Dido Sine Veste
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Dido sine veste Una chiave per la doppia scrittura virgiliana ed i misteri dell’Eneide: perché Didone non commette suicidio ed è l'autentico Eroe di Virgilio Nunc tibi me posito visam velamine narres, si poteris narrare, licet! (Ovidius, Met. 3.192/3) Cur aliquid vidi? cur noxia lumina feci? cur imprudenti cognita culpa mihi? inscius Actaeon vidit sine veste Dianam: praeda fuit canibus non minus ille suis. (Ovidius, Tri. 2.103/6) di Salvatore Conte Edizioni 2007 DIDO SINE VESTE Indice (in copertina, “Diana sine veste”, Tiziano) § 1. Un problema di aritmetica o di cacozelia latens? ............................................................... 3 § 2. Enea : Eneide = X : Anti-Eneide. Didone, ovvero l’Anti-Enea di Virgilio. ..................... 10 § 3. Un doloroso travaglio........................................................................................................ 16 § 4. Asdrubale Barca: “Il nome della sidonia Didone appartiene alla mia famiglia”. Didone Belide Barca. ............................................................................................................... 20 § 5. Perché la migliore dottrina traduce comites con “ancelle”? Comites aspiciunt (E 4.664): in un vicolo cieco del labirinto virgiliano, ovvero la prima scrittura in corto circuito. ......................................................................................................... 27 § 6. La tragedia di Sicheo: una tragedia dimenticata. .............................................................. 34 § 7. Resa dei conti agli Inferi. .................................................................................................. 36 § 8. Elissa, la Gioconda; e Didone, l’Infelice........................................................................... 39 § 9. Didone, la Pitagorica...................................... .................................................................. 41 § 10. Il rogo di Didone: un caso di autocombustione?............................................................. 43 § 11. «La piété d’Enée n’est qu’hypocrisie, que vent». ........................................................... 45 § 12. A chi dobbiamo credere?................................................................................................. 46 § 13. Sulla pira, alla ricerca di un movente.............................................................................. 47 § 14. È Didone l’ultrix di Virgilio?.......................................................................................... 54 § 15. Le integrazioni per analogia: Drance contro Camerte (a Cartagine). ............................. 56 § 16. Le integrazioni per analogia: il salvataggio di Turno (sulla pira)................................... 60 § 17. Oreste e Ifigenia: solo una cerva per gli Eneadi.............................................................. 64 § 18. Tot oculi, tot linguae, tot auris (E 4.182/3).................................................................... 66 § 19. La morte di Didone: un caso di omertà collettiva? ......................................................... 68 § 20. Una pira monumentale: a quale scopo?........................................................................... 71 § 21. Scacco matto alla Regina. ............................................................................................... 73 § 22. Sibilla Cumana, Sibilla Libica, e Sibilla Fenicia. ........................................................... 77 § 23. “Ingannata com’era stata, ingannò tutti”. Chi ha ingannato chi? La metamorfosi di Didone........................................................................................................ 81 § 24. “E le sembrò che in quelle rivivesse la sorella”. La catabasi di Didone in Ovidio......... 84 § 25. “Sono stata morta, o per lo meno, giudicata tale da quelli che mi hanno vista”. La catabasi di Didone in Cervantes.......................................................................................... 86 § 26. Lo scettro del falsario e i talismani perduti..................................................................... 91 § 27. Non ne verranno altri? Il commercio silenzioso della Regina Didone.......................................................................... 93 § 28. Un pio Eroe con radici nel Tartaro.................................................................................. 96 § 29. Omina mortis. ................................................................................................................. 98 2 DIDO SINE VESTE Dido sine veste1 And to enlighten thee gave eyes to blindness, Or made them swear against the thing they see. William Shakespeare alla “Dark Lady” (Sonetto 152) § 1. Un problema di aritmetica o di cacozelia latens? Hai ben potuto accendere conflitti spaventosi, sconvolgere una reggia*, e gli imenei sparger di sangue! * In realtà erano già due le regge sconvolte dalle mene di Giunone: quella di Didone e quella di Latino [2]. Ma è davvero possibile che l’Onnipotente Giove, Sovrano dell’Olimpo, abbia difficoltà a contare fino a due? Crediamo proprio di no. 1 A fianco, “La morte di Didone nella doppia scrittura virgiliana”, di Johann Heinrich Tischbein il Vecchio (1775); si notino: sulla sinistra, Virgilio laureato in forte opposione cromatica a Barce in nero funesto; e sulla destra, l’effige vivente di Enea che beve con gli occhi il sangue di Didone. Le edizioni di riferimento per il nostro saggio sono le seguenti: • Catullo, Le poesie (Carme d’Arianna/64), Einaudi 1997 (trad. di Guido Paduano), (A); • Virgilio, Eneide, Mondadori 1991 (trad. di Luca Canali), (tran. by Tony Kline, www.tonykline.co.uk 2002), (E); • Ovidio, Eroidi, Garzanti 1996 (trad. di Emanuela Salvadori), (H); • Ovidio, Metamorfosi, Garzanti 2003 (trad. di Mario Ramous), (M); • Ovidio, I Fasti, Rizzoli 2001 (trad. di Luca Canali), (F); • Silio Italico, Le Guerre Puniche, Rizzoli 2001 (trad. di Maria Assunta Vinchesi), (P). In grassetto corsivo sono citati i testi dei Vati latini. 2 Traduzione e commento di Adriano Bacchielli (E 12.803/5: Giove a Giunone; Paravia 1963). Siamo alla fine. Hai potuto inseguire i Troiani per terra e per mare, accendere una guerra nefanda, sfigurare una casa, mischiare imenei con il pianto: Ventum ad supremum est; terris agitare vel undis Troianos potuisti, infandum accendere bellum, deformare domum et luctu miscere hymenaeos: It has reached its end. You have had the power to drive the Trojans over land and sea, to stir up evil war, to mar a house, and mix marriage with grief: 3 DIDO SINE VESTE Infatti perché dovrebbe contare fino a due, se la reggia di Didone non è stata, in ultima analisi, sconvolta da nessuno? Tuttavia Bacchielli esprime meraviglia perché egli è convinto del contrario, ovvero che la reggia di Didone sia stata sconvolta dalla tragica morte della Regina stessa. Dunque avrebbe sbagliato Giove (il personaggio) o Virgilio (l’autore)? L’ermeneutica tradizionale ritiene che a sbagliare sia stato Virgilio, il quale non avrebbe avuto il tempo di revisionare la propria opera (strano a dirsi dopo dieci anni di lavoro e alla luce del fatto che la morte di Didone doveva essere, per dirla all’inglese, l’highlight del suo Poema). Da parte nostra riteniamo invece che nessuno dei due, né il Massimo Dio né il Massimo Vate, abbia sbagliato. Questo è uno dei misteri dell’Eneide che cercheremo qui di risolvere. Il nostro passo d’avvio è stato dedicato alla prima scrittura del Poema epico di Virgilio e alle sue inestricabili contraddizioni, puntualmente rilevate ma non sempre risolte dagli interpreti. Un testo misterioso, sfuggente, che ha impegnato per secoli la più sofisticata ermeneutica. Eppure da subito, un uomo di sette anni più giovane di Virgilio, riuscì a carpire l’intima natura della tecnica narrativa del Massimo Vate, e fornì così, per primo, il migliore spunto d’indagine su di essa. Ci riferiamo a Marco Vipsanio Agrippa (63-12 a.C.), l’architetto del Pantheon ed il grande Comandante romano, genero di Ottaviano Augusto, il quale definì lo stile letterario di Virgilio seriamente complicato da una sorta di sfuggente, eccessiva ricercatezza (cacozelia latens), lamentandone la pericolosa ambiguità rispetto alle aspettative propagandistiche del regime augusteo3. I fondamenti e le implicazioni della cacozelia latens virgiliana, sono stati esaminati e definiti in maniera sistematica dallo studioso francese Jean-Yves Maleuvre4. Da parte nostra riteniamo di condividere ampia parte della sua lezione. Cercheremo così di applicare i suoi principi ermeneutici al testo, e di fornire la nostra chiave interpretativa della seconda scrittura di Virgilio5. 3 La circostanza è riferita da Svetonio (Vìta Vergilì): M. Vipsanius a Maecenate eum suppositum appellabat novae cacozeliae repertorem, non tumidae nec exilis, sed ex communibus verbis atque ideo latentis. 4 Per la sua vasta bibliografia, si rimanda al suo sito personale: www.virgilmurder.org. 5 Tali principi sono enunciati nell’Introduzione del Commentario di Maleuvre: Les principes de ce que nous avons appelé “la double écriture” sont en eux-mêmes assez simples: inversion systématique des apparences (pius Aeneas = impius Aeneas), polarisation (Junon positive contre Vénus négative), phénomène de fusionnement et constitution de chaînes d'équivalences (Jupiter-Neptune-Vénus-Enée...), substitution (Carthago pour Roma), etc... Mais ces principes se déploient dans mille pièges stylistiques que nous ne prétendons bien sûr pas avoir tous désamorcés, loin de là. Tra questi pièges assume secondo noi importanza pari ad un