Fonti Spagnole Sulla Crisi Genovese Del 1575-1576 *

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Fonti Spagnole Sulla Crisi Genovese Del 1575-1576 * FONTI PER LA STORIA DELLA LIGURIA XXX Fonti spagnole sulla crisi genovese del 1575-1576 * a cura di Arturo Pacini SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Genova 2020 FONTI PER LA STORIA DELLA LIGURIA DIRETTORE Antonella Rovere COMITATO SCIENTIFICO Giovanni Assereto - Michel Balard - Enrico Basso - Carlo Bitossi - Marco Bologna - Bianca Maria Giannattasio - Paola Massa - Giovanna Petti Balbi - Vito Piergiovanni - Valeria Polonio - Antonella Rovere - Francesco Surdich Segretario di Redazione Fausto Amalberti * [email protected] Direzione e amministrazione: PIAZZA MATTEOTTI, 5 - 16123 GENOVA Conto Corrente Postale n. 14744163 intestato alla Società : http://www.storiapatriagenova.it * [email protected] Referees : i nomi di coloro che hanno contribuito al processo di peer review sono inseriti nell’elenco, regolarmente aggiornato, leggibile all’indirizzo: http://www.storiapatriagenova.it/Ref_ast.aspx Referees : the list of the peer reviewers is regularly updated at URL: http://www.storiapatriagenova.it/Ref_ast.aspx Il volume è stato sottoposto in forma anonima a due revisori. This volume have been anonymously submitted at two reviewers. a Francesca Introduzione Conoscere, consultare, decidere: Filippo II e la crisi genovese del 1575-1576 1. « No ay negocio más importante que éste, aunque sea tomar a Argel » (n. 84) In questo volume sono raccolti documenti spagnoli relativi alla storia 1 genovese dal gennaio 1575 al maggio del 1576 . La città e repubblica di Ge- nova andò allora incontro ad una profonda crisi politica, costituzionale, so- ciale ed economico-finanziaria, che si manifestò in una sequenza di eventi di crescente drammaticità. Da alcuni anni erano diventati sempre più aspri i contrasti all’interno del ceto di governo tra i nobili vecchi, o del portico di San Luca, e i nobili nuovi, o del portico di San Pietro, in particolare sulle procedure di elezione e sul tema cruciale dell’ascrizione alla nobiltà di membri dei ceti inferiori, esplicitamente prevista dalle leggi costituzionali del 1528, ma non più effettuata dal 1568. Alla metà di marzo del 1575, una rivolta popolare ispirata dai nuovi portò ad un significativo cambiamento del sistema di designazione dei membri dei consigli e delle magistrature e ad un’aggregazione di massa alla nobiltà (trecento persone contro le 10 ogni 2 anno statuite per legge) . La rivolta aveva le sue origini lontane nell’intricato universo del fazio- narismo genovese del tardo Medioevo, ma era allo stesso tempo il prodotto di una società in rapida evoluzione. La relativa stabilità successiva alla riforma del 1528 non aveva diminuito l’intensità del confronto e della lotta politica. ——————— 1 Unica eccezione è l’istruzione di Filippo II a Juan de Idiáquez del 26 settembre 1573 (n. 1), utile per presentare il tema delle lotte interne alla nobiltà genovese. In questa Introduzio- ne , i riferimenti ai documenti pubblicati sono posti tra parentesi tonde usando la loro numera- zione progressiva. Per quanto riguarda la bibliografia relativa ai personaggi citati nell’ Introdu- zione , rimandiamo alle note ai documenti. Colgo l’occasione per ringraziare Franco Angiolini, Ann Katherine Isaacs, Michele Olivari e Mario Rizzo per aver discusso con me l’impianto del lavoro e il contenuto dell’ Introduzione . Ringrazio inoltre Rosa María García Jiménez, Cristina Padilla Vicente e Mabel Vargas dell’aiuto fornitomi per i documenti in lingua castigliana. Qualsiasi errore o svista è unicamente mia responsabilità. 2 Il testo di riferimento per quanto segue è S AVELLI 1981. – VII – FONTI SPAGNOLE SULLA CRISI GENOVESE DEL 1575-1576 Si era verificata piuttosto una semplificazione del quadro, con l’emergere della divisione tra nobili e popolari (ora detti vecchi e nuovi, in riferimento al fatto che questi ultimi erano stati popolari prima del 1528) come asse portante del sistema politico-costituzione. L’ambasciatore spagnolo a Ge- nova, Juan de Idiáquez, affermò che era stato questo « pecado original » a causare la rivolta. Ma c’era dell’altro. Se le antiche divisioni avevano fornito la materia infiammabile, a fungere da innesco erano state « las excesivas ri- quezas » che i traffici con la monarchia spagnola avevano portato alla città. Quelle ricchezze si erano accumulate in poche mani, aumentando le dise- guaglianze non solo tra singoli individui e famiglie ma, complessivamente, tra i due gruppi politicamente più rilevanti, alimentando « la sobervia en los unos [i vecchi] y embidia en los otros [i nuovi] » (n. 234). Queste erano le linee di fondo della lettura da parte spagnola delle tensioni all’interno della società genovese. Era senza dubbio una lettura parziale e semplificata, ma non priva di fondamento. L’edificio politico della repubblica aveva subito tensioni via via sempre più forti, ed era infine collassato. Il suo precedente equilibrio era basato su norme scritte (le leggi del 1528), ma anche su pratiche informali concernenti in primo luogo le procedure elettorali. In quest’ambito vigeva una sorta di ‘co- stituzione materiale’ altrettanto essenziale di quella scritta, in quanto riguar- dava le condizioni inderogabili in base alle quali i segmenti più importanti della società genovese avevano aderito al progetto di ‘unione’ di fine anni Venti. La riforma del 1528 aveva infatti abolito ogni divisione politico-cetuale tra i cittadini di governo, creando un unico ordine nobiliare, ma, spiegava Idiáquez, fin dall’inizio « quedó entrellos mentalmente una tácita intelligencia, con la qual distribuyan los magistrados y el govierno por mitad entre los mi- smos que se solían llamar nobles y populares y sus descendientes » (n. 234). I nuovi erano la maggioranza nel ceto di governo, e dopo la morte di Andrea Doria nel 1560 divennero sempre più insofferenti di quella regola informale che li penalizzava; a partire dal 1573 le contrapposizioni si inasprirono, so- prattutto in occasioni delle periodiche elezioni per il rinnovo parziale della si- gnoria. Nel 1575 si arrivò infine alla rivolta e poi alla guerra civile. Dopo mesi di tensione latente, lo scontro esplose alla metà di marzo. Era stato appena concluso un accordo, con relativo giuramento dei rappre- sentanti delle parti (i ‘deputati’), raggiunto con la mediazione di Idiáquez, che aveva coinvolto Filippo II come garante del patto. Ma i nuovi non lo ri- spettarono, e il 15 marzo scoppiò l’insurrezione. Sotto la pressione del po- – VIII – FONTI SPAGNOLE SULLA CRISI GENOVESE DEL 1575-1576 polo in armi, i vecchi presenti nella signoria (composta dal doge e dai mem- 3 bri delle magistrature, o collegi, dei governatori e dei procuratori ) furono costretti a dare il loro assenso all’abolizione di una legge del 1547, detta del « Garibetto », che garantiva di fatto alla loro fazione la metà dei posti negli 4 organi di governo (nn. 23-27) . Si tornò così alle procedure elettive del 1528. Seguirono altre decisioni importanti. In primo luogo, quella di ascrivere alla nobiltà trecento aspiranti, con la conseguenza di dilatare ulteriormente, a favore dei nuovi, il già rilevante divario numerico tra le due componenti del- l’unico ordine nobiliare. Fu inoltre concesso un aumento di salario alla mag- giore tra le corporazioni cittadine, quella dei tessitori, suggellando l’alleanza nuovi-popolo ai danni della ricca e potente, ma ormai sempre più minorita- ria, nobiltà vecchia. Temendo per le loro vite e per i loro beni, e ormai privi dello scudo costituzionale del Garibetto, i vecchi abbandonarono in massa la città e si ritirarono a Finale. Passato il periodo prescritto dalla normativa, i membri assenti delle magistrature vennero surrogati e i nuovi furono in grado di completare l’opera di conquista del potere. Fin dall’inizio, sia nelle fasi di più acuto scontro politico, sia nel corso dei tentativi di trovare una soluzione di compromesso, le posizioni dei due partiti in lotta furono ben delineate: i nuovi, come scrisse Idiáquez, invoca- rono l’ideale civico dell’unione e volevano una « república perfecta » (n. 157), in cui i magistrati fossero scelti, all’interno della nobiltà, senza tener conto della loro appartenenza di ceto; i vecchi chiedevano invece il ripristino della legge del 1547 e il ritorno alla spartizione paritaria delle cariche. Il ruolo di mediatore assunto da Idiáquez e l’accordo, poi saltato, tra le fazioni cittadine al cospetto di un re straniero (Filippo II) appaiono emble- matici della peculiare posizione di Genova nelle relazioni internazionali del tempo. La monarchia spagnola includeva i regni di Napoli, Sicilia e Sardegna e lo stato di Milano, e in quanto potenza egemone in Italia era fortemente 5 coinvolta nelle cose genovesi . Tra gli stati indipendenti della penisola, la repubblica di San Giorgio era quello più strettamente legato al ramo iberico ——————— 3 P IERGIOVANNI 1965. 4 La legge del Garibetto fu emanata per volontà di Andrea Doria dopo la fallita congiura di Gian Luigi Fieschi del gennaio1547, C OSTANTINI 1978, pp. 43-48; P ACINI 1999, pp. 640-647. 5 In particolare, Filippo II aveva ereditato gli interessi geopolitici del duchi di Milano, più volte signori di Genova nel corso del Quattrocento, R IZZO 2005; P ACINI - R IZZO 2017. – IX – FONTI SPAGNOLE SULLA CRISI GENOVESE DEL 1575-1576 degli Asburgo. Da quasi mezzo secolo, durante i regni di Carlo V e poi di Filippo II, si era venuto consolidando un rapporto simbiotico tra Genova e la Spagna, fatto di interessi strategici ed economici di notevole entità. Dal punto di vista logistico e militare il re Cattolico aveva bisogno dei corridoi liguri per arrivare allo stato di Milano, vitale snodo di altri itinerari terrestri che gli consentivano di portare i suoi eserciti in centro e nord Eu- ropa; aveva inoltre bisogno dei porti della repubblica per la sua grande flotta di galere, che gli garantiva il controllo e lo sfruttamento della rotta tra la pe- nisola iberica e l’Italia ed era lo strumento fondamentale della competizione 6 con l’impero ottomano per l’egemonia nel Mediterraneo . Per Genova, gli ampi orizzonti dell’impero spagnolo erano la cornice ideale in cui esprimere le potenzialità di una vocazione commerciale e finanziaria consolidata da se- 7 coli .
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