LA CITTÀ COME Storia Dell'idea Di Paesaggio Urbano
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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by PORTO Publications Open Repository TOrino Davide Tommaso Ferrando LA CITTÀ COME Storia dell'idea di paesaggio urbano Dissertazione finale. presentata a conclusione del XXIV Ciclo del Corso di Dottorato di Ricerca in Architettura e Progettazione Edilizia Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura Tutors Professor Marco Trisciuoglio Professor Javier Maderuelo Professor José Ignacio Linazasoro Marzo 2012 A Gino, Pingo e Lori Indice L'architetto nel paesaggio urbano I. Prolegomeni al paesaggio 1. Definire il paesaggio 2. Il paesaggio come mediatore culturale 3. Landschap, landscape, landschaft: paesaggio, paisaje, paysage 4. Società di paesaggio e società senza paesaggio 5. Una teoria artistica del paesaggio 6. Il distacco 7. Il paesaggio nella città II. La città osservata 1. La città negata 2. La città in scena 3. La città descritta 4. La città trasfigurata 5. La città fotografata III. La natura della città 1. Il paesaggio della metropoli 2. L'uomo nella folla 3. La città come paesaggio culturale 4. La seconda natura della città 5. Back to the tree IV. La città frammentata 1. Il pittoresco in città 2. Il montaggio dello spazio urbano 3. L'arte del townscaping 4. Dal frammento al residuo Verso una critica del paesaggio urbano Bibliografia 3 Non sarei mai riuscito a scrivere questa tesi di dottorato senza l'apporto di quanti, negli ultimi tre anni, hanno incrociato le strade della mia ricerca, fornendomi spunti e suggerimenti preziosi per il suo completamento. Il mio primo ringraziamento va a Marco Trisciuoglio, i cui rigorosi metodi di insegnamento mi hanno regalato non poche notti insonni, all'inizio di questo percorso: ciò che vivevo come puro accanimento, era però la maschera di una mia inadeguatezza, e lo scombussolamento che seguiva i nostri primi incontri non tardò a manifestare il suo lato terapeutico. Tutto quello che so, su come si fa ricerca, è farina del suo sacco. Un ringraziamento altrettanto grande va a Javier Maderuelo, mio secondo tutor, le cui lunghe, dense, ripetute e preziose revisioni spagnole hanno contribuito in maniera essenziale alla stesura di questo documento. Lo stesso dicasi per José Ignacio Linazasoro, il cui punto di vista progettuale ha permesso a questa ricerca di virare nella direzione necessaria. Ringrazio Darío Gazapo e tutti i professori (Juan Miguel Hernandez Leon, Antonio Miranda, Milla Hernandez Pezzi, Miguel Ángel Anibarro, Luis Moya) del Máster en Proyectos Arquitectónicos Avanzados della Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Madrid – dove ho trascorso il secondo anno del mio dottorato –, con i quali ho potuto instaurare un costante e proficuo dialogo, senza il quale non avrei potuto affrontare alcune delle parti più delicate di questo studio. Ringrazio anche quanti, tra i colleghi del Dottorato in Architettura e Progettazione Edilizia del Politecnico di Torino, hanno contribuito, con riferimenti e consigli, alle diverse fasi del mio lavoro. Durante tutto il mio percorso di dottorato, e soprattutto negli ultimi mesi, ho avuto inoltre il privilegio di avvalermi dell'appoggio di chi, per amicizia o per affetto, ha scelto di investire parte delle sue energie ai fini della mia causa. Ringrazio, dunque, Pierpaolo, per aver fatto sì che non dovessi preoccuparmi d'altro, se non di studiare; ringrazio Anna Roberta, Paola e Giulia, per aver avuto la pazienza di leggere, e correggere, cotanto malloppo di densi concetti; e ringrazio Tomaso, per le concitate conversazioni sui presupposti della scienza e della ricerca. Ringrazio Mar, infine, per avermi insegnato, in questi tre anni, la delicata arte dell'ambizione. 4 L'architetto nel paesaggio urbano Diventato ormai parte integrante del nostro ambiente, il cinema ci mostra il paesaggio urbano dalla prospettiva delle immagini. Vorrei soffermarmi un momento su questo termine: «immagine». Non è certo un concetto chiaro e univoco, perché può indicare di tutto, sia entità totalmente astratte che fatti concreti, e le immagini dei paesaggi urbani che il cinema ha tracciato nel corso della sua storia sono molto diverse dall'aspetto reale che hanno assunto oggi; i film ci suggeriscono movimento e dinamismo, una realtà in completa trasformazione. Tutti sappiamo quanto si siano modificate le città, quanto sia cambiata per esempio Tokyo negli ultimi cento anni, o cinquanta, addirittura negli ultimi dieci anni. Si tratta di un processo che sembra subire una continua accelerazione, e noi siamo ormai abituati sia ai cambiamenti che alla rapidità con cui si verificano. Ma contemporaneamente all'ambiente urbano cambiano appunto anche le immagini. Forse si può addirittura affermare che le immagini e le città si evolvono in maniera analoga, probabilmente parallela.1 «Che cos'è, secondo te, il paesaggio urbano?». Questa semplice domanda, apparentemente scontata, ha causato non pochi grattacapi a un gruppo di cinquanta studenti universitari, tutti iscritti al quinto anno della Facoltà di Architettura di Torino, ai quali ho recentemente chiesto di rispondere, su di un “pizzino” informale e anonimo, a tale quesito. Sebbene il campione scelto per l'esperimento non possa certo definirsi (a causa della ridotta e poco differenziata popolazione di cui si compone) statisticamente significativo di alcunché, ritengo che i risultati di questa mia piccola inchiesta siano tuttavia interessanti, perché chiaramente rappresentativi del diffuso stato di confusione (per niente limitato all'ambito accademico) che caratterizza, attualmente, l'insieme dei discorsi sul paesaggio urbano. A una lettura trasversale delle risposte ottenute – tutte diverse –, risulta infatti evidente come l'idea di paesaggio urbano tenda a una certa “oscillazione semantica” che, instaurata tra poli spesso contraddittori, non permette (apparentemente) di associarne i concetti a una chiara sfera disciplinare di riferimento. La più diffusa e significativa, tra le opposizioni polari rilevate durante l'inchiesta, è quella che si instaura tra un'accezione oggettiva e una soggettiva di tale idea: se, nel primo caso, essa è ricondotta alla semplice presenza fisica di un insieme di elementi misurabili – il paesaggio urbano come porzione di un territorio antropizzato –, nel secondo caso, invece, essa è subordinata all'instaurazione di un atto percettivo (individuale o collettivo) sul territorio – il paesaggio urbano come immagine di una città. Altrettanto incerta appare la definizione del contenuto a cui tale idea fa riferimento: sulla scorta del diffuso preconcetto secondo cui il termine «paesaggio» indica sempre un paesaggio naturale, l'ambiente in cui “si trova” il paesaggio urbano è stato caratterizzato, a seconda dei casi, come esclusivamente artificiale, artificiale e naturale allo stesso tempo, o (indifferentemente) artificiale e/o naturale. Terzo punto di disaccordo – limitatamente alle definizioni di quanti degli intervistati hanno definito (correttamente) il paesaggio come un'immagine –, riguarda il posizionamento dell'osservatore rispetto all'ambiente osservato: all'interno del tessuto urbano, secondo alcuni; al suo esterno e in posizione privilegiata (dall'alto di un monte o di una collina, per esempio), secondo altri. Vi sono, poi, richiami sporadici ad alcuni concetti cruciali che, seppur chiaramente legati al tema del paesaggio urbano, non sono stati citati nella maggioranza delle definizioni raccolte. Essi sono (in ordine di frequenza decrescente): il problema della progettazione del paesaggio urbano; il ruolo svolto dalla presenza umana nella costruzione dell'immagine della città; l'esistenza di diversi tipi di paesaggio urbano e la loro caratterizzazione; l'influenza del movimento sulla percezione paesaggistica; il rapporto tra architetture e spazio; il paesaggio come rappresentazione. Vale infine la pena di riportare la poco frequente (ma significativa) confusione, fatta da alcuni dei cinquanta studenti, tra l'idea di paesaggio urbano e quelle – ad essa relazionate, seppur distinte – di skyline, panorama e ambiente. Lungi dal rappresentare un caso isolato, l'appena rilevata “problematicità” del paesaggio urbano si riflette frequentemente, da un lato, nella confusione e superficialità con cui tale termine è utilizzato nel linguaggio quotidiano e, dall'altro, nella moltiplicazione semantica cui esso è soggetto all'interno della letteratura di settore. Nel campo dell'architettura, in particolare, sebbene le 1 WIM WENDERS, L'atto di vedere, Ubulibri, Milano 1992, p. 85. 5 riflessioni sul paesaggio urbano godano – nuovamente2 – di una certa fortuna critica (tanto tra i docenti, quanto tra gli studi di progettazione), nella maggior parte dei casi, la vaghezza e il pressapochismo con cui esse sono sviluppate ne annullano, a tutti gli effetti, il potenziale conoscitivo e operativo. Mi è recentemente capitato, ad esempio, di prendere parte a un ciclo di seminari sul paesaggio urbano durante il quale, però, di paesaggio urbano (nel senso corretto del termine) si è parlato ben poco. Ricordo inoltre che, nello stesso periodo, la mia università stava ospitando una mostra fotografica sui “nuovi paesaggi urbani” di Spina 3 (un'area ex-industriale di Torino, trasformata e riconvertita, in occasione delle Olimpiadi Invernali del 2006, in un grande quartiere residenziale e commerciale), le cui opere esposte ritraevano, prevalentemente, i dettagli delle facciate di alcuni degli edifici da poco realizzati in quell'area – tutt'altro che paesaggi, dunque. Poco più di un anno fa, similmente, ho sentito il curatore di una