La Volontà Di Una Capitale. L’Introspezione Dell’Autorità Milanese Tra XI E XII Secolo Di Stefano Bernardinello
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EuroStudium3w gennaio-giugno 2021 La volontà di una capitale. L’introspezione dell’autorità milanese tra XI e XII secolo di Stefano Bernardinello Introduzione Se si parla di potere nell’Italia medievale, soprattutto dopo l’anno Mille, è inevitabile trattare della pietra fondante dell’”eccezionalità” del Regnum Italiae: la città1. L’indipendenza e l’autorità acquisite dai nuclei urbani italiani sono state, fin dagli studi di Ludovico Antonio Muratori e di Simonde de Sismondi, al centro di tutta una serie di lavori volti a comprendere le motivazioni e le cause di questa affermazione2. Ancora oggi, il tema rimane centrale nella medievistica nazionale 1 Il periodo intorno all’anno Mille e, in particolare, gli anni a cavallo del 1100 sono considerati dalla storiografia europea come un momento di forte cesura delle capacità coercitive dei poteri politici, che ridefinirono gli assetti amministrativi dei regni e che avrebbero aperto la strada e consegnato i mezzi per l’affermazione delle istituzioni tardomedievali. Un’ottima sintesi di questo percorso in varie aree del continente è Th. Bisson, The Crisis of the Twelfth Century: Power, Lordship and the Origins of European Government, Princeton University Press, Princeton 2009. Non è un caso, tuttavia, che lo storico inglese non abbia preso in considerazione l’area italiana, in un libro che identifica «nella nascita di una proto-burocrazia monarchica il fenomeno unificatore nell’Occidente del XII secolo» (E. Faini, Italica gens. Memoria e immaginario politico dei cavalieri cittadini, Viella, Roma 2018, p. 11). Le città italiane rappresentano un modello che rimase marginale – cfr, J. Le Goff, Tentative de conclusions, in C. Gauvard (a cura di), Actes des congrès de la Société des historiens médiévistes de l’enseignement supérieur public. Les élites urbaines au Moyen Âge, École Française de Rome, Roma 1997, pp. 443-456, p. 451 – e sul lungo periodo perdente, fruttifero ma senza seguito, come è ben evidenziato in L. Tanzini, A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni, Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 223-225. Una tradizione sterile che, tuttavia, ancora oggi viene considerata importante nel mondo anglosassone poiché ritenuta una tappa fondamentale verso il repubblicanesimo moderno: R.D. Putnam, R. Leonardi, R.Y. Nanetti, La tradizione civica nelle regioni italiane, Mondadori, Milano 1993, pp. 141-159 (ed. originale R.D. Putnam, Making Democracy Work: Civic Traditions in Modern Italy, Princeton University Press, Princeton 1993); Q. Skinner, Le origini del pensiero politico moderno, Il Mulino, Bologna 1989, vol. I, pp. 47-75 (ed. originale, The Foundations of Modern Political Thought, Cambridge University Press, Cambridge 1979). L’eccezionalità italiana non avrebbe coinvolto solo gli aspetti politici, ma anche la peculiare educazione che la sua élite avrebbe continuato a ricevere ancora durante il XII secolo; è qui che sarebbero da ricercare le radici del Rinascimento: R. Witt, L’eccezione italiana. L’intellettuale laico nel Medioevo e l’origine del Rinascimento (800-1300), Viella, Roma 2017 (ed. originale The two Latin cultures and the foundation of Renaissance humanism in medieval Italy, Cambridge University Press, Cambridge 2011). 2 L.A. Muratori, Antiquitates Italicae medii aevi, 6 voll., Mediolani 1738-1742; J. Simonde de Sismondì, Storia delle Repubbliche italiane, Milano 1996 (ed. originale Histoire des Républiques Italiennes du Moyen Âge, 16 voll., Zürich 1807-1818). La valorizzazione della tematica cittadina è dovuta anche alla costruzione ideologica, durante il Risorgimento, di una pedagogia nazionale incentrata sulla valorizzazione delle libertà comunali: A. Zorzi, Le signorie cittadine in Italia (secoli 21 S. Bernardinello, La volontà EuroStudium3w gennaio-giugno 2021 e internazionale, come dimostra il dibattito suscitato dal recente volume di Chris Wickham sull’origine delle istituzioni di autogoverno urbano3. Tuttavia, in questa sede non ci si vuole soffermare sulle dinamiche interne agli istituti cittadini, ma “alzare lo sguardo” su relazioni e assetti di potere più ampi, che siano un riferimento, anche solo ideale, per individuare una serie di attori politici dalle differenti caratteristiche e distribuiti su un vasto territorio. Si fa riferimento agli spazi politici regionali rimasti spesso ai margini della storiografia sull’età comunale, più attenta alle singole realtà locali o alle relazioni di potere tra queste ultime e i poteri maggiori, Papato e Impero4. Uno scarto XII-XV), Mondadori, Milano 2010, pp. 1-3; Id., Lo spazio politico delle città comunali e signorili italiane. Una prima approssimazione, in G. Andenna, N. D’Acunto, E. Filippini (a cura di), Spazio e mobilità nella “Societas Christiana”: spazio, identità, alterità (secoli X-XIII), Vita e Pensiero, Milano 2017, pp. 167-186. Per una sintesi sui modelli sviluppati dalla medievistica italiana fino alla metà del secolo scorso si veda M. Vallerani, Modelli di comune e modelli di stato nella medievistica italiana fra Otto e Novecento, in «Scienza e politica», anno XXI, 2010, pp. 65-86. È impossibile fornire un quadro completo delle opere incentrate sul tema delle istituzioni politiche urbane, quindi ci si limita a evidenziare che gran parte dei grandi storici politici italiani, come per esempio Giovanni Tabacco e Renato Bordone, hanno prodotto opere che tentarono una sintesi di tale esperienza: G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, Einaudi, Torino 1979, in particolare pp. 189-329; R. Bordone, La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV), Loescher, Torino 1984; Id., La società cittadina del regno d’Italia: formazione e sviluppo delle caratteristiche urbane nei secoli XI e XII, Deputazione Subalpina Storia Patria, Torino 1987. Opere recenti di sintesi del percorso sono G. Milani, I comuni italiani: secoli XII-XIV, Laterza, Roma-Bari 2005; F. Menant, L’Italia dei comuni (1100-1350), Viella, Roma 2011 (ed. originale L’Italie des communes (1100-1300), Belin Education, Paris 2005); J.-C. Maire Vigueur, E. Faini, Il sistema politico dei comuni italiani, secoli XII-XIV, Mondadori, Milano 2010. 3 C. Wickham, Sonnambuli verso un nuovo mondo. L’affermazione dei comuni italiani nel XII secolo, Viella, Roma 2017 (ed. originale Sleepwalking in the New World. Italian City Communes in the Twelfth Century, Princeton University Press, Princeton 2015). Sul dibattito suscitato dal libro ci si può limitare a far riferimento alla “Questione” apparsa sulla rivista «Storica» in cui si trovano le analisi di Sandro Carocci, Igor Mineo, Jean Claude Maire Vigueur e Alessio Fiore: Origine dei comuni. Discutere Sonnambuli verso un nuovo mondo di Chris Wickham, in «Storica», anno LXX, 2018. Per quanto riguarda gli studi internazionali sulla civiltà cittadina si veda A. Zorzi (a cura di), La civiltà comunale italiana nella storiografia internazionale, Firenze University Press, Firenze 2008. 4 Il termine “spazio politico” è un riferimento interpretativo alle proposte avanzate negli anni Sessanta del Novecento dai politologi David Easton e Gabriel Almond; essi delinearono lo spazio politico come l’insieme delle interazioni tra le unità politiche e delle decisioni prese in e per una determinata società. L’obiettivo era quello di evitare l’utilizzo di terminologie e di forme astratte, quali governo e Stato, e rileggere le interazioni delle dinamiche politiche a partire dal loro reale funzionamento. Per un quadro di riferimento si veda D. Easton, Il sistema politico, Comunità, Milano 1963 (ed. originale The politic system. An inquiry into the state of political science, Knopf, New York 1953); G.A. Almond, G. Bingham Powel Jr., Politica comparata. Sistemi, processi e politiche, Il Mulino, Bologna 1989, pp. 71-87 (ed. originale System, process and policy. Comparative politics, Little Brown, Boston 1978). Per una sintesi su questo percorso di studi si veda L. Molino, Epitaffio per un approccio di successo: il sistema politico, in A. Panebianco (a cura di) L’analisi della politica: 22 S. Bernardinello, La volontà EuroStudium3w gennaio-giugno 2021 ancora più evidente nasce dal confronto con gli studi “precomunali”, che avevano posto una particolare enfasi su autorità e capacità d’azione delle strutture “intermedie”, analizzando ascesa e declino di quelle casate poste dagli imperatori al vertice di contee e marche. Si fa riferimento, per esempio, ai lavori di Giuseppe Sergi sulle marche Arduinica e Anscarica, o a quelli di Mario Nobili sulla marca Obertenga5. Tale studio fu reso difficoltoso dalle caratteristiche dell’apparato documentario, che riflettono lo sviluppo dei nuovi assetti di potere fondati, a partire dalla seconda parte dell’XI secolo, sull’irreversibile disgregazione della legittimità pubblica e sulla predominanza di una giurisdizione di carattere locale. I vari attori politici investirono le loro energie più sull’affermazione nel proprio districtus che nei tradizionali spazi di relazione del Regnum6. Un’evoluzione evidente in quei territori dove il declino tradizioni di ricerca, modelli, teorie, Il Mulino, Bologna 1989, pp. 71-87. Il concetto di “spazio politico” così inteso è già stato utilizzato da Giovanni Ciccaglioni e Andrea Zorzi per analizzare le istanze politiche urbane medievali. Per il primo è il prodotto delle interazioni continue tra i soggetti, è il contenitore dell’agire politico in un’accezione molto estensiva. Perciò, lo spazio non coincide con le istituzioni politiche: queste possono essere dei soggetti attivi o costituire l’oggetto delle ambizioni di un gruppo politico,