Quaderni della Società Italiana di Storia dello Sport

IL PUGILATO NELL’ANTICHITÀ TRA STORIA, LETTERATURA E ARTE

Livio Toschi [email protected]

Nell’Iliade Omero descrive così mirabilmente i giochi funebri voluti da Achille in onore di Patroclo, da giustificare l’affermazione di Friedrich Schiller: «Non ha vissuto invano chi ha potuto leggere il XXIII canto dell’Iliade»1. È questa la prima “cronaca” di un agone sportivo. Dopo aver arso il corpo dell’amico su una pira innalzata con il legname di «aeree querce» del monte Ida, Achille bandisce i giochi funebri (agones epitaphioi), che dota di ricchi premi (agones chrematitai). I testi antichi sono pieni di agones epitaphioi, disputati con modalità più o meno simili in ogni tempo e luogo del mondo greco: dagli athla epi Pelia sulla spiaggia di Iolco2, cantati da Stesicoro, ai giochi in onore di Ettore e di Achille a Troia, descritti dagli autori postomerici.

1. Letteratura Gli agones dell’Iliade hanno luogo nella pianura di Troia presso il fiume Scamandro e vicino alla spiaggia dove sorge l’accampamento dei Greci. Le gare sono otto (cinque delle quali ritroveremo nelle antiche Olimpiadi): la corsa dei cocchi, il pugilato, la lotta, la corsa a piedi, il duello in armi (con elmo, lancia e scudo), il lancio del disco, la gara di tiro con l’arco alla colomba, una non meglio definita «prova delle lance». Nella gara di pugilato (pyx, pygme o pygmachia), i cui premi sono una mula per il vincitore e una coppa per lo sconfitto, Epeo batte facilmente Eurialo3. I due indossano una sorta di cintura intorno ai reni (zoma) e fasciano le mani con strisce di cuoio (himantes)4. Non è trascurabile la baldanza che traspare dalle parole di Epeo, certo di essere il migliore (aristos) tra gli Achei, che fa pensare alle dichiarazioni pre-gara dei moderni pugili per impressionare l’avversario. Leggiamo nella traduzione di Vincenzo Monti la viva descrizione che Omero fa del duro combattimento:

Odesi orrendo / sotto i colpi il crosciar delle mascelle, / e da tutte le membra il sudor piove. / Il terribile Epeo con improvvisa / furia si scaglia all’avversario, e mentre / questi bada a mirar dove ferire, / Epeo la guancia gli tempesta in guisa, / che il meschin più non regge, e balenando / con tutto il corpo si rovescia in terra (XXIII, 868-876).

Epeo cavallerescamente solleva da terra l’avversario frastornato e sanguinante.

Stese al terreno / il suo rivale, e tosto generosa / la man gli porse, e il rialzò. Pietosi / accorsero del vinto i fidi amici / che fuor del circo lo menâr gittante / atro sangue, e i ginocchi egri traente / col capo spenzolato, ed in disparte / condottolo, il posâr de’ sensi uscito (XXIII, 879-886).

Lo stesso Omero nel libro VIII dell’Odissea narra, seppur meno dettagliatamente, i giochi organizzati dai Feaci alla presenza di Ulisse. Questa volta gli agoni, non più epitaphioi

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ma disputati gioiosamente in onore dell’ospite, sono cinque e tutti destinati a far parte delle Olimpiadi: la corsa, la lotta, il salto in lungo, il lancio del disco e il pugilato, vinto da Laodamante, figlio del re Alcinoo5. Insomma, è un pentathlon con il pugilato al posto del giavellotto. Ancora nell’Odissea (libro XVIII) è narrato il violento incontro a pugni nudi6 tra Ulisse e Iro sotto lo sguardo divertito dei Proci. Ovviamente prevale il re di Itaca e il mendicante finisce malconcio, come racconta Omero (traduzione di Ippolito Pindemonte)

Iro la destra spalla / ad Ulisse colpì; ma Ulisse in guisa / sotto l’orecchia l’investì nel collo, / che l’ossa fracassògli: uscìagli il rosso / sangue fuor per la bocca; ed ei mugghiando / cascò, digrignò i denti, e il pavimento / calcitrando batté (XVIII, 114-120).

Nel V libro dell’Eneide (I secolo a.C.) Virgilio descrive i giochi organizzati dal pio Enea sulla spiaggia di Pizzolungo sotto il monte Erice, presso Trapani, per l’anniversario della morte del padre Anchise. Cinque le competizioni: le regate, la corsa a piedi, il pugilato, il tiro con l’arco alla colomba, il Ludus Troiae. Nella gara di pugilato, i cui premi sono un toro per il vincitore, un elmo e una spada per lo sconfitto, il siculo Entello batte il frigio Darete. Anche Virgilio offre una descrizione cruenta:

Indarno tra lor si avventan colpi, / ne addensan molti al cavo fianco, i petti / si fanno risonar, spessa la mano / guizza agli orecchi ed a le tempie intorno / crosciano a le percosse le mascelle (V, 556-560 – Traduzione di Giuseppe Albini).

Va sottolineato che all’inizio del combattimento i due avversari «stettero eretti su le punte entrambi / subitamente, sollevando al cielo / impavidi le braccia, e le teste alte / molto indietro ritrassero dal colpo». Questo atteggiamento ricorda i versi di Quinto Smirneo7 e di Papinio Stazio8. Nel VI libro della Tebaide (I secolo d.C.) Stazio narra lo scontro violento nel pugilato tra l’agile spartano Alcidamante, addestrato da Polluce, e il possente argivo Capaneo durante i giochi funebri in onore del piccolo Archemoro Ofelte. Le gare disputate sono nell’ordine: la corsa dei cocchi, la corsa a piedi, il lancio del disco, il pugilato e la lotta:

Come l’onda si abbatte con la sua mole sugli scogli minacciosi, vi si frange e ritorna indietro, così Alcidamante aggira il nemico furibondo, nel tentativo di abbatterlo. Ecco, alza le mani e mira costantemente ora ai fianchi, ora agli occhi; mentre l’altro bada a evitare l’impatto tremendo dei cesti, lo distrae e con abilità supera la sua guardia e gli piazza un colpo inatteso in mezzo alla fronte, marchiandolo con una ferita: subito sgorga il sangue e scorre tiepido lungo le tempie (VI, 777-783).

Nel IV libro de Il seguito dell’Iliade (o Posthomerica), databile nel III secolo d.C., Quinto di Smirne descrive i giochi funebri organizzati da Teti in onore di Achille. Sono dieci e cioè: corsa a piedi, lotta, pugilato, tiro con l’arco, lancio del disco, salto, lancio del giavellotto, pancrazio, corsa con i carri e corsa con i cavalli. La gara di pugilato (lungamente descritta ai versi 284-404) si disputa tra Epeo (già vincitore ai giochi in onore di Patroclo) e Acamante, figlio di Teseo.

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Infine vennero l’un contro l’altro, simili a nubi veloci, / che per le furie dei venti scontrandosi a vicenda / mandano lampi […]. / Così risuonavano le mascelle dei due per l’effetto / delle pelli secche, il sangue molto scorreva, dalle fronti / il sudore misto a sangue arrossiva le guance in fiore. / Ma loro furiosamente si battevano bramosi (IV, 349-356).

Facendosi troppo aspro il combattimento, Epeo e Acamante vengono convinti a interromperlo e Teti dona a ciascuno un tripode d’argento. Nonno di Panopoli (V secolo d.C.) nel canto XXXVII delle Dionisiache si sofferma sull’incontro tra Melisseo ed Eurimedonte, figlio di Efesto. I due indossano himantes, perizoma e cintura. Il combattimento è, come sempre, molto duro: «Le guance si graffiano / e i cesti s’arrossano di rivoli di sangue. / Scricchiolano le mascelle [...], / gli occhi s’infossano». Un pugno di Melisseo

colpisce all’improvviso la guancia sotto l’occhio e l’altro accusa il colpo, / rotola e piomba supino con la schiena nella polvere, / senza conoscenza, simile a un ubriaco. La testa / reclinata da un lato, sputa schiuma e sangue / che lentamente s’aggruma (XXXVII, 538-542).

Ricordo, inoltre, che pugilato, lotta, corsa di cavalli e di carri sono raffigurati sullo scudo di Ercole, come si narra nell’omonimo poemetto che s’ispira a Omero ed Esiodo. Pindaro dedica l’Olimpica VII a Diagoras di Rodi (vincitore nel 464 a.C.), la X e l’XI ad Hagesidamos di Locri Epizefiri (vincitore tra i giovani nel 476 a.C.). Bacchilide scrive gli Epinici I e II per celebrare il successo a Istmia del giovane pugile Argeios di Ceo, suo concittadino. Nel programma delle Thanatusie, i giochi disputati dai defunti che soggiornano nell’Isola dei Beati, figura anche il pugilato e il greco Epeio pareggia con l’egiziano Areio. Ai vincitori, ci dice ironicamente Luciano di Samosata, gli agonoteti Achille e Teseo dispensano corone intrecciate con penne di pavone (Storia vera, II, 22).

2. Arte pre-olimpica

Troviamo le più antiche tracce di pugili nell’arte in due bassorilievi: uno sumero di 5000 anni fa, conservato al Museo di Bagdad, e uno babilonese al British Museum di Londra (II millennio a.C.). L’arte minoica ci offre scene di pugilato in unrhyton di steatite alto 50 cm e proveniente da Haghia Triada (1600-1500 a.C.), esposto al Museo Archeologico di Heraklion a Creta. Tutti i pugili indossano guantoni, gambaletti, cintura e sospensorio. Alcuni anche un elmo. In un celebre affresco anteriore al 1500 a.C., proveniente dall’isola di Thera (Santorini), ora al Museo Archeologico Nazionale di Atene, sono raffigurati due giovani pugili che indossano guantoni e cintura. Wolfgang Decker segnala un rilievo con sei coppie di pugili in varie posizioni nella tomba di Kheruef a Luxor (XVIII dinastia)9. Un kantharos con disegno di stile geometrico alla Staatliche Kunstsammlungen di Dresda (seconda metà dell’VIII secolo a.C.) mostra due pugili al centro della scena e di fianco a loro due personaggi armati.

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3. Le origini

Il mito attribuisce l’invenzione del pugilato a Teseo (Pindaro, Nemea V, 89), a Ercole10, che «per primo sui campi di Pisa gareggiò in onore di Pelope, vincendo queste gare» (Stazio, VI, 5-7), ad Apollo (Plutarco, Questioni conviviali, VIII, 4, 4), che ricevette l’appellativo di pyktes e a Olimpia sconfisse Ermes nella corsa e Ares nel pugilato (Pausania, V, 7, 10), o a Polluce, figlio di Zeus e di Leda, nonché fratello di Castore e di Elena. Anche Polluce si affermò nel pugilato a Olimpia prima che Ifito istituisse “ufficialmente” i Giochi nel 776 a.C. (Pausania, V, 8, 4). Filostrato sostiene che «il pugilato ebbe origine a Sparta». Durante la spedizione degli Argonauti Polluce11 sconfisse e uccise il crudele Àmico, figlio di Nettuno e re dei Bebrici, popolo della Bitinia (Teocrito, XXII, 44-134; Apollonio Rodio, II, 1-98; Flacco, IV, 148- 314). Àmico costringeva quanti attraversavano il suo paese a battersi con lui, che li uccideva durante l’incontro. Quello con Polluce fu un combattimento fra la scienza pugilistica e la forza bruta e Teocrito ci dà dell’incontro una descrizione molto tecnica, che dimostra una profonda conoscenza del pugilato. Polluce e Àmico sono raffigurati sulla Cista Ficoroni (IV secolo a.C.), portagioielli cilindrico in bronzo, inciso da Novio Plauzio e conservato al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Leggiamo come Teocrito racconta la violenta conclusione del combattimento:

Con la mano possente / colpisce sotto la tempia sinistra, con tutta la spalla fa forza; / sgorga a fiotti sangue dalla tempia spaccata; / e col sinistro Polluce colpisce la bocca, tintinnano i denti serrati; / con colpi sempre più fitti gli devasta la faccia, / gli fracassa infine le guance. Giace per terra / Àmico fuori di sé, e rinunziando alla lotta / entrambe le mani solleva, vicino alla morte (XXII, 123-130).

Così Apollonio narra la fine dello stesso incontro, poco prima che Polluce sferri il colpo mortale:

Da ambo le parti risuonavano guance e mascelle, / e si levava un digrignare infinito di denti. / L’uno di fronte all’altro non cessavano mai di colpirsi, fin quando / entrambi furono vinti dall’affanno angoscioso. / Si scostarono un poco e asciugarono l’abbondante sudore / dalla fronte, ansimando respiri sfiniti, e poi di nuovo / entrambi si scagliarono l’uno sull’altro, come due tori / che furibondi si scontrano per una giovenca al pascolo (II, 83-90).

Veniamo al programma agonistico delle Olimpiadi, notando per inciso che era (e rimase a lungo) molto più povero sia rispetto ai giochi in onore di Patroclo sulla spiaggia di Ilio, sia rispetto agli arcaici giochi di Ercole disputati nella stessa Olimpia12. Nelle prime 17 edizioni si svolsero solo gare di corsa: lo (sulla distanza di 600 piedi) dalla I Olimpiade alla XIII; dalla XIV si aggiunse il diaulos, un doppio stadion; dalla XV il , o corsa di resistenza. Nel 708 a.C. (XVIII Olimpiade) entrarono nel programma la lotta e il pentathlon (in cui pure figurava la lotta come quinta prova). Poi – limitandoci alle discipline di combattimento – furono introdotti: il pugilato nel 688 (XXIII) e vinse Onomastos di Smirne13, il pancrazio nel 648 (XXXIII), la lotta per i giovani nel 632 (XXXVII), il pugilato per i giovani nel 616 (XLI) e vinse Philytas di Sibari, il pancrazio per i giovani nel 200 a.C. (CXLV). Va precisato che il

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pancrazio (detto anche pammachos: «combattimento completo») nacque dalla combinazione di lotta e pugilato, non consentendo però l’uso degli himantes. Pankrates in greco significa «onnipotente», e gli arbitri faticavano a mantenere gli incontri entro limiti accettabili, evitando danni seri ai concorrenti14. A ragione Senofane definiva il pancrazio «prova durissima»15.

4. L’abbigliamento

Né la cintura che si vede nell’affresco di Thera o quella citata da Omero (la indossano Epeo ed Eurialo, e Iro ha «il cinto ai lombi»), né il perizoma, comunque raffigurato raramente nell’arte16, vennero più utilizzati. I pugili, nudi, indossarono soltanto gli himantes, in origine lunghe e sottili strisce di cuoio (himantes malakoteroi o meilichai) fatte girare più volte intorno alle mani e ai polsi, ai quali venivano fissate, lasciando liberi i pollici. Le quattro dita legate tra loro non erano bloccate nella posizione a pugno, ma potevano distendersi. I pugili provvedevano da soli alla fasciatura, come mostrano molte raffigurazioni17. In una seconda fase (dal IV secolo a.C.) la fasciatura avvolse parte dell’avambraccio. L’operazione richiedeva abilità ed esperienza. Grazie alla datazione di un’anfora panatenaica a figure nere (British Museum di Londra) possiamo affermare che nel 336 a.C. l’avambraccio dei pugili era protetto da un guanto di materiale morbido, sul quale s’intrecciavano le strisce di cuoio (Platone le chiamava sphairai). Era vietato l’uso di himantes «fatti di pelle di cinghiale o di porco, considerandosi dolorose e inguaribili le ferite da essi prodotte» (Filostrato, 10). Il guanto nella parte superiore terminava con una guaina di lana arricciata, kodion in greco e summus vellus in latino, che serviva a detergere il sudore o il sangue più che a proteggere dai colpi. In età ellenistica si ebbe un’ulteriore trasformazione con gli himantes oxeis (oxus = aguzzo, penetrante), introducendo intorno alle dita un anello formato da strisce di cuoio duro (strophion), come mostrano le statue del Pugile in riposo18 e del cosiddetto Pugile di Sorrento19. Con l’affermarsi degli himantes oxeis cambiò anche lo stile del pugilato: si richiedeva meno agilità e tecnica, ma più potenza. I colpi divennero molto duri e pericolosi, trasformando il pugilato in una gara spietata e spesso mortale, ma neanche alle Olimpiadi un pugile che uccideva l’avversario senza commettere irregolarità veniva privato della corona (Pausania, VI, 9, 6). Gli Etruschi, che lo praticarono e lo raffigurarono negli affreschi di svariate tombe, trasmisero ai Romani la passione per il pugilato (pugilatus). Ma nell’Urbe, per spettacolarizzare gli incontri, i pugili usavano i caesti, guanti rinforzati con micidiali masse metalliche, allungati fin quasi alle spalle, come mostrano – per esempio – i pugili dei mosaici provenienti dalle terme di Caracalla, ora ai Musei Vaticani. Nell’Eneide Virgilio descrive i cesti di Entello basandosi su quelli in uso a Roma al tempo di Augusto («trapunti di piombo e di ferro»).

5. Le regole

Non è certo che le regole (nomoi) del pugilato debbano farsi risalire a Onomastos (il vincitore della XXIII Olimpiade, la prima in cui si disputò il pugilato), come afferma Filostrato (La ginnastica, 12). Visto che già Omero e altri autori avevano descritto in dettaglio precedenti incontri di pugilato, probabilmente Onomastos apportò solo delle modifiche alle

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regole già esistenti. In un’iscrizione rinvenuta a Olimpia si legge che l’arcade Philippos «diede dimostrazione delle norme di Polluce»20. Diogene Laerzio (Vite dei filosofi, VIII, 47) scrive che di Samo, vincitore nel 588 a.C., è stato il primo pugile a gareggiare in bello stile nel rispetto delle regole (entechnos). Negli sport “pesanti” (ta barea), cioè la lotta, il pancrazio e il pugilato21, oltre alle frazioni di gara e ai limiti di tempo, non esistevano le categorie di peso poiché l’abilità veniva considerata preponderante sulla forza, ma in realtà gli uomini dotati di un fisico possente avevano un buon vantaggio, specialmente nel pugilato dell’epoca ellenistica e romana, quando gli himantes erano più pesanti e la gara più massacrante. Si distinguevano, però, due classi di età: i giovani (paides), da 12 a 18 anni, e gli adulti (andres), oltre i 18 anni. A volte la ripartizione degli atleti non era semplice, non esistendo certificati di nascita o documenti d’identità, ma spettava ai giudici porporati (hellanodikai) stabilire “a vista” se un concorrente poteva gareggiare tra i paides22. A Nemea, a Corinto e alle Panatenee di Atene fu introdotta la classe degli “imberbi” (ageneioi); a Sparta erano ben quattro le classi degli agoni giovanili23. Gardiner sostiene che «c’erano norme diverse per adulti e per ragazzi»24, ma di questo non troviamo traccia nelle fonti. Non sappiamo se l’incontro aveva luogo in uno spazio delimitato, anche se una raffigurazione vascolare farebbe pensare di sì: in essa è infatti riconoscibile una specie di basso steccato. Si tratta di una sfera di argilla del VI secolo a.C., proveniente da Sala Consilina (Museo Archeologico di Padula). Teocrito (XXII, 94) definisce «spazio angusto» quello dove si battono Polluce e Àmico. Omero nell’Iliade scrive che i pugili si mossero «verso il centro dell’agone», Virgilio che Entello «si piazzò in mezzo all’arena», Flacco che Àmico incalzò Polluce e «lo cinse d’assedio per tutto il terreno», frasi troppo generiche, mentre Quinto afferma che Epeo e Acamante stavano «nei recinti della gara», espressione che sembra avvalorare l’ipotesi di uno spazio circoscritto. Gli incontri si svolgevano a eliminazione diretta. Chiuse le iscrizioni (apographai), gli accoppiamenti venivano sorteggiati dagli ellanodici e se gli atleti erano in numero dispari (all’inizio o in un seguente turno eliminatorio), uno di loro passava direttamente al turno successivo. Per il sorteggio venivano introdotti nell’urna dei gettoni contrassegnati con lettere duplicate: coloro che estraevano la stessa lettera gareggiavano insieme. Se i concorrenti erano dispari s’inseriva un gettone senza lettera o con lettera singola e chi l’estraeva era ephedros25, ossia «che sta seduto» (da ephedron = sgabello)26. Costituiva quindi un notevole vantaggio essere sorteggiato ephedros: i combattimenti, infatti, potevano risultare lunghi e pesantissimi se c’era equilibrio tra i contendenti. Anephedros era detto chi non usufruiva del vantaggio e doveva sudarsi la vittoria in ogni incontro, ricevendo perciò maggiori riconoscimenti in caso di successo finale. Con il termine aptos s’indicava l’atleta vittorioso in combattimento senza essere mai finito a terra: Pindaro lo usa nell’epinicio per il lottatore Epharmostos di Opunte in una gara a Maratona (Olimpica IX, 91-92). Il successo akoniti era il più prestigioso per gli atleti, in quanto vincitori per la rinuncia dell’avversario, che riconosceva così la loro netta superiorità. Plinio il Vecchio (XXXV, 139) ricorda che l’ateniese Dioxippos nel 336 a.C. vinse a Olimpia la gara di pancrazio «senza combattere, ciò che i Greci chiamano akoniti, cioè senza polvere». Un ritiro prima dell’inizio della gara si definiva ex arches, dopo il primo o il secondo turno si definiva meta proton, meta deuteron kleron (kleros = sorteggio)27. Ai Giochi Olimpici il più antico successo akoniti lo colse nella gara di lotta il pentatleta spartano Akmatidas nel 500 a.C.28, seguito dal pancraziaste Dromeus di Mantinea nel 480 a.C. Fu poi la volta, nel 474 a.C., di Theogenes di Taso nel pugilato ai Giochi Pitici. L’incontro poteva finire anche in parità, come quello di lotta

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tra Aiace e Ulisse narrato nell’Iliade o l’altro tra lo stesso Aiace e Diomede durante i giochi in onore di Achille29. «Quando una gara non aveva un vincitore assoluto (due corridori arrivati contemporaneamente al traguardo; due pugili tra i quali i giudici non potevano decidere chi fosse superiore, ecc.) essa era dichiarata iera, cioè veniva aggiudicata al dio»30. Ma negli agoni minori spesso s’incoronavano entrambi i contendenti (systephein)31 e le loro statue venivano di solito poste sulla medesima base. Con il termine synexelthein s’indicava la rinuncia di comune accordo a proseguire una gara in cui era evidente l’impossibilità di prevalere sull’avversario. Nell’antichità le prestazioni non si potevano paragonare a quelle ottenute altrove: pensiamo al tempo impiegato in una corsa (anche per la diversa lunghezza dei vari stadi). Gli atleti, pur confrontandosi sempre hic et nunc, si distinguevano con primati che definiremo “di qualità”. Negli sport di combattimento, per esempio, si tramandava il ricordo di un successo ottenuto per il ritiro degli avversari o senza essere mai caduto a terra o non avendo mai usufruito di un sorteggio favorevole. Altri titoli distintivi erano periodonikes (vincitore dei 4 massimi giochi panellenici), aleiptos e anikatos (invitto), asunexostos (che non può essere smosso dalla sua posizione), aph’Herakleous (vedi nota 41). Filostrato ci descrive le caratteristiche fisiche dei pugili (La ginnastica, 34):

Mani lunghe, avambracci solidi, braccia [lacuna nel testo], spalle resistenti, collo alto ed eretto. Chi ha polsi robusti colpisce con maggior durezza, chi li ha meno vigorosi è più agile e colpisce con maggior facilità. Il pugilatore conti molto anche sulla robustezza dei fianchi: il movimento in avanti delle mani fa barcollare il corpo, se questo non poggia su fianchi solidi.

La posizione iniziale di guardia assunta dai pugili (probolé) li mostra con il braccio sinistro disteso in alto verso l’avversario, a proteggersi il viso, e il destro piegato all’indietro, spesso più in alto delle spalle, pronto a colpire, ben saldi sulla gamba destra arretrata (la sinistra è talora leggermente piegata). Come mostra in modo eloquente la tazza a figure rosse del 490 a.C. al British Museum, in cui si vedono due coppie di pugili con l’arbitro in mezzo. Importantissimo, durante il combattimento, era il gioco delle gambe. Stazio, infatti, così scrive di Alcimedonte: «Con rapidi movimenti evita mille colpi mortali indirizzati alle tempie; poi, ricorrendo all’aiuto dei piedi, ma pur sempre padrone della sua arte, arretra rivolgendo il volto all’avversario e continuando a parare i colpi» (VI, 792-795). Era esclusa qualsiasi presa al corpo dell’avversario per trattenerlo, né si poteva afferrargli le mani (tuttavia Àmico, allo stremo, blocca la mano sinistra di Polluce). Piuttosto che al tronco i pugni erano diretti al volto (fronte, naso, mento, mascelle), dove si causavano danni maggiori. Di colpi sul corpo abbiamo cenni in alcuni scritti32, ma non ci sono raffigurazioni artistiche, salvo la scena dipinta in un’anfora a figure nere nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, in cui un pugile colpisce l’avversario addirittura ai genitali. Poco frequenti erano i colpi alle orecchie: l’esempio più terribile è il pugno con cui Polluce uccide Àmico nel racconto di Apollonio. Si poteva colpire anche con la mano aperta e, per quanto ne sappiamo, non esistevano regole che vietassero di percuotere un avversario già a terra. Gli artisti raffigurarono più volte il diretto33 e il montante34. Un altro colpo micidiale è quello di cui parla Apollonio (II, 91-93): «Allora Àmico si alzò sulle punte dei piedi, / tese il corpo come fa il macellaio per uccidere il bove, / e calò

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su Polluce la mano pesante». Ricordo che il combattimento non contemplava frazioni di gara o intervalli, ma durava finché uno dei due pugili crollava privo di sensi oppure per resa, dichiarata sollevando l’indice di una mano (apagoreuein = arrendersi, ritirarsi). Insomma, non bastava cadere a terra, se si riprendeva subito il combattimento, come fece Àmico nel racconto di Teocrito (XXII, 105-107): «Colpito, / cadde riverso tra le erbe fiorenti; ma si rialzò in piedi e l’aspra battaglia si riaccese»35. Nell’anfora a figure rosse del pittore Pythokles, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene (V secolo a.C.), uno dei pugili – colpito da un diretto – si arrende mentre cade alzando il dito indice della mano destra. Altri esempi, in cui i pugili che si arrendono sono già in ginocchio, ce li offrono due anfore a figure nere, una del “pittore di Michigan” ai Musei Vaticani (VI secolo a.C.) e una al British Museum. Poiché non c’erano limiti di tempo, Melankomas della Caria, afferma Dione Crisostomo (Orazione XXIX), rimase sulla difensiva per due giorni interi, sfiancando l’avversario e vincendo il pugilato nel 49 d.C. Se i pugili erano d’accordo, l’arbitro poteva interrompere il combattimento affinché riprendessero le forze. Àmico e Polluce, sfiniti, si concedono una pausa (Apollonio, II, 85-90, e Flacco, IV, 279-283), come fanno Alcidamante e Capaneo (Stazio, VI, 796-801). Quando un incontro durava troppo a lungo, i giudici avevano facoltà di ordinare ai combattenti di scambiarsi colpi alternativamente senza difendersi (klimax). Si sorteggiava chi dovesse cominciare. A questo proposito va menzionato l’incontro tra Kreugas di Epidamno e Damoxenos di Siracusa ai Giochi Nemei, conclusosi tragicamente per Kreugas, che da morto fu però dichiarato vincitore (Pausania, VIII, 40, 3-5)36. A cavallo dell’Ottocento Antonio Canova immortalò i pugili in due sculture marmoree alte più di due metri, oggi ai Musei Vaticani. I danni subiti dai pugili, quando addirittura non perdevano la vita, erano consistenti e oggetto di sarcasmo. Nell’Antologia Palatina si menziona un certo Olimpico, talmente sfigurato che il fratello ne approfittò per trascinarlo in tribunale e – mostrandone un ritratto di prima che si dedicasse al pugilato – per convincere i giudici che quello che avevano davanti non era il fratello, ma un impostore. Così si fece assegnare tutti i beni del fratello dichiarato “scomparso”. Ancora nell’Antologia Palatina il poeta satirico Lucilio dedicò un epigramma a Stratofone, divenuto irriconoscibile non solo ai suoi concittadini ma, se si fosse guardato nello specchio, avrebbe giurato di non essere lui quello che vedeva riflesso. Eliano (X, 19) ricorda che Eurydamas di Cirene vinse la gara nonostante l’avversario gli avesse spaccato i denti: lui li aveva ingoiati affinché l’altro non se ne accorgesse37. Nell’anfora a figure nere di Nikosthenes al British Museum (VI secolo a.C.) si vede un pugile sanguinare dal naso. Un pugile che non aveva perso sangue durante la gara era chiamato atraumatistos, come scrive Sesto Giulio Africano nella Chronographia. Sembra che tra gli olimpionici adulti lo fosse solo Kleoxenos di Alessandria, vincitore nel 240 a.C. Pausania (VI, 12, 6) sostiene che Hippomachos di Elide, vincitore della gara dei giovani nel 300 a.C., non fu colpito da nessuno dei tre avversari affrontati. Artemidoro di Daldi, vissuto nel II secolo d.C., ne Il libro dei sogni (I, 61) avverte che sognare di pugilato «è dannoso per chiunque, poiché, oltre a vergogna, significa anche danni: infatti il volto diventa deforme e si versa sangue […]. Questo sogno è propizio soltanto per chi si guadagna da vivere con il sangue; intendo i medici, i sacerdoti che compiono sacrifici e i cuochi».

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6. L’allenamento

L’allenatore degli adulti si chiamava gymnastes, quello dei giovani paidotribes. Caratteristica dell’allenamento dei pugili era la skiamachia, ossia un combattimento simulato o “con l’ombra”. Un altro esercizio, una specie di schermaglia con le mani senza avversario, era chiamato cheironomia. Ambedue i termini sono citati, per esempio, da Pausania (VI, 10, 3) a proposito della statua di Glaukos di Caristo. Un attrezzo di largo uso per la preparazione dei pugili era il korykos, un sacco di cuoio appeso al soffitto e riempito di cereali, di farina o di sabbia, insomma una sorta di punching-ball, che veniva utilizzato anche dai pancraziasti, ma era più grande e più pesante di quello dei pugili (Filostrato, 57). Il korykos è visibile nella Cista Ficoroni e in una raffigurazione caricaturale in un vaso a figure rosse dell’Ermitage (V a.C.). Durante l’allenamento i giovani indossavano dei paraorecchi di lana coperti da cuoio, chiamati amphotides o epotides, che erano legati con sottili strisce di pelle intorno alla testa e sotto il mento. In un vaso a figure nere (VI secolo a.C.), ora al Metropolitan Museum di New York, vediamo due pugili che si allenano al suono del flauto38. In un’hydria attica a figure nere (VI secolo a.C.) custodita ai Musei Vaticani sono raffigurati tre podisti e cinque pugili (quattro combattono a coppie e uno, seduto, si sta fasciando le mani con le strisce di cuoio) con allenatore e flautista. Nonostante si tratti di un allenamento, due pugili perdono abbondante sangue dal viso. Per evitare incidenti e ferite, secondo Plutarco, negli allenamenti si usavano le poco nocive sphairai.

7. Atleti imbroglioni

Neppure a Olimpia mancarono casi d’illecito, che venivano puniti con ammende utilizzate per erigere statue di Zeus in bronzo, che prendevano il nome di zanes, collocate tra il Metroon e l’ingresso allo stadio, ai piedi dei Tesori. Il primo illecito di cui si ha notizia risale al 388 a.C. e riguarda il pugile tessalo Eupolos39. Nel 332 a.C. l’ateniese Kallippos corruppe i suoi avversari nella gara di pentathlon40. Sia Eupolos che Kallippos, corruttori, vennero puniti con una multa salata (che colpì anche i corrotti), ma il loro nome rimase negli elenchi dei vincitori. Solo nel 68 a.C. Straton di Alessandria ottenne la corona nella lotta per la squalifica di due avversari41. Nel 125 d.C. i multati furono due pugili egiziani, Didas e Sarapammon (Pausania, V, 21, 15). Era fallito, invece, il tentativo dei messi di Dionisio I nel 388 a.C.: sebbene con il denaro avessero convinto il padre del pugile Antipatros di Mileto, questi rifiutò di dichiararsi siracusano (Pausania, VI, 2, 6). Fu allora che Lisia pronunciò una sua celebre orazione in difesa dei principi di purezza delle Olimpiadi. Nel 12 a.C. il padre di Polyktor di Elide, che gareggiava nella lotta dei fanciulli, corruppe il padre di Sosandros di Smirne, avversario di Polyktor, ma il fatto trapelò e i due disonesti genitori vennero sanzionati (Pausania, V, 21, 16-17). Il pugile Apollonios di Alessandria d’Egitto nel 93 d.C. fu multato ed escluso dalla gara perché giunse in ritardo a Olimpia. Tentò di scusarsi incolpando i venti contrari alla navigazione, ma venne smentito dal concittadino Herakleides, che lo accusò di essersi trattenuto nella Ionia per partecipare ai locali agones chrematitai, ricchi di premi42. Livido di rabbia, Apollonios aggredì il rivale, che era stato proclamato vincitore (Pausania, V, 21, 12-14).

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8. Pugili famosi

Tra gli atleti più famosi ricordo Theogenes (o Theagenes) di Taso. Figlio di un sacerdote di Ercole, nei giochi del “circuito” colse complessivamente 24 vittorie (22 nel pugilato e 2 nel pancrazio): due a Olimpia, nel pugilato (480 a.C.)43 e nel pancrazio (476 a.C.), 3 a Delfi, 9 a Nemea, 10 a Corinto. Oltre a rimanere imbattuto per 22 anni come pugile, fu il primo atleta a vincere pugilato e pancrazio ai Giochi Olimpici, nonché il primo a vincere pugilato e pancrazio44 nello stesso giorno agli Istmici. Ottenne ben 1300 successi nella sua intensissima carriera, meritando la statua erettagli a Olimpia da Glaukias di Egina. Come il suo rivale nel pugilato all’Olimpiade del 480, Euthymos di Locri (vincitore nel 484, 476 e 472), Theogenes fu eroizzato e alle sue statue, a Taso e altrove, vennero attribuiti poteri magici45. Il celebre pugile Diagoras di Rodi, olimpionico nel 464 a.C., si affermò anche una volta a Delfi, due volte a Nemea, quattro volte a Corinto46. Fu ritratto in una statua da Kallikles di Megara e Pindaro gli dedicò l’Olimpica VII. Ebbe tre figli: Damagetos vinse il pancrazio nel 452 e 448; Akusilaos, il secondogenito, vinse il pugilato nel 448; Dorieus, il più giovane, fu tre volte olimpionico nel pancrazio (432, 428 e 424 a.C.)47. Nel 404 Eukles e Peisirodos, nipoti di Diagoras, s’imposero nel pugilato e nel pugilato per giovani. Due pugili si segnalarono in negativo. Avendo violato le regole, Kleomedes di Astipalea nel 492 a.C. fu ritenuto responsabile della morte di Ikkos di Epidauro e perciò privato della vittoria; decisione che ne provocò la follia (Pausania, VI, 9, 6). Quattro anni dopo anche Diognetos di Creta causò la morte del suo avversario, di nome Herakles, e i giudici non solo si rifiutarono d’incoronarlo, ma lo scacciarono da Olimpia. Filostrato sosteneva che «il merito delle vittorie di un atleta spettava, non meno che all’atleta stesso, al suo istruttore» (La ginnastica, 13). Eryxias, per esempio, nel 564 a.C. spronò il pancraziaste Arrichion di Figalea a non arrendersi, a costo della vita (vinse da morto la sua terza Olimpiade)48, e l’allenatore Tisia nel 520 a.C. portò alla vittoria Glaukos di Caristo nel pugilato ricordandogli di usare contro il suo avversario il colpo con il quale aveva addirittura raddrizzato un aratro (Filostrato, 20; Pausania, VI, 10, 1-3)49. Promachos di Pellene vinse il pancrazio nel 404 a.C. per amore: il suo allenatore, improvvisatosi psicologo, gli aveva fatto credere che la donna amata da Promachos avrebbe condiviso il suo amore se vittorioso alle Olimpiadi (Filostrato, 22). Pindaro rese onore a Ila, allenatore del giovane pugile Hagesidamos di Locri (Olimpica X, 16-19), e a Menandros, allenatore del pancraziaste Pytea di Egina (Nemea V, 48-49). Si riteneva senz’altro opportuna la continenza sessuale durante i giochi e l’allenatore Ikkos di Taranto la raccomandava durante gli allenamenti intensivi50, ma qualcuno la osservò addirittura per tutta la vita: per questo singolare primato divenne celebre Kleitomachos di Tebe, che s’impose 3 volte nel pancrazio a Delfi, nel 216 a.C. vinse le gare di lotta, pancrazio e pugilato ai Giochi Istmici, nel 212 il pancrazio e il pugilato a Olimpia51. Concludo citando i versi finali dell’Epinicio I di Bacchilide, dedicato al giovane pugile Argeios di Ceo:

Colui che solo ambizioni / leggere agita in cuore, / soltanto per il tempo che vive ottiene / l’onore. Il valore richiede fatica, / ma una volta compiuto e perfetto / lascia all’uomo anche dopo la morte / l’invidiato splendore di una fama gloriosa.

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NOTE

1. Cit. da Gardiner, v. I, p. 6; Bilinski, pp. 16-17 e 131. 2. Sono raffigurati in un fregio dell’Arca di Cipselo nel tempio di Era a Olimpia. Nel pugilato si affrontarono Admeto e Mopso. «In piedi in mezzo a loro un uomo li accompagnava col flauto» (Pausania, V, 17, 10). Altri celebri giochi funebri furono quelli per Anfidamante a Calcide, durante i quali si sarebbe svolto il confronto poetico tra Omero ed Esiodo, vinto da quest’ultimo. 3. Omero ricorda che Eurialo aveva vinto la gara di pugilato disputata a Tebe presso la tomba di Edipo. Un altro esempio, quindi, di agon epitaphios. Epeo, il costruttore del “cavallo di Troia”, dopo il successo nel pugilato si esibì anche nel lancio del disco, ma fu «sì mal destro, che ne rise ognuno» (XXIII, 1067). 4. Scrive Omero che Diomede parteggiava per Eurialo ed «egli stesso al fianco il cinto / gli avvinse, e il guanto gli fornì di duro / cuoio, già spoglia di selvaggio bue» (XXIII, 862-864). 5. Laodamante esprime bene la considerazione che i Feaci avevano per il valore atletico: «Io non so per l’uom gloria maggiore / che del pie’ con prodezza e della mano, / mentre in vita riman, poter valersi» (VIII, 194-196). 6. L’improvvisazione e l’irritualità del combattimento è dimostrata dal mancato uso degli himantes. 7. «Sollevarono l’uno contro l’altro le mani / attentamente osservandosi, sulle punte dei piedi / avanzando» (IV, 345-347). 8. «I due, drizzandosi sulla punta dei piedi, levano in alto le mani veloci come il fulmine; ritraggono indietro il capo per tenerlo al sicuro tra le spalle» (VI, 750-753). 9. W. Decker, Sports and Games of Ancient Egypt (titolo originale: Sport und Spiel im Alten Ägypten, Monaco, 1987), Cairo 1993, pp. 87-88. 10. Teocrito, XXIV, racconta che Ercole fu istruito nella lotta, nel pancrazio e pugilato da Arpalico, figlio di Ermes. 11. Nel libro XI dell’Odissea Omero lo definiscepyx agathos, ossia «eccellente nel pugilato». E Filostrato (La ginnastica, 9) scrive che per la sua abilità fu tanto celebrato dai poeti. Ma nei Dialoghi degli dei Luciano di Samosata ce lo presenta come un pugile dal viso martoriato. Ermes, infatti, dice ad Apollo che Polluce «ha sul volto i segni dei colpi ricevuti dagli avversari nel pugilato, soprattutto le ferite procurategli dal bebrico Àmico quando navigava con Giasone». 12. Si assegnarono corone nella corsa, lotta, nel pugilato (vinse Doriclo di Tirinto), nella corsa delle quadrighe, nel lancio del giavellotto e del disco. Concluse le gare, «il dolce chiarore / soffuso dal volto gentile della luna / infiammò la sera. / Tutto echeggiò il santuario di festose canzoni / d’encomio» (Pindaro, Olimpica X, 64-77). 13. Smirne, in Asia Minore, fu la prima città non della Grecia a vincere una gara olimpica. Il secondo vincitore a noi noto nel pugilato fu il crotoniate Daippos nel 672 a.C., che era il primo olimpionico dalla Magna Grecia. 14. Cosa difficile, visto che era lecito colpire con pugni e con calci (laktizein), anche nello stomaco (gastrizein), persino saltando addosso all’avversario (lax enallesthai), e si poteva strangolare (anchein) e fare torsioni alle braccia e alle gambe (strebloein). Le uniche azioni proibite erano mordere (daknein) e “strappare”, infilando le dita negli occhi, nel naso o nella bocca (oryttein); ma, secondo Filostrato e Pausania, a Sparta si consentivano anche quelle in vista dell’utilizzo bellico. 15. I Greci, tuttavia, consideravano il pancrazio meno pericoloso del pugilato (Pausania, VI, 15, 5). Infatti, era soprattutto nel pugilato che gli atleti riportavano gravi ferite, come affermava il povero Androleone: «A Olimpia persi un orecchio, a Platea un occhio, a Delfi quasi la vita» (Antologia Palatina, XI, 81). Per questo motivo Kleitomachos di Tebe, iscritto alle gare di pugilato e di pancrazio nella CXLII Olimpiade, chiese agli ellanodici (che acconsentirono) di disputare prima l’incontro di pancrazio, temendo di subire danni troppo seri per affrontare poi una seconda gara. Ciò conferma che i giudici potevano apportare variazioni al programma. 16. Ricordo due anfore a figure nere del VI a.C., una alla Biblioteca Nazionale di Parigi, l’altra ai Musei Vaticani, e uno stamnos a figure nere del “pittore di Michigan” (520-500 a.C.), all’Ashmolean Museum di Oxford. 17. Anfora a figure rosse al Kunsthistorisches Museum di Vienna, tondi all’interno di tazze a figure rosse del V secolo a.C. al British Museum e all’Ermitage, ecc. 18. Famosissimo bronzo del IV - I. secolo a.C., h. 128 cm senza la base, proveniente dagli scavi eseguiti in via Quattro Novembre nel 1885, ora al Museo Nazionale Romano. 19. Statua in marmo bianco di Koblanos di Afrodisia (I secolo d.C., copia di un’opera precedente), h. 168 cm senza la base, rinvenuta nel 1899 nelle terme suburbane di Sorrento, ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 20. Moretti 1953, pp. 84-87. Il Philippos di questa iscrizione, secondo Moretti 1957, p. 134, vinse nel 292 a.C. 21. Sulle regole della lotta e del pancrazio si veda soprattutto L. Toschi, L’Arte della Lotta. La Lotta nell’Arte. Edizioni Mediterranee, Roma 2008. Il libro, ampliato e tradotto in inglese, fu ristampato con il titolo Art of Wrestling. Wrestling in Art. FILA, s. l. 2010. 22. Pythagoras di Samo (da non confondere con il celebre filosofo e matematico), non ammesso a competere nel pugilato tra i paides alla XLVIII Olimpiade (588 a.C.), s’iscrisse tra gli andres e vinse. Pherias di Egina alla LXXVIII Olimpiade (468 a.C.) «fu giudicato troppo giovane e del tutto inadatto a lottare: fu quindi escluso dall’agone; ma nella successiva Olimpiade venne ammesso fra i ragazzi e vinse nella lotta» (Pausania, VI, 14, 1). Nikasylos di Rodi ebbe lo stesso destino del pugile Pitagora: «Pur non avendo ancora compiuto diciotto anni, gli fu impedito dagli Elei di lottare tra i ragazzi e ottenne la vittoria tra gli adulti» (Pausania, VI, 14, 2). 23. Moretti 1953, pp. 45-46. Il passaggio da una categoria a quella superiore si chiamava prosbasis. 24. r. II, p. 112. 25. Pindaro, Nemea IV, 96; Plinio il Giovane, Epistole, VIII, 14, 21. 26. Qualcuno ritiene che le lettere fossero sempre doppie (quindi una rimaneva nell’urna) e solo quando tutti i concorrenti avevano compiuto l’estrazione si controllava chi era in possesso del gettone con la lettera spaiata. 27. Moretti 1953, p. 234. Nel 25 d.C. il pancraziaste Sarapion di Alessandria fu multato per codardia essendo fuggito il giorno prima

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dell’inizio della gara (Pausania, V, 21, 18). 28. Evidentemente l’atleta di Sparta mostrò una tale superiorità nelle prime quattro gare, tutte vittoriose, «che i suoi avversari si ritirarono senza costringerlo all’ultimo e più grave cimento, la lotta [...], alla quale soltanto, e non al pentatlo, deve riferirsi l’akoniti» (Moretti 1953, p. 19). 29. Quinto di Smirne, IV, 215-283. 30. Moretti 1953, p. 201. L’iscrizione commentata da Moretti si riferisce al pancraziaste Aelius Aristomachus di Magnesia al Meandro. Alle Olimpiadi Moretti ricorda due gare iera: il pancrazio nell’81 d.C. (uno dei finalisti era Claudius Rufus di Smirne), la lotta nel 177 d.C. (uno dei finalisti era Aurelius Hermagoras di Magnesia al Sipilo). Hermagoras era aduso ai pareggi: ne collezionò 18, più quello olimpico (Moretti 1957, pp. 159 e 167). 31. Vedi Moretti 1953, pp. 241-244. 32. Gardiner, v. II, p. 150, suppone che i colpi al corpo fossero proibiti. 33. Lo vediamo, sferrato con il sinistro, in un’anfora a figure nere del VI secolo a.C. e nella già citata coppa a figure rosse del 490 a.C., ambedue al British Museum. 34. Anche questo di sinistro, è visibile in una coppa dell’Antikensammlungen di Monaco e in una a figure rosse del 500-480 a.C. da Vulci, in cui sono dipinte una coppia di pugili e una di pancraziasti, e l’arbitro sulla destra. 35. Anche Entello «non attardato / da la caduta né atterrito torna / più fiero a l’urto» (Eneide, V, 578-580). 36. Sull’incoronazione post mortem vedi anche l’episodio del pancraziaste Arrichion menzionato da Filostrato e Pausania (nota 48). 37. Moretti 1957, p. 177, ritiene che la vittoria fu conseguita in un’Olimpiade, ma non può fissarne la data. 38. Vedi nota 2. 39. Scoperto, fu pesantemente multato, tanto che con la somma dell’ammenda si eressero 6 zanes. Su una di queste s’incise la massima che la vittoria si deve conquistare non col denaro, ma con la velocità dei piedi e con la forza fisica (Pausania, V, 21, 3-4, e Moretti 1957, pp. 115-116). 40. Pausania, V, 21, 5-7. Con la multa vennero erette altre 6 statue. 41. Pausania, V, 21, 9. Straton, benestante, si era fatto costruire una palestra in Aigion per esercitarvisi (Pausania, VII, 23, 5). Nella stessa Olimpiade ottenne la vittoria nella lotta e nel pancrazio, ricevendo così il titolo di “aph’Herakleous”, ossia “successore di Ercole”. Il primo a fregiarsi del titolo era stato Kapros di Elide nel 212 a.C., il settimo e ultimo fu Nikostratos di Aigai, in Cilicia, nel 37 d.C. (Pausania, V, 21, 10). 42. Senofane di Colofone in una famosa elegia composta tra il 540 e il 520 lamentava che fossero concessi tanti premi e onori agli atleti, sebbene non valessero quanto gli uomini di cultura. Anche Euripide nell’Autolico fu molto critico nei confronti degli atleti. 43. Iscrittosi anche nel pancrazio, non poté partecipare perché esausto dopo la gara di pugilato contro Euthymos, consentendo al suo avversario – Dromeus di Mantinea – di cogliere il successo akoniti: era la prima volta che accadeva nel pancrazio (Pausania, VI, 11, 4). Pausania, VI, 6, 6, scrive che «i giudici di gara imposero a Teagene un talento di multa da consacrare a Zeus e un talento per il danno arrecato a Eutimo, in quanto pareva loro che avesse scelto la gara del pugilato per recargli ingiuria, e per questo lo condannarono anche a un risarcimento personale da pagare a Eutimo». Una bella multa, considerato che 2 talenti corrispondevano a 33 anni di reddito d’una famiglia di lavoratori (W. Weeber, ed. it. Olimpia e i suoi sponsor, Garzanti, s.l. 1992, p. 64). «Oltre che un bravo pugile, era ritenuto un uomo dalla forza fisica eccezionale» (Eliano, VIII, 18). 44. Così si legge nell’iscrizione sulla base rinvenuta a Delfi e citata da Moretti 1953, pp. 51-52. Commenta Moretti: «Tali numeri parrebbero incredibili, ma possono anche essere accettati tenendo presente che ad ogni modo essi comprendono non solo le vittorie in gare panelleniche, ma anche in modesti o modestissimi agoni regionali». Le vittorie totali furono 1400 secondo Pausania, VI, 11, 4-5, e 1200 secondo Plutarco (cit. in Moretti 1953, p. 52). Pausania, VI, 11, 2, narra che a soli 9 anni Theogenes, affascinato dalla statua in bronzo di una divinità, se la caricò sulle spalle e la portò a casa. Su Theogenes vedi anche Moretti 1957, p. 88. 45. Pausania, VI, 11, 6-9. 46. Moretti 1957, p. 94. Nel 448 a.C. i suoi figli Damagetos e Akusilaos, appena proclamati vincitori olimpici, lo abbracciarono e gli posero sul capo le loro corone tra le acclamazioni del pubblico. E Diagoras spirò felice tra le loro braccia (Gellio, III, 15, 3). Anche Chilone di Sparta, uno dei Sette Sapienti, morì a Olimpia per la gioia di aver assistito al successo del figlio nel pugilato. 47. Fatto prigioniero dagli Ateniesi dopo una battaglia navale, fu riconosciuto e subito liberato in segno di rispetto. 48. Filostrato, 21; Pausania, VIII, 40, 1-2. 49. Questo significherebbe che l’allenatore poteva consigliare i pugili durante il combattimento. D’altra parte non aveva modo di farlo in altro momento, non essendoci delle pause. Ma forse fu il padre Demylos a consigliare Glaukos (Pausania, VI, 10, 2). 50. Bilinski, p. 58, scrive che fu il primo dieteta. Romolo Passamonti aggiunge che per indicare un pasto frugale si usava l’espressione «il pranzo di Icco» (Antichità dello Sport, in Libro dei giorni italiani, ENIT, s.l. s.a., p. 15). Campione olimpico di pentathlon (forse nel 444 a.C.), poi medico e allenatore molto noto, scrisse il primo manuale sull’allenamento, di cui non ci è rimasta neppure una riga. «Ma scrittori posteriori ci danno qualche indizio su due temi: egli prescriveva diete speciali ed era sostenitore di un modo di vita temperante, compresa l’astinenza sessuale durante un allenamento intenso. L’influsso pitagorico è indubbio. / L’avvio dato da Icco ebbe seguito per circa sette secoli, in una serie lunga e variata di libri e manuali. Quasi tutta questa produzione è scomparsa» (Finley-Pleket, p. 95). 51. Kleitomachos è menzionato in Pausania, VI, 15, 3, in Antologia Palatina, IX, 588, e in Eliano, III, 30.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SUL PUGILATO NELL’ANTICHITÀ

AA.VV., ed. it. I giochi olimpici nella Grecia antica, Ekdotike Athenon, Atene 1976. B. Bilinski, L’agonistica sportiva nella Grecia antica, Angelo Signorelli, Roma 1961. M.I. Finley, H.W. Pleket, ed. it. I Giochi olimpici. I primi mille anni. Editori Riuniti, Roma 1980. M. Fittà, D. Padoan, Lo sport del pugilato nell’arte e nella letteratura classica, Federazione Pugilistica Italiana, s.l. s.a. E.N. Gardiner, ed. it. Sports e giochi nella Grecia antica, Hermes, Napoli s.a., 2 vv. L. Moretti, Iscrizioni agonistiche greche, Angelo Signorelli, Roma 1953. L. Moretti, Olympionikai, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1957. Nike. Il gioco e la vittoria, catalogo della mostra (Colosseo, 4 luglio 2003 – 7 gennaio 2004), Electa, Milano 2003. R. Patrucco, Lo sport nella Grecia antica, Olschki, Firenze 1972. G. Signori, “Il pugilato”, in Enciclopedia dello Sport, Edizioni Sportive Italiane, Roma-Firenze 1964, v. V, pp. 541-556.

CLASSICI GRECI E LATINI

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I VINCITORI DELLA GARA DI PUGILATO NELLE OLIMPIADI ANTICHE

Olimpiade Anno Vincitore XXIII 688 a.C. ONOMASTOS di Smirne Forse si devono a lui le regole del pugilato XXVII 672 DAIPPOS di Crotone XXXII 652 KOMAIOS di Megara XLI 616 PHILYTAS di Sibari (gara dei giovani, disputata per la prima volta) XLVIII 588 PYTHAGORAS di Samo Non accettato a gareggiare tra i paides, vinse tra gli andres LII 572 TISANDROS di Nasso Si allenava nuotando per ore Vinse 4 volte ai Giochi Olimpici e 4 volte ai Giochi Pitici [Pausania,VI, 13, 8] LIII 568 TISANDROS di Nasso LIV 564 TISANDROS di Nasso LV 560 TISANDROS di Nasso LIX 544 PRAXIDAMAS di Egina La prima statua di Olimpia (in legno di cipresso) fu la sua [Pausania,VI, 18, 7] Vinse anche 5 volte ai Giochi Istmici e 3 ai Nemei LX 540 KREON di Ceo (gara dei giovani) LXII 532 EURYMENES di Samo [lotta, pancrazio o pugilato] Forse il filosofo Pitagora sperimentò su di lui una dieta a base di carne sostituendo quella di fichi secchi e formaggio LXV 520 GLAUKOS di Caristo La sua statua a Olimpia è opera di Glaukias di Egina Vinse utilizzando il “colpo dell’aratro” Vinse anche 2 volte ai Giochi Pitici, 8 agli Istmici e 8 ai Nemei [Pausania,VI, 10, 3] LXX 500 PHILON di Corcira La sua statua a Olimpia è opera di Glaukias di Egina AGAMETOR di Mantinea (gara dei giovani) LXXI 496 PHILON di Corcira LXXII 492 KLEOMEDES di Astipalea Uccise il suo avversario in combattimento e i giudici annullarono la sua vittoria Kleomedes ne impazzì [Pausania,VI, 9, 6] LXXIII 488 DIOGNETOS di Creta Poiché aveva ucciso il suo avversario, i giudici rifiutarono d’incoronarlo AGIADAS di Elide (gara dei giovani) LXXIV 484 EUTHYMOS di Locri Epizefiri La sua statua a Olimpia è opera di Pythagoras di Samo [Pausania,VI, 6, 6] EPIKRADIOS di Mantinea (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Ptolichos di Egina [Pausania,VI, 10, 9] LXXV 480 THEOGENES di Taso Sconfisse Euthymos, già vincitore nel 484 e poi nel 476 e 472 La sua statua a Olimpia è opera di Glaukias di Egina Nel pugilato e nel pancrazio vinse anche 3 volte ai Giochi Pitici, 9 ai Nemei e 10 agli Istmici [Pausania,VI, 11, 5] […]PHANES di Erea (gara dei giovani) LXXVI 476 EUTHYMOS di Locri Epizefiri HAGESIDAMOS di Locri Epizefiri (gara dei giovani) Pindaro gli dedicò le Olimpiche X e XI LXXVII 472 EUTHYMOS di Locri Epizefiri TELLON di Orestasio (gara dei giovani) LXXVIII 468 MENALKES di Opunte […]NES di Tirinto (gara dei giovani) LXXIX 464 DIAGORAS di Rodi La sua statua a Olimpia è opera di Kallikles di Megara [Pausania,VI, 7, 2] Pindaro gli dedicò l’Olimpica VII Vinse anche una volta ai Giochi Pitici, 2 ai Nemei e 4 agli Istmici PROTOLAOS di Mantinea (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Pythagoras di Reggio [Pausania,VI, 6, 1]

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LXXX 460 KYNISKOS di Mantinea (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Polykleitos il Vecchio di Argo [Pausania,VI, 4, 11] LXXXI 456 ANTHROPOS di patria ignota ALKAINETOS di Lepreon (gara dei giovani) LXXXII 452 ARISTON di patria ignota APOLLODOROS di patria ignota (gara dei giovani) LXXXIII 448 AKUSILAOS di Rodi Secondo figlio di Diagoras ARISTON di patria ignota (gara dei giovani LXXXIV 444 ALKAINETOS di Lepreon CHARMIDES di Elide (gara dei giovani) LXXXV 440 GNATHON di Dipea, in Arcadia (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Kallikles di Megara [Pausania,VI, 7, 9] LXXXVI 436 PHILIPPOS di Azan (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Myron [Pausania,VI, 8, 5] LXXXVII 432 LYKINOS di Elide (gara dei giovani) LXXXIX 424 KLEOMACHOS di Magnesia al Meandro HELLANIKOS di Lepreon (gara dei giovani) Figlio del 2 volte olimpionico Alkainetos XC 420 THEANTOS di Lepreon (gara dei giovani) Figlio di Alkainetos e fratello di Hellanikos XCIV 404 EUKLES di Rodi Nipote di Diagoras La sua statua a Olimpia è opera di Naukides di Argo [Pausania,VI, 6, 2] PEISIRRODOS di Thurii (gara dei giovani) Nipote di Diagoras XCV 400 DAMARCHOS di Parrasia XENODIKOS di Cos (gara dei giovani) XCVI 396 BYKELOS di Sicione (gara dei giovani La sua statua a Olimpia è opera di Kanachos di Sicione [Pausania,VI, 13, 7] XCVII 392 PHORMION di Alicarnasso Nella successiva Olimpiade si lasciò corrompere da Eupolos [Pausania,V, 21, 3] NEOLAIDAS di Feneo, in Arcadia (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Alypos di Sicione [Pausania,VI, 1, 3] XCVIII 388 EUPOLOS di Tessaglia Venne multato per aver corrotto gli avversari (primo caso a Olimpia), ma la vittoria non fu annullata [Pausania,V, 21, 3] ANTIPATROS di Mileto (gara dei giovani) Rifiutò di dichiararsi siracusano per denaro [Pausania,VI, 2, 6] La sua statua a Olimpia è opera di Polykleitos il Giovane di Argo [Pausania,VI, 2, 7] IC 384 DAMOXENIDAS di Menalo La sua statua a Olimpia è opera di Nikodamos di Menalo [Pausania,VI, 6, 3] ALKETOS di Kleitor (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Kleon di Sicione [Pausania,VI, 9, 2] C 380 HIPPOS di Elide (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Damokritos di Sicione [Pausania,VI, 3, 5] CI 376 LABAX di Lepreon KRITODAMOS di Kleitor (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Kleon di Sicione [Pausania,VI, 8, 5] CII 372 THERSILOCHOS di Corcira (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Polykleitos il Giovane di Argo [Pausania,VI, 13, 6] CIII 368 ARISTION di Epidauro La sua statua a Olimpia è opera di Polykleitos il Giovane di Argo [Pausania,VI, 13, 6] CV 360 PHILAMMON di Atene CVII 352 ATHENAIOS di Efeso (gara dei giovani) CIX 344 DAMARETOS di Messene (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Silanion di Atene [Pausania,VI, 14, 11] CX 340 ASAMON di Elide La sua statua a Olimpia è opera di Pyrilampes di Messene [Pausania,VI, 16, 5] TELESTAS di Messene (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Silanion di Atene [Pausania,VI, 14, 4] CXI 336 MYS di Taranto

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CXII 332 SATYROS di Elide La sua statua a Olimpia è opera di Silanion di Atene [Pausania,VI, 4, 5] Vinse 2 volte ai Giochi Olimpici, 2 volte ai Pitici e 5 ai Nemei [Pausania,VI, 4, 5] CXIII 328 SATYROS di Elide CXIV 324 DURIS di Samo (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Hippias [Pausania,VI, 13, 5] CXV 320 PYTTALOS di Elide (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Sthennis di Olinto [Pausania,VI, 16, 8] CXVI 316 CHOIRILOS di Elide (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Sthennis di Olinto [Pausania,VI, 17, 5] CXVIII 308 THEOTIMOS di Elide (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Daitondas di Sicione [Pausania,VI, 17, 5] CXIX 304 KALLON di Elide (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Daippos di Sicione [Pausania,VI, 12, 6] CXX 300 ARCHIPPOS di Mitilene HIPPOMACHOS di Elide (gara dei giovani) Vinse senza essere mai colpito dai tre avversari [Pausania,VI, 12, 6] CXXI 296 KALLIPPOS di Rodi MYRKEUS di Kleitor (gara dei giovani) CXXII 292 PHILIPPOS dell’Arcadia (gara dei giovani) CXXXV 240 KLEOXENOS di Alessandria Non avendo perso sangue, fu chiamato “atraumatistos” CXLII 212 KLEITOMACHOS di Tebe A Olimpia vinse anche nel pancrazio (216 a.C.) CXLV 200 MOSCHOS di Colofone (gara dei giovani) Vinse nel pugilato, sempre tra i paides, i quattro principali Giochi panellenici: unico caso a nostra conoscenza tra i giovani atleti di tutte le discipline CXLIX 184 EPITHERSES di Eritre CL 180 EPITHERSES di Eritre CLIX 144 XENOTHEMIS di Mileto CLXV 120 AGESARCHOS di Tritea, in Arcadia La sua statua a Olimpia è opera dei figli di Polykles [Pausania,VI, 12, 9] CLXXVII 72 ATYANAS di Adramittio, in Misia SOTERICHOS di Elide (gara dei giovani) CLXXXV 40 THALIARCHOS di Elide (gara dei giovani) Figlio dell’olimpionico Soterichos CLXXXVII 32 THALIARCHOS di Elide CXCIII 8 a.C. NIKOPHON di Mileto Fu celebrato in un epigramma da Antipatro di Tessalonica CCI 25 d.C. DEMOKRATES di Magnesia al Meandro Vinse 3 volte ai Giochi Olimpici, una volta ai Pitici, 2 ai Nemei e 2 agli Istmici CCII 29 DEMOKRATES di Magnesia al Meandro CCIII 33 DEMOKRATES di Magnesia al Meandro CCVII 49 MELANKOMAS della Caria Vinse restando in posizione di guardia per due giorni, sfiancando così il suo avversario CCXVII 89 SARAPION di Alessandria (gara dei giovani) CCXVIII 93 HERAKLEIDES di Alessandria Vinse in seguito alla squalifica dell’alessandrino Apollonios CCXXVI 125 DIDAS di Arsinoite, in Egitto Fu multato per essersi accordato con il concittadino Sarapammon [Pausania,V, 21, 15] CCXXX 141 M. TULLIUS di Apamea, in Bitinia La sua statua a Olimpia è opera di M. Tullius Eutyches [Moretti 1957, p. 164] CCXXXI 145 M. TULLIUS di Apamea, in Bitinia CCXXXVIII 173 PHOTION di Efeso CCXLII 189 CLAUDIUS APOLLONIUS di Smirne [lotta, pancrazio o pugilato] CCXLVI 205 PLUTARCHOS di patria ignota CCLII 229 CLAUDIUS RUFUS di patria ignota [lotta, pancrazio o pugilato] Figlio dell’olimpionico Claudius Apollonius CCLIII 233 CLAUDIUS RUFUS di patria ignota [lotta, pancrazio o pugilato] CCLXXXVII 369 dell’Armenia Ultimo vincitore olimpico conosciuto e poi re dell’Armenia

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OLIMPIONICI DI DATA INCERTA

ANGELES di Chio (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Theomnestos di Sardi [Pausania,VI, 15, 2] BRIMIAS di Elide BUTAS di Mileto (gara dei giovani) CHAIREAS di Sicione (gara dei giovani) La sua statua a Olimpia è opera di Asterion [Pausania,VI, 3, 1] EUALKIDAS di Elide (gara dei giovani) EUANTHES di Cizico ecc.

PUGILI CON DUE O PIU’ VITTORIE

TISANDROS di Nasso 4 vittorie (572, 568, 564, 560 a.C.) EUTHYMOS di Locri Epizefiri 3 vittorie (484, 476, 472 a.C.) DEMOKRATES di Magnesia al Meandro 3 vittorie (25, 29, 33 d.C.) PHILON di Corcira 2 vittorie (500, 496 a.C.) ALKAINETOS di Lepreon 2 vittorie (456, 444 a.C.) ARISTON (patria ignota) 2 vittorie (452, 448 a.C.) SATYROS di Elide 2 vittorie (332, 328 a.C.) EPITHERSES di Eritre 2 vittorie (184, 180 a.C.) THALIARCHOS di Elide 2 vittorie (40, 32 a.C. M. TULLIUS di Apamea 2 vittorie (141, 145 d.C.

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1. Giovani pugili con guantoni (solo sulla mano destra) e cintura, affresco proveniente dall’edificio Beta di Akrotiri nell’isola di Thera (Santorini), XVI secolo a. C. Museo Archeologico Nazionale di Atene.

2. Anfora a figure rosse del pittore Pythokles, V secolo a.C. Un pugile, colpito da un diretto sinistro, si arrende mentre cade alzando l’indice della mano destra. Museo Archeologico Nazionale di Atene.

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3. Coppa a figure rosse del 490 a. C. I pugili della prima coppia sono in posizione di guardia, quelli della seconda sono in piena azione: uno di loro, colpito da un diretto sinistro, si arrende alzando l’indice della mano destra. British Museum di Londra.

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2. Pelike a figure nere del pittore Acheloos, 510 a. C. Due pugili si allenano al suono del flauto. Metropolitan Museum di New York.

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5. Pugile in riposo, statua bronzea conosciuta anche come Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale. Attribuita a Lisippo o alla sua scuola, è databile tra il IV e il I secolo a. C. Museo Nazionale Romano.

6. Pugile, mosaico policromo del I secolo d.C. proveniente da Villa San Marco a Castellammare di Stabia. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

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