La Fortuna Iconografica Di Un'eroina Tragica: La Storia Di Sofonisba Tra
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ARIANNA CAPIROSSI La fortuna iconografica di un’eroina tragica: la storia di Sofonisba tra pittura e teatro In La letteratura italiana e le arti, Atti del XX Congresso dell’ADI - Associazione degli Italianisti (Napoli, 7-10 settembre 2016), a cura di L. Battistini, V. Caputo, M. De Blasi, G. A. Liberti, P. Palomba, V. Panarella, A. Stabile, Roma, Adi editore, 2018 Isbn: 9788890790553 Come citare: Url = http://www.italianisti.it/Atti-di- Congresso?pg=cms&ext=p&cms_codsec=14&cms_codcms=1039 [data consultazione: gg/mm/aaaa] La letteratura italiana e le arti © Adi editore 2018 ARIANNA CAPIROSSI La fortuna iconografica di un’eroina tragica: la storia di Sofonisba tra pittura e teatro La Sofonisba di Giovan Giorgio Trissino (editio princeps: Roma, 1524) è la prima tragedia regolare in lingua italiana. La pièce ottenne la sua consacrazione con la rappresentazione del 1562, che si avvalse dell’apparato scenico allestito da Andrea Palladio insieme ai pittori Giovanni Antonio Fasòlo e Giovan Battista Zelotti. L’intervento illustra la sinergia sviluppatasi tra drammaturgo, architetto e pittori per garantire il successo della messa in scena, nonché la successiva fortuna iconografica dell’eroina nei cicli pittorici dipinti dai medesimi Giovanni Antonio Fasòlo e Giovan Battista Zelotti. Il teatro è lo spettacolo che per eccellenza è in grado di coniugare parola e immagine.1 Durante il Rinascimento, esso cominciò ad assumere forme più definite e regolari, anche se tutto il Cinquecento si configurò come un lungo periodo di sperimentazione alla ricerca di nuove formule in grado di dar vita a un teatro moderno. Questo contributo si concentra in particolare sulla tragedia, genere al contempo letterario e teatrale, oggetto di una lunga disputa tra i letterati della penisola che iniziò nella prima metà del Cinquecento, per poi continuare nel secolo successivo, coinvolgendo anche gli autori francesi e inglesi. Protagonista di questo articolo è Sofonisba, eroina tragica la cui vicenda costituì un vero e proprio leitmotiv che, come vedremo, caratterizzò fin dagli inizi la storia dell’Accademia Olimpica di Vicenza. Fu Giovan Giorgio Trissino (1478-1550) il primo autore a rendere rappresentabile a teatro la vicenda storica di Sofonisba e a fungere così da catalizzatore per una duratura collaborazione tra pittori, scultori, architetti, coreghi, che insieme seppero tradurre un frammento di storia romana2 in una fonte di ispirazione artistica, divertimento cortigiano e riflessione sulla coeva realtà cinquecentesca. Finora, tra gli svariati contributi inerenti il poeta Giovan Giorgio Trissino, l’architetto Andrea Palladio, i pittori Giovanni Antonio Fasòlo e Giovan Battista Zelotti,3 solo uno ha esaminato in maniera specifica la sinergia creatasi tra questi artisti intorno alla figura tragica di Sofonisba: mi 1 È lo stesso Giovan Giorgio Trissino ad esplicitare il legame tra teatro e pittura in una similitudine enunciata nella dedica della sua Sofonisba a Papa Leone X: «[…] ε cωme Pωlygnotω, anticω pittωre, ne l’opere sue imitandω faceva i corpi, di quellω che εranω, miljωri, ε Pauʃon peggiωri, cωsì la Tragεdia imitandω fa i cωstumi miljωri ε la Cωmεdia peggiωri» (G. G. TRISSINO, LaSωphωnisba, in R. Cremante (a cura di),Teatro del Cinquecento. Tomo I. La tragedia, Milano e Napoli, Ricciardi, 1988, 29-162: 29-30. Cremante conserva la grafia dell’editio princeps). In questo brano l’autore vicentino riprende Aristotele, Poetica, 2 e Orazio, Ars poetica, v. 361. 2 La fonte principale di Trissino per la sua tragedia fu infatti il testo di Tito Livio, Ab urbe condita, XXX, 12-15. Tuttavia, Patrick Kragelund (P. KRAGELUND, Palladio, Trissino and Sofonisba in Villa Caldogno at Vicenza, «Analecta Romana Instituti Danici», XXXII (2006), 1, 139-159: 146, nota 18) suggerisce che Trissino abbia consultato anche la versione trasmessa da Appiano nella sua Storia romana, VI, 37, 149-150 e VIII, 10, 36-40. In particolare, nel libro VI, Appiano spiega dettagliatamente le ragioni politiche per cui Sofonisba, originariamente promessa a Massinissa, venne invece data in sposa a Siface. Nel libro VIII, inoltre, Appiano si sofferma sul rapporto di fiducia sorto tra Asdrubale, padre di Sofonisba, e Massinissa, il giovane principe dei Massili, gentile e di bell’aspetto, che era cresciuto a Cartagine e avrebbe potuto essere il marito perfetto per sua figlia. Asdrubale concesse dunque a Massinissa la mano di Sofonisba, salvo scoprire che per motivi politici il senato cartaginese l’aveva ormai promessa in sposa a Siface. Appiano descrive il dolore di Massinissa e il suo progetto di vendetta contro i Cartaginesi, realizzato attraverso l’alleanza segreta con i Romani. 3 In particolare, per avere una panoramica dei rapporti intercorsi tra Giovan Giorgio Trissino e Andrea Palladio e della loro comune appartenenza al milieu umanistico vicentino, vedere G. PIOVENE, Trissino e Palladio nell’umanesimo vicentino, «Bollettino del centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio», V (1963), 1, 13-23 e il più recente F. LEONELLI, Ut Architectura Poesis. Un rapporto speculare: Trissino e Palladio, «Studium», CX (2014), 6, 918-945. 1 La letteratura italiana e le arti © Adi editore 2018 riferisco all’articolo del 2006 Palladio, Trissino and Sofonisba in Villa Caldogno at Vicenza di Patrick Kragelund.4 Il mio contributo recupera il confronto proposto da Kragelund fra il testo di Trissino e gli affreschi di Fasòlo e Zelotti,aggiungendovi alcune riflessioni e ponendo in risalto gli elementi stilistici che resero la tragedia di Trissino adatta a una rappresentazione scenica, e anche, sebbene indirettamente, a una realizzazione pittorica. Facendo leva in particolare sulle didascalie implicite (deittici e verbi di movimento)5 e sulla scansione delle scene, vorrei contribuire ad avvalorare l’ipotesi (avanzata da G. J. J. Van der Sman6e P. Kragelund) che nel ciclo di affreschi della stanza di Sofonisba di villa Caldogno i pittori, per illustrare la vicenda, abbiano espressamente seguito le indicazioni del testo trissiniano, e non di quello liviano.7A ciò, premetto una sezione che fa il punto sulle fonti storiche delle rappresentazioni (o delle letture pubbliche) della Sofonisba trissiniana durante il Cinquecento.Il contributo ha quindi lo scopo di riportare l’attenzione su questa vicenda letteraria, artistica e teatrale, raccogliendo la documentazione e gli studi prodotti fino a questo momento sull’argomento e fornendo alcuni spunti aggiuntivi, in modo daoffrire una panoramica completa sul convergere delle attività degli artisti menzionati; correla la ‘rappresentabilità’ teatrale della tragedia alla sua ‘rappresentabilità’ pittorica; riflette sull’intenzione originaria di Trissino di elaborare un testo tragico ricco di suggestioni visive, con finalità non solo letteraria ma anche di rappresentazione scenica. Sofonisba era già entrata nella letteratura teatrale in volgare del primo Cinquecento grazie all’apporto di Galeotto del Carretto, poeta originario di Savona, che nel 1502 dedicò alla marchesa Isabella d’Este una tragedia dal titolo Sofonisba. Caratterizzato dalla polimetria, questo testo era stato 4 Per il riferimento bibliografico esteso, vedere nota 2. 5Fornisco qui di seguito uno spoglio delle numerose espressioni deittiche e dei verbi di movimento che nella tragedia vengono utilizzati per marcare i movimenti dei personaggi (e, specialmente, le entrate in scena e le uscite di scena). Deittici: v. 226, «Eccω»; v. 234, «Eccω»;v. 383, «Eccω»; v. 694, «queste donne»; v. 723, «Eccω»; v. 890, «Eccω»; v. 922, «Qui ne la caʃa»; v. 923, «Qui ne la caʃa»; v. 1025, «qui d’intωrnω»; v. 1146, «Che facciω qui?»; v. 1152, «Eccω i prigiωni»; v. 1167, «quelle tεnde»; v. 1171, «qui», «questi»;v. 1237, «Eccω»; v. 1259, «quivi in questω cantω»; v. 1465, «quel»; v. 1466, «quella coppa»; v. 1918, «questa»; v. 1935, «qui»; v. 2015, «quel pannω». Verbi di movimento: v. 177, «Andiamω»; vv. 234-235, «ad hωr ad hωr εʃce di caʃa / e nωn ὲ bεn anchωr fuor de la porta»; v. 236, «Ma d’ωnde viεntù sì affannatωε stancω?»; v. 237, «Vεngω»; v. 339, «Fuggite»; v. 340, «Fuggite»; v. 490, «le care ginockia che hor abbracciω» (atto di inginocchiarsi); v. 593, «Andiamω adunque»; v. 682, «Ad ogni passω mi rivolgω intωrnω»; v. 723, «un d’e vostri ch’εʃce fuor di caʃa»; v. 725, «a cui n’andava»; v. 868, «viεn fuori»; v. 869-870a, «hor te n’andrai da parte / Nascωʃamente»; v. 872, «Iω farò sì che nωn pωtrà vedermi» (il messo parla riferendosi alla propria posizione rispetto a Massinissa); v. 876, «Hor sωnω uʃcitω»; v. 880, «hor hora di cωstà ne vεngo»; vv. 881-882a, «O Lεliω, anchωra nωn havea rivolti / Lj’ocki vεrsω di vωi»; v. 890, «viεn Catωne»; v. 922, «ωnd’hor ne sωn uʃcitω»; v. 1023, «Ite, militi miεi, dentr’al palazω»; v. 1146, «Mεljω ὲ pur ch’iω ne vada»; v. 1237, «ch’e’ viεn»; v. 1240, «Bεn vεnga Massinissa»; vv. 1257-1258, «Andate un pocω vωi tutti da parte, / Ch’iω vo’ restarmi sωl cωn Massinissa»; v. 1416, «Anderò dentrω»; v. 1469, «Nωn state più di fuore»; v. 1470, «venitene homai»; v. 1522, Hor iω ne vadω in caʃa»; v. 1733, «Sωstenetela bεne»; v. 1734, «Pωnetela a sedere»; v. 1893, «Accωstatevi a mε, voljω appωggiarmi»; v. 1896, «Appωggiatevi pur sωpra ’l miω pεttω»; v. 1954, «bεn sωn venuta»; v. 1979, «venir»; v.2075, «Andate dentrω».Le citazioni sono tratte da G. G. TRISSINO, LaSωphωnisba…, 35-162. 6G. J. J. VAN DER SMAN, La decorazione a fresco nelle ville venete del Cinquecento. Saggi di lettura stilistica e iconografica, Firenze, Istituto universitario olandese di storia dell'arte, 1993. 7 «While Trissino owed much to Livy, the painter seems in fact to have relied exclusively on Trissino» (P. KRAGELUND, Palladio, Trissino and Sofonisba…, 143). 2 La letteratura italiana e le arti © Adi editore 2018 pensato per la lettura e non per la rappresentazione, come lo stesso Del Carretto esplicitò nella lettera dedicatoria alla marchesa: «leggetela dunque quando haverete oportunità di leggerla».8 Si trattava dunque di un dono privato per la mecenate, in alternativa alla dedica di componimenti poetici, che comunque rimanevano più affini al gusto della destinataria.9 Nella prima parte di questa tragedia, troviamo la narrazione delle manovre politiche e militari dei Romani; solo nella seconda parte (da c.