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Milano Orla Boylan soprano Basilica di San Marco Manuela Custer mezzosoprano Jason Collins tenore Kamie Hayato basso Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi Xiang Zhang direttore Erina Gambarini maestro del coro Domenica 20.IX.09 Beethoven ore 12 56° Torino Milano Festival Internazionale della Musica 03_24.IX.2009 Terza edizione SettembreMusica Ludwig van Beethoven (1770-1827) Missa solemnis in re maggiore op. 123, per quattro solisti, coro, orchestra e organo ca. 82 min. Kyrie Gloria Sanctus Agnus Dei Credo Orla Boylan, soprano Manuela Custer, mezzosoprano Jason Collins, tenore Kamie Hayato, basso Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi Xiang Zhang, direttore Erina Gambarini, maestro del coro Celebra Don Luigi Garbini In collaborazione con Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi «Dal cuore perché vada al cuore» («Vom Herzen - möge es wieder - zu Herzen gehen»). Si potrebbe tradurre così la frase apposta da Beethoven in calce al Kyrie con il quale - come da plurisecolare tradizione - si apre la Missa solemnis. Conclusa nella prima metà del 1823 dopo oltre quattro anni di lavoro nel corso dei quali nascono capolavori quali le Sonate opp. 106-111, le Variazioni Diabelli, le Bagatelle op. 126, e vedono la luce gli abbozzi dell’op. 127 (il primo degli ultimi prodigiosi cinque Quartetti), l’op. 123 condivide con la pagina più famosa di quel periodo, la Sinfonia n. 9, un messaggio d’amore rivolto all’umanità. Non solo; se in questa si invoca la “gioia, bella scintilla divina” nel cui “sacrario” noi mortali dobbiamo entrare, per la Missa solemnis si fa riferimento alla “diffusione di raggi divini” sugli uomini (così in una lettera dell’agosto 1823 all’Arciduca Rodolfo, al quale la partitura è dedicata). La Divinità alla quale si rivolge Beethoven, qui e altrove, è il Dio di tutte le fedi e di ogni tempo; da questa universalità spirituale e temporale discende una par- titura a ventisei voci, articolata sì secondo i cinque brani convenzionali dell’Or- dinarium Missae (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus-Benedictus, Agnus Dei) ma di dimensioni insolitamente dilatate. In più, per sostenere un’impalcatura di tali proporzioni, Beethoven ricorre a un linguaggio nel quale convergono tonalità classica e coralità tardo barocca, polifonia rinascimentale e, addirittura, antichi modi; frequente, inoltre, è il ricorso alla retorica, ovvero al complesso di artifici musicali al quale per un secolo e mezzo avevano attinto i compositori baroc- chi per ‘tradurre’ in musica parole e immagini del testo, e che la concezione classico-romantica della musica ‘assoluta’ aveva spazzato via. Il recupero di alcuni di quegli stilemi rafforza la collocazione della Missa solemnis al di là, meglio, al di sopra del periodo storico-musicale che la vede nascere e nello stesso tempo ne costituisce il segno caratterizzante; tra i tanti ritrovati retorici individuati dal musicologo Warren Kirkandale, il primo a sottolinearne la presenza, se ne possono citare almeno due. I ripetuti accordi d’apertura del Kyrie, privi di movimento melodico, riflettono «l’antichissima rappresentazione di Dio come colui che è ‘apatico’, ovvero libero da ogni passione, immobile [...]», concetto questo che dalla Stoà attraverso i Padri greci era stato accolto dalla teologia occidentale; c’è poi l’uso dell’antico modo dorico nel passaggio “Et incarnatus est de Spiritu sancto” del Credo, da intendersi come omaggio al teorico Zarlino (XVI) che in un suo trattato ricorda come già per Cassiodoro quel modo fosse «donatore della pudicitia e conservatore della castità». Delle circostanze compositive della Missa solemnis si sa tutto, a partire dalla scintilla iniziale provocata dalla notizia diffusasi a Vienna all’inizio del 1818 della nomina a cardinale dell’Arciduca Rodolfo d’Asburgo, l’ultimo dei quat- tordici figli dell’Imperatore Leopoldo II, dapprima allievo di composizione e pianoforte di Beethoven e poi suo mecenate ed estimatore; e questi lo ripaga di tanta generosità dedicandogli alcuni dei suoi lavori più prestigiosi, dagli ultimi due Concerti per pianoforte al Trio dell’Arciduca op. 97, dalle Sonate opp. 106 e 111 alla Missa solemnis, alla quale comincia a pensare in quello stesso 1818 per dedicarvisi concretamente a partire dall’aprile del 1819 quando avviene l’investitura ufficiale. Subito dopo, Beethoven gli comunica per lettera l’intenzione di offrirgli una Missa solemnis che pensa di portare a termine nel marzo del 1820 in occasione delle previste «festività in onore di Sua Altezza Imperiale». Ma condizioni di salute sempre più precarie e, soprattutto, la sot- tovalutazione dell’impegno per un progetto di quella portata non gli permet- tono di rispettare i tempi, che si protraggono sino al 1824, quando il 28 aprile la Missa viene presentata a San Pietroburgo per interessamento del Principe Galitzin, il committente degli ultimi Quartetti. Il 7 maggio successivo Beethoven ne dirige a Vienna il Kyrie, il Credo e l’Agnus Dei, nello stesso concerto organizzato per la prima della Sinfonia n. 9. Kyrie La Missa si apre con un’introduzione orchestrale di una ventina di battute seguito dal primo ‘Kyrie eleison’ affidato alle voci sull’accordo perfetto, ripetu- to, di Re maggiore che unito alla melodiosità della parola ‘Eleison’ caratterizza la prima delle tre sezioni; la seconda, ‘Christe eleison’, è segnata all’inizio dagli archi che si spingono verso l’acuto seguiti da un inciso di quattro note. Le due figure passano velocemente dai solisti al coro in un moto incessante, festoso, sino a un decrescendo che conduce a un ‘eleison’ appena sussurrato su una sola nota. Il ritorno del primo ‘Kyrie eleison’ non è letterale, perché l’orchestra riprende il motivo iniziale modificandolo con motivi nuovi negli archi gravi che si levano verso l’alto come braccia che si alzano al cielo. Gloria L’apertura è affidata a un disegno ascendente retorico (‘In excelsis Deo’) con coro e orchestra a pieno organico. Un altro ricorso alla retorica è nel successivo pianissimo di ‘Et in terra pax’. La parte centrale è un bellissimo larghetto (‘Qui tollis peccata mundi’) nel quale si inserisce uno struggente ‘Miserere nobis’ seguito dall’allegro maestoso del ‘Quoniam tu solus sanctus’ in Re maggiore che conduce alla fuga conclusiva, ‘In gloria Dei Patris’, dalla scrittura contrappuntistica che verso la fine si verticalizza in blocchi sonori che rimandano alle battute iniziali del brano. Credo È questa la sezione più spettacolare, sia per l’efficacia - e la varietà - delle soluzioni musicali adottate in stretta connessione con le parole e le imma- gini verbali, sia per l’abilità con la quale sono impiegati artifici propri della tradizione classica viennese. Per l’’Et incarnatus’ Beethoven guarda a Michael Haydn, a quel tempo il compositore più autorevole di musica sacra, ricorrendo non al tradizionale stile concertante bensì alla modalità tanto spesso usata dal più giovane dei fratelli Haydn. Anche questa sezione si chiude con una fuga, la più lunga forse di tutta la letteratura vocale, di impervia esecuzione e di grande impatto spirituale. Sanctus L’impiego degli ottoni nel preludio orchestrale rimanda alle trombe suonate dagli angeli sopra il tempo di Gerusalemme alle quali fa riferimento il Libro d’Isaia. Un altro passaggio orchestrale separa la chiusa del Sanctus, ‘Osanna in excelsis’, dal successivo Benedictus, passaggio segnato anche da un assolo di violino nel registro acuto che disegna con il coro un’atmosfera di celestiale beatitudine analoga a quella che si leva dall’Adagio della Sinfonia n. 9. Agnus Dei La pagina conclusiva è divisa i due parti: in minore la prima (i due versi ini- ziali), in maggiore la seconda (‘Dona nobis pacem’). La triplice invocazione dell’Agnello di Dio avviene in un crescendo drammatico e quando la parola ‘Miserere’ è ripetuta per la terza volta la scrittura si dispone su otto parti voca- li. Per il versetto finale Beethoven sceglie una complessa forma pentapartita, nella quale la prima sezione ritorna altre due volte, una delle quali rimanda a un passaggio del Messiah di Händel, del quale egli si era fatto inviare da Londra l’integrale delle opere, suggellando così, simbolicamente, la continuità di una tradizione della quale di lì a poco la cultura romantica, seguendo il suo esempio, si sarebbe appropriata. Ettore Napoli* * Ettore Napoli insegna Storia della musica al Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano. Dal 1978 al 1995 è stato redattore musicale di Radio Popolare. Ha collaborato con il Servizio Promozioni del Teatro alla Scala e ha pubblicato con Mondadori, De Agostini, il Saggiatore, Lim-Ricordi, B. Mondadori. Tiene regolarmente conferenze per Università e Istituzioni culturali: Bocconi, IULM, Statale, Amici del Loggione. Fa parte del cda della Fondazione Amadeus. 2 Missa Solemnis Ordinarium I. Kyrie Kyrie eleison. Signore pietà. Christe eleison. Cristo pietà. Kyrie eleison. Signore pietà. II. Gloria Gloria in excelsis Deo et in terra pax Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace hominibus bonae voluntatis. in terra agli uomini di buona volontà. Laudamus te, benedicimus te. adoramus Noi ti lodiamo, ti benediciamo, te, glorificamus te. ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo Gratias agimus tibi propter magnam grazie per la tua gloria immensa. gloriam tuam. Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre Domine Deus, Rex caelestis, Deus Pater onnipotente. omnipotens. Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Domine Fili unigenite, Iesu Christe. Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre. Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Qui tollis peccata mundi, miserere nobis. Tu che togli i peccati del mondo, accogli Qui tollis peccata mundi, suscipe la nostra supplica. deprecationem nostram. Tu che siedi alla destra del Padre, abbi Qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis. pietà di noi. Quoniam tu solus Sanctus, tu solus Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, Dominus. tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo. Tu solus Altissimus, Iesu Christe. Con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Cum Sancto Spiritu, in gloria Dei Patris.