Pio La Torre Nacque Ad Altarello Di Baida, Una Borgata Di Palermo, La Vigilia Di Natale Del 1927, Da Padre Palermitano E Madre Lucana
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Pio La Torre nacque ad Altarello di Baida, una borgata di Palermo, la vigilia di Natale del 1927, da padre palermitano e madre lucana. Crebbe insieme a quattro fratelli in una famiglia di contadini, senza acqua e luce elettrica in casa. Fu uno studente precoce e a nemmeno 18 anni si iscrisse all’Università. Maturò presto il suo forte interesse per la giustizia sociale e si impegnò a combattere per i diritti dei più deboli e bisognosi contro lo sfruttamento dei ricchissimi proprietari terrieri, aderendo alle lotte dei braccianti siciliani per il diritto alla coltivazione delle terre. Il suo impegno politico cominciò con l’iscrizione al Partito Comunista nell’autunno del 1945 e la costituzione di una sezione del partito nella sua borgata, e nelle borgate vicine. Questo infastidì i mafiosi locali, che incendiarono la porta della stalla di casa. Suo padre preoccupato tentò di "far ragionare" il figlio e dissuaderlo dalla lotta politica, ma Pio per tutta risposta abbandonò la casa paterna e andò a vivere con compagni di partito. Divenne funzionario della Federterra nel 1947, e successivamente nel luglio 1949 membro del Consiglio Federale del Partito Comunista al cui interno diede l'avvio ufficiale al movimento di occupazione delle terre da parte dei contadini, lanciando lo slogan "la terra a tutti". La protesta messa in atto dai braccianti, e guidata da Pio La Torre, prevedeva la “confisca” delle terre incolte o mal coltivate e l'assegnazione in parti uguali a tutti i contadini che ne avessero bisogno. Parallelamente partì anche la campagna per la raccolta del grano, che sarebbe servito per seminare le terre occupate. Purtroppo il 29 ottobre dello stesso anno a Melissa, in Calabria, le manifestazioni di protesta dei contadini sfociarono in tragedia, con la morte di tre persone, tra cui un bambino e una donna e il ferimento di altri quindici, oltre a numerosi arresti, a opera delle forze dell’ordine. Quella tremenda vicenda convinse i dirigenti del PCI palermitano ad anticipare la data dell’occupazione delle terre fissandola al 13 novembre successivo. Proprio il giorno dei tragici fatti di Melissa, Pio La Torre celebrava a Palermo il suo matrimonio con Giuseppina Zacco, figlia di un medico palermitano. Informato dal segretario della federazione di Palermo interruppe il viaggio di nozze e rientrò in città per preparare l’imminente lotta per le terre. Il progetto dell’occupazione prevedeva che i contadini di dodici paesi confluissero a Corleone da dove, la mattina di domenica 13 novembre 1949, sarebbero partiti una serie di cortei che avrebbero occupato e preso possesso di tutte le terre censite come incolte e mal coltivate. Memore delle vittime di Melissa la polizia aveva qualche remora ad intervenire duramente, così l’occupazione continuò per molti giorni, sviluppandosi anche nei comuni fuori Palermo. Il Governo, viste le dimensioni che la rivolta aveva assunto, decise di tentare la via della repressione che portò all’arresto di alcuni dirigenti sindacali e braccianti agricoli da cui scaturirono scontri, il più grave dei quali, a S. Cipirello, portò in carcere diciotto persone. L’occupazione comunque ebbe successo e quasi tremila ettari di terreno vennero coltivati a grano. 1 Il 10 marzo 1950 il movimento dei contadini era a Bisacquino con Pio La Torre alla testa del corteo, lungo quasi cinque chilometri e formato da circa seimila persone, che venne circondato dalle forze di polizia inviate dal prefetto. La battaglia continuò fino a sera quando, insieme ad altre centinaia di contadini, anche La Torre venne tratto in arresto, accusato di tentato omicidio e condotto al carcere dell’Ucciardone di Palermo. Pio La Torre vi rimase rinchiuso per circa un anno e mezzo: fu un periodo molto duro, sia per le difficili condizioni di detenzione sia per i rapporti familiari. Il primo colloquio con la moglie, in attesa del primo figlio della coppia, Filippo, che sarebbe nato il 9 novembre, fu concesso solo dopo qualche mese. Tenne comunque vivi i suoi interessi anche leggendo opere di Gramsci, scritti di Lenin e Labriola, che riuscì a procurarsi con l’aiuto di alcune guardie carcerarie. Il processo si protrasse per dieci udienze, mettendo in luce le ingiuste accuse formulate contro La Torre che fu scarcerato il 23 agosto 1951. Durante la detenzione lo raggiunse la dolorosa notizia della morte della madre e anche la nascita del primo figlio fu vissuta dal carcere: il primo contatto con il primogenito fu nel cortile dell’Ucciardone, dove una guardia carceraria portò il bambino, di pochi giorni, avvolto in un sacchetto, mentre la moglie Giuseppina era rimasta ad aspettare negli uffici del carcere. La coppia ebbe poi un altro figlio, Franco, che nacque nel giugno del 1956. Intanto, nel 1952 aveva assunto la carica di dirigente alla Camera confederale del lavoro e fu organizzatore di una massiccia raccolta di firme per la campagna universale a favore dell’appello di Stoccolma, lanciato dal movimento internazionale per la pace, che chiedeva la messa al bando delle armi atomiche. Nello stesso anno fu eletto per la prima volta al Consiglio comunale di Palermo dove restò fino al 1960. In questo periodo divenne segretario regionale della Cgil, nel 1959 e del PCI siciliano dal 1962 al 1967. Nel 1963 venne eletto per la prima delle due legislature in cui resterà in carica, all’Assemblea regionale siciliana. Nel 1969 venne chiamato a Roma dal partito alla Direzione centrale del PCI dove ricoprì l’incarico di vice responsabile della Sezione agraria e della Sezione Meridionale. Messosi in particolare luce per le sue eccellenti doti politiche, Enrico Berlinguer lo volle nella Segreteria nazionale di Botteghe Oscure. Nel 1972 venne eletto al Parlamento dove restò per tre legislature, facendo parte delle commissioni Bilancio e programmazione Agricoltura e Foreste, della commissione parlamentare per l'esercizio dei poteri di controllo sulla programmazione e sull'attuazione degli interventi ordinari e straordinari nel Mezzogiorno ma soprattutto della commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia. La commissione era stata istituita nel 1962, durante la prima guerra di mafia e pubblicò il suo rapporto finale nel 1976. La Torre, insieme al giudice Cesare Terranova, redasse, e sottoscrisse come primo firmatario, la relazione di minoranza che metteva in luce i legami tra la mafia e importanti uomini politici, in particolare della Democrazia Cristiana. Alla relazione aggiunse la proposta di legge “Disposizioni contro la mafia” tesa a integrare la legge 575/1965 e a introdurre un nuovo articolo nel codice penale: il 416 bis. Questa proposta segnò una svolta radicale nella lotta contro l’associazionismo mafioso che fino ad allora non era riconosciuto, di per sé, come passibile di condanna penale. Il nuovo articolo oltre ad introdurre il reato di associazione mafiosa punibile con una pena da tre a sei anni per i membri, che saliva da quattro a dieci nel caso di gruppo armato, stabiliva la decadenza per gli arrestati della 2 possibilità di ricoprire incarichi pubblici e soprattutto l’obbligatoria confisca dei beni direttamente riconducibili alle attività criminali perpetrate dagli arrestati. Quella proposta, quando finalmente approvata, è divenuta la pietra miliare dell’azione di contrasto dello Stato, nota come legge Rognoni-La Torre (legge 13 dicembre 1982 n. 646). Come ricorda il figlio Franco il 24 febbraio scorso nel blog MAFIE di Repubblica: “Nel 1981 Pio La Torre decide di tornare in Sicilia. E’ un momento storico molto particolare, la strategia mafiosa di intimidazione dei rappresentanti più impegnati nell’azione di contrasto da parte dello Stato contro la mafia stava toccando l’apice della sua azione violenta e sanguinaria. Negli anni precedenti erano stati uccisi illustri uomini dello Stato, uomini politici e delle forze dell’ordine, come il tenente colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo (20 agosto 1977), il segretario provinciale della Democrazia cristiana Michele Reina (9 marzo 1979), il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano (21 luglio 1979), il giudice Cesare Terranova (25 settembre 1979), il Presidente della Regione Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), il capitano dei carabinieri Emanuele Basile (4 maggio 1980) e il procuratore capo della Repubblica di Palermo Gaetano Costa (6 agosto 1980)”. Nell’autunno del 1981 assunse l'incarico di segretario regionale del Pci ed intraprese, in linea con il suo impegno straordinario, la sua ultima battaglia politica contro l'installazione di missili Nato nella base militare di Comiso, nei pressi di Ragusa. Sempre Franco La Torre, proseguendo le sue osservazioni sul blog, ricorda come: “…il 7 agosto del 1981, il governo italiano aveva reso noto l’accordo con la Nato per l’installazione degli euromissili nucleari Cruise nella base militare di Comiso in provincia di Ragusa. Siamo in piena guerra fredda. Pio La Torre dà forza e contributo strategico all’organizzazione del crescente movimento di protesta contro l’istallazione delle testate atomiche, vista come minaccia alla sicurezza, non solo siciliana, e non come possibile fonte di ritorno economico…” Lanciò dal Circolo della Stampa di Palermo una petizione nell’ambito di un convegno a cui parteciparono esponenti di ogni orientamento politico, culturale e religioso. L’obiettivo era raccogliere un milione di firme. La prima grande manifestazione fu fissata per l’11 ottobre 1981, a Comiso, con un gran numero di partecipanti provenienti, in marcia, da Palermo. Il successo della protesta fu enorme e la raccolta di firme straordinaria. Lo stesso La Torre, in un articolo pubblicato postumo su “Rinascita” del 14 maggio 1982, spiegò che “le ragioni dell’opposizione ai missili erano basate sull’assoluta contrarietà alla trasformazione della Sicilia in un avamposto di guerra in un mare Mediterraneo già profondamente segnato da pericolose tensioni e conflitti. Noi dobbiamo rifiutare questo destino e contrapporvi l’obiettivo di fare del Mediterraneo un mare di pace”. I progetti, così caparbiamente coltivati da Pio La Torre, furono barbaramente interrotti alle nove di mattina del 30 aprile 1982 quando insieme al compagno di partito Rosario Di Salvo stava raggiungendo in auto la sede del partito.