Del Fascismo a Napoli E in Campania
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Copertina di Paolino Vitolo ISTITUTO DI STUDI STORICI ECONOMICI E SOCIALI via Salvator Rosa, 299 – 80135 Napoli tel 081 5495081 – 081 680755 e-mail: [email protected] www.isses.it I.S.S.E.S. ISTITUTO DI STUDI STORICI ECONOMICI E SOCIALI I.S.S.E.S. Atti del Convegno di Studi Storici tenutosi a Napoli il 28 febbraio 2008 NAPOLI TRA LE DUE GUERRE I lavori si sono svolti nella sala dell’Emeroteca “Vincenzo Tucci”, presso la Posta Centrale di Napoli. Si ringrazia per la cortesia il Presidente Salvatore Maffei. Napoli tra le due guerre , A Vincenzo Tedesco, napoletano, milite della Guardia Nazionale Repubblicana, fucilato dagli anglo-americani nella Cava di Sant'Angelo in Formis (CE) il 30 aprile 1944. Introduzione Napoli nell’Era Fascista Quando fu provocata criminalmente la crisi economica mondiale del 1929,1 i cui danni, in Italia, furono riassestati entro il 1933, l'Italia li affrontò meglio di tante altre nazioni più industrializzate. Mussolini sostenne l’intervento regolatore dello Stato nell’economia e volle quel "miracolo" economico che fu realizzato concretamente dal napoletano Alberto Beneduce, del quale Mussolini aveva grande stima nonostante fosse liberale. Ma quel liberale finì per agire da fascista, dirigendo con giudizio l’opera dello Stato in soccorso dell’economia nazionale. Il successo di questa operazione dimostrò come l’interventismo dello Stato fascista in economia fosse efficace rimedio ai disastri provocati dal lassismo dell'economia liberale mondiale. Mussolini, dopo gli anni Venti, creò nel 1931 l'IMI (Istituto Mobiliare Italiano), attraverso cui lo Stato acquistò le azioni quasi prive di valore delle banche, poi sostenne nel 1933, con l'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), gli investimenti industriali, guadagnandosi il plauso e la fiducia del popolo. Milioni di piccoli risparmiatori furono salvati dalla rovina a cui li 1 Si provocò la grande depressione; fu una drammatica crisi economica provocata da continue e pervicaci speculazioni sui valori in borsa, che sconvolse l'economia mondiale e la vita stessa di milioni e milioni di uomini alla fine degli anni Venti, con gravissime ripercussioni nei primi anni successivi. L'inizio della Grande Depressione si suole associare al crollo della borsa valori del 29 ottobre dopo anni di boom azionari. Ma non è esatto: la vera causa fu un complotto tra le banche, una grossa truffa “all’americana”. sfacciatamente evidente. Infatti Émile Moreau, Governatore della Banca di Francia, registrava il 6 febbraio 1928 nel suo diario: « Le banche avevano ritirato improvvisamente dal mercato diciottomila milioni di dollari, cancellando le aperture di credito e chiedendone la restituzione». (Moreau Emile, Memorie di un governatore della Banca di Francia, Cariplo-Laterza, Roma-Bari, 1986). I banchieri avevano agito in modo da bloccare l'economia, e questo gravissimo complotto si sarebbe riversato anche sulla borsa di New York, con la crisi del 1929. E spieghiamo meglio: a seguito della catena di fallimenti, con la compiacenza corrotta di tribunali fallimentari, le banche entrarono in possesso di decine di migliaia di aziende, negozi, industrie e tenute agricole. Vennero gettati sul lastrico quasi 10 milioni di artigiani, piccoli commercianti e contadini e si ebbero anche molti morti (di fame e di stenti), sacrificati sull’altare del loro forzoso e sfrenato liberismo. 7 avrebbe portati il fallimento delle banche e la fiducia venne ristabilita; il Duce ottenne poi l'occupazione attraverso un forte programma di opere pubbliche. Con la costituzione dell'IMI e dell'IRI cambiò radicalmente il sistema del finanziamento all'economia. Nacque così una struttura di "capitalismo di Stato": questi due istituti pubblici si assunsero il compito di erogare il credito a medio e lungo termine e acquisirono il possesso di importanti pacchetti azionari in diversi settori fondamentali per l’economia nazionale. A Napoli l’IRI salvò dalla bancarotta, tra le altre imprese, l’ILVA di Bagnoli e l’Ansaldo di Pozzuoli, oltre a finanziare ex novo altre iniziative industriali. Napoli, come molte altre città d’Italia, ha partecipato passionalmente, com’è nel carattere dei napoletani, alla vita “nuova” della Nazione che tentava di uscire dalla crisi mondiale del 1929, proiettandosi in un impetuoso emergere di lavori pubblici e in un comune afflato di iniziative culturali, sociali e politiche, che travalicava il ristretto svolgersi provinciale della vita di una città del Mezzogiorno per sentirsi parte integrante di una nazione emergente che sorgeva a nuova vita e aspirava a conquistare il rispetto delle altre nazioni. Perciò il fervore dei cantieri, che davano lavoro a centinaia di disoccupati, si integrava e si amalgamava nel pensiero, nei dibattiti e nel rapido risolversi con una novella concretezza dei problemi nazionali. Il sorgere di nuovi quartieri popolari, ma anche di un intero moderno, prestigioso quartiere nel centro cittadino, la costruzione di nuovi edifici pubblici, di servizi e strutture, che venivano incontro ai bisogni materiali della città, non restavano fine a se stessi, ma si inserivano in un nuovo modo unitario di vivere, un afflato comune, che travalicava i limiti angusti del particolare per allargarsi nella consapevolezza di essere Nazione. Quando tutta l’Italia era fascista, Napoli era fascista, una delle città più fasciste: a Napoli il 24 ottobre 1922 ci fu l’adunata nazionale dei fascisti di tutta Italia in preparazione della Marcia su Roma; da Napoli partì la conquista dell’Impero in Etiopia; da Napoli partivano i legionari per l’intervento in Spagna; Napoli e la Campania diedero i natali a migliaia di volontari nelle imprese del fascismo; ma Napoli e la Campania ebbero anche l’attenzione, il particolare impegno del governo fascista per risolvere i problemi delle città e delle campagne. Le bonifiche integrali delle piane acquitrinose e malariche del Garigliano, del Volturno, dei Regi Lagni e del Sele, assieme alla bonifica e alla riforestazione 8 delle montagne, resero abitabili e salutari zone difficili e abbandonate. Una vitalità condivisa pervadeva i gangli vitali della regione, in linea con l’attività corale della Nazione, nella frequenza delle scuole, nell’educazione dei giovani, nel sorgere di opere sociali, nel sentito il bisogno di ridistribuire la ricchezza al popolo lavoratore: Aurelio Padovani fu l’animatore di una prima epoca di rinnovamento sociale; seguirono tanti altri, uniti nel disciplinato concorso per eseguire le direttive del Capo del Governo: il Podestà Giovanni Orgera, Vincenzo Tecchio, Alfredo Rocco, il cardinale Alessio Ascalesi, Alberto Beneduce, napoletano, fondatore dell’IRI, il segretario federale Eduardo Saraceno e ancora tantissimi altri. Nel 1925 fu istituito l’Alto Commissariato per la città e la provincia di Napoli, al quale veniva attribuita la gestione tecnica, amministrativa e finanziaria di tutte le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, di quelle eseguite per le amministrazioni dello Stato. Nel 1926 vennero affidate all’Alto Commissario le attribuzioni spettanti al comune di Napoli e al Regio Commissariato per il Porto per la sistemazione della zona industriale, la cessione delle aree per l’impianto o l’ampliamento di stabilimenti industriali. Alto Commissario fu nominato il prefetto Michele Castelli, che restò in carica fino al 1932, quando fu sostituito dal prefetto Pietro Baratono. Con l’istituzione dell’Alto Commissariato l’intervento dello Stato per Napoli e provincia fu reso più agile e l’esecuzione dei lavori assunse un ritmo più intenso, rapido e preciso, anche nel campo delle infrastrutture di base: fognature, servizi pubblici per la distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità, nonché nel campo dell’edilizia popolare, scolastica ospedaliera. Le federazioni fasciste della Campania, come del resto le federazioni di tutta l’Italia, erano partecipi della vita del popolo, sia con l’assistenza alle famiglie numerose, o agli orfani di guerra, o ai lavoratori disoccupati. Gli uffici provinciali del lavoro operavano per favorire l’occupazione, vegliavano sull’applicazione delle leggi sociali da parte degli imprenditori, o si adoperavano per assistere l’infanzia con manifestazioni come la Befana fascista o le colonie marine, montane ed elioterapiche. Il napoletano Alfredo Rocco, ministro della Giustizia dal 1925, rifece i codici penale, di procedura penale e dell‘ ordinamento giudiziario, che furono varati 9 nel 1931: il cosiddetto “Codice Rocco”. Il concetto di delitto contro lo Stato venne notevolmente ampliato. L‘attenzione prevalente fu accordata alla difesa di interessi collettivi, di istituzioni quali la famiglia, la stirpe, l‘economia pubblica. Fu il risultato di un lavoro estremamente accurato dal punto di vista della tecnica giuridica e risultò utile per l’amministrazione della giustizia penale. Su sollecitazione di Mussolini si impostò una lotta adeguata alla camorra ed ai suoi sistemi, fu eliminata anche la piccola delinquenza, tanto che si diceva “si potesse dormire con la porta di casa aperta.” L’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) fu istituito nel 1933, quale organo economico con il compito di fornire prestiti a scadenza ventennale alle industrie, usando il denaro ricavato attraverso l‘immissione sul mercato di obbligazioni garantite dallo Stato. La sezione smobilizzi acquisiva importanti partecipazioni azionarie di industrie; salvò dalla bancarotta l’ILVA e l’Ansaldo e finanziò l’impianto ex novo di un Centro Aeronautico tra i più importanti d’Italia a Pomigliano D’Arco (NA). L’acquedotto