PosteItalianeSpA - Spedizioneinabbonamentopostale-70% -Aut.GIPA/C/RM/04/2013 Io pensolafabbricaperl'uomo, Lafabbricanonpuòguardare cultura, servizi, democrazia. cultura, servizi,democrazia. nonl'uomo perlafabbrica. Deve distribuirericchezza, solo all'indice deiprofitti. L'impresa eccezionale, èessere normale. dammi retta, (Adriano Olivetti) (Lucio Dalla)

9 772281 ISSN 2281-5597 559003 90006

www.8-mezzo.it Per? Con? Contro? L'industria vista dal cinema italiano dicembre 2019 numero 48 anno VII nei cinema nei cinema Casse ecassiere INCHIESTE DAL CINEMAITALIANO L’INDUSTRIA VISTA PER? CON?CONTRO? in Indonesia Il cinema FOCUS Metti, una sera acena una sera Metti, A 50annida ANNIVERSARI Carlo Rambaldi, Makinarium Wes BudSpencer, Anderson, MOSTRE n °48 dicembre 2019 €5,50 sul prossimo numero in uscita a marzo 2020

Scenari Inchieste Focus Compleanni Il cinema Il cinema italiano Il cinema I 90 anni e l'immaginario italiano e la pubblicità in Bulgaria di Giuliano Montaldo editoriale

QUELLI CHE TENGONO VIVA LA PASSIONE di GIANNI CANOVA

Basta girarla un po’, l’Italia, per ca- ston Sturges meglio di certi critici) pire che è meglio, molto meglio, di che dedicano il loro tempo libero, come ce la raccontano. in modo volontaristico, a tenere Di come la raccontano i grandi in piedi sale che rischierebbero di media, troppo spesso a caccia di chiudere, ho trovato ragazzi che scandali o pruderie. aprono cinema e cineclub e cine- Di come la deformano gli haters mini, e che a poco a poco creano del web, sempre bisognosi di ber- il loro pubblico, e lo fidelizzano, sagli facili su cui scaricare rancori e tengono viva la passione. Sono e frustrazioni. Ma anche di come tanti, sono bravi, e in un prossimo la raccontano certi intellettuali, numero di 8½ ce ne occuperemo chiusi nel loro solipsismo ormai in modo approfondito. Perché il quasi patologico e incapaci di co- cinema è anche questo: non solo municare con chiunque sia all’e- una forma di espressione esteti- sterno della loro ristretta cerchia ca e di comunicazione mediatica, di sodali e compari. ma anche un grande aggregatore Anche l’Italia del cinema è meglio sociale, un dispensatore di sogni, di come appare sui palcosceni- un generatore di identità e di co- ci ufficiali. Perché se lì, spesso, munità. Non bisognerebbe mai dominano l’invidia e la gelosia, dimenticarlo. Di questi tempi, so- lo snobismo e il narcisismo più prattutto. sfrenati, tra gli appassionati trovi ancora chi cerca di costruire at- traverso il cinema nuove possibili forme di aggregazione sociale nel deserto che li (e ci) circonda. Solo nelle ultime settimane, girando l’Italia, ho conosciuto dei ragazzi che vanno in giro con un camion- cino, a loro spese, a portare il ci- nema nelle zone degradate delle periferie. Ho incontrato volontari che qualche giorno alla settimana portano il cinema nelle carceri e negli ospedali, ho trovato decine di appassionati (di quelli che co- noscono Henry Hathaway o Pre- sommario

8½ Progetto Creativo NUMERI, VISIONI 19novanta communication partners E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO Creative Director EDITORIALE 14 Cornuto e mazziato Consuelo Ughi di Alberto Pezzotta 01 Quelli che tengono Bimestrale d’informazione Designer Giulia Arimattei, viva la passione 16 Ricchi ricchissimi e cultura cinematografica Valeria Ciardulli, di Gianni Canova praticamente in mutande Martina Marconi, di Rocco Moccagatta Iniziativa editoriale realizzata Lorenzo Mauro Di Rese da Istituto Luce-Cinecittà Stampa ed allestimento 18 Il potere del denaro in collaborazione con ANICA Arti Grafiche La Moderna di Marcella Leonardi e Direzione Generale Cinema Via Enrico Fermi 13/17 e Audiovisivo 00012 Guidonia Montecelio cover 20 La nostra memoria (Roma) di Steve Della Casa Registrazione presso il Tribunale Direttore Responsabile SCENARI 22 Sporcarsi le mani Giancarlo Di Gregorio di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012 di Sergio Toffetti Direttore Editoriale Direzione, Redazione, 06 Per l’industria, Gianni Canova Amministrazione con l’industria, 24 Filmare il lavoro Vice Direttore Responsabile Istituto Luce-Cinecittà Srl contro l’industria di Letizia Cortini Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Cristiana Paternò di Gianni Canova Tel. 06722861 fax: 067221883 [email protected] 26 Ivens, Bertolucci In Redazione 08 In principio fu e gli altri: la visione Carmen Diotaiuti www.8-mezzo.it Andrea Guglielmino “La sortie de l’usine” di Enrico Mattei di Stefano Locati di Giulio Latini Chiuso in tipografia il 5/12/19 Coordinamento redazionale DG Cinema 10 Il cinema industriale 28 Diamanti anonimi Iole Maria Giannattasio dei maestri di Giulio Bursi Coordinamento editoriale Nicole Bianchi Ermanno Olmi 30 “Oggi il mondo I film Edisonvolta industriale sembra Hanno collaborato e la poetica del lavoro preistoria, eppure parla Roberto Agostini, Silvana di Cristiana Paternò alle nuove generazioni” Annicchiarico, Alice Bonetti, di Caterina Taricano Giulio Bursi, Fulvia Caprara, 11 Bernardo Bertolucci Paola Casella, Letizia Cortini, Steve Della Casa, Luca Ferrando Sulla via del petrolio Intervista Battistà, Beatrice Fiorentino, l’eco di Pasolini Valerio Castronovo Damiano Garofalo, Iole Maria di Stefano Stefanutto Rosa Giannattasio, Andrea Gropplero 32 Impasti sonori di Troppenburg, Oscar Iarussi, 12 Michelangelo Antonioni di Luca Ferrando Battistà Giulio Latini, Marcella Leonardi, Dalla cultura del fiume Stefano Locati, Francesco Lomuscio, Andrea Mariani, a quella dell’industria 34 Imprenditori al cinema: Rocco Moccagatta, Chiara di Andrea Guglielmino però in Italia mancano Nicoletti, Alberto Pezzotta, le storie di successo Gian Luca Pisacane, Emanuele 13 Fratelli Taviani di Alice Bonetti Rauco, Ilaria Ravarino, Sara Con Joris Ivens Sagrati, Monica Sardelli, alla scoperta dell’Italia Stefano Stefanutto Rosa, Caterina Taricano, Paolo di S. L. Taviani, Hilary Tiscione, Sergio Toffetti, Rinaldo Vignati, Bruno Zambardino voci rewind latest

INCHIESTE RACCONTI DI CINEMA SCANNER GEOGRAFIE

38 Vestali della sala 54 Lo Sceicco bianco 66 Il cambiamento 94 Il fattore R di Gianni Canova Film Burn delle abitudini di Oscar Iarussi di Roberto Agostini di consumo 40 Il caso Milano di contenuti audiovisivi COMPLEANNI di Sara Sagrati e cinematografici REPRINT di Iole Maria Giannattasio, 96 Alberto Negrin. 41 Il caso Torino Monica Sardelli, Spirito militante di S. S. 56 Documentari Bruno Zambardino e passione per la storia subacquei di Gian Luca Pisacane 42 Per passione di Italo Calvino FOCUS INDONESIA o per caso da “Cinema Nuovo”, 97 Paolo Graziosi. di Ilaria Ravarino n. 80, 1956, pp. 214 73 Le molte facce dell’orrore Un “divo” di Andrea Mariani di Gian Luca Pisacane dalle molte facce I casi di G. L. P. Roma 78 Tra fede e arti marziali Taranto ANNIVERSARI di G. L. P. RICORDI Napoli Trieste 58 a 50 anni da CINEMA ESPANSO 98 Omero Antonutti Metti, una sera a cena (1935-2019) 46 Così l’Anteo è diventato 80 Quanto buio Shakespeare è stato una “piazza urbana” 59 Sovvertire le regole nella Wunderkammer il nostro padrino di Silvana Annicchiarico di Beatrice Fiorentino di Wes Anderson di Paolo Taviani di Hilary Tiscione Intervista 99 Carlo Croccolo Riccardo Rocco 82 Montanelli e il cinema: (1927-2019) un binomio sorprendente Totò il mio maestro, 48 Addio cassiera di Rinaldo Vignati Marilyn il mio di I. R. pazzo amore 83 Quando mise di Fulvia Caprara Pulp Fiction CINE GOURMET in prima pagina INTERNET di G. C. E NUOVI CONSUMI 50 La pizza di Vincenzo Marra 84 Le 1000 e una vita 100 Quibi spuntini di Andrea Gropplero di Bud Spencer di serie d’autore di Troppenburg di Chiara Nicoletti in formato smartphone di Carmen Diotaiuti 86 Cinema e Zodiaco: a ciascuno il suo film PUNTI DI VISTA di Francesco Lomuscio 102 Una messa 88 La meccanica dei mostri: in discussione del da Rambaldi a Makinarium cinema del “reale” di Andrea Guglielmino Chiara Ferragni PRO di Damiano Garofalo 90 Maurizio Nichetti. Il mimo con la parola 103 Via le grinze dal lenzuolo di Emanuele Rauco Chiara Ferragni CONTRO di Paola Casella 92 Mio fratello Carlo di Rocco Moccagatta 104 BIOGRAFIE voci - inchieste cover

SCENARI

06 Per l’industria, 13 Fratelli Taviani 24 Filmare il lavoro con l’industria, Con Joris Ivens di Letizia Cortini contro l’industria alla scoperta dell’Italia di Gianni Canova di S. L.

14 Cornuto e mazziato 26 Ivens, Bertolucci 08 In principio fu di Alberto Pezzotta e gli altri: la visione “La sortie de l’usine” di Enrico Mattei di Stefano Locati di Giulio Latini

16 Ricchi ricchissimi 28 Diamanti anonimi 10 Il cinema industriale praticamente in mutande di Giulio Bursi dei maestri di Rocco Moccagatta

Ermanno Olmi I film Edisonvolta e la poetica del lavoro 18 Il potere del denaro 30 “Oggi il mondo di Cristiana Paternò di Marcella Leonardi industriale sembra preistoria, eppure parla alle nuove generazioni” 11 Bernardo Bertolucci di Caterina Taricano Sulla via del petrolio l’eco di Pasolini 20 La nostra memoria Intervista di Stefano Stefanutto Rosa di Steve Della Casa Valerio Castronovo

32 Impasti sonori 12 Michelangelo Antonioni di Luca Ferrando Battistà Dalla cultura del fiume a quella dell’industria 22 Sporcarsi le mani di Andrea Guglielmino di Sergio Toffetti

34 Imprenditori al cinema: però in Italia mancano le storie di successo di Alice Bonetti

4/5 scenari

PER L’INDUSTRIA, CON L’INDUSTRIA, CONTRO L’INDUSTRIA

C’è un sottile e singolare paradosso che segna e connota il rappor- della società italiana verso la modernità industriale, dall’altro lato to spesso controverso fra il cinema italiano e l’industria nazionale: invece un cinema di finzione che raramente prova a raccontare l’in- quasi tutti i grandi autori della seconda metà del ‘900, pur essendo dustria e i cambiamenti che la sua presenza produce nella società. ideologicamente orientati a sinistra, hanno esordito realizzando Qualche eccezione c’è, certo. E Deserto rosso di Antonioni dall’altro filmati industriali finanziati dalle industrie committenti (Eni per resta un esempio insuperato di approccio all’industria svincolato Bertolucci, Edison per Olmi, Snia per Antonioni…), ma raramente da pregiudizi ideologici. Ma è quasi un caso isolato. L’industria e gli hanno cercato poi di trasferire il loro interesse per l’industria e per industriali restano spesso ai margini dell’interesse dei cineasti, più a i modi di produzione nel loro cinema di finzione. Come dire: da un loro agio in compagnia di sottoproletari e disoccupati, o di aristocra- lato un cinema industriale prodotto su commissione, che celebra tici altolocati, che con industriali e borghesi. Da noi è quasi del tutto l’epos del lavoro e racconta alcuni episodi centrali nel percorso assente quell’epos del lavoro e dell’innovazione che invece nutre il

cover - scenari Cinema industriale Il cinema italiano ha sempre avuto con l’industria un rapporto controverso e contraddittorio, fatto al contempo di fascinazione e rifiuto. Eppure ha contribuito a costruire quell’epos del lavoro che è parte fondante della cultura e della Storia del '900. di GIANNI CANOVA

cinema anglo-americano e che celebra le imprese di grandi innovatori, velle che profanano le campagne, magari anche evidenziando i loro limiti umani, ma non nascondendo il consumismo da Carosello, la mai la loro energia mitopoietica e la loro spregiudicatezza innovatrice: difficile integrazione sociale degli penso anche solo – per restare a titoli recenti – a Il Petroliere di Paul Tho- immigrati…. È la fine dell’Italian mas Anderson, a The Founder di John Lee Hancock o anche a The Social Dream? Probabilmente sì. Ma un Network di David Fincher. Da noi invece l’industriale è un pusillanime film come La zuppa de demonio ha o un bauscia. Nella migliore delle ipotesi specula (Il capitale umano). O il pregio di ricordarci che questo tituba (La tragedia di un uomo ridicolo). O millanta (Il gioiellino). sogno – per quanto distorto – c’è Eppure. Prendiamo un film recente come La zuppa del demonio di Davi- stato. Non solo: Ferrario ci ricor- de Ferrario. Lavorando sui materiali di repertorio e sui filmati aziendali da l’attenzione e la cura con cui le conservati nell’Archivio Nazionale del cinema d’Impresa di Ivrea, Fer- aziende raccontavano se stesse, e rario ricostruisce lo slancio produttivo e il fervore industriale con cui la celebravano una sorta di liturgia società italiana ha attraversato buona parte del Novecento, fino alla di- del lavoro attraverso rapporti vir- sillusione iniziata con la crisi energetica del 1973. Il film ha un impianto tuosi con cineasti, scrittori, mu- narrativo molto efficace. Da un lato il materiale d’archivio che rievoca la sicisti, intellettuali. Del film, alla storia di alcune grandi aziende italiane e mostra il riflesso che il loro svi- fine, rimane soprattutto questo. luppo ebbe sul territorio, come la Fiat a Torino, l’Olivetti a Ivrea e Poz- La capacità di raccontare l’indu- zuoli, l’ENI a Porto Marghera e a Gela, l’Italsider a Taranto; dall’altro lato stria dall’interno, con sapienza un’antologia di brani scelti, in cui letterati e pensatori del XX secolo – tra tecnica e passione creativa, nella cui Carlo Emilio Gadda, Primo Levi, Pier Paolo Pasolini, Ottiero Ottieri consapevolezza che non c’è né e Luciano Bianciardi – riflettono sulla cultura industriale, mostro/spe- progresso né sviluppo se non li ranza in grado di trangugiare tutto e tutti. si sa raccontare, se non si decide La velata critica di Ferrario al mito del progresso che tracima da ogni che per raccontarli (e per raccon- frammento dei vari materiali visivi selezionati è forse la parte più ide- tarsi…) bisogna investire risorse, ologica e caduca del film. Ma le immagini hanno poi una tale potenza, e che la comunicazione di sé non e sprigionano una tale energia, che si resta davvero abbagliati da que- è un optional facoltativo, ma uno sta cavalcata nel nostro Novecento, dalle immagini delle Officine Fiat degli elementi fondativi dell’iden- del 1911 girate da Luca Comerio fino ai fasti del boom economico de- tità e del successo di un’impresa gli Anni ‘60. In primo piano non ci sono solo le aziende, le macchine, i come di una persona. È questa modi di produzione. Ci sono anche e soprattutto gli uomini, i lavoratori, consapevolezza, credo, che il ci- con i movimenti delle loro mani, e con le espressioni dei volti. Spesso nema italiano dovrebbe cercare, gli operai guardano in macchina, quasi a rivendicare il loro orgoglio di oggi, di ritrovare. produttori. Ed è proprio questo che commuove vedendo il film: quelle facce. Quei corpi. Quello slancio. Quell’idea di fabbrica che ambiva a non essere soltanto un luogo di lavoro, ma anche a dare una risposta ai bisogni sociali della collettività. A partire dagli Anni ‘70, però, si comincia a vedere ciò che prima non si era voluto vedere: i casermoni abitativi, le fabbriche cattedrali, le tri-

6/7 IN PRINCIPIO FU “LA SORTIE DE L’USINE”

di STEFANO LOCATI

Breve storia del cinema industriale in Italia

La nascita del cinema industriale coincide con le origini del cinema nato alla civiltà, sfrutta la scoperta e fonda una fabbrica di cappelli. La stesso. Alla prima proiezione pubblica a pagamento di immagini in mo- narrazione mitologico-fondativa di partenza si trasforma in una costru- vimento, nel dicembre del 1895, i fratelli Lumière presentano Sortie de zione promozionale. l’usine Lumière, con l’uscita degli operai dalla fabbrica di lastre fotogra- Con il passare del tempo lo scopo dei filmati industriali si espande. fiche di loro proprietà. L’inquadratura fissa dei lavoratori che sciamano Esemplare è Col ferro e col fuoco di Eugenio Fontana e Giuseppe Cecca- fuori dall’edificio non è solo una dimostrazione tecnica, ma ha anche un relli (1926), per le acciaierie Ilva, che presenta la lavorazione del ferro evidente intento promozionale. con un attento uso della composizione del quadro, fino a formare table- Anche in Italia le potenzialità del cinematografo sono presto sfruttate aux vivants in cui a dominare sono i macchinari e i fumi di lavorazione dalle imprese per promuovere la propria immagine e affermare il mar- su sfondi uniformi che rasentano l’astratto. Un’altra realtà industriale chio. Questi film acquistano oggi un valore anche etnografico e antro- molto attiva è Montecatini, azienda chimica confluita in Edison negli pologico, nel mostrare gli ambienti di lavoro, i ritmi e i riti delle fabbri- Anni ‘60, che negli Anni ‘20 e ‘30 commissiona filmati didattici come che del Novecento. Non sempre hanno avuto una vasta circolazione L’industria italiana della calciocianamide, L’industria del perfosfato, fino a pubblica e in seguito sono rimasti chiusi negli archivi privati delle sin- L’industria degli esplosivi, che con didascalie chiare e descrittive presen- gole aziende. Grazie allo sforzo dell’Archivio Nazionale Cinema d’Im- ta “tre grandiosi stabilimenti della sua associata Dinamite Nobel”. Il ta- presa è stato però possibile indicizzarne un gran numero, visionabile sul glio didattico è ancora più evidente in opere come Economia e sicurezza canale YouTube. (1929), breve filmato animato di Italgas, in cui si vedono i problemi cui Luca Comerio, considerato tra i padri del cinema in Italia, che sarebbe va incontro un condominio a causa di un’inquilina poco attenta alla si- diventato famoso per i reportage dal fronte italo-turco in Libia, dalla curezza domestica. La soluzione è naturalmente passare da una cucina Prima guerra mondiale e dall’avventura dannunziana di Fiume, ha la- a carbone a una a gas. vorato anche con le imprese. Il suo Le officine della Fiat (1911) è il primo Nel secondo dopoguerra, nella fase di ricostruzione e rilancio dell’eco- documento filmato noto che riguardi la Fiat. La pellicola mostra gli sta- nomia italiana, il cinema industriale ha una sua età dell’oro, che dura bilimenti dell’azienda automobilistica e le principali fasi della produ- fino agli Anni ‘60. Ai fini promozionali e didattici, si aggiunge anche zione: si apre con panoramiche che riprendono la fabbrica dalla strada un’istanza più radicale, quasi propagandistica: le opere prodotte dalle semideserta e si chiude suggestivamente sugli stessi luoghi brulicanti grandi aziende vogliono attivamente promuovere il ruolo dell’industria di operai all’uscita dal turno. Il filmato è probabilmente realizzato in nella società, collegandosi al mito del progresso infinito di stampo po- occasione dell’Esposizione internazionale delle industrie e del lavoro, sitivista. Tantissimi giovani registi si cimentano con questa nuova sen- tenutasi quell’anno a Torino. Nello stesso contesto è realizzato anche sibilità. Il più noto è Ermanno Olmi, che grazie al sodalizio con Edison Martini Vermouth (1911), che condensa l’intero ciclo produttivo del realizza opere come La diga sul ghiacciaio, Cantiere d’inverno, L’onda o vermut, dalla raccolta delle erbe aromatiche nei campi a cantinatura, Buongiorno natura, tutti del 1955, che illustrano sia i traguardi tecnolo- imbottigliamento, spedizione, per arrivare a un’allegra coppia borghe- gici raggiunti che le attività sociali dell’azienda. Meno conosciuto, ma se che brinda con una bottiglia di Martini nel finale. Più complesso La forse ancora più incisivo è Filippo Paolone, che realizza decine di film fabbricazione dei cappelli Borsalino (1913), che unisce un’introduzione industriali, oltre ad aprire a una riflessione teorica sulla forma docu- narrativa a una seconda parte documentaria: un naufrago su un’isola mentario. Molti altri autori hanno comunque un ruolo nella produzio- deserta caccia un coniglio e scopre le qualità della sua pelliccia. Ritor- ne di film d’impresa, da Gillo Pontecorvo a Michelangelo Antonioni, da

cover - scenari Cinema industriale Spunti bibliografici

Alessandro De Filippo, Per una speranza affamata. Il sogno industriale in Sicilia nei documentari dell’Eni, Edizioni Kaplan, 2016

Giulio Latini, L’energia e lo sguardo: il cinema dell’Eni e i documentari di Gilbert Bovay, Donzelli, 2011

Giulio Latini, Immagini-Mondo. Breve storia del cinema d’impresa, Kappabit, 2016

Anselmo R. Paolone, Marco D’Agostini, Filmati per formare. Storytelling e tecniche audiovisive nell’opera di Filippo Paolone, Mimesis, 2018

Valerio Zurlini a Luciano Emmer, Le ragioni del relativo declino del dei film industriali del tempo. Il dai fratelli Taviani a Dino e Nelo cinema d’impresa in anni più re- cinema industriale naturalmente Risi. Anche Bernardo Bertolucci centi sono molte. Prima esisteva- continua a esistere, seppur più collabora con Eni a uno degli esiti no leggi protezionistiche e fondi nascosto. Il suo patrimonio – “un più significativi del cinema d’im- per il documentario, che anche a colossale archivio del visibile”, presa, La via del petrolio (1967), causa di abusi vengono in seguito come lo definisce Giulio Latini – film di stampo quasi epico che cancellati. C’è poi soprattutto una rimane una fondamentale map- documenta il viaggio del petrolio presa di distanza dall’ideale delle patura visuale, artistica e docu- dall’Iran all’Europa. In questa fase “magnifiche sorti e progressive”, mentaria della società e del lavoro nuove industrie si affacciano sul da un lato per le crisi industria- in Italia. mercato – come Olivetti, Pirelli, li, come quella energetica degli Enel, la stessa Eni – e svolgono un Anni ‘70, dall’altro per la nascita grande ruolo di innovazione della di una coscienza ecologista in di- comunicazione. retto contrasto con il messaggio

8/9 IL CINEMA INDUSTRIALE DEI MAESTRI

ERMANNO OLMI I FILM EDISONVOLTA E LA POETICA DEL LAVORO Nel 1961, in occasione della premia- cano i momenti di convivialità, il zione del documentario Un metro cibo, il canto collettivo, l’incontro lungo cinque al Festival del cinema con i bambini o con giovani donne, industriale di Torino, Rossellini sono brandelli di narrazione in cui ebbe a dire: “Questo modo di fare viene fotografato anche il passag- cinema significa scoprire il mon- gio da una civiltà contadina a una do”. Ed è proprio a una scoperta società “moderna”, come pure nel aurorale, a un’apertura totale, se leopardiano e struggente Diario vogliamo anche ingenua e profon- di un venditore di almanacchi e un damente umana, alle cose, ai gesti, passeggiere che si muove dalla cam- ai volti, che si ispira il cinema di pagna brianzola brumosa e nevosa, Ermanno Olmi (1931-2018). Auto- verso i paesaggi urbani. Così il suo didatta e di origini operaie e con- primo lungometraggio Il tempo si è tadine, il regista all’epoca ventenne fermato (1961) attinge a questa sen- inizia la sua attività come cineama- sibilità nel racconto dell’incontro tore girando per una decina di anni, tra un vecchio montanaro e un ra- tra il 1953 e il 1961, documentari sul gazzo che viene dalla città. Qualche lavoro per la Montedison e creando tempo prima di morire, Olmi con- il servizio cinematografico della so- cesse a Vincenzo Mollica, per conto cietà milanese. Tra i film Edisonvol- dell’Archivio del cinema industriale ta, una trentina, alcune perle, come e della comunicazione d’impresa, Tre fili a Milano o Manon finestra una testimonianza su questa fase due. “Negli anni in cui il lavoro ope- della sua carriera che contiene in raio, la fabbrica e la trasformazione embrione molto del suo cinema dell’assetto industriale del Paese successivo, almeno fino a L’albero non trovano un immediato riscon- degli zoccoli. “Negli anni del boom, le tro nel cinema (…) Olmi è in grado industrie volevano dare un’imma- di raccontare vicende che hanno gine di se stesse al pubblico con dei coinvolto direttamente il suo vis- documentari che venivano proiet- suto personale”, scrive Gian Piero tati nelle sale. Da quel cinema indu- Brunetta in Storia del cinema italia- striale partì la curiosità per il lavoro no (vol. 4). Il cineasta cattolico la- dei singoli individui, ciascuno pro- scia spazio alla fatica, all’impegno, tagonista. Era un cinema industria- alla gioia, all’attesa descrivendo la le umano che oggi mi pare che sia costruzione di una diga, la messa scomparso, invece il lavoro avrebbe in opera dei tralicci che porteran- bisogno di essere riconosciuto nella no l’energia elettrica fino a Milano, sua dignità. Se non rispetti la verità lo scavo di gallerie nella montagna delle persone, togli loro dignità. Nel con la dinamite (sempre con un mio cinema continuo ad avere una pensiero riconoscente all’altarino modalità artigiana, ogni suono e di Santa Barbara per la protezione ogni gesto è frutto di una riflessio- concessa). I testi – anche di autori ne. La lezione del documentario e come Pasolini e Parise – sono poe- del mondo contadino è quella di tici e austeri, nelle scene non man- di CRISTIANA PATERNÒ non barare”.

cover - scenari Cinema industriale “Feci La via del petrolio cercando di città dalle incredibili cupole tur- allontanarmi, ogni volta che mi fu chesi”, Isfahan. possibile, dalle tentazioni e dalle regole del film documentaristico. Il secondo episodio (Il viaggio) si Ripresi i trivellatori come pionieri svolge a bordo della petroliera Agip di un western arcaico e i piloti de- ‘Trieste’. “Salimmo in corsa su una gli elicotteri come eroi anarchici e petroliera che stava uscendo dal individualisti, come i personaggi canale di Suez. Era difficile girare, si solitari di Godard o di Avventurieri cercava di fare delle belle inquadra- dell’aria di Hawks”. Il cinema epi- ture soprattutto nel momento in co al servizio del racconto della cui il mare si era scatenato, con for- modernità di una grande azienda za sette/otto”. Per la terza puntata di Stato. È il 1965 e Bernardo Ber- (Attraverso l’Europa), dopo due/tre tolucci realizza per l’ENI un docu- giorni di riprese, non sapendo che mentario sull’attività industriale altro inventare il regista introduce dell’ente pubblico creato nel 1953 come protagonista un suo amico, da Enrico Mattei. Nel 1964 Berto- il poeta argentino Mario Trejo: “Lui lucci si trova “in un momento di in- fa questo viaggio come i viaggiatori capacità o impossibilità di trovare a piedi del Settecento e ci racconta finanziamenti”, è provato dall’in- quello che vede, quello che gli viene successo di pubblico e critica del- in mente”, da Genova, dove parte la sua opera seconda, Prima della l’oleodotto, alla raffineria di Ingol- rivoluzione. In soccorso arriva il stadt in Baviera. responsabile delle relazioni ester- ne di ENI, Franco Briatico, che “Era un documentario su com- chiede ad Attilio Bertolucci, poeta missione ma l’ho fatto cercando di e padre di Bernardo - fondatore e allontanarmi, ogni volta che mi era direttore della rivista aziendale “Il possibile, dalle tentazioni e dalle gatto selvatico” - se il figlio sia in- regole del film documentaristico”. teressato a realizzare un documen- L’ENI non pone vincoli informa- tario in bianco e nero. Tre puntate tivi o celebrativi, e per Bertolucci da 50 minuti ciascuna, “non come è l’occasione di una grande libertà un Carosello”, che ripercorrano il artistica. È anche il piacere del lungo viaggio del petrolio dall’e- viaggio, la scoperta di altre culture strazione alla raffineria, e proposte e “l’immediato innamoramento alla Rai che le manderà in onda nel per queste culture. Questo senti- gennaio e febbraio 1967. BERNARDO BERTOLUCCI mento mi ha poi sempre accom- Le riprese avvengono tra ‘65 e ‘66 pagnato, dalla Cina, al Sahara, in Iran, Golfo Persico, Canale di all’India ed è stato un elemento Suez, Sinai, Mediterraneo, Genova, fondamentale della mia produ- Svizzera e Germania. “Fu una cosa zione artistica”. Ma è anche l’oc- molto avventurosa” e passarono a casione, specie nella prima parte, Bertolucci tutte le rabbie e le fru- per rivivere l’esperienza vissuta strazioni di non riuscire fare un SULLA VIA da aiuto regista sul set di Accattone nuovo film di finzione. La prima di Pier Paolo Pasolini: Bertolucci puntata de Il viaggio del petrolio (Le DEL PETROLIO ritrova infatti nei bambini e nei origini) comincia nei campi petro- vecchi degli antichi paesi iraniani liferi dei monti Zagros dove a 4mila L’ECO DI PASOLINI la stessa “innocenza contadina, metri d’altezza lavorano insieme molto arcaica” delle borgate ro- operai italiani e iraniani, in un Iran mane. La versione restaurata del “incredibilmente diverso da quello documentario è stata presentata di oggi, un paese più o meno me- nel 2007 alla Mostra di Venezia, dievale allora”, ricorda Bertolucci in occasione del Leone d’Oro alla che scopre il suk di Teheran e “la di STEFANO STEFANUTTO ROSA carriera consegnato a Bertolucci.

10/11 MICHELANGELO ANTONIONI

DALLA CULTURA DEL FIUME A QUELLA

La vita dura e sempre uguale degli DELL’INDUSTRIA arte. Il film non ha vita facile. Ha abitanti di Porto Tolle. I pioppi, un linguaggio nuovo e non abitua- le bilance, la pianura e le abitudini le, inoltre la società che lo distri- dei lavoratori del grande fiume. I buisce fallisce. barconi a vapore che trasportano “Analizzavo la condizione di ari- prodotti agricoli e sono abitati da di ANDREA GUGLIELMINO dità spirituale e anche un certo intere famiglie. Il passaggio dei tipo di freddezza morale di alcune convogli spezza la monotonia del persone dell’alta borghesia mila- lavoro dei contadini, che associa- nese – ha dichiarato Antonioni – no l’immagine a un’idea di fuga e Proprio perché mi sembrava che di felicità: viaggiare, andare via, in assenza di interessi al di fuori di cambiare. Nasce così una delle loro, in questo essere tutti rivolti premesse del cinema neorealista, verso sé stessi, senza un preciso con Gente del Po di Michelange- contrappunto morale, senza una lo Antonioni, considerato tanto molla che facesse scattare in loro fondativo quanto Ossessione di Vi- la validità di certi valori, in questo sconti. “Parlare della povera gente vuoto interiore vi fosse materia era argomento proibito dal fasci- sufficientemente importante da smo - dice Antonioni in un’inter- prendere in esame” (fonte: Cine- vista, ripresa da un documentario matown.it). Famiglia di industria- a lui dedicato dalla Rai – quindi li sono anche i Gherardini de La il fatto che io l’avessi affrontato notte, che organizzano una festa era già di per sé importante. Era dove i protagonisti si rifugiano per evidente che l’interesse dell’o- dimenticare la loro crisi. biettivo andava spostato su un determinato mondo e determi- E poi c’è Il deserto rosso, natural- nati problemi sociali”. Era il 1943. mente, dove il mondo industriale Seguono, nella carriera del regi- e borghese diventa la proiezione sta, Roma, il Centro Sperimentale dell’universo disumanizzato per- e l’incontro con gente nuova, e un cepito dalla protagonista Giulia- altro documentario che vince il na, depressa e tormentata dopo Nastro d’Argento, N. U. - Nettez- aver subito un duro trauma a za urbana, che segue la vita degli causa di un incidente d’auto. È la spazzini della città di Roma, in prima volta che Antonioni usa il un’alternanza di associazioni libe- colore. Ridipinge a mano case e re e allusive, cercando il rapporto alberi per ottenere l’effetto cro- che lega il lavoro con l’ambiente matico desiderato, un ambiente urbano. L’esordio al cinema è Cro- freddo, distaccato e privo di emo- naca di un amore, che su un solido zioni. Ammette infatti: “C’è una intreccio noir narra una storia ragione che mi fa considerare Il ambientata nel mondo dell’alta deserto rosso come molto differen- borghesia industriale lombarda. te rispetto ai miei film precedenti: La torbida crisi di coppia al cen- non parla di sentimenti. Arrivo a tro del plot rappresenta la società dire che i sentimenti non vi han- borghese del dopoguerra, pren- no niente a che vedere. In questo dendo le distanze dai soggetti del senso, le conclusioni alle quali neorealismo per avvicinarsi a una arrivano i miei altri film sono te- dimensione nuova e fino ad allo- nute, qui, per scontate” (fonte: ra rimasta distante dalla settima Cinematown.it).

cover - scenari Cinema industriale Come succedeva di frequente ai (1962) ha una grande visibilità, giovani registi nell’Italia del se- tanto che in ottobre viene pre- condo dopoguerra, l’inizio della sentato al Teatro Regio di Parma, carriera di Paolo e Vittorio Tavia- di fronte a una platea gremita, ni è legato al cinema industriale. con introduzione sul palco di Nel 1959 ricevono infatti dall’Eni Roberto Rossellini. Subito dopo l’incarico di collaborare con il i Taviani e Orsini si dedicano a noto documentarista olandese due progetti di finzione, Un uomo Joris Ivens a un’opera a tema – la da bruciare (1962) e I fuorilegge denuncia dell’influenza statuni- del matrimonio (1963), prima di tense nel campo dell’estrazione prendere direzioni separare. I e della raffinazione degli idrocar- Taviani proseguono nel cinema buri in Italia. I Taviani, insieme al di finzione, mentre Orsini torna loro amico e sodale Valentino Or- spesso a realizzare filmati per Eni sini, si impegnano nella lunga fase e altre realtà industriali, come creativa. Ne nasce L’Italia non è un farà d’altra parte anche il fratello paese povero (1960), documento minore dei Taviani, Franco. potente e spietato nel descrivere L’esperienza di L’Italia non è un la realtà italiana dell’epoca, che paese povero non è in ogni caso partecipa anche alla Mostra del secondaria, nel cinema dei fratel- cinema di Venezia nel 1961. li Taviani. Come spiegava sempre L’idea del film veniva direttamen- Paolo Taviani: “Dobbiamo molto te da Enrico Mattei, presidente ai documentari che abbiamo re- dell’Eni, che dopo aver lanciato le alizzato: noi, borghesi, figli di un linee guida aveva lasciato campo avvocato, vissuti in Toscana in libero. Il risultato è però più duro un paese molto civile, abbiamo di quanto non ci si aspettasse, e avuto l’opportunità di fare il no- sembra che Mattei non lo appro- stro ‘viaggio’ in Italia. È stato un vò appieno. Anche la messa in impatto forte e violento che ci ha onda sulla Rai, che in un primo fatto conoscere gente di un mon- momento era prevista in prima do diverso, straordinario.” Lo serata, slittò in seconda, con qual- conferma Icam: 300 giorni (1986), che taglio. Il documentario è oggi che a distanza di venticinque anni considerato un caposaldo del riunisce fratelli Taviani, Orsini ed cinema industriale italiano, ser- Eni. Il film racconta la ricostruzio- vito da modello anche in seguito. ne dell’impianto di etilene Icam Gli stessi fratelli Taviani, pur non di Priolo, in Sicilia, che era andato avendo mai nascosto di mirare al distrutto in un incendio il 19 mag- cinema di finzione, riconoscono gio del 1985. Sarà riaperto undici il valore formativo di quel pro- mesi dopo, grazie a un grande getto. In una intervista comparsa sforzo collaborativo. Tra immagi- nel 2000 su Ecos, la rivista di Eni, ni industriali che si fanno primor- Paolo Taviani diceva che il film “è diali compaiono anche Lucio Dal- stato un forte momento della no- la (che aveva già collaborato con i stra esistenza: amavamo il cinema Taviani in I sovversivi, del 1967) e e, inseguendo il nostro sogno, ab- FRATELLI TAVIANI il poeta Tonino Guerra, che scri- biamo avuto la possibilità di farci ve per l’occasione La ballata del condurre per mano da un grande fuoco. I film industriali sono per i maestro a scoprire il Paese e capi- Taviani l’occasione di entrare in re un po’ più anche noi stessi.” contatto con la realtà operaia e Forti dell’esperienza, i Taviani e CON JORIS IVENS ALLA contadina da una prospettiva non Orsini lavorano anche con Ital- superficiale, con uno scambio che sider, che nasceva dalla fusione SCOPERTA DELL’ITALIA contribuisce a formare anche la tra le acciaierie Ilva e Comigliano loro coscienza politica, poi tra- Spa: Italsider - film relazione 1961 sposta nel cinema di finzione.

di S.L.

12/13 CORNUTO E MAZZIATO

Padroni e operai nel cinema italiano degli Anni ’60 e ’70

di ALBERTO PEZZOTTA

“Io non ho avuto un’esperienza industriale. Non conosco il mon- do industriale, non conosco l’e- conomia. Sono un marxista che ha letto poco Marx. Non so cos’è la fabbrica, cosa sono le tensioni nella fabbrica, non capisco cosa vuol dire lavorare oggi. Lo intrave- do”: così confessò Pasolini a Pao- lo Volponi, uno dei pochi scrittori italiani a conoscere davvero le fabbriche. Le parole di Pasolini potrebbero valere per tanti altri registi. Nel cinema del dopoguer- ra, le poche volte in cui compa- re, la fabbrica è additata come il luogo dell’alienazione (Europa ’51, 1952), della sopraffazione e dell’ingiustizia (I compagni, 1963). Ma è descritta con strumenti poe- tico-filosofici (nel film di Rossel- lini) o improntati a un socialismo umanitario (in quello di Monicel- li, ambientato alla fine dell’Ot- tocento), sanguigno e populista. Anche per questo di industriali se ne vedono pochi, e sono mac- chiette come il vecchio sabaudo dei Compagni. All’inizio di Teore- ma (1968) Pasolini mette in scena, nello stile di un finto reportage, interviste a operai cui il padrone Paolo (Massimo Girotti) ha do- nato la fabbrica. Ma in fabbrica

cover - scenari Cinema industriale non entra; e Paolo che si denuda la fiducia del suo datore lavoro e passando dalle maniere forti alle abbastanza di sinistra (Sergio Do- alla stazione Centrale di Milano diventa l’amante di sua moglie. lusinghe, e finendo per ottene- nati e Luciano Vincenzoni) e un e poi vaga alle pendici dell’Etna Come satira della meritocrazia è re il suo effetto: perché in realtà regista di centro-destra (Steno). è una creazione poetica, slegata pungente; e nel personaggio del quello che ha in mente è vendere L’industriale Giangi Tosi (Renato dalla realtà. Allo stesso modo gli commendator Persici, interpre- la fabbrica. Ed è sicuramente più Pozzetto) è afflitto da nevrosi e industriali post-nazisti Klotz (Al- tato dal vero industriale Guido virulento In nome del popolo italia- impotenza. Dotato di un sistema berto Lionello) e Herdhitze (Ugo Alberti, si condensano alcuni no (1971) di Risi. Il potentissimo di telecamere per spiare i dipen- Tognazzi) di Porcile (1969), sono tratti emblematici: il padrone è un incipit, con il costruttore Lorenzo denti (già visto in Omicron di Ugo solo facili caricature alla Grosz farabutto dispotico e spietato, ma Santenocito (Vittorio Gassman) Gregoretti, 1963), invidia l’opera- (i baffetti alla Hitler di Lionello), è sostanzialmente stupido e, per in macchina, che commette ca- io-buon selvaggio (Teo Teocoli), anche se rese godibili dalle inter- contrappasso, cornuto. E infatti fonate di ogni tipo mentre una stakanovista non solo della cate- pretazioni. Andrea Artusi (Ugo Tognazzi) il voce over elenca le sue qualifiche na di montaggio ma anche del ses- La tipologia dell’industriale vie- protagonista del Magnifico cornu- (“presidente dell’associazione so – uno stereotipo che faceva in- ne aggiornata in Una vita difficile to (1964) di Pietrangeli, è proprie- Roma Pulita, amministratore de- dignare Mino Argentieri. La lotta (1961), dove il commendator Brac- tario di un cappellificio. legato della cementifera Trina- di classe regredisce così a contesa ci (Claudio Gora, specializzato in Qualcosa di nuovo emerge nel cria...”), è sia una profezia di Ber- tra maschi, con il padrone che si ruoli odiosi) si rifà a un modello dimenticato L’estate (1965) di Pa- lusconi, sia l’abiura dell’italiano traveste da operaio e finisce pre- concreto: Angelo Rizzoli. “Era il olo Spinola, scritto con i non ac- simpaticamente cialtrone del Sor- vedibilmente cornuto, secondo padrone di tutto: radio, giornali, creditati Marco Ferreri e Rafael passo. E nel finale Risi e gli sceneg- un classico risarcimento populi- cinema [nel film si aggiungono Azcona. Il lavoro dell’industriale giatori Age e Scarpelli puniscono sta. Ma è anche un’anticipazione all’elenco anche dischi e calcio]”, è cambiato, come dice Sergio Bol- il donnaiolo Santenocito in modo del terreno in cui, nel futuro, si ha detto lo sceneggiatore Rodolfo drini (Enrico Maria Salerno): “In ben più radicale che in Una vita giocheranno i valori simbolici Sonego. “Un padrone di tipo nuo- realtà io non produco un prodot- difficile. del potere. A partire dagli Anni vo, totalizzante, che aveva in qual- to, io sposto denaro; il rapporto Nel 1975, in un’epoca di lotte acce- ‘80, nella mitologia collettiva, i che maniera anticipato il modello non è tra denaro e merce e dena- se, chiude per certi versi il discor- padroni, da oggetto di odio e di berlusconiano”. Alla fine, Bracci ri, ma tra denaro e denaro. Sono so Il padrone e l’operaio, pur tra le derisione, diventeranno oggetto viene schiaffeggiato e buttato in un industriale, un finanziere? Io intuibili tensioni tra sceneggiatori di invidia e di emulazione. piscina dal suo schiavo-dipen- sono un uomo della stanza dei dente Silvio Magnozzi (Alberto bottoni”. Un industriale così, se Sordi): un risarcimento voluto dal ha una fabbrica, è solo per ven- regista Dino Risi, mentre Sone- derla quanto prima, speculandoci go voleva che il film “finisse con sopra: un tema che si ripresenterà. l’accettazione del benessere e la La seconda intuizione di Spinola rinuncia dei propri ideali da parte è rappresentare l’industriale non del protagonista”. come un vecchio cornuto da ri- Per capire come si formano e si dicolizzare, ma come un maschio diffondono gli stereotipi, vanno che ha paura di invecchiare e cer- però indagati i film medi. Mino ca di sedurre donne molto più Guerrini, ex pittore comunista, ex giovani – in questo caso la figlia giornalista (un po’ meno comuni- della sua amante. E qui il discorso sta), dedica al tema due episodi. si allarga, quasi moravianamente, Il mondo è dei ricchi (in Extraco- alla disamina della borghesia. niugale, 1964) è ambientato in una Tale lucidità di analisi non sempre Mantova ai margini del boom. si trova nel decennio successivo. Il commendator Sasselli (Pepe In Hanno cambiato faccia (1971) Calvo) è un industriale alimen- di Corrado Farina l’equazione tra tare che si vanta di mettere carne padrone e vampiro è fitta di rife- di topo e altre schifezze nelle sue rimenti alla Fiat e ad Agnelli, ma scatolette (e qui si riecheggiano rimane solo un simpatico scher- scandali dell’epoca). Il protagoni- zo. Ne La classe operaia va paradiso sta, un vessato impiegatuccio, lo di Elio Petri (1972) il padrone non prende a calci nel sedere quando si vede mai: la scelta, per quanto crede di avere vinto al Totocalcio: voluta, è anche un sintomo di in- la rivolta piccoloborghese è solo capacità di rappresentare. È più individuale, e manca qualunque acuto un film allora vilipeso come coscienza di classe. L’episodio Il sindacalista (1972) di Luciano Il colpo del leone (in Su e giù, 1965) Salce, dove il mellifluo Zamber- ebbe invece parole di cauto elogio letti (Renzo Montagnani) fa di addirittura da “Cinema Nuovo”. tutto per circuire e neutralizzare Il protagonista è un nobile squat- il potenziale sovversivo dell’ope- trinato che, grazie alla fortuna raio eternamente incazzato Sa- nel gioco d’azzardo, riconquista verio Ravizza (Lando Buzzanca),

14/15 RICCHI RICCHISSIMI PRATICAMENTE IN MUTANDE

di ROCCO MOCCAGATTA

Imprenditori & cumenda nel cinema italiano Anni ‘80 e ‘90

cover - scenari Cinema industriale dio, Pozzetto, armatore navale in Anni ‘60 gli ‘80. Nei secondi, in- crisi, messo all’angolo dai suoi vece, rientrano Riccardo Garrone stessi operai e alla disperata ri- in Vacanze di Natale come Covelli cerca dell’ultima commessa da padre, ex capomastro di Frascati, uno sceicco arabo (lui sì ricchis- che ha barattato le origini ruspanti simo), deve sacrificare una parte con i birignao del cafone arricchi- di se stesso. Che, però, non è più to (e un increscioso colbacco) e l’occhio venduto da Sordi ne Il soprattutto, in Sapore di mare, il boom vent’anni prima, ma un’altra baffuto Ugo Bologna, padre dei zona molto più delicata e sensi- fratellini Calà e De Sica, commen- bile (“Il culo non è una postilla!”). datore da sfottere alle sue spalle, Insomma, le cose sono cambiate consumandogli la riserva di cavia- Se il periodo d’oro della comme- rispetto agli anni del boom, e non le (“vorrà dire che ci rifaremo sulle dia (all’)italiana Anni ‘60 ha reso in meglio, anche se il ricordo delle paghe degli operai!”) e pure ruban- familiari al pubblico i commenda- mogli (finte) concesse in cambio dogli il prezioso Riva da diporto. tori e cavalieri del lavoro dei vari di una firma dal paperone di tur- Bologna, poi, è anche il Direttore Claudio Gora e Umberto D’Orsi, no, (come nell’episodio Eritrea Conte Corrado Maria Lobbiam, immediatamente in grado di sug- de La mia signora, 1964 a firma Bo- esemplare magnifico di quella ge- gerire un mondo di ‘smanaccia- lognini con la coppia Sordi/Man- nia di dirigenti mostruosi a capo menti’ sudati dell’amante di turno gano), continua a riemergere tra della MegaDitta che, sotto una ga- e di morali iper-elastiche, queste le righe, si tratti di un episodio di lassia di prefissi stordente, vampi- figure non passano che in minima Rimini Rimini (1987, S. Corbucci), rizzano e tiranneggiano la classe parte negli Anni ‘70, dove, più che dove Calà assolda una escort alla impiegatizia nella saga di Fantoz- farsi una posizione a ogni costo, bisogna, oppure del primo cine- zi, eterni e immortali nell’infligge- pensano a ‘farsi’ l’insegnante, in- panettone a firma Neri Parenti, re i loro supplizi al dipendente di di Annibale (D. Ferrario, 1993), che fermiera e liceale di turno. Per le Vacanze di Natale ’95, con De Sica turno. Niente di strano, anzi, che preferisce farsi prendere in ostag- divine Fenech, Bouchet e Guida che vuole onorare i suoi debiti di Villaggio, ugualmente succube gio dal disoccupato disperato Do- vanno, quindi, in fregola anche gioco tramite la sorella gemella anche come Fracchia (del capo menico (Silvio Orlando) piutto- i capitani d’industria tutti d’un della moglie. In entrambi i casi, il Gianni Agus), si prenda una rivin- sto che soccombere ai debiti. Non pezzo (quale qui, facile imma- commendatore da compiacere (e cita, passando dall’altra parte del- è più possibile neppure la fosca ginarlo) e la sexy pochade alla gabbare) è Paolo Bonacelli, che ha la lotta di classe ne Il volpone (M. grandezza del Santenocito gas- Luciano Martino ne prende nota, le physique du rôle, e pure la giusta Ponzi, 1988), dove è tale di nome smaniano messo sulla graticola soprattutto tramite l’inossidabile dose di crassa volgarità. e di fatto, armatore nababbo dia- dal giudice Bonifazi/Tognazzi (In Renzo Montagnani in film come D’altronde, negli Anni ‘80, è ne- bolico nel prendersi gioco di tre nome del popolo italiano, D. Risi, La moglie in vacanza l’amante in cessario riadattare queste figure al amici per interesse, in attesa della 1971), e, al massimo, può esserci il città (S. Martino, 1980). Più che nuovo momento storico e in que- sua eredità. dèplacement cronologico da cine- fare affari, si tratta di zigzagare ap- sto i fratelli Vanzina sono piccoli Nel cinema italiano Anni ‘90, panettone nell’Antica Roma, che è punto tra alcove e sveltine. Ma è maestri, oltretutto sapientissimi invece, all’ombra di Mani Puli- già quella di oggi, tra mazzette de- l’ultimo salto carpiato della com- in materia di caratteristi, ora da te e della Seconda Repubblica, gli imprenditori e politici corrotti, media sexy dei ’70 quale variante loro stessi inventati ora recupe- vietato ridere di un certo mondo come in S.P.Q.R.- 2000 e ½ anni più fine Anni ‘80, subito prima di rati dalla tradizione dei loro padri imprenditoriale ormai rivelato fa (C. Vanzina, 1994). In un’Italia scivolare dritta dritta nella na- Steno, Risi, Monicelli. Ai primi, esplicitamente nelle sue colpe divisa tra Simpatici e antipatici (C. scente tv privata berlusconiana. appartiene, ovvio, Guido Nicheli, e nei suoi peccati. E anche l’im- De Sica, 1999), dove abbondano Che è un bel mondo imprendi- ipostasi del cumenda milanese prenditore, il commendatore, il volgarissimi e orrendi palazzina- toriale da raccontare, magari in Anni ‘80, che in Vacanze di Natale cavaliere del lavoro s’inabissano ri romani, stanno in bella mostra diretta, nonostante ci provino in (1983) “fa ballare l’occhio sul tic” e nelle cronache giudiziarie, nelle solo i Panni sporchi. Magari quel- pochi: giusto il Max Bernasconi guida a una velocità tale che “Al- dirette dei processi in tv, nei gesti li dell’ultimo ritratto di famiglia di Massimo Boldi, reuccio di Te- boreto is nothing”, ma già in Sapo- tragicamente plateali riportati da al vetriolo griffato Monicelli nel leBassa Padana Canale5 (!), in Si re di mare (1983) anticipava negli giornali. Quando ci sono ancora, 1998, i Razzi e la loro azienda fon- ringrazia la regione Puglia per aver- nei film, sono nevrotici, al confine data su una caramella alla cicoria, ci fornito i milanesi (M. Laurenti, con la follia, segnati dalla colpa l’ennesimo nido di vipere, dove, 1982) e, senza neppure quell’al- (di un’intera società), come capi- tra colpi bassi, porcheriole va- lure para-demenziale, il manager ta a diversi personaggi interpretati rie e intrighi squallidi, alla fine la televisivo metaforicamente cieco da Diego Abatantuono nei ‘90, dal spunta una banda di faccendieri interpretato da Johnny Dorelli in cialtronesco intrallazzone Fulvio albanesi che s’impossessa di tut- Vediamoci chiaro (L. Salce, 1984). Colombo di Nel continente nero to. Di nuovo, e più farsescamente, Il rischio è, anche negli Anni ‘80, (M. Risi, 1992), al centro di una quindi, ricchi, ricchissimi, prati- quello di finire ancora e sempre comunità di italiani orrendi e ca- camente in mutande. Ricchi, ricchissimi … praticamente fonissimi a Malindi, che ancora in mutande, come da titolo di un vivono come negli Anni ‘60, in un altro film Dania del periodo (S. finto boom artificiale, al Tomma- Martino, 1982). Qui, in un episo- so sull’orlo del fallimento di Figli

16/17 IL POTERE DEL DENARO

Faccendieri amorali nel cinema italiano degli Anni 2000 di MARCELLA LEONARDI

Il cinema italiano recente, spesso resiste al cliché, persino verna- tezza, liberi di esercitare privile- tità: necessita di una veste, una abituato ad affrontare la realtà at- colare), o L’industriale (2011) di gi. Il loro stato percettivo appare maschera sartoriale che si esten- traverso strategie di fuga (codici Montaldo (bloccato in un dera- confuso e ovattato; il sentimento da sino al volto - in cui regna una opposti quali la reductio comica gliamento melodrammatico). prevalente è la condiscenden- cupezza inespressiva, una man- o l’interiorizzazione poetica), ha za, nata da ceneri democristiane canza di luce abbinata al grigio mostrato tutti i suoi limiti nella Tra gli affreschi più emblematici e galvanizzata dai nuovi stru- dei tessuti - e di una disinvoltura rappresentazione antropologica del millennio troviamo Il gioiellino menti dell’economia virtuale. linguistica per tradurre in neolo- delle classi industriali: di rado (2011) di Andrea Molaioli, regista gismi l’abiezione delle pratiche troviamo figure umane nella loro teso a una grande cura formale Nell’eleganza di una regia che economiche. complessità, mentre vengono con l’ambizione di una (impos- mai invade, ma lascia libertà allo piuttosto tratteggiate funzioni em- sibile) oggettività. Il gioiellino spettatore attraverso numerosi In questa forma riconoscibile, blematiche del potere corruttore impiega ogni mezzo per produr- piani sequenza, scorgiamo indi- ammantata di rispettabilità, forte del denaro. Imprenditori, finan- si in immagini di ordine, tra una zi significativi: i personaggi de Il del rispetto delle tradizioni e di zieri, faccendieri, moglie e amanti spazialità rigorosa e geometrica, gioiellino non si spogliano nem- una velleitaria tensione alla bel- animano racconti morali, parabo- architetture austere, scelte lumi- meno quando fanno l’amore. Gli lezza - un bello esibito, volgare le cupe e manichee: è cinema che nistiche ora chiaroscurali (negli amplessi sono consumati in abiti nel suo aspetto collezionistico - la ambisce al romanzo, ad una rap- ambienti domestici) ora fredde borghesi: giacche, collane, orpelli nuova classe industriale trova la presentazione quasi balzacchiana (negli uffici). Tutto - gli affetti, la di un “mestiere” che non vengono propria immagine. Ma se Molaio- di una borghesia industriale con- famiglia, gli affari, gli strumenti mai deposti. Il faccendiere dell’a- li conduce il gioco narrativo con gelata nella sua amoralità. Manca del comunicare - sono sottoposti zienda, il ragionier Botta, non si circospezione, ponendo distanza una cifra umanista che sottragga a un trattamento di “smaterializ- sgualcisce nemmeno nella brevità tra sé e il soggetto, più nette sono allo stereotipo, anche nel caso di zazione” e rarefazione estetica: effimera del godimento: Molaio- invece le posizioni di Giuliano film affascinanti come Il capitale Molaioli scrive un romanzo i cui li ci indica la costanza dell’abito. Montaldo ne L’industriale. Il film umano (2013) di Virzì (che non personaggi vivono in una illusoria La nuova industria è “creativa” nasce come analisi di una crisi dimensione di pulizia e separa- anche nella ricerca di una iden- economico/finanziaria (e della

cover - scenari Cinema industriale sua ricaduta sociale) per virare piegata all’astrazione dell’espe- in dramma della gelosia, melò diente (il denaro si può inventa- d’ambizione popolare, tradendo re). Virzì trattiene ogni possibile il bisogno elementare di associare dato empatico e macchia i suoi denaro e affarismo a una sorta di sgradevoli personaggi col sangue. dannazione predestinata. Tutto, ne L’industriale, si trasforma in Di segno opposto è l’atteggia- funzione di una fabula esemplare: rietà, una sommessa pietà per i mento di Guadagnino, che in Io dal bovarismo del personaggio suoi personaggi; sentimento che sono l’amore (2009) immerge il femminile (Carolina Crescenti- viene del tutto a mancare al Virzì mondo imprenditoriale in una ni), alla semplice bontà proletaria de Il capitale umano, opera strut- bolla aristocratica e nostalgica: i del suo innamorato, alla perdita turalmente avventurosa, crime nei suoi personaggi abitano non solo di contatto che l’industriale Nico- modi del vaudeville, su cui il regi- un’arcadia, ma un lusso spirituale la (Pierfrancesco Favino), ridotto sta getta uno sguardo di nera iro- interiore. Guadagnino sottilmen- a grumo di brutali istinti posses- nia. Il mondo degli affaristi brian- te mescola, sovrappone gerarchie sivi, vive nei confronti del reale. zoli non è che un agitarsi piccolo sociali, ma non ne annulla mai la Montaldo conserva però una se- e grottesco di figurette sperdute differenza; resta uno sguardo ide- in un inverno dell’anima, un mi- ologizzato, una visione del mondo crocosmo di corruzione patetica e su una classe che il nostro cinema vaghe aspirazioni di felicità; va in sfiora appena, senza coglierne la scena la farsa di una classe socia- vita tutta intera. le che si percepisce altera e altra. L’attaccamento al proprio status è narcisistico, egoistico, persino ro- mantico; la realtà viene rifiutata,

18/19 LA NOSTRA MEMORIA

di STEVE DELLA CASA

Sono due i principali archivi di cinema industriale italiano: l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea e l’Archivio del Cinema Industriale dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza.

Il cinema industriale è diventa- e culturale. Viene ovvio, quasi scontato, citare Pier Paolo Pasolini: ma da ampie schede di consultazio- to con il tempo una delle grandi anche Dino Buzzati, che definì “zuppa del demonio” il lavoro negli alti- ne che riguardano sia i filmati in- risorse archivistiche che consen- forni, una delle situazioni lavorative più estreme e pericolose prodotte dustriali sia i Caroselli, che hanno tono di conservare la memoria dall’industria massificata. un rapporto piuttosto stretto con dell’Italia, delle sue correnti di il cinema d’impresa. Per la parti- pensiero e delle sue profonde Non è un caso se nel 2014 Davide Ferrario intitola proprio La zuppa del colare vocazione didattica che trasformazioni. Non poteva non demonio il lavoro che gli è stato commissionato dall’Archivio Nazio- caratterizzava infatti la Rai delle essere così, in un Paese che ha nale del Cinema d’Impresa con sede ad Ivrea, collegato al Centro origini, i Caroselli non erano spot visto una mutazione genetica in Sperimentale di Cinematografia e a lungo presieduto da Sergio Toffetti. ma veri e proprio minifilm nei poco più di un decennio, la tra- Questo centro, fondato nel 2005, conserva al suo interno circa 70.000 quali la storia raccontata era pre- sformazione da Paese agricolo a rulli di film conferiti da alcune delle maggiori industrie italiane. La sua ponderante rispetto al “codino” potenza industriale che oggi (con attività è concentrata soprattutto nel recupero di pellicole attraverso pubblicitario che occupava solo una colpevole semplificazione) restauri e nella loro presentazione ai maggiori festival italiani quando trenta secondi al termine della definiamo il periodo della rico- nel cast si possono trovare importanti realizzatori quali Ermanno Olmi narrazione. In più, anche nei Ca- struzione e del boom economico che, come è noto, iniziò la sua attività lavorando negli Anni ‘50 per la Edi- roselli erano impegnati alcuni dei (dalla fine degli Anni ‘40 all’inizio son Volta, storica società destinata a diventare uno dei pilastri dell’Italia più importanti registi italiani del degli Anni ‘60). neo-potenza industriale. Il film firmato da Ferrario costituisce la punta dopoguerra, da Gillo Pontecor- di diamante di un lavoro che si è concentrato soprattutto sui nessi tra il vo ai fratelli Taviani, da Giuliano Il rapporto tra gli intellettuali e cinema d’impresa e la storia nazionale: i racconti degli uliveti espiantati Montaldo a Sergio Leone. l’industria è sempre stato piut- per dare spazio a industrie gigantesche o le auto fallate gettate nel Mar tosto controverso. Da un lato Ligure come se fosse una sorta di giochetto ecologico sono, in modo Queste due istituzioni sono le più l’industria ha dato possibilità di certamente distorto ed estremo, la cartina di tornasole di un’Italia nella importanti per quanto riguarda lavoro importanti a chi si è oc- quale i concetti di sviluppo industriale, espansione economica e benes- l’archivistica del cinema indu- cupato di essa (Paolo Volponi è sere dell’umanità erano considerati collegati in modo quasi inscindibile, striale, la sua conservazione e il stato un dirigente della Olivetti, niente a che vedere con una sensibilità ambientale ed ecologica che ren- suo restauro. Parte dei materiali Joris Ivens – insieme ai giova- derebbe oggi impossibile una comunicazione di quel tipo. sono invece conservati negli ar- nissimi Tinto Brass e Paolo e chivi delle industrie che li hanno Vittorio Taviani – fu ingaggiato Ha invece origini universitarie (ed è presieduto da Valerio Castrono- prodotti o in archivi locali, e que- dall’ENI guidata da Enrico Mattei vo, uno dei più importanti archivi storici italiani da tempo molto atti- sto rafforza il desiderio che, come per un documentario che doveva vo nello studio della cultura d’impresa nel nostro Paese), l’Archivio del avviene per gli archivi cinemato- sancire come l’industrializzazio- Cinema Industriale dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, grafici, anche quelli di cinema ne e la produzione dell’energia in provincia di Varese. Questo archivio è nato nel 1998 e vede uniti industriale trovino la capacità di sarebbero stati per il Mezzo- l’attività dell’Università in questione con gli archivi di Confindustria coordinarsi, di unire le forze e di giorno il definitivo riscatto da e con il Centro Studi per la documentazione storica ed economica rendere ancora più disponibile una secolare miseria). Dall’altro dell’impresa. L’impostazione voluta da Castronovo, e dalla direttrice un importante patrimonio cine- noti intellettuali riconoscevano Anna Maria Falchero, prevede attività di convegni e di dibattiti a livello matografico capace di raccontare nell’industrializzazione dell’Ita- universitario, nonché la concreta digitalizzazione di tutto il materiale approfonditamente la Storia e le lia la definitiva sconfitta di una depositato, reso così disponibile per studi in Italia e all’estero. La di- trasformazioni del nostro Paese. grande tradizione antropologica sponibilità per gli studiosi è completamente gratuita ed accompagnata

cover - scenari Cinema industriale 20/21 SPORCARSI LE MANI

di SERGIO TOFFETTI

Il cinema non è soltanto, come diceva Luigi Chiarini “un’industria che è anche un’arte”, ma è stato una delle arti – la più importante, insieme alla grafica – di cui si serve l’industria per interloquire con il mondo. verso i mercati del mondo, mentre in realtà è un carretto a cavalli che si Da un lato, infatti, il cinema scopre fin da subito le potenzialità spet- allontana con un movimento fisico: audacia compositiva che spazza le tacolari delle “altre fabbriche”, di cui si poteva sfruttare non soltanto pensose teorizzazioni sul “movimento alla Cabiria” - i leggeri e prudenti il dinamismo visivo delle macchine in movimento, ma la disponibilità carrelli ideati da Segundo De Chomon per il kolossal di Pastrone. concentrata di grandi masse di figuranti. I fratelli Lumière, occhiuti in- Questa autorizzazione a sperimentare resterà una delle caratteristiche dustriali, utilizzano proprio l’uscita delle operaie dal loro stabilimento delle produzioni industriali, da Cantieri dell’Adriatico girato nel 1933 da lionese per sperimentare il brevetto del “cinématographe”. Rapidamen- Umberto Barbaro - uno dei pochi film davvero ispirati al Futurismo te l’industria trova modo di sfruttare le potenzialità del nuovo mezzo, -, fino alla “poesia delle macchine” del cinema aziendale degli Anni non solo per documentare i processi di produzione, la filiera di fabbri- ‘50/60, vera età dell’oro. Nel dopoguerra – e fino agli Anni ‘80, viene re- cazione dei prodotti, ma per mettere in scena ambienti e rapporti so- alizzata una produzione sterminata e ancora in parte da studiare (per ciali dell’organizzazione fordista del lavoro che irradia dalla fabbrica dare un’idea: il fondo Fiat conservato all’Archivio Nazionale Cinema alla società, da utilizzare, di volta in volta, a fini formativi, apologetici, d’Impresa di Ivrea, consta di 22.000 bobine), che riempie i tempi morti pubblicitari o per esercitare egemonia sul contesto sociale. L’industria – e i ricorrenti periodi di crisi - della maggior parte degli uomini di cine- italiana, quasi nel suo stato nascente (ricordiamo che la Fiat nasce nel ma italiani. Con continuità - oltre agli specialisti del genere come Silvio 1899) incrocia il cinema con esiti sorprendenti. In particolare, i due film Maestranzi, Vittorio Nevano, Victor De Santis, Guido Guerrasio – lavo- di Luca Comerio: Gli stabilimenti Fiat di Corso Dante (1911) dove l’assen- rano per l’industria registi come Franco Taviani e Nelo Risi; musicisti za di timidezza degli sguardi in macchina degli operai sembra visualiz- d’avanguardia come Vittorio Gelmetti per l’Olivetti; direttori della foto- zare il gramsciano “orgoglio dei produttori”; e La fabbricazione dei cap- grafia come Luigi Kuveiller per Il paese dell’anima, sul pellegrinaggio Fiat pelli Borsalino (1913), dove Comerio, in un film interno a un’operazione a Lourdes del 1958; o Marcello Gatti per il film sul cacciabombardiere multimediale di lancio internazionale del marchio, ci sorprende nel fi- G 91, per altro diretto da Ansano Giannarelli: ed è curioso notare come nale simulando un deciso travelling all’indietro che sottolinea il viaggio a cavallo dell’Autunno caldo, per la Fiat lavori tutta la “rive gauche” del delle scatole di cappelli Zenit (top di gamma della ditta) incamminate cinema italiano, da Valentino Orsini a Lionello Massobrio.

cover - scenari Cinema industriale Ma il grande cantore dell’indu- stria resta Ermanno Olmi che gira, a partire dal 1953 alcune decine di cortometraggi – tra cui ricor- diamo La pattuglia di Passo San Giacomo (1954), Michelino Prima B (1956), Manon: Finestra 2, con il testo di Pier Paolo Pasolini (1956), Tre fili fino a Milano (1958), Un metro lungo cinque (distribuito nel 1961), che costituiscono al tempo stesso un poetico canto del lavo- ro e una lucida riflessione sull’ir- ruzione del moderno nell’Italia tradizionale che contraddistingue anche i suoi esordi nel lungome- traggio: da Il tempo si è fermato, a

Il posto e soprattutto ai Fidanzati, dove Olmi sa raffigurare la pro- meteica bellezza delle installa- zioni industriali, svettanti verso tare autonomamente la propria cielo come rilucenti cattedrali storia, cioè la grande epica della di una controversa religione del produzione. Nel cinema italiano moderno. Questo sguardo – che infatti, ogni volta che compare ritroviamo in toni più elegiaci nel una fabbrica (e non sono neppure Bertolucci di La via del petrolio, così numerose), il tema affrontato girato su committenza Eni nel è quello della lotta di classe, men- 1967 – rappresenta una delle più tre manca totalmente la capacità lucide riflessioni del cinema ita- di narrare la grandiosità del sogno liano sulle contraddizioni di una industriale, come ad esempio fan- modernità capace non soltanto no a Hollywood King Vidor in An di sconvolgere i rapporti tradizio- American Romance, Francis Ford nali, ma anche di rimodellare il Coppola in Tucker, Martin Scorse- mondo secondo i dettami di un’e- se nella prima parte di The Aviator. stetica davvero “post human”. In Il nostro cinema, come avreb- particolar modo – come si è volu- be detto Charles Péguy, “ha le to dimostrare ad esempio nel film mani pulite, forse perché non ha di Davide Ferrario La zuppa del de- le mani”. monio, l’industria prova a raccon-

22/23 L’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico FILMARE IL LAVORO

di LETIZIA CORTINI

L’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod) l’UTF: Luigi Faccini, Michele Gandin, Massimo Ghirelli, Ansano Gian- è un organismo che, parallelamente alle cineteche di imprese, conserva narelli, Massimo Mida, Piero Nelli, Nelo Risi, Maurizio Scaparro, Virigi- un patrimonio unico, relativo alle rappresentazioni filmiche del lavoro, lio Tosi, Aldo Vergine, Antonio Vergine, Cesare Zavattini. Numerosi fu- della storia del mondo operaio, dei movimenti collettivi e sindacali, dei rono i film industriali, commissionati dalle principali imprese italiane a processi produttivi nelle fabbriche, delle conquiste dei diritti, con par- questa società, in buona parte per la regia di Ansano Giannarelli. ticolare attenzione al tema della sicurezza. Per una storia della Fonda- L’Aamod conserva inoltre proprie produzioni e numerosi documenta- zione Aamod si rinvia sia al sito internet: www.aamod.it, in particolare ri e film di fiction di provenienza sovietica, in cui il lavoro, industriale alle pagine di descrizione del patrimonio, quindi dei soggetti produt- soprattutto, ma anche contadino, è largamente rappresentato. Notevoli tori, http://patrimonio.aamod.it/aamod-web/film. Nei fondi descritti, alcuni film di documentazione, che mostrano operai e operaie al lavoro quelli sul mondo del lavoro sono stati prodotti soprattutto dalla società nelle fabbriche statunitensi degli Anni ‘20 del secolo scorso. Tra i fondi Unitelefilm e dal Pci, negli Anni ’60 e ‘70 del Novecento, inoltre dalla audiovisivi sul mondo del lavoro, si segnala la raccolta della Cgil. società Reiac Film e dall’Archivio stesso. I film sono stati realizzati da Sono pochi i registi, soprattutto negli anni del miracolo economico, ri- autori importanti del cinema italiano, fino ad arrivare a una nuova gene- usciti a documentare realmente il lavoro, la fatica, l’alienazione sui volti razione di registi di documentario, tra questi Wilma Labate, Costanza e i corpi, così come i gesti e i movimenti dei lavoratori. Oltre i cineasti Quatriglio, Silvia Savorelli, Andrea Segre, Daniele Vicari. citati, alcune donne documentariste, come Cecilia Mangini e Rosalia L’Unitelefilm, fondata nel 1963, fu promossa dal Pci. Ma molta della Polizzi i cui film sono custoditi presso l’Aamod. produzione documentaria della società fuoriusciva dai cliché della Essere donne, della Mangini, del 1964, è definito anche come il primo film propaganda politica. Numerosi gli autori che hanno collaborato alla femminista italiano: un’inchiesta sulla condizione della donna lavora- produzione, tra cui: Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Mario Carbone, trice italiana, da operaia a contadina, a lavorante stagionale nei campi o Luigi Di Gianni, Giuseppe Ferrara, Ansano Giannarelli, Carlo Lizzani, a casa, ad artigiana e casalinga. Cecilia Mangini, Francesco Maselli, Riccardo Napolitano, Luigi Perelli, L’attività dell’Aamod si articola anche nell’organizzazione di rassegne, Elio Petri, Rosalia Polizzi, Gianni Serra, Franco Taviani, Paolo e Vittorio seminari, convegni sul tema della rappresentazione nel cinema del la- Taviani, solo per citarne alcuni. Il fondo comprende anche numerosi voro, chiamando a confrontarsi personalità del mondo non solo cine- documenti provenienti dall’estero, frutto di scambi con società di pro- matografico. Tra le iniziative più importanti: “La sortie des usines. Il duzione, soprattutto nei paesi dell’Est Europa. lavoro industriale nei cento anni del cinema”, rassegna svoltasi a Torino La Reiac Film srl - Realizzazioni indipendenti autori cinematografici, nel 1995, in occasione delle celebrazioni per i cento anni del cinema. nata nel 1962 a Roma, rappresentava un esperimento originale di com- Nel 1998 a Roma, l’Aamod ha organizzato il convegno internaziona- partecipazione economica tra numerosi autori. L’obiettivo era tra l’altro le “Archivi audiovisivi europei un secolo di storia operaia”, i cui atti, quello di realizzare opere indipendenti rispetto alla grande industria pubblicati in collaborazione con l’allora Ufficio centrale per i beni ar- produttiva e distributiva cinematografica e televisiva. Tra gli autori del- chivistici del Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentano la Reiac ne ricordiamo solo alcuni che collaboravano spesso anche con tuttora uno strumento prezioso sullo stato dell’arte in Italia e in Europa

cover - scenari Cinema industriale in merito al tema delle fonti au- diovisive del lavoro e del cinema d’impresa. Importante la pub- blicazione Filmare il lavoro, del 2000, una panoramica ragionata. Più recente l’approfondimento sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, concretizzatosi in una rassegna e una pubblicazione Il lavoro o la vita, a cura di Gabriella Gallozzi, Annale n. 17 dell’Aamod, del 2014. Segnaliamo un progetto speciale a cui la Fondazione Aamod si è dedicata nei primi anni del 2000, per la costituzione di un Museo multimediale del lavoro, che pur- troppo non ha avuto seguito. Si segnala infine una iniziativa, in due edizioni (2009 e 2010) a cura dell’Aamod e dell’Archivio nazionale del cinema d’impre- sa di Torino, intitolata in modo eloquente: “Memoria contesa/ Memoria condivisa. Il lavoro nei documenti filmati dell’impresa e del movimento operaio”. Di fatto, il lavoro continua spesso ad essere narrato, nei testi cine- matografici, soprattutto al di fuori dei luoghi di lavoro, ricostruito, messo in scena, testimoniato al- trove, così come i temi ad esso correlati, quali la sicurezza, la salute, il rapporto ambiente di la- voro-vita. Proprio per questo i gia- cimenti documentari filmici di un archivio quale l’Aamod risultano ancora più preziosi e in gran parte ancora da scoprire.

24/25 IVENS, BERTOLUCCI E GLI ALTRI: LA VISIONE DI ENRICO MATTEI

di GIULIO LATINI

Archivio Eni

cover - scenari Cinema industriale Joris Ivens, Bernardo Bertoluc- A popolare dunque i sintagmi del- nalità e culture diverse, secondo ci, Gillo Pontecorvo. Ma anche la peculiare politica dello sguardo l’onda lunga di una visione politi- Giuseppe Ferrara, Valentino Or- e dell’ascolto dell’impresa ener- co-energetica e culturale da Mat- sini, Folco Quilici, Gilbert Bovay. getica governata da Mattei, tra tei delineata e coraggiosamente Alberto Moravia, Leonardo Scia- totali, primi piani, panoramiche percorsa nei rapporti innovativi scia, Tonino Guerra. Ma anche e dettagli, compaiono, in equa intrapresi con i paesi produttori Egisto Macchi, Luciano Chailly, misura, figure conosciute o total- delle risorse petrolifere e con i Pa- Lucio Dalla. mente anonime, immaginazioni esi consumatori. Creatori di immagini, parole, mu- alte e basse, azioni faticose e di- È entro queste coordinate che si siche – unitamente a numerosi spositivi tecnici moderni, nei luo- arriverà a generare una conside- specialisti della cinematogra- ghi più svariati della cartografia revole mole di filmati, custoditi fia d’impresa – per la tramatura mondiale. Insieme a molto altro. dall’archivio Eni: 1.000 unità in discorsiva configurata dall’Eni Una politica dello sguardo e pellicola e 4.000 unità audio- lungo l’arco temporale che dalla dell’ascolto, all’esatto punto visive. Certamente dalle marcate seconda metà degli Anni ‘50 giun- d’intersezione tra visione-pote- disomogeneità stilistico-espres- ge alla metà degli ‘80. Fissando re-sapere, che trova la propria sive e semantiche. Ma non esigui lo sguardo su braccianti agricoli origine nelle intuizioni del suo risulteranno gli esiti capaci di ol- impegnati nella gravosa aratura presidente. È sostanzialmente trepassare i vincoli della retorica a chiodo della terra quindi nel- matteiana infatti, fin dall’istitu- autorappresentativa, dei grafici la semina. Ma anche su operai zione dell’ente nel 1953, entro il del profitto aziendale, aprendo specializzati intenti a saldare, complessivo scenario di tumul- ad un incontro con il reale deci- incatramare e rivestire tubazio- tuosa modernizzazione della samente più complesso. Su tutti, ni di oleodotti. Su un luccicante geografia materiale e simbolica è noto, L’Italia non è un paese po- villaggio residenziale edificato italiana, una profonda persuasio- vero (1960) di Ivens e La via del per gli addetti di un grande sta- ne: la necessità di promuovere, petrolio (1967) di Bertolucci. Ma bilimento petrolchimico. Ma an- articolando una strategia integra- anche Oduroh (1964) e Africa: che nell’interno di una vecchia ta di comunicazione fortemente nascita di un continente (1968) di dimora con una famiglia che sta innovativa, sia gli assunti culturali Gilbert Bovay. consumando un misero pasto nel sviluppati in più direzioni e forme medesimo vano dove mangia un linguistiche dall’Eni, che i termini asino e, legata alla trave del soffit- della propria missione. Una nitida to, è sospesa una culla. Sulle zolle persuasione che, in seguito all’at- smosse in profondità di un pic- tivazione di plurime iniziative colo terreno della piana Padana. mediali, conduce nel 1958 al varo Ma anche sulle lande desertiche dell’Ufficio Cinema (ereditando infinite del Sahara. Sulla difficol- quanto prodotto dall’Agip). Un tosa apertura di un varco entro dinamico plesso organizzativo una foresta limitrofa ad un’este- diretto da Pasquale Ojetti che, sa palude lungo le rive del Niger. parallelamente a molte pellicole Ma anche sul libero sorvolo dei di immediata documentazione contrafforti della brulla catena interna, rapidamente avvia la rea- dei monti Zagros lungo i cui cri- lizzazione di un cospicuo numero nali bruciano le fiamme dei gas di documentari per veicolare la dispersi. Sui tracciati immisurabi- fisionomia identitaria e i risultati li degli oleodotti Karatchouk-Tar- di una combattiva vicenda indu- tous, Malaga-Puertollano, Dar es striale in grado di eccellere in un Salaam-Ndola. Ma anche dei ga- ampio ventaglio di attività. Dalla sdotti Santa Cruz-Buenos Aires, petrolchimica ai motel, dalle au- Hassi R’Mel-Skida. Sullo spazio di tostrade alla gomma sintetica, preghiera di una minuscola chiesa dai tubi d’acciaio all’appalto e cattolica da campo nelle sabbie costruzione di opere ingegneristi- del Sinai. Ma anche, al suo fianco che, dai prodotti tessili all’energia e in armonica convivenza, su una nucleare e alla ricerca scientifica. altrettanto minuscola moschea. Una vicenda che, pur duramente E, in pari tempo, amplificando l’u- osteggiata da nemici interni ed dito sulle parole di Enrico Mattei, esteri, in una manciata di anni ha Alcide De Gasperi, Ezio Vanoni. condotto l’Eni ad un ruolo crucia- Ma anche su quelle dei leader del- le nello sviluppo della vita econo- la decolonizzazione africana Kwa- mico-sociale italiana transitan- me Nkrumah, Sekù Turé, Julius dola nella geografia mondiale dei Nyerere. Nonché di Mohamed Alì Paesi che contano. Giungendo e Malcom X. a far cooperare uomini di nazio-

26/27 L’Azienda Elettrica Milanese DIAMANTI ANONIMI

di GIULIO BURSI

Proprio perché non abitato da pellicole realizzate nel 1958 dal striali, che ho chiamato ‘ritratti di questa impresa modernizzatrice, troppi cieli azzurri, troppi volti poeta milanese Nelo Risi (autore famiglia’ perché sono dei bei ri- che per questa impresa e per i suoi espressivi, troppe fabbriche come anche per la Olivetti), i film non cordi che hanno valore sentimen- obiettivi sono vissuti, e morti. Fin cattedrali, troppi solenni suoni di presentano “firme” di registi, e tale e non pratico, possono essere dalle sue prime manifestazioni, organo frammisti al rumore secco solo in alcuni casi si trovano i car- sufficienti per promuovere, con le quello di AEM è un cinema che dell’officina, il cinema prodotto telli che permettono di collocarli immagini, una vasta operazione non fantastica sul valore artisti- dall’Azienda Elettrica Milanese temporalmente e darne la pater- di conoscenza generale e quindi co e sociale della settima arte, costituisce un corpus particolar- nità ad alcune case di produzione di orientamento. L’industria, che ma affonta razionalmente i limi- mente interessante nel panorama e operatori. Non siamo quindi in vive degli uomini e per gli uomi- ti produttivi del genere, e nello del cinema industriale europeo. presenza di una grande commit- ni, per il suo stesso interesse, non spazio di questi limiti iscrive la Creato in assenza di un ampia e tenza che si affida assiduamente dovrebbe rimanere indifferente sua differenza. “Il film industria- articolata strategia di comunica- ad autori più o meno noti (come a quanto suggerisco, perché an- le innanzitutto non è critico, non zione legata alle immagini in mo- Valentino Orsini, Giovanni Cec- ch’essa potrebbe meglio svilup- è anarchico e non è libero – ci vimento (modello ENI o Enel), chinato, Aristide Bosio, Anto- parsi nel bene comune” (Roberto ricordava all’inizio dei ‘70 un im- si potrebbe definire una sorta di nello Branca, solo per fare alcuni Rossellini, Le immagini al servizio portante addetto alla direzione diario di lavoro che si accompa- nomi), specialisti del film indu- della conoscenza, in Cinema e Indu- pubblicità della FIAT – è un film gnava, dagli Anni ‘20 agli Anni striale in grande formato, ma ci stria, Franco Angeli, Milano 1971, d’ordine, deve trovare la propria ‘60, ai libri paga, ai libri mastri, troviamo di fronte ad una sorta di p. 148). Questa strategia familiare vitalità espressiva entro binari alle foto, ai documenti cartacei diario intimo, di grande ritratto di è confermata dal fatto che l’azien- ben segnati e perciò assai impe- relativi ai fornitori, ai contratti, famiglia della municipalizzata mi- da abbia conservato negli anni gnativi”. Più che di ordine in sen- diventando una magnifica appen- lanese, girato da professionisti del tutto il “girato”, sia per non get- so stretto, il cinema di AEM vive di dice visiva alla storia dell’azienda. settore ma anche da dipendenti tare frammenti di memoria che ripetizioni e piccole variazioni, di Nonostante la ricerca decenna- organizzati. L’idea non è nuova, e per tramandare un diario “tecni- rispetto di un mandato aziendale le condotta sull’archivio abbia anche Roberto Rossellini, nel 1971, co” di alcuni importanti passaggi che sembra sintetizzarsi nelle pa- “estratto”, come diamanti da sottolineando questo uso “ritrat- produttivi, avere una prova dello role coeve dello storico Riccardo una cava, altissimi pezzi di cine- tistico” che le industrie facevano stato di avanzamento dei lavori, Felicioli: “L’industria non fa del ma “anonimo” a grande formato del cinema e promuovendo una un documento degli investimen- cinema per affrontare i problemi come Cabina ricevitrice Sud - Mi- sua idea di cinema industriale ti fatti, un sussidio visivo per gli che riguardano la società… pro- lano del 1934 o pregiati film ama- come mezzo di divulgazione della aggiornamenti dei tecnici, ma so- prio perché sa che si tratta di pro- toriali in piccolo formato come conoscenza, scriveva: “Gli inve- prattutto una testimonianza inde- blemi seri, dietro ai quali stanno Costruzione della condotta forzata stimenti che si fanno ogni anno lebile del lavoro delle migliaia di tensioni e conflitti, delusioni e del 1961, fatta eccezione per due in Italia per i cosiddetti film indu- uomini che hanno preso parte a speranze, non ritiene che sia suo

cover - scenari Cinema industriale compito istituzionale tentarne suoi stilemi (e delle aperture hanno interessato Milano e la Val- l’analisi attraverso documenti alla ricerca internazionale), dei tellina dagli Anni ‘20 agli Anni ‘60. pubblici come il documentario… suoi intrecci con i processi della Non solo. Come ci ricorda Sergio non quindi film di analisi della modernizzazione, con i principi Bologna, se delle generazioni del realtà aziendale, testimonianza dell’urbanistica e dell’architettu- fordismo si sono persi i gesti, gli fedele e obiettiva dei problemi, ra” (Leonardo Quaresima, Elettri- abiti, la forza comunicativa che delle tensioni, documento neu- ficazione e modernità: architetture del loro lavoro traspariva nei mez- trale delle vicende positive e ne- di luce in G. Canova e G. Bursi, a zi di comunicazione di massa, gative all’interno dell’azienda. Ma cura di, Cinema Elettrico, Rizzoli, queste immagini ci restituiscono dichiaratamente film industriali. Milano, p. 37), così come di rita- qualcosa di prezioso. Oltre ad Film che rientrano nella strate- gliarsi un ruolo di primo piano essere un enorme risorsa per gli gia pubblicitaria dell’azienda”. nelle rassegne internazionali degli storici (dell’industria, del cinema, Messo in questa prospettiva cul- Anni ‘60, e in maniera persino più del territorio), questi chilomentri turale, l’archivio di AEM non rap- incisiva del cinema industriale di pellicole ci forniscono una te- presenta né un’eccezione troppo d’autore, fu ed è in grado di narra- stimonianza diretta di qualcosa evidente al resto del cinema per re la vicenda di una grande azien- di molto più importante: nell’e- l’industria, anche se funziona a da di servizi. poca del lavoro irrappresentabile tratti come un caso storicamente Quel che è importante rilevare è esse ci parlano di una dimensio- ed esteticamente esemplare. È un che esso rimane, a tutti gli effetti, ne “epica” per non dire “eroica” cinema di opera(u)tori, in grado uno degli archivi cinematografici del lavoro, una dimensione, oggi, di dire la sua sull’evoluzione del- più ricchi e completi per narrare la quasi perduta. le forme enunciative del cinema storia degli enormi cambiamenti italiano degli Anni ‘30 e ‘40, “dei economici, sociali, territoriali che

28/29 “OGGI IL MONDO INDUSTRIALE SEMBRA PREISTORIA, EPPURE PARLA ALLE NUOVE GENERAZIONI”

Intervista a Valerio Castronovo, presidente dell’Archivio del Cinema industriale e della comunicazione d’impresa. di CATERINA TARICANO

in tante forme, ho scritto mol- ti libri, ho realizzato con Nico- la Caracciolo per l’Istituto Luce documentari sulla Storia d’Italia incentrati sul rapporto tra econo- Come si è avvicinato al mondo mia e società. Questo archivio na- dell’industria, del quale è pro- sce perché Confindustria aveva in fondo conoscitore? cineteca circa un migliaio di pellicole Non è un interesse derivato dai miei prodotte negli anni da varie industrie studi: mi sono laureato sui rapporti italiane. Le abbiamo raccolte e digita- tra il Piemonte e la Francia del Seicen- lizzate, e il corpus è costituito da film to, sono di Vercelli e conoscevo le risaie industriali e comunicati commerciali ed molto meglio delle fabbriche. Ma nel è consultabile da studenti e studiosi. In dopoguerra a Torino l’industria ha avuto più organizziamo eventi per il pubblico, un ruolo fondamentale. Ricordo perfet- in particolare a novembre quando si tiene tamente un sindaco comunista (poteva la Settimana della cultura d’impresa. Un po- essere Negarville o Roveda) che in un incon- meriggio di incontri, la pubblicazione di atti, tro all’Unione Industriale affermò con forza: e poi la macchina organizzativa che consente “Prima si ricostruiscono le fabbriche, e solo a studiosi di tutto il mondo di avere accesso a dopo le abitazioni”. La cultura del lavoro era questa storia visiva della cultura d’impresa: es- un tratto fondamentale nel sentire di quell’epo- sere presidente di questo Archivio mi ha aiutato ca, e questa forte impronta ha inevitabilmente nella mia formazione culturale. indirizzato il mio interesse attraverso l’insegna- mento della Storia anche in questa direzione. Che rapporti avete con gli altri archivi italiani nel vostro campo? Il suo impegno nell’Archivio del Cinema indu- Diciamo che in Italia c’è soprattutto l’Archivio d’I- striale e della comunicazione d’Impresa, nato vrea e sul piano industriale l’esperienza più consi- nel 1997 per iniziativa dell’Università Carlo stente è quella del Cinefiat, che fu voluto fortemente Cattaneo e di Confindustria, è quindi una con- da Vittorio Valletta e che ha un forte carattere azien- seguenza di questo interesse? dalista (un po’ come era la filosofia di Valletta stesso). Sicuramente sì. Io mi sono occupato dell’industria Ma al di là dei rapporti, che ci sono e sono importanti,

cover - scenari Cinema industriale oggi noi dobbiamo capire che conservare questi filmati e va- lorizzarli significa confermare e valorizzare il nostro Made in Italy. Dobbiamo coniugare l’im- portanza della memoria con il re un rapporto forte tra il mon- fatto di parlare alle nuove gene- do della scuola e della cultura razioni, e raccontare mondi indu- e quello dell’industria. Nel ‘68 striali che oggi sembrano apparte- io insegnavo un po’ a Milano e nere alla preistoria, tenendo anche un po’ a Torino, e notavo che so- conto che il Made in Italy non vive prattutto a Torino il movimento un momento particolarmente feli- era molto “operaista”, con Lotta ce a causa della tanta concorrenza Continua e Adriano Sofri. L’ope- internazionale, la Cina su tutti. raismo ha considerato l’industria come un bozzolo chiuso che sof- Vogliamo raccontare qual è la dif- foca la società, però è stata proprio ferenza tra un film industriale e l’espansione industriale a rendere un Carosello? Anche perché stiamo possibile un movimento di quelle parlando di due specificità italiane proporzioni. del dopoguerra… Sono due prodotti diversi per destina- Secondo lei quale cinema ha rac- zione ma qualche punto di contatto lo contato l’industria in modo interes- hanno. Carosello fotografa un paese che sante, nelle varie epoche? sta abbandonando la centralità agrico- Acciaio di Walter Ruttmann, girato a la per diventare una potenza industriale. Terni nel 1933, è un esempio mirabile di Il film industriale invece è un modo con fusione tra arte e cultura dell’industria. il quale l’industria racconta se stessa. Un Tratto da Pirandello, girato da un regista prodotto è diretto all’esterno, ed è il Caro- sperimentale chiamato apposta, con Ma- sello, l’altro invece verso l’industria stessa. rio Soldati come aiuto regista: il meglio di Stiamo parlando di un periodo in cui l’idea di quella cultura che era stata attraversata dal lavoro e di industria era saldamente collegata futurismo. Poi Rocco e i suoi fratelli di Viscon- al concetto stesso di progresso. Solo Pasolini ti, che racconta come si modificava la vita dissentiva, ma era un’opposizione di tipo pro- nelle metropoli del Nord con la migrazione fetico: trasfigurava la realtà, rifletteva un’uto- interna. E ovviamente La classe operaia va in pia, parlava del mondo che lo aveva affascinato paradiso di Petri, che racconta come l’operaio e cioè delle borgate romane. viveva la fabbrica tayloristica. Ma vorrei cita- re anche Il caso Mattei di Rosi: non parla diret- L’opposizione al mondo industriale inizia tamente dell’industria, ma racconta come un quindi dopo? Forse con il movimento del ‘68? grande capitano d’industria potesse farsi nemici C’è un’altra possibile chiave di lettura che vorrei in tutto il mondo solo perché si atteneva alle re- proporre: il ‘68 italiano è durato così tanto rispetto gole della concorrenza, il che dovrebbe essere un al resto del mondo proprio perché ha saputo crea- cardine del liberismo.

30/31 IMPASTI SONORI

di LUCA FERRANDO BATTISTÀ

La musica nel cinema industriale: Vittorio Gelmetti, Giovanni Fusco, Luciano Berio, Franco Potenza, Egisto Macchi, Pier Maria Bassi sono autori di importanti colonne sonore dei filmati industriali. Spaziano dall’elettronica al jazz, senza trascurare i rumori meccanici delle fabbriche e dei loro prodotti.

Le automobili sono tutte in fila. Gli operai le lucidano ed un’animazione va scritto un articolo polemico contro la prassi compositiva della musi- su sfondo turchese avvisa che stiamo per assistere alla fase di collaudo. ca nel cinema: “Oggi il mondo sonoro in cui siamo immersi si presenta Dopo l’assemblaggio in fabbrica, è arrivato il momento della prova su con caratteri di complessità e una presenza massiccia e talvolta opaca strada. Le nuove automobili Fiat attraversano una Torino che è una ge- che non può in nessun caso essere ignorata”. In un momento storico in ometria di forme regolate dai semafori. Alla colonna sonora, composta cui in Italia si stava rimettendo in discussione il ruolo della musica nel da moduli progressivi di impulsi elettronici, si aggiungono i rumori del- cinema, Gelmetti trova nei documentari industriali l’occasione per co- le accelerazioni e delle brusche frenate. I due suoni si fondono a crea- minciare a mettere in pratica la sua idea di una composizione musicale re un impasto sonoro. Siamo verso la fine di Appunti per l’auto domani a-gerarchica fatta di un collage capace di accorpare diverse fonti sonore. (1969), un documentario industriale realizzato da Cinefiat con l’obiet- tivo di mostrare gli studi fatti per la progettazione e la realizzazione di Negli Anni ‘60 la produzione di documentari industriali presenta un nuove automobili. discreto grado di libertà creativa che viene presto sfruttato da diversi A firmare la colonna sonora è il compositore Vittorio Gelmetti, che compositori appartenenti all’area colta, diventando un terreno fertile nel 1964 aveva fatto il suo esordio al cinema collaborando con Miche- per sperimentare. Il paesaggio sonoro di questi film viene così comple- langelo Antonioni per Deserto rosso. Lo stesso regista, nel 1949, aveva tamente ridisegnato, anche grazie all’ingresso della musica elettronica, realizzato, per la SNIA, Sette canne, un vestito, un documentario che rac- influenzando poi la scrittura musicale per il cinema. conta la lavorazione della canna gentile per ottenere il rayon, dove si era avvalso della collaborazione di Giovanni Fusco, tra i primi composito- Il carattere innovativo, sperimentale e di avanguardia dei prodotti Oli- ri per il cinema a rinunciare all’uso massiccio dell’orchestra, rinegozian- vetti trova il suo correlativo nelle musiche composte appositamente do il ruolo del compositore nella realizzazione di un film. da Luciano Berio. I documentari in questione sono Elea classe 9000 È il segno che il cinema industriale riveste per l’ambito musicale un ruo- (1960), La memoria del futuro (1960) e Arte programmata (1963). Le co- lo tutt’altro che di secondo piano. lonne sonore composte da Luciano Berio sono continue alternanze di parti elettroniche e passaggi pianistici e orchestrali che non vengono Nel 1968 Gelmetti era stato l’unico compositore a partecipare al conve- mai utilizzate come sfondo, ma che anzi intervengono attivamente nel gno Il film sonoro, organizzato dalla rivista “Filmcritica”, per il quale ave- discorso filmico.

cover - scenari Cinema industriale Luciano Berio collabora anche con il CNEN, il Comitato Nazio- nale per l’Energia Nucleare, per cui compone la colonna sonora di Ispra 1 (1959) che introduce ele- menti sonori che messi in relazio- ne a determinate immagini diven- tano presto dei veri e propri topoi. Ad esempio, il simbolo del perico- lo di radiazioni, le misurazioni, le grafiche e gli elementi propri dei laboratori si legano indissolubil- mente a suoni elettronici che ne risaltano la pericolosità e il carat- tere futuristico. A portare avanti l’uso di questi topoi è il composi- tore Franco Potenza, che lavora alle colonne sonore di diversi documentari a tema nucleare, tra cui L’atomo in mare (1962) e Atomi puliti (1965). Come ha evidenziato Alessandro Cecchi, che si è occupato della musica dei film industriali per il Progetto Cabiria, le sezioni più sperimentali di questi docu- mentari sono i titoli di testa, dove la musica gioca un ruolo di primo piano. A dimostrarlo è il lavoro innovativo di Egisto Macchi nel documentario Uno stabilimento: grande e subito (1973), dedicato alla costruzione di una nuova fab- brica a Togliatti nell’Unione So- vietica. Il compositore, fondatore del gruppo Nuova Consonanza, è stato fondamentale per la sua ca- pacità di inglobare nelle sue par- titure i rumori tipici della produ- zione industriale. Egisto Macchi collaborerà con Bernardo Berto- lucci per il documentario dell’E- ni, La via del petrolio (1967) e per il cortometraggio Il canale (1966).

Di stampo diverso è il lavoro di Pier Maria Bassi nei docu- mentari Edison diretti da Erman- no Olmi. Le sue composizioni hanno un carattere più leggero, con sfumature pop e jazz, spesso inframmezzate da canzoni popo- lari, che ben si innestano allo stile poetico ed umano con cui Olmi ha ritratto il lavoro degli operai. Tra i momenti più suggestivi: le catene di isolatori che, in Tre fili fino a Milano (1958), fluttuano nell’aria sulle note di un valzer. Forme geometriche sospese che danzano. Un’immagine che ritor- nerà anche nel cinema.

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IMPRENDITORI AL CINEMA: PERÒ IN ITALIA MANCANO LE STORIE DI SUCCESSO

di ALICE BONETTI I 10 film da non perdere per diventare un imprenditore di successo. I film che devi vedere per entrare nel mondo degli affari. I migliori film da guardare per imparare a fare soldi.

Recitano così i titoli di numerosi articoli che circolano sul web e che hanno l’obiettivo di motiva- re giovani lavoratori desiderosi di fare carriera. Denaro, affari, successo. Il cinema ispira anche questo. A Hollywood esistono in- numerevoli film che obbediscono rigorosamente alla formula della “storia di successo”. È quasi di- ventato un genere a sé. E in Italia invece? Come vengono visti gli imprenditori nel cinema italiano e quanto plauso ottengono i film ambientati nel mondo dell’in- dustria e dell’imprenditoria tra il pubblico italiano? Abbiamo sottoposto il quesito ai nostri lettori chiedendo loro di ri- spondere a un breve questionario indicando due titoli di film (uno italiano e uno straniero) con pro- tagonista un industriale/impren- ditore e altri due titoli di pellicole ambientate – almeno in parte – in un’industria. Diciamolo pure, questo sondag- gio non ha riscosso particolare successo. Di 50 persone, solo 7

cover - scenari Cinema industriale hanno saputo rispondere a tutte ria più imprenditoriale di quella le domande. Se quasi tutti sono della famiglia Corleone? FILM STRANIERI stati in grado di citare un film stra- Davvero pochi invece i nomi Steve Jobs niero, meno bene è andata per i femminili che compaiono nel The Social Network film italiani e ancor peggio per sondaggio. Questa volta non è la The Wolf of Wall Street quelli ambientati all’interno di memoria dei nostri intervistati a Quarto Potere un’industria. vacillare ma è la storia del cinema The Aviator Per quanto riguarda i film stranie- (e più in generale dell’umanità) a The Founder ri con protagonisti imprenditori latitare di storie di donne fautrici Joy non ci sono però grossi dubbi, il di grandi successi industriali. Tut- La fabbrica di cioccolato più citato è stato Steve Jobs, il film tavia, qualche sporadico esempio La ricerca della felicità di Danny Boyle sull’imprenditore nel sondaggio c’è stato: Joy, dove Il Padrino visionario fondatore dell’azien- Jennifer Lawrence interpreta una (altri citati: Wall Street, The Greatest Showman, Dumbo, I Pirati della da di Cupertino. Lo distanzia di Cenerentola moderna (realmente Silicon Valley, Coco Before Chanel, Molly’s Game, Gung Ho, Tucker) pochi voti la storia di un altro esistita) che passa da una vita pre- mago dell’informatica. The Social caria a un impero commerciale FILM ITALIANI Network di David Fincher raccon- grazie al brevetto del mocio per Loro ta infatti la storia di Mark Zucker- pavimenti – e Molly’s game dove Il gioiellino berg, l’uomo che ha rivoluzionato Aaron Sorkin racconta la vera L’industriale il concetto di amicizia ma che - da storia di Molly Bloom (interpre- Il capitale umano quanto emerge proprio dal film – tata da Jessica Chastain), giovane The Start Up era tutto fuorché un compagnone donna diventata la regina di un all’epoca dell’invenzione di Fa- colossale impero del gioco clan- FILM STRANIERI AMBIENTATI IN UN’INDUSTRIA cebook. Tra gli imprenditori più destino a Hollywood. La fabbrica di cioccolato memorabili non potevano ovvia- Tra i pochi film italiani che i nostri Tuta blu mente mancare Jordan Belfort - il intervistati hanno ricordato tro- Gung Ho lupo truffatore di Wall Street, il viamo Loro di Sorrentino – scelta cui stile di vita proibitivo è stato quasi obbligata visto che qui il FILM ITALIANI AMBIENTATI IN UN’INDUSTRIA approfonditamente descritto in riferimento è all’imprenditore Fantozzi The Wolf of Wall Street di Scorse- italiano per eccellenza – Il Gioiel- Trevico-Torino… Viaggio nel Fiat-Nam se - e Ray Kroc, il signore che, pur lino di Andrea Molaioli, ispirato al 7 minuti senza particolari meriti inventivi, crac finanziario verificatosi negli Signorina Effe negli Anni ‘50 creò la catena di fast ultimi anni e ispirato al caso Par- La classe operaia va in Paradiso food più potente al mondo, la cui malat – e la bella opera di Giuliano origine viene raccontata nel film Montaldo, L’industriale. Un lavoro The Founder. Last but not least, tra teso, suggestivo e azzeccato nella i più citati troviamo lui, il magnate sua adesione alla storia contem- novecentesco per antonomasia: poranea dell’Italia della grande Una netta e categorica differenza acuta di quanto si possa pensare. il Charles Foster Kane di Quarto crisi economica degli ultimi anni, rispetto ai film americani dove Il focus del film di Burton (e più in Potere. Padrone di giornali e de- terra degli imprenditori travolti l’imprenditore – anche se avariato generale del romanzo di Dahl) è la tentore di un potere mediatico dal fallimento e del denaro che nello spirito (vedi The Founder) o famiglia. Un mondo familiare che senza precedenti, per Orson Wel- infiamma. Nasce proprio qui la socialmente disadattato (vedi The se da una parte è ostile, dall’altra les quello era l’esempio del titano prima considerazione al termine Social Network) è (quasi) sempre funge da spinta motivazionale. E del suo tempo, l’uomo potentissi- dell’analisi dei risultati di questo dipinto come l’eroe che – non a ben riflettere, guardando la lista mo da venerare anche quando – a sondaggio. Il film di Montaldo è importa a che prezzo – riesce co- dei film citati, è proprio questa causa della sua bramosia di pos- l’emblema dell’atmosfera grave munque a fondare il suo impero. la costante. Quasi tutte le pelli- sesso – finisce per autodistrug- e faticosa che contraddistingue Infine, qualche considerazione cole con protagonisti uomini di gersi. Tra gli altri film stranieri un po’ tutti i film italiani (citati e circa la domanda sui film ambien- successo hanno come meccani- citati nel sondaggio ricordiamo, non) che hanno come protago- tati nelle industrie. Molti degli smo propulsore, il concetto di The Aviator – il film di Scorsese su nisti degli industriali. In Italia, al over 30 hanno citato l’indimenti- famiglia e di relazioni umane. E Howard Hughes, l’eccentrico im- contrario di quello che succede a cabile Megaditta di Fantozzi, cari- così viene in mente quella parola, prenditore americano che negli Hollywood, si mette in scena il fal- catura tragicomica di un’azienda scritta in caratteri nobili e antichi, Anni ‘20 riuscì a fondare un vero limento degli imprenditori, dell’e- alienante e sfruttatrice in cui i di- che si consuma lentamente tra e proprio impero cinematografico conomia e delle istituzioni stesse. rigenti sono, in maniera esaspera- le fiamme come una promessa a Hollywood e a realizzare innova- Quasi a voler cercare una sorta di ta, caratterizzati come tirannici e irrealizzata, un’alternativa mai tivi progetti aeronautici, Tucker di catarsi, i registi italiani dipingono spietati mentre gli impiegati come compiuta. Com’è che era? Ah sì, F.F Coppola che, dopo il già citato su pellicola la deliberata caduta arrivisti, meschini e lavativi. ma certo…Rosebud. Quarto Potere, è uno dei pochi film verso gli abissi degli uomini di La fabbrica di cioccolato di Tim Bur- americani a raccontare la storia potere alla guida del Paese e il loro ton è stato invece il film più citato del fallimento di un’impresa – e Il inconsapevole farsi specchio di dagli under 30. E se a prima vista Padrino, scelta curiosa direte voi, una società marcia e di un sistema può far sorridere la semplicità di ma pensandoci c’è forse una sto- economico malato e respingente. questa scelta, in realtà è molto più

34/35 voci - inchieste voci

INCHIESTE IMMAGINARI CINE GOURMET

38 Vestali della sala 46 Così l’Anteo è diventato 50 La pizza di Gianni Canova una “piazza urbana” di Vincenzo Marra di Silvana Annicchiarico di Andrea Gropplero di Troppenburg Intervista Riccardo Rocco 40 Il caso Milano di Sara Sagrati 48 Addio cassiera di I. R.

41 Il caso Torino di S. S.

42 Per passione o per caso di Ilaria Ravarino

I casi Roma Taranto Napoli Trieste

36/37 inchieste VESTALI DELLA SALA

di GIANNI CANOVA

Stanno lì, e guardano. Osservano il pubblico che acquista i biglietti. Registrano le reazioni. Sono testimoni dei comportamenti. E rilasciano il lasciapassare (il biglietto) per accedere al buio della sala. Le cassiere e i cassieri dei cinema sono i guardiani della fabbrica dei sogni.

Una volta Carlo Verdone ha raccontato che il titolo di uno dei suoi film in scena l’ultima proiezione in una alla chiusura della sala in cui per più noti e più amati, Posti in piedi in Paradiso, gli è venuto in mente all’im- sala che subito dopo è condanna- anni e anni hanno lavorato. C’è la provviso mentre era in coda davanti alla cassa di un cinema per com- ta a chiudere per sempre. Fuori tenera Chantal di Marina Vlady, prare il biglietto ed entrare in sala. A un certo punto – racconta Verdone piove, in sala c’è poca gente. Sullo ex-ballerina perdutasi in una cit- – la cassiera ha urlato. “Solo posti in piedi, signori!”. Bei tempi: quando schermo gigante si proietta Dra- tadina dell’Italia centrale e finita le sale si riempivano di pubblico e pur di entrare si era disposti anche a gon Inn, un film di cappa e spada di a fare la cassiera di un cinema che stare in piedi. Il cinema era un tale Paradiso che valeva la pena di sob- tanti anni prima. In platea ci sono sta per chiudere in Splendor di Et- barcarsi anche qualche scomodità pur di entrarci. E la cassiera era di due spettatori che assomigliano tore Scola, e c’è quella che chiude volta in volta la vestale e la guardiana di questo paradiso. Figura tutt’al- agli attori del film, ma invecchiati. il cinema al termine di L’ultimo tro che minore, la cassiera (o, in casi più rari, il cassiere) è quasi sempre Sono reali o fantasmi? La cassiera spettacolo di Peter Bogdanovich. l’ultimo essere umano in carne e ossa che lo spettatore incontra prima vorrebbe dividere il suo dolce con Sembra quasi che siano loro le di ritrovarsi per un paio d’ore in compagnia dei fantasmi dello schermo. il giovane proiezionista, lo cerca vere testimoni o le esecutrici te- Tra i lavoratori della sala, la cassiera (o il cassiere…) è la più sfortunata in cabina, ma lui non c’è e lei non stamentarie della vita della sala: di tutti: gli altri, il proiezionista, o la mascherina, almeno assistono alla vuole andarsene definitivamente loro che hanno visto transitare proiezione, hanno accesso alla sala. Chi sta alla cassa no. Sta sulla soglia. senza averlo rivisto almeno un’ul- davanti agli occhi migliaia e mi- Presidia la frontiera che separa la realtà dal sogno. È lì che si consegna tima volta. Così si avventura nei gliaia di spettatori, nella con- il lasciapassare (il biglietto) che consente di accedere all’altra dimen- corridoi del cinema, ed è come se sapevolezza di non essere mai sione. Mentre la mascherina ha un ruolo dinamico e si sposta in con- si perdesse dentro un labirinto. guardate. Raro che si guardi la tinuazione (pensiamo anche solo alla Sandrelli che fa la maschera – e Miraggi del cinematografo, malìa cassiera. Come se fosse invisibi- viene umiliata – in un cinema romano in Io la conoscevo bene di Antonio che dallo schermo si diffonde le. Ci vuole un regista per farcela Pietrangeli), la cassiera è condannata alla stasi, all’immobilità. Simile, in nello spazio circostante. vedere. Come fa ad esempio Neri questo allo spettatore. Solo che lei non ha di fronte un film, ha davanti Quante sono le cassiere raccon- Parenti in Fantozzi va in pensione: il a sé la vita vera. Solo in rare situazioni la cassiera si sposta. Ad esempio, tate nei film? Molte, non a caso, rag. Ugo convince l’ignara signora nel bellissimo Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming Liang, dove viene messa sono personaggi che assistono Pina ad andare al cinema a vedere

voci - inchieste un film, Le casalingue, in un locale a luci rosse. La cassiera, seduta in un atrio rosso fuoco, chiede: “Quanti, due?”. “Sì, due…”, bal- betta Fantozzi. E la cassiera: “Al- lora un anziano e uno normale…”. E Fantozzi: “Chi sarebbe l’anzia- no?”. La cassiera: “Lei!”. Fantoz- zi: “IO?”. E la Pina: “No caro, Lei è femminile, tu sei Lui, l’anziana sono io...”. In Angoscia di Bigas Luna la cas- siera ha un ruolo diverso: due ra- gazze vanno al cinema Rex a vede- re un film intitolato The Mommy, nel quale un infermiere, ossessio- nato da sua madre, si trasforma in un killer che cava gli occhi alle sue vittime. Una delle due ragazze du- rante il film è colta da attacchi di angoscia e l’amica, per tranquilliz- zarla decide di perlustrare i bagni per “snidare” eventuali assassini. Così le ragazze assistono all’omi- cidio della cassiera e della ma- schera del cinema da parte di un pazzo. Molto interessante anche Finalmente domenica di François Truffaut, dove il personaggio di Fanny Ardant chiede alla cas- siera del cinema Eden se il film in programmazione è una storia d’amore. “È un film di guerra...”, risponde la cassiera. “Ah, allora ci sono cannoni, soldati, non ci sono donne!”, ribatte la Ardant. E la cassiera: “Come no! I soldati hanno sempre una foto di donna nel portafogli…”. Argute, discre- te, spesso attente osservatrici del pubblico, dei suoi gusti, delle sue attese e anche delle sue delusio- ni, troppo spesso le cassiere sono state ingiustamente sottovalutate o minimizzate nell’analisi del fun- zionamento della macchina-cine- ma. Questo servizio di 8½ è dedi- cato a loro.

38/39 IL CASO MILANO

Un osservatorio privilegiato sul pubblico di SARA SAGRATI

Avete presente la scena di La rosa purpurea del Cairo in cui Cecilia/Mia giovanissima, si era persa le mutande in sala. “Non siamo mai riusciti a Farrow va al cinema la prima volta? In fila gli spettatori chiedono i bigliet- spiegarci come avesse fatto”. L’altra collega Chiara D., in cassa al multi- ti: “due”, “due”. Poi arriva Mia Farrow: “questa sera uno, Doris”. Doris non plex Anteo CityLife, testimonia la differenza tra Odeon The Space, con la vediamo, ma sappiamo chi è e che cosa fa: conosce il pubblico, le sue pubblico “maleducato, non informato e di passaggio”, e quello di Anteo abitudini, le sue esigenze, perché stare in cassa rappresenta un osserva- che “mai rovescerebbe salse e nachos per terra”. Chiara D. ogni tanto torio privilegiato sullo stato di salute del cinema e del pubblico. A Milano, prova anche a fare da Cupido. “Quando vediamo due persone sole che ci alla fine degli Anni ‘70 c’erano più di 140 sale, oggi se ne contano circa 20, sembrano compatibili, assegniamo loro posti vicini. Chissà…”. D’altronde per lo più multiplex. Fa impressione, ma basta parlare con le cassiere per capire le persone fa parte del mestiere. Nicola, cassiere da oltre 20 anni, capire che il pubblico c’è ancora e ha fame di film. Chiara Z. che in pas- ora al Multisala Il Ducale, fondatore 10 anni fa del gruppo Cinematti su sato ha lavorato in un multiplex di Padova “dove chiedevano il rimborso Facebook, ammette di riconoscere “cosa vuole vedere chi si avvicina al quando il film non piaceva, tipo Lars Von Trier”, ora lavora al cineclub Il vetro, ancora prima che chieda il biglietto. Ci azzecco quasi sempre”. Un Cinemino in cui “il rapporto con il pubblico è quotidiano, anche perché pubblico che sceglie cosa vedere e controlla la programmazione su My- a Milano c’è una migliore offerta che rende gli spettatori più curiosi, esi- Movies, Google o Trovacinema (“spesso sbagliata” è il coro unanime), genti e informati”. “Il pubblico è cambiato”, dice Guendalina di Anteo, mentre solo i più anziani controllano i tamburini o si fanno indirizzare cinema elitario per vocazione, ora diventato Palazzo del Cinema. “Con dai pallini del Corriere della Sera. Un pubblico che sempre più predilige più sale e una programmazione più ampia, anche il pubblico si è modifi- la lingua originale, che ha Sky e Netflix, ma continua a uscire alla ricerca cato: l’età media resta alta, ma aumentano i giovani, anche se in generale della magia del cinema. “Da piccola - dice Paola del Cinema Beltrade - per è formato da cinefili che amano scambiare due parole”. Forse anche più me lavorare al cinema era come voler fare la gelataia. Per questo abbiamo di due: Guendalina si è fidanzata con uno spettatore abituale! La collega aperto una sala che ci assomigli, dove trattiamo le persone come gente di Valentina conferma “vogliono parlare, anche al telefono, specie chi chia- casa, con gli alti e i bassi che questo comporta. Perché noi soddisfiamo un ma al mattino” e poi ride ripensando a quella volta che una cliente, non bisogno, ma non è un bisogno primario”.

voci - inchieste IL CASO TORINO

Una città innamorata di cinema di S.S.

“Passerò dalla cassa del cinema alla cassa da morto”. Laura, cassiera da 30 anni al Cinema Romano di Torino ci scherza, ma fino a un cer- to punto. “Non andrò mai in pensione, perché il cinema mi ha salva- to la vita, aiutandomi a superare momenti difficili grazie al rapporto con il pubblico”. È un fiume in piena la signora Laura, un’istituzione cittadina, che ha avuto la possibilità di vedere tutti i cambiamenti del cinema, da monosala di successo (“Ah, che toilette che ho visto! Che eleganza, da Agnelli ad Andreotti, da Nerio Nesi a Pippo Bau- do”) a multisala d’essai. “Alla fine, il pubblico non è mai cambiato. Siamo un cinema con una programmazione ricercata, che richiama spettatori medio alti, borghesi, informati. Quello che vogliono è un rapporto di fiducia e il Dottore (Lorenzo Ventavoli, 87enne titolare del cinema Romano, ndr) sceglie sempre ottimi film”. A Laura man- ca il rumore della pellicola che le faceva compagnia mentre cenava in cabina, tanto che ne ha conservati 20 centimetri. “Il passaggio al digitale ci ha fatto perdere dei posti di lavoro, ma non il pubblico, a cui non frega nulla di Netflix, preferisce sempre la magia della sala”. Laura parla di un pubblico che si informa sui giornali, anche per la programmazione, abituato ai film in versione doppiata, e che si fida, come quella volta che si è divertita a guardare “le facce di chi resi- steva alla visione di Santantango di Béla Tarr, voluto dal Dottore”. Giulia invece lavora dal 2010 al Cinema Massimo. “Per fare questo mestiere è fondamentale avere pazienza. Bisogna fare attenzione a cosa si dice e a come lo si dice, perché non sai mai chi ci si tro- va davanti”. Ma chi frequenta il cinema Massimo, sala del Museo e cuore nevralgico del Festival di Torino? “È un pubblico maturo, di intellettuali a cui si aggiungono i tanti studenti che vogliono vedere i film della storia del cinema in programmazione nella Sala Soldati, legata alla cineteca. Un pubblico molto diverso da quello delle mul- tisale con i film commerciali”. Paradossalmente un pubblico non così diverso da quello de Il Piccolo Cinema, cineclub dei fratelli De Serio, registi torinesi, che hanno aperto una sala nella periferia nord per portare un’attività culturale laddove non c’era. Un cinema senza cassa, dove Roberta, addetta alla comunicazione e al tessera- mento (e a tutto quello che serve) accoglie un pubblico che “viene dal centro, studenti che si muovono per vedere film indipendenti e documentari. Titoli difficili da ‘vendere’ al quartiere, che invece accorre più volentieri alla tombolata di Natale, al cinema all’aperto d’estate, per ospiti come Virzì e Amelio o come quando abbiamo fatto il pesce d’aprile dicendo che sarebbe venuto Ken Loach”. Il Piccolo Cinema ha poi vinto la scommessa diventando il traino per l’apertura di altre associazioni nel quartiere, così come, il Festival e il Museo continuano a portare a Torino un pubblico internazionale (“e particolarmente esigente”, specifica Giulia) che mantiene la cit- tà in perenne amore per il cinema. La signora Laura ne è convinta, noi non possiamo che crederle. 40/41 PER PASSIONE O PER CASO

di ILARIA RAVARINO

Cinque domande a cassiere e cassieri 1. Perché ha scelto questo lavoro? 2. Ha visto cambiare nel tempo il pubblico che frequentava il cinema? 3. Ha aneddoti particolari legati al suo lavoro? 4. Che orario fa? 5. È indispensabile amare il cinema per fare questo lavoro?

DANIELA, 36 ANNI, circa, poi ho trovato altro. Ma lo bile che chiedessero a me, piutto- NUBILE. ricordo con piacere. sto che consultare lo smartphone CINEMA AQUILA (ROMA) 2. No, non mi pare che il pubblico o fare una ricerca su Google. C’era in quegli anni sia cambiato. Le con- un pubblico stabile e ricorrente, di 1. Perché mi piace l’ambiente, mi suetudini sono rimaste le stesse. quartiere. Il mio lavoro consiste- piacciono i film. Sono da sempre Certamente c’erano pubblici di- va principalmente nell’emettere un’appassionata di cinema, ho versi a seconda dell’orario: i primi il biglietto, cercando di assicurare scelto un corso di laurea in storia spettacoli erano frequentati da fa- al cliente un posto che non fosse dello spettacolo e poi, dovendo miglie con bambini, mentre la sera troppo vicino a quelli già occupati, trovare un modo per arrotondare, si vedevano soprattutto adulti. Era ma nemmeno troppo lontano. Il questo lavoro mi sembrava me- un pubblico piuttosto interattivo: problema di quando selezioni posti glio di qualsiasi altro. Ma era un capitava spesso che mi chiedes- “sparsi” è che, se la sala si riempie, secondo lavoro: facendolo part sero consigli sul film da vedere, se si creano dei “buchi”. E devo dire time non è sufficiente per vive- fosse adatto, persino che tipo di che in quei due anni la sala, soprat- re. L’ho fatto per un paio di anni storia fosse. Mi sembrava incredi- tutto la sera, si riempiva spesso. voci - inchieste 3. All’epoca mi occupavo, oltre 4. Andavo al cinema tutti i giorni che dei biglietti, anche della new- il pomeriggio, a partire dalle 18, sletter del cinema, che serviva a dopo aver staccato dall’altro la- fidelizzare il pubblico e a comu- voro. E poi restavo in cassa tutto il nicare offerte, sconti o sempli- sabato e la domenica. cemente le novità in uscita. La 5. Non è indispensabile, ma se compilavo mentre ero in cassa, ti piace il cinema lo fai con più nei momenti di vuoto tra uno piacere. Ci sono molti momenti spettacolo e l’altro. Mi ricordo di noia, alternati a picchi di lavo- che da una parte avevo il compu- ro che possono diventare anche ter della cassa, nuovo, scattante stressanti. Però è un mestiere che, e serissimo. E poi, per fare tutto il volendo, ha i suoi vantaggi: sei resto dei lavori – inclusa, appunto, sempre informato su quello che la newsletter - mi era stato affida- esce al cinema, sai cosa funziona to un computer vecchissimo, una e cosa no. E hai molti argomenti specie di Amiga 500. Era lento, si di conversazione quando esci con scaldava e si impallava spessissi- gli amici. mo. Ho sempre avuto il sospetto che fosse pieno di virus.

MARIO, 38 ANNI, CONIUGATO. CINEMA SPADARO (MASSAFRA, TARANTO)

1. È una tradizione di famiglia: mio padre mi ha lasciato in eredità il ci- nema e ogni tanto, per fortuna, mi dà lui una mano. Ma da almeno sette anni mi occupo io di tutto. Seguo la cassa, servo al bar, manovro la sala. Faccio ogni lavoro, e in più sono anche l’esercente. Con la crisi e l’ab- bandono delle sale, se oggi dovessi assumere del personale chiuderei dopo un paio di mesi. Me la sto vedendo da solo, ma credo di cavarmela abbastanza bene. 2. Io praticamente ci sono nato, in un cinema. Ho cominciato al liceo facendo l’operatore cinematografico in cabina di proiezione, montavo la pellicola. E sì, ho visto il pubblico cambiare. Sicuramente oggi è più rumoroso, spesso maleducato. E molto esigente. Avendo a disposizione più informazioni e stimoli, oltre alla “guida” di internet, esige di più. Le persone vengono qui con un’idea chiara di quello che stanno cercando, ma se hanno dubbi è raro che si confrontino con me: è difficile che la gente si metta a domandare, a chiedere consigli. Si è persa l’abitudine a socializzare con chi sta in cassa. 3. Ancora oggi mi fa piacere sentire quando dalla sala arriva l’applauso finale. Soprattutto se c’è un pubblico giovane, di ragazzi o bambini, ma- gari venuti a vedere un cartone animato. È un rito, quello dell’applauso, che ancora resiste e che comunica una grande emozione a chi sta dall’al- tra parte della sala, a chi lo sente arrivare lontano e attutito dalla cabina. Io lo sento e in quel momento tutto ritrova un senso. È bellissimo sa- pere che c’è qualcuno che ancora apprezza la visione condivisa, il film visto in uno spazio comune. 4. In genere attacco alle 16 e finisco alle 23. 5. Devi amarlo, certamente. Se superi le difficoltà, la burocrazia, le tasse, e la gestione complicata di una macchina molto complessa, allora è il lavoro più bello del mondo. Anche se vissuta dal punto di vista più “bas- so”, cioè quello della cassa, la magia del cinema è sempre potentissima.

42/43 stian De Sica. Due persone molto GIUSEPPE, 55 ANNI, gentili, di grande umanità. CONIUGATO. 4. Lavoro tutto il giorno, dalle CINEMA FILANGIERI 15,30 alle 22,45. (NAPOLI) 5. Ma direi proprio di no. Io ci la- voro volentieri, ma il cinema non 1. Onestamente? La verità: è sta- lo seguo nella mia vita privata. Il to il primo lavoro che ho trovato. mio giorno di riposo non lo dedi- Cercavo il posto fisso, e anche se co certamente al cinema. Tutti gli si tratta di un lavoro privato l’ho altri giorni lavoro, e i film proprio sempre considerato una garanzia. non riesco a vederli: la gente en- Lo faccio da vent’anni e non ho tra in ogni momento e non posso paura della crisi. Sono riuscito a nemmeno sbirciare cosa accada far crescere le mie competenze e di là. Ma le dirò, tutto sommato non credo di essere sostituibile – io, ai film, ho sempre preferito men che mai dalla tecnologia. le persone. 2. Più che altro è cambiato il lavo- ro: dalla gestione manuale siamo passati a quella computerizzata. Il pubblico è sempre difficile, sa- perci trattare è un’arte. Devi ca- pire chi ti trovi davanti, cosa sta cercando, perché è venuto e che gusti potrebbe avere: è una specie di lavoro psicologico. Io ho inizia- to con un cinema il cui pubblico era decisamente più giovane di questo, e i ragazzi in genere non fanno tante domande. In questo cinema invece il pubblico è com- posto soprattutto da adulti, e più si va in là con gli anni più si chie- dono consigli: i clienti vogliono sapere soprattutto il genere del film e se, secondo me, quel pro- dotto potrebbe piacergli. Tra me e i miei clienti abituali c’è una specie di patto non scritto: io do sempre consigli sinceri. Se il film va bene per lo spettatore lo dico. Ma se penso che non gli piaccia sono altrettanto onesto. A costo di perdere lo spettacolo: meglio lasciarsi sfuggire un biglietto che un cliente. 3. È bellissimo quando organiz- zi gli incontri con gli attori, con i registi o con i personaggi dello spettacolo che magari vengono in sala a presentare un film, o a fare un tour promozionale. Si crea di solito una bella atmosfera tra loro e noi: siamo noi, il personale di sala, che gli prepariamo il palco, le sedie, i microfoni. Siamo noi i pri- mi ad accoglierli, a parlarci prima che incontrino il pubblico. Tra gli incontri che ricordo con più pia- cere, per il tipo di rapporto che si è creato, è stato molto divertente incontrare al cinema di Pozzuoli Salemme, e qui al Filangieri Chri-

voci - inchieste 5. Non è indispensabile, non direi. Tanti miei colleghi sono appas- sionati, coltivano questo hobby anche fuori dalla nostra sala: stu- diano, si informano, guardano DVD. Io sono partita prendendo questa professione come un lavo- NICOLETTA, 35 ANNI, ro più o meno obbligato: sapevo NUBILE. che in un modo o nell’altro sarei CINEMA NAZIONALE finita qua. Ma poi la passione è (TRIESTE) cresciuta, e adesso mi godo qual- che film anche quando esco da 1. Perché è un lavoro di famiglia. qui. Ma appassionata, proprio, Sono ormai 15 anni che sono alla direi di no. cassa del cinema. 2. Da noi, che siamo un cine- ma di città, e non un multiplex, il rapporto con il pubblico è ri- masto uguale. Anche i clienti sono praticamente gli stessi da quando sono qui. Infatti, ormai con loro si è creato un rapporto quasi di amicizia: ci si saluta e si parla sempre, si scambiano due chiacchiere, non si chiede solo il biglietto. Il rapporto è diretto an- che fisicamente, non è mediato da un vetro: non siamo trincerati dentro un gabbiotto, come acca- de nelle multisale. E per noi è un dettaglio importante. Il contatto umano, in questo cinema, viene ricercato e apprezzato dai clien- ti. Ci sono molte persone che ci scelgono praticamente solo per questo motivo. 3. Mi piace quando i clienti chie- dono pareri o consigli su cosa vedere. Accade specialmente con gli anziani. Ma anche noi lo faccia- mo. Trovo molto bella la nostra consuetudine del giovedì, quan- do all’uscita dalla sala chiediamo un parere sul film appena visto ad alcuni spettatori affezionati. Lo facciamo ovviamente solo con gli spettatori con cui abbiamo più confidenza, non con tutti. Succe- de il giovedì, così da permetterci di avere un’idea generale del gra- dimento del film appena uscito, e poter informare con maggior precisione i prossimi spettatori che lo vorranno vedere. In prati- ca facciamo recensioni esatte, in tempo reale, basandoci sui gusti del nostro pubblico più fidato. 4. Nei giorni feriali dal lunedì al venerdì, dalle 16 fino all’ultimo spettacolo delle 22. Nei giorni fe- stivi, cioè sabato e domenica, dal- le 15 alle 22.

44/45 COSÌ L’ANTEO È DIVENTATO UNA “PIAZZA URBANA” di SILVANA ANNICCHIARICO

Intervista a Riccardo Rocco, l’architetto che ha curato la ristrutturazione del Palazzo del Cinema a Milano.

voci - inchieste A Milano ormai è “il” cinema per antonomasia. Dopo la ristrutturazione voluto avere per la funzione ricet- effettuata un paio di anni fa e l’apertura del settembre 2017, il cinema tiva. Ci siamo immaginati quindi Anteo – trasformato in multisala complessa e su più piani - incarna nel- che un grande bow-window ag- la percezione collettiva l’idea stessa di “casa del cinema” contempora- gettante sulla via avrebbe contri- nea e polifunzionale. All’architetto Riccardo Rocco – che ha firmato il buito a enfatizzare l’idea di spazio progetto di ristrutturazione – abbiamo chiesto di ragionare su come è aperto e accessibile, creando una stato pensato l’intervento e poi, soprattutto, su come è stato affrontato vetrina al piano rialzato. Abbiamo e risolto lo spazio dell’atrio e delle casse, cioè i luoghi in cui il Palazzo voluto che tutti gli altri spazi con- accoglie il pubblico e lo indirizza verso le varie sale. nettivi formassero un continuum urbano distribuendo il pubblico Qual è la filosofia progettuale che ha guidato la ristrutturazione tra le tante funzioni - biblioteca, di Anteo Palazzo del Cinema? caffè letterario, sala lettura e sale di proiezione - senza perdere la La filosofia di approccio al progetto è stata orientata a realizzare luoghi percezione della città attorno al aggregativi e coinvolgenti, non freddi e distaccati, capaci di mettere il Palazzo. Scherzando, qualcuno pubblico in una condizione di comfort percepito. L’idea alla base delle ha definito il Palazzo una sorta di scelte estetiche è sempre stata quella di creare luoghi familiari quasi do- “cinema verticale”, caratteristica mestici, scegliendo arredi e coloriture consuete e contemporanee. senz’altro anomala per un multi- Nel caso del Palazzo del Cinema abbiamo dovuto dialogare con un edi- sala, che condiziona il visitatore ficio di epoca fascista, che fu pensato, dimensionato e articolato per nei percorsi interni al cinema, ma celebrare l’idea di potenza caratteristica di quel periodo storico, e per che parimenti gli consente un’e- quanto l’edificio sia stato ampiamente rimaneggiato negli anni, adat- sperienza socializzante incon- tandolo a funzioni spesso diverse tra loro, tutte queste caratteristiche - trando altri spettatori. l’ingresso circolare sull’angolo dell’edificio in cima a una scalinata ton- da, gli ampi saloni per le adunate, le finestrature a doppia altezza fino Per una sala cinematografica alle scale in marmo - erano ancora tangibili e in totale contrasto con oggi conta di più la vetrina vir- l’idea di familiarità domestica che volevamo riproporre. Abbiamo ten- tuale sul web o la vetrina fisica tato di smussare questa connotazione celebrativa lavorando sui singoli con cui il cinema si affaccia sul- spazi collegati e articolati da un sistema di atrii, percorsi orizzontali e la città? verticali, pensati come una rete urbana di connessione di singoli luoghi. Come in una strada pubblica l’utente, lungo il suo cammino, incontra Credo che la scelta di installare sale concepite come luoghi disponibili e accoglienti, dotati di una loro una grande pensilina che copre particolare atmosfera ottenuta grazie all’uso di parquet, boiserie e di la scala circolare d’ingresso che morbidi tessuti. poi si allunga sulla via Milazzo, sul cui bordo è posta l’insegna, segni inequivocabilmente il luogo ed Vorrei ragionare sullo spazio in cui il cinema accoglie il pubblico: enfatizzi la comunicazione di ciò l’atrio e le casse. Come ha progettato l’atrio? Che connotati e che che avviene all’interno della strut- identità hai cercato di dargli? tura, richiamando l’immagine Prima le casse dell’Anteo erano a bordo strada e il pubblico faceva iconografica del cielo di lampadi- la coda sotto la pensilina di via Milazzo. Ora invece si dispone in ne all’ingresso dei cinema di Bro- coda dentro l’atrio. Perché questa scelta? Cosa è cambiato secon- adway. È evidente che la vetrina do lei rispetto a prima? virtuale, permessa dallo sviluppo Perché cassiere e cassieri sono dietro un vetro? Non sarebbe stato del web, con tutte le sue sfaccet- più friendly disporli nell’atrio senza una separazione così forte tature, abbia cambiato la neces- rispetto agli spettatori? sità di comunicare visivamente le proposte presenti in sala. Le tradi- Tutte le definizioni spaziali e di utilizzo dei luoghi sono state mediate zionali locandine su strada sono con ciò che era disponibile e sono state interpretate forzando la fun- state sostituite da un Ledwall, po- zione e lo spazio alla ricerca di un compromesso soddisfacente. Così, sizionato alla sommità della pen- quando ci siamo trovati di fronte all’atrio d’ingresso circolare alla som- silina d’ingresso, in cui scorrono i mità della scala d’angolo, abbiamo immaginato di poterlo trasformare titoli in programmazione. in un porticato urbano rialzato: una specie di piazza urbana coperta. In continuità con la precedente ristrutturazione che vedeva le casse aper- te sulla strada, abbiamo connotato l’atrio come fosse un luogo esterno sottolineandolo con l’uso del mattone faccia a vista, così come presente sul fronte di via Milazzo. Abbiamo privilegiato l’idea di un luogo di lavoro sicuro e protetto inserendo una vetrata che ne garantisse la climatizza- zione. Nell’edificio non vi erano veri e propri luoghi idonei ad assolvere la funzione di atrio: la porzione in successione con l’ingresso circolare era stata trasformata in refettorio e prospettava sulla via Milazzo, con finestre quadrate che non avevano la carica emozionale che avremmo

46/47 ADDIO CASSIERA

di I.R.

Una figura in via di estinzione a partire dal 2000 quando anche le monosale ebbero l’obbligo del registratore fiscale. Così ce la raccontano gli esercenti.

“La nostra cassiera storica, l’ulti- trasformazioni subite dalla figura della cassiera nel tempo. La linea di ma della sua generazione, ha ini- demarcazione tra vecchia e nuova biglietteria (perché è la biglietteria, ziato con noi nel 1973 e ci è rimasta il microcosmo in cui si muoveva la cassiera d’antan) si può tracciare in per 38 anni. Viveva il cinema come un anno preciso: il 2000. “In quell’anno si passò all’obbligo del registra- Quasimodo vive Notre Dame. Era tore fiscale in tutte le sale. Non più, come a fine Anni ‘90, un’opportu- un tutt’uno con la sala: la gente nità delle multisale, ma un dovere anche per le monosale di provincia”. non diceva ‘si va al cinema’, di- Addio al blocchetto di carta da 200 biglietti con la matrice, “diventato ceva ‘si va dalla signora Bionda’. un memorabilia di biglietteria come la pellicola è un memorabilia di C’era chi passava il pomeriggio cabina”, addio anche alla cassiera come figura professionale monofun- solo per fare due chiacchiere, e zionale. “La computerizzazione ha aperto alla possibilità di usufruire ogni cliente aveva un sopranno- della biglietteria con mille nuove opportunità. Oggi abbiamo postazioni me. Conosceva le abitudini di combo in cui la biglietteria è integrata nel programma del computer del tutti, assegnando i posti in base bar, e quindi magari durante la settimana, se c’è poca gente, la persona al alle consuetudini. Per il pubblico bar ti fa anche il biglietto. La cassiera oggi, anche nelle monosale, è una dei sessanta-settantenni, era un persona polifunzionale”. Che, in alcuni casi, viene formata direttamen- punto di riferimento: non le chie- te dall’azienda: “Oggi le cassiere sono cresciute professionalmente, si devano come fosse il film, ma se il occupano anche di questioni tecniche. Abbiamo invitato il nostro per- film fosse per loro. In tempi in cui sonale a fare corsi specifici, per imparare altre mansioni – racconta Fa- non c’era Internet, e non esisteva- bio Fefè, amministratore delegato di Circuito Cinema - Nessuno da noi no le app, lei era il Google cinema fa più una cosa soltanto. Il che non significa che la persona alla cassa sia di Lucca”. destinata a sparire: l’acquisto di biglietti online è arrivato solo al 20%, Fotografa benissimo la situazio- anche se è raddoppiato rispetto all’anno scorso. Tante persone sono ne Jacopo Gialdini, esercente di affezionate all’acquisto in luogo, altri decidono cosa guardare pochi mi- Lucca: la sua famiglia, da almeno nuti prima di entrare in sala. E per gli anziani fare il biglietto in cassa è un paio di generazioni nel cine- ancora una delle poche forme rimaste di socializzazione”. ma, ha assistito direttamente alle Non tutti, però, sono in grado di evolvere in direzione polifunzionale.

voci - inchieste “Quando sono entrato come am- esercitano le maschere che ti ac- persone. Il rapporto tra pubblico che offre, ha rallentato il tempo di ministratore, la cassiera era già compagnano in sala”. e cassiera è più asettico, sia per evasione del servizio. Pare tutto stata licenziata – racconta Giu- A essere cambiato, nel tempo, non l’alta turnazione del personale, più facile, ma se prima una cas- seppe Colella, amministratore di è solo il lavoro della cassiera. Ma sia perché oggi, per come si è con- siera esperta, con la sua spugnet- SPEC Cinematografica – avevano in generale tutto il lavoro all’inter- figurato il mondo del lavoro, non tina verde, era una macchina da cercato di salvarla, affidandole no delle sale: “Oggi abbiamo tre esiste più il full time, ma i tre turni guerra in grado di sbigliettare 800 anche le pulizie, ma non c’è stato persone che fanno il lavoro che fa- da 14 ore. Così non si crea attacca- unità in 40 minuti, oggi il tempo nulla da fare. È l’evoluzione natu- ceva la signora Bionda – prosegue mento tra il lavoratore e il posto richiesto per fare lo stesso servi- rale del sistema, che va accettata Gialdini - che copriva da sola 40 di lavoro, e nemmeno interazione zio è aumentato. Tra pagamento anche quando a saltare è l’anello ore a settimana. In sala lavorano con il cliente”. in contante, con pos, pos banco- debole della catena. Oggi abbia- ragazzi giovani, che nel frattempo Ma la “spersonalizzazione” del mat, carta docente, abbonamen- mo due persone in sala che fanno studiano e hanno altri interessi: è rapporto non è l’unico svantag- ti, carta 18, buoni e coupon, per tutto, e da un unico computer il difficile che si intrattengano con gio che si porta dietro l’inevitabi- assegnare il posto, negli stessi 40 software fa partire la macchina, il pubblico come faceva lei”. Ma la le, ineluttabile, estinzione della minuti, servono due cassieri. accende e spegne le luci e gestisce differenza più grande si tocca con signora della cassa. “La nostra E le sale hanno 300 posti in meno la biglietteria. La figura della cas- mano nei multiplex. “Tra contrat- cassiera staccava, da sola, 800 di allora”. siera resta nell’immaginario. Le ti determinati e indeterminati, in biglietti a mano. Sembrerà strano, sue funzioni socializzanti, oggi, le un anno, ci lavorano almeno 200 ma la tecnologia, con tutti i servizi

48/49 cine gourmet

LA PIZZA DI VINCENZO MARRA di ANDREA GROPPLERO DI TROPPENBURG

Sesta cine-ricetta della rubrica di 8½ dedicata al rapporto tra cinema e cucina.

Vincenzo, qual è la sua cucina preferita? Metaforicamente, pensandosi come cuoco, questo ragionamento sulla pizza ha qualcosa a che fare con il suo cinema? Ho abitato diversi anni in Cile, ma la mia cucina preferita è la napoleta- na. Certo mi sono appassionato al cevice, ma i friarielli, le zucchine alla Probabilmente sì, metaforicamente questa cosa della pizza grande scapece e la parmigiana di melanzane sono un’altra cosa. Detto questo, e della pizza piccola mi rappresenta e mi piace anche nella vita. Sono mia mamma è un’intellettuale, mio padre è un intellettuale e io sono sempre stato allergico a queste regole ferree, che dicono che bisogna nato nel ‘72 e cresciuto nella logica che il cibo è semplicemente nutri- fare le cose in un certo modo. Devi essere libero di fare le cose a modo mento, la mia era una dieta quotidiana a base di bastoncini di pesce sur- tuo. Io a questo mestiere ci sono arrivato da autodidatta, non ho fatto gelati, cucinati di fretta, e solitamente bruciati da un lato. L’altra parte scuole, ho cavalcato questa passione che è sostanzialmente quella di della famiglia, mia nonna, era una brava cuoca, legatissima alla tradizio- raccontare storie. La libertà di creazione sta proprio nel tradire la tra- ne e al gusto, passavo le estati con lei e al ritorno a settembre pretendevo dizione. Io ho una troupe e devo fare novanta minuti e portare a casa la un trattamento migliore da mia mamma che puntualmente non arriva- storia su cui mi sono impegnato da contratto, il modo in cui lo faccio è va. Crescendo mi sono appassionato alla pizza napoletana, ho girato solo mio e non sono disposto a discuterlo con nessuno. Come diceva tutte le pizzerie di Napoli e ho stilato una mia personale classifica. La Rossellini, il cinema non è ingegneria, se fai un film o una pizza forse è mia pizzeria napoletana preferita si chiama ‘Vesi’, fa una pizza con farine più importante che rispetti il tuo gusto e la tua visione. Mia madre, che speciali, per me più digeribili, cotta a pietra secondo la tradizione, poi ho così denigrato rispetto alla cucina poco fa, poteva cascare il mondo ‘Michele’, e poi Napoli è piena di pizzerie tradizionali e molte hanno una ma a Pasqua ha sempre fatto la pastiera napoletana. Per incontrare il gu- loro peculiarità precisa, a Napoli la pizza non è mai la stessa, è ogni volta sto di mia sorella e il mio ha introdotto una variazione, invece del grano, un’esperienza diversa, non omologabile. che è un ingrediente fondamentale della pastiera napoletana, lei usa la La scuola napoletana della pizza si divide in due: quella grande, debor- crema pasticcera, e per me quella è la migliore pastiera che io abbia mai dante rispetto al piatto alla maniera di ‘Michele’ e quella piccola e con- mangiato. centrata che fa per esempio un’altra famosa pizzeria napoletana, ‘Bran- di’: sono entrambe ottime, perché la pizza napoletana, sia piccola che grande, non è ‘alta’ come dicono in molti ma ha un impasto morbido, soffice, che la rende unica.

voci - cine gourmet Rossellini e la realtà nel vostro cio attraverso un’attenta osserva- Questo al cinema, ma in cucina cinema: quali sono gli ‘ingre- zione della realtà. Ogni giorno mi qual è una ricetta che ci vuole suggerire? dienti’ e dove fa la spesa? immagino un film. Al ristorante, le persone vicine al mio tavolo, In venticinque anni di lavoro non diventano personaggi, su cui in- mi sono mai ispirato a nessuno, dago, speculo, invento storie che anche se devo dire che i film di spesso il giorno dopo dimentico. Rossellini, li sento non solo emo- Però se mi risuonano dentro per zionalmente ma anche fisica- un certo tempo, allora divengono mente. Spesso mi è capitato, dal necessarie e comincio a scrivere. mio primo film in poi, che mi pa- Per me è la stessa misura dell’a- LE ragonassero a questi mostri sacri: more, cioè quanto una persona Rossellini, Pasolini, Visconti, ma ti resta dentro quando non c’è e ZUCCHINE in verità non mi sono mai ispi- quanto ti cominciano a piacere i rato a loro. Rossellini, però, mi suoi difetti, in una sorta di gram- ALLA sembra di capirlo a fondo in tut- matica dell’assenza e dell’errore, te le sue scelte di regia, è l’unico ecco è un poco così che concepi- SCAPECE regista al mondo che mi genera sco l’amore e il cinema. Lo stesso questa suggestione, nel vedere i avviene quando scrivo, comincio suoi film, a volte mi sento lì con a scrivere e poi capisco, che non lui, mentre li gira. è amore ma una semplice infatua- Per quanto riguarda gli ingredien- zione e allora smetto, ho lasciato ti, per me il cinema è sempre stato un sacco di copioni. il tentativo di raccontare delle sto- rie, di lavorare sulla memoria che Come fa la ricerca nei suoi film? Ingredienti Preparazione quanto più è dolorosa meglio è. Sì, gli ingredienti sono senza dubbio Il mio ultimo film, La volta buona, 5 zucchine romanesche Lavare e tagliare le zucchine la realtà, la memoria e la dramma- ha un tema specifico, un procu- 3 spicchi d’aglio a rondelle. turgia. La cosa importante per me ratore di calciatori, e in generale 3 rametti di menta Friggere in aglio e olio di semi è la genuinità delle materie prime, tutti i miei film hanno un tema olio di semi di arachidi molto caldo, levando l’aglio annerito. così come immagino il pubblico, specifico (i pescatori, i soldati, la 10 cc di aceto di vino bianco Asciugare in un foglio di carta assolutamente genuino, privo di guardia di finanza, la sottrazione da cucina e condire in una zuppiera simboli intellettualoidi, credo di di un bambino, i preti ): scrivo di con aceto, sale e menta. fare una cucina cinematografica getto e poi faccio una profonda Lasciare riposare almeno 1 ora. di sostanza e qualora dovesse pre- ricerca per misurare il grado di Servire a temperatura ambiente. valere la forma credo che mi met- verità di quello che ho scritto, terei in discussione. Detto questo, perché la mia pretesa è che quello a una mia forma, dal primo film che mi sono inventato deve corri- ad oggi, non ho mai rinunciato, spondere alla verità, poi natural- però non ne ho fatto una manie- mente modifico le cose che non ra. L’equilibrio per esempio, il mio mi tornano, però di solito poco o penultimo film, è fatto da cento non troppo, perché nell’ossatura piani sequenza con l’attore prota- generale le modifiche non inci- gonista che è in ogni inquadratu- dono mai nella struttura e questo ra, uno sforzo profondo che mi è significa due cose, la prima che ci costato in salute… Faccio la spesa ho visto giusto scrivendo, la se- soprattutto dentro di me, che è conda che le vere pepite le trovo un viaggio doloroso e faticoso, i nella mia fantasia. film li scrivo da solo e per cercare di tirare fuori le cose importanti cerco di andare in profondità. È un atto in qualche misura violen- to, una violenza che faccio a me stesso, non mi riesco a suggestio- nare leggendo un libro, devo tro- vare il racconto in cose che sono avvenute a me o comunque che mi sono vicine. Detto questo, mi piacerebbe che arrivasse un pro- duttore a propormi un libro da cui trarre un film. Poi, la spesa la fac-

50/51 voci - inchieste rewind

RACCONTI DI CINEMA REPRINT ANNIVERSARI

54 Lo Sceicco bianco 56 Documentari 58 a 50 anni da Film Burn subacquei Metti, una sera a cena di Roberto Agostini di Italo Calvino da “Cinema Nuovo”, n. 80, 1956, pp. 214 di Andrea Mariani 59 Sovvertire le regole di Beatrice Fiorentino

52/53 racconti di cinema

LO SCEICCO BIANCO FILM BURN

di ROBERTO AGOSTINI

rewind - racconti di cinema Un dolce dondolio poi un cinguettio soave e infine ‘n vortice dai con- torni acidi, grande più o meno quanto ‘na grossa orchidea, mi ha come risucchiato. Sarà stato ‘n fiore alieno che ne so? Sento nell’aria un odore strano, di bruciato, sarò io che vado a fuoco? Io stavo tanto bene lassù, avevo pure adocchiato ‘na bella signora col cappello che mi guardava da lì sotto, rapita, ma dov’è? Mamma mia mi gira tutto, ho fatto un volo, tre capriole per aria… non c’ho niente de rotto mi pare, gambe, braccia… almeno quello. Adesso non c’è più nessuno, i capigruppo, le comparse, le odalische e s’è alzato pure ‘n vento tanto strano. Oddio! E noo!! N’do sto? Aspetta, aspetta questa me pare la Colombo. Certo! Via Cristoforo Colombo, la riconosco. E mo come ci ritorno lì sul set che so’ vestito micio micio … Ooplà! Ecco fatto, pure da sceicco. Guarda ‘ste macchine, Madonna Santa, sembrano mis- addio scemii! Ammappa quanta sili! Ma che m’ha risucchiato davvero un buco marziano? Ahò, io c’ho monnezza che ce sta in giro, però paura! Devo stare calmo, ecco, ‘sta specie de bolide rallenta, c’è il sema- le peripatetiche ce stanno sem- foro. Aspetta un po’… pre, eh!? Quanti sfollati, e quanti -scusi che mi dà un passaggio? Devo tornare a lavorare, sto facendo un foto- ‘mbriachi… Ecco perché quello romanzo, che non mi riconosce? Sono il Sig. Rivoli, l’attore…- leggeva l’articolo della panza gon- Mammamia questo nun me riconosce, oppure nun ce sente, no, no, fia de birra! non mi vede proprio! Ho capito sono diventato invisibile. Ma dimme te! Embè? Pure il guardiano de Cine- Manco a dì che passo inosservato, eh! Aspetta che pure questo rallen- città nun me riconosce e manco Guarda eh, guarda come va a finì ta, ma che macchina è, ‘na specie de siluro, però è decappottabile mo lui me vede? Sandra, se la becco, la male eh! C’è nessuno? Saranno je salgo di dietro. Ma qui ce stanno già due passeggeri e pure davanti, e possino, è stata Sandra la sarta so’ le traveggole ma vedo qualcuno nun me se filano proprio! Ecco qua, mi metto in mezzo a ‘sti due, tra il sicuro! Quella è ‘na strega m’hà in lontananza che apre la porta… maschietto e la femminuccia tanto nun me vedono. Oplà! Ecco fatto. fatto un sortilegio… quando ritor- sentano, mi scusino! Chi siete? Questo va proprio verso la pineta dove stavo a girà, meno male, va. No! no indietro nel passato nun glieli Mi potete aiutare? Non mi sento- Ma che me stai a fa, l’inversione? No! Aiuto ma ‘ndo me porti? Oddio faccio più l’autografi pe’ i nipoti e no neanche loro. Aspetta un po’, come core ‘sto cassone de ferro! Madonna Santa!? Va verso er centro. tutti l’amichetti sua! Che vuoi gli c’è ‘na stanza piena de gente… Ma questi che c’hanno in mano ‘na specie de scatoletta luminosa, uno autografi? Je dico la prossima vol- ma chi so’? Me parono, sembrano ci parla dentro, oddio è ‘na ricetrasmittente segreta? Ma che stamo nel ta, e allora va, vattela a pia’ in der studenti, boh! Ce sta un vecchio futuro e gli esseri umani se so immischiati coi marziani e si stanno a pre- posto, va! Anzi va a morì ammaz- dentro che parla, e sti ragazzi che para’ pe torna’ nello spazio? Speriamo che non me se portano via con zata, così te ‘mpari! Brr ammazza je pendono dalle labbra… famme loro. Che stanno a fa’ sti cervelloni? Uno legge e l’altro scrive. Vedemo che freddo che me so’ preso, fam- sentì che dice. un po’ questa che se scrive? me entra’ dentro un po’, ecco mi Ecco quello che capitava a volte -quando arriviamo voglio farti un regalo. però almeno rispondimi- faccio tutto il corridoio e vedo se quando si bruciava la pellicola du- Vabbè … sarà un linguaggio cifrato, e quest’altro qui invece che se legge, c’è qualcuno, o magari anche ‘n rante la proiezione del film, adesso mo’ sbircio, eh!? pronipote de qualcuno che cono- come allora, nella cabina del pro- “ecco la prova che gli alieni vivono fra noi”. scevo. Qui per esempio ce stava iezionista se ne stanno prendendo Ecco fatto, lo sapevo io che questi c’entravano co’ li marziani! Ma in- Germano er capogruppo e qui cura, la stanno riparando, perciò tanto siamo arrivati a Ostiense e la Piramide Cestia sta ancora lì, meno invece c’era Marzia la segretaria potremo ricominciare a vedere il male. Aspetta un po’, famme vede’ quest’altra notizia che sto tizio se sta di edizione. Ma qui invece non c’è nostro amato film, oltre che conti- a legge con tanto interesse. nessuno. C’è qualcuno? Aiuto! E nuare a condividere in comunione “Il mondo è impreparato alla nuova pandemia che potrebbe uccidere 80 mi- vuoi vedere che stavolta è tutto quest’atto sacro, questa ierofania, lioni di persone in 36 ore!” all’incontrario, voi scommette? perché come diceva il grande Fellini: Ammazza che casino ‘sto futuro! Le luci t’accecano, le motociclette Magari adesso è pieno de gente “Il cinema è il modo più diretto per so’ infernali e io sto dentro sta macchina der cavolo! Intanto mi sbircio che me vede ma sono diventa- entrare in competizione con Dio”. quest’altra notizia de questo qui: “Pancia da birra come nasconderla e ti loro invisibili agli occhi miei? Oddio, oddio, ma che succede?! sgonfiarla” beh, che dire, basta che nun bevi più, no!? Toh! Eccote pure Ma che sta a dì questo? Me gira il Colosseo. E anche questo, c’è ancora. Vediamo invece che dice e a che tutto nantra volta, aiutooo!!! Vo- punto sta questa ragazzetta accanto a me. Scrive ancora. loooo!! Ecco mi pare che tutto… Vediamo un po’. ma, ma, ma… eccola di nuovo, la -Perché non mi parli? Forse ho fatto qualcosa di sbagliato, mi rispondi?- ragazza col cappellino… mmmh e mo vojo proprio vede’ che gli rispondeno… mi sembra proprio caruccia. -Aspetta che sto leggendo un articolo sulla nuova pandemia che potrebbe -La-la-la laa, oh, bonjour!- uccidere 80 milioni di persone in meno di 36 ore- -buongiorno, signor Rivoli? - Oddioo! Ma nun me di che questo accanto sta a risponde a quest’altra -Sii…- vicino??? E io sto in mezzo a sti due matti! Stanno a due centimetri di -Fernando Rivoli?- distanza e non si parlano!? Non ce la faccio più mi sento male, svengo!! -Si, che mi conosce?- Oddio sto ancora in macchina, in mezzo a sti due, altro che mezzi mar- -Piacere, Wanda Giardino… que- ziani questi so’ due scemi de guerra! E me so’ addormentato pure, ma sto è per lei, lo apra- quanto ho dormito, ‘ndo sto? Questa mi sembra, se non sbaglio proprio -E che è, un dolce?- la Tuscolana e quello è l’ingresso de Cinecittà. Adesso appena rallente- ...fine. no sti matti me ne scappo proprio dentro gli stabilimenti. Lento lento,

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Documentari subacquei di Italo Calvino da “Cinema Nuovo”, n. 80, 1956, pp. 214

Quando scrive nel 1956, Italo Cal- manca piuttosto il rigore scien- questa sua prima prova, di un po’ vino non è nuovo agli interventi tifico, la ricerca e la divulgazione di grossolanità e di scarsa finezza: critici su “Cinema Nuovo”, né lo è culturale precisa e approfondita. d’altra parte è anche nel carattere su altre riviste come “Filmcritica” Il documentario – sembra inten- volitivo del cineasta, qui eviden- o “Rassegna del film”. Su “Cinema dere implicitamente Calvino – temente ancora acerbo, che Cal- Nuovo” aveva tracciato un primo tradisce l’immaturità del cineasta vino trova il limite di questa prima bilancio del suo rapporto con il alla prima regia e un’attenzione prova. Sarà, curiosamente proprio cinema qualche anno prima, nel tutta sbilanciata sulla scoperta Quilici a chiedere l’aiuto di Calvi- 1953, con l’articolo Il realismo ita- non tanto del mondo sommer- no in un progetto di poco succes- liano nel cinema e nella letteratura so, quanto delle potenzialità del sivo: Tikoyo e il suo pescecane, scrit- (n.10, 1° maggio 1953). È una voce mezzo cinematografico in immer- to appunto con lo scrittore ligure spesso presente la sua, nel cam- sione: un entusiasmo da neofita e Premio Unesco per la Cultura po della cultura cinematografica. insomma. In seconda battuta e su del 1961. Il film è il secondo lavo- L’intervento che pubblichiamo un piano altrettanto tecnico rien- ro di finzione del documentarista su Reprint si configura come la tra l’annoso problema del voice (dopo Dagli Appennini alle Ande, risposta ad una lettrice, all’inter- over, in questo caso di Gian Ga- del 1959, anche se Ultimo paradiso no della rubrica “Parlatoio”, dove spare Napolitano: “la perorazione del ‘56 si presenta come una solu- lo scrittore prende una posizione quasi di ‘propaganda subacquea’ zione intermedia tra il documen- piuttosto netta nei confronti del di Napoletano risulta un po’ va- tario e la fiction). Il film vira – an- documentario d’esordio di Fol- cua”. Il riferimento alla nozione di che grazie all’influenza di Calvino co Quilici, Sesto continente: primo propaganda, in effetti, è piuttosto – con decisione verso il racconto film lungometraggio a colori sul interessante: evoca il modello del favolistico: il racconto dell’ami- mondo sottomarino. A leggere Luce o dei documentari di epoca cizia tra un ragazzo polinesiano e con attenzione, le parole di Calvi- fascista, la cui impostazione edu- un mostro del mare è apologo, av- no sembrano toccare due diverse cativa era pesantemente centra- venturoso e poetico, del rapporto dimensioni: c’è da una parte una ta su una voce guida retorica ed tra uomo e natura. È lo stesso Qui- lettura competente, consapevole enfatica. Il problema del ricorso lici a raccontare come andarono ANDREA MARIANI ANDREA del dibattito coevo e pertinente alla voce guida, gli eccessi dei suoi le cose: “dopo qualche insistenza nei riferimenti a problemi di or- caratteri di normatività e di enfasi – ricorda Quilici in un’intervista di dine tecnico o stilistico; dall’altra sono evidenti anche nei docu- recente – riuscii a vincere la sua c’è una poetica che ritorna sem- mentari italiani negli anni del do- ritrosia [di Calvino – ndr]. Gli pia- pre negli interventi di Calvino e poguerra e rallentano indubbia- ceva quell’atmosfera fantastica da che ritroveremo alla fine della mente il cammino di innovazione favola oceanica. Mi disse soltan- carriera dello scrittore, lucida- nel campo di sperimentazione del to che lo squalo avrebbe dovuto mente organizzata nelle lezioni documentario. Calvino ribadisce strizzare l’occhio. Quello di Ram- americane. Andiamo con ordine. la centralità della questione e la baldi [un modellino realizzato da Sul primo fronte lo scrittore la- debolezza della soluzione trova- Carlo Rambaldi – ndr] a momenti menta, nell’approccio stilistico ta da Quilici. Sul fronte poetico, neanche apriva la bocca. Deci- e poetico adottato da Quilici, un invece, balza all’occhio l’insof- demmo di usare un piccolo squa- eccesso sensazionalistico e “mo- ferenza di Calvino per un’impo- lo vero. In quei posti è abbastanza strativo” che, nella lettura di Cal- stazione sensazionalistica e poco normale che i bambini giocassero vino, alla fine finisce per tradire attenta all’approfondimento, alla con questi animali. Buttammo un’impostazione vetusta: “Il tono correttezza del dato, alla costru- in una piscina uno squalo tigre. di scoperta di un mondo, sul qua- zione attenta dell’informazione, Lo filmammo. Era totalmente di- le Sesto continente è impostato, ap- alla misura della divulgazione. sinteressato a noi” (intervista di pare fuori tempo, superato: di vita Quilici è un esploratore appassio- Antonio Gnoli, “la Repubblica”, 5 sottomarina al cinema se n’è già nato, un avventuriero della tecni- luglio 2015). vista parecchia”, scrive Calvino, ca cinematografica che pecca, in

rewind - reprint IN QUESTO NUMERO UN ARTICOLO ESTRATTO DA “CINEMA NUOVO” 1956

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a 50 anni da METTI, UNA SERA A CENA

rewind - anniversari a 50 anni da Metti, una sera a cena Innanzitutto, il contesto: il 1969. Non è un caso se qui si azzarda Non un anno qualsiasi, ma uno un audace, forse apparentemente spartiacque definitivo. Da ogni pretestuoso accostamento, met- possibile punto di vista: sociale, tendo sullo stesso piano costume politico, culturale, generazionale. sessuale e politica (politica che SOVVERTIRE Chi (come chi scrive) non ha vis- sottende alla stagione terroristi- suto in prima persona quella sta- ca) come tratti distintivi di un’E- gione senza dubbio straordinaria ra. Perché proprio in quegli anni, LE REGOLE e irripetibile - che forse Bertolucci sulla linea di confine tra i ‘60 e i chiamerebbe “gli anni della rivo- ‘70, sesso e politica camminano di BEATRICE FIORENTINO luzione” - può soltanto sforzarsi a braccetto. Un filo sottile lega di intuire l’atmosfera dell’epoca e entrambi, quasi che fossero l’e- la portata globale degli eventi che picentro di una stessa forza cen- si sono affastellati in quei fatidici trifuga, esplosiva e incontenibile, mesi, provando a ricostruire, al- che aveva come obiettivo lo scar- meno parzialmente, la sfaccettata dinamento delle vecchie dina- complessità del tempo. miche che avevano dominato la Per prima cosa, è bene considera- sfera pubblica e privata negli anni re che mai come allora i costumi del Dopoguerra. Se non altro nella degli italiani stessero cambiando, loro sublimazione artistica: al ci- adeguandosi alle trasformazioni nema, a teatro, nelle arti figurati- culturali e sociali che investivano ve. Basti pensare alla declinazione il resto del mondo. Oltreoceano si di segno politico che si cela dietro consumava l’estate dell’amore e all’erotismo che domina la filmo- l’onda lunga di quella magica sta- grafia di autori come Pasolini o gione di ideali e di libertà lambiva Ferreri, dove la rappresentazione anche l’Europa, solo un attimo esplicita e fuori canone della ses- prima che speranze e utopie nau- sualità è brandita come un’arma fragassero spazzate via dall’in- contro il conformismo e il ben- cubo della droga e della violenza pensantismo che allora (come che hanno ben presto segnato gli oggi) ammorbavano la società. Anni ‘70. Seppure in scala ridotta, Questa premessa è indispensabi- l’Italia avanzava sulla medesima le per inquadrare, almeno som- scia dell’America. Infatti, mentre mariamente, lo scenario che fa da gli italiani provavano (non senza sfondo all’uscita di Metti, una sera fatica) a liberarsi della zavorra del a cena. Perché guardare o riguar- conservatorismo e le italiane ce dare il film oggi, a 50 anni dalla la mettevano tutta per provare a sua uscita in sala e in un contesto spezzare le catene del patriarcato radicalmente mutato, affidandosi pretendendo per sé alcuni legit- ai canoni di giudizio contempo- timi diritti (anche legati alla sfera ranei e senza tenere conto della sessuale), contemporaneamente prospettiva dell’epoca, rischia di si ravvisavano i prodromi degli portare lo spettatore fuori rotta. Anni di piombo, il cui inizio si Proprio perché ci troviamo din- ascrive proprio a quell’anno, con nanzi a un’opera saldamente an- il cosiddetto “Autunno Caldo” e corata al suo tempo ma anche in- la strage di Piazza Fontana. solita, collocata a un crocevia tra

58/59 cinema commerciale e d’autore. E con cui condivideva interessi, a questo punto della premessa va passioni, letture e posizioni anti- introdotta anche la figura di Giu- fasciste. Una volta nella Capitale, seppe Patroni Griffi, intellettuale avvicinatosi al mondo del tea- raffinatissimo e decisamente ati- tro e del cinema (dove conobbe pico nel panorama italiano, diffi- , cui era unito cilmente inquadrabile, “diverso”. da una sincera amicizia) esordì Spesso tacciato di snobismo, fu pubblicando romanzi e racconti un artista poliedrico, attratto da i cui personaggi di borgata, con molteplici interessi (teatro, cine- la loro fisicità disperata e irruen- ma, televisione, ma soprattutto ta, precorrono i Ragazzi di vita di narrativa e poesia, considerando- Pasolini. A questa stagione lette- si in primis un uomo di lettere), raria segue un intenso periodo di fortemente inviso alla critica mi- attività teatrale, durante il quale litante di allora che sicuramente Patroni Griffi si afferma come non gli perdonava i natali aristo- commediografo ma anche come cratici, il punto di osservazione regista, firmando diverse regie di borghese, l’assenza di un pedigree successo. I personaggi che escono intellettuale esplicitamente en- dalla sua penna sono tutti alfieri gagé. Né, forse, l’omosessualità, di una visione del mondo mo- purtroppo non ben accolta nei derna e trasgressiva. Anticipano i cenacoli della sinistra radicale, tempi dimostrandosi emancipati nonostante le pretese libertarie. e di ampie vedute, aperti a esplo- “Peppino” Patroni Griffi, descrit- rare i rapporti erotico-sentimen- to da chiunque lo abbia incontra- tali in ogni possibile declinazione to come un uomo di compagnia e comunque sfuggendo ai tabù e e di cultura, affabile, provocato- alle gabbie imposte dalla società. re, libero, era nato a Napoli nel Un solo desiderio - per stessa 1921, ma si trasferì a Roma subito ammissione dell’autore - sembra dopo la guerra come altre figure accomunarli: sovvertire le regole. dell’ambito culturale partenopeo. Faceva parte di quel gruppo di amici formato da Antonio Ghi- relli, Raffaele La Capria, France- sco Rosi, Francesco Compagna, Maurizio Barendson, Tommaso Giglio, Achille Millo, Giorgio Napolitano: il gruppo di Chiaia,

rewind - anniversari a 50 anni da Metti, una sera a cena IL SUCCESSO TEATRALE

Metti, una sera a cena debutta il 10 febbraio del 1967 come commedia teatrale all’Eliseo di Roma e il suc- cesso è travolgente. La regia fu af- fidata a Giorgio De Lullo e vi reci- tavano gli attori della Compagnia dei giovani: , , Elsa Albani, Carlo Giuffré e . Le repliche dello spettacolo proseguiranno ininter- rottamente per due anni. Ed è da questo memorabile trionfo che Marina Cicogna ebbe l’idea della trasposizione della pièce teatrale su grande schermo. Con lei lavo- rava un giovanissimo Giovanni Bertolucci (cugino di Bernardo e Giuseppe), ai primi passi nel set- tore della produzione. Patroni Griffi non era digiuno di cinema. Nel 1962 aveva girato il suo film di esordio Il mare, pelli- cola che chiaramente risentiva di influenze del cinema di Antonio- ni. Un triangolo amoroso (due amanti uomini e una donna) av- volto nelle brume di una Capri inedita, fredda e irriconoscibile. Ma l’accoglienza, in quel caso, era stata tutt’altro che generosa. Arcalli, monta(u)tore del cinema bellissima, lui uno scrittore di tea- per stessa ammissione del regista, Il successo teatrale di Metti, una italiano a un punto di svolta del- tro in crisi creativa (metafora che che descrive la sua opera come la sera a cena, al contrario, sembrò la sua carriera, con la personalità ne allude all’impotenza). L’altro, storia di “un gruppo di amici che di buon auspicio per la nuova pro- giusta per riuscire ad “aggredi- Max, è un attore teatrale bisessua- non accettando più la famiglia duzione. Che investì parecchio, re” il materiale inventando una le, migliore amico di lui e amante naturale, se ne crea una di elezio- circa mezzo miliardo di allora, nuova forma narrativa. Libera e di lei. E l’altra è Giovanna, single ne. Una coppia che vive con i suoi quando un film medio non co- audace, come il contesto che rac- rassegnata e innamorata di Mi- amici e che pian piano diventa stava più di 200 o 250 milioni di conta. L’unità di spazio e di tempo chele. A interrompere la quadra- una famiglia: dove si dividono gli lire. E fu così che Peppino, a set- è spezzata, si procede per bruschi tura del cerchio e la monotonia, affanni, i sentimenti, i desideri”. te anni dai fischi che salutarono salti assecondando il principio Ric, uno studente anarcoide che il suo primo film, tornò dietro la della libera associazione e i pro- si offre come gigolò per sbarcare il Gli elementi che hanno decreta- macchina da presa con una nuova cessi della memoria, ma la messa lunario ma finisce per innamorar- to il grandissimo successo com- sceneggiatura firmata a sei mani a fuoco è immutata. Al centro del si di Nina, invaghito al punto da merciale di Metti, una sera a cena, con Carlo Carunchio e un giova- film, come nel testo teatrale, un minacciare il suicidio. Elemento ottavo incasso della stagione con nissimo Dario Argento, prossimo triangolo amoroso che finisce estraneo al nucleo, come l’ospi- 1.428 milioni di guadagno al botte- a esordire anche lui come regista. per diventare un pentagono. Una te del Teorema di Pasolini, arriva ghino, sono diversi e di varia natu- Ma alla ri-scrittura della versione storia d’amore a cinque. Nina e a sconvolgere - con le sue folli ra. Di certo il cast internazionale è cinematografica di Metti, una sera Michele sono una coppia di co- richieste d’amore - gli equilibri stata una delle carte vincenti. Je- a cena ha senza dubbio contribu- niugi annoiati dell’alta borghesia. consolidati di questa bizzarra “fa- an-Louis Trintignant era Michele, ito la presenza di Franco “Kim” Lei è una donna vivace e curiosa, miglia”. Poiché di questo si tratta, per il ruolo di Giovanna era stata

60/61 scelta Annie Girardot; la protago- Anche Gian Maria Volonté, prima nista, invece, era quasi un’esor- di affermarsi come il volto uffi- diente, la giovane brasiliana Flo- ciale del cinema civile, avrebbe rinda Bolkan (al secolo Florinda dovuto far parte del cast, scelto Soares Bulcão) scoperta da Mari- in un primo momento per il ruo- na Cicogna, in seguito sua compa- lo dell’amante. Ma spaventato gna di vita per oltre vent’anni. Si all’idea di partecipare a un film trattava di un’importante scom- dall’etichetta così vistosamen- messa. Semi sconosciuta e alle te mondana in piena epoca di prime armi avrebbe dovuto mi- contestazione, abbandonò il set surarsi con attori esperti di fama all’improvviso, pochi giorni pri- mondiale. Eppure, la sua bellezza ma dell’inizio delle riprese. Al suo elegante, la spontanea natura- posto fu chiamato Tony Musante, lezza, la sensualità discreta, ne scritturato al volo mentre si con- hanno fatto una Nina perfetta, cludevano le riprese de Il merce- l’icona di una nuova femminilità nario in Spagna. Sul set di Metti, fuori canone, riconosciuta anche una sera a cena Musante conobbe ai David di Donatello e premiata anche Dario Argento, che lo dires- con la Grolla d’oro per la Migliore se nel suo esordio, L’uccello dalle Attrice Esordiente. Per lei, Enrico piume di cristallo. Lucherini, agente stampa che se- guiva il lancio del film, costruì ad hoc la notizia, rimbalzata in tutto il mondo, di un flirt con Richard UNA ZATTERA Burton, aspettando l’ennesimo ricovero ospedaliero di Liz Taylor per diffondere la voce che per col- A CUI AGGRAPPARSI pa di questa presunta liaison aves- se tentato il suicidio.

Ma il segreto del successo del menti, riuscendo a soddisfare sia film, che lo stesso anno fu sele- gli appetiti di un pubblico medio, zionato per partecipare al 22° Fe- attratto dalla promessa erotica, stival di Cannes, non è imputabile che di quello “impegnato”, appa- solo al cast. La musica di Ennio gato dalla patina di intellettuali- Morricone, premiata ai Nastri smo che accompagna alcune da- d’argento 1970 per la Migliore tate discettazioni psicanalitiche, Colonna Sonora e unanimemen- filosofiche ed esistenziali, allora te considerata tra i capolavori del molto in voga. Nella scena centra- maestro, è stato un altro tassello le della pellicola, un amplesso che sicuramente decisivo per traghet- si consuma nella relazione adulte- tare il film oltre il suo tempo. Un rina tra Nina, Max e Ric, si riassu- tema musicale divenuto un classi- me l’essenza del film. Da un lato co del lounge italiano, sole tre note scandalosa, dall’altro seducente. in sequenza ascendente che tor- Perfetta per lo spettatore bor- nano ossessivamente creando un ghese che gradiva l’idea del sesso feeling di languido struggimento, sullo schermo, ma era infastidito sensuale e sentimentale, ironico dalla volgarità. e disperato e perfettamente co- Nel biennio 1968-1969 la censura erente con le atmosfere del film, aveva allentato le maglie facendo che il compositore avrebbe scar- sfoggio di una certa “apertura” ri- tato e per il quale invece Patroni spetto a una rappresentazione più Griffi (con l’apporto fondamen- esplicita della sessualità (seppure tale di Arcalli) avrebbe invece in forma contraddittoria, poiché insistito: “questo è bellissimo, lo “esplicita” non è sempre sinoni- dobbiamo tenere”. mo di “libera” o “emancipata”). Ma in particolare Patroni Griffi ha La sequenza in questione non indovinato l’equilibrio generale passò comunque inosservata e di questa storia di amori e tradi- Marina Cicogna, nel documenta-

rewind - anniversari a 50 anni da Metti, una sera a cena rio di Antonio Castaldo Metti, una sera a cena con Peppino, ricorda di aver dovuto passare diverse ore a contrattare con la commissione per evitare tagli importanti. Del resto, Peppino era avvezzo alle noie con la censura e in un certo senso, fedele alla sua natura pro- vocatoria, queste piccole grane lo rassicuravano sul fatto di aver im- boccato la strada giusta. E infatti il cinema d’autore, ma anche quello “medio” di Damiano Damiani, Pasquale Festa Campanile, Mauro Bolognini, Salvatore Samperi, Al- berto Lattuada come lo stesso Pa- troni Griffi, si trovava nel mirino del “controllo” in quanto mezzo di divulgazione per tutti quei cam- biamenti del costume morale che stavano investendo la società, con- siderati potenzialmente eversivi. A confermare Metti, una sera a cena tra i titoli più moderni della sta- gione concorre senz’altro anche la rappresentazione di un nuovo modello femminile: Nina è infatti una donna libera, disinibita, pa- drona di sé e alla ricerca del pro- prio appagamento sessuale, senza quasi macellai del sesso, risolvo- Egli indaga nella sfera del deside- sensi di colpa. Qualcosa di im- no tutto con la maggiore esibizio- rio, ma anche in quella affettiva e pensabile fino a pochi anni prima. ne possibile di carne (…) Patroni sentimentale. Il corpo, in fondo, La stessa femminilità di Florinda Griffi punta tutto sul mistero ero- non è che un veicolo di emozio- Bolkan è inusuale. Il suo fascino tico, sulla perfidia evasiva, sulla ni che tendono a un concetto di è quasi androgino, le sue forme fantasia lancinante”. E ancora: “amore assoluto”, costante della sottili propongono un modello (…) senza che si veda un centi- sua produzione artistica (si pensi in netta antitesi rispetto a quel- metro di pelle, una mano lenta- anche ai successivi Addio fratello lo dominante delle maggiorate e mente, meticolosamente, scioglie crudele o Divina creatura). delle pin-up. Eppure, nonostante uno dopo l’altro i ganci del vestito È in un folgorante scambio di bat- i timori dei censori, Metti, una sera di Nina. E il colpo supremo, l’im- tute nel finale che si chiarisce il a cena non ha mai rappresentato magine più ardita e scandalosa: senso del film. Riuniti a cena e se- una reale minaccia all’ordine e quando si vedono intrecciate e duti attorno al solito tavolo, dove “buoncostume”. Per questo c’e- tese, disperatamente tese nello è ristabilito l’ordine precostituito rano già i feroci contemporanei spasimo, soltanto tre mani avvin- e ancora una volta si perpetua un Dillinger è morto e Teorema. Il ghiate nella frenesia dei sensi”. rituale di seduzioni e provocazio- sesso, tematicamente presente in A eccezione del personaggio di ni incrociate, Giovanna avverte i tutto il film, non è mai disturbante Ric (un giovanissimo Lino Capo- commensali che mai nulla potrà e la stessa sequenza dell’amore a licchio) presto “neutralizzato” allontanarla da quella tavola, alla tre, descritta poco sopra, sebbe- mediante l’inclusione nel gruppo quale ha intenzione di rimanere ne esplicita nei contenuti, è più ufficializzata con l’invito a cena, i saldamente abbarbicata. Al che espressione di sensibilità estetica soggetti non sono anarchici insur- Michele sentenzia: “Infatti non è che di furore ideologico. Primi rezionalisti, né marxisti rivoluzio- una tavola, è una zattera”. Proprio piani, particolari, giochi di sguardi nari, ma corpi desideranti che non così. Una zattera a cui aggrapparsi e di luci, porzioni di corpi che al- soggiacciono alle regole prestabi- disperatamente per non naufra- ludono senza mostrare. Lo spiega lite. L’erotismo, semmai, è usato gare nel vuoto e nella solitudine bene Filippo Sacchi, che nella sua in parte in chiave dissacrante nei dell’esistenza borghese. recensione del 4 maggio 1969 su confronti della stessa borghesia, “Epoca”, dando a Griffi del “dia- di cui Patroni Griffi non nasconde bolico artista” scrive: “Mentre tut- ipocrisie e autoreferenzialità, né ti gli altri puntano sulla quantità e, l’istinto all’autoconservazione.

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SCANNER RICORDI

66 Il cambiamento 86 Cinema e Zodiaco: 98 Omero Antonutti delle abitudini a ciascuno il suo film (1935-2019) di consumo di Francesco Lomuscio Shakespeare è stato di contenuti audiovisivi il nostro padrino e cinematografici di Paolo Taviani di Iole Maria Giannattasio, 88 La meccanica dei mostri: Monica Sardelli, da Rambaldi a Makinarium 99 Carlo Croccolo Bruno Zambardino di Andrea Guglielmino (1927-2019) Totò il mio maestro, Marilyn il mio FOCUS INDONESIA 90 Maurizio Nichetti. pazzo amore Il mimo con la parola di Fulvia Caprara 73 Le molte facce dell’orrore di Emanuele Rauco di Gian Luca Pisacane INTERNET E NUOVI CONSUMI 92 Mio fratello Carlo di Rocco Moccagatta 100 Quibi spuntini 78 Tra fede e arti marziali di serie d’autore di G. L. P. in formato smartphone di Carmen Diotaiuti

GEOGRAFIE

CINEMA ESPANSO 94 Il fattore R PUNTI DI VISTA di Oscar Iarussi 80 Quanto buio 102 Una messa nella Wunderkammer in discussione del di Wes Anderson cinema del “reale” di Hilary Tiscione Chiara Ferragni PRO COMPLEANNI di Damiano Garofalo 82 Montanelli e il cinema: un binomio sorprendente 96 Alberto Negrin. di Rinaldo Vignati Spirito militante 103 Via le grinze dal lenzuolo e passione per la storia Chiara Ferragni CONTRO di Gian Luca Pisacane di Paola Casella 83 Quando mise Pulp Fiction in prima pagina 97 Paolo Graziosi. di G. C. Un “divo” 104 BIOGRAFIE dalle molte facce di G. L. P. 84 Le 1000 e una vita di Bud Spencer di Chiara Nicoletti scanner

IL CAMBIAMENTO DELLE ABITUDINI DI CONSUMO DI CONTENUTI AUDIOVISIVI E CINEMATOGRAFICI

DI IOLE MARIA GIANNATTASIO, MONICA SARDELLI, BRUNO ZAMBARDINO

Un’indagine sul consumo di cinema e audiovisivo in Italia è stata condotta da Università Cattolica del Sacro Cuore e PTSCLAS S.p.A. per conto della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del MiBACT nell’ambito della valutazione sull’impatto della legge 220/2016 per l’anno 2018. L’indagine è stata condotta su un pubblico di 1.404 individui dai 3 anni in su, innanzitutto per fornire un quadro organico di diversi segmenti di pubblico, per comprenderne meglio i profili, le pratiche e le propensioni.

latest - scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema Il cambiamento delle abitudini di consumo dei fruitori di contenuti audiovisivi e cinematografici passa attraverso una pluralità di mezzi, tra televisione gratuita e a pagamento, DVD/Blu-ray, piattaforme SVOD (Netflix, Amazon Prime etc.), piattaforme VOD (Chili), YouTube, siti pirata e sala cinematografica. Ciascuno di essi riveste un’importanza differente a seconda delle tipologie di pubblico (fascia d’età e genere), importanza che negli anni e col moltiplicarsi dei canali di consumo è andata modificandosi.

Un’indagine sul consumo di cinema e audiovisivo in Italia è stata con- dotta da Università Cattolica del Sacro Cuore e PTSCLAS S. p. A. per conto della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del MiBACT nell’ambito della valutazione sull’impatto della legge 220/2016 per l’an- no 2018. L’indagine, condotta su un pubblico di 1.404 individui dai 3 anni in su, si è posta i seguenti obiettivi:

Fornire un quadro organico di diversi segmenti di pubblico di cinema e audiovisivo in Italia, per comprenderne meglio i profili, le pratiche e le 1 propensioni;

Testare una metodologia che studi le audience e la loro esperienza di fruizione nei diversi contesti di consumo, in linea con i cambiamenti 2 che hanno investito le forme della visione in una prospettiva crossme- diale e sottesa alla nuova disciplina del cinema e dell’audiovisivo;

Allineare l’Italia ai comparables europei e ai loro sistemi di monito- raggio delle audience, per permettere alle imprese cinematografiche e audiovisive e al soggetto pubblico di definire azioni a sostegno della 3 diffusione della cultura cinematografica e audiovisiva, con specifico ri- ferimento ai prodotti nazionali.

PUBBLICI E CANALI DI DISTRIBUZIONE

La televisione in chiaro si conferma nel tempo, tra i canali di distribu- zione, quello più utilizzato, specie tra le generazioni più giovani: il 58% degli under 19 vede spesso film usando la televisione gratuita; seguono le piattaforme SVOD, come Netflix e Amazon Prime, e la tv a pagamento (Sky, Infinity, TimVision). La tv in chiaro è, assieme a YouTube e alla sala, un mezzo trasversale a tutte le tipologie di pubblico. Ma se televisione e YouTube possono essere annoverati tra i canali ad alta accessibilità e ad alta frequenza, trasversali al genere sessuale e all’ampiezza del centro abitato del cam- pione, la sala, per la sua caratteristica di canale non domestico, ha una frequenza d’uso relativamente bassa: il 31,9% del campione va al cinema da una volta al mese a 5-6 volte nel corso dell’anno; il 26,5% dalle 3-4 vol- te alle 1-2 volte l’anno; una fetta del 20% del campione, costituita preva- lentemente dalle fasce in età più avanzata e tra coloro che risiedono in centri urbani minori, non frequenta il cinema.

66/67 Tra il 2001 e il 2017 il consumo in sala si è mantenuto più o meno stabile, intorno ai 106 milioni di biglietti venduti in media ogni anno. Le oscillazioni da un anno all’altro sono dovute alla presenza di titoli di richiamo.

Presenze in sala in Italia

2017 98.800.000

2016 112.000.000

2015 105.247.000

2014 96.670.000

2013 103.842.000

2012 98.286.000

2011 110.184.000

2010 118.305.000

2009 107.149.000

2008 108.666.000

2007 113.825.000

2006 102.428.000

2005 102.464.000

2004 112.903.000

2003 98.037.000

2002 103.768.000

2001 105.536.000

Fonte: MEDIASalles

Facendo riferimento alla compo- under 10, mentre diminuisce la frequenza di utilizzo. Solo una sizione dei pubblici che vanno al fascia di giovani adulti, probabil- parte dei pubblici – circa il 50% – cinema, dati Istat evidenziano nel mente a causa della maggiore pro- vi accede, e lo fa frequentemente. periodo temporale 2001-2018 un pensione a sperimentare le innu- Per chi vi accede, la frequenza d’u- aumento della quota percentuale merevoli possibilità di consumo so e quotidiana o quasi quotidiana degli spettatori ultra quaranta- prospettate con la crossmedialità. (vale per il 32,2% degli utilizzatori cinquenni che vanno al cinema; Pay-tv e SVOD sono considerati di pay-tv e per il 34,8% di coloro aumenta anche l’incidenza degli canali a media accessibilità e alta che usano piattaforme SVOD).

latest - scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema Il canale DVD/Blu-ray risulta a quasi tutti i giorni) e 15-24 anni (il acquisto di prodotti digitali vale L’uso dei Torrent e di forme ille- media accessibilità e bassa fre- 21,9% vede DVD più volte al mese 95,9 milioni di euro. cite di acquisizione di contenuti quenza d’uso, ovvero riguarda e il 16,2% tutti i giorni o quasi tutti Le piattaforme VOD e i siti pirata audiovisivi è dunque piuttosto strumenti usati soprattutto da i giorni). Il Rapporto 2019 di Uni- sono canali a bassa accessibilità limitato. La diminuzione degli il- alcune tipologie di pubblico e video ha stimato in 4,5 milioni i e bassa frequenza. Il 77,9% del leciti è confermata dall’indagine con un’intensità relativamente soggetti che nel 2018 hanno ac- campione ha dichiarato di non Fapav – Federazione per la Tutela contenuta. Anche in questo caso quistato o noleggiato prodotti di usare quasi mai/mai piattaforme dei Contenuti Audiovisivi e Multi- l’utilizzo coinvolge la metà del home entertainment su supporto Video On Demand e l’81,6% di mediali, che ha registrato nel 2018 campione, con una maggiore in- fisico o digitali. In percentuale si non utilizzare Torrent/siti pirata. una riduzione della pirateria del cidenza delle fasce 11-14 anni (il tratta dell’8,7% della popolazio- Come per le piattaforme a me- -8% sul 2017 e del -14% sul 2016. 20,8% guarda DVD più volte al ne italiana con più di 14 anni. Si dia accessibilità, la fascia 11-14 è La frequenza d’uso dei vari canali mese e il 20,9% tutti i giorni o qua- mantiene relativamente alta la la più disponibile a sperimentare varia in base all’età: la fascia tra i 15 si tutti i giorni) e, a seguire, 3-10 vendita o noleggio di DVD e Blu- canali diversi di accesso e di fru- e i 24 anni è la più eclettica ed ha anni (il 19,7% usa DVD più volte ray che, nel 2018, totalizza 193 mi- izione dei contenuti audiovisivi, la frequenza d’uso generalmente al mese e il 16,7% tutti i giorni o lioni di euro, mentre il noleggio e compresi YouTube e Torrent. maggiore.

Frequenza e accessibilità dei canali di distribuzione

Alta accessibilità Media accessibilità Bassa accessibilità Alta frequenza Tv in chiaro Pay-tv YouTube SVOD Media frequenza Bassa frequenza Sala cinematografica DVD/Blu-ray VOD Torrent/Siti pirata

CONTENUTI

Relativamente alle tipologie di I più giovani sembrano anche i Contenuti guardati più frequentemente (possibili più risposte) contenuto, il campione si orienta più coinvolti nella fruizione di prevalentemente verso i format contenuti brevi: i videoclip infatti seriali, seguiti dal 69% degli in- suscitano l’interesse del 24,4% del 69% Serie TV e web tervistati: le spettatrici sembra- campione complessivo, ma se si no prediligere questo formato: il entra nello specifico delle fasce di 76,6% delle donne lo indica infatti età, la quota sale al 33,3% fra gli 11- tra i più seguiti, contro il 61,5% del 14enni e al 35,6% fra gli under 10. 53,6% Film di finzione pubblico maschile che ha fornito Pur preferendo i format seriali e i la stessa risposta. film di finzione, gli 11-14enni costi- Oltre la metà dei pubblici segue tuiscono il pubblico generalmen- i film di finzione, mentre i docu- te più propenso a sperimentare 38% Film documentari mentari e generi di animazione e fruire di contenuti differenti. I arrivano al 38% degli intervistati: cortometraggi infine, sono visti se per questi ultimi sono natu- con frequenza da un residuale 38% Film di animazione/ ralmente i più giovani (sotto i 10 7,1% dei rispondenti. a cartone animato anni) a farla da padrona – il 90,2% di essi dichiara di vederli spesso – la preferenza per i documentari 24,4% Contenuti arriva dagli ultra cinquantenni, brevi, videoclip unito al consumo di serie e film di finzione. 7,1% Cortometraggi

Fonte: Valutazione di impatto della legge cinema e audiovisivo anni 2017-2018, a cura di RTI Università Cattolica e PTSCLAS S.p.A.

68/69 Il film (finzione, animazione o Film guardati in una settimana documentario) è piuttosto im- portante nelle abitudini di consu- mo degli spettatori, al punto che, 46% indipendentemente dal canale 27% 17% utilizzato per la fruizione, gli spet- 10% tatori guardano in media 2,69 film a settimana. Più precisamente, il 46% del campione dichiara di vedere 2-3 film a settimana. Sono i 15-24enni gli spettatori che inve- stono più tempo nella visione di film: uno su quattro di essi dichia- Nessuno/meno Circa 1 al giorno ra infatti di vedere più o meno un Circa 1 a settimana di 1 a settimana film al giorno. I giovanissimi (3-10 2-3 a settimana anni) hanno naturalmente la fre- quenza più bassa. Fonte: Valutazione di impatto della legge cinema e audiovisivo anni 2017-2018, a cura di RTI Università Cattolica e PTSCLAS S.p.A. Tra i generi, prevalgono action e comico: il genere avventura piace molto/moltissimo al 61,6% degli spettatori; l’action piace al 59%, la commedia il 57,5% e il comico il Stagionalità della frequenza delle sale (possibili più risposte) 57,1%. Il genere del film è il primo driver del consumo in sala, segui- Tutte to dal cast e dalle suggestioni for- le stagioni 31,7% nite dal trailer.

STAGIONALITÀ Autunno 30,7% DEL CINEMA

Il consumo di cinema mantie- ne un tratto stagionale, sebbe- Inverno 54,6% ne il 31,7% degli intervistati che frequentano le sale, la stagione invernale rimane la più getto- nata, preferita dal 54,6% del Primavera 9,1% campione. Segue l’autunno, per il 30,7%. La stagione calda, dun- que, è dedita ad altre attività e Estate 4,8% alle vacanze, ma l’assenza di ti- toli di richiamo è, per il 25,3% di coloro che frequentano il cine- Fonte: Valutazione di impatto della legge cinema e audiovisivo anni 2017-2018, a cura di RTI Università Cattolica e PTSCLAS S.p.A. ma, un deterrente alla frequenza delle sale nei mesi estivi.

Vale la pena ricordare che da di 121 milioni di euro incassati, su- quest’anno il MiBACT ha so- perando del 33% i ricavi del 2018 stenuto l’iniziativa Moviement, pari a 80,6 milioni. Si tratta della allo scopo di destagionalizzare il performance migliore degli ultimi consumo di cinema in sala. No- 8 anni: vale a dire che è dal 2011, nostante solo l’11,5% degli inter- anno in cui si incassarono 126,9 vistati abbia dichiarato di essere milioni di euro, che non si otte- a conoscenza dell’iniziativa, Mo- nevano risultati così significativi viement ha riscontrato un buon in termini di ricavi (quell’anno successo nel primo anno di attua- fu caratterizzato da diversi film zione. Dal 15 maggio al 31 agosto in 3D), nonostante le presenze in le sale hanno infatti raccolto 18,8 sala furono leggermente minori milioni di presenze, per un totale (18,7 milioni).

latest - scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema Produzioni e coproduzioni italiane, nel complesso, hanno incassato 9,9 milioni di euro (miglior risultato degli ultimi due anni).

Incassi e presenze 15 maggio - 31 agosto

TOTALE MERCATO PROD. E COPROD. ITALIANE Anno Incassi Presenze Incassi Presenze 2019 € 121.476.128 18.886.235 € 9.907.122 1.613.190 2018 € 80.611.583 13.054.676 € 8.526.295 1.467.243 2017 € 83.715.306 13.056.328 € 6.114.249 983.065 2016 € 100.334.445 16.172.809 € 9.974.531 1.720.315 2015 € 100.509.802 15.758.953 € 12.945.805 2.144.946 2014 € 91.555.551 14.930.228 € 6.297.770 1.193.439 2013 € 114.871.834 18.627.862 € 10.070.147 1.760.814 2012 € 84.504.194 12.982.873 € 1.952.680 360.159 2011 € 126.957.054 18.725.256 € 3.979.800 722.654 2010 € 112.483.073 17.438.211 € 10.044.009 1.722.069

Fonte: Cinetel

Il parere su Moviement e stato comunque ampiamente positivo e oltre l’80% degli intervistati si dichiara inten- zionato a intensificare il consumo in sala nei mesi estivi a seguito dell’iniziativa.

PRODUZIONE NAZIONALE

L’indagine evidenzia un dato positivo relativo alla fruizione di prodotti seriali nazionali, visti dal 68,4% del cam- pione, con una maggiore propensione da parte del pubblico femminile (73,1% rispetto al 63,8% del pubblico maschile e della fascia degli 11-14enni (il 79,2% dei quali dichiara di vedere serie italiane) seguita dai 15-24enni (73,9%), dai 25-49enni (69,8%) e dagli over 50 (67,9%). Il canale più utilizzato per vedere le serie italiane è la televisione (81% degli intervistati), seguita a distanza dalle piattaforme SVOD (34,3%), pay-tv (25,3%), YouTube (21,7%), siti pirata (2,9%) e piattaforme VOD (2%). In gene- rale dunque le serie italiane riscuotono un buon successo di pubblico, ma sono associate prevalentemente alla televisione gratuita, mentre si evidenzia una minore capacità di diffondersi attraverso gli altri canali.

La percezione sul cinema italiano è sostanzialmente positiva presso la metà degli spettatori che la considerano una forma culturale importante. Per quanto riguarda invece le preferenze sul canale, il 48,7% degli intervistati ritiene che il cinema italiano sia da vedere in tv, mentre il 38,1% preferisce fruirne in sala. Le fasce di pubblico più favorevoli al cinema italiano sono gli 11-14enni; i 15-24enni e gli over 50, mentre i 25-49enni lo valutano in manie- ra più tiepida. Come per le serie, anche il cinema italiano si guarda prevalentemente sulla tv gratuita. La media annuale di visione di film italiani e nell’insieme significativamente più bassa rispetto a quella di film in generale: 41,11 rispetto a 136,24 film all’anno. Il pubblico femminile è il più assiduo fruitore di film italiani, con una frequen- za d’uso annuale di 42,72 opere, indipendentemente dalle piattaforme utilizzate per vederle, rispetto ai 39,5 film italiani visti dal pubblico maschile. I maggiori fruitori di film italiani sono gli 11-14enni, che ne vedono una media di 60,68 ogni anno; seguono i 15-24enni, che ne vedono in media 51,99; i pubblici sotto i 10 anni, che vedono 47,22 film italiani all’anno; i 25-49enni, 40,9; gli over 50, 33,75 ogni anno. I film italiani sono visti con una frequenza quotidiana o quasi quotidiana in televisione (53,8%), a seguire sulla Pay Tv (16,8%), su YouTube (16,2%) e sulle piattaforme SVOD, come Netflix o Amazon Prime (13,4%). DVD e sala sono relativamente meno utilizzati (4,7% e 2,5% se si considera l’uso quotidiano o quasi quotidiano); per quanto riguarda la sala occorre naturalmente tenere presente che si tratta di un canale di cui di fruisce al di fuori delle pareti domestiche e questo influisce sui ritmi d’uso. Il canale meno sfruttato e quello dei servizi Video On Demand (per esempio Chili), usati solo dal 3,8% degli spettatori quotidianamente o spesso durante la settimana per vedere film italiani. Le piattaforme VOD sono anche, insieme ai siti pirata, gli ambienti meno spesso associati al cinema italiano: la quota di chi non ne fa mai o quasi mai uso per vedere opere della cinematografia nazionale e la più alta: l’81,3% per le piattaforme Video On Demand e l’85,2% per i siti pirata.

70/71

Una questione di identità. 13.466 isole abitate, 360 gruppi etnici, 719 lingue, un territorio che è paragonabile alla distanza tra Roma e Teheran. L’Indonesia sorge dall’avidità dei coloni olandesi, e si poggia sui Pancasila, i Cinque Principi che regolano lo Stato: la fede in un unico dio (non ben specificato), la rettitudine, l’unità del Paese, la difesa della democrazia (vista in chiave antioccidentale dopo la liberazione) e la costruzione di una giustizia sociale. Tutti li conoscono, ancora oggi, e permeano il cinema indonesiano. All’inizio i film sono d’importazione, si parla di “magia del XX secolo”. In Indonesia si realizzano principalmente documentari, e i registi sono stranieri. Georg Krueger e F. Carli sono i pionieri. Si interessano delle classi indigene meno abbienti, conducono studi antropologici. La svolta è nel 1926, a , con il primo film indonesiano, anche se realizzato dall’olandese L. Heuveldorp (scrittore con una lunga esperienza in America) e da Krueger: (La scimmia travestita). Un’ora per raccontare una leggenda dell’Isola di Giava: un uomo sembra una scimmia, e viene umiliato per il suo aspetto. Ma in realtà è un principe divino sceso dal cielo, che aspetta la sua principessa. Nasce il genere fantastique indonesiano. Sono i tempi del muto, il sonoro sarebbe arrivato poi nel 1931, con La rosa di Cikebang. La collaborazione tra Olanda e Cina porta nuovi protagonisti. Nel 1928 da Shangai sbarcano i fratelli Wong. Copiano gli americani e si rivolgono alle classi più povere, con azione e intrattenimento. Si buttano nella commedia (come in Indonesia Malaise), per dare speranza a un Paese distrutto dalle differenze di classe. Ma non hanno successo. A risollevarli è la collaborazione con il regista Albert Balink (famoso per Riso), e vede la luce la prima stella del grande schermo: Miss Roekiah, ballerina e attrice, icona di bellezza, lanciata in Terang Boelan (Luna piena), che ancora una volta narra una struggente passione amorosa. Vicino a lei recita Rachden Mochtar, un altro divo. La formazione di Mochtar è quella delle toneel, compagnie teatrali che si evolvevano e somigliavano sempre di più a quelle occidentali. I film si ispirano spesso a miti locali, e vengono principalmente proiettati in zone aperte o nei cortili privati, anche se la prima sala cinematografica aveva aperto il 5 dicembre del 1900 a Batavia, la moderna Giacarta. Due sole le etichette: loetjoe (divertente) se si sta per vedere una commedia, aneh (strano) se appartiene a qualsiasi altro genere. Il dominio olandese non lascia molto spazio agli autoctoni, che per passare dietro alla macchina da presa devono aspettare l’invasione giapponese, negli Anni ‘40. Prima alcuni pensavano addirittura che il mestiere del regista fosse degradante, perché il suo unico compito era di far imparare le battute agli attori. E spesso ad avere le redini del progetto era il cameraman. La borghesia è molto difficile da soddisfare, così ci si rivolge a chi ha meno, seguendo anche lo stile di Hollywood. Srigala Item è la versione indonesiana de Il segno di Zorro, ma anche Tarzan e Dracula hanno avuto fortuna. Durante l’occupazione giapponese nessuno ha il permesso di fare cinema, e gli stessi Wong si mettono a vendere salse e bevande. Regna solo la propaganda. L’indipendenza arriva nel 1949, e, per favorire la produzione nazionale, si chiudono le porte all’America, alla cultura occidentale e anche alla musica rock (Ngak Ngik Ngok). Il primo regista indonesiano è : poeta, direttore di due testate giornalistiche, giovane idealista, uomo di teatro, si fa anche arrestare dagli olandesi. Riesce a vedere Via col vento, organizza gruppi di dibattito sul cinema. Il suo Darah dan Doa (La lunga marcia) cambia la Storia. Narra di un plotone di soldati che deve difendere un gruppo di rifugiati, e del rapporto tra il comandante e una donna olandese-indonesiana, che tutti pensano sia dalla parte del nemico. Doveva anche essere presentato a Cannes, ma ci furono problemi durante le riprese. Per quanto riguarda il periodo “olandese”, di grande rilievo sono Air mata mengalir di Tjitarum (Le lacrime di T.) e Saputangan (Il fazzoletto). Ismail alterna il cinema di impegno civile alla commedia (travolgenti L’ospite d’onore e Le vacanze dell’artista), e realizza anche dei musical, come Tre donne. È tra i più grandi maestri indonesiani di sempre, insieme al dr. Huyung (Antara Bumi dan Langit), a Kokot Sukardi e a Basuki Effendi (Pulang). Si sviluppa anche l’industria: Ismail fonda la casa di produzione Perfiri, e il regista Djamaluddin Malik la Persari Production. Nel 1955, Malik organizza il Festival di Cinema Indonesiano (FFI). Intanto lo spirito nazionalista punta sulla propaganda, alimenta almeno ventitré pellicole sulla rivoluzione, sulle gesta eroiche, seguendo la dottrina del realismo socialista. Da ricordare: le atrocità di Si Pintjang, il tema dei reduci in (Dopo la mezzanotte), e Pedjuang, una rivisitazione de Il ponte sul fiume Kwai. La critica e il pubblico però si lamentano dello scarso livello qualitativo dei film, e questo favorisce la concorrenza della vicina Malesia, in particolare delle produzioni targate Shaw Bros. Negli Anni ’60 un colpo di Stato da parte dell’esercito sconvolge il Paese, e i comunisti sono messi al bando. È un massacro. Quella notte del 1965 è raffigurata con crudo realismo nel documentario fluviale (4 ore e 30 minuti) di Arifin C. Noer Pengkhianatan G30S PKI (Il Tradimento del Movimento del 30 Settembre PKI). Il film è stato usato per molto tempo per insegnare la storia nelle scuole, quella tragedia sarà anche raccontata da Joshua Oppenheimer nel 2012 con The Act of Killing. La tensione politica sale alle stelle, c’è una forte spaccatura tra registi islamici e filocomunisti. Divampa una crisi produttiva devastante, superata solo dopo il 1965. Il nuovo governo fonda un Consiglio nazionale per la cinematografia, il Dewan Film Nasional, e vara alcune misure protezionistiche. Tornano in attività cineasti come Ismail, ma una nuova generazione è in arrivo. Wim Umboh ha studiato alla prestigiosa Jakarta di Ami Prijono, che tenta di fornire una rappresentazione non- VGIK di Mosca (il suo Matrimonio tra lineare. Intanto prende forma un rinnovato romanticismo popolare. adolescenti incassò molto), Noer viene dal Wim Umboh realizza Kembang-Kembang Plastik (Fiori di plastica) teatro, per citarne solo alcuni. Si assiste a una su prostitute e ladri, e Pengemis dan Tukang Becak (Il mendicante e il rinascita. Si riaprono le porte agli americani, e portatore di risciò) sugli emarginati. Si ragiona su temi edificanti, come dagli Anni ’70 c’è anche una maggiore libertà in Si Mamad di Sjiumandjaja, la vicenda di un uomo rovinato dalla sua nel mostrare sequenze di sesso e violenza. eccessiva onestà. Asrul Sani si interroga su come la ricchezza materiale I proventi dei progetti esteri vengono possa distruggere l’animo umano in Kemelut hidup (Le lotte della vita). Ma reinvestiti nei film indonesiani, per cercare il problema della qualità rimane per la maggior parte delle produzioni. di ripopolare le sale. Asrul Sani gira Apa Yang La situazione migliora soltanto nel 1980, quando il Consiglio nazionale Kau Tjari Palupi? (Cosa stai cercando Palupi?), per la cinematografia impone che i film siano anche educativi. Altri opera dal linguaggio sofisticato, che trionfa giovani talenti si affacciano. Franky Rorimpandey con Parawan desa (La al Festival del cinema asiatico. L’obiettivo è ragazza del villaggio) punta il dito contro la corruzione della polizia (e rivolgersi a una platea matura e competente. i problemi con la censura furono molti). Ismail Subarjo in Perempuan Però purtroppo non ha successo sul mercato, dalam pasungan si schiera dalla parte di una donna segregata, in catene, come anche Wajah Seorang Laki-laki (La e il suo aguzzino è il padre. Pensa che abbia dei problemi mentali, ma in ballata di un uomo). Nel 1972 la censura si fa verità è controcorrente rispetto al capo del villaggio. A colpire la critica più severa, e l’interesse si sposta di nuovo è anche Slamet Rahardjo, maestro della “rappresentazione inconsueta”, verso “l’amore all’occidentale” e le arti della voglia di osare. Ricordiamo Rembulan dan matahari (Il sole e la marziali cinesi. Per equilibrare la situazione, luna) e Seputih hatinya semerah bibirnya (Scura come il suo cuore, rossa nel 1975 si impone a ogni sala di proiettare come le sue labbra). Sugli amori impossibili è invece molto attivo Edward almeno due film indonesiani al mese. Pesta Siriat, che in Gadis Penakluk (Una ragazza che intimorisce) racconta I cineasti hanno più opportunità di fare della passione tra una studentessa e il suo professore, osteggiata dai più. esperienza, si respira un’aria nuova, c’è la Ci avviciniamo ai giorni nostri. Garin Nugroho è forse il massimo esponente voglia di sperimentare, come in Jakarta, del cinema di denuncia. Fa il suo esordio negli Anni ‘90, si concentra sulle disparità tra gruppi etnici, sul multiculturalismo, sull’emarginazione. Debutta nel 1991 con Air dan Romi (Romi e l’acqua), in cui al centro c’è l’acqua in diverse situazioni. Affronta le vicende di un commerciante di ghiaccio, di un addetto alla pulizia dei fiumi e di un trasportatore di liquidi, per puntare il dito contro l’inquinamento delle sorgenti. Realizza un’allegoria sul potere in Surat Untuk Bidadari (Lettera per un angelo), riflette sul fallimento della rivoluzione in Dongeng Kancil Tentang Kemerdekaan (Il racconto del Kancil sull’Indipendenza), che forse è la sua opera di maggior impatto. I suoi documenti hanno superato i confini nazionali, portandolo a Cannes (con Daun di Atas Bantal, La foglia sul cuscino), a vincere il premio FIPRESCI a Berlino e il Tokyo Film Festival. Nugroho rappresenta con efficacia i paradossi dell’Indonesia, il lato oscuro di un Paese troppo frammentato, anche geograficamente, per essere davvero unito. Questo aspetto della cultura indonesiana si riflette sul grande schermo, in un tripudio di generi e sfaccettature. Il teen movie punta a un pubblico molto ampio, e si sofferma sull’esistenza dei ragazzi borghesi. Non vuole essere uno specchio della realtà, si concentra su quello che tutti vorrebbero ottenere: soldi, bellezza, carriera. L’aspirazione è di essere un’economia emergente, e di dipingere un’immagine sfarzosa agli occhi del mondo. Un esempio è 99 Cahaya di Langit Eropa di Guntur Soeharjanto (con un seguito), focalizzato su una giovane indonesiana che viene a studiare in Europa, e introduce i suoi amici ai misteri dell’Islam. La religione si mescola al benessere economico, col sottinteso che l’anima dell’Indonesia non ha rivali anche nel Vecchio Continente. Ma allo svago si contrappongono la paura, i fantasmi di un’altra epoca. I tempi della propaganda, dell’esaltazione dovrebbero essere finiti, e il rapporto con le proprie origini passa sempre di più sullo schermo. Si dice che l’Indonesia soffra di amnesia storica, che non ricordi le molte facce dell’orrore che ha attraversato. Ce lo spiega Soekarno, sul primo presidente della Repubblica Indonesiana, . Nonostante le aspre critiche contro il suo governo, oggi la società non lo condanna. Forse sta tornando una certa anima nazionalista, che cerca di annacquare quello che è stato per sentirsi più solida nelle radici. La trilogia di Merdeka di Yadi Sugandi (composta da Merah Putih, Darah Garuda, Hati Merdeka) lo mostra con vigore. Cinque soldati sfidano l’oppressore olandese. Non condividono lo stesso credo, ma superano le divisioni per conquistare la libertà (Merdeka, appunto) del loro popolo. E riguardando queste sequenze, sembra che non sia passato un giorno da quando il patriottismo era un’imposizione del regime. Questo è il motivo per cui anche Sukarno, che ha guidato la rivolta, viene ritratto all’acqua di rose. Il problema identitario dell’Indonesia si riflette sul cinema. E poi c’è lo sguardo sulle minoranze. In molte zone manca l’elettricità, milioni di persone vivono in una condizione di povertà totale. Siamo all’opposto dei teen movie, si abbandonano le luccicanti metropoli per spostarsi in mezzo alla miseria. Laut Becermin (Lo specchio della verità) di Kamila Andini è un film di attese. Una bambina aspetta il ritorno del padre dal mare, e intanto la macchina da presa indaga le condizioni di vita dell’etnia Bajau. Sokola Rimba di Riri Riza si concentra su una donna che ha lasciato tutto per trasferirsi nella foresta e fare l’insegnante in una comunità di cacciatori, Mengejar Embun ke Eropa si svolge nell’isola di Muna, Di Timur Matahari scorre nelle zone remote di Papua. Storie ai margini, per chi altrimenti non avrebbe una voce. Intanto oggi gli allievi del maestro Nugroho si fanno strada. Uno dei più conosciuti è Hanung Bramantyo (regista di punta, re dei botteghini). Nel 2008 coglie lo spirito del tempo e scatta l’istantanea della cultura popolare islamica in Ayat-Ayat Cinta. Ha avuto talmente successo da inaugurare un filone, ancora molto in voga. La novità è stata quella di dipingere un protagonista devoto ai principi classici dell’Islam, con uno spirito “moderno” e accattivante. Lui è alla moda, tutti cadono ai suoi piedi, ma intanto è anche un bravo musulmano. In Indonesia è stato uno dei maggiori successi degli ultimi vent’anni, seguito da Perempuan Berkalung Sorban, sempre sulla scia del precedente. Quest’ultimo ha subìto molti attacchi perché la protagonista è una donna “progressista”, disposta anche a tradire il marito. Bramantyo si è guadagnato la fama dell’istigatore, dell’artista controcorrente che, nei momenti di maggiore radicalizzazione, ha scelto di sostenere tendenze multiculturali. Per anni il cinema indonesiano è stato soffocato dalla mancanza di finanziamenti e dalla censura. Ora fa registrare dei rialzi al botteghino: Avengers: Endgame ha guadagnato 25 milioni di dollari, e l’Indonesia è diventata il quindicesimo mercato al mondo al di fuori del Nord America. Anche produzioni locali come Dilan 1990 e l’horror Satan’s Slave hanno superato il muro dei dieci milioni. Questo attrae grossi investitori, come la 20th Century Fox, che ha collaborato a 212 Warriors di Angga Dwimas Sasongko. La formula è: vendetta, umorismo e arti marziali, tutto in costume. Per quanto riguarda le piattaforme streaming, Go Play sta acquisendo contenuti per fare la parte del leone. La sfida è a Netflix, ma anche ai diretti avversari (forse più regionali) come HOOQ e Iflix. Per quanto riguarda le esportazioni, il film d’azione The Raid: Redemption di Gareth Evans è un piccolo cult in tutto il mondo (da noi direttamente in home video, con un seguito The Raid 2: Berandal). Marlina – Omicida in quattro atti di Mouly Sourya è stato venduto in oltre quaranta Paesi. Si tratta di un western al femminile, presentato a Cannes. E anche i registi americani sono interessati all’Indonesia. Uno per tutti: Peter Berg, che ha ambientato a Jakarta il suo ultimo Red Zone – 22 miglia di fuoco con Mark Wahlberg (anche se le riprese sono state fatte altrove). Un cinema in espansione, con ambizioni mondiali, che restituisce i tanti volti di un Paese quasi senza confini. Filo diretto da Giacarta Il punto di vista critico. TRA FEDE E ARTI MARZIALI di G.L.P.

Può sembrare strano, ma per definire l’horror nel cinema indonesiano tutti i fatti inquietanti che accadono nel villaggio, e la scambiano per si parte da un film d’azione del 2011, The Raid: Redenzione, del gallese un demone. Cercano di ucciderla, lei sopravvive, e impara a maneggiare Gareth Evans. Una palazzina nella periferia di Giacarta, una squadra vita e morte. Inizia il massacro. Le api distruggono il volto della di polizia che deve combattere a ogni piano per uccidere il malvagio prima vittima, alla seconda esplodono muscoli e arterie. È evidente signore della droga. Dietro a tutte le porte si cela un “mostro”, un l’attenzione all’ambito religioso, che caratterizza i racconti di paura. uomo con un machete che batte la sua arma contro le pareti: la Un ragazzo del luogo consiglia a un nuovo venuto di andarsene, perché violenza si nasconde nel buio di una stanza. The Raid è un punto di la moschea è abbandonata e nessuno prega più. E l’ultima battuta del arrivo, ed è figlio anche del terrore. Affonda le mani nel genere silat dialogo recita: “Allah è grande”, subito prima dell’esorcismo. Più avanti (arti marziali con spade o a mani nude), che non a caso a cavallo tra gli lo stesso personaggio dirà al forestiero: “Tu sei un sant’uomo. Ne avevo Anni ’60 e ’70 si colora di tinte soprannaturali e viene definito mystic- dubitato, la tua venuta metterà fine a tutto questo. Tu ci libererai dal action-horror, più avanti anche mystic-horror-fantasy. Si passa dai maleficio”. Sembra quasi che lo stia paragonando a un nuovo Messia. cavalieri erranti al macabro gore-show, mescolando la superstizione Non è un caso. con il credo musulmano. Gli eroi devono confrontarsi con amazzoni I diversi credo religiosi presenti nel Paese si mescolano sul grande vogliose, mutilazioni a cascata, sortilegi primordiali. E naturalmente schermo. Come in Jaka Sembung (Il guerriero), dove solo la fede riesce a non mancano poteri occulti e streghe. Il suggestivo Ratu Ilmu Hitam sostenere il malcapitato combattente. Crocifisso al muro, ormai senza (La regina della magia nera, 1981), forse il film migliore di Liliek Sudjio, gli occhi, scappa grazie alla sua fiducia in Allah. Percorre una sorta di via affianca il paranormale alla politica. Un giovane vuole liberarsi della crucis (con l’amata che prova anche a dargli da bere), fa crollare le pareti: sua fidanzata per sposare la figlia del governatore. La fa accusare di il riferimento è cristologico. Nell’immaginario comune lui è il difensore

latest - focus Indonesia del popolo, colui che li libererà dall’oppressione dello straniero. Non Davanti alla macchina da presa c’è Martha Frederika van mancano anche le case infestate. Ratno Timoer dirige Gondoruwo, Osch, celebre come Suzzanna, “la regina dell’orrore” (la loro Barbara incentrato su una villa maledetta. Serve una morale islamica molto forte Steele, per intenderci). In Sudelbolong somiglia terribilmente a una per sconfiggere Satana. Il sant’uomo di turno unisce i suoi sforzi a quelli persona già morta, come nel capolavoro di Hitchcock. Satan’s Bed è un di una “timorata di Dio”, e la preghiera risolve la situazione. remake trash degli incubi targati Freddy Krueger e di Nightmare on Elm Però la donna viene spesso dipinta come un essere maligno, da cui stare Street. Su quella scia, nel 1991, Suzzanna va addirittura a interpretare la lontani. versione femminile di Krueger in Perjanjian Dimalam Keramat. Tra le sue In Pembalasan Ratu Laut Selatan la protagonista è una specie di mantide apparizioni più famose: The Snake Queen, in cui è circondata da serpenti e uccide, tramite il potere della dea, tutti i suoi amanti in modo barbaro. femminili e uomini con la testa in fiamme, e Santet, con coccodrilli Il film fu accusato di oscenità. L’horror indonesiano è sempre stato umanoidi, anguille che escono dalle orecchie delle vittime e disperati molto bistrattato dalla critica, ma ha accompagnato l’evolversi della trasformati in cani. Non sono certo film per tutti. Buchi infernali da nazione negli anni. Quando l’influenza estera si è fatta più forte, sono cui fuggire, avventure esotiche, amenità di vario tipo. Sevizie, filoni aumentati gli “omaggi”. Primitif di Sisworo Gautama Putra, meglio legati alle women in prison, possessioni, arti marziali di serie C portate noto come Sam Gardner (tra i più conosciuti “maestri” del genere), al limite. Ma è attraverso l’horror che l’Indonesia si confronta con il richiama Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato. Gli echi di Fantasmi di proprio folklore, con le sue radici. E mette in guardia sul passato, sugli Don Coscarelli si sentono in Pengabdi Setan (ha avuto un remake molto errori commessi, interrogandosi sui rapporti umani e sulla coscienza fortunato nel 2017, presentato al Far East Film Festival di Udine). Ma le collettiva. Ieri come oggi, un viaggio nell’oscurità, e nel cinema. citazioni non si fermano qui: Sundelbolong guarda addirittura a Vertigo.

78/79 cinema espanso

QUANTO BUIO NELLA WUNDERKAMMER DI WES ANDERSON

Italo Calvino aveva detto che le di HILARY TISCIONE collezioni nascono dal bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie di oggetti salvati dalla dispersione. Walter Benjamin diceva che il col- lezionista è legato a un rapporto con gli oggetti che non ne mette in primo piano il valore funzionale, e dunque la loro utilità e fruibili- Non c’è nulla di immediato. Di chiarificatore, si fa per dire. tà, ma li studia e li ama in quanto sottinteso. Non ci sono riferimen- Infatti, il visitatore si sposta nel- scena, teatro del loro proprio de- ti prevedibili. Nessun collega- la penombra con un opuscolo di stino. È lo stesso che ha spinto il mento esplicito. Lo scrigno risulta un grigio emaciato che somiglia a regista Wes Anderson e l’illustra- incognito e genera dubbi. certi complessi bugiardini o certi trice e designer Juman Malouf a Sarebbe necessaria un’indagine libretti contenenti le istruzioni riunire 538 tesori fra opere d’arte e preliminare, seppur minima, ver- di montaggio con riportate delle oggetti provenienti dalle collezio- so quello che c’è dietro. Invece scritte piccole come quelle delle ni imperiali degli Asburgo? chi arriva sprovveduto si trova più rovinose clausole contrattua- È un mistero come lo è la mostra immerso in un clima arcano e di- li. Perché? È uno stratagemma la- da loro curata, Il Sarcofago di sorientante. borioso come lo è una collezione Spitzmaus e altri tesori alla Fon- Fra i pannelli plumbei c’è molto di tale portata? Non era più ade- dazione Prada di Milano fino al 13 da guardare e assimilare, ma poco guato inserire delle targhe che de- gennaio 2020. da conoscere. Ci si sente abba- scrivessero anche in poche righe L’esposizione include reperti na- stanza confusi, dispersi. È volu- i pezzi del miglior repertorio del turali, manufatti e opere d’arte to? Pare di no, perché in qualche Kunsthistorisches Museum? Per- provenienti dalle collezioni del modo l’ospite è assistito – a meno lomeno che riportassero l’epoca e Kunsthistorisches Museum e dei che non si decida di usufruire del- la provenienza. dipartimenti che compongono la visita guidata – da un libricino il Naturhistorisches Museum e sono esposte lungo un tracciato labirintico e caliginoso che tenta di congiungere lo spettatore al concetto oscuro e quasi impene- trabile di scrigno. Effettivamente l’impenetrabilità impera lungo il sentiero pensa- to dal noto regista, tanto che si aggira nell’atmosfera - desolata e un poco lugubre – un sentore enigmatico che rasenta, senza le dovute istruzioni, il limite dell’ac- cettabilità.

latest - cinema espanso Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è il titolo della mostra curata da Wes Anderson e Juman Malouf alla Fondazione Prada di Milano fino al 13 gennaio 2020: 538 tesori fra opere d’arte e oggetti provenienti dalle collezioni imperiali degli Asburgo.

Detto questo è indiscutibile il va- lore e la qualità dei dipinti, degli oggetti e dei reperti storici e que- sto aspetto è intelligibile anche a chi è completamente digiuno di alcun tipo di prefazione. Basterebbe informarsi con un mi- nimo di anticipo sull’allestimento che rimanda al Castello di Ambras a Innsbruck - principale riferi- mento concettuale e visivo per Anche uno dei curatori più esper- all’ingresso che non è stato af- gli autori – dove si avverte forte il ti del museo appena citato ha fatto semplice e scrive: “La mo- richiamo architettonico rinasci- espresso le sue perplessità. Per- stra presentata a Vienna e Mi- mentale che aleggia fra le pareti e ché? Forse le peculiarità dei colle- lano è il culmine di alcuni anni le vetrine che si dischiudono nel zionisti sono ignote? Forse fra col- di negoziazioni pazienti e fru- piano terra del Podium. Il cuore lezionisti l’antagonismo è molto stranti, di momenti di amarezza, del Castello - che è anche il com- più arduo di ciò che si crede e ge- rabbia, discussione; confronti plesso museale più antico del nera imperfezioni? Può essere che a volte totalmente irrazionali; mondo, progettato nel 1570 - sono l’arte del radunare e accumulare ambiguità e stratagemmi spesso le collezioni dell’arciduca Ferdi- nasconda un enigma inspiegabile? machiavellici”. nando II, il quale aveva progettato Oppure è puro godimento e ognu- Si sente. Chi ha un minimo di sen- la sua Kunst – und Wunderkammer no fa come crede in uno stato di sibilità lo avverte. (camera d’arte e delle curiosità), totale autoreferenzialità? Se non E può scoprirsi irritato perché la termine che poi muta in “Cham- fosse per altro, almeno un’espo- piacevole semi oscurità dell’espo- ber of Art and Wonders”, ovvero sizione come questa muove delle sizione va in protesta con la luce la Wunderkammer che è un di- riflessioni. che servirebbe per poter leggere chiarato riferimento al Sarcofago L’argomento è certamente intri- senza fatica il libricino esplicativo andersiano. cato. Anche lo stesso Anderson che è insopportabilmente mac- Purtroppo, del regista si avver- dichiara nella sua nota esposta chinoso. tono le scelte insolite e pratica- mente nulla d’altro di quello che gli amanti dei suoi lavori sanno appartenergli. Se si pensa di trovare qualche ri- ferimento al suo cinema, si resta completamente a bocca asciutta. Non si fiuta neppure l’ombra del regista statunitense, ma ci si può divertire a scovare ugualmente delle sintonie. Per esempio, la valigia in pelle - contenente il set per il trucco di Hubert Marischka - aperta dentro una vetrina non ricorda vagamen- te quella dei fratelli Whitman che viaggiavano verso l’India?

80/81 MONTANELLI E IL CINEMA: UN BINOMIO SORPRENDENTE

di RINALDO VIGNATI

Dalle libertà di pensiero e furbizie argomentative di quando Montanelli venne relegato a scrivere trafiletti di cinema, per via del trascorso fascista, a un suo racconto che ha ispirato un film-tv sceneggiato da John Fante e diretto da Jacques Tourneur. Un particolare rapporto approfondito nel libro Indro Montanelli e il cinema.

A qualcuno Indro Montanelli e il cinema potrebbe sembrare un bino- comprensibile che fino ad allora mio eccentrico. Non dico come gli asparagi e l’immortalità dell’anima gli studiosi non se ne fossero inte- di Achille Campanile, ma quasi. Fino a qualche anno fa anch’io l’avrei ressati!). Per due anni tento senza giudicato in questa maniera. esito di recuperare il film, fino a Poi nel 2013 mi capitò di leggere che Montanelli scrisse assieme a Je- che (2017) lo ritrovo alla Ciném- an-Georges Auriol un soggetto pubblicato sulla “Revue du cinéma”. athèque di Parigi: è la spinta deci- Davvero? Auriol era all’epoca (fino alla morte prematura) il capofila siva per portare a termine il libro. della critica francese e la “Revue”, il diretto antecedente dei “Cahiers” Sottolineo questi snodi “casuali” (quindi sede assai prestigiosa). Lo recupero, lo traduco e inizio a stu- per dire che a spingermi alla ri- diarlo trovandovi contenuti per molti versi stimolanti: curiosi i punti cerca non è stato un partito preso di contatto con La vita e niente altro: forse Tavernier l’aveva letto e ne teso a mostrare la grandezza di è stato in qualche modo influenzato? È un caso di criptomnesia? Inizio Montanelli in ogni campo. Nel- dunque a raccogliere materiali sui rapporti del giornalista col cinema. la disputa tra le fazioni (sempre Comincio dalle recensioni del dopoguerra (per via dei suoi trascorsi fa- agguerrite) dei montanelliani e scisti, il direttore del “Corriere” lo relegò a scrivere trafiletti di cinema) degli anti-montanelliani, io ten- e dagli articoli degli Anni ‘50-60: ne emergono la libertà di pensiero (la do a collocarmi al centro, ammi- difesa de La dolce vita o del piacere dello spettatore in Caccia al ladro) e rando la qualità innegabili della le furbizie argomentative (quando i film sono pretesto per attaccare la scrittura e apprezzando l’origina- retorica resistenziale). lità e il coraggio di alcune prese L’impulso definitivo a studiare la relazione in modo sistematico arriva di posizione, ma nutrendo dubbi quando, sulla scheda di Imdb, vedo che un suo racconto ha ispirato un sull’opportunismo e le ambigui- film-tv sceneggiato da John Fante e diretto da Jacques Tourneur. Fante tà manifestate in altre occasioni. è uno scrittore che amo e l’idea di studiare in che modo si fosse rappor- Opportunismi (la rottura con tato col testo di Montanelli mi sembra particolarmente stuzzicante (in- Amidei ai tempi del Generale Del-

latest - cinema espanso la Rovere e il modo impreciso con dei progetti di film con l’attività cui in seguito ne ha parlato) e am- giornalistica – portava poi alla biguità (le tracce di anti-antifa- luce due motivi ricorrenti nell’o- scismo in Tombolo) ve ne furono pera montanelliana: la maschera anche in rapporto al cinema. E il e il monumento. E anche un film libro ne dà conto. generalmente vituperato come I Man mano che la ricerca prose- sogni muoiono all’alba poteva evi- guiva, tra frustrazioni (che fatica denziare motivi di interesse (mal- recuperare Le orientali!) e colpi grado i limiti cinematografici, fu di fortuna (un soggetto di Monta- un isolato tentativo di affrontare il nelli e Franciolini che salta fuori cruciale snodo storico della rivol- dall’archivio di Soldati), il bino- ta ungherese del ‘56). mio mi è apparso però sempre più Un appello, per concludere. Ora rivelatore. Anzitutto, di una dia- che il libro Indro Montanelli e il bolica capacità di essere sempre cinema è concluso, vorrei ritrova- al posto giusto al momento giusto re il testo che Montanelli scrisse (quanti possono dire di aver scrit- per Italia 61 di Elio Piccon (fu re- to sulla “Revue”, di essere stati alizzato in Circarama e il sonoro, candidati all’Oscar, e di aver ispi- registrato su supporto distinto rato personaggi di Rosi, Moretti, dalle immagini, è andato perdu- e forse Blasetti?). L’analisi – oltre to). Se qualcuno ne ha notizie, si ad evidenziare lo stretto legame faccia avanti…

QUANDO MISE PULP FICTION IN PRIMA PAGINA di G.C.

Ci sono libri più necessari di altri. Più illuminanti di altri. Quello che Rinaldo Vignati ha dedicato al rapporto fra Montanelli e il cinema è uno di questi: uno studio esemplare, nel metodo e nel merito, che ricostruisce con appassionato rigore la storia di un rapporto tutt’altro che scontato e ricco di episodi, di aneddoti e di rivelazioni che gettano nuova luce su alcuni momenti non proprio secondari nella Storia del nostro cinema. Chi, come me, ha avuto la fortuna di avere Montanelli come direttore (a La voce, nel biennio 1994-95) sa quan- to fosse attento al cinema e quanto ne intuisse - con il fiuto infallibile del grande giornalista - tutta la capacità di incidere sul costume e di accompagnare i mutamenti sociali epocali. Ricordo ancora, come se fosse ieri, quel giorno di maggio del 1994 quando, dopo una lunga chiacchierata al telefono, io a Cannes e lui a Milano, decise di uscire il giorno dopo mettendo come notizia d’apertura in prima pagina il passaggio di Pulp Fiction in concorso sulla Croisette. Aveva intuito che quella era la notizia del giorno e che a volte un film - soprattutto se fonda una nuova estetica - conta di più del solito chiacchiericcio politico su cui scelgono di aprire stanca- mente la prima pagina, da troppo tempo, i direttori dei nostri quotidiani.

82/83 LE 1000 E UNA VITA DI BUD SPENCER di CHIARA NICOLETTI

Napoli e il suo Palazzo Reale accolgono il percorso emozionale su Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer: una mostra costruita grazie agli archivi di famiglia e a quello dell’Istituto Luce Cinecittà.

Inizia con le foto di famiglia la Mostra dedicata a Bud Spencer, in pro- Spencer, sono Bud Spencer titola la prima sezione della mostra. Pur ri- gramma fino all’8 dicembre al Palazzo Reale di Napoli e non potrebbe marcando da sempre la sua italianità e napoletanità, il suo essere Carlo essere diversamente, dato che per costruire questo percorso emoziona- Pedersoli, Bud Spencer raccontava che quel suo nome d’arte, divenuto le nella vita e nella carriera di questo artista napoletano, italiano e inter- storico insieme a quello del collega e amico di vita, Terence Hill, all’ana- nazionale, il contributo di sua moglie e dei suoi figli è stato più che mai grafe Mario Girotti, se l’era dovuto inventare in fretta e furia per potere fondamentale. “Aveva la prerogativa di sognare e di far sognare gli altri lavorare in un western. Dalla passione per Spencer Tracy nasce quel e, soprattutto, di far sorridere i bambini, riunire le famiglie e regalare la nome che con Terence Hill dava vita anche ad un nuovo genere cinema- serenità”, scrive la figlia Cristiana Pedersoli nell’introduzione al catalo- tografico: il fagioli western. go della mostra e aggiunge: “Ringrazio mio padre per aver fatto ridere, L’attore diceva spesso: “Io distinguo due tipi di successo: quello che ho aver preso a pugni la tristezza e averla sempre tenuta lontano da noi fino avuto nello sport e quello del cinema”. Grazie al contributo dell’archi- alla sua dipartita”. vio dell’Istituto Luce, ci immergiamo nella prima parte della sua vita di Napoli riaccoglie suo figlio Carlo Pedersoli, nato nel 1929 nel quartiere successo, letteralmente in vasca con il giovane Carlo in una delle sue Santa Lucia che affaccia sul mare e lo omaggia all’interno di un Palazzo gare da campione italiano di nuoto, primatista dei 100 metri stile libero Reale che già dall’entrata si colora di quel sorriso esportato nel mondo. dal 1950 al 1955. Tra accappatoi della nazionale e foto dei suoi risultati Curata da Umberto Coppi e co-prodotta da Equa di Camilla Morabito e sportivi si attraversa una parte di vita per finire catapultati, con il sotto- Istituto Luce Cinecittà, la mostra ci porta da subito in famiglia e si apre fondo del suo vocione, in quella seconda, più lunga e ricca di momenti con i pensieri più celebri di Bud, frasi che come linee guida ci aiutano a significativi per chi lo amava, gli anni della TV e del cinema. Due gran- camminare lungo i memorabilia delle sue 1000 e una vita. Ed è alla fami- di teche che contengono ogni sorta di premio, dagli storici Telegatti ai glia di sangue prima e a quella dei fan dopo che viene dedicato il primo premi cinematografici in una ambientazione da western comedy che angolo della Sala Dorica all’interno del Palazzo Reale, in uno spazio ric- ci apre le porte ai saloon e alle atmosfere di Lo chiamavano Trinità, Al- co di gadget, ritratti, vignette in onore di Bud Spencer e del suo lavoro trimenti ci arrabbiamo e Dio perdona… io no!, con tanto di estratti dalle in coppia con Terence Hill. C’è addirittura un Festival dedicato ai due sceneggiature. che si tiene ogni anno a fine settembre in Germania. A spiccare su tut- Nella sua Napoli alla quale dedicava spesso un’affermazione ricorren- ti questi omaggi dei fan, una t-shirt con la scritta “Meno influencer, più te: “Io non sono italiano, sono napoletano”, era ambientato Piedone lo Bud Spencer”. sbirro, uno dei suoi film più amati, dove interpretava un commissario

latest - cinema espanso che a suon di schiaffoni e modi coloriti, riusciva spesso a preveni- re più che combattere il crimine in quartieri malfamati della città. Per onorare Napoli, sempre nel cuore, una sua foto e spezzoni di Piedone proiettati sui panni stesi. A proposito di scazzottate e vio- lenza, una sezione, Botte per tutti con una stanza che oltre a pro- iettare clip dai suoi film tra cui l’immancabile e indimenticato “Coro dei Pompieri” da Altrimenti ci arrabbiamo, ci ricorda che i pu- gni di Bud Spencer e Terence Hill non facevano male, servivano a educare, a segnare il punto di una giustizia che non è mai vendetta. Carlo Pedersoli - Bud Spencer è stato anche compositore e mu- sicista, dal suo napoletanissimo motto Futtetenne è stato pubblica- to anche un singolo nel 2003 e un album nel 2016. Mentre ammiria- mo anche questa parte della sua vita, chiudiamo questo tuffo nel mondo di Carlo/Bud, entrato nel- le case di mezzo mondo, con una dedica che impera nel libro delle presenze alla mostra e che con- densa tutto il bene che i suoi fan gli hanno voluto e continueranno a volergli: “Ho iniziato a seguirti con mio nonno, poi con papà e spero presto con mio figlio. Hai contribuito a insegnarmi ad avere buoni principi e ad essere quello che sono. Dacci un occhio da las- sù... che qui comincia a essere un vero macello”.

84/85 CINEMA E ZODIACO: A CIASCUNO IL SUO FILM

di FRANCESCO LOMUSCIO

A partire dalla collana di Silvia Casini “L’astro narrante”, 12 volumi dedicati ai 12 segni tra cibo, musica e colori: l'autore della sezione cinefila ci racconta i sottili legami tra astrologia e settima arte.

L’unione dei sostantivi “stelle” e “cinema” suggerisce inevitabilmente zante che fosse, poi, quella desi- scenari fantascientifici, come potrebbero essere gli sfondi delle avven- derata da Silvia Casini stessa, ho ture a suon di spade laser raccontate nella immortale saga Star Wars o deciso di non limitarmi soltanto quelli del massacro compiuto dal mostruoso xenomorfo a bordo dell’a- a titoli famosi come i due appena stronave Nostromo in Alien di Ridley Scott; quando non arrivano a far citati, gettandomi alla stimolan- prendere forma, sia nella testa del cinefilo incallito che in quella dello te ricerca di opere dimenticate e spettatore ordinario, immagini riguardanti serate di gala, tappeti rossi e poco conosciute e sfociando oc- cerimonie da sogno trasudanti volti noti dello spettacolo. casionalmente, addirittura, nell’u- Eppure, c’è anche chi, nell’unire “stelle” e “cinema”, ha pensato bene se niverso del piccolo schermo. ne potesse tirar fuori un più o meno divertente Oroscopo: Silvia Casini, Come, per esempio, nel caso che, intenzionata a realizzare un vero e proprio ricettario astrale, ha della Vergine, che, avendo pochi messo in piedi per Leggereditore/Fanucci il progetto letterario L’astro amici e buoni e non mancando di narrante, costituito da dodici volumi dedicati ognuno ad un segno zo- portare a termine un incarico nel diacale e conditi con inediti e curiosi contributi offerti da vari esperti di migliore dei modi, si rispecchia diversi settori. sì ne I Goonies di Richard Donner, Quindi, insieme alla parte scientifica, a base di dinamiche celesti e leg- ma nello stuolo di titoli associa- gende amorose nascoste tra le costellazioni, abbiamo rimandi alla vita tigli annovera anche il tv movie quotidiana attraverso il cibo, i colori, la musica e, appunto, il cinema, di Operazione Mercurio di Paul Ziller, cui si è occupato proprio chi sta scrivendo queste righe. legato al suo pianeta dominante. Siete dunque desiderosi di sapere a chi si addice il capolavoro kubri- Perché l’obiettivo della collana è ckiano 2001: Odissea nello spazio (tanto per rimanere in ambito di escur- spingere il lettore verso la curio- sioni stellari) o a chi meglio può essere associata la Gwyneth Paltrow di sità tramite una guida scorrevole Sliding doors? e di piacevole lettura, in mezzo Lo ero anche io, ma, interessato a conferire alla sezione un’aurea friz- a recenti successi del calibro di latest - cinema espanso Cinquanta sfumature di grigio e dello scorsesiano The Wolf of Ma c’è spazio veramente per Wall Street, ma anche a chicche tutti, da Dario Argento a Nanni e classici quali L’isola degli zom- Moretti, passando per capisaldi bies interpretato da Bela Lugosi, dell’erotismo su celluloide quali il kolossal del muto Cabiria e Ultimo tango a Parigi di Bernardo Ambizione, diretto da Howard Bertolucci e 9 settimane e ½ di Hawks e William Wyler (con l’ap- Adrian Lyne, quest’ultimo perfet- porto di Richard Rosson). to per l’Ariete, capace di offrire il Del resto, fin dall’inizio ho deciso meglio di sé nell’attrazione ses- che avrei attinto a tutte le epo- suale e nella passionalità. che per poter stilare la lista che, E non senza un tocco di indispen- di volta in volta, sarebbe stata sabile ironia, perché è solo dedi- costituita da dieci film, senza di- candosi alla lettura fornito di essa menticare né l’animazione, né la che il Cancro, taciturno ma in- commedia italiana. quieto e riflessivo, nonché segna- Un modus operandi più che ne- to da un fortissimo legame con la cessario per poter attribuire i madre, può accettare il proprio lungometraggi a ciascuna figura accostamento al Norman Bates/ dello Zodiaco, studiandone ca- Anthony Perkins di Psycho; come ratteristiche, propensioni quoti- pure il Sagittario, continuamente diane, gusti personali e maniere a rischio di eccessive distrazioni, di intrattenere i rapporti con il ha modo di rivedersi nel Buster prossimo. Keaton de Il cameraman, altri- Quindi, se lo Scorpione si ritrova menti conosciuto con il titolo Io… “in catalogo” Il gigante di ferro di e la scimmia. Brad Bird, in relazione al metallo Mentre l’idealismo e l’amicizia ti- ad esso collegato, al Capricorno pici dell’Acquario li ritroviamo in – amante dei soldi e tendente a Stand by me – Ricordo di un’estate, sciupare in gioventù tempo e de- tratto da Stephen King, la bellezza, naro – si addice Yuppies – I giova- la raffinatezza e il successo tanto ni di successo di Carlo Vanzina e al amati dalla Bilancia sono racchiu- caparbio e testardo Toro, deside- si in Pretty woman, con l’accoppia- roso anche di mostrarsi simpa- ta Julia Roberts/Richard Gere, e, tico, Cado dalle nubi, trampolino per non prendesi troppo sul serio, di lancio all’interno della settima il silenzioso Ferro 3 – La casa vuo- arte per il golden boy tricolore ta di Kim Ki-duk può essere utile Checco Zalone. nel fine di contrastare l’estrema loquacità dei Gemelli. In un calderone comprendente anche il collettivo d’autore Aria, adatto a personalità fantasiose come sono quelle dei Pesci, e Iron man, incarnazione in fotogrammi della leadership innata del Leone.

86/87 LA MECCANICA DEI MOSTRI: DA RAMBALDI A MAKINARIUM

di ANDREA GUGLIELMINO

Da un E.T. in movimento all’enorme braccio di King Kong, una mostra sul grande maestro degli effetti speciali e sui suoi eredi, che si concentra soprattutto sul lato meccanico e ingegneristico dell’effettistica analogica.

Fino al 6 gennaio è al Palazzo del- cinema italiano e internazionale le Esposizioni di Roma la mostra dagli Anni ‘60 a oggi. Dall’enorme “La meccanica dei mostri – Da mano del gorilla gigante a diverse Carlo Rambaldi a Makinarium”, versioni del piccolo alieno spiel- a cura di Claudio Libero Pisano, berghiano – di cui una in movi- promossa da Roma Capitale – As- mento, grazie a un accurato lavoro sessorato alla Crescita Culturale, di restauro realizzato dall’azienda Azienda Speciale Palaexpo, orga- Makinarium che in qualche modo nizzata dalla stessa Palaexpo in raccoglie l’eredità di Rambaldi, e a collaborazione con la Fondazione cui è dedicata la seconda parte del Culturale Carlo Rambaldi. percorso espositivo – passando Protagonista è il lavoro del grande per il leggendario Pinocchio di Co- effettista speciale, creatore di E.T., mencini, lo xenomorfo di Ridley Alien e King Kong, solo per citare Scott e altre opere meno cono- alcuni dei film che gli sono valsi sciute come i 18 guerrieri del film l’Oscar, attraverso cento opere e Barbarella con Jane Fonda, versio- materiali originali, alcuni inediti, ne in cinghie di cuoio dell’eserci- provenienti dall’archivio priva- to di terracotta, analogia pronta- to del maestro Rambaldi, con un mente sottolineata dall’efficace percorso che traccia la storia del allestimento.

latest - cinema espanso Dopodiché si prosegue proprio Il curatore della Mostra aggiun- con il lavoro di Makinarium, con ge: “Naturalmente sapevo chi era diverse creature da Il racconto dei Rambaldi, ma non avevo idea di racconti di Matteo Garrone, che ha cosa avremmo trovato aprendo fruttato loro il David di Donatello. le casse. Tutti conosciamo i suoi Ed è proprio Leonardo Cruciano, personaggi ma questo rende chia- creative director della ditta, a gui- ro quanto sia stato innovatore dal dare parte di presentazione della punto di vista della meccanica, mostra, illustrando la modernità arrivando ad essere uno dei primi dell’effettistica analogica di Ram- a ottenere un brevetto per la mec- baldi, non solo dal punto di vista catronica dei pupazzi animati. estetico ma soprattutto da quello Non c’è solo la curiosità di guar- ingegneristico. Cruciano muove dare dentro ai cosiddetti ‘mostri leve e mostra come nella maggior del cinema’ ma anche quanto sia parte dei casi le soluzioni fossero complesso azionarli. E recupera- spesso meccaniche, senza ricor- re una serie di lavori di Rambaldi rere all’elettronica, ed “estrema- pre-Oscar, dato che era attivissi- mente fluide ancora oggi. Non mo anche negli Anni ‘60. Maki- potevamo avere accesso diretto narium rappresenta in qualche a questi archivi fino ad ora, ma ci modo la prosecuzione della sua siamo resi conto che molte delle opera integrando la meccanica soluzioni adottate da Rambaldi con il digitale. Hanno restaurato sono simili alle nostre, questo per tutto, facendo i conti con le diver- dire il suo genio e la sua moder- se composizioni degli elementi. nità. Per comandare un piccolo La plastica degli Anni ’70, diver- modello di T-Rex potevano vo- sa da quella degli Anni ’80, l’uso lerci quattro operatori, ciascuno dell’ammoniaca. Oggi possiamo concentrato su una leva. In alcuni rivedere tutto in movimento an- casi è bastato restaurare qualche che grazie al loro lavoro”. cavo, perché le meccaniche erano Alla Mostra si accompagna una costruite in maniera impeccabi- rassegna di 25 film a cui Rambaldi le. Il modello di E.T. è in grado di ha lavorato, da Giulietta degli spi- coprire una gamma di movimenti riti a quelli più famosi e già citati, vastissima, l’abbiamo dovuta li- che si svolge nella stessa sala cine- mitare per evitare di stressarlo”. ma del Palazzo delle Esposizioni.

88/89 MAURIZIOMAURIZIO NICHETTI.NICHETTI. ILIL MIMOMIMO CONCON LALA PAROLAPAROLA

di EMANUELE RAUCO

Un albo curato da Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu a 40 anni da Ratataplan fa il punto sull’attore e regista, tra i più originali e stralunati del nostro cinema.

Uno dei più gustosi paradossi cinematografici è datato 1976: Mel Brooks di intenderla del nostro. in L’ultima follia di Mel Brooks (Silent Movie) fece dire al più famoso Chi scrive ha partecipato al libro mimo del mondo, Marcel Marceau, l’unica parola del film e della sua scrivendo un saggio sul suo rap- carriera. Era un “NO!”, tutto maiuscolo e con l’esclamazione. porto con il cinema slapstick, i Tre anni dopo, un mimo italiano approdò agli onori del lungometraggio grandi classici del muto e il cor- con un film che non era muto, ma che non era nemmeno sonoro: Rata- po (gli altri saggi sono di Simo- taplan fu il modo per moltissime persone di conoscere un uomo buffo ne Scardecchia sul Doppio e di e coi baffi, un mimo contemporaneo che aveva abiurato - temporane- Christian Di Mauro sul cinema amente - al dilagante potere della parola per comunicare attraverso il d’animazione) e ha (ri)scoperto proprio corpo, i propri gesti, la propria mimica. A raccontare l’avventu- in Nichetti un erede, si parva li- ra, o forse la disavventura visto il modo in cui il cinema lo ha allontanato cet, di Jacques Tati: nel modo di negli ultimi 20 anni, di Nichetti, a 40 anni da quel film, ci pensa un albo muoversi, di costruire la propria - un po’ monografia un po’ rivista deluxe - dal titolo Maurizio Nichetti - maschera e la sua prossemica, Parola al mimo, curato da Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu e pub- nell’idea che facendo scontrare il blicato in collaborazione da Asylum Press e Impossible Book. proprio corpo e il mondo incom- L’albo (il primo di una serie che prevede numeri futuri dedicati a Pupi prensibile attorno a lui potesse at- Avati e al cinema dell’orrore muto) si compone di tre saggi più una lunga tuare un satira non feroce ma ne- ed esaustiva intervista al regista/attore/disegnatore milanese ed è corre- anche pacificata. Anche l’utilizzo dato da una raccolta fotografica importante, messa a disposizione dallo del suono, perlomeno nel primo stesso Nichetti: è un modo di omaggiare un regista - che fa il paio con film e nel suo ideale seguito Ho l’Autobiografia involontaria pubblicata da Bietti nel 2017 - che dopo il fatto splash (1980), è simile, i ru- grandissimo successo durato circa un ventennio è gradualmente cadu- mori e le parole sono come codici to nel dimenticatoio a causa di un’industria del cinema e dell’intratteni- inintelligibili per il protagonista e mento in generale cambiate vorticosamente e in contrasto con il modo per lo spettatore.

latest - cinema espanso Quello dello slapstick e del ci- più bello - Volere volare (1991). da Pista, trasmissione per ragazzi riscoprire. L’ultima sua regia è in nema muto è solo uno dei punti Oppure si può accostare Nichetti di Rai 1, a Palla di neve, fino al suo un film Mediaset del 2011 (Agata d’accesso per conoscere, ricor- partendo dal suo rapporto con la contributo a brevi serial animati e Ulisse), l’apparizione più recente dare o approfondire Nichetti: televisione, ostile e curioso, irreti- per la Rai o alle avventure delle è in Arrivano i prof di Ivan Silve- l’animazione ne è un altro, uno to dalle potenzialità commerciali, due mascotte di Torino 2006, strini: il quarantennale di Rata- dei preferenziali forse, avendo il tecnologiche, linguistiche ed eco- Neve e Gliz. taplan, i 50 anni dall’inizio della regista cominciato a lavorare per nomiche ma anche spaventato dal Come i veri autori, la sua opera è carriera - come attore in Re cervo, e con Bruno Bozzetto nel proprio meccanismo del consenso che la stratificata e non di meno sem- mini-serie RAI diretta nienteme- studio d’animazione, disegnan- sottintendeva e che lo ha portato plicissima da fruire proprio per- no che da Andrea Camilleri - e la do, creando corti animati e/o al contempo a criticarla in modo ché si ricollega alla tradizione del riscoperta critica del suo cinema pubblicitari, apparendo in cor- puntuto (Ho fatto splash, Doma- cinema comico, all’animazione permettono, allo spettatore di- tometraggi a tecnica mista o live ni si balla, Ladri di saponette) e a popolare, alla commedia sociale stratto o al cinefilo incuriosito, action, recitando nel ruolo del praticarla con inventiva e cautela e fantastica da Miracolo a Milano di tornare a frequentare un’ope- disegnatore in uno dei capolavori (Quo vadiz?). di De Sica fino a Chi ha incastrato ra lunare e stralunata, come Iaia animati del Maestro, Allegro non O ancora, cercando di scovarne il Roger Rabbit di Zemeckis in un Forte in Luna e l’altra, impre- troppo (1976), spericolata risposta lato infantile, evidente nella pro- filo che unisce Stanlio e Ollio al vedibile e inclassificabile in un italiana a Fantasia di Walt Disney, pensione al disegno, certo, ma cinema del futuro: un futuro che personaggio fuori dai modi e dai con i disegni che accompagna- anche al gioco, allo scherzo, alla nel caso di Nichetti è stato inter- luoghi comuni. no la musica sinfonica, e infine costruzione e distruzione, ai colo- rotto dal disinteresse dell’indu- portandolo alla realizzazione di ri e anche a un modo ludico di in- stria per il suo modo di concepire un film ambizioso - e forse il suo tendere la sessualità e la carnalità: il cinema, ma che vale la pena di

90/91 MIO FRATELLO CARLO

di ROCCO MOCCAGATTA

Un memoir che ci introduce a una dimensione privata, intima, una relazione di sangue oltre il sangue, un rapporto esclusivo, assorbente, unico, tra i fratelli Vanzina durante l’ultimo anno di vita di Carlo.

Una premessa doverosa. Anzi, timo sangue con un melanoma tografico per tenere sempre alta addirittura necessaria. Chi scri- assassino, spietato, implacabile, l’attenzione del lettore. Però, Mio ve, forse, non dovrebbe neppure odiosissimo nella sua ricorsività fratello Carlo non è un libro su farlo, perché è anche tra i perso- inarrestabile. “Romanzo” si dice Carlo Vanzina regista, e il titolo naggi di questo libro di Enrico in copertina, probabilmente per introduce subito una dimensio- Vanzina: per poche pagine, con tranquillizzare il lettore e con- ne privata, intima, una relazione piglio quasi da caratterista, nel sentirgli una via d’accesso age- di sangue oltre il sangue, un ag- ruolo del critico e studioso di vole, ma non è solo o tanto que- gettivo possessivo che indica un cinema un po’ ossessivo, tra Tul- sto: è anche un memoir, un libro rapporto esclusivo, assorbente, lio Kezich e Norman Bates (più di riflessioni, una confessione unico, tra fratelli. Alla larga, quin- Bates che Kezich…), impegna- straziante e a cuore aperto, un di, chi cerca aneddoti e curiosi- to a intervistare lui e il fratello dialogo con chi non c’è più. Non tà cinefile. E pure chi sbava per Carlo sulla loro lunga avventura a caso, Enrico, alla fine, porge, retroscena piccanti o malevoli nel cinema popolare italiano. E con garbo, possibili istruzioni per ricordi ex post. Enrico ama(va) avrebbe preferito non esserci, l’uso, in particolare un tempo di Carlo di un amore sincero e lim- ovvio, e che addirittura Enrico lettura plausibile (e consigliato), pido, così raro oggi e in un paese il libro non l’avesse mai scritto, che, dietro il numero nudo e cru- fondato sì sulla famiglia, ma di perché questo vorrebbe dire che do (4 ore), nasconde, penso, un solito scoppiata, divisa, inquina- Carlo Vanzina è ancora tra noi. invito a leggerlo in un’unica so- ta da litigi e incomprensioni (e, Però, il libro c’è - e non c’è più luzione, come quando si ascolta a pensarci bene, oltretutto, nato Carlo - anche se, per quell’im- un racconto così emotivamente da un fratricidio, come direbbe perscrutabile gioco di equilibri intenso da non ammettere in- qualcuno). Persino quando ne ora beffardi ora struggenti che si terruzioni e distrazioni. Proprio racconta le debolezze, umanis- può chiamare destino, lo rende come si dovrebbe fare quando sime e che potrebbero essere in absentia più presente che mai. si guarda un film, vien da dire. di tutti, non si può mai leggervi Mio fratello Carlo, infatti, è il rac- E, infatti, subito prima, l’autore altro che un amore sconfinato e conto dell’ultimo, terribile anno ha confessato pure di aver fatto assoluto, mescolato al rimpianto di vita di Carlo Vanzina, impe- ricorso a espedienti del suo me- di non aver potuto essere, que- gnato in una strenua lotta all’ul- stiere di sceneggiatore cinema- sta come altre volte, il fratello

latest - cinema espanso maggiore che protegge contro lare ogni volta che ci ripenso e lo cosmica per chi, come Carlo, ha tutto e tutti il fratello minore. voglio ricordare qui, tanto ormai sempre dichiarato di preferire il C’è, dunque, nel libro, tutto Car- avrete capito che questa non è cinema alla vita perché nel primo lo Vanzina (per come l’ho potuto la solita recensione: Marco Risi, c’è il lieto fine e nella seconda in- conoscere nel tempo trascorso da sempre il suo migliore amico, vece no. Non sono però così sicu- insieme a intervistarlo in quegli quando è chiaro che è non c’è ro che non ci sia un happy end in stessi mesi che Enrico racconta più nulla da fare, accetta senza questo libro di Enrico, nonostan- da un altro punto di vista), l’uo- colpo ferire di assumere la regia te il suo protagonista muoia alla mo Carlo Vanzina, il sorriso gen- dell’ultimo film di Carlo, Nata- fine. Soprattutto se rileggo le ulti- tile, gli occhi buoni, l’ottimismo le a 5 stelle, un gesto che mi pare me pagine, dove – in un flashback sereno alimentato da una fede commovente, di quelli che si leg- - Carlo riflette sul fatto che un sincera, soprattutto la forza d’a- gevano nei poemi antichi quando film come Ghost l’avrebbero fat- nimo enorme dietro il fisico mi- si raccontava l’amicizia tra eroi e to loro, i Vanzina, se fossero nati nuto. Che lo porta, alla fine, quasi guerrieri. Come in una beffa atro- a Hollywood ed Enrico si dice a decidere lui, a un certo punto, ce, dunque, all’uomo che ha fatto sicuro che lo gireranno davvero, quando morire, trionfando sul- ridere per decenni gli italiani con quando saranno di nuovo insie- la malattia e dando un senso a i suoi film è toccato il ruolo di me altrove. Ma non si tratta di un’intera esistenza. Forse anche protagonista di una storia tragi- una chiusa consolatoria, non è per questo a Enrico ricorda ad- ca, terribile, senza via di scampo, un giro di vite al cuore del lettore dirittura Lawrence d’Arabia che un viaggio al termine della notte per commuoverlo. Piuttosto mi attraversa il deserto o Alec Guin- della malattia, che colpisce per pare una riaffermazione - l’enne- ness ne Il ponte sul fiume Kwai, e si la crudezza inesorabile, quasi sima, se si legge con attenzione potrebbe essere tentati di consi- chirurgica, con la quale Enrico lo - della vita sulla morte. Da parte derarla un’esagerazione, ma, cer- racconta lungo un’odissea infini- di chi ha scritto il libro e da parte to, Carlo doveva avere qualcosa ta di diagnosi, smarrimenti, cure, di chi ne è stato protagonista. Ri- di speciale, vista la sua capacità terapie, speranze, frustrazioni, ri- volta a chi lo legge e che, ne sono di ispirare le persone accanto a lanci, commiati. Senza un happy sicuro, si porta con sé, una volta lui. Tra i vari esempi possibili, end, verrebbe da constatare con arrivato alla fine, un po’ della for- uno mi colpisce in modo partico- amarezza, e pare un’ingiustizia za di “Carlino”.

92/93 geografie IL FATTORE R

di OSCAR IARUSSI

20 gennaio 2020: 100 anni dalla nascita di Federico Fellini. Un breve viaggio da Rimini a Roma, e attraverso le strade e le storie, i quartieri e i personaggi, in quel limbo perenne tipico di Fellini, in sospensione tra l’onirico e il reale più fanciullesco.

Da Rimini a Roma, il fattore “R” studios in fondo alla Tuscolana, “fuori porta”, dove un tempo si arrivava è cruciale nella geografia sen- con un “tramvetto azzurro che partiva dalla stazione attraversando chi- timentale di Fellini, del quale il lometri e chilometri di campagna”. 20 gennaio 2020 ricorre il cen- Quando nel 2012 Woody Allen concepisce To Rome with Love molti tenario della nascita. R come ri- scomodano il paragone con La dolce vita, sebbene riecheggi piuttosto torno all’infanzia, fonte limpida Lo sceicco bianco (1952). Fra i personaggi romani di Allen v’è infatti Ales- di ispirazione al pari del sogno. sandra Mastronardi in visita col marito agli zii influenti e benpensanti, Il giovane Federico giunge alla tentata dall’avventura con il bellimbusto dello spettacolo Antonio Al- stazione Termini nel 1939, come banese, a sua volta irretito dalla ragazza-squillo Penelope Cruz. Ebbene, racconterà nel 1987 in Intervista, ricordate? Wanda Cavalli (Brunella Bovo) nella Città Eterna si mette affidando il ruolo di se stesso a sulle tracce del protagonista dei fotoromanzi Nando Rivoli detto “Lo Sergio Rubini. Dal dopoguerra in sceicco bianco” (Alberto Sordi). La fuga della sposina culmina nella pi- avanti l’Urbe e il Lazio diventa- neta di Fregene, dove Fellini avrebbe comprato un villino e che ora gli no i set prediletti, naturalmente è intitolata. La giovane sognatrice sgrana gli occhi dinanzi al suo idolo quando Fellini non gira fra le mura che è in realtà un birbante di borgata: “La felicità” – la imbonisce lui a del recinto onirico di Cinecittà. Il bordo dell’improbabile caicco a vela prima di buscarsi la randa sulla Grand Hotel riminese è ricostruito testa – “proviene dal ricordo di una vita posteriore… anteriore… Ma de nel “Paradiso sul mare” di Anzio, che?”. Il melodramma è inficiato dall’indolenza capitolina, ma in Wanda dove anche Rob Marshall nel 2009 già vibra l’incantamento di Roma che aveva calamitato Federico e che dà corpo al suo Nine (tributo mal- nel 1953 si esplicita ne I vitelloni. “E state attenti, a Roma, ad attraversare riuscito a 8½), e perfino l’epifania le strade!” - ingiunge dal marciapiede della stazione di Rimini la signora del piroscafo Rex al largo di Rimini Rubini (Paola Borboni) ai novelli sposi Fausto e Sandra (Franco Fabrizi in Amarcord (1973) si concreta in ed Eleonora Ruffo) in partenza per il viaggio di nozze… riva al Tirreno e nel Teatro 5 degli La malìa capitolina anima la diva Sylvia (Anita Ekberg) alle Terme di

latest - geografie Caracalla quando danza a piedi nera, volubile nell’umore, lunare nudi con il giovanissimo Adriano nelle fattezze clownesche; quanto Celentano, che sferza i presen- lui è rude, massiccio, con tratti ti cantando Ready Teddy di Elvis animaleschi, terrigeno in tutto, Presley. Siamo nel 1960 e nasce La un gigante burbero. Vivono sulle dolce vita. L’attrice svedese irrom- strade di un’Italia “di rive sterpo- pe con la forza di un ciclone nella se e borghi assopiti nella neve o trama quotidiana di Marcello Ma- nel sole”, chiosa lo scrittore Giu- stroianni ed eccita la Roma mag- seppe Marotta. Uno di quei borghi matica e febbrile di quegli anni. è Bagnoregio, dove fra piazza Ca- Grazie ad “Anitona”, come la chia- vour e la chiesa di San Nicola e San ma Fellini derogando una tantum Donato sono ambientate le scene alla sua propensione “pascoliana” più importanti de La strada, con per il diminutivo (Pasolini dixit), i incursioni nella frazione di Civita sogni trasgressivi del maschio ita- sospesa sui calanchi, “il paese che liano si sintetizzano in un fanta- muore” a causa delle frane. sma latteo, materno, di crescita e Le rovine fecondano il futuro? di opulenza, che attrae fino all’os- Quanto meno ne scandiscono il sessione. Una conferma arriva nel travaglio e l’attesa, come nel ce- delizioso film breve Le tentazioni lebre passo di Walter Benjamin del dottor Antonio dell’anno suc- sull’Angelus Novus di Paul Klee: cessivo, uno degli episodi di Casa- “L’angelo della storia deve avere nova 70, girato nell’orizzonte qua- questo aspetto. Ha il viso rivolto si metafisico del quartiere EUR, al passato. Dove ci appare una con il ritornello “Bevete più latte, catena di eventi, egli vede una il latte fa bene a tutte le età”. sola catastrofe, che accumula Federico Fellini e Giulietta Masi- senza tregua rovine su rovine e le na abitavano al numero 110 di via rovescia ai suoi piedi…”. In una Margutta, mentre al civico 51/a si sequenza di Roma (1972), oltre un trova il palazzo di Vacanze roma- varco appena aperto, nella came- ne diretto da William Wyler nel ra stagna si palesano dei magnifici 1953, con il cortile, la scalinata e il affreschi dell’età imperiale che terrazzo che incorniciano l’amo- svaniscono al contatto con l’aria re nascente tra il giornalista Joe durante gli scavi per la costruzio- Bradley (Gregory Peck) e la prin- ne della metropolitana. L’archeo- cipessa Anna (Audrey Hepburn). logia “felliniana” è una metafora Già, è una perenne “vacanza ro- della ‘disparizione’ che riguarda mana” il cinema di Federico, che la Storia, l’arte, la bellezza e i sen- nel 1943 sposa Giulietta Masina timenti. In 8½ i fantasmi dei geni- nell’appartamento della zia di lei, tori parlano al protagonista Guido in Via Lutezia 11 ai Parioli. In quel (Marcello Mastroianni) aggiran- palazzo Roberto Rossellini girerà dosi fra i ruderi dell’acquedotto una scena dell’episodio fiorenti- Claudio nel parco periurbano fra no di Paisà (1946), in cui la Masina l’Appia e la Tuscolana, altresì cari è una comparsa che scende le sca- al cinema di Pasolini, ma della ri- le, ma quella “Patatina” – come velazione presto non resta nulla: la chiama Rossellini – è destinata solo le pietre del tempo, mute. a diventare la “Female-Chaplin” Contro quelle stesse millenarie ammirata da Charlot nel felli- pietre si coltiva l’arte di battere la niano La strada (1954). Il film nel testa ne La grande bellezza (2013) 1957 frutta a Federico l’Oscar per di Paolo Sorrentino, film sapido di il Miglior Film Straniero (ne vin- maschere ed episodi à la manière cerà altri tre, più la statuetta alla de Fellini, ambasciatore nel mon- carriera nel 1993 pochi mesi prima do dell’autolesionismo nirvanico di morire). È la semplice storia made in Italy. di Gelsomina-Giulietta, misera Sì, Federico è ancora qui e non ragazza di paese, venduta da una smette di dire: “Grazie, Roma”. vedova per diecimila lire allo zin- garo Zampanò (Anthony Quinn), che si esibisce nelle piazze in un numero circense da spezzacate- ne. Tanto lei è fragile, sensibile, te-

94/95 compleanni

SPIRITO MILITANTE E PASSIONE PER LA STORIA

Gli 80 anni di Alberto Negrin

di GIAN LUCA PISACANE

Non è da tutti nascere a Casablanca. Il regista Alberto Negrin “lo nac- que”, come direbbe Totò. Sulle orme del mito dunque, fin dalla nascita, e da adulto cineasta assai preparato, specialmente sul piccolo schermo. Sfugge al fascismo per la lungimiranza dei suoi genitori (poi lo analiz- zerà con la macchina da presa in Io e il Duce, su Galeazzo Ciano), e torna in Italia con l’attenzione per la Storia. Indaga il nostro Paese negli angoli bui, ma fa anche risplendere gli eroi del tricolore. Fin da Racket, nel 1972, inizia già a confrontarsi con la mafia, con la manodopera clandestina. E Cosa Nostra torna pochi anni dopo ne Il delitto Notarbartolo. I suoi volti sono quelli delle persone comuni, che non si spezzano da- vanti ai giochi di potere, non si inginocchiano di fronte alla criminalità, anche quando si maschera dietro la politica. Arrivano Perlasca – Un eroe italiano, Paolo Borsellino – I 57 giorni, Pane e libertà, per citare solo alcuni dei suoi lavori. Una carriera per ellissi, attraverso i decenni, scavando nelle radici sulle quali si è costruita la nostra società. Senza dimenticare le imprese sportive, come in Gino Bartali – L’intramontabile. Per Negrin ha recitato persino Burt Lancaster in Viaggio nel terrore – L’Achille Lau- ro, che tanto il regista dovette difendere, su Rai 2, dalle accuse di Paolo Guzzanti, che sosteneva ci fossero troppe “omissioni”. Difficile illu- minare vicende su cui ancora oggi si allungano molte ombre. Ma tutto ciò che si tinge di mistero ha sempre affascinato Negrin, fin da Lungo il fiume e sull’acqua. Minor fortuna ha avuto sul grande schermo Enig- ma rosso, con uno sguardo a Dario Argento, ma non con la stessa forza spettacolare, nonostante fosse diretto con eleganza e perizia tecnica. Più interessante e incisivo Volontari per destinazione ignota, uno dei pri- mi film da protagonista di Michele Placido. Ma forse la pagina migliore del suo cinema, Negrin l’ha scritta con il bel finale de La promessa, dal ALBERTOALBERTO romanzo di Friedrich Dürrenmatt, vent’anni prima dell’adattamento di Sean Penn con Jack Nicholson. Rossano Brazzi sotto la pioggia, di- sperato, come impazzito, aspetta l’assassino che non arriverà mai. E lui resta cristallizzato su quel momento per sempre. “Aspettare, bisogna saper aspettare”. E l’attesa è lo stesso elemento che permea Il segreto del Sahara, una saga avventurosa con le musiche ammalianti di Ennio Morricone. Alberto Negrin festeggia ottant’anni il 2 gennaio prossimo. Avrebbe do- vuto anche realizzare una serie su Dylan Dog. E prima di The Irishman di NEGRINNEGRIN Scorsese, aveva già parlato di Jimmy Hoffa in Kennedy contro Hoffa. Con spirito appassionato e militante.

latest - compleanni UN “DIVO” DALLE MOLTE FACCE Gli ottant’anni di Paolo Graziosi

di G.L.P.

Può sembrare assurdo, ma nel locchio Ginepro fatto uomo. Dal 1961 Paolo Graziosi fu respinto sodalizio con Bellocchio arriva il agli esami di ammissione dell’Ac- suo ruolo più significativo, quello cademia d’Arte Drammatica. ne La Cina è vicina, dove incarna Attore di forte presenza scenica, un ambizioso candidato sociali- appassionato, molto espressivo, sta in un mondo grottesco, dove per fortuna la svolta arriva con il ognuno è la caricatura di se stesso. Centro Sperimentale, dove cono- Per Liliana Cavani è Bernini in Ga- sce Enzo Battaglia e Marco Bel- lileo, per Salvatore Samperi (Cuore locchio. Ha più volte dichiarato: di mamma) guarda direttamente “Per fare questo lavoro servono in macchina e invita il pubblico slancio, determinazione, e la ca- alla rivoluzione. Poi Cadaveri ec- pacità di sopportare qualsiasi cellenti di Francesco Rosi, la breve sacrificio”. Come dargli torto? I apparizione ne Il lungo silenzio di suoi sono sempre stati personag- Margarethe von Trotta. È uno dei gi tormentati, inquieti, anche sul due magistrati che vengono assas- palcoscenico. Indimenticabile sinati all’inizio del film. il suo Mercuzio nel famoso alle- Da giudice a politico, Paolo Sor- stimento di Romeo e Giulietta di rentino lo trasforma in Aldo Zeffirelli. Collabora con il Teatro Moro ne Il divo. Mentre per Mario Stabile di Torino, conosce Carlo Martone è Carlo Antici, lo zio di Cecchi, partecipa alla messinsce- Giacomo Leopardi ne Il giovane Paolo na del Woyzeck di Büchner, è tra i favoloso. Un salto ai giorni nostri fondatori del GranTeatro, unione in Veloce come il vento, dove forse tra tradizione popolare e autoria- ci sarebbe voluto più spazio per il lità. Si cimenta anche nella regia, suo personaggio, l’anziano mec- partendo da Čechov (Tragico con- canico di famiglia Tonino, che trovoglia, Il canto del cigno, Il ta- spesso ruba la scena ai protago- bacco fa male). Ha sempre amato nisti. Instancabile, Graziosi è Ma- sia il repertorio contemporaneo stro Ciliegia in Pinocchio di Matteo Gra- che quello classico, abbracciando Garrone. Sempre molto attivo, Brusati e Mamet, oltre a Shake- anche in tivù: Distretto di polizia 11, speare e Goldoni. Squadra antimafia 6 (il suo Gran- Interprete dalle molte facce, spe- de Vecchio ha molto successo), Il cie sul grande schermo, dove commissario Montalbano, dopo le purtroppo gli sono mancate le lontane esperienze con Cottafavi occasioni che avrebbe meritato. e Prosperi. Ottant’anni il 25 gen- L’esordio, nei primi Anni ‘60, è naio 2020, Paolo Graziosi è uno con Battaglia ne Gli arcangeli, ma dei grandi “giovani” del nostro ziosi aveva già recitato nel mediome- cinema, sempre in prima linea traggio di diploma del CSC di Bel- quando si tratta di raccontare una nuova storia.

96/97 ricordi

Omero Antonutti (1935-2019) SHAKESPEARE È STATO IL NOSTRO PADRINO

di PAOLO TAVIANI

ti”, pronti a girare. Aspettavamo Che gli ricorderà Omero. Da lontano, lungo il bina- rio, vedemmo arrivare un signore “…impara a distinto in doppio petto grigio, farfalla, barbetta, baffi, cappel- guardare le cose lo. Era Pirandello - Omero che anche con gli aveva inventato anche una cam- minata nuova, ribelle a una certa occhi di quelli stanchezza. Si avvicinò, eravamo Il nostro incontro con Omero fu Gli demmo il copione di Padre quasi imbarazzati ad abbracciarlo. che non le vedono a teatro, lo spettacolo era Giulio padrone. Lo lesse. Il giorno dopo Da grande attore era divenuto un più… Ne proverai Cesare. Omero, magistrale inter- chiese che parte avrebbe inter- grande Pirandello. prete di Cassio, aveva creato un pretato: “il padre” rispondemmo. Che ora si avviava alla casa della dolore, certo… personaggio implacabile e dolce. Omero era soprattutto un attore giovinezza a incontrare l’ombra Vittorio ed io abbiamo spesso di teatro e poco, niente cinema. Ci della madre. Ma quel dolore ricordato la scena in cui Omero, raccontò che, alla notizia, aveva inginocchiato accanto al corpo avuto quasi un mancamento. te le renderà più di Cesare ucciso, si volse verso il Era un uomo nel fiore dell’età, ma sacre e più belle”. pubblico e, con forza, commozio- riuscì a trasformarsi in un maturo ne improvvisa, recitò le sublimi pastore sardo, un padre padrone. battute shakespeariane “quanti Ne La notte di San Lorenzo in un secoli venturi vedranno rappre- anziano contadino capopopolo. sentata questa scena… in linguag- In Good morning Babilonia in un gi non ancora inventati...”. Affer- novantenne artigiano del mar- mazione della forza e dell’eternità mo, che resse il confronto con il dell’arte. grande Griffith. L’attore Charles Noi due eravamo nelle prime file e Dance era ammirato dalla po- avemmo la sensazione, l’illusione tente recitazione, la gestualità di dello spettatore, che guardasse quel vecchio orgoglioso. proprio noi. Omero, in seguito, Ma la più emozionante interpre- sorridendo confermò. tazione per lui e per noi fu Piran- Lo incontrammo e lo invitammo a dello in Kaos. lavorare nel nostro nuovo lavoro. All’inizio della lavorazione, io e Insomma, Shakespeare è stato il Vittorio eravamo sul marciapiede nostro padrino. della piccola stazione di “Girgen-

latest - ricordi Carlo Croccolo (1927-2019)

TOTÒ IL MIO MAESTRO, MARILYN IL MIO PAZZO AMORE di FULVIA CAPRARA

Tempi gloriosi, di cinema vitale contemporanea in cui Croccolo, ne (120 film più le commedie alla Giovannini in Rinaldo in campo e e di pubblico onnivoro. Di teatro come aveva dichiarato nelle ulti- radio, il teatro e i programmi tv) Aggiungi un posto a tavola. Dalle che diventava film e di interpre- me interviste, non sentiva più di intensa almeno come l’altra, mai fiction tv come Dio vede e provvede ti che, grazie alla pratica in pal- riconoscersi. E infatti, per i giorni negata, per le donne. A 80 anni e Capri (in cui è stato il pescatore coscenico, tra avanspettacolo e della vecchiaia, aveva scelto Ca- suonati Croccolo aveva deciso di Totonno) alla voce prestata non varietà, si muovevano sul set con stel Volturno al posto della città svelare l’antico flirt con Marilyn solo a Totò (in 10 film), ma anche straordinaria naturalezza. Nella natale, abbandonata, nel ‘47, per Monroe: “Abbiamo avuto una a Oliver Hardy. Dalla regia di we- versione per il grande schermo partecipare a trasmissioni radio- storia d’amore. È durata solo tre stern come Una pistola per cento della commedia di Eduardo Scar- foniche come Briscola, ma sempre mesi, ma io ero pazzamente inna- croci e Black killer, firmati con lo petta, Miseria e nobiltà (anno 1954, evocata, anche attraverso l’impe- morato di lei. Solo che starle ac- pseudonimo Lucky Moore, alle regia di Mattoli), Carlo Croccolo, gno di doppiatore fisso del Princi- canto era un inferno e io, alla fine, performance radiofoniche dei esponente di spicco di quell’epo- pe De Curtis: “Totò ha ispirato la sono fuggito”. Ogni commento lontani esordi (nel ‘45 con Radio ca d’oro, scomparso il 12 ottobre mia vita, è stato il mio maestro”. è lecito, ma è chiaro che l’unico, Napoli). Di Carlo Croccolo, testi- a 92 anni, interpretava Luigino, vero totem a cui Croccolo aveva mone di almeno tre generazioni fratello di Gemma, affidata alla All’infanzia da scatenato scu- giurato eterna fedeltà è stata l’ar- teatrali e cinematografiche, resta bellezza sfolgorante di Sophia gnizzo (“Sono stato terribile, mia te dell’esibirsi. Coniugata in tutte l’esempio di un talento versatile Loren. Nel suo personaggio di madre cercava di tenermi a freno le sue diverse forme e sfumature, e di un gusto eclettico. In un’era perfetto gagà partenopeo, diviso a suon di mazzate. Non auguro a passando con agile professionali- felice, quando le barriere tra alto tra frivolezza e ostentazione, c’e- nessuno un figlio come me”) era tà dalle prove con Giorgio Streh- e basso, tra autori e non, erano ra la summa di un archetipo oggi seguito l’esplodere della passione ler nella Grande magia di Eduardo azzerate dall’inoppugnabile ver- sparito, spazzato via dalla Napoli definitiva. Quella per la recitazio- De Filippo a quelle con Garinei e detto del pubblico.

98/99 internet e nuovi consumi

, SPUNTINI DI SERIE D’AUTORE IN FORMATO SMARTPHONE

di CARMEN DIOTAIUTI

L’ambìto mercato della serialità online ha un nuovo e agguerrito concorrente: l’ambiziosa piattaforma di video streaming targata Jeffrey Katzenberg, che offrirà, a partire dal prossimo anno, contenuti originali suddivisi in brevi capitoli e sviluppati per essere guardati esclusivamente su dispositivi mobile.

ti, manca al momento solo il già annunciato e atteso Disney Plus: dopo Netflix e Amazon Prime, infatti, è sbarcato in Italia dal 1° tività sfrenata nell’ambiente dei novembre anche Apple Tv+, il talk show televisivi del mattino; nuovo servizio streaming a paga- See, con Jason Momoa e Alfre Wo- mento che permette di accedere odard, ambientata in un futuro a un catalogo di contenuti e serie distopico in cui i sopravvissuti a originali Apple, tramite un’app un terribile virus che ha decima- istallata sui propri smartphone, to l’umanità sono ciechi, tranne computer, smart TV o altri dispo- due gemelli nati secoli dopo, con sitivi per lo streaming come deco- la capacità di vedere. Ma anche il der e chiavette. Tra le produzioni thriller psicologico firmato da M. È una fetta di mercato sempre più più attese, la serie con Jennifer Night Shyamalan, Servant, con ambìta quella della serialità onli- Aniston, Reese Witherspoon e protagonista una coppia in lutto ne. Una competizione agguerrita Steve Carell, The Morning Show, dopo una grande tragedia, che ha che si è trasformata in una vera e che getta uno sguardo su retro- creato una frattura nel loro ma- propria battaglia, combattuta a scena poco candidi e competi- trimonio e aperto la porta ad una suon di streaming e pacchetti in forza misteriosa che si fa spazio abbonamento. I grandi schiera- nella loro casa. menti in campo ci sono quasi tut-

latest - internet e nuovi consumi Così, mentre i colossi stanno mes” l’AD di Quibi, Meg Whit- schierando le armi definitive man, evidenziando come l’of- nella guerra dello streaming, con ferta di contenuti di alto livello buona pace dei sostenitori della suddivisi in piccoli episodi possa visione del prodotto audiovisivo essere percepita dal pubblico sul grande schermo, l’ex presi- come un’opportunità parecchio dente dei Walt Disney Studios e interessante. cofondatore di DreamWorks, Jef- in metro alla coda al supermer- Il servizio sarà in abbonamento frey Katzenberg, ha annunciato cato. I video sono suddivisi in e i nomi coinvolti meritano una una nuova sfida che promette di tre categorie: narrazioni di lun- certa attenzione. Tra gli investi- accendere gli animi. Si chiama ga durata distribuite in capitoli, tori di Quibi, un progetto, si legge Quibi, acronimo di Quick Bi- contenuti alternativi come reality, sul sito, che “riunisce il meglio di tes (“bocconi veloci”), ed è una documentari e show cooking, ma Hollywood e della Silicon Valley” nuova e ambiziosa piattaforma anche i cosiddetti “Daily Essen- e che ha raccolto al momento un di video streaming i cui contenuti tials”, brevi notiziari rivolti a gio- miliardo di dollari, Disney, NB- serie drammatica #FreeRayShawn - colpo di scena - sono sviluppati vani spettatori. CUniversal e Sony Pictures. Tra diretta da Seith Mann e ambien- per essere guardati esclusivamen- “Sempre più persone guardano gli autori Steven Spielberg, che tata a New Orleans, con Stephan te su smartphone, tramite un’app, il telefono, ma durante il giorno sta per realizzare una serie horror James nei panni di un veterano e quindi visualizzabili sia in oriz- la maggior parte di loro non ha dal titolo provvisorio Spielberg afroamericano da poco tornato zontale che in verticale. Il lancio un’ora a disposizione per seder- After Dark, che sarà possibile guar- dall’Iraq che si ritrova incastrato previsto è per il prossimo aprile, si e guardare qualcosa in tv”, ha dare solo dopo il tramonto. L’app dalla polizia. e la grande novità sta nella tipolo- sottolineato al “Los Angeles Ti- di Quibi dovrebbe prevedere, Una nuova generazione di narra- gia dell’offerta. Serie e contenuti infatti, una specie di countdown tiva cinematografica, costituita originali appositamente realizzati che avvisa nel momento in cui sta da “spuntini” di contenuto facil- per schermi tascabili, con episodi per arrivare il crepuscolo, in base mente digeribile, girati in modo dalla durata limitata, tra i cinque e alla posizione geografica dello molto specifico e progettati per i dieci minuti, confezionati sulle spettatore che viene geo-localiz- essere guardati in movimento, abitudini di navigazione della Ge- zato grazie al telefonino. Antoine come ha evidenziato Jeffrey Ka- nerazione Z, cresciuta a suon di Fuqua sta, inoltre, producendo la tzenberg al Banff World Me- YouTube, Instagram e Snapchat, dia Festival dove ha illustrato abituata a navigare sui propri ultimamente il progetto: “Chi ha dispositivi mobile in qualsiasi tra i venticinque e i trentacinque tempo morto, dagli spostamenti anni, il nostro pubblico princi- pale, tutti i giorni dalle sette del mattino alle sette di sera sta su un dispositivo mobile per più di cinque ore. Sta comunicando, collaborando, è sui social media, gioca, guarda qualcosa come set- tanta minuti di contenuti onli- ne”. Un pubblico troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire!

100/101 punti di vista

UNAUNA MESSAMESSA ININ DISCUSSIONEDISCUSSIONE DELDEL CINEMACINEMA DELDEL “REALE”“REALE”

Il film-caso di Elisa Amoruso dedicato alla celebre influencer fa discutere. Abbiamo chiesto a due critici di sfidarsi sull’argomento.

di DAMIANO GAROFALO Chiara Ferragni PRO

accordo con Amazon per lo sfrut- coglienza e nella ricezione critica tamento non lineare dei diritti di ricevuta dal film dopo la première. riproduzione sulla piattaforma Entrambe le proiezioni veneziane streaming Prime Video, Rai Cine- dedicate al pubblico sono andate ma e Ferragni (che risulta anche esaurite nel giro di poche ore, e le produttrice) hanno deciso di di- apparizioni di Ferragni e Fedez, stribuire il documentario come accompagnate da sciami colorati film-evento, portandolo in 393 e rumorosi di adolescenti, hanno sale per soli tre giorni. Alimentan- concesso all’evento una copertu- do un vero e proprio hype tra i più ra mediatica trasversale. Nel mon- giovani tramite passaparola sui do parallelo della critica, molti social, la strategia promozionale giornalisti hanno imbastito una ha condotto il film verso un in- gara alla stroncatura più sagace: si casso da 1,6 milioni di euro (cifra del più antico festival cinemato- è letto di “racconto superficiale”, record sia per un documentario grafico della storia un documen- di “grado zero della creatività”, di italiano, sia per un film-evento). tario su quella che Forbes ha rico- “sguardo prono” e di “cinema di Rapportato alla disastrosa rice- nosciuto come “l’influencer più propaganda”, di “una Instagram zione critica, il successo del film importante del mondo” ha gene- story di 85 minuti”. Leggendo le al botteghino ci costringe, da un rato un corto circuito di discorsi e recensioni, viene da chiedersi se lato, a ridefinire i consueti para- polemiche preventive che hanno la principale significanza del film metri apocalittici attraverso cui accompagnato il film fino alla sua non risieda proprio nel riuscire a si legge il futuro della sala in Ita- anteprima veneziana. L’approdo far emergere, attraverso una figu- lia. Dall’altro, tutti quei dibattiti In qualunque modo la si pensi sul di un’icona pop della generazione ra apparentemente aliena come attorno al film che hanno aperto fenomeno Ferragni, il film diretto post-millennials su uno degli alta- Ferragni, tutte quelle ambiguità un solco tra forme e contenuto ci da Elisa Amoruso rappresenta, ri del film d’arte novecentesco ha alla base dello statuto della forma invita a integrare il nostro sguardo per almeno tre ragioni, il caso pro- fatto storcere il naso a molti cine- documentaria: il rapporto tra fin- sul testo con un posizionamen- duttivo italiano più interessante fili. Tuttavia, la presenza di Ferra- zione e realtà, tra sguardo orienta- to politico sulla sua protagoni- dell’anno. Anzitutto, Chiara Fer- gni a Venezia s’inserisce in piena to e presunta oggettività, tra com- sta: non più oggetto ideologico ragni - Unposted viene presentato continuità con le recenti aperture mittenza e autorialità, ma anche di fronte alla quale schierarci, in anteprima alla 76esima Mostra di Alberto Barbera verso una di- tra pubblico e privato, alto e bas- favorevoli o contrari, ma impre- di Venezia, all’interno della sezio- mensione sempre più popolare so, commerciale e intellettuale. vista opportunità per ridiscutere ne collaterale Sconfini. La deci- del festival da lui diretto. Come terza e ultima ragione vi è la le forme canoniche di racconto sione di programmare all’interno La seconda ragione risiede nell’ac- strategia distributiva. Forte di un del reale.

latest - punti di vista VIAVIA LELE GRINZEGRINZE DALDAL LENZUOLOLENZUOLO

di PAOLA CASELLA Chiara Ferragni CONTRO

A che cosa serve un documenta- rio? Spesso a portare all’attenzio- ne del pubblico una storia poco nota e illuminare una realtà sfug- gita all’attenzione degli spetta- tori. Chiara Ferragni: Unposted fa esattamente il contrario: prende una storia notissima, ovvero la vita della più celebre influencer camera, in una continua messa italiana documentata quotidiana- in scena di una felicità euforica e mente sui social dalla diretta inte- senza ombre. ressata, e invece di andare a sco- Ecco: in Chiara Ferragni: Unposted prire ciò che si nasconde dietro la mancano del tutto le ombre, ven- facciata si accontenta di ribadire gono appiattiti sfumature di sen- lo storytelling inscenato meticolo- so e livelli di lettura, come se un samente dalla sua protagonista. E gigantesco ferro da stiro rimuo- se da un lato il lavoro di costruzio- vesse sistematicamente le grin- ne della propria immagine della ze da un lenzuolo. Tutto ciò che Ferragni ha un suo preciso senso vediamo sul grande schermo è commerciale, dall’altro l’aderen- già stato dettagliatamente pubbli- za al limite dell’agiografico di Eli- cato sui social, in contraddizione sa Amoruso a quella costruzione con il titolo del film che promette gare come questa ragazza di pro- ha ben poco di cinematografico. rivelazioni “unposted”. Guardan- vincia sia riuscita ad arrivare alla È come se i paletti che la squa- do il documentario di Amoruso notorietà planetaria costruendo dra che circonda la Ferragni ha si ha l’impressione di pattinare intorno a sé un impero econo- probabilmente imposto alla re- su una superficie liscia ed eter- mico. La sua parabola aziendale gista fossero ben visibili anche al namente riflettente, convincen- è diventata (giustamente) un pubblico, e quel poco che sfugge doci che sotto il vestito non ci sia case study all’Università di Har- al controllo serrato della mac- davvero niente. vard: perché allora non entrare china promozionale non viene Resta in ombra anche la compo- nel dettaglio delle dinamiche mai esplorato fino in fondo: ad nente più interessante del per- messe in atto da Ferragni, e in- esempio sviscerando la figura sonaggio Ferragni, ovvero la sua segnare alle ragazze non quanto della madre della protagonista, oggettiva capacità imprenditoria- sia bello sposarsi in pubblico, ma ossessionata dalla propria perso- le: dato che il suo messaggio ai fol- quanto sia utile costruirsi un bu- nale compulsione ad immorta- lower è “se vuoi puoi farlo anche siness plan, quale che sia il proprio lare la vita della figlia a favore di tu”, sarebbe stato istruttivo spie- obiettivo professionale?

102/103 biografie STEFANO LOCATI

È assegnista di ricerca all'Università ROBERTO IULM di Milano. Si occupa di cinema asiatico e del rapporto tra immaginario, cinema e scienza. Tra gli altri, ha scritto AGOSTINI Evolution. Darwin e il cinema (con E. Ca- nadelli, 2009) e La spada del destino. I sa- Nato a Roma, inizia la carriera artistica murai nel cinema giapponese dalle origini a come attore lavorando con importanti oggi (2018). nomi del teatro italiano. Come dram- maturgo ha all’attivo diversi lavori: Romana omaggio a G. Ferri, con Tosca, Scaramouche per M. Venturiello, scrit- to con F. Cerlino. Scarti Nobili con A. Picconi. La sua regia Lettere d’amore di PAOLO D. Maraini è rappresentata anche all’e- stero (Boston e Seoul). Come sceneg- TAVIANI giatore ha collaborato con L. Cavani e M. Zampino. Tra i riconoscimenti: Miglior Sceneggiatura 2006 - Autumn Film Festival, premio Hystrio 2002 per Regista toscano, storicamente in coppia con il fratello Vittorio, con cui “scrittori per la pace”; finalista al Napoli iniziano la carriera nel ’54 con il doc sociale San Miniato luglio ‘44, su- Drammaturgia in Festival, e al Riff. Nel gli avvenimenti toscani della Seconda guerra mondiale, che ispirano 2013 cura per Giuliana Lojodice l’adat- anche La notte di San Lorenzo (1982), uno dei più importanti film della tamento del romanzo Jezabel, in onda produzione italiana Anni ‘80 e vincitore di numerosi premi nazionali su Rai Radio 3, ed esce il suo romanzo, e internazionali, tra cui il recentissimo Leone d’Oro per il Miglior Re- Il Cuoco di Burns Night (Atmosphere stauro in Venezia Classici 2018. Tra gli altri loro titoli, I sovversivi, Sotto il libri); nel 2017 firma regia e adattamen- segno dello Scorpione, Padre padrone, Palma d’Oro e Premio della Critica to de La Rivale tratto da un racconto di al Festival di Cannes, fino all’ultimo Una questione privata (2017), trat- E.E. Schmitt e nel 2018 de Il Caso Mattei to dallo scritto di Fenoglio. Nel 1986 hanno ricevuto il Leone d’Oro alla -schegge di verità - con G. Colangeli, trat- Carriera alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. to dal libro di S. Pisu e V. Calia.

LETIZIA SERGIO CORTINI TOFFETTI

Coordinatrice attività di formazione e trat- Nato a Torino è laureato in Filosofia. Ha lavorato per il Museo Nazionale tamento del patrimonio della Fondazione del Cinema, che ha presieduto nel biennio 2018/19. È stato vicedirettore AAMOD. e conservatore della Cineteca Nazionale presso il Centro Sperimenta- Ha insegnato Storia e fonti del documento audiovisivo alla SSAB-Uni- le di Cinematografia (1998/2009) e direttore della Sede del Piemonte versità “La Sapienza”. (2000/17). Fonda e dirige l’Archivio del Cinema d’Impresa di Ivrea, Collabora con Istituti culturali, tra cui l’Archivio Luce, per l’uso didat- 2003/17. Tra le altre collaborazioni figurano la Cinémathèque Française, tico dei patrimoni cine-fotografici. Consulente per ricerche e riordini il MoMA, la Biennale di Venezia, il Torino Film Festival, la Rai, Tele+/ di archivi. Giornalista pubblicista e blogger, realizza articoli, saggi e siti Cinèclassique. Ha tenuto corsi presso la Sorbonne Paris 3, Roma 3, il web per la valorizzazione di fonti di immagini. Politecnico di Torino, l’università “La Sapienza” di Roma. Ha scritto su Archiviazione e restauro, Storia del cinema italiano, e di cinema france- se e americano. È nel comitato scientifico di Rai Teche.

latest - biografie sul prossimo numero in uscita a marzo 2020

Scenari Inchieste Focus Compleanni Il cinema Il cinema italiano Il cinema I 90 anni e l'immaginario italiano e la pubblicità in Bulgaria di Giuliano Montaldo PosteItalianeSpA - Spedizioneinabbonamentopostale-70% -Aut.GIPA/C/RM/04/2013 Io pensolafabbricaperl'uomo, Lafabbricanonpuòguardare cultura, servizi, democrazia. cultura, servizi,democrazia. nonl'uomo perlafabbrica. Deve distribuirericchezza, solo all'indice deiprofitti. L'impresa eccezionale, èessere normale. dammi retta, (Adriano Olivetti) (Lucio Dalla)

9 772281 ISSN 2281-5597 559003 90006

www.8-mezzo.it Per? Con? Contro? L'industria vista dal cinema italiano dicembre 2019 numero 48 anno VII nei cinema nei cinema Casse ecassiere INCHIESTE DAL CINEMAITALIANO L’INDUSTRIA VISTA PER? CON?CONTRO? in Indonesia Il cinema FOCUS Metti, una sera acena una sera Metti, A 50annida ANNIVERSARI Carlo Rambaldi, Makinarium Wes BudSpencer, Anderson, MOSTRE n °48 dicembre 2019 €5,50