2017 — 2018

Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino

21 10-11/520-21/10 Venerdì 20 ottobre 2017, 20.00 GiovedìSabato 10 maggio 21 ottobre 2018, 20.30 2017, 20.30 Venerdì 11 maggio 2018, 20.00 MichelDirettore Tabachnik: James direttore Conlon Jan Lisiecki pianoforte Johannes Brahms DebussySinfonia n.3 in fa maggiore op.90 ChopinSinfonia n.1 in do minore op.68 Bartók GIOVEDÌ 10 MAGGIO 2018 ore 20.30 VENERDÌ 11 MAGGIO 2018 21° ore 20.00

Michel Tabachnik direttore Jan Lisiecki pianoforte

Claude Debussy (1862-1918) Prélude à l’après-midi d’un faune (1894) (da Stéphane Mallarmé)

Durata: 10’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 19 febbraio 2011, Stéphane Denève

Fryderyk Chopin (1810-1849) Concerto n. 2 in fa minore op. 21 per pianoforte e orchestra (1830)

Maestoso Larghetto Allegro vivace

Durata: 30’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 22 ottobre 2010, Sir Andrew Davis, Nikolai Demidenko Béla Bartók (1881-1945) Concerto per orchestra Sz. 116 (1944)

Introduzione. Allegro non troppo - Allegro vivace Giuoco delle coppie (presentando le coppie). Allegro scherzando Elegia. Andante non troppo Intermezzo interrotto.Allegretto Finale. Pesante - Presto

Durata: 38’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 4 marzo 2016, Juraj Valčuha

Il concerto è registrato da Radio3 che lo proporrà in data da destinarsi. Il concerto è replicato a Pordenone sabato 12 maggio alle 20.45, evento di chiusura della Stagione 2017/2018 del Teatro Comunale Giuseppe Verdi. Claude Debussy Prélude à l’après-midi d’un faune

Nel 1876 Stéphane Mallarmé pubblicò L’egloga L’Après-midi d’un fau­ne, poema definito da lui stesso come “assoluta- mente scenico”, dunque “da leggere o da rappresentare”, e destinato a rimanere come uno dei testi fondamentali del Simbolismo. Centodieci versi alessandrini, monologo di un fauno che ridestandosi dal sonno pomeridiano rivive l’in- contro mattutino con due ninfe, evocando il suono di un flauto di Pan. Un’espressione verbale non poco sfuggente lascia ondeggiare fra sogno e veglia, fra realtà e immagina- zione, la stessa realizzazione del desiderio ricercata nell’in- seguimento delle due ninfe. Fra 1892 e 1894 ecco Claude Debussy aprire la stagione più alta del suo sinfonismo con un Preludio al pomeriggio di un fauno (revisionato nel 1908 senza modifiche sostanziali). All’epoca vicinissimo a Mal- larmé e alla sua poetica, dopo aver pensato addirittura a una serie di musiche di scena Debussy ripiegò su un pezzo in un solo movimento, intendendolo come “un’illustrazione molto libera, e in nessun modo una sintesi del poema”: do- cumento favoloso di un’altrettanto favolosa stagione della cultura, il Prélude è anche l’atto di nascita della sensibilità sonora che da lì a poco avrebbe prodotto l’avventura irri- petibile di Pelléas et Mélisande: il timbro, e non solo nella parte in ogni senso protagonistica del flauto, non più come semplice ornamento del fatto musicale, ma come suo pa- rametro costitutivo, al pari dell’al­tezza e della durata dei suoni. Mallarmé ne fu entusiasta: “prolunga l’emozione dei miei versi”, commentò, riuscendo “ad andare realmente più lontano”, “dans la nostal­gie et dans la lumière, avec finesse, avec malaise, avec richesse”.

Fryderyk Chopin Concerto n. 2 in fa minore op. 21 per pianoforte e orchestra

Composto nel 1829 ed eseguito­ per la prima volta da Cho- pin stesso a Varsavia nel 1830, il Concerto in fa minore fu pubblicato nel 1836, tre anni dopo rispetto al suo ge- mello Concerto in mi minore op. 11, nato peraltro succes- sivamente. Nel frattempo Chopin, lasciata la Polonia per Parigi, aveva fatto il gran salto che lo avrebbe trasforma- to da giovane genio locale a protagonista della vita mu- sicale europea. Logico dunque che al Concerto in fa mi- nore, già collaudato in numerose esecuzioni, toccassero al momento­ della pubblicazione accoglienze quanto mai lusinghiere. , che dell’esistenza di Cho- pin si era accorto per tempo, si slanciò in elogi iperbolici, affermando senza ambagi che la gente avrebbe fatto bene a suonare i Concerti di Chopin invece di perder tempo a leggerne le recensioni. Entusiasmo forse eccessivo: ma anche se i due Concerti non raggiungono la perfezione e la profondità delle opere più mature di Chopin, questa opera di un diciannovenne vissuto ai margini della grande musica europea, cresciuto in un ambiente relativamente ristretto e non ricchissimo di scambi culturali, rivelava un artista non meno completo e dalla fisionomia stilistica de- finita di quello emerso dopo l’inebriante immersione nella ribollente civiltà artistica parigina. Gli si possono rimpro- verare una certa ingenuità formale, e una relativa man- canza d’interesse della partitura orchestrale. Ma il melos, teso in archi lunghissimi; l’armonia, fluida e variegata in tutte le sfumature della sensibilità; la concezione del pia- noforte, strumento di confessione intima e di espressio- ne eloquentissima; soprattutto la capacità di proiettare la fantasia e la tensione del sentimento in orizzonti sconfi- nati sono già quelli della maturità. E anche in orchestra le intuizioni timbriche appaiono costantemente appropriate e altamente suggestive. Un pezzo certo costruito tutto in funzione del pianoforte, consapevolmente orientato sulle esigenze del solista. Che non sono però puramente esibi- zionistiche, come basterebbe a dimostrare la poesia pu- rissima el secondo movimento, lo stupendo Larghetto. Né sfigurano accanto a questa gemma i due tempi estremi del Concerto: dallo slancio generoso e intenso del Maestoso iniziale allo scatto ritmico vivacissimo del Rondò conclu- sivo, idealmente componendo quell’unità di fierezza, ma- linconia ed eleganza che costituì senza cedimento alcuno la cifra stilistica ed espressiva del più grande poeta nella storia del pianoforte. Béla Bartók Concerto per orchestra Sz. 116

Nel 1940 Béla Bartók partì da un’Ungheria diventata per lui invivibile sotto la dittatura sempre più ferrea dell’ammiraglio Horthy e in procinto di cadere in mano ai nazisti, per andare negli Stati Uniti in cerca di una fortuna che non avrebbe mai trovato. Gli restavano da vivere cinque anni difficili e abba- stanza amari, durante i quali la sua musica parve diventare meno aggressiva e modernista, e per contro più diatonica e cantabile, di quella della sua grande maturità. La pagina centrale e più felice d questo periodo è proprio il Concerto per orchestra composto nel 1942-43. Gliel’aveva commissio- nato Serge Koussevitzky per la Boston Symphony Orche- stra, allora come oggi fra le più belle e spettacolari del mon- do, forte di prime parti eccezionali. Proprio come omaggio ai suoi musicisti Bartók scrisse una partitura che già nel tito- lo implicava che anziché un pianista o un violinista ad agire come solista sarebbe stata l’orchestra stessa, impegnata al gran completo con legni a tre e largo impiego di ottoni e percussioni, e stimolata e messa in rilievo virtuosistica- mente tanto negli strumentisti singoli quanto nelle sezioni. Nato in circostanze difficili, anche per le cattive condizioni di salute in cui versava Bartók, e composto per quanto si sa senza particolare entusiasmo, il concerto all’ascolto dà invece l’impressione di essere stato scritto con gran piace- re, e qua e là risulta condito perfino di un certo umorismo. Come in molti altri lavori, Bartók adottò uno schema “ad ar- co” in cinque tempi, disponendo simmetricamente gli atteg- giamenti stilistici ma anche seguendo un percorso via via sempre più luminoso e ottimista, continuamente mutevole ma reso coerente da un’ispirazione tematica assai unitaria, con richiami più o meno scoperti da un movimento all’altro. Intitolato “Introduzione”, il primo tempo è un Allegro vivace in qualche misura riconducibile a una forma-sonata bitema- tica, preceduto da un breve Andante; estroversione ritmica e timbrica e zone più oscure e misteriose si alternano in un pezzo elaborato intensamente. L’impegno virtuosistico si fa più evidente nel secondo movimento, il Giuoco delle coppie”, nel quale i fiati (fagotti, oboi, clarinetti, flauti e trom- be) si producono appunto a due per volta, in un Allegretto scherzando che stravolge caricaturalmente un motivo quasi di canzonetta, con il quale contrasta un corale dei trombo- ni: una sorta di intermezzo fra due movimenti impegnativi. Tale è infatti il terzo pezzo, “Elegia”, chiave di volta formale ed espressiva dell’intera partitura, nel quale torna a dare gran prova di sé il Bartók più visionario e notturno, dando ampio spazio al suono ora enigmatico ora teso degli archi, in al- ternanza ai richiami isolati dell’ottavino. La discesa verso la conclusione è avviata da un secondo intermezzo, stavolta dichiarato per tale dallo stesso autore, seppure con un’ind- icazione ironica, “Intermezzo interrotto”: a “interrompere” il flusso di questo Allegretto è la citazione stravolta e grotte- sca di un motivo della Settima sinfonia di Dmitrij Šostakovič (a sua volta caricatura di una frase celeberrima della Vedova allegra di Franz Léhar): in quel periodo la Settima, a differen- za della musica di Bartók, era popolarissima negli Stati Uni- ti, allora alleati dell’Unione Sovietica e quindi portati a se- guire con simpatia l’epopea dell’assedio di Leningrado, cui si ispirava la sinfonia, e forse lo sberleffo si deve a una pun- ta d risentimento. Animatissimo, brillante, più virtuosistico che mai il “Finale, costruito in forma-sonata specularmente al primo tempo, ma con modi più giocosi e gioiosi, corona- mento positivo di una composizione che non per caso fin dalla fortunatissima prima diretta da Koussevitky nel 1944 è rimasta di gran lunga la più popolare ed eseguita di Bartók.

Daniele Spini Michel Tabachnik

Michel Tabachnik ha studiato pianoforte, composizione e direzione d’orchestra a Ginevra e, terminati gli studi, ha ri- cevuto immediatamente il sostegno di direttori quali , e . Ha diretto 130 prime mondiali, tra cui 20 di , che lo ha sempre considerato il suo “interprete preferito”. Dalla sua nomina di direttore d’orchestra e direttore arti- stico nel 2008/2009, Michel Tabachnik ha svolto un ruolo cruciale per la Filarmonica di Bruxelles: non solo è riuscito a impedire lo scioglimento dell’orchestra, ma anche a ripor- tarla sui palcoscenici di prestigiose sale da concerto (Ber- lino, Londra, Vienna, , Rotterdam, Salisburgo) oltre alle tournée in Asia, Germania, Regno Unito e Francia. Per tre stagioni consecutive è stato invitato con la sua or- chestra alla Cité de la Musique di Parigi. Nel giugno 2015, per il suo eccezionale contributo alla Fi- larmonica di Bruxelles, è stato nominato “Conductor Emeri- tus”. Tabachnik ha poi lavorato al teatro La Fenice di Vene- zia e ai festival di Besançon e Montpellier. È ospite regolare delle principali orchestre internazionali e tedesche tra cui i Berlin Philharmonics, il Konzerthausorchester di Berlino, l’MDR Sinfonieorchester di Lipsia, la NDR Sinfonieorche- ster di Amburgo e la SWR Sinfonieorchester di Stoccarda, con cui si è esibito al Festival nell’estate 2012. È stato Direttore Musicale dell’Ensemble Intercontemporain di Parigi e dell’Orchestre National de Lorraine. La sua discografia (per le etichette Erato e Lyrinx) riflette la versatilità del suo repertorio: da Beethoven a Honegger, da Brahms a Ligeti e da Wagner a Xenakis. La registrazione del Concerto per pianoforte di Schumann (con Catherine Col- lard solista) è stata eletta “Miglior Performance” dalla giuria internazionale della Radio Suisse Romande. Nel 2013 la re- gistrazione di Sacre du Printemps di Strawinsky è stata pre- miata con Gramophone Awards e la registrazione di La Mer di Debussy è stata classificata come numero 1 dalla rivista “Classica”. Michel Tabachnik è anche compositore; la sua musica vie- ne regolarmente eseguita in Germania, Francia e Benelux. Nel 2014 è stato presentato in prima assoluta Livre de Job alla Cité de la Musique e nel 2016 all’Opéra de Lyon ha pre- sentato in prima mondiale la sua opera Benjamin - dernière nuit basata su un libretto di Régis Debray. Inoltre ha diretto numerose orchestre giovanili internazio- nali. È stato direttore artistico dell’Orchestra des Jeunes du Québec (1985-1989) e, per dodici anni, dell’Orchestre des Jeunes de Méditerrannée da lui fondata nel 1984; tiene numerose Master Classes ad Amsterdam (NSO), Lisbona (Gulbenkian Foundation) e presso i conservatori di Pari- gi, Bruxelles e Stoccolma. È stato Professore di Direzione d’Orchestra alla facoltà di Musica dell’Università di Toronto (1984-1991), e alla Royal Academy of Music di Copenhagen (1993-2001). Nel 1995 è stato nominato artista dell’anno dal Centro Inter- nazionale d’Arte e Cultura di Roma. Jan Lisiecki

All’età di soli 21 anni, il pianista canadese Jan Lisiecki ha ot- tenuto ampio riconoscimento per la sua straordinaria matu- rità interpretativa, il suo suono distintivo e la sua sensibilità poetica. Il New York Times lo ha definito “un pianista che sa fare in modo che ogni nota conti”. Le sue interpretazioni penetranti, la sua tecnica raffinata e la sua naturale attrazio- ne artistica gli consentono di avere uno spessore musicale che va oltre la sua giovane età. Jan Lisiecki è nato da genitori polacchi in Canada nel 1995. Ha iniziato le prime lezioni di pianoforte all’età di cinque anni e ha debuttato in concerto quattro anni dopo, rifiutan- do però sempre l’etichetta di ‘’bambino prodigio’’. Jan Lisiecki si esibisce con le più prestigiose orchestre del mondo e nei teatri più rinomati; ha inoltre al suo attivo intense collaborazioni con direttori del calibro di Sir An- tonio Pappano, Yannick Nézet-Séguin, Daniel Harding e Pinchas Zukerman. Il suo quarto album, registrato con la NDR Elbphilharmonie Orchester e Krzysztof Urbański per Deutsche Grammophon, comprende le opere di Chopin per pianoforte e orchestra raramente eseguite. Con que- sta registrazione Jan Lisiecki ha ricevuto un ECHO Klassik nell’agosto 2017. Eventi recenti hanno incluso il suo debutto ai BBC Proms con Sir Antonio Pappano alla Royal Albert Hall, il debutto nell’auditorium principale della Carnegie Hall di New York con la Philadelphia Orchestra, concerti con la New York Philharmonic e la Sächsische Staatskapelle Dresden, de- butti con la Cleveland Orchestra e la San Francisco Sym- phony e la partecipazione al festival di apertura della nuova Elbphilharmonie di Amburgo. Recentemente ha debuttato con Valery Gergiev e la Filarmonica di Monaco. Nella stagione 2017/18, Jan Lisiecki inaugura la stagione con la Toronto Symphony Orchestra, ritorna alla DSO di Berlino e all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e si esibisce con la Boston Symphony Orchestra e la Lon- don Symphony Orchestra. Nel 2013 è diventato il più giovane artista di sempre ad aver ricevuto un Gramophone Award nella categoria ‘Young Ar- tist’ ed ha inoltre ricevuto un Leonard Bernstein Award dal Festival Musicale dello Schleswig-Holstein. Jan Lisiecki registra in esclusiva per Deutsche Grammophon. Partecipano al concerto

Violini primi Viole *Roberto Ranfaldi *Ula Ulijona (di spalla) Geri Brown °Giuseppe Lercara Giovanni Matteo °Marco Lamberti Brasciolu Antonio Bassi Giorgia Cervini Constantin Beschieru Federico Maria Fabbris Lorenzo Brufatto Riccardo Freguglia Irene Cardo Alberto Giolo Agostino Mattioni Aldo Cicchini Davide Ortalli Patricia Greer Margherita Sarchini Valerio Iaccio Clara Trullén-Sáez Martina Mazzon Greta Xoxi Fulvia Petruzzelli Francesco Punturo Violoncelli Matteo Ruffo *Pierpaolo Toso Elisa Schack Marco Dell’Acqua Giorgia Burdizzo Ermanno Franco Giacomo Berutti Violini secondi Stefano Blanc *Paolo Giolo Eduardo dell’Oglio *Roberto Righetti Pietro Di Somma Valentina Busso Amedeo Fenoglio Enrichetta Martellono Michelangiolo Mafucci Pietro Bernardin Fabio Storino Roberto D’Auria Contrabbassi Michal Ďuriš *Silvio Albesiano Carmine Evangelista Antonello Labanca Jeffrey Fabisiak Alessandro Belli Rodolfo Girelli Friedmar Deller Isabella Tarchetti Pamela Massa Carola Zosi Francesco Platoni Paola Diamanti Vincenzo Venneri Cosetta Ponte Roberto Bevilacqua Flauti Trombe *Giampaolo Pretto *Roberto Rossi Paolo Fratini Ercole Ceretta Fiorella Andriani Roberto Rivellini

Ottavino Tromboni *Diego Di Mario Fiorella Andriani Devid Ceste Oboi Trombone basso *Francesco Pomarico Antonello Mazzucco Sandro Mastrangeli Tuba Corni inglesi Matteo Magli Franco Tangari Timpani Clarinetti *Claudio Romano *Enrico Maria Baroni Graziano Mancini Percussioni Carmelo Giuliano Gullotto Clarinetto basso Salvatore Passalacqua Arpa *Margherita Bassani Fagotti Antonella De Franco *Andrea Corsi Mauro Monguzzi

Controfagotto Bruno Giudice

Corni *Ettore Bongiovanni Marco Panella Emilio Mencoboni *prime parti Marco Peciarolo °concertini Poltrona numerata: 20 euro Poltrona numerata per abbonati alla Stagione: 15 euro Poltrona numerata under 35: 10 euro

Abbonamento: 60 euro Abbonamento per abbonati alla Stagione: 45 euro Abbonamento under 35: 30 euro www.sistemamusica.it è il nuovo portale della mu- sica classica a Torino nel quale troverete notizie, appuntamenti e approfondimenti su concerti, spet- tacoli ed eventi realizzati in città. Dal sito è inoltre possibile acquistare on line i biglietti delle princi- pali stagioni torinesi.

CONVENZIONE OSN RAI – VITTORIO PARK Tutti gli abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Sta- gione Sinfonica OSN Rai 2017-2018 che utilizzeranno il VITTORIO PARK di PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. Per informazioni rivolgersi al personale di sala o in biglietteria Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione “riduzioni”.

Redazione a cura di Maria Baratta 22° GIOVEDÌ 17 MAGGIO 2018 ORE 20.30 VENERDÌ 18 MAGGIO 2018 ORE 20.00

James Conlon direttore

Wolfgang Amadeus Mozart Serenata in do minore KV 388 per ottetto di fiatiNacht ( Musik)

Camille Saint-Saëns Le Carnaval des Animaux, suite per orchestra

Richard Strauss Der Bürger als Edelmann (Il borghese gentiluomo) suite op. 60 dalle musiche per la commedia di Molière

SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: 30.00 €, 28.00 €, 26.00€ 15.00€ (ridotto giovani) 9.00€ (18 app)

INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 € a 9,00 € (ridotto giovani)

BIGLIETTERIA via Rossini, 15 – 011.8104653/4961 [email protected] - www.osn.rai.it

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