ofiolitica e la successione toscana - fino alla

F. Anidritica di Burano -

CARTA DELLA AREE A PERICOLOSITA’ GEOMORFOLOGICA -Tavola 5- La valutazione della pericolosità “geomorfologica” è stata ottenuta, come da tabella seguente, mettendo in relazione fra loro i dati ricavabili dalla carta delle pendenze, quella litotecnica e geomorfologica. L’estensione della valutazione è pari all’intero territorio soggetto a determinazione di piano strutturale. Tabella del criterio utilizzato per la carta della pericolosità geologica – Roccalbegna

PENDENZA INCOERENTI PSEUDOCOERENTI SEMICOERENTI COERENTI <5% 2 2 1 1 5-10% 2 2 2 1 10-20% 3 2 2 2 20-35% 3 3 2 2 35-50% 3 3 3 2 >50% 3 3 3 3 Fenomeni 3 superficiali ruscellamento Frane stabilizzate 2 o da tabella paleofrane Frane quiescianti 3 ed indeterminate Frane attive 4

Come è dato vedere nella carta della pericolosità geomorfologica -Tavola 5-, redatta in scala 1:10.000, è stata operata la seguente classificazione, distinguendo quattro differenti classi di pericolosità come previsto dalle Norme di Attuazione dell’art.62 della L.R.T. n°1 del 2005. La pericolosità geomorfologica è valutata in relazione alla classificazione del territorio basata dal confronto della zonizzazione del territorio in funzione delle caratteristiche tecniche dei terreni affioranti riportati nella carta litotecnica e dei processi e dei fenomeni occorrenti riportati nella carta geomorfologica. pericolosità geomorfologia molto elevata (G4) – aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza; pericolosità geomorfologia elevata (G3) - aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti; aree con indizi di instabilità connessi alla giacitura, all’acclività, alla litologia,

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indagini geologico-tecniche di supporto al P.S. Pag. 50 di 60 Studio di Geologia dr. Franco Duranti Via IV Novembre, 3 58100 - Grosseto Tel. e Fax.0564/23808 ______alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico; aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza; pericolosità geomorfologia media (G2) – aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi stabilizzati (naturalmente o artificialmente); aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto; pericolosità geomorfologia bassa (G1) – aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponesti al verificarsi di movimenti in massa.

In particolare: - è stata assegnata una classe di pericolosità 4 ad ogni zona soggetta alle frane attive, alle aree calanchive, alle doline, indifferentemente dalla pendenza e dalle caratteristiche litotecniche riscontrate; - è stata assegnata una classe di pericolosità 3 ad ogni zona soggetta a frane quiescenti, a frane indeterminate, alla deformazione gravitativa profonda, ai fenomeni superficiali, al ruscellamento concentrato, al ruscellamento aggressivo, indifferentemente dalla pendenza e dalle caratteristiche litotecniche riscontrate; - è stata assegnata una classe di pericolosità 3 ad ogni zona con pendenza maggiore del 35% indifferentemente dalle caratteristiche litotecniche riscontrate ed anche ad ogni zona con pendenza maggiore del 20% che presenti litologie reologicamente riconducibili alle “successioni conglomeratiche” e ad unità litotecniche costituite da alternanze disordinate e/o caotiche di litotipi argilloso-siltosi e lapidei; è stata assegnata anche in zone con pendenze superiore al 10% in corrispondenza di detriti e di paleofrane consolidate ed in corrispondenza di unità litotecniche costituite da alternanza di litotipi con prevalenza di livelli argillosi. Inoltre, le PFME del PAI Ombrone e le PF3 e PF4 del PAI del F. Fiora sono state classificate a pericolosità geomorfologica molto elevata (G4).

CARTA DELLE AREE A PERICOLOSITA’ IDRAULICA - Tavola 6- La valutazione della “pericolosità idraulica” è relativa alle aree di fondovalle e a quelle limitrofe agli alvei collinari e montani suscettibili a fenomeni anche potenziali di interferenza con il regime delle acque superficiali.

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In particolare all’interno delle U.T.O.E. è indispensabile ai sensi del [regolamento di attuazione dell’art. 62 della L.R. n°1 del 03/01/2005 (Norme per il governo del Territorio) in materia di indagini geologiche], realizzare verifiche idrauliche analitiche (nel caso di interferenze con i fossi significativi o comunque iscritti nel reticolo idrografico del P.A.I.) con tempo di ritorno di 30anni, 200anni e 500anni. Per l’intervento e per l’area in oggetto si evidenziano le seguenti classi: Pericolosità idraulica molto elevata (I4): aree interessate da allagamenti per eventi con Tr<=30 anni Fuori dalle U.T.O.E. (Unità Territoriali Omogenee Elementari) potenzialmente interessate dalle previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi ideologici ed idraulici, rientrano in classe di pericolosità molto elevata le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni: a)vi sono notizie storiche di inondazioni b)sono morfologicamente in una situazione sfavorevole, di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine, o in mancanza, sopra il ciglio di sponda. Pericolosità idraulica elevata (I3): aree interessate da allagamenti per eventi con 30anni

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idraulici, rientrano in classe di pericolosità media le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni: a)non vi sono notizie storiche di inondazioni b)sono in situazione di alto morfologico rispetto alla pianura alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine, o in mancanza, sopra il ciglio di sponda. Pericolosità idraulica bassa (I1): aree collinari o montane prossimi ai corsi d’acqua per le quali ricorrano le seguenti condizioni: a)non vi sono notizie storiche di inondazioni b)sono in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine, o in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Viste le caratteristiche geo-morfologiche dell’intero territorio comunale, con caratteristiche di alta collina e di montagna, non sussistono condizioni di possibile esondazione salvo che all’interno degli alvei dei Fiumi, dei Torrenti e dei Fossi sempre con un reticolo molto inciso ed in erosione. La Carta delle aree a Pericolosità Idraulica mette in evidenza le aree con notizie storiche di inondazione ricavata dall’archivio dalla Regione Toscana, con pericolosità idraulica molto elevata (I4). Tutto il rimanente territorio comunale, esclusi i Fossi iscritto al PAI, è da considerarsi come area collinare e montana per le quali ricorrano le seguenti condizioni – pericolosità idraulica bassa (I1): a)non vi sono notizie storiche di inondazioni b)sono in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine, o in mancanza, sopra il ciglio di sponda. A giustificare scientificamente quanto sopra esposto la carta del rischio idraulico, e per le UTOE, è stata definita grazie allo studio idrologico-idraulico redatto dall’ing. Moretti Luca nei Fiumi e nei fossi più significativi e comunque con una valutazione, attraverso calcoli analitici, del reale potenziale del rischio idraulico. Secondo questo studio, al quale si rimanda integralmente per la parte tecnica ed analitica, per tutti i fossi iscritti al reticolo significativo del P.A.I., sono sufficienti solo 10m dalla sponda per rimanere all’esterno della piena duecentennale. Ne consegue, in via del tutto cautelativa, che i 10 metri tra la sponda del fosso e la superficia limitrofa sono da considerarsi a P.I.M.E.

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Per il F. Albegna e per il Fosso Cieco, i calcoli idraulici hanno giustificato l’assenza di interferenza tra le piene con Tr di 200 anni ed i limiti di eventuale espansione edificatoria o infrastrutturale all’interno delle U.T.O.E..

CARTA DI ADEGUAMENTO AL P.A.I. - Tavola 7- Il limite geografico del territorio comunale del Comune di Roccalbegna ricade in due bacini idrografici con spartiacque circa N-S ad Est del centro abitato di Triana: il bacino del Fiume Fiora ed il bacino del Fiume Ombrone. In figura, di seguito, si evidenzia L’Autorità di Bacino del Fiume Fiora ed il Bacino Regionale del Fiume Ombrone.

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In carta, rappresentata dalla Tavola 7, è stato evidenziato: • il reticolo di acque superficiali di riferimento (PAI Ombrone) o il reticolo idrografico secondario (PAI Fiora) • i corsi d’acqua con aree a pericolosità idraulica (PAI Fiora – solo sul F. Fiora), con la P.I.4 e la P.I.3 • la P.F.M.E. del PAI Ombrone, la P.F.4 del PAI Fiora • la P.F.E. del PAI Ombrone, la P.F.3 del PAI Fiora • il Dominio geomorfologico e idraulico-forestale • il Dominio idraulico

Per la costruzione della carta di adeguamento ai P.A.I. del Bacino Regionale Ombrone e dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Fiora, sono state considerate le pericolosità geomorfologiche attualmente presenti negli elaborati dei Piano di Assetto Idrogeologico, alle quali sono state sovrapposte le nuove aree a pericolosità geomorfologia PFE e PFME, classificate secondo lo schema seguente:

DPR 26/ROMBRONE FIORA Piccola frana puntuale 4 PFME Frane del progetto IFFI 4 PFME PF4 Frane attive Database della Provincia di GR 4 PFME Frane attive rilevate 4 PFME PF4 Trincea di frana Database della Regione Toscana 4 PFME Orlo di scarpata di frana Database della Regione Toscana 4 PFME Ruscellamento concentrato rilevato 3 PFE Ruscellamento aggressivo rilevato 3 PFE Calanchi rilevati 4 PFE colate di fango rilevate 4 PFME Doline Database della Regione Toscana 4 PFME Frane quiescente Database della Provincia di GR 3 PFE ______

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Frane attive-quiescenti Database della Regione T. 4 PFME PF4 Frane movimento-indeterminato Database Regione T. 3 PFE Paleofrane Database Regione T. 2 / / Deformazione gravitativa profonda Database RegioneT 3 PFE Sono state sovrapposte anche le nuove aree a pericolosità idraulica elevata (I3) e molto elevata (I.4) che corrispondono rispettivamente a P.I.E. e P.I.M.E..

Nele aree a Pericolosità si applicano le Norme del PAI Ombrone e Fiora così come riportato nell’allegato relativo alle Norme Tecniche Generali di P.S..

CARTA DELLE AREE CON PROBLEMATICHE IDROGEOLOGICHE – Tavola 8 Sono evidenziate le aree che presentano situazioni sulle quali porre attenzione al fine di non generare squilibri idrogeologici. Particolare attenzione è posta anche alla individuazione delle aree in cui la risorsa idrica è esposta o presenta un basso grado di protezione (falda libera in materiali permeabili e prossima al piano campagna; aree di affioramento di terreni litoidi molto fratturati; aree interessate da acquiferi in materiali carbonatici a carsismo sviluppato). Per tali aree, che non necessariamente e univocamente possono essere associate ad una determinata classe di pericolosità, sono comunque fornite indicazioni sugli eventuali condizionamenti alla trasformabilità, da disciplinare in maniera specifica nel regolamento urbanistico in funzione delle destinazioni previste. In particolare sono state considerate aree potenzialmente vulnerabili da un punto di vista idrogeologico le unità idrogeologiche seguenti: • 4 - permeabilità primaria medio-alta: Depositi alluvionale attuali, Depositi alluvionali terrazzati, detriti di falda • III - permeabilità secondaria media: F. del Macigno, Gabbri con filoni Basaltici, Rosso Ammonitici, Calcareniti di Montegrossi, Calcareniti di Dudda, Calcari a Rhaetavicula contorta, Serpentiniti • IV – permeabilità secondaria medio-alta: Calcare selcifero di Limano, Calcare a Calpionelle • V – permeabilità secondaria alta: Calcare Massiccio Sono state evidenziate inoltre le n°4 sorgenti per uso idropotabile e cartografata l’area di rispetto di 200m. -sorgente dell’Albegna: è l’acqua stessa del fiume che viene captata alla sua sorgente, a quota 997 m s.l.m., nella zona del Monte Labbro, tra il Poggio delle Sassaie a Nord, il Poggio Fabbrazzoni a Est, il Poggio Cornetto a Sud ed il Poggio delle Volturaie a Ovest. ______

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Il deposito principale è a Santa Caterina che funge, a motivo della sua posizione elevata e centrale, da ripartitore per la zona omonima, per Roccalbegna, per Vallerona e per tutta la zona rurale dislocata lungo la Statale 323, sino ai confini con il Comune di Scansano. -sorgente Segalari: è situata a circa 2.0 Km a monte del ponte delle Zolferate a quota 875 m s.l.m.. Eroga l’acqua per la zona di Triana, per quelle rurali di San Giovanni, Molinaccio e di Pezzano. Due piccoli acquedotti conducono acque sorgive al paese di Roccalbegna: -la Sorgente dei Salci, che sgorga a circa 2.0 Km a Nord di Roccalbegna a quota 760 m s.l.m.; l’unica fontana distributrice di quest’acqua leggera e fresca è la fontanella in ferro del Piazzone; -la Sorgente di Piantuma, che sgorga nei pressi del Poggio Piantuma a quota di 676 m s.l.m. e a meno di 1.0 Km a Nord - Est di Roccalbegna; porta la sua acqua alla Fonte monumentale del Fontino, tra il Piazzone ed il Ponte. La vasta zona rurale di Cana, quella situata oltre le Trasubbie, è servita dall’ acquedotto dell’ Albore che porta l’ acqua a Grosseto; il deposito è ubicato presso il podere centrale della Pigna. La zona degli Usi è rifornita dall’ Acquedotto del Fiora che passa nei sui terreni. -la Sorgente Sambuca: scaturisce nei pressi del Monte Labbro a quota 992 m s.l.m., sul confine con Arcidosso.

-CARTA DELLE ZONE A MAGGIOR PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE (ZMPSL) - Tavola 9-. Sismicità Il Comune di Roccalbegna in passato non veniva ritenuto sismico nè ha rappresentato in epoca storica l’epicentro di qualche terremoto; è stato interessato marginalmente dal terremoto del 10/09/1919 che aveva avuto epicentro a Piancastagnaio e che ha fatto registrare a Roccalbegna scosse attribuibili al 6° grado della scala Mercalli. Attualmente, secondo l’Ord.P.C.M. 3519/2006 e la conseguente D.G.R. n°431 del 19/06/2006 inerente la riclassificazione sismica del territorio regionale, per il Comune di Roccalbegna è stata riproposta la classificazione sismica in zona 3 (come faceva riferimento anche l’Ordinanza P.C.M. n°3274 del 20/03/2003). Dall’analisi e dalla valutazione integrata di quanto emerge dall’acquisizione delle conoscenze relative agli elementi esistenti di tipo geologico, geomorfologico e delle indagini geofisiche, geotecniche e geognostiche, laddove disponibili, secondo quanto specificato al par. B.7 delle

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Norme Tecniche di Attuazione dell’ Art.62 L.R.T.n°1 del 03 gennaio 2005, sono evidenziate, sulla base del quadro conoscitivo desunto, le aree ove possono verificarsi effetti locali o di sito. La valutazione preliminare degli effetti locali o di sito ai fini della riduzione del rischio sismico consente di rappresentare: 1. probabili fenomeni di amplificazione stratigrafica, topografica e per morfologie sepolte 2. la presenza di faglie e/o strutture tettoniche 3. i contatti tra litotipi a caratteristiche fisico-meccaniche significativamente differenti 4. accentuazione della instabilità dei pendii 5. terreni suscettibili a liquefazione e/o addensamento 6. terreni soggetti a cedimenti diffusi e differenziali. Tale valutazione viene rappresentata nel piano strutturale attraverso la realizzazione della cartografia delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) che individua qualitativamente gli elementi in grado di generare i fenomeni di amplificazione locale ed instabilità dinamica. La redazione della carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) è realizzata secondo la legenda riportata nell’allegato 1 delle presenti direttive. L’elaborazione della carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) interessa tutti i comuni, tranne quelli classificati in zona sismica 4, ed è realizzata solo sui centri urbani maggiormente significativi che il Comune individua e perimetra secondo i criteri definiti nelle Istruzioni Tecniche del Programma VEL. E’ opportuno precisare, inoltre, che tutti gli effetti locali prodotti da eventi sismici e connessi ad aspetti stratigrafici, morfologici, geotecnici, strutturali, e meglio rappresentati nella cartografia delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL), assumono una diversa rilevanza in funzione della sismicità di base del territorio comunale e della relativa accelerazione di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Decreto Ministeriale 14.9.2005). A tal proposito, nell’allegato 2 delle presenti direttive, sono indicati gli elementi della ZMPSL da prendere in considerazione e da approfondire per la redazione degli strumenti urbanistici in relazione alla Zona sismica di appartenenza. Inoltre, i suddetti elementi sono associati al grado di pericolosità sismica, dipendente dall’interazione tra ciascun elemento di pericolosità sismica locale e la sismicità di base, connessa alla Zona sismica di appartenenza del territorio comunale (Delibera di Giunta Regionale n. 431 del 19 giugno 2006).

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La sintesi delle informazioni derivanti dalle cartografie geologiche, geomofologiche e dalla carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) dovrà consentire di valutare le condizioni di pericolosità sismica dei centri urbani studiati secondo le seguenti graduazioni di pericolosità, per le quali si riportano tra parentesi i numeri di riferimento alla simbologia di cui all’allegato 1 delle presenti direttive: Pericolosità sismica locale molto elevata (S.4): aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità attivi (1) e che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; terreni soggetti a liquefazione dinamica (5) in comuni a media-elevata sismicità (zone 2); Pericolosità sismica locale elevata (S.3): aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità quiescenti (2A) e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; zone potenzialmente franose o esposte a rischio frana (2B) per le quali non si escludono fenomeni di instabilità indotta dalla sollecitazione sismica; zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti diffusi (4); terreni soggetti a liquefazione dinamica (5) in comuni a media-elevata sismicità (zone 3s); zone con possibile amplificazione sismica connesse a zone di bordo della valle e/o aree di raccordo con il versante (8); zone con possibile amplificazione per effetti stratigrafici (9, 10, 11) in comuni a media-elevata sismicità (zone 2 e 3s); zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisicomeccaniche significativamente diverse (12); presenza di faglie e/o contatti tettonici (13); Pericolosità sismica locale media (S.2): zone con fenomeni franosi inattivi (3); aree in cui è possibile amplificazione dovuta ad effetti topografici (6-7); zone con possibile amplificazione stratigrafica (9, 10, 11) in comuni a media sismicità (zone 3); Pericolosità sismica locale bassa (S.1): aree caratterizzate dalla presenza di formazioni litoidi e dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

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A.R.P.A.T. analisi chimico - fisiche sorgenti

Prov. Grosseto Piano Provinciale dei Rifiuti - Variante n° 2

Corpo delle Miniere Piano di delimitazione della concessione per lignite

Carta delle Frane e dei dissesti attivi 1: 25.000; Amministrazione Provinciale di Grosseto

Carta delle Frane e dei dissesti attivi - Tavola di Sintesi 1: 25.000; Amministrazione Provinciale di Grosseto

Carta dei bacini idrografici, dei reticoli idrografici e del rischio idraulico 1: 25.000; Amministrazione Provinciale di Grosseto

Carta dell'erosione del suolo in atto 1: 25.000; Amministrazione Provinciale di Grosseto

Carta delle risorse idriche del territorio 1: 50.000; Amministrazione Provinciale di Grosseto

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