ANICA

ANICA SCENARIO

22/08/2014 Avvenire - Nazionale 5 Il mio DIO Nove registi lo raccontano

22/08/2014 Brescia Oggi 7 «Italy in a day», una giornata raccontata dai video della gente

22/08/2014 Corriere della Sera - Nazionale 8 La scommessa del Festival «Sì ai divi, ma vince chi osa»

22/08/2014 Corriere della Sera - Brescia 10 L' altro Girone

22/08/2014 Corriere della Sera - Sette 11 A Venezia, dove gli italiani sono contestati in partenza

22/08/2014 Corriere della Sera - Sette 14 Il coraggio di raccontare l'ultima giornata di Pasolini . Quando gridò: «Siamo tutti in pericolo...»

22/08/2014 Il Giornale - Nazionale 18 Wim Wenders, Orso d'oro alla carriera

22/08/2014 Il Giornale - Nazionale 19 Sorrentino e Zalone sono i più potenti del 2014

22/08/2014 Il Giornale - Nazionale 20 Così nacque Godzilla, il mostro più amato

22/08/2014 Il Manifesto - Nazionale 21 Bale e Blanchett in «Il libro della giungla»

22/08/2014 Il Manifesto - Nazionale 22 WIM WENDERS

22/08/2014 Il Manifesto - Nazionale 23 Se la catastrofe è risucchiata dalla tv

22/08/2014 Il Manifesto - Nazionale 24 Il Mariachi style conquista l'America

22/08/2014 Il Mattino - Napoli Nord 27 Allen, il fascino segreto di una notte d'amore 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 29 Ciaksigira: la nuova Cinecittà parla bolognese

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 30 ANNA FRANK RACCONTATA DALLA STRISCIA DI GAZA

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 31 Vita segreta di un genio infinito

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 33 Come va a finire? Basta un clic e lo spettatore entra nel film

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 35 IL MIO SADISMO? E' PURO

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 37 Fantascienza,: sms e mail le porta un messaggero

22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica 38 ARLECCHINO E MONTALDO? ALTA DEFINIZIONE DI CINEMA

22/08/2014 Internazionale 39 Lauren Bacall, 1924-2014

22/08/2014 ItaliaOggi 40 CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA

22/08/2014 ItaliaOggi 41 Produzioni film , Rai Cinema distanzia Medusa

22/08/2014 L'Arena di Verona 42 «Italy in a day», una giornata raccontata dai video della gente

22/08/2014 L'Espresso 43 Interstellar svelato

22/08/2014 L'Espresso 46 Sempre più forte

22/08/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Nazionale 49 ZALONE -SORRENTINO LE DUE FACCE D E L L'ITALIA INQUIETA

22/08/2014 La Repubblica - Napoli 50 Il " cinema perduto" di Elvira Cota Notari al festival di Pasolini

22/08/2014 La Repubblica - Nazionale 51 A Venezia il film su Stato-mafia La Guzzanti: non faccio il giudice

22/08/2014 La Stampa - Torino 53 Pescecani e stambecchi al Festival Gran Paradiso 22/08/2014 La Stampa - Nazionale 54 "Travolto dal Pasolini di Abel Ferrara"

22/08/2014 La Stampa - Nazionale 55 La power list del cinema italiano Sorrentino e Zalone ex aequo in vetta

22/08/2014 La Stampa - Nazionale 56 Faulkner, Roth, Leopardi scrittori superstar al Lido

22/08/2014 Libero - Nazionale 58 Il più influente è Checco Zalone

22/08/2014 Libero - Nazionale 59 «Codice Canaletto» con omicidio

22/08/2014 QN - Il Giorno - Nazionale 61 Salvatores e i video -selfie degli italiani: ottimisti, che sorpresa

22/08/2014 QN - La Nazione - Massa Carrara 62 Il film di Andrea al Festival di Venezia

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38 articoli 22/08/2014 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 29 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

AGORA Il mio DIO Nove registi lo raccontano Venezia 2014 Fedi a confronto in "Words with Gods" Il produttore : « Film per il dialogo» LUCA PELLEGRINI

Come in un arcobaleno di fedi, mettendosi dinanzi al proprio Dio, nove registi sono stati chiamati a parlare di Lui. A raccontarlo a modo loro, in totale autonomia. Senza preconcetti, senza paura. Words with Gods (Dialoghi con Dio), che sarà presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, è un progetto nato da un'idea dello scrittore e regista messicano (che firma anche l'episodio conclusivo dedicato all'ateismo) e dal coraggio di due giovani produttori indipendenti, Alex García e Lucas Akoskin. «Qualche anno fa - racconta quest'ultimo - Guillermo mi ha raggiunto facendomi leggere una breve storia che già adombrava questi temi. Uno stimolo, anche perché volevamo affrontare proprio soggetti che era meglio evitare. La religione era uno di questi. Abbiamo deciso subito di produrre un film sulle diverse fedi e credenze religiose». Come sono stati scelti i nove registi? «Con molta attenzione. Per la delicatezza del soggetto avevamo bisogno di punti di vista molto onesti, di registi che fossero già sensibili a questo tema. Per interpretare la spiritualità aborigena, ad esempio, era necessario avere un regista aborigeno e abbiamo trovato Warwick Thornton, cui è stato affidato il primo episodio, che si svolge nel deserto australiano e ha come protagonista una donna che sta per partorire. Abbiamo anche cercato registi che provenissero da una diversa area geografica e culturale». I registi interpellati hanno posto qualche condizione? «Tutti e nove sono onestamente legati al loro lavoro e ogni episodio li rappresenta bene. Noi ci siamo limitati a dar loro un budget e delle linee guida, loro hanno poi lavorato in totale libertà e senza mai incontrarsi. Hanno deciso di partecipare non per denaro, ma per un sincero coinvolgimento. Girare è stato molto complesso anche perché ogni episodio si svolge in un luogo diverso della terra, per esempio quello di a Mumbay, di in Giappone nei luoghi dello tsunami del 2011, di in Israele». In un periodo storico segnato tragicamente da divisioni e intolleranze religiose, questo progetto va ritenuto anche una sfida? «Non lo inquadrerei come una sfida, eccetto che per l'intolleranza. Il film è piuttosto un invito a considerare il valore di esperienze religiose universali diverse e a condividere, attraverso il potere di storie bellissime e dei personaggi che vi sono coinvolti, la nostra umanità. Direi che addirittura invita a mettere in moto in ogni spettatore messo a confronto con queste "diversità radicali", una forma di pacifica e sincera accettazione, così da creare una riflessione collettiva e un dialogo rispettoso. Per questo contatteremo i rappresentanti delle religioni e delle culture mondiali perché ci aiutino a presentare il film in contesti che aiutino il dialogo». È convinto che sia anche uno stimolo per sviluppare una discussione sul pluralismo religioso? « Words with Gods contiene nove diverse fedi basate su esperienze personali e raccolte in un unico lavoro di cinema. Il film stesso è un'armoniosa coesistenza. In un periodo in cui l'intolleranza produce gesti di disumana violenza, cosa può fare un piccolo film? Può riempire quella fessura tra apatia e comprensione, mettendo una vicina all'altra persone diverse per condividere una bella esperienza. Lo consideriamo una goccia che, nella marea delle guerre, delle tragedie e delle follie umane, rinforza il fiume della pace». Affidare l'episodio dedicato al cattolicesimo a un regista visionario come Àlex de la Iglesia non la ritiene una scelta volutamente provocatoria? «Alex ha studiato filosofia alla prestigiosa Università cattolica di Deusto in Spagna. Ha un forte retroterra culturale cattolico, nel suo episodio ha utilizzato una struttura narrativa dal forte sapore ironico, quasi da commedia, per toccare questioni importanti come la fede e il perdono. Ha spiegato che avrebbe voluto parlare non del mistero, non dei riti, ma di ciò che lui ammira maggiormente nel cattolicesimo: l'atto di perdonare. Certo sorprenderà non poco come lo racconta». L'islam è al centro di grandi contrasti al suo interno e di spaventosi atti di violenza: l'episodio girato da Ghobadi che cosa dice al mondo musulmano? «Ciò che amo del segmento di Bahaman Ghobadi, regista iraniano di etnia curda che a motivo della censura

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 5 22/08/2014 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 29 (diffusione:105812, tiratura:151233) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

si è autoesiliato dal suo paese, è l'accessibilità immediata della storia e il ruolo che in essa ha un bambino saggio che cerca di aiutare gli adulti a dare un senso al mondo. La storia rende onore all'islam e contemporaneamente esplora lo sforzo umano teso a condurre una vita moralmente integra, difendendo il valore delle antiche saggezze».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 6 22/08/2014 Brescia Oggi Pag. 40 (diffusione:16000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

CINEMA . Arriva alla Mostra di Venezia fuori concorso il «social film » che illustra cosa è avvenuto il 26 ottobre 2013 «Italy in a day», una giornata raccontata dai video della gente

Alcuni fotogrammi di Italy in a day e il regista Gabriele Salvatores Un giorno da italiani, vite felici o in crisi, nascite e matrimoni, un pranzo in famiglia, un bacio, un tramonto, un ciao dallo spazio o da dietro le sbarre. Scegliere tra i 44.197 video ricevuti da chi ha accettato l´invito di girare un filmato durante le 24 ore del 26 ottobre 2013 non è stato per niente facile. Al lavoro ci si è messo il premio Oscar Gabriele Salvatores e la squadra di Indiana Production con Rai Cinema. È venuto fuori il primo film collettivo e social: Italy in a day. E la Mostra del cinema di Venezia, attenta ai cambiamenti di linguaggio, ci ha creduto e lo ha scelto per il fuori concorso, in cui passerà il 2 settembre. Lorenzo Gangarossa ha adattato per l´Italia l´idea già sviluppata dalla Scott Free di Ridley Scott e Liza Marshall ed è tra i produttori con Fabrizio Donvito, Marco Cohen, Benedetto Habib. «È una sorta di primo censimento audiovisivo, a giudicare dalla quantità di persone che ci hanno raccontato il loro giorno in Italia. Un materiale ricco e potente che ci ha emozionato e commosso» dice Gangarossa, «il film che si vedrà a Venezia e poi in sala distribuito da 01 è un racconto di 76 minuti che misurano in qualche modo la temperatura emotiva del paese». Gangarossa racconta come alle domande proposte come tracce per i video - di cosa hai paura, che Italia stai vivendo, cosa ami - abbia risposto «una moltitudine eterogenea di persone. Non solo giovani, come si potrebbe pensare, ma persino ottantenni con la voglia di raccontarsi. E tutti con racconti profondi anche quando sono episodi allegri». Insomma ci si è anche un po´ stupiti della bellezza di queste 2200 ore di immagini che una squadra di selezionatori coordinata dai montatori Massimo Fiocchi e Chiara Griziotti ha avuto tra le mani, una sorta di diario emotivo, censimento dei pensieri degli italiani - tantissimi i nuovi italiani, i G2 italiani di seconda generazione ancora senza cittadinanza ma connazionali «di fatto» - quasi uno psicodramma collettivo, sincero e senza filtri. «Un social movie», come si è voluto definire. Dice Gabriele Salvatores: «Ho trovato molto emozionante, istruttivo e interessante questo esperimento, realizzabile solo oggi con i media di cui disponiamo. Sono stato quello a cui migliaia di persone affidavano il loro "message in a bottle". Ci voleva rispetto, attenzione. Ma anche la coscienza del proprio ruolo». Molte le curiosità, come il video mandato dall´astronauta Luca Parmitano o le immagini girate dai detenuti del carcere di massima sicurezza di Bollate. «Abbiamo avuto un accordo con il ministero di Grazia e Giustizia, siamo andati lì dentro e spiegato ad alcuni di loro come realizzare il video. Gli abbiamo lasciato le videocamere e si sono raccontati». Tante le cose potenti arrivate alla redazione come la storia di un medico «meraviglioso» e quella di un collaboratore di giustizia. Ardua la selezione: «Ci siamo mossi inserendo i tag degli argomenti ad ogni video arrivato e poi scegliendo l´arco della giornata che volevamo raccontare per intero, la varietà dei luoghi italiani da Pantelleria a Bolzano, le risposte alle domande che avevamo posto e le sequenze legate agli eventi importanti della vita. Siamo arrivati ad una superselezione fino ai 76 minuti». E il resto? «Italy in a day è un progetto aperto, contiamo di svilupparlo», risponde Fabrizio Danvito. Che Italia viene fuori? «Sofferente ma creativa e piena d´energie», conclude Gangarossa.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 7 22/08/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'intervista Il presidente della Biennale lancia la Mostra di Venezia: «In futuro la sfida arriverà da Oriente, noi dobbiamo riuscire a coniugare ricerca e tradizione» La scommessa del Festival «Sì ai divi, ma vince chi osa» Baratta: la sorpresa è il Palazzo del cinema rinnovato Giuseppina Manin

«La sorpresa della Mostra? Un nuovo Palazzo del Cinema» annuncia Paolo Baratta, presidente della Biennale. Quand'è successo? Spuntato in una notte? «No, in quattro anni di paziente e serio lavoro di risistemazione. Prima la sala Grande, poi la Pasinetti, la Zorzi, la Volpi... La nuova del Casinò e il Palabiennale. E adesso la sala Darsena. La più grande di tutte, 1.400 posti, ottime poltrone, tecnologie all'avanguardia. E persino un ponticello interno che la collega alla Sala Grande, così che le delegazioni dei film si possono trasferire dall'una all'altra. Siamo a 5.165 posti complessivi, 90% dei quali completamente rinnovati. Di fatto un nuovo Palazzo». Usando la struttura storica del 1937... «Mantenendo lo charme della sala più antica del mondo, ma restaurando le strutture, ora funzionali alle esigenze di un festival del Terzo millennio». Costi? «Sette milioni di tasca nostra per la Grande e gli altri spazi, sei dal Comune per la Darsena. In tutto 13 milioni. Con altrettanti potrebbe essere risistemato anche il Casinò». Inezie rispetto ai 100 e passa previsti per il Palazzo che doveva sorgere nell'area a fianco. Sterminati 132 alberi, scoperto che sotto c'era l'amianto, quel che resta è un «Palabuco». «Tra scavi e bonifiche, 37 milioni... Tutti finiti nel "buco". Con molto meno siamo riusciti a mettere a punto una struttura meno faraonica e più elastica. È la più bella operazione di spending review fatta in Italia». Ma qual è oggi il ruolo di un festival internazionale? «Molto diverso rispetto a quello che resiste nell'immaginario, costruito su star e glamour. I festival hanno cambiato pelle: quelli della fascia autunnale sono diventati il trampolino per i Golden Globe e l'Oscar. Sono 5 ad avere questa funzione: 3 di prima categoria, Venezia, Toronto, Telluride, 2 di seconda: New York e Los Angeles. Il solo fuori dagli Usa è Venezia. Vedremo nella prossima decade gli effetti di un mercato spostato a Oriente: in India, Cina, Corea. I nuovi festival fioriranno là». L'Europa è quindi destinata a passare la mano? «No. Qui abbiamo tradizione e qualità imprescindibili. Ma il gioco è diventato grande. Per reggerlo occorrono affidabilità, qualità, coraggio nelle scelte. Una buona reputazione, insomma. Dopo la scorsa edizione ho ricevuto mail da autori e produttori che si complimentavano per l'ottima qualità delle proiezioni e dell'accoglienza al Lido. Questo conta». E il glamour? E le star? «Restano il sale e il pepe... Ma mi pare più stimolante scoprire i divi di domani che riproporre i soliti noti. La Mostra del Cinema è luogo di ricerca, di scoperte». Un sogno per la prossima edizione? «Due. Il primo, completare il sistema Educational. La Biennale College offre a giovani talenti di tutto il mondo quegli strumenti di formazione che spesso mancano. Il paradosso italiano è che mentre crollano gli spettatori c'è il boom dei film: 150 arrivati in visione alla Mostra, metà di quelli prodotti e finanziati. Che in gran parte non si vedranno mai. Una frustrazione per la giovane generazione. Uno spreco in tutti i sensi». E il secondo sogno? «È più ambizioso... Convincere chi di dovere che la Biennale è l'approdo delle migliori energie di teatro, danza, musica. Tre discipline per le quali riceviamo complessivamente 1 milione e 300 mila euro l'anno. Basterebbe poco di più, diciamo 5 milioni, per rimettere l'Italia nel circuito mondiale dell'eccellenza. Gli

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 8 22/08/2014 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

strumenti ci sono, i talenti anche. Ma al momento devo tenere tutto a velocità minima. E' come avere una Ferrari e non poter andare più di 30 all'ora». © RIPRODUZIONE RISERVATA Al Lido Il programma Apre la mostra il 27 agosto Birdman or di Iñárritu. L'ultimo film è di Konchalovsky, Belye nochi pochtalona Alekseya Tryapitsyna , il 5 settembre Gli spazi Sopra, il rendering del nuovo Palazzo del Cinema a Venezia, restaurato negli ultimi 4 anni con un investimento di 13 milioni di euro Foto: In gara Barbora Bobulova, 40 anni, in una scena di «Anime nere», diretto da Francesco Munzi, in concorso a Venezia Foto: Ha detto Foto: Abbiamo investito solo 13 milioni, è la più bella operazione di spending review Foto: Con qualche fondo in più danza, teatro e musica non sarebbero una Ferrari da 30 all'ora

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 9 22/08/2014 Corriere della Sera - Brescia Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'intervista L' attore a Brescia per girare il film Rosso Mille Miglia. Nel cast anche la moglie, Victoria Zinny: «Nessuna lite sul set, lei ormai mi conosce, sa che ringhio ma sono buonissimo» L' altro Girone Alessandra Troncana

Portategli un cache-col. «Il mio personaggio non è tipo da cravatte». Remo Girone ordina il secondo caffè. «Parliamo del film?». Prego. Rosso Mille Miglia, regia di Claudio Uberti. Lui è Nobile «di nome e di fatto: sono il papà di Martina Stella. Francesca Rettondini è mia moglie, ma l'ho sposata solo per soldi». Girone sta all'hotel Vittoria, stanza 116. Inizia a girare martedì. Fa il buono, è una notizia. «Voi altri dite sempre così, ma guardi che l'ho fatto decine di volte, il buono. Fuggo dai ruoli convenzionali, piuttosto. Mi appiccicano la faccia del perfido, forse perché sono aggressivo, ma è una montatura. Mia moglie Victoria, che recita con me, lo sa benissimo». Passa un signore. «Una foto?». Certo, piacere, cheese . Guardi che si fredda il caffè. «Dicevamo?». Dove sta andando la tv? «A produttori e dirigenti manca la fantasia. Resta solo al pubblico. Va bene per gli attori giovani, così si mettono in mostra. Ma non è una scuola». Meglio cinema e teatro? «La Piovra non la vedi su uno schermo grande, in cui bisogna stare attenti alle sfumature, essere più leggeri. A teatro è il contrario: devi arrivare all'ultima fila. Caricare il personaggio, non so se mi spiego. Il cinema ruba qualcosa della tua vita». A vent'anni ha avuto la depressione. «In verità ne avevo 25, o giù di lì. Ero in scena con Ronconi, dovevo interpretare uno dei due protagonisti di Utopia . Niente, non ce la facevo». Ti diamo un altro ruolo, gli dissero. «E io ho pensato di aver sbagliato mestiere. Alla fine, però, quel periodo mi ha aiutato. Non sono uno che dà colpe agli altri, ho riflettuto su me stesso, sono riuscito a capire dove sbagliavo». Cioè? Ride. «Quando penso che un ruolo sia perfetto per me, mi esce peggio». Il teatro se la passa male. «Quando ho iniziato io ti pagavano sette giorni su sette, anche se non avevi il cerone in faccia. Adesso i soldi li vedi solo se stai sul palco, e spesso i Comuni ti scritturano, ma non ti pagano». E i ruoli? C'è mai stato un personaggio che non è riuscito a fare? «Direi di no. Negli anni ho capito che se interpreti un ruolo che ha già fatto un grande attore non sbagli, anche se lo farai peggio di lui. I personaggi brillanti, ad esempio: ci sono portato. E adesso non le dico niente ma ne ho in ballo un altro». Ha spento la tv? «Mah. Le nostre fiction, ormai, sono pensate per il mercato interno. Alle produzioni internazionali hanno messo i titoli di coda. Vado pazzo per certe serie svedesi e israeliane. Gli americani le copiano. In questo periodo non riesco a staccarmi da True detective : le miniserie, rispetto al cinema, permettono di sviluppare meglio il personaggio, di farlo evolvere nel tempo. Mia mamma guarda solo Beautiful ». Ha recitato con Toni Servillo. «Lo stimo moltissimo, è uno che ha sempre puntato in alto e non ha mai fatto tv. Non si è adattato». In Rosso Mille Miglia recita con sua moglie, Victoria Zinny «che poi sarebbe l'amore della mia vita. Anche nel film, intendo». Scenate sul set? «Si figuri. Gliel'ho detto, no? Lei è l'unica che sa: ringhio, ma sono buonissimo». Le auto della Mille Miglia le ha viste una mattina, a Roma, era l'alba e prendeva il caffè. «A Brescia mai. Ma sono stato qui anni fa, al Teatro Grande, facevo Raskolnikov in Delitto e castigo ». Dicono si sia perso una notte alla ricerca dei casoncelli... © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Pausa caffè Remo Girone, 65 anni, ai tavolini dell'Hotel Vittoria; l'attore è in città per girare «Rosso Mille Miglia» Foto: Cattivo, io? No, solo un po' aggressivo. E poi mi sto rifacendo con ruoli brillanti

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 10 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 34 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Storia di copertina / 2 Il critico anticipa quel che vedremo alla 71esima Mostra del Cinema A Venezia, dove gli italiani sono contestati in partenza Da Leopardi alla "trattativa" della Guzzanti, le pellicole di casa nostra sono confezionate per creare polemica. Ma accuse e sbadigli preventivi potrebbero essere smentiti. E intanto soffa un nuovo vento dall'Est Claudio Carabba

Prima che la festa cominci, un festival del cinema è una sorta di "terra di mezzo", piena di presunte meraviglie, di incognite, e anche di trappole insidiose. Zona diffcile, in cui è arduo orientarsi. Così, dovendo presentare il cartellone della Mostra di Venezia 2014, ormai prossima al via (dal 27 agosto al 6 settembre), con una ventina di flm in gara per il Leone d'oro e tante sezioni collaterali, mi sento come JachinBoaz, il protagonista di un romanzo che mi è caro, intitolato guarda caso La ricerca del leone, scritto dall'americano Russell Hoban nel 1973. Dunque questo Jachin per vivere comprava e vendeva mappe, e talvolta le disegnava lui stesso. Alle pareti del suo negozio «si vedevano lustri oceani azzurri, paludi e praterie verdi, montagne dalle delicate ombreggiature color bruno e arancione...». Insomma, mondi immaginari (da lui non conosciuti) in cui era bello smarrirsi. Allo stesso modo, i flm proposti da Venezia 2014 offrono infniti panorami internazionali, storie di amore e di guerra, di furore e di repressione, di passioni e profonde solitudini. I press- book e le anticipazioni in rete forniscono sintetiche trame e labili indizi. Il tutto dovrebbe indurre i recensori professionisti alla prudenza, né lodi eccessive né anatemi, staremo a vedere cosa accadrà domani. Invece sin dalla fne di luglio (quando il direttore Barbera ha presentato il programma) si sono subito accesi piccoli fuochi polemici: manca questo e manca quello (di solito si lamentano le assenze di appetibili flm americani); e specialmente si è scatenata una sorta di strana guerra intorno alla selezione italiana (in concorso e no). Sfatiamo i pregiudizi. La nostra "nazionale" è in effetti ad altissimo rischio (è capitato anche nel calcio ai Mondiali) con varie proposte ai limiti dell'impavido azzardo. Cominciamo dai tre (più uno, come vedremo) in corsa per il Leone d'oro. Fischi e sbadigli preventivi si sono abbattuti specialmente sul Giovane favoloso, fanta-racconto di Mario Martone sulla breve e inquieta vita di Giacomo Leopardi (Elio Germano sullo schermo ). I più pessimisti si sono immaginate lente passeggiate verso il colle dell' Infnito, infantili scherzi con la sorella Paolina (Isabella Ragonese), giochi di sguardi con la dolce Silvia ridente e fuggitiva, colpi di tosse e golosi gelati insieme all'amico napoletano Antonio Ranieri (Michele Riondino) quando ormai Giacomo era triste, malato, e prossimo alla fne. Ora magari davvero ci dovremo sorbire un lento sceneggiato di questo tipo. Ma prima di dirlo, magari sarà il caso di vederlo. Perché Martone, che ha una lunga esperienza di cinema e teatro alle spalle, studia l'opera di Leopardi da qualche anno, ha già portato a teatro un attento allestimento delle Operette morali (con i brani su Federico Ruysch e le sue mummie e quello, bellissimo, fra Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez come pezzi forti), e sembra aver studiato con passione il perenne dibattito critico sugli appassionati testi leopardiani, in linea con le interpretazioni più "progressiste" (dal floso Luporini a Walter Binni, in giù), che puntarono sul superamento degli stereotipi sul dolore e la natura matrigna, preferendo guardare la tensione ribelle e quasi sovversiva dello scrittore del civile dialogo contro il suicidio fra Plotino e Porfrio (dalle Operette morali) o della metafora lirica ribollente della Ginestra che cresce sulle pendici del vulcano. Al limite, dopo la visione, sarò fra gli spettatori più arrabbiati, ma al momento ho voglia di affrontralo senza pregiudizi, questo spericolato esercizio cine-poetico. Più prudenza e fduciosa attesa ci sono intorno agli altri due titoli autarchici in concorso ( Anime nere di Francesco Munzi e Hungry Hearts di Saverio Costanzo) ma grida e forti perplessità ha subito provocato l'insolito Pasolini (il "più uno" della formazione italiana), ritratto dell'artista corsaro, fra campi di calcetto, sudati testi e corsa verso la morte, proposto dall'americano Abel Ferrara. Ora, Abel è uno degli autori più pazzi e discontinui del mondo, uno capace di passare dalle indagini pericolose del Cattivo tenente alla vita di Maria Maddalena ( Mary ), da esemplari classici neri ( King of New York, Fratelli) a incredibili bufale: insomma non sai proprio che cosa aspettarti da lui; prima di scagliare le pietre, sarà consigliabile vedere cosa è venuto fuori dal suo incontro postumo con l' autore del Vangelo secondo Matteo ( leggi Roberto Cotroneo a pag. 28). Polemiche dietro l'angolo. Per non

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 11 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 34 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

farsi mancare niente, il pur sereno Barbera ha inflato fuori concorso, o nella sezione Orizzonti, altri titoli da dibattito-rissoso: La trattativa, della brillante e "pericolosa" Sabina Guzzanti, sul travagliato (e un po' angoscioso) processo che si sta svolgendo a Palermo sui possibili rapporti tra Stato e mafa ai tempi delle stragi più sanguinose (Falcone, Borsellino, gli Uffzi di Firenze...) e l'ironico Belluscone, una storia di sinistra, scritto e girato da Franco Maresco con la collaborazione di Tatti Sanguineti; il quale si presenta anche come autore in proprio col capriccioso Giulio Andreotti - il cinema visto da vicino, analisi sul rapporto (non solo censorio) fra il "divo" e i maggiori maestri italiani, da certe celebri massime da dopoguerra contro il neorealismo («i panni sporchi vanno lavati in casa») sino alla parabola grottesca e allegorica di Sorrentino. Altri italiani interessanti sono sparsi nei sentieri collaterali della Mostra (le Giornate degli Autori, la Settimana della Critica), ma adesso, per non chiudersi in una sorta di ultranazionalismo, sarà meglio tornare ai titoli in concorso, che saranno giudicati dalla giuria presieduta dal musicista francese Alexandre Desplat, specialista in colonne sonore (fra gli altri giurati ci saranno Carlo Verdone, comico ma anche studioso di cinema, e la "iena americana" Tim Roth). Non potendo parlare di tutti, pesco secondo i miei gusti. La selezione americana per la verità non pare di primissimo richiamo. Qualcuno ha preferito andare altrove (Toronto, New York) e comunque non è che Hollywood viva giorni splendidi. Si parte subito (all'inaugurazione) con l'ultima opera di un viaggiatore apolide ormai adottato dagli Usa, Birdman, dell'estroso Alejandro Iñárritu. Il tono è da commedia e la trama pare carina. Un attore egocentrico, famoso per aver recitato in un kolossal da supereroi (è Michael Keaton, forse nella parte di se stesso, essendo stato l'oscuro Batman secondo Tim Burton), sta cercando nuove vie e lavora alle prove per una commedia a Broadway. Niente sarà facile, anche per l'assedio di amici e parenti. Allettante il cast con Edward Norton, Emma Stone e altri. Ancora dall'America ecco Manglehorn di David Gordon Green, col vecchio Al Pacino nella parte di un ex detenuto che spera in una tranquilla senilità; ma il passato non si cancella mai. Tormenti e rimorsi animano anche Ethan Hawke, nella parte di un pilota di droni guerrieri (contro i Talebani) che a un certo punto si domanda se ha senso continuare a uccidere in Good Kill del "fantascientifco" Andrew Niccol. Le atrocità del mondo arrivano anche da Paesi più lontani: in The Cut, Fatihi Akim parte dal genocidio degli armeni compiuto dai turchi nel 1915 e segue l'odissea di un sopravvissuto che viaggia per deserti e praterie, dalla Mesopotamia al Nord Dakota, per ritrovare le fglie perdute. È il terzo atto di una sorta di trilogia "dell'amore, della morte e del diavolo", aperta dieci anni fa da La sposa turca e continuata con Ai confni del Paradiso. Ottime voci accompagnano anche Sivas, di un altro turco, il giovane Kaan Mujdec, storia di un ragazzino di undici anni e del suo cane da combattimento sullo sfondo della steppa. Sangue e dolore sono proposti anche in Loin des hommes: qui David Oelhoffen, partito da un racconto di Camus, narra l'Algeria del 1954 col duro Viggo Mortensen sperduto fra le montagne dell'Atlante. Solitudine e lande desolate sono il paesaggio anche di The Postman's White Nights dell'esperto Andrej Konchalovsky: qui siamo nella Russia più sperduta e un postino è l'unico collegamento umano tra villaggi remoti e soli. Ancora mondi crudeli e senza pietà: in Tales, Rakhshan Bani E'temad guarda senza remissione le ingiustizie dell'Iran contemporaneo (burocrazia soffocante, droga, prostituzione) mentre i crimini e le stragi dell'Indonesia sono narrati con stile documentario dal danese Joshua Oppenheimer in The Look of Silence. Le guerre di un tempo, la seconda mondiale per la precisione, sono riviste da Shinya Tsukamoto con gli occhi di un soldato giapponese sperduto nelle Filippine che tenta di sopravvivere e mantenere le regole dell'onore nel caos cruento degli ultimi giorni del confitto. Dolori privati e piccoli misfatti sono narrati anche dai francesi in concorso. Quello che al buio mi è più antipaticio è il sentimentale Tre cuori: Benoit Jacquot riunisce tre donne pericolose (Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni e l'indelebile Catherine Deneuve, che paura...) intente alla caccia di un unico uomo desiderato. Invece, in Le dernier coup de marteau, Alix Delaporte segue i turbamenti di un ragazzino alla ricerca del padre (vanitoso direttore d'orchestra) che non ha mai conosciuto. Ancora più stravagante (ma in parte vera) è la storia proposta da Xavier Beauvois. Sul lago di Ginevra un ex detenuto senza soldi e lavoro vuole rubare il cadavere di Charlie Chaplin, appena morto, per chiedere il riscatto alla ricca famiglia. Il tono stilistico pare più leggero e surreale in A Pigeon sat on a Branch reflecting on existence dello svedese Roy Andersson: due

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 12 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 34 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

commessi viaggiatori persi nel loro malinconico lavoro quotidiano si interrogano sul senso della vita e del destino umano. I "classici" per tirarsi su. A raccontarlo così il quadro veneziano non sembra troppo allegro, ma forse la colpa non è degli autori ma dei tempi bui che stiamo attraversando. La rabbia e la miseria, "l'urlo e il furore" scandirono per la verità anche il secolo scorso. Se lo è ricordato anche James Franco, che in The sound and the fury, cerca di trasformare in immagini il più grande romanzo di Faulkner (1929). Un'impresa ardua e quasi disperata che nel lontano 1959 portò al fallimento il drammatico Martin Ritt, che pure era uno specialista dei caldi Stati Uniti del Sud. E se poi il quadro contemporaneo ci avrà abbattuto troppo, ci si potrà consolare con una dotta retrospettiva sui classici ritrovati, che si aprirà sotto il segno di Truffaut e l'agra dolcezza dei suoi quattrocento colpi. La nostra "nazionale" è ad altissimo rischio, con proposte ai limiti dell' impavido azzardo. In concorso anche Anime nere, Giovane favolosoe Hungry Hearts Tra fantascienza e sorrisi, un tris femminile e un "favoloso" Leopardi 1Al Pacino in una scena di Manglehorn, per la regia di David Gordon Green. 2Micheal Keaton (qui con Edward Norton), protagonista di Birdman (o Le imprevedibili virtù dell'ignoranza) di Alejandro G. Iñárritu, flm che aprirà la Mostra. 3Elio Germanio nel ruolo di Giacomo Leopardi nella pellicola Il Giovane favoloso di Mario Martone. 4Tris di donne per Tre cuori di Benoit Jacquot: Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve e Charlotte Gainsbourg. 5Una scena di Good Kill del "fantascientifco" Andrew Niccol. Sanguineti si presenta con il capriccioso Giulio Andreotti , analisi sul rapporto fra il "divo" e i maestri del cinema, dalle celebri massime alla parabola grottesca di Sorrentino Foto: Dalle stragi ai genocidi, frammenti di realtà 1Il flm The Cut di Fatih Akin, che racconta un oscuro viaggio di sopravvivenza durante il genocidio degli armeni. 2Aurora Quattrocchi e Peppino Mazzotta, protagonisti di Anime nere dell'italiano Francesco Munzi. 3Un frame di Loin des hommes di David Oelhoffen, con Viggo Mortensen sperduto nelle montagne dell'Algeria. 4Il giovane protagonista di Sivas, del turco Kaan Mujdec: è la storia di un undicenne e del suo cane da combattimento. 5Una scena di The Look of Silence, atteso documentario del danese Joshua Oppenheimer sulle stragi in Indonesia.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 13 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 28 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Storia di copertina / 1 Willem Dafoe alla Mostra di Venezia è il poeta, scrittore e regista Il coraggio di raccontare l'ultima giornata di Pasolini . Quando gridò: «Siamo tutti in pericolo...» Roberto Cotroneo

Moviola incompiuta. Willem Dafoe (Applet (dal 27 agosto al 6 settembre prossimi). Ormai sono passati più di vent'anni. Nel salottino della hall dell'Albergo del Sole, proprio sulla piazza del Pantheon a Roma, Paolo Volponi beveva la sua acqua e parlava con malinconia. Era ormai un appuntamento fsso, una volta alla settimana, lui scendeva da Urbino perché era senatore e mi chiamava sempre. Pranzo da Fortunato e poi due chiacchiere al suo albergo. Quel pomeriggio era in vena di ricordi più del solito: «Ho ancora davanti lo sguardo di suo padre. Severo, rigido, duro. Eppure con una dolcezza e un orgoglio che non voleva mostrare troppo. Pier Paolo mi aveva chiesto di portare io al padre il premio che aveva vinto, la prima volta che vinse un premio letterario, credo si chiamasse Premio Angelo. E io che avevo quasi la stessa età di Pier Paolo presi il treno e arrivai a casa Pasolini, a dire che il fglio era diventato un poeta. Che sguardo che aveva quel padre. Non fniva più di ringraziarmi». È il 1947. Pasolini ha 25 anni. Volponi ne ha due di meno. Sono amici. E in Italia comincia una lunga storia. Una storia di scrittori e di speranze. Di cultura e di progresso. Ma anche una storia già incerta. Controversa. È l'inizio di un cammino, il principio di una leggenda italiana, che è quasi sacra, nel suo ritrovarsi di continuo in chiunque voglia attraversare la storia di questa Repubblica. Pasolini è tutto. È l'intellettuale, è il giornalista, il regista del cinema, lo scandalo, l'omosessualità senza tabù, la scrittura, la società letteraria, la preveggenza, il presagio del dramma, la lucidità intellettuale e la passione, l'invettiva e la dolcezza, il poeta maledetto e l'appassionato di calcio, l'uomo di lettere raffnato e il pugile dilettante, il visionario e lo sconftto. Se la fotografa, come qualcuno sostiene, rivela l'animo delle persone, prima ancora dei lineamenti fsici, allora nelle foto di Pasolini quell'anima c'è tutta. Tutte ti impressionano: da quelle antiche a Casarsa fno alle ultime, di fotograf che andavano a indagare con l'obbiettivo quell'uomo schivo e fuviale nel modo di essere. Pasolini è il dramma del rapporto tra potere e poesia, è la vittima di Macbeth ed è Amleto. Denuncia il marcio in Danimarca, ma con i toni di Re Lear. È forte e debole. E conosce la sua fne come un santo laico, pronto al sacrifcio. Solo due americani, diversi uno dall'altro, ma uniti da un'intesa profonda come Abel Ferrara e Willem Dafoe potevano osare tanto. Girare questo flm, intitolato Pasolini, senza soggezioni. Solo Dafoe poteva riuscire ad assomigliargli tanto. E solo Ferrara poveva rompere i cardini ideologici che ci legano a lui. Il flm inizia e fnisce nell'ultimo giorno di vita di Pasolini: quel primo novembre 1975 che inizia con la fne del montaggio del suo ultimo flm, Salò, e poi con l'intervista con Furio Colombo che a rileggerla oggi è agghiacciante. Ci sono le ultime ore con la madre, con i suoi cari, c'è quell'uscire di notte con un'inquietudine randagia; l'idroscalo, il massacro. Ci sono queste cose, e c'è Pier Paolo che scrive Petrolio, alcune pagine, forse le più visionarie. Queipeccaticosìcoraggiosi. Ma non ci sono complotti, teorie, Dafoe parla con lentezza, il suo sguardo è straordinariamente somigliante a quello di Pasolini, niente è fuori posto: la macchina per scrivere, i giornali, le tazzine del caffè, gli amici, la sua Alfa Romeo, il suo modo di parlare. Ancora una volta dobbiamo rassegnarci: gli uomini che capiscono, che intuiscono il futuro sono uomini normali, sono uomini che sanno che serve a poco, che non bisogna far altro che prenderne atto. La passione di Pasolini è tutta dentro il suo rasoio di Ockham, è la sua capacità di vedere, senza poter incidere, senza poter cambiare le cose. Dopo quel novembre del 1975 per l'Italia sarà una frana politica, sociale e culturale di proporzioni gigantesche, non l'avrebbe fermata neanche Pasolini con i suoi Scritti corsari. C'erano solo da capire delle cose più segrete, più arcaiche e più indicibili dell'identità del nostro Paese: il fascismo eterno, il potere, il controllo delle cose, il denaro, il cancro della dissolutezza quando si erge a virtù e si fa ipocrisia. Da anni leggiamo Pasolini e non sappiamo deciderci se fosse lucido o visionario. Se sapesse capire attraverso il distacco e la distanza, o se invece attraverso la passione e le ferite dell'anima. Non sappiamo dirci quanto le sue poesie, meravigliose, soprattutto quelle friulane, gli

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 14 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 28 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

risuonassero nella testa mentre cercava tra la Stazione Termini e piazza Esedra i ragazzi di vita, per strapparsi di dosso quell'eleganza formale e intellettuale e trasformarla in disperata vitalità, come l'avrebbe chiamata lui. Non sappiamo decidere, in questo Paese irrisolto e demagogico, se Pasolini fosse martire e santo, con tutte le sue reliquie che portiamo con noi sotto forma di flm, di libri, di parole, o se invece - come ha fatto Ferrara in questo flm - dobbiamo spargere le sue ceneri un po' più in là, magari su quel mare di Ostia dove è andato a morire assassinato. Ceneri di Pasolini e ceneri di Gramsci, le stesse, le uniche possibili. Dimenticando per anni tutto il resto. Dimenticando che fu espulso dal Pci perché omosessuale, e fu allontanato dall'insegnamento. Lo abbiamo portato in processione per lavarci dai nostri peccati attraverso i suoi: così evidenti, così lontani da quelle vite normali di tutti, quei peccati così coraggiosi. Ma il coraggio di Pasolini era quello di voler sapere e di capire: con misura, con chiarezza, con rigore. Era il rigore senza moralismo. In un Paese dove invece il rigore è sempre stato sostitutivo della morale. Stendardi di tutte le rivoluzioni. Willem Dafoe, che è lontano dal nostro modo di leggere Pasolini, mi dice una cosa interessante: «Non riesco a immaginare un'altra fgura intellettuale così completa dal punto di vista artistico, in grado di attraversare la cultura in modo così intenso, e la politica, e la società. Pasolini può ancora aprire la mente e gli occhi al nostro tempo». Ha certamente ragione. Ma pensando a Pasolini non riusciamo a staccarci da questo. Non riusciamo a non chiedergli qualcosa: di aprirci gli occhi, di aiutarci a capire, di raccontarci quello che ha visto. Come si fa con un veggente capace di sapere il nostro destino e il nostro futuro. Come la Sibilla di Cuma che apre il poema più importante del Novecento, quella Terra desolata del poeta Eliot scritta proprio nell'anno di nascita del poeta Pasolini. E sarà sorprendente per il pubblico, a cominciare da quello che lo vedrà per primo al Festival di Venezia, scoprire un Pasolini come questo di Dafoe e Ferrara. «Ho cercato di abitare la sua mente», mi dice Dafoe. Ci è riuscito benissimo. Nel flm i suoi gesti sono misurati, le parole lente, e la forza viene da quello che è stato e da quello che non potrà più diventare. In quel giorno Pasolini fa le ultime cose prima di morire, come sapesse di partire. Ma senza doti medianiche, senza quell'aura poetica che tutto mostra, che tutto vede. Nella tradizione classica Omero è cieco, perché il poeta ha un altro modo di vedere le cose. Mentre il Pasolini di Dafoe vede e aspetta, capisce e si rassegna al mondo ma anche a se stesso. Quando porta Pino la Rana, che si accuserà dell'omicidio, al ristorante Biondo Tevere, poche ore prima della tragedia dell'Idroscalo, sembra quasi imbarazzato, intimidito e dubbioso. Un Pasolini incerto, noi che lo vogliamo invece deciso a tutto. Uno che non indietreggia e che ha preso gli stendardi di tutte le rivoluzioni, contro il potere, contro le discriminazioni, contro i fascismi imperanti, e i moralismi, contro le globalizzazioni e le modernità che annichiliscono culture e identità. Gli eroi stanno sempre sulle barricate. Abbiamo lasciato lui, sulla sua ultima barricata. Annichiliti e ammutoliti da tanto orrore di quella morte, ma al tempo stesso pronti a trar linfa da quella indignazione per elevare a simbolo quelle sue foto scavate e pensose, vere e silenziose, che avevano dentro tutta la sua solitudine e tutte le sue incertezze, le sue indecisioni e i suoi pudori. Ma quelli non erano i tempi di indecisioni e di pudori, non erano tempi di ripensamenti. Quelli erano tempi di sangue. Tra il 1974 e il 1980 è stato quasi solo questo. E Pasolini non era adatto alla rivoluzione. Era un maestro, non un cattivo maestro. Era un poeta, non un flosofo della guerriglia. Era un corsaro, e le ideologie non sono mai corsare, anzi, temono i corsari. Tutti in pericolo. «Il primo testo di Pasolini che ho letto era un libro di poesie, in italiano con testo a fronte in inglese», dice Dafoe. «È stato il primo regalo che mia moglie Giada mi ha fatto. Sono rimasto colpito da Supplica a mia madre. Poi preparando il flm ho letto tutto quello che potevo. E ho scoperto i suoi saggi. Mi hanno molto impressionato». Supplica a mia madre è una poesia struggente, lontanissima dall'immagine del Pasolini politico: «tu sei la sola persona al mondo, che sa del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore», le scriveva. Il merito di questo flm, che ha un cast delle grandi occasioni (oltre a Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Adriana Asti, Maria De Medeiros, Giada Colagrande, Francesco Siciliano...) è quello di chiudere i conti con Pasolini una volta per tutte. Di trasformarlo in un classico, che secondo l'accezione di Italo Calvino (quanto erano diversi i due, e quanto sono stati indispensabili entrambi per le generazioni a venire): «I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 15 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 28 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti». E non si tratta solo di libri. Si tratta di articoli e di flm. Recentemente L'Osservatore Romano ha defnito Il vangelo secondo Matteo il miglior flm sulla fgura di Gesù Cristo. Ma quando uscì, nel 1964, furono polemiche a non fnire. E Salò è ancora un tabù per molti, ancora qualcosa di troppo diffcile da accettare. Perché accettare Pasolini, vuol dire emendarlo da provocazioni e trasgressioni, da quell'immagine che ha fatto comodo a tutti, ed emendarlo anche dal complottismo della sua morte, che è diventato un legittimo bisogno di sapere la verità ma anche un cappio intellettuale. Pasolini era la morte di Pasolini. Come pochi anni dopo tutta la carriera e l'attività politica di Aldo Moro non era diventata altro che i 55 giorni di prigionia e il cadavere in via Caetani. Che la morte di Pasolini fu un complotto non è diffcile pensarlo. Ma l'Idroscalo non fu il fnale di un romanzo che Pasolini non ha fatto in tempo a scrivere, o la scena che non ha mai potuto girare. Il flm di Abel Ferrara fnisce lì, all'Idroscalo. Senza una parola, è la fne di un uomo che aveva ancora mille progetti e non voleva farsi ammazzare per assolverci dalle nostre colpe. Dafoe ne è convinto: «Non voleva fare il martire. Suggerì a Furio Colombo anche il titolo dell'intervista che gli aveva appena rilasciato, l'ultima. Era: "Siamo tutti in pericolo"». Tutti, non soltanto lui, non lui per noi. Tutti in pericolo. La guerra è fnita molti anni dopo. Se è fnita. Tutti noi ci siamo chiesti chi sarebbe oggi Pasolini, cosa direbbe. Ci siamo chiesti se quello sguardo sarebbe rimasto intatto, se avrebbe scritto in modo diverso, e cosa sarebbe stato Petrolio, che nel flm fa da leit motiv, se fosse riuscito a fnirlo. Ma ci siamo anche chiesti se senza quella morte terribile, che abbiamo riempito di presagi e di enigmi, Pasolini sarebbe stato più leggibile, e il suo ruolo intellettuale ancora più forte, il ruolo che gli spettava. Il ruolo che oggi, a distanza di tanti anni, riusciamo fnalmente a vedere. Perché si allontana quel mondo che lo ha amato e lo ha soffocato al tempo stesso. Quello che ha fatto del poeta Pasolini, nel senso più ampio e largo del termine, il veggente Pasolini, il corsaro Pasolini. Unnuovoinizio. Ma la sua moralità era incomprensibile per quel tempo. E questo flm la restituisce in pieno, scrollandosi di dosso troppi pesi. Siamo tutti in pericolo certo, e per lui il pericolo è diventato tragedia. Un giorno forse sapremo la verità sulla sua morte. Ma non dobbiamo mai dimenticare l'ultima scena di Salò. Dopo tutti quegli orrori, fnisce la guerra, e c'è una radio accesa, due repubblichini, risvegliati da quell'incubo, sono all'improvviso in una vita normale, come uno stacco brutale. Allora cambiano la stazione radio. Passano da un Carmina Burana a una canzoncina Anni Quaranta che si intitolava Son tanto triste, e improvvisano qualche passo di walzer. E uno dice all'altro: «Come si chiama la tua ragazza?». «Margherita», risponde l'amico. Sembra irreale, ma è l'ultima scena che ha montato Pasolini, forse il giorno prima della sua morte, poco prima dell'inizio del flm di Abel Ferrara. Si ritorna. Si ricomincia. È un nuovo inizio, come quel giorno lontano in cui Pier Paolo mandò Paolo Volponi a portare il suo premio al padre. A fargli sapere che era un poeta, un vero poeta. Il grande Alfred Tennyson in una celebre poesia dice: «L'autorità dimentica un re morente». Willem Dafoe e Abel Ferrara in questo flm sembrano volerci ricordare che non possiamo dimenticarci del nostro poeta morente. Roberto Cotroneo O Dopo quel novembre del 1975 per l'Italia sarà una frana politica, sociale e culturale di proporzioni gigantesche Lui voleva sapere e capire: con misura, con chiarezza, con rigore. Rigore senza moralismo. In un Paese dove il rigore è sempre stato sostitutivo della morale Il flm di Abel Ferrara fnisce lì, all'Idroscalo. Senza una parola, è la fne di un uomo che aveva ancora mille progetti e non voleva farsi ammazzare per assolverci dalle nostre colpe Foto: In campo con i ragazzi di vita Qui a fanco, Pier Paolo Pasolini nel 1960 gioca una "partitella" con un gruppo di giovani nella borgata romana di Quarticciolo; a sinistra, il regista Abel Ferrara ha ricostruito un'analoga scena nel flm Pasolini, protagonista Willem Dafoe. Sotto, in una foto del 1973, lo scrittore, poeta e regista nello spogliatoio di un campo di calcio prima della partita; a sinistra, Pasolini a spasso con gli amici per le strade sterrate e tra le baracche del Quarticciolo. Foto: Gli ultimi fotogrammi. Sopra, Willem Dafoe in un'immagine che lo ritrare nei panni di Pasolini. A sinistra, nel 1975, il regista mentre lavora alla preparazione di Salò o le 120 giornate di Sodoma: il flm sarà presentato in anteprima al Festival di Parigi. il 22 novembre 1975, tre settimane dopo la morte dell'autore. Sotto,

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 16 22/08/2014 Corriere della Sera - Sette - N.34 - 22 Agosto 2014 Pag. 28 La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

immagini ricordo della famiglia Pasolini; da sinistra: nel 1925, a Casarsa del Friuli, Pier Paolo a tre anni con la mamma, Susanna Colussi; Pasolini adolescente, al mare; negli stessi anni, con il padre Carlo Alberto, bolognese, uffciale di fanteria.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 17 22/08/2014 Il Giornale - Ed. Nazionale Pag. 32 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato A Berlino Wim Wenders, Orso d'oro alla carriera

Il regista tedesco Wim Wenders riceverà un Orso d'oro alla carriera al prossimo Festival del cinema di Berlino. Lo ha annunciato ieri il direttore della rassegna cinematografica, Dieter Kosslick. Alla prossima edizione della Berlinale (in scena dal 5 al 15 febbraio 2015), la sessantacinquesima, sarà presentata una retrospettiva dei film del regista. Wim Wenders ha già conquistato la Plama d'Oro a Cannes nel 1984 e il Leone d'Oro alla carriera nel 1995 alla Mostra del Cinema di Venezia. Wenders, 69 anni è uno dei più significativi registi contemporanei ed esponente di primo piano del «Nuovo cinema tedesco» (tra i suoi rappresentanti Herzog, Fassbinder, Kluge). La «sua opera variegata copre diversi generi, da regista a fotografo ad autore, e si è impressa nella nostra memoria cinematografica oltre a continuare ad ispirare altri registi», ha detto Kosslick. A partire dagli anni '70, Wenders ha diretto oltre 60 film fra cui Il cielo sopra Berlino ('87), Paris, Texas ('84), Buena Vista Social Club sulla riscoperta dei musicisti folklorici cubani come Compay Segundo, un film di enorme successo in tutto il mondo('99). La sua ultima pellicola è Pina , film in 3D sulla famosa coreografa e ballerina tedesca Pina Bausch, per il quale è stato nominato all'Oscar. Foto: REGISTA Wim Wenders, re del «nuovo cinema tedesco»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 18 22/08/2014 Il Giornale - Ed. Nazionale Pag. 32 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La «Power List» del cinema italiano Sorrentino e Zalone sono i più potenti del 2014

Conferme, new entry e esclusi eccellenti. Arriva la Power List del Cinema Italiano realizzata da Ciak , mensile diretto da Piera Detassis, e dal periodico Box Office , diretto da Antonio Autieri. La Top 50 dei protagonisti che contano nell'industria cinematografica tricolore, divisa fra star (Talents) e coloro che stanno dietro le quinte (Professionals) quest'anno triplica con In Pole Position, una previsione per la prossima stagione. Le vere sorprese sono tra i Talents: su tutti Paolo Sorrentino e Checco Zalone, il primo ex aequo al vertice tra cinema d'autore e cinema di grande incasso. Medaglia di bronzo per Luca Miniero. Passando ai 25 Professionals (produttori e distributori) al primo posto se la giocano come sempre Rai Cinema e Medusa, ma lo scettro per il secondo anno consecutivo rimane nelle mani di Paolo Del Brocco (AD Rai Cinema). Al terzo posto della Power List risale la Taodue di Pietro Valsecchi forte dei record di Sole a catinelle . Infine Ciak fa qualche previsione per la Power List del 2015. Giuseppe Tornatore che sarà in sala il prossimo anno con The Correspondence , Gabriele Salvatores con Il ragazzo invisibile , Massimiliano Bruno atteso a ottobre con Confusi e felici e Matteo Garrone al lavoro con il suo primo film in lingua inglese, Il racconto dei racconti . Foto: CAMPIONE Paolo Sorrentino, girò «La grande bellezza»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 19 22/08/2014 Il Giornale - Ed. Nazionale Pag. 31 (diffusione:192677, tiratura:292798) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Anniversari Sessant'anni di terrore giurassico Così nacque Godzilla, il mostro più amato La paura dell'atomo e la mitologia generarono il nemico perfetto per il Giappone Gianfranco de Turris

Godzilla compie sessant'anni. È il «mostro» più famoso del cinema mondiale con ventisette seguiti e due rifacimenti americani dell'episodio di esordio: il primo (1998) pessimo, un vero fiasco, nonostante la regia fosse affidata al famoso Roland Emmerich, quello di Stargate e Indipendence Day , che realizzò un Godzilla che assomigliava ad Alien; il secondo uscito da poco e diretto da Gareth Edwards, un esperto di effetti speciali. Il titanico sauro del Mesozoico apparve nel 1954 nell'omonimo film di Ishiro Honda, il regista giapponese specializzato nella fantascienza e nel fantastico. Godzilla, però, non è come ci si potrebbe aspettare semplicemente una brutta bestiaccia che semina distruzione realizzata solo per spaventare. Ha un suo preciso valore simbolico. L'idea venne nel 1952-3 al vicedirettore della società cinematografica Toho che si chiamava Mori, il quale, come raccontò in una intervista Honda, pensò «di legare in un film la paura della bomba atomica... all'apparizione di un mostro preistorico». Tomoyuki Tanaka, produttore della Toho che aveva ben presenti i film di mostri realizzati negli USA, la concretizzò. Erano trascorsi appena sette-otto anni dall'annientamento di Hiroshima e Nagasaki e il ricordo e la paura erano ancora profondissimi. Nacque così Gojira che in giapponese si pronuncia Gogilà e che venne trasformato in Occidente in un nome che nella pronuncia inglese suonasse quasi uguale. Nella intervista citata Ishiro Honda spiega anche l'origine del termine originale: Gojira è la fusione dell'inglese gorilla e del giapponese kujira, balena, ed era il soprannome di un tecnico cinematografico della Toho robusto e tozzo, passato scherzosamente al mostro. Tutte queste notizie ce le raccontano Luigi Cozzi e Riccardo Rosati in Godzilla 2014 (Profondo Rosso, pagg. 150, euro 19), un libro che percorre, film dopo film, la storia di questa bestia che terrorizza il mondo, ma soprattutto il Giappone. Essa infatti, oltre a simboleggiare la paura dell'atomica, affonda nei ricordi ancestrali del popolo nipponico e nella sua mitologia: come ci spiega Riccardo Rosati il pericolo viene spesso da mare nei miti giapponesi, e Godzilla, risvegliato dagli esperimenti atomici americani nel Pacifico, emerge dalle acque dell'oceano seminando la morte. Cozzi invece ricorda che dal punto di vista cinematografico Godzilla ha almeno due antenati-ispiratori: King Kong (1933) e Il risveglio del dinosauro (1953). La saga di Godzilla, con i suoi alti e bassi e differenti registi (ad un certo punto il ciclopico sauro si trasformerà in difensore del Giappone ed in un simpatico mostro amico dei bambini) attraversa tutta la storia del dopoguerra del Paese del Sol levante, descrivendone indirettamente la varie fasi di crescita e di trasformazione economico-sociale, evidenziati da Rosati: 1954-1975, 1984-1995. 1999-2004. La saga di Godzilla va oltre il puro divertimento da ragazzini. Alle sue spalle è possibile vedere qualcosa d'altro: il ricorso ai miti, il messaggio contro i pericoli dell'uso bellico dell'atomo, la descrizione di come si è evoluta/involuta la società giapponese abbandonando le sue tradizioni e sempre più occidentalizzandosi. Foto: IMMORTALE Un'immagine di Godzilla tratta dall'ultima pellicola (2014) che lo vede protagonista

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 20 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 15 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato SUL SET Bale e Blanchett in «Il libro della giungla»

Se Jon Favreau per il suo «Libro della giungla», prodotto dalla Disney (la cui uscita è prevista nel 2015) si è aggiudicato Bill Murray come doppiatore dell'orso Baloo, Andy Serkis, regista di un altro film tratto dal romanzo di Kipling, non sembra da meno. Nel cast del suo «Jungle Book: Origins» - che uscirà invece nel 2016 - sono entrati infatti Christian Bale (dalla prossima settimana sui nostri schermi in «Il fuoco della vendetta») e Cate Blanchett. Inoltre hanno firmato un contratto Naomie Harris, Peter Mullan, Tom Hollander, Eddie Marsan, mentre era notizia di ieri la presenza nel film di Benedict Cumberbath come doppiatore della tigre Shere Khan. Bale sarà la pantera Bagheera e Blanchett il pitone Kaa. Lo stesso Serkis reciterà nel film come interprete dell'orso Baloo, uno degli amici più stretti del Mowgli che, in questo film, sarà interpretato da Rohan Chand.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 21 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 15 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

WIM WENDERS

Riceverà l'Orso d'oro alla carriera del Festival di Berlino 2015 (5-12 febbraio). Per l'occasione il 12 febbraio verrà proiettato al Berlinale Palast, «Il cielo sopra Berlino», che farà parte di una retrospettiva dedicata al regista e comprensiva dei suoi dieci film più significativi. «Rendiamo omaggio a Wim Wenders - ha dichiarato il direttore della Berlinale Dieter Kosslick- onorando uno dei più importanti autori contemporanei. Il modo in cui ha affrontato i vari generi cinematografici e il suo lavoro da filmmaker, fotografo e autore ha contribuito a dar forma alla nostra memoria del cinema, continuando a ispirare altri registi». Cresciuto nella nuova onda del cinema tedesco, Wenders esordice con «Summer in the City», la la rivelazione arriva con «Alice nelle città», «Falso movimento» e soprattutto «Nel corso del tempo», tre film che compongono la trilogia del'on the road, con cui il regista tedesco «trasferisce» l'America degli immaginari nelle geografia d'Europa

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 22 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 15 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato ANTEPRIMA «Into the Storm» di Steven Quale, in sala il prossimo 27 Se la catastrofe è risucchiata dalla tv

INTO THE STORM DI STEVEN QUALE, CON RIHARD ARMITAGE, SARAH WAYNE CALLIES, USA 2014 Giona A.Nazzaro C'era una volta Twister, il bel catastrofico di Jan De Bont che ebbe l'ottima idea di accentuare il carattere hawksiano della commedia sentimentale fra i due protagonisti, in modo tale da insinuare sullo sfondo che le violentissime trombe d'aria fossero in realtà segno di altro, per esempio traccia di una dialettica matrimoniale in atto. Into the Storm, remake inconfessato di Twister, tenta invece la carta del pov (ossia point of view), innestandola nel filone del teen-movie come se il regista volesse evocare per il suo film il pubblico dei reality. Steven Quale, formatosi sui set cameroniani di Titanic e Avatar, passando anche per quello di Final Destination 5, adotta senza alcuna forma di distanziazione o ironia il modulo televisivo per introdurre personaggi e situazioni. Ci si rivolge direttamente in macchina sciorinando terrificanti banalità sulle aspettative di futuro e - come potrebbe essere altrimenti? - i sentimenti, la vita e quant'altro. Tutto il film di Quale sembra essere stato predigerito dalla televisione per essere diretto a un ideale spettatore televisivov. Il cacciatore di uragani, infatti, sembra provenire direttamente dai set o dalle location di un canale tematico, mentre il parco di giovani che fa da cornice generica al film non sfigurebbe nelle sitcom. Come ridotto alle dimensioni di un immaginario televisivo, interrotto regolarmente da break pubblicitari, il film si produce in una serie pressocché insostenibile di uoghi comuni e di atroci dialoghi resi con lignea piattezza. Anche gli effetti speciali, peraltro non particolarmente inventivi se si eccettua parzialmente la devastazione dell'aereoporto, sembrano realizzati in economia, come se Into the Storm fosse la prova generale per un blockbuster ancora da fare piuttosto che un'opera a se stante (o il riciclaggio di materiale di scarto di altri film ). Laddove il tradizionale film catastrofico è sostanzialmente una riscrittura del patto sociale, questo si limita a riaffermare l'esistente confermandone i valori. Fantasmizzazione di una tensione bellica latente, Into the Storm opera una feticizzazione della distruzione di massa tesa a riaffermare i valori di una comunità nazionale (la bandiera a stelle e strisce che sventola intatta sulle rovine). Come se la distruzione, lo spettacolo della distruzione, fosse il banco di prova sul quale mettere in scena ciò che rimane dei segni di un'identità avvertita evidentemente sempre più a rischio d'estinzione. Per questo Into the Storm non possiede un briciolo di hybris né tantomeno il gusto della serie B di una volta; piuttosto adotta e riafferma i modelli dominanti del cinema hollywoodiano svuotandoli delle loro potenzialità celibi e politiche. La comunità che ritrova se stessa nel combattere la natura, secondo lo schema classico del disaster movie, si offre come estensione del mito della conquista delle frontiere. Giunti alla fine del consumo delle frontiere, non resta altro che la lotta vana con la natura stessa nel tentativo di carpirle l'ultima immagine possibile. Steven Quale, ovviamente, non possiede né il lirismo macchinico di Michael Bay né tantomeno il timore e tremore panico di James Cameron, e riduce la sua esperienza del mondo e della catastrofe alle dimensioni dello schermo televisivo privando così il disaster-movie persino della sua superficiale componente pedagogica. In soli 89 minuti, Into the Storm umilia un intero genere annoiando a morte lo spettatore atterrito non dagli uragani ma da una rara e sconfortante, oltre che spudorata, esibizione di mancanza di intelligenza e di gusto.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 23 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

IntervistaRobert Rodriguez racconta la sua televisione, El Rey, mentre sugli schermi Usa è appena uscito «Sin City 2» Il Mariachi style conquista l'America Un netowork ispanico ma in inglese, e soprattutto non convenzionale Nei palinsesti film di kung fu e «Matador», serie con l'eroe calciatore Luca Celada LOS ANGELES

LOS ANGELES Robert Rodriguez è un uomo rinascimentale - sempre che di rinascimento si possa parlare in Central Texas. È vero che da Austin Richard Linklater continua a contribuire con film d'autore al canone indie, e South By Southwest, il festival cine-musicale-multimediale cresciuto in quella cittadina universitaria è un ormai appuntamento importante del calendario americano. Ma sono poca cosa al confronto della vulcanica produzione di Rodriguez, cresciuto a San Antonio e trapiantato ad Austin dove, dopo una carriera scolastica passata a scarabocchiare fumetti e a fare horror Z con gli amici, debutta con El Mariachi. Rodriguez scrive, gira, monta e musica lo spaghetti-mexican per meno di settemila dollari entrando nella leggenda metropolitana di migliaia di aspiranti filmmakers. E grazie alla Columbia che rileva la distribuzione, ripulendo il film con centomila dollari di postproduzione, si impone all'attenzione di Hollywood. Ma il texano figlio di messicani, nella città più ispanica del sudovest, rompe un altro tabù e rivendica la propria regionalità specificando di non esser interessato ad alcun trasferimento a Hollywood: «Non vedo perché non posso lavorare a casa mia; da ragazzo i miei film li ho sempre fatti lì e andavano abbastanza bene». Una scommessa che Rodriguez ha vinto producendo, oltre al ciclo del Mariachi, Dal tramonto all'alba), Grindhouse, la serie Spy Kids, quella di Machete e Sin City di cui sta per uscire l'attesa sequel, Sin City 2 - Una donna per cui uccidere (uscita italiana prevista per il 2 ottobre), in collaborazione con Frank Miller, più le numerose collaborazioni con l'amico Quentin Tarantino. In vent'anni insomma il progetto di Rodriguez ha fruttato un polo texano del cinema pulp. I suoi Outlaw Studios, ricavati dal vecchio aeroporto municipale di Austin, comprendono teatri di posa, una divisione di effetti digitali e una di postproduzione audio, e soprattutto sono una prolifica factory per l'America bilingue e multiculturale, i figli e nipoti di immigrati che rivendicano contemporaneamente l'identità «etnica» e l'assimilazione alla cultura «mainstream» dalla musica alla videoludica. Ed è a questo pubblico che si rivolge El Rey, la nuova emittente cable da lui fondata. Già disponibile in 40 milioni di case americane è partita con due serie originali, una basata su Dall'alba al tramonto - Dusk Till Dawn - e una spy-fiction su un calciatore professionista reclutato come agente segreto: Matador. Un eroe giocatore di calcio, in America non era mai successo prima. Non abbiamo progettato Matador in vista dei mondiali ma il fatto che il calcio abbia conquistato gli americani quest'estate mi ha fatto sentire super intelligente! Avevamo fiducia nella serie anche se a pensarci adesso sembra fatto apposta. Comunque sono felice che l'America si sia finalmente messa al passo, calcisticamente parlando, con gli altri paesi. Il suo network si rivolge agli ispanici ma è in inglese, quindi non come le tradizionali emittenti «etniche» in spagnolo? Volevo che fosse un rete ispanica come possono essere «ispanici» Spy Kids o Desperado o Machete, cioè non in maniera convenzionale. Sono film per tutti, e allo stesso tempo se sei ispanico puoi dire:«Wow! Tutti i protaginisti mi assomigliano». Vedersi riflessi nei media è importante,in America gli ispanici corrispondono al 17% della popolazione ma fra i lavoratori del cinema siamo appena il 2%, fra gli attori di prima serata il 5%. È chiaro che c'è un disequilbrio. Con El Rey ci avviciniamo al 60%, sia nei cast che dietro la cinepresa, rispetto al 2% di Hollywood. Detto questo non si tratta di una prerogativa; è più semplicemente il tentativo di adattare la nostra rete al volto del Paese, di dare una voce a chi non ce l'ha mai avuta, e di creare una tv che somiglia alla nazione in cui vivo.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 24 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Quanto l'influenza dei giovani «latinos» sta cambiando l'America? Moltissimo. Intanto si tratta di una popolazione che spende ormai miliardi di dollari in consumo culturale, un grande pubblico appassionato di buon cinema e tv ed esperto di media, soprattutto fra i «millennials», i venti- trentenni. Ma non è solo a loro che ci rivolgiamo. Spero che nostri programmi saranno abbastanza buoni e vari per conquistare diversi pubblici. L'ultima cosa che voglio è che siano «scolastici»,che tu ti senta in dovere di guardarli perchè sei ispanico. Deve essere il contrario: li vuoi guardare perchè sono cool, perchè ti danno assuefazione come una droga. Una svolta culturale? Credo di si, anzi stiamo davvero cambiando le cose. L'ago si stava spostando ma lentissimamente, di quel passo ci sarebbero voluti ancora cent'anni perchè la tv riflettesse i cambiamenti. Con El Rey a quell'ago abbiamo fatto fare un balzo in avanti. Ci ha dato l'equivalente di un canale di distribuzione proprio, una rete che ci porta direttamente nelle case della gente. Quando hai un sacco di idee e un sacco di amici con un sacco di idee, che come te vogliono rappresentare la loro realtà in televisione per la prima volta, lo puoi fare in modo anche molto divertente. Puoi sperimentare senza dover prima convincere qualche capostruttura che non capisce niente di quello che gli dici. Poi sarà il pubblico a decidere. Le prime reazioni? È stato bello ricevere una telefonata di Quentin, entusiasta perchè in onda c'era una vecchia replica d Starsky & Hutch. Era il primo giorno e non sapevo neanche che fossimo già in onda, e lui: «E stasera date i miei due film di Kung fu preferiti!». Non ci poteva credere. Vorrei che il nostro palinsesto fosse un pò quello che fu Quentin per me, quando andavo a casa sua e gli chiedevo: «Dammi dei bei film da guardare, dimmi quelli che non conosco e che devo assolutamente vedere». E lui mi diceva: «Questo lo devi vedere, e anche questo», e mi spiegava perché. Il palinsesto deve essere ragionato altrimenti si rischia di essere sommersi dalla cacofonia generale. In particolare? La gente ci dice che gli piace il fatto di andare in un unico posto e trovarci tutto ciò che è cool; guardi, ti diverti e magari ti fai anche una cultura - sul cinema e sul cinema di genere tipo la storia dei film di kung-fu. Accanto a questa programmazione ci sono i nostri programmi originali, serie che io stesso avrei voluto vedere a cominciare da Dusk Till Dawn, perché quei personaggi di Tarantino non si battono, e nessuno li aveva mai portati in televisione. Una rete tradizionale non avrebbe mai rischiato perché loro pensano solo al minimo comune denominatore, noi invece vogliamo influenzare i gusti oltre che assecondarli. Per questo partiremo con una serie che si chiama Directors Chair in cui io intervisto altri registi; farò John Carpenter, Guillermo del Toro, Tarantino. Quentin sarà in due puntate perché abbiamo registrato per cinque ore (ride,ndr). Non ero sicuro che avrebbe funzionato e invece ora credo che sarà uno dei nostri migliori programmi. Cosa ci può dire di «Sin City 2»? Da anni, da quando è uscito il primo film la gente mi chiede ovunque vada quando ne avrei fatto un altro, e questo non succede sempre. Da fumettista sono semrpe staao appassionato dello stile espressionista in bianco e nero che usa Frank Miller e ho cercato di trasporlo tale e quale su pellicola, mantenendo la qualità grafica stilizzata. Ora in 3D trovo che funzioni ancora meglio e il cast ancora una volta è spettacolare, soprattutto Eva Green come femme fatale. Parliamo dei suoi studios di Austin. È un posto unico, lo abbiamo creato con l'unico scopo di stimolare la creatività. Mi piace costruire le cose, mi sento come un bambino col castello di sabbia, e questa è anche la filosofia degli studios. La creatività va stimolata, per questo sui miei set c'è sempre una chitarra, gli attori e la troupe preferiscono sentire qualcuno che suona piuttosto che una voce che gli ordina cosa fare. Negli studios abbiamo un laboratorio di pittura. Invece di tornarsene nei camerini, fra una ripresa e l'altra gli attori vanno a dipingere, così rimangono in uno stato d'animo creativo. Ora ho quadri firmati da Lady Gaga, Joseph Gordon-Levitt, Josh Brolin, Jessica Alba, Bruce Willis. I nostri studios sono un parco giochi.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 25 22/08/2014 Il Manifesto - Ed. Nazionale Pag. 14 (diffusione:24728, tiratura:83923) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Scriverebbe un altro libro sul cinema? Se lo scrivessi sarebbe molto diverso da Rebel Without A Crew che scrissi dopo Mariachi. In quel libro spiegavo come fare un film senza soldi. Oggi non è più necessario, con il digitale tutti possono fare un film con un telefonino. Un libro oggi dovrebbe spiegare come far vedere quello che si è fatto. Foto: IN ALTO A DESTRA, ROBERT RODRIGUEZ; AL CENTRO E A SINISTRA, IMMAGINI DA «SIN CITY 2»; ACCANTO, «MACHETE»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 26 22/08/2014 Il Mattino - Napoli Nord Pag. 18 (diffusione:79573, tiratura:108314) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il film dell'anno Allen, il fascino segreto di una notte d'amore

Oscar Cosulich Woody Allen è uno degli autori più prolifici in circolazione: a partire dal 1982 (all'epoca di «Una commedia sexy in una notte di mezza estate», che era già la sua undicesima regia), ha tenuto l'incredibile media di un film all'anno, tutti film scritti, diretti e molte volte anche interpretati da lui. Cate Blanchett non ha fatto in tempo a ritirare l'Oscar, vinto per la sua interpretazione in «Blue Jasmine» (il film del 2013), che è già uscito «Magic in the Moonlight» (in Italia dal 4 dicembre), quarantaquattresimo lungometraggio di Woody. Intanto l'infaticabile autore (che il primo dicembre compie settantanove anni), è ora di nuovo sul set, per dirigere quello che sarà il suo film del 2015 di cui, come d'abitudine, non ha ancora reso noto il titolo e che schiera nel cast Emma Stone (già protagonista di «Magic in the Moonlight»), Joaquin Phoenix e Parker Posey. Allen, dopo decenni di film girati a New York, ha iniziato nel 2005 una campagna di «conquista» del pianeta che lo ha visto spostarsi in Europa. Ecco così Londra («Match Point», «Scoop», «Sogni e delitti» e «Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni»), Barcellona («Vicky Cristina Barcelona»), Parigi («Midnight in Paris»), Roma («To Rome With Love»). Con solo due interruzioni: la prima, nel 2009, ha segnato il ritorno su un set a New York per il delizioso «Basta che funzioni», la seconda lo ha visto avventurarsi in California, per girare a San Francisco il cupo «Blue Jasmine». «Magic in the Moonlight» riporta Allen in Europa, sulla Costa Azzurra, per una commedia in costume, ambientata nel 1928, dove si mescolano magia e romanticismo. Tra maghi e truffatori, il regista lascia intendere che per i suoi protagonisti (e quindi per lui e per l'umanità tutta), l'unica possibile magia è l'amore. Protagonisti assoluti del film Colin Firth che, grazie ad un elaborato make up, parrucche orientali e sete scarlatte, si esibisce a Berlino nei panni di un illusionista cinese con il nome d'arte di Wei Ling Soo. Wei Ling Soo, in realtà, è il londinese Stanley Crawford, disilluso prestigiatore e mago, specializzato nello smascherare le truffe dei finti veggenti. Stanley è incaricato da un amico di verificare gli effettivi poteri della sedicente medium americana Sophie Baker (Emma Stone), che si è «incistata» nello chateau in Costa Azzurra della famiglia Catledge da Pittsburgh, perché teme lei intenda truffare gli ingenui ricconi. Essendo un film di Woody Allen molte sono le sorprese che attendono Stanley e gli spettatori, ma i primi ad essere stati spiazzati sono stati i protagonisti, entrambi alla loro prima esperienza con Allen, che ricordano ancora come un incubo il primo giorno di riprese: «Avevo sentito molte leggende sul fatto che Woody, in realtà, non diriga veramente gli attori, ma che si limiti a licenziarli se non gli piace quello che fai», ricorda Firth, «poi mi avevano detto che lui non fa mai prove prima di iniziare le riprese. Io di solito non mi preoccupo di memorizzare la mia parte perché preferisco adattarmi sul set al tono del film. Qui non potevo farlo, per di più la mia parte è densa di dialoghi: ero terrorizzato all'idea di non aver colto quello che lui si aspettava da noi». «Io ero praticamente sicura che sarei stata licenziata il primo giorno», rincara Emma Stone, «anche perché la prima scena era situata in un momento avanzato della storia, dove la relazione tra Stanley e Sophie deve già far trasparire molte implicazioni e dove i loro caratteri cambiano». In realtà Woody non è l'orco che alcuni attori descrivono, così tutto è andato bene, fatta salva quella prima giornata: «Fino a quel momento avevo parlato con lui solo al telefono - ricorda Firth - quando sono arrivato sul set la prima parola che mi ha detto è stata probabilmente "azione", specificando subito dopo che avremmo girato l'intera scena in un'unica sequenza. Ero sconvolto, poi ho capito che, in realtà, quelle erano le sue prove». «Comunque quella scena abbiamo dovuta girarla di nuovo l'ultimo giorno di riprese», conclude la Stone, «e Woody l'ha poi tagliata nel montaggio finale, quindi avevamo ragione ad essere spaventati! Però sono rimasta molto sorpresa dalla sua disponibilità a lasciarci cambiare le battute: è sempre pronto ad ascoltare le idee degli attori».

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 27 22/08/2014 Il Mattino - Napoli Nord Pag. 18 (diffusione:79573, tiratura:108314) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

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ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 28 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 39 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'INIZIATIVA Ciaksigira: la nuova Cinecittà parla bolognese (n.r.)

BOLOGNA. Un pezzo di storia del cinema targato Emilia Romagna. Da Cesare Zavattini e Tonino Guerra a Federico Fellini, Marco Bellocchio, Michelangelo Antonioni, Pupi Avati. La Cineteca di Bologna si prepara a diventare il centro di conservazione e restauro delle opere di alcuni tra i più grandi sceneggiatori e registi italiani, tutti emiliano-romagnoli doc. Merito della legge con la quale la Regione vuole creare un distretto del cinema e dell'audiovisivo per attrarre produzioni. «Un modello alternativo a quello di Cinecittà, che è ormai esaurito», dice l'assessore regionale alla Cultura, Massimo Mezzetti. La formula è quella del sostegno a piccole imprese e start up, ma anche a grandi produzioni, proponendo, in tutta la regione, location, studios e formazione professionale, con contributi a fondo perduto. Cuore del progetto la Cineteca di Bologna, che oltre a custodire il Fondo di Pier Paolo Pasolini ha curato il restauro di tutte le pellicole di Charlie Chaplin. Si parte da Bologna, dove sono concentrati i due terzi delle 800 imprese che, nella regione, lavorano nel settore,

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 29 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 26 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

esteri LAUDACE OPERAZIONE PACIFISTA DI UN REGISTA CROATO: UN FILM CHE PORTA LA STORIA DELLA RAGAZZA EBREA TRA I PALESTINESI ANNA FRANK RACCONTATA DALLA STRISCIA DI GAZA Simona Verrazzo

Una delle vittime-simbolo della Seconda guerra mondiale con il suo bagaglio di morte e distruzione e un lembo di terra che finora ha conosciuto soltanto altrettanta morte e distruzione. Anna Frank e la Striscia di Gaza sembrano quanto di più lontano possa esserci. Ora l'acclamato regista croato Jakov Sedlar, insieme al figlio Dominik, ha realizzato il primo docu-fìlm in arabo dedicato alla giovane ebrea, arrestata dai nazisti e portata via con la famiglia dalla casa di Amsterdam dove nascosta scrisse il suo diario proprio settantanni fa, morendo di tifo nel campo di concentramento di Bergen-Belsen a neanche 16 anni, nel 1945. Secondo quando riferito da The Hollywood Reporter, la pellicola si intitola What Does Anne Frank Mean Today? (Ovvero Che significa oggi Anna Frank?) e contiene diverse scene girate nella Striscia, con i bombardamenti proprio del conflitto tra Israele e Hamas delle scorse settimane, mentre altre sono state realizzate in scuole di Gaza e di Ramallah, in Cisgiordania. A impersonare Anna tra i 12 e i 14 anni sono state sei attrici palestinesi: il film sovrappone scene tratte dal diario, scritto tra il 1942 e il 1944 e tradotto anche in arabo, con conversazioni di giovani palestinesi. Il documentario di Sedlar ha attirato l'attenzione dei media internazionali e anche il Time ha ripreso la notizia. Il suo obiettivo è ambizioso: aiutare un dialogo tra israeliani e palestinesi costruttivo e che duri nel tempo. «L'arte non può cambiare il mondo intero» ha dichiarato Sedlar, spiegando perché abbia scelto un soggetto e una lingua così particolari «ma possiamo contribuire a farlo comprendere un po' di più». Il regista sta cercando una casa di distribuzione per proiettare la pellicola anche nel mondo arabo. Il sogno è però organizzare la prima del film in Iran, dove la lingua ufficiale è il persiano. «I ragazzi parlano d'amore, del primo bacio e di tutte quelle cose di cui Anna Frank scriveva nel diario» ha detto Sedlar. «Perché i sentimenti conoscono una sóla lingua, quella del cuore». CORBIS Foto: ArvriaTrank, il simbolo détto sterminio degli ebrei durante il nazismo. Sopra, tre frame del film di Jakov Sedlar: uno riguarda Time che ha ripreso la notizia del film

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 30 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 14 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato copertina A GIACOMO Vita segreta di un genio infinito MENTRE IL MONDO, DALL'EUROPAAGLI STATI UNITI, RISCOPRE Leopardi, UN FILM RACCONTA LA SUA VITA CON UNO SGUARDO NUOVO. ALTRO CHE GIOVANE INGOBBITO E MALINCONICO: «ERA UN PENSATORE SPREGIUDICATO» PARLA IL REGISTA MARIO MARTONE Antonella Barina fotografie di Mario Spada

ROMA. Ci sono voluti sette anni di lavoro, una squadra di traduttori inglesi e americani e la supervisione di due università, di Birmingham e di Roma. Ma, qualche mese fa, la traduzione integrale dello Zibaldone di Giacomo Leopardi - 4.526 pagine - è stata pubblicata per la prima volta negli States e in Gran Bretagna. Un evento definito «epocale» dal mondo anglosassone, perché «le sue riflessioni in fatto di religione, filosofia, lingua, storia, antropologia, scienze, letteratura, poesia e amore non hanno precedenti per genialità e suggestione». Di più: nel 2011 la traduzione dei Canti firmata da Jonathan Gaiassi era addirittura entrata nella classifica dei migliori 100 libri dell'anno stilata dal New York Times, che consacrava Leopardi accanto a Rilke e Baudelaire. k. Intanto in Italia la sconfinata bibliografia legata al poeta continua ad arricchirsi di titoli: solo quest'anno sono usciti più di una dozzina di testi, nuove edizioni delle sue lettere e opere (compresa la Storia dell'astronomia scritta a 15 anni), ma anche saggi sulla sua infanzia, il suo legame con la musica, i suoi anni partenopei... E sul poeta si è tentato anche il colpo grosso: la Procura di Macerata ha appena sequestrato un probabile falso, che stava per essere venduto all'asta per 150 mila euro come manoscritto dell'Infinito. Mentre la tomba di Leopardi a Piedigrotta, a Napoli, è diventata ricettacolo di una quantità di messaggi e souvenir di giovani in sintonia con la sua sensibilità insofferente, furiosa, sfrontata. È 0 revival - sorprendente - di Giacomo Leopardi. Un Occidente smarrito, povero di certezze, si specchia in quell'impresa disperata che fu la sua rincorsa della felicità? Certo il grande atteso, ora, è un film sulla vita del poeta, sulla sua anima ferita, che è tra i favoriti alla Mostra del cinema di Venezia e sarà nelle sale il 16 ottobre: II giovane favoloso di Mario Martone, regista che torna a Leopardi dopo aver concluso tre anni di tournée teatrale con un titolo temerario come le Operette morali, che pure è stato applaudito fino a Parigi e New York. Questa volta Martone ci conduce lungo l'esistenza del poeta, inquieta e vagabonda, fragile e implacabile, fatta di slanci e delusioni, tutt'uno con la scrittura. Ed ecco Elio Germano vibrare grandioso in quel corpo sofferente, che pian piano si incurva, si deforma, si piaga, divorato dalla tubercolosi ossea, dalle infezioni agli occhi, da mille altri mali, a tratti timido a tratti spregiudicato, mentre cresce in una prigione di libri, fugge inutilmente in salotti conformisti e codini, ama senza scampo non riamato, vive pensa e scrive tra illusioni e sciagura... Intorno, un cast eccellente. Massimo Popolizio (il severo padre Monaldo, asserragliato in trincee di libri); Michele Riondino (alias Ranieri, esuberante sciupafemmine che lo ama e accudisce lontano da Recanati); Anna Mouglalis (la vagheggiata Fanny, in versi Aspasia); Valerio Binasco (l'amico e maestro Pietro Giordani); Isabella Ragonese (la sorella Paolina). Ma anche Paolo Graziosi, Iaia Forte, Raffaella Giordano, Edoardo Natoli... Produzione: Palomar e Rai Cinema già si fiuta il passaggio in tv - sostenuta anche da un consistente, insolito, contributo di imprenditori marchigiani, quasi due milioni di euro su un budget di sette e mezzo, in vista di un ritorno promozionale sul territorio. La sceneggiatura, firmata Martone e Ippolita Di Majo, sarà in libreria a ottobre con il film (H giovanefavoloso, Electa, pp. 144, 32 foto a colori, euro 19,90). Fin dal titolo, Martone, il film non ha nulla a che vedere con lo stereotipo di un Leopardi ingobbito dallo studio «matto e disperatissimo» e inesorabilmente infelice. «Quel che mi affascina, al contrario, è il pensatore ribelle, ironico, socialmente spregiudicato: II giovane favoloso, come lo definì Anna Maria Ortese nel suo Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi. "Giovane" innanzitutto: Giacomo muore prima dei 39 anni, come Mozart, come Schubert... Come Kurt Cobain, bruciati anzitempo. Graffiando le consuetudini, le ipocrisie. Nei Dispiaceri del vero poliziotto, Roberto Bolano racconta di un personaggio che vuole fare un film su Leopardi: "Un biopic stile Hollywood" dice. In cui "il ruolo del protagonista è destinato a un giovane poeta eroinomane". Leopardi viaggia nel tempo: per questo la colonna sonora del film è di Apparat, giovane berlinese che fa musica

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 31 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 14 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

elettronica. Alternata a brani di Rossini». Giovane ribelle, dunque. E favoloso? «La sua immaginazione è chimerica, visionaria. Basta pensare alle Operette morali, un mondo di gnomi, folletti, mummie, personaggi storici e mitologici, figure della quotidianità ed esseri simbolici... Quella che a tanti sembra la monotonia di un gobbo triste a me pare una vita straordinariamente intensa. Ci voleva coraggio, nel primo Ottocento, per compiere un viaggio esistenziale dalla claustrofobica Recanati, una manciata di anime arroccate in abitudini d'altri tempi, attraverso Firenze e Roma (che Leopardi detestò: troppo grande, corrotta, fatua, pettegola), fino a Napoli, approdo fatale. Città di illusioni e disillusioni: città leopardiana. Che tende a creare i propri sciamani: lì Leopardi è detto o' ranavuottolo, il ranocchio, per quella gobba evocativa, portafortuna. E nel film lo si vede dare i numeri del lotto: episodio reale». La sua anima, nel film, sembra imprigionata in gabbie concentriche: quella del suo corpo sofferente, del soffocante microcosmo familiare, degli odiati salotti alla moda... Del conformismo, della solitudine. «Sentiamo quelle gabbie perché Leopardi preme per la libertà. La libertà di un pensiero dirompente, che non si adegua a nulla. Cesare Garboli diceva che Leopardi è un meteorite precipitato per caso nell'Ottocento. È modernissimo. Qualunque cosa abbia scritto è autobiografica e in ciò dialoga con Proust, con Beckett. Per questo oggi lo sentiamo con tanta forza». Lei ne ha parlato come di un Pasolini ante litteram: due intellettuali scomodi, eretici, profetici. «E per ciò sono stato bacchettato. Ma insisto: vedo tra loro vicinanze inequivocabili. Soprattutto nei rapporti con l'ambiente culturale del loro tempo. Pasolini , che pure era un intellettuale riconosciuto, diceva di essere un "tollerato", per via delle sue posizioni apocalittiche, corsare. Così Leopardi: contro di lui ci sono scritti ottocenteschi pieni di astio. Entrambi hanno scalfito quella fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive" su cui si basa il senso comune moderno. Entrambi hanno vissuto non a norma. Prismi sfaccettati. Su Leopardi si potrebbero fare almeno dieci film. Devo frenarmi...» Questo ha avuto una lunga incubazione. «Lunghissima: nello studio delle fonti e nella stesura della sceneggiatura. Che considero una mappa: più il tracciato è ricco di dettagli, più il viaggio può essere libero. E aperto alle improvvisazioni sul set. In questo mi sono sentito in perfetta sintonia con Elio Germano, che ha studiato così a fondo il personaggio da ritenersi libero di tradire il copione: ogni giorno poteva accadere qualcosa di imprevisto». Bravo anche Popolizio, un Monaldo fuori dagli schemi: non un gelido padre padrone. «Un carceriere per affetto, che voleva realizzati nel figlio i suoi sogni di grandezza. Quella tra lui e Giacomo è una storia d'amore, con tanto di gelosia, competitivita, tradimenti. Il personaggio glaciale, segaligno, è la madre, interpretata da Raffaella Giordano, danzatrice e coreografa: capace di rappresentare con la sola postura quel carattere coriaceo». Lo stesso Ranieri, amico e custode degli ultimi anni, è una figura più positiva di quella che conosciamo. Arbasino ha scritto: «Questo imbecille di Ranieri ha avuto in casa l' autore del Sabato del villaggio e della Ginestra, non l'autore de La Marianna la va in campagna o de La violetta la va la va, e non gli chiede niente, non riferisce un fatto, un episodio, un aneddoto, una battuta, una parola...» «Sì, il libro che Ranieri scrisse dopo la morte di Leopardi ne sottolinea più la malattia che la genialità. Ma è anche pieno di verità. Con cui si potrebbero fare molti altri film su Leopardi. Una tentazione». Antonella Barina Foto: Elio Germano è Giacomo Leopardi nelfilmdiMartone // giovane favoloso, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia e nelle sale dal 16 ottobre. A destra, in alto, Mario Mattone fra Germano e Teresa Fattorini, che interpreta Silvia Foto: Nella foto grande, Elio Germano-Leopardi a Firenze. ( 1 ) Da sinistra, Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi, padre del poeta),-Edoardo Natoli (Carlo Leopardi, il fratello) ed Elio Germano-Giacomo. (2) Michele Riondino (Antonio Ranieri, l'amico degli ultimi anni a Napoli). (3) Anna Mouglalis (Fanny Targioni Tozzetti, la nobildonna fiorentina di cui Giacomo si innamorò). (4) Isabella Ragonese (Paolina, la sorella di Leopardi)

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 32 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 114 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato spettacoli PROGETTI PER IL FUTURO Come va a finire? Basta un clic e lo spettatore entra nel film ANTEPRIMA DI Fort MeMouey DOCUMENTARIO SULLA TRASFORMAZIONE DI UNA CITTADINA CANADESE CHE SI SCOPRE RICCA DI RISORSE NATURALI. E BELLESEMPIO DI COSA CAMBIA QUANDO UNA STORIA È INTERATTIVA Riccardo Stagliano

ROMA. Puoi andare a parlare con la sindaca. Sentirla rispondere su come il boom ha fatto aumenI tare droga e prostituzione. Oppure puoi ascoltare una conversazione tra due barboni, che tirano a campare andando a rendere bottiglie vuote. Altrimenti farti un giro in auto con Marquisa, che ti racconta com'è essere donna in una città con il testosterone a livello di guardia, e soprattuto del suo nuovo, impensabile stipendio da 10 mila dollari al mese come cameriera. Il racconto della spettacolare crescita di Fort McMurray, in Canada, dovuta alle sabbie bituminose da cui oggi è facile estrarre il petrolio, lo decidi tu. Un clic alla volta, scegliendo da che parte andare ai vaii bivi che propone ogni schermata di Fort McMoney ( www.fortmcmoney.com), il pluripremiato webdocumentario di David Dufresne (ospite il 6 settembre del Milano Film Festival). Nato a Parigi ma da anni in Canada, è anche l'autore di Prison Valley, altro documentario interattivo su un paese in Colorado che ospita tredici prigioni private, dove lo stato delocalizza i propri carcerati. Ma in quest'ultimo lavoro il passaggio da spettatore a utente è portato alle estreme conseguenze. Documentarygame è l'autodefinizione. «H cinema sposa il videogame» ha titolato il New York Times recensendolo. E infatti, per potere prendere posizione nel sempiterno dibattito se queste nuove tecniche di estrazione portano più vantaggi (ricchezza) che svantaggi (danni all'ambiente e alla tenuta della comunità), sei costantemente incoraggiato a informarti. Ascoltare i diversi punti di vista. Leggere documenti indipendenti. Apprendere le tendenze dello sviluppo demografico ed economico del posto. E finalmente dire la propria in sondaggi sulle politiche da prendere. Così il webdoc si sdoppia in strumento di cittadinanza consapevole che fa venire in mente i «sondaggi deliberativi» cari al politologo James Fishkin per cui, prima di pronunciarsi su qualsiasi decisione pubblica, le comunità venivano preparate con mini-corsi intensivi sul tema. Così, quando Fort McMoney è uscito in Canada, sui sondaggi che proponeva si dava poi notizia sul quotidiano Globe and Mail, in una proficua cooperazione tra carta e ordine. Valore civico a parte, quello estetico-narrativo è sicuramente molto alto. Le riprese dei giacimenti lividi nella neve, con pennacchi di fumo da vulcani in attività, sono della qualità che uno si aspetterebbe per il grande schermo, non per il monitor di un computer. E questo spiega il vero punto debole di questo promettente genere: i soldi. «Produrlo è costato 870 mila dollari canadesi, poco meno di 600 mila euro» spiega Duf'resne via Skype dalla Normandia, dove si trova in vacanza, «divisi tra Arte, National Film Board canadese e Toxa. Ci sono voluti due anni e mezzo con una squadra di sei persone a tempo fisso e venticinque collaboratori in totale». Non c'è biglietto da pagare, non c'è pubblicità, niente. Il che ci avvicina alla risposta sul perché webdocumentaire abbia solo una voce di WìMpedia in francese, ci siano festival dedicati in Francia e Canada ma resti un formato ancora abbastanza poco frequentato nel resto del mondo: «Da una parte c'è una lunga tradizione documentaristica francese, dai Lumière in poi. Ma soprattutto perché il finanziamento, per il momento, viene tutto da servizi pubblici. E i nostri funzionano bene». A costo di sembrare prosaico, insisto sul fatto che a «ggi pare un investimento a fondo perduto: «Non se lo si considera un costo da ricerca e sviluppo. Pionieri come noi stanno creando un nuovo modo di raccontare storie coerente con la piattaforma internet, innovazione di cui si avvantaggeranno presto il cinema , la tv ma anche la pubblicità tradizionali. Dunque sì, per adesso chi produce non ci guadagna, ma non sarà sempre così». 11 paradosso è che per Dufresne l'idea di convertirsi ai webdoc aveva anche un motivo economico. «Nel 2008 sul sito di Le Monde vidi Voyageauboutdu charbon di SamuelBoIlendorff, ed è come se avessi visto la luca Apriva possibilità espressive infinite e mi dette l'emozione delle mie giovanili esperienze punk: sembrava di nuovo possibile rompere ogni regola. Ero giornalista a Liberation allora, e mi interrogavo con ansia sul declino dei giornali. E lo stesso faceva Philippe Brault, un mio amico fotoreporter,

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 33 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 114 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

per il suo settore sempre più in crisi. Quindi, da questo mix di ragioni d'attacco (sperimentare un nuovo genere) e di difesa (salvarsi dall'affondamento del vecchio), decidemmo di buttarci. Scrissi a un produttore, mi ricevette, e da lì ha inizio questa storia». Per lui ha funzionato benissimo. Resta che, verosimilmente, un prodotto complesso come Fort McMoney, con le sue otto ore totali di video e centinaia di sequenze tra cui scegliere, dovrà stare in piedi sulle proprie gambe economiche per avere un futuro. Dufresne non lo nega: «E come se adesso fossimo nella fase laboratoriale, dove sperimentiamo grazie ai soldi pubblici. Ma presto dovremo trovare un pubblico più ampio, che ripaghi l'investimento. E ciò si otterrà o puntando su temi più di massa. 0 semplificando il prodotto. O inventandoci nuovi sistemi di pagamento». Quanto a temi più mainstream, il suo prossimo lavoro sarà una grande inchiesta interattiva sul calcio. Riguardo le tariffazioni innovative, l'esempio che cita è quello di Ilove Your Work (iloveyounvork.net) di Jonathan Harris, premiato al Sundance, dove per-entrare nelle vite di nove attrici di porno lesbico bisogna pagare un biglietto da dieci dollari. Le sabbie bituminose, a occhio, non hanno lo stesso potere di spalancare i portafogli. Ma forse è solo questione di tempo. «Tre anni fa chi guardava Prison Valìey faceva molta resistenza a registrarsi con il proprio profilo Facebook. Ora lo fanno tutti senza problemi». Ogni start up ha bisogno di anni per uscire dal rosso. Amazon, per dire, ne impiegò sette. I webdoc sono già partiti meglio. • A sinistra, David Dufresne, autore di Fort McMoney (sopra, due sue immagini), il webdocumentario che racconta la storia di una cittadina canadese che si ritrova a fare i conti con un'improvvisa ricchezza Sopra, il pannello di controllo per la navigazione di Fort McMoney. Anche // Venerdì produce da anni webdocumentari, raccolti all'indirizzo http://s.repubblica.it/ webdocumentari

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 34 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 110 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

IL MIO SADISMO? E' PURO IL REGISTA Kim Kì-duk SPIEGA CHE LA VIOLENZA, NEI SUOI FILM , SVELA SEMPRE NOBILI SENTIMENTI. ANCHE IN ONEON ONE CHE PORTA ALLA MOSTRA DI VENEZIA. UNA STORIA DI SANGUE. PER DIRE CHE LA PAURA AIUTA A VIVERE MEGLIO E CHE NON ABBIAMO SCAMPO. A COMINCIARE DA LUI Federica Lamberti Zanardi

Kim Kì-duk è seduto davanti alla porta del suo studio nella Corea del Sud. È solo, in quel silenzio che spesso cerca. In questo studio ha lavorato a One on One, il suo ultimo film che apre Le giornate degli autori alla Mostra del cinema di Venezia e sarà in sala il 28 agosto. E da qui risponde alle nostre domanda Ci raccqnta le sue giornate negli ultimi mesi: ogni sera, dopo aver finito di lavorare, va a dormire in una piccola casa.di legno che ha costruito lui stesso. È sei volte più piccola di quella in cui ha girato Arirang il documentario del 2011 che testimoniava la sua crisi esistenziale dovuta ad un brutto incidente sul set di Dream: l'attrice protagonista stava per morire soffocata mentre recitava una scena in cui si impiccava «La mia abitazione è davvero minuscola» racconta «appena il doppio di una bara: 180 cm di ' lunghezza per 130 di larghezza e 180 di altezza. È qui che dormo e scrivo. Quando piove il rumore della pioggia vi risuona e la cosa mi pf ~~ ce molto. Nel futuro voi ta nel bosco e fare solo il contadino». Intanto il regista coreano a 53 anni continua a fare un film all'anno. E continua soprattutto a stupire pubblico e critica. Da La Samaritana che nel 2004 gli valse l'Orso d'argento a Berlino al sublime Pietà con vinto il Leone d'oro a Venezia, le sue storie, nonostante la violenza e il sadismo, riescono a trasmettere una purezza d'animo rara che porta lo spettatore a sopportare scene insopportabili. Crudeltà e poesia coesistono in un modo unico e perturbante. E quando gli si chiede conto di questa contraddizione risponde: «Credo di essere una persona pura e sincera. Ma credo che tutto sia mutevole. Anche il nostro carattere. Si cambia a secondo degli incontri che si fanno e dell'epoca in cui si vive. In questo momento il mio animo è prigioniero di sentimenti di rabbia e sfiducia. La nostra vita è ormai solo una grande sofferenza: si torturano gli altri, siamo torturati e torturiamo noi stessi. Faccio cinema per raccontare questo ciclo senza scampo». Perché questo artista che a trent'anni abbandonò Seul per fuggire a Parigi e fare il pittore e invece scoprì il cinema con Gli amanti delPont-NeufeB silenzio degli innocenti, ora più che mai è un pensatore. Un osservatore attento del presente che analizza con crudezza e senza retorica. Oneon One è la sua presa di coscienza dell'epoca terribile in cui viviamo. Della decadenza del capitalismo. Di una società dominata da ricchi corrotti dove i poveri sono destinati a essere schiavi e non hanno nemmeno la forza morale per ribellarsi. È una metafora, un po' didascalica, sulla morte della democrazia che getta una luce claustrofobica sul futuro. Una giovane studentessa viene uccisa da sette uomini che eseguono gli ordini del Potere. Per vendicarla il padre e un gruppo di ribelli cercherà i colpevoli, li torturerà per farli confessare e capire il movente dell'omicidio. «Il film descrive questa epoca dove le radici delle capitalismo, della competitivita e dell'ingiustizia sociale sono troppo profonde per essere sradicate» spiega il regista. Ma rispetto alle opere precedenti qui si avverte qualcosa di personale. «Tutto nasce dal mio desiderio di girare un film sul presidente coreano Roh Moo-Hyun. È stato un politico che ho praticamente venerato e nel 2009, purtroppo, è morto suicida. Non volevo realizzare un documentario sulla sua vita, ma descrivere la società che aveva sognato e che non si è realizzata. Una delusione che mi porto dentro da tanto e che ho deciso di confessare prima di tutto a me stesso. È la prima volta che un film dice qualcosa di me. Della mia disperazione nell'osservare i danni procurati dalla convinzione che il denaro sia la chiave di ogni cosa. Della mia angoscia nel vedere che viviamo su una bomba a orologeria». Per Kim Ki-duk la democrazia è definitivamente morta. «Basta guardare tutti i conflitti che ci sono in questo momento: da Israele all'Ucraina all'Iraq. Il vero male di oggi è la fine della democrazia. Che può esistere solo se tutte le nazioni del Pianeta si impegnano a rispettare l'ordine delle cose e le organizzazioni mondiali costruite in nome della pace svolgono fino in fondo il loro ruolo. Ma non è più così». Ma in One on One c'è anche una riflessione filosofica: gli uomini hanno bisogno di vivere nella paura perché solo così sopravvivono. Lo crede davvero? «Faccia un

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 35 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 110 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

esperimento. In un acquario con pesci piccoli ne metta uno grande. Vedrà che i pesciolini vivranno nel terrore ma godranno di ottima salute. La paura è l'energia che ci tiene in vita. La storia dell'umanità è fatta di guerre e oppressori da combattere. È una legge a cui non si sfugge. Torturati e torturatori hanno ognuno il loro ruolo. In One on One gli oppressi torturano i loro oppressori. Ma alla fine capiscono che di fronte a denaro e potere siamo tutti pronti a sottometterci». Però ci si può ribellare come fa il protagonista del suo film. «Non desidero sobillare le masse ma ho ancora la speranza che si possa fermare la catastrofe a cui andiamo incontro. Fare un film forse è inutile ma almeno è il tentativo di gettare nel pubblico il seme della consapevolezza». Due anni fa parlando di Pietà disse che la salvezza può arrivare solo da un'assunzione di responsabilità personale. Ognuno deve salvare la propria anima per salvare il mondo. Lo pensa ancora? «Sono più pessimista ma una parte di me ci spera. Solo una visione spirituale dell'esistenza può frenare la corsa all'autodistruzione. Sono convinto che l'Idea di Dio, che esista o no, sia indispensabile per l'umanità. Se non ci fosse avremmo ancora più guerre e dolore. Ma Dio non è altro che lo specchio della nostra coscienza». Federica Lamberti Zanardi Accanto il regista coreano Kim Ki-duk. Nella foto grande una foto delsuofilm One on One Una scena di One on One, il film sarà al festival di Venezia e sarà in sala dal 28 agosto

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 36 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 104 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IL CORTO Fantascienza,: sms e mail le porta un messaggero

La storia è ambientata in un presente immaginario o in un futuro alternativo in cui all'asettica, datata o poco elegante comunicazione via telefono, email o sms subentra un nuovo modo di consegnare i messaggi: verbalmente, faccia a faccia, tisicamente presenti anche se per interposta persona, usando un'app del telefonino che seleziona la persona più vicina al destinatario del testo e la trasforma in messaggero. È la trama di Somebody, ottavo corto del progetto Miu Miu Women's Tales. Lo firma la scrittrice, artista, regista e attrice Miranda Ju'y (il suo nuovo romanzo uscirà nel 2015 per Feltrinelli) ed è un altro tassello del percorso già segnato dai precedenti lavori di altre autrici, tra loro Zoe Cassavetes, Lucrecia Martel, Giada Colagrande e Hiam Abbas. July egli altri interpreti del film (mittenti, destinatari o messaggeri che si fanno carico delle emozioni altrui per riportarle fedelmente) si ritroveranno così a incontrarsi per litigare, lasciarsi, fare la pace, chiedere la mano, fare l'amore. Otto minuti di vita reale, di gran lunga più bella, appassionante e autentica di quella virtuale. Somebody verrà presentato in anteprima il pomeriggio del 28 agosto alla Mostra del Cinema di Venezia, nell'ambito delle Giornate degli autori, insieme al settimo corto del progetto. Spari and Light di Soyong Kim, e sarà poi trasmesso il 24 settembre in esclusiva sul canale laeffe all'interno del ciclo Storie di donne (cortometraggi e lungometraggi in onda dal primo settembre, tutti i lunedì e mercoledì in prima serata), (tip.) Sopra, una scena del cortometraggio Somebody di Mirandajuly (a destra), ottavo corto del progetto MiuMiu Women'sTales

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 37 22/08/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1379 - 22 Agosto 2014 Pag. 104 (diffusione:687955, tiratura:539384) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato spettacoli ARLECCHINO E MONTALDO? ALTA DEFINIZIONE DI CINEMA NEL 19B3 iL KtbiSTA HA FIRMATO CON STORARO LA PRIMA PELLICOLA IN HD DELLA STORIA. CHE, IN VERSIONE RESTAURATA, ARRIVA A VENEZIA Tiziana Lo Porto

Risale al 1983 ed è italiano il primo esperimento mondiale di cinema in alta definizione. Si tratta del cortometraggio di otto minuti, a colori, Arlecchino realizzato dal regista Giuliano Montaldo e dal direttore della fotografìa Vittorio Storaro per la Rai, in collaborazione con la Sony e la televisione pubblica giapponese. Un piccolo film che, in tempi non esattamente rapidi, avrebbe aperto la strada al cinema digitale e che quest'anno si prende gli onori riservati ai pionieri grazie alla Rai e alla Cineteca Nazionale di Roma che l'hanno recuperato e restaurato e lo presenteranno a Venezia (venerdì 5 settembre) insieme a L'amour existe di Maurice Pialat del 1961 e L'avventura dì un soldato di Nino Manfredi del 1962. II protagonista è Ferruccio Soleri e le riprese sono state fatte in interni e in esterni - in un arco di tempo che andava dall'alba al tramonto - proprio per sperimentare al meglio l'alta definizione con vari tipi di illuminazione naturale e artificiale e di densità cromatica. «Con Arlecchino sono stato il primo al mondo, assieme a Vittorio Storaro, a sperimentare per la Rai le riprese in alta definizione», ricorda con legittima soddisfazioneGiuliano Montaldo, 84 anni portati in altissima definizione. «Quello dell'Hd doveva essere un percorso veloce, ma la lotta tra le lobby industriali ha rallentato il processo. Per quanto riguarda le tecnologie domestiche invece, dai cellulari ai computer, sono sconcertato dalle capacità dei giovani, ma forse è questo il destino di tutte le vecchie generazioni». Fa fatica anche ad accettare le nuove tecnologie applicate al cinema? «Credo che impongano una limitazione oggettiva. In pochi anni materiali che costano fortune diventano obsoleti. I mezzi mutano continuamente, stare al passo è costosissimo. Parliamo di budget impensabili per le nostre produzioni e questa inaccessibilità di fatto ci taglia fuori dal mercato. Oggi dare corpo, in un film, a una visione onirica, adeguata al livello a cui gli spettatori sono abituati, può essere impossibile». Sempre alla Mostra di Venezia, Montaldo presiederà la giuria di studenti di cinema che assegnerà il Premio Venezia Classici per il miglior film restaurato e per il miglior documentario sul cinema. In concorso diciotto lungometraggi (tra questi, Bulli e pupe di Joseph L. Mankiewicz, Moucìiette di Robert Bresson, Baci rubati di Frangois Truffaut, Macbeth di Roman Polanski, Umberto D. di Vittorio De Sica, L'udienza di Marco Ferreri, Una giornata particolare di Ettore Scola, Todo modo di Elio Petri e La Cina è vicina di Marco Bellocchio) e i documentali sul cinema OneDaySince Yesterday:PeterBogdanovich & The Lost American Film di Bill Teck e Mise en scène with Arthur Penn (a conversation) di Amir Naderi. • ARESU AGF Nella foto grande (e a sinistra) Ferruccio Soleri: è/Wecch/nonelfilm di Giuliano Montaldo (sopra)

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 38 22/08/2014 Internazionale - N.1065 - 22 Agosto 2014 Pag. 79 (tiratura:130000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cultura Cinema Dagli Stati Uniti Lauren Bacall, 1924-2014 L' attrice statunitense è morta a New York il 12 agosto. Aveva 89 anni

Fin dalla sua prima apparizione sullo schermo, in Acque del sud di Howard Hawks, quando chiede un fiammifero a Humphrey Bogart, si capì che Lauren Bacall (nome d'arte di Betty Joan Perske) era destinata a diventare una delle grandi leggende di Hollywood. A un certo punto del film rivolta a Bogart dice: "Con me non occorrono tante commedie (...) basta un fischio. E tu sai fischiare, vero? Basta che tu unisca le labbra e sofi". Lei e Bogart si sposaro­ no appena finite le riprese e rimasero insieme fino alla morte dell'attore. Molti anni dopo, in un'intervista, Lauren Bacall ammise che quelli erano stati gli anni più felici della sua vita. Girò altri tre film con il marito, tra cui Il grande sonno , diventato un classico, e impose un nuovo tipo di personaggio femminile, capace di tenere testa con ironia e sfacciataggine a tipi duri come Humphrey Bogart. Durante la sua vita ha sempre cercato di ottenere riconoscimento come attrice (vale la pena di ricordare Come sposare un milionario e L'amore ha due facce ) più che come star di Hollywood o vedova di Bogart, ma recentemente aveva confessato di sapere che non sarebbe mai successo. Di lei sarebbe sopravvissuta l'immagine di quella splendida ragazza con lo sguardo magnetico e la voce roca, capace di sedurre Bogie. The Independent SUNSET BOULEVARD/CORBIS Foto: Lauren Bacall nel 1945

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 39 22/08/2014 ItaliaOggi Pag. 4 (diffusione:88538, tiratura:156000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA

Lo scontro Amazoneditori: Franceschini contro il colosso Usa. «Serviranno regole non soltanto europee, ma globali, per rispondere ai cosiddetti giganti della rete», lo ha detto ieri il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, in un'intervista al portale Cadoinpiedi.it, a proposito del caso Amazon scoppiato riguardo ai prezzi di vendita imposti dal colosso Usa ad autori e editori. «Ho letto della polemica. Il tema, però, è più ampio. Non si limita, infatti, all'industria libraria», ha aggiunto Franceschini. «Penso per esempio al settore alberghiero, con portali come Booking che vincolano gli alberghi a non offrire i propri servizi a prezzi più bassi attraverso altre agenzie o il proprio sito, o al caso dei produttori musicali indipendenti, che hanno problemi con YouTube, da quando il portale video è controllato da Google; YouTube, infatti, nei contratti propone condizioni economiche difficili da sostenere...». Dopo il ministro della cultura francese Aurélie Filippetti e quello tedesco Monika Grutters, sulla stessa lunghezza d'onda Franceschini ha sottolineato: «come Europa dobbiamo individuare regole comuni, perché i singoli stati non hanno strumenti per intervenire nei confronti di colossi globali come Amazon, e non solo, naturalmente». Editoria, la lettura di un libro di carta coinvolge di più di un e-reader. La lettura di un libro su un lettore Kindle o su un altro dispositivo elettronico potrebbe rendere più diffi cile capirne la trama. Secondo un gruppo di ricercatori della Stavanger University (in Norvegia), avere un libro di carta in mano e l'atto di sfogliare le pagine aiuta infatti il lettore ad assorbire più informazioni. Osmosi che non può esistere con un ereader. Lo studio, riportato dal quotidiano britannico The Guardian, ha anche scoperto che l'empatia con i personaggi, l'immersione nella storia e la comprensione del racconto sono «signifi cativamente peggiori» nei lettori Kindle. Chi usufruisce di dispositivi elettronici per la lettura ha meno probabilità di ricordare gli eventi della storia nel loro giusto ordine. Studio Universal omaggia Hit chco ck... Per celebrare i 115 anni dalla nascita del maestro del brivido Alfred Hitchcock (13 agosto 1899), Studio Universal (Mediaset Premium sul digitale terrestre) presenta la prima tv nello spazio Lost & Found: la versione restaurata de Il pensionante - Una storia della nebbia di Londra, fi lm muto del 1927, c o n s i d e r a t o d a l r e g i s t a stesso il suo «primo vero fi lm» e conosciuto anche con il nome de L'inquilino. L'appuntamento è per lunedì prossimo in seconda serata. ... e Sky ricorda Robin Williams. Prosegue l'omaggio di Sky Cinema Hd a Robin Williams, scomparso all'età di 63 anni lo scorso 12 agosto. Sky Cinema 1 Hd propone una nuova serata dedicata al grande artista con Will Hunting - Genio ribelle, in onda oggi alle 21.10. Il fi lm, disponibile anche su Sky on demand e Sky go, sarà in replica domani alle 13.00 su Sky Cinema 1 Hd e alle 21.10 su Sky cinema +24 Hd. Facebook, oggi intervista collettiva dallo spazio. Oggi è in programma il primo Q&A (questions and answers, domande e risposte) al mondo, realizzato dallo spazio direttamente dalla Stazione spaziale internazionale (Iss). Il Q&A Facebook e la diretta streaming con l'astronauta Esa Alexander Gerst si svolgono alle ore 14.55. Per 20 minuti, Gerst è disponibile in video streaming sulla propria pagina Facebook per rispondere alle domande dei fan dalla Stazione spaziale internazionale, successivamente rimane collegato per un Q&A di 30 minuti per rispondere alle domande dei fan sulla propria Pagina Facebook via chat. Tim presenta il Trofeo Tim 2014. Il torneo dell'estate calcistica italiana (l'operatore tlc è sponsor ufficiale della Lega Serie A) si disputerà domani al Mapei Stadium di Reggio Emilia, alle 20:45, e andrà in onda in diretta su Canale5. Al triangolare, giunto alla 14° edizione, prenderanno parte Milan, Juventus e Sassuolo, vincitore dell'edizione 2013. I club si sfi deranno in incontri di 45 minuti ciascuno

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 40 22/08/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato LA POWER LIST Produzioni film , Rai Cinema distanzia Medusa DI MARCELLO MURACE

a pag. 19 Rai Cinema si conferma motore del cinema tricolore e allunga su Medusa Film, intenta a consolidare la seconda piazza, mentre produttori come Indiana, Valsecchi e Indigo Film crescono, attirano talenti e stringono alleanze con i circuiti distributivi. Che in Italia sono soprattutto The Space Cinemas e Uci Cinemas (45% del mercato insieme). Anche quest'anno, il primato della Power List di Box Office, il periodico di Editoriale Duesse diretto da Antonio Autieri, e del mensile Ciak (gruppo Visibilia), alla 15ª edizione, ha riguardato i soliti noti. «Rai Cinema è oggi il player che sostiene di più il cinema italiano e la sua distribuzione, ma Medusa resta fortissima grazie al film di Checco Zalone (record di incassi per il cinema italiano con 52 mln di euro, ndr) e al successo internazionale de La grande bellezza di Paolo Sorrentino, che ha riportato attenzione sul cinema italiano», ha commentato a ItaliaOggi Vito Sinopoli, presidente di Editoriale Duesse. Al record di Piove a Catinelle e all'Oscar per il miglior fi lm straniero tributato a La grande bellezza, la casa di produzione cinematografi ca Rai, guidata dall'a.d. Paolo del Brocco, ha risposto con oltre 150 film prodotti nel t r i e n n i o 2012-2014, a fronte di un investimento di 160 milioni di euro circa. La divisione 01, guidata da Luigi Lonigro, ha aumentato gli incassi grazie al giusto equilibrio dei titoli, che vanno dal fi lm di Natale di Pieraccioni, a Il capitale umano di Paolo Virzì, fi no all'esordio di Pif. Un'affermazione certifi cata dai premi andati ai fi lm Rai, come il Leone d'oro di Sacro GRA a Venezia e il Gran Prix della giuria di Cannes per Le meraviglie. Medusa e Giampaolo Letta, vicepresidente e a.d., hanno reagito al taglio degli investimenti di Mediaset, puntando su meno pellicole, che hanno avuto però un fortissimo impatto su pubblico e critica. La terza piazza è occupata da Pietro Valsecchi, presidente di Taodue (controllata al 100% da Mediaset), che ha prodotto Sole a Catinelle e i due film precedenti del comico pugliese, valsi complessivamente 110 milioni di euro. Un passo indietro per Giuseppe C o r r a d o e Andrea Stratta, rispettivamente a.d. di The Space Cinemas e Uci Cinemas, i due principali distributori delle pellicole nei multisala. The Space Cinema rappresenta oggi il 20% circa del mercato, ma la rivale Uci Cinemas si è avvicinata e il futuro non è scontato: i soci 21 Investimenti (Benetton) e Mediaset potrebbero ancora vendere le sale targate The Space Cinema agli inglesi di Vue. L'azienda guidata da Stratta, invece, può contare sul nuovo management internazionale della casa madre a Londra, che crede nel potenziale di crescita del circuito. «La sorpresa di questa Power List è rappresentata da generazioni di produttori sempre più forti, che crescono e si alleano in modo intelligente con i distributori», ha aggiunto Sinopoli. Fra questi Marco Cohen, Fabrizio Donvito e Benedetto Habib, titolari di Indiana Production, al 13° posto della classifi ca per aver prodotto Il capitale umano di Virzì, miglior film italiano della stagione. Sette posizioni più su, la Indigo Film di Francesca Cima e Nicola Giuliano, che ha prodotto La grande bellezza e cerca nuove conferme internazionali con La giovinezza, il nuovo fi lm in inglese di Sorrentino. © Riproduzione riservata

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 41 22/08/2014 L'Arena di Verona Pag. 49 (diffusione:49862, tiratura:383000) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

CINEMA . Arriva alla Mostra di Venezia fuori concorso il «social film » che illustra cosa è avvenuto il 26 ottobre 2013 «Italy in a day», una giornata raccontata dai video della gente

Alcuni fotogrammi di Italy in a day e il regista Gabriele Salvatores Un giorno da italiani, vite felici o in crisi, nascite e matrimoni, un pranzo in famiglia, un bacio, un tramonto, un ciao dallo spazio o da dietro le sbarre. Scegliere tra i 44.197 video ricevuti da chi ha accettato l'invito di girare un filmato durante le 24 ore del 26 ottobre 2013 non è stato per niente facile. Al lavoro ci si è messo il premio Oscar Gabriele Salvatores e la squadra di Indiana Production con Rai Cinema. È venuto fuori il primo film collettivo e social: Italy in a day. E la Mostra del cinema di Venezia, attenta ai cambiamenti di linguaggio, ci ha creduto e lo ha scelto per il fuori concorso, in cui passerà il 2 settembre. Lorenzo Gangarossa ha adattato per l'Italia l'idea già sviluppata dalla Scott Free di Ridley Scott e Liza Marshall ed è tra i produttori con Fabrizio Donvito, Marco Cohen, Benedetto Habib. «È una sorta di primo censimento audiovisivo, a giudicare dalla quantità di persone che ci hanno raccontato il loro giorno in Italia. Un materiale ricco e potente che ci ha emozionato e commosso» dice Gangarossa, «il film che si vedrà a Venezia e poi in sala distribuito da 01 è un racconto di 76 minuti che misurano in qualche modo la temperatura emotiva del paese». Gangarossa racconta come alle domande proposte come tracce per i video - di cosa hai paura, che Italia stai vivendo, cosa ami - abbia risposto «una moltitudine eterogenea di persone. Non solo giovani, come si potrebbe pensare, ma persino ottantenni con la voglia di raccontarsi. E tutti con racconti profondi anche quando sono episodi allegri». Insomma ci si è anche un po' stupiti della bellezza di queste 2200 ore di immagini che una squadra di selezionatori coordinata dai montatori Massimo Fiocchi e Chiara Griziotti ha avuto tra le mani, una sorta di diario emotivo, censimento dei pensieri degli italiani - tantissimi i nuovi italiani, i G2 italiani di seconda generazione ancora senza cittadinanza ma connazionali «di fatto» - quasi uno psicodramma collettivo, sincero e senza filtri. «Un social movie», come si è voluto definire. Dice Gabriele Salvatores: «Ho trovato molto emozionante, istruttivo e interessante questo esperimento, realizzabile solo oggi con i media di cui disponiamo. Sono stato quello a cui migliaia di persone affidavano il loro "message in a bottle". Ci voleva rispetto, attenzione. Ma anche la coscienza del proprio ruolo». Molte le curiosità, come il video mandato dall'astronauta Luca Parmitano o le immagini girate dai detenuti del carcere di massima sicurezza di Bollate. «Abbiamo avuto un accordo con il ministero di Grazia e Giustizia, siamo andati lì dentro e spiegato ad alcuni di loro come realizzare il video. Gli abbiamo lasciato le videocamere e si sono raccontati». Tante le cose potenti arrivate alla redazione come la storia di un medico «meraviglioso» e quella di un collaboratore di giustizia. Ardua la selezione: «Ci siamo mossi inserendo i tag degli argomenti ad ogni video arrivato e poi scegliendo l'arco della giornata che volevamo raccontare per intero, la varietà dei luoghi italiani da Pantelleria a Bolzano, le risposte alle domande che avevamo posto e le sequenze legate agli eventi importanti della vita. Siamo arrivati ad una superselezione fino ai 76 minuti». E il resto? «Italy in a day è un progetto aperto, contiamo di svilupparlo», risponde Fabrizio Danvito. Che Italia viene fuori? «Sofferente ma creativa e piena d'energie», conclude Gangarossa.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 42 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 72 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cultura Interstellar svelato Viaggi nel tempo. Missioni intergalattiche. E campi di granturco malato. Il nuovo film di Christopher Nolan uscirà a novembre. Ma "l'Espresso" lo conosce già Emiliano CarpinEta

La corsa inarrestabile di una stella che precipita verso il centro di una galassia distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino (altre stelle, asteroidi, pianeti). Poi qualcosa la risucchia: un buco nero comparso nel cuore della galassia. La stella impazzita precipita avvitandosi, poi esplode, e le onde d'urto si propagano ovunque nello spazio e nel tempo, fno a colpire anche un insignifcante pianeta chiamato Terra. È il folgorante inizio di "Interstellar" di Christopher Nolan, uno dei film più attesi dell'anno. Un kolossal che arriverà nei cinema di tutto il mondo all'inizio di novembre, ma che "l'Espresso" è in grado di raccontare in anteprima. Con questo flm Nolan lascia il campo sicuro delle trasposizioni di fumetti (i successi della trilogia di Batman) e quello più accidentato della produzione (da "L'uomo d'acciaio" al disastroso "Trascendence") per tornare a cimentarsi con storie originali come quelle su cui ha costruito la sua fama ("Following", "Memento", "Inception"). Doveva essere Steven Spielberg a dirigere questo ambizioso flm di fantascienza, che cerca di cucire un'avventura intorno alla teoria dei "wormhole", le "scorciatoie" che permetterebbero di viaggiare nello spazio e nel tempo. Alla fne il progetto è tornato nelle mani dei Nolan: oltre a Christopher nella squadra c'è Jonathan, il fratello sceneggiatore con cui il regista collabora da sempre. «Sono cresciuto in un'epoca in cui diventare un astronauta era la più grande ambizione di ogni bambino», ha raccontato Christopher Nolan nella sua apparizione a sorpresa al ComicCon di San Diego, dove è stato lanciato lo spettacolare trailer del flm disponibile anche in italiano. «L'idea della conquista dello spazio, dello spingersi sempre oltre mi sembrava meravigliosa. Per me in un momento come quello in cui viviamo, in cui la tecnologia più avanzata è quella che abbiamo in tasca, era particolarmente stimolante l'idea di vivere una nuova era che permettesse di viaggiare in un'altra galassia». Con l'aiuto di un cast mozzafiato di vecchie e nuove glorie (Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine), il regista si muove tra missioni interstellari e buchi neri, coniugando le recenti teorie di Kip Thorne sui viaggi nel tempo a un enigma già confutato da Albert Einstein, il "paradosso dei gemelli" (se uno dei due parte per lo spazio alla velocità della luce, invecchierà meno di quello che resta sulla Terra?). Il risultato è un'avventura che unisce la dimensione metafsico-esistenziale di "2001: Odissea nello Spazio" con il declino urbano di "Blade Runner" e con la scoperta di meraviglie di "Avatar." Verifcheremo il 6 novembre se tanta ambizione convincerà pubblico e critica: del resto seppur glaciale, pretenzioso, controverso, nemico di una delle più elementari regole dello storytelling visivo («Show, don't tell!», non raccontare quello che puoi far vedere), Nolan è forse l'unico regista in circolazione a poter vantare un seguito irriducibile e fondamentalista di tifosi, sbeffeggiati sulla rete con l'appellativo di "Nolanites". Proverbiale è anche la segretezza paranoica che accompagna ogni suo flm e "Interstellar" non fa eccezione: ma come a Quentin Tarantino pochi mesi fa per "The Hateful Eight", anche a Nolan questa volta qualcosa è sfuggito. Ed ecco cosa vedremo a novembre. Cinquant'anni dopo l'esplosione della stella che ha aperto il flm, la Terra è una sperduta landa rurale, dilaniata da incendi, terremoti e carestie alle quali è sopravvissuta solo la coltivazione del granturco. Governi ed economie sono collassati, il progresso scientifco si è dissolto e le imprese spaziali sono fnite nel dimenticatoio, tanto che il primo allunaggio è bollato come una leggenda metropolitana. Cooper (McConaughey), ingegnere pilota vedovo e con due fgli adolescenti, non si rassegna al destino che incombe sulle nuove generazioni, per le quali l'agricoltura è l'unica prospettiva esistenziale auspicabile. «Non siamo rimasti a corto di televisori o di satelliti, siamo rimasti senza cibo», gli spiega gelidamente la preside della scuola che condanna il suo fglio maggiore, Tom, a mettere una croce sull'università e a piegarsi a un futuro da agricoltore. A seguire le orme del padre sarà la fglia Murphy («Come la legge per cui se qualcosa può andare storto, lo farà», le spiega un giorno Cooper). E questa donnaingegnere è una modifica del progetto originale nata per accattivarsi il pubblico:

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 43 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 72 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

quello femminile che lamenta la mancanza di donne-scienziato nei flm, ma anche quello maschile, che così ha l'occasione di vedere sullo schermo, nei panni di Murphy adulta, la bellissima Jessica Chastain. Su segnalazione di un amico, Cooper scopre in un campo una sonda spaziale che emette segnali alternati a frastuoni assordanti. Analizzandola, lo scienziato recupera un'immagine sorprendente: un pianeta ricoperto di ghiaccio posto al centro di un diverso sistema stellare. Una scoperta straordinaria, ma non c'è nessuno con cui parlarne: «La Nasa non esiste più da trent'anni», dice Cooper alla figlia Murphy, che non vuole arrendersi. La sonda, che sembra vivere di vita propria, guida i due in una base spaziale segreta, nascosta sotto terra in un'isola. Qui una équipe clandestina di scienziati, coadiuvata da decine di robot tuttofare, lavora in gran segreto alla prima spedizione interstellare. Brand (Anne Hathaway), giovane e algida biologa, spiega ai due increduli interlocutori che anche il granturco è malato e presto si estinguerà, decretando di fatto la fne dell'umanità: «La Terra ne ha avuto abbastanza di noi. Ci restano due, forse tre generazioni. Poi il nostro tempo sarà fnito». Ma Cooper non ci sta: «Troveremo qualcosa. Una nuova tecnologia. È quello che abbiamo sempre fatto». In effetti una speranza c'è: sfruttare il wormhole dal quale è passata la sonda per raggiungere il misterioso pianeta con acqua e ossigeno, e installare lì una colonia umana. Per Cooper è l'occasione di una vita, il sogno di tornare a fare il pilota. Ma è anche lo strazio di lasciare i figli, soprattutto Murphy che vorrebbe a tutti i costi accompagnarlo. «Tienimelo da parte. Tornerò. È una promessa», sussurra alla fglia dandole il suo orologio. Si rivedranno presto, in realtà: prima di entrare nel wormhole, infatti, l'astronave libera nello spazio un ripetitore per le comunicazioni con la Terra. Grazie ad esso nel corso della missione, Cooper potrà restare in contatto con i fgli e vederli crescere, mentre lui resta uguale. Il viaggio è pieno di imprevisti e di suspense. Ma Brand è guidata da una certezza molto poco scientifca: «Trovo diffcile credere che qualcuno costruisca un wormhole che porta ad un pianeta ricco di acqua e di ossigeno solo per attirarci in una trappola». Come nei classici flm di fantascienza, una vena spirituale corre lungo "Interstellar". «Voi umani siete bravi a sopravvivere perché l'evoluzione vi ha dato il pensiero magico, l'idea che le vostre relazioni siano importanti», spiega il robot Case a Cooper durante il viaggio. Tra i pericoli che gli astronauti si trovano ad affrontare ci sono misteriose sfere di luce che contorcono i corpi umani in forme grottesche, e due enormi buchi neri, battezzati Gargantua e Pantagruel, che minacciano di divorare l'astronave appena emersa dal wormhole. A salvare l'equipaggio da morte certa è il sacrifcio di Tars, un cyborg dal marcato senso dell'umorismo, che si immola nelle viscere di Gargantua liberando la navicella dall'attrazione gravitazionale. Quando però i sopravvissuti riescono a mettere piede sull'agognato pianeta ghiacciato e ad esplorarlo, scoprono di non esssere arrivati per primi: tra le rocce coperte di ghiaccio si erge una stazione spaziale che batte bandiera indiana, circondata da lapidi di astronauti morti. Anche in questo caso c'è una variante rispetto alle prime versioni della storia. La stazione rivale doveva battere bandiera cinese, ma quel mercato è troppo importante per Hollywood per rischiare di inimicarselo. «Ma come hanno fatto gli indiani ad arrivare per primi?», esclama Brand. «Il governo aveva mantenuto il segreto sul wormhole». E Case le risponde con ironia da robot: «Evidentemente non hanno fatto un buon lavoro». È successo anche a "Interstellar": la fuga di notizie non basta però a rovinare la missione di Cooper sul pianeta ghiacciato. E certamente nemmeno il successo del flm. Un nuovo pericolo viene dal cielo: un buco nero scherma il pianeta dalle micidiali radiazioni di una stella di neutroni per sole 20 ore al giorno. «Tra poco le radiazioni ci cuoceranno vivi», ammonisce Brand. La salvezza è sotto terra: la squadra scopre un lunghissimo tunnel abitato da una fauna fantastica che ricorda "Avatar". Brand, Cooper e il resto della squadra scovano una seconda installazione indiana. Qui scoprono che anche questo pianeta ha gli anni contati: sarà disintegrato dallo spostamento progressivo dell'orbita di Pantagruel. Per questo i robot sopravvissuti ai loro creatori indiani si sono spinti nelle vastità dell'universo. In uno scantinato, Cooper e compagni trovano una sorta di astronave, un congegno gravitazionale che potrebbe salvare la Terra dalla catastrofe umanitaria: una produzione in serie consentirebbe infatti l'evacuazione in massa della popolazione in qualunque colonia intergalattica. Cooper invia verso la Terra una sonda con le istruzioni per costruire la "scatola nera", e poi la squadra riparte. Il viaggio di ritorno è pieno di imprevisti e colpi di scena. I motori si spengono, lo shuttle precipita in un nuovo

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 44 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 72 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

wormhole, e dopo una parabola che farà sentire gli spettatori sulle montagne russe riemergono davanti a una colossale stazione spaziale costruita dai robot indiani in ben quattromila anni di lavoro. La base si trova proprio al centro di una rete di wormhole che connette ogni sistema planetario dell'universo. L'indomita Brand decide di avventurarsi verso l'ignoto. Cooper invece sceglie il "tunnel" che riporta sulla Terra. Atterra in mezzo a una tempesta di ghiaccio e si risveglia nell'ospedale di una colonia del pianeta. Dalla sua partenza sono passati centinaia di anni: non è Murphy a restituirgli l'orologio, ma un suo discendente ormai vecchissimo. La sonda con le istruzioni per costruire le navicelle di salvataggio è arrivata sulla Terra e grazie ad esse l'umanità vive una nuova stagione di prosperità in colonie racchiuse in immense capsule sospese nel vuoto. L'ancor giovane Cooper potrebbe godersi un tranquillo futuro di vita bucolica.Ma resisterà all'attrazione del cosmo? Quando i nostri eroi arrivano sul pianeta ghiacciato scoprono di non essere i primi: evidentemente c'è stata una fuga di notizie Foto: anne hathaway in "interstellar" di christopher nolan. a sinistra: la casa del protagonista nel film Foto: noLan suL seT DI "InTersTeLLar". sopra: Due IMMagInI DaL fILM

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 45 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 46 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Intervista Sempre più forte Tre film a Venezia, e un tour teatrale in cui ha visto un'Italia imbarbarita. Parla l' attrice del momento colloquio con iaia forte di andrea rinaldi

Imbarbarita, ignorante, abile a svendere i suoi valori per riacquistarne di nuovi, ma più gretti. Ostaggio della crisi, l'Italia non riesce più a capire quello che è diventata. Almeno così la vede Iaia Forte dall'osservatorio privilegiato dei palchi teatrali della Penisola che ha calcato con la tournée "Hanno tutti ragione", chiusa il 9 agosto al Pigneto di Roma: uno show passato anche dagli Stati Uniti e in cui veste i panni maschili di Tony Pagoda, cantante melodico napoletano del libro di Paolo Sorrentino. Iaia Forte, attrice del momento (ora arriva a Venezia con ben tre flm), descrive, in questa intervista con "l'Espresso", un Paese profondamente in diffcoltà dove i giovani sono disorientati, anche a causa dei colpi infitti alla cultura e all'istruzione. Iaia Forte, la sua è una fotografia impietosa e scoraggiante? «Ho visto un'Italia fortemente depressa nei suoi istinti vitali, non solo dal punto di vista economico. Più involgarita, ignorante. La crisi si è innestata su una società che ha vissuto vent'anni in cui contavano solo soldi, potere, "briatorismo" e il risultato è stato dirompente». Come trova invece i ragazzi che la vengono a vedere? Da loro dipende il futuro del Paese. «Vedo nei giovani una volontà di cambiamento che non riesce a trovare un canale di sfogo. Chiaro, ci sono delle differenze, ma li trovo poco preparati: l'Italia è uno dei Paesi dove si legge di meno dicono molte statistiche, e la devastazione che ha subìto la scuola negli anni passati ha contribuito a smarrirli. Anche quelli più intelligenti con cui parlo mi danno la sensazione che abbiano diffcoltà a orientarsi». Quando però aspetta il lancio dei coltelli ne "La grande bellezza" sembra condividere lo sguardo dolentemente compiaciuto di Sorrentino sull'Italia. «Io credo che il successo della pellicola sia dovuto non solo alla bellezza di Roma, ma al fatto che Sorrentino abbia raccontato personaggi il cui vuoto, la cui solitudine e il cui dolore nascosto nei brindisi siano così contemporanei che ci corrispondono. Anche il mio personaggio doveva esprimere il dolore del mondo e la fatica del presente. Tutti consciamente o no si sono riconosciuti nello sperdimento di queste anime in rovina come i ruderi di Roma». Cosa ricorda con più affetto di quel film? «È stato bellissimo incontrare Toni Servillo, che mi aveva messo per la prima volta in scena. Sorrentino è stato bravissimo a mettere assieme personaggi popolari e attori di teatro. Ricordo un'atmosfera splendida, abbiamo girato a lungo di notte e poi al mattino prestissimo, poi, terminate le riprese, andavamo a prendere i cornetti. Non ho mai visto Roma così bene come in quelle notti o in quelle albe di agosto, in cui era completamente vuota e appariva irrealistica, quasi un luogo pittorico. Perdeva i contorni reali e diventava davvero la "città eterna"». A Venezia sarà presente con "Il giovane favoloso" di Martone, "La vita oscena" di Renato De Maria e il docufilm sui grandi magazzini popolari di Roma "Show Mas go on" di Rä di Martino. Si preannuncia un soggiorno impegnativo al Lido. «Sono contenta, vuol dire che si fanno scelte coraggiose che vengono poi premiate. Venezia ha dato voce a opere sperimentali che sono però testimonianze importanti del contemporaneo». Come mai la partecipazione al documentario di una videoartista? «Mi incuriosisce lavorare in ambiti diversi e mi piace l'incontro tra espressioni differenti. Rä di Martino ha voluto girare un documentario su un luogo molto tipico del postmoderno: i magazzini Mas di piazza Vittorio. Sono nati negli anni Venti come location elegantissima e poi diventati la rappresentazione del postmoderno: ci vanno tutti, dalle costumiste alle signore aristocratiche ai clochard. La videoartista per ricreare la strana dimensione del Mas ha miscelato la realtà di veri commessi con la fction attoriale mia, di Filippo Timi e Maya Sansa». Trova che il documentario possa essere potente come narrazione anche in Italia? «Io sono appassionata di documentari, ero anche a Locarno con "Sul vulcano" di Gianfranco Pannone. In Italia c'è un tale abuso di realismo nella fiction, il documentario invece riesce a fltrare la realtà attraverso uno sguardo poetico e dunque a renderla più interessante rispetto a quella rappresentata dalla tv dei reality. Altri Paesi europei sono più attivi verso il genere. Però ho notato, a partire dai riconoscimenti di "Sacro Gra", una timida apertura, ci sono canali tematici in tv e in alcune sale di Roma e Milano stanno iniziando a proiettare stabilmente documentari». Come è stato ritornare a lavorare con De

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 46 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 46 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Maria dopo "Paz!" su Andrea Pazienza? «"La vita oscena" è molto interessante, è stato tratto dal romanzo di Aldo Nove e prodotto da Riccardo Scamarcio. È il delirio di un ragazzo che si droga e passa una notte di attraversamento della propria coscienza: io sono una prostituta. In questa pellicola De Maria esprime tutta la sua dimensione di regista più sperimentale, ha osato molto e ha realizzato un flm psichedelico, cosa rara in Italia». Torna invece per la terza volta al cinema con Martone. «Ho lavorato con lui talmente tanto che ormai ho una fducia totale. Quando mi ha detto del flm gli ho detto che era un rivoluzionario. Giacomo Leopardi è il nostro eroe, ce lo invidiano tutti e noi invece le nostre eccellenze le rimuoviamo. Quando un artista dà voce alle nostre memorie più insigni è sempre importante e poi raccontando il passato si parla del presente in maniera più acuta». Che figura è la signora Rosa de "Il giovane favoloso" che lei incarna? «Martone mi ha detto "Per me tu rappresenti l'ingresso a Napoli di Leopardi". Sono la proprietaria della casa dove alloggiano Ranieri e il fglio poeta. Leopardi a un certo punto mi sogna e io rappresento il Sud con tutto quello che porta, un mondo a lui ignoto, una sorta di visione del proprio sperdimento. Elio Germano poi lo toglie dall'icona triste a cui siamo abituati e gli conferisce un carattere veramente rivoluzionario». Con Martone porterà persino la Carmen di Bizet tra i vicoli napoletani. «Debutteremo allo Stabile di Torino a fne febbraio, saremo in seguito al Piccolo di Milano per l'apertura dell'Expo 2015, poi a Roma e dopo partiremo all'estero. Mi cimenterò con il canto, mentre l'Orchestra di piazza Vittorio riscriverà le arie di Bizet grazie a musicisti arabi e del Bangladesh. Sarà una Carmen colta e popolare allo stesso tempo, su cui si apriranno immagini di femminicidio che faranno rifettere. Con così tanti elementi di appeal non potevo non buttarmici». Un ritorno alle scene con dei ruoli non proprio canonici. Come mai questa ricerca? «Un attore per crescere ha bisogno di misurarsi con ciò che non conosce. Mi piacciono le cose che non mi fanno ripetere me stessa. Il teatro, per esempio, è il luogo del non naturalismo e non mi è fregato nulla di portare sul palco il cantante alcolizzato Tony Pagoda: è stata una sfda per spingere più in là le mie corde interpretative». Si è divertita a prendere in giro il machismo di Tony Pagoda... «Sì, (ride) ma anche Pagoda appartiene alla genìa dei personaggi de "La grande bellezza". Mi commuovono gli occultamenti del dolore. Lui è un personaggio così, ha un machismo in cui si legge uno smarrimento fortissimo. Il fatto che sia una donna a impersonare un uomo come Pagoda favorisce ancor più quel gioco forte tra apparenza e realtà della poetica tipica di Sorrentino». Però non trova che a teatro ci sia troppo cinema? «Più spesso la tv semmai. Si usa il teatro in maniera paratelevisiva, è un errore, ma per fortuna, nonostante la situazione economica, ci sono forme di resistenza che mantengono l'idea di un teatro fatto con una certa progettualità, non messo su così, in maniera superfciale. Per esempio il modo intelligentissimo in cui Servillo racconta l'Italia; "La dodicesima notte" di Shakespeare allestita da Carlo Cecchi; Luca Ronconi che mette in scena tutte donne per "Il panico" di Rafael Spregelburd. All'opposto trovo che nel teatro italiano manchi la drammaturgia contemporanea, non è questione solo di mancanza di autori, ma di reticenza proprio a produrla». A proposito di resistenze, che giudizio si è fatta del Valle occupato a Roma? «Trovo che all'inizio sia stata una esperienza interessante, però è un teatro troppo importante, forse il più bello d'Italia, ed è corretto che sia tornato al Teatro di Roma. È giusto quello che hanno fatto gli occupanti, ma è un'attività che si può esprimere in un altro spazio più contemporaneo». Diceva Goffredo Fofi in una lettera aperta a lei indirizzata che l'avrebbe preferita in ruoli non normalizzati. Alla fine lo ha accontentato? «Fof fu il primo a darmi il premio Linea d'ombra per "Libera" di Pappi Corsicato. Io cerco di fare quello che mi piacerebbe vedere come spettatrice. La fgura dell'attore si è svalutata in Italia, ma è portatrice di pensiero e deve rispettare il pubblico, quindi non compiacerlo». Foto: Pagine 44 - 45: foto di T. Salamina Styling: F. Giovannone Mua: X. Wilson, pagina 46: Webphoto «Il valle occupato? bella esperIenza. Ma è bene tornI aI teatrI dI roMa» La grande bellezza di Napoli Iaia Forte, Napoli 1962, ha iniziato la sua carriera artistica studiando violino, poi si è iscritta al Centro Sperimentale di Cinematografa di Roma, dove si è diplomata attrice nel 1987. Il debutto sulla scena teatrale è avvenuto due anni dopo con "Hadd'A passa' a nuttata" di Leo De Berardinis e poi con "Rasoi" di Mario Martone. È però l'interpretazione ne "Il misantropo" di Molière, sotto la direzione di Toni Servillo, che le ha

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 47 22/08/2014 L'Espresso - N.34 - 28 Agosto 2014 Pag. 46 (diffusione:369755, tiratura:500452) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

fatto ottenere il Premio della Critica come migliore attrice (1995). Al cinema invece la prima comparsa era stata con "Il burbero", con Adriano Celentano nell'86 ed è nel 1994 che si avvia a diventare la musa di Pappi Corsicato: con "Libera" si è aggiudicata il Nastro d'argento come miglior attrice. La Forte ha continuato così a lavorare con il regista napoletano anche per "I buchi neri", "I vesuviani" e "Chimera". Maurizio Nichetti e il suo flm "L'una e l'altra", dove impersona una maestra a Milano che perde la propria ombra, le hanno fatto conquistare nel 1996 un altro Nastro d'argento. Dal 2005 al 2010 ha diretto con Clara Gebbia l'associazione Teatro Iaia e sempre a teatro ha lavorato con Emma Dante, Carlo Cecchi, Luca Ronconi. Ultima esperienza teatrale: "Hanno tutti ragione", tratto dal romanzo di Paolo Sorrentino, per cui ha recitato ne "La grande bellezza". Foto: iaia forte, 52 anni: a venezia saranno presentate tre opere da lei interpretate Foto: IAIA FoRTE CoN MAURIzIo NICHETTI IN "L'UNA E L'ALTRA"

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 48 22/08/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Ed. Nazionale Pag. 16 (diffusione:48275, tiratura:63756) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

ZALONE -SORRENTINO LE DUE FACCE D E L L'ITALIA INQUIETA

di ENRICA SIMONETTI Cosa possono avere in comune Paolo Sorrentino e Checco Zalone? Cosa può legare lo snobismo languido da Oscar del giornalista decadente Joe Gambardella nel film milionario appare in vacanza «inquieta» con il figlio, sia nei panni di Joe Gambardella, anima vagante in una Roma a sua volta diversamente inquieta. Facce differenti dello stesso modo di vivere l'Italia postconsumistica, chi (come Zalone) ridendo dei vegani-comunisti e chi (come Gambardella) rappresentando quella fascia sociale, vegana nel senso di esangue, rimasta dissanguata di valori e di carattere. Solo per caso la «Power List» del cinema ha finito per far combaciare i due campioni, le due metà del Belpaese. E vale la pena anche guardare e la verve cozzala di un padre squattrinato? È la grande bellezza del cinema: storie e volti lontani che s'intrecciano. Questa volta il fil rouge c ap a c e di legare film, attori, registi e trame diverse, è una lista che ogni anno sembra coronare del fascino (perduto?) il cinema nostrano. La chiamano «Power List» e già il nome adombra quell'o s c u ro potere del grande schermo, quel gioco di sogni e di soldi che da sempre - tra alterne fortune - il nostro cinema... ormai non più paradiso, continua a rappresentare. La classifica è stilata dai giornali Ciak (diretto da Piera Detassis) e Box Office , di Antonio Autieri: inserisce nomi e film al top nell'industria cinematografica del made in Italy . Ogni anno c'è chi sale e chi scende e quindi si raccontano tutti i trionfi e i tonfi della stagion e. Ebbene, a guidare la hit dei 25 «Talents» del 2014 ci sono i due nomi apparentemente lontani, quelli del napoletano pluripremiato Paolo Sorrentino e del nostro Checco Zalone, il «fenomeno» barese passato in pochi anni da cabarettista local ad icona gl o c a l , principe della risata globale. In onore a loro due, per la prima volta, si registra un ex aequo al vertice della classifica tra cinema d' autore e cinema di grande incasso, che sono le due anime della cinematografia. Uno, Zalone, con il suo Sole a catinelle , arrivato due anni dopo il successo di Che bella giornata rappresenta la larga fetta di spettatori- cercatori di cinema d'evasione, mentre Sorrentino è la star della qualità. Entrambi fanno record ed entrambi - a ben guardare - sono collegabili alle due facce della nostra penisola, le due che gli intellettuali spesso dimenticano, perché si circondano solo di loro simili. Ecco perché questa lunga classifica diventa quest'anno un fatto sociale, come lo è sempre il cinema, come lo è sempre la cultura. Fenomeni non distaccabili, perché impregnati dello stesso h u m u s , quello della nostra umanità raccontata sullo schermo, sia nei panni di Checco/Luca Medici, che gli altri nomi in classifica, forieri dello stesso spartiacque, dato che gli attori e registi new entry sottolineano ancora la duplice identità cinematografica e sociale, l'impegno-disimpegno: da Paola Cortellesi a Pif, da Ferzan Ozpetek a Valeria Golino, passando per Leonardo Pieraccioni, Fausto Brizzi e Valeria Bruni Tedeschi (insuperabile moglie borghese ne Il capitale umano ). E ancora, nella classifica, tra produttori e distributori, al primo posto se la giocano come sempre Rai Cinema e Medusa, ma lo scettro per il secondo anno consecutivo rimane nelle mani di Paolo Del Brocco (Rai Cinema). E al terzo posto della Power List risale di undici posizioni la Taodue di Pietro Valsecch i , appunto quella di Zalone. Notazione femminista: il cinema resta baluardo maschile, dato che nella lista del Potere ci sono pochissime donne, tra le quali le cinque produttrici Francesca Cima, Barbara Salabè, Federica Lucisano, Isabella Cocuzza e Tilde Corsi e le attrici Paola Cortellesi, Cristina Capotondi, Claudia Gerini, Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi. Per fortuna in lista c'è pure la qualità, ma in un elenco a parte, quasi a dimostrare che la stretta cerchia impegnata resiste, al di là della logica dell'incasso. Qui ci sono oltre a Gianfranco Rosi con Sacro GRA (il film documentario girato sul raccordo anulare) e a Alice Rohrwacher con Le m e ra v i gl i e , anche Marco e Antonio Manetti, autori di quel bellissimo Song'e Napule che fa amare Napoli e il Sud. Con dolcezza e (grande) bellezza. Enrica Simonetti

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 49 22/08/2014 La Repubblica - Napoli Pag. 16 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Società Il " cinema perduto" di Elvira Cota Notari al festival di Pasolini Fu la prima regista della storia, nacque a Salerno e visse a Napoli Il "Laceno d'Oro" le dedica una mostra visibile fino al 31 agosto Diresse 60 film , ne sono sopravvissuti soltanto tre Con lei lavorò anche Francesca Bertini ILARIA URBANI

GLI albori del cinematografo s'intrecciano con la storia di Napoli. Ai tempi del cinema muto, la città brillava di luce propria. Protagonista di questa rivoluzione ai primi del Novecento fu una donna, prima regista italiana, soprannominata "la generale": Elvira Cota Notari, nata a Salerno nel 1875 e trasferitasi a Napoli a 27 anni. Iniziò come modista e diresse ben sessanta film e cento tra documentari e corti con la sua casa di produzione , Dora Film. Fortunato esempio di impresa riuscita in epoca di crisi in età giolittiana, la società ebbe sede anche a New York: forte era l'interesse degli emigranti per i film di Elvira, ispirati a romanzi d'appendice di autori come Mastriani, e canzoni, poesie e sceneggiate, da Bovio a Di Giacomo. Solo tre i film sopravvissuti fino ai giorni nostri. Al cinema perduto della Notari è dedicata una retrospettiva al "Laceno d'oro", festival nato nel 1959 nel segno di Pasolini che ne fu anche giurato,a Laceno, frazione di Bagnoli Irpino. Il festival ora si tiene tra i comuni di Mercogliano, Atripalda e ad Avellino dove oggi alle 18 al Carcere Borbonico s'inaugura la mostra dedicata alla pioniera del cinema muto, con una tavola rotonda guidata da Paolo Speranza. L'esposizione, visitabile fino al 31 agosto, si compone di venti pannelli di immagini e testi che ripercorrono la vita dell'antesignana del neorealismo, intervallati da un'installazione video con reperti filmati, un'intervista al regista Mario Franco e la sua trasmissione Rai "Guagliò, ciak si gira!". Domani alle 19 sarà proiettato il film "Fantasia 'e surdato" del 1927. Domenica alle 22.30 invece "È piccerella" del 1921: tra i primi melodrammi moderni ispirato all'omonima canzone di Bovio e Valente, sarà sonorizzato dal vivo dal pianista Giosi Cincotti. Rocco De Rosa lunedì alle 22.30 musicherà live " 'A Santanotte" del 1922. Quelle storie reali dal ventre della città con protagoniste femminili vennero bollate dal fascismo come «piene di sentimento anti-nazionalista e contrarie alla morale comune». L'omaggio del "Laceno d'oro" è ideato dalla Cactus filmproduzioni del regista Licio Esposito che sulla figura della Notari sta realizzando il documentario "La film di Elvira". Non una licenza artistica, si badi bene: agli inizi del '900 gli spettatori partenopei indicavano la pellicola dicendo "la film", proprio al femminile. La regista assunse il cognome del marito, Nicola Notari, suo socio, fotografo ed ex pittore che colorava a mano con l'anilina i fotogrammi. Ma questa decisione non sminuì la sua verve indipendente: Elvira senza dubbi preferì allo scintillante mondo delle dive la macchina da presa. Napoli era il cuore di questa rivoluzione al femminile, che vide protagonista anche Francesca Bertini: la femme fatale nel 1915 si "umanizzò" per il capolavoro "Assunta Spina" e decise di dirigere il film con il sodale Gustavo Serena. Napoli era una capitale del cinema: oltre alla Dora, nacquero la Partenope Film con sede al Vomero, la Caesar Film del napoletano Giuseppe Barattolo ed era sempre partenopeo Gustavo Lombardo, fondatore del colosso Titanus. La Notari, che guidò questo fermento per decenni è stata dimenticata. «L'abbiamo riscoperta alla Festa dell'Unità nel 1976 alla Mostra d'Oltremare, decidemmo di riproporre i suoi film perché la consideravamo una proto-femminista», spiega Mario Franco. PER SAPERNE DI PIÙ www.lacenodoro.it www.deliacultura.it Foto: REGISTA Sopra, Elvira Notari con il marito Nicola. A sinistra, Francesca Bertini in "Assunta Spina" e una scena di " ' A Malanotte"

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 50 22/08/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato R2/ GLI SPETTACOLI A Venezia il film su Stato-mafia La Guzzanti: non faccio il giudice ATTILIO BOLZONI

R2/ GLI SPETTACOLI ROMA IL PIÙ buffoe sfuggenteè il piccolo Ciancimino, Massimuccio, il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo. Spericolato entra in tribunale per un interrogatorio, come in una farsa sorride ai pubblici ministeri che lo stanno per torchiare, incantato li guarda e li definisce «mitici». Il più smemorato e stordito è l'ex presidente del Senato Nicola Mancino, quello che brigava per non farsi giudicare in Sicilia ma altrove, lontano dall'isola. Nel giorno che viene nominato ministro degli Interni - è il 1° luglio 1992, otto giorni prima avevano fatto saltare in aria Giovanni Falcone - confessa candidamente: «Non lo conoscevo, io Borsellino non l'avevo mai visto ma gli ho stretto la mano». Il più sfrontato e anche il più astuto - come può esserlo solo un uomo d'onore siciliano - si rivela Francesco Di Carlo, boss di Altofonte e poi pentito. Dice che secondo lui Silvio Berlusconi «aveva sì il carattere adatto» per far parte di Cosa Nostra, poi però ci ripensa e sussurra: «No, ci vuole molta più serietà». Dopo di loro sfilano, muti o parlanti, funzionari di alto rango, mafiosi, generali, procuratori della Repubblica, assassini, spie, negoziatori e navigatori, frequentatori abituali di labirinti ministeriali. Ogni riferimento a fatti e a persone non è puramente casuale nel film La trattativa , scritto, diretto e interpretato da Sabina Guzzanti (con Ninni Bruschetta), che sarà presentato fuori concorso il 3 settembre al Festival di Venezia e uscirà nelle sale a ottobre. È la lunga cronaca dell'estate più infame di Palermo che s'intreccia con misteri di Stato passati e futuri, tutti gli avvenimenti ordinati con puntiglio uno dietro l'altro senza aggiungere o togliere nulla, senza mai lasciarsi sopraffare dalle vicende esclusivamente giudiziarie o nell'inseguire tesi di questo e quell'altro magistrato. I fatti, solo i fatti - spesso mai negati persino dagli stessi protagonisti trascinati davanti a una Corte d'Assise per rispondere di «attentato a corpo politico dello Stato» - raccolti in un'ora e 40 minuti che alla fine lasciano senza fiato. Il film della Guzzanti cominciae finisce con una domanda seguita da altre due domande. Che cosa è la trattativa? Quello che ci hanno detto i mafiosi? O quello che non ci hanno detto i politici? Dice lei: «Mi sono chiesta come sarebbe l'Italia di oggi se quella trattativa non ci fosse stata, dopo le stragi del 1992 c'era la possibilità di cambiare e invece oggi noi abbiamo gli stessi imprenditori di trenta anni fa, abbiamo i rappresentanti del capitalismo più imbar a z z a n t e d'Eur o pa e ancora le mafie più potenti d'Europa». Le immagini scorrono e sullo schermo si alternano le battute e le facce di tutti i primi attori di questo grande affaire italiano, di una parte e dell'altra, accusatori e accusati, coinvolti e sconvolti, reticenti o indifferenti, ciascuno con la propria verità dichiarata o accuratamente nascosta. Ex ministri. E poi i magistrati di Palermo come Roberto Scarpinatoe Alfonso Sabella, Nino Di Matteoe Antonio Ingroia. E poi ancora mafiosi come Gaspare Mutolo e Maurizio Avola, Leonardo Messina e Gaspare Spatuzza («Io faccio la traduzione simultanea di quello che dice Graviano... «), tutti che portano un loro piccolo o grande «pezzo» in quella storia che è passata alla storia come l'ultima trattativa fra Stato e mafia a cavallo fra le bombe di Capaci e di via D'Amelio. Il film prova (e ci riesce) ad allontanarsi dai binari dell'inchiesta giudiziaria e da quel processo di Palermo che tanta polemica ha attirato su di sé per raccontare semplicemente cosa è accaduto, circostanze ed episodi che si sono realmente verificati, legati da un filo rosso che parte dalla misteriosa cattura di Totò Riina e dal suo covo mai perquisito. È il 15 gennaio 1993, dopo quasi un quarto di secolo il capo dei capi di Cosa Nostra viene finalmente arrestato ma i carabinieri dei reparti speciali del colonnello Mario Mori evitano di entrare là dentro e qualche giorno dopo lo lasciano svuotare da una squadretta di corleonesi. Proprio in questo punto del film non ci fa una gran bella figura l'ex procuratore capo della Repubblica di Palermo Gian Carlo Caselli, che prima si lascia abbindolare dagli ufficiali del Ros e poi apre (quasi cinque anni dopo) ufficialmente un'indagine su quella mancata perquisizione.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 51 22/08/2014 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Bruttissima la figura che fa invece un altro procuratore capo, quello di Caltanissetta, Giovanni Tinebra. È l'aprile del 1996, il boss Luigi Ilardo decide di collaborare e dice di non fidarsi di tutti quelli che ha davanti: «Parlo con Caselli ma con Tinebra no, se no ci ammazzano tutti e due». Passano otto giorni e Ilardo è cadavere su una strada di Catania. Solo in pochi sapevano della sua decisione. Tre magistrati e qualche ufficiale dei carabinieri. La riflessione di Sabina Guzzanti: «Non sono un Tribunale, non sono io che devo dire chi deve andare in galera e chi no, ho solo riportato situazioni di una gravità inaudita anche se non si sono mai accertate responsabilità penali». Il film, che ha già acceso discussioni dopo soli due minuti di trailer e dopo l'apparizione di quel logo che raffigura lo stemma della Repubblica italiana con al centro - al posto della tradizionale stella - un uomo nero con coppola e lupara, entra nelle pieghe più oscure di un'Italia che da sempre sopravvive fra patti e ricatti. La trattativa spiega tutto con ordine. Chi vuole può capire, può anche intuire che i personaggi presentati non sono gli unici ad avere avuto a che fare con quegli accordi. Ci sono complici rimasti nell'ombra. Foto: AUTRICE Attrice e regista, Sabina Guzzanti sarà alla Mostra del cinema di Venezia il 3 settembre ( e in sala da ottobre) con il suo nuovo "La trattativa". In alto, alcune immagini del film

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 52 22/08/2014 La Stampa - Torino Pag. 30 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Pescecani e stambecchi al Festival Gran Paradiso

La fama dello squalo assassino sarà cancellata e lo stambecco, re indiscusso delle Alpi, verrà scoperto come animale non adatto alla neve e al freddo. «Magie» di un film e di una ricerca tra i protagonisti del 30° Gran Paradiso Film Festival di cinema naturalistico: 10 film in concorso, otto prime visioni italiane, una europea. I pescecani rivisti e corretti sono quelli della pellicola La ragazza degli squali , di Gisella Kaufmann, storia di Madison Stewart, decisa a salvarli dalla pesca e dall'ignoranza. Lo stambecco che ha bisogno di sole, non di neve, è quello raccontato dal veterinario del Parco del Gran Paradiso Bruno Bassano. Contrasti forti «come si presenta il Festival ogni sera con due film che usano linguaggi diversi», dice Luisa Vuillermoz, direttrice artistica. Si parte lunedì,si chiude il 30. L'evento nato in Valle d'Aosta - Cogne ne è la capitale - vive su proiezioni contemporanee nei paesi del Parco, anche nella piemontese Ceresole Reale. «Natura è vita» è il filo condu ttore: l'inizio e la fine sono nelle parole della scienza, con Elena Cattaneo, lunedì alle 18 a Cogne e in quelle dello spettacolo con Fabio Fazio che il 30 condurrà la cerimonia di premiazione e intervisterà l'atleta Nico Valsesia, terzo nella massacrante gara di bici Coast to Coast negli Stati Uniti. Tra i film il più atteso è C'era una foresta , di Luc Jacquet (il regista della Marcia dell'imperatore ), sugli alberi della foresta pluviale. E il più strambo Il baco del tempo , esordio di Sena Basoz, turca che intreccia il ciclo di vita del baco da seta con quello di una famiglia che lo coltiva . [e. mar.]

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 53 22/08/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 31 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Andrea Bosca "Travolto dal Pasolini di Abel Ferrara" ADRIANA MARMIROLI VENEZIA

«Pasolini per la mia generazione è un autore simbolo: poco studiato al liceo come all'università, l'ho scoperto più tardi a livello personale, amando soprattutto il poeta». Così Andrea Bosca a proposito della sua partecipazione a Pasolini, il film di Abel Ferrara in concorso a Venezia. «Il mio è un piccolo ruolo, quasi una visione, che lo scrittore ha negli ultimi giorni della vita». Del regista parla come di un autore «molto particolare, che ti dirige in modo tutto suo, travolgendoti: parte lento e tranquillo, poi velocizza, fino a portarti alle emozioni che lui vuole da te». Attivo soprattutto in tv - recentemente visto in A testa alta - I martiri di Fiesole e L'Olimpiade nascosta - ,in questi giorni Bosca è sul set di Grand Hotel , storia d'amore e misteri ambientata in uno sfarzoso albergo di Merano agli inizi del 900. «Ne sono il direttore, un uomo che si è fatto dal nulla. Ho un segreto e un grande amore. C'è un delitto da risolvere e la verità da ristabilire. E io so molte cose». Malgrado gli impegni con cinema e fiction, ha trovato il tempo per debuttare alla regia. « A tutto Tondo è un piccolo film pensato per raccogliere fondi a favore della bidonville di Tondo, alla periferia di Manila. Il progetto è nato un anno fa, quando sono stato nelle Filippine per il MovieMov Italian Film Festival: dopo una visita a quella favela scavata nella spazzatura, dove opera un prete italiano, padre Carlo, mi è venuta l'idea di una piccola storia che mettesse a confronto un italiano introverso e infelice con la vivacità di una famiglia di filippini emigrati a Roma provenienti da quella favela. Una commedia, malgrado quello che si può pensare. Sono appena tornato al MovieMov 2014 a presentarlo: entusiasmante! Ora mi aspettano un po' di serate charity in cui proiettarlo» Astigiano, Bosca è stato testimonial per la campagna per le Langhe patrimonio dell'umanità. «Adattando al teatro un romanzo molto cinematografico come Una questione privata di Fenoglio, con Elisa Galvagno ho scritto e portato in scena Come vivo acciaio , che sintetizza i valori e la cultura di quel territorio. Due generazioni fa la mia era una famiglia contadina, di "muli". Originari di Canelli, le loro Langhe io non le ho mai conosciute se non per traslato, dai racconti dei nonni. Ma lì stanno le mie radici, che sono ciò che mi permette di allargare i rami in giro per il mondo. Anche fino a Manila». Foto: A tutto Tondo Andrea Bosca si è cimentato anche nella regia «con un piccolo film pensato per raccogliere fondi a favore della bidonville di Tondo, alla periferia di Manila.»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 54 22/08/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 31 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

La power list del cinema italiano Sorrentino e Zalone ex aequo in vetta

n Paolo Sorrentino e Checco Zalone sono i re del cinema italiano secondo la Power List del Cinema Italiano realizzata da Ciak e Box Office. Sorrentino e Zalone per la prima volta fanno registrare un ex aequo al vertice della classifica tra ci­ nema d'autore e cinema di grande incasso, le due anime complementari e necessarie della nostra industria. Da una parte il Premio Oscar con La Grande Bellezza , dall'altra il comico pugliese in 5 anni e 3 film diventato il Re Mida del nostro cinema.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 55 22/08/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 31 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Faulkner, Roth, Leopardi scrittori superstar al Lido Alla Mostra di Venezia dominano i film letterari Barbera: "Spunti validi anche per il nostro tempo" IL DIRETTORE DEL FESTIVAL «Il cinema ricorre alla letteratura per trovare la solidità che spesso manca alle sceneggiature» FULVIA CAPRARA

Ribelli e sognatori, rivoluzionari e avventurieri, personaggi, spesso, controcorrente, che hanno sperimentato in prima persona e poi raccontato, che hanno osservato e interpretato, che hanno inventato e tramandato. Sul tappeto rosso della Mostra di Venezia che si apre mercoledì i grandi divi sono gli scrittori, del passato e del presente, d'Italia e del resto del mondo: «Di solito - dice il direttore Alberto Barbera i romanzi hanno una struttura solida, così il cinema ricorre alla letteratura per appropriarsi di quello che spesso manca a molte sceneggiature. Il problema, come sappiamo, non esiste da oggi, non dimentichiamo che in passato gli scrittori migliori erano sotto contratto con le case di produzione cinematografiche, si faceva a Hollywood e si faceva in Italia, basta pensare a Scott Fitzgerald e a Ennio Flaiano». A tradurre in immagini ci pensano i registi che, mai come in questa edizione, hanno scelto di girare partendo dalla pagina scritta, oppure ricostruendo i percorsi tortuosi della creazione letteraria, le vite spericolate dei romanzieri. I motivi sono diversi, e non si tratta solo di cinema che vampirizza la letteratura. Da una parte, dice Barbera, «gli spunti di certi romanzi servono a fare discorsi sul presente», dall'altra c'è la sfida dell'autore cinematografico che, mettendo in scena l'itinerario di un letterato, provoca una«collisione fra due personalità» ricca di spunti e confronti. Sia quando si tratta di cinebiografie, sia quando, invece, parliamo di trasposizioni di racconti, la fonte è comunque sempre letteraria. Il film che Mario Martone ha dedicato alla breve esistenza di Giacomo Leopardi si intitola Il giovane favoloso perchè è quello il modo con cui l'aveva definito Anna Maria Ortese nel Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi : «Abbiamo scritto la sceneggiatura attingendo agli scritti di Leopardi e al suo epistolario - spiega Martone - , ovvero lo scrigno attraverso cui è possibile seguire il suo percorso, dalla Recanati della biblioteca paterna fino alla Napoli del colera e del Vesuvio». In un'altra epoca, ma circondata da una simile carica incendiaria, si colloca la vicenda di Pier Paolo Pasolini, ucciso a Roma il 2 novembre del 1975 e raccontato da Abel Ferrara nel film che porta il suo nome. La narrazione, che stavolta riguarda le ultime 24 ore vissute dall'autore, farà molto discutere: «Leopardi e Pasolini - dice ancora Barbera - sono due grandissimi intellettuali che hanno segnato l'Ottocento e il Novecento, figure centrali del pensiero e della creazione artistica che continuano a segnare un'epoca. Martone e Ferrara li hanno rappresentati in maniere differenti che potranno anche aprire polemiche». Ma non è tutto. Renato De Maria porta sullo schermo La vita oscena , dal libro autobiografico dello scrittore Aldo Nove, mentre il maestro portoghese Manoel de OIiveira ricostruisce la storia del suo Paese partendo dalle opere dello scrittore romantico portoghese Camilo de Castelo Branco e mescolandole con riferimenti a Miguel de Cervantes. La regista cino-giapponese Ann Hui rievoca in The golden era la vicenda della scrittrice Xiao Hong, nata nel 1911 in Manciuria e riconosciuta, d o p o a n n i d i ostracismo, come una delle voci più importanti della letteratura cinese dell'inizio del ventesimo secolo. Grandi firme superstar anche nel caso di T h e humbling , basato sul romanzo di Philip Roth, diretto dal premio Oscar Barry Levinson e interpretato da Al Pacino. Di The sound and the fury , adattamento cinematografico, firmato James Franco, dell' Urlo e il furore di William Faulkner. Di , trasposizione del Paesaggio con bambina di Aharon Appelfeld, realizzata da Amos Gitai. Di Fires on the plain che il giapponese Shinya Tsukamoto ha girato partendo dal romanzo di Shokei Oka La strana guerra del soldato Tamura . Di Loin des hommes , con Viggo Mortensen che si muove nei paesaggi descritti da Albert Camus nell' Ospite . Di A pigeon sat on a branch reflecting on existence in cui lo svedese Roy Andersson mescola Don Chisciotte, Uomini e topi e Delitto e castigo per offrire una visione originale sulla nostra società segnata dalla «supremazia della vanità». E di Olive Kitteridge , la serie che Frances McDormand ha prodotto opzionando i diritti del libro di Elizabeth Strout. In linea con la tendenza anche Francesco Munzi e Saverio

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 56 22/08/2014 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 31 (diffusione:309253, tiratura:418328) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Costanzo, rispettivamente in gara con Anime nere dal libro di Gioacchino Criaco, e Hungry hearts da Il bambino indaco di Marco Franzoso, mentre alle Giornate degli autori Ivano De Matteo presenta la sua rilettura della Cena di Herman Kock. La vita è un romanzo, diceva il titolo di un film di Alain Resnais, la Mostra lo conferma. Foto: A destra dall'alto Al Pacino protagonista di «The Humbling» tratto da Philip Roth e una scena di «The Sound and the Fury» di James Franco dal capolavoro di Faulkner Foto: Nella foto grande Elio Germano è Leopardi nel «Giovane Favoloso» di Martone, qui sopra Willem Dafoe è il «Pasolini» di Ferrara

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 57 22/08/2014 Libero - Ed. Nazionale Pag. 29 (diffusione:125215, tiratura:224026) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Cinema italiano Il più influente è Checco Zalone GIORGIO CARBONE

Arriverà la prossima settimana l'attesissima Power List del Cinema Italiano realizzata da Ciak , il mensile edito da Visibilia e diretto da Piera Detassis, e dal periodico specializzato Box office , editoriale Duesse diretto da Antonio Autieri. La Top 50 dei protagonisti che contano nell'industria cinematografica tricolore, divisa fra le star (Talents) e coloro che stanno dietro le quinte (Professionals) quest'anno non solo raddoppia con la Quality List dedicata al cinema di qualità, ma addirittura triplica con In Pole Position , una previsione per la prossima stagione cinematografica. A differenza dell'altra grossa istituzione di Ciak , il Ciak d'oro che s'appoggia sempre su opinioni spesso discutibili, qualche volta da rincorrere col bastone chi le ha fatte (o chi le ha pilotate) la Power List, come la matematica, non è un'opinione. Registra. Chi, nel cinema italiano, è sceso negli ultimi mesi, chi è salito e chi ha tenuto botta. Due i principali punti di riferimento: gli incassi e i premi. Questo spiega l'altissimo posto (ilprimo) diPaolo Sorrentino (anche se La grande bellezza ha avuto un box office buono ma non straordinario) e il quinto (sempre tra i talents) di Paolo Virzì (Il capitale umano , molto amato dai critici, solo discretamente dal pubblico). Domanda, dunque. Chi è "er più" d'Italia? Risposta immediata: Checco Zalone, messo in cima classifica, a pari grado con Sorrentino. Checco in cima non c'è andato certo per le belle recensioni. Sole a catinelle è stato snobbato dai critici e snobbatissimo dalle giurie dei vari premio (David di Donatello, Nastri d'Argento). Ma ha incassato più di ogni altro film italiano nell'ultimo lustro. E ha raddrizzato alla grande la barca della Medusa (che faceva acqua dai tempi del flop di Baaria di Tornatore). Bene gli altri. Cioè certamente bene per alcuni,come la coppia Miniero- Genovese che da qualche stagione azzecca ogni commedia, e in quella testè conclusa ha mandato al secondo posto degli intrioti, subito dietro Zalone, Un boss in salotto. Chi è la donna più amata dagli italiani? Paola Cortellesi, che è riuscita a farsi largo in un genere (la commedia brillante) che in America ha tante star femminili, ma da noi era sguarnito dopo il pensionamento di Monica Vitti. Chi è il comico più amato? Ugh, ugh e poi ancora ugh, Christian De Sica, settimo posto tra i vip, e lo rincorre con molta lena Alessandro Siani. Io avrei detto Claudio Bisio, o Fabio De Luigi. Ma le mie sono opinioni, quelle della Power List no. Se la Power incorona Christian è segno che a 30 anni di distanza dal primo cinepanettone, è ancora lui (o meglio i film in cui figura) a portare più quattrini in cassa. Foto: Checco Zalone [Splash] Foto: Paola Cortellesi [Lapresse]

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 58 22/08/2014 Libero - Ed. Nazionale Pag. 27 (diffusione:125215, tiratura:224026) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Art thriller in Laguna «Codice Canaletto» con omicidio Lo storico dell'arte David Brown risolve un «cold case» del '700 con l'aiuto di un dipinto del vedutista veneziano e della fotocamera di uno smartphone LUCA ROSSI

Abbiamo veramente bisogno degli americani per imparare la nostra storia? Siamo così abituati ai professori americani che, scortati da una troupe di Discovery Channel, sbarcano nella penisola come conquistatori per insegnare a noi, alla periferia dell'impero, la storia che abbiamo dimenticato? Siamo così pieni di chiese e di musei e di capolavori che ci ricordiamo della bellezza solo quando Ron Howard viene a girare un colossal nell'Urbe o Sorrentino vince l'Oscar usando le assolate terrazze capitoline come salotti del male di vivere globale? L'aveva già fatto Thomas Mann con Morte a Venezia , sfruttando il fascino che i canali salmastri della città galleggiante hanno sempre esercitato sugli stranieri. Le stesse atmosfere si respirano oggi leggendo Il segreto della gondola di David Alan Brown ( Skira , pp. 60 , euro 10 ), sulle gesta di Jeremy Allyn, studente di Storia dell'Arte, il quale, esaminando un dipinto di Canaletto, scopre dettagli su un omicidio avvenuto all'ombra del campanile di San Marco tre secoli prima. Non il solito giallo accademico, perché il protagonista utilizza il suo smartphone nella risoluzione del cold case : un'app di araldica e una fotocamera sono i discendenti della camera obscura che Canaletto aveva utilizzato per catturare l'omicidio. La narrazione si colloca così tra due piani temporali, il presente di Jeremy e il passato di Canaletto, all'interno della tela. Ispirarsi a un quadro per creare un'altra opera non è un fenomeno nuovo: la multimedialità che vediamo nel passaggio da romanzo a film, da film a videogioco, è propria anche della pittura. Chiedete a un 14enne cosa sa dell' Ultima cena di Leonardo e vi elencherà tutti i sintomi della "Sindrome Da Vinci": «È il quadro che dimostra l'esistenza del Femmineo Sacro», dirà indicando la V formata dallo spazio tra i corpi di Gesù e di Giuda. Il libro di Dan Brown era già scritto negli occhi della Monna Lisa. Ci sono stati emuli più o meno fedeli, più o meno documentati, ma tutti dimostrano un rinnovato interesse per l'arte come serbatoio figurativo di materiale narrativo implicito. Perché spesso i dipinti raccontano storie e compito dell'autore è intessere relazioni coerenti con elementi esterni alla tela, che poi è anche il lavoro dei critici d'arte. L'autore però mischia reale e finzione su modello della docufiction , creando un mondo nel quale il lettore può perdersi e divertirsi, ma soprattutto imparare, qualsiasi sia il proprio livello di competenza. Già La ragazza dall'orecchino di perla , il romanzo di Tracy Chevalier, era ispirato al quadro La ragazza col turbante di Jan Vermeer, diventato popolare dopo essere apparso sulla copertina del libro e sulla locandina del film. La forza delle opere di narrazione è la paura di cui si parla nel Segreto della gondola : il critico, lo scrittore, orienta la visione del pubblico. Un'opera che si è prestata bene a questo gioco è L'isola dei morti di Arnold Böcklin. Quella piccola isola ornata decorata con fiori, la chiesetta e un portale è stata letta come creazione dell'inconscio da Freud. È rappresentazione onirica amata da Dalì, bottino di guerra per Lenin prima e poi da Hitler che firmò il patto di non aggressione con Stalin proprio all'ombra del quadro svizzero. A Nabokov il quadro piaceva tanto da appenderlo in casa dei propri personaggi, ma è nel 1998 che l'opera di Böcklin diventa protagonista di un romanzo di fantascienza: Ai margini del caos di Franco Ricciardello è costruito attorno al mistero delle cinque versioni del dipinto, mescolando sindrome di Stendhal, inconscio collettivo e teoria del caos, fino all'epilogo sulla tomba di Böcklin a Firenze. All'isola dei morti poi deve la vita Dylan Dog. L'indagatore dell'incubo nasce dal personaggio di Andrea Dellamorte, guardiano di un cimitero popolato da zombi che lui chiama i «ritornanti» in Dellamorte Dellamore , film di Michele Soavi da un romanzo di Tiziano Sclavi. Sclavi s'innamorò dell'interpretazione di Rupert Everett che nel film camminava nervosamente, rivoltella in mano, sotto il dipinto di Böcklin in attesa del risveglio dei ritornanti. Dylan Dog nacque per sostituzione del Böcklin col modellino di galeone mai completato. Ci sono poi quadri che già racchiudono una storia. Sono sceneggiature implicite, iscritte nel tratto e nel colore, come Nighthawks , il notturno urbano di Edward Hopper che rappresenta tre personaggi seduti al bancone di una tavola calda e divenuti protagonisti di E le

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 59 22/08/2014 Libero - Ed. Nazionale Pag. 27 (diffusione:125215, tiratura:224026) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

altre sere verrai? romanzo di Philippe Besson del 2004. Tanto amiamo l'arte che la frequentiamo così poco? Ci sono cultori insospettabili: persino Ridley Scott ha ammesso di avere usato Nighthawks per creare l'atmosfera da noir distopico di Blade Runner nella celebre scena iniziale nel sushi bar. E allora ben vengano gli art thriller come quello di Brown che usano il thrilling come passe-partout per mimetizzare un manuale di Storia dell'Arte in un racconto giallo, senza uccidere la narrazione. Foto: DELITTO NASCOSTO Foto: Particolare del «Bacino di San Marco» (1738-40) del Canaletto, oggi conservato al Columbia Museum of Art, con i dettagli ingranditi da una fotocamera digitale. A sinistra, la copertina del libro di Brown

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 60 22/08/2014 QN - Il Giorno - Ed. Nazionale Pag. 30 (diffusione:69063, tiratura:107480) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

IL REGISTA FUORI CONCORSO A VENEZIA CON "IN ITALY IN A DAY", COSTRUITO CON CENTINAIA DI FILMATI GIRATI IL 26 OTTOBRE 2013 Salvatores e i video -selfie degli italiani: ottimisti, che sorpresa UNA GIORNATA QUALUNQUE Si parla di famiglia, amicizia, infanzia «Non è arrivato nulla di volgare, prevale la voglia di vivere»

Andrea Martini UN SELFIE dell'Italia scattato dagli italiani della durata di un'ora e mezzo, come fosse un film. E in effetti "Italy in a day" è una pellicola firmata da Gabriele Salvatores (anche se social) e come tale sarà presentata fuori concorso alla Mostra di Venezia. Si tratta un film di montaggio in cui il regista - di cui attendiamo con ansia "Il ragazzo invisibie" in sala in autunno - si è "limitato" ad assemblare schegge di 632 video (rispetto a più di 44mila giunti) senza modificarle, salvaguardando forma e significato. «Ho voluto rispettare gli autori: ho capito che erano messaggi in bottiglia di gente che voleva essere ascoltata, gente semplice e umile che si è fidata di me; mi aspettavo di imbattermi in rabbia e disperazione, invece ho scoperto un'Italia che avanza con dignità anche in momenti come questi, non lieti». IL DOCU-FORMAT cinematografico ha origini Usa (il primo è stato Ridley Scott), ma poco importa; la versione italiana (adattata da Lorenzo Gangarossa) è stata rimodellata attraverso l'invenzione di una giornata particolare che in realtà è assolutamente anodina, una come tante, nella vita del paese: il 26 ottobre dello scorso anno. Alla fine dell'estate scorsa fu chiesto agli italiani di inviare video di qualsiasi genere purché filmati quel giorno. L'idea di cogliere un'istantanea dell'Italia attraverso annotazioni individuali era stimolante ma non garantiva, in partenza, i risultati poi ottenuti. Invece è uscito fuori un documentario unico che coglie attraverso frammenti di vita il battito cardiaco di una stagione, come riconosce Salvatores. «Non volevo frammenti di una giornata ma un documento autentico che restituisse il mood di questo momento storico; senza filtri o altri scopi: un censimento emotivo del popolo italiano dove amori, paure speranze convivessero». INFANZIA, famiglia, amicizia, i temi privilegiati di Salvatores, sempre trattati con sensibilità rimangono i cardini di questo insolito racconto per immagini dove non mancano nascite e matrimoni. Ma ad aver spedito i video sono stati soprattutto i giovani; adolescenti e ventenni sono quindi i soggetti privilegiati: da quelli che si impegnano nel volontariato a quelli che dall'estero criticano il paese che sono stati costretti a abbandonare. Sfilano insieme a mille altre figure: medici, pazienti, emigranti, e altri protagonisti scelti fra chi soffre e chi quelle sofferenze cerca di alleviare. Ma niente pauperismi; in "Italy in a day" c'è spazio per inni alla vita e all'amore. «Ci siamo stupiti anche noi: non sono arrivati filmati volgari o violenti, anzi la maggior parte trasmetteva voglia di vivere». Sarà anche per questo che come dice lo stesso Salvatores "Italy in a day"(prodotto da Indiana Production in collaborazione con Rai Cinema in onda a ottobre sui canali Rai) fa riconciliare con gli italiani. Foto: Un frammento di "Italy in a day": schegge di 632 video scelti fra i 44mila ricevuti

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 22/08/2014 - 22/08/2014 61 22/08/2014 QN - La Nazione - Massa Carrara Pag. 6 (diffusione:136993, tiratura:176177) La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il film di Andrea al Festival di Venezia Dal liceo «Rossi» alle esperienze a Parigi: la carriera del regista Baldini

- MASSA - PARIGI-Venezia passando da Massa e Volterra, attraverso un percorso che ha portato il regista massese Andrea Baldini a partecipare in competizione ufficiale alla Mostra Internazionale D'Arte Cinematografica di Venezia. Il suo Ferdinand Knapp è stato difatti selezionato nella sezione «Orizzonti», dedicata alle nuove tendenze estetiche ed espressive. Il film verrà proiettato in anteprima internazionale il 4 settembre, due giorni prima della cerimonia di chiusura del festival. Baldini, classe 1977 dopo gli studi al Liceo Classico «Rossi» e la laurea in Cinema a Pisa, da 11 anni vive a Parigi dove lavora come sceneggiatore e regista. «Fin dal liceo - spiega - ho avuto passione per il cinema, cercando di apprenderne le tecniche di lavoro durante e dopo l'università. Conclusi gli studi, ho realizzato alcuni cortometraggi: Il sapore della pena (2000), Il migliore (2005), presentati in vari festival italiani e stranieri. Nel frattempo, per mantenermi, ho sfruttato le tecniche del mestiere per produrre una serie di video pubblicitari. Ma non ho mai abbandonato l'idea di fare cinema ed arte, impegnandomi nella conduzione di un corso di scrittura e regia all'Università Diderot di Parigi e in vari progetti di video arte tra cui Film lumiére, film couleur, film matiére (2007), una video installazione presentata come progetto ufficiale alla Notte Bianca della capitale francese. Ho scritto varie sceneggiature di lungometraggi ed infine ho scritto e diretto Ferdinand Knapp (2014), opera senz'altro più matura, che dopo Venezia sarà presentata a Londra a metà settembre, ad ottobre all'Istituto Italiano di Cultura a Parigi e a novembre al Festival Internazionale del Cortometraggio di Brest». Ferdinand Knapp nel cortometraggio di Baldini è un grande attore: mentre interpreta un nuovo ruolo a teatro, il suo personaggio si impossessa di lui spingendolo a commettere un atto irreparabile. Una storia liberamente ispirata alla vita di Oreste Fernando Nannetti, paziente dell'ex ospedale psichiatrico di Volterra, che ha trascorso gran parte della sua degenza ad incidere graffiti per una settantina di metri del muro esterno della struttura in cui era ricoverato. «Aveva un linguaggio singolare di segni, che ho avuto la fortuna di scoprire ad una mostra di art brut a Parigi, dove era esposta una parte del muro da lui inciso. Poi sono andato a Volterra, dove sono state girate alcune scene del film». Fra gli attori anche i massesi Fernando Petroli e Amalia Merani, nome d'arte di un'ex docente dell'istituto «Toniolo». Protagonista del film è l'attore francese Dominique Pinon. «Un attore incredibile, il suo volto si adatta a mille maschere di autentica umanità, ha alle spalle tanti film come La leggenda del santo bevitore, Frantic o Il favoloso mondo di Amelie. Ferdinand Knapp è un film originale, per le immagini, ho da subito intuito che dovevano essere in bianco e nero». Entro fine 'anno Ferdinand Knapp sarà proiettato anche a Massa. «Stiamo organizzando l'evento col Comune. Mi piacerebbe che la proiezione diventasse un'occasione per ritrovare parenti, amici e concittadini e magari anche qualcuno dei coetanei di mio padre che, negli anni 1962/63, animarono il primo cineclub della città». c.mas. Image: 20140822/foto/4278.jpg

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