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UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA Facoltà di Lettere e Filosofia Dipartimento di Filologia Dottorato di Ricerca in Scienze Letterarie. Retorica e Tecniche dell'Interpretazione XXII ciclo Settore disciplinare M- STO/08 Tesi di Dottorato Gli SCIIttOII calabresi neli'editoria napoletana del XIX secolo Coordinatore saMarghetaGEffl Supervisore Candidata Prof.ssa Carmela REALE DanielaFOC TOLA LL b3JQQs INDICE GENERALE Introduzione………………………………………p. 2 I Capitolo………………………………………….p. 5 II Capitolo…………………………………………p. 26 III Capitolo………………………………………..p.125 Catalogo…………………………………………...p.164 Indice biografico………………………………....p.317 Indice cronologico……………………………….p.389 Indice delle tipografie…………………………...p.393 Bibliografia……………………………………….p.405 1 Introduzione Il lavoro di ricerca, all’interno del settore di studi relativo alla bibliografia e alla storia della stampa e dell’editoria, si è concentrato su una realtà considerata a volte marginale e minore nel più generale panorama bibliografico italiano ossia lo scenario tipografico-editoriale del mezzogiorno d’Italia, in particolare essa prende in esame gli scrittori calabresi che nel corso del XIX secolo affidarono le proprie opere ai torchi della capitale partenopea. Essa è il frutto di un paziente lavoro di spoglio di una serie di repertori sia di carattere generale (come ad esempio CLIO, DBI, SBN) sia repertori di interesse locale quali ad esempio le opere di Valente, Capialbi, Borretti, Accattatis, Aliquò Lenzi, Andreotti, Falcone e molti altri. Il cuore della tesi è rappresentato dal Catalogo che offre in sequenza alfabetica le opere di scrittori calabresi editi a Napoli nel corso dell’Ottocento. Esso può definirsi un vero e proprio repertorio bibliografico circoscritto nel tempo e nello spazio, che si propone di registrare ed esaminare la realtà tipografica e quindi culturale di uno tra i centri editoriali più importanti del Sud della penisola nel corso del secolo decimo nono. Si tratta di una bibliografia secondaria che presenta un livello di descrizione bibliografico tipo Short-Title in cui per ogni voce è stata fornita la paternità intellettuale, il titolo e le note tipografiche. 2 La ricerca è giunta all’individuazione di 2.952 titoli che spaziano dalla letteratura alla medicina, alla storia, alla religione, alla musica, all’arte, alle scienze, alla filosofia, all’economia. Attraverso questi titoli si è giunti a delineare le diverse componenti culturali che caratterizzano il panorama intellettuale calabrese del tempo e che trovano naturale riflesso nella relativa produzione tipografica. In tal modo si è risaliti ai gusti, alle tendenze, alle opinioni e ai saperi di una parte della cultura meridionale ottocentesca che ora interviene in maniera sempre più prepotente nel processo di produzione culturale incidendo in maniera non trascurabile sul mercato editoriale e sui contenuti della trasmissione scritta. Il repertorio spinge altresì a porsi in maniera critica rispetto alle diverse motivazioni che spinsero molti intellettuali calabresi a scegliere le tipografie della capitale partenopea per la pubblicazione delle proprie opere, motivazioni che possono essere le più varie quali la presenza di numerosi istituti culturali e accademie, il ruolo prestigioso svolto dalla Regia Università – polo di attrazione di buona parte dell’intellettualità meridionale, calabrese in particolare – la presenza di circa 1.280 stamperie disseminate su tutto il territorio napoletano che offrivano un ventaglio di scelte e opportunità editoriali nonché la presenza di un numero sempre più ampio di lettori. Il discorso prosegue con l’esame delle linee-guida della cultura calabrese dell’Ottocento attraverso la divisione e lo studio dei vari settori 3 disciplinari in cui sono state suddivise le edizioni partenopee individuate; questo per avere un quadro più organico dell’andamento della cultura calabrese durante il XIX secolo, capire quali sono i settori dominanti, quali nuovi saperi emergono e in che misura; a ciò si aggiunge l’analisi e lo studio delle diverse tipografie e delle personalità che a vario titolo intervengono nella produzione editoriale in oggetto. Necessarie per il buon esito del lavoro sono state le ricerche effettuate nella Biblioteca Nazionale e Civica di Cosenza, nella Biblioteca Nazionale di Napoli, nelle Biblioteche Nazionali Centrali di Firenze e Roma e le due biblioteche comunali di Catanzaro e Reggio Calabria. 4 I Capitolo Società, cultura e stampa nella Calabria dell’Ottocento Il Risorgimento è stato l’avvenimento della svolta di tutta la storia d’Italia, che per la prima volta da espressione geografica divenne unità politica nazionale. Durante il periodo romano l’Italia, infatti, era una semplice dodicesima parte dell’Impero; dalla riforma augustea (24 a.C.) essa venne divisa in undici regioni e la Calabria fu quella più estrema col nome di Bruzio, poiché quello d’Italia, era stato già attribuito all’intera penisola dallo stesso Augusto. I Normanni furono i soli che riuscirono ad unificarono il meridione, ma lasciarono il resto dell’Italia in una multiforme divisione politico-amministrativa, che durò fino al sec. XIX, quando con Napoleone nacque l’idea risorgimentale dell’unità d’Italia e della sua indipendenza con l’istituzione della Repubblica Italiana e del Regno Italico, che comunque teneva separato e distinto quello di Napoli.1 Col decennio francese (1806-1815) ebbe sostanzialmente fine, nel Mezzogiorno, l’ancien régime. La riforma per eccellenza fu costituita dalla legge eversiva della feudalità (2 agosto 1806), non meno incisivo risultò l’intervento riformatore per quanto riguarda le strutture amministrative. Con il decreto dell’8 dicembre 2006 fu definita la suddivisione del regno in province e distretti. Per quanto riguarda la Calabria, vennero mantenute le due province storiche di Calabria Citeriore e Calabria Ulteriore; ma mentre della prima continuò ad essere capoluogo Cosena, per la seconda fu prescelta Monteleone (oggi Vibo Valentia), preferita all’antica sede di Catanzaro perché prossima al Tirreno e collocata lungo la via delle Calabrie, e quindi strategicamente 1 Vincenzo Barone, Storia, società, cultura di Calabria, Cosenza, Fasano, 1980 5 più importante e più rapidamente raggiungibile da Napoli. Insoluto rimase invece per il momento il problema della terza provincia.2 Per quanto riguarda le istituzioni municipali, fu abolita la vecchia denominazione di Università, sostituita con quella di Comune, che era la semplice traduzione del termine francese di Commune. In effetti la riforma napoleonica scardinò il sistema delle Università meridionali, che era quanto mai elastico e non univoco; introdusse ed impose il modello di Municipio quale emanazione del potere centrale, retto da un’oligarchia a base censitaria stabilita dall’alto. Il vecchio parlamento cittadino, formato da tutti i capifamiglia maggiorenni, senza alcuna distinzione di ceto, scomparve del tutto, sostituito da nuove istituzioni municipali fortemente censitarie, che lasciarono quindi il mondo contadino privo di ogni istituto che avesse potuto in qualche modo dar voce e rappresentanza ai suoi interessi. Il censo costituiva il requisito indispensabile per l’accesso alle cariche civiche. Dalla ristrettezza e dalla limitata capacità della classe dirigente locale derivarono molti limiti dell’azione riformatrice del Decennio. Le riforme scaturivano dal modello francese e rispecchiavano dunque una realtà in cui l’egemonia borghese costituiva già nel 1789 un fatto compiuto, che la rivoluzione aveva consacrato anche a livello politico, oltre che economico e sociale. Questo processo era invece appena avviato nel Mezzogiorno e in Calabria.3 La progressiva destrutturazione del feudo esaltò e generalizzò gli aspetti tradizionalmente più negativi di quella stessa realtà, quali l’assenteismo, il parassitismo, la rendita di posizione. Venuti meno sia come istituzioni che come aziende produttive, i patrimoni feudali furono rapidamente corrosi e disgregati dalle successioni ereditarie. Nella maggior parte dei casi finirono nelle mani dei nuovi ricchi, che se ne 2 Piero Bevilacqua, Storia della Calabria. Dal 1600 al 1900, Roma-Bari, Laterza, 2001 3 Ibidem 6 impadronirono anche grazie ai crediti usurai concessi agli ultimi esponenti delle antiche case feudali. Ad emergere e ad affermarsi fu una nuova aristocrazia fondiaria di origine borghese o derivante dai patriziati cittadini: Barracco, Compagna, Lucifero, Morelli, Cefaly. Accanto a queste, altre minori famiglie borghesi imposero in ogni centro calabrese la propria egemonia sociale sostituendosi agli antichi feudatari.4 Non va dimenticato l’ambiente politico-sociale in cui le riforme furono imposte e attuate. La Calabria, come già nel ’99, espresse infatti nel Decennio un vastissimo e radicato movimento di opposizione di massa al nuovo regime, al quale oppose una resistenza accanita, che si manifestò dapprima nell’estate del 1806 con l’insurrezione generale e poi con un’ostinata e sanguinosa guerriglia, a cui i francesi diedero il nome di brigantaggio. Perduti progressivamente i suoi caratteri politici, la lotta antifrancese finì sempre più con l’assumere i caratteri della guerra dei poveri contro i ricchi, che si espresse attraverso omicidi, rapine, sequestri di persona e devastazioni delle proprietà rurali dei ceti possidenti. Il brigantaggio fu alla fine stroncato dalla grande repressione operata dal generale Manhes tra il 1810 e il 1811. Come tutte le repressioni, anche quella di Manhes non incise tuttavia sulle radici profonde del fenomeno, limitandosi a reciderne le manifestazioni