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il lupo IN PROVINCIA DI

A cura di Marco Apollonio e Luca Mattioli

Provincia di Arezzo

Le Balze lupo nuovo optima 5-06-2006 19:09 Pagina 4

Referenze fotografiche Indice Graziano Capaccioli: Figure 3.10, 3.11, 4.2, 5.4, 5.13, 8.2, 8.9, 9.12, 10.19 e pagine 6, 10, 148 Graziano Tortelli: Figura 4.3 Roberto Zaffi e Luciano Piazza: Figure 4.8, 5.10, 7.13, 10.17? e pagine 86, 114, 130, 154 Corpo Forestale dello Stato di Arezzo: Figura 6.6 e pagina 66 Elisa Avanzinelli: Figura 5.18 Claudia Capitani: Figure 2.1, 4.6, 5.2, 5.3, 5.6, 5.7, 5.8, 5.9, 6.8, 10.4b e pagine 44 Andrea Gazzola: Figure 10.1, 10.4a, 10.5a, 10.7, 10.8, 10.9 IL LUPO IN PROVINCIA DI AREZZO M.F. Di Benedetto, A. Gazzola, M. Geri, D. Mirco Geri: Figura 5.23 Giustini, L. Iacolina, P. Lamberti, S. Marsili, L. Paolo Lamberti: Figura 5.20 Mattioli, A. Vanni, A. Viviani. Alessia Viviani: Figure 1.1, 4.4, 4.5, 5.21, 10.5b e pagine 28, 102 1) IL CENTRO STUDI DI CASA STABBI E LA LINEA EDITORIALE SULLA 8) RAPPORTO PREDA-PREDATORE: CONSERVAZIONE E GESTIONE IL SISTEMA DELL’ALPE DI CATENAIA Foto di copertina: Graziano Capaccioli DELLA FAUNA Paolo Lamberti, Marco Alboni ...... 103 Roberto Vasai ...... 7 Hanno contribuito al contenuto di questo capito- Grafica: Margherita Barcucci lo: M. Apollonio, C. Capitani, A. Gazzola, L. 2) UN PROGETTO Mattioli, L. Mauri, M. Scandura, A. Viviani, V. Impaginazione: Cristina Bruzzichelli PER UNA SPECIE PRIORITARIA Viviani, nonché numerosi studenti in tesi apparte- Gabriele Chianucci ...... 11 nenti a diverse università italiane per gli studi radiotelemetrici e molti volontari per le catture e i 3) IL TERRITORIO censimenti di ungulati. DELLA PROVINCIA DI AREZZO Luca Mattioli ...... 15 9) ECOLOGIA TROFICA Claudia Capitani ...... 115 4) IL LUPO: UN PREDATORE Hanno contribuito al contenuto di questo capitolo: SOCIALE ED ADATTABILE L. Mattioli, M. Apollonio, E. Avanzinelli, I. Bertelli, Alessia Viviani, Andrea Gazzola, A. Gazzola, P. Lamberti, A. Viviani, M. Alboni, A. Massimo Scandura ...... 29 Colombo, V. Viviani

5) METODI DI STUDIO 10) IL LUPO E L'ATTIVITÀ ZOOTECNICA Claudia Capitani, Paolo Lamberti, Andrea Gazzola ...... 131 Massimo Scandura ...... 45 Hanno contribuito al contenuto di questo capito- lo: il Servizio Veterinario dell’ASL n. 8 di Arezzo 6) DISTRIBUZIONE E DINAMICA (ed in particolare il Dr. Fabio Parca, il Dr. DI POPOLAZIONE DEL LUPO Francesco Luccaccini ed il Dr. Ferdinando Rosi), IN PROVINCIA D’AREZZO M. Apollonio, L. Mattioli e M. Scandura. Claudia Capitani ...... 67 Hanno contribuito al contenuto di questo capitolo: 11) CONCLUSIONI DEI CURATORI L. Mattioli, A.Viviani, M. Scandura, L. Mauri, P. Marco Apollonio e Luca Mattioli ...... 149 Lamberti, A. Gazzola, M. Apollonio, E. Avanzinelli, F. Benvenuti, D. Giustini, S. Marsili, A. Vanni, M. Bibliografia ...... 155 Alboni, A. Colombo, M. Gemignani, M. Geri

7) LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA Copyright © 2006 - Editrice Le Balze - Via Montecavallo, 16 - Montepulciano (Si) Massimo Scandura ...... 87 www.lebalze.com - [email protected] Hanno contribuito al contenuto di questo capito- lo: M. Alboni, M. Apollonio, E. Avanzinelli, F. Benvenuti, C. Capitani, S. Cappelli, D. Del Chiaro, ISBN 88-7539-123-8

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ROBERTO VASAI 1. Il Centro Studi di Casa Stabbi e la linea editoriale sulla conservazione e gestione della fauna

Roberto Vasai

Il centro studi di Casa Stabbi è il frutto di ge, la quale prevede il monitoraggio obbliga- un impegno “antico” della Provincia di torio delle specie di interesse prioritario da Arezzo nel settore della tutela e corretta parte delle Province competenti per territo- gestione della fauna, secondo una linea di rio, la Provincia di Arezzo, a partire dal piena attuazione delle normative di settore 1998, ha avviato un progetto di ricerca sul- (L.R. n° 3/94 “Protezione fauna omeoterma l’intero territorio provinciale in collaborazio- ed esercizio venatorio”; L.R. n° 56/2000 ne con il Prof. Marco Apollonio, Direttore “Attuazione della Direttiva Habitat”). Il pri- del Dipartimento di Zoologia e Genetica mo passo è stato mosso nel 1997, quando la Evoluzionistica dell’Università di Sassari e Provincia di Arezzo nell’ambito della revi- membro del Centro Interuniversitario per la sione della propria pianificazione faunisti- Ricerca sulla Selvaggina (C.I.R.S. e M.A.F.) di co-venatoria ha istituito, in collaborazione Firenze, incentrato sullo studio della consi- con le Comunità montane del Casentino, stenza, la dinamica e la struttura di popola- della Valtiberina e del Pratomagno, con la zione del lupo nelle oasi di protezione della Del. C.P. n° 140/1997 cinque Oasi di prote- Provincia. A tale progetto ha aderito la zione faunistica nei principali complessi Regione Toscana con un supporto importan- forestali appartenenti al Patrimonio agricolo te e continuo, mentre il Ministero forestale regionale, di cui una nel complesso dell’Ambiente e Tutela del Territorio, Servizio forestale “Alpe di Catenaia”. Conservazione della Natura, attraverso una Queste aree rappresentano uno degli ele- specifica convenzione ha riconosciuto il pro- menti di maggior pregio naturalistico oltre- getto come “iniziativa di elevato contenuto chè paesaggistico della Provincia, per la loro scientifico e vicina agli obiettivi di tutela e di collocazione strategica nei principali com- monitoraggio delle specie di interesse comu- plessi montuosi e forestali, caratterizzati da nitario così come definiti dalla direttiva elevata biodiversità e dalla presenza di 92/43/CEE e dal D.P.R. n° 357 dell’8/9/1997” importanti entità zoologiche e ambientali da e si è impegnato a dare il proprio patrocinio preservare. Di particolare interesse è il siste- alle attività di ricerca. ma preda-predatore costituito dagli ungulati L’avvio di questo primo progetto ha subito selvatici, in primo luogo capriolo e cinghia- evidenziato l’esigenza, al fine di consentire un le, e dai relativi predatori, quali l’aquila, la ottimale sviluppo degli studi, di realizzare una volpe e soprattutto il lupo che è l’unica spe- struttura che svolgesse le funzioni essenziali di cie di mammifero esistente nella Provincia la Centro studi, ovvero di fulcro intorno al quale cui conservazione è stata individuata come creare ed organizzare ulteriori azioni di ricerca obbiettivo prioritario dalla Direttiva CEE e di divulgazione ambientale, e di foresteria, 92/43 “Habitat”, recepita successivamente ovvero alloggio-permanente per il personale dalla Regione Toscana con L.R. n. 56/2000. ricercatore impegnato nei progetti ubicato vici- Ben prima della promulgazione della leg- no o all’interno delle aree di studio.

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IL CENTRO STUDI DI CASA STABBI E LA LINEA EDITORIALE SULLA CONSERVAZIONE E GESTIONE DELLA FAUNA ROBERTO VASAI

Attraverso l’approvazione di un protocol- Montana Casentino, Unione regionale cac- re il più elevato numero di persone interes- Ci auguriamo di essere riusciti nell’intento. lo di intesa tra la Provincia di Arezzo, la ciatori dell’Appennino, Ambtiti territoriali di sate alla materia: dai ricercatori agli addetti Il mio più sentito ringraziamento va a tutte Comunità Montana del Casentino ed il caccia AR 1, AR 2 e AR 3, Federcaccia alla gestione, dagli operatori forestali e agri- le numerosissime persone che hanno dato un Comune di Chitignano, è stato individuato in Provinciale di Arezzo. coli ai cacciatori e agli ambientalisti, fino ad contributo alla realizzazione di tutto questo. “Casa Stabbi”, ubicata nel complesso fore- Presso il centro è stata ubicata anche una arrivare al mondo della scuola ed alle comu- stale regionale dell’Alpe di Catenaia, comu- importante stazione di rilevamento della nità locali. ne di Chitignano, la struttura ideale per lo qualità dell’aria, parte di una rete di rileva- scopo. Grazie ad un forte impegno per la mento realizzata dalla Regione Toscana. Fig. 1.1 - Veduta del Monte Foresto nell’Alpe di Catenaia, ripresa dal crinale della fonte di S. Francesco ristrutturazione da parte della Provincia di Ma “Casa Stabbi” non ha solo il polmone Arezzo, ad un ulteriore finanziamento della della ricerca e dello studio: vuole respirare Comunità Europea nell’ambito del progetto anche con quello della divulgazione e della Docup 2000-2006 Ob.2, ed alla concessio- documentazione nei settori della gestione e ne in uso da parte della Comunità Montana conservazione ambientale. Per sviluppare al della struttura di proprietà regionale per gli meglio questa seconda dimensione, Provin- scopi del progetto, è stato possibile realizza- cia di Arezzo e ARSIA Toscana, agenzia lea- re il “Centro studi e di documentazione der nel settore della sperimentazione e ambientale sulle oasi di protezione della divulgazione, hanno stipulato un protocollo Provincia di Arezzo-Casa Stabbi”. Il centro è di intesa, tra i cui elementi qualificanti vi è la dotato di una foresteria in grado di ospitare realizzazione di una specifica linea editoria- in pianta stabile un gruppo di 10 persone tra le comune che consenta una divulgazione ricercatori e studenti, e di un secondo polo più ampia dei risultati scientifici dei progetti didattico dedicato alla realizzazione di ini- realizzati presso il centro, e fino ad oggi ziative formative a carattere residenziale, in pubblicati in specifiche riviste specializzate, grado di ospitare fino a 30 persone. Il centro per lo più in lingua straniera, aprendo possi- ha già accolto master post-laurea e esercita- bilità ulteriori di dialogo con il mondo della zioni di campo di corsi universitari in mate- scuola e della divulgazione ambientale di ria di conservazione e gestione della fauna, base. ed è in progettazione un Master europeo L’orizzonte di azione è quello di un con- sulla conservazione e gestione delle popola- tinuo scambio tra i due livelli “locale” e “glo- zioni animali da realizzare in collaborazione bale” interpretati come ricchezze comple- tra il Gruppo di ricerca del Prof. Marco mentari: il radicamento nel territorio e l’at- Apollonio, la Provincia di Arezzo e gruppi di tenzione alle problematiche gestionali locali ricerca stranieri. si coniuga e si arricchisce con il confronto Dal primo progetto di studio sul lupo il con situazioni diverse su scala nazionale ed centro nel corso degli anni ha assunto un internazionale, e mette a disposizione “in ruolo di volano per ulteriori progetti, dallo rete” i risultati della propria azione. studio sul sistema preda-predatore nell’Alpe Questo volume sul lupo in Provincia di di Catenaia, a quello sulle relazioni tra ungu- Arezzo è il primo contributo di questa nuova lati selvatici e rinnovazione forestale, alla iniziativa, a cui, ne seguiranno altri. Vuole verifica delle tecniche di censimento del essere uno strumento che raccoglie lo stato capriolo, creando una rete di collaborazione delle conoscenze su questa affascinante e tra soggetti diversi, pubblici e privati, di gran- complessa specie accumulate in quasi dieci de interesse nel panorama nazionale: anni di faticose ricerche. Cerca di realizzare Regione Toscana, ARSIA, Istituto sperimenta- il difficile compromesso tra rigore scientifico le per la selvicoltura di Arezzo, Comunità e divulgazione, in modo da poter raggiunge-

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GABRIELE CHIANUCCI 2. Un progetto per una specie prioritaria

Gabriele Chianucci

Il lupo è una specie che da sempre ha ne (Innocenti A., comunicazioni personali) e attratto l’attenzione dell’uomo, con motiva- i risultati di recenti indagini genetiche zioni spesso diverse e contrastanti. Alcuni la (Scandura et al., 2001) sembrano confermare definiscono una “specie bandiera”, come a la prima ipotesi. Quale sia stato il recente sostenere che il grande interesse di cui è passato del lupo in quest’area, di certo il suo oggetto sia la conseguenza del significato status ha conosciuto una forte evoluzione che da sempre ha avuto nell’immaginario negli ultimi 20 anni, e possiamo senza dub- collettivo, più che del suo intrinseco valore bio affermare che il territorio della Provincia biologico ed ecologico. Ma non è così. di Arezzo ha giocato un ruolo importante nel Il lupo è una specie emblematica, da un processo di conservazione di questo carnivo- lato, dei processi di grande trasformazione ro nell’appennino centro-settentrionale. Due socio-economica e quindi ambientale che sono i fattori strategici che hanno favorito hanno interessato il territorio appenninico questo processo di recupero, oltre al più dal dopoguerra ad oggi, e dall’altro, dell’e- generale processo di abbandono della colli- voluzione e della crescita di attenzione verso na-montagna e conseguente ri-naturalizza- le problematiche della conservazione della zione di molte aree: da una parte un forte biodiversità nel suo complesso e delle sue incremento della presenza e consistenza espressioni più minacciate che si è registrata degli ungulati selvatici, in particolare del cin- negli ultimi decenni. ghiale e del capriolo; dall’altra la presenza di Nel periodo tra gli anni ’50 e ’70 la spe- una rete di aree protette, in parte storiche ed cie ha toccato in Italia il suo minimo storico, in parte di recente costituzione, conseguen- sia per consistenza della popolazione che za dell’esistenza di importanti aree demania- per dimensione dell’areale di distribuzione li ma anche di una precisa pianificazione ter- (Apollonio et al., 2004). La presenza del lupo ritoriale che le ha sapute valorizzare e pro- in Provincia di Arezzo in quegli anni è stata teggere. oggetto di discussione e di opinioni contra- Nel corso degli anni ’70, veniva avviata stanti tra gli esperti. Per Cagnolaro ed altri la reintroduzione del cinghiale in Provincia autori la specie non si è mai estinta comple- di Arezzo, così come in altre province limi- tamente, ma è riuscita a mantenere un pic- trofe. Nel decennio successivo, il rapido colo contingente costituito da individui iso- accrescimento dei pochi individui immessi, lati o piccoli gruppi. Per altri (Zimen e unito alla progressiva espansione delle popo- Boitani, 1975) il lupo in quei decenni non lazioni di capriolo, daino e cervo, originata- era più presente nel tratto dell’appennino si dall’area delle Foreste Casentinesi, creava tosco-romagnolo e sopravviveva in un areale le condizioni favorevoli in varie parti del ter- frammentato nel centro-sud Italia, al di sotto ritorio provinciale per una inversione di ten- dell’area dei Monti Sibillini. Testimonianze denza nella dinamica di popolazione del dirette di personale di questa amministrazio- lupo, innescata dal nuovo status di protezio-

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UN PROGETTO PER UNA SPECIE PRIORITARIA GABRIELE CHIANUCCI

ne della specie e dalla messa al bando delle costituendo una rete di zone di protezione Evoluzionistica dell’Università di Sassari e esche avvelenate. unica nel panorama della Regione Toscana. membro del Centro Interuniversitario per la L’esistenza di aree protette, o comunque Come indicato nella relazione tecnica Ricerca sulla Selvaggina (C.I.R.S.e M.A.F.) di in regime di bandita di caccia, distribuite generale di corredo alla delibera di istituzio- Firenze, finalizzata allo studio della consi- Catenaia, e con l’impiego, fra le altre, di tec- lungo l’area appenninica ed i principali rilie- ne, uno degli obiettivi di questo atto di pro- stenza, della dinamica e della struttura di niche radio-telemetriche attraverso la marca- vi secondari, rafforzavano questo processo, grammazione era quello di “..favorire, o popolazione del lupo nelle oasi di protezio- tura radio degli animali, le relazioni tra la grazie all’offerta di aree di rifugio scarsa- mantenere dove già esistente, un equilibrio ne della Provincia. Il progetto, basato sia su dinamica delle popolazioni di cinghiale e di mente disturbate ed ad un ulteriore azione di tra predatori (lupo, aquila), prede (ungulati tecniche di indagine tradizionali quali il wolf capriolo, la predazione naturale ed il prelie- incremento delle popolazioni di ungulati sel- selvatici) e ambiente che realizzi gli obiettivi howling, la tracciatura su neve e la ricerca di vo venatorio, in modo da elaborare un vatici dovuta all’adozione di innovative scel- della conservazione (finalità istitutiva delle escrementi, sia sulle recenti tecniche di modello generale di gestione e conservazio- te gestionali. oasi e della stessa L. 157/92) ad un costo genetica non invasiva mediante l’analisi del ne di queste specie di ungulati applicabile Alla fine degli anni ‘80 la presenza del economico sostenibile...”, migliorando le DNA, si prefiggeva di raccogliere alcune per il sistema integrato costituito dal territo- lupo lungo la dorsale appenninica, dal condizioni di protezione e lo status di popo- informazioni di base utili a definire i seguen- rio a gestione programmata (ATC) e dalle Monte Falterona e dalle Foreste Casentinesi lazione in particolare del lupo, che è, tra i ti aspetti: oasi di protezione. Anche questo progetto fino all’Alpe della Luna ed al Comune di mammiferi, l’unica specie prioritaria di inte- viene realizzato in collaborazione con il Sestino, era ormai una certezza documenta- resse comunitario, ai sensi della Dir, CEE gruppo di ricerca del Prof. Apollonio ed è ● valutazione della presenza e consisten- ta dal numero crescente di carcasse attribui- 92/43 “Habitat” e del D.P.R. 8 settembre inserito in una più ampia iniziativa di ricerca za del lupo nelle differenti aree del com- te alla specie che venivano rinvenute nella 1997 n. 357 “regolamento recante attuazio- europea rappresentata da gruppi provenienti prensorio provinciale e comunque all’inter- Provincia e aree contermini, ma poco si ne della direttiva 92/43/CEE...”, la cui con- da sette diversi paesi. no delle cinque oasi di protezione montane; sapeva sull’effettivo stato della specie. Sono servazione necessita di misure rigorose. Un elemento determinante per il succes- di quegli anni le prime indagini condotte da Le oasi di protezione del Pratomagno, ● valutazione della struttura di popola- so di questi progetti è stata la collaborazione pochi appassionati pionieri nell’area delle dell’Alto Tevere e dell’Alpe della Luna, sono zione e della composizione dei branchi; fornita dall’URCA (Unione regionale caccia- Riserve naturali biogenetiche Casentinesi inoltre completamente o parzialmente rica- ● valutazione del tasso di scomparsa e/o tori dell’Appennino) provinciale di Arezzo, (Crudele, 1988; Centofanti e Crudele, 1993), denti entro i confini dei Siti di interesse avvicendamento di individui e/o branchi che ha garantito il personale e l’organizza- seguite da un primo studio organico sulla comunitario (SIC 74 IT 5170006 (AR) Alta nelle diverse aree; zione necessari per lo svolgimento delle bat- specie condotto nella stessa area dal Prof. valle del Tevere; SIC 78 IT51700010 (AR) tute di cattura e partecipazione al monitorag- ● determinazione dell’entità del flusso Marco Apollonio a partire dal 1993, ma nes- Alpe della Luna; SIC 79 IT 51700011 (AR) gio del lupo su scala provinciale, fornendo genico tra branchi; suna indagine effettiva esisteva al di fuori Pascoli montani e cespuglieti del Pratoma- preziose informazioni mediante osservazioni dell’area del neocostituito Parco Nazionale. gno) individuati ed approvati dalla regione ● valutazione della variabilità genetica dirette, rinvenimento di segni di presenza, di La Provincia di Arezzo con Deliberazio- Toscana con Deliberazione del Consiglio della popolazione. predazioni o rilevamento di ululati, durante ne del Consiglio Provinciale n° 140 del Regionale 10 novembre 1998, n. 342 al fine ● risultati ottenuti dai primi sei anni di lo svolgimento delle uscite di caccia o delle 29/7/1996 ha istituito, durante la fase di re- di costituire la rete di aree protette denomi- indagine hanno consentito di delineare un annuali operazioni di censimento. Questo visione del proprio Piano Faunistico nata “natura 2000” in attuazione della diret- quadro molto interessante che ha conferma- gruppo di 1500 volontari, che operano su Venatorio, cinque oasi di protezione ai sensi tiva “habitat”. to la grande importanza delle oasi di prote- una superficie di circa 1800 Kmq, costituisce dell’art. 10 comma 8) lett. A) della L. 11 feb- Con l’obiettivo di avviare il monitoraggio zione al fine del mantenimento di una popo- una rete di rilevamento di eccezionale braio 1992, n. 157 “Norme per la protezione dello stato di conservazione del lupo previ- lazione vitale di questo grosso predatore nel importanza che ha consentito in molti casi di della fauna selvatica omeoterma e per il pre- sto all’art. 7 del D.P.R. 357/97, e con due territorio della provincia di Arezzo e delle individuare nuove aree di colonizzazione o lievo venatorio”. anni di anticipo rispetto alla promulgazione province limitrofe (Firenze, Forlì, Pesaro), di confermare informazioni precedentemen- Tali oasi sono state realizzate sui princi- della L.R. 56/2000, la quale prevede il moni- nonché livelli di densità analoghi a quelli te raccolte. La partecipazione del mondo pali rilievi montani del territorio provinciale, toraggio obbligatorio delle specie di interes- dell’area delle Foreste Casentinesi. venatorio al progetto lupo non si è limitata interessati in buona parte da complessi fore- se prioritario da parte delle Province compe- Incoraggiati dalle indicazioni ottenute alla sola URCA, ma ha coinvolto anche le stali di proprietà pubblica di elevato valore tenti per territorio, la Provincia di Arezzo nel nei primi anni di ricerca e dall’adesione al squadre di cinghialai che hanno partecipato ambientale, ed integrano la vicina area pro- 1998, ha stipulato una convenzione con il progetto da parte del Servizio Conservazione alla raccolta di importanti dati su prelievo tetta del Parco Nazionale delle Foreste Prof.. Marco Apollonio, Direttore del della Natura del Ministero dell’Ambiente, la venatorio e strutture di popolazione di cin- Casentinesi, Monte Falterona e Campigna Dipartimento di Zoologia e Genetica Provincia di Arezzo nel 2001 ha dato avvio ghiali: tutto questo ha avuto come conse- ad una seconda linea di ricerca, con l’obiet- guenza positiva una sensibilizzazione ai temi tivo di approfondire, questa volta limitata- della conservazione dei carnivori e della mente all’area di studio dell’Alpe di convivenza tra predazione naturale e gestio-

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UN PROGETTO PER UNA SPECIE PRIORITARIA LUCA MATTIOLI

ne venatoria dei cacciatori interessati. “caccia di selezione”, relativi alla disponibi- L’integrazione tra i dati del progetto pro- lità di queste prede, consentirà nel prossimo 3. Il territorio della provincia di Arezzo vinciale di monitoraggio del lupo e quelli sul futuro una valutazione su scala provinciale sistema preda-predatore in Alpe di Catenaia, del rapporto tra lupo e prede naturali, unica Luca Mattioli con quelli provenienti dalla gestione degli nel panorama di ricerca italiano. ungulati selvatici mediante il sistema della

Fig. 2.1 - Veduta dei rilievi sopra Montelabreve con sullo sfondo l’Alpe della Luna 3.1. Inquadramento geografico e morfologico

La Provincia di Arezzo si estende su una Marecchia e del fiume Foglia. superficie di 323.000 ha circa, suddivisa in Il capoluogo di Provincia è collocato 39 comuni. Come recita il suo motto “Intra quasi nel baricentro geografico, vicino al Tevero et Arno”, gran parte del territorio è punto in cui le acque del canale maestro compreso nei bacini idrografici di rilievo della Chiana confluiscono in quelle dell’Ar- nazionale dei fiumi Arno e Tevere, mentre no, punto di incontro di tre vallate. porzioni minori ricadono nel bacino idrogra- L’analisi del territorio dal punto di vista fico del fiume Marecchia e Conca (comuni del paesaggio è molto più complessa e per di Badia Tedalda e Sestino), e porzioni mini- un’analisi di dettaglio può essere consultata me interessano i bacini idrografici del fiume la relazione urbanistico-territoriale dell’Arch. Metauro e del fiume Ombrone. G.F. Di Pietro di corredo al Piano Territoriale Il territorio della provincia è collocato di Coordinamento Provinciale. lungo la dorsale appenninica, ed è suddivisi- Si può solo accennare che la Provincia di bile grossolanamente dal punto di vista geo- Arezzo è interessata da due sistemi principa- grafico in quattro grandi vallate principali, li di paesaggio della Toscana, l’Appennino e per buona parte delimitate da confini natura- le conche intermontane, suddivisi a loro li: volta in 13 sub-sistemi territoriali, 5 montani, 3 collinari e 5 conche intermontane. L’orografia è caratterizzata da numerosi ● il Casentino, coincidente con l’omoni- sistemi montuosi, che come vedremo sono in mo sottobacino idrografico, che comprende stretta relazione con la distribuzione e la l’alto corso del fiume Arno fino all’altezza presenza del lupo (Fig. 3.1). Il più importan- della confluenza del canale maestro della te è costituito dal tratto della dorsale appen- Chiana; ninica che divide la Provincia di Arezzo da ● il Valdarno superiore, costitutito dal quelle di Firenze, Forlì e Pesaro, e rappresen- sottobacino del fiume Arno posto a valle tato dal sistema montuoso del Falterona, di della confluenza della Chiana e fino al con- Camaldoli, dell’alta valle dell’Archiano fine con la Provincia di Firenze; (Poggio Baralla) e del Corsalone, dall’alta valle del Tevere (Monte Nero e Monte Zucca) ● la Val di Chiana, individuabile nel terri- e dall’Alpe della Luna. torio di alimentazione del canale maestro Collegati alla dorsale appenninica, ma da della Chiana, dal confine con la Provincia di essa distinguibili, vi sono alcuni importanti Siena fino alla confluenza con l’Arno; sistemi montuosi secondari quali il massiccio ● la Valtiberina comprendente la quota del Pratomagno, l’Alpe di Catenaia, il Sasso parte del bacino idrografico del fiume di Simone e Simoncello. Tevere, al quale si aggiungono per comodità L’orografia della Provincia è completata anche le parti dei bacini idrografici del fiume dai restanti sistemi montuosi situati a mag-

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IL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI AREZZO LUCA MATTIOLI

Fig. 3.1. Carta dei sis- Fig. 3.3: Carta sem- temi montuosi di mag- plificata dell’uso del giore importanza per la suolo della Provincia distribuzione del lupo di Arezzo: elaborazio- in Provincia di Arezzo. ne dai dati del CORI- Abbreviazioni:, AC = NE Land Cover Alpe di Catenaia, AL = Alpe della Luna, AT = Alto Tevere, CA = Cala- cione, FC = Foreste Ca- sentinesi, LI = Monte Lignano, PM = - magno, PO = Alpe di Poti, SAF =Monte Fal- terona SS = Sasso di Simone e Simoncello.

giore distanza dalla dorsale appenninica3.2. Uso del suolo 42 categorie per l’IFT. In particolare l’IFT uti- te da boschi-cespugliati e aree colturali principale e perciò di minore altezza: i Monti lizza un maggior grado di dettaglio per la (pascoli, prati e colture), si ottengono valori del Chianti e l’alta val d’Ambra, l’Alpe di La prevalenza dei sistemi di paesaggio descrizione delle aree forestali o ad esse assi- molto simili: 52-54 % per le prime e 42% per Poti ed il sistema montano che divide la valdella collina e della montagna si associa ad milabili, mentre il CORINE presenta più le seconde. di Chiana dal bacino del Tevere e costituitouna elevata percentuale di aree boscate. categorie per i sistemi colturali. Le differenze La distribuzione di queste diverse catego- dall’alta valle del Cerfone, del Nestore, della Elaborando i dati della Carta Tecnica tra i valori di copertura delle singole tipolo- rie di uso del suolo è illustrata nella Figura Minima e Minimella, nei comuni di Arezzo,Regionale (C.T.R.) in scala1:10.000, le aree gie derivano, oltre che dai diversi sistemi di 3.3. Castiglion Fiorentino e Cortona. classificate come bosco o macchia ammon- rilevamento (a terra per aree campione l’IFT, Le aree boscate presentano maggiore dif- Lo sviluppo delle diverse fasce altimetri-tano al 51,0 % del territorio. Dato analogo è da telerivamento il CORINE), anche dalle fusione e continuità nelle aree dove sono che è rappresentata nella Figura 3.2. La mag-fornito dai dati dell’Inventario Forestale diverse categorie utilizzate. ubicati i principali sistemi montuosi, quali gior parte del territorio (57,1 %) è situato adToscano (I.F.T.) in cui le formazioni boscate Nonostante queste differenze, confron- tutto il Casentino, il Pratomagno valdarnese, una quota > 400 mt, ed il 7,4 % è situatocompresi gli arbusteti occupano il 52,0 % tando le due principali aggregazioni costitui- l’alta valle del Tevere. Le aree colturali hanno sopra i 1000 mt. della superficie e da quelli del CORINE land cover (52,1 %). Sempre dai dati dell’IFT si ha che in Provincia di Arezzo le colture agrarie di tipo Tabella 3.1 - Uso del suolo della Provincia di Arezzo elaborato dai dati del CORINE Land Cover Fig. 3.2: sviluppo delle fasce altimetriche in Provincia arboreo (vite, olivo e frutteti) occupano il 7,0 e dell’Inventario Forestale Toscano (I.F.T.). di Arezzo % della superficie, i pascoli ed i prati stabili il 9,5% e gli altri coltivi il 25,8%. Tipologia di uso CORINE (%) IFT (%) Tipologia di uso Secondo i dati CORINE i valori sono Urbano 2,07 3,78 Urbano rispettivamente pari a 4,3 %, per le colture Colture agrarie arboree 4,38 7,16 Colture agrarie arboree arboree, 5,0% per i prati-pascoli e 32,9 % Praterie pascoli e prati stabili 4,96 9,45 Pascoli, pascoli cespugliati e prati stabili per le altre aree coltivate. Altre colture agrarie 32,88 25,65 Altre colture agrarie Boschi 52,11 52,01 Boschi e arbusteti Le tipologie indicate nella tavola n° 3.1 Cespuglieti, vegetaz rada e incendi 2,95 0,09 Cespuglieti e macchia sono state ottenute per aggregazione di cate- Rocce e greti 0,17 0,35 Nudo gorie di uso del suolo diverse tra i due siste- Bacini acqua e paludi 0,17 1,08 Bacini acqua, formazioni palustri e di ripa mi informativi: 26 categorie per il CORINE e Aree estrattive 0,31 0,42 Aree estrattive Totale 100,0 100,0 Totale

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Fig. 3.4: Classificazione dei comuni della Provincia di Tabella 3.2 - Distribuzione percentuale delle diverse Arezzo in fasce altimetriche (collina e montagna) Fig. 3.5: andamento della tipologie forestali in Provincia di Arezzo (elaborazio- secondo i dati ISTAT. popolazione residente della ne dai dati dell’Inventario Forestale Toscano). Provincia di Arezzo, suddiviso per fascia altimetrica la classifi- Tipologia forestale Diffusione (% su bosco) cazione ISTAT, negli ultimi 50 anni Abetina 1,5 Pino nero 2,3 Altre conifere 1,7 Faggio 7,0 Castagno 11,8 Cerro 10,0 Roverella 11,5 Carpino nero 0,4 Leccio 0,3 Latifoglie miste 21,6 Misto conifere latifoflie 7,0 Macchia medit. 0,2 Arbusteti 7,5 Rinnovazione e incendi 17,0 Questo divario nel corso dei decenni si è Le strade asfaltate (strade di grande Totale 100,0 rafforzato in conseguenza del progressivo comunicazione, strade provinciali e regiona- spostamento di popolazione tra queste aree: li e comunali), che sono quelle con maggio- nel 1951 il rapporto tra le densità di abitanti re traffico veicolare, hanno uno sviluppo delle due aree era pari soltanto a 2,1. Infatti medio di 0,9 km/kmq, circa la metà di quel- se si analizza l’andamento della figura si può lo delle restanti strade non asfaltate (2,4 la massima diffusione nella Val di Chiana e3.3 Popolazione umana e aree rilevare che la popolazione residente com- km/kmq). nelle conche intermontane del basso casen-urbanizzate plessiva della Provincia non ha subito forti Come la densità abitativa, anche la quan- tino, del valdarno superiore, della piana di variazioni e dopo una sensibile flessione nei tità di strade e ferrovie è differenziata geo- Sansepolcro ed Anghiari. I pascoli ed i prati Dai dati ISTAT relativi al censimento due decenni 1951-1971, ha gradualmente graficamente nella Provincia. Nelle aree col- stabili hanno una maggiore diffusione nel-della popolazione 2001, la Provincia di recuperato per riportarsi nel 2001 su valori linari c’è un terzo di strade in più rispetto alle l’alta valle del Tevere, del Marecchia e delArezzo ha una popolazione di circa vicini a quelli del 1950. aree montane e le strade asfaltate sono più Foglia, dove si alternano alle aree forestali323.000 abitanti residenti che vivono su una L’andamento tra le due aree collinari e diffuse: la densità complessiva è pari 3,8 creando habitat molto favorevoli agli ungula-superficie di circa 3230 Kmq. La densità abi- montane è stato invece inverso, con un pro- Km/kmq di cui 1,0 km/kmq di asfaltate e 2,8 ti, sia selvatici che domestici. tativa è quindi di 100 abitanti/kmq, o se si gressivo spopolamento dei comuni montani km/kmq di altre strade. In montagna i valori L’analisi di maggiore dettaglio delle areepreferisce di 1 abitante/ettaro. a favore di quelli collinari. sono rispettivamente di 2,6 km/kmq, 0,8 boscate della Provincia è certamente quella Se facciamo riferimento alla classifica- Oltre alla densità abitativa si possono km/kmq e 1,9 km/kmq. offerta dai dati dell’IFT. In provincia dizione ISTAT dei comuni in fasce altimetriche prendere in considerazione altri indicatori Per effettuare una stima aggiornata dello Arezzo abbiamo una netta prevalenza dei(Fig. 3.4), la distribuzione della popolazione per valutare il livello di antropizzazione del sviluppo delle superfici urbanizzate in boschi di latifoglie (62,8), tra cui le specieappare molto diversa tra i comuni montani e territorio, come la densità di infrastrutture Provincia di Arezzo si sono utilizzati i dati più abbondanti sono il faggio, il castagno equelli collinari. stradali e ferroviarie e quella degli insedia- contenuti nel Piano faunistico venatorio pro- le querce (cerro e roverella). Nei comuni classificati come collinari menti abitativi e produttivi. vinciale 2000-2005. Tali superfici sono state Le conifere occupano il 5,5 % delle areedai dati dell’ultimo censimento del 2001 Elaborando le informazioni contenute stimate utilizzando gli strati degli edifici boscate, mentre il 7,0% sono boschi misti travive l’83,4 % della popolazione residente nella banca dati del SIT della Provincia di della CTR in scala 1:10.000 ed un buffer di conifere e latifoglie. della Provincia, a fronte di una superficie del Arezzo con il sistema ARCGIS 9.0 si è ottenu- 20 mt intorno a ciascun edificio che tenesse Le aree classificate in rinnovazione e che60,2 %. Di conseguenza, i comuni collinari ta una densità stradale media per la Provincia conto delle pertinenze quali giardini, piazza- ammontano al 17,0% sono costituite in pre-presentano una densità di abitanti nel 2001 di Arezzo di 3,3 km/kmq considerando tutte le li e strade. valenza da boschi di latifoglie governati ache è 3,3 volte superiore a quella delle aree strade carrozzabili di qualsiasi ordine, dalle Il calcolo delle superfici occupate dalle ceduo. montane, con 138 abitanti/Kmq rispetto a 42 autostrade alle strade forestali (Fig. 3.6). strade è stato realizzato considerando le abitanti/Kmq (Fig. 3.5).

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tore di cruciale importanza ai fini di una effi-Tabella 3.3 - Zone destinate alla protezione della cace strategia di conservazione dei predatori Fig. 3.6: Rete stradale della fauna in Provincia di Arezzo Provincia di Arezzo. in generale e del lupo in particolare. Le fonti normative da cui discende l’isti-Istituti di tutela della fauna Superficie % su tuzione di queste aree, come già illustrato (Kmq) SAF nell’introduzione, sono tre: Oasi di protezione (OAF) 105,8 3,5 Zone di protezione (ZPM) 79,5 2,6 ● L. 11 febbraio 1992 n. 157 “norme per Zone di protezione urbana (ZPU) 70,9 2,3 la protezione della fauna omeoterma e per il Zone di ripopolamento e cattura (ZRC) 155,7 5,1 prelievo venatorio”; Zone di rispetto venatorio (ZRV) 24,0 0,8 Riserve naturali regionali (RP) 50,1 1,6 ● L. 6 dicembre 1991 n. 394 “Legge qua- Aree protette statali (PN + RN) 142,9 4,7 dro sulle aree protette”; TOTALE 628,9 20,6 ● Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna sel- vallo, ma oltre alla quantità è importante vatiche” (direttiva “Habitat”). considerare la qualità delle zone protette. In base alla legge 157/92 le Province isti- Più della metà di queste, circa 32.000 ha tuiscono le oasi di protezione, le zone di pari al 10 % del territorio provinciale, sono protezione lungo le rotte di migrazione, le ubicate nei complessi montuosi ad elevato zone di ripopolamento e cattura e le zone di indice di boscosità che costituiscono aree di rispetto venatorio. grande interesse naturalistico per la loro ele- Le aree protette ex lege 394/91 sono vata biodiversità e per lo scarso livello di invece i Parchi Nazionali e le Riserve natura- impatto antropico. In gran parte si trovano li dello Stato e della Regione. In applicazio- all’interno dell’area costituita dai comuni ne della direttiva habitat la Regione Toscana montani. ha inoltre individuato i Siti di interesse Di questo 10 % di territorio di elevata seguenti larghezze per ciascuna tipologia diFig. 3.7: Distribuzione delle aree edificate della Provincia comunitario e regionale che entreranno a far qualità fa parte il sistema delle oasi di prote- strade: di Arezzo. parte di “Natura 2000” che è una rete di aree zione faunistica istituito dalla Provincia di Strade di grande comunicazione: 14 mt di conservazione di habitat e specie su scala Arezzo con la Del. C.P. n° 140 del 1996 che Strade regionali e provinciali: 6 mt europea. interessa 10.500 ha suddivisi nelle cinque Strade comunali: 4 mt La legge 157/92 prevede che le zone oasi del Pratomagno, Alpe di Catenaia, Alpe Altre strade carrozzabili e ferrovie: 2 mt con finalità di protezione debbano interessa- della Luna, Alto Tevere e Monte Modina, con re almeno il 20 % e non più del 30 % della superfici comprese tra 460 e 5370 ha. Gran Le porzioni di strade e ferrovie compre- superficie agro-forestale di ogni Provincia, parte di queste superfici (81,3 %) apparten- se entro le aree urbanizzate occupate da per garantire un equilibrio tra le esigenze gono al patrimonio agricolo forestale regio- edifici ed altri immobili sono state decur- della conservazione e del razionale sfrutta- nale e sono costituite da boschi di alto fusto tate dal conteggio. mento della fauna selvatica. di grande pregio naturalistico. Complessivamente le superfici urbaniz- In Provincia di Arezzo queste aree occu- Alle oasi si aggiunge il sistema delle zate così stimate ammontano a 19.500 ha, pano una superficie complessiva di circa Riserve naturali istituite dalla Regione su pro- pari al 6,0 % della superficie territoriale 62.000 ha, ripartita tra le diverse tipologie posta della Provincia nell’ambito del 1° e 2° della Provincia. Nei comuni collinari que- come indicato nella tabella n° 3.3 e distri- Programma regionale delle Aree naturali pro- ste aree occupano il 7,6 % del territorio buite nel territorio provinciale come da figu- tette. Si tratta di 7 Riserve di cui due sono contro il 3,7 % dei comuni montani, con ra 3.8. Tale valore corrisponde a circa il 20 % ubicate nelle aree umide di Ponte Buriano e un’incidenza circa doppia rispetto a questi della SAF (21,6 % considerando anche aree Penna e della Valle dell’Inferno e Bandella 3.4 Aree destinate di minor interesse come i fondi chiusi), ovve- ultimi. alla protezione della fauna lungo il corso del Fiume Arno, mentre le La distribuzione delle aree edificate è ro è attestato sul livello più basso dell’inter- illustrata nella figura 3.7. La localizzazione ed estensione di aree destinate alla protezione della fauna è un fat-

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alla famiglia dei bovidi. A queste specie si è controversa: alcuni autori sostengono che aggiunge il Cinghiale (Sus scrofa L.) che il capriolo delle Foreste Casentinesi debba Il sistema di protezione della fauna è appartiene alla famiglia dei suidi. essere considearto indigeno e che non si sia completato dalle aree protette statali, di cui Ciascuna di queste popolazioni ha avuto mai completamente estinto in quest’area la più importante è il Parco Nazionale delle una storia diversa per origine ed evoluzione (Crudele 1988). È tuttavia documentata l’im- Foreste Casentinesi-Monte Falterona e nel tempo, che può essere descritta soltanto missione di alcuni soggetti di origine alpina Campigna che si estende in Provincia di sommariamente. in due diverse occasioni, nel 1933 e nel Arezzo per circa 13.770 ha sul medio ed alto Le specie più ampiamente distribuite ed 1950-51, con soggetti di probabile origine versante appenninico del Casentino, nei abbondanti e che quindi caratterizzano mag- alpina (Crudele G., op. cit.). I risultati di comuni di Pratovecchio, Stia, Poppi, giormente la disponibilità trofica per il lupo recenti indagini sulle caratteristiche geneti- Bibbiena e Chiusi della Verna. A questo si nel territorio provinciale sono il capriolo ed che del capriolo in Toscana non hanno tutta- aggiungono circa 500 ha suddivisi in 5 riser- il cinghiale. via evidenziato la presenza di aplotipi ricon- ve naturali statali ubicate quasi interamente La popolazione di capriolo attuale si è ducibili al capriolo italico, presenti al con- nel comune di Pieve S.Stefano. originata per progressiva dispersione di sog- trario nell’area della maremma, nelle provin- Queste aree in cui a vario titolo esistono getti provenienti dall’area delle Foreste ce di Grosseto e Siena (Randi et al. 2004). diversi livelli di tutela della fauna, formano Casentinesi. L’origine esatta di questo nucleo L’areale attuale di distribuzione interessa già oggi una rete di grande importanza per la conservazione della fauna vertebrata e del lupo. Fig. 3.9: Distribuzione del capriolo Fig. 3.8: Zone destinate alla protezione della fauna esi- (Capreolus capreolus L.) in Provincia di stenti in Provincia di Arezzo (escluse le zone di ripo- Arezzo polamento e cattura e le zone di rispetto venatorio) 3.5 Distribuzione e consistenza degli ungulati selvatici restanti riserve del Sasso di Simone, dell’Alpe della Luna, Monte nero, Monti Rognosi e Un fattore molto importante per la distri- Bosco di Montalto, sono ubicate in aree col-buzione potenziale dei grossi carnivori in linari e montane a formare un sistema com-generale, e del lupo in particolare, è la dis- plementare ed integrato con quello delle oasiponibilità di prede selvatiche. Le correlazio- di protezione. ni esistenti tra ungulati selvatici e lupo saran- Terza categoria sono le zone di protezio-no approfondite nei successivi capitoli relati- ne lungo le rotte di migrazione istituite anchevi al monitoraggio ed al rapporto preda-pre- queste dalla provincia in attuazione delladatore. Direttiva 79/409 CEE sulla protezione degli In questo paragrafo ci limiteremo ad illu- uccelli e della L.157/92. Queste aree sono distrare lo status relativo alla consistenza e dis- dimensioni più ridotte rispetto alle preceden-tribuzione degli ungulati selvatici nel territo- ti, ma hanno ugualmente una elevata impor-rio provinciale. tanza per la loro collocazione in una fascia In provincia di Arezzo sono presenti cin- altimetrica più bassa e soprattutto in comunique specie di ungulati selvatici, tutte appar- caratterizzati da scarsezza di altri istituti ditenenti all’ordine degli artiodattili, di cui protezione. Tra queste merita sottolineare ilquattro specie di ruminanti ed una specie di gruppo di zone del monte Lignano, Castel-suiforme. dernia, Sant’Egidio, Ranchetto, Girifalco, I ruminanti sono il capriolo (Capreolus Scopetone e Monte Dogana, ubicate neicapreolus L.), il Cervo (Cervus elaphus L.) ed comuni di Arezzo, Castiglion Fiorentino eil Daino (Dama dama L.) appartenenti alla Cortona, che costituiscono l’unica rete difamiglia dei cervidi, ed il muflone (Ovis aree di protezione esistenti in questi Comuni.orientalis musimon Gmelin) appartenente

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l’81% della provincia. La popolazione ha li di maggiori dimensioni, sono più frequenti praticamente colonizzato tutto la superficie episodi di dispersione in aree coltivate lonta- potenzialmente adatta alla specie, con no dalle aree boscate. recenti tentativi di insediamento anche in Produrre stime attendibili per questa spe- aree marginali con copertura boscata o cie è molto difficile date le grandi difficoltà cespugliata assente o quasi, sia in di censimento. Tuttavia sulla base delle stati- Valdichiana che nella pianura di Anghiari- stiche disponibili per la Provincia di Arezzo, Sansepolcro (Fig. 3.9). La densità è invece sia relative agli abbattimenti annuali, che ai abbastanza variabile con un gradiente decre- risultati ottenuti con il sistema delle battute scente dall’area appenninica, spostandosi su aree campione effettuate dall’URCA pro- verso i Monti del Chianti e quelli di Cortona- vinciale e dalla Provincia, è possibile stima- Castiglion Fiorentino. La consistenza totale re una consistenza media in maggio dopo le in tarda primavera prima delle nascite è sti- nascite di circa 16.000 soggetti, relativa al mabile in 40.000 soggetti. periodo 2000-2004. Questo valore è una Il cinghiale presenta una distribuzione stima minima certa calcolata sulla base dei praticamente sovrapponibile a quella del dati conosciuti dei distretti di gestione che capriolo anche se, in conseguenza di una assommano a circa 1500 Kmq; la consisten- maggiore mobilità della specie e di aree vita- za complessiva è sicuramente più elevata ma

Fig. 3.10 - Il capriolo è la specie di ungulato più abbondante nella Provincia di Arezzo. Fig. 3.11 - Gruppo di femmine di cervo ripreso nell’area delle Foreste Casentinesi.

di difficile valutazione a causa della difficol- rizzato da un lento accrescimento che aveva tà di stima dei flussi esistenti tra territorio portato la popolazione a raggiungere circa gestito e aree protette. un centinaio di effettivi agli inizi degli anni Il cervo è presente con una sola vera popo- 80 (Mazzarone 1986), nel 1989 si stimavano lazione che interessa l’appennino nell’alta nella sola provincia di Arezzo circa 280 capi valle del Casentino e del Tevere. L’area delle distribuiti su circa 13.500 ha (Mazzarone et colline di Cavriglia- Castelnuovo dei Sabbioni al. 1989). Nei 15 anni successivi la popola- è interessata marginalmente da un nucleo di zione ha raggiunto una consistenza di circa cervi che gravitano prevalentemente nelle 1100 capi nel 2004 distribuita in maniera limitrofe province di Siena e Firenze, con erra- non uniforme su un areale complessivo di tismi per lo più stagionali nel versante aretino circa 38000 ha. Le densità primaverili varia- (Fig. 3.12). Il nucleo segnalato nel 1991 no a seconda dei settori da 0,9 a 6,5 nell’AFV Badicroce si è estinto. capi/100 ha. L’espansione dell’areale prose- La popolazione appenninica si è origina- gue, anche se lentamente, verso il ta da reintroduzioni effettuate prima dall’am- Pratomagno lungo una direttrice che tocca ministratore granducale Carlo Siemoni dopo Gualdo e il passo della Consuma, verso il 1838 e successivamente reiterate dopo il l’Alpe della Luna toccando il Monte Zucca e periodo bellico tra il 1950 ed il 1960 verso l’Alpe di Catenaia. dall’Azienda di stato per le foreste demanali Il daino è presente in buona parte del ter- con 11 soggetti di provenienza alpina ed ritorio boscato della Provincia, con una dis- europea (Crudele G., op. cit.). tribuzione a chiazze che deriva dalle moda- Dopo un lungo periodo iniziale caratte- lità con cui questa specie è stata introdotta

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specie evolutasi in assenza di predatori, ed in contesto ambientale come quello appennini- co notevolmente diverso dall’optimum eco- logico per la specie. Tutte le colonie sono state il frutto di operazioni di immissione operate da sogget- ti sia pubblici che privati in concomitanza con le immissioni di daino. L’areale di distribuzione appare staziona- rio o in contrazione. La consistenza della colonia di Lignano ha conosciuto un massi- mo di circa 280 capi nel 1997 per ridursi progressivamente a 150 capi nel 2004, con un crollo sotto i 50 capi nel successivo 2005. Le densità corrispondenti sono passate da 10 a 1,3 capi/kmq. La colonia dei Monti del Chianti, analo- Fig. 3.12: Distribuzione del cervo (Cervus elaphus L.) Fig. 3.13: Distribuzione del daino (Dama dama L.) in Fig. 3.14: Distribuzione del muflone (Ovis orientalis gamente a quanto visto per il daino, occupa in Provincia di Arezzo Provincia di Arezzo musimon Gmelin) in Provincia di Arezzo un’area transfrontaliera con le limitrofe pro- vince di Siena e Firenze. Il numero di sog- La causa più accreditata per questo pat- getti è oscillato da un massimo di 81 nel nel territorio (Fig. 3.13). tern di dinamica di popolazione è proprio 1999 ad un minimo di 23 nel 2005, con den- La specie infatti è stata immessa in un l’impatto della predazione del lupo su una sità di 18-5,1 capi/kmq. arco di tempo compreso tra gli anni ‘50 e gli re il processo di espansione in atto che pro- anni ‘80 in numerose località sia per iniziati- babilmente porterà all’unione dei sub-areali ve di privati in aziende faunistico venatorie, esistenti. che di enti pubblici come il Corpo forestale La consistenza complessiva è difficile da Tabella 3.4 - Riepilogo dei valori relativi alla dimensione degli areali, consistenze e densità delle cinque specie di ungulati in Provincia di Arezzo. Le densità sono riferite alle superfici gestite, non sempre coincidenti con dello stato, l’ASFD o gestori di aree faunisti- stimare per una specie con un pattern di dis- le dimensioni dell’areale, costruito su tutte le segnalazioni. che attrezzate. I centri di origine principali tribuzione così discontinuo. Nelle aree prin- sono stati cinque a cui si possono ricondurre cipali comunque, dove vengono effettuati le cinque principali aree di distribuzione censimenti primaverili a vista nei distretti di Specie Dimensioni Copertura Consistenza stimata Densità media attuale, e precisamente: gestione e in alcune AFV, si stima una consi- areale (kmq) della Provincia (media 2000-2004) 2000-2004 stenza di circa 1240 capi corrispondente ad di Arezzo (n° capi) (n° capi/kmq) (%) ● Alto Casentino: Riserve Biogenetiche una densità di 3,9 capi/kmq. Capriolo 2813 80,8 40.600 17,3 Casentinesi e ex AFV Falterona; Nell’intera provincia, sulla base del rap- Cervo (a) 440 12,6 1.100 4,4 ● Valdarno superiore e versante Pratoma- porto all’osservazione tra capriolo e daino, si Daino (b) 1095 31,4 1.910 3,3 gno: Loc. Roveraia (Co. Montana Pratoma- stima che siano presenti ulteriori 350 capi Muflone 82 2,3 240 6,5 gno), AFV Setteponti; per una consistenza complessiva di 1910 Cinghiale (c) 3000 86,2 16.000* 10,7* daini. ● Monti del Chianti: area faunistica at- 7.580** 4,9** Nei primi anni ’90 esistevano in Provincia trezzata Cavriglia; Totale/media 64.250 di Arezzo quattro colonie di muflone: Riserve ● Alta valle del Tevere e Alpe della Luna: biogenetiche casentinesi, Pratomagno valdar- Loc. Germagnano (ex ASFD); nese, AFV Badicroce-Monte Lignano, Monti (a) Media ottenuta con il metodo del bramito ● Alta valle del Cerfone-Minima e Mini- del Chianti-Cavriglia. Le prime due si sono (b) La densità del daino è calcolata sui sub-areali delle popolazioni principali mella: AFV Badicroce estinte,e le restanti due sono in fase di forte (c) Stime minime riferite alla sola superficie dei distretti di gestione: circa 15.000 kmq Il daino è stato rilevato negli ultimi anni riduzione numerica, in particolare quella di * Valori Post nascite in maggio ** ValoriPre nascite anche in numerose altre località a conferma- Badicroce-Monte Lignano.

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ALESSIA VIVIANI, ANDREA GAZZOLA, MASSIMO SCANDURA 4. Il lupo: un predatore sociale ed adattabile

Alessia Viviani, Andrea Gazzola, Massimo Scandura foto????

4.1 Introduzione

Il lupo è una specie affascinante, in grado lunghe, piedi allungati e compatti, dito inter- di stimolare l’immaginazione e di indurre no vestigiale nelle zampe posteriori e molto forti emozioni negli uomini. La storia recen- ridotto in quelle anteriori, coda corta e pro- te della specie e la sua distribuzione sono porzioni corporee che si avvicinavano a stati profondamente influenzati dall’intera- quelle dei canidi attuali. Si ritiene che pro- zione con la specie umana. Il fatto di rappre- prio da Tomarctus, a partire da 15 milioni di sentare per gli uomini un competitore diret- anni fa, si siano originati sia il lupo che la to, che minaccia le greggi e si nutre di sel- volpe attuali. La prima specie del genere vaggina, ha costituito per il lupo la principa- Canis avrebbe fatto la sua comparsa durante le fonte di problemi. il tardo Miocene (5-9 milioni di anni fa). Da questo momento in poi si assisterebbe alla speciazione, iniziata probabilmente in Nord America, di tutte le forme attuali (lupo, coyo- te, sciacallo). Sia le analisi genetiche che 4.2. Evoluzione e sistematica morfometriche suggeriscono un’evoluzione durante il Pliocene e l’inizio del Pleistocene Le prime testimonianze di carnivori risal- della forma attuale, che già 1 o 2 milioni di gono a circa 60 milioni di anni fa, quando anni fa (con la specie C. etruscus) si sarebbe l’emisfero settentrionale era abitato dai presentata molto simile ai lupi di oggi. Creodonti, animali di grossa taglia, plantigra- La specie Canis lupus (Linnaeus 1758) è di e pentadattili, con lunghe code folte, un mammifero placentato appartenente dente ferino ed encefalo ben sviluppato. all’ordine dei Carnivori, famiglia dei Canidi, Nell’Eocene (circa 55 milioni di anni fa) che presenta le tipiche caratteristiche dovute comparve un carnivoro molto simile agli all’adattamento ad una dieta basata su gros- attuali canidi, appartenente al genere Miacis se prede selvatiche: lunghi canini e carnas- (famiglia Miacidi), caratterizzato dalla pre- siali dotati di aree trancianti, sistema dige- senza di denti carnassiali, specializzati nel rente semplice e arti possenti e slanciati atti tranciare la carne. Tra 30 e 40 milioni di anni alla corsa. I Canidi si distinguono dagli altri fa si ebbe la separazione tra le linee evoluti- carnivori, oltre che per il numero dei denti ve degli Ursidi e dei Canidi, e fece la sua (42), per la lunga coda, per gli arti digitigradi comparsa il predecessore di questi ultimi, e per la presenza di sole quattro dita nell’ar- Cynodictis, con formula dentaria uguale a to posteriore. quella del lupo attuale, ma taglia più piccola Nel genere Canis attualmente sono com- e corpo allungato. È però solo 15-30 milioni prese, oltre al lupo (Canis lupus), altre 6 spe- di anni fa che si raggiunsero le caratteristiche cie selvatiche: il coyote (C. latrans Say, del lupo attuale, con la comparsa dei generi 1832), lo sciacallo dorato (C. aureus Cynodesmus e Tomarctus, dotati di zampe Linnaeus, 1758), lo sciacallo dalla gualdrap-

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pa (C. mesomelas Schreber, 1755), lo scia- mantello, la popolazione italiana di lupo è dal coyote al lupo in Nord America, attribui- accurato studio della natura genetica dei lupi callo striato (C. adustus Sundevall, 1847), il stata in passato proposta come sottospecie a bile a fenomeni di ibridazione (Wayne et al. attuali e di quelli presenti in passato nella lupo abissino o sciacallo del Simien (C. sé stante (C. l. italicus Altobello, 1921). 1992). Nel continente euroasiatico è stata penisola, che ha combinato le informazioni simensis Rüppel, 1869), il lupo rosso (C. Dopo una lunga controversia, anche alla messa in evidenza un’elevata divergenza tra ottenute con diversi marcatori genetici rufus Bailey, 1905). La classificazione di luce delle indagini genetiche effettuate (Vilà le popolazioni riconducibile ad un alto (mtDNA, microsatelliti autosomici e del cro- quest’ultima specie nordamericana è stata a et al. 1999, Randi et al. 2000), questa classi- grado di frammentazione dell’areale. Al con- mosoma Y - Vilà et al. 2001, Flagstad et al. lungo dibattuta e solo recentemente appro- ficazione è stata di recente riconsiderata trario, le popolazioni nordamericane sono 2003). Analogamente, gli studi condotti sulla fondite analisi genetiche e morfometriche come valida (Nowak e Federoff 2002). Con risultate più omogenee, fatta eccezione per popolazione italiana hanno messo in luce gli sembrerebbero aver risolto l’enigma, dimo- quella italiana, le sottospecie di Canis lupus quella messicana. Questo tipo di analisi ha effetti genetici di un prolungato isolamento strandone l’autenticità come specie a sé stan- esistenti riconosciute da Nowak ammonte- inoltre permesso di scoprire che la popola- (Randi et al. 2000, Lucchini et al. 2004), e te (Nowak 2003). rebbero complessivamente a 15. zione italiana presenta un solo aplotipo hanno permesso di verificare l’origine dei Il lupo è stato riconosciuto anche come Nonostante notevole sia stato in passato mitocondriale (non condiviso da altre popo- lupi responsabili della recente colonizzazio- progenitore selvatico del cane domestico, al lo sforzo teso a classificare al meglio le diver- lazioni), ossia tutti gli individui in essa sareb- ne delle Alpi italiane e francesi (Scandura et quale è stato attribuito lo status di sottospe- se forme di lupo a livello intraspecifico, il bero derivati da un’unica femmina (Vilà et al. al. 2001). cie domestica del lupo (C. l. familiaris valore del concetto stesso di sottospecie è 1999, Randi et al. 2000). Più di recente l’a- Un ulteriore impulso alle ricerche mole- Wilson e Reeder, 1993). Si stima che l’origi- stato di recente duramente criticato, e in sua nalisi è stata estesa a regioni nucleari con alti colari su questa specie è stato dato nell’ulti- ne della forma domestica risalga a circa vece trova sempre maggior seguito, soprat- tassi di mutazione (minisatelliti e microsatel- mo decennio dalla possibilità di impiegare 15.000 anni fa (Savolainen et al. 2002). tutto in campo conservazionistico, il concet- liti). sistemi di campionamento non-invasivi, Dalla vastità geografica dell’areale, con- to di unità evolutivamente significativa ESU Questi marcatori, grazie ai loro alti livel- quali feci, urina, peli e altro materiale biolo- segue una forte variabilità fenotipica per (Moritz 1994). li di polimorfismo, hanno permesso di rag- gico, la cui raccolta non richiede il contatto quanto riguarda peso, colore, dimensioni, tra giungere una maggiore risoluzione nella con l’animale, che vengono utilizzati come le popolazioni che occupano aree geografi- conoscenza delle relazioni tra le popolazio- fonte di DNA per l’analisi. Ricerche di que- camente ed ecologicamente distinte. Da ciò ni e della loro struttura genetica. In Nord sto tipo sono state impiegate con successo è derivata una tendenza, in passato, a rico- America ad esempio è stato possibile studia- per il riconoscimento individuale finalizzato noscere numerose varianti, fino ad arrivare re indirettamente l’entità del flusso di indivi- alla stima della consistenza di popolazione alla distinzione di 24 sottospecie in Nord4.3. Genetica dui tra le popolazioni saggiando il differen- (Creel et al. 2003) ed alla verifica della com- America e 8 in Eurasia (Mech 1970). ziamento genetico tra di esse (Roy et al. posizione dei branchi (Lucchini et al. 2002). Attualmente, però, a seguito di studi basati Dai pochi studi molecolari sul lupo svol- 1994, Forbes e Boyd 1997). Questi studi, su differenze morfologiche e molecolari, lati fino ai primi anni ’90, tesi a stimare la uniti ai risultati di studi radiotelemetrici, tassonomia della specie a livello intraspecifi-variabilità genetica delle popolazioni, si è hanno dimostrato come in queste aree i lupi co è stata rivista. Nowak (1995), mediantepassati negli anni seguenti ad un fiorire di tendano a disperdersi su lunghe distanze. un’analisi multivariata di misure craniometri-indagini che hanno viste impiegate tecniche L’esistenza di barriere geografiche o la spe- che, ha distinto solamente 5 sottospecie nelsempre più moderne e che hanno riguardato cializzazione per un determinato tipo di4.4. Distribuzione continente americano (C. l. arctos, C. l. occi-temi sempre più diversi della biologia di que- prede può però portare le popolazioni di lupi dentalis, C. l. nubilus, C. l. baileyi e C. l.sta specie. I primi studi sulla variabilità gene- a divergere (Carmichael et al. 2001). tica in popolazioni naturali di lupo si sono Nei secoli scorsi la distribuzione di que- lycaon) e 5 in quello eurasiatico (C. l. albus, L’indagine genetica è stata utilizzata in parti-sta specie poteva dirsi olartica circumpolare: C. l. communis, C. l. lupus, C. l. cubanensisbasati, su polimorfismi enzimatici. Ricerche colare per studiare popolazioni di interesse di questo tipo sono state svolte anche sulla si estendeva in un’area compresa tra il 20° e C. l. pallipes). Altre 4 sottospecie (arabs, hat- conservazionistico, come in Europa quellal’80° parallelo nord; includeva il nord tai, hodophilax e lupaster) del Vecchiopopolazione italiana (Randi et al. 1993, scandinava e quella italiana. Entrambe le Lorenzini e Fico 1995). Come in altre specie America, Europa e Asia fino ad arrivare al Mondo sono state aggiunte in una recente popolazioni hanno subito dei recenti colli diGiappone. revisione (Nowak 2003). In virtù della suadi canidi, i livelli di variabilità misurati con bottiglia che hanno avuto come effetto una questi marcatori sono risultati medio-bassi. Analizzando la distribuzione attuale si divergenza dalle altre popolazioni europee, pronunciata riduzione della variabilità gene-possono rilevare una riduzione della densità evidenziata dalla presenza di dentaturaL’analisi del DNA mitocondriale (mtDNA) è tica (Flagstad et al. 2003, Lucchini et al. stata usata per la ricostruzione di alberi filo- e una frammentazione dell’areale nelle zone meno tranciante, da minori dimensioni cor- 2004). La storia recente della popolazionepiù meridionali: le persecuzioni metodiche e poree e da differenze nella colorazione delgenetici, in cui vengono tracciate le relazio- scandinava è stata ricostruita grazie ad un ni ancestrali tra le odierne popolazioni. Il reiterate hanno portato, nella seconda metà mtDNA ha portato alla scoperta di una mas- del novecento all’estinzione del lupo in gran siccia introgressione di materiale genetico parte dei territori occupati in passato, tra i quali l’Europa settentrionale e centrale (ad

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eccezione dei paesi scandinavi) e gran parte parte inferiore del muso è presente una evi- L’aspetto del mantello può variare in dell’America. Dagli anni ’80, però, grazie alle dente mascherina facciale bianca. spessore e lucentezza a seconda sia dello campagne di sensibilizzazione e a provvedi- È stata a lungo dibattuta la questione del- stato di salute e di nutrizione dell’animale, menti anche a carattere legislativo, si è avuta l’esistenza di lupi neri in Italia (Fig. 4.3) poi- sia dello stato di muta; ogni anno, infatti, si una lenta e naturale ricolonizzazione di por- ché nel resto d’Europa non ne sono mai stati ha la caduta primaverile e la ricrescita, in zioni dell’areale pregresso. segnalati. Secondo alcuni autori si tratta del autunno, del pelo invernale. Il mantello Oggi la specie risulta diffusa con conti- prodotto di incrocio tra lupi e cani (Boitani invernale è caratterizzato da una maggiore nuità in Asia, Canada, Alaska mentre negli 1992), mentre attualmente si ritiene che l’e- percentuale di “borra”, che garantisce l’isola- Stati Uniti, dopo aver subìto nel tempo note- sistenza del fenotipo col mantello nero, di mento termico, rispetto alla “giarra”, che voli fluttuazioni, è circoscritta ad aree nelle per sé, non indichi necessariamente fenome- ricopre il pelo sottostante; nel complesso quali si è avuta una ricolonizzazione sponta- ni di ibridazione (Apollonio et al. 2004a). appare più folto e consente di sopportare le nea o nelle quali è stato reintrodotto (Parco La frequenza con cui si presenta il feno- basse temperature. Nazionale di Yellowstone, Idaho). tipo scuro si aggira intorno al 20-25%. Da un Per quanto riguarda l’Europa non sono recente studio risulta che su 192 lupi avvi- mai stati effettuati programmi di reintroduzio- stati in provincia di Arezzo dal 1984 al 2004, ne, così, quello che vediamo oggi, è il frutto 42 avevano mantello nero (21,9%) e, su 264.5.2. Dimensioni e peso di una espansione naturale. Il lupo attual- individui rinvenuti morti, 6 mostravano feno- Il peso del lupo varia con la latitudine, mente è presente nei paesi scandinavi, tipo nero (23,1%) (Apollonio et al. 2004a). seguendo la regola di Bergman, cosicché gli Danimarca, Portogallo, Spagna, Italia e sta individui adulti di peso maggiore (fino ad 80 lentamente ricolonizzando la porzione alpi- kg) sono presenti nelle regioni più settentrio- na della Francia. È presente in Grecia, neiFig. 4.1 - Distribuzione del lupo in Italia paesi della ex-Jugoslavia e in tutta l’Europa Fig. 4.2 - Soggetto giovane di femmina con mantello tipico ripreso in natura (Per gentile concessione di Graziano orientale (Boitani 2003). 4.5. Morfologia Capaccioli) In Italia la specie risultava ampiamente diffusa sull’intera penisola fino alla metà dell’Ottocento. Venne sterminata sulle alpi4.5.1. Mantello negli anni ‘20 (Brunetti 1984) e in Sicilia negli La colorazione del mantello del lupo è anni ’40 (Cagnolaro et al. 1974). assai variabile. Nelle diverse aree geografi- Negli anni ’50 la distribuzione apparivache si trovano differenti gradazioni di colore continua lungo tutta la catena appenninicae, in certe zone, anche all’interno di una ma subì un’ulteriore drastica riduzionestessa cucciolata, gli individui possono pre- durante il ventennio che seguì il secondosentare colorazione diversa. Le tonalità pre- conflitto mondiale (Cagnolaro et al. 1974). valenti sono: bianco, argento, grigio, crema, Così, agli inizi degli anni ’70, era costi-marrone, rossiccio e nero e si riscontrano tuita da pochi nuclei dislocati in modo fram-anche bandeggi su zampe, testa, collo e fian- mentario lungo la dorsale appenninicachi. In alcune regioni (Canada, Alaska) si tro- (Zimen e Boitani 1975). vano individui monocromatici bianchi o Negli anni che seguono si assiste ad unaneri. graduale espansione ed oggi (Fig. 4.1) il lupo In Italia la colorazione tipica (Fig. 4.2) è è presente dall’Aspromonte fino alle Alpigrigio-fulva, con tonalità tendenti al marro- Occidentali, nelle zone collinari tirreniche trane-rossiccio nel periodo estivo. Le regioni Lazio settentrionale e Toscana centro-meri-addominale e ventrale, e le superfici interne dionale e, nell’ultimo decennio, la specie èdegli arti, sono di tonalità più chiare, ten- finalmente ricomparsa nelle alpi piemontesidenti al color crema. Sono presenti evidenti (AA.VV. 2005) bandeggi scuri che tendono al nero nella regione dorsale, sulla punta della coda e delle orecchie, sugli arti anteriori. Nella

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dall’intersezione delle tangenti alla sommità del cranio e all’arcata zigomatica) misura tra i 40° e i 45°, conferendo al cranio di lupo un aspetto più schiacciato e affusolato (Fig. 4.4). Questo carattere è distintivo rispetto a varie razze canine in cui invece è mediamente 53°/60° (ad eccezione delle razze più primi- tive nelle quali arriva a 50°/52°). La bulla timpanica, che nel cane è picco- la, compressa e nel complesso atrofizzata, nel lupo è larga, convessa e sferica. La dentatura riflette le abitudini predato- Fig. 4.4. - Cranio di lupo rie. Un adulto ha 42 denti con formula den- taria I 3/3, C 1/1, P 4/4, M 2/3; particolar- di massicce ed ampie arcate zigomatiche e mente taglienti sono i denti ferini, P4 e M1, una notevole cresta sagittale, che consento- che sono specializzati per la triturazione di no l’attacco dei potenti muscoli masseteri e grossi pezzi di carne e per le parti più dure. I temporali. denti definitivi sostituiscono quelli di latte tra L’angolo orbitale (l’angolo acuto definito la 16-esima e 26-esima settimana.

Fig. 4.3. Raro caso di documentazione di un soggetto di lupo con mantello nero fotografato nell’area delle Foreste Casentinesi (Per gentile concessione di Tortelli Graziano) Fig. 4.5 - Il lupo appoggia le zampe nateriori e posteriori lungo un’unica linea nali (Siberia, Canada, Alaska, con eccezione garantisce movimenti agili, veloci, e l’anda- delle zone artiche). tura al trotto. In Italia il peso di un maschio adulto La postura è digitigrada: l’arto anteriore oscilla mediamente tra 25 e 35 kg e difficil- presenta 5 dita delle quali il primo non arri- mente supera 45 kg. Le femmine sono di va a terra, mentre l’arto posteriore ne ha sola- dimensioni ridotte: la loro taglia è di circa il mente 4. Ogni dito è munito di un polpa- 20% inferiore rispetto a quella dei maschi strello calloso e di un’unghia robusta non (Ciucci e Boitani 1998a). I dati raccolti in retrattile; posteriormente si trova un grosso Provincia di Arezzo rientrano in questo cuscinetto plantare di forma lobata. range di peso: i pesi misurati sono di 32,8 ± 1,7 kg (n = 6) per i maschi adulti, e 29,3 ± 3,7 kg (n = 4) per le femmine adulte (Mattioli4.5.3. Caratteristiche della testa et al. in prep.) La testa si presenta ampia, con muso La lunghezza del corpo varia tra 110 eallungato che termina con un callo nasale 148 cm, coda esclusa. L’altezza al garresenudo; gli occhi si trovano in posizione fron- misura tra 50 e 70 cm. tale ed hanno pupilla rotonda; le orecchie La corporatura è snella e robusta; gli artisono di forma triangolare con base slargata e anteriori sono lunghi, appaiono compressisono lunghe mediamente 10-11 cm. nello stretto torace e presentano il gomito A prima vista il cranio di un lupo appare ruotato all’interno mentre le zampe sonomolto simile a quello di un cane di grossa ruotate all’esterno: ciò permette alle zampetaglia, ma osservandolo bene se ne ricavano anteriore e posteriore dello stesso lato dialcune differenze. È largo, robusto, caratte- muoversi sulla stessa linea. Questa strutturarizzato da un lungo rostro e da una evidente ossificazione della scatola cranica. È dotato

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4.5.4. Distinzione lupo-cane costanze particolari quali il corteggiamento e “solitaria”. Si tratta di vecchi individui cac- Negli avvistamenti brevi e fugaci, spesso l’accoppiamento di due individui, l’alleva- ciati dal branco (reietti) o giovani in disper- il lupo è confuso con razze canine. Tuttavia mento di una cucciolata da parte degli adul- sione che si sono distaccati dall’unità fami- esistono caratteri peculiari che li distinguono efficiente ti, la crescita e lo sviluppo dei piccoli in liare alla ricerca di un nuovo territorio e di sui quali l’osservatore esperto può concen- - il numero massimo di lupi che può compagnia dei cospecifici (Mech 1970). un compagno/a per riprodursi (Mech et al. trare l’attenzione. In generale la coda del essere sfamato con la preda Oltre alla coppia parentale e i figli dei 1998). Questi individui possono muoversi ai lupo è corta circa 1/3 della lunghezza cor- - il numero di individui nel branco con precedenti 1-3 anni, solo eccezionalmente margini del territorio seguendo a distanza il porea (30-35 cm), tenuta in posizione per- cui ogni lupo può stabilire legami sociali nel branco è accettato un lupo non imparen- branco, cibandosi di carcasse abbandonate pendicolare rispetto al terreno, mentre quel- - il grado di competizione sociale che tato (Mech et al. 1998). senza lasciare tracce evidenti del proprio la del cane è lunga e tenuta spesso arriccia- ogni individuo può sopportare. Numerosi studi condotti in cattività passaggio. ta. Un altro carattere distintivo è costituito Da studi successivi (Schmidt e Mech hanno descritto la struttura sociale del bran- dall’andatura: nel lupo le zampe anteriori e 1997) è l’ipotesi della kin selection, che pro- co come una gerarchia lineare di dominanza posteriori si muovono sulla stessa linea (Fig. pone una spiegazione al fenomeno della ten- che interessa i componenti di entrambi i sessi 4.5) , mentre il cane posiziona le zampe denza dei lupi a vivere in branco: gli adulti (Zimen 1976; Van Hooff e Wensing 1987) le4.7. Ciclo Riproduttivo posteriori in mezzo alle impronte delle ante- investono sui figli attraverso la condivisione cui relazioni individuali sono regolate da riori. Il lupo ha ghiandole precaudali che del cibo in esubero e attraverso l’insegna- una serie di comportamenti ritualizzati che Il lupo raggiunge la maturità sessuale sono atrofizzate nella maggior parte delle mento, in modo da massimizzare l’efficienza determinano una riduzione dell’aggressivitàintorno al secondo anno di età anche se in razze canine. energetica nell’eredità genetica. Gli autori ed assicurano intesa e integrazione funziona-cattività sono noti casi di femmine riprodut- I tratti che meglio distinguono il lupo dal basano la loro ipotesi su tre considerazioni: le tra i componenti del gruppo (Mech 1970).tive già dall’età di 10 mesi. cane, restano comunque quelli del cranio. - solitamente un branco è composto dalla Questo comporta differenze di ruoli e di Esiste una sola fase riproduttiva annuale Oltre alle già menzionate differenze, sono coppia parentale con figli di 1-3 anni (Mech posizioni all’interno del branco. strettamente legata a fattori climatico- caratteri peculiari, la fronte sfuggente del 1970) Il rango superiore è occupato da dueambientali e latitudinali: tra gennaio-feb- lupo a cui si contrappone una fronte più - l’efficienza di caccia di due individui è individui di sesso opposto, detti coppia alfabraio, per le latitudini più basse fino ad apri- marcata nel cane (stop frontale), e i denti elevata anche su grandi mammiferi che sono gli unici che si riproducono e chele per le latitudini più elevate (Mech 1970). ferini meno sviluppati in quest’ultimo. - i membri di una coppia acquisiscono dominano sugli altri membri, a loro voltaIn Italia gli accoppiamenti hanno luogo nel più cibo per lupo rispetto ad un branco di 3- distinti in beta, gamma, ecc.. Fox (1975)periodo compreso tra febbraio e marzo; le 4 individui sostiene che lo stato di individuo alfa siapotenzialità riproduttive dipendono dallo La disponibilità di prede è un ulteriore innato o comunque determinato precoce-stato nutrizionale dell’animale (Boertje e fattore di regolazione del branco in quanto mente; a questa idea Mech (1999) contrap-Stephenson 1992). Nel periodo invernale è influenza direttamente il tasso di sopravvi- pone la possibilità che qualunque lupo possapossibile trovare tracce su neve di essudati 4.6. Socialità venza e la produttività, indirettamente l’in- salire al rango alfa nel momento in cui siuterini della femmina che precedono, di tensità della competizione tra i membri del riproduce e ogni individuo del branco,qualche settimana, la fase di estro che dura Il lupo ha una struttura sociale basata sul gruppo (Zimen 1976). potenzialmente, abbia capacità riproduttiva.in media dai 3 ai 5 giorni (Mech 1970). branco: un gruppo di individui che si sposta- Le dimensioni del branco sono abbastan- In realtà in natura il branco è costituito Circa tre settimane prima della nascita no, cacciano, si nutrono, riposano insieme, za variabili: mediamente in Italia si riscontra- da un limitato numero di individui stretta-dei piccoli (Füller 1989), la femmina ricerca in libera associazione ma uniti l’uno con l’al- no branchi di 2-7 individui, mentre in altre mente imparentati. Si tratta di una vera eil luogo adatto a partorire e realizza la tana tro da vincoli sociali (Mech 1970). aree sono stati osservati branchi più consi- propria famiglia costituita da un padre, unadove generalmente attende il parto. Spesso la Anche se esistono casi di predazione su stenti: sono del tutto eccezionali avvistamen- madre e dai figli di cucciolate successive.tana è costituita da una cavità naturale rica- grossi mammiferi portate a termine da indivi- ti di gruppi particolarmente numerosi (36 L’immagine del branco come insieme di indi-vata in un tronco o in un anfratto roccioso, dui singoli, si ritiene che la struttura del bran- individui registrati da Rausch (1967) in vidui legati da una rigida gerarchia lineare sima possono anche essere utilizzate tane co rappresenti, nei carnivori sociali, un adat- Alaska). tramuta in nucleo familiare unito da unaabbandonate di altri mammiferi quali istrici o tamento selettivo finalizzato alla caccia di Le variazioni nelle dimensioni dei gruppi complessa rete di legami. volpi. animali di grossa taglia. possono essere spiegate in termini di diffe- Nonostante il forte carattere sociale tipi- Attraverso uno studio condotto in Secondo Mech (1970) quattro sono i fat- renti tassi di mortalità, riproduzione e in base co della specie, i lupi possono vivere perMinnesota (Ciucci e Mech 1992) è stato rile- tori principali che determinano le dimensio- all’età media a cui gli individui vanno in dis- periodi più o meno lunghi in condizionevato che la scelta della localizzazione della ni del branco: persione. tana avviene in base a diversi fattori quali: - il numero minimo di lupi necessario a L’unità del branco viene mantenuta dai localizzare ed uccidere la preda in modo legami sociali che possono rafforzarsi in cir-

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- la tradizione (una femmina può usare definitivamente dalla tana solo dopo 7- 8 set- base alla disponibilità e distribuzione delle A partire da ottobre i piccoli sono in per anni successivi lo stesso ricovero) timane dalla nascita: a questo punto l’intero risorse, alla densità intraspecifica, dimensio- grado di seguire gli adulti e lasciano gli - la disponibilità e distribuzione delle branco sposta la maggior parte delle attività ni del branco, periodo del ciclo biologico ed home sites; l’abbandono non è definitivo ma risorse in aree di limitate dimensioni denominate alterazione del paesaggio per cause antropi- graduale. In inverno il branco si muove, cac- - l’influenza dei branchi vicini rendez-vous sites dove avviene la fase finale che. cia e si riposa utilizzando uniformemente e - la dimensione del territorio. dello sviluppo dei piccoli. Se non subentra- Popolazioni di lupo che si nutrono prin- ciclicamente l’intero territorio. Da varie ricerche emerge un legame tra no condizioni di disturbo, gli home sites cipalmente di specie migratrici, rappresenta- posizione della tana e ampiezza del territo- (tane e rendez-vous sites) possono essere no casi eccezionali, poiché non rispettano la rio: in territori vasti la tana è centrale, in riutilizzati negli anni successivi. In autunno i condizione di territorio stabile nel senso di modo da minimizzare le distanze tra i vari rendez-vous sites vengono abbandonati: in territorio difeso attivamente. In Nord4.9. Dispersione punti, mentre la disposizione è casuale nel questa fase i piccoli presentano già capacità America, per esempio, esistono popolazioni caso di territori poco estesi. fisiche adatte a seguire gli adulti negli spo- di lupo che compiono lunghi spostamenti, Si definisce dispersione natale il movi- Una caratteristica ricorrente è la posizio- stamenti. con escursioni extraterritoriali rilevanti, permento di un animale dal sito di origine a ne isolata e vicina ai corsi d’acqua. seguire le migrazioni di specie preda comequello di riproduzione o al luogo dove si Alla fine della gestazione, che dura circa caribù (Rangifer tarandus caribou) e bisontesarebbe potuto riprodurre nel caso in cui 9 settimane, nascono in media 6 piccoli. La (Bison bison) (Carbyn 1997). avesse incontrato un compagno (Howard dimensione della cucciolata e la sopravvi- Al contrario, in Europa centrale e nel1960). venza dei piccoli nel primo anno di vita è4.8. Territorialità Caucaso la distribuzione uniforme e conti- I fattori che determinano la dispersione correlata alla disponibilità di prede (Keith nua della specie preda principale del lupo, ilnel lupo sono: la competizione per le risorse 1983). La riproduzione è generalmente pre- Il lupo, quando caccia prede stanziali, è cervo (Cervus elaphus), può contribuire ae la competizione per il partner (particolar- rogativa di una sola coppia: la coppia alfa.territoriale ed ogni branco tende ad occupa- determinare le minori dimensioni deglimente elevata nel periodo riproduttivo). Ne Attraverso meccanismi di controllo sociale,re un territorio difendendolo attivamente dal- home range (80-200 kmq) (Okarma et al.consegue una limitazione dell’imbreeding infatti, viene ridotta la possibilità che altril’intrusione di eventuali cospecifici estranei 1998). grazie alla dispersione dei “geni” parentali. È individui all’interno del branco, benché fisio-(Mech 1970). L’utilizzo del territorio varia nell’anno inun processo dinamico e graduale, caratteriz- logicamente maturi, si riproducano. In que- Il territorio occupato dal branco com- relazione alla distribuzione stagionale dellezato da una serie di spedizioni solitarie alter- sto modo sono disponibili e possono con-prende: le aree di caccia, di riproduzione e prede e delle fasi riproduttive del lupo. nate a fasi di ricongiungimento col branco centrare le proprie energie per aiutare la cop-di spostamento. È difeso attraverso marcatu- I territori si ampliano molto in inverno,(Gese e Mech 1991). pia dominante nella cura della prole, aumen-re acustiche come l’ululato, che permette quando è più difficile la ricerca del cibo. In Solitamente la tendenza ad abbandonare tando così le probabilità di sopravvivenzauna comunicazione a distanza (Harrington e estate, invece, l’attività del branco è mag-il branco si manifesta nei giovani di 2-3 anni dei piccoli. Mech 1983), e visivo-olfattive come urine e giormente concentrata intorno agli home(Fritts e Mech 1981). La maggior parte dei I cuccioli alla nascita pesano circa 500fatte che costituiscono chiari messaggi chi- sites (il sito della tana e i rendez-vous) perlupi va in dispersione nei periodi da febbraio grammi (Rutter e Pimlott 1968) sono sordi emici e visivi che permangono nel tempo accudire i piccoli. I rendez-vous sono unaad aprile e da ottobre a novembre, percor- ciechi. Nelle prime tre settimane di vita si(Rothman e Mech 1979). Questi mezzi per la sorta di punti di ritrovo in cui i cuccioli, nonrendo distanze che variano dagli 8 ai 354 km nutrono esclusivamente di latte maternodelimitazione del territorio consentono di ancora capaci di seguire gli adulti negli spo-(Gese e Mech 1991) con punte massime regi- mentre, in seguito, ricevono il cibo predige-ridurre al minimo la possibilità di un incon- stamenti, aspettano il loro ritorno. strate in Nord America di 670 e 886 km per- rito e rigurgitato non solo dalla madre matro diretto tra individui estranei. Incontri tra Nel periodo delle nascite, così, il territo-corsi (Van Camp e Gluckie 1979, Fritts anche da altri componenti del brancoindividui di territori limitrofi sono rari, ma rio si restringe: la femmina dominante, nei1983). (maschio alfa e adulti ausiliari) (Mech et al.quando avvengono sono causa di scontri fisi- primi due mesi di vita dei cuccioli, limita gli In Italia sono noti il caso di un individuo 1999). Solo intorno ai 40 giorni di età i nuovici in cui i lupi possono rimanere feriti o ucci- spostamenti ad un’area ridotta rispetto ache ha percorso circa 90 km in poco più di nati sono in grado di nutrirsi da soli. si. quella utilizzata in inverno e l’attività deluna settimana, tra il Massiccio della Maiella Studi di radiotelemetria condotti nel Spesso i territori di branchi confinanti branco è caratterizzata da movimenti radialie il Parco Nazionale d’Abruzzo (Boitani Minnesota (Harrington e Mech 1982a)sono parzialmente sovrapposti; si creano di individui singoli o in coppia che si dipar-1986) e il più recente e noto caso di hanno dimostrato che nonostante la lorocosì delle buffer zones: aree a cuscinetto fre- tono dagli home sites e che generalmente vi“Ligabue”, un lupo investito a , curato inettitudine, i piccoli sono lasciati soli anchequentate da entrambi i branchi in momenti fanno ritorno dopo un giorno (Okarma et al.e munito di radiocollare, che ha percorso per il 12-20 % della giornata. Si allontananodiversi . In queste zone aumenta il tasso di 1998). 217 km spostandosi dall’Appennino parmen- marcatura (Mech 1994). se alle Alpi Occidentali (Ciucci et al. 2005). Le dimensioni del territorio variano in

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4.10. Comunicazione zioni della ghiandola anale, raspate. lungo strade e sentieri in posizione strategica mazione sul sesso e sullo stato ormonale del- Per quanto riguarda la marcatura con l’u- (es. incroci) e consentano un evidente e l’individuo. 4.10.1. Marcatura odorosa rina si possono distinguere diverse modalità duraturo segnale sia olfattivo che visivo, Peters e Mech (1975) considerano marca- Si tratta di una forma di comunicazione di urinazione (Asa et al. 1985): soprattutto in inverno, in presenza di coper- ture le fatte deposte in punti strategici e ben olfattiva attraverso la quale un lupo lascia il - con la gamba posteriore alzata, o RLU tura nevosa. (Fig. 4.6) visibili, nei pressi degli incroci o su oggetti proprio odore in una posizione strategica, (raised-leg urination) Da studi effettuati in cattività è stato rialzati come cespugli o tronchi, quelle asso- ben visibile affinché altri cospecifici possano - in piedi, o STU (standing urination) osservato che solo gli individui maturi e ciate ad urina o raspata effettuate dallo stes- in seguito ispezionarla (Mech 1970). - accovacciata, o SQU (squatting urina- dominanti, sia maschi sia femmine, urinano so individuo e quelle ritrovate in alte con- Kleiman (1966) definisce “marcatura odoro- tion), col dorso leggermente concavo e le con la gamba alzata (Woolpy 1968). Lupi centrazioni accumulate nei mesi. La marca- sa” l’attività di rilascio di sostanze odorose zampe posteriori piegate sessualmente immaturi e di rango subordina- tura fecale può facilitare anche la memoriz- che: - a gamba flessa, o FLU (flexed-leg uri- to ricorrono solitamente alla postura SQU zazione dei percorsi all’interno del territorio, - è orientata verso particolari oggetti sco- nation), con la zampa posteriore flessa e leg- (Rothman e Mech 1979). aiutando l’animale a ritrovare le vie già per- nosciuti germente piegata sotto il corpo. In natura, è stato visto che la RLU e la corse. Più semplicemente la loro distribuzio- - è stimolata da elementi noti del pae- Si ritiene che non tutte siano vere e pro- FLU sono le posture tipiche rispettivamente ne potrebbe rispecchiare l’abitudine dei lupi saggio o da oggetti e odori sconosciuti prie marcature. Si considerano marcature del maschio e della femmina alfa, e che la di spostarsi lungo piste. Rothman e Mech - è ripetuta frequentemente sullo stesso solo nel caso in cui vengano rilasciate picco- frequenza delle RLU aumenta prima e duran- (1979) hanno osservato che individui solitari oggetto. le quantità di urina su oggetti preferibilmen- te la stagione riproduttiva (Asa et al. 1990). defecavano costantemente al di fuori delle Le informazioni olfattive possono essere te verticali scelti dopo una accurata ispezio- La marcatura assolve un ruolo fondamen- piste, probabilmente per ridurre la probabili- rilasciate sotto varie forme: urina, feci, secre- ne olfattiva (Asa et al. 1990), siano deposte tale nel mantenimento del territorio e nelle tà di essere rintracciati dal branco occupante zone di confine tra territori di branchi diver- il territorio. si, ne è stata riscontrata una più elevata fre- Le fatte rinvenute nei siti di rendez-vous quenza. sites o vicino ad una preda, sembra abbiano Nelle coppie di recente formazione, solo significato fisiologico (Peters e Mech Fig. 4.6. - Esempio di marcatura di lupo con urina durante il periodo del corteggiamento e subi- 1975). to dopo la riproduzione, è stato osservato un La marcatura fecale sostituisce la marca- aumento del tasso di deposizione di urina ed tura con urina nei periodi o nelle regioni in un aumento della doppia marcatura (due cui manchi adeguata copertura nevosa: la urine sovrapposte deposte dai membri della marcatura con urina è priva di messaggio coppia). Sembra si tratti di un modo per raf- visivo e quindi di minor intensità rispetto alla forzare il legame della coppia e consentire la marcatura fecale Vilà et al. (1994). sincronizzazione sia fisiologica che compor- La raspata è un segnale sia visivo che tamentale degli individui, al fine del succes- olfattivo, in quanto lo sfregamento delle so riproduttivo (Peters e Mech 1975; zampe sul terreno provoca il rilascio di Rothman e Mech 1979). sostanze contenute nelle ghiandole del Il ruolo della marcatura fecale non è stato cuscinetto plantare. Solitamente la raspata è ancora definitivamente chiarito perché il effettuata dagli individui della coppia alfa e ricorso ad essa non prevede posture stereoti- si pensa abbia funzione di comunicazione pate e le feci non sono sempre fisiologica- all’interno del branco, probabilmente per il mente disponibili (Asa et al. 1985). Le secre- mantenimento dello stato di dominanza zioni delle ghiandole anali associate alle (Peters e Mech 1975). fatte, sono generalmente prerogativa del maschio alfa, anche se tutti gli individui del branco possono rilasciarla. Ryon e Brown (1990) sostengono che i componenti volatili di queste secrezioni possano dare un’infor- 4.10.2. Comunicazione vocale Le espressioni vocali svolgono ruoli fon- damentali nella comunicazione tra cospeci- fici sia all’interno del branco che tra branchi

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diversi. Joslin (1966) ha identificato e codifi- alla capacità che hanno i vocalizzi a bassa gli ululati familiari da quelli estranei (Tooze ritirarsi in silenzio può essere in molte situa- cato quattro tipi diversi di espressioni vocali: frequenza di superare gli ostacoli et al. 1990). L’ululato riveste sicuramente un zioni il comportamento più conveniente. Se il ringhio, l’abbaio, l’uggiolìo e l’ululato. (Harrington e Mech 1978a, 1978b), mentre ruolo importante nella comunicazione a nel territorio sono presenti prede uccise o i Il ringhio è caratterizzato da una fre- le altre vocalizzazioni sono udibili a distan- distanza, non solo tra gli individui di uno cuccioli, è probabile che il branco risponda quenza compresa tra i 250 e i 1500 Hz. È un ze non superiori a circa 200 m (Joslin 1966). stesso branco ma anche tra individui di bran- senza allontanarsi: in questo caso il tasso di vocalizzo aspro e profondo e rappresenta un Quest’ultima forma di comunicazione chi distinti. All’interno del branco l’ululato risposta aumenta in relazione al grado di fre- segnale di minaccia o allarme; è una forma riveste così un ruolo specifico nella difesa ha la funzione di aggregare e di coordinare i schezza delle prede e allo sviluppo dei pic- comunicativa che ristabilisce ed aumenta le del territorio e nel mantenimento dei contat- vari componenti per eventi quali partenze, coli (Harrington e Mech 1979). Altri fattori distanze, sia fisiche che sociali (Harrington e ti tra gli individui dello stesso branco. riunioni, movimenti dentro il territorio stesso che possono influenzare la risposta sono le Mech 1978a) ed è frequentemente associato Udire un ululato spontaneo in natura è (per esempio durante la caccia) (Harrington e dimensioni del branco, in quanto più il bran- a posture di dominanza. raro. Le ore durante le quali l’ululato è più Mech 1978a). Nel caso di comunicazione tra co è numeroso, più facilmente risponderà a L’abbaio, con una frequenza che oscilla frequente sono quelle tra il tramonto e le branchi diversi, l’ululato ha la funzione di ululati estranei, e la presenza o meno del tra i 320 e i 904 Hz, può costituire la parte prime ore della notte e all’alba (Gazzola et controllo del territorio attraverso il quale il maschio alfa, il quale è l’unico individuo che terminale di un ululato, può essere un segna- al. 2002). branco afferma la presenza-possesso in risponde singolarmente e che dà inizio all’u- le di localizzazione o sollecitazione (Rutter e Attraverso la tecnica del wolf-howling, si tempo reale evitando incontri con branchi lulato corale. L’ululato comunque non è solo Pimlott 1968) o un sintomo di tensione è visto, sia nel caso di animali in cattività vicini (Harrington e Mech 1979). una forma di comunicazione: ha anche un sociale (Boscagli 1985). È piuttosto raro. (Zimen 1971), sia in natura (Gazzola et al. La reazione ad un ululato dipende dalla significato di “cerimonia” corale che rinsalda L’uggiolio, caratterizzato da una frequen- 2002), che la tendenza ad ululare segue un relazione costi-benefici: attraverso la rispo- i vincoli che uniscono il gruppo. I lupi ulula- za fondamentale che ha massimo utilizzo andamento stagionale: durante il periodo sta vocale può essere evitato l’incontro acci- no dopo una caccia terminata con una pre- intorno ai 3500 Hz, è di frequente utilizzato riproduttivo si ha un aumento della aggressi- dentale con un altro branco, ma allo stesso dazione o quando un individuo torna dopo in contesti non aggressivi tra i vari membri vità, sia all’interno di uno stesso branco sia tempo viene rivelata la posizione del branco un lungo periodo di assenza (Harrington e del branco; può costituire un mezzo per tra branchi diversi, fattore che determina un esponendolo al rischio di essere attaccato; Mech 1979). ridurre le distanze (Harrington e Mech aumento rilevante delle risposte (Harrington 1978a), spesso per richiedere cure, come nel e Mech 1979); nel periodo compreso tra caso dei cuccioli nei confronti degli adulti. maggio e giugno è stata rilevata la minore L’ululato è un suono continuo che può frequenza di risposta, dovuta alla riluttanza durare tra 0,5 e 11 secondi. Ha una frequen- da parte degli adulti ad ululare in presenza Fig. 4.8 - L’ululato corale ha funzione di coesione e coordinamento tra gli elementi del branco (per gentile conces- za fondamentale, per gli individui adulti, dei cuccioli, che in questo periodo hanno sione di Roberto Zaffi e Luciano Piazza) compresa tra i 150 e i 780 Hz che garantisce una età inferiore ai due mesi e sono vulnera- la comunicazione a lunga distanza grazie bili (Joslin 1967). Nel mese di luglio, invece, il tasso di rispo- sta aumenta (Fig. 4.7), grazie anche al contribu- Fig. 4.7 - Andamento mensile del tasso di risposta dei lupi (tratto da Gazzola et al. to dei piccoli che inizia- 2002) no a vocalizzare (Mech 1970). Alcuni autori hanno dimostrato la presenza di caratteristiche specifiche negli ululati che permet- tono il riconoscimento individuale ed è stata evidenziata la capacità del lupo di riconoscere

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CLAUDIA CAPITANI, MASSIMO SCANDURA, PAOLO LAMBERTI 5. Metodi di studio

Claudia Capitani, Massimo Scandura, Paolo Lamberti

5.1 Monitoraggio scheda ai cacciatori di selezione a cervidi e bovidi per la segnalazione della presenza del 5.1.1. Introduzione predatore. Ciò ha consentito di approfondire Lo studio della popolazione di lupo della le conoscenze nelle aree non protette, Provincia d’Arezzo è stato condotto essen- soprattutto quelle poste a quote inferiori, più zialmente con metodi non invasivi, quali i vicine alle aree urbane. transetti standard, lo snow-tracking il wolf- Per mezzo di un software GIS (Mapinfo howling, l’analisi molecolare, e la raccolta Professional 5.0), le localizzazioni di tutti i d’informazioni provenienti dai componenti segni di presenza sono state riportate su una del Corpo di Polizia Provinciale, del Corpo mappa digitale, e sovrapposte a una griglia di Forestale dello Stato, della Comunità tre km per lato. Quindi, l’areale di presenza Montana nonché da cacciatori e ambientali- della specie è stato ricostruito considerando sti (Figura 5.1). tutte le celle in cui ricadeva almeno una Dal 2002 è stata distribuita un’apposita localizzazione.

Fig. 5.1 - Diagramma dei metodi non invasivi utilizzati nello studio del lupo in Provincia di Arezzo e relativo uti- lizzo per l’indagine.

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METODI DI STUDIO CLAUDIA CAPITANI, MASSIMO SCANDURA, PAOLO LAMBERTI 5.1.2. Transetti In questo studio è stata individuata una rete di transetti che si è evoluta nel tempo seguendo lo sviluppo del progetto di monito- raggio, con un aumento progressivo della superficie monitorata e una contemporanea riduzione della frequenza di monitoraggio (Figura 5.2). La rete si sviluppa soprattutto lungo le dorsali principali e secondarie dei massicci montuosi, e in particolare ha interessato il sistema delle principali aree protette. I transetti sono costituiti essenzialmente da percorsi standardizzati (cioè mantenuti costanti ed eseguiti in modo periodico), per una media di 3700 km annui dal 1998 al 2000, e 1200 km annui da 2001 al 2005. Nel 2002 e nel 2003 è stato eseguito inoltre uno speciale “lupo-transect”, un percorso di circa 220 km che si snoda sui principali crinali della provincia, effettuato tra aprile e maggio Fig. 5.2 - Escremento di lupo rinvenuto lungo un di ciascun anno. Ai percorsi standardizzati si transetto Fig. 5.4 - L’incontro con il lupo è spesso fugace: giovane soggetto di lupo ripreso in natura, allarmato dalla presen- aggiungono dei percorsi che, invece, sono za dell’operatore (per gentile concessione di Graziano Capaccioli) effettuati in modo occasionale e pertanto for- niscono informazioni non standardizzate (in media circa 100 km all’anno dal 2003). passaggi di animali di diverse specie, le trac- Nei tratti in cui una pista si divide è pos- I transetti sono finalizzati al rilevamento ce diventano confuse e difficili da individua- sibile contare il numero d’individui che la dei segni di presenza della specie, quali re o seguire. compongono (Fig. 5.8), e confrontando le escrementi (detti fatte) (Fig. 5.2), tracce (Fig. Il primo passo di questa tecnica è il rico- piste rinvenute in giorni differenti si giunge 5.3), peli, e, nei casi più fortunati, l’osserva- noscimento di una traccia di lupo. ad una stima del minimo numero d’individui zione diretta (Fig. 5.4). In particolare, le fatte Il lupo ha andatura digitigrada e possiede che compongono ciascun branco. ritrovate sono state utilizzate per l’analisi cinque dita negli arti anteriori, di cui uno In genere, il rilevamento delle tracce della dieta. non tocca a terra, e quattro nei posteriori. viene effettuato in contemporanea su più Ogni dito ha un grosso cuscinetto plantare, e aree. In questo modo è possibile individuare un'unghia non retrattile, che infatti è spesso il minimo numero di branchi distinti che visibile nelle tracce (Fig. 5.6). occupano aree limitrofe. La singola impronta non permette di Lungo le piste viene registrata la presen- 5.1.3. Snow-tracking distinguere il lupo da un cane di dimensioni za di marcature odorose, quali urine e fatte, simili, mentre lungo una pista è possibile e visive, le raspate. Le fatte sono raccolte per Lo snow-tracking è una tecnica che con- osservare la tipica andatura del lupo al trot- essere sottoposte a analisi molecolare, così siste nella ricerca e nel rilevamento di piste to: impronta posteriore sovrapposta all’ante- come i peli o le tracce di sangue (dovute a di impronte su neve. Una nevicata fresca è riore, impronte disposte su un unico asse e ferite o, solo nelle femmine, all’estro) rinve- quindi l’elemento di partenza per lo svolgi- regolari. Talvolta il lupo corre al galoppo, nute sulla traccia. La raccolta di campioni mento di questa attività. In caso di nevicate lasciando una traccia “a Y”, oppure cammi- durante lo snow-tracking è importante per abbondanti, si tende a far passare almeno 24 na lentamente, ma raramente assume l’anda- due motivi: 1) poiché la resa dell’analisi ore per dare tempo agli animali di muoversi tura scomposta che invece ha generalmente molecolare è legata allo stato di conserva- maggiormente, e rendere più probabile il il cane (Fig. 5.7). zione del campione, i campioni trovati su ritrovamento delle piste. Dopo alcuni giorni dalla nevicata, però, a causa dei numerosi Fig. 5.3 - Impronte di lupo su fango

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a) c)

Fig. 5.5 - Percorsi di monitoraggio della presenza del lupo effettuati della Provincia d’Arezzo dal 1998 al 2000 (a), e dal 2001 al 2005 (b), e “lupo-transect” (c).

b) neve garantiscono un maggiore successo dell’analisi; 2) la tipizzazione dei campioni rinvenuti lungo piste su neve consente di determinare i movimenti spaziali dei singoli individui e di individuare le aggregazioni tra più individui. Infine, questa tecnica consente di inte- grare lo studio della dieta del lupo con le informazioni provenienti dal ritrovamento delle predazioni (Fig. 5.9).

5.1.4. Wolf-howling Nel lupo l’ululato è una forma di comu- nicazione a distanza con la funzione di coesione all’interno del branco e di control- lo del territorio nei confronti dei branchi limitrofi. La tecnica del wolf-howling consiste nel- l’emissione di un ululato, effettuato a voce o registrato, al fine di stimolare una risposta da Fig. 5.6 - Impronta di lupo nella neve

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d’individui che compongono il coro e di determinare la presenza dei piccoli nel branco e quindi il suo successo riprodutti- vo. Nell’area di distribuzione del lupo è stata individuata una rete di punti di emissione degli ululati per il censimento col wolf- howling, il cui numero è cresciuto nel tempo e ha raggiunto un totale di 327 punti di emis- sione, corrispondenti a una superficie moni- torata di circa 1190 km 2 (Fig. 5.11).

5.2. Studio dell’ecologia alimen- tare

Lo studio del comportamento alimentare del lupo si è basato essenzialmente sull’ana- lisi del contenuto degli escrementi raccolti nelle aree di studio. Il protocollo di analisi degli escrementi, basato su studi precedenti (Mattioli et al. 1995, Ciucci et al. 1996), pre- vede diverse fasi:

● Sterilizzazione, in stufa a 70° per 6-10 ore ● Lavaggio e filtraggio con setaccio (0,46 e 0,28 mm) Fig. 5.7 - Tracce di lupo e di cane su neve, a confronto Fig. 5.8 - Separazione degli individui lungo una pista ● Separazione delle componenti macro- di lupi in prossimità di un punto di marcatura scopiche e microscopiche. Sono conservati

parte dei lupi. paggi (da 2 a 4) composti da almeno due Il censimento col wolf-howling è realiz- operatori censiscono in contemporanea zato in estate, quando la presenza dei cuc- ogni area. In tal modo si possono attribuire cioli produce: a branchi distinti le risposte dei nuclei con ■ l’incremento del tasso di risposta cuccioli ottenute in località differenti ■ la stanzialità dei branchi nei dintorni durante la stessa notte o in notti successive, dei siti di allevamento dei piccoli (home e si può valutare il minimo numero di bran- sites). chi presenti nel territorio censito Il censimento è condotto “a saturazione”, (Apollonio et al. 2004b). secondo la tecnica descritta da Harrington e Le risposte ottenute sono registrate con Mech (1982b), Per coprire l’intero areale di una strumentazione opportuna (Fig. 5.10) distribuzione della specie, questo viene (Gazzola et al. 2002) e analizzate con un suddiviso in settori che possono essere apposito software (Avisoft SA LAB PRO considerati separati sulla base di tutte le 3.0), che elabora un sonogramma associato informazioni raccolte precedentemente. alla traccia sonora (Figura 5.12), la cui ana- Per due o tre notti consecutive alcuni equi- lisi consente di stimare il minimo numero Fig. 5.9 - Predazione di lupo su ariete di muflone

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Fig. 5.11 - Distribu- zione della rete dei pun- ti di Wolf-howling uti- lizzati in Provincia di Arezzo e relativa area di censimento (in grigio)

Fig. 5.10 - Il wolf-howling consiste nell’emissione di una registrazione di ululato di lupo mediante apparecchio di amplificazione (Foto L. Piazza e R. Zaffi)

Fig. 5.12 - Esempio di sonogramma di ululato di individuo singolo (risposta ravvicinata). solo i residui di peli, ossa, frutta e compo- nente vegetale (quando la notevole quantità e tende a sfrangiarsi all'apice; lo spessore e faceva supporre che fosse stata ingerita la lunghezza variano secondo le classi d'età volontariamente). e delle parti del corpo ma generalmente le sue setole sono ben riconoscibili. Il pelo di ● Disidratazione in stufa a 70° per circa cervide è facilmente distinguibile per le 8-12 ore. dimensioni, l'apice sottile, le bande caratte- ● Attribuzione di una classe di volume a ristiche, l'opacità; alcuni peli, poi, sono ognuna delle componenti rilevate per cia- ondulati. Il riconoscimento tra le diverse spe- scuna fatta, utilizzando le seguenti categorie: cie di cervidi risulta più difficile in quanto le 0-5%, 5-25%, 25-50%, 50-75%, 75-100%. differenze di diametro, tonalità del colore e Gli elementi presenti in misura <5% sono del bandeggio sono minime. Ciascuna spe- stati considerati come "tracce" e non compu- cie però presenta alcuni peli caratteristici tati. che possono essere diagnostici. Le caratteri- L'identificazione dei peli delle prede è stiche del pelo sono influenzate dalle varia- stata effettuata, nella maggior parte dei casi, zioni stagionali, in quanto gli ungulati pre- dal confronto con una collezione di riferi- sentano un mantello estivo e uno invernale mento. Attraverso una lente d'ingrandimento con peli diversi per forma e colore: è neces- 10x sono stati valutati lunghezza, forma, sario, quindi, tenerne conto e prestare atten- dimensioni e colorazione dei peli. Il pelo del zione nei periodi di muta. Un altro fattore di cinghiale ha consistenza cornea, è traslucido variazione è l'età dell'animale. Infatti, i pic-

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dopo le prime settimane di vita, mutano e mata di quella componente, corrispondente assumono la tipica colorazione estiva, simile al n° di fatte analizzate. Dividendo la bio- a quella degli adulti, sebbene i peli siano più massa per il peso medio della preda si ottie- sottili; i cerbiatti invece mutano più lenta- ne il numero di prede consumato, che può mente, passando però direttamente al man- essere poi riferito al numero di prede totali tello invernale. (numero relativo di prede). Anche le ossa contenute negli escremen- Il peso medio delle prede è stato calcola- ti possono essere riconosciute dal confronto to dalla frequenza di ciascuna classe di peso con collezioni di riferimento. I frammenti di e di età nelle diverse stagioni (bimestri o qua- ossa, zoccoli e denti, se identificabili, forni- drimestri a seconda dell’ampiezza del cam- scono indicazioni sull’età dell’animale, in pione) in modo da ottenere valori stagionali base alle loro dimensioni e al loro grado di sia di biomassa sia di numero relativo di sviluppo. Essi rappresentano l’unico fattore prede consumate (= biomassa / peso medio discriminante nel periodo in cui i piccoli della classe specifica). assumono una colorazione del mantello del Per stabilire se ci fossero differenze nel- tutto simile a quella degli adulti. l’uso delle specie di ungulati selvatici rispet- In alcune occasioni si rende necessario to alla loro disponibilità, la proporzione di ricorrere all'analisi del pelo al microscopio ciascuna specie osservata nella dieta (come ottico e al confronto delle caratteristiche n°relativo di prede e volume medio %) è della cortex e della medulla con un atlante stata confrontata con quella stimata nella specifico (Debrot et al. 1982). Quando l'i- comunità di ungulati (selezione inter-specifi- dentificazione certa non è possibile si prefe- ca). Allo stesso modo, la proporzione d’uso risce ricorrere alla categoria degli "indetermi- delle diverse classi di età nella dieta è stata nati". confrontata con la struttura di popolazione Per valutare l’utilizzo delle diverse com- stimata per ciascuna specie (selezione intra- ponenti specifiche sono stati calcolati i specifica). Il grado, il segno e la significativi- seguenti indici: tà della selezione sono stati calcolati attra- - frequenza assoluta di comparsa = n° di verso l’indice di Manly e gli intervalli di con- escrementi in cui compare una determinata fidenza con la correzione di Bonferroni categoria alimentare/ n° totale di escrementi (Manly et al. 2002). L’indice di Manly indica x 100, selezione positiva per i valori maggiori di 1 e - volume medio % = somma di tutti i negativa per i valori inferiori all’unità. La volumi relativi a una determinata categoria significatività statistica dell’indice prevede alimentare/ n° totale di escrementi x 100. che gli intervalli di confidenza attorno al Infine, nello studio condotto nelle Foreste valore di w non contengano il valore 1. Per Casentinesi, è stata calcolata la biomassa confrontare il grado di selezione tra le diver- relativa e il numero relativo delle prede se specie si utilizza l’indice standardizzato β (NRP) consumate utilizzando l'equazione di che varia da 0 a 1 ed è calcolato per ciascu- regressione di Floyd et al. (1978): na categoria dal rapporto tra l’indice w della Y = 0,38 + 0,02 x X, categoria e la somma degli indici w di tutte dove Y rappresenta la massa (kg) di preda le categorie. per ciascuna fatta e X il peso medio della La dieta del lupo è stata valutata sia su preda. Moltiplicando il valore di Y per il scala annuale sia su scala stagionale, suddi- Fig. 5.13 - Confronto tra “striato” e adulto di cinghiale (in alto) e tra piccolo e adulto di capriolo in estate (in basso) volume totale assoluto di ciascuna compo- videndo l’anno in periodi diversi a seconda nente specifica si ottiene la biomassa consu- delle finalità e delle specie preda considera- coli di cinghiale fino al terzo-quarto mese di alla muta dell’estate successiva. I piccoli di vita presentano striature caratteristiche (Fig. cervide presentano inizialmente un tipico 5.13); nei mesi successivi raggiungono una mantello bruno con macchie bianche, detto colorazione rossastra che mantengono fino "pomellato" (Fig. 5.13). Caprioli e daini,

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te, secondo il ciclo biologico della specie preda principale (il cinghiale) che va da Marzo a Febbraio dell’anno successivo. Per sto punto di vista, il DNA non si comporta l’analisi stagionale della dieta sono stati uti- tutto allo stesso modo, ma lungo la moleco- lizzati quattro trimestri: Marzo-Maggio (pri- la esistono regioni più o meno variabili. mavera), Giugno-Agosto (estate), Settembre- Essendo quello della variabilità un aspet- Ottobre (autunno) e Dicembre-Febbraio to chiave di ogni investigazione genetica e (inverno). Per l’analisi della selezione intra- non essendo materialmente possibile analiz- specifica sono state adottate suddivisioni zare l’intera molecola, un passaggio cruciale diverse: per il cinghiale si sono confrontati di ogni studio è rappresentato dalla scelta sei periodi bimestrali mentre per il capriolo delle regioni del DNA da prendere in esame. tre quadrimestri, in entrambi i casi individua- Il DNA o acido desossiribonucleico è un ti a partire dal mese di Gennaio. lungo polimero formato da due filamenti avvolti tra loro a formare un’elica. Entrambi i filamenti possiedono la stessa struttura, basa- ta su una successione di unità dette nucleoti- 5.3. Analisi genetica di, ciascuna costituita da uno zucchero (desossiribosio), una base ed un gruppo La diffusione dei metodi genetici ad altri fosforico (Fig. 5.14). Mentre zucchero e campi di applicazione, favorita dall’avvento fosfato si ripetono identici in tutti i nucleoti- di nuove e potenti tecniche molecolari, ha di, la base può presentarsi in quattro forme interessato nell’ultimo decennio anche lo distinte: adenina (A), timina (T), citosina (C) e studio delle popolazioni animali. Sia la zoo- guanina (G). Quando si parla di ‘sequenza logia che la gestione faunistica hanno bene- del DNA’ ci si riferisce alla successione di ficiato enormemente dell’apporto di questo basi che compone una data regione (ad es. mezzo innovativo, che si è andato ad ACCGAT). Fig. 5.14 - Struttura di una molecola di DNA. aggiungere ai tradizionali metodi d’indagine. Negli animali esistono due tipi di DNA: il Il DNA, la cosiddetta ‘molecola della DNA nucleare o genomico, riunito a forma- alterazioni generate da una mutazione, tanto che viene comunemente utilizzata come vita’, rappresenta infatti un enorme pacchet- re i cromosomi presenti nel nucleo di ogni minore è la probabilità che essa si trasmetta regione di riferimento (regione di controllo) to d’informazioni, contenente le istruzioni cellula, ed il DNA mitocondriale (mtDNA), alle generazioni successive. Questo grazie nello studio delle popolazioni animali per la costruzione ed il corretto funziona- presente all’interno di organuli cellulari detti all’azione epurante della selezione naturale (Moritz et al. 1987). Il DNA mitocondriale mento di un intero organismo vivente. La mitocondri, preposti alla respirazione di ogni che sfavorisce gli organismi che recano alte- inoltre, a differenza della controparte principale caratteristica di questa molecola è cellula (Fig. 5.15). All’interno di queste mole- razioni gravi al loro patrimonio genetico. nucleare, viene trasmesso per via materna, in di essere ‘unica’, cioè di differire da indivi- cole esistono regioni definite codificanti e Viceversa le regioni non-codificanti del DNA quanto l’embrione riceve in eredità i propri duo a individuo. Dato che entrambi i genito- regioni non-codificanti: le prime contengono non risentono di questo effetto e pertanto mitocondri dalla sola cellula uovo. ri contribuiscono in pari misura al DNA di un le istruzioni per la produzione delle proteine tendono ad accumulare mutazioni. Allorché I massimi livelli di polimorfismo sono tut- individuo, ne consegue che quanto maggio- e sono raggruppate a formare i ‘geni’. le differenze generate dalle mutazioni ven- tavia stati riscontrati in regioni ripetitive pre- re è il grado di parentela tra due individui, Entrambi i tipi di DNA risultano utili per stu- gono mantenute, la regione interessata divie- senti nel DNA nucleare di tutti gli organismi tanto più simile sarà il loro patrimonio gene- diare la diversità genetica in popolazioni ne ‘polimorfica’, ossia per essa vengono ad superiori (Tautz 1989). Tali regioni, denomi- tico. Tutti gli studi che prevedono l’analisi del animali. La variabilità genetica si origina esistere più varianti nella popolazione. nate microsatelliti, sono caratterizzate dal DNA si basano sull’esame di differenze come conseguenza di fenomeni di ‘mutazio- Questo discorso vale sia per il DNA fatto di possedere una breve sequenza (di 2- genetiche, che possono presentarsi a livelli ne’, ossia di modificazioni nella sequenza nucleare sia per quello mitocondriale, dove 6 nucleotidi) che si ripete in tandem un certo tassonomici diversi (specie, popolazione, del DNA. Quando queste modificazioni inte- sono presenti sia regioni codificanti, meno numero di volte (Fig. 5.16). individuo). È infatti questa variabilità che ressano i geni, ciò può tradursi in una varia- variabili, che regioni non-codificanti, più Ogni microsatellite si presenta nel geno- consente di discriminare tra ciò che è simile bilità nella composizione aminoacidica delle variabili. Nel mtDNA, ad esempio, i livelli ma in due copie, dette alleli, una in ciascu- e ciò che è dissimile, ed in virtù di ciò, clas- proteine, che può alterarne la struttura e per- maggiori di variabilità si riscontrano a livello no dei due cromosomi omologhi. sificare quanto è oggetto d’indagine. Da que- sino la funzione. Quanto maggiori sono le di una regione non-codificante, denominata L’intervento di una mutazione modifica il D-loop per la sua conformazione spaziale, numero di ripetizioni, producendo una diffe-

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Fig. 5.16 - Struttura di una regione microsatellite.

Un’ulteriore caratteristica dei microsatelliti è regioni di DNA, per le quali risulta applicabile che si tratta di marcatori bi-parentali: vale a una tecnica che ha rivoluzionato il mondo dire che delle due copie (alleli) una discende della biologia molecolare. Si tratta della rea- dal padre ed una dalla madre. Grazie a ciò zione a catena della polimerasi, meglio nota essi si prestano benissimo ad essere impiega- come PCR (Watson et al. 1994). Questa tecni- ti anche in test di paternità e maternità. ca, sfruttando l’azione controllata di un enzi- Un grosso vantaggio offerto dai microsatel- ma, consente di riconoscere e moltiplicare una liti è rappresentato dal fatto di essere piccole specifica regione di DNA (locus).

Fig. 5.15 - Caratteristiche di- stintive tra DNA mitocondriale e Fig. 5.17 - Schema della reazione a catena della polimerasi (PCR), modificato da Hartl (1995) DNA nucleare.

renza misurabile nella lunghezza totale della tassonomico che li comprende entrambi regione. È così che si origina il polimorfismo (famiglia > genere > specie > popolazione). dei microsatelliti. Un individuo omozigote In virtù di ciò, individui della stessa specie presenterà lo stesso numero di ripetizioni su condividono mediamente oltre il 99 % del entrambi i cromosomi omologhi. Viceversa loro DNA. A ciò si aggiunga che le differen- in un eterozigote il numero di ripetizioni ze genetiche tra due individui sono minori sarà maggiore su un cromosoma e minore quanto maggiore è il loro grado di imparen- nell’altro. La combinazione di alleli possedu- tamento. Di conseguenza, per evidenziare ta da un individuo in un dato microsatellite differenze genetiche individuali in una popo- viene comunemente chiamata genotipo. lazione con alti livelli di consanguineità si Mentre diversi microsatelliti possono condi- deve necessariamente ricorrere a marcatori videre la stessa unità di ripetizione (per es. genetici altamente polimorfici. In questo CA), ciascuno di essi è contraddistinto dalle senso i microsatelliti rappresentano le regio- regioni esclusive che precedono e seguono ni ideali su cui basare tali studi ed è per que- la serie di ripetizioni. Inoltre le sequenze di sto che essi sono divenuti nell’ultimo decen- queste regioni risultano spesso specie-speci- nio uno strumento chiave nello studio delle fiche, per cui lo stesso microsatellite potrà ad popolazioni animali. Combinando più regio- esempio essere individuato nel lupo e nel ni (o loci) microsatelliti è infatti possibile cane (stessa specie), ma non nel maiale. ottenere un profilo individuale unico nella In generale vale il principio secondo cui popolazione: è quello che con termine ingle- le differenze genetiche tra due individui sono se viene chiamato ‘DNA fingerprinting’ (rife- tanto più grandi quanto più alto è il livello rendosi all’analogia con le impronte digitali).

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volta determinata la coppia di alleli per cia- DNA presente nel cromosoma Y. Dato che scuno dei loci esaminati, si è pervenuti alla quest’ultimo si riscontra solo negli individui della provincia di Arezzo, non essendo pre- definizione del genotipo individuale, identi- di sesso maschile, l’avvenuta amplificazione vista la cattura di esemplari di lupo, le anali- ficativo di ciascun animale campionato nel- costituisce l’elemento diagnostico che con- si genetiche si sono basate su un campiona- l’area di studio. L’insieme dei genotipi otte- sente di discriminare tra i due sessi: campio- mento non-invasivo di escrementi, peli e nuti è stato usato nelle successive elabora- ni + (presenza di amplificato) sono di sesso resti ematici trovati su neve (Fig. 5.18). Oltre zioni. maschile, campioni - (assenza di amplificato) a campioni di questo tipo, sono stati analiz- La scarsa qualità e quantità del DNA sono di sesso femminile. L’impiego di escre- zati anche esemplari rinvenuti morti nel ter- estratto dai campioni ottenuti in modo non- menti per questo tipo di analisi è reso pro- ritorio provinciale o nelle sue immediate invasivo rende necessari specifici accorgi- blematico dal fatto che in essi è presente vicinanze. menti per assicurare che tutti gli alleli posse- DNA appartenente a più specie di mammife- Tutti i campioni sono stati conservati in duti da un individuo (e soltanto essi!) venga- ri (lupo e prede), e, non essendo l’amplifica- freezer (-18°C) o in flaconcini contenenti no correttamente amplificati e misurati. La zione specifica per il lupo, c’è il grosso etanolo assoluto, fino al momento dell’anali- possibilità di incorrere in errori durante l’a- rischio di risalire al sesso di individui diversi Fig. 5.18 - Ritrovamento di peli su neve si. La maggior parte del campionamento è nalisi è stata approfonditamente studiata ed da quello che ha prodotto l’escremento. Per avvenuto nei mesi invernali, sia perché le uno specifico protocollo è stato sviluppato questa ragione, la diagnosi del sesso è stata Una schematizzazione di questa reazio- condizioni di conservazione al suolo risulta- per poter giudicare l’affidabilità dei genotipi condotta soltanto su campioni di tessuto, ne è mostrata in Fig 5.17. Grazie a questo vano migliori, sia perché il loro rinvenimen- ottenuti (Scandura et al. 2006). Così, per cia- sangue e peli. passaggio è possibile ‘pescare’ da una gran- to su neve permetteva di associare il dato scun campione, una singola regione è stata Studiare la variabilità genetica di una de miscela di acidi nucleici una specifica genetico ad informazioni di altra natura analizzata fino a 7 volte e molti genotipi popolazione significa indagare, su un deter- sequenza di interesse, anche se presente in (impronte, predazioni, ecc.). Lo schema del ritenuti dubbi al termine dell’analisi sono minato numero di loci, il rapporto tra indivi- quantità minime, e di renderla analizzabile protocollo di analisi è riportato in Fig. 5.19. stati esclusi dalle elaborazioni. dui eterozigoti ed individui omozigoti. con una serie di altre tecniche. Ciò apre la Il DNA, dopo essere stato opportunamente Considerato che le regioni analizzate si Questo è determinato dall'equilibrio esisten- strada all’impiego di una vasta gamma di isolato dai tessuti, è stato sottoposto a ripetu- presentano anche in altre specie di canidi, è te tra tasso di mutazione (insorgenza sponta- materiali biologici di seconda scelta come te PCR allo scopo di amplificare le regioni stato necessario in primo luogo verificare nea di nuovi alleli), tasso di migrazione escrementi, peli, urina, saliva, tracce emati- prescelte. Dieci differenti microsatelliti, svi- l’attribuzione al lupo dei campioni raccolti (ingresso nella popolazione di nuovi genoti- che ecc. come fonti di DNA da sottoporre ad luppati nel cane ed in parte già sperimentati in modo non-invasivo. Escrementi e peli di pi) e deriva genetica (variazione delle fre- analisi. Questo materiale ha la caratteristica nel lupo, sono stati selezionati per gli scopi cani o volpi, anch’essi presenti nel territorio, quenze alleliche dovuta esclusivamente a di essere reperibile in natura senza richiede- di questa ricerca. Gli alleli relativi a ciascun possono infatti assomigliare molto a quelli di fattori casuali). Il primo passo verso la cono- re la cattura o l’uccisione della specie stu- locus sono stati poi determinati, misurando lupo, ed anche il riconoscimento delle scenza della struttura genetica di una popo- diata. È per questo che un campionamento la lunghezza dei frammenti di DNA amplifi- impronte eventualmente associate al cam- lazione di lupi è costituito dall’analisi preli- basato sulla raccolta di tale materiale biolo- cati (sizing), mediante l’impiego di un pione può in condizioni non ottimali risulta- minare della variabilità genetica presente al gico viene definito non-invasivo (Morin e sequenziatore automatico (strumento così re problematico. Per queste ragioni, l’unico suo interno. Questo dato viene ottenuto Woodruff 1996). chiamato perché solitamente usato per deter- sistema realmente affidabile è rappresentato misurando il grado di eterozigosità, cioè la Nello studio della popolazione di lupo minare la sequenza in basi del DNA). Una dall’esame genetico, basato nel nostro caso proporzione di individui eterozigoti nella sulle differenze di alleli riscontrate nei loci popolazione, e confrontandolo con i valori microsatelliti. di eterozigosità ottenuti per altre popolazio- Oltre ad ottenere un ‘codice genetico’ ni o riferibili alla specie nel suo insieme. Fig. 5.19 - Rappresentazione schema- individuale (molecular tag), si è proceduto All’interno di una popolazione animale tica del metodo di analisi dei campio- anche alla determinazione del sesso per via difficilmente gli individui si accoppiano in ni di lupo. genetica dei campioni analizzati. Come per i modo del tutto casuale e gli scambi genetici microsatelliti, anche in questo caso si è fatto avvengono in modo uniforme nello spazio. uso della tecnica della PCR per l’amplifica- Ne risulta che la diversità genetica zione del DNA. In questo caso la regione da riscontrabile in una popolazione non è ripar- amplificare era però costituita da un tratto di tita omogeneamente al suo interno, o, come

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si usa dire con termine tecnico, esiste sempre un certo grado di struttura genetica della popolazione. Investigare tale struttura equi- radio-collare con sensore di mortalità vale a dire verificare l’esistenza di unità distin- (TELEVILT, Svezia) o di marche auricolari tra- te al suo interno (sottopopolazioni) e misurare smittenti con sensore di mortalità (ATS, il loro rispettivo grado di divergenza. U.S.A.). Alcuni individui di cinghiale molto L’ausilio di software GIS, ha consentito giovani (sotto i 3 mesi di età) sono stati marca- anche di studiare la ricorrenza degli indivi- ti solo con marche auricolari con codice di dui (genotipi) sul territorio e di valutarne gli riconoscimento, non provviste di trasmittente. eventuali spostamenti. I caprioli sono stati catturati esclusiva- mente con il metodo delle reti a caduta (Fig. 5.20). Le battute di cattura si sono svolte nel marzo del 2002, 2003 e 2004. La realizza- zione delle catture è stata possibile grazie 5.4. Studio del rapporto alla collaborazione tra Provincia di Arezzo, preda-predatore U.R.C.A., Università di Sassari e Comunità Montana del Casentino; hanno partecipato 5.4.1. Metodi di cattura nel corso dei diversi anni tutti i collaboratori Sia i caprioli che i cinghiali sono stati cat- del Prof. Apollonio, la Polizia Provinciale di turati in diversi periodi dell’anno e muniti di Torino, il C.F.S. di Tarvisio, il Dott. Ezio

Fig. 5.20 - Cattura di capriolo con il metodo delle reti a caduta Fig. 5.21 - Cinghiali catturati in un chiusino

Ferroglio, il Dott. Marco Caviglioli e nume- I cinghiali sono stati catturati, oltre che rosi studenti volontari provenienti da diversi con il metodo sopra descritto, anche utiliz- Atenei italiani. zando chiusini e gabbie di cattura apposita- Lo svolgimento di queste attività ha mente costruiti con la collaborazione della richiesto l’utilizzo di diverse campate di rete, Comunità Montana del Casentino e delle ciascuna lunga 25 o 50 metri e alta 3, dispo- guardie della tenuta di San Rossore (Fig. ste l’una accanto all’altra per formare un 5.21). All’interno e all’esterno di queste strut- fronte di cattura lungo da 300 a 1700 metri, ture veniva depositato del mais come meto- a seconda delle occasioni. do di foraggiamento per abituarli alla fre- Le reti sono state appese ai tronchi degli quentazione di appositi siti. alberi, o a pali precedentemente piantati, ad Gli individui adulti sono stati muniti di una altezza di circa 2 metri in modo che la rete radio-collare ed i sub-adulti e i piccoli di assumesse la forma di sacca. I battitori, muo- marche auricolari. vendosi contemporaneamente, costringono gli animali presenti nell’area di battuta a scappa- re. Una volta che l’animale urta la rete, questa5.4.2. Radio - Tracking si libera dai supporti cadendogli sopra. L’individuo rimane impigliato, e una La tecnica del radio-tracking permette di volta catturato viene immediatamente immo-ricevere un segnale radio a frequenza nota e bilizzato da un gruppo di operatori che, oltregeoreferenziarlo (Cochran e Lord 1963). a rilevare i dati biometrici (sesso, età, peso,Attraverso una metodica raccolta dati è pos- lunghezza totale, altezza al garrese, etc.), glisibile calcolare le dimensioni dell’home applicano il radio-collare e lo rilasciano nelrange degli individui oggetto di studio, l’uso giro di pochi minuti. dell’habitat e le interazioni intra e interspeci- fiche. Inoltre, grazie ad un sensore di morta- lità applicato a ciascun radio-collare, è pos-

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triangolazione: due operatori hanno rilevato tati ottenuti si sono rivelati affidabili; l’errore Fig. 5.22 - Localizzazione contemporaneamente la direzione di prove- medio su ogni localizzazione è stato stimato utilizzando il metodo del- la triangolazione nienza del segnale radio, l’accuratezza del in ± 50 metri, per distanze tra trasmittente e rilevamento è tanto più elevata quanto mino- operatore comprese tra 500 e 1000 metri. In re è la distanza tra operatori e animali, man- considerazione di tali “errori”, la localizza- tenendo una distanza limite per non distur- zione, non è puntiforme ma viene rappre- bare il loro comportamento. sentata da un triangolo che costituisce un Per ridurre al minimo l’errore associato “intorno di probabilità” in cui è presente l’a- alla localizzazione le postazioni di rileva- nimale. (Kenward 1987, White e Garrott mento dei due operatori devono essere scel- 1990). te in modo che formino con l’animale un Il sensore di mortalità applicato a ciascun triangolo rettangolo (Fig. 5.14) (Heezen e radio-collare, è stato controllato ogni 2-3 Tester 1967, Springer 1979). giorni e non appena il segnale di mortalità si Questo metodo è stato testato mediante attivava, l’animale veniva localizzato e stabi- prove ripetute con un radio-collare collocato lita la causa di morte (Mech 1967, Heisey e in posizione non nota ai rilevatori ed i risul- Fuller 1985, Kunkel e Mech 1994).

Fig. 5.23 - Il capriolo è una delle due specie di ungulati oggetto di studio nell’area dell’Alpe di Catenaia sibile indagare la causa di morte di ogni indi- 98-HE, collegate attraverso un cavo coassia- viduo. le all’antenna, una YAGI a 4 elementi in allu- Il segnale radio viene emesso ad inter- minio lunga 1 metro. L’antenna riceve il mittenza da un apparecchio trasmittente segnale con massima intensità e chiarezza se applicato all’animale, tale segnale è captato puntata verso la direzione della sorgente d’e- a distanza da un’antenna direzionale, colle- missione. L’ambiente montano, come quello gata ad un sistema ricevente in grado di del Casentino, non è facile per la telemetria, demodulare il segnale e renderlo così rileva- poiché la propagazione del segnale radio bile dal ricercatore sotto forma sonora e visi- può essere disturbata dalla fitta vegetazione va. L’intensità del suono e l’attivazione della del bosco, dalle pareti rocciose, dalle valli lancetta di un amperometro o di un led lumi- strette che attenuano o riflettono le onde noso rendono valutabile la direzione di pro- radio. È stato necessario ovviare a questo venienza. Le frequenze usate per questo stu- problema scegliendo adeguate posizioni di dio sono comprese tra 151 e 152 Mhz, cui rilevamento, poste ad una quota elevata e corrispondono lunghezze d’onda di circa 2 preferibilmente lontane da alberi o strutture metri, in funzione della lunghezza dell’an- di natura orografica o antropica che potesse- tenna. Tali frequenze presentano lo svantag- ro distorcere il segnale. gio di essere attenuate da ostacoli superiori Per ogni animale sono state effettuate in ai 2 metri, ma hanno il vantaggio di essere media 10 localizzazioni mensili utilizzando poco sensibili alle condizioni meteorologi- punti di rilevamento precedentemente scelti che (Kenward 1987). Sono state utilizzate e testati (Kenward 1987). Ciascuna localizza- radio riceventi di due tipi: RX-89-HE e RX- zione è stata eseguita con il metodo della

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CLAUDIA CAPITANI 6. Distribuzione e dinamica di popolazione del lupo in provincia di Arezzo

Claudia Capitani

6.1. Introduzione partire dalla primavera del 2000 il monito- raggio all’interno del Parco nazionale è stato La presenza del lupo in Provincia di interrotto. Negli ultimi due anni, invece, l’a- Arezzo, a partire dalla fine degli anni ’70, è rea di studio ha incluso anche alcune zone stata testimoniata con continuità dal ritrova- della porzione meridionale del territorio pro- mento di individui morti (Cagnolaro et al. vinciale, in seguito all’espansione dell’areale 1974). Il monitoraggio di questa specie è ini- occupato dalla specie. In questo capitolo ziato dal 1988 nell’area delle Foreste saranno presi in considerazione in particola- Casentinesi e della Riserva Biogenetica della re i risultati dello studio ottenuti dal 1998 ad Lama (Centofanti e Crudele 1993), incentra- oggi, in quanto forniscono un quadro com- to in particolare sul rilevamento dei segni di plessivo più completo della dinamica dell’in- presenza e sulla raccolta degli escrementi tera “popolazione” della provincia d’Arezzo. per l’analisi della dieta. Per alcuni argomenti specifici, invece, si farà Successivamente il monitoraggio è stato riferimento all’intero set di dati disponibile esteso a tutta la porzione dell’Appennino dal 1988 al 2005. tosco-romagnolo che fa attualmente parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M.te Falterona e Campigna, in particolare nel versante toscano. Dal 1998, in seguito all’istituzione da parte della6.2. Distribuzione della specie Provincia d’Arezzo di cinque Oasi di Protezione, distribuite lungo i rimanenti prin- La distribuzione della specie è stata cipali crinali montuosi della provinciamonitorata attraverso la ricerca e l’identifica- (Pratomagno, Alpe di Catenaia, Montezione di segni di presenza quali fatte, Modina, Alto Tevere, Alpe della Luna), ilimpronte su fango o su neve, ululati sponta- monitoraggio è stato esteso all’intero sistemanei e soprattutto indotti, e più raramente di aree protette presente nella porzione set-osservazioni casuali; inoltre è stata in parte tentrionale della provincia, che, oltre alvalidata dall’analisi genetica (vedi capitolo Parco nazionale e alle oasi, comprendeMetodi). anche alcune Riserve Naturali Regionali Dal 1998 al 2005, sono state rilevati più (Montenero, Alpe della Luna, Sasso didi 5000 escrementi e circa 1000 km di piste Simone). Infine, sono state incluse in questosu neve; sono state ottenute 220 risposte al sistema di rilevamento anche la Riservewolf-howling, e i lupi sono stati osservati in Biogenetiche di Vallombrosa e la Foresta di226 occasioni. S. Antonio, che si trovano in Provincia di Fino al 2002, la distribuzione dei segni di Firenze ma fanno parte dell’unico complessopresenza del lupo in tutta l’area indagata montuoso del Pratomagno (Figura 6.1). Asuggeriva che la specie occupasse intera- mente il Casentino, gran parte della Valtiberina e il versante destro del Valdarno

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DISTRIBUZIONE E DINAMICA DI POPOLAZIONE DEL LUPO IN PROVINCIA DI AREZZO CLAUDIA CAPITANI

Fig. 6.1 - Areale di dis- colonizzate le informazioni ottenute sono tribuzione stabile del ancora limitate nello spazio. lupo in provincia La distribuzione del lupo è strettamente d’Arezzo accertato fino associata a quella delle aree protette. In parti- al 2002, e aree di espan- colare, la superficie protetta compresa nel sione individuate nel range del lupo è pari a circa 333 kmq, rappre- 2003 e nel 2005. sentando il 23% dell’areale stimato (Tabella 6.1). Questo valore è leggermente superiore a quello calcolato per l’intera provincia di Arezzo (circa 19,8 %), ma la distribuzione del territorio protetto nell’area occupata dal lupo è molto differente dalla restante parte della pro- vincia, in quanto l’areale del lupo comprende le aree protette di dimensioni maggiori (in media 16,0 kmq nell’areale del lupo controFig. 6.2 - Areale di distribuzione del lupo sovrapposto 6,7 kmq al di fuori di esso). alla carta geomorfologica della provincia di Arezzo, in Un altro elemento associato alla distribu-cui sonorispetto evidenziati al i rilievidisponibile e la copertura sono forestale. utilizzate con zione del lupo è la copertura boschiva, rap- maggiore frequenza le fasce di quota tra i presentata prevalentemente da boschi di lati- 500 e i 1400 m e con minor frequenza quel- foglie decidue, e risultata pari a circa il 64% le <500 m (Figura 6.3). dell’areale di presenza stimato (Figura 6.2, L’areale di distribuzione del lupo com- Tabella 6.2), superiore alla media provincia- prende attualmente 23 comuni della le pari a circa il 50%. Provincia d’Arezzo, includendo in pratica Il lupo è presente quasi sull’intero range tutti i comuni classificati come montani altitudinale disponibile; il suo areale, infatti, dall’ISTAT ed alcuni comuni collinari superiore, ad esclusione delle aree più antro- lirsi anche in situazioni dove l’incontro con è compreso tra i 185 m e i 1650 m s.l.m., ma (Anghiari, Arezzo, Castiglion Fiorentino, pizzate dei fondovalle (Figura 6.1). l’uomo (e di conseguenza lo scontro) può Nell’estate del 2003, a seguito del ritro- essere molto più frequente rispetto a quanto vamento di una grossa quantità di fatte in avviene nel resto dell’areale di distribuzione un’area collinare -montuosa a sud di Arezzo, provinciale. e di segnalazioni da parte dei cacciatori di L’areale della specie accertato, infine, si è selezione, è stata accertata tramite il wolf- recentemente esteso all’area di Poti, lungo il Tabella 6.1 - Istituti di tutela e gestione della fauna previsti dal PFV 2001-2005 della Provincia di Arezzo, com- howling la presenza di un nuovo nucleo crinale che intercorre tra l’Alpe di Catenaia e presi nell’area di distribuzione del lupo. (Abbreviazioni: PN = Parco Nazionale; OAF = Oasi di protezione; RP = riproduttivo nella zona del M. Lignano. il M. Lignano. In questa zona nell’estate Riserva Naturale Regionale; ZPM = Zone di protezione lungo le rotte di migrazione; ZRV = Zona di Rispetto Nell’autunno dello stesso anno, nell’area 2004 sono stati segnalate impronte su sabbia Venatorio; ZPU = Zona di protezione urbana; RS = Riserva Naturale Statale; AFV = Azienda Faunistica Venatoria; ATV = Azienda Agrituristico Venatoria; AAC = Aree Addestramento Cani). del Chianti aretino a confine con la Provincia attribuibili al lupo ed è stato avvistato un sog- di Siena il recupero di due soggetti morti (tra getto. Successivamente durante l’inverno Istituto di tutela della fauna Superficie (Kmq) Istituto di gestione Superficie cui un cucciolo) è stato immediatamente 2004-2005, sono state rilevate piste su neve % della fauna (Kmq) % seguito da opportune operazioni di verifica, di due lupi, associate a un’intensa attività di PN 138,0 9,9 AFV 55,6 4,0 che hanno portato a verificare la presenza di marcatura, che farebbero pensare a una cop- OAF 106,1 7,6 ATV 17,2 1,2 un altro gruppo con cuccioli. pia neo-formata. RP 36,7 2,6 AAC 10,7 0,8 I due branchi neo-formati sono stati L’areale di distribuzione attuale, quindi, ZPM 28,0 2,0 Altro 1,2 0,1 monitorati fino all’inverno 2005, ma secon- sembra interessare buona parte della provin- ZRV 12,7 0,9 RS 4,6 0,3 do alcune segnalazioni individui isolati cia, per un totale di almeno circa 1640 kmq. ZPU 4,4 0,3 sarebbero stati presenti sin dal 2001. La spe- Tale valore può essere considerato una stima Altro 3,8 0,2 cie, pertanto, sembrerebbe in grado di stabi- minima, considerato che per le aree neo- Totale complessivo 333,3 23,3 Totale complessivo 84,8 6,1

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Fig. 6.4 - Areale di dis- Tabella 6.2 - Uso del suolo nell’area di distribuzione del lupo, sulla base dell’IFT (Inventario Forestale Toscano, tribuzione del lupo unità di riferimento: celle di 400m per lato, controllo al suolo 1999). sovrapposto alla rete stradale ed ai principali Categoria di uso del suolo Sup (kmq) % nell’areale di distribuzione centri abitati in provin- Latifoglie 880,02 53,56 Conifere 90,15 5,49 cia d’Arezzo. Misto conifere-latifoglie 84,76 5,16 Arbusteti 83,46 5,08 Cespuglieti, pascolo cespug. /arborato 78,08 4,75 Pascolo 161,69 9,84 Aree coltivate 222,3 13,53 Area urbana 29,08 1,77 Altro 24,66 1,50

Cortona, Lucignano e M.S.Savino). In questi branchi con cuccioli, è stata stimata la distan- comuni, la densità di abitanti è risultata in za media tra gli home sites di branchi adia- media di 74 abitanti per kmq nel Censimento centi, per ognuno degli anni disponibili. Il ISTAT del 2001. La maggior parte degli abi- valore medio tra gli anni è risultato pari a 11,1 tanti, comunque, è distribuita nei fondovalle ± 1,8 km. Questo dato sembra essere correlato o sulle pendici montuose, mentre al di sopra alla densità media dei lupi e quindi al livello di dei 1000 metri il territorio è quasi disabitato saturazione del territorio. Infatti, il valore osser- per buona parte dell’anno. La densità di stra- vato è basso rispetto a quanto riscontrato in de asfaltate e la densità di centri abitati all’in- alcune aree nordamericane a bassa densità di terno dell’areale di distribuzione sono pari a lupi (45 km in Alaska, densità 0,7 lupi/100 0,6 km/kmq e 0,013 kmq/kmq, rispettiva- km mente, e risultano inferiori alla media del ter- 2, Ballard e Dau 1983), ma è di poco infe- ritorio provinciale (densità di strade: 3riore rispetto al valore medio ottenuto in km/kmq; densità di centri abitati: 0,04Polonia, dove le densità locali di lupo sono kmq/kmq). comparabili con quelle della provincia Sulla base delle localizzazioni estive deid’Arezzo (14 km, densità 2,2 lupi/100 km 2, in 6.3. Densità e dinamica colato un valore di densità in estate pari in Jedrzejewski et al. 2004a). media a circa 3 lupi per 100 kmq (Tabella Dall’integrazione dei dati di censimento 6.3). ottenuti col wolf-howling in estate, e con lo Dal quadro d’insieme dei sette anni di Fig. 6.3 - Importanza snow-tracking in inverno, è stato stimato il monitoraggio sul lupo in provincia di Arezzo relativa delle fasce altitu- numero d’individui presenti ogni anno. Con emerge che la struttura della popolazione è dinali nell’areale di distri- queste tecniche è possibile evidenziare caratterizzata da un numero elevato di bran- buzione del lupo accerta- soprattutto gli individui che appartengono a to fino al 2005 (barre ver- chi di piccole dimensioni. Inoltre, sia la den- ticali) e in tutta la provin- branchi riproduttivi, mentre difficilmente sità sia il numero medio di individui che cia di Arezzo (linea). consentono d’individuare i lupi solitari, cioè compongono ciascun branco non hanno evi- quegli individui che sono in fase di disper- denziato variazioni né tendenze significative sione o sono stati allontanati dal branco, e nel corso degli anni. che quindi possono occupare un’area solo Il valore di densità ottenuto è risultato più temporaneamente per poi muoversi alla elevato rispetto ad alcune aree nord-america- ricerca di un nuovo territorio. ne e nord-europee, ma paragonabile a quanto Dai dati raccolti sul numero di lupi pre- riscontrato nella foresta di Bialowieza, in sente ogni anno e dalla stima delle dimen- Polonia (Tabella 6.4). sioni dell’areale di distribuzione, è stato cal- Analizzando singolarmente la dinamica

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Tabella 6.3 - Numero di branchi, densità e dimensioni medie dei branchi dal 1998 al 2004. La densità estiva Tabella 6.4 - Confronto con i valori di densità e dimensioni dei branchi riscontrati in altre aree europee e nord- rappresenta una stima minima del numero d’individui presenti in un dato anno biologico, rapportato alla super- americane. N = numero (medio) di lupi rilevati. ficie di distribuzione stimata in quell’anno. (* due branchi del PNFC non monitorati). Anni di studio Area di Studio Densità Dimensioni N Riferimento bibliografico Anno N° branchi monitorati Densità annua massima Dimensione media Dimensione media invernale del branco (n°lupi/100 kmq) del branco in estate del branco in inverno (lupi/100kmq) in inverno (n°lupi/branco) (n°lupi/branco) 1998-2005 Provincia di Arezzo 2,3 4,0 43 Capitani et al. (in prep) 1998 7 2,1 4,2 3,4 1993-2000 Foreste Casentinesi 4,7 4,2 32 Apollonio et al. 2004b 1999 9 2,9 5,0 4,0 1990- 1999 Parco Orecchiella (LU) - 3,7 8 Ciucci et al. 1999 2000 10 3,0 4,3 3,8 1985-1996 Bialowieza National Park 2,3 4,4 32 Jedrzejewski et al. 2000 2001 11 3,7 5,5 5,0 1978-1998 Scandinavia 0,1 6 38 Wabakken et al. 2001 2002 9* 3,7 5,7 4,7 1967-1993 Minnesota nord-orientale 2,8 5,8 198 Mech 1973, 1986, Meche 2003 10* 2,5 4,7 3,4 Nelson 2000, Peek et al. 2004 10* 3,0 5,2 3,9 1976, Fuller 1989a Media 9,4 3,0 4,9 4,0 1959-1994 Isle Royale, Michigan 4,4 5,8 135 Jordan et al. 1967, Peterson 1977, Peterson e Page 1988 1988-1992 Algonquin Park, Ontario 2,7 6 44 Forbes e Therberge 1995 dei branchi per i quali sono state raccolte mag- di parentela, determinato in base alle analisi 1983-1988 Yukon meridionale 0,8 5,8 103 Hayes et al. 1991 giori informazioni (Figura 6.5), e considerando genetiche. Questa ipotesi è stata confermata in 1980-1984 Quebec (alta densità di prede) 1,4 5,7 11 Messier 1985 il numero massimo d’individui riscontrato ogni alcuni anni in cui sono state ottenute risposte 1986-1991 Wisconsin nord-orientale 1,8 2,6 40 Wydeven et al. 1995 anno, osserviamo che questo valore è variato contemporanee di due branchi con cuccioli, in 1987-1991 Voyageurs Park, Minnesota 3,3 5,5 23 Gogan et al. 2000 1958-1965 Ontario centro-orientale 3,8 5,9 54 Pimlott et al. 1969 da un minimo di 3 individui a un massimo di localizzazioni distinte. 1980-1986 Minnesota centro-settentrionale 3,9 6,7 33 Fuller 1989a 6. Possiamo inoltre notare che anche la morta- Per altri anni, però, non è stato possibile 1985-1986 Yukon centro-occidentale 0,7 4,6 5 Sumanik 1987 lità riscontrata per la maggior parte dei branchi verificare con certezza la presenza di entram- 1987-1991 Alaska nord-occidentale 0,6 8,6 34 Ballard et al. 1997 è concentrata nei mesi autunno-invernali. bi i branchi. Questo risultato potrebbe essere 1980-1984 Quebec (bassa densità di prede) 0,8 3,7 16 Messier 1985 La distribuzione alternata degli eventi di riconducibile a un caso di pack splitting, ovve- 1975-1979 Pukaskwa Park, Ontario 1,2 3,8 39 Bergerud et al. 1983 riproduzione e mortalità determina l’anda- ro la divisione di un branco in due distinte 1969-1972 Jasper park , Alberta 0,8 11,5 4 Carbyn 1974 mento annuale del numero di lupi presenti. unità riproduttive, in cui permane un alto 1975-1980 Alberta nord-occidentale 2,4 6 22 Bjorge e Gunson 1989 1989-1994 Yukon centro-orientale 0,6 6,8 146 Hayes e Harestad 2000 A questi si aggiunge il fenomeno della dis- grado di sovrapposizione spaziale tra i due 1945-1972 Alaska centro-meridionale 0,7 7,5 59 Ballard et al. 1987 persione, che di solito ha un bilancio negati- branchi. 1976-1981 Penisola del Kenai, Alaska 1,4 9,8 65 Peterson et al. 1984 vo. Infatti, il flusso generato dagli individui Nel Bialowieza National Park (Polonia), giovani che si allontanano dal branco per Jedrzejewski et al. (2004b) hanno verificato andare alla ricerca di un nuovo territorio è questo tipo di evento in uno dei branchi moni- maggiore di quello degli che entrano a far torati. Il branco originario e il branco neofor- parte di un branco stabile. Senza l’ausilio mato, costituito da un cucciolo femmina della della radio-telemetria risulta difficile rilevare coppia dominante e da un individuo non quenze di vocalizzo degli adulti da quelle dei dei branchi monitorati, con variazioni tra gli eventi di migrazione, ma l’analisi molecola- imparentato accettato nel branco, condivide- piccoli; più raramente, invece, la riproduzio- anni dal 67 all’86%. (Tab. 6.5). re può fornire utili informazioni su questo vano una buona percentuale del territorio, seb- ne è stata accertata grazie all’avvistamento Considerando i singoli branchi, il mag- aspetto (vedi capitolo 7). bene i siti di riproduzione fossero distinti. dei cuccioli in estate o in periodi successivi. gior successo riproduttivo è stato riscontrato La mortalità a carico sia dei membri del Nel periodo 1998-2004, è stato possibile per i branchi dell’area della Foresta di branco sia degli individui dispersi sembra accertare la riproduzione in media nel 74% Camaldoli e dell’Alpe di Catenaia (100% comunque avere un ruolo preponderante nel limitare l’incremento numerico della popola- zione indotto dagli eventi di riproduzione. 6.4. Successo riproduttivo Tabella 6.5 - Successo riproduttivo, calcolato come percentuale di gruppi riprodotti sul totale di quelli presenti ogni Nell’area dell’Alpe della Luna si suppone anno. l’esistenza di due branchi con una forte sovrapposizione territoriale e un elevato grado Gli eventi di riproduzione nei diversi Anni ‘98 '99 '00 '01 02 '03 '04 branchi sono stati verificati principalmente Successo riproduttivo (%) 86 67 70 82 78 67 70 con la tecnica del wolf-howling in estate, dal N° di branchi 7 9 10 11 9 10 10 momento che è possibile discriminare le fre-

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Fig. 6.5 a-i - Dinamica dei branchi più intensamente monitorati dal 1998 al 2005. Con la freccia rossa sono indicati gli eventi di riproduzione accertata, con la croce nera, invece, quelli di mortalità; l’asterisco indica la presenza segnalata.

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Fig. 6.6 - Tana di lupo realizzata all’interno di un tronco cavo di castagno. Visione dall’esterno (foto in alto), e del- l’interno (foto in basso) con quattro cuccioli (Per gentile concessione del Corpo Forestale dello Stato, Arezzo).

6.5. Aree di parto e allevamento dei piccoli

In ambiente appenninico nessuno studio è stato pubblicato finora sulle caratteristiche dei siti di parto del lupo. Le uniche due tane rinvenute nell’area di studio in tutto il perio- do di monitoraggio sono state localizzate in una cavità naturale delle rocce e in un gros- so castagno cavo (Fig. 6.6) . In una base cava di castagno è stata inoltre trovata una cuc- ciolata di quattro soggetti affetti da rogna che sono stati curati e recuperati. In questo studio è stata però approfondi- ta l’analisi della selezione e del pattern d’uso dei siti dove sono allevati i piccoli una volta abbandonata la tana, i rendezvous sites (Capitani et al., in stampa). Le localizzazioni estive dei branchi con cuccioli sono state ottenute con la tecnica del wolf-howling e per osservazione diretta. Dal 1992 al 2004 sono state ottenute 109 localizzazioni, di cui la maggior parte da risposte al wolf-howling degli anni monitorati). Anche nell’area della(n = 81), e in minima parte da osservazioni Vallesanta e del Pratomagno sud, il successodirette (n = 28). Attraverso le localizzazioni riproduttivo dei branchi è stato elevato, mag-delle risposte di branchi con cuccioli ottenu- giore dell’80%. te da Giugno a Settembre sono stati indivi- Nell’area dell’Alpe della Luna è stataduati 44 rendezvous sites. verificata la riproduzione in almeno un bran- co ogni anno, e due nel 2001 e nel 2002.

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Fig. 6.7 - Localizzazioni ria. Sebbene in estate la caccia non sia prati- perte a aree chiuse (Ballard and Dau 1983, degli home sites identifi- cata neppure al di fuori delle aree protette, Fuller 1989b). Per quanto riguarda il ruolo cati dal 1993 al 2004. I gli individui che si riproducono potrebbero dell’impatto antropico, la distanza dalle stra- punti rossi indicano gli scegliere queste aree sulla base dell’espe- de asfaltate e dai centri abitati influenza la home sites, mentre i cerchi rienza fatta durante il resto dell’anno. Infatti, distribuzione dei siti di riproduzione, mentre racchiudono i rendezvous la mortalità da arma da fuoco durante la sta- la distanza dalle strade forestali e dai sentie- sites riutilizzati o localiz- gione venatoria è la principale causa di ri non sembra avere alcun effetto. zati a breve distanza. morte per gli adulti. Inoltre, all’interno delle Analogamente, Theuerkauf et al. (2003), aree protette la bassa densità di strade e di nella Bialowieza Primeval Forest (Polonia), centri abitati garantiscono un minor impatto hanno verificato che i branchi monitorati delle attività umane sulla specie. Infine, le selezionavano siti di tana e di rendezvous aree protette rappresentano un rifugio non lontani dai centri abitati e dalle strade con solo per il predatore ma anche per le sue maggior traffico veicolare. prede, gli ungulati selvatici. In particolare, la L’utilizzo di uno stesso rendezvous site densità del cinghiale, che in genere rappre- per due anni consecutivi è stato verificato senta la specie preda principale, è inferiore solo in quattro branchi (Fig. 6.7), quelli nelle aree non protette, in quanto la specie è dell’Alpe di Catenaia, delle Foreste soggetta a un forte prelievo. Casentinesi, del Pratomagno sud e della Al contrario il capriolo raggiunge una Vallesanta. Quest’ultimo, tuttavia, in tutti gli maggiore densità all’esterno delle aree pro- altri anni in cui è stato monitorato (ben 10!), tette, dove è presente una struttura forestale ha sempre occupato posizioni diverse tra favorevole per la specie e l’impatto dell’atti- loro e localizzate in varie parti del territorio, vità venatoria è relativamente basso. Proprio con una distanza media di 3,3 km. i nuovi nati di questa specie rappresentano in Al contrario, i banchi dell’Alpe di estate la preda principale del lupo in que- Catenaia, delle Foreste Casentinesi e del st’area. Pertanto, la disponibilità di risorse Pratomagno sud hanno mostrato un tenden- trofiche sembra avere un ruolo secondario za a selezionare siti a stretta distanza l’uno rispetto alla ricerca di protezione nella sele- dall’altro. Per il branco dell’Alpe di Catenaia zione delle aree protette. tutti i siti localizzati dal 1999 al 2003 rica- Tuttavia, la localizzazione dei siti in pros- devano nella stessa valle, a una distanza L’analisi dei fattori ambientali che Utilizzando un modello di regressione simità del loro confine potrebbe rappresenta- media di 0,4 ± 0,2 km. influenzano la selezione dei rendezvous sites logistica per la determinazione dei fattori che re un compromesso efficace tra questi due Successivamente, invece, il branco è è stata condotta mediante un confronto tra la influenzano la scelta dei rendezvous sites, la fattori d’influenza. stato localizzato in un'altra area. Per il bran- loro distribuzione spaziale e quella di un distanza dalle aree protette è risultata essere Altri fattori sono risultati importanti per la co delle Foreste Casentinesi sono state indi- ugual numero di localizzazioni casuali rica- uno dei fattori critici di maggior rilievo. scelta dei siti di riproduzione quali la coper- viduate due aree di allevamento dei piccoli denti nell’area monitorata. Per il confronto si Osservando la distribuzione dei rendezvous tura boschiva e la distanza dalle strade asfal- utilizzate per molti anni, rispettivamente è scelto di considerare dei plots di 200 m di sites (Fig. 6.7), è evidente la stretta associa- tate e dai centri abitati. I rendezvous sites nella prima e nella seconda parte dell’estate. raggio intorno ai punti, all’interno dei quali zione con le aree protette, dove non è prati- sono risultati distribuiti quasi esclusivamente Il branco del Pratomagno sud, infine, ha uti- sono state calcolate variabili come la quota, cata l’attività venatoria. nelle aree di bosco, 31 casi su 44, e il grado lizzato alternativamente due vallate. Nella la pendenza, l’esposizione, il tipo di vegeta- Infatti il 77,7% delle localizzazioni rica- di copertura boschiva maggiore del 70% è prima sono stati localizzati due rendezvous zione e il grado di copertura, la distanza dal de all’interno di queste aree, e un ulteriore risultato selezionato positivamente. Questi sites utilizzati in quattro anni, a una distanza bordo delle aree protette, dai centri abitati e 28% entro una distanza di 0,5 km dal loro siti non sono mai stati localizzati in aree di 0,4 km. Nella seconda valle invece sono dalle strade, suddividendo quest’ultime in confine. In totale, i rendezvous sites localiz- aperte. Studi effettuati in Nord America stati individuati due siti più distanti, circa strade asfaltate, strade non asfaltate e sentie- zati in una fascia di 0.5 km all’interno o all’e- hanno descritto i rendezvous sites come aree 1,2 km. Una tendenza simile a utilizzare la ri. Inoltre è stato valutato per i diversi bran- sterno del confine delle aree protette sono a copertura variabile, da radure a aree semia- stessa parte del territorio durante la stagio- chi il grado di riutilizzo dei siti e le variazio- risultati il 57%. La scelta delle aree protette ni della loro distribuzione spaziale nel potrebbe essere legata a diversi elementi. tempo. Uno di questi è l’assenza di attività venato-

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ne di allevamento dei piccoli è stata eviden- ziata anche per il branco del Pratomagno centro. Nell’Alpe della Luna, invece, duran- Nel periodo 1988-2005 sono stati rinve- te tutto il periodo di monitoraggio sono stati nuti 43 lupi morti in provincia di Arezzo, per individuati siti diversi ogni anno, a una una media di circa 2,5 soggetti all’anno. In distanza media di 3,3 ± 1,7 km. base alla stima del numero medio d’individui Gli elementi che potrebbero avere censiti ogni anno, la mortalità riscontrata influenzato il diverso pattern di utilizzo dei rappresenta circa il 5,4% della popolazione. rendezvous sites sono molti, tra cui la persi- Si tratta di una stima minima, in quanto il stenza della coppia parentale, la disponibili- ritrovamento degli animali morti è un evento tà di prede, il disturbo antropico. abbastanza casuale e certamente sottostima- Grazie all’indagine molecolare, è stato to, in particolare quando la morte avviene possibile verificare in due casi l’influenza per cause naturali e interessa i cuccioli. della persistenza degli individui alfa, otte- Alla casualità del ritrovamento e all’in- nendo però risultati contrastanti. Infatti, nel tensità dello sforzo di ricerca è legato, alme- branco dell’Alpe di Catenaia, l’utilizzo di no in parte, l’andamento fluttuante del un’unica breeding area per cinque anni è numero di ritrovamenti rappresentato in coinciso con la persistenza del maschio alfa, Figura 6.9. È stata evidenziata una tendenza mentre il cambiamento dell’area di riprodu- alla crescita che ha raggiunto il culmine zione avvenuto nel 2004 sembrerebbe asso- negli anni 2002 e 2003. Negli ultimi due ciato con un “cambio al vertice” del branco. anni invece si è verificato di nuovo un calo. Fig. 6.8 - Cucciolo di lupo ucciso per colpo di arma da fuoco Al contrario, nell’area dell’Alpe della Luna la Per 24 individui morti dal 1998 ad oggi è persistenza del potenziale capo branco per stata effettuata l’analisi del DNA per deter- almeno 4 anni non è stata associata ad alcu- minarne la provenienza in base al confronto La causa di morte è stata accertata per involontariamente dall’uomo, quasi esclusi- na fedeltà ai siti di riproduzione. con gli altri genotipi identificati in tutto il ter- circa il 70% dei lupi rinvenuti (Fig. 6.11). Tra vamente per investimento. La morte naturale Da alcuni dati relativi a cucciolate osser- ritorio monitorato. questi, più dei due terzi (n = 22) sono stati è stata riscontrata, invece, in un unico caso vate o rinvenute nelle prime settimane dopo Quasi tutti gli individui analizzati sono volontariamente uccisi dall’uomo. Inoltre, dovuto a rogna. È ragionevole supporre che le nascite potremmo dedurre che la dimen- stati attribuiti ai branchi conosciuti, eviden- per altri 7 individui la morte è stata causata la probabilità di ritrovare un animale morto sione media della cucciolata sia di circa 4 ziando come non si trattasse di animali in dis- piccoli e che le nascite avvengano tra la fine persione provenienti da aree al di fuori della di Aprile e l’inizio di Maggio. provincia, ma facessero parte della popolazio- Attraverso l’analisi delle risposte ottenute ne “stabile” monitorata (Fig. 6.10). Inoltre, se si Fig. 6.9 - Anda- in estate è stato possibile stimare il numero escludono i casi di cadaveri “traslocati” dal- mento del nu- minimo di cuccioli presenti e unendo questo l’uomo, gli individui deceduti sono sempre mero di lupi ri- dato alle informazioni relative agli avvista- stati ritrovati abbastanza vicini alla propria trovati morti dal menti è stata ottenuta una stima del numero area di provenienza. Questi risultati sono 1988 alla prima- medio di cuccioli presenti a fine estate, pari molto interessanti per la comprensione del vera 2005. a 2,5 ± 0,7 cuccioli per branco. fenomeno della dispersione, in quanto suppor- terebbero l’ipotesi basata sull'indagine geneti- ca che il flusso di individui sia piuttosto basso tra le diverse zone della provincia (vedi Cap. 7). Inoltre, il fatto di non avere trovato possibi- 6.6. Mortalità li individui in dispersione all’interno dei terri- tori dei branchi stabili, dove si concentra mag- Per l’analisi di questo parametro sono giormente il monitoraggio, non esclude la loro stati presi in considerazione tutti i dati dispo- presenza ma anzi suggerisce che essi tendano nibili dal 1988. ad occupare aree più marginali.

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Fig. 6.10 - Localizzazioni dei lupi ritrovati morti. I pallini in grigio indicano i lupi presumibilmente tras- locati dal sito di morte, e lasciati in prossimità di pae- si.

Fig. 6.12 - Suddivisione per classi di età degli individui morti dal 1988 al 2005 in provincia d’Arezzo.

per cause naturali sia inferiore rispetto a l’anno costituivano circa la metà, sebbene la quella di individui investiti oppure uccisi percentuale di cuccioli trovati morti sia volontariamente. aumentata dal 1998, mentre è diminuita Tuttavia, nel caso delle uccisioni illegali, quella degli adulti (Fig. 6.12). ci possono essere due atteggiamenti opposti: Nel campione di 32 individui per i quali da un lato quello di chi “vuol dimostrare il dato era disponibile, la sex ratio è risultata qualcosa”, quindi fa ritrovare il cadavere o perfettamente paritaria tra gli individui <1 parti di esso, e dall’altra quello, forse preva- anno, e invece spostata a favore dei maschi lente, di chi invece vuole nascondere la tra gli adulti (65 % di maschi contro 35% di prova di un reato punibile dalla legge. femmine). Pertanto, l’impatto del bracconaggio potreb- Le uccisioni illegali hanno rappresentato be essere ancora più elevato di quanto complessivamente la maggior parte della riscontrato. mortalità sia per gli adulti sia per i giovani, Confrontando i dati fino al 1998, relativi sebbene in misura quasi doppia negli adulti al periodo precedente l’istituzione delle oasi, (Fig. 6.13). In effetti, analizzando singolar- con quelli successivi fino al presente, si può mente le diverse cause, il fattore di mortalità notare un aumento della mortalità da arma principale per i giovani è risultato essere l’in- da fuoco nel periodo recente e, più in gene- vestimento da auto, mentre per gli adulti le rale, un incremento dell’impatto dei fattori ferite da arma da fuoco. Inoltre, i giovani legati all’uomo dal 56 al 72 %. La classe sono risultati più facilmente vittime del vele- d’età degli individui morti è stata verificata in no. circa il 90% dei casi, dei quali i giovani del- Infine, un altro risultato interessante Fig. 6.11 - Incidenza dei diversi fattori di mortalità del lupo, a confronto tra il periodo 1988-97 e quello dal 1998 ad oggi. (* comprende i casi di bracconaggio di cui non è stato possibile determinare la causa).

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DISTRIBUZIONE E DINAMICA DI POPOLAZIONE DEL LUPO IN PROVINCIA DI AREZZO CLAUDIA CAPITANI

Fig. 6.14 - Distribuzione mensile dei ritrovamenti di lupi morti in provincia d’Arezzo dal 1988 al 2005, ana- lizzata per classi d’età.

Fig. 6.15 - Veduta di Poggio Monterano nell’Alpe della Luna ripresa da Sasso Aguzzo

Fig. 6.13 - Incidenza dei diversi fattori di mortalità nelle classi d’età dei giovani (<1anno) e degli adulti (>1 anno).

riguarda la distribuzione temporale delle d’arma da fuoco, 11 casi su 13, di cui 10 morti (Fig. 6.14). erano individui adulti. La mortalità più elevata è stata riscontra- Per i giovani, invece, in Settembre e ta, infatti, durante i mesi da ottobre a dicem- Novembre si sono concentrati gli eventi di bre, in particolare per gli adulti. In questo investimento, probabilmente legati alla loro periodo, che coincide con la stagione vena- inesperienza nelle prime fasi di vita nomadi- toria, si sono concentrate le morti da ferita ca.

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MASSIMO SCANDURA 7. Lo studio genetico: il contributo del Dna

Massimo Scandura

7.1. Successo di raccolta e di A fronte di 498 campioni analizzati 177 analisi (36%) hanno prodotto genotipi utilizzabili. La bassa resa è largamente dipendente dal Oltre ai lupi ritrovati morti nel territorio fatto che oltre la metà dei campioni era rap- provinciale (o in aree limitrofe) e ad un sin- presentata da materiale fecale, per il quale golo caso di prelievo di sangue effettuato su solo 1 campione su 4 è stato analizzato con un lupo rinvenuto ferito e sottoposto a cure successo, e pressoché un terzo era costituito veterinarie nel settembre 2000, la maggior da peli, per i quali 1 campione su 3 ha pro- parte dei campioni analizzati (93%) erano dotto un genotipo rispondente agli standard rappresentati da materiale biologico attribui- di qualità prefissati. bile al lupo e raccolto durante le attività di Le maggiori percentuali di successo sono campo (campionamento non invasivo, vedi state ottenute per i campioni di migliore qua- capitolo 5). lità, rappresentati da quelli prelevati diretta- La raccolta è stata concentrata nei mesi mente all’animale (sia vivo che morto); tra i invernali ed in particolare durante l’attività di campioni non-invasivi spicca però la validità snow-tracking, per due principali ragioni: 1) dei campioni di sangue ritrovati su neve, alla per il migliore stato di conservazione dei cam- cui modesta percentuale di insuccesso con- pioni, 2) per la quantità di informazioni asso- tribuisce il fatto che alcuni di essi sarebbero ciabili al dato genetico (numero di lupi, rotte poi stati attribuiti a specie non amplificabili di spostamento, ecc.). Lo sforzo di ricerca si è (vedi sotto). L’impiego di questo tipo di cam- concentrato maggiormente nelle principali pioni è stato descritto per la prima volta nel aree protette, Oasi di protezione provinciali e corso di questo studio (Scandura 2005). Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, e I campioni derivanti dalla raccolta non nelle zone ad esse adiacenti (Fig. 7.1). invasiva potevano essere stati erroneamente Sia il DNA ottenuto dalle carcasse (in via attribuiti al lupo ed appartenere invece a di decomposizione), sia quello ottenuto con cani o volpi (soprattutto peli ed escrementi) o la raccolta non invasiva, risultano in alcuni anche a specie preda (sangue su neve). È casi troppo degradati o in quantità insuffi- stata pertanto verificata per via genetica la ciente per poter essere amplificati; pertanto specie di appartenenza. Otto genotipi (9,3%, non tutti i campioni analizzati hanno prodot- di cui 5 ottenuti da escrementi, 2 da peli e 1 to genotipi utilizzabili. Inoltre i genotipi otte- da sangue) sono risultati di cane, 4 (4,6%) nuti sono stati sottoposti ad una procedura invece sono stati attribuiti alla volpe (1 escre- appositamente sviluppata per valutarne la mento e 3 peli). qualità, al termine della quale soltanto quel- Nonostante l’esiguità dei numeri, questo li realmente affidabili sono stati impiegati per risultato offre una preziosa indicazione, e le elaborazioni. Le rese dell’analisi sono cioè che le feci di lupo possono essere più riportate in Tabella 7.1. facilmente confuse con quelle di cane (pro-

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

Tabella 7.1 - I ‘numeri’ delle analisi effettuate a partire dal 1998 su campioni biologici raccolti in provincia di Arezzo e nelle aree limitrofe.

Tipologia di campioni N° campioni N° profili % N° genotipi % genotipi N° lupi analizzati microsatelliti utili successo individuali attribuiti identificati ottenuti al lupo

Lupi morti Muscolo / cute 19 17 89% 17 100% 17 Peli 14 12 86% 12 100% 12 Lupi vivi Sangue (prelievo) 1 1 100% 1 100% 1 Resti ematici su neve 35 24 69% 18 94% 17 Peli 157 54 34% 25 80% 20 Escrementi 272 69 25% 37 84% 31 Totale 498 177 36% 86 86% 74

esemplari morti negli anni precedenti (1991- di più (2-15) campioni (n = 23), altri di un 1997) e dei quali era stato conservato un unico campione (n = 42). Ogni genotipo campione. I restanti 65 genotipi derivano ottenuto è risultato in media dall’analisi di invece dall’analisi dei campioni raccolti tra il 2,4 campioni. In Fig. 7.2 viene rappresentato 1998 ed il 2004. Per 58 individui si è potuti l’andamento del numero di genotipi identifi- risalire al sesso; di essi 32 erano maschi e 26 cati nel corso dello studio in relazione al femmine (1M : 0,8F). numero di campioni analizzati con successo. Ogni campione analizzato poteva essere Il 2002 è stato l’anno in cui sono state rac- attribuito ad un individuo già tipizzato in colti un maggior numero di dati, ma è anche precedenza oppure presentarsi come un l’anno in cui è risultato maggiore il tasso di genotipo nuovo. Di conseguenza, dei geno- ricampionamento. tipi ottenuti, alcuni sono risultati dall’analisi Ogni anno all’incirca 3 individui su 4

Fig. 7.2 - Andamento tem- Fig. 7.1- Distribuzione dei campioni analizzati con successo nel territorio della provincia di Arezzo e nelle aree limi- porale del numero di cam- trofe e raccolti tra il 1991 e il 2005. I quadrati si riferiscono ai campioni ottenuti in modo non invasivo, i triangoli pioni analizzati con successo alle carcasse di lupo ritrovate. e del numero totale di lupi identificati (genotipi diver- si). babilmente a causa delle dimensioni), men- sarebbe gocciolato il sangue rinvenuto. tre i peli possono esserlo con quelli di volpe. L’analisi di 10 regioni microsatelliti del DNA Tra i campioni di sangue su neve, quattro ha prodotto un profilo (genotipo multilocus) (11%) sono stati attribuiti ad ungulati (3 cin- che è risultato unico per ogni lupo nella ghiali e 1 capriolo). popolazione. In questi casi, è facile immaginare che il Complessivamente i lupi identificati lupo, che aveva prodotto la pista d’impronte geneticamente dall’inizio del progetto sono seguita, trasportasse bocconi di prede, da cui stati 74. Di essi, 9 sono risultati dall’analisi di

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

(a) (b)

erano di nuova identificazione, cioè non cati sono risultati presenti per un minimo di pionati in altre occasioni, e di questi solo 14 ricampionabili, circa la metà (49%) dei lupi erano risultati dalle analisi degli anni prece- 1 fino ad un massimo di 6 anni consecutivi in anni successivi a quello del primo cam- sono stati ricampionati in almeno un’altra denti. Nelle Figure 7.3a, 7.3b, e 7.3c sono (vale a dire l’intera durata del progetto). pionamento. occasione, ma solo il 30% dei lupi lo è stato riportati tutti i genotipi rilevati dal 1998, con Soltanto 23 individui, una volta identifi- Questo equivale a dire che, escludendo i in anni successivi. la loro ricorrenza nel tempo. I lupi identifi- cati per la prima volta, sono stati poi ricam- soggetti rinvenuti morti, ovviamente non In Fig. 7.4 è riportata anno per anno (da

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

(c)

Fig. 7.3 a-c - Lupi identificati geneticamente e monitorati in provincia di Arezzo nel periodo 1998-2004. N - numero di campioni attribuiti al genotipo in questione; la linea continua indica la presenza del genotipo in quel- l’anno; il tratteggio indica la presunta presenza del genotipo essendo esso presente sia negli anni precedenti che successivi; i numeri sovrastanti le linee di presenza indicano il numero di campioni che hanno prodotto quel genotipo in un dato mese dell’anno. Le aree considerate sono: Pratomagno (PM), Alpe di Catenaia (AC), Alpe del- la Luna (LU),Valle Santa (VS), Alto Tevere (AT), Parco Nazionale Foreste Casentinesi (PN), Calcione (CA) e Lignano (LG). A queste si aggiunge una porzione di Appennino Umbro (UM) a ridosso del confine provinciale, dove è stato rinvenuto un lupo morto. Fig. 7.4 - Distribuzione spaziale dei lupi identificati dal 1998 al 2004 in provincia di Arezzo. Per ciascun individuo è riportato il sesso, se diagnosticato, e un numero che si riferisce ai codici in Fig. 7.3.

maggio 1998 ad aprile 2004) la distribuzio- Fig. 7.5 - Differenzia- gosità osservata (H ) pari a 0,608 ed un ne spaziale dei lupi identificati genetica- O mento genetico tra valore atteso (H ) pari a 0,643. Questi due mente. E popolazioni di lupo, valori sono stati confrontati con quelli otte- messo in evidenza attra- nuti per altre popolazioni di diverse aree verso l’Analisi Fattoriale 7.2. Variabilità e relazioni con geografiche (Tab. 7.2), ed è risultato che la delle Corrispondenze provincia di Arezzo si colloca come valori (AFC). AR - prov. di altre popolazioni tra l’Abruzzo, che rappresenta un’area di Arezzo, VC - Val di presenza storica della specie in Italia, e le Cecina (Prov. di Pisa), Come anticipato nel capitolo 5, per valu- aree alpine di recente colonizzazione (pro- MS - prov. di Massa tare lo stato di salute di una popolazione da vincia di Torino e Francia). Si tratta in defini- Carrara, AB - Abruzzo, un punto di vista genetico, si usa calcolare il tiva di valori che possono essere considerati TO - prov. di Torino, FR grado di diversità riscontrato tra gli individui medi per la specie, le cui popolazioni, pur - Francia, CA - Canada, della popolazione. Il parametro che esprime subendo colli di bottiglia o trovandosi in SL - Slovacchia, SP - questa variabilità è la cosiddetta eterozigosi- condizioni di isolamento geografico, non Spagna. tà (cioè la proporzione di individui eterozi- risultano spesso soggette ad impoverimento goti nelle regioni di DNA analizzate). Per la genetico. popolazione di lupi della provincia di Sulla base delle frequenze alleliche è Arezzo è stato calcolato un valore di eterozi- stato possibile valutare quanto la popolazio-

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

Tab. 7.2 - Variabilità genetica riscontrata nella popolazione di lupi della provincia di Arezzo ed in altre popola- zioni analizzate. N - numero di campioni analizzati, HE - eterozigosità media attesa, HO - eterozigosità media osservata, k - numero medio di alleli per locus.

Area N Loci HE HO k Arezzo - AR 74 10 0.643 0.608 6.0 Val di Cecina - VC 6 10 0.603 0.757 3.0 Abruzzo - AB 25 6 0.680 0.698 4.8 Torino - TO 14 10 0.476 0.579 2.6 Francia - FR 4 10 0.562 0.617 2.5 Spagna - SP 10 6 0.733 0.687 4.8 Slovacchia - SL 3 6 0.522 0.389 2.3 Canada - CA 8 6 0.564 0.563 3.5

ne aretina risultasse differenziata rispetto alle geneticamente da quelli italiani, come con- altre popolazioni di lupo che si trovano in seguenza del prolungato isolamento geogra- Italia, Europa e Nord America. fico e genetico della popolazione italiana La Figura 7.5 mostra come le popolazio- (Lucchini et al. 2004). ni italiana e francese risultino molto simili I lupi della provincia di Arezzo risultano geneticamente, essendosi quest’ultima costi- quindi conformi al resto della popolazione tuita a partire dal 1992 per immigrazione italiana, pur differendo leggermente da quel- naturale di lupi dal territorio italiano li dell’Abruzzo, regione considerata una (Scandura et al. 2001, Valiére et al. 2003). I ‘roccaforte’ del lupo italiano. lupi canadesi, centro-europei (slovacchi) e spagnoli risultano totalmente differenziati

7.3. Strutturazione geografica Fig. 7.6 - Albero costruito col metodo del neighbour- joining usando un indice di distanza genetica basato Dato che i lupi, per la loro struttura sulla proporzione di alleli condivisi. I valori numerici sociale (branchi) e per le caratteristiche del esprimono il supporto statistico del raggruppamento territorio, non sono distribuiti omogenea- alla loro destra. Le aree considerate sono: Pratomagno mente nello spazio (vedi capitolo 6), esiste (PM), Alpe di Catenaia (AC), Alpe della Luna - Alto nella popolazione un certo grado di differen- Tevere (LU-AT),Valle Santa - Alto Tevere (VS-AT), ziamento genetico, dovuto alla distribuzione Parco Nazionale Foreste Casentinesi (PN), Calcione non casuale dei geni. Da un’analisi delle (CA) e Lignano (LG). distanze genetiche tra i lupi campionati in Fig. 7.7 - Aree geografiche individuate dall’analisi genetica. All’interno di ciascuna di esse i lupi presentavano carat- diverse aree della provincia, è stata messa in teristiche genetiche simili. evidenza l’esistenza di alcuni raggruppa- menti, tra loro piuttosto differenziati (Figure 7.6 e 7.7). Come si osserva nell’albero delle distan- stato possibile individuare cinque compren- stabile più a nord sono tali da indurre a rite- ze genetiche, i nuclei di lupo presenti in Alpe sori all’interno della provincia di Arezzo, nere che essi derivino almeno in parte dal- di Catenaia, in Valle Santa e nell’Alto Tevere all’interno dei quali i lupi appaiono condivi- l’immigrazione di individui provenienti da (versante orografico destro) costituiscono il dere un pool genico comune (Fig. 7.7). aree esterne al territorio provinciale (provin- raggruppamento più uniforme dal punto di Le differenze riscontrate tra i lupi cam- cie di Siena e Perugia), come indicato dalle vista genetico. In virtù di questi risultati è pionati nel 2003-2004 nelle aree del frecce rosse in Fig. 7.7. Calcione e di Lignano e le aree di presenza

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

Fig. 7.9 - Individui caratterizzati genetica- mente in Alpe di Catenaia tra il 2000 e il 2005. Sono evidenziate le possibili relazioni di parentela tra i lupi pre- senti.

mento (vd. capitolo 9). In particolare l’attivi- in questo modo le informazioni raccolte e tà di snow-tracking si è rivelata una preziosa dalla stima del grado di parentela tra gli indi- fonte di informazioni, da incrociare poi con vidui tipizzati, è stato possibile risalire alla il dato genetico. Infatti, la stima del numero probabile composizione del branco dal 2000 di individui rilevati lungo una pista su neve è in poi (Fig. 7.9) stata combinata con i genotipi risultanti dal- In Fig. 7.10 viene ricostruita sulla base l’analisi dei campioni raccolti lungo la stessa dei dati disponibili la probabile genealogia Fig. 7.8 - Lupi rilevati lungo 6 piste su neve nell’inverno 2002-03 in Alpe di Catenaia. Il numero di individui rap- pista. Ciò ha consentito di ottenere informa- all’interno del branco avente il suo territorio presentati nei riquadri è quello stimato dalle impronte. Dall’analisi dei campioni ritrovati lungo le piste, alcuni indi- zioni sull’associazione di individui noti nell’Alpe di Catenaia. Il maschio W11, la cui vidui sono stati identificati (contrassegnati con il relativo codice numerico). I cerchi vuoti indicano gli individui rite- durante una stagione invernale. Un esempio presenza è stata rilevata ininterrottamente nuti presenti (stima dalle impronte), ma non campionati. di quanto detto è mostrato in Figura 7.8. dal 1998 al settembre 2003, rappresenta con Durante una stagione invernale (2002-03), ogni probabilità il maschio dominante che si 7.4. Struttura di un branco lupo). I limiti legati alla raccolta e all’analisi gli individui identificati lungo sei diverse sarebbe accoppiato nel 2001 con la femmi- di campioni provenienti da un’area così piste su neve erano raggruppati in modo tale na W38, alla quale non risultava strettamen- Il monitoraggio estensivo all’interno della vasta ha però impedito di conoscere in det- da permettere di risalire alla verosimile com- te imparentato. popolazione aretina ha fornito informazioni taglio la struttura dei singoli branchi. Questo posizione del branco (almeno 5 individui di Trova conferma quindi l’opinione comu- sulle relazioni genetiche che intercorrono su è stato invece possibile per l’area intensiva di cui 4 identificati: W38, W45, W46 e W50). ne, ma raramente dimostrata, secondo la una scala geografica più ampia (sebbene studio dell’Alpe di Catenaia, dove si è con- Alla luce di quanto ottenuto combinando quale i branchi sarebbero costituiti da coppie piuttosto limitata per una specie come il centrato un maggiore sforzo di campiona-

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

Fig. 7.10 - Rico- 7.5. Territorialità e dispersione dente capitolo. struzione ipotetica Si rilevano quindi due tendenze all’inter- delle relazioni I risultati dell’analisi genetica forniscono no della popolazione: individui che scom- parentali all’interno anche alcune indicazioni sul comportamen- paiono poco tempo dopo il loro primo cam- del branco dell’Alpe to spaziale dei lupi all’interno della popola- pionamento e individui che persistono nel di Catenaia, per zione. Il basso tasso di ricampionamento e la tempo ma che si mantengono confinati quanto concerne gli limitata persistenza nel tempo dei genotipi all’interno di aree di modesta estensione. individui tipizzati rilevati lasciano immaginare una situazione Questa rappresentazione è compatibile geneticamente. I in cui, al di fuori della coppia riproduttiva, con un’ipotesi che vedrebbe la popolazione dati relativi al 2004 gli altri individui restino per poco tempo residente nella fascia montana della provin- sono parziali. all’interno del branco natale. cia come vicina alla saturazione. In essa i Ciò che si osserva inoltre sovrapponendo branchi avrebbero territori stabili ed alti tassi le localizzazioni dei singoli individui cam- di riproduzione, grazie anche ad un ridotto pionati è una sorprendente costanza spazia- ricambio dei riproduttori. I branchi, di le dei lupi, che anche a distanza di un anno dimensioni limitate rispetto ad altre aree di venivano ritrovati nelle medesime aree del- presenza della specie, sarebbero per lo più l’anno precedente (Fig. 7.11). Questa fedeltà formati dalla coppia riproduttiva e dai giova- al territorio è associabile a quella ai siti di ni nati. rendez-vous evidenziata nel corso del prece- Questi tenderebbero a lasciare molto

Fig. 7.11 – Costanza nella localizzazione dei lupi identificati geneticamente. Ogni colore rappresenta le diverse loca- lizzazioni di uno stesso individuo ottenute mediante tipizzazione dei campioni raccolti in modo non invasivo.

di individui non legati da vincoli di parente- W11, è stata rilevata per via genetica nel ter- la (Smith et al. 1997). ritorio del branco la presenza di un maschio Alcuni dei campioni attribuiti alla femmi- (W58) campionato l’inverno precedente in na W38, raccolti nel febbraio 2002, erano Alpe della Luna. Nello stesso inverno è risul- rappresentati da perdite ematiche rinvenute tata ancora una volta presente la femmina lungo una pista su neve. Si potrebbe trattare W38, insieme alle due femmine W60 e W66. quindi di perdite legate allo stato di estro del- Il ritrovamento nel febbraio 2005 del cuccio- l’individuo che poi si sarebbe riprodotto. La lo W74 ucciso (ancora una volta da una fuci- coppia W11-W38 si sarebbe riprodotta per lata!) all’interno del territorio del branco, ha almeno tre anni consecutivi (2001, 2002 e consentito di verificare che l’ultima coppia a 2003), generando 8 degli individui campio- riprodursi non era più stata quella composta nati, uno dei quali (W48) è stato fatto rinve- da W11 e W38, ma che con ogni probabilità nire morto (la causa di morte era una fucila- il maschio W58 era subentrato a W11. ta!) lungo la strada provinciale nei pressi di Questa ipotesi trova conferma nei successivi Anghiari nel dicembre 2002. campionamenti del maschio W58 all’interno Nell’inverno 2003-04, qualche mese dell’area protetta nel febbraio e nel novem- dopo l’ultimo campionamento del maschio bre 2004.

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LO STUDIO GENETICO: IL CONTRIBUTO DEL DNA MASSIMO SCANDURA

presto il branco (tra il primo e il secondo anche pochi chilometri (Figure 7.6 e 7.7). anno di vita) e, non trovando nell’area terri- Ulteriore supporto all’interpretazione tori disponibili in cui stabilirsi, si spingereb- sopra riportata è dato dal limitato numero di bero lontano, fuori dall’area di indagine. casi in cui un individuo sia stato campionato Durante i loro movimenti esplorativi fina- in aree diverse della provincia di Arezzo. In lizzati alla dispersione e alla creazione di un un caso il maschio W11, probabilmente proprio nucleo familiare, i giovani lupi si prima di divenire il maschio dominante, è esporrebbero a maggiori rischi, cadendo stato rilevato più a nord nel territorio del spesso vittime dell’impatto con veicoli o con branco della Valle Santa. le pallottole dei cacciatori. Ne è prova il fatto Questo spostamento è stato però inter- che la maggior parte dei lupi ritrovati morti pretato come una temporanea incursione, nell’area di studio sono esemplari inferiori a essendo stato rilevato sia prima che dopo 2 anni di età. esclusivamente nel territorio dell’Alpe di Questo scenario, ancora in larga parte da Catenaia. Il secondo caso, già menzionato dimostrare, avrebbe dal punto di vista genetico sopra, è quello del maschio W58, campiona- come conseguenza un ridotto scambio di geni to in Alpe della Luna nel febbraio 2003 e poi, tra i branchi residenti nell’area di studio e dal gennaio 2004, nell’Alpe di Catenaia (Fig. quindi il locale differenziamento osservato tra 7.12), dove, come detto, potrebbe aver rim- i lupi presenti in aree geografiche distanti piazzato il maschio dominante.

Fig. 7.12 - Spostamento dell’individuo W58, avvenuto tra gli inverni 2002-2003 e 2003-2004. Fig. 7.13 - Riprese di un branco di lupi (per gentile concessione di Roberto Zaffi e Luciano Piazza)

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PAOLO LAMBERTI, MARCO ALBONI 8. Rapporto preda-predatore: il sistema dell’Alpe di Catenaia

Paolo Lamberti, Marco Alboni

8.1. Introduzione Questa relazione non è univoca, infatti è la densità stessa delle prede uno dei fattori Il lupo, come tutti i predatori di grandi più importanti nel determinare il numero di dimensioni (almeno in rapporto alla zooce- lupi presenti in una data zona. nosi occupata), appartiene al livello più ele- La valutazione dell’impatto della preda- vato nella piramide alimentare. L’interazione zione del lupo sulle popolazioni di ungulati tra i predatori e le loro prede è da conside- selvatici è molto importante in quanto con- rarsi come un sistema aperto, cioè variabile tribuisce, una volta stimate tutte le cause di nel tempo e soggetto a numerose influenze. mortalità a carico degli ungulati, ad una In diversi studi, condotti in Nord migliore gestione della fauna. America, è emerso che i lupi possono eserci- In Alpe di Catenaia è stato indagato non tare in alcuni casi la funzione di regolare e/o solo l’impatto del lupo sulle prede, ma anche limitare le popolazioni delle loro prede l’influenza che le attività antropiche, come (Peterson et al. 1998, White e Garrot 2005). ad esempio la caccia, esercitano su questo La maggior parte degli autori (Sinclair 1989, complesso sistema. Messier 1991) indica con il termine “regola- re” la capacità di mantenere la popolazione preda ad una bassa densità (questo si verifica quando la predazione percentuale aumenta con l’aumentare della densità della popola-8.2. Dinamica del lupo in Alpe di zione preda); il termine “limitare” indicaCatenaia l’abbassamento del tasso di crescita della popolazione preda, ed avviene quando la Uno studio intensivo sulla dinamica di predazione intesa come fattore di mortalità èpopolazione del lupo in Alpe di Catenaia è di tipo densità-indipendente (ovvero la pre-stato condotto tra l’estate del 2000 e l’esta- dazione percentuale non aumenta con l’au-te del 2004. Durante questo periodo, un mentare della densità della popolazione pre-branco di lupi è risultato stabilmente pre- da, ma diminuisce). sente nell’area. Il numero minimo di com- In Europa le informazioni ottenute aponenti del branco è stato determinato riguardo sono ancora scarse, solo in Poloniaintegrando tre diverse tecniche di indagine: sono state eseguite ricerche che hanno evi-il wolf-howling, lo snow-tracking e l’anali- denziato in alcuni casi che il lupo non influi-si molecolare di campioni biologici (le tec- sce realmente sulle popolazioni di ungulatiniche sono illustrate in dettaglio nel cap. selvatici (Glowacinski e Profus 1997), in altri5). sembra invece limitare ma non regolare le Sono state effettuate circa 60 sessioni di popolazioni delle loro prede (Jedrzejewski etattività di wolf-howling per un totale di 700 al. 2002). emissioni dalle quali state ottenute 80 risposte. Attraverso questa tecnica è stato possibile verificare che il branco si è ripro-

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RAPPORTO PREDA-PREDATORE: IL SISTEMA DELL’ALPE DI CATENAIA PAOLO LAMBERTI, MARCO ALBONI

(Capreolus capreolus) ed il cinghiale (Sus lupo sulla stessa area si è stabilizzata. scrofa). Questi sono i due ungulati più consi- Volendo generalizzare, questa situazione stenti e maggiormente diffusi su tutto il terri- potrebbe quindi essere “rappresentativa” di torio della Provincia di Arezzo (vedi Cap. 3), tutto il contesto preda-predatore ed in generale sono le due specie di ungula- nell’Appennino centro-settentrionale. ti selvatici che presentano l’areale di distri- I censimenti sono stati eseguiti attraverso buzione più ampio in tutta la Toscana ed in il metodo della battuta campione sia all’in- tutta la penisola italiana. Entrambe le specie terno dell’Oasi di protezione faunistica, che hanno visto aumentare la loro consistenza e si estende per 27 kmq, sia nell’area limitrofa l’areale di distribuzione sul territorio della a questa, equivalente a 143 kmq di area non Provincia di Arezzo negli ultimi anni. protetta e quindi sottoposta ad attività vena- In particolare, durante il periodo 2000- toria. 2004, sono stati effettuati censimenti annua- Le attività di censimento, svolte nel li delle due popolazioni di ungulati selvatici periodo primaverile (dal 25 Aprile al 30 nell’area di studio per stimare la loro consi- Maggio), sono state organizzate dalla stenza. I valori di densità sono risultati piut- Provincia di Arezzo in collaborazione con tosto elevati per entrambe le popolazioni; l’U.R.C.A. Provinciale di Arezzo ed il perso- nello stesso periodo anche la presenza del nale dell’Università di Sassari.

Fig. 8.1 - Andamento stagionale del n° di lupi presente nell’Oasi in Alpe di Catenaia Fig. 8.2 - Il capriolo ed il cinghiale sono le due specie di ungulati presenti nell’Alpe di Catenaia. dotto tutti gli anni, generando sempre un l’inverno 2000-01 ad un massimo di 6 nel- minimo di 2 cuccioli ad eccezione dell’e- l’inverno 2002-03. state 2002 in cui questi sono risultati esse- Le analisi genetiche su campioni biolo- re certamente 3 (vedi Fig. 8.1). gici quali, escrementi, peli e resti ematici di Utilizzando la tecnica dello snow-trac- lupo su neve, sembrano confermare e king durante il periodo invernale sono sta- avvalorare i dati riscontrati mediante le te rilevate 66 piste d’impronte su neve, che altre tecniche (vedi Tab. 8.1). hanno consentito la tracciatura totale di 180 km di piste. I dati integrati tra le diverse tecniche hanno evidenziato delle fluttuazioni demo-8.3. Ungulati selvatici: densità e grafiche del branco nel corso degli anni estruttura di popolazione delle stagioni. Infatti, il numero stimato di individui è variato da un minimo di 2 nel- In Alpe di Catenaia sono presenti due specie di ungulati selvatici: il capriolo

Tabella 8.1 - Numero di individui rilevati in Alpe di Catenaia mediante le diverse tecniche di indagine.

Metodo 2000-01 2001-02 2002-03 2003-04 2004

Wolf-Howling 3 4 4 4 3 Snow-Tracking 2 5 6 5 / Analisi Genetica 3 4 5 4 / N° individui morti / / 1 / /

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Fig. 8.3 - Area di stu- Tabella 8.2 - Densità (n°capi/100ha di bosco) del capriolo e del cinghiale nell’area di studio Alpe di Catenaia dio Alpe di Catenaia. Area Colorata: Oasi di Anno Densità capriolo Densità cinghiale Protezione Faunistica, area protetta area cacciabile area protetta area cacciabile Aree bordate di blu: 2000 23.9 28.9 26.3 8.4 sottozone di caccia al 2001 15.8 37.3 0 13.8 capriolo 2002 11 40.3 11.6 9.6 2003 12.9 44.6 31.9 30.1 2004 9.8 39.7 10.7 3.4 MEDIA 14.7 38.2 16.1 13.1 MEDIA TOTALE 25.5 10.1

densità ricavato dai censimenti è riferibile una rilevante differenza tra quella ottenuta unicamente alla superficie di bosco, la quale all’interno dell’area protetta e quella sottopo- costituisce circa il 75% dell’area. La media sta ad attività venatoria. Tale fenomeno trova totale indicata nell’ultima riga della Tabella 2 una spiegazione se si considera che, nel indica il valore della densità calcolata per periodo in cui si sono svolti i censimenti (pri- tutta l’area di studio, considerando quindi mavera), non si svolge attività venatoria ed i l’area protetta, l’area cacciabile e l’area non caprioli si distribuiscono in maniera più boscata “omogenea” sul territorio (periodo dei parti Nel corso degli anni sono state utilizzate per le femmine, territorialismo per i maschi) in totale 22 area di battuta, di cui 5 all’inter- ed in maniera “proporzionale” alla produtti- no dell’area protetta e 17 in quella sottopo- vità trofica dell’habitat. Infatti, l’Oasi di sta ad attività venatoria, per complessivi 670 Protezione Alpe di Catenaia è situata ad una ha di superficie censita. Il numero delle aree altitudine maggiore (700-1400 m s.l.m.) ed è campione è variato nel corso degli anni tra caratterizzata prevalentemente da bosco ad 17 e 21. alto fusto di cerro e faggio (meno produttivo), I valori riferiti al capriolo sono da consi- mentre l’area esterna ad essa, è caratterizza- derarsi affidabili, infatti, per le sue caratteri- ta da altitudini minori (400-800 m s.l.m.) ed stiche biologiche, il capriolo rappresenta l’u- il bosco è composto principalmente da nica specie di ungulato che ben si presta al ceduo di cerro e castagno (più produttivo). censimento in battuta; mentre per una specie Il dato relativo al cinghiale deve essere gregaria, quale il cinghiale, questo tipo di considerato meno accurato ed anzi bisogna censimento può offrire valori solo indicativi. considerare come la struttura sociale del cin- Le modalità di esecuzione sono quelle dai battitori, fuoriescono dall’area. Infatti, si può notare come i valori nel corso ghiale, che porta questa specie a costituire comunemente impiegate in questo tipo di Vengono contati e registrati anche i capi degli anni siano risultati molto variabili. grossi gruppi, risulti senza dubbio problema- operazioni: coloro che prendono parte alla che attraversano e rompono il fronte di bat- Relativamente alla stima di densità media tica per l’uso di un tipo di censimento a cam- battuta (battitori) si dispongono ordinata- tuta. Al fine di evitare doppi conteggi ciascun complessiva del capriolo, è stata osservata pione, per il quale la distribuzione ideale mente lungo il perimetro dell’area da censi- partecipante riporta su apposita scheda sol- re, distanziandosi uniformemente e forman- tanto i capi in uscita sul lato destro. do una sorta di poligono. Successivamente I valori di densità (n° capi / superficie coloro che occupano un lato di tale poligo- censita x 100 ha) sono stati calcolati annual- no si muovono verso l’estremità opposta del- mente sia all’interno dell’area protetta (non Tabella 8.3 - Numero di caprioli e cinghiali osservati durante i transetti l’area, mantenendo una disposizione il più cacciabile), che all’esterno (cacciabile) per possibile rettilinea; gli occupanti i rimanenti entrambe le specie. La stima della densità Giu 01-Mag 02 Giu 02-Mag 03 Giu 03-Mag 04 Giu 04-Dic 04 lati (poste) conservano invece la loro posi- degli ungulati selvatici nell’intera area è sta- Caprioli osservati 421 483 160 104 zione e rilevano gli animali che, disturbati ta ottenuta considerando che il valore di Cinghiali osservati 500 336 166 88

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Tabella 8.4 - Numero di cinghiali abbattuti durante la stagione venatoria Fig. 8.4. - Struttura di popola- Stagione venatoria 2002-03 2003-04 2004-05 zione del cinghiale derivata da Cinghiali abbattuti 581 859 300 abbattimenti tra Settembre e Gennaio, e del capriolo deriva- ta da osservazioni su transetti dovrebbe essere quella uniforme e non quel- Cinghiale tra Settembre e Marzo. la aggregata. Peraltro l’adozione di questo verro: maschio di età superiore a 2 anni metodo risulta un compromesso praticabile e scrofa: femmina di età superiore a 2 anni compatibile con le possibilità operative attua- sub-adulti: maschi e femmine di età com- li ed il tipo di contesto nel quale si opera. presa tra 1 e 2 anni È interessante notare come in tutti gli piccoli (Juv): maschi e femmine di età anni, tranne uno, le densità all’interno inferiore a 12 mesi dell’Oasi risultino superiori a quelle esterne, Per entrambe le specie è stata considera- dato che può essere messo in rapporto all’in- ta anche la classe degli indeterminati qualo- tensa pressione venatoria esercitata su questa ra non fossero discriminati il sesso e l’età. specie. La struttura di popolazione di entrambe le specie è stata valutata utilizzando osserva- zioni dirette ottenute attraverso percorsi8.4. Fattori di mortalità degli campione. Da giugno 2001 a maggio 2003 sono stati svolti mensilmente undici transettiungulati all’alba, per una lunghezza totale di 37 km. Da giugno 2003 a dicembre 2004 i transetti Il radio-tracking su caprioli e cinghiali, è sono stati svolti con cadenza bimestrale.stato molto importante sia per valutare la dis- Durante i transetti sono stati osservati e rico-tribuzione spaziale delle prede nei diversi nosciuti la classe di sesso ed età degli indivi-periodi dell’anno, sia per stimare l’incidenza dui o dei gruppi di individui contattati. delle diverse cause di morte degli animali La struttura di popolazione del cinghialemuniti di trasmittente. È stato possibile cal- è stata inoltre valutata attraverso l’analisi dicolare la percentuale di animali morti un campione di cinghiali abbattuti, all’inter-annualmente sul totale del campione studia- no dell’area di studio, da sei squadre di cac-to (Fig. 8.5 e Fig. 8.7) e l’incidenza delle cia al cinghiale: Chitignano-Bobi1, Poggiodiverse cause di morte (Fig. 8.6 e Fig. 8.8). Fig. 8.5. Mortalità dei caprioli d’Acona-Pipistrello, Calbenzano-Vogogna- Le cause di mortalità degli ungulati sel- radio-collarati no, Sommopiano, O.P.N., Catenaia. Di ognivatici rappresentano un aspetto molto impor- individuo sono stati rilevati il sesso, il pesotante nell’indagine del sistema preda-preda- e stimata l’età attraverso l’analisi della den-tore. Sono stati confrontati i valori di morta- tatura. lità riscontrati tra gli animali radio-collarati Sono state utilizzate le seguenti classi: di entrambe le specie e utilizzati come pos- Capriolo sibile campione rappresentativo. maschio adulto: età superiore a 2 anni Sono stati presi in esame i seguenti fatto- maschio giovane: età tra 1 e 2 anni ri di mortalità: femmina adulta: età superiore a 1 anno piccoli (Juv): maschi e femmine di età inferiore a 1 anno ● predazione o consumo da parte del lupo, dedotti dal ritrovamento di carcasse nelle quali erano presenti segni di attività pre- datoria (dimensioni e tipologie delle morsica- % 17 15 10 MEDIA=14% ture, tracce d’impronte su neve che compro-

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Fig. 8.6. Incidenza percentuale Fig. 8.8. Incidenza delle diverse cause di mortalità nel percentuale delle campione di caprioli radio-collarati diverse cause di (tenendo conto della caccia di sele- mortalità nel cam- zione) pione di cinghiali radio-marcati

vavano la modalità di tale esecuzione etc..); segnalati ogni volta che si presentavano di ● caccia; va notato che, mentre nel caso fronte ad un cacciatore di selezione in azio- del cinghiale gli accordi presi con i cacciato- ne di caccia, consentendo quindi di calcola- Fig.8. 9. Esempio di predazione di lupo su soggetto di cingiale ri delle squadre che operano nell’area di stu- re l’impatto virtuale della caccia legale sulla dio comprendeva l’abbattimento dei capi specie. dotati di trasmittenti e la loro segnalazione e ● bracconaggio; riconsegna, quelli relativi alla caccia di sele- ● cause naturali (malattia, deperimento); zione al capriolo comprendevano il rispetto ● dei capi dotati di collare che pero’ venivano incidente stradale; ● ignota (quando la causa di morte non

Fig. 8.7. Mortalità dei cin- ghiali radio-marcati

% 27 56 51 MEDIA=45%

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era chiaramente riconducibile ad una delle siderati singolarmente, incidono in misura tra- Fig. 8.11. Impatto categorie sopra citate). scurabile: la predazione del lupo solo il 2%, dell’attività venato- Per il capriolo si è riscontrata una morta- mentre la morte per cause naturali 3%, que- ria sulle popolazio- lità media annuale del 14% (Fig. 8.5), a cui st’ultima è stata riscontrata soprattutto sui gio- ni di capriolo e cin- va aggiunta una mortalità media annua del vani durante l’inverno del 2003-04 (Fig. 8.8). ghiale nell’area di 7% riconducibile alla caccia di selezione, studio Media ± ES che è programmata in termini di capi da abbattere. In questo modo si ottiene un valo-8.5. Impatto del lupo sulle specie 940 ± 146 re medio annuale del 21%. Le cause più fre- quenti di mortalità sono state la caccia dipreda selezione (7%) ed il bracconaggio (7%). La predazione del lupo non incide in maniera Sulla base delle informazioni ottenute rilevante sulla popolazione (4%), ed anche sullai dimensione del branco e sulla disponi- rimanenti fattori hanno evidenziato una scar-bilità delle due specie preda principali, sa influenza (Fig. 8.6). capriolo e cinghiale, è stato valutato l’impat- La mortalità media annuale del cinghiale,to del lupo sulla popolazione di ungulati sel- considerando tre anni di dati, è risultata delvatici. La valutazione del numero di capi venatorio Prelievo 45% (Fig. 8.7). Il principale fattore di morta-predati annualmente da parte del branco è lità è stata l’attività venatoria (25%), seguitastata effettuata attraverso un semplice dal bracconaggio (13%); gli altri fattori, se con-approccio matematico: sono stati utilizzati la formula sul consumo giornaliero per un sin- Media ± ES 165 ± 14

Fig.8. 10. Impatto del lupo sulle popolazioni di Media ± ES capriolo e cinghiale golo lupo derivata dalla formula di Nagy Questi risultati suggeriscono che l’impatto nell’area di studio (1987), che mette in correlazione il peso cor- del lupo in Alpe di Catenaia sulle popolazio- 103 ± 9.3 poreo del predatore con il suo fabbisogno ni delle due specie di ungulati è relativa- energetico giornaliero (FMR2 (kJ/d) = 2.58 mente modesto, tale cioè da non condizio- W 0.862, dove W rappresenta il peso corporeo nare sensibilmente la dimensione della espresso in g.) ed il modello di biomassa di popolazione di capriolo e cinghiale; l’azione Ciucci et al. (2001) che considera il rapporto del predatore non è quindi sufficiente a tra resti indigesti e la biomassa ingerita delle garantire la regolazione delle popolazioni di diverse specie preda (Y = 0,011X + 0,274, ungulati selvatici in un tipico ambiente del- dove: X = peso medio della preda; Y = Kg. di l’Appennino centro-settentrionale. N° caìo cp,siùato biomassa ingerita per escremento raccolto). Un aspetto che merita attenzione è il Tuttavia questi risultati devono essere confronto tra l’impatto esercitato dal branco considerati approssimativi in quanto è molto di lupi e quello dell’attività venatoria sulla difficile stimare il ruolo di predatori opportu- popolazione di cinghiali. In particolare, l’im- Media ± ES nisti quali i lupi all’interno di biocenosi com- patto di quest’ultima è risultato circa 9 volte plesse (Fuller 1989b, Okarma 1992, superiore a quello del predatore naturale 85 ± 13.6 Glovacinski e Profus 1997). (vedi Fig. 8.11). Questo dato dovrebbe ridi- È emerso che il branco di lupi preleva mensionare, nella pubblica opinione, la per- mediamente ogni anno circa 103 capi di cin- cezione del lupo come “specie antagonista” ghiale e 85 di capriolo (vedi Fig. 8.10). all’attività venatoria.

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CLAUDIA CAPITANI 9. Ecologia trofica

Claudia Capitani

9.1. La dieta del lupo in nel caso delle Foreste Casentinesi, a due-tre, Provincia d’Arezzo come nel caso della Valtiberina. Esaminando un totale di 4848 campioni, La valutazione della dieta del lupo in si è osservato che gli ungulati selvatici rap- Provincia d’Arezzo è stata condotta median- presentano la componente principale della te l’analisi degli escrementi raccolti in sette dieta del predatore nella provincia (Figura aree della provincia stessa. Poiché non è 9.1) con un valore medio pari a circa il 91% stato possibile tracciare i confini netti del ter- del Volume Medio % (VMP), ed un range ritorio di ogni branco, queste aree rappresen- compreso tra l’86% e il 96% del VMP. Il tano delle unità di analisi, omogenee per bestiame domestico, invece, costituito collocazione geografica e caratteristiche soprattutto da pecore, ha rappresentato ecologiche, che possono corrispondere al mediamente solo il 4,2% del VMP. Questo territorio di diversi branchi, da uno, come risultato è coerente con quanto osservato in altri studi sulla tendenza da parte del lupo a

Fig. 9.1 - Uso di ungulati selvatici e domestici in set- te unità di analisi di lupo della provincia d’Arezzo. Le sigle indicano (da sini- stra a destra) le Foreste Casentinesi (FC), l’Alto Mugello (SAF), la Valle- santa (VS), il Pratomagno (PM), la Valtiberina (VT), l’Alpe di Catenaia (AC)e il M. Lignano (LI).

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ECOLOGIA TROFICA CLAUDIA CAPITANI

Fig. 9.2 - Utilizzo relati- nell’uso delle diverse specie di ungulati sel- che i cervidi rappresentano circa il 62% del vo delle diverse specie vatici. Questo dato rispecchia la capacità VMP contro il 24 % del cinghiale. tra gli ungulati selvatici. plastica del lupo di adeguarsi a situazioni Nell’area di Lignano, invece, la preda In rosso sono evidenzia- ambientali differenti ed è particolarmente principale è risultata il daino, con un propor- te le unità di analisi (Le interessante se si considera la dimensione zione d’uso poco superiore al cinghiale e al sigle delle aree come relativamente piccola dell’intera area di stu- muflone, mentre è stato registrato un bassis- nella figura precedente). dio. simo utilizzo del capriolo (in accordo con la Tra gli ungulati selvatici, la preda princi- bassa densità della specie nell’area), pale nella maggior parte dei casi è risultata il cinghiale, mentre di solito il capriolo rappre- senta la specie secondaria (Figura 9.2). Nelle aree con maggiore utilizzo del cin-9.2. Uso e selezione delle prede ghiale, comunque, si passa da situazioni inin una comunità multi-specifici- cui la dieta è rappresentata quasi esclusiva-ca: il caso delle Foreste mente da questa componente, come inCasentinesi Pratomagno (79,2 % del VMP, Capitani et al., 2004), ad altre in cui invece la specie rap- presenta una percentuale di poco superiore Nel versante toscano delle Foreste al 50%, come nell’Alpe di Catenaia (53,8%Casentinesi è presente una ricca e abbon- del VMP, Lamberti P., 2004). In Vallesanta, ledante comunità di ungulati selvatici di cui due specie hanno un ruolo pressoché parita-fanno parte il capriolo, il cinghiale, il cervo e rio nella dieta del lupo, leggermente sposta-il daino (Figura 9.3). to a favore del capriolo. Il territorio è occupato da un branco di In Valtiberina e Lignano è stata riscontra-lupi che è stato monitorato fin dal 1988, ma ta una situazione del tutto diversa rispettopiù intensivamente dalla fine del 1992 preferire gli ungulati selvatici ai domestici da frutta. Raramente sono stati trovati resti di alle altre aree. Infatti, in Valtiberina la predaall’Aprile 2000 (Centofanti e Crudele 1993, qualora i primi siano sufficientemente dispo- rifiuti all’interno degli escrementi. principale è il capriolo e anche l’uso delApollonio et al. 2004b). La dieta di questo nibili (Meriggi e Lovari 1996). A fronte di un pattern d’utilizzo degli daino è risultato relativamente elevato, tantobranco è stata analizzata nell’intero periodo La restante parte della dieta è costituita ungulati selvatici rispetto ai domestici di studio e valutata attraverso diversi indici di prevalentemente da piccoli mammiferi, come costante nelle sette unità di analisi, è stata utilizzo (vedi metodi) in un campione di la lepre e alcuni piccoli roditori, da vegetali e riscontrata invece una notevole variabilità

Fig. 9.3- Densità media Fig. 9.4 - Proporzione d’uso degli ungulati selvatici nella dieta del lupo nelle Foreste Casentinesi calcolata come degli ungulati selvatici nel- Volume Medio Percentuale e Numero relativo di prede. le Foreste Casentinesi, sti- mata a fine inverno prima delle nascite nel periodo dal 1988 al 1999 (Lovari et al. 2000; Orlandi L, Gualazzi S, Bicchi F, rela- zione non pubblicata per il periodo 1999-2000; Am- ministrazione Provinciale di Arezzo relazione non pubblicata per il periodo 1989-1999).

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ECOLOGIA TROFICA CLAUDIA CAPITANI

Tabella 9.1 - Ripartizione in coorti nella classe d’età “< 1 anno” da Gennaio a Dicembre, assumendo il perio- do delle nascite da Marzo a Agosto.

quell’anno c’è stata un uso più vicino alla Sulle Alpi e in Europa nord-orientale, disponibilità per le tre specie. invece, è stato evidenziato un maggior utiliz- Fig. 9.5 - Confronto tra i valori dell’indice standardizzato ß per le le tre specie preda principali. Il Volume Medio Percentuale è risultato zo dei cervidi, in particolare il cervo e il correlato con il NRP per il cinghiale, il capriolo nelle aree alpine (Gazzola et al. capriolo e il cervo, quindi tale indice è stato 2005), il cervo in Polonia (Jedrzejewki et al. 1862 fatte (Mattioli et al. 1995, Mattioli et al. la loro abbondanza relativa nella comunità utilizzato per valutare la selezione sull’intero 2000, Nowak et al. 2005, Smietana 2005), il in prep.). Per il campione raccolto nel perio- di ungulati, calcolando l’indice di selezione periodo 1989-2000, includendo gli anni per capriolo in Germania (Ansorge et al. 2006), do Novembre 1992-Dicembre 1997 sono di Manly w con i valori di numero relativo di i quali non è stato possibile calcolare il NRP l’alce e il capriolo in Scandinavia (Ollson et stati calcolati anche la biomassa e il numero prede e di densità media annua (vedi capito- a causa della mancanza di dati sulla struttu- al. 2007), e infine l’alce e la renna (Rangifer relativo di prede delle specie di ungulati sel- lo 5). Per tutto il periodo di studio è stata ra di popolazione. Nel caso del cinghiale e tarandus fennicus) in Finlandia (Kojola et al. vatici. osservata una selezione positiva del cinghia- del capriolo si è avuta una conferma dei 2004). Il cinghiale è risultato la specie preda le ovvero un uso maggiore rispetto alla dis- risultati ottenuti col NRP per tutti gli anni, principale, rappresentando mediamente ponibilità relativa nella comunità di ungulati con l’eccezione dell’assenza di selezione del circa i due terzi della dieta sia come VMP sia (w medio ± ds = 5,7 ± 3,9). Il capriolo, inve- capriolo nel 1989. come biomassa e numero relativo di prede, ce, è risultato sempre selezionato negativa- L’utilizzo prevalente del cinghiale tra gli ungulati selvatici è stato osservato in diverse9.3. Uso e selezione delle classi NRP (Figura 9.4). mente ovvero utilizzato in misura minore di età negli ungulati selvatici: La seconda specie in ordine d’importan- rispetto alla sua disponibilità (w medio ± ds = aree appenniniche (Meriggi e Lovari 1996, za è risultata il capriolo, in media il 19% del 0,4 ± 0,2). Lo stesso si può dire per il cervo, Ciucci et al. 1996), ed è stato attribuito a unaLupo e cinghiale nelle Foreste VMP, seguita dal cervo (9%). Poiché il peso ad eccezione che nel 1996, in cui non c’è maggiore vulnerabilità della specie legata aiCasentinesi medio dei cervi predati è notevolmente mag- stata selezione significativa (w medio ± ds = seguenti fattori: - la tendenza a formare grossi gruppi giore di quello dei caprioli, le due specie 0,5 ± 0,2). Per meglio confrontare l’indice w L’analisi approfondita dei frammenti di hanno rappresentato una stessa quantità di tra le categorie di risorse disponibili, è stato familiari che sarebbero più facilmente indivi- duabili; ossa ricavati dalle fatte raccolte tra il biomassa, pari a circa il 14%. L’uso del daino calcolato l’indice standardizzato ß, che espri- Novembre 1992 e il Dicembre 1997 nelle è risultato invece molto basso (1,9% del VMP me l’indice di selezione di una categoria in - la tendenza a compiere movimenti regolari tra le aree di riposo e quelle di ali-Foreste Casentinesi (Mattioli et al. in prepa- di media), inferiore anche a quello dei dome- relazione a tutte le categorie (Figura 9.5). razione) ha consentito di attribuire a una stici. Si può osservare dalla figura come la mentazione; - la presenza nei gruppi di un’elevataclasse di peso della preda circa il 41% degli Nel periodo Novembre 1992-Dicembre selezione sia stata molto forte per quasi tutti escrementi (n = 814) contenenti resti di cin- 1997, è stato possibile valutare l’uso degli gli anni, con valori prossimi agli estremi di percentuale di individui al di sotto di 1 anno d’età, che diventano più vulnerabili dalghiale. Tali classi comprendono nove catego- ungulati selvatici nella dieta del lupo selezione positiva (ß = 1) per il cinghiale e rie che variavano da “<3 kg” a “> 40 kg”, mediante il calcolo del numero relativo di negativa (ß = 0) per il capriolo e il cervo. I momento in cui le madri sono impegnate nell’accudire la nuova coorte di piccoli. distanziate da un intervallo di 5 kg tra i 3 e i prede (NRP). Questo è stato confrontato con flessi delle curve nel 1996 indicano che in 38 kg. Altre 38 occorrenze di cinghiale sono

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(1993 e 1995) degli anni in cui era dis- Tabella 9.2 - Selezione annuale della coorte X del cinghiale rispetto alle classi della Coorte X-1 e degli adulti. GF n=49 ponibile un campione sufficiente per l’analisi (Tab. 9.2). Anni Giovani nella Giovani nella Adulti nella N Giovani nella N Indice di (Marzo x - dieta dieta dieta popolazione selezione di La mancanza di selezione significa- Febbraio x+1) (Coorte X) (Coorte X-1) (> 35 Kg) (Coorte X) Manly (w) tiva in alcuni anni è dovuta non tanto a un aumento dell’uso della classe degli 1988-1992 0,67 0,24 0,09 77 0,59 267 1,14 adulti in quegli anni, quanto al diverso 1993 0,66 0,25 0,08 98 0,47 230 1,40 ** rapporto di uso delle due coorti X e X- 1994 0,57 0,35 0,08 101 0,53 171 1,08 MA n=74 1995 0,74 0,21 0,05 73 0,48 512 1,54 ** 1 di soggetti < 1 anno. 1996 0,33 0,58 0,09 32 0,51 513 0,65 Analizzando il pattern d’uso delle Media/totale 0,59 0,33 0,08 381 0,52 1693 classi di peso per bimestri, si osserva come la frequenza delle diverse classi di peso sia molto variabile durante il ** Significativo per α = 0,01 corso l’anno (Figura 9.6). L’uso dei MG n=51 nuovi nati di cinghiale ha evidenziato un chiaro trend. In marzo-aprile gli state classificate in base alle caratteristiche coorti X-k (k = 1, …n), a causa dell’impossi- striati (0-10 Kg) sono risultati poco uti- del pelo e assegnate alla classe dei nuovi nati bilità di distinguere più di una coorte tra i lizzati (14,9 % del n° relativo di indivi- (<10 kg) o degli adulti (> 40 kg). La restante cinghiali osservati. dui: media ponderata), mentre le classi parte del campione non classificato è stata In generale, le classi di peso più utilizza- più utilizzate sono i soggetti delle clas- ridistribuita proporzionalmente nelle classi te sono risultate essere quelle al di sotto dei si di peso tra 11 e 35 Kg, appartenenti LA n=43 di peso tra gli 11 e i 35 kg. 35 kg. Nel periodo novembre 1992 - dicem- alla coorte X-1 (74,1%). In maggio-giu- Le classi di peso sono state associate alle bre 1997 i campioni con resti di cinghiale di gno l’utilizzo dei nuovi nati (0-15 Kg) è classi di età scegliendo come soglia degli peso < 35 Kg sono risultati pari all’88,2 % stato in media pari al 59%, poco supe- individui di età inferiore a un anno il peso di del VMP, e al 92,2 % del Numero relativo di riore alla loro disponibilità nella popo- 35 kg. prede (NRP). lazione, mentre il restante 37% è anco- Inoltre, si è tenuto conto del fatto che, Un risultato abbastanza simile è stato ra costituito dai soggetti di medio peso poiché la stagione delle nascite per il cin- osservato in altre aree della Provincia di prede (%) Numero relativo SO n=45 dell’anno precedente. ghiale è dilazionata nel tempo (in media da d’Arezzo, come l’Alpe di Catenaia (Alboni A partire da luglio-agosto il lupo Marzo a Agosto), in ogni anno X possono 2004) e il Pratomagno (Capitani et al. 2004), utilizza prevalentemente ed in misura esserci due classi d’individui al di sotto del- dove i campioni con resti di cinghiale < 35 sempre superiore all’80% i soggetti del- l’anno di età che non appartengono però alla Kg sono risultati pari all’81,0 % del VMP (n= l’anno. stessa coorte (vale a dire alla stessa genera- 240) e al 76,5 % (n= 310), rispettivamente. La tendenza osservata nell’uso sta- zione), essendo nati o nell’anno biologico X Nelle Foreste Casentinesi, la percentuale gionale delle classi di peso è stata con- ND n=34 (Coorte X) o in quello precedente (Coorte X- dei nuovi nati di cinghiale (coorte X) nella fermata dall’analisi della selezione rela- 1). Da Marzo ad Agosto dell’anno X, quindi, dieta del lupo nel periodo 1993-1996 è tiva alle classi d’età (Figura 9.7). sono presenti gli individui della coorte x, di variata negli anni tra 32,7 e 73,6 % come Nella figura si può osservare che la pochi mesi e al di sotto di un certo peso, NRP, mentre quella dei soggetti nati nel pre- selezione della coorte X varia nel corso insieme agli individui della coorte X-1 che, cedente anno (coorte X-1) tra 20,9 e 58,1%. dell’anno, ed è negativa (w <1) nel in modo dilazionato, nel corso di questo Relativamente costante negli anni è risultata primo bimestre del ciclo biologico, e periodo compiono 1 anno di età e raggiun- la percentuale di soggetti adulti ( > 35 Kg) diventa sempre positiva (w>1) a partire gono un peso di 30-40 kg (Tabella 9.1). che è variata tra 5,4 e 9,2 %. L’indice di sele- da Luglio-Agosto, con valori elevati L’utilizzo del cinghiale è stato analizzato zione è stato calcolato per la sola coorte X, negli ultimi bimestri. secondo le classi di peso e di età descritte, l’unica distinguibile con certezza dal resto In particolare, la selezione negativa mentre la selezione all’interno della specie è della popolazione: si è osservata una sele- Fig. 9.6 - Uso delle diverse classi di peso del cinghiale per nel bimestre Marzo-Aprile è risultata bimestri successivi (valori medi tra gli anni). Sigle dei stata valutata soltanto per la coorte X e le zione positiva della coorte X solo in due bimestri: GF = Gennaio-Febbraio; MA = Marzo-Aprile; MG = Maggio-Giugno; LA = Luglio-Agosto; SO = Settembre-Ottobre; ND = Novembre-Dicembre.

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Tabella 9.3 - Selezione della classe dei giovani (< 1 anno) nel cervo dal 1993 al 1997, in base al Numero rela- 123 escrementi; di questi in 73 casi (59,3%) forte selezione positiva da parte del lupo tivo di prede. è stato possibile attribuire l’età (> o < 1 anno) verso i soggetti di pochi mesi di vita. L’indice sulla base dei resti ossei (55% dei casi) e di selezione di Manly, calcolato in base Anni Giovani nella dieta Giovani nella popolazione n Indice di selezione di Manly (w) delle caratteristiche del pelo nel periodo esti- all’NRP è risultato significativo per gli anni 93-94 0,91 0,25 21 3,6 ** vo prima del cambio autunnale (45%). Sul 93-94, 94-95 e 96-97 (Tabella 9.3). 94-95 0,88 0,25 11 3,5 ** campione di 60 escrementi riferiti al solo Il peso medio dei cervi consumati dal 95-96 0,57 0,24 11 2,4 ** periodo maggio-ottobre a cui è stata attribui- lupo nel periodo novembre 1992-aprile 96-97 0,91 0,22 14 4,1 ** ta l’età i cerbiatti sono risultati il 76,9% del 2000 è risultato pari a 47,9 Kg. Media/totale 0,82 0,24 57 VMP, l’82,9 % del NRP. Nei quattro anni in cui la dimensione del campione è risultata ** Significativo perα = 0,01 >10 (dal 1993 al 1996), nel periodo maggio-9.5. Il lupo e il capriolo in ottobre la percentuale di cerbiatti sul totaleProvincia d’Arezzo dei cervi utilizzati è variata tra il 57% ed il sempre significativa. Nel bimestre Maggio- valori minimi in luglio-agosto (12,2 Kg) e 91% del NRP. Giugno è stata verificata una selezione posi- massimi in gennaio-febbraio (27,6 kg). L’uso del capriolo da parte del lupo è stato La percentuale dei cerbiatti nella popo-analizzato e messo a confronto in diverse aree tiva significativa solo nel 1995 e nel 1996. lazione di cervo, calcolata come media tra il Nei restanti bimestri è stata osservata una della Provincia d’Arezzo: Foreste Casentinesi, valore subito dopo le nascite e quello autun-Alto Mugello (SAF), Vallesanta, Pratomagno e selezione positiva significativa nel 1993 e nel9.4. Uso e selezione delle classi no-invernale, è risultata relativamente 1995. Valtiberina (Mattioli et al. 2004). Per la sola di età negli ungulati selvatici: costante, oscillando tra il 22 ed il 26%.area delle Foreste Casentinesi è stato possibile Sulla base dei valori di numero relativo Anche per il cervo quindi si evidenzia una delle prede per le diverse classi di peso èLupo e cervo nelle Foreste valutare anche la selezione della specie rispet- stato possibile stimare il peso medio dei cin-Casentinesi to alla sua disponibilità. ghiali utilizzati nel periodo novembre 92- dicembre 97: esso è stato pari a 20,3 Kg, con Nel periodo novembre 1992-dicembre 1997, sono stati rinvenuti resti di cervo in Tabella 9.4 - Confronto tra le aree per l’utilizzo della classe dei giovani (< 1 anno) di capriolo, secondo diversi indici. Sigle delle aree come in Figura 9.8.

Fig. 9.7 - Selezione delle Coorte X (Indice di Manly) per bimestri per gli anni 1993-1996. Sigle dei bimestri Indice FC SAF VS PM VT come in Fig. 9.6 VMP (%) 51,0 44,8 64,5 54,4 60,5 Bio (%) 43,2 32,0 50,4 42,0 54,2 NRP (%) 62,2 52,5 66,9 65,1 69,4 N 444 113 97 203 174

Tabella 9.5 - Selezione della classe dei giovani (< 1 anno) nel capriolo, dal 1993 al 2000, in base al numero relativo di prede (NRP), nelle foreste casentinesi.

Anni Giovani Giovani N. Indice di nella dieta nella popolazione selezione di Manly (w) 1988-1992 0,71 0,35 57 2,01** 1993-94 0,68 0,31 28 2,21** 1994-95 0,70 0,29 36 2,43** 1995-96 0,69 0,30 23 2,29** 1996-97 0,64 0,29 29 2,23** 1997-98 0,47 0,26 12 1,80** 1998-99 0,59 0,25 16 2,34** 1999-00 0,63 0,24 37 2,66** Media/Totale 0,63 0,28 238

* Significativo perα = 0,05; ** Significativo perα = 0,01

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In ciascun unità, il suo utilizzo ha subito Fig. 9.8 - Valori medi di uso del delle variazioni negli anni: infatti, i valori capriolo nel periodo di studio, di capriolo, ogni anno è stato diviso in tre annuali di VMP sono risultati compresi tra il espressi come Volume Medio stagioni: estate (Maggio-Agosto), autunno 10,6% e il 34,5% nelle Foreste Casentinesi, Percentuale (VMP) e Frequenza di (Settembre-Dicembre) e inverno (Gennaio- l’11,7% e il 31,8% nella SAF, il 34,4% e il Occorrenza (FO) nelle cinque aree di Aprile). I giovani sono stati utilizzati più degli 44,9% in Vallesanta 6,8% e 13,9% in analisi. Sigle delle aree: Foreste adulti in estate e autunno in tutte le aree, Pratomagno, e tra il 49,6% e il 56,1% in Casentinesi (FC), Mugello (SAF), mentre in inverno solo in Vallesanta e Valtiberina. Pratomagno (PM), Vallesanta (VS), Valtiberina. Nelle foreste Casentinesi l’uso del caprio- Valtiberina (VT). Nelle aree dove l’uso della specie è più lo ha mostrato una tendenza statisticamente elevato, dunque, i giovani sono maggior- significativo dal 1988 al 2000, con un decli- mente utilizzati tutto l’anno. Nelle Foreste no nei primi quattro anni e un successivo Casentinesi, la selezione dei giovani è risul- incremento dal 1992 (Analisi di regressione, tata elevata in estate (2 anni su 4 con cam- modello quadratico: Y = 0,544- 1,24*X + pione sufficiente alla valutazione) e ancora 0,97*X di più in autunno (4 anni su 7 con campione 2, R2 = 0,68, F =9,81, p = 0,005). sufficiente) (Figura 9.9). Fig. 9.9 - Selezione stagiona- L’utilizzo del capriolo ha mostrato anda- La proporzione d’uso delle diverse classi le della classe dei giovani (< menti stagionali simili tra tutte le aree di peso dei giovani è variata coerentemente 1 anno) di capriolo nelle (Coefficiente di concordanza di Kendall, W = tra le aree, diminuendo con l’aumentare del Foreste Casentinesi dal 1993 0,888, p<0,01). Infatti, i valori più elevati di peso (Coefficiente di Concordanza di al 1997. (Stagioni: MA = utilizzo sono stati riscontrati in estate, in tutte Kendall, W = 0,5, p<0,05), ma se si esclude Maggio-Agosto, SD = le aree ad eccezione della Valtiberina, e in la Valtiberina, la concordanza tra le aree Settembre-Dicembre, GA = inverno, eccetto in Mugello. aumenta (W = 0,8, p<0,01). Le classi di 3,4 Gennaio-Aprile). Nelle Foreste Casentinesi il capriolo è kg e 6,5 kg sono risultate le più utilizzate in risultato selezionato negativamente in modo tutte le unità d’analisi. Il peso medio dei significativo, sia considerando l’NRP nel caprioli utilizzati dai lupi è risultato compa- periodo Novembre 1992-Dicembre 1997, rabile tra tutte le aree: 15,9 kg nelle Foreste sia il VMP dal 1990 al 2000 (vedi Figura 9.5). Casentinesi, 16,8 nell’alto Mugello, 16,0 in I dati sulla consistenza relativa del capriolo Vallesanta, 14,4 kg in Pratomagno,e 16,0 in in Mugello e in Pratomagno suggeriscono Valtiberina. una tendenza alla selezione negativa della L’uso del capriolo non è risultato correla- specie anche in queste aree. to con la sua densità in nessuna area; tuttavia Considerando l’uso delle classi di età, si in Valtiberina, dove la densità della specie è L’identificazione delle classi di età del Settembre-Ottobre, 14,1 kg in Novembre- è osservato che, in tutte le aree, gli individui maggiore, su un campione di soli tre anni, le capriolo si è basata sulle caratteristiche del Dicembre, 17 kg in Gennaio-Febbraio, 19,5 kg < 1 anno di età sono stati utilizzati in per- due variabili hanno esibito tendenze simili. mantello da Giugno fino a Luglio, mentre per in Marzo-Aprile e 21,9 kg nel Maggio succes- centuali superiori al 50% sia in VMP sia in Confrontando le aree tra loro, è stata il resto gli individui al di sotto e al di sopra di sivo. Per gli adulti è stata assunta un’unica clas- NRP (Tabella 9.4). Nelle Foreste Casentinesi riscontrata una differenza significativa tra 1 anno di età sono stati discriminati in base al se di peso pari a 24 kg. è stato possibile verificare la selezione posi- l’uso della specie e la percentuale di bosco- grado di sutura delle ossa e di chiusura delle Il capriolo è risultata una specie preda tiva della classe dei giovani nel periodo sità in ciascun area (Coefficiente di epifisi. Gli individui <1 anno di età sono stati secondaria nella maggior parte delle unità 1993-2000, che è risultata significativa in Correlazione di Spearman, rs = -0,900, classificati in 7 categorie di peso tenendo d’analisi, ad eccezione della Valtiberina, tutti gli anni eccetto il 1997-98 (Tab. 9.5). p<0,05). In effetti, il maggior utilizzo del conto: 1) del mese di ciascuna fatta e 2) di una dove è risultata la preda principale. La selezione dei giovani è rimasta eleva- capriolo in Vallesanta e Valtiberina potrebbe curva di accrescimento corporeo derivata dalla Mediamente, l’uso del capriolo è risultato ta nel periodo di studio, nonostante il nume- essere in parte spiegato dalla tipologia di regressione dei pesi di 35 piccoli di capriolo molto basso in Pratomagno, più elevato nelle ro di piccoli per femmina osservati da paesaggio che distingue queste aree, carat- abbattuti nell’area non protetta delle Foreste Foreste Casentinesi e nel Mugello, per rag- Ottobre a Marzo sia diminuito. terizzate da un mosaico di pascolo e bosco. Casentinesi, dal 1 Agosto al 15 marzo. Le sette giungere poi valori paragonabili a quelli del Per valutare l’uso stagionale dei giovani Il capriolo, che è ritenuto una preda “diffici- categorie sono state così definite: 3,4 kg in cinghiale in Vallesanta e addirittura superiori Giugno, 6,5 kg in Luglio-Agosto, 10,8 kg in in Valtiberina (Figura 9.8).

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ECOLOGIA TROFICA CLAUDIA CAPITANI

nell’azienda rappresenti una risorsa trofica nell’uso delle classi di età (52,3% di adulti Fig. 9.10 - Uso del daino importante per il lupo e che la recinzione contro 47,3 % di giovani). (VMP) da parte del lupo stessa possa favorire gli eventi di predazione. L’impatto della predazione, come fattore nelle aree di compresenza Infatti, da un lato la recinzione costituisce un di mortalità aggiuntivo rispetto alla caccia di delle due specie. Sigle delle ostacolo contro cui il predatore può stringe- selezione, sembra aver provocato una forte aree: Foreste Casentinesi re le sue prede; dall’altro nella rete sono pre- flessione della popolazione di muflone in (FC), Lignano (LI), Prato- senti numerose aperture utilizzate dagli ani- quest’area. magno (PM), Vallesanta mali nei due sensi ed è possibile che il pre- Infatti, la consistenza stimata nella pri- (VS), Valtiberina (VT). datore attacchi le prede quando si avvicina- mavera 2005 è stata pari a circa un terzo no ad esse. rispetto a quella dell’anno precedente. Il In Pratomagno e Alpe della Luna meri- muflone è risultato particolarmente vulnera- dionali le densità del daino nei distretti di bile alla predazione anche in altre aree dove caccia sono risultate simili, ma l’utilizzo le due specie coesistono, come il Parco del della specie da parte del lupo nelle due aree Mercantour (Alpi francesi, Poulle et al. 1999) appare sostanzialmente diverso. Anche in e il Parco dell’Orecchiella (provincia di questo caso il maggior utilizzo della specie Lucca, Ciucci et al. 1996). Inoltre, sebbene in Valtiberina potrebbe essere legato alla sua non siano disponibili dati al riguardo, è pos- tendenza a formare grossi raggruppamenti in sibile che anche i gruppi di mufloni introdot- le” in ambiente boschivo, in quanto solitaria,9.6. Uso del daino e del muflone alcune aree, in particolare quelle di pascolo, ti nelle Foreste Casentinesi e in Pratomagno nelle aree aperte tende ad aggregarsi (Gerardda parte del lupo in Provincia dove risulta più facilmente localizzabile. si siano estinti proprio a causa della preda- et al. 1995). L’alternanza di pascolo e bosco, Una situazione simile è stata osservata anche zione da parte del lupo. Nell’area di dunque, potrebbe favorire la concentrazioned’Arezzo nelle Foreste Casentinesi. Lignano, l’incidenza esercitata dalla preda- di più individui nelle aree aperte, rendendo- Nel versante romagnolo, infatti, dove zione è stata rilevante anche in considera- li più vulnerabili alla predazione (Hebble- In Provincia d’Arezzo, il muflone e il sono presenti ampie aree di pascolo in cui i zione del fatto che la consistenza iniziale white e Pletscher 2002) in quanto facilmentedaino hanno un areale di distribuzione fram- daini si concentrano per il foraggiamento, della comunità di mufloni non era elevata. localizzabili e avvicinabili dal predatorementato in cui le specie sono presenti a den- l’uso della specie ha raggiunto circa il 19%, senza che sia visto. sità differenti (vedi Capitolo 3). come riportato da Meriggi et al. (1996). Nel Nelle restanti unità d’analisi, la specie è La maggior parte dell’areale del daino è versante toscano, invece, dove l’ambiente è risultata secondaria così come in altri studicompreso nell’area di distribuzione del lupo. prevalentemente boschivo, il daino viene italiani e europei (Meriggi et al. 1996, CiucciLa specie è infatti presente nelle Foreste scarsamente utilizzato (Mattioli et al. in pre- et al 1996, Jedrzejewski et al. 2000,Casentinesi, in Vallesanta, nella porzione parazione), come si osserva in Figura 9.10. 9.7. Conclusioni Smietana 2005). Tale risultato potrebbe esse-meridionale del Pratomagno, in Valtiberina, Nonostante l’esiguo campione, è stato re legato alla presenza di prede alternativein particolare nel versante sud dell’Alpe della possibile rilevare una tendenza al maggior Lo studio delle abitudini alimentari dei più vantaggiose, in termini di biomassa otte-Luna, e a Lignano. In queste ultime due aree utilizzo delle classi giovanili (in media l’80%branchi di lupo distribuiti in Provincia nuta per sforzo di caccia, come ad esempiol’utilizzo del daino è risultato il più elevato del NRP). In quest’area, infatti, la stima deld’Arezzo ha confermato uno degli aspetti il cinghiale per molti studi italiani e il cervo(Figura 9.10). peso medio dei daini consumati nel periodocaratteristici della specie: la sua plasticità. nelle aree di studio est-europee. In base a quanto osservato nei distretti di 1993-1997 è risultata pari a 28,6 Kg. Questa caratteristica è ampiamente nota nel Al contrario, il capriolo è risultato forte-caccia di selezione, la densità del daino a Il muflone è presente nell’area di distri-raffronto tra le diverse zone dell’areale mon- mente selezionato in Svezia (Olsson et al.Lignano sembrerebbe inferiore sia a quella buzione del lupo solo nel sito di nuova colo-diale della specie, e anche a livello italiano, 1997), dove la preda alternativa è rappresen-del Pratomagno sia a quella dell’Alpe della nizzazione di Lignano. Lo studio preliminarema risulta interessante che si manifesti anche tata dall’alce, che fornisce una quantitàLuna. Tuttavia nell’area di Lignano è presen- effettuato in quest’area indica un utilizzo delad una scala piccola come quella provincia- molto più elevata di carne, ma è meno vul-te un’azienda agrituristico-venatoria nella muflone intorno al 20% della dieta, per l’an-le. nerabile. quale la specie è presente con alta densità. no 2003-04, e un incremento di questo valo- La variabilità dei contesti osservati ha Le osservazioni effettuate durante lo snow- re per l’anno successivo. Per questa specie èconsentito di trarre utili indicazioni sui fatto- tracking e il ritrovamento di predazioni lungo stata evidenziata solo una lieve differenzari che possono determinare l’utilizzo e la la recinzione dell’azienda, anche all’interno selezione delle prede da parte del lupo. di essa, suggeriscono che la fauna presente Un aspetto rilevante che sembra emerge- re dai risultati ottenuti è che l’uso delle spe-

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ECOLOGIA TROFICA CLAUDIA CAPITANI

cie preda non dipende dalla loro densi- tà assoluta, ma dal rapporto costi-bene- fici che rende più vantaggioso il loro utilizzo. Questo sembra essere determinato, per ciascuna classe di preda, dalla sua disponibilità e vulnerabilità relativa- mente alle altre, e dalla biomassa forni- ta. Per classe di preda si intende una combinazione specie-età, in quanto, come osservato per il branco delle Foreste Casentinesi, la selezione avvie- ne sia a livello di specie sia di classe d’età al suo interno.

● La disponibilità, la vulnerabilità e la biomassa di ciascuna classe dipen- dono dal ciclo biologico della specie e possono variare nel corso dell’anno, e di conseguenza può cambiare la scelta della preda. La Figura 9.11 mostra la variazione nell’uso delle prede in base al loro peso medio nel corso dell’anno, e il contri- buto delle specie preda principali alle classi di peso utilizzate. Numero relativo di prede (%) Numero relativo

● È importante sottolineare il valore relativo della disponibilità e della vul- nerabilità, che per una stessa specie possono variare in rapporto alle prede alternative e alle condizioni ambientali. In questo studio, ne sono un esempio il differente uso sia del capriolo sia del daino nelle diverse unità d’analisi.

Infine, nel rapporto preda-predato- re, la selezione di una preda può esse- re determinata anche dalla struttura della popolazione del predatore. Inoltre, anche lo stadio di colonizza- zione del territorio da parte del preda- Fig. 9.11 - Uso annuale degli ungulati e dei piccoli mammiferi tore (popolamento stabile o fase di da parte del lupo, espresso come NRP in funzione delle classi di colonizzazione) potrebbe influenzare peso, intervalli di 10 kg (Mattioli et al. in prep.). I bimestri sono le scelte trofiche dei lupi. considerati a partire da Gennaio-Febbraio, e per ognuno di essi è indicato il peso medio tra il totale delle prede. Fig. 9.12 - I soggetti adulti di cervo, in particolare i maschi, sono poco utilizzati dal lupo perché meno vulnerabili di altre classi di ungulati

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ANDREA GAZZOLA 10. Il lupo e l’attività zootecnica

Andrea Gazzola

10.1. Introduzione negli ultimi venti anni su tutto il territorio nazionale, Duprè (1996) ha riscontrato che Ancora oggi, come nel passato, il princi- la probabilità di un lupo di essere ucciso pale movente dell’irriducibile conflitto risulta maggiore nei luoghi dove è più eleva- uomo-lupo è da attribuire al comune interes- ta la densità di ovini. Per limitare il continuo se per la medesima risorsa alimentare (sel- ricorso alle uccisioni illegali è opportuno vaggina e bestiame domestico). Le persecu- avere una corretta visione del problema che zioni attuate dai bracconieri sono un fattore consenta di trovare soluzioni tali da ridurre che mette a rischio la sopravvivenza della le forti tensioni ora esistenti e permettere così specie, sebbene quest’ultima sia attualmente la possibile convivenza tra il carnivoro e le in fase d’espansione numerica e di ricoloniz- attività pastorali. zazione dell’areale pregresso. In Nord America, l’impatto predatorio La ricomparsa del lupo in aree in cui la dei carnivori sulla zootecnia ha portato ad persecuzione dell'uomo ne aveva determina- un continuo ed accurato monitoraggio del to la scomparsa per lunghi periodi di tempo fenomeno ed alla sperimentazione di tecni- trova le attività pastorali locali impreparate a che diverse per limitare i danni al bestiame fronteggiare il suo ritorno determinando domestico. complessi e rilevanti problemi per le pro- I programmi di controllo hanno fatto uso spettive future della specie. anche di tecniche definite “letali”. La più dif- Nonostante il lupo sia riconosciuto come fusa consisteva nel mettere nelle vicinanze una delle priorità conservazionistiche e delle aree di pascolo apposite trappole, e nel gestionali del nostro Paese (rientra tra le spe- sopprimere i lupi eventualmente catturati cie particolarmente protette dalla legge mediante pratiche “indolore”; tale metodo n.157 dell’11 febbraio 1992, ed è inserito nel non si è rivelato però particolarmente effica- D.P.R. n. 357 dell'8 settembre 1997 tra le ce, e risultava avere costi elevati (Fritts et al. specie che richiedono una tutela rigorosa), la 1992). mortalità indotta dall’uomo risulta elevata e Altro sistema impiegato che portava si presenta in Italia come il fattore più impor- all’uccisione del predatore (in questo caso gli tante nel controllare la consistenza locale studi sono stati condotti sul coyote) era l’ap- delle popolazioni di lupo (Ciucci e Boitani plicazione alle specie allevate di un collare 1998a). contenente sostanze altamente tossiche Il conflitto esistente tra il predatore e le (Burns et al. 1996); tale metodo risultava tut- attività zootecniche sembra essere uno dei tavia di difficile applicazione. fattori più importanti nel determinare il veri- I metodi di controllo che non portano ficarsi di continui episodi di persecuzione all’uccisione del predatore sono risultati nei confronti del lupo. Dall’analisi della dis- quelli più idonei nel ridurre i danni da pre- tribuzione degli esemplari ritrovati uccisi dazione. Non esiste uno strumento di difesa

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IL LUPO E L’ATTIVITÀ ZOOTECNICA ANDREA GAZZOLA

migliore in assoluto; la scelta di un metodo specifico o la messa in opera di più sistemi di prevenzione deve essere valutata in base alle diverse realtà. In Minnesota l’utilizzo di deterrenti pas- dicembre del 2005, è rimasta in vigore la sivi quali luci intermittenti e sirene nelle Legge Regionale 31 agosto 1994 n. 72, la vicinanze delle aree di pascolo hanno porta- quale prevede interventi finanziari a favore to all’allontanamento dei lupi, mentre il con- degli allevatori che subiscono danni al dizionamento organolettico (Gustavson bestiame in seguito all’attacco di animali 1982), oltre a richiedere uno sforzo e un predatori o causati da eventi meteorologici. impegno di applicazione, non è risultato effi- Per animali predatori sono da intendersi sia cace (Fritts et al. 1992). specie selvatiche che domestiche per le quali Particolarmente efficace nel ridurre i livelli non è individuabile il proprietario. I danni di predazione è stato l’impiego di cani da rimborsabili non sono limitati ai soli capi pastore, che si è dimostrato un sistema pratico, uccisi, ma vi rientrano anche danni indiretti applicabile ad un’ampio spettro di situazioni. quali l’aborto, la perdita lattea, le ferite gravi. Green e Woodbruff (1988) hanno condotto La certificazione del danno deve essere ope- una ricerca su scala nazionale sull’efficacia rata da un veterinario dell’U.S.L. competen- delle varie razze di cani da guardiania nel te. Inoltre, sono stanziati finanziamenti atti al ridurre la predazione. Da tale studio emerse miglioramento dei sistemi di guardiania, che il Cane dei Pirenei, il Komondor, l’Akbash, difesa, e ricovero. Per interventi di guardia- il Pastore dell’Anatolia e il Pastore Marem- nia si intende principalmente l’adozione di mano-Abruzzese sono le razze più efficaci a misure di sorveglianza con cani da pastore di questo scopo. Coppinger ed altri (1983) evi- razza maremmano-abruzzese. Particolari denziarono che il Pastore Maremmano- recinzioni metalliche definite “anti-lupo” Abruzzese risultava più idoneo nella pratica di rientrano tra le opere di difesa per le quali è Figura 10.1. Cane da guardiania e recinzioni “anti-lupo” sono strumenti necessari per ridurre significativamente le guardiania delle greggi in quanto, rispetto alle possibile richiedere il contributo. Infine è perdite al comparto zootecnico da parte di carnivori predatori. varie razze di Pastori Anatolici, si dimostrava possibile richiedere contributi per la ristruttu- più attento ed affidabile. razione o la costruzione di ricoveri per gli Dal 1° gennaio 2006 la presente Legge è animali allevati. decaduta ed è stata sostituita da una nuova La Giunta regionale, entro un anno dal- legge per la tutela del patrimonio zootecnico l’entrata in vigore della Legge Regionale n. soggetto a predazione: la Legge Regionale n. 72/94, ha provveduto alla pubblicazione 26 del 4 febbraio 2005. della Carta del Lupo, in cui sono stati indivi- In questa nuova normativa sono sempre duati i comuni con presenza accertata di previsti fondi volti a realizzare opere di pre- 10.2. Danni da predatori: la nuclei stabili della specie. venzione a tutela del patrimonio zootecnico. legge regionale Toscana e la Di fatto, la carta del lupo rappresenta La modifica sostanziale che appare nella L.R. Carta del lupo uno strumento di riferimento, ed ha permes- n. 26/05, rispetto alla precedente L.R. n. so di stabilire in quali casi gli allevatori pos- 72/94, è l’abolizione dei rimborsi previsti per sono usufruire dei fondi relativi agli inden- In Italia, i soli strumenti, che fin dai primi coprire le perdite economiche degli allevato- nizzi e alla prevenzione. La Legge Regionale ri colpiti; in sostituzione a ciò, la Regione anni ‘70 sono stati utilizzati per ridurre il n. 72/94 inoltre asseriva che i danni causati conflitto tra il lupo e l’attività zootecnica, Toscana riserva fondi per promuovere la sti- da animali predatori ricadenti nelle aree pula di contratti assicurativi agli imprendito- sono rappresentati dai programmi d’inden- comprese nella carta del lupo, trascorsi due nizzo che prevedono il rimborso degli alle- ri agricoli che esercitano attività di alleva- anni dalla pubblicazione della Carta stessa, mento. La Regione s’impegna a coprire in vatori che hanno subito danni da predazio- erano ammessi al contributo solo se l’im- ne. In Italia i programmi d’indennizzo sono parte o nella totalità la quota-premio annua- prenditore richiedente aveva messo in atto, le. In particolare, il contributo è concesso previsti da normative regionali. adeguati sistemi di difesa degli animali alle- Figura 10.2. Comuni della regione Toscana in cui è Attualmente in Toscana, fino al 31 vati. stata accertata la presenza stabile del lupo (Carta del Lupo, 1996) in: GAZZOLA e VIVIANI 2005)

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Figura 10.3. a) bovini b) ovi-caprini Densità comu- Tabella 10.1 - Distribuzione comunale dei bovini e ovi-caprini in provincia di Arezzo (censimento agricoltu- nali di bovini e ra 2000). ovi-caprini in provincia di Comune Bovini e Bufalini Ovini Caprini Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi Arezzo. Anghiari 19 374 23 1.529 17 247 Arezzo 24 263 21 2.022 36 241 Badia Tedalda 30 1.635 15 883 1 16 Bibbiena 33 1.079 17 817 6 45 Bucine 6 145 13 535 8 37 Capolona 6 29 9 992 12 169 Caprese Michelangelo 29 732 9 1.347 1 1 Castel Focognano 12 387 9 193 6 22 Castelfranco di Sopra 2 6 6 250 8 69 Castel San Niccolò 16 180 20 568 10 68 Castiglion Fibocchi - - 2 73 - - LEGENDA: Castiglion Fiorentino 21 295 11 1.029 13 33 densità bovini per comune: grigio scuro=>1000 capi/100kmq; tratteggiato= 300-999 capi/100kmq; punteggiato= Cavriglia 7 260 11 655 4 40 Chitignano 4 17 1 20 - - 0-299 capi/100kmq Chiusi della Verna 18 456 7 990 3 11 densità ovi-caprini per comune: grigio scuro=>2000 capi/100kmq; tratteggiato= 1000-1999 capi/100 kmq; pun- Civitella in val di Chiana 8 51 13 1.566 8 52 teggiato= 0-999 capi/100kmq. Cortona 73 915 85 3.287 33 158 Foiano della Chiana 24 405 5 273 5 48 Laterina 4 24 5 1.003 2 7 Loro Ciuffenna 9 56 7 320 12 162 senza alcun limite minimo di scoperto con- Lucignano 9 172 2 650 4 18 Marciano della Chiana 3 42 1 35 3 14 trattuale per le aziende, residenti nei comuni (Figura 10.3a), mentre per il comparto ovi- Montemignaio 1 113 - - - - dove la presenza del predatore è accertata, caprino (Figura 10.3b) si ha un’alternanza di Monterchi 6 67 8 239 4 16 che hanno messo in atto efficaci misure di comuni con alte e basse densità (a macchie Monte San Savino 27 342 14 504 19 84 prevenzione. di leopardo). Considerando il comparto zoo- Montevarchi 11 186 17 346 13 186 tecnico nel suo insieme nei comuni montani Ortignano Raggiolo 6 97 8 1.237 4 69 si ha una densità di capi superiore (1877 Pergine Valdarno 7 392 6 1.337 3 7 Pian di Scò 2 10 2 20 2 13 10.3. Distribuzione e consistenze capi/100kmq) a quella dei comuni collinari Pieve Santo Stefano 34 2.295 32 1.205 11 41 (1488 capi/100kmq). Poppi 30 742 26 1.863 10 126 numeriche dei domestici Gli allevamenti sono per lo più di picco- Pratovecchio 23 463 21 1.728 9 61 le dimensioni: la gran parte dei greggi d’ovi- San Giovanni Valdarno 12 73 12 282 5 23 Similmente a quanto riscontrato in caprini (82%) non supera i 100 capi, mentre Sansepolcro 28 1.306 18 1.053 8 29 Toscana, anche nella provincia d’Arezzo, il il 56% delle mandrie sono costituite da un Sestino 47 2.025 14 692 - - comparto zootecnico più sviluppato è quello numero non superiore a 20 capi. Stia 8 151 6 254 4 32 Subbiano 17 96 14 354 9 65 degli ovi-caprini, seguito da quello bovino. In genere gli ovi-caprini sono condotti al Talla 8 40 12 492 2 10 In tutto il territorio provinciale sono, infatti, pascolo al mattino per poi essere ricondotti Terranuova Bracciolini 28 368 47 3.728 21 123 presenti 36.714 ovi-caprini e 16.289 bovini nei ricoveri alla sera; tuttavia durante il (Tabella 10.1; censimento dell’agricoltura periodo estivo possono essere mantenuti Totale provincia 652 16.289 549 34.371 316 2.343 2000). nelle aree di pascolo anche di notte (ore La distribuzione dei domestici a livello della giornata più fresche). I bovini perman- provinciale è mostrata in figura 10.3: la gono nei luoghi di pascolo per tutta la sta- variabile analizzata è la densità di capi su gione estivo-autunnale. Per contro, durante scala comunale. Il settore orientale della pro- la stagione invernale, sono per lo più mante- vincia di Arezzo è quello ove si riscontrano nuti in stalla ed alimentati artificialmente. le più elevate densità di bovini allevati Le aree di pascolo sono generalmente di modesta estensione, spesso circondate da novembre ed aprile, fanno sì che, i pascoli estesi corpi boschivi, e presenti ad altitudine locati alle quote più elevate sono usufruiti variabile. Le abbondanti nevicate, tra solo durante il periodo estivo.

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10.4. Distribuzione temporale volti è mostrato nella figura 10.5. La preda- del fenomeno predatorio zione sui bovini appare costante nei quattro anni d’indagine con un numero di comuni Grazie all’interessamento e alla collabo- coinvolti che annualmente oscilla tra 8 e 10. razione dei vari distaccamenti dell’Azienda Anche il numero di allevamenti colpiti varia Sanitaria Locale 8 di Arezzo (in particolare: di poco durante i quattro anni d’indagine Asl 8 sez. Arezzo, Asl 8 sez. Casentino, Asl 8 (minimo 27, massimo di 38). Situazione ben sez. Valdarno, Asl 8 sez. Valdichiana, Asl 8 diversa si profila per gli ovi-caprini dove il sez. Valtiberina) è stato possibile prendere numero dei comuni coinvolti è cresciuto visione delle certificazioni medico- veterina- notevolmente dal 1998 al 2001 (da 7 a 23), rie relative ai casi di predazione. E`stato così ed il numero di allevamenti colpiti ha subito possibile risalire ad informazioni quali: la oscillazioni rilevanti (da un minimo di 22 ad data in cui si è verificato il danno, la locali- un massimo di 46). tà, il numero, la specie e l’età degli animali Durante i quattro anni d’indagine (1998- coinvolti, il numero di attacchi subiti dall’al- 2001) entrambi i comparti zootecnici hanno levatore. L’analisi del fenomeno predatorio riportato un numero simile di attacchi; ma in provincia di Arezzo è stata condotta sepa- l’entità delle perdite è differita notevolmente. ratamente per i bovini e per gli ovi-caprini ed I bovini hanno riportato 202 attacchi e 235 ha interessato il periodo dal 1998 al 2001. capi uccisi, mentre gli ovi-caprini 262 attac- L’andamento annuale del numero dei chi e 1227 uccisioni. Il livello di predazione comuni interessati e degli allevamenti coin- sui bovini (numero di attacchi) appare costan-

Figura 10.4. In provincia di Arezzo gli allevamenti sono per lo più di piccole dimensioni te nel tempo, mentre subisce variazioni negli ovi-caprini (Figura 10.6). uno studio condotto in Toscana da Ciucci e Boitani (1998b) rivela che Arezzo, è la terza provincia, dopo Siena e Grosseto, per per- centuale di comuni coinvolti dal fenomeno 10.5. Distribuzione spaziale del della predazione. Nei 5 anni in cui è stata fenomeno predatorio condotta l’indagine (1991-1995), gli autori hanno rilevato che il 41% dei comuni della Durante il periodo d’indagine (1998- provincia di Arezzo aveva subito perdite agli 2001) è stata riscontrata una discreta percen- allevamenti ovi-caprini, mentre Siena e tuale di comuni della provincia di Arezzo Grosseto rispettivamente il 55% e il 54%. coinvolti nel fenomeno predatorio (figura Sebbene in provincia di Arezzo il feno- 10.8). meno predatorio interessi numerosi comuni, Il 33% dei comuni (n=13) ha subito solo pochi mostrano effettivamente un eleva- almeno un evento predatorio al comparto to grado di coinvolgimento. bovino. Infatti, per il comparto bovino durante i La situazione si aggrava quando si consi- quattro anni d’indagine, solo 3 comuni dei dera il comparto ovi-caprino. Il numero di 13 interessati, hanno subito un numero di comuni coinvolti cresce sensibilmente: n=27 attacchi superiore a 10. Simili considerazio- rappresentando il 69% dei comuni presenti. ni si possono fare per il comparto ovi-capri- L’elevata diffusione del fenomeno non è no: solo 6 comuni dei 27 interessati presen- limitata al solo periodo d’indagine ma ha tano un numero rilevante di attacchi (n>10 interessato anche il recente passato. Infatti, attacchi) (figura 10.8).

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ricondotti nelle stalle in ottobre e il periodo perdite è a carico degli ovini (Meriggi et al. Figura 10.5. Andamento delle nascite si verifica in maggio-giugno. 1996, Meriggi e Lovari 1996). annuale del numero di Pecore e capre sono trattenute nelle aree di Analogamente a quanto riscontrato nei comuni coinvolti e degli pascolo da giugno fino ad ottobre. In queste precedenti studi, anche in provincia di allevamenti colpiti durante i quattro anni d’indagine aree, la gran parte degli attacchi ai bovini Arezzo, la stagione dove si concentrano il (1998-2001). coincide con il periodo delle nascite, mentre maggior numero d’attacchi è l’estate. Il con- per gli ovini e caprini con l’estate (Fico et al. fronto delle distribuzioni mensili degli attac- 1993, Cozza et al. 1996). chi ai bovini evidenzia andamenti simili nei Situazione analoga si osserva nell’Ap- diversi anni, mostrando un picco durante i a) bovini pennino settentrionale dove l’andamento dei mesi di giugno-luglio. Per contro la distribu- danni segue la presenza del bestiame ai zione degli eventi predatori a carico degli pascoli (fine marzo-novembre). In particola- ovi-caprini differisce negli anni (Figura 10.9). re è stato descritto un cambiamento della Nonostante ciò, cumulando i dati relativi preferenza a predare i bovini rispetto alle ai quattro anni d’indagine, il comparto ovi- pecore in relazione all’età dei vitelli. Le pre- caprino presenta in estate un accumulo di dazioni sui bovini si concentrano in aprile- eventi predatori con due picchi: uno in luglio luglio (periodo in cui nascono i vitelli), men- e uno in settembre (Figura 10.10). Durante tre in luglio-novembre la gran parte delle l’autunno il numero degli attacchi decresce

Figura 10.6. Andamento annuale degli attacchi e dei capi uccisi durante i quattro anni d’indagine b) ovi-caprini (1998-2001).

a) bovini

10.6. Andamento mensile degli nuovi nati: la gran parte delle perdite di bovi- eventi predatori ni uccisi riguarda, infatti, proprio i vitelli con pochi giorni di vita. Gli eventi predatori a In generale il periodo in cui occorrono carico degli ovini si concentrano, per contro, gli eventi predatori coincide con la perma- nel bimestre luglio-agosto. nenza del bestiame nei pascoli, e nel caso Anche in Spagna, nella Provincia di Leon dei bovini con il periodo delle nascite. e in quella di Burgos, la predazione sugli b) ovi-caprini Nel Minnesota è stato osservato che la ovini, presente tutto l’anno, è particolarmen- maggior parte degli eventi predatori (83%) si te concentrata in estate (Salvador e Abad concentra durante la primavera-estate (Fritts 1987, Telleria e Saez-Royuela 1989). et al. 1992). In particolare, l’andamento tem- In Abruzzo, analogamente a quanto porale delle perdite di bovini mostra un accade in provincia di Arezzo, i bovini sono picco in maggio quando sono disponibili i condotti al pascolo in aprile per poi essere

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Figura 10.8. Dis- a) bovini b) ovi-caprini tribuzione spaziale degli attacchi su scala comunale (dati 1999-2001 cumulati).

Come viene mostrato nella Figura 10.11, i attiva, congiunta alle loro limitate dimensio- bovini d’età inferiore l’anno di vita sono ni corporee, rendono pecore e capre alta- Figura 10.7. Eventi di predazione compiuti da canidi su ovini adulti e su vitello. coinvolti nel 52% dei casi. Di questi ben il mente vulnerabili agli attacchi di un predato- 31% sono vitelli che non hanno raggiunto il re e quindi facilmente accessibili persino sensibilmente fino a dicembre per poi man- mese di vita. nelle classi d’età adulte. tenersi su valori bassi nei mesi invernali Per contro, la gran parte degli ovi-caprini Nei bovini, per contro, il grado di acces- (dicembre-febbraio). uccisi sono adulti (78 %). sibilità dei vitelli decresce bruscamente con Il numero limitato di eventi predatori, Simili situazioni sono state riscontrate in il passare delle settimane. Infatti, dopo aver riscontrati in inverno, è probabilmente da molte altre realtà della penisola. In provincia passato le prime due settimane da soli nasco- attribuire alla diminuita presenza delle greg- di L’Aquila, Fico e collaboratori (1993) osser- sti nella vegetazione, i vitelli vengono accol- gi nelle aree di pascolo alle quote più eleva- vano che la predazione si concentra princi- ti dalla mandria e difesi attivamente (Meriggi te e nei settori meno antropizzati dove la pre- palmente sulle classi d’età adulte di pecore e et al. 1996, Meriggi e Lovari, 1996). Inoltre, senza del predatore è maggiore. La minor capre (99,2%), mentre nei bovini ed equini la differenza sostanziale tra mole corporea di sovrapposizione tra l’area dove è presente il sulle classi giovanili (rispettivamente il un vitello di pochi mesi e quella di una vacca predatore e quella di alimentazione degli 96,4% e il 91,3%). adulta (vista in termine di vulnerabilità) può ovini e caprini determina un minor livello di L’elevata predazione sui vitelli d’età infe- giocare un ruolo rilevante nella scelta del- accessibilità delle specie domestiche. La riore ai 10 giorni è stata riscontrata in nume- l’individuo da parte del predatore. diminuzione di episodi predatori su bovini rosi lavori condotti nell’Appennino centro- riscontrato in inverno, è invece, da relazio- settentrionale (Meriggi et al. 1996, Meriggi e nare all’assenza di animali nelle aree di10.7. L’età degli animali uccisi Lovari 1996). pascolo. Infatti, durante la stagione “fredda”, L’elevato impatto predatorio, cui sono vengono mantenuti nelle stalle e alimentati L’analisi della distribuzione in classi d’età soggette determinate classi d’età, sembra10.8. Analisi del livello artificialmente. degli animali colpiti da predazione rivela essere legato al diverso grado di accessibilitàdi predazione una percentuale elevata di adulti tra gli ovi- e vulnerabilità. La mancanza di una difesa caprini, mentre tra i bovini si osserva una In generale, possiamo affermare che la proporzione simile tra giovani e adulti. stragrande maggioranza degli allevamenti

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Figura 10.9. Distribuzione Figura 10.11. Età dei mensile degli attacchi nei capi predati. diversi anni d’indagine (1998-2001).

a) bovini

b) ovi-caprini

Figura 10.12. Vitello sotto il controllo vigile della madre.

Figura 10.10. Anda- mento mensile del nume- ro d’attacchi cumulato (1998-2001).

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riguarda gli individui di poche settimane di Figura 10.13. Il vita (Meriggi et al. 1996, Meriggi e Lovari livello di predazione 1996). negli allevamenti. Altro fattore è dato dalla permanenza sui terreni di pascolo delle carcasse degli ani- mali predati: queste dovrebbero essere pron- tamente rimosse e smaltite nel rispetto delle normative. Infatti, la presenza di animali morti rappresenta per il predatore, un fattore di attrazione, aumentando così la probabilità di un nuovo incontro con il bestiame dome- stico (Fritts et al. 1992). Infine le variabili ambientali possono condizionare pesantemente la vulnerabilitàFigura 10.14. La presenza di burroni o profonde colpiti presenta un basso livello di conflitto e gano interessate marginalmente dal fenome- di un dato allevamento. La presenza didepressioni nelle vicinanze delle zone di pascolo pos- solamente un ristretto numero d’aziende no, mentre altre sono gravemente danneggia- ampie superfici boscate in prossimità dellesono incrementare i casi di uccisioni di massa. appare interessato in maniera cronica. te può avere più spiegazioni. aree di pascolo permette l’avvicinamento Nel Minnesota, la predazione da lupo Uno dei fattori che condiziona la scelta indisturbato del carnivoro innalzando così il colpisce in maniera cronica solo il 6% delle del predatore sull’allevamento da colpire è il grado di accessibilità e di fruibilità della spe- aziende (Fritts et al. 1992). Simile situazione grado d’accessibilità del bestiame domesti- cie preda. Il verificarsi di tali episodi sembra essere si riscontra in Toscana nel periodo compreso co, legato soprattutto alle diverse modalità legato soprattutto alle inadeguate tecniche di tra il 1991 e il 1995 (Ciucci e Boitani 1998b) d’allevamento e dai sistemi di prevenzione allevamento e di guardiania. Recinzioni atte dove il 94% delle aziende colpite presenta adottati. esclusivamente alla perimetrazione delle un numero che non supera i 4 attacchi, men- Molti autori (Fico et al. 1993, Ciucci e zone di pascolo, oltre ad essere insufficienti tre solo il 6% delle aziende subisce un Boitani 1998b) hanno rilevato, infatti, che il ad impedire l’ingresso del predatore, posso- numero di attacchi compreso tra 5 e 28. maggior numero d’attacchi coinvolge alleva- 10.9. Le uccisioni multiple no risultare fatali a molte pecore: il predato- In Abruzzo, Cozza ed altri (1996) riporta- tori che praticano lo stato brado e che non re, all’interno delle aree di pascolo, determi- no che l’87,9% delle aziende colpite presen- utilizzano cani da guardiania. Generalmente, quando si sente parlare na, infatti, reazioni di panico che portano a ta un basso livello di predazione, mentre In Toscana, Ciucci e Boitani (1998b) rile- d’eventi predatori a carico del bestiame dome- fughe convulse delle pecore, che, ostacolate solo il 4,1% delle aziende soffre d’alta croni- vano che il 63% degli attacchi coinvolge stico si pensa al coinvolgimento di un gran dalla rete, possono andare incontro a ucci- cità d’attacco. greggi privi di ogni sistema di difesa, il 22% numero di capi. In realtà il fenomeno delle sioni e ferimenti di massa. Similmente a quanto riscontrato nei lavo- greggi all’interno di pascoli recintati, il 13% uccisioni di massa si verifica raramente. Anche la presenza di burroni o profonde ri precedenti, l’indagine, effettuata in provin- greggi custoditi da cani da pastore e solo il cia di Arezzo, rileva un elevato numero di 2% greggi custoditi sia dal pastore che dai aziende con un ridotto numero di attacchi. Il cani. Dalla loro indagine emerge inoltre che 95 % delle aziende colpite (n=152) soffre la maggior parte degli attacchi avviene di Figura 10.15. Il fenomeno infatti di un livello medio-basso di predazio- notte (63%). delle uccisioni di massa: anda- ne (n≤7 attacchi nell’ambito dei 4 anni d’in- La pratica della stabulazione notturna dei mento annuale del numero di dagine). Solo il 5% delle aziende colpite greggi consentirebbe così di ridurre il livello attacchi e di capi uccisi verifi- (n=9) sembra invece essere interessato dal di conflitto. Un’azione simile a quella pre- catesi in provincia di Arezzo fenomeno in misura cronica (> 2 denuncie / cedentemente descritta, che potrebbe ridurre dal 1998 al 2001. anno). Questo ristretto numero d’aziende ha parte delle perdite all’allevamento bovino, è subito nell’insieme 176 attacchi che corri- quella di far nascere e mantenere i vitelli spondono al 38 % di tutti gli attacchi denun- nelle prime fasi di vita all’interno di strutture ciati tra il 1998-2001 (Figura 10.13). di stabulazione e non sui terreni di pascolo, Il motivo del perché molte aziende ven- giacché la maggior parte delle uccisioni

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IL LUPO E L’ATTIVITÀ ZOOTECNICA ANDREA GAZZOLA

Figura 10.16 Andamento Figura 10.18 Confronto annuale del numero d’attacchi: indennizzi danni arrecati alla uccisioni multiple e non, verifi- zootecnia da canidi - danni catesi in provincia di Arezzo all’agricoltura da fauna selvati- dal 1998 al 2001. ca (1998-2001).

cifra rende conto, nel complesso, del mode- depressioni nelle vicinanze delle zone di Inoltre, solo gli ovi-caprini sono stati sto conflitto esistente in provincia di Arezzo pascolo possono contribuire al verificarsi di interessati dal fenomeno delle uccisioni mul- tra zootecnia ed animali predatori. questi episodi. Gli animali inseguiti e spa- tiple (n.capi uccisi / attacco ≥ 10). Sebbene, il fenomeno sia diffuso e quin- ventati dal predatore possono cadere nei Durante i quattro anni d’indagine (Figura di coinvolga un gran numero di aziende, dirupi e morire per lesioni riportate nella 10.15) si sono verificati annualmente dai 7 ai solo poche soffrono di un elevato numero di caduta o addirittura per soffocamento. 10 attacchi di massa (35 attacchi nei quattro attacchi. Come riscontrato in altri lavori, anche in anni d’indagine) che hanno portato alla per- Al fine di ridurre considerevolmente il provincia d’Arezzo le uccisioni multiple si dita di 100-186 capi (536 ovi-caprini uccisi livello di conflitto, è quindi necessario inve- verificano raramente. dal 1998 al 2001). stire maggiormente sulle tecniche di gestio- L’indagine, infatti, evidenzia che, sia per Il numero di allevamenti coinvolti Figura 10.19. In Toscana il cinghiale è l’ungulato sel- ne in grado di ridurre e di prevenire il verifi- quanto riguarda il comparto bovino che annualmente varia da un minimo di 5 ad un vatico che arreca il maggior numero di danni alle col- carsi di episodi predatori. quell’ovi-caprino, la gran parte degli attacchi massimo di 7. Il 77 % degli attacchi ha coin- tivazioni agrarie. Infatti, il più importante fattore che coinvolge un numero ridotto di animali: volto 10-15 capi, solo in un caso sono stati determina la predazione del bestiame l’83% degli attacchi ai bovini un solo anima- coinvolti 54 animali. La mediana del nume- domestico è proprio la mancanza degli ade- le, il 57 % degli attacchi su ovi-caprini 1-3 ro di capi uccisi attacco è 15. scorso anno, in vigore la Legge Regionale n. guati sistemi di prevenzione (Blanco et al. animali. L’andamento mensile degli attacchi con 72/94, la quale prevede interventi finanzia- 1992). uccisione multiple appare costante durante ri a favore degli allevatori che subiscono Sebbene, la presenza di un predatore, l’anno, al contrario della distribuzione tem- danni al bestiame in seguito all’attacco di per un’amministrazione regionale, può porale dei rimanenti attacchi che presenta animali predatori o causati da eventi meteo- risultare in termini economici onerosa, il rologici. fenomeno della predazione al bestiame Figura 10.17. Le uccisioni di massa coinvolgono una concentrazione di eventi nel periodo Analizzando l’entità dei rimborsi liqui- domestico appare meno grave se confronta- esclusivamente il comparto ovi-caprino. compreso tra giugno ed ottobre (Figura 10.16). dati dalla Regione Toscana, per risarcimento to con altre problematiche di natura am- dei danni provocati da animali predatori bientale. durante il triennio 1999-2001, le province Come termine di riferimento, sembra, con il maggior numero di rifusioni erano in infatti, opportuno riportare i costi annui ordine d’importanza Grosseto, Siena e d’indennizzo dei danni a carico delle colti- Arezzo (Gazzola 2002). vazioni agrarie e del soprassuolo boschivo 10.10. Costi d’indennizzo e di Durante il periodo 1998-2001, il costo da parte degli ungulati selvatici (in massima prevenzione medio annuale degli indennizzi per la pro- parte cinghiale): 610.710 euro (circa 7 volte vincia di Arezzo è stato di 86.863 euro. La superiore la cifra dei danni alla zootecnia provocata dai canidi) (Figura 10.18). Come in precedenza descritto (vedi paragrafo 2) in Toscana è stata, sino allo

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MARCO APOLLONIO, LUCA MATTIOLI 11. Conclusioni dei curatori

Marco Apollonio, Luca Mattioli

11.1. Considerazioni generali di un quadro generale di conoscenza sul lupo in Italia e ci auguriamo possano essere Il progetto-lupo realizzato in quasi dieci occasione di stimolo per altre amministrazio- anni nella Provincia di Arezzo ha permesso ni locali per intraprendere analoghe espe- di delineare un quadro conoscitivo su questa rienze nell’interesse della conservazione del specie di sicuro interesse nel panorama più importante predatore presente nel nostro scientifico nazionale, per completezza e paese. scala geografica di riferimento. Sono stati raccolti dati consistenti su mor- fologia, genetica, distribuzione, dinamica di popolazione, ecologia trofica e relazioni con11.2. Stato della conservazione le popolazioni di specie preda, sia selvatichedel lupo che domestiche. Queste conoscenze sono riferite all’intero territorio della provincia, Le azioni previste dalla Direttiva CEE quindi ad una scala geografica che è signifi-92/43 “Habitat” e dalle relative leggi e rego- cativa per la comprensione dei vari aspettilamenti di attuazione, hanno come finalità il della biologia ed ecologia di questo predato-mantenimento degli habitat e delle specie, in re ma anche adeguata per l’applicazione diparticolare di quelle di interesse prioritario opportune strategie di conservazione. Il fattoper la Comunità Europea, in uno “stato di che lo status del lupo stia conoscendo unaconservazione soddisfacente”. fase di forte evoluzione pone nuove sfide per Dall’analisi dei dati illustrati in questo l’elaborazione e la sperimentazione di strate-volume possiamo affermare che nell’area gie di conservazione che devono esseredella Provincia di Arezzo e nelle zone con- necessariamente fondate su buone conoscen-termini questo obiettivo, per il lupo, sia stato ze di base, sia del predatore che degli altriraggiunto. fattori ecologici e gestionali ad esso connes- 1) Il parametro più indicativo è certamen- si. te l’incremento dell’area occupata dalla spe- Il progresso nella conoscenza della spe-cie con la costituzione di nuovi branchi evi- cie segue però con un notevole ritardo que-denziata a partire almeno dal 2003. Mentre sta evoluzione: basti pensare al forte divariofino a quella data l’areale del lupo era confi- ancora esistente tra le stime ufficiali di densi-nato all’area montana del territorio provin- tà e consistenza a livello nazionale e la situa-ciale, negli ultimi anni la specie ha dimostra- zione rilevata dai numerosi gruppi di ricercato di essere in grado di colonizzare anche operanti sul territorio per le rispettive aree dirilievi di minore altitudine ma caratterizzati interesse. da elevata copertura boscosa e buona densi- I contenuti di questo volume costituisco-tà di ungulati selvatici, situati nelle restanti no un significativo tassello nella costruzioneparti, quali Lignano, l’Alpe di Poti, i Monti del Chianti. Questo processo di espansione,

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CONCLUSIONE DEI CURATORI MARCO APOLLONIO, LUCA MATTIOLI

anche se accompagnato spesso da recrude- dell’Abruzzo e la neo-costituita popolazione delle prime indicazioni raccolte nell’area di nutrimento per il lupo. Il muflone infine si scenze del problema delle uccisioni illegali, alpina che si è originata proprio a partire da delle Foreste Casentinesi. è confermato essere una specie particolar- dimostra una dinamica di popolazione di soggetti provenineti dall’Appennino, mentre 1) Il lupo si alimenta per il 90% di prede mente vulnerabile alla predazione del lupo; segno positivo per questa porzione complessivamente il lupo Italiano appare con cui si è coevoluto e su cui si è specializ- nelle aree di nuova colonizzazione di dell’Appennino, che si è tradotta in un incre- ben distinto da altre popolazioni europee, in zato in tutto il suo areale di distribuzione, Lignano e dei Monti del Chianti (Cavriglia) mento della consistenza della popolazione. conseguenza del lungo processo di isola- ovvero gli ungulati selvatici. Questo pattern dove lupo e muflone sono da poco venuti in 2) Ma se la popolazione cresce comples- mento a cui è stato soggetto (Lucchini et al, si ripete invariabilmente anche nelle aree di contatto, sembra ripetersi il processo di forte sicvamente per incremento del suo areale 2004). La bassa percentuale di ricampiona- nuova colonizzazione, dove più stretto e fre- diminuzione che questa specie ha già fatto distributivo, la sua densità e struttura demo- mento nel corso degli anni (30-32% a secon- quente è il contatto con le attività antropi- registrare in passato per le colonie delle grafica appaiono relativamente costanti: il da che si includano, o meno, i lupi rinvenuti che; anzi, queste aree sono spesso caratteriz- Foreste Casentinesi e del Pratomagno. numero di lupi/100 Kmq è stabilizzato intor- morti), unita alla buona persistenza di una zate da situazioni di alta densità locale e/o 3) I dati preliminari provenienti dal pro- no al valore di 3 soggetti, con branchi di parte dei soggetti adulti (fino a 6 anni in presenza di un elevato numero di specie getto di studio sul sistema prede-predatore circa 5 individui in estate e 4 in inverno. La alcuni casi), supportano ulteriormente l’ipo- diverse di ungulati, suggerendo che il suc- dell’Alpe di Catenaia indicano chiaramente popolazione di lupo entro il suo areale “sto- tesi di una frazione riproduttiva relativamen- cesso della colonizzazione è probabilmente come la predazione del lupo non è in grado, rico” sembra quindi aver raggiunto un equi- te stabile, in particolare in quelle unità socia- legato ad una elevata offerta di queste prede in ecosistemi altamente produttivi come librio con le risorse dell’ambiente, caratteriz- li che vivono nella porzione montana e più selvatiche a “minor rischio” rispetto a quelle quello appenninico, di controllare da sola le zato da densità paragonabili ai valori più ele- antica dell’areale, ed in prossimità o entro le domestiche. La specie preda principale, popolazioni di capriolo e ancor meno di cin- vati noti per la specie sia in Europa che in principali aree protette, e di un veloce ovvero la più utilizzata dal lupo nell’intera ghiale. Su un campione di 75 cinghiali e 65 Nord-America, dovute ad un elevato numero ricambio dei soggetti nati ogni anno. La evi- area, è risultata il cinghiale, anche se in alcu- caprioli radio-marcati, è stato calcolato che di branchi di piccole dimensioni che occu- dente strutturazione geografica delle caratte- ne aree o in alcuni anni questo ruolo è stato il lupo si è reso responsabile del 4% delle pano territori relativamente piccoli, come ristiche genetiche degli individui (ovvero rivestito anche dal capriolo o dal daino. perdite di capriolo e del 2 % di quelle di cin- testimoniato dalla ridotta distanza media tra una buona associazione tra genotipi e aree 2) Dai dati raccolti emerge che l’uso ghiale, corrispondenti rispettivamente al branchi in estate (soltanto 11,1 km). Questa geografiche), confermata dal ridotto numero delle diverse specie preda non dipende sol- 20% e al 4% della mortalità complessiva situazione si mantiene stabile, nonostante un di spostamenti di individui da un’area all’al- tanto dalla loro densità, assoluta o relativa registrata per le due specie. Per contro il pre- elevato successo riproduttivo dei branchi, tra, che sta ad indicare un ridotto scambio nella comunità degli ungulati, ma dal bilan- lievo venatorio legale e quello illegale sono grazie ad un veloce turn-over dei soggetti genetico tra aree geografiche, fa avanzare l’i- cio costi/benefici di ciascuna classe di preda risultati per entrambe le specie il principale giovani che tendono probabilmente a disper- potesi che questi soggetti giovani disperdano (intesa come specie e classe di età) a sua fattore di mortalità, responsabile della perdi- dere precocemente in cerca di nuove aree da su lunghe distanze (vale a a dire oltre l’ambi- volta influenzato dalla disponibilità, vulnera- ta del 14% dei soggetti marcati di capriolo e occupare, favoriti da buone probabilità di to provinciale) e/o siano soggetti ad una ele- bilità e apporto energetico in grado di offrire del 38% di quelli di cinghiale. Il branco successo a loro volta dovute ad un’elevata vata mortalità. Le differenze genetiche tra i al predatore. In questo senso il lupo, nelle dell’Alpe di Catenaia, che in media era com- offerta trofica di prede di piccole-medie soggetti dell’area di presenza stabile e quelli diverse condizioni ecologiche in cui si trova posto di 4,5 individui, ha predato in media dimensioni (Apollonio et al., 2004). delle aree di recente colonizzazione, indica- a vivere, tende a selezionare le classi di 103 cinghiali ed 85 caprioli all’anno su una 3) I risultati della genetica hanno fornito no inoltre che i flussi genici sono ulterior- prede più vantaggiose, che non sempre coin- superficie stimata di circa 170 Kmq, che cor- ulteriori e preziose informazioni che, da una mente influenzati da soggetti provenienti da cidono con quelle più abbondanti. Per tutte rispondono ad una densità di prelievo di 0,6 parte, supportano il quadro descritto dal aree adiacenti (regione Umbria, Siena). le specie si è evidenziata una selezione posi- cingiali e 0,5 caprioli/kmq. monitoraggio e, dall’altra, offrono nuove tiva degli individui nel primo anno di vita, 4) Nel contesto ecologico della Provincia chiavi di interpretazione. I lupi esaminati ancora immaturi e quindi con meno difese. di Arezzo, caratterizzato da elevate densità presentano un livello di variabilità genetica La classe di preda che viene selezionata più di ungulati, il lupo sembra quindi in grado di medio rispetto al range conosciuto per la di frequente è quella dei piccoli di cinghiale esercitare una funzione di limitazione delle specie, consentendo di escludere problemi oltre i quattro mesi di vita, che sono usati in specie preda, che soltanto sommandosi all’a- dovuti alla forte riduzione della specie nei particolare dalla tarda estate fino alla prima- zione del prelievo venatorio ed alle oscilla- decenni passati. Come previsto, i lupi di que-11.3. Ruolo ecologico del lupo vera. Durante il periodo estivo e nel primo zioni climatiche annuali, può determinarne sta parte dell’Appennino risultano avere autunno l’utilizzo dei cervidi, in particolare la dinamica di popolazione. Tuttavia, a livel- caratteristiche intermedie tra quelli dei giovani, tende ad aumentare, fino a lo locale, il lupo può determinare anche la L’estensione degli studi sull’ecologia ali- diventare in alcune aree la principale fonte scomparsa di piccole popolazioni di specie mentare del lupo a nuove aree della Provincia di Arezzo ed il progetto di studio del sistema preda-predatore dell’Alpe di Catenaia, hanno fornito ulteriori conferme

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CONCLUSIONE DEI CURATORI MARCO APOLLONIO, LUCA MATTIOLI

non autoctone come il muflone, in questo 1) Il primo è certamente costituito dal causata dall’uomo e si verifica per colpo esercitando come un ruolo di contrasto di danno è concentrato in un numero ridotto di mantenimento di una comunità diversificata d’arma da fuoco durante il periodo autunna- scelte gestionali opinabili operate da parte attacchi, definiti attacchi di massa, ovvero di ungulati: la disponibilità di prede selvati- le. Questo ci dice che un altro elemento cru- dell’uomo. quelli in cui vengono uccisi un numero di che rappresenta un fattore di primaria impor- ciale per la conservazione del lupo è rappre- capi >10. Questi attacchi costituiscono il 14 tanza non soltanto per il successo riprodutti- sentato dall’atteggiamento che i cacciatori, % dei casi ma sono responsabili del 44 % vo della specie ma anche per il manteni- ed altre categorie di persone come gli alleva- delle perdite totali. Le aziende più colpite mento di un livello di conflittualità accettabi- tori, avranno verso di esso. Mano a mano 11.4 Lupo-zootecnia: un conflitto sono infine quelle con evidenti carenze le con le attività zootecniche. La evidente che la specie ritorna ad essere presente in gestibile nelle pratiche di conduzione e/o protezione correlazione tra il processo di espansione zone dove è mancata per lungo tempo, si del bestiame: soltanto il 13 % degli attacchi degli ungulati selvatici, in primo luogo del ricreano antichi conflitti, particolarmente cinghiale, e quella del lupo verificatasi in I dati riferiti alle indagini svolte in questo colpisce infatti greggi difese da cani da acuti nella fase di prima colonizzazione, Italia negli ultimi 30 anni, ne sono la miglio- settore individuano due fenomeni comple- pastore, mentre la grande maggioranza quando chi vive nel territorio è ancora re dimostrazione. mentari che conducono a concludere che il (63%) interessa le situazioni in cui non è impreparato alla presenza del lupo. Oltre a 2) Parzialmente correlato al precedente, livello del conflitto attuale è gestibile e soste- stata adottata alcuna misura di difesa. questo, anche nelle aree di presenza stabile, un secondo fattore di grande importanza per nibilile anche sul lungo periodo: 3) La presenza del lupo in una determi- il lupo esercita comunque un prelievo di il mantenimento di una popolazione vitale di 1) I danni causati dai predatori, lupo e nata area determina inevitabilmente una fauna selvatica, apprezzabile anche se di lupo è la creazione di una rete di aree pro- cane, in senso complessivo costituiscono una modificazione delle scelte aziendali e delle dimensioni nettamente inferiori a quello tette, o comunque soggette a regolamenta- percentuale modesta dell’intero patrimonio tecniche di allevamento: l’allevamento allo operato dall’uomo. zione del prelievo venatorio, ben distribuita ovino e bovino della provincia, e rappresen- stato brado ed incustodito degli ovi-caprini 4) L’elevata produttività degli ecosistemi sul territorio. La distribuzione dei segni di tano una causa di perdite di gran lunga infe- senza ricovero notturno in strutture di prote- appenninici offre comunque la possibilità di presenza della specie e, ancora più impor- riore a quella determinata da altri fattori di zione è certamente poco compatibile con la una convivenza pacifica tra attività venatoria tante, quella delle aree di allevamento dei mortalità. Nei quattro anni di indagine, dal presenza stabile del lupo, salvo accettare e predazione naturale che garantisca il legit- cuccioli e dei rendezvous sites, sono stretta- 1998 al 2001, i predatori sono stati responsa- livelli elevati di danno. Tuttavia la conversio- timo livello di soddisfazione dei cacciatori mente associate alle aree in divieto di caccia bili della perdita dello 0,74 % del patrimonio ne dal comparto ovi-caprino a quello bovi- ed il rispetto del lupo. La sfida più che tecni- o comunque dove questo esercizio è regola- ovi-caprino e dello 0,36 % di quello bovino, no, molto meno esposto al rischio predazio- ca è culturale: occorre l’impegno di tutti mentato, come le aziende faunistico e agri- causando danni al 2,8 % del numero com- ne, e soprattutto l’adozione di misure di dife- affinchè i predatori naturali non siano visti turistico venatorie nelle zone di recente plessivo delle aziende con ovi-caprini e al 3,6 sa e prevenzione in quelle aziende in cui il come concorrenti da estirpare ma come colonizzazione. Non è certo che il ruolo di % di quelle con bovini. Il costo economico problema risulta cronico e/o si manifesta con parte degli ecosistemi e fattori di quilibrio e queste aree si esaurisca nell’assenza o nella medio annuo è stato di circa 86.000, circa eventi eccezionali, consentiranno certamen- selezione naturale. riduzione dell’attività venatoria e quindi in sette volte inferiore a quello cusato dal solo te di contenere il problema entro livelli di La stretta collaborazione tra il mondo una minore persecuzione. Spesso infatti cinghiale all’agricoltura. sofferenza accettabile, sia dal punto di vista venatorio, in particolare quello della caccia sono caratterizzate da comunità di ungulati 2) Se il danno complessivo, osservato su del costo sociale che della sua entità econo- di selezione agli ungulati ma anche alcuni più abbondanti e/o con maggior numero di scala provinciale, è modesto, tuttavia la mag- mica. settori della caccia al cinghiale, e le attività specie e presentano in genere un minore gior parte dei costi risultano concentrati su di monitoraggio e ricerca sul lupo costitui- livello di disturbo antropico (densità stradale un numero ridotto di aziende. Gli alleva- scono un passo di grande importanza in que- e di centri abitati). Quale che sia il meccani- menti cronicamente colpiti dal fenomeno sta direzione. smo di azione, il loro mantenimento e la loro della predazione, ovvero che hanno subito Proseguire su questo percorso, mediante buona gestione rappresentano un fattore cru- attacchi ripetuti nel corso degli anni, sono il una formazione sempre più qualificata e 11.5 Fattori chiave per la ciale per garantire la vitalità della popolazio- 6 % di quelli totali ma in essi si è verificato il consapevole degli operatori presenti sul terri- ne attraverso una stabilità dei siti di riprodu- 37 % delle perdite totali. Nell’83 % delleconservazione torio e del ruolo che essi esercitano nella zione ed un elevato successo di allevamento aziende colpite il danno ha avuto un caratte- gestione e conservazione delle risorse natu- dei piccoli. rali, costituisce certamente un obiettivo stra- re episodico, e si è verificato una sola volta o Le conoscenze acquisite sul lupo, ma 3) I dati raccolti negli ultimi venti anni tegico di primaria importanza. Ci auguriamo comunque meno di una volta all’anno. Ma ilanche l’esperienza accumulata nella gestio- indicano chiaramente che la gran parte della che questo volume possa contribuire a rea- problema risulta concentrato non solo nellone dei diversi elementi ad esso correlati, mortalità dei lupi adulti è volontariamente lizzarlo insieme. spazio ma anche nel tempo: gran parte delconsentono di individuare alcuni fattori che riteniamo critici per garantirne uno stato di conservazione soddisfacente nel medio- lungo periodo.

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Finito di stampare nel mese di giugno 2006 per conto di Editrice Le Balze - Montepulciano (SI) presso la Tipolitografia Sat - Lama - San Giustino (PG) lupo nuovo optima 5-06-2006 19:21 Pagina 166 lupo nuovo optima 5-06-2006 19:21 Pagina 168