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Se la DC non avesse distrutto Craxi >>>> Colloquio con Francesco Cossiga

La casa editrice Marsilio ha in via di pubblicazione un testo di Comunque nei primi anni del suo mandato al Qurinale il gover- ricerca e dibattito che Stefano Rolando ha realizzato per inizia- no Craxi veniva molto sollecitato dal suo partito, la DC, ad tiva della Fondazione Craxi e che ha per titolo Una voce poco accettare l’alternanza a Palazzo Chigi in nome della “staffet- fa – Politica, comunicazione e media nella vicenda del Partito ta”. Quel capitolo di storia, grazie al “ring” quotidiano, fu otti- Socialista Italiano dal 1976 al 1994. Si tratta di una prima mo pane per i denti dei media. Gli italiani ebbero una rappre- analisi di un fenomeno di anticipazione e innovazione nella sentazione corretta dei fatti o ci furono distorsioni? cultura politica italiana. Sei mesi dopo la mia elezione, proprio sull’equivoco del “patto Una parte del colloquio con Francesco Cossiga, quella partico- della staffetta”, dissi che a me non risultava niente. Come effet- larmente centrata sul rapporto con Craxi, è pubblicata nel libro tivamente era. Mi dissero dalla DC che il patto della staffetta c’e- in forma autonoma dalla discussione e viene qui anticipata. ra e che era il momento di mandare via Craxi. Spiegai che De Mita aveva una via maestra se voleva: quella di ritirare i ministri, creare oggettivamente la crisi, portare alle consultazioni e deter- minare – come partito di maggioranza relativa – le condizioni di ome presidente della Repubblica lei fu un interlocutore di sostituzione a Palazzo Chigi. Allora De Mita mi mandò due Cprimissimo piano di Craxi. Anche in ragione di molteplici ambasciatori, Fabiano Fabiani – che quasi si vergognava di sostegni elettorali... quella missione – e Peppino Gargani, che mi spiegarono che non Sì, Craxi fu determinante nel fatto che io diventassi Presidente avevo capito niente perché ero stato eletto al Quirinale proprio del Consiglio dei Ministri nel 1979. Dopo che Mancini mise il allo scopo di cacciare via Craxi. Mandai a dire a De Mita che mi veto a Pandolfi, mandò a dire a Pertini di dare l’incarico a Cos- meravigliavo molto del concetto che il mio partito aveva dell’i- siga. Poi fu determinante nella mia elezione al Senato nel 1983. stituto del Presidente della Repubblica. Nascendo da una fami- E fu determinante nella mia elezione al Quirinale nel 1985. glia laica, repubblicana, radicale, l’idea che il Presidente della Sostenuta da Forlani che argomentò che disponevo di un “pac- Repubblica fosse uno strumento nelle mani della segreteria di un chetto di voti” tra socialisti, liberali e repubblicani che ne consi- partito era cosa per me sinceramente non concepibile. Avevano gliavano l’appoggio. E aggiungo una cosa. Quando nel 1992 tutti i modi per mettere in pratica politicamente i loro proposito, non si riusciva a eleggere il mio successore, ero tornato per così sia che ci fosse stato o che non fosse stato quell’accordo. dire dall’esilio allo scopo di sostenere l’elezione di Forlani. Ci fu la sciocchezza dei comunisti che non vollero votare Giuliano Scrisse Gianfranco Piazzesi che la DC aveva avuto il convinci- Vassalli, perchè aveva difeso un imputato al processo “Antelo- mento che Craxi le corna se le sarebbe rotte da solo, sulla sca- pe Cobbler”. Una vera sciocchezza che rientra perfettamente la mobile e sulla questione dei missili a Comiso. Non durando nella mentalità dei comunisti. Craxi allora indisse una riunione così a lungo il governo a guida socialista. nella stanza del presidente del Consiglio a Montecitorio. C’era Sì c’era questo pensiero nella DC. Comunque l’avversario in il giovane La Malfa, il liberale Altissimo, per la DC Forlani e quegli anni più duro e più implacabile per Craxi fu senz’altro De Gava e propose di rieleggere Cossiga. Forlani, in quella riunio- Mita. La cosa che non riuscivano a capire fu che, nonostante ne, avvertì di non essere in grado di assicurare a Cossiga più di Sigonella, gli americani considerassero ancora Craxi l’alleato un terzo dei voti democristiani. E così Craxi scelse Scalfaro. più sicuro. Hanno creduto a un certo punto che il vero partito Alla fine dei suoi giorni Craxi disse che ero tra i pochi che gli alternativo alla DC non fosse più il Partito Comunista ma il Par- era rimasto amico fino all’ultimo. tito Socialista.

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E il progetto di impeachment promosso dai comunisti nei suoi confronti? Il progetto di impeachment promosso dal PCI aveva come con- tenuto la questione del figlio di Donat Cattin ricercato per terro- rismo, cioè mi accusarono di aver segnalato informazioni al padre e fu archiviata, cioè ritenuta manifestamente infondata dal Parlamento in seduta comune, nel 1980. Ma in realtà serviva a far saltare un governo appoggiato e molto sostenuto dai sociali- sti. Berlinguer mi mandò a dire, attraverso Tonino Tatò, che se mi dimettevo da presidente rinunciavano a raccogliere le firme contro di me. E a proposito, due grandi sostenitori di Craxi nel- la DC furono Carlo Donat Cattin e Albertino Marcora. I due lea- der della sinistra sindacale e sociale. Gli oppositori a Craxi era- no sostanzialmente quelli della “banda dei quattro”. Con Morli- Tutta la DC pensava che non riprendere rapidamente in mano no (moroteo) e Marcora andammo da Zaccagnini per convin- la guida del governo avrebbe significato un sicuro declino poli- cerlo a sostenermi in un primo incarico che poi non ebbi. Zac- tico? cagnini si convinse e poi la “banda dei quattro” (tra cui Bodra- Lo credeva la segreteria DC. Perché la DC, sbagliando, ha sem- to e Pisanu) impedì la nomina. Quando il PCI mi mise in stato pre preferito la via diretta di gestione del potere rispetto al radi- d’accusa Bettino convocò una riunione a Villa Madama e si camento sociale e culturale, radicamento che era alla base del scagliò duramente contro i comunisti che volevano principal- Partito Comunista e che è oggi in eredità al PD. Se tuttora si mente fare cadere il governo: “Quelli ce l’hanno con me non guarda ai media, alle università, a tutto il resto del territorio cul- con te!” disse. turale nella società, l’egemonia comunista è ancora ben leggibi- le. La DC invece è sparita. Perché il declino del PSI arrivò fino alla catastrofe, alla disin- tegrazione? Sull’altro versante però Craxi viene apprezzato in quegli anni L’idea che il PSI fosse diventato il vero nemico della DC, che anche a sinistra (sindacato, cooperative, eccetera) in nome di faceva saltare il rapporto privilegiato tra DC e PCI, fu pervasi- un principio di governabilità assicurato anche in nome della va e mise in moto meccanismi distruttivi. Ma successero tante sinistra. Ed è questa tendenza a valergli l’altrettanto dura oppo- cose, anche strane in quella fase. Come quella che Craxi accol- sizione del PCI di Berlinguer. se alla fine – contro il suo proposito – l’idea di non andare alle Certamente nel gruppo dirigente del PCI si fece strada l’idea di elezioni che vennero a sostenergli D’Alema e Veltroni nell’altro una possibile perdita di consenso a favore del PSI. La morsa si camper, nel timore che quelle elezioni li avrebbero spazzati via. faceva stretta. Ma devo ricordare qui che uno che non ha mai E poi il fatto che non emerse adeguatamente l’uso del denaro parlato male di Craxi fu Massimo D’Alema. Non è stato mai che Craxi e il PSI facevano per il sostegno di molteplici cause giustizialista. Vero anche che il comportamento del Presidente internazionali. Craxi aveva sostenuto i socialisti spagnoli, quel- della Repubblica rispetto alle pressioni di cacciata di Craxi è sta- li cileni, quelli peruviani, l’Olp e grandemente Solidarnosc. Ero ta una delle cause delle mie disgrazie. Do qui una notizia. La ai funerali di Craxi a Hammamet quando giunse il telegramma mia intenzione di pubblicare un libro per raccogliere tutti gli di cordoglio del Vaticano, non firmato dal segretario di Stato ma attacchi del gruppo Repubblica-Espresso al Capo dello Stato in eccezionalmente dallo stesso Papa. quegli anni. Anzi per sette anni. Titolo: Damnatio memoriae in vita. Ho anticipato questa riflessione su quel periodo nel discor- Il Partito Socialista e lo stesso Craxi restano associati – nell’o- so per i festeggiamenti al Senato dei miei cinquanta anni di vita pinione pubblica italiana – ai caratteri più pesanti della crisi parlamentare. Quanto al PCI certamente Tatò riuscì a convince- della politica tuttora al centro delle discussioni: un professioni- re Berlinguer che Craxi e i suoi fossero una banda di delin- smo considerato “separato dalla gente che pensa più agli affari quenti. Lui – cattolico-comunista, forse più fedele a Rodano che al paese”. È un giudizio giustificato? Il giornalismo ha con- (che era per una Chiesa intransigente e anticonciliare in religio- tribuito a formare questo giudizio. Può ancora avere un ruolo ne e per l’Unione Sovietica “come chiesa” in politica) che a per correggerlo? O il compito – ove perseguibile – è già passa- Berlinguer – nei fatti dice sempre la verità. Stravolgendo poi i to agli storici? significati. Berlinguer me lo venne a dire un giorno, di primo Ci fu anche ingenuità nel gruppo dirigente socialista. Ai primi pomeriggio, a Palazzo Giustiniani di persona. Berlinguer non anni ’90 ricordo di essermi fermato a Milano di ritorno dalla era cattolico ma era affascinato dalla Chiesa. Questo era un var- Germania. C’erano prime avvisaglie giudiziarie. Incontrai Pil- co importante dell’influenza di Tatò. litteri che era sindaco di Milano e che mi disse: stai tranquillo, la Procura è presidiata saldamente, abbiamo Borrelli voluto da

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Craxi contro la DC e abbiamo Di Pietro che è nostro amico. Ora paese, videro una storia di alleanza pur competitiva tra sociali- Pillitteri era simpatico ma magari un po’ casinista ma i sociali- sti e democristiani, all’insegna del no al comunismo e al fasci- sti avevano a Milano gente avvertita, tra cui Tognoli, uno dei più smo. Come spiega che socialisti e democristiani siano stati can- bravi sindaci d’Italia. La mia tesi – esplicitata nel recente dis- cellati (come gruppi dirigenti) e dalla tradizione comunista e corso al Senato che si è riferito al giustizialismo mediatico – è fascista si siano formati i nuclei dirigenti portanti dei due attua- che si trattò di una oscura forma persecutoria. Oscura, come è li schieramenti politici? scritto nel recente libro L’Italia vista dall’America che analizza È vero, i post-comunisti e i post-fascisti sono gli unici due par- i rapporti della CIA su e il favore della CIA per titi, se così si può dire, che sono sopravvissuti alla bufera. E così quell’azione giudiziaria. Anche per questo penso che si sia hanno potuto loro raccontare più di altri la storia recente. L’ho ormai, appunto, aperto un capitolo nuovo di indagine storica su detto nel discorso al Senato. E anche in un libro recente in cui questo periodo. ho spiegato che “gli italiani sono sempre gli altri”. Insomma, le A trent’anni dal caso Moro, come giudica il dibattito che si è Italie. L’italiano unico è una pura invenzione di Giuseppe Maz- sviluppato nella ricorrenza, sia rispetto all’evento in sé, sia zini, un’idea laico-religiosa. rispetto al ruolo che nella vicenda ebbero le principali forze politiche italiane tra cui il PSI? Nel 2008 e nelle attuali condizioni della politica italiana che È difficile contenere in poche battute la questione. Vorrei ricor- posto avrebbe ? dare a Eugenio Scalfari che fa lo spiritoso al riguardo che il gior- Non ci sarebbe l’attuale situazione italiana se Craxi fosse sopra- nale più duro sulla fermezza fu La Repubblica e lui l’autore vissuto fisicamente e politicamente. Il quasi inspiegabile suc- degli articoli più duri. Emerge chiaro che i comunisti vedevano cesso di Berlusconi è dovuto al crollo del PSI e della DC. Oggi nelle BR un grande pericolo e vedevano quello che ha scritto il suo schieramento è nutrito da dirigenti ex liberali, repubblica- Rossana Rossanda, l’album di famiglia. Come si sa per i comu- ni, socialisti, DC e massoni. Se Craxi non fosse stato distrutto, nisti il n’y a pas d’ennemis a gauche. O si assorbono o si anche dalla DC, una cui parte era felice delle disgrazie che arri- distruggono. varono dalla Procura di Milano, il quadro politico italiano oggi sarebbe ben diverso. Ma per giudicare davvero Craxi in rappor- Si può sostenere che il 1985 – anno poi della sua elezione a pre- to alla politica bisogna anche ricordare che lui non era un mila- sidente della Repubblica – ebbe una cifra simbolica di consen- nese, era un siciliano. Era molto impetuoso, sanguigno. Con so popolare nei confronti dei socialisti rappresentati da Pertini padre siciliano trasferito al nord per fare l’avvocato e che fu pre- al Quirinale e da Craxi a Palazzo Chigi? fetto di Como. Anche se mi trovai più volte in mezzo tra i due, i cui rapporti non erano facili, effettivamente quel ciclo della vita politica e istituzionale ebbe un segno forte dalle due personalità.

Qual è la sua opinione sulla diaspora dei socialisti, perché essa ha nutrito – in ciascun segmento con una apparente giustifica- zione – tutto lo schieramento della politica italiana da sinistra a destra? Vero che Montanelli sosteneva che due socialisti fan- no due correnti, ma era immaginabile quell’esplosione? Sì, era immaginabile. Molta rissosità. Dalle prime fratture tra riformisti e massimalisti in poi. Una diaspora totale succede appunto perché la fine avvenne per esplosione non per consun- zione. I gruppi dirigenti dei partiti democratici dell’Italia repub- blicana hanno avuto molti difetti. Maggiore compattezza e mag- giore adattamento hanno dimostrato i gruppi dirigenti di estra- zione comunista. Quando ho portato Massimo D’Alema a Palazzo Chigi mi ha molto meravigliato che in tre mesi sapesse guidare la macchina governativa. Come è ricordato dai militari nel quadro della guerra del Kossovo. Tanto che D’Alema è ancora credibile nelle relazioni internazionali dell’Italia.

La tessitura delle scelte che nella democrazia italiana furono fatte dal dopoguerra in poi all’insegna dello schieramento occi- dentale, del “mercato temperato”, delle riforme sociali possibi- li, insomma da quella che oggi pare una politica condivisa del

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La Repubblica senza Moro >>>> Piero Craveri

Nella collana “Gli anni di Craxi” l’editore Marsilio ha gamento su se stesse di molte di quelle istanze poteva genera- pubblicato Moro e Craxi: fermezza e trattativa trent’anni re lacerazioni gravi, come quella del terrorismo che era già in dopo. Il volume, a cura di Gennaro Acquaviva e Luigi atto. Era necessario nuovamente legittimare il sistema politi- Covatta, raccoglie gli atti del convegno che l’Associazio- co, col suo tradizionale carattere centrista. E aveva intuito per ne dei circoli Walter Tobagi dedicò al tema il 13 marzo tempo che ciò non poteva essere fatto soltanto dalle forze poli- 2008, alla vigilia del trentesimo anniversario del sequestro tiche che fino ad allora l’avevano storicamente costituito. di Moro. Nel corso del convegno intervennero Vladimiro Occorreva in qualche modo allargarlo al Partito Comunista, Satta, Giorgio Galli, Guido Bodrato, Marco Boato, Gian- rendere elastica la cesura del ’48, sciogliere, almeno nella ni Baget Bozzo, Emanuele Macaluso e Giuliano Vassalli. politica interna, i ghiacci della “guerra fredda” che l’avevano Pubblichiamo di seguito la prefazione di Piero Craveri. congelata. Ciò comportava un prezzo, ma valutava che mag- giore sarebbe stato quello che avrebbe pagato il PCI, perden- assassinio di fu un trauma quanto mai lace- do il privilegio di essere soggetto politico, insieme interno ed L’ rante nella storia politica della Repubblica. Le immagi- esterno al sistema, per divenire prevalentemente solo interno ni delle esequie dello statista scomparso nella Basilica del ad esso, e pagando con ciò il prezzo della responsabilità che Laterano sono un documento altamente simbolico di ciò che ciò comportava. Tutto questo è tanto più plausibile, se si con- era successo e di ciò che sarebbe in seguito accaduto. Nelle sidera che, senza quell’intermezzo di collaborazione comuni- prime file dei banchi erano assiepati i rappresentanti di tutti i sta alla politica del governo e alla sua rottura, che avvenne sul- partiti della Repubblica e parevano una folla anonima senza la politica economica, l’adesione allo SME, e sulla politica identità e senza vigore. All’altare maggiore, sotto il duecente- estera, per l’incipiente decisione di installare i nuovi missili sco ciborio di Arnolfo di Cambio, la figura ieratica del Ponte- NATO sul teatro europeo, difficilmente si sarebbe poi potuti fice, visibilmente segnata da profonda sofferenza fisica e passare al “” maggioranza inderogabile per oltre morale, ne saliva e scendeva i gradini, trasportato dalla sedia un decennio, quale esso fu. gestatoria. L’atmosfera era immota e tutto pareva sospeso. Quello che è certo, Moro non concepiva l’alleanza col PCI Difficilmente poteva dirsi presente lo Stato repubblicano. come “compromesso storico”, come si sottolinea anche in Solo il rito solenne della Chiesa di Roma segnava la tragicità queste pagine. A tutto pensava meno che la DC dovesse di quell’evento. E quest’immagine può essere presa a simbo- rinunciare al suo ruolo di preminenza e centralità nel sistema lo di un crepuscolo inevitabile e di una fine già consumata di politico, come andava preconizzando, nella sua carica di con- quella che oggi denominiamo prima Repubblica. sigliere di Berliguer, l’indefesso Antonio Tatò. Se mai capiva Moro, forse più di altri, era consapevole della sua crisi e stava che nel medio periodo ci si sarebbe dovuti allontanare dal tentando l’ultima ricomposizione del suo equilibrio, convinto classico schema centrista e che il pieno ingresso del PCI nel che fosse un passaggio necessario per procedere senza traumi sistema politico avrebbe mutato la coniugazione tra le varia- lentamente oltre, verso un altro assetto del sistema politico. bili di destra e sinistra. Ma il carattere permanente, istituzio- Come nota in queste pagine Giorgio Galli, Moro aveva capito nalizzato, “parasovietico” di quella alleanza non era certo nel- che a partire dal ’68 si era verificato un mutamento antropolo- le sue corde. Tutte le variabili tattiche del giuoco parlamenta- gico profondo della società italiana e non solo di essa, ponen- re rimanevano nella sua visione aperte. Ed era consapevole do dei problemi ineludibili di rinnovamento delle istituzioni, che quella collaborazione non avrebbe potuto durare a lungo che la classe politica non aveva operato, senza i quali il ripie- senza rompere l’unità del suo partito, dove le opposizioni a

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quel nuovo corso erano radicate. Occorreva dar fiato ad essa agire come non lo era mai stata. Avrebbe voluto coniugare fino a che svolgesse i suoi effetti, valutandone i tempi in ter- due linee opposte, come già era successo in altri frangenti del- mini politici, per entrare poi in una fase nuova di transizione. la sua storia, quella della fermezza di principio e quella di cer- E il dopo Moro fu l’inizio di una lunga transizione, che non care una soluzione di compromesso che salvasse il prigionie- ha visto ancora oggi interamente la sua fine e il cui primo trat- ro. La fermezza era un preambolo necessario. Il partito-Stato to, quello degli anni ’80, ha avuto come principale protagoni- mostrava in questo la sua contingente fragilità e la DC dove- sta Bettino Craxi. va innalzare sopra di se l’ombra dello Stato e mettersi al ripa- Tra Moro e Berlinguer si giocava una partita che configurava, ro di essa. Avvertiva il distacco di grande parte dell’opinione per ciascuno dei contendenti, esiti diversi e che per il segreta- pubblica e sempre strisciante l’attitudine ad aprire il “proces- rio comunista equivalevano ad un solo obbiettivo precostitui- so alla DC”. Era una congiuntura questa che durava da qual- to ideologicamente, il “compromesso storico”, cosa che, in che anno la cui uscita di sicurezza era stata appunto la con- termini di equazione politica, equivale a zero. E ciò a diffe- vergenza, riducendo le fratture possibili, con gli altri partiti, renza di Moro, per cui il giuoco politico non cessava di esse- di cui la maggioranza parlamentare di “unità nazionale” era re plurale nei suoi esiti ed effetti. Ma, in relazione ad esso, la l’approdo ultimo. Si diede a questa elementare grammatica sua preoccupazione costante fu l’unità e con essa l’intangibi- una tonalità in più, quella dell’emergenza, che non poteva lità del primato della DC. d’altra parte essere negata. Veniva in primo piano il pericolo dell’attacco brigatista, anche oltre le righe. Ma ad alimentar- lo c’era la paura di perdere il controllo della situazione che nell’incertezza del momento era forte nella DC. Si temette perfino della fedeltà degli apparati repressivi dello Stato, seb- bene il ministro degli Interni, Franceso Cossiga, desse piene assicurazioni a riguardo. Da qui in seguito si sono fabbricate una serie di giustificazioni che hanno storicamente assai poco peso. Se lo sguardo si rivolgeva poi all’interno della DC si doveva constatare che il calderone bolliva e sarebbe stato difficile affrontare i molti interrogativi che emergevano da più parti e che rendevano irrequieti gli stessi gruppi parlamentari. Emer- genza volle dire anche verticalizzare al massimo le decisioni, consegnando al segretario e alla Direzione, coadiuvati da un comitato composto da alcuni maggiorenti del partito, il com- pito di decidere ed agire. Non fu mai convocato il Consiglio Nazionale, e nei gruppi parlamentari ci si limitò alla riunione dei direttivi, mentre i dibattiti in aula vennero rigorosamente convenuti, giovandosi della ferma posizione del Presidente del Consiglio, , la più ferma di tutte, tutelan- do egli una maggioranza parlamentare che era condizione Questa fu la difficile eredità che il gruppo dirigente della DC dell’unità stessa del partito. si trovò a gestire all’indomani del tragico evento del 16 mar- Così nel partito l’unità veniva garantita a forza, con la strana zo. E nell’“affaire Moro” la dimensione politica, nello sta- metamorfosi che chi aveva i maggiori interessi politici per gnare delle indagini, ha un’assoluta preminenza, come mette liberare Moro (l’amletico segretario, Benigno Zaccagnini, ad bene in luce Agostino Giovagnoli nel suo libro, Il caso Moro. esempio, o la sinistra DC), si trovava a sostenere senza con- Una tragedia repubblicana (Bologna, Il Mulino, 2005), e dizioni la linea della fermezza, perché era l’unica a garantire determinò infatti quella “strategia della non decisione”, evo- la nuova maggioranza parlamentare, ch’era l’ultimo lascito cata da Acquaviva in questo volume. Bisognava proseguire contingente di Moro, e non sbagliava quest’ultimo nelle sue sulla strada di Moro, senza Moro. I comunisti entravano allo- critiche dal carcere brigatista, definendo tra l’altro quell’uni- ra nella maggioranza di governo. Al momento non si poteva tà come “unità fittizia”. tornare indietro senza conseguenze catastrofiche. Mantenere I comunisti non erano disposti a mostrare altra solidarietà che l’unità per la DC divenne un imperativo categorico. Si dove- verso lo Stato, e naturalmente esprimevano questa loro pre- va anche tenere in conto, più di prima, ora che era parte costi- giudiziale come un dogma. Era certo questo da parte loro un tutiva della maggioranza, la posizione che il PCI avrebbe approdo di per sé significativo. Anche nel recente passato non assunto in quegli eventi. La debolezza fatale della DC senza era stato così. Dinnanzi agli eventi che seguirono il ’68 il PCI Moro fu proprio questa. La DC si trovò condizionata nel suo si era diviso sulla linea da adottare. Giorgio Amendola aveva

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suggerito “la lotta sui due fronti”, ma aveva prevalso la linea capitolazione, alla resa dei conti della DC, ‘lo scudo crociato del segretario, Luigi Longo, che fu di appoggiare quel movi- della borghesia, degli imperialisti e delle multinazionali’”. mento, “perché si è qualificato largamente come un movi- Sull’abissale ritardo della cultura comunista ad intendere i mento eversivo del sistema sociale italiano”. E a lungo lo nuovi connotati della società italiana alla fine di quel decen- fecero, fino a quando nel 1977 dovettero anch’essi fare i con- nio non è il caso qui di soffermarsi, bastano del resto ad esem- ti con le spinte “eversive” che avevano fino a poco prima plificarlo queste poche righe di Tatò. Ma i ritardi ideologici e accudite. Si può così dire che i comunisti non furono corre- culturali sono preminenti fatti politici che il paese dovette in sponsabili del terrorismo, ma delle condizioni della sua gene- quei decenni subire e duramente pagare e incisero anche nel- si certamente sì. la vicenda di Moro. Il PCI si trincerò allora dietro ad un’e- C’era poi al loro interno chi rimaneva sulle vecchie posizio- quazione monca, che il sequestro Moro, investendo il retico- ni. Sul compromesso storico, ed anche sull’eurocomunismo, lo nuovo di alleanze che si era creato, voleva colpire in primo non c’era unità reale, come in ogni manifestazione di unani- luogo il PCI. C’era in ciò del vero, salvo l’interrogativo del mità del “centralismo democratico”. Quello che faceva diffe- perché allora sequestrare il presidente della DC e non il segre- renza rispetto ad altre decisioni è che su ambedue questi temi tario del PCI? La risposta implicita era d’altra parte chiara, la posizione contraria era anche quella dell’URSS. Berlinguer perché per gli oppositori del “compromesso storico”, quelli ebbe l’assurda pretesa di dare all’identità comunista i conno- interni al PCI, sulle posizioni sovietiche, e quelli esterni fino tati di un’identità “morale”, avendone ereditata una che, pur alle BR, il grande corpo Partito Comunista rimaneva un inter- con tutta l’ambiguità togliattiana, era al fondo rimasta d’altra locutore, anzi il principale interlocutore virtuale. E per libe- tempera, cioè quella bolscevica. L’equivoco passaggio ideo- rarsi da questa ipostasi al PCI non restava che la linea dura, logico tra questi due spartiti richiedeva cautele. Quando quella della difesa assoluta delle prerogative dello Stato con- emerse il tema del “processo” intentato dalle BR a Moro e tro l’estremismo, dando per scontato l’eventuale sacrificio di delle rivelazioni che potevano derivarne, Antonio Tatò scri- Moro, determinato a non lasciare neppure un’ombra di spazio veva a Berlinguer: “se aderissimo al principio della trattati- ad un riconoscimento alla sua sinistra. Il vecchio adagio, pas va… faremmo credere che …siamo interessati a che Moro d’énémi a gauche si traduceva in “nessuna credenziale politi- mantenga i suoi segreti,… come sostengono i nostri pedanti ca a sinistra”. critici e avversari ‘da sinistra’, una politica che invece che Anche la posizione del PCI era dunque fondata su intrinseche portare al rinnovamento della società porta la classe operaia e debolezze ch’erano il lascito indelebile della sua storia, i suoi vecchi e nuovi alleati al progressivo cedimento, alla ammantandosi di vecchie pregiudiziali e diffidenze verso la

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DC. Da qui nacque anche il sordido tentativo di far passare le timo della necessaria “sacralità”. Questo sentimento certa- lettere di Moro, giacché egli con acume pungolava proprio mente era presente in Craxi, che era portato, innanzi al lace- questi nodi nervosi, come false e coatte. E la DC prese la rante dilemma del presente, a proiettarlo nel futuro. responsabilità di farsi carico della stabilità del quadro politi- Craxi dichiarò la disponibilità del PSI a che si aprisse con le co facendo propria la linea della assoluta fermezza richiesta BR una trattativa che nei suoi esiti fosse compatibile con la dai comunisti. Decise di salvare se stessa e di abbandonare dignità dello Stato. Ma in proprio non aprì alcuna trattativa, Moro al suo destino. Quando prese definitivamente questa come lucidamente qui ribadisce Giuliano Vassalli. Intese piut- posizione, a cui diede man forte anche una buona parte di ciò tosto operare una serie di sondaggi per mostrare che la strada che restava della centrale corrente dorotea, e di cui si fece era praticabile e che aveva dei precedenti nella storia recente sponsor il capogruppo alla Camera, Flaminio Piccoli, va sot- di altri Stati democratici che avevano dovuto affrontare con- tolineata la reazione positiva del PCI, quale emerge dai ver- tingenze simili. Con quanto rigore legale ciò venisse fatto lo bali della Direzione del 7 aprile, dove si parlò di “svolta poli- illustra bene sempre l’intervento di Vassalli. Per sua natura tica” e Paolo Bufalini diede un giudizio positivo “sul modo l’azione di Craxi non poteva conseguire l’obbiettivo di salva- in cui oggi la DC fa fronte, con dignità e senso dello Stato, re Moro. Sarebbe occorso un consenso più ampio da parte alla drammatica situazione nella quale ci troviamo”. Non era delle forze politiche che non venne. Avrebbe in fine dovuto un’apertura incondizionata alla DC, ma un cauto riconosci- assumere l’iniziativa il governo, che non lo fece. Il tentativo mento del ruolo democratico che aveva svolto nel trentennio di Craxi si arenò, come quello di altre iniziative umanitarie, e una confidenza nell’alleanza futura, che la relazione di soprattutto quelle della Santa Sede. Rispetto a queste ultime Bufalini al successivo Comitato Centrale del 17 aprile avreb- ebbe un significato ulteriore, perché da subito volle avere un be confermato. Per un momento il PCI appendeva la toga del- connotato “politico”. E l’impegno con cui fu svolto raggiun- l’accusatore, ma il paradosso era che tutto ciò venisse pog- se un ulteriore risultato, mettendo in chiaro che un’iniziativa giato sulla pelle di Moro, l’unico interlocutore credibile che il era possibile, e di conseguenza facendo emergere che la tra- PCI avesse mai avuto nella DC. gica fine di Moro, così come si verificò, poggiava su delle Quando Craxi si decise a prendere la sua iniziativa per salva- inequivocabili responsabilità politiche. re Moro, questo sfondo politico doveva essergli ben presente. Sulla morte di Moro gravano ancora molti interrogativi e ci Si è discusso, se la sua fosse mossa tattica, volta ad insidiare vorrà ancora molto tempo perché siano risolti. Per questo non l’union sacre che si era andata stringendo tra la DC e il PCI, condivido l’assunto, che intravedo nella prima relazione di o avesse preminente natura umanitaria. Penso che le due cose questo libro, che tutto è ormai chiaro. Escludere, ad esempio, vadano logicamente di pari passo e che ciò rispondesse al sen- in via di ipotesi si intende, perché non c’è documentazione tire di Craxi in quelle circostanze, che egli stesso avrebbe poi che lo comprovi, salvo qualche suggestivo indizio, interventi avuto modo di ribadire, anni dopo, innanzi alla Commissione esterni alle BR, soprattutto da parte di servizi esteri, specie d’inchiesta bicamerale sul caso Moro, con un intervento dell’Est e medio orientali, non so a chi giovi oggi. Ma una sobrio e meditato. Perché la scelta della fermezza a tutti i ricostruzione pressoché completa invece può dirsi maturata costi, senza alcuna considerazione per la vita di un essere nei suoi giusti profili riguardo alle motivazioni e alle azioni, umano, tanto più essendo questi Aldo Moro, costituiva un atto o non azioni, di cui fu protagonista la classe politica italiana, eminentemente politico che aveva implicazioni plurime e che ebbero un peso decisivo in questa vicenda e a cui ho fat- designava una visione della convivenza civile, cupa e poten- to qui sommario riferimento. zialmente pericolosa. La DC avrebbe chiuso i suoi conti con il PCI di li a poco, I due articoli che uscirono sull’Avanti! ad illustrare la presa di nel 1980, col Congresso del “preambolo”. Con esso il par- posizione socialista, quello del 21 aprile, Impegno per difen- tito cattolico tornava a schierarsi in modo non equivoco dere lo Stato e salvare Moro, e quello del 23 seguente, Edifi- con le forze filo-occidentali europee, in quella che fu l’ul- care oggi per domani uno Stato dal volto umano, soprattutto tima chiamata alle armi della “guerra fredda”. Con ciò si il secondo, delineano implicitamente l’assunto che la linea sarebbe anche vendicata dello stretto condizionamento che della fermezza, così come veniva praticata, era prova di un nel corso dell’ “affaire Moro” aveva su di essa esercitato il cinismo politico, ammantato di rigore pubblico, che non PCI, come mostrano gli atti di quel Congresso, ancor più lasciava presagire nulla di buono per il futuro. L’umanesimo le sue riprese televisive. Per Craxi la sua iniziativa per sal- “cristiano”, o “laico” e “socialista” che sia, lo si pratica, e con vare la vita di Moro fu l’inizio di un lungo e serrato duel- ciò si incarna nel modo stesso d’essere della vita politica e lo con i comunisti, che si sarebbe drammaticamente con- civile, oppure ciò non avviene. E quando questa seconda ipo- cluso con il suo esilio e la sua morte. Ma nel corso di esso, tesi si verifica è segno di come esso sia appunto mal radicato, lungo un intenso decennio di lotta politica, avrebbe getta- o addirittura neppure considerato, da parte di forze politiche to le premesse di un’Italia più matura e libera da precon- che hanno la responsabilità della conduzione dello Stato e cetti di quella che era uscita, tre decenni prima, dalla guer- senza che alcun afflato umanistico animi le prassi di quest’ul- ra nel 1945.

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Craxi e i suoi nemici una ipotetica vertenza in cui il giudice alla guerra fredda ( perché mai essa esamina gli argomenti di Craxi e dei avrebbe avuto, non dico nel 1948, ma >>>> Alberto Benzoni suoi avversari/nemici politici, formu- anche nei decenni successivi, il suo epi- lando una serie di dispositivi di un ipo- centro in Italia?) o, addirittura, alla a biografia politica di Edoardo Cri- tetico verdetto. Un approccio estrema- sempiterna Yalta. Lsafulli è quella di un socialdemo- mente stimolante. Anche perché sposta Certo, si tratta di temi di volta in volta cratico senza patria. Costantemente alla la luce dei riflettori, come è giusto che sollevati dai socialisti; ma non è su que- ricerca di un partito che rappresenti sia, da Craxi ai suoi nemici; sino a sti che matura la frattura. Per quanto coerentemente ed efficacemente i suoi riproporre alla nostra attenzione, alme- riguarda i sistemi di finanziamento, a valori e la sua cultura. E costantemente no implicitamente, le questioni dram- preoccupare i socialisti sono, semmai, i frustrato nei suoi sforzi: giovane figi- matiche e decisive: perché Bettino è fondi italiani- quelli che PCI e DC trag- ciotto, attratto poi, nel 1987, dal mes- stato così intensamente odiato? E da gono dal loro incardina mento nella saggio craxiano; ma per vedere il parti- chi, e con quali conseguenze? Aggiun- “società”; è su questo punto che le to travolto e distrutto da Tangentopoli. giamo subito, senza dovere calcare la entrate a gamba tesa dei socialisti con- E poi, ancora, portato nel Pds sull’onda mano più di tanto, che si tratta di que- tribuiranno alla loro rovina. Alle radici della “Cosa 2”, salvo a vedere il pro- stioni decisive non tanto per i rapporti dell’odio, insomma, non ci sono dispu- getto abbandonato in corso d’opera; e, postumi della sinistra con il dirigente te ideologiche quanto la natura di uno infine, approdato alla Costituente socialista ma piuttosto per l’idea che la scontro, veramente all’ultimo sangue, socialista per assistere, e da subito, alla sinistra ha di se stessa e di quella secon- aperto da Craxi e soprattutto da Berlin- sua totale dissoluzione. In altre parole, da Repubblica di cui è stata compiaciu- guer all’indomani della crisi della poli- l’autore delle Ceneri di Craxi è, prima, ta madrina. Non abbiamo, insomma, tica di compromesso storico. Al leader una vittima collaterale del disastro di bisogno di “riabilitazioni”, inutili quan- socialista non piace nulla del PCI ber- Mani pulite, così da non doverne scri- to offensive; ogni autocritica è invece lingueriano: né la sua cultura né i suoi vere “pro domo sua”o per qualche inte- gradita e necessaria. metodi, né la sua vulgata ideologico- resse strumentale; è, invece, pienamen- Tornando, ora, ai riflettori di Crisafulli propagandistica, né la sua ostilità pre- te travolto dalle sue conseguenze, pri- questi illuminano veramente tutta la concetta nei confronti del protagonismo ma tra tutte la cancellazione della que- scena e tutti i protagonisti della nostra PSI. In questo può, e senza offesa, esse- stione socialista dall’agenda politica vicenda. E, dunque, offrono un contri- re definito un anticomunista viscerale. del paese. Questa condizione di vittima buto molto importante per chiunque E però ciò non fa velo alla sua intelli- innocente di un disastro generalizzato e “voglia capire”. Libro da leggere,allo- genza politica; nella consapevolezza continuato non toglie nulla alla empatia ra, assolutamente. Mentre resta al letto- che il PCI dovrebbe essere recuperato dell’Autore nei confronti dei suoi pro- re/recensore il compito di introdurre (sia pure, ecco il punto, in un ruolo di tagonisti; può consentire, però, un giu- ulteriori riflessioni sul peso e la respon- supporto) all’interno di una strategia di dizio più libero e quindi più equilibrato sabilità dei vari protagonisti del dram- tipo mitterrandiano. Ma a Berlinguer sulle loro rispettive responsabilità. E, ma. In linea generale, si ha l’impressio- questa prospettiva fa propriamente dunque, Le ceneri di Craxi non è una ne che l’Autore tenda a sopravvalutare, orrore. Per motivi politici, certo; ma biografia politica del leader socialista; e nella crisi risoltasi traumaticamente con soprattutto perché ha maturato la fatale men che meno un testo apologetico; al Tangentopoli, il peso dei fattori struttu- decisione di trasformarsi da dirigente contrario. Si aggiunga che la narrazione rali rispetto a quelli propriamente pato- politico in sacerdote; e di mutare il PCI non ha alcuna sequenza temporale così logici; o, detto in altro modo, a riserva- da custode dell’ideologia e del progetto come uno scarsissimo riferimento ad re troppa attenzione alle discriminanti in custode della pubblica moralità. eventi politici concreti. Diciamo, allo- storiche della politica italiana e poca, Decisione fatale come spiega benissi- ra, che si tratta di una rappresentazione invece, alle nuove fratture emerse dopo mo Crisafulli. Vittoria dell’antipolitica del tema con la riproduzione, in forme la crisi del 1978. Così, non appaiono sulla politica. Con annessa visione diverse, dei medesimi argomenti; siamo del tutto persuasivi i richiami al marxi- complottarda di eventi recenti: la crisi in una sorta di camera di consiglio di smo-leninismo, a Mosca e al suo oro, del compromesso storico ( decretata, tra

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l’altro, dallo stesso Berlinguer) come governo: molto meglio, allora, ottener- innocente e non complice attivo del frutto non della debolezza del progetto, lo gratis, in nome della pubblica mora- sistema corruttivo. Di qui un processo ma di disegni oscuri e criminosi; gli lità, magari promossa dall’antipolitica che, sull’onda della pubblica opinione, stessi che impedivano l’entrata dei di destra, che raggiungerlo, faticosa- ha condannato al rogo i partiti con le comunisti nell’area di governo da parte mente, con una politica di sinistra. Si è loro ideologie e le loro mediazioni, il di partiti (in primis, il PSI) intenti sol- spesso accusato, a questo riguardo, i ruolo attivo della politica, la presenza tanto a usare il potere per arricchimen- comunisti di essere stati i “carnefici”dei dello Stato nell’economia; e, con que- ti, ruberie e affari loschi d’ogni tipo. socialisti o, magari, le tricoteuses che sto, tutto un insieme di diritti e di Siamo, insomma, all’”agisci male poli- plaudivano sotto la ghigliottina. In real- garanzie, individuali e collettive (non ticamente perché sei corrotto nell’ani- tà la figura che richiamano è insieme solo di tipo economico). mo”; l’identificazione personale tra meno truculenta e più squallida. È quel- A vincere, in definitiva, è stata la errore e crimine invocata- è ancora Cri- la (la nostra è una metafora N.d.r.) del- destra. Prima del cataclisma, un’area safulli a ricordarcelo- insieme da stali- le tante “persone per bene”disposte ad minoritaria e “politicamente scorret- nisti e clericali d’ogni fede; e con effet- ereditare, senza battere ciglio, cattedre ta”.Dal 1994 in poi, elezione dopo ele- ti devastanti. e negozi di colleghi/concorrenti colpiti zione, maggioranza nel paese. Certo, i Naturalmente, cavalcare politicamente dalle leggi razziali. socialisti desiderosi di vendetta e di la questione morale è anch’essa una Ciò doverosamente ricordato Bettino fu riconoscimenti (e sono tantissimi) pos- scelta politica; e anche in Italia conti- odiato, più di chiunque altro, non per sono vedere in tutto questo un sorta di nuiamo a pagarne le conseguenze. Pos- quello che aveva fatto, ma per quello rivincita/nemesi storica rispetto all’ol- siamo, ora, tentare di rispondere alle che aveva detto. Pagando, per un verso, traggio subito allora. Per quelli, come due questioni fondamentali suscitate l’instancabile polemica revisionista Crisafulli, che vorrebbero riprendere il dal libro: perché Craxi fu tanto odiato; (all’insegna del”re è nudo”) nei con- cammino interrotto, l’esperienza di e da chi e con quali conseguenze? fronti della cultura e della pratica poli- questi anni è ancora un pesantissimo Rimane però pregiudizialmente da esa- tica dei comunisti; e, per altro verso, la macigno che nessuno sembra intenzio- minare un’ipotesi avanzata incidental- sua altrettanto instancabile difesa (men- nato a rimuovere. mente dallo stesso Crisafulli: ma, forse, tre tutto, cose e persone, franava intor- Edoardo Crisafulli, Le ceneri di Craxi, più per scrupolo di obbiettività (il libro, no a lui) delle prerogative e delle prati- Rubbettino, 2008 ricordiamolo ancora, non vuole essere che, insomma della costituzione mate- un’apologia) che per autentica convin- riale della prima Repubblica; a partire zione. Stiamo parlando di un ipotetico dal ruolo dei partiti e del primato della errore del leader milanese: del fatto che politica sull’economia (nella stessa avrebbe potuto salvare se stesso e il suo logica si era aperta la caccia ai sociali- Amendola senza eredi progetto se avesse tempestivamente sti: non avevano certo rubato più di >>>> Paolo Franchi aperto al fratello diventato nemico altri; ma erano entrati nel sistema delle all’indomani della caduta del muro di tangenti con più visibile spavalderia). i pare che a Ugo Finetti vada reso Berlino. In realtà – ce lo ricorda lo stes- E, allora, capro espiatorio certamente; Mprima di tutto il merito di aver so Autore – fa aperture al PCI su que- ma perché bersaglio più visibile ed scritto un libro serio, impegnato e intel- stioni per lo stesso decisive, dalla esposto. E perciò simbolo di un sistema lettualmente onesto, oltre che punti- rinuncia alle elezioni anticipate nel destinato, a furor di popolo, alla distru- gliosamente documentato, sul Partito 1991 sino al via libera per l’entrata nel- zione; un sistema che lui stesso, in anni comunista italiano e su Giorgio Amen- l’Internazionale socialista: ma senza precedenti (questa la contraddizione dola, che ne fu tra i dirigenti al tempo ottenere assolutamente nulla in cambio. fatale) lui stesso aveva rimesso in dis- stesso più prestigiosi e più scomodi. È Su questo terreno, purtroppo, i giuochi cussione. quasi inutile sottolineare che non si sono fatti. E da tempo. Perché il PCI, In questo senso Tangentopoli fu, insie- tratta davvero di un merito di poco con- che pure aveva sopportato il PSI gover- me, una rivoluzione vera e falsa. Vera to, specie in tempi in cui abbondano nativo di Nenni e De Martino, conside- perché distrusse, insieme, un sistema ricostruzioni sommarie e sbrigative ra, invece, una vera e propria iattura, politico e una costituzione materiale. sino al limite della caricatura, e oltre, per sé e, beninteso, per il paese, l’affer- Falsa perché dette una risposta parziale della storia del Pci e della sinistra ita- mazione di un qualsiasi processo unita- ed impropria alla crisi che l’aveva liana. rio egemonizzata da Craxi. Al dunque, determinata. Crisafulli ricorda qui, e Dico subito che la tesi di fondo di Finet- poi, nei primi anni novanta, è finalmen- con grande efficacia, il vero e proprio ti su Giorgione è, almeno a giudizio di te in vista il tanto agognato riconosci- “giuoco delle tre carte”che ha fatto con- uno come me, che nei suoi anni di mili- mento dei pidiessini come forza di siderare il mondo delle imprese vittima tanza nella Fgci e nel Pci non è mai sta-

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to amendoliano, largamente condivisi- diale che in qualche sperduta plaga del- bile. Amendola fu a modo suo un mar- l’Unione Sovietica, mentre noi tra un xista ortodosso, assai più ortodosso, cre- corteo e l’altro ci crogiolavamo nelle do, di quanto i suoi contestatori “da sini- nostre giovinezze borghesi, stava stra” e i suoi estimatori “da destra”, “stringendo la cinghia” perché tutti gli abbiano mai inteso. Soprattutto per cul- Ivan del mondo potessero emanciparsi. tura economica, certo, ma non soltanto In tempi eurocomunismo e di democra- per cultura economica. Un esempio per zia assunta al rango di “valore univer- tutti. La sua ultima battaglia cominciò il sale” da Berlinguer, volle rendere noto 9 novembre del 1979, con un articolo su in uno dei suoi ultimi articoli su Rina- Rinascita destinato a provocare un fini- scita (lo titolammo “Le libertà nel mon- mondo, all’indomani del licenziamento do”) che sulle questioni della democra- alla Fiat di 61 operai sospettati di vio- zia, delle libertà e dei diritti si affanna- lenze in fabbrica e di collusioni con il va solo quella parte assai piccola del terrorismo. Il PCI, che pure del terrori- pianeta dove la sorte ci aveva fatto smo di sinistra era bersaglio, e contro il nascere, perché il resto del mondo ave- terrorismo di sinistra conduceva una lot- va questioni ben più pressanti con cui ta senza quartiere (più dura, in realtà, di fare i conti. Ed è risaputo che, nei suoi quanto Finetti lasci intendere: se lo lasci ultimi mesi, Amendola duramente dis- dire da uno che, all’epoca, si vide criti- sentì da Berlinguer e dal gruppo diri- cato come filo socialista per via delle gente del PCI anche sull’Afghanistan: sue posizioni garantiste) si era schierato era convinto che il mondo stesse scivo- a difesa dei licenziati. Amendola no. O lando su un piano inclinato che molto meglio. Amendola colse la palla al bal- questo concetto è chiaro da quando probabilmente avrebbe portato alla zo per dire che il sindacato e anche il maturai definitivamente il passaggio guerra, e con simili chiari di luna solo a partito, causa soprattutto la “preminente dal liberalismo al comunismo solo dei provinciali poteva saltare in testa di preoccupazione di non essere criticati dopo aver letto, riletto e meditato l’un- mettersi a fare le anime belle. da sinistra”, avevano la testa sotto la dicesima Tesi su Feuerbach di Carlo E allora, riassumendo. Fu a modo suo, sabbia, e anche peggio, per nascondersi Marx. marxista, e marxista ortodosso. Fu a e nascondere l’esistenza di “un rapporto Amendola fu marxista, dunque. E, ci modo suo, almeno in in termini che diretto tra la violenza in fabbrica e il ter- ricorda opportunamente Finetti, fu oggi definiremmo geopolitici, filoso- rore”. La Fiat e Torino, era la sua tesi, anche (ancora una volta: a modo suo) vietico. Si potrebbe anche aggiungere hanno sempre anticipato quel che poi anche filosovietico. Proprio lui, il che, non solo per via del caratteraccio, i sarebbe capitato al paese: bene, anzi, “Kruscev italiano” che nel ’61 aveva suoi metodi nella lotta politica furono male, malissimo, adesso rischiavano di duramente criticato Togliatti per le sue bruschi e, quando ne ebbe la possibilità anticipare una sconfitta della sinistra di reticenze e per le sue resistenze all’idea e l’occasione, anche autoritari. Non è dimensioni incommensurabili. stessa di voltar pagina, fu tiepido, o questo, o non è soprattutto questo, però, La reazione più aspra fu quella di Enri- peggio, sulla Primavera di Praga; e nel l’Amendola che l’un tempo giovane co Berlinguer. Ricordo bene il disagio confronto che si aprì nel PCI dopo l’in- amendoliano Finetti ci consegna, quan- che provai, la domenica successiva, tervento militare dell’Urss e di altri cin- to piuttosto il lottatore politico che con- quando, dal palco del cinema Adriano, que paesi del Patto di Varsavia, fu tra i duce la sua battaglia, dentro e fuori il Enrico Berlinguer accusò Amendola, più inclini a circoscrivere la portata del- partito, senza infingimenti e senza rin- tra le ovazioni della platea, di “non la cosa al rango di “tragico errore”. Ero viarla sempre a non meglio precisati conoscere l’Abc del marxismo”. Ma nel teatrino della federazione romana momenti più opportuni, a costo di ritro- ricordo altrettanto bene il silenzio del PCI in via dei Frentani (sarà stato il varsi tante volte isolato. Prendendo le imbarazzato del Comitato centrale del 1969, o il 1970) quando Amendola vi mosse da un’ idea di fondo (non tutta PCI, quando fu Amendola, vecchio, celebrò, come era d’uso, il 7 novembre: ascrivibile alla sua storia familiare, a isolato, malato, pronto anche a dimet- e con il suo vocione tenne a ricordare a quelle origini “borghesi e liberali” per tersi dalla Direzione del partito, a repli- noi ragazzi che, se il nostro Vietnam le quali tante volte viene marcato a cargli dalla tribuna: Berlinguer dice che resisteva, era merito dei vietnamiti, vista come una sorta di corpo estraneo non conosco il marxismo perché isolo naturalmente, ma anche, e forse soprat- nel partito) che magari non vuole non la battaglia per il risanamento del Paese tutto, del “compagno Ivan”, una sorta sa e non può difendere sempre sino alle da quella per il rinnovamento, ma a me di milite ignoto della rivoluzione mon- estreme conseguenze ma che, tutto

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sommato, non tradisce mai. Un’idea in si parte di qui, si fatica a comprendere re di Mancini. È una storia che offre qualche modo già racchiusa in un arti- la particolarissima collocazione di tante linee interpretative per compren- colo scritto nel 1943, subito dopo la Amendola nella storia del PCI, la sua dere ed approfondire le vicende dell’I- sigla con a Lione del laicità, l’attenzione all’Europa che talia repubblicana: i passaggi più patto di unità d’azione tra i “partiti a diventerà via via europeismo, la preoc- importanti della storia italiana e la fun- finalità socialista”, sotto un titolo che è cupazione costante per la fragilità delle zione del PSI, le tradizioni familiari e la tutto un programma, “Comunismo e basi della democrazia italiana, la ripul- relazione tra centro e periferia nel siste- liberalismo”, opportunamente messo in sa dura fino alla ferocia di un estremi- ma politico, le dinamiche interne alle rilievo da Finetti. Scriveva allora smo e un massimalismo considerati alla grandi forze della “Repubblica dei par- Amendola, con enfasi ma senza retori- stregua di una tabe storica del movi- titi”, i nodi del governo del paese con ca: “Nell’immane conflitto che le forze mento operaio italiano, la ricerca del l’intervento pubblico e lo sviluppo del del progresso e della civiltà vanno vit- rapporto con le forze socialiste e laiche Mezzogiorno, le trasformazioni del toriosamente combattendo, il fatto cen- sempre privilegiata e spesso contrappo- rapporto tra politica e cultura e le trale e dominante, che racchiude in sé le sta al dialogo e all’intesa con il mondo vicende più controverse della recente condizioni della vittoria,…è certamente cattolico e la sinistra democristiana, la storia italiana. costituito dall’alleanza che si è costitui- stessa battaglia condotta nel ’64 in ta tra il comunismo e il liberalismo, sul nome della formazione di un partito Il racconto di Landolfi inquadra la piano internazionale come alleanza tra unico dei lavoratori italiani. né comuni- vita di Mancini tra le tappe decisive l’Urss, primo Stato socialista del mon- sta né socialdemocratico, la freddezza della storia dell’Italia repubblicana: il do, e gli Stati demo-liberali d’Inghilter- non verso la politica di unità nazionale dirigente socialista partecipò alla ra e d’America, e sul piano nazionale ma verso la filosofia del compromesso Resistenza, fu in prima fila negli anni come alleanza tra il partito comunista e storico, la ripulsa verso formule ambi- del frontismo e poi dell’autonomismo i vari partiti che si richiamano ai princi- gue ed equivoche come l’eurocomuni- come esponente del gruppo dirigente pi del liberalismo”. E precisava che una smo. Non vorrei esagerare: ma, se non locale e nazionale del partito. Negli simile alleanza poggiava sull’apparte- si prendono le mosse da qui, non si anni della formazione e poi dello svi- nenza a una medesima civiltà e sulla riesce nemmeno a mettere a fuoco l’ati- luppo del centro sinistra ebbe il ruolo condivisione di alcuni valori fonda- picità, verrebbe da dire l’unicità di decisivo di responsabile dell’organiz- mentali: “Questi principi sono i princi- Amendola non solo nel panorama del zazione del PSI nenniano e nei gover- pi dell’indipendenza nazionale e delle Pci e della sinistra, ma nella storia del- ni di Moro fu Ministro della Sanità e libertà democratiche, e questa civiltà è l’Italia repubblicana. Non si capisce dei Lavori Pubblici. Nella dura stagio- la civiltà europea, quale si è formata nel appieno perché tante sue battaglie (non ne che va dall’autunno caldo alla fine millenario processo che, partito dall’El- solo l’ultima) siano state solitarie o del primo centro sinistra Mancini par- lade, è sfociato attraverso Roma, il cri- quasi, nonostante nel partito non man- tecipò ai travagliati avvenimenti della stianesimo, i Comuni, il Rinascimento, cassero davvero gli amendoliani. E non fallita unificazione socialista, fu nella Rivoluzione francese, e nella si comprende nemmeno perché non segretario del partito dopo la scissione creazione degli Stati nazionali e demo- abbia lasciato eredi. e leader di una importante corrente cratici”, via via fino “alla grande e libe- Ugo Finetti, Togliatti e Amendola. La Lot- interna. Nella seconda metà del ra democrazia sovietica”. ta politica nel PCI dalla Resistenza al ter- decennio fu invece tra gli oppositori Può darsi che, all’epoca, qualcosa di rorismo, Ares Edizioni, 2008 del compromesso storico e tra i fauto- analogo avrebbero potuto scrivere non ri del nuovo corso socialista del pochi dirigenti comunisti, a cominciare Midas. Emarginato poi negli anni da Palmiro Togliatti. Ma la differenza ottanta dalla segreteria Craxi divente- fondamentale sta nel fatto che, per rà sindaco di Cosenza nel momento di Amendola, un simile convincimento, La biografia politica disfacimento del sistema politico e del per infondato che sia, è tutt’altro che di Giacomo Mancini PSI. Alla sua morte nel 2002 si stava strumentale; anzi, per molti aspetti compiendo definitivamente la trans- >>>> Carmine Pinto costituisce la cifra politica e intellettua- izione tra la prima e la seconda le del personaggio, tanto è vero che La biografia di Giacomo Mancini è tra Repubblica. sopravvive nella sostanza, almeno a le più interessanti per la conoscenza Il primo nodo, in una vita così intensa, mio giudizio, a tutte le dure repliche della politica della vecchia Repubblica. era nella interpretazione della funzione della storia, a cominciare dalla rottura, La sua vita è stata raccontata da Anto- storica del Partito socialista. Mancini fu nel ’47, dell’unità antifascista nel mon- nio Landolfi, studioso del socialismo, fedele alla linea nenniana per tutto il do e in Italia. E probabilmente, se non dirigente del PSI e amico e collaborato- primo ventennio repubblicano: l’obiet-

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tivo era il rafforzamento del PSI e il amministratore di enti e di istituzioni eccezione. Landolfi racconta le varie cambiamento dei rapporti di forza nella culturali fino all’ultima elezione a sin- tappe della sua molteplice esperienza di sinistra. Questo doveva avvenire daco di Cosenza, Mancini curò fino allo governo e dà un giudizio altamente costruendo un equilibrio di governo spasimo il rapporto con il proprio terri- positivo di un’azione che portò succes- senza spezzare tutti i legami politici, torio e il suo elettorato, con investimen- si indiscutibili come la costruzione del- ideologici e culturali con le radici del ti istituzionali e attenzione alle esigen- la Salerno-Reggio Calabria o nell’azio- movimento operaio e con il mondo ze clientelari come alle rivendicazioni ne al dicastero della Sanità. Landolfi comunista. In ogni caso era un convin- sociali. Una politica che ebbe momenti parla soprattutto del tentativo di inno- to sostenitore delle originali potenziali- positivi ed entusiasmanti in occasione vare la cultura e la gestione dell’urbani- tà del Partito socialista, in un sistema di grandi successi elettorali come nel stica italiana. Ma il tema di fondo è il con un bipartitismo forte ed allo stesso ’68 o di azioni di governo come nella Mezzogiorno. Mancini era parte di una tempo bloccato, visto lo sviluppo e il istituzione della Università della Cala- generazione che fece dell’intervento consolidamento del sistema politico ita- bria, ma anche risvolti drammatici straordinario nel Sud uno degli elemen- liano. A partire dagli anni settanta era come nella rivolta di Reggio Calabria ti decisivi della propria azione politica, tra gli oppositori del compromesso sto- che trovò proprio in Mancini il suo ottenendone successi e pagandone cari rico e tra i sostenitori di Craxi e della principale bersaglio. prezzi. La campagna del settimanale fase iniziale della sua segreteria. Anche La rivolta del ’70 era anche collegata al Candido e tutte le vicende del cosiddet- negli anni della transizione e dopo lo terzo importante filo interpretativo del- to V Polo siderurgico sono tra questi. scioglimento del partito si presentò con la ricostruzione di Landolfi: le dinami- Infine nella ricostruzione di Landolfi vi una propria formazione come orgoglio- che interne al sistema politico. Mancini sono altri due importanti elementi per so difensore della piccola bandiera del fu sempre un uomo della “Repubblica comprendere l’azione di Mancini nel socialismo calabrese e cosentino. In dei partiti”. Un mondo dove le correnti sistema politico italiano. Il socialista ogni caso fu tra i non moltissimi diri- politiche esistevano in funzione delle tentò sempre di coinvolgere settori del- genti che trovò sempre la propria prin- alleanze interne ed esterne al partito di la cultura laica e libertaria, radicale ed cipale regione di militanza nella riven- appartenenza e quindi delle conseguen- in qualche caso anche dell’estrema sini- dicazione culturale e nella declinazione ti prospettive politiche. Nei partiti del stra italiana. Lo fece al Ministero del- politica della funzione autonoma del centro sinistra poi, il gioco delle cor- l’Urbanistica o nella promozione del- PSI. renti era fondamentale per la composi- l’Università della Calabria, come nella Il ruolo nazionale del Partito socialista zione degli equilibri dei governi e l’af- sua azione da segretario del partito o da non era però l’unico orizzonte di Man- fermazione dei quadri politici. Mancini sindaco di Cosenza. Fu tra i maggiori cini. Anzi il dirigente socialista era un fu in prima fila nella corrente nenniana accusatori dell’inquinamento dei poteri esempio di un altro modello proprio e con gli autonomisti fino al centro sini- dello Stato e delle cosiddette trame della “Repubblica dei partiti”, quello stra. La sua corrente primeggiò nella “oscure” pagandone le conseguenze. E della relazione tra rappresentanza e stagione dell’unificazione e nei difficili lo fece, tra l’altro con una coerente linea radicamento locale e contestuale proie- anni settanta riducendosi, con la stagio- di sostegno alle politiche per i diritti zione nazionale delle personalità politi- ne craxiana, nell’ambito regionale. Fu civili ed una forte impronta garantista che. Dopo la prima generazione repub- un uomo di quei partiti fino alla con- che riecheggia nell’ultimo filo di conti- blicana, segnata dagli anni del fascismo clusione della sua vita politica nel PSI. nuità della ricostruzione di Landolfi. e dalla Resistenza, con uomini il cui Le regole della vecchia Repubblica Non a caso, scrive l’autore, il dirigente profilo politico era di carattere naziona- avevano appuntamenti insuperabili: il socialista fu sistematicamente coinvolto le ed internazionale, la nuova selezione tesseramento, la gestione di sezioni e in accuse e processi drammatici e fu di quadri era naturalmente frutto della federazioni, le cariche elettive con il sempre assolto, dallo scandalo dell’A- battaglia politica territoriale. Questo gioco delle preferenze, la competizione NAS fino alle accuse dei pentiti cala- valeva per grandi e piccoli leader della per l’occupazione di enti ed istituzioni. bresi nell’ultima stagione della sua vita. DC, ma anche per gli altri partiti e in I momenti solenni erano i Congressi Nel complesso la ricca biografia scritta particolar modo, ma non solo, per quel- che scandivano, insieme alle elezioni, da Landolfi consente di conoscere tanti li di governo. Nel caso di Mancini pesa- le tappe di quel mondo di cui Giacomo aspetti della storia politica di Giacomo va l’eredità politica ed elettorale del Mancini fu un protagonista assoluto. Mancini ma è soprattutto l’occasione di padre Pietro, figura storica del sociali- Guidare o rappresentare una corrente, inserirla nel più vasto scenario dello svi- smo meridionale. E il figlio Giacomo nei partiti del primo centro sinistra, luppo dei grandi partiti italiani e del loro non sfuggì a questa regola anzi la esal- aveva quasi sempre come diretto con- successivo declino. tò. Consigliere comunale, segretario di traltare la partecipazione ai governi. E Antonio Landolfi, Giacomo Mancini, federazione e regionale, presidente ed anche in questo caso Mancini non fece Rubbettino, 2008.

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La sostenibile leggerezza di Berto >>>> Walter Pedullà

iuseppe Berto aveva letto la mia Grecensione come una stroncatura del Male oscuro. S’aspettava un consenso più pieno, e invece ci lesse troppe riser- ve: insomma non bastò il sì a molti epi- sodi che mi erano piaciuti e che mi ave- vano assai divertito. E per i quali consi- dero Berto uno dei narratori più dotati, come dire, di vulcanica vis comica. Que- sta per me non è poca cosa, dal momen- to che attribuisco un ruolo poderoso alla comicità del Novecento. Le obiezioni erano numerose, ma non mi pareva che avessero il sopravvento sul resto: ricordavo la recensione come un “sì, ma..”. Sono andato però a rileggere il mio articolo ed effettivamente la recen- sione aveva “tradito” il mio desiderio di esprimere stima all’autore. Era piuttosto un “no, ma..”. E pensare che del roman- zo mi aveva parlato lungamente a favore Giacomo Debenedetti nello stesso momento in cui ribadiva il giudizio nega- tivo su Il cielo è rosso. E per me notoria- nostro maggiore critico non s’è mai pen- gia psicanalitica non ha freni né dubbi: è mente un parere motivato del maestro “fa tito di aver fatto pieno affidamento sulla figlio della psicanalisi il Tozzi che da scuola”. scienza inventata da Freud. Debenedetti allora in poi circola nella narrativa del Debenedetti era addirittura entusiasta. infatti è anzitutto un critico innovatore a Novecento come affetto da un complesso Aveva sicuramente influito il tema, che partire dalla psicanalisi. Era eclettico ma di castrazione che condiziona l’esistenza per lui era una irresistibile calamita: par- facendo perno su questa, o meglio, su dei personaggi di Con gli occhi chiusi e lava di psicanalisi, nella quale Debene- quella che lui praticava con la genialità di Tre croci. detti non ha mai smesso di credere. Ave- autonoma di chi la adatta a circostanze Male oscuro esce negli stessi anni in cui va preso le distanze dagli ultimi psicana- diverse. Il romanzo del Novecento aveva matura- listi e non perdeva occasione per manife- D’altronde aveva indagato dall’interno to la sua strategia conoscitiva e il suo lin- stare la cocente delusione del fedele la scrittura di molti contemporanei, guaggio. Debenedetti lo riconobbe ingannato dai mercanti della nuova anche prima che se ne dichiarasse un immediatamente: andava incontro al scienza, ma la psicanalisi, nella fattispe- seguace : è già analisi d’anime l’interpre- ceppo centrale del suo corso di lezioni il cie quella junghiana, era ancora, se non tazione di Svevo, di Proust, Pirandello, romanzo di Berto. Lo aveva fatto incon- una fede, uno strumento d’indagine effi- Moravia e altri nei Saggi critici. Esami- sapevolmente, ma questo è un avverbio cace per chi cercasse l’uomo nel suo nando però la poesia e il romanzo del che il critico usa come un grimaldello per inconscio, o meglio, nel suo profondo. Il Novecento, l’adozione della metodolo- spiegare il mistero di scrittori che sono

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latori di messaggi di cui ignorano il signi- zo alienato. È una leggenda, ma la scien- dei narratori che avevano partecipato in ficato. Debenedetti sapeva che Berto era za degli Anni Sessanta portava prove che prima linea alla guerra mondiale delle meno intelligente del suo romanzo ma ciò era vero: la mente alienata vede più a letterature del primo Novecento. Non piaceva a un critico per il quale in lettera- fondo, stravede, ha visioni, che però sem- posso che pentirmi di avere usato tale tura conta solo il narratore nascosto. È brano cose viste. La mente dà estrema metro per giudicare uno dei tanti roman- un’idea che è passata più di una volta dal- concretezza ai dettagli che descrive sotto zi che in quegli anni mi divertiva legge- la critica del maestro alla mia. Non mi l’effetto della nevrosi. Il racconto ci gua- re. Diminuito di dimensione da confron- pento di cercare il “secondo” narratore. Il dagna dall’essere ansioso. E i periodi ti insostenibili per chiunque non lo collo- primo è un portatore sano, ma è la malat- vengono presi dalla tachicardia. L’ordine ca nemmeno all’altezza della narrativa tia a guidare nel suo profondo. impartito dalla mente indifesa arriva sen- che suscitando il riso faceva sfracelli dei Posto a confronto coi modelli, Berto za controllo o mediazione alla mano, che cosiddetti valori della società del benes- rischia di essere schiacciato. Cosa che si comporta da sismografo. È una prosa sere. Avrei potuto, se non metterlo nel Debenedetti non temeva: quel romanzo terramotata quella con cui Berto racconta Gruppo per antonomasia, intrupparlo nel- aveva saputo raccontare come più alle- come si può impazzire per un nonnulla. la schiera di chi racconta la tragedia con gramente non poteva esser fatto l’avven- Quando Berto ricorre al monologo inte- la bocca aperta per ridere. Non ho avver- tura della psicanalisi dentro un uomo riore, esso circola in Europa da quasi tito che s’era realizzato un vecchio sogno: comune: non Gadda, che ne sapeva qua- ottanta anni e in Italia da almeno cin- finalmente si poteva ridere anche ai fune- si quanto il fondatore. Convenni che era quanta, se calcoliamo il futurismo con rali, come auspicava Palazzeschi nel canonico: ciò che la prima volta è trage- l’immaginazione senza fili e con l’auto- manifesto futurista del “Controdolore”. dia, la seconda volta è farsa. Cosa che matismo surrealista di cui dà un eccel- Aveva torto Melville: si può scrivere, non temevo nemmeno io, ma ho avuto la lente esempio Antonio Delfini nel eccome, un capolavoro su un pulce. Il responsabilità di far pesare a Berto il romanzo che è un capitolo importante Novecento ha scritto capolavori su un paragone con il primo che si era fatto della narrativa informale, Il fanalino del- millepiedi e ha giustamente teorizzato gioco della psicanalisi: il protagonista la Battimonda. La tecnica era tornata di che un libro risponde anzitutto del lin- della Coscienza di Zeno, colui che la moda negli Anni Sessanta in concomi- guaggio con cui si cerca la vicenda fon- respinge come scienza ma deve obbedir- tanza con opzioni irrazionalitiche a favo- damentale di una vita, ancorché la più le con un linguaggio che confessa per re della registrazione di scatenati movi- modesta. Il male oscuro non è un capola- dire bugie, ma non si salva lo stesso. Kaf- menti mentali, come in Sanguineti, Tadi- voro, ma non bisogna lamentarsi nel ka d’altronde non aveva dubbi: il conflit- ni, Malerba, Buzzati, Ferretti e cento Novecento se il tema è troppo esile. Non to col padre può essere materia per una altri. Si disse “tradizione del nuovo”: dico ovviamente la psicanalisi, che è un commedia. E come commedia Svevo dove il nuovo cede molto alla tradizione, grande tema pure quando è diventata risi- narra quella guerra col padre che era sta- spesso in forma regressiva. bile, anzi forse è diventata tale proprio ta una tragedia ai tempi di Una vita. Arri- Ecco: Berto, alla ricerca dell’integrazio- dopo essere stata al centro della riflessio- vava in ritardo Berto? Questo conta per ne nel passato, solo guardando indietro, ne di un grande narratore come Gadda, la letteratura che va. Per quella che sta, può riuscire a capire cosa gli sta succe- che guardava tutto con la lente defor- cioè a leggerla oggi, Il male oscuro è una dendo e come può uscirne. Nessuno mante di chi crede all’istruttoria nell’in- bella opera buffa “che non teme confron- comunque può far colpa a uno scrittore conscio. Mi riferisco alla vita raccontata ti” nella misura in cui può competere coi d’essere regressivo fino ad essere infanti- da Berto in un romanzo che evita o sfio- grandi del secolo. le. La frase talvolta sembra persino fri- ra gli eventi storici, i traumi della socie- Chi vuole sapere che cosa è stato il fasci- gnare nel lamento. È stato però un colpo tà, la tragedia della vita cittadina. smo in provincia non lo domandi a Jovi- di fortuna poter girare col cranio scoper- Berto forse non lo sapeva, certo non gli ne , e in quanto a come si era ridotta la chiato, come Svevo aveva detto di Joyce interessava, scriveva quasi come per civiltà contadina non cerchi la risposta alle prese col flusso di coscienza. La coazione, ma era dentro la corrente mag- solo in Memoriale di Volponi, che rac- nevrosi è stato il suo destino, Berto s’è giore della narrativa: quella che racconta contò la tragedia della sostituzione con la accoccato nel linguaggio che sembra vicende di buoni a nulla, di uomini privi fabbrica. Cerchi anche in queste pagine capace di fare da sé e laddentro è felice di qualità, di persone che lavorano ai in cui Berto fa filtrare paesaggi, persone anche quando piange. Il flusso di coscien- margini dello spettacolo da baraccone e situazione attraverso la mente di uno za non è mai così leggero, esuberante, che può essere il mondo del cinema. Il che non sa sempre quello che dice e tut- straripante. Quanto? Fino ad annegarci. protagonista del Serpente di Malerba tavia comunica sempre l’essenziale, la Ho trascinato, Il male oscuro su indiretto vende francobolli usati, poco meno che il sua angoscia di disadattato alla vita citta- suggerimento del Debenedetti interprete nulla, ma è personaggio di cui nei decen- dina contemporanea. del “romanzo del Novecento” dove si ni è aumentato sempre il valore. Il vuoto Il male oscuro è a suo modo un roman- pretendeva che respirasse la grandezza chiama vuoto, ed è stato bello che si sia

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potuto ridere con linguaggi che irrideva- si può ridere ma sotto qualcuno è dispe- comicità di Berto è intransitiva, ritorna in no ogni idea o discorso che volesse riem- rato, e viceversa sopra si soffre mentre, faccia al protagonista come una torta pirlo. “Anima disoccupata” aveva definito sotto, la causa della sofferenza è ridicola. spinta dalle pale del ventilatore, ma non quella affetta da nevrosi Alberto Savinio. È una patologia ma potrebbe essere virtù si salva nessuno. Solo la psicanalisi si E fare il cinema per il padre del protago- letteraria. Toccava indagare, più che nel- illude di poter guarire con terapie psico- nista che era un maresciallo dei carabinie- l’anima, nelle forme. logiche malesseri storici o metafisici. ri non era certo un lavoro serio. Era un Andai a rileggere il romanzo trent’anni Savinio, parlando di rapida deperibilità lavoro da ridere per il padre. E il figlio , dopo la sua uscita, quando dovetti ripren- del comico, pensava specialmente a traumatizzato, si mise a ridere, con Il male dere in mano il libro insieme agli altri di Plauto e ad altra commedia latina, ma oscuro, ma nel raccontarlo soffre quasi Berto, in vista di un cospicuo paragrafo verrebbe smentito anzitutto da se stesso, quanto Zeno mentre per far ridere la don- di una storia della letteratura italiana del e ancor più da Campanile, Bontempelli, na amata narra le proprie ridicole avven- Novecento. Ebbene, anche quando le Palazzeschi, Zavattini, Malerba, Mastro- ture: quelle con cui peraltro fa innamorare situazioni erano oggettivamente dram- nardi, Manganelli . Non era deperibile la la sorella che sposerà senza amore. matiche venivo travolto dalla sua comici- comicità di Berto, e non è per nulla depe- Freud aveva mandato a dire che, quando tà. Berto sarà un buon diavolo ma tritura rito il romanzo come opera comica. una sofferenza cessa di impaurire, se ne i fenomeni sociali che gli si parano Ovviamente non lo riguarda il problema può ridere. Ebbene, il romanzo di Berto davanti: fosse la vecchia piccola borghe- di cui si caricavano questi narratori d’a- fa ridere della nevrosi molto più di quan- sia della provincia veneta in cui si è fer- vanguardia: usare il riso come fattore di to non lo si faccia con La coscienza di mato; fosse il mondo del cinema in cui dinamica culturale, secondo il parere di Zeno. Già allora notavo che il merito cul- tira a campare a contatti con una fauna Walter Benjamin, per il quale “ il riso è turale maggiore del Male oscuro era umana che non ha bisogno d’essere un ottimo avvio per la dialettica ”. Berto quello di voler dissacrare la malattia del deformata, essendo tale di suo, nella real- non era interessato alla questione collet- secolo con la comicità. Succede anche a tà. Questa è sempre il bersaglio, ma il let- tiva: a lui stava a cuore la sua questione Berto di ridicolizzare la propria nevrosi e tore viene indirizzato a guardare piutto- privata. Senonché quello che abbiamo contemporaneamente di far sentire che sto la mano che spara. La psicanalisi non perdonato a Campanile, uno che ride per sotto si è scatenata l’ansia più soffocante. aveva mai suscitato tante risate. La guer- ridere, è diventato il principale capo La comicità del Male oscuro conserva ra al padre di Savinio faceva satira, quel- d’accusa contro Berto. Ecco uno scritto- memoria del dramma che c’è all’inizio la di Gadda era sarcastica ma in entram- re che non va ma sta. E oggi che la cul- della vicenda e alla sua fine. In superficie bi i casi si rideva di una cosa precisa. La tura sta perché non ha dove andare, ci si

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può abbandonare al piacere di leggere gua elastica e corporale, toccata e fuga, ziona ora e qui. Ho fatto la prova sul mio senza darsi pensiero di ciò che manca. fuggente e avvolgente, del Male oscuro. elenco dei narratori comici che negli Quello che c’è basta per farne un roman- Tutti i romanzi sono riducibili alla loro Anni Sessanta ha espresso il meglio – zo singolare da non riporre in soffitta. lingua, ma Il male oscuro manda un mes- dalla parte della più attuale modernità - Per riferirne ora in questa occasione che saggio chiaro: attenti alla lingua. Indica nel romanzo italiano. Per intenderci quel- per me diventa riparatoria ho allungato malattia ma anche salute. lo che va da Calvino delle Cosmicomiche per la terza o quarta volta la mano verso Savinio, che aveva raffigurato suo padre al Serpente e Salto mortale di Malerba, Il male oscuro e ho cominciato a leggere. come “poltropapà”, un giorno gli chiese da Hilarotragoedia di Manganelli a Fra- Gli eventi raccontati ora scorrevano per iscritto: «Padre, perché non torni». telli d’Italia di Arbasino, dal Calzolaio di veloci, quello che Berto pensava lo sape- Anche Berto chiese al padre di tornare, o Vigevano di Mastronardi al Gazzarra di vo già, la sua vita era stata tutta spiattel- forse di poter tornare lui dal padre: trop- Massimo Ferretti, dal Padrone di Parise lata, non c’era nulla di ostacolasse la let- po aveva peccato nei suoi confronti. Tor- al Capitano a riposo di Frassineti, da tura. Ebbene, il comportamento del letto- nasse, ci sarebbe stata la riconciliazione Sorella H, libera nos di Spinella a Nostra re alleggerito metteva in evidenza la che garantisce la fine del l’angoscia. Un Signora dei Turchi di Carmelo Bene, a migliore qualità del romanzo: la sua lin- discorso sul crinale dove o scendi o sali. Libera nos a Malo di Meneghello. Risul- gua. Una lingua che aderisce come un Il suo linguaggio, mentre si accanisce tato: resta impossibile stabilire quale guanto trasparente sui materiali più ete- contro, procura una linea di fuga ai per- posto gli spetta in classifica ma io mette- rogenei che affluiscono disordinatamente sonaggi che aggredisce. Berto parla d’a- rei in questo girone il romanzo di Berto. da ogni tempo e da ogni località della more con un fraseggio vertiginoso che lo A chi gli domandava se La coscienza di vita del protagonista. Linguaggi bassi, esalta mentre lo irride Ferisci ferocemen- Zeno è un romanzo autobiografico Svevo una pepatissima miscela di parlato, attri- te la tua donna e contemporaneamente rispose: «Autobiografia, ma non la mia». to di parole che il monologo interiore fai sentire quanto la ami. Invece Berto ha raccontato la sua, l’unica avvicina da distanze massime o minime. Il negativo di Berto spera sempre di vita che effettivamente gli premeva. La Ogni cosa è contigua a ogni altra in un incontrare prima o poi il positivo, come psicanalisi parlerebbe di coazione a ripe- linguaggio che associa fonicamente e alla fine succederà con la stessa natura- tere, e questo va bene nella vita, non nella semanticamente parole e idee, approfit- lezza con cui alla fine del dramma o del- letteratura. Serviva un’iniziativa di quella tando della disintegrazione della sintassi la commedia, arriva il deus ex machina, fantasia cui l’obbligo della fedeltà al reale e dell’apertura di credito che ottiene una cioè il padre, e la figlia quando il padre è vissuto ha tarpato le ali, ma non si può prosa che ascolta tutti i richiami degli diventato lui. Troppo facile se il protago- aver tutto. Forse è questo il limite struttu- oggetti più inclini a ferire o a solleticare. nista trova la tranquillità quando riscopre rale di un romanzo che s’è fatta dare dalla Il lettore non si perde una frase del parla- in se stesso quella figura paterna, o vita la conclusione: Berto doveva disubbi- to ininterrotto della conversazione casua- meglio quel ruolo di padre, che è all’ori- dire al padre, ma era intollerabile ormai le e della chiacchiera che si abbandona a gine della sua nevrosi. A questo punto mi ogni trasgressione. Inoltre, tornata la pau- tutto ciò che passa per la testa. Abbonda- sono accorto che potevo capovolgere il ra, è proibito il riso, fonte massima di pia- no le deviazioni dalla norma, gli effetti giudizio del critico militante: funzionava cere per il lettore e per l’autore. shock e gli straniamenti, insomma tutte l’insieme ed erano sbagliati alcuni episo- Fino a quel punto Berto aveva dato il suo le pratiche della trasgressione lessicale e di. Essendo quelli in coda potrebbero massimo, che non è poco. Il surrealista ritmica. Raramente la lingua della nevro- denunciare una patologia nella spina dor- Max Jacob cattolico come Berto, assicu- si ha legittimato altrettanto il diritto di sale del romanzo. ra e promette: la risata è premessa di una essere anzitutto qualcosa. Eppoi che gli Il male oscuro mi piace più di quando saggezza che conduce molto in alto nella interpreti setacciassero pure i significati: dovevo chiedergli dove andava. Ora che graduatoria degli scrittori capaci di sono inscindibili dal filtro che determina sta dove lo colloca non il critico militan- inventare una lingua con cui si racconta- calibro e velocità. Si conferma un’ipote- te bensì la storico letterario, il romanzo di no esilaranti avventure del nostro tempo. si di Jonesco: qualunque discorso, quan- Berto può essere, se non riabilitato (non Il male oscuro è un’opera leggera, molto do viene accelerato al massimo, diventa ne aveva bisogno), rivalutato con il crite- leggera, che ha il peso incalcolabile del comico. Succede proprio questo alla lin- rio che si limita a constatare come fun- riso più dissennato.

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