Studi pesaresi

Rivista della Società pesarese di studi storici

1 2012

metauro ISSN 2280-4293 Indice del volume

Linee editoriali 5

Valeria Valchera PISAURUM. Le associazioni professionali di età romana 7

Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo. L’importanza del radicamento territoriale nell’espansione egemonica ecclesiastica 21

Francesco V. Lombardi L’antica “strada delle due Abbazie” fra Morciano e Montecchio: per una proposta futuribile 33

Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro in epoca sforzesca 41

Edoardo Narducci Un dipinto inedito di Benedetto Nucci 63

Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni di Urbino. Problemi iconografici e di attribuzione 69

Anna Falcioni, Marco Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi di Federico Barocci 99

Alessandro Paccapelo Girolamo Arduini architetto del duca Francesco Maria II della Rovere 111

Enrico Gamba Le “code” pesaresi del caso Galilei 129

Luisa Levi D’ Modena La famiglia Della Ripa dalle carte di un archivio privato 139

Marcella Pantalone Le antiche collezioni di palazzo Albani 157

3 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro di Romolo Liverani 165

Roberto Rossi Dieci anni di restauri d’arte a Montelabbate 181

Marco De Santi Restauri alla collegiata di Barchi. Scoperte e nuove attribuzioni 193

Gli autori 213

Norme redazionali 215 Linee editoriali

1. Nel corso del 2011 il consiglio diret- anche se non accademica, a giovani studio- tivo della Società pesarese di studi storici si che muovano i primi passi nella ricerca; ha discusso e soppesato il progetto com- infine, contribuire alla crescita culturale plessivo della Società stessa, gli obiettivi della civitas. iniziali, i risultati conseguiti. Si è scelto di considerare concluso il ciclo editoria- 2. In merito al primo punto, ci conforta le imperniato su “Pesaro città e contà”, il sostegno che il nostro corpo sociale ci ha a coronamento del quale sono usciti di sempre offerto. I soci della Società pesare- recente gli Indici 1991-2011. se di studi storici, che annualmente versano Ragionando sulle finalità del sodalizio, una quota di adesione, sono venuti crescen- l’esperienza complessiva della Società pesa- do negli anni; alle nostre riunioni – presen- rese di studi storici è risultata ampiamente tazioni, incontri, convegni, ecc. – partecipa positiva, un’opportunità da non disperdere. di solito un cospicuo uditorio, fra soci e cit- La nuova rivista “Studi pesaresi”, che vede tadini, e la vasta affluenza non manca talora la luce con questo numero, continuerà per- di sorprendere alcuni relatori “forestieri”, ciò a proporsi come strumento che manten- anche importanti, abituati a platee altrove ga, con l’eventuale declinazione di quaderni più esigue. È indubbio che il concorso di e collane, la funzione di impulso all’indagi- pubblico alle nostre manifestazioni segna- ne storiografica, coniugando Storia del ter- li da anni, assieme all’adesione assidua di ritorio e rigore scientifico: una rivista che, diverse centinaia di soci, un interesse mai con una vicinanza d’elezione a Pesaro e ai venuto meno e un gradimento che ci rin- suoi diversi ambiti territoriali (città, con- franca a proseguire. tado e diocesi di Pesaro; ducato d’Urbino; A proposito del secondo obiettivo, anche delegazione apostolica di Urbino e Pesaro; nel settore della ricerca si avverte il disagio ecc.), si muoverà dall’evo antico all’età di tanti giovani volonterosi, ancora poco contemporanea. esperti ma disposti ad apprendere e a stu- Mutamento nella continuità, dunque. diare, il cui entusiasmo però, perfino dopo Con un triplice intento: da un lato for- una tesi di laurea fertile di risultati, si spegne nire ai cittadini e al territorio uno stru- non solo per mancanza di occasioni occu- mento editoriale che divulghi i nuovi studi pazionali ma anche di semplice attenzione. che scaturiscono da archivi e biblioteche; Segnalare il nostro interesse ai loro studi, e dall’altro fornire una palestra sorvegliata, offrire loro uno spazio editoriale dove com-

5 pendiarne gli esiti, ci sembra doveroso e in sé la minaccia latente del compiacimento linea con la nostra missione. campanilistico. Per evitarlo, e per mante- In merito al terzo punto, in più di vent’an- nere i contributi all’interno del necessario ni la Società pesarese di studi storici ha pub- livello scientifico (siano cioè innovativi, blicato una rivista dedicata alla Storia terri- misurati, giustificati da un valido apparato di toriale perché suoi scopi primari sono stati, note, ecc.), i saggi che ci vengono proposti fin dalle origini, la promozione dell’indagine sono sempre vagliati, quando occorre anche storiografica sul territorio di pertinenza e la impiegando esperti esterni. divulgazione degli esiti. Crediamo però anche In passato si sono verificati casi di saggi nel valore formativo della Storia come com- restituiti agli autori per integrazione e appro- ponente della coscienza critica del cittadino. fondimento, o semplicemente non accolti: è Meno esibito, quindi, nel nostro operare è possibile che accada anche in futuro. sempre stato implicito un intento di forma- zione educativa e di crescita civile: alla for- 4. In una sorta di volontariato culturale, te richiesta dei cittadini, che hanno sempre la Società pesarese di studi storici verrà dun- manifestato grande interesse verso la Storia, que proponendo – secondo le forze di cui si è cercato di rispondere anzitutto con una disporrà – studi, edizioni, conferenze, ecc. rivista di qualità e con saggi versatili, sorve- Il giudizio sulle attività spetta ai lettori, gliati, talvolta perfino paradigmatici, ma poi agli studiosi e ai cittadini, non a noi. anche collaborando in attività diverse con Dobbiamo però dichiarare che i nostri altri enti, istituti, biblioteche e associazioni, proponimenti non avrebbero portato frutto, infine mettendoci all’ascolto di voci terze, per né lo porterebbero in futuro, da un lato sen- es. presentando ai cittadini cultori della Storia za l’adesione affettuosa e concomitante dei alcuni autori estranei al contesto pesarese. soci, che di anno in anno ci rincuorano con Animare il dibattito, aggiungere voci, la loro vicinanza; dall’altro senza il sostegno favorire la ricerca e l’aggiornamento, ecc., di alcuni sponsor che, in tempi e con moda- sono impegni coerenti con le finalità statuta- lità diverse, hanno creduto nelle finalità cul- rie del sodalizio. turali della nostra associazione e le hanno propugnate. A tutti dobbiamo un ringrazia- 3. Questa rivista si occupa di Storia mento schietto e consapevole: i loro nomi “locale”, nei limiti territoriali sopra somma- compaiono nel sito www.spess.it. riamente enunciati. La dimensione naziona- Un omaggio speciale per la speciale le, regionale o locale della Storia dipende ampiezza e per la costanza del sostegno – peraltro dall’oggetto di studio e dal grado non solo economico – lo dobbiamo alla Fon- di approfondimento (o di sintesi) cui si vuol dazione Cassa di Risparmio di Pesaro: senza pervenire, non dall’intensità dell’impegno; il suo supporto difficilmente i nostri progetti è un problema di scala, che può variare, non sarebbero mai usciti dal limbo delle buone di rigore, che deve essere costante, sempre intenzioni. uguale a se stesso. D’altra parte la Storia locale, che è fon- te preziosa per la Storia generale (purché con questa dialoghi incessantemente), ha in

6 PISAURUM. Le associazioni professionali di età romana

di

Valeria Valchera

1. Introduzione traccia indiretta in un’iscrizione latina (CIL XI, 6393) 3 di una societas picaria, ovvero di Le associazioni professionali rappre- un sodalizio che si occupava della lavorazio- sentano un fenomeno significativo e ben ne della pece, con la quale venivano imper- radicato all’interno di colonie e municipi meabilizzate le imbarcazioni. Quest’ultima durante l’età romana sia in ambito italico, rappresentava sicuramente un’attività di pri- che in quello provinciale. Le testimonianze maria importanza in una città come Pesaro, in nostro possesso provengono in modo pre- dove era presente un porto inserito nel qua- ponderante dalle fonti epigrafiche conserva- dro delle rotte e dei traffici di area adriatica. te, secondariamente da quelle letterarie. Di particolare rilievo è il modo in cui siamo A Pisaurum i collegi professionali atte- informati della presenza di questo sodalizio: stati epigraficamente sono rappresentati dai l’iscrizione riporta infatti il nome di un liber- fabri, centonarii, dendrophori e navicularii, to, Marcus Picarius Nuraeus, che contiene che costituiscono le associazioni maggiori nella radice del gentilizio il riferimento ai e più importanti della colonia durante l’età picarii. Pertanto l’essere stato schiavo di un imperiale (II – inizio III secolo d. C.), perio- gruppo, che svolgeva una determinata attivi- do in cui si data la maggior parte delle iscri- tà, ha come conseguenza la creazione di un zioni di nostro interesse. gentilizio di origine professionale. A questo proposito, lo studio di Waltzing Per il resto, non si conservano altri indi- dedicato ai collegi professionali 1 metteva zi diretti, che facciano riferimento a collegi in evidenza 7 iscrizioni relative ai fabri, 4 professionali operanti a Pesaro e provenien- ai centonarii, 3 ai navicularii e 2 ai den- ti dal materiale epigrafico, se si eccettuano drophori, incrementate nell’aggiornamento gli Studia Apollinaris et Guntharis (vedi compiuto da Mennella e da Apicella 2 sol- §5). Si hanno invece riferimenti a singoli tanto da una nuova epigrafe rinvenuta nel mestieri: 1981, che menziona la schola dei fabbri locali (vedi §2). Da questi primi dati si evin- ce che l’associazione maggiormente presen- Lavori manuali te nei testi epigrafici pesaresi risulta essere quella dei fabbri, seguita dai centonarii, – balneator: Insteius era un temperans navicularii e in ultimo dai dendrophori. balneator, nonostante la fama di intre- Tuttavia, accanto a questi collegi vi è una pido brigante, che Cicerone ricorda

7 Studi pesaresi 1, 2012

in un passo delle Filippiche (13,26). Lavori intellettuali Costui operava a Pesaro, dove pertanto erano presenti degli edifici termali; – grammaticus: Dafnide viene men- – [fab]er ?: CIL XI, 6396 (frammento); zionato da Plinio il Vecchio nella – fullo ?: forse è da considerare come sua Naturalis Historia (7,128) 6. Egli un’attestazione di questo mestiere fu venduto come schiavo da un cer- contenuta nel gentilizio Fullonius (CIL to Attius di Pesaro a Marcus Emilius XI, 8098); Scaurus per l’ingente somma di set- – gladiatores: l’iscrizione CIL XI, 6357 tecentomila sesterzi. Molto probabil- = CIL V, *145,2 = ILS, 5057 = EAOR- mente Dafnide ha svolto la sua opera II, 15 4 rappresenta un’attestazione di di pedagogo ed educatore a Pisaurum un’attività, che non è radicata a Pesa- almeno fino al momento in cui passò ro, ma che si svolge occasionalmente: nelle mani di un altro proprietario; in essa infatti vengono ricordati gli – magister: CIL XI, 6334 = ILS, 1129 = spettacoli gladiatori offerti da Titus AE 1961, 244 = AE 1972, 173 = AE Ancharius Priscus alla comunità insie- 2001, 17; me ai Ludi Florales. Non è da meno il – medica: CIL XI, 6394; figlio, Titus Ancharius Priscianus, che – orator: CIL XI, 6334 = ILS, 1129 = AE fece allestire durante la sua questura 1961, 244 = AE 1972, 173 = AE 2001, 17; un combattimento di dieci coppie di – rhetor: CIL XI, 6367; gladiatori e una venatio al momento – scriptor tragoediarum: la preziosa della concessione della statua bigata in testimonianza di Svetonio (Frammenti onore di suo padre da parte della plebs delle Vite dei poeti 8, p. 36r) ci descri- urbana; ve la figura del famoso scrittore di – lanarius: CIL XI, 6367; tragedie Lucius Accius, nato a Pesaro – structor: CIL XI, 6367; da genitori liberti sotto il consolato di – tector: CIL XI, 6395 = SupIt-I-P, 7; Mancino e Serrano. – vestiarius: CIL XI, 6367; – ναύκληρος: Dioscoros muore a Pisau- rum all’età di 75 anni e viene inumato 2. Il collegium fabrorum: testimonianze il 21 febbraio del 392 d. C. Nell’epi- epigrafiche relative ad una loro schola taffio è menzionata la sua mansione di navicularius, ovvero «un padroncino Come già rilevato sopra, le attestazioni di battello da trasporto, ormai sotto la più numerose riguardano il collegio dei fab- dominazione bizantina», come affer- bri, che sembrerebbe il più antico o uno dei ma Mennella 5. Da notare sulla pietra più antichi collegi istituiti. Attraverso due la presenza dell’àncora posta come iscrizioni 7 è documentata la presenza di una simbolo e chiaro riferimento al suo loro schola, ovvero di una sede collegiale mestiere. dove erano soliti riunirsi i membri associati per le riunioni ordinarie e straordinarie, ma anche per funzioni religiose e per la com- memorazione dei soci defunti.

8 Valeria Valchera Pisaurum

La schola era dedicata alla dea Minerva, stazione a questa dea della sede associativa che molto probabilmente veniva venerata (vedi schola deae Minervae alle linee 2-3 del e considerata dal collegio dei fabbri come testo epigrafico). La tavola è conservata nel divinità protettrice. Difatti, ogni associazio- Museo Oliveriano di Pesaro (inv. n. 388). ne possedeva una divinità di riferimento, Da un’altra iscrizione 10 siamo a cono- posta a protezione delle attività del collegio scenza che la schola del collegio dei fabbri medesimo, scelta tra gli dei olimpici oppure pesaresi era stata costruita da Lucius Turpi- stranieri: a titolo di esempio i fabbri della lius Maximus e dalla figlia Turpilia Maxi- città di Ravenna avevano scelto come loro mina, in seguito essa andò distrutta durante divinità tutelare il dio Nettuno, al quale era un incendio e venne ricostruita a spese del stato eretto da parte di uno dei collegiati collegio 11. un tempio, nel quale venivano celebrate le Da questo elemento è evidente che l’as- feste religiose in onore del dio, le funzioni sociazione pesarese era dotata di una pro- per i consociati defunti oppure le riunioni pria arca, ovvero di una cassa comune, in associative 8. In esso, pertanto, si svolgeva e cui confluivano le quote associative versate si sviluppava la vita dell’associazione nelle dai membri, nonché i diversi donativi depo- sue diverse attuazioni e implicazioni. sitati a vario titolo a favore dell’associa- Il primo indizio sull’esistenza di una zione, e alla quale si attingeva per le spese schola del collegium fabrum a Pesaro è for- sia di carattere ordinario che straordinario, nito da CIL XI, 6335 (p 1399) = ILS, 7218 9: come potrebbe trattarsi nel nostro caso della si tratta di uno dei pochi esemplari conser- ricostruzione della schola distrutta improv- vati di tabula patronatus, in cui era ricordata visamente da un incendio. la cooptazione di nuovi patroni del collegio Sono state avanzate alcune ipotesi per stesso e precisamente: Setina Iusta, moglie individuare nella topografia urbana la pos- del senatore Petronius Aufidius Victorinus sibile collocazione di questa schola. Inizial- (già patrono del collegio dei fabbri) e Petro- mente si pensò all’area di palazzo Barigna- nius Aufidius Victorinus iunior, figlio del ni, poiché proprio nel cortile durante lavori sopra citato personaggio. La procedura di edilizi, eseguiti nel 1880, venne alla luce la conferimento si era svolta all’interno della famosa tabula patronatus bronzea, la qua- schola deae Minervae, dove l’assemblea dei le veniva custodita all’interno della sede soci aveva stabilito l’atto durante la seduta in memoria dell’atto di cooptazione deciso tenutasi alle nonae del mese di gennaio del dall’assemblea dei soci. 256 d. C. Recentemente si è invece sostenuta l’ipo- La tabula veniva redatta su decisione dei tesi che questa non fosse la schola collegii, soci ed era consegnata al patrono, come segno bensì la lussuosa dimora di Petronius Aufi- di appartenenza al collegio, mentre una copia dius Victorinus, che conservava la propria era conservata negli archivi dell’associazio- tavola di bronzo nella sua abitazione, anche ne a memoria dell’atto. Questa pesarese è se non sappiamo se il reperto fosse nel suo realizzata in bronzo e presenta sul timpano la contesto originario oppure reimpiegato 12. protome di Minerva galeata, probabilmente Se consideriamo valida questa affermazio- la divinità protettrice del collegio dei fabbri ne, possiamo sostenere che questa domus di Pesaro, come ricaviamo anche dalla inte- molto ricca, costituita da cinque ambienti

9 Studi pesaresi 1, 2012 e munita di pavimenti in mosaico, nonché anche quinquennalis (presidente) dell’asso- di intonaci parietali, come ricaviamo dalla ciazione dei fabbri, per cui assumeva questa relazione di scavo 13, sia appartenuta alla seconda carica: mi riferisco al liberto Lucius famiglia di Aufidius Victorinus. Pertanto dai Apuleius Brasida 16, originario di Aelia dati emersi non è più possibile ritenere con Carnuntum (attuale Vienna). Al momento certezza l’area di palazzo Barignani come la dell’inaugurazione, egli insieme al colle- sede del collegio dei fabbri di Pesaro, che ga distribuì 50 sesterzi ad ogni membro andò in seguito distrutta a causa di un incen- del collegio, insieme al consueto cesto con dio. pane e vino (sportula). Da questo elemento ricaviamo che i quinquennales posti a capo del collegio erano almeno due; nel caso esa- 3. Il patronato nelle associazioni profes- minato non viene menzionato il nome del sionali pesaresi collega. Vorrei precisare che le pratiche di elar- Caratteristica fondamentale del materia- gizione costituite da denaro e da cesti con le epigrafico pesarese è rappresentata dal viveri, insieme anche a veri e propri ban- fatto di aver conservato per la maggior parte chetti, rivolti alla comunità cittadina, ma i nomi dei patroni delle associazioni pro- in particolare ai membri dei collegi locali, fessionali cittadine: infatti sono pervenute erano consuete e diffuse da parte dei patroni ben sette iscrizioni in merito 14, in cui questi e ne troviamo quasi sempre menzione nella venivano onorati per svariati meriti e bene- parte conclusiva del testo epigrafico inserito merenze sia da parte degli stessi collegia, solitamente nelle basi realizzate in loro ono- che della plebs urbana. re (vedi tabella riepilogativa). Le somme di Da un’iscrizione onoraria posta su una denaro potevano essere ripartite in modo base sappiamo che Titus Caedius Atilius diverso a seconda della componente socia- Crescens era un cavaliere, che aveva rico- le, a cui queste venivano destinate, come perto la carica di patrono per diversi collegi ad esempio nell’iscrizione CIL XI, 6378 = cittadini 15. Egli aveva svolto una brillante CIL V, *145,1, in cui il patrono Gaius Valius carriera municipale prima come questore, Polycarpus, di origine libertina, consegnò poi come giudice (duovir iure dicundo) ed cinque denari ai decurioni, due ai membri infine come censore (duovir quinquennalis). dei collegi ed uno alla plebe insieme a spor- Sulla base di ciò gli stessi collegi, per cui tulae al momento dell’inaugurazione della Titus Caedius era stato patrono, erano ben statua 17. Egli ricoprì il patronato per le asso- lieti di essere rappresentati pubblicamen- ciazioni dei fabri, centonarii, dendrophori e te da una persona così illustre e influente. navicularii sia nella colonia di Rimini, sia in Infatti dalle testimonianze epigrafiche con- quella di Pesaro e ricevette da entrambe gli servate rilevo che il patrono era solitamen- ornamenta decurionalia. te scelto tra le persone più in vista e attive Dagli esempi finora considerati è possi- nell’ambito della colonia, il più delle vol- bile delineare un primo quadro dei patroni te esterno all’associazione stessa, ovvero attestati a Pesaro: questa carica veniva eser- non ne faceva parte come membro effetti- citata sia dai senatori, come Petronius Aufi- vo. Soltanto in un caso un patrono era stato dius Victorinus e gli altri membri della sua

10 Valeria Valchera Pisaurum famiglia, sia da cavalieri, come Titus Cae- teius Quintus Severus 19. Egli aveva eserci- dius Atilius Crescens, sia in particolare da tato la questura, il duovirato e il duovirato liberti, come il sopra citato Lucius Apuleius quinquennale, oltre a due cariche extra ordi- Brasida. Questi ultimi vedevano un’affer- nem: il quaestor alimentorum e il curator mazione della loro persona e della loro car- calendarii pecuniae Valentini 20. Quest’ulti- riera all’interno della colonia, raggiungendo ma funzione consisteva nell’amministrare il mete di solito riservate ai ceti sociali più lascito testamentario, di seicentomila sester- agiati. Tutto questo creava nel tessuto socia- zi, donato alla comunità pesarese da un cer- le cittadino una mobilità, che veniva in un to Valentinus, il quale aveva disposto che certo senso favorita anche dalle scelte delle ogni anno venisse organizzato un banchetto associazioni di avere un patrono di origini pubblico con quel denaro 21. libertine, che però si era saputo distinguere In questo caso l’onorificenza era stata per i suoi meriti e le sue capacità all’interno posta per volere dei decurioni e della plebs della comunità. urbana, denotando ulteriormente l’impor- Le associazioni professionali attestate a tanza della persona onorata e il ruolo di Pesaro, ma anche negli altri centri rappre- prestigio, che questa aveva svolto all’inter- sentano pertanto dei nuclei o cellule urbane, no della colonia pesarese. Gaius Mutteius in cui si verificava una promozione sociale Quintus Severus aveva ricoperto la carica degli stessi cittadini, creando da un lato una di patrono in tre associazioni professiona- competizione, ma dall’altro una sana coe- li: quella dei fabbri, quella dei centonarii e sione tra le varie componenti sociali. Anche infine presso i navicularii. da questo emerge l’importanza delle asso- Di un altro patrono del collegio dei fab- ciazioni all’interno del corpo civico, le quali bri si ha menzione in CIL XI, 6371, di cui non erano legate solamente all’ambito pro- abbiamo notizia solamente attraverso i codi- fessionale e alle attività economiche, come ci, in quanto la lapide è scomparsa prima verrebbe da pensare ad una prima analisi, dei riscontri effettuati da Bormann. Secon- ma presentavano molteplici implicazioni, do Cresci Marrone e Mennella 22 potrebbe che contribuivano a saldare i vari ceti socia- trattarsi di una base, che poteva reggere la li e a fungere da elementi di coesione nel statua indicata nel testo epigrafico. In essa tessuto cittadino piuttosto che di disordine veniva onorato Marcus Naevius Magnus, e caos. Difatti, con la lex Iulia de collegi- fratello di Marcus Naevius Iustus (onora- is stabilita da Augusto vennero sciolti tut- to in un’altra iscrizione, come vedremo ti i collegia esistenti eccetto quelli antichi sotto) e figlio di Marcus Naevius Cerasus. e legittimi 18, rimettendo alla decisione del Egli aveva in seguito donato alla cassa del Senato la formazione di nuovi. collegio la somma di diecimila sesterzi per I patroni delle citate associazioni profes- onorare i meriti suoi e del figlio e ne aveva sionali erano scelti anche tra gli esponenti aggiunti ventimila per la cura della statua; del ceto dirigente municipale, i quali ave- il giorno dell’inaugurazione del monumento vano ricoperto cariche prestigiose all’in- egli offrì delle ceste con viveri. terno della colonia: un esempio in merito è Un’altra base con statua 23 venne posta rappresentato dalla lapide marmorea (oggi sempre dal collegio dei fabbri pesaresi in perduta), in cui veniva onorato Gaius Mut- onore di Marcus Naevius Iustus, fratello del

11 Studi pesaresi 1, 2012 sopra citato Naevius Magnus, e del padre Valens, Apuleius Valens, Latyronius Festia- Marcus Naevius Cerasus. Probabilmen- nus, Salluvius Felicissimus, Latronius te anche Naevius Iustus avrà ricoperto la Faustinus, Sertorius Secundinus, Sertorius carica di patrono in seno a questo collegio, Secundinus iunior. sebbene nel testo dell’epigrafe non ne venga La qualifica di amatores assume in que- fatta menzione. sto contesto il significato e le caratteristiche L’importanza di queste due iscrizio- di “sostenitori” del patrono Titus Caedius. ni risiede inoltre nel fatto di presentare un Accostabile al nostro testo è un’iscrizione intero nucleo familiare (limitato agli espo- onoraria proveniente da Otricoli 24, in cui un nenti maschi), che fa parte di un collegio, patrono del collegium centonariorum viene nel nostro caso quello dei fabbri: forse il onorato da amatores. Sempre nell’accezio- padre è stato il primo ad aderire e in seguito ne di “sostenitori” il termine in questione sono entrati i due figli maschi, raccoglien- appare in tre iscrizioni sepolcrali, che sono do in un certo senso l’eredità paterna. Nelle state poste rispettivamente dalla moglie del associazioni professionali dunque potevano defunto e dagli amatores huius 25, dai soli entrare interi nuclei familiari e al loro inter- amatores 26 e di nuovo dagli amatores huius no si verificava, come sembra, un passaggio (del defunto) 27. di consegne tra padri e figli, che rilevavano Inoltre, il termine amatores è stato il ruolo paterno. impiegato anche in un catalogo collegiale, inciso su una grande lastra di marmo opi- stografa datata tra la fine del II e l’inizio 4. Un caso particolare: i cives amici et del III secolo d. C. 28, ritrovata all’interno amatores della basilica di Sant’Apollinare in Classe (Classe, Ravenna) durante i lavori di scavo Accanto alla cariche interne stabilite per eseguiti nell’estate del 1976. Essa era stata statuto, a Pesaro emerge un caso particolare, reimpiegata per delimitare un’area cimite- rappresentato in un’iscrizione dalla menzio- riale e oggi è conservata nel Museo nazio- ne di cives amici et amatores eius, cioè del nale di Ravenna (inv. n. 11801). patrono Titus Caedius Atilius Crescens, per Nell’iscrizione della faccia B è stato il quale questi fecero realizzare a proprie inscritto un elenco di novantadue persone spese una grande base marmorea, sulla cui suddivise in base al ruolo ricoperto nel colle- sommità era collocata una statua (ora non gio: in sequenza compaiono i nomi di tredici conservata; restano solamente i due fori nel- patroni, di cinque matres, di dodici amato- la base). Di fianco al testo epigrafico princi- res, di due scribae e di sessantadue perso- pale è incisa sulla stessa base, in alto nella ne (cinquantacinque uomini e sette donne) faccia destra, una seconda iscrizione, in cui appartenenti all’ordo. Secondo la Donati, è stata inserita una serie di nomi. Si tratta questi “amatori” vanno interpretati come dei dell’elenco dei cives amici e degli estima- sostenitori, dei simpatizzanti: «in questo caso tori del patrono, che decidono di apparire indicano un gruppo organizzato di persone sul monumento pubblico da loro dedica- formalmente estranee al collegio, ma ad esso to. I nomi conservati sono nove: Uttedius legato di fatto forse per motivi economici» 29. Amandus, Vinnius Paulinianus, Poppaedius Nonostante la presenza di matres, che in

12 Valeria Valchera Pisaurum prima analisi farebbe pensare ad un colle- ad una cenatio (banchetto), che si era svolta gio religioso, potremmo essere in presenza ad Guntham, quindi a Guntha o presso Gun- di un’associazione professionale, sebbene tha con un evidente riferimento topografico. nel testo non ne venga indicato il nome, in Siamo invece meglio documentati sui quanto la qualifica di mater è documentata vicimagistri, che compaiono in altre tre in altri cataloghi collegiali di natura profes- epigrafi pesaresi. Sotto questa dicitura veni- sionale, come quello ostiense 30 relativo ai vano ricompresi i soprintendenti che ammi- fabri navales, dove tra l’altro sono menzio- nistravano e controllavano il vicus, ovvero nati anche due amatores sulla base della let- una sorta di quartiere extramuraneo sorto tura corretta dalla Donati, oppure nel catalo- per accogliere l’incremento demografico, go dei fabri tignarii proveniente da Luni 31. che si era particolarmente sviluppato in città In ogni caso, la denominazione del collegio a partire dal II secolo d. C. non appare nel testo epigrafico ravennate, Siamo in presenza di un altro collegio perché si desumeva dal contesto archeolo- cittadino, che può essersi costituito in data gico, in cui l’epigrafe era esposta, come ad più recente rispetto alle altre associazioni esempio la schola dello stesso collegio. professionali, di cui abbiamo traccia nelle In ambito professionale il titolo di mater iscrizioni conservate (mi riferisco ai fabri, collegii appare soltanto in un’iscrizione centonarii, dendrophori, navicularii). Que- frammentaria 32, dove viene menzionata una sta recenziorità può essere dovuta alla nasci- mater collegii centonariorum, negli altri ta e allo sviluppo relativamente recente del due casi attestati epigraficamente siamo in vicus stesso; altro indizio, inoltre, viene presenza di collegi religiosi; risulta invece suggerito dalla sequenza di apparizione dei più diffuso il titolo di patrona assunto da diversi collegia sia nel testo epigrafico di donne illustri in seno alle associazioni. Crescens, sia nell’iscrizione per il patrono Gaius Valius Polycarpus 34, in cui i vicimagi- stri compaiono per ultimi all’interno dei col- 5. I vicimagistri: un collegio cittadino con legi “maggiori” della colonia, ovvero dopo i implicazioni professionali fabri, centonarii, dendrophori e navicularii. La prima testimonianza 35 riguardante Nell’iscrizione dedicata al patrono Titus un magister vici a Pesaro risale ai primi due Caedius Atilius Crescens vengono citate secoli circa dell’età imperiale: si tratta di altre associazioni cittadine, la cui natura un monumento sepolcrale collettivo, eretto non è sempre chiara e definibile con -cer ancora in vita da tre individui (Marcus Attius tezza: gli iuvenes forenses, noti solamente Repens, Travia Prima e Titus Marius Capi- attraverso questo testo, riunivano in sé quei to) senza legami evidenti di parentela, di cui giovani indirizzati agli studi di giurispru- il primo di essi si definiscemagister vici. denza; gli studia Apollinaris et Guntharis Possiamo domandarci allora quali fos- riguardavano studi professionali, di cui però sero le reali mansioni o funzioni di questo non si conoscono gli intenti, in quanto non sodalizio all’interno della colonia Pisauren- possediamo altri dati di riferimento. L’unica sis: una loro prima caratteristica è legata al eccezione è rappresentata da un’epigrafe di vicus, per il quale essi erano stati legittimati menzionata dal Waltzing 33 e relativa dai decurioni e dalla civitas a svolgere com-

13 Studi pesaresi 1, 2012 piti di controllo e di amministrazione, ma è to all’abbellimento della colonia in senso rintracciabile anche una loro connotazione monumentale, ma anche ad alimentare un professionale, dato che essi praticavano atti- sentimento di riconoscenza da parte degli vità manuali, come vedremo fra poco. abitanti nei confronti dei vicimagistri, che Il vicus era abitato da persone di condi- si erano assunti oneri civili per il bene e il zioni umili, come artigiani, operai, ecc., e progresso della comunità. accoglieva in sé la maggior parte delle atti- Se dovessimo tracciare ora e delineare vità artigianali e di conseguenza economi- con maggior precisione le funzioni di que- che della colonia durante i primi due seco- sto collegio, potremmo affiancare accanto li dell’età imperiale. A sostegno di questa ai compiti di sorveglianza e di controllo del tesi concorre la posizione stessa del vicus vicus – questi tuttavia sono ritenuti da Men- nel quadro topografico urbano: esso infatti nella 36 come meno caratterizzanti rispetto costituisce un quartiere esterno, posto fuori alle funzioni di rappresentanza nelle cerimo- delle mura cittadine, all’interno delle quali nie religiose e pubbliche – , un ruolo di pub- si estendeva il vero e proprio nucleo urbano, blica utilità legato a episodi di evergetismo, ora destinato quasi esclusivamente all’am- come quello testimoniatoci dall’erezione di bito residenziale. un portico cittadino, senza tralasciare la loro Gli stessi vicimagistri svolgevano atti- connotazione professionale, che emerge dai vità professionali di tipo manuale o artigia- mestieri praticati e menzionati epigrafica- nale: structor (muratore), lanarius (lanaio- mente. Per il resto, non è possibile ricostru- lo), vestiarius (sarto e probabilmente anche ire un quadro più dettagliato. venditore di panni), che sono attestati in CIL A questo proposito darei più spazio XI, 6367 a-b. Sempre da questa epigrafe sia- all’ipotesi di un ruolo di vigilanza e di con- mo a conoscenza che il collegio dei vicima- trollo urbano, legato in particolare al vicus gistri era costituito da quattro membri: Titus ed esercitato dai vicimagistri, che potrebbe Aninius Niger, Caius Firmidius (vestiarius), essere messo in parallelo e a complemento Publius Blerra (lanarius), Caius Anneius delle mansioni di polizia urbana svolte dai Rufus (structor), che ricoprivano probabil- membri dei collegi dei fabri, centonarii e mente anche un ruolo dirigenziale al suo dendrophori 37. Si potevano, dunque, creare interno. delle sinergie tra questi corpi professiona- Questo sodalizio, come peraltro è ripor- li, chiamati a svolgere i suddetti compiti di tato nel testo epigrafico, si era fatto carico vigilanza urbana all’interno della colonia. delle spese per la costruzione di un portico, Il ruolo di pubblica utilità verrebbe di con- su cui era collocata la suddetta iscrizione, seguenza rafforzato da questa ulteriore fun- dopo aver ottenuto il parere favorevole da zione, non rimanendo legato ai soli fenome- parte dell’assemblea dei decurioni. Pertan- ni di evergetismo compiuti dai vicimagistri to anche i vicimagistri erano dotati di una per la civitas pesarese. cassa comune (arca), dalla quale gli stessi membri attingevano per realizzare in que- sto caso un’opera di pubblica utilità rivolta 6. Il collegium naviculariorum a tutta la comunità pesarese. Questo nuovo allestimento avrà sicuramente contribui- Un approfondimento particolare merita

14 Valeria Valchera Pisaurum il collegio dei navicularii, che si occupava- associazioni professionali operanti in area no dei trasporti marittimi, ma anche fluvia- pesarese, ma soprattutto dell’attività eco- li e lacustri delle merci più svariate sia per nomica che si sviluppava in area adriatica. conto dello Stato, sia per conto privato. Su di essa non sono mancate le discussio- In area adriatica sappiamo attraverso la ni: in particolare, la De Salvo sostiene che testimonianza scritta di Vitruvio (De arch. si tratti di un collegio di area adriatica, con 2, 9, 16), che essi trasportavano tra l’altro un sede probabilmente ad Aquileia 40, raggrup- particolare tipo di legname, che proveniva pante al suo interno i navicularii adriatici, dalle regioni settentrionali: il larice. Questo che intrattenevano traffici commerciali con era molto ricercato per via delle sue proprie- Ostia e Roma. Sembra che sia da escludere, tà ignifughe e per la sua resistenza. Riporto insieme alla De Salvo, sia l’origine ostien- quanto dice Vitruvio nel passo in questione: se, sia addirittura quella cirenaica (Sirks) di Haec autem per Padum Ravennam depor- questo corpo; se così fosse, non si spieghe- tatur, in colonia Fanestri, Pisauri, Anconae rebbe la necessità di sottolineare nella tito- reliquisque, quae sunt in ea regione, muni- latura la provenienza adriatica. cipiis praebetur. In questo collegio quindi venivano riu- In questo commercio dunque interveni- niti i navicularii delle varie città portuali vano i navicularii, ma in seguito potevano dell’Adriatico, come Aquileia, Ravenna e prestare la loro opera anche i dendrophori in Pesaro, i quali commerciavano in particola- qualità di trasportatori e lavoratori del legno. re con Roma e Ostia. In aggiunta la De Salvo Questa rete commerciale ed economica, che specificava che questo corpo trasportava in solo in parte riusciamo a ricostruire, ci fa particolare il vino 41, contribuendo al rifor- rilevare l’importanza e il ruolo di primo pia- nimento della capitale: infatti da Aquileia e no svolto da questi corpi professionali come da tutta la fascia alto-adriatica provenivano motore dell’economia all’interno di colonie degli ottimi vini (vedi quanto afferma Pli- e municipi durante l’età romana. nio 42); inoltre il legame con questo prodotto Purtroppo le iscrizioni giunte fino a noi è attestato epigraficamente dall’unione dei riguardanti il collegium naviculariorum navicularii maris Hadriatici con i negotia- pesarese sono solamente tre 38, nelle quali tores vinarii 43, sia dal fatto che a Roma e ad venivano onorati alcuni dei loro patroni. Ostia sono state rinvenute in gran quantità Sulla base dei dati epigrafici si potrebbe anfore del tipo Dressel 6 A 44, destinate al sostenere un ruolo marginale o di minore trasporto di questo prodotto, oltre a quelle importanza detenuto da questa associazio- di tipo 6 B. ne, ma se allarghiamo la nostra prospettiva Infine studiando i movimenti delle merci riusciamo a cogliere altri elementi utili per e delle imbarcazioni, alcuni studiosi hanno la nostra indagine. potuto ricostruire le rotte di navigazione in Se ci spostiamo a Roma e ad Ostia, Adriatico. Si partiva dalla zona alto-adriati- troviamo conservate quattro epigrafi, in ca, si scendeva con le navi fino a Taranto, da cui erano menzionati a vario titolo degli qui esistevano tre possibili rotte: da un lato esponenti dei navicularii maris Hadriati- l’Oriente, verso la Grecia ed Atene, dall’altro ci 39. Questa associazione rappresenta un l’Occidente, verso l’Africa e Cartagine, con ulteriore tassello nel quadro non solo delle la possibilità di spingersi fino al mar Tirreno

15 Studi pesaresi 1, 2012 verso Ostia e Roma 45. Pertanto i navicula- L’importo della somma era in ogni caso con- rii maris Hadriatici erano degli importanti siderevole: duecentomila sesterzi. Questo imprenditori, che commerciavano in modo aspetto insieme al conferimento degli orna- privilegiato con Roma e Ostia, dove faceva- menta decurionalia fa credere che si trattas- no giungere non solamente il vino, ma anche se di un ricco liberto. La menzione mutila altri generi di merci, provenienti dalla stessa di centonarii Pisaurensi nella prima linea zona alto-adriatica oppure dalle province, conservata può essere integrata in parte con come ad esempio il ferro del Norico 46. il termine patrono. Potrebbe pertanto trattar- Da questi elementi si può dedurre l’im- si di un ricco liberto, seviro augustale, ma portanza del collegio dei navicularii anche anche patrono del collegium centonariorum. all’interno della colonia di Pisaurum. Essi Di questa associazione si conserva una potevano intraprendere trasporti e com- seconda iscrizione molto frammentaria: in merci sia a largo raggio, rientrando così nei base alla ricostruzione avanzata, sembra movimenti commerciali descritti sopra, sia che si tratti di un elenco di nomi inciso su a piccolo raggio mediante rotte di cabotag- una grande base in marmo, di cui si è con- gio, come avveniva nel trasporto del larice servata solamente la sezione d’angolo 49. riferito da Vitruvio. Tuttavia, va ricordato L’integrazione della prima linea con la che nel II secolo d. C. circa il porto pesarese parola [- - - cent]on(ariorum) era stata già costituiva uno snodo secondario del com- proposta come ipotetica dagli stessi editori mercio marittimo, comunque inserito nel del CIL; nelle restanti linee si conservano quadro dei principali movimenti dell’alto le desinenze dei cognomina, come si nota Adriatico, il cui centro di gravità però era dal perfetto incolonnamento a destra del- rappresentato dal porto di Aquileia 47. Sola- le S finali. Nella faccia laterale è presente mente nell’alto Medioevo lo scalo pesarese l’unico nome completo superstite: Marcus svolgerà un ruolo importante come porto Disidius Priscus, che è stato interpretato della Pentapoli. come il curagens del monumento in que- stione piuttosto che vedere in lui uno dei quinquennales (presidenti) del collegio dei 7. Il collegium centonariorum: testimo- centonarii. nianze epigrafiche relative a possibilialba L’integrazione deve essere presa con collegii cautela, in quanto l’iscrizione risulta molto frammentaria; in ogni caso, se l’interpreta- Volgendo ora l’attenzione ai centona- zione è corretta, siamo di fronte ad un pez- rii, che si occupavano della fabbricazione zo notevole per quanto riguarda l’indagine di centones, ovvero di coperte o panni di sulle associazioni professionali a Pesaro, lana grossolani, due iscrizioni frammenta- poiché si tratterebbe dell’unico esempio di rie risultano di particolare interesse per la album collegii (elenco collegiale), conser- nostra indagine. vato e proveniente da questa colonia. La prima 48 riguarda l’elargizione voluta In realtà si conservano altre due iscri- da un seviro augustale, di cui non si è con- zioni 50, in cui erano incisi elenchi di nomi servata nessuna traccia dell’onomastica, per propri, per i quali si potrebbe ipotizzare una finanziare un’opera opus ( ) per noi ignota. loro connotazione collegiale di ambito pro-

16 Valeria Valchera Pisaurum fessionale. Si tratterebbe verosimilmente di cogliere l’importanza e il ruolo di primo due cataloghi collegiali, in cui erano inseriti piano detenuto dalle associazioni profes- i nomi dei membri, sebbene non sia conser- sionali nel centro romano di Pisaurum vata la denominazione del collegio di rife- durante l’età imperiale. Esse erano di varia rimento. natura e presentavano implicazioni in dif- Degna di menzione risulta essere l’ultima ferenti attività economiche, vitali per la riga superstite (il resto non si è conservato) prosperità della colonia stessa. Accanto di CIL XI, 6391, in cui è stato inciso il nome allo svolgimento delle funzioni connes- di Quintus Naevius [- - -]. Gli esponenti di se con il loro mestiere i fabri, centonarii questa gens sono noti da altre due epigra- e dendrophori in particolare svolgevano fi, in cui venivano onorati il padre Marcus compiti di pubblica utilità sia attraverso Naevius Cerasus e i due figli già ricordati lo spegnimento degli incendi cittadini, sia sopra, legati al collegium fabrum pesarese in mediante un ruolo di vigilanza in veste di quanto avevano ricoperto la carica di patro- “polizia municipale”, a cui si affiancavano no al suo interno (vedi §3). È ipotizzabile probabilmente i vicimagistri. che anche questo esponente della medesima In riferimento ai collegi non mancano gens Naevia abbia intrattenuto delle relazio- infine connotazioni di carattere sociale, in ni di vario titolo (semplice membro, patrono quanto la presenza di membri del ceto liber- o quinquennalis) con il collegio dei fabbri tino in ruoli di rilievo, quale poteva essere locali, come del resto gli altri tre esponenti il patronato, delinea un quadro di mobili- menzionati sopra. In base alla ricostruzione tà sociale, che altrimenti sarebbe stata più avanzata, si potrebbe sostenere che l’elenco limitata, ma ancor più evidenzia la possibi- in questione, di cui possediamo solamente lità di una maggiore coesione all’interno del i nomi personali privi di altre indicazioni, tessuto sociale cittadino. rappresenti il catalogo dei fabbri pesaresi, in Questi collegi professionali, quindi, ci cui erano stati inseriti sia i membri effettivi, consentono di comprendere con maggio- sia coloro che esercitavano una o più cari- re dettaglio gli aspetti economici, sociali e che al suo interno. anche religiosi di Pisaurum durante l’età imperiale. Essi non erano elementi di disor- dine e caos all’interno della vita cittadina, 8. Conclusioni come emergeva dalla lex Iulia de collegiis, bensì fattori di unione e coesione tra i citta- Dagli elementi messi in luce nel cor- dini (lavoratori o meno), motori dell’econo- so di queste brevi annotazioni si è potuto mia e dell’armonia interna alla colonia.

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I patroni delle associazioni professionali a Pisaurum (Regio VI)

CONDIZIONE CARICHE NOME ASS.* MONUMENTO DEDICANTI DONAZIONI DATAZIONE BIBLIOGRAFIA SOCIALE RICOPERTE

Petronius Aufidius Victorinus Tabula Assemblea CIL XI, 6335 (p Senatori F Non indicate 256 d. C. iunior e patronatus dei fabbri 1399) = ILS, 7218 Setina Iusta

Seviro Sportula, 50 augustale, L. Apuleius Collegio dei sesterzi ad Fine II secolo CIL XI, 6358 = Liberto F Augustale, Base per statua Brasida fabbri ogni membro d. C. ILS, 6654 ornamenta del collegio decurionalia

Quaest., duovir, duovir q., patronus T. Caedius coloniae, dei 40 sesterzi, F, C, seviri aug., dei Cives amici et Fine II - inizio CIL XI, 6362 = Atilius Cavaliere Base per statua sportula, N, D vicimagistri, amatores III secolo d. C. ILS, 7364 Crescens giovani forensi epulum e degli studia Apollinaris et Guntharis

Duovir q., quaest. alimentorum, C. curator CIL XI, 6369 = Mutteius F, C, Decurioni e Notabile locale calendarii II secolo d. C. AE 1982, 266 = Quintus N plebe urbana pecuniae EAOR-II, 10 Severus Valentini, patrono dei seviri augustali

10.000 sesterzi Marcus Base per statua Collegio dei (arca), 20.000 Naevius Notabile locale F Augure II secolo d. C. CIL XI, 6371 (?) fabbri sesterzi Magnus (statua) e sportulae

Rn: patrono 5 denari ai F, dei 7 quartieri, decurioni, C, D ornamenta 2 denari ai C. Valius (Rn), decurionalia Plebe urbana CIL XI, 6378 = Liberto Base per statua collegi, II secolo d. C. Polycarpus F, C, di Pesaro CIL V, *145, 1 Ps: patrono dei 1 denario D, N vicimagistri, alla plebe, (Ps) ornamenta sportulae decurionalia

Seviro augustale, Parte ds. inf. di 200.000 I - II secolo Ignoto Liberto C CIL XI, 6379 ornamenta lastra sesterzi d. C. decurionalia

*F = Fabri; C = Centonarii; D = Dendrophori; N = Navicularii.

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1 J. P. Waltzing, Étude historique sur les cor- 19 CIL XI, 6369 = AE 1982, 266 = EAOR-II, 10. porations professionnelles chez les Romains. Depuis 20 L. Jappella Contardi, Un esempio di “buro- les origines jusqu’à la chute de l’Empire d’Occident, crazia” municipale: i curatores kalendarii, in “Epi- I-IV, G. Olms, New York 1970 (rist. anast. dell’edi- graphica”, 39, 1977, pp. 71-90; G. Mennella, La zione 1895-1900). pecunia Valentini di Pesaro e l’origine dei curatores 2 G. Mennella, G. Apicella, Le corporazioni kalendarii, in “Epigraphica”, 43, 1981, pp. 237-241. professionali nell’Italia romana: un aggiornamento 21 Mennella, La pecunia cit., pp. 237-241; Cre- al Waltzing, Quaderni del Dipartimento di Scienze sci Marrone, Mennella, Pisaurum cit., pp. 291-294. dell’antichità 25, Arte tipografica, Napoli 2000, pp. 22 Cresci Marrone, Mennella, Pisaurum cit., 54-55. pp. 296-298. 3 G. Cresci Marrone, G. Mennella, Pisau- 23 CIL XI, 6370. Vedi Cresci Marrone, Men- rum 1. Le iscrizioni della colonia, Giardini, Pisa nella, Pisaurum cit., pp. 37-39 e pp. 294-296. 1984, p. 329. 24 CIL XI, 7805 = ILS, 7365 = AE 1899, 93. 4 Ibid., pp. 262-265. 25 CIL V, 3466 = CIL XI, *129b = ILS, 5121 = 5 Ibid., p. 68 nota n. 99 e pp. 433-434. IG XIV, EAOR-II, 47. 2252: si tratta di una lapide greco-cristiana extraur- 26 CIL X, 2132 = ILS, 5168a. bana, che presenta l’indicazione della data consolare 27 AE 1983, 188 = SupIt-XXV-L, 21. romana come pochi altri esemplari. 28 AE 1977, 265a-b = AE 2006, 442. 6 Vedi anche Svetonio, De grammaticis, 3,5. 29 A. Donati, Cataloghi collegiali su un’iscri- 7 CIL XI, 6335 (p 1399) = ILS, 7218 e SupIt-I- zione opistografa ravennate, in “Epigraphica”, 39, P, 6 = AE 1982, 264. 1977, p. 39. 8 CIL XI, 126 (p 1227, 1228). 30 CIL XIV, 256 = IPOstie-B, 344 = AE 1955, 9 Cresci Marrone, Mennella, Pisaurum cit., 182. pp. 221-227. 31 CIL XI, 1355 = ILS, 7227. 10 SupIt-I-P, 6 = AE 1982, 264. 32 CIL IX, 2687 = Aesernia, 86. 11 Cresci Marrone, Mennella, Pisaurum cit., 33 Waltzing, Étude historique cit., III, pp. 511- p. 323. 512. Si tratta di CIL XI, 6222 = AE 1896, 71 = ILS, 12 P. L. Dall’Aglio, I. Di Cocco (a cura), Pesa- 9204 = ILCV, 3827 = ICI-VI, 126. ro romana: archeologia e urbanistica, Ante quem, 34 CIL XI, 6378 = CIL V, *145,1. Bologna 2004, pp. 117-119; E. Martinelli, Ritro- 35 CIL XI, 6359. Cresci Marrone, Mennella, vamenti nell’area urbana e nel territorio, in Pesaro Pisaurum cit., pp. 269-271. nell’antichità, Marsilio Editori, Venezia 1995, p. 202 36 G. Mennella, Il vicus di Pisaurum, in “Epi- e in particolare la nota n. 9. graphica”, 45, 1983, pp. 146-151. 13 Tratta dalla lettera del marchese Ciro Antaldi 37 Questi corpi professionali si occupavano prin- pubblicata sul “Bullettino dell’Istituto Archeologico cipalmente dello spegnimento degli incendi in ambito Germanico” nel 1881 e in “Notizie degli Scavi” del cittadino, come testimonia lo stesso Plinio il Giova- 1881. Essa si compone di annotazioni, dove vengono ne nelle sue Epistulae (X, 33-34) indirizzate all’im- descritti i resti più significativi e non ha pertanto la peratore Traiano. Per approfondimenti su entrambe forma compositiva di una vera e propria relazione di le funzioni vedi Waltzing, Étude historique cit., II, scavo. pp. 193-207; A. Cristofori, Non arma virumque: le 14 CIL XI, 6335 (p 1399) = ILS, 7218; CIL XI, occupazioni nell’epigrafia del Piceno, II ed., Lo sca- 6358 = ILS, 6654; CIL XI, 6362 = ILS, 7364; CIL XI, rabeo, Bologna 2004, pp. 240 e 243-244 in particolare 6369 = AE 1982, 266 = EAOR-II, 10; CIL XI, 6371; la nota n. 592; Mennella, Apicella, Le corporazioni CIL XI, 6378 = CIL V, *145, 1; CIL XI, 6379. cit., pp. 22-24; R. Sablayrolles, Libertinus miles. Les 15 CIL XI, 6362 = ILS, 7364. cohortes de vigiles, Collection de l’École française de 16 CIL XI, 6358 = ILS, 6654. 224, Roma 1996, pp. 62-63; J. M. Salamito, 17 Cresci Marrone, Mennella, Pisaurum cit., Les collèges de fabri, centonarii et dendrophori dans pp. 306-308. les villes de la Regio X à l’époque impériale, in La 18 Svet., Aug., 32; Ioseph., Antiq., 14,10,8; CIL città nell’Italia settentrionale in età romana. Morfo- VI, 2193 (p 3304, 3416, 3826) = CIL VI, 4416 = ILS, logie, strutture e funzionamento dei centri urbani del- 4966 = AE 1999, 173. le regiones X e XI, atti del convegno organizzato dal

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Dipartimento di scienze dell’Antichità dell’Universi- Per un’analisi più approfondita delle anfore in tà di Trieste e dall’École française de Rome (Trieste, area adriatica si rimanda a M. B. Carre, Les ampho- 13-15 marzo 1987), Trieste-Roma 1990, p. 164 in par- res de la Cisalpine et de l’Adriatique au début de ticolare la nota n. 4. l’Empire, in “MEFRA”, 97, 1985, pp. 207-245. 38 CIL XI, 6362 = ILS, 7364; CIL XI, 6369 = AE 45 Panciera, Porti cit., p. 86; G. Brizzi, Il siste- 1982, 266 = EAOR-II, 10 e CIL XI, 6378 = CIL V, ma portuale altoadriatico e i commerci di Aquileia *145,1. e Ravenna, in “Antichità altoadriatiche”, 13, 1978, 39 Per l’analisi di queste iscrizioni rimando a G. p. 93. Pellegrino, I navicularii maris Hadriatici ad Ostia, 46 Brizzi, Il sistema cit., pp. 94-95. in “Miscellanea greca e romana”, 11, 1987, pp. 229- 47 La rotta principale in area alto-adriatica era 236 e a L. De Salvo, Economia pubblica e privata nel costituita da quella endolagunare e paracostiera, mondo romano: i corpora naviculariorum, Samperi, organizzata tra Ravenna ed Aquileia e raccordata Messina 1992, pp. 429-430. poi al litorale istriano. Comunque la navigazione 40 Sulla sede di questa corporazione si discute era favorita dalla presenza di litorali bassi, sabbiosi, ancora molto: la De Salvo propende per Aquileia, talora rettilinei, talora inframmezzati da vaste inse- mentre Meiggs, Rougé e di recente Paci sono a favore nature e lagune, che consentivano facili approdi. Per di una sede ostiense. Mi sembra inaccettabile la tesi maggiori approfondimenti vedi G. Rosada, La diret- del Sirks, che propone una sede in Cirenaica per i trice endolagunare e per acque interne nella decima navicularii maris Hadriatici. regio maritima: tra risorsa naturale e organizzazio- 41 Il vino non rientrava ancora tra le species ne antropica, in La Venetia nell’area padano-danu- annonarie, quindi era sottoposto al libero commercio. biana. Le vie di comunicazione, atti convegno 42 Plinio, Nat. Hist., 14,57. (Venezia, 6-10 aprile 1988), Cedam, Padova 1990, 43 S. Panciera, Porti e commerci nell’alto pp. 153-182. Adriatico, in “Antichità altoadriatiche”, 2, 1972, p. 48 CIL XI, 6379. 91; De Salvo, Economia pubblica cit., pp. 432-434, 49 CIL XI, 6389. in particolare l’analisi epigrafica ivi proposta. 50 CIL XI, 6390 e CIL XI, 6391. 44 Pellegrino, I navicularii cit., pp. 232-235.

20 La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo. L’importanza del radicamento territoriale nell’espansione egemonica ecclesiastica

di Omar Riccardo Zehender

Per comprendere l’anatomia e la “psico- che collega ogni cellula al tessuto provincia- logia” delle popolazioni cosiddette bizantine le – poi ducale – pentapolitano ed esarcale, adriatiche è importante comprendere la natu- nella strenua difesa della precipua identità ra di quella che Guillou definisce virtuosa- nonché autonomia territoriale ed ammini- mente «regione psicologica» 1. Spesso, le strativa, in quel legame viscerale con il ter- fonti a nostra disposizione, essenzialmente di ritorio che mutua qualsiasi teoretica quanto propaganda papale e di stampo antibizantino, rarefatta influenza egemonica 4, grande o dipingono, in chiave artatamente fuorviante, piccola che sia. i bizantini adriatici quali “greci” 2. Tuttavia, Poli di attrazione di siffatta identità, in da lungo tempo, l’amministrazione impe- una prospettiva squisitamente piramidale, riale romea era solita investire delle cariche sono in primo luogo l’esarca, comandante e dei compiti amministrativi i maggiorenti militare e civile dei territori di afferenza autoctoni delle aree conquistate o riconqui- bizantina inerenti il ravennate, la Pentapo- state, come in questo caso. li, il ducato romano e quello veneto, di poi Nella determinazione e delineazione del- l’arcivescovo di Ravenna, anelante erede, la classe dirigente esarcale e pentapolitana, patrimoniale nonché ideale, del suo illustre se si esclude il primo periodo delle opera- predecessore 5. Tale identità regionale rima- zioni militari nell’ambito del conflitto gre- ne ontologicamente scissa da quella orienta- co-gotico, lentamente ma inesorabilmente i le greco- bizantina, come dimostrano le sol- titoli di funzione militari e amministrativi, levazioni pentapolitane e filopapali, sorte in affidabili διά λόγου per nomina, quali ildux violenta opposizione all’editto iconoclasta provinciae o il tribunus civitatis 3, vengono dell’imperatore Leone III l’Isaurico 6. mirabilmente distribuiti alla classe dirigente Nell’ambito dei domini bizantini adriati- locale, secondo una consuetudine radicata ci, l’area pentapolitana costituisce una pro- anche in altre aree imperiali extraitaliche. vincia a sé stante. Infatti, nella sinodo roma- I greci adriatici, di cui disquisiscono na convocata da papa Agatone nel 680, la numerose fonti, sono quindi identificabi- sottoscrizione vergata da Benenato 7, vesco- li con la classe dirigente locale investita vo di Pesaro, recatosi a Roma, in compagnia di funzioni pubbliche, prima militari e poi degli altri episcopi pentapolitani suffraganei amministrative, nell’ambito della «regione del papa, sancisce l’esistenza nonché l’uffi- psicologica» esarcale. Ciò comporta il deli- cialità, civile ed ecclesiastica, della suddetta nearsi di una identità comune, ben precisa, provincia 8.

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All’indomani della ricostruzione delle te, né possono essere soggetti a tributi; i mura cittadine, commissionata da Belisario 9, fundi limitrophi o limiti deputati 16, affidati e una volta concluse le ostilità greco-goti- in concessione, non impongono il servizio che, la cittadina pesarese, sempre oltremodo militare ma l’obbligo di mantenere i soldati rilevante per la sua dislocazione strategica di stanza lungo il perimetro delle frontie- litoranea, diviene ingranaggio essenziale re imperiali 17. In codesto sistema, la logica dell’organismo pentapolitano, sede di un dell’autogoverno, tesa a rendere autonomo numerus o banda, truppa composta da 200- e autosufficiente un ambito militare e civi- 400 uomini, al comando di un comes o le, non fa che consolidarsi, in pieno accor- tribunus civitatis, a sua volta sottoposto do con la volontà dei maggiorenti locali. I all’autorità di un dux provinciae, di stanza possessori fondiari, laici o ecclesiastici, ten- a Rimini 10. tano inesorabilmente di irrobustire la pro- Nell’ambito dell’Italia bizantina, al pria egemonica presenza sul territorio. La governo delle truppe cittadine provinciali valenza attrattiva e stabilizzante dei nuclei o stanti in piazzeforti isolate 11, è possibile di autorità ecclesiastica, quale papato, arci- trovare anche un magister militum, il quale vescovado ravennate e singoli episcopati in periodo post-giustinianeo godeva di un locali, esprime un’ineluttabile crescita espo- potere superiore a quello del comes/tribu- nenziale. Risulta quanto mai intuibile che, nus, essenzialmente sopravanzante l’autorità laddove si crei un vuoto di potere, un’altra ducale. Solo con l’avvento della figura esar- entità, territorialmente radicata, si espanda cale, in sostituzione dei magistri militum, alla volta degli spazi abbandonati. Se da un vengono incaricati nuovi duchi che assorbo- lato sono le gerarchie militari ad accresce- no più vaste prerogative militari e civili 12. re ed evolvere il proprio ruolo nell’ambito Emblematico ed incipientemente calzan- civile, altrettanto fanno le gerarchie eccle- te risulta essere l’esempio di Giovanni, illu- siastiche 18. Tant’è vero che, quando nel 934 stre e prestigioso maggiorente bizantino a d.C. l’area pisaurense di mons Granari, sito capo di una milizia di stanza nella provincia di essenziale rilevanza per il suo ruolo stra- Annonaria nonché mecenate fondatore del- tegico e di approvvigionamento cerealicolo, la basilica/monasterium pensaurense della deve essere concessa in enfiteusi dall’arcive- Santa Vergine Assunta in Cielo 13. scovo ravennate, ad inoltrare domanda a tal L’apparato militare bizantino, presente scopo sono tal Giovanni, vir clarissimus, e anche sul territorio esarcale e pentapolita- suo fratello Gontardo diacono, fulgidi espo- no, si compone di un esercito mobile 14 e nenti dei due poli egemonici cittadini 19. di un corpo di milites limitanei, incaricati All’interno delle singole città, all’in- della difesa dei confini imperiali 15. I sol- domani della diaspora dei poteri civili dati limitanei dovevano essere reclutati sul tardo-imperiali intervenuta dal V secolo, luogo di pertinenza e assolvevano due fun- il vescovo si fa espressione di autorità non zioni: una militare ed un’altra economica- solo spirituale, ma anche civile, territoria- agricola. Infatti, le terre afferenti il fisco le e secolare, fondamentale alla sussistenza bizantino vengono così ripartite: gli agri e allo sviluppo della civitas. Infatti, fin dal limitanei, assegnati appunto ai militari, non IV-V secolo, le funzioni episcopali civili, possono essere alienati se non dopo la mor- risultano in costante crescita, grazie anche

22 Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo alla parcellizzazione dell’effettivo esercizio I conquistatori longobardi, neofiti ariani, egemonico. si dimostrano a lungo saldamente ancorati Nel gioco di potere tra le oligarchie ter- alle proprie ataviche ed ancestrali credenze ritoriali esarcali e pentapolitane, la Chiesa popolari, e quindi meno incontrovertibil- arcivescovile ravennate e i singoli episcopa- mente vincolati all’eresia cristiana. Difatti, ti urbani la fanno da padrone, sostituendosi già tra VI e VII secolo, il re Agilulfo, marito frequentemente ad autorità civili di stampo della cattolica Teodolinda, si mostra a lun- precipuamente e ontologicamente laico. Nel go indeciso tra le due confessioni cristiane, corso dei tumultuosi secoli tardoantichi e tanto da giungere a far battezzare il proprio altomedievali, le entità ecclesiastiche, unico figlio con rito cattolico ed a donare terre alle costante baluardo di continuità sinecistica chiese cattoliche stesse. Infatti, dopo la con- civile, devono rivestire il delicato ruolo di quista di Milano, il metropolita abbandona la custodi della tradizione romano-cristiana- città alla volta di Genova, mentre il patriar- ortodossa, confrontandosi con le eterogenee ca di Aquileia ripara a Grado, nelle lagune. ondate barbariche ariane che si riversano sui Tuttavia, la restituzione dei patrimoni eccle- territori italici. siastici iniziata da Teodolinda insieme alle Il fattore religioso, sostanziato dall’ade- sempre più frequenti conversioni al credo sione all’eresia ariana, si presenta come niceano, restaurano la capacità di azione e ambito di alterità rispetto al credo nicea- l’influenza del clero cattolico. Se nel corso no-romano e continua a sussistere nel cor- del VII secolo re cattolici si alternarono a re so di svariati secoli, prima di riconfluire, ariani, al principio dellʼVIII secolo, con re non senza resistenze, all’interno dell’alveo Liutprando, è possibile affermare che il pro- cristiano-cattolico. Il romanizzato Teodo- cesso di conversione al cattolicesimo della rico, nella prima fase del suo regnum Ita- monarchia longobarda è oramai radicato, liae, a dispetto del credo ariano, si dimostra come anche una sempre maggiore affluenza ben disposto verso la compagine niceana, dell’aristocrazia barbarica alle dignità epi- ergendosi sovente a tutore delle istituzioni scopali, diluendo e scompaginando l’assio- ecclesiastiche romane e intrattenendo otti- ma aristocrazia romana-clero cattolico 21. mi rapporti con il metropolita di Milano, il Ovviamente la sconfitta di un popolo, un vescovo di Pavia, i maggiorenti della classe avvicendamento egemonico, non vuol asso- senatoriale nonché lo stesso papa. Tuttavia, lutamente significare, né può presupporre, la appropinquandosi il crepuscolo del regno scomparsa del medesimo e tantomeno il suo romano-barbarico ostrogoto e profilando- asettico assorbimento nell’alveo dei “vinci- si all’orizzonte lo scontro greco-gotico, tori”. Lo stesso concetto di regni “romano- l’aspra divaricazione ariano-niceana torna barbarici” esprime il risultato della sineci- a dilatarsi violentemente, tanto che il re dei stica somma di più culture. Le popolazioni goti fa imprigionare papa Giovanni I, che barbariche presenti nel territorio, continua- era stato accolto a Costantinopoli con tutti no a persistere in esso, a dispetto di qualsi- gli onori, nel corso di una sua visita fina- voglia avvicendamento politico, e attivano lizzata a indurre la corte imperiale ad assu- un complesso meccanismo di integrazione mere maggiore tolleranza nei confronti di che, gioco forza, intacca l’ambito medesimo suddetta eresia 20. in cui avviene.

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Ciò sostanzia e comprova il contenu- È d’uopo rimanga chiaro che, come to semantico dell’ardito concetto storico di spesso accade, le generalizzazioni offrono “passaggio”, in merito al quale l’osserva- nefasti contributi alla ricerca, come sottoli- zione e la descrizione dei variegati settori nea il Lombardi 24. Per comprendere, quin- anatomici diocesani, fotografati nella loro di, e delineare realisticamente il passaggio dinamica evoluzione, costituiscono fulgida dinamico in oggetto, è fondamentale agire nonché epidermica estrinsecazione tattile. su di un piano storiografico empirico, che L’infiltrazione di elementi appartenenti a analizzi certosinamente il concreto di ognu- culture barbariche, transitate o transitanti na delle realtà prese in considerazione. Fin sul territorio centro italico, segna infatti pro- dal momento in cui la fede cristiana si strut- fondamente la realtà diocesana pisaurense, tura, non più come clandestino ed incipiente come dimostrano ed illustrano le mirabili agglomerato ma come Chiesa, essa edifica indagini toponomastiche condotte in ambi- gioco forza il suo organismo su di un pia- to comitale da Ettore Baldetti 22. Del resto no giuridico. In tale processo risulta quindi l’esistenza di fondamentali dedicazioni, in imperativo usufruire del calco istituzionale area urbana, quali San Michele Arcangelo e romano-imperiale, tardoantico e bizantino, San Giacomo, denunciano la presenza e l’in- sia perché la cultura giuridica tardoantica tegrazione anche in ambito urbano di com- offre ottimi strumenti, ma anche e soprat- ponenti sociali longobarde e slave 23. Ciò tutto perché la società sulla quale la Chiesa dimostra che il diacronico processo di pas- deve edificarsi si articola, anatomicamente e saggio è solito avvenire riverberandosi su fisiologicamente, sul variegato ambito isti- di un piano sincronico assai articolato, che tuzionale e giuridico romano. abbandona tuttavia dietro di sé scie vaste e Nella realtà romana, i territori suddivisi complesse che la ricerca storica tenta ardi- in differenti cellule amministrative si rac- tamente di ricostruire nella loro anatomia e colgono e riconoscono attorno a nuclei che fisiologia. svolgono la funzione di capoluogo. Codesto Terreno di esercizio fondamentale dell’au- fulcro centripeto è costituito dall’urbs 25, torità vescovile è il territorio diocesano, all’interno della quale la civitas definisce urbano e comitale. Tale spazio fisico, istitu- la cittadinanza 26 e con il tempo addirittu- zionale ed umano, costituisce il ricettacolo ra la città stessa 27. La circostante superficie cellulare della realtà romana tardo-imperia- comitale è occupata da altre aggregazioni le, nonché il fulcro di unione e trasforma- umane, quali pagi e vici 28. L’urbs è popola- zione, il frastagliato confine, con la società ta da un’eterogenea compagine sociale, sud- tardoantica. In siffatta ottica di singhiozzan- divisibile nell’ordo, comprendente ottimati te continuità, assistiamo all’esodo delle isti- e cavalieri, e nella plebs, indicante il livello tuzioni giuridiche, culturali e sociali romane sociale più basso del populus romano 29. La alla volta di quelle cristiane, in un meccani- plebs a sua volta si articola in plebs rustica smo squisitamente agglutinante che, il più e plebs urbana 30, dotata di specifici dirit- delle volte, non cancella ma adatta l’acce- ti politici e doveri fiscali nell’ambito della zione e il contenuto semantico di elementi “res pubblica” 31. che risultano indispensabili alla struttura- Fino all’epoca di Gregorio Magno pos- zione dell’ecumene cristiana. siamo osservare il perdurare di suddette

24 Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo ripartizioni sociali 32, tuttavia successiva- in ambito urbano che comitale. Difatti, nella mente il portato semantico del termine plebs realtà urbana pesarese, è possibile osservare perviene ad una prospettiva ecumenica cri- la suddivisione in quattro quartieri, ognuno stiana, evocando il populus della plebs Dei dei quali afferenti una precipua parrocchia, “utriusque sexus” 33 nella sua complessività, retta da un presbiter, sottoposto all’autorità ma anche, tra i secoli VIII e IX, l’istituzione dell’archipresbiter civitatis, definito anche canonico-battesimale nonché l’edificio che municipalem 39. la sostanzia, la plebs civitatis urbana e le Nel passaggio dalla compagine romana plebes rusticae comitali, attorno alle quali a quella cristiana pare emergere alla nostra la societas cristiana che le sottende si riu- attenzione una esecrabile frattura. La basi- nisce per espletare funzioni tanto religiose lica/plebs civitatis pesarese, nel corso della quanto civili 34. seconda metà del VI secolo, risulta al centro La plebs civitatis, prima del VII-VIII di un’accesa faida, che coinvolge il vesco- secolo indicata anche come ecclesia bap- vo, il fondatore Giovanni e il papa romano, tismalis, battisterium, cardinalis 35, costi- in veste di severo arbitro. Il vescovo Feli- tuisce la chiesa afferente la sola città ed il ce, sebbene più volte richiamato dal papa, suburbio ed è diretta da un archipresbiter. trasferisce la propria cattedra episcopale Essa percepisce le proprie decime, le rega- dalla ecclesia suburbana di San Decenzio e lie nei battesimi e il quartesimo nei funerali Germano alla basilica/ecclesia baptismalis/ dei cives. Ai cittadini spetta poi il precipuo monasterium della Santa Vergine Assunta in obbligo di manutenzionare l’edificio fisico Cielo 40. L’episodio non risulta essere isolato della plebs, incombenza che pare allude- e il fenomeno del trasferimento urbano della re all’antica eredità dei diritti/doveri che la cattedra vescovile si verifica similmente in componente sociale della plebs urbana dete- altre realtà diocesane 41. A giustificazione di neva nei confronti della “res pubblica” 36. ciò giace senz’altro l’intenzione di abban- Anche nell’ambito pisaurense, la docu- donare il terreno non difeso del suburbio, mentazione epigrafica in nostro possesso in favore della realtà intramuraria urbana, testimonia la presenza della plebs urbana, in concomitanza con l’imperversare delle cellula della civitas romana. Nel passaggio pressioni barbariche sui confini42 . all’ambito cristiano, sembra legittimo identi- Tuttavia ritengo sia opportuno ampliare ficare la basilica-monasterium-ecclesia bap- il nostro sguardo per scandagliare altre ulte- tismalis della Santa Vergine Assunta in Cie- riori cause stanti alla base di tale fenomeno, lo, eretta su terreno demaniale da Giovanni, a mio avviso ben più profonde e “intime”. illustre membro dell’aristocrazia militare La basilica cristiana, eretta su suolo imperiale bizantina, e quindi di fondazione demaniale o privato nel quindicennio inter- non ecclesiastica, con la plebs civitatis 37. corso tra il 567 e il 582-84 43, viene per sua La figura e la carica di archipresbiter 38 natura destinata al culto pubblico, afferente emerge insieme alla necessità di strutturare a una comunità cittadina o rurale. È quindi uno schema gerarchico che sanzioni il mag- l’amministrazione imperiale, il βασιλεύς 44, gior peso di codesto ruolo rispetto ad altri di che la fonda e la destina al populus della natura inferiore, connessi con l’amministra- plebs Dei. Invero, nel VI secolo non è possi- zione di cappelle o semplici parrocchie, sia bile incontrare un edificio basilicale di fon-

25 Studi pesaresi 1, 2012 dazione episcopale, men che meno investito rispetto a tutte le realtà e dinamiche religio- del ruolo di ecclesia maior. Tuttavia spetta se diocesane, vi sono degli ambiti che non al vescovo la sua consacrazione come anche lo riguardano o che sfuggono al suo “mate- la potestas sullo stesso. riale” e territoriale controllo, quali le realtà Qualche anno più tardi leggiamo una let- basilicali, monasteriali e quindi anche affe- tera di papa Pelagio I (578-590), indirizza- renti la fondamentale e potente realtà della ta al vescovo Felice di Pesaro, in cui lo si plebs civitatis. esorta a provvedere alla consacrazione di un La proditoria collocazione della cattedra monasterium a Johanne constructum. Con vescovile all’interno della basilica-plebs il termine monasterium in occidente, da San civitatis pesarese pare sostanziare anche la Benedetto in poi (480-547), intendiamo un pervicace volontà episcopale di ricomporre ambito residenziale, occupato da individui e sanare tale dicotomia egemonica giacen- laici che si dedicano, in chiave cenobitica, al te sul corpo dell’ecumene cristiana, riven- culto. A tale edificio si lega una chiesa, che dicando alla dignità episcopale una sovra- esplica le funzioni religiose interne. In quan- na autorità territoriale diocesana, urbana e to chiesa monasteriale annessa, tale struttura comitale, nonché il concreto primato istitu- religiosa non poteva essere officiata da chi, zionale, su di un piano ecclesiastico e civile. come i monaci o l’abate, non disponeva di Anche il delinearsi della realtà plebana ordini sacri, ma veniva invece presieduta da rustica si contestualizza nel medesimo pro- «un solo prete» designato dal vescovo 45. getto di radicamento territoriale diocesano- I sacri canoni e le costituzioni giuridiche episcopale. La plebs, in quanto circoscrizio- giustinianee indicano che nessuna chiesa, ne religiosa, sostanzia la componente civile anche monasteriale, può essere costruita, del pagus romano. Come per la plebs civita- senza l’esplicito consenso nonché l’in- tis, anche le cellule della compagine rustica tervento liturgico del vescovo 46, tuttavia, vengono gestite da un archipresbyter, diret- espletate queste preliminari funzioni uffi- tamente dipendente dal vescovo ed investito ciali, se si esclude la vigilanza morale e la dell’autorità di gestire tutti i chierici minori nomina del prete officiante, al vescovo non presenti nel plebato: monasteri, diaconie, competono altre funzioni in merito alla basiliche, oratori 49. gestione monasteriale stessa 47. Pare quindi Tuttavia è oramai accertato che quello plausibile che il Giovanni, evocato da papa che Frenquellucci definisce come «fenome- Pelagio, abbia voluto modificare la natura no plebale» non seguì uno sviluppo univoco della basilica civitatis, da lui costruita pochi ed organico e cominciò a concedere i suoi anni prima, al fine di sottrarla alle bramosie primi frutti, in ambito medio-adriatico, tra vescovili, probabilmente già in atto 48. la fine dellʼVIII e l’inizio del IX secolo 50. In tale episodio pare possibile individua- Infatti giungendo alla metà dell’XI seco- re una dicotomia nella gestione dell’ecu- lo, la diocesi pesarese risulta strutturata in mene cristiana, che evidenzia un’area di dodici circoscrizioni plebali comitali: San afferenza ecclesiastica e un’altra area, tar- Cristoforo “ad Aquilam” di Casteldimezzo, doantica, di afferenza imperiale o comun- Santa Sofia di Gradara, San Pietro in Maceu- que civile. Sebbene il vescovo conservi la, San Lorenzo in Strada, San Martino in una preminenza rappresentativa e onoraria Foglia, Santa Maria di Limata, San Pietro

26 Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo di Ginestreto, San Michele di Montegaudio, renti il titolo plebale – “in Culto”, “in Vico”, Santo Stefano di Candelara, San Michele di “in Veclo”, “in Strada”; agiotoponimi – Ver- Novilara, Sant’Anastasio di Roncosambac- gine Maria, Apostoli Pietro e Paolo, Santo cio, San Vito di Mombaroccio 51. Stefano, San Lorenzo, San Pancrazio, San Nella fase antecedente, la colonizzazio- Martino, Sant’Ilario, e ancora Santa Sofia, ne ecclesiastica del territorio e il radica- Sant’Anastasio, San Cristoforo, Sant’Era- mento nelle aree comitali pesaresi avviene cliano, Santa Marina, di evidente matrice tramite ecclesiae baptismalis, parochiae 52, orientale. basiliche, che per lo più si collocano nei Nell’ambito dell’osservazione delle cosid- fondovalle, in concomitanza delle terrazze dette pievi vallive 56 presenti nel territorio fluviali o lungo le aree costiere ove corre- pisaurense, risalenti ad insediamenti di epo- vano i principali assi stradali romani, o in ca romana o tardo-romana sorti frequente- aree collinari 53. Tali strutture spesso sorgono mente in relazione agli snodi cardine della in corrispondenza di zone nevralgiche della viabilità antica, risulta emblematico il caso municipalità romana, quali vici, pagi, villae delle pieve di San Lorenzo in Strada 57 54, in modo da poter acquistare all’ecumene (Case Bruciate). Il rudere odierno, che pale- cristiana le realtà sociali e territoriali dell’an- sa a tutt’oggi la sua insolita forma ottago- tica plebs rustica e in modo che le istituzioni nale, unico esempio in area pentapolitana, ecclesiastiche diocesane possano sovrascri- denuncia una probabile origine ravennate versi alle istituzioni romane, riconducendo dell’edificio plebale. Tuttavia, un’indagine gli ambiti comitali sotto il diretto controllo più approfondita amplia la rosa dei dati a territoriale dell’autorità vescovile 55. nostra disposizione. Questo processo trova il suo perfeziona- La struttura si colloca lungo il terrazzo mento nell’instaurarsi del fenomeno pleba- fluviale del lato sinistro del Foglia, situan- le, tra VIII e IX secolo. Per quanto sia diffi- dosi all’incrocio tra l’antico tracciato della cile indagare e riferire ogni struttura plebana consolare Flaminia che muoveva in dire- ad una precedente fondazione ecclesiastica, zione di Ariminum e una strada perpendi- basilicale o addirittura romana, indagini di colare che proveniva dalla sponda opposta carattere archeologico, storiografico o topo- del fiume. Tale impianto viario la metteva nomastico possono aiutarci a sviscerare tali in collegamento con le altre pievi circo- dinamiche. stanti, quali Santa Maria in Limata, San La perlustrazione delle pertinenze terri- Pietro “in Maceula”, San Cristoforo “ad toriali afferenti la pieve possono restituire Aquilam”. La dedicazione afferente il mar- materiale significativo ai fini di una strati- tire Lorenzo allude all’atavica importanza ficazione cronologica: frammenti di cera- del sito strategico occupato dalla realtà mica, tegole e mattoni ad impasto romano, plebale, ove il fuoco acceso nel corso del- cocciopesto, lacerti pavimentali mosaicati, le ore notturne poteva rappresentare un ecc. Allo stesso modo può risultare altret- approdo fondamentale per chi percorreva tanto utile la riflessione relativa a dati topo- gli assi viari. Parimenti, la denominazione nomastici, quali: toponimi afferenti l’am- “in Strada” allude alla profonda rilevanza bito militare – Quarto, Quinto, Sestino, che, in ambito altomedievale, detenevano Ottavo, “in Strada” ; toponimi prediali ine- strade selciate di antica origine che ancora

27 Studi pesaresi 1, 2012 sorreggevano mirabilmente i collegamenti 909 d.C., in località “Aquila” (Colombaro- nell’ambito di un impianto viario tragica- ne), la pieve di San Cristoforo si installa su mente involuto. di una precedente struttura di fondazione Il luogo di pertinenza dell’edificio pleba- bizantina, nell’ambito del territorio inizial- le è stato oggetto di importanti rinvenimenti mente afferente il fisco imperiale, in un’area epigrafici 58 e materiali (tegoloni, fram- limitrofa al tracciato seguito dalla consolare menti fittili), atti a testimoniare l’anteriore Flaminia. La dedicazione della basilica tra- preesistenza di strutture antiche. Le attuali disce la non afferenza dell’edificio all’ata- conclusioni tratte da Lombardi affermano vica evangelizzazione dei territori, ma che in concomitanza del sito emergeva una conferma invece l’appartenenza orientale struttura cultuale privata romana o un edifi- della fondazione nella dedicazione al San- cio religioso pubblico o civile – un ninfeo, to Cristoforo, tanto assente nel panorama un mausoleo. In quest’ambito si inserisce, ecclesiastico medioadriatico-antico quan- probabilmente in epoca esarcale, una prima to invece ricorrente in ambito orientale fin struttura religiosa, forse un martyrium, un dal 452 e in area siciliana dal VI secolo in monasterium 59 costruito su iniziativa dei poi. La mirabile ricostruzione intessuta da proprietari del fondo, quindi nel IX secolo Lombardi colloca la struttura basilicale nel emerge un corpo battesimale che, dopo la fondo privato afferente una potente famiglia caduta della pieve, continua ad essere utiliz- locale, tali Onesti di origine illustre raven- zato come chiesa matrice 60. nate, nell’area di afferenza parrocchiale del Allo stesso modo, perlustrando il terri- baptisterium di San Quirico, santo partico- torio diocesano, fonti e testimonianze sto- larmente ricorrente negli esempi dedicatori riografiche possono risultare altrettanto utili della primitiva evangelizzazione, che san- nell’indagine inerente le altre analoghe real- ziona quindi l’antichità della fondazione tà plebali presenti sul territorio pisaurense. battesimale. Lo storico inoltre ricorda quan- Annibale degli Abati Olivieri narra di to sottolineato in occasione di un capitolo una “basilica”, situata quinquagesimo fere dei vescovi, tenutosi a Pavia tra l’845 e miliario a Ravennatium urbe, mentre Ana- l’850. In tale circostanza si denuncia l’ese- stasio Bibliotecario, nella sua Historia de crabile reticenza di alcuni illustri proprietari Vitis Romanorum Pontificum, riferisce che terrieri nel pagamento delle precipue deci- la basilica di San Cristoforo “ad Aquilam” me dovute alle istituzioni ecclesiastiche di nel 743 fu sede dell’incontro avvenuto fra pertinenza, contravvenendo così alla legge papa Zaccaria e l’esarca Eutichio. Parimen- divina e ai sacri canoni. ti, una pergamena ravennate appartenente al Prendendo le mosse da questi dati si XII secolo attesta l’esistenza, sempre nel- riesce quanto meno a congetturare verosi- la medesima zona, di un fondo “Aquila”, milmente che tale illustre famiglia, grazie sito nel comitato pesarese, corte di Gallio- agli ottimi rapporti intrattenuti con la curia la o di Casteldimezzo. Risulta in tal modo papale, riuscì ad ottenere la trasformazione abbastanza agevole l’identificazione della giuridico-canonica della basilica in pieve, basilica presentata nelle fonti con l’omoni- giungendo addirittura ad assorbire le perti- ma pieve del pesarese, San Cristoforo “ad nenze e le prerogative parrocchiali dell’an- Aquilam” 61. Fondata quindi tra il 743 e il tico baptisterium di San Quirico 62. In que-

28 Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo sto episodio risulta interessante sottolineare Nel disquisire di territorialità, siffatto come l’istituzione di una realtà plebale pos- studio non ha inteso riferirsi solamente ad sa essere utilizzata da un altro attore, un’in- una singola categoria fisico-materica della fluente famiglia laica, per trarre vantaggio, stessa, sostanziante la compagine morfolo- a dispetto della volontà episcopale o, quan- gica delle aree in tale contesto esaminate, tomeno, al di fuori della stessa. Difatti, ma ha tentato di declinare su più ampia sca- l’evento dimostra che non è tanto l’istituzio- la le molteplici accezioni veicolate dal pre- ne ecclesiastico-territoriale, in sé per sé, ad sente concetto. assicurare il radicamento nonché il control- Appetiti “territoriali” più astratti, ma di lo sul territorio, quanto invece la capacità di certo non meno incisivi, esprime il presule rendere la compagine parrocchiale-plebale pesarese Felice nel portare a compimento autentico nonché concreto polo di attrazione il suo desiderio di fagocitare la basilica- gravitazionale egemonica. plebs civitatis della Santa Vergine Assun- L’architrave concettuale, potente ingre- ta in Cielo 63. Il prestigioso edificio sacro, diente che gestisce e determina l’articolarsi voluto e finanziato da Giovanni – vir glo- delle autentiche fisionomie e fisiologie ege- riosus, magister militum, exconsul, provin- moniche, laiche o ecclesiastiche che siano, ciae Mysiae natus 64 –, esprime ed incarna si sostanzia dunque nell’espressione: radi- istanze civico-religiose di esclusivo, onto- camento territoriale. logico appannaggio dell’autorità civile ed L’infiltrazione capillare e la gestione imperiale, aliene quindi alla gestione squi- effettiva del territorio si manifesta in un sitamente ecclesiastica e solo formalmente contesto storico-geografico-politico che sottoposte alla supervisione delle gerarchie prelude al feudalesimo, quale virtuoso clericali 65. strumento essenziale alla gestione delle L’agglutinamento di tale realtà nel recin- aree assoggettate, politicamente o econo- to di pertinenza autoritaria precipuamente micamente, da parte di eterogenei soggetti arcivescovile, e la relativa collocazione del- imperanti. la cattedra episcopale al suo interno, espri- Da un lato, l’emancipazione dell’autorità me innegabilmente una conquista territoria- episcopale, in ambito tardo-antico e altome- le immateriale, non militare ma oltremodo dievale, tra i meandri delle anatomie dioce- “bellica”, posta in essere dalla sopravanzan- sane, quale quella pisaurense, si estrinseca te potestà ecclesiastica diocesana ai danni materialmente grazie al sistema ecclesiale, della parallela compagine civile che, fin dai parrocchiale e plebale, che veicola le mem- tempi di Costantino, aveva evidentemente bra dell’autorità ecclesiastica, proiettandole mantenuto un ruolo attivo ed autonomo nel- sui nuclei delle preesistenti istituzioni comi- la gestione di alcune realtà sacre, afferenti le tali, afferenti la compagine municipale. fisiologie ecumeniche sociali66 .

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1 A. Guillou, Esarcato e Pentapoli: regione Cattedrale. Il caso di Pesaro del VI secolo, in “Fram- psicologica dell’Italia bizantina, in “Studi romag- menti”, 12, 2008, pp. 17-42. noli”, 17, 1967, pp. 36-54. 14 Baldetti, Per una nuova ipotesi cit., p. 823. 2 MGH, Epistolae, III, Epistolae Merowingici Per una descrizione generale delle arti militari bizan- et Karolini Aevi, I, Berolini 1892, 30, p. 536, 14, 28; tine della fine del VI sec: MAURICII, Strategicon, a 32, p. 539, 9; 38, p. 551, 10; A. Carile, Continuità e cura di H. Mihaescu, Bucaresti, Academia Republicii mutamento nei ceti dirigenti dell’esarcato tra VII e IX Socialiste Romania, 1970, in Scriptores Byzantini, secolo, in “Atti e memorie” della Deputazione di st. p. VI, pp. 1-420. per le , 86, 1981, p. 121. 15 Codex Justinianus, a cura di Paulus Krueger, 3 J. Maspero, L’organisation militaire de Weidmann, Hildesheim 1989, I, 27, 2, 8; Carile, l’Egypte byzantine, Libraire Honoré Champion, Pari- Materiali di storia cit., p. 199. gi 1912, pp. 70-72; G. Ravegnani, La difesa militare 16 Codex Justinianus cit., XI, 61, 8; Baldetti, della città in età giustinianea, in “Storia della città”, Per una nuova ipotesi cit., p. 823. 14, 1980, p. 102; Carile, Continuità e mutamento cit., 17 Ibid., pp. 822-823. p. 129. 18 G. Tabacco, Alto Medioevo, in G. Tabacco, 4 Carile, Continuità e mutamento cit., pp. G.G. Merlo, Medioevo, il Mulino, Bologna 1981, p. 98. 115-145. 19 Archivio storico arcivescovile di Ravenna, n. 5 A. Vasina, Il mondo marchigiano nei rappor- F 2346; M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de’ secoli ti fra Ravenna e Roma prima e dopo il Mille, in “Atti di mezzo per la maggior parte inediti, I-VI, Vene- e Memorie” della Deputazione di st. p. per le Marche, zia, 1801-1804, VI, pp. 11-13, n. 2; E. Baldetti, Un 86, 1981, p. 110; M. Frenquellucci, Alle origini del contributo toponomastico alla storia alto-medievale Comune. Città e territorio di Pesaro dalla disgregazi- della bassa valle del Foglia, in “Pesaro città e contà”, one tardo antica all’età comunale, Pesaro 1999, p. 50. 1, 1991, p. 11. 6 G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizan- 20 Tabacco, Alto Medioevo cit., pp. 100-101; tino, Einaudi, Torino 1993, pp. 151-159; A. Carile, Carile, Materiali, di storia cit., pp. 190-192. Materiali di storia bizantina, Lo Scarabeo, Bologna 21 Tabacco, Alto Medioevo cit., pp. 103-105. 1994, pp. 205-206; Liber Pontificalis, a cura di L. 22 Baldetti, Un contributo toponomastico cit.; Duchesne, E. De Boccard, Parigi 1955, t. I, p. 404. Id., Per una nuova ipotesi cit. 7 A. Amatori, D. Simoncelli, La Chiesa pesa- 23 F. V. Lombardi, Pesaro tra alto e basso rese dalle origini ai nostri giorni, Herald ed., Roma medioevo, in Aa.vv., Forma Urbis, Apsa ed., Pesaro 2003, p. 27; A. Carile, Pesaro nel medioevo, in 1991, pp. 52-57; Carile, Materiali di storia cit., pp. Aa.vv., Pesaro tra medioevo e rinascimento, II, Mar- 206-210. silio, Venezia 1989, p. 26. 24 F. V. Lombardi, La ‘Plebs Civitatis’ nella 8 J. D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et Pentapoli-Decapoli (secc. VI-XI), in “Studia Picena”, amplissima collectio, Florentiae-Venetiis, expensis LIX, 1994, pp. 21-22. Antonii Zatta Venetii, 1759, XI, cc. 311 e 775; Carile, 25 Gromatici veteres, ed. C. Lachmann, I, Pesaro nel medioevo cit., p. 26. impensis Georgii Reimeri, Berlino 1848, pp. 35, 62; 9 Procopio di Cesarea, Bellum Gothicum cit., Lombardi, La ‘plebs civitatis’ cit., p. 23. III, 11. 26 L. Storoni Mazzolani, Idea di città nel 10 E. Baldetti, Per una nuova ipotesi sulla con- mondo romano. L’evoluzione del pensiero politico a formazione spaziale della pentapoli, “Atti e memo- Roma, Firenze, 1994, pp. 1-162; Lombardi, La ‘plebs rie” della Deputazione di st. p. per le Marche, 86, civitatis’ cit., p. 25. 1981, pp. 823-830.; Carile, Pesaro nel medioevo cit., 27 Ibid., p. 23. p. 26. 28 Il pagus, il vicus rusticus e il vicus urbanus 11 Baldetti, Per una nuova ipotesi cit., p. 824, sono circoscrizioni territoriali (rurali – pagus e vicus nota 132. rusticus – e urbane – vicus urbanus) la cui origine 12 Ibidem; F. V. Lombardi, La basilica di Pesa- afferisce al mondo romano. E. Martinelli, Rinveni- ro del VI secolo nelle coeve scritte dei mosaici, in menti nell’area urbana e nel territorio, in Pesaro “Frammenti”, 9, 2005, p. 35, nota 52. nell’antichità, I, Venezia, Marsilio, 1984, pp. 215- 13 Lombardi, La basilica di Pesaro del VI secolo 221; F.V. Lombardi, San Cristoforo «ad Aquilam» da cit., pp. 15-55; Id., Da basilica a ‘monasterium’ e a basilica a pieve, in Aa.vv., La pieve di San Cristoforo

30 Omar Riccardo Zehender La diocesi pesarese tra VI e VIII secolo

«ad Aquilam», Pesaro 1983, p. 25; Frenquellucci, 41 Ibid., pp. 29-30. Alle origini del Comune cit., p. 40. 42 Registri, L. II, ep. 45, (luglio 592): Gregorio I 29 Lombardi, La ‘plebs civitatis’ cit., p. 23. a Giovanni vescovo di Ravenna: […] iuxta quippe est 30 Ibid., p. 23-24. In merito alla plebs rustica: civica Phanum, in qua multi capti vitate sunt ad quam PLINIO, Naturalis Historia, 17.24.3 e 18.3.3; Codex ego jam transacto anno transmittere volui, sed inter Justinianus, XI, 55: Ne quis ex rusticana plebe, quae hostes medio non praesumpsi […]. Cfr. anche ivi, L. extra muros posita capitationem suam detulit et anno- VII, ep. 13: Gregorio a Fortunato vescovo di Fano per nam congruam praestat, ad ullum aliud obsequium la vendita di vasi sacri al fine di riscattare i prigionieri: devocetur neque a rationali nostro mularum fiscalium […] si pietatis causa pro captivorum fuerunt redemp- vel equorum ministerium subire cogatur. tione distracta. Sempre a Giovanni vescovo di Raven- 31 C. Mengozzi, La città italiana nell’alto na: De episcopis vero ad nos pertinentes, qui tamen huc medioevo, La Nuova Italia, Firenze 1931, p. 246; pro interpositione hostium venire non possunt, curam Lombardi, La ‘plebs civitatis’ cit., pp. 25-26. vestra fraternitas gerat. PAULI DIACONI Historia 32 L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, Longobardorum, III, 13: La memoria della distruzione v. II, Tip. Malvolti ed Ercolani, Rimini 1856, app. n. di Classe perdurava secoli dopo: Hac etiam tempestate 19 p. 456, n. 29 p. 462, n. 32 p. 464; Lombardi, La Faroald, primus Spoletarum Dux, cum Langobardo- ‘plebs civitatis’ cit., p. 24. rum exercitu Classem invadens, opulentam urbem spo- 33 Codex Theodosianus (a. 438), IV, 18, 5; I. liatam cunctis divitiis, nudam reliquit. Mazzini, La terminologia territoriale ecclesiastica 43 Lombardi, La basilica di Pesaro del VI secolo nei testi conciliari dei secoli IV e V, in “Studi Urbina- cit., p. 22, nota 17. ti”, XLIII, 1974-75, pp. 233-266; Lombardi, La ‘plebs 44 Ibid., pp. 47-49; Id., Da basilica a ‘monaste- civitatis’ cit., p. 24. rium’ cit., pp. 19-25; A. Schiaffini, Intorno al nome 34 Codex Theodosianus, IX, 33, 1, riportato in e alla storia delle chiese non parrocchiali nel Medio Mengozzi, La città italiana cit., p. 136, nota 1; Lom- Evo. (A proposito del toponimo di “basilica”), in bardi, La ‘plebs civitatis’ cit., p. 24. “Archivio storico italiano”, LXXXI, 1923, pp. 25-64. 35 Ibid., p. 47. 45 Lombardi, La basilica di Pesaro del VI secolo 36 Mansi, Sacrorum Conciliorum cit., XI, app. cit., p. 23. I, pp. 1480-1482, Conc. Tic. 876: Ut ecclesiae Bap- 46 iustiniani Corpus Juris Civilis, Novellae, a c. tismales, quas plebes appellant, secundum anticam di Kreuger, Berlino 1900, pp. 28-29, nov. N. 5, c. 1: consuetudunem Ecclesiae filii restaurent; Lombardi, Si quis edificare venerabilem monasterium voluerit, La ‘plebs civitatis’ cit., p. 47. non prius licentia esse hoc agendi, quam deo amabile 37 E. Russo, Testimonianze monumentali di locorum episcopum advocet, et ille manus estenda ad Pesaro dal secolo VI all’epoca romanica, in Pesaro coelum et per oratione locum consacret deo, figens in tra Medioevo e Rinascimento cit., pp. 80-85; A. Bran- eo nostrae salutis signum (dicimus autem adorandam cati, I mosaici della Cattedrale, discorso inaugurale et honorandam vere crucis) sicque aedificium bonum della mostra, 6 agosto 1994, Pesaro 1994, passim; utique quoddam hoc est et decens fundamentum Lombardi, La ‘plebs civitatis’ cit., p. 47. ponens. Hoc itaque principium prae venerabilium 38 MGH, Capitularia, II, pp. 16 -20; Lombardi, monasterium fabricae fiat. V. anche SS. CC., t. V, col. La ‘plebs civitatis’ cit., p. 51. 526, Concilium Agathense (anno 506), cap. XXVII: 39 Sacrosanta Concilia, ed. Ph. Labbei-G. Cos- Monasterium novum, nisi episcopo aut permettere aut saerti, voll. I-XXIII, apud Sebastianum Coleti et Jo. probante, nullus incipere aut fundare presumat; Lom- Baptistam Albrizzi, Venetiis, 1728-1733, t. IX, col. bardi, Da basilica a ‘monasterium’ cit., pp. 23-24. 1066: Similiter autem & singulis urbium vicinis & 47 Sancti Gregorii Papae I Opera Omnia, ed. suburbanis, per municipalem archipresbyterum, & Maurini, t. II, Venezia 1744, p. 827, Ep. L. VI, n. reliquos ex presbyteris strenuos ministros procuret 46, nota b: Episcopo non licet collocare cathedram episcopus habita penitus in rebus dubiis observa- in monasterio, ne iniuria fiat libertati et exemptioni tione, quae superius prexa est; Lombardi, La ‘plebs monasterii. Cathedra posita, quae est insigne et argu- civitatis’ cit., p. 52. mentum jurisdictionis episcopalis, inquit Alteserra ad 40 Lombardi, La basilica di Pesaro del VI secolo hanc epistolam. cit., pp. 15-55; Id., Da basilica a ’monasterium’ cit., 48 Lombardi, Da basilica a ‘monasterium’ cit., pp. 17-42. pp. 37-38.

31 Studi pesaresi 1, 2012

49 Id., San Cristoforo «ad Aquilam» cit., p. 26. 58 Corpus Inscriptionum Latinarum, XI, 6398. 50 Frenquellucci, Alle origini del Comune cit., 59 P. M. Conti, Il ‘monasterium’ sacello di fon- p. 42. dazione privata e le missioni cattoliche nella Tuscia 51 F. V. Lombardi, Le primitive pievi delle dio- Longobarda del sec. VIII, in “Studi storici”, miscel- cesi di Montefeltro e Pesaro, in Aa.vv., Le pievi nelle lanea in onore di Manfredo Giuliani, Parma, 1965, pp. Marche, Fano 1978, pp. 9-35; Frenquellucci, Alle 81-102; G. Cortesi, I principali edifici sacri ravennati origini del Comune cit., p. 42. in funzione sepolcrale nei secoli VI-VII, in CARB, 52 Lombardi, Le primitive pievi cit., pp. 1-10.; A. XXIX, 1982, p. 65. Schiaffini, Per la storia di ‘Parochia’ e ‘Plebs’, in 60 Lombardi, Un enigmatico edificio plebalecit., “Archivio Storico Italiano”, LXXX, 1922, pp. 65-95. pp. 261-274. 53 Lombardi, Le primitive pievi cit., pp. 24-36. 61 Id., San Cristoforo «ad Aquilam» cit., pp. 54 Martinelli, Rinvenimenti nell’area cit., pp. 17-20. 215-221; Lombardi, San Cristoforo «ad Aquilam» cit., 62 Ibid., pp. 26-30. p. 25; Frenquellucci, Alle origini del Comune cit., p. 63 Id., La basilica di Pesaro cit. pp. 15-55; Id., 40; P. L. Dall’Aglio, Considerazioni storico-topogra- Da basilica a ‘monasterium’ cit., pp. 17-42; Id., La fiche su Pesaro tardo antica, in Aa.vv., XLIII Corso ‘Plebs Civitatis’ nella Pentapoli cit., pp. 21-57. di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna 64 Aa.vv., I mosaici del duomo di Pesaro, 1997, p. 281; N. Alfieri, Le Marche e la fine del mon- Arcidiocesi di Pesaro 2005, pp. 54-57, 96-99; Lom- do antico, in “Atti e memorie” della Deputazione di st. bardi, La basilica di Pesaro cit., pp. 15-55; Id., Da p. per le Marche, 86, 1981, p. 23. basilica a ‘monasterium’ cit., pp. 17-42. 55 Lombardi, La ‘plebs civitatis’ cit., pp. 21-57; 65 Ibid., pp. 19-24. Id.,, La pieve vecchia di Ginestreto, in Gli affreschi di 66 Ibidem; Id., La basilica di Pesaro cit., pp. Ginestreto, a cura di G. Allegretti, Costellazione n. 47-49; La basilica cristiana nei testi dei Padri dal II 3, Pesaro 1989, p. 22. al IV secolo, a cura di L. Crippa, Citta del Vaticano 56 Id., Le primitive pievi cit., p. 13. 2003, p. 1-178; A. Schiaffini, Intorno al nome e alla 57 Id., Un enigmatico edificio plebale ‘raven- storia delle chiese non parrocchiali nel medioevo. (A nate’ nel pesarese, in “Felix Ravenna”, 127-130, proposito del toponimo di «basilica»), in “Archivio 1984-1985, pp. 261-274. storico Italiano”, 81, 1923, pp. 25-64.

32 L’antica “strada delle due Abbazie” fra Morciano e Montecchio: per una proposta futuribile

di

Francesco V. Lombardi

Con il trascorrere del tempo, per cause facile sul piano altimetrico. Come è noto, naturali e ambientali o per variazione dei le due basse vallate del Conca e del Foglia poli economici e dei centri demici, spesso sono contigue, separate da un leggero crina- la viabilità antica mutava i percorsi viarii, le che funge da spartiacque. tanto che di alcuni se ne è perduta anche la La seconda parte di questo studio pro- memoria. Talora però quegli antichi traccia- pone l’ipotesi, ma anche la proposta per ti, per certe condizioni socio-economiche il progetto di un asse viario moderno tipo riemergenti sotto altre forme, si ripresenta- superstrada, più o meno sullo stesso antico no come riproponibili e rinnovabili in chia- tracciato della “strada delle due Abbazie”. ve moderna e contemporanea. Non ci sono rimaste prove dirette di un È il caso della medievale “via delle due collegamento viario fra di esse, ma si posso- Abbazie” 1, l’una di San Gregorio in Conca no ricavare sicuramente testimonianze indi- presso Morciano di Romagna 2, e l’altra di rette di questo antico itinerario. Entrambe le San Tommaso in Foglia (o dell’Apsella alla abbazie citate erano istituzioni monastiche confluenza nel Foglia) presso Montecchio dell’Ordine di San Benedetto, note fin dal di Pesaro 3. Esse erano le più vicine fra di secolo dell’anno Mille e perduranti per oltre loro rispetto ad altre fondazioni benedettine quattro secoli. Allora viene spontaneo chie- di queste e di altre vallate contermini 4. In dersi dove passavano quanto meno i monaci linea diretta la distanza che le separava era che facevano la spola fra le due comunità di circa 8 miglia e mezzo (pari a 12 km), che religiose. A questo punto occorre fare l’ese- su strada potevano corrispondere a mezza gesi di alcune serie di documentazioni che giornata di cammino. sono già note. La prima parte di questa ricerca riguar- da quindi la possibile reidentificazione di questo antico asse viario, con la precisazio- 1. Morte di papa Clemente II nella badia ne che non si trattava di una strada lastri- di San Tommaso (ora Comune di Monte- cata, ma (come la maggior parte delle stra- labbate) de medievali) di una specie di pista, forse anche carrabile, di terra battuta dal continuo Clemente II, il primo papa tedesco della passaggio di pedoni, animali da soma e car- storia, già vescovo di Bamberga, nel 1046 riaggi da trasporto. In confronto alla viabili- era stato imposto a Roma da Enrico III, re di tà appenninica questo era un percorso molto Germania, in sostituzione di tre contendenti

33 Studi pesaresi 1, 2012 fra loro la cattedra di San Pietro. Ispiratore di di sosta che in zona avevano i monaste- questa soluzione fu San Pier Damiani, mona- ri di Ravenna per i viandanti e per i pel- co e abate, poi diventato vescovo, cardinale legrini che facevano capo a quelle antiche e dottore della Chiesa 5. A Roma il nuovo agenzie di viaggi. È quindi possibile che il papa incoronò Enrico come imperatore, con corteo papale abbia fatto un notevole tratto lui fece il giro per l’Italia meridionale per del percorso che qui si cerca di riscoprire. poi risalire lungo la costa adriatica. Con essi Su questo tragitto sorgerà poi il castello di fece gran parte dell’ultimo tratto del cammi- San Giovanni in Marignano, di fondazione no anche Pier Damiani fino a Ravenna dove monastica ravennate (San Vitale) 8. Anche si separarono. L’imperatore proseguì per questo itinerario confluiva alla abbadia di la Germania. Il papa tornò verso Roma per San Tommaso in Foglia. un itinerario suggerito evidentemente dal Qui egli arrivò nell’aprile dell’anno Damiani, il quale – come è documentato – 1047. Qui si fermò perché ammalato (forse pochi anni dopo (prima del 1061) fonderà il di malaria, contratta durante la precedente monastero di San Gregorio 6. parte del viaggio). Qui lo era andato a tro- Per cercare di capire la presenza del vare Pier Damiani dal suo eremo di Fonte corteo papale in quella abbazia del basso Avellana, con tre giorni di viaggio a cavallo Foglia, lontana circa 10 miglia (15 km) dal- fra andata e ritorno. Qui il papa morì il 9 la viabilità costiera, in un primo studio di ottobre dello stesso anno 1047. Dunque, il qualche decennio fa chi scrive aveva stori- suo soggiorno a San Tommaso in Foglia era camente ipotizzato che questo itinerario fos- durato circa sei mesi. se stato quello che collegava Colombarone Durante questo periodo di degenza, il con Fossombrone, come scorciatoia della 24 settembre 1047 papa Clemente II rila- via Flaminia, tagliando in trasversale l’an- sciò un privilegio a Pietro abbate dello golo retto della antica via consolare romana stesso monastero che lo ospitava valido Pesaro – Fano – Fossombrone 7. corporis languore, donandogli un grande Quella ricerca si basava sulla presenza, possedimento terriero tutt’intorno 9. Que- in successione lungo tale direttrice, delle sto privilegio fu poi confermato nel 1060 pievi di San Cristoforo di Colombarone, di da papa Nicolò II allo stesso abbate, proprio San Pietro in Maceula e di San Lorenzo “in per intercessionem domini Petri Damiani 10. Strada” di Case Bruciate con arrivo a San Dunque i legami di questo grande santo del- Tommaso in Foglia. Chiaramente una antica la Chiesa con il monastero di San Tommaso strada c’era su questo asse lineare. perdurarono per decenni ed è credibile che Tuttavia, sembra ora altrettanto probabi- egli vi passasse più volte tenuto conto dei le che il papa abbia fatto un itinerario più suoi innumerevoli viaggi a cavallo per tutta arretrato, sempre per arrivare a San Tom- la rete delle varie istituzioni monastiche ed maso: cioè quello che si staccava dalla Fla- ecclesiastiche 11. minia al Castrum Conche, dove c’era anche la pieve di San Giorgio in Conca (ora Mon- te Vici di Cattolica), e abbia preso una via ancor più diretta (di cui rimane un vestigio nel toponimo Mezzoito), lungo le stazioni

34 Francesco V. Lombardi L’antica “strada delle due Abbazie”

2. Il castello di Montecchio donato in un stesso sottopose l’abbazia di San Gregorio primo tempo al monastero di San Grego- al vescovado di Rimini 14, facesse cedere rio in Conca Montecchio al vicino monastero benedetti- no di San Tommaso, perché a quei tempi era Nell’anno 1069, il 17 giugno, il nobile giuridicamente incompatibile che un vesco- riminese Pietro figlio del defunto signore vo avesse giurisdizione, sia pure indiretta, Bennone, donò al monaco Pietro Damiani, su un castello situato in un’altra diocesi e in per conto dell’abbazia di San Gregorio in altro comitato. Conca, non longe a Morciano, proprio da Solo così si spiega come nei tempi suc- lui fondata, molte e vaste tenute terriere fra cessivi il castello di Montecchio fu per seco- Romagna, “Marca” e Montefeltro. Fra que- li soggetto alla vicina badia di San Tomma- sti possedimenti figurano infra civitatem so. La conferma si ha anche dal fatto che Pensaurensem, et in toto comitatus ipsius, la nomina di un parroco locale sarà sempre curtem silicet de Fageto et Monteclo, quod di competenza dell’abate e non del vescovo olim fuit inceptum ad faciendum castrum a pesarese, fino alla estinzione della abbazia Corbone, filio Moronti 12. Cioè il castello stessa nell’anno 1451 15. era stato iniziato ancor prima del possesso Ora ci si torna a chiedere quale poteva del concedente: è probabile che lo avesse essere in questi secoli l’asse di collegamen- ereditato per linea femminile. to viario più breve e più facile fra le due Se questi possedimenti dovevano ser- abbazie benedettine, cioè San Gregorio in vire anche ad attrezzare economicamente e Conca presso Morciano e San Tommaso in funzionalmente la stessa direttrice viaria, si Foglia. Cioè dove passavano i monaci, i pel- può ragionevolmente supporre che la corte di legrini da essi ricoverati, indirizzati e spesso Faggeto sia da identificarsi con l’attuale area accompagnati, e tanti altri viandanti medie- del toponimo/fitonimo “Fargineto”, poco a vali che scandivano i loro percorsi sul rit- sud di Tavullia, situato proprio al centro della mo della presenza delle più antiche stazioni vallecola del Rio, cioè del versante opposto a ospitali, quali erano appunto i monasteri, quello di Montecchio, come si può verificare tutti collegati fra di loro da una stessa regola sulla carta IGM 1:25.000, quadro Tavullia. religiosa, da un consentito interscambio di Comunque sia, è certo che in un primo monaci, da confinanti interessi economici? tempo il monastero di San Gregorio viene Sul piano topografico e strategico il per- in possesso addirittura del più importante no di quel collegamento era naturalmente il centro castellano strategico della bassa valle castello di Montecchio. del fiume Foglia, cioè Montecchio, che era in costruzione proprio in quegli anni e che era situato proprio sulla sponda opposta alla 3. Presenza a San Tommaso della corte Badia di San Tommaso in Foglia. imperiale di Lotario III Purtroppo è noto che i documenti anti- chi di questo monastero sono per lo più Non è un caso che novanta anni dopo la scomparsi, anche quelli riguardanti le chie- morte di un papa tedesco come Clemente II, se di Montecchio 13. Ma è comunque logico cioè nel 1137, sul percorso delle due abba- supporre che nel 1071, quando il Damiani zie passasse un imperatore tedesco con tutto

35 Studi pesaresi 1, 2012 il suo seguito ministeriale e militare. Infat- e quella di San Tommaso in Foglia, il cui ti proprio in quell’anno Lotario III rilasciò segnacolo strategicamente più importante un diploma in favore del monastero di San era il castello di Montecchio. Maria in Porto di Ravenna. Esso risulta chia- I passaggi documentati di un corteo ramente: Actum apud Ecclesiam S. Thome, papale e di una spedizione imperiale presup- in episcopatu Pensaurense 16. Dunque egli si pongono necessariamente l’esistenza di un era lì fermato. percorso viabile importante. Se vi erano pas- Si tenga conto che – secondo l’Annalista sati queste due massime autorità del mon- Sassone che era al suo seguito – dopo Cese- do medievale, a maggior ragione dovevano na l’imperatore andò ad espugnare Lutizan transitarvi gli antichi pellegrini, i viandanti, quem prioribus temporibus satis rebellem gli uomini d’arme e di chiesa, gli artisti iti- et inexpugnabilem. Tenuto conto della lin- neranti e i mercanti, gli uomini e le donne gua tedesca del tempo questo toponimo è di ogni condizione sociale. È nota la grande stato identificato con San Leo. Comunque mobilità della popolazione medievale. sia, certamente l’esercito imperiale non fece Sulla base di questa riscoperta storica, ci l’itinerario costiero, ma fece una digressio- si chiede: è plausibile, e in prospettiva pro- ne verso l’interno. Nella cronaca sassone duttivo, proporre una moderna superstra- dopo Cesena non si citano le città di Rimini da (simile all’Interquartieri di Pesaro) sul e di Pesaro, ma solo di Fano, poi di Anco- tracciato di tale itinerario “naturale” come na e di Fermo dove l’imperatore celebrò la collegamento diretto fra le valli del Conca pasqua 17. e del Foglia? Esso altimetricamente è il più Dunque, a quanto pare da San Leo (o basso di tutto il medio crinale da Tavoleto comunque da altro simile castello) Lotario fino a Monte Luro. Infatti è inferiore ai 140 col suo esercito dovette per forza scendere m sul livello del mare, a fronte dei 131 m nella bassa valle del Conca e di lì passare della Zagagnola fra San Pietro e le Babucce in quella del Foglia. Solo così venne a tro- (sotto cui passa già l’autostrada A 14) e dei varsi effettivamente a San Tommaso, dove 122 m della strada statale della Siligata, che rilasciò il citato diploma, per poi proseguire sono entrambi più verso il mare. per Fano lungo la strada del torrente Arzilla. Il vecchio tracciato viario, sull’asse da Ora è noto che anche gli imperatori quan- nord a sud, partiva dal confine con la dio- do scendevano in Italia preferivano far capo cesi di Rimini a Santa Maria di Pietrafitta, alle abbazie che erano le sole istituzioni andava tutto pianeggiante lungo il Tavollo, periferiche in grado di ospitare un rilevan- e poi lungo il suo affluente di destra det- te numero di personaggi. Le pievi, infatti, to “Il Rio”, saliva leggermente passando non potevano ospitare un seguito numeroso, il valico di crinale fra Monte Marrone e il mentre i monasteri delle piane fluviali era- Casone per scendere gradatamente lungo il no sorti anche con questa specifica funzione bacino del torrente Taccone fino alla piana legata al passaggio dei corsi d’acqua. Ecco dove poi sorgerà il borgo di Montecchio. Per che allora la ricostruzione di questo viaggio rendersi conto della topografia della zona, imperiale si spiega solo se si tiene conto che basterà andare lungo l’attuale strada provin- Lotario III fece l’itinerario delle “due abba- ciale Tavullia-Monte Gridolfo, e fermarsi zie”: cioè quella di San Gregorio in Conca sul punto più avvallato. Di lì si può avere

36 Francesco V. Lombardi L’antica “strada delle due Abbazie” un colpo d’occhio delle due opposte vallette vera antica funzione, anziché quella di sali- che mettono in comunicazione i bacini idro- re a Tavullia) si prosegue oltre Ca’ Benelli grafici del Tavollo e del Foglia. Non a caso (quota 45) fino al confine provinciale sotto nel secolo scorso questa direttrice fu scelta Monte Benda, sul torrente Tavollo, al di là per farci passare la linea elettrica dell’alta del quale c’è Santa Maria di Pietrafitta che tensione. ricorda ancora l’antico termine confinario D’altra parte, anche l’attuale parrocchia fra le diocesi medievali di Pesaro e di Rimi- di Montecchio come cura d’anime si pro- ni. Di lì sarebbe competenza della regione ietta oltre Monte Marrone con un cuneo nel Emilia-Romagna studiare l’aggancio con la versante opposto del bacino del Tavollo 18 nuova superstrada Cattolica-Morciano ver- quale retaggio della presenza di antiche abi- so Pian Ventena. In pratica, in provincia di tazioni lungo questo asse. Pesaro, si tratta di un segmento stradale di Ora, rifacendo il percorso attuale da sud soli 7-8 chilometri. a nord sulla base della carta IGM 1:25.000, Un asse moderno su quell’antico itinera- da Montecchio – bivio Provinciale (quota m rio, tracciato dai piedi degli antichi monaci 51) – anche il nuovo il tracciato potrebbe sulla base della fisica conoscenza interval- seguire la strada lungo il Fosso Taccone, e liva dei luoghi, avrebbe la peculiarità di prima di prendere le due curve di salita verso mettere in comunicazione diretta due centri Tavullia, da quota m 66 proseguirebbe dirit- attuali, l’uno altamente commerciale (ma to costeggiando il livello costante del terre- non solo) come Morciano e tutta la supe- no sotto il rilievo di Case Magrini a destra riore vallata del Conca; l’altro altamente del moderno Lago, andando ad imboccare industrializzato come il comprensorio di un relitto di strada, ora campestre, fino al cri- Montecchio, ininterrottamente insediato di nale. Questo verrebbe scavalcato sotto Case fabbriche fino alle porte di Pesaro, con la Sarti (quota 146), quindi a quota inferiore, quale città va strutturalmente ricollegato. avendo di lato il Monte Marrone (quota È inutile dire che questo collegamento 182). Di qui si decliva a Case Carboni (quo- costituirebbe un’arteria eccezionale abbre- ta 100) per immettersi nella vecchia strada viata anche per la bassa Romagna riminese e lungo “Il Rio”, nei pressi dell’attuale campo per Urbino, legati da ulteriori interessi turi- sportivo di Tavullia (quota 50). Sulla scia di stici e culturali. Le idee, gli studi, le proposte quest’ultimo tronco stradale (che ancor oggi e i progetti vanno elaborati in tempi di “vac- si chiama significativamente “Strada del che magre”, per essere pronti alle eventuali Piano” e di cui ora si può comprendere la realizzazioni in tempi di “vacche grasse”.

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1 La denominazione “strada delle due Abbazie” esistesse al tempo del passaggio di Clemente II (a. è stata coniata per la contingenza di questo studio. Per 1047). la viabilità in generale sull’area della zona romagno- 7 F. V. Lombardi, S. Cristoforo ‘ad Aquilam’ da la: L. Ioni, Strade approdi e popolamento della Valle basilica a pieve, in La Pieve di S. Cristoforo ad Aqui- del Conca dalle origini al Medioevo, Morciano di lam, Gradara 1983, pp. 17-34. Romagna 2004. Per quella pesarese: P. Campagnoli, 8 Già nel 1076 (22 gennaio), nella pieve di San La bassa Valle del Foglia e il territorium di Pisau- Giorgio in Conca esisteva il “fundo Mariniano”. Bibl. rum in età romana, Bologna 1999, con spunti anche Gambalunga, Rimini, Sc. Ms. 199, n. 123, Schede medievali: in particolare cap. VI, La viabilità, p. 108 Garampi, (ex Arch. di Scolca). Sulla preesistenza al e la Carta archeologica, pp. 155-158, nn. 157, 182, castello di un fundus Marinianus, già noto nei primi 188, 189 (reperti d’epoca romana), tavv. IV e IX. Nel- decenni dell’XII secolo come proprietà del monastero la zona confinaria di Pietrafitta è stata rinvenuta una di San Vitale di Ravenna, cfr. Il Tesoro di Cerere. San bella epigrafe d’epoca romana (II sec. d. C.): CIL, Giovanni in Marignano. Temi di storia, a c. di M. L. XI, 2, 6395, sulla quale cfr. G. Susini, Dedica servile De Nicolò, Fano 2001, pp. 16-21 e nota 14: atto di pisaurense a San Giovanni in Marignano, in “Atti e conferma del 1157, che presuppone una concessione memorie” della Deputazione di st. p. per le Provincie di almeno trenta anni prima. di Romagna, n.s., vol. VII (1955- 56), pp. 325-328. 9 Olivieri, Memorie della Badia cit., app. I, pp. 2 Sulla abbazia di San Gregorio in Conca: L. 135-136. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, vol. II, 10 Ibid., app. II, pp. 136-137. Rimini 1856, pp. 212-213; 326-327; 399; 412, e in 11 G. Lucchesi, Per una Vita di San Pier Damiano. particolare i documenti alle pp. 537-539, 542-545, Componenti cronologiche e topografiche, in San Pier 550-552. P. G. Pasini, Sull’antica abbazia benedetti- Damiano nel IX Centenario della morte (1072-1972), na di San Gregorio in Conca, in “Rivista Diocesana Cesena 1972, vol. I, pp. 13-179; vol. II, pp. 13-160. di Rimini”, nn. 83-84, settembre 1973, pp. 65-76. Più 12 Carte di Fonte Avellana, 1 (975-1139), a cura recente è il volume di E. Bianchi, Il monastero di San di C. Pierucci e A. Polverari, Roma 1972, n. 26, pp. Gregorio in Conca. Patrimonio e organizzazione del 66-70. territorio (sec. XI-XII), Rimini 2005. 13 Olivieri, Memorie della Badia cit., app. 3 In generale: A. Abati Olivieri, Memorie della XXXIII, p. 159. Da un inventario del 1396, fatto Badia di S. Tommaso in Foglia nel contado di Pesaro, all’ingresso del nuovo abbate, risultano: Item unum Pesaro 1778; Z. Del Vecchio, L’Abbadia di S. Tom- scrineum seu capsam cum multa privilegia Imperia- maso in Foglia (980-1880), Pesaro 1980. lia et Papalia, quorum numero sunt Imperialia sunt 4 P. Gennari, Le abbazie della Valle del Foglia, duo vetera, Papalia sunt quatuor. Item unam sacchet- tesi di laurea, Ist. Univ. di Architettura, Venezia (rel. tam in qua sunt iura Ecclesiarum subiectarum dicto A. Bedon), a. a. 1996-97; Ead., Le abbazie della Pro- Monasterio. Poi altre dieci sacchette fra cui item due vincia di Pesaro e Urbino, cat. mostra, Pesaro 2000 e sachette in quibus sunt Instrumenta nova et vetera bibliografia ivi citata. Villa Monticli. Purtroppo di questi ultimi documenti 5 Per l’interpretazione critica di questa vicenda: non si sa più nulla. Forse furono bruciati nel 1439. F. V. Lombardi, Vita e morte di papa Clemente II a S. Cfr. G. B. Almerici, Squarci, in Bibl. Oliveriana, Tommaso in Foglia (anno 1047), in “Studia Picena”, Pesaro, ms. 937, t. III, sq. M, c. 22v. LXII (1997), pp. 69-82. 14 G. Rabotti, Le relazioni fra il monastero di S. 6 L’atto del 1061 con cui Armengarda vedo- Gregorio in Conca e il vescovo di Rimini nei secoli XI va di Bennone fa donazioni terriere al monastero di e XII, in “Studi Romagnoli”, XIII (1962), p. 215-239. San Gregorio attesta inequivocabilmente che questo 15 Nel 1396 fra gli ecclesiastici dipendenti diret- era già esistente: A. Gibelli, Monografia dell’anti- tamente dall’abbate risulta il Rector Eccl. S. Arcangeli co monastero di S. Croce di Fonte Avellana, Faenza del Villa Monticli: Olivieri, Memorie della Badia cit., 1896, doc. II, p. 324. La sua fondazione ad opera del app. XXXIV, p. 160. Peraltro, già dalla bolla di papa Damiani doveva essere quindi precedente, fatta pro- Innocenzo III (1213, agosto 12), la chiesa S. Miche- babilmente quando era ancor vivo Bennone stesso, langeli de Monticulo, era di pertinenza dell’abbazia al quale il santo dedicò un magnifico carme latino. di San Tommaso: ibid., app. VIII, p. 143. Sulla devo- Tonini, Della storia civile e sacra cit., app. LV, p. 538; luzione della badia al vescovado di Pesaro nel 1451, cfr. anche p. 326. Comunque non si hanno notizie che cfr. ibid., app. XLVIII, p. 178. Nel 1283 Montecchio

38 Francesco V. Lombardi L’antica “strada delle due Abbazie” risulta ancora castrum fra i castelli del territorio pesa- 1294); cfr. anche pp. 165, 189, 191. Sul piano diacro- rese. Ibid., app. XIX, p. 149. Con ogni probabilità fu nico cfr. la monografia diO. Bartolucci, Montecchio, degradato da castello a villa, e fors’anche decastel- un paese, un popolo, una storia, RSM 1999. lato fisicamente, quando da papa Bonifacio VIII fu 16 Olivieri, Memorie della Badia cit., app. IV, tolto a Bernardo della famiglia dei Bandi e investito p. 139. a Malatesta da Verucchio (18 dicembre 1299): Toni- 17 Annalista Saxo, Chronica, a c. di G. Waitz, in ni, Della storia civile e sacra cit., app. CLXXXIII, MGH, Scriptorum, t. VI, Hannoverae 1844, p. 772. pp. 719-720. Certamente Montecchio risultava fra i 18 Bartolucci, Montecchio cit., pp. 38-39. A fian- ribelli della Chiesa parteggianti per il conte Guido da co di Monte Marrone risulta la documentata esistenza Montefeltro: ibid., app. CLXVIII, p. 679 (12 luglio della scomparsa chiesa di San Martino: ibid., p. 32.

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Le porte e le guardie di Pesaro in epoca sforzesca

di

Francesco Ambrogiani

Durante il periodo della signoria sforze- Le sei porte vennero elencate in un sca la cinta muraria di Pesaro ebbe sei porte; importante documento del 1473, contenente troviamo i loro nomi nei superstiti bilanci un piano di mobilitazione per il controllo dei della comunità, dove venivano registrati i principali fortilizi ed edifici cittadini 4; oltre salari degli addetti alla sorveglianza: Fane- a quelle citate, nel documento venne men- stra, Curina, Ponte, Nova, Gattolo e Mare. zionata una settima porta, adiacente a quella Siamo anche in grado di individuare la del ponte, chiamata falsa. Il termine compa- loro collocazione sulla cinta urbana grazie al re in un libro delle spese del 1452 («recon- rilievo eseguito nel 1528 da Pier Francesco ciare la porta falsa fora porta del ponte» 5), e da Viterbo, l’ingegnere a cui il duca France- del 1495, dove venne annotata una fornitura sco Maria della Rovere affidò il compito di di travi per la «porta falsa di porta del Pon- progettare le nuove difese alla moderna, con te» 6. Per localizzare quest’apertura si può bastioni e cavalieri (fig. 1) 1; come è noto, fare riferimento ad una scrittura del 1450, uno dei maggiori pregi del disegno risie- dove si parla della «porta del ponte morto de nella raffigurazione della terra vecchia, de porta del ponte verso el Verzero» 7. Con- cioè del perimetro della città medievale, un siderato che il Verzero era la zona situata poligono irregolare avente uno dei vertici in subito fuori le mura, fra la strada che usciva corrispondenza del ponte sul Foglia. Possia- da porta Curina e il Foglia, dove esistevano mo quindi affermare che Fanestra era posta alcune fabbriche di laterizi, si può ritenere sulla strada Flaminia, sul lato verso Fano; che la porta falsa fosse un uscio che permet- Curina sulla strada diretta verso la valle del teva di arrivare più comodamente alle for- Foglia; Ponte a ridosso dell’antico transito naci, seguendo la strada che costeggiava il sopra il fiume, in direzione di Rimini; Nova fiume8 . verso il porto; Gattolo e Mare verso il litora- Le porte costituivano il luogo deputato le (fig. 2); nel disegno cinquecentesco que- alla sorveglianza dei flussi di merci, bestie e ste ultime due furono chiamate rispettiva- persone che attraversavano quotidianamente mente Sale e Vescovado (per la prossimità, il perimetro urbano. Gli statuti proibivano rispettivamente, ad un magazzino del sale e di entrare o uscire dalla città da altri luoghi alla chiesa episcopale); le due denominazio- che non fossero quelli prescritti; chi prova- ni coesistettero per lungo tempo; infatti, nei va a scavalcare le mura, o ad approfittare di libri delle spese troviamo porta Vescovado pertugi in esse occasionalmente presenti, nel 1477 2 e Sale nel 1501 3. rischiava pene severe: 100 lire se il reato

41 Studi pesaresi 1, 2012 veniva commesso di giorno, 200 di notte; se si manifestò la mortale malattia di Costan- poi il colpevole non era in grado di pagare, zo, Camilla Sforza vi imprigionò il cognato doveva scontare una pena detentiva di un Carlo, sospettato di aver tentato di volere mese 9. Allo stesso tempo, creando un’aper- occupare Pesaro 14; fra il 1488 e l’anno suc- tura nella muraglia, le porte costituivano dei cessivo Pandolfo Collenuccio vi trascorse punti deboli che andavano protetti con spe- un periodo di detenzione; nel 1500, nei gior- ciali accorgimenti, in modo da ripristinare la ni della rivolta popolare che provocò la cac- continuità del circuito difensivo. ciata di Giovanni Sforza, fu occupata da un Porta Fanestra era protetta da un cassero gruppo di soldati fedeli al deposto signore 15. e da una torre, detta anche rocca, che per I libri delle spese del Comune docu- lungo tempo fu la più importante fortezza mentano numerosi lavori di manutenzione cittadina; a partire dagli anni ottanta essa alla rocca e al cassero. Per la rocca trovia- fu chiamata rocca vecchia, per distinguer- mo registrati: nel 1462 i pagamenti per una la dalla nuova fatta costruire da Costanzo fornitura di legname, chiodi e calcina, per Sforza nella zona del Tentamento. Aba- il rifacimento di un solaio per tenere muni- ti Olivieri ritenne che il cassero e la rocca zioni e balestre, e per conciare il ponticel- fossero edifici separati, e distanti fra loro: lo levatoio 16; nel 1463 per lavori al tetto, il primo situato verso il baluardo di Santa per chiodi per un rastello e per conciare «la Chiara e la seconda vicino a porta Fane- porta del soccorso» 17; nel 1477 per la siste- stra 10. I documenti esaminati suggeriscono mazione di un forno, del tetto e di un «cor- invece un unico organismo edilizio, com- ridore» 18. Per il cassero troviamo: nel 1452 prendente una parte a destinazione residen- per il ponte levatoio, per fare un merlo e una ziale (il cassero) e un’altra (la rocca, o torre) finestra nella bertesca verso la torre di Santa con funzione difensiva e di detenzione. Chiara, per una fornitura di chiodi e tavole La rocca di porta Fanestra ricorre in per fare i parapetti al ponticello di accesso 19; numerosi episodi legati alle vicende della nel 1462 per un pezzo di ferro per il pon- signoria pesarese. Una delle prime testimo- te levatoio 20; nel 1463 per la sistemazione nianze risale al giugno del 1434, al tempo di un ponticello 21; nel 1479 per una forni- della signoria malatestiana, quando un grup- tura di chiavi per irrigidire la struttura 22. po di prigionieri rinchiusi al suo interno riu- Altre informazioni possono essere tratte dai scì a liberarsi e a uccidere il castellano 11; rogiti notarili, come un documento del set- l’anno successivo, i tre fratelli Malatesta che tembre1471, che menziona il ponte ligneo in quel momento reggevano la città, Gale- mediante il quale si accedeva alla rocca 23. azzo, Carlo e Pandolfo, retribuirono con un Oltre a questi frammenti, che sugge- certo compenso il condottiero mantovano riscono un complesso edilizio piuttosto Gianfrancesco Gonzaga, perché in passato articolato, con ponti di accesso, e corridoi aveva tenuto in custodia, per loro conto, il di collegamento, abbiamo le vedute di due cassero di Pesaro e le rocche di Fossombro- tarsie del coro della chiesa di Sant’Agosti- ne e di Montelevecchie 12; più avanti, nel no a Pesaro. La prima (fig. 3) mostra una febbraio del 1473, Costanzo fece trasportare strada che dalla campagna arriva ad una al suo interno gli ori, gli argenti e i privilegi porta urbana che si apre su una lunga mura- di famiglia 13; nel luglio del 1483, quando glia; a destra è riconoscibile uno dei torrioni

42 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro rotondi della rocca nuova, fatta costruire da direzione di Rimini) a sinistra del ponte; nella Costanzo Sforza durante gli anni settanta del torre è leggibile la scritta CO[NSTANTIUS] XV secolo; la presenza della rocca consente SF[ORTIA] PISAVRI D[OMINUS]. A destra di individuare il lato di muraglia raffigura- è disegnata un’altra costruzione, anch’essa a to: si tratta di quello rivolto a meridione, e base scarpata, che rappresenta una delle torri la porta disegnata è la Fanestra; accanto ad poste verso il ponte. essa, sulla destra, è presente un fabbricato Una seconda medaglia (fig. 6), coeva che sembra sporgere dalle mura; dietro c’è della precedente, mostra la pianta della città un’alta torre. La seconda veduta (fig. 4) è di Pesaro a “volo d’uccello”, con la scrit- speculare alla prima; essa mostra una strada ta CONSERVAT[OR] URB[IS] SUÆ. Alla che dall’interno della città converge verso sommità del disegno è raffigurato il ponte una porta, disegnata in modo esageratamen- sul Foglia, collegato alla cinta urbana tra- te alto, priva della parete di tamponamento; mite due torri di fiancheggiamento; fra di alla sua destra è raffigurata una chiesa 24; a esse è segnato uno slargo, da cui si stacca sinistra vi è una torre posta a ridosso di un la strada che entra in città (in un atto nota- edificio che sporge dalle mura. Il fortilizio rile del 1494 si parla proprio di una piazza posto a difesa della porta era quindi costi- antistante la porta: plateam dictae porte 27). tuito dall’edificio basso più la torre svettan- Una terza veduta di porta Ponte risale al te, raffigurato specularmente in entrambe le XVI secolo, e fu dipinta nella grande pala tarsie. attribuita a Piero Antonio Palmerini, origi- La rocca (o torre) di porta Ponte si trova- nariamente collocata nell’antica chiesa di va sulla riva settentrionale del Foglia, al di Sant’Andrea a Pesaro, e ora conservata nel là dell’antico ponte in muratura; anch’essa, museo civico di Fano. La pala, di datazione come la Fanestra, ricorre frequentemente nei incerta, mostra la madonna in trono fra i santi libri comunali; nel 1450 vennero registrati Andrea e Paolo, posti davanti ad un arioso pagamenti per lavori al ponte levatoio, per paesaggio dove è ben riconoscibile il ponte «aconciare la scala che va in la torre de por- sul Foglia 28. Nella veduta (fig. 7) non c’è ta del Ponte de fora», per mettere delle chia- traccia delle due torri disegnate nel meda- vi di rinforzo alla struttura 25; nel 1452 per glione: anzi, si ha l’impressione di trovarsi di una fornitura di mattoni, per «chiavi grandi fronte a fabbricati in ristrutturazione, oppure per inchiavare la torre de fora de porta del rovinati; è da notare ad esempio, sulla parte Ponte», per coppi, per tavole necessarie a sinistra del ponte, la costruzione sbrecciata fare l’armatura 26; nel 1462 per sistemare alla sommità, che sta di fronte ad un grande una scaletta interna; l’anno successivo per arco di accesso; anche la torre disegnata sulla mettere i mantelletti, cioè le tavole bascu- destra ha perso le caratteristiche militari che lanti che venivano fissate fra due merli con- aveva nella medaglia del 1474, per diventare tigui, per proteggere i difensori. (almeno così sembra) un campanile. È per- La torre venne raffigurata in un medaglio- tanto probabile che il pittore abbia raffigurato ne datato 1474 (fig. 5), che mostra un corteo le fortificazioni del ponte come apparivano di soldati che sta varcando il ponte sul Foglia. dopo gli eventi bellici che, nel 1521, avevano Nella medaglia è disegnato un fortilizio a consentito a Francesco Maria della Rovere di base scarpata, posto (uscendo dalla città in riprendere possesso del ducato.

43 Studi pesaresi 1, 2012

I resti delle fortificazioni quattrocente- signoria, cioè a partire dagli anni trenta del sche vennero raffigurati in una veduta di XV secolo 31; in effetti, torrioni poligonali Francesco Mingucci, disegnata nel terzo sono piuttosto frequenti nei territori cor- decennio del Seicento (fig. 8). Nella parte rispondenti all’antica signoria di Rimini, sinistra del ponte è visibile un muro spor- come a Gradara, Sant’Arcangelo, Maiolo, gente, e un contrafforte, che costituiscono Sant’Agata Feltria, ecc. Partendo da que- i resti del basamento della torre disegnata sta constatazione, si può supporre che i tre nel medaglione del 1474; invece sulla parte fratelli Malatesta di Pesaro decidessero di destra compare una costruzione diroccata. rafforzare le difese cittadine verso il ponte, Altre informazioni possono essere trat- facendo erigere due nuovi torrioni ottago- te da un rilievo eseguito da Giovan Battista nali, aventi caratteristiche simili a quelle Passeri, incluso nella sua opera manoscritta che Sigismondo Pandolfo, il parente rivale, Descrizione della primitiva città di Pesa- stava facendo costruire nei castelli dei suoi ro e delle sue ampliazioni sino al presente domini. 29. Dopo avere rilevato resti di muraglie e Anche porta Curina era affiancata da di torri ancora visibili ai suoi tempi (sia- una torre, che però non era presidiata da un mo a metà del Settecento), Passeri raffigu- castellano, ma da guardie e conestabili. Di rò in un unico foglio il quadrato della città questo fortilizio sono rimaste diverse noti- romana, il pentagono roveresco e il poligo- zie; ad esempio, nel novembre 1461 venne- no irregolare che aveva racchiuso il borgo ro registrate alcune bollette riguardanti «el medioevale; proprio in prossimità del ponte, turrone de porta Corina», e a dicembre ven- l’autore disegnò due torrioni «che teneva- ne rifatta una centina del tetto di copertu- no testa al borgo», coincidenti con quelli ra 32. A partire dalla seconda metà del 1462 raffigurati nel medaglione con la scritta vennero menzionati due torrioni, indicati CONSERVAT[OR] URB[IS] SUÆ. Passeri coi nomi di vecchio e nuovo; nell’ottobre di spiegò che i ruderi di uno dei due fortilizi quell’anno venne annotata una bolletta per erano ancora visibili, mentre il secondo era un lavoro «sotto el torrone novo», mentre stato ritrovato in modo fortuito in segui- a dicembre furono pagati lavori sia per il to alla realizzazione di una trincea scavata vecchio che per il nuovo torrione 33. Alcune vicino al ponte da soldati spagnoli in quel bollette riguardanti l’acquisto di mattoni e momento di stanza a Pesaro; dopo essere mantelletti fanno ritenere che questo secon- sceso nel sotterraneo del fabbricato venuto do fortilizio fosse terminato alla fine del alla luce, lo studioso notò la perizia con cui 1463, o poco dopo 34. erano state costruite le muraglie, e la presen- La peculiarità di porta Curina fu la sua za di feritoie piatte, che consentivano l’uso prossimità al Vallato, il canale che portava dell’artiglieria. Il resoconto del sopralluogo l’acqua che serviva a fare funzionare i due di Passeri venne ripreso da Abati Olivieri, mulini posti all’interno del perimetro urbano il quale aggiunse una notizia interessante: i (detti di San Cassiano e di porta Curina); la due torrioni erano ottangolari 30. vicinanza fra porta e canale è attestata da un Fortilizi di forma poligonale (a sei, otto, pagamento del 1461, in cui venne nominato o più lati) furono adottati da Sigismondo un «portello falso sopra al vallato appresso Pandolfo Malatesta nei primi anni della sua al turrone de porta Chorina» 35..

44 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro

Per proteggere il varco di ingresso del sostavano in casette costruite in prossimità canale, che costituiva un punto debole della dei ponti, al di là del fossato; le notizie su muraglia, nella seduta del 26 luglio 1461 un questi ricoveri sono disseminate in tutti i libri consigliere propose di costruire una volta delle spese; ad esempio, nel 1450 vennero sopra il corso d’acqua, e sopra di essa una annotati i pagamenti per l’acquisto di coppi costruzione munita di merli e bombardiere, e per lavori alla casetta dove stava il conesta- che arrivasse a pareggiare il muro della cit- bile di porta Ponte 45; nel 1462 per il legname tà 36. Probabilmente la proposta fu accettata, per rifare la «casetta de le guardie de porta perché nel 1477 vennero registrati dei lavori Fanestra del canto de fora» 46; nel 1463 per per «recoprir la casa sopra el valato de la i mattoni per «coprire la casetta fora de por- dicta porta» 37. Questa casa è, forse, la stessa ta Curina ove sta la guardia» 47; nello stesso disegnata nella veduta secentesca di Johan anno venne riparato l’«ussio de la casetta de Blaeu, dove si scorge un edificio con un’al- la porta da Mare» 48; nel 1477 si lavorò alla ta volta, proprio nella zona dove sorgeva la «casetta di porta del Gatto» 49, e così via. porta Curina medievale (fig. 9). In prossimità di ognuna delle casette vi Le torri di fiancheggiamento delle tre por- era un rastello, cioè un cancello di legno, te principali (Fanestra, Ponte e Curina) erano che serviva a controllare il flusso delle per- ben visibili nel panorama cittadino; nel 1483 sone sul ponte di accesso alla porta 50; in esse colpirono l’attenzione di un oratore caso di emergenza, i cancelli venivano chiu- milanese presente in città, il quale chiamò si per impedire il transito; nel 1483 Camil- «rochete de le porte de Pesaro» 38; invece le la Sforza, quando ebbe notizia della grave restanti tre (Mare, Gattolo e Nova), trovan- malattia che aveva colpito il marito, ordinò dosi in punti del circuito murario meno espo- di serrare i rastelli per evitare che entrassero sti, erano prive di torri di protezione. in città soldati di affidabilità dubbia 51. Nei Tutte e sette le porte cittadine (inclusa la libri delle spese si incontrano numerosissi- falsa) erano collegate ad un ponte, che servi- mi pagamenti per lavori di riparazione dei va a superare il fosso che circondava le mura; rastelli, con forniture di legname, chiodi e i ponti erano costruiti con tavolati appoggiati catene di ferro 52; in alcuni casi essi erano su travi e pilastri (“capitelli”) in muratura 39; posti anche all’interno delle porte; nel 1450 essi erano generalmente divisi in due tratti: si pagò un fabbro per la fornitura «di tre uno fisso (detto pontemorto 40), e uno mobi- anelli per lo catenacio del rastello dentro de le, che veniva sollevato con un sistema di porta Fanestra» 53; nel 1477 si acquistò del catene e contrappesi (a porta Curina, in una legname per «lo rastello del canto dentro de spesa del 1452, si parla di una fornitura di porta del ponte» 54. ferri «per lo contrapeso del ponte» 41). Le notizie fino ad ora raccolte consento- Strettamente legate ai ponti furono le no di intravedere con buona approssimazio- “stracche” (o “stiacche”) 42 e i “bardonali” 43; ne le strutture di protezione delle porte urba- le “stracche” erano, presumibilmente, delle ne. Le maggiori (Fanestra, Ponte e Curina) travi utilizzate per il ponte 44; del “bardona- avevano al loro esterno un rastello; proce- le”, invece, allo stato attuale delle ricerche, dendo verso la città si incontrava la casetta non possiamo dire nulla. delle guardie e il ponte diviso in una parte Le guardie e i dazieri assegnati alle porte fissa e in una mobile; poi veniva il varco e,

45 Studi pesaresi 1, 2012 all’interno, un secondo cancello; il tutto sor- Guardie di porta Nova 48 lire vegliato da una torre di fiancheggiamento. Le rimanenti tre porte, Mare, Nova e Gatto- Nel bilancio del 1503, approvato dopo il lo, essendo costruite in luoghi meno esposti, rientro di Giovanni Sforza, troviamo: erano prive della torre di fiancheggiamento Castellano della rocca nuova 400 lire e, probabilmente, della cancellata interna. Conestabile di porta Ponte 120 lire Uno dei pannelli del coro della chiesa di Conestabile di porta Curina 120 lire Sant’Agostino mostra porta Fanestra e i suoi Conestabile di porta Fanestra 120 lire accessori. In basso, al centro, si scorgono i Conestabile di porta Mare 36 lire pali aguzzi del rastello che blocca la strada Conestabile di porta Gattolo 72 lire Conestabile di porta Nova 36 lire proveniente da Fano; proseguendo con lo sguardo lungo la strada, si vedono a sinistra In questo secondo elenco compare il due basse costruzioni affiancate, sede delle castellano della rocca nuova fatta edificare guardie e dei dazieri; a fianco dell’arco di da Costanzo Sforza, mentre è assente quel- porta Fanestra si scorgono le travi di sol- la di porta Fanestra, denominata vecchia a levamento delle catene del ponte levatoio partire dalla metà degli anni ottanta. Il totale (fig. 10). La porta venne ritratta anche nella dell’anno 1503 fa 904 lire, con una consi- veduta seicentesca di Johan Blaeu; anche stente diminuzione rispetto agli anni della qui si notano bene le aste del ponte levatoio, signoria di Alessandro Sforza. il ponte morto, che supera il dislivello del I presìdi che maggiormente pesavano sul fosso attorno alle mura e che si appoggia su bilancio comunale erano quelli di Fanestra pilastri, la casetta delle guardie affiancata al e Ponte, che si trovavano alle estremità del rastello (fig. 11). tratto della strada Flaminia passante all’in- Le porte e le torri erano presidiate da pic- terno della cerchia muraria: circostanza que- cole guarnigioni composte da addetti che, a sta che dimostra, in modo quantitativamente seconda del grado, venivano chiamati coi percepibile, come Pesaro abbia mantenuto nomi di castellani, conestabili, ufficiali e guar- per secoli la fisionomia di città sorta lungo die; costoro ricevevano il salario dal Comune, l’antica arteria romana. Terza, per ordine di il quale provvedeva ogni anno a stanziare le importanza, veniva Curina, da cui partiva la somme necessarie alla loro retribuzione. strada che, fiancheggiando il fiume Foglia, Negli anni 1459, 1463, 1464, 1465, 1466 arrivava al castello di Montelevecchie (l’at- e 1467 il consiglio comunale destinò a que- tuale Belvedere Fogliense) limite del conta- sta particolare categoria di salariati una som- do di Pesaro, per poi proseguire verso Urbi- ma di 1.632 lire, ripartita in otto parti, cor- no e di lì verso i passi che conducevano in rispondenti alle sei porte e alle due rocche: Umbria e in Toscana. Rimanevano infine Gattolo, Mare e Nova, Castellano di porta Fanestra 600 lire che erano usate prevalentemente dagli orto- Castellano di porta Ponte 216 lire Conestabile di porta Ponte 180 lire lani che andavano a lavorare nei campi posti Conestabile di porta Curina 252 lire subito fuori le mura, dagli addetti alle attivi- Conestabile di porta Fanestra 180 lire tà portuali e di marineria, e dai forestieri che Guardie di porta Mare 60 lire viaggiavano per nave; la loro ubicazione ripa- Ufficialee guardia di porta Gattolo 96 lire rata spiega perché il Comune destinasse alla

46 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro loro custodia un importo complessivamente tero un salario uguale a quello previsto nel inferiore a quello stanziato per la sola Curina. bilancio, cioè 216 lire; invece nel 1461 ven- Oltre ai libri dei bilanci, si sono conser- nero registrati salari inferiori, e un numero vati quelli contenenti le spese dei salariati di paghe anch’esse inferiori. Sul finire del degli anni 1450, 1452, 1461-1463, 1477- secolo la torre venne sorvegliata solo da due 1478, 1479-1480, 1495, 1498 e 1501; da persone, che percepirono complessivamen- essi apprendiamo le paghe effettivamente te un salario di 90 lire. corrisposte ai componenti delle guarnigioni, Il termine di paga (o l’equivalente paga e la loro consistenza. viva) designava il salario che il Comune Durante il periodo della signoria di Ales- assegnava al castellano per ogni uomo facen- sandro Sforza, la figura più importante fra te parte della guarnigione, mentre paga mor- gli addetti alla sorveglianza fu il castellano ta era un compenso suppletivo, a cui non della rocca di porta Fanestra. I libri di spe- corrispondeva una persona 53. Riprendendo i sa del 1450, 1451 e 1461-1463 contengono nomi indicati nelle tabelle 1 e 2, si può dire i nomi dei castellani, il numero di addetti e che Corrado Prospero, castellano di rocca le paghe annuali corrisposte come indicato del ponte nel 1450, ebbe l’obbligo di tenere nella tabella 1. con sé una guarnigione di sei uomini, inclu- Ritroviamo altri dati nel libro delle spe- sa la sua persona, pur ricevendo dal Comune se del 1501, nel periodo in cui Pesaro, in l’ammontare di sette salari. La guarnigione seguito alla conquista di Cesare Borgia, di Giannone de Rigghi da Parma fu compo- tornò momentaneamente sotto il governo sta da due uomini, inclusa la sua persona, con della Chiesa. Fra i salariati di quell’anno mezza paga aggiuntiva. figurò il castellano della rocca nuova, di Il caso di Giannone da Parma si presta ad nome Monsanselero, a cui il Comune versò alcune considerazioni, poiché troviamo il suo 852 lire; l’importo doveva servire a pagare nome in un registro con le mostre, cioè con i salari dei presidi della rocca nuova (384 l’elenco degli ufficiali, dei castellani e dei lire), della vecchia (288 lire) e di porta custodi dei fortilizi cittadini fra il 1473 e il Fanestra (180 lire) 51. Queste annotazioni 1477 54. Il 6 agosto 1475 Giannone, che era fanno supporre che, a partire da quell’an- stato staffiere del defunto Alessandro Sforza, no, venisse istituito un presidio unico per e che in precedenza aveva avuto la castellania entrambe le rocche, posto al comando di della rocca di Gradara, ebbe una condotta per un solo castellano. In effetti, dopo l’en- custodire la rocca del ponte con due paghe trata in funzione della nuova fortezza del vive e mezza paga morta, per l’ammontare Tentamento l’antico cassero perse via via di 7 lire e 10 bolognini; conosciamo anche il di importanza, fino al suo abbattimento, nome del soldato che Giannone tenne con sé avvenuto nel 1509 52. per custodire la torre: un famiglio (famulus) Un’altra importante figura dell’organiz- di nome Francesco Laurenzi. zazione difensiva cittadina fu il castellano La sorveglianza delle porte maggiori, della rocca di porta Ponte, cioè della torre Curina, Fanestra e Ponte, fu affidata a cone- posta a protezione del ponte sul Foglia (si stabili, un termine che ricorre nell’organiz- veda tabella 2). zazione degli eserciti quattrocenteschi, e Nel 1450 e 1452 questi castellani ricevet- che indicava il comandante di una compa-

47 Studi pesaresi 1, 2012 gnia di soldati appiedati 55. Come il castel- complessiva rimase costantemente di 180 lano, anche il conestabile teneva con sé un lire annue, fino alla fine del quattrocento. piccolo di gruppo di uomini, il cui compen- Nel libro delle spese del 1478 si trova so totale veniva espresso in paghe. un’annotazione interessante: a ottobre i due A porta Curina troviamo i conestabili e conestabili e la guardia commisero un’in- le paghe annuali riportate alla tabella 3. frazione che costò loro una riduzione del A porta Curina, nel 1463, ad un certo salario, per «mala condotta», di 12 bologni- punto dell’anno, i conestabili diventarono ni ai primi due, e di 6 al terzo 57. Nel 1501 due, pur rimanendo la spesa totale di 252 i custodi della porta vennero posti sotto il lire; da allora i conestabili rimasero due, comando del castellano della rocca nuova. ma con una diminuzione del personale. Dal A porta Ponte troviamo i conestabili 1477 ogni conestabile ricevette due paghe, riportati nella tabella 5. con una spesa annuale variabile fra 168 e Le rimanenti porte Mare, Gattolo e Nova, 180 lire. Silvestro Graziani da Cotignola, richiesero sorveglianti e spese di minore incluso negli elenchi del 1477, 1478 e 1479, entità: due o una persona. ebbe una paga maggiore perché, oltre ad In tutti gli anni esaminati (1450, 1452, essere un conestabile, svolse anche l’incari- 1461, 1462, 1463, 1477, 1478, 1479, 1480, co di «bullatore delle carni della beccheria»; 1495 e 1498) porta Mare fu presidiata da una prima di avere la condotta di conestabile, o due guardie che ricevettero annualmente Silvestro aveva ricevuto, dal 1473 al 1475, un salario di 60 lire (5 lire al mese). Anche la castellania della rocca di porta Ponte. a porta Nova furono presenti due guardie, Nel libro delle mostre degli ufficiali si ma con uno stipendio di 48 lire annue (4 al trovano anche i nomi dei famigli che i cone- mese). I due addetti alla sorveglianza di por- stabili tennero con sé a porta Curina; nel ta Gattolo furono chiamati ufficiale e guar- 1473 Cola da Francavilla, soprannominato dia, e percepirono un salario annuale di 96 “vecchio”, aveva al servizio un famiglio di lire, il doppio delle guardie di porta Nova. nome Bartolomeo da Macerata; in agosto Prima di prendere servizio, i castellani, Bartolomeo si ammalò e al suo posto suben- i conestabili, gli ufficiali e le guardie dove- trò Terenzio di Pietro; nel 1475 Cola “vec- vano prestare un giuramento di fedeltà; ad chio” condusse Giovanni Stasi di Ripalta esempio, in data primo gennaio 1462 venne statura magna iuvenes anni XXI circa 56; trascritto il giuramento di Piero di maestro anche nel 1477 rimase la coppia Cola “vec- Francesco conestabile di porta Curina. Piero, chio” e Giovanni Stasi. ponendo le mani sui vangeli e rivolgendosi Questi ufficiali ebbero in custodia anche all’illustre dominus Alexander Sfortia e al la torre che fiancheggiava porta Curina; ad comunis Pisauri, promise di custodire dili- esempio, nel 1495, uno dei due conestabili gentemente e fedelmente la porta e di resti- venne chiamato «sopra la torre». tuirla alla fine del mandato; nella medesima A porta Fanestra troviamo guarnigioni giornata prestarono giuramento anche gli composte da guardie e conestabili come da altri conestabili, con la medesima formula 58. tabella 4. Le suddette tabelle mostrano che nel 1450 Nonostante la diversa composizione del- e nel 1452 gli addetti alla sorveglianza delle la guarnigione, a porta Fanestra la spesa sei porte e dei due fortilizi cittadini ammon-

48 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro tarono, rispettivamente, a 36 e 37 persone; bili fossero veterani della compagnia degli negli anni successivi la consistenza variò in uomini d’arme, i quali, diventati anziani, modo notevole; ad esempio, nella rocca di continuavano a servire il loro signore, rice- porta Ponte si passò dalle sei paghe del 1450 vendo in cambio una sorta di vitalizio paga- alle due più mezza paga morta del 1480; to dal pubblico; si è visto il caso di Giannone tuttavia, queste differenze non consentono de Rigghi da Parma, staffiere di Alessandro di affermare che il totale dei sorveglianti Sforza, poi castellano della rocca di Gradara diminuisse, perché mancano le informazio- e infine castellano della rocca di porta Ponte ni sul fortilizio più importante, cioè la rocca nel 1475. Anche le diverse qualifiche utiliz- nuova. In effetti, si può supporre che dopo zate nei registri di spesa suggeriscono un la sua costruzione diverse guardie, che in ordine gerarchico stabilito dal signore per precedenza erano dislocate nelle torri poste premiare l’esperienza e le capacità di ogni a fianco delle porte urbane, fossero acquar- singolo soldato; la guardia, che stava al gra- tierate al Tentamento, ma che il loro numero dino più basso, riceveva un salario di due complessivo rimanesse immutato. o tre lire al mese; l’ufficiale (che troviamo Benché fossero retribuiti dal Comune, solo a porta Gattolo) ne riceveva quattro; il le mansioni degli addetti alla custodia non conestabile, se da solo, riceveva il benefi- erano regolate dagli statuti cittadini; in real- cio della paga morta, e arrivava perciò a sei tà, questi uomini dipendevano dal signore, e lire mensili; un conestabile e un castellano costituivano un nucleo di soldati da impie- arrivavano a guadagnare somme maggiori, gare, all’occorrenza, per proteggere la corte potendo lucrare sulle paghe dei sottoposti. contro nemici interni o esterni. Questa parti- Soldati e famigli provennero da tutti colare utilizzazione dei presìdi urbani emer- gli stati italiani e, naturalmente, anche dal ge con chiarezza dall’ordine di mobilitazio- contado di Pesaro; molti furono originari ne del febbraio 1473, disposto da Costanzo di Cotignola, la terra che nel Quattrocen- Sforza 59; nell’ordine troviamo molti dei to costituì un serbatoio di soldati e funzio- nomi trascritti nella mostra degli ufficiali di nari per le signorie sforzesche di Milano e quello stesso anno: a porta Curina i conesta- Pesaro; fra essi ricordiamo Sante, castella- bili Pietro “balestiero” e Cola soprannomi- no della rocca di porta Fanestra nel 1450, nato “vecchio”, a porta Ponte Silvestro Gra- Silvestro Graziani, conestabile di porta ziani da Cotignola e Vico da Perugia con i Curina; Stefano e Perozo, guardie a porta loro famigli, a porta Fanestra il conestabile Nova fra il 1477 e il 1480; Stefano Magna- Orlando da Matera, a porta Nova Sante Chi- ni primo castellano della rocca nuova nel emente, a porta Mare Giovanni detto “cor- 1483, Leonardo conestabile nel 1498; Gior- nacchia”; si può quindi ritenere che tra la gio Attendoli, castellano della rocca nuova compagnia degli uomini d’arme del signore nel 1500. e i preposti al controllo delle porte e delle Gli Sforza scelsero con oculatezza i sol- rocche urbane esistesse una stretta contigui- dati a cui affidare la custodia di porte e for- tà, con passaggi dall’uno all’altro gruppo. tezze: in effetti, in tutto il periodo della loro Si può quindi concludere che anche a signoria non si verificarono mai episodi di Pesaro, similmente a quanto accadeva nel tradimento; anche nei giorni della rivolta ducato di Milano 60, castellani e conesta- scoppiata nell’ottobre del 1500, le due roc-

49 Studi pesaresi 1, 2012 che, la nuova del Tentamento e le vecchia avevano a disposizione delle casette spar- di porta Fanestra, rimasero sotto il controllo se all’interno della cinta urbana; in effetti, di Giorgio Attendoli di Cotignola, uomo di nel libro delle spese del 1463 è presente fiducia di Giovanni Sforza. una registrazione per la fornitura di chiodi Al sopraggiungere della notte le porte e legname per fare «la casetta de la guardia urbane venivano chiuse da due addetti chia- de la Chiocia»; altrove vengono nominate le mati clavigeris: il primo si occupava delle casette «dell’Ortale», del Tentamento e del porte Ponte, Nova e Gattolo; l’altro di Fane- Calcinaro 65. stra, Curina e Mare (è probabile che questa Per prevenire negligenze e manchevo- suddivisione si rendesse necessaria per ren- lezze (perché è da ritenere che molti cercas- dere più rapide le operazioni di apertura e di sero di evitare questo antico obbligo comu- chiusura) 61. nitario, o lo svolgessero contro voglia), gli Dopo la chiusura la sorveglianza urba- statuti prevedevano la nomina di appositi na passava in carico ai cittadini. Gli statuti ufficiali preposti al controllo dei custodi not- stabilivano infatti che due o più abitanti per turni. Negli anni dal 1461 al 1463 compar- quartiere (due vel plures), scelti nella fascia vero fra i salariati del Comune due ufficiali d’età dai 14 ai 70 anni (erano però previste della guardia, ognuno con dieci bolognini esenzioni per infermità o altre cause) ave- di salario al mese; un ufficiale «a puntare vano l’obbligo di custodire la città per pre- la guardia», con sei bolognini; un esecutore venire furta, roberie, fracture domorom vel della guardia e due piazzari, con retribuzio- alia maleficia 62. ni inferiori. Le mansioni di questi salaria- Avvisati dal suono della campana, i ti erano stabilite da appositi regolamenti, prescelti dovevano recarsi nel palazzo del che ci sono pervenuti in forma frammen- Comune al cospetto di un apposito ufficia- taria. Nel libro dei consigli del 1459 sono le, detto della custodia, prendere l’olio per trascritti due capitoli: il primo riguardante il lume 63 e recarsi nel luogo loro affida- l’«esecutore della guardia», e il secondo i to, badando bene a «vigilare, custodire, et due ufficiali66 . non dormire». In condizioni straordinarie L’esecutore della guardia aveva il com- il numero di custodi poteva aumentare; ad pito di trascrivere («appunctare») su un esempio, nel 1477, in occasione di una peri- apposito registro i nomi dei cittadini che, colosa recrudescenza della peste, che obbli- pur essendo stati comandati al servizio di gò il Comune ad intensificare la sorveglian- custodia, non si erano presentati al suono za per limitare la diffusione del morbo in della campana, o che si erano allontanati; città, furono spese 18 lire per le guardie «per inoltre, l’esecutore doveva la sera e ale porte de la cità nel tempo de la sera acioché se possa guardar da la peste» 64. andare da per sé omne nocte a visitare le Gli statuti non indicarono i luoghi dove poste tutte deputate a la guardia d’intorno a le mura de sera o de matina e punctare dovevano recarsi i custodi; si è visto che le chi non li sera e referire la matina guardie e i dazieri preposti alla sorveglian- al soprastante. za diurna delle porte urbane svolgevano il servizio in apposite casette, situate appena Gli ufficiali della guardia dovevano fuori delle mura; anche i custodi notturni accompagnare i cittadini deputati alla custo-

50 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro dia al loro posto; dovevano svolgere ogni bari e fraudolenti; controllare chi andava in notte due giri di ispezione (o anche di più, a giro nottetempo senza una legittima ragione. seconda della necessità dei tempi) per control- Inoltre, l’ufficiale aveva facoltà di intervento lare le guardie; al mattino, dovevano comuni- nelle cause civili che potevano insorgere fra care all’esecutore i nomi dei contravventori, particolari gruppi di persone: come tra fore- perché fosse loro comminata la sanzione. stiero e forestiero, oppure fra oste e avven- Gli ufficiali dovevano vigilare affinché tori, fra meretrici e ruffiani, o fra meretrici ogni persona che si spostasse di notte tenes- e meretrici. Oltre all’officiale «maggiore», se con sé un lume: il decreto stabilì le funzioni dell’officiale minore, o notaio, il quale doveva scrivere item che li dicti officiali habbiano arbitrio «petizioni, sentenzie, commissione de ese- contra omne persona andasse de cuzione e tutte le altre scritture quale acca- nocte senza lume retenerli e farli pagare la pena secundo li statuti de Pesaro 67. deranno al decto officio». L’elemento di maggiore interesse del Anche gli ufficiali della guardia erano decreto consiste nella ridefinizione delle sottoposti ad obblighi: dovevano effettua- competenze dell’ufficiale «maggiore» delle re le ispezioni di persona e non demandar- bollette, a cui venne attribuito il merum et le ad altri; non dovevano «impacciarsi» mixtum imperium et omnimoda iurisdictio della tenuta del libro delle guardie e degli con facoltà di comminare pene corporali in “appuntati”: compito che invece spettava caso di «sedizioni, tumulti, cospirazioni o all’esecutore. altri delicti» e di procedere speditamente I capitoli degli ufficiali della guardia ven- manu militari, senza neppure attendere il nero riformati da Giovanni Sforza con un consenso del signore. Il decreto in esame è apposito decreto, intitolato Capitula Officii privo di data; tuttavia, visti i poteri di poli- bulettarum, di datazione incerta 68. Il decreto zia assegnati a quest’ufficiale (dietro a cui ribadì alcuni dei compiti tradizionali degli si intravede la volontà di prevenire episodi ufficiali, come quello di ispezionare ogni simili a quelli avvenuti a Pesaro nell’otto- sera le postazioni degli addetti alla custodia bre del 1500, ai tempi della rivolta antisfor- per verificare se svolgevano il servizio dili- zesca) si può supporre che la sua emanazio- gentemente; perlustrare le vie cittadine per ne sia avvenuta dopo il rientro di Giovanni prevenire delitti e malefici; ricercare ladri, dall’esilio.

51 Studi pesaresi 1, 2012

Tabella 1 – Castellani della rocca di porta Fanestra 1450 Sante da Cotignola 10 paghe 600 1452 Ludovico da Perugia 10 paghe 600 1461 Nardo da Pianello 8 paghe 384

Tabella 2 – Castellani della rocca di porta Ponte 1450 Corrado Prospero 6 paghe più una paga morta 216 1452 Francesco da Assisi 6 paghe più una paga morta 216 1461 Mariano da Tassole 4 paghe 180 1462 Bonifacio da Todi 4 paghe 180 1477 Giannone de Rigghi da Parma 2 paghe più mezza paga morta 90 1479 Giannone de Rigghi da Parma 2 paghe più mezza paga morta 90 1480 Giannone de Rigghi da Parma 2 paghe più mezza paga morta 90 1495 Antonio Bono 2 paghe 90 1498 Antonio Bono 2 paghe 90 1501 Gianantonio da Como 2 paghe 90

Tabella 3 – Conestabili di porta Curina 1450 Rigo d’Assia 6 paghe 252 1452 Rigo d’Assia 6 paghe 252 1461 Bonifacio da Todi 4 paghe 180 1462 Piero di maestro Francesco 6 paghe 252 1463 Piero di maestro Francesco 6 paghe 252 1463 Piero di maestro Francesco 4 paghe più 2/3 di paga morta 168 Roberto di Antonello 2 paghe più 1/3 di paga morta 84 1477 Cola “vecchio” 2 paghe 84 Silvestro Graziani 2 paghe 132 1478 Gioan Lunardo dal Borgo 2 paghe 84 Silvestro Graziani 2 paghe 132 1479 T ommaso di Bitino 2 paghe 84 Silvestro Graziani 2 paghe 132 1480 T ommaso di Bitino 2 paghe 84 Cola “vecchio” 2 paghe 84 1495 Francesco da Granarola 2 paghe 90 Giovanni Gambaro 2 paghe e deputato per la scarpa 90 1498 Leona rdo da Cotignola 2 paghe 90 Piero de Filippo da Barchi 2 paghe 90 1501 Lorenzo da Santangelo 2 paghe 90 V incenzo Rubarino 2 paghe 84

52 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro

Tabella 4 – Conestabili e guardie di porta Fanestra

1450 Zani da Pozzo Una paga più una paga morta 72 Gaspare di maestro Agniollo Una paga più una paga morta 72 Piero di Olivisio Guardia 36

1452 Zani da Pozzo Una paga più una paga morta 72 Piero di Olivisio Guardia 36 Giorgio di Valente Guardia 36 Jacomo del Tonto Guardia 36

1461 Rigo d’Assia 3 paghe più una paga morta 108 1462 e Piero di Olivisio Guardia 36 1463 Benedetto da San Venanzio Guardia 36

1477 Bartolo di Ugolino del Bono Una paga più mezza paga morta 72 e Vico di Caladonio da Perugia Una paga più mezza paga morta 72 1478 Matteo di Orlando Guardia 36

1479 Giorgio della Bosa Una paga più mezza paga morta 72 e Vico di Caladonio da Perugia Una paga più mezza paga morta 72 1480 Matteo di Orlando Guardia 36

1495 Giovanni da Ripalta Una paga più mezza paga morta 90 San Cristoforo Una paga più mezza paga morta 89

1498 Francesco dal Borgo Una paga più mezza paga morta 90 Antonio della Badia Una paga più mezza paga morta 90

Tabella 5 – Conestabili di porta Ponte

1450 Cicco lino da Candelara 5 paghe più una paga morta 180 1452 Bartolomeo da Gualdo 5 paghe più una paga morta 180 1461 V ico di Caladonio da Perugia 2 paghe più una paga morta 90 Martino di Jacomo 2 paghe più una paga morta 90 1462 V ico di Caladonio da Perugia 2 paghe più una paga morta 90 Martino di Jacomo 2 paghe più una paga morta 90 1463 Vico di Caladonio da Perugia 2 paghe più una paga morta 90 Martino di Jacomo 2 paghe più una paga morta 90 1477 Bartolomeo da Gualdo 2 paghe 60 Gior gio albanese 2 paghe 60 1479 Cola “vecchio” 2 paghe 60 1495 Giovanni di Cecchino 2 paghe 78 1498 Giovanni di Cecchino 2 paghe 78 1501 Silvestro di Pier Giovanni Una paga e mezza 53

53 Studi pesaresi 1, 2012

1 Il disegno è stato pubblicato in Massimo Fren- Apostolica Vaticana, Roma 1929, vol. I, p. 479). quellucci, La storia urbana di Pesaro nel medioevo: 12 Archivio di Stato di Mantova (in seguito mille anni di trasformazioni, in Aa.vv., Pesaro tra Asmn), Archivio Gonzaga (in seguito Ag), b. 1083, 14 medioevo e rinascimento, Marsilio, Venezia 1989, novembre 1435, c. 13. p.160. 13 Asmi, Spe, Marca, b.151, 5 febbraio 1473 cit. 2 Biblioteca Oliveriana Pesaro (in seguito Bop), 14 Francesco Ambrogiani, Vita di Costanzo Archivio storico comunale di Pesaro (in seguito Asc), Sforza (1447-1483), “Pesaro città e contà // Link”, 3, XIV-b-7, 1477-1478, Depositaria liber redditus et 2003, p. 199. expensarum illustris domini Constantii, 31 dicembre 15 Id., Vita di Giovanni Sforza (1466-1510), 1477, c. 115v. “Pesaro città e contà // Link”, 6, 2009, p. 297. 3 Bop, Asc, X-f-14, 1501, Spese per salariati, 16 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463. Libro degli pennacchi, chiusa e porto, 30 luglio 1501, c.n.n. Sulla introiti e delle spese del Comune di Pesaro, 28 mag- doppia denominazione Gattolo-Sale vedi anche Anni- gio 1462, cc. 150r-150v; 31 dicembre 1462, c. 161. bale Abati Olivieri, Memorie per la storia della Chie- 17 Ivi, 27 novembre 1463, c. 174r; 14 dicembre sa pesarese nel XIII secolo, Pesaro 1779, pp. 75-76. 1463, c. 175r. 4 Archivio di Stato di Milano (in seguito Asmi), 18 Ivi, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., 8 maggio Sforzesco potenze estere (in seguito Spe), Marca, 1477, c. 107r.; 30 giugno 1477, c. 108r. b.151, 5 febbraio 1473, pubblicato in Gian Galeazzo 19 Ivi, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 7 maggio 1452, c. Scorza, Costanzo Sforza signore di Pesaro. 1473- 65r; 14 maggio 1452, c. 66v; 17 maggio 1452, c. 67v; 1483, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, 31 ottobre 1452, c. 80r e 81r. 2005, allegato CD doc. 65. 20 Ivi, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 dicem- 5 Bop, Asc, XI-b-16, 1452. Libri di depositeria, bre 1462 c. 162r. salariati, 24 maggio 1452, c. 68r; altre annotazioni 21 Ivi, 30 ottobre 1463, c. 172v. ivi, 31 ottobre 1452, c. 80r. 22 Ivi, Asc, XII-b-4, 1479-1480. Libro della 6 Ivi, Asc, XII-b-9, 1495. Bollette di deposite- depositeria, entrata e uscita del Comune di Pesaro, 5 ria, 31 dicembre 1495, p.151. aprile 1479, c.n.n. 7 Bop, Asc, XII-b-8, 1450. Depositeria del 23 Archivio di Stato di Pesaro (in seguito Asps), comune di Pesaro. Libro di entrata e uscita, 10 luglio Archivio notarile (in seguito An), Sepolcro di ser 1450, c. 66v. Sepolcro, b. 16, anni 1469-147116 settembre 1471, 8 Nel libro delle spese del 1477 figurano diversi c. 245; trascritto in Annibale Abati Olivieri 1778, interventi per sistemare la riva del Foglia verso il Ver- Memorie della badia di San Tommaso in Foglia nel zero, in modo da proteggere le fornaci e le case là esi- contado di Pesaro, Pesaro 1778, p. 88. stenti. Bop, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., cc. 110-112. 24 Si tratta della chiesa di Santa Maria del- 9 Statuta civitatis Pisauri. Noviter impressa. le Grazie che, prima dei lavori di ristrutturazione MDXXXI, Pisauri, per Baldassarrem quondam Fran- avviati agli inizi del cinquecento, aveva la facciata cisci de Carthularis de Perusio, Libro I, rub. 40. perpendicolare alla strada. Paolo Maria Erthler, 10 Annibale Abati Olivieri, Memorie della La Madonna delle Grazie di Pesaro. Origine e svi- badia di San Tommaso in Foglia nel contado di Pesa- luppo del santuario 1469-1687, vol. I, Edizione ro, Pesaro 1778, pp. 87-88. Marianum, Roma 1991, p. 142. 11 L’episodio è narrato nella cronaca del forlive- 25 Bop, Asc, II-a-3, 1449-1450. Libro de le spese se Giovanni di mastro Pedrino: «Era de l’anno e mexe e entrate del porto di Pesaro, 6 gennaio 1450, c. 77r; ditto [giugno 1434] quando in Pexaro avenne che sian- Bop, Asc, XII-b-8, 1450 cit., 23 febbraio 1450, c. 62v; do alcuni citadini e alcuni contadini circha VII in tutto, 9 marzo 1450, c. 63r; 1 aprile 1450, c. 64v; 26 aprile erano prixoni dentro da una torre da porta Fanestra in 1450, cc. 65r-65v. una rochetta; amaçono el castellano e chomençonno 26 Ivi, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 8 giugno 1452, c. a gridare “Viva el conte Francesco”. E per più suo 69v; 14 giugno 1452, c. 70v; 24 giugno 1452, c. 72r; canpamento mostravano volere fare grandi difexe, in 26 giugno 1452, cc. 72v-73r; 3 luglio 1452, c. 74v; modo che el signore, cioè Galiaçço e’l fradello, cer- 11 ottobre 1452, c. 80r; 31 ottobre 1452, c. 80r; 30 cando conbattere la ditta forteçça, loro domandono novembre 1452, c. 82r. patti e rendegle la sua forteçça salve e sicure, e can- 27 Abati Olivieri, Memorie per la storia della ponno» (Giovanni di mastro Pedrino depintore, Cro- chiesa pesarese cit., p. 73. nica del suo tempo, a cura di Adamo Pasini, Biblioteca 28 Vedi la scheda in Pittura a Fano 1480-1550,

54 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro cat. mostra, Fano 1984, pp. 56-58. Un particolare del ponti levatoi. Porta Fanestra: Bop, Asc, XIV-b-9, dipinto fu riprodotto in un disegno a intarsio, pubbli- 1461-1463 cit., 1 luglio 1461, c. 141r; 24 giugno cato da Annibale Abati Olivieri nella ricerca dedicata 1463, c. 169r. A porta Curina: Bop, Asc, XI-b-16, alla chiesa pesarese nel XIII secolo (Abati Olivieri, 1452, 4 dicembre 1452, c. 81v; Bop, Asc, XIV-b-9, Memorie per la storia della chiesa pesarese cit., p. 1461-1463 cit., 1 luglio 1461, c. 141r; Bop, Asc, XIV- 74); da questa pubblicazione è tratta la figura 7 ripor- b-7, 1477-1478 cit., 30 agosto 1477, c. 109v. Porta tata nel testo. Ponte: Bop, Asc, II-a-3, 1449-1450 cit., 6 gennaio 29 Bop, ms. 259, Giovan Battista Passeri, 1450, c. 77r; Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 31 ottobre Descrizione della primitiva città di Pesaro e delle sue 1452, c. 81r; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463, 14 ago- ampliazioni sino al presente, in Antiquitates variæ, sto 1461, c. 142r; 31 dicembre 1461, c. 146v; Bop, fasc. VII, pp. n. n. Asc, XIV-b-7, 1477-1478, 30 giugno 1477, c. 108r. 30 Abati Olivieri, Memorie per la storia della Porta Nova: Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 Chiesa pesarese cit., p. 73. dicembre 1461, c. 146v. 31 Dino Palloni, I castelli di Sigismondo, in Il 42 Stiacche (o stracche) di porta Curina: Bop, Asc, potere, le arti, la guerra. Lo splendore dei Malatesta, XI-b-16, 1452 cit., 27 maggio1452, c. 68v; 4 novembre cat. mostra (Rimini 2 marzo-31 giugno 2001), Electa, 1452, c. 81v; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 21 Milano 2001, pp. 89-96. dicembre 1461, c. 145r. Porta Ponte: Bop, Asc, XI-b- 32 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 22 novem- 16, 1452 cit., 27 luglio 1452, c. 76r; Bop, Asc, XIV-b-9, bre 1461, c. 144r; 31 dicembre 1461, c. 146r. 1461-1463 cit., 22 dicembre 1461, c. 145r; 31 dicem- 33 Ivi, 26 ottobre 1462, c. 156v e 31 dicembre bre 1461, c. 146v; 31 dicembre 1462, c. 162; Bop, Asc, 1462, c. 159v e c. 160v. XIV-b-7, 1477-1478 cit., 30 giugno 1477, c. 108r; Bop, 34 Ivi, Asc, II-a-4, 1462-1467, Liber depositarie, Asc, X-f-14, 1501 cit., 31 agosto 1501, c.n.n. Porta portuo, scali, cluse et scarpe comunis civitatis Pisau- Fanestra: Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 19 aprile ri, 31 dicembre 1463, c. 127r. 1463, c. 167r. Porta Gattolo: Bop, Asc, II-a-3, 1449- 35 Ivi, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 22 novem- 1450 cit., (?) ottobre 1449, c. 62r. Porta Mare: Bop, bre 1461, c. 144r. Asc, XII-b-9, 1495 cit., 5 agosto 1495, p. 127. 36 Ivi, Asc, I-a-31, 1459-1462. Liber Reforma- 43 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 22 dicem- tionum, seduta del 26 luglio 1461, cc. 86r-v. bre 1461, c. 145r. 37 Ivi, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., 13 dicem- 44 In Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 21 bre 1477, c. 113r. dicembre 1461, c. 145r, venne registrata la spesa «per 38 Asmi, Spe, Marca, b.151, 29 luglio 1483, Ste- murare el muro che tiene le stracche de porta Curi- fano Taverna a Ludovico Sforza, da Pesaro. na ch’era cascato»; in Bop, Asc, XII-b-9, 1495 cit., 5 39 Bop, Asc, XII-b-8, 1450 cit., 26 marzo 1450, agosto 1495, p.127, si parla di «doe trave de 5 passa c. 63r (capitello del ponte della rocca del ponte); Bop, [...] per le stracche facte dal ponte a porta de Mare». Asc, XI-b-16, 1452, 2 ottobre 1452, c. 79r (capitello 45 Bop, Asc, II-a-3, 1449-1450 cit., (?) marzo del ponte di porta Curina). 1450, c. 78r; Bop, Asc, XII-b-8, 1450 cit., 26 aprile 40 Il termine “ponte morto” è stato tratto dai 1450, c. 65r. Altre notizie sulla casetta di porta Pon- glossari di architettura castellana (http://www.icastel- te: Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 11 ottobre 1452, c. li.org/glossario/glossario_illustrato.htm, voce: Ponte 80r; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 novem- morto). Di seguito si riportano i pagamenti per i ponti bre 1463, c. 174v; Bop, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., “morti”. Porta Ponte: Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 24 13 dicembre 1477, c. 113v; Bop, Asc, XI-b-15, 1498. giugno 1452, c. 72r; 26 giugno 1452, c. 73r; Bop, Asc, Depositaria. Uscita, 8 marzo 1498, c.n.n. XIV-b-9, 1461-1463 cit., 14 agosto 1461, c. 142r; 31 46 Ivi, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 dicem- dicembre 1462, c. 161r e 161v; 19 aprile 1463, c. bre 1462, c. 161r. 167r; Bop, Asc, X-f-14, 1501 cit., 27 novembre 1501, 47 Ivi, 31 dicembre 1463, c. 178r. Altre notizie c. n.n. Porta Mare: Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., sulla casetta di porta Curina: ivi, 26 ottobre 1462, c. 14 agosto 1461, c. 142r; 22 novembre 1461, c. 144r; 156v; ivi, 31 dicembre 1462, c. 162v. 30 aprile 1463, c. 167v. Porta “falsa” («porta del pon- 48 Ivi, 3 luglio 1463, c. 169v. te morto verso el Verzerio»): Bop, Asc, XII-b-8, 1450 49 Ivi, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., 30 giugno cit., 10 luglio1450, c. 66v. 1477, c. 108r. 41 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 2 ottobre 1452, 50 I rastelli venivano impiegati anche per pro- c. 79r. Di seguito si riportano altri pagamenti per i teggere l’ingresso delle rocche, come accadde a

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Cesena (Maurizio Abati, Pier Giovanni Fabbri, Pino mo del rinascimento, a cura di Eugenio Garin, Later- Montalti, La rocca nuova di Cesena, Giunti Edito- za, Roma-Bari 1988, pp. 54-55. re, Firenze 2006, p.101). 60 Bop, ms. 2089 cit., c. 33r. 51 Ambrogiani, Vita di Costanzo Sforza cit., p.199. 61 Ivi, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., c. 56v. 52 Rastello di porta Fanestra: Bop, Asc, II-a- 62 Ivi, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 1° gennaio 3, 1449-1450 cit., 6 gennaio 1450, c. 77r; Bop, Asc, 1462, c. 157r. XII-b-8, 1450 cit., 23 febbraio 1450, c. 62v; Bop, Asc, 63 Asmi, Spe, Marca, b. 151, 5 febbraio 1473 cit. XI-b-16, 1452 cit., 24 giugno 1452, c. 72r; 26 luglio 64 Covini, I castellani ducali cit., pp. 561-566. 1452, c. 75; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 14 65 Nelle spese del 1495 troviamo Joanpiero de agosto 1461, c. 142r. Rastello di porta Curina: Bop, Ventaro e Bartolomeo di maestro Antonio da Fano Asc, XII-b-8, 1450 cit., 9 marzo 1450, c. 63r; Bop, (Bop, Asc, XII-b-9, 1495, p. 105); nel 1498 Joanpiero Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 29 aprile 1461, c. 138v; de Ventaro, assieme a Antonio del Grasso (Bop, Asc, 14 dicembre 1463, c. 175r. Rastello di porta Ponte: XI-b-15, 1498 cit., spese per Clavigeris); nel 1501 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 9 settembre 1462, ancora Antonio del Grasso, e un famiglio del luogote- c. 154v; 31 dicembre 1462, c. 161v; Bop, Asc, XIV- nente (Bop, Asc, X-f-14, 1501 cit., spese per Clavige- b-7, 1477-1478 cit., 13 dicembre 1477, c. 113v; 31 ris). dicembre 1477, c. 116v; Bop, Asc, X-f-14, 1501 cit., 27 66 Statuta civitatis Pisauri cit., Libro I, rubr. da novembre 1501, c.n.n. Rastello di porta Gattolo: Bop, 128 a 132. Asc, II-a-3, 1449-1450 cit., 19 novembre 1449, c. 65r; 67 Nei registri delle spese si trovano ripetuta- Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 14 agosto 1461, c. mente le spese per la fornitura dell’olio dei lumini 142r; 28 novembre 1461, c. 144r; 19 aprile 1463, c. per ardere la notte; ad esempio in Bop, Asc, XIV-b-9, 167r; ivi, 3 luglio 1463, c. 169v. Rastello di porta Mare: 1461-1463 cit., 26 febbraio 1461, c. 137r; 8 maggio Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 dicembre 1462, 1462, c. 149v; 30 ottobre 1463, c. 172v. La spesa per c. 161v. Rastello di porta Nova: Bop, Asc, XIV-b-9, l’olio dei lumi ammontava a 3 lire per anno. 1461-1463 cit., 29 novembre 1461, c. 144r. 68 Bop, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., 2 dicem- 53 Bop, Asc, XII-b-8, 1450 cit., 23 febbraio1450, bre 1477, c. 113r. c. 62v. 69 Casetta della Chiocia: Bop, Asc, XIV-b-9, 54 Ivi, Asc, XIV-b-7, 1477-1478 cit., 13 dicem- 1461-1463 cit., 19 aprile 1463, c. 167r e 3 luglio bre 1477, c. 113v. 1463, c. 169v. Casetta dell’Ortale: Bop, Asc, II-a-3, 55 Ivi, Asc, X-f-14, 1501 cit., spese per il castel- 1449-1450 cit., novembre 1449, c. 71r; Bop, Asc, lano della rocca nuova. XIV-b-9, 1461-1463 cit., 19 aprile 1463, c. 167r e 3 56 Da un contratto del 1509 risulta che Gianfran- luglio 1463, c. 169v. Casetta del Tentamento: Bop, cesco da Mantova muratore si obbligò e promise di Asc, XII-b-8, 1450 cit., 31 gennaio 1450, c. 62v; Bop, «destruere et ad terram ponere turrem seu cassarum Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 19 aprile 1463, c. 167 porte Fanestre», in Asps, An, Bernardino Fattori, 165, e 31 aprile 1463, c. 167v. Casetta del Calcinaro: Bop, anni 1500-1511, 29 dicembre 1509, cc. 270r-271r. Asc, II-a-3, 1449-1450 cit., novembre 1449, c. 71r; 57 Sull’uso dei termini di paga viva e paga mor- Bop, Asc, XII-b-8, 1450 cit., 31 gennaio 1450, c. 62v. ta nel ducato di Milano vedi Maria Nadia Covini, I Casetta del porto: Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 11 castellani ducali all’epoca di Galeazzo Maria Sforza: novembre 1452, c. 81r. offici, carriere, stato sociale, in «Nuova rivista stori- 70 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 1 genna- ca», vol. LXXI, anno 1987, pp. 531-586, in partico- io 1459, c. 155v-r, «Capitula executoris guardie» e lare pp. 566-567. Per Fano v. Anna Falcioni, Castel- «Capitula per officiales custodie»; copie dei docu- li e castellani nel territorio di Fano (1433-1463), in menti sono in Bop, ms. 937, Spogli Almerici, vol. I, Castel Sismondo. Sigismondo Pandolfo Malatesta e squarcio B-K-C, cc. 447-449, I° gennaio 1459, «Capi- l’arte militare del primo rinascimento, a cura di Ange- toli per li officiali de la custodia». lo Turchini, Società Editrice Il Ponte Vecchio, Cesena 71 È noto un bando del luogotenente, datato 8 2003, pp. 79-103, soprattutto l’appendice dei docu- ottobre 1459, che vietava a chiunque di andare not- menti con le mostre dei castellani, pp. 95-98. tetempo senza lume Nulla persona debeat ire noctis 58 Bop, ms. 2089, Liber monster officialium, tempore per civitatem et burgos sine lumine (Bop, castellanum, custodium portis, barisielliorum, famu- Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 8 ottobre 1459, c. 24v). lorum et platatiorum, c. 37r. 72 Ivi, ms. 383, Memorie di Pesaro, tomo VI, cc. 59 Michael M. Mallet, Il condottiero, in L’uo- 76r-75v. Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro

Figura 1 – Rilievo di Pier Francesco da Viterbo, 1528 (elaborazione dell’autore).

Figura 2 – Le porte di Pesaro di epoca sforzesca disegnate sul rilievo di Pier Francesco da Viterbo (elaborazione dell’autore).

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Figura 3 – Disegno tratto da una tarsia del coro della chiesa di Sant’Agostino (Pesaro) con la veduta dal lato di Fano. In grigio: il cassero e la torre di porta Fanestra (elaborazione dell’autore).

Figura 4 – Disegno tratto da una tarsia del coro della chiesa di Sant’Agostino (Pesaro) con la veduta dall’interno della città. In grigio: il cassero e la torre di porta Fanestra (elaborazione dell’autore).

58 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro

Figura 5 – Medaglione con la veduta del ponte sul Foglia (1474), Biblioteca Oliveriana, Pesaro.

Figura 6 – Medaglione con veduta di Pesaro a volo d’uccello (1473-1474 circa), Biblioteca Oliveriana, Pesaro.

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Figura 7 – Veduta del ponte sul Foglia tratta dalla pala di Piero Antonio Palmerini. Nel riquadro a destra: la torre del ponte (elaborazione dell’autore).

Figura 8 – Veduta del ponte sul Foglia di Francesco Mingucci. Nel riquadro a destra: resti di una delle due torri ottagonali di porta Ponte. Nel riquadro a sinistra: resti del basamento della rocca di porta Ponte (elaborazione dell’autore).

60 Francesco Ambrogiani Le porte e le guardie di Pesaro

Figura 9 – Veduta di J. J. Blaeu, Pisaurum vulgo Pesaro (1663). Nel riquadro a sinistra: casa con la volta sopra il Vallato.

Figura 10 – Disegno tratto da una tarsia del coro della chiesa di Sant’Agostino (Pesaro) con la veduta dal lato di Fano. In grigio: casette della guardia e dei dazieri di porta Fanestra e rastello (elaborazione dell’autore).

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Figura 11 – Veduta di J. J. Blaeu, Pisaurum vulgo Pesaro (1663). Porta Fanestra: ponte, rastello e casetta delle guardie.

62 Un dipinto inedito di Benedetto Nucci di

Edoardo Narducci

La monografia di Enzo Storelli su Bene- detto Nucci ( 1515/16-post 1596) ha permesso di apprezzare nella sua interezza il catalogo di uno dei protagonisti della cul- tura pittorica umbro marchigiana del secolo XVI, attivo prevalentemente per monasteri, chiese, oratori, ospedali e confraternite 1. Il corpus dell’artista, formatosi a Fano con Giuliano Presutti 2 ma presto indirizzato- si verso il linguaggio vivace di Raffaelli- no del Colle e di Dono Doni per giungere, in età più matura, entro i termini del tardo manierismo, è distribuito prevalentemente nell’area umbra, salvo alcune opere presenti nelle Marche. È possibile in questa sede, aggiungere alle opere note un quadro da me rintracciato nel deposito del Museo diocesano di Asco- li Piceno, che conferma un rapporto non episodico con la Marca meridionale e che necessita di ulteriori approfondimenti 3. Si tratta di una Madonna in trono col Bambi- no e confratelli (fig. 1), dipinta su tela, che raffigura in alto la Vergine in trono con in braccio il Bambino e in basso nove con- Fig. 1 – Benedetto Nucci, Madonna in trono fratelli della confraternita di Sant’Angelo col Bambino e confratelli, deposito Museo dio- cesano, Ascoli Piceno. Piccolo, inginocchiati in preghiera. La tela sembra mostrare varie ridipinture e in alcu- posta una scritta a tratti rovinata, ma ancora ne parti risulta piuttosto lacerata, presen- ben leggibile, che riporta la firma e la data: tando uno strato di sporco che ne spegne di BENEDICTVS NVCIVS [DE] EVGVBIO molto la brillantezza cromatica e impedisce FACIEBAT 1571 (fig. 2). una lettura ottimale dell’opera. In basso è L’opera è ricordata per la prima volta da

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Fig. 2 – Benedetto Nucci, Madonna in trono col Bambino e confratelli (part.), deposito Museo diocesano, Ascoli Piceno.

Baldassarre Orsini (1790) sull’unico altare primo piano, in atto di adorazione, i rap- della chiesa di Sant’Angiolino ad Ascoli, presentanti una confraternita locale. Con la detta anche “Sant’Angelo Piccolo” oppure mano sinistra la Vergine tiene un libro aper- “Sant’Angelino”, “Minore”, “Cicarello”, to e in alto, dietro il trono marmoreo, due “Zicarello”, situata all’angolo della Rua angioletti sollevano un cortinaggio verde Celso Saccoccia nel quartiere della Piazza- che dà al dipinto un puro sapore quattro- rola. Lo studioso settecentesco ne propone- centesco» 6. Più tardi, il 19 settembre 1992, va l’attribuzione all’ascolano Pietro Gaia in seguito ad un’infiltrazione d’acqua che (1570/72-1621/23), oggi non più condivisi- metteva a serio repentaglio conservativo le bile, descrivendo l’opera in questi termini: opere contenute nella sagrestia di Sant’An- gelo Magno, fra cui anche questa pala d’al- All’altar maggiore è un quadretto tare, l’amministrazione comunale di Ascoli con la Madonna sedente su di un seggio Piceno, decise di trasportarla, assieme alle di marmo, che colla destra regge il suo altre, nel deposito della Pinacoteca civica di Bambino, e colla sinistra mano tiene un Ascoli, dove sono state custodite temporane- libro aperto, ove si vede notato l’anno amente. Infatti, nell’aprile del 2003, questa 1570. Di dietro al seggio vi sono due Angeli, i quali tengono innalzato un Madonna col Bambino in trono e confratelli cortinaggio verde. Sembra di Pier Gaja 4 fu trasferita nel deposito del Museo diocesa- no di Ascoli, dove tuttora è conservata. Quando la chiesa di SantʼAngiolino fu Luigi Pastori asserisce che nel XIV seco- abbattuta, nel gennaio del 1908, il dipinto lo la chiesa di Sant’Angiolino era una delle fu trasferito nella sagrestia della chiesa di tante parrocchie della città e mantenne tale SantʼAngelo Magno, ad essa legata, sempre ufficio fino al 1472, quando il vescovo Pro- nel quartiere della Piazzarola ad Ascoli. Il spero Caffarelli lo trasferì nella chiesa di 7 periodico “L’Adriatico e Roma” del 25 gen- Sant’Angelo Magno . Da alcuni documenti naio 1908 5 conferma che in quell’anno la su Sant’Angelo Magno, Luigi Borraccini chiesa di SantʼAngiolino era in demolizio- deduce invece che il passaggio della par- 8 ne e che al suo interno era conservata questa rocchialità avvenne tra il 1515 e il 1549 . pala d’altare. L’estensore dell’articolo scrive Purtroppo, nonostante le ricerche effettuate di ignorare la sorte del quadro, chiarita più nell’Archivio parrocchiale di Sant’Angelo tardi da Riccardo Gabrielli (1934), che ne Magno e nell’Archivio di Stato di Asco- ricorda la nuova collocazione nella sagrestia li Piceno, dove è confluita gran parte del della chiesa di SantʼAngelo Magno. Segui- patrimonio documentario di quel monaste- tando a sostenere l’attribuzione al Gaia, lo ro, non è stato possibile rintracciare nessun studioso del secolo scorso osserva: «…In documento relativo alla pala in esame.

64 Edoardo Narducci Un dipinto inedito di Benedetto Nucci

Il tema iconografico della Madonna con no, sono raffigurati due angioletti adoranti, il Bambino in trono è una costante nel- vestiti appena di un candido velo ricoprente le opere del Nucci. In codesta pala si nota la loro infantile nudità. In basso, su entrambi particolarmente raffigurata una Madon- i lati ai piedi del trono, sono inginocchiati in na “della Misericordia” abbigliata con un preghiera e con lo sguardo adorante rivolto vestito color rosato e un mantello azzurro verso la Madonna e il Bambino, nove con- scuro, assisa su un trono di marmo, sulla fratelli appartenenti alla confraternita di cui base è effigiato San Michele Arcangelo Sant’Angelo Piccolo. Essi sono raffigurati (probabilmente patrono della confraternita con addosso la loro caratteristica veste bian- di Sant’Angelo Piccolo) (fig. 3) rappresen- ca provvista di mozzetta color azzurro scuro filettata di rosso, recante una croce ottagona ricamata sul petto: si tratta di una croce di origine “trinitaria” col braccio orizzontale rosso, il colore della passione del Signore, e il braccio verticale bianco, colore dell’il- libatezza della Vergine Maria 9. Quasi tutti i confratelli sono incappucciati ma hanno il volto scoperto. L’unico personaggio della confraternita che non guarda in alto verso la Madonna, ma ha lo sguardo rivolto verso lo spettatore, è il confratello in primo piano, alla sinistra di chi guarda. Molto probabil- mente si tratta del committente del dipinto

Fig. 3 – Benedetto Nucci, Madonna in trono col Bambino e confratelli (part.), deposito Museo diocesano, Ascoli Piceno. tato secondo la tradizionale iconografia con la spada e la bilancia. La Madonna sostie- ne con la mano sinistra Gesù Bambino, che benedice i confratelli raggruppati sotto di lui, rivestito solo con un velo trasparen- te che gli occulta appena la zona puberale. Gli studiosi Orsini e Gabrielli sostengono che la Vergine originariamente teneva un libro aperto con la mano destra, ma oggi si scorge solamente la mano aperta priva del libro (forse, sottoponendo il dipinto ad un adeguato restauro potrebbe ritornare alla Fig. 4 – Benedetto Nucci, Madonna in trono col luce). In alto, ai lati della Madonna e sotto Bambino e confratelli (part.), deposito Museo il tendaggio verde del baldacchino sul tro- diocesano, Ascoli Piceno.

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(fig. 4). Le poche notizie riguardanti questa la Misericordia a , alla Madonna col confraternita locale sono fornite dal Cian- Bambino e santi (1556) della chiesa di San navei che scrive: «Vestono i Confratelli un Giuseppe a Sigillo, alla Madonna del Rosa- sacco bianco, ed hanno il peso di associare rio e santi (1564) del monastero di Sant’An- il Santissimo Sacramento degl’Infermi di na a Sigillo, alla Madonna in trono e santi quella Parrocchia, il che difficilmente pos- (1571) del duomo di Gubbio, alla Madon- sono loro adempiere per la loro povertà» 10. na del Rosario e santi (1582) della chiesa Inoltre è noto che nel 1548, dopo il trasfe- di Santa Maria Assunta a Frontone e infine rimento della parrocchialità di Sant’Angelo alla Madonna col Bambino in trono, angeli Minore a Sant’Angelo Magno, la chiesa di e santi (1589) della chiesa di San Pietro a Sant’Angiolino seguitò a esser la sede di Gubbio. Essa rappresenta un dipinto inedi- questa confraternita, che il 3 giugno 1611 to del Nucci, che non solo va ad arricchire fu aggregata all’arciconfraternita di Santa il catalogo delle opere del pittore eugubino, Maria del Gonfalone di Roma, acquisendo in particolare di quelle eseguite per il terri- in tal modo tutti gli obblighi e tutti i privilegi torio marchigiano, ma conferma il suo rap- di quella. La confraternita ascolana fu sop- porto con l’ambiente artistico della Marca. pressa insieme al monastero di Sant’Angelo La pala, per la sua datazione, per i confronti Magno a seguito di un decreto Valerio 11. con le altre sue opere citate e per le caratte- L’opera in esame si avvicina per stile e ristiche che richiamano alla cultura manieri- iconografia: allo stendardo processionale sta di e di Dono Doni, raffigurante l’Incoronazione di Maria e i rappresenta un’importante testimonianza del confratelli della Misericordia (1539 circa) periodo maturo del pittore. conservato nella chiesa di Santa Maria del-

1 Cfr. E. Storelli, Benedetto e Virgilio Nucci, dell’Amatrice, che ha lavorato molto ad Ascoli Pice- Todi 1992, p. 9. no, e di Lorenzo Lotto, attivo invece a Monte San 2 Ciò conferma il suo primo periodo di for- Giusto, Mogliano, Cingoli, Recanati, Ancona, Jesi e mazione artistica di estrazione marchigiana. Esiste Loreto: Storelli, Benedetto e Virgilio Nucci cit., pp. infatti un forte legame con la città di Fano, in quanto 11-12. il Nucci ci ha vissuto e risieduto per due anni come 4 B. Orsini, Descrizione delle pitture, sculture, viene confermato dal fratello maggiore Nicola, che architetture ed altre cose rare della insigne città di lavorava nella zecca della città. In un documento Ascoli nella Marca, Perugia 1790, p. 181. datato 29 ottobre 1550 Nicola, cittadino fanese, atte- 5 Un quadro del 500, in “L’Adriatico e Roma”, sta di aver collocato negli anni 1536-1537 Benedet- 25 gennaio 1908. to come apprendista nella bottega del pittore fanese 6 R. Gabrielli, Pietro Gaia, in “Vita Picena”, 29 Giuliano Presutti: Aa.vv., Pittura a Fano1480-1550, settembre 1934. Riccardo Gabrielli, pur riportando cat. mostra, Fano 1984, pp. 81-82. l’anno 1571, stranamente tralascia la firma, seguitan- 3 Enzo Storelli parla, ad esempio, dell’inciden- do a mantenere l’erronea attribuzione a Pietro Gaia, za che hanno avuto sulla pittura di Benedetto alcune incompatibile per motivi cronologici. personalità artistiche di spicco come quella di Cola 7 G. Marinelli, Chiese ascolane perdute negli

66 Edoardo Narducci Un dipinto inedito di Benedetto Nucci ultimi due secoli (perché dirute, abbattute, trasforma- Redemptionis Captivorum) originariamente fondato te, chiuse), Ascoli Piceno 1996, p. 21. in Francia da Giovanni de Matha e Felice di Valois 8 L. Borraccini, L’Abbazia di S. Angelo Magno con la regola approvata da papa Innocenzo III nel in Ascoli Piceno: dalle nobili badesse longobarde, 1198 con la bolla Operante divinae dispositionis: G. prima benedettine poi clarisse, agli abati di Monte Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiasti- Uliveto Maggiore ai Camaldolesi, Acquaviva Picena ca, Venezia 1866, LXXX, p. 293 ss. 2010, pp. 86-87. 10 G. I. Ciannavei, Compendio di Memorie Isto- 9 L’adozione di una croce di questo genere è riche spettanti alle Chiese Parrocchiali della Città di dovuta al fatto che le confraternite aggregate all’ar- Ascoli nel Piceno e ad altre tanto esistenti che diru- ciconfraternita romana del Gonfalone detta “Mater te nel circuito di essa e ne’ sobborghi, Ascoli Piceno omnium” furono investite dell’opera misericordiosa 1797, p. 296. del riscatto degli schiavi cristiani caduti prigionieri 11 Borraccini, L’Abbazia di S. Angelo Magno dei Saraceni, specialmente rivolta ai catturati origina- in Ascoli Piceno cit., p. 96; M. Polverari, Lo Stato ri dello Stato pontificio. Croci di tal fatta sono dette liberale nelle Marche. Il commissario Valerio, Anco- “trinitarie” perché derivate dall’emblema dell’or- na 1978, pp. 114-127. dine dei Trinatari (Ordo Religiosorum SS. Trinitatis

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Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni di Urbino. Problemi iconografici e di attribuzione*

di

Sara Bartolucci

Premessa condotta da Negroni ricostruisce il contesto della classe dirigente urbinate legata alle Realizzato per l’oratorio di San Giovan- maggiori confraternite urbinati, quella di ni Battista, lo stendardo (tav. I e III) è tra- San Giovanni e del Corpus Domini in par- sferito nella Galleria nazionale delle Mar- ticolare, vicina a Federico da Montefeltro 5. che nel 1867 all’epoca delle confische di Un’altra traccia dello stendardo è indi- cui sono oggetto i beni delle corporazioni viduata da Perini e Cucco nella generica religiose soppresse, in un clima nel quale il osservazione «Vi si citano pure altre pit- direttore del costituendo museo dell’Istituto ture di Giovanni Santi» che, all’incirca nel di Belle Arti delle Marche e gli intendenti 1794, Ansaldi inserisce nella descrizione si adoperano per la formazione della grande delle opere d’arte presenti nell’oratorio di collezione d’arte 1. San Giovanni Battista nella sua Guida di Le vicende relative alla commissione Urbino 6. dello stendardo possono essere verosimil- L’opera è citata da Serra nelle due reda- mente associate ad un documento conserva- zioni, del 1921 e del 1930, della guida al to nell’Archivio di Stato di Urbino dal quale Palazzo ducale e alla Galleria 7. Nella prima, si evince che Arcangelo di Anichino il 18 lo stendardo è attribuito ad Antonio Alber- luglio 1470, con atto testamentario, lascia ti da Ferrara e datato 1438 8, nella secon- alla moglie Marta l’incombenza di versare da è classificato più genericamente: «Arte 20 fiorini alla compagnia di San Giovanni dell’Italia superiore, seconda metà del sec. di Urbino per la realizzazione dello stendar- XV» 9 e nell’argomentazione, la parte supe- do pro pittura et factura vaxilli sive insigne riore del Battesimo, l’Eterno e gli angeli, è fiende pro dicta fraternitate 2; confraternita riferita ad artista dal fare umbrieggiante atti- della quale il ricco commerciante è sindaco vo nel XVI secolo, mentre la parte inferiore nel 1462 3. Dai dati documentari emerge un al XVII secolo. secondo diretto riferimento allo stendardo, Le condizioni conservative dell’opera, nella notizia che lo speziale Francesco di precarie al punto da determinarne l’esclusio- Giovanni, membro della confraternita del ne dall’itinerario espositivo nella Galleria Corpus Domini, il 9 dicembre del 1472 cede nazionale delle Marche e deciderne la collo- parte dell’azzurro ultramarino e dell’oro cazione nei depositi, sono la principale cau- battuto alla compagnia di San Giovanni sa del disinteresse da parte della critica. Il per lo stendardo 4. L’analisi documentaria restauro concluso nel 2005, ha consentito di

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Tav I Predica del Battista, fronte, 1472-1474, dipinto su tela, stendardo, cm 160x113, Urbino, Galleria nazionale delle Marche, deposito dall’oratorio di San Giovanni Battista. Prima del restauro.

70 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni

Tav II Predica del Battista, fronte, 1472-1474, dipinto su tela, stendardo, cm 160x113, Urbino, Galleria nazionale delle Marche, deposito dall’oratorio di San Giovanni Battista.

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Tav III Battesimo di Cristo, retro, 1472-1474, dipinto su tela, stendardo, cm 160x113, Urbino, Galleria nazionale delle Marche, deposito dall’oratorio di San Giovanni Battista. Prima del restauro.

72 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni

Tav IV Battesimo di Cristo, retro, 1472-1474, dipinto su tela, stendardo, cm 160x113, Urbino, Galleria nazionale delle Marche, deposito dall’oratorio di San Giovanni Battista.

73 Studi pesaresi 1, 2012 eliminare le molte ridipinture 10, conseguen- della cattedrale di San Cristoforo a Urbania, za dell’opera di manutenzione su un oggetto l’antica abbazia di San Cristoforo al Ponte, d’uso nelle attività liturgiche della confra- databile intorno al 1470-1480 16. ternita, permettendo di effettuare uno studio È Cleri ad avanzare l’ipotesi di una filologico e iconografico non più viziato dal- paternità dell’opera di Fra’ Carnevale e, nel le aggiunte successive (tav. II e IV). sottolineare le evidenti citazioni presenti De Marchi crede di poter individuare nello stendardo, crede di poterle ricondur- l’autore dell’opera in «Giovanni Santi (Col- re proprio all’artista urbinate, spesso impe- bordolo, 1440-1445 circa-Urbino, 1494) ai gnato in prestiti e chiari riferimenti ad altri suoi albori, si può però sospettare che in un opere e pittori 17, attribuzione questa, ripresa periodo di tumultuose trasformazioni qua- da Negroni 18. le l’ottavo decennio del Quattrocento Fra’ Carnevale avesse ancora qualcosa da dire a un giovane urbinate particolarmente intra- Problemi stilistici e ipotesi attributive prendente come Giovanni Santi, figlio di un doratore inurbato dal contado, che accom- Giungere ad un’attribuzione dello sten- pagnò nel 1469, Piero a Urbino» 11. dardo di San Giovanni è esercizio filologico Nella scheda della mostra di Urbino del di grande complessità, eseguito su un testo 2005 dedicata a Fra’ Carnevale ed agli arti- pittorico caratterizzato dalla pluralità di sti gravitanti intorno al palazzo di Federico registri linguistici e da evidenti citazionismi. da Montefeltro, Vastano pubblica lo sten- L’occhio del connoisseur è colto imprepara- dardo e lo attribuisce ad un anonimo pittore to dallo sforzo di individuare scuole e pro- urbinate della seconda metà del XV secolo, venienze, vista la difficoltà di ricondurre le alias Maestro dello stendardo di San Gio- osservazioni all’unità del pennello di un solo vanni, del quale viene descritto il composito autore. Si catalogano così i differenti aspetti linguaggio: «echi mantegneschi richiamano della cultura artistica urbinate nella seconda spunti squarcioneschi e belliniani, Donatel- metà del XV secolo, che si configura come lo e Verrocchio [...], cultura marchigiana, ambiente complesso, già definito «paradig- 19 dove i fiamminghi parlano il linguaggio ma alternativo di Rinascimento» . mediato da Giusto di Gand e viva è la gran- L’esecuzione dell’opera è assegnabile de lezione di Piero della Francesca [...]» 12. all’inizio dell’ottavo decennio del XV seco- Un’ultima annotazione relativa agli aspetti lo su base documentaria e iconografica, ad tecnici, sottolinea le poliedriche capacità anni fervidi per la cultura urbinate e per l’af- dell’artista, che mostra, nel trattare la mate- fermazione politica di Federico da Monte- ria, le qualità di un miniatore 13. Nello stes- feltro, che riceve la nomina a duca nel 1474. so catalogo, Marchi accosta lo stendardo ad Nella lettura critica del dipinto, le ipotesi una tela Madonna con Bambino e pastorella formulate individuano due possibili tracce proveniente dal monastero di Santa Chiara stilistiche: l’una legata all’attività giovani- di Urbino e anch’essa conservata nella Gal- le di Giovanni Santi, l’altra a Corradini nel leria nazionale delle Marche 14, opinione pieno della sua maturità artistica. Vi è poi non condivisa da Cleri e Minardi 15, oltre una terza soluzione che, nel concentrasi sul che all’affresco staccato con Sant’Eracliano macroscopico aspetto della discontinuità

74 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni stilistica, considera possibile l’intervento di del domenicano, un artistic adviser, com’è un miniatore, verosimilmente legato a Bar- stato definito 26, praticante pittore, architetto, tolomeo della Gatta, non abituato alla coe- e soprattutto erudito consigliere, personaggio renza e alle regole proprie della pittura di centrale del Rinascimento urbinate, al verti- grande formato 20. ce di quella intelligencija che ha progettato e Nello stendardo, la scena del Battesimo realizzato il volto nuovo della città 27. Com- di Cristo ripropone la composizione dipinta plessa ed articolata appare la lunga espe- dai Salimbeni nell’oratorio, con una strut- rienza di vita, oltre a quella artistica che è tura dal gusto maggiormente simmetrico. così riassunta da Daffra nel catalogo della L’accento è aggiornato sugli esiti della cul- mostra di Milano dedicata al Corradini, a tura artistica contemporanea, pur se il gusto cui sono riferite opere ormai unanimemente narrativo e l’insistenza nella descrizione riconosciutegli dalla critica 28. conferiscono all’opera un carattere lontano dal contesto delle auliche ed ideali ricerche – Annunciazione, Washington, National che si svolgevano ad Urbino. Il modello Gallery, 1445-1450 29; compositivo al quale il pittore potrebbe aver – Polittico (San Giovanni Battista, Loreto; attinto è il Battesimo di Andrea del Verroc- Cristo Crocifisso, Urbino; San Pietro, chio, concluso nel 1476, ma in gestazione da Milano Brera; San Francesco, Milano tempo 21, mentre la figura del Cristo sembra Ambrosiana), 1450-1460 30; un’eco pierfrancescana 22. – Alcova di Federico e Battista, 1459 31; Un’ulteriore pista s’individua nel col- – tavola di Santa Maria della Bella (Tavo- legamento all’anonimo “Maestro dello le Barberini: La natività della Vergine, stendardo di San Giovanni”, come venne New York, Metropolitan 32; La presenta- indicato nella mostra urbinate dedicata a zione di Maria al tempio, Boston, Mu- Fra’ Carnevale, di quattro opere (tante ne seum of Fine Arts 33), 1466; servono, secondo la regola offneriana, per – Figura eroica con uno sfondo architet- dar vita a un maestro del XV secolo), con- tonico, Gazzada (Varese), collezione Ca- sistenti nelle due facce dello stendardo, con gnola, 1475-1484 34. la Predica del Battista e il Battesimo di Cri- sto, nel Sant’Eracliano di Urbania 23 e nella Sono inoltre riferiti al domenicano altri Madonna con Bambino e pastorella della dipinti, la cui attribuzione è ancora oggetto Galleria nazionale delle Marche 24. di discussione 35, e una produzione grafica di Nelle carte d’archivio il nome di Barto- difficile datazione36 . lomeo di Giovanni Corradini emerge spes- so in rapporto a notabili urbinati impegnati Abbiamo dunque degli anni, i vivis- nelle confraternite di San Giovanni e del simi decenni centrali del Quattrocento; dei luoghi, Firenze, Urbino e, se non no- Corpus Domini e vicini a Federico da Mon- minata ma certo presente, Roma, cruciali tefeltro, indicato come testimone in com- per la cultura artistica italiana; dei nomi 25 pravendite di immobili o atti notarili . Che che ci suggeriscono rapporti ad alto li- possa essere Bartolomeo di Giovanni Corra- vello, stimolanti e decisivi. E soprattutto dini l’autore dello stendardo è ipotesi che si abbiamo il sentore sottile e persistente fonderebbe sulla provata pratica citazionista che quest’uomo inafferrabile, pittore ar-

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chitetto, impresario artistico, frate e par- della ricerca pittorica albertiana e pierfran- roco, fosse un personaggio di peso, in un cescana, meno aulica ed idealizzata, anche suo modo obliquo e schivo, e che solo a quando l’interesse per la geometria e gli tratti si applicasse, con la negligenza del 37 scorci arditi è preminente, come esemplifica dilettante di genio, alle arti figurative . il dipinto incompiuto con una Figura eroica con uno sfondo architettonico, collocabile Questi appunti risultano indispensabili fra il 1475 e il 1484, dove i tratti del volto per interpretare la vicenda artistica del Cor- e la fisionomia dei corpi tradiscono gli echi radini, che si configura come estremamente dell’apprendistato lippesco e sono debitori disomogenea, caratterizzata da un catalogo della lezione di Bartolomeo della Gatta 38. di opere di dubbia identificazione: nella sto- È possibile inserire in questo corpus di ria dell’arte, pochi sono stati i casi di attri- opere lo stendardo di San Giovanni, in anni buzione così difficili da sciogliere come le nei quali l’aggiornamento della cultura di Tavole Barberini, sulle quali è costruito il Corradini sembra orientarsi verso un’inda- “giallo” di Zeri, ed il caso della tavoletta del- gine prospettica, sulla scia delle più aggior- la collezione Cagnola non trova ancor oggi nate tendenze affermatesi nella capitale fel- pareri unanimi. tresca come a Firenze? Ovvero: è corretto È stato sottolineato quanto sia disconti- ritenere che il catalogo di Fra’ Carnevale nua l’attività artistica del frate domenicano: segua una parabola nel tempo, secondo il il numero esiguo di opere che compongo- carattere evoluzionistico della pittura italia- no il suo catalogo ne è prova implicita, ma na proposto da Vasari e percorrendo le linee l’accento è da porsi sul carattere eterogeneo guida del contesto culturale nel quale il pit- del vocabolario del pittore, che mostra di tore e intellettuale urbinate si muove? possedere, nel contempo, anime diverse, del Lo stendardo dell’oratorio di San Gio- grande narratore, dello studioso di prospet- vanni è caratterizzato da una costruzione tiva, del caratterista, spesso espressionista. narrativa, la quale si sostanzia di personaggi La formazione di Fra’ Carnevale affonda le e simboli per indicare i molteplici significati proprie radici nel tardogotico urbinate e si che gli episodi sacri acquistano per l’uomo bagna nella cultura fiorentina per poter cre- contemporaneo, secondo la stessa prassi uti- scere in quello che è oramai il nuovo centro lizzata dai fratelli Jacopo e Lorenzo Salim- del Rinascimento. Fa esperienza di Firenze, beni nella decorazione della vita di San Gio- ma non della fronda d’avanguardia, legato vanni Battista. com’è alla figura di Filippo Lippi. Di ritor- La comparazione di forme e motivi trova no ad Urbino, la sua ricerca di umanista lo un’applicazione convincente con il polittico porta ad essere primo motore dell’avventu- eseguito per Loreto o Osimo, oggi smem- ra rinascimentale che la capitale feltresca brato fra Loreto, Milano ed Urbino, la cui vivrà da protagonista, ad iniziare proprio vicenda critica e materiale non è ancora dalla chiesa di San Domenico, per la qua- completamente sciolta 39. In entrambe le le è Fra’ Carnevale a individuare l’équipe opere l’autore innesta sulle reminescen- di architetti, scultori e lapicidi che avrebbe ze lippesche un carattere espressionistico realizzato il portale. Lo spirito incarnato da che non è presente nell’Annunciazione di Fra’ Carnevale è molto diverso dagli esiti Washington, né nelle Tavole Barberini.

76 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni

Secondo Daffra, «ciò che distanzia queste fila, sembrano ripercorrere i tratti sofferti quattro tavole [di polittico] dagli altri nume- delle «mani artritiche» 41 del San Pietro e ri del catalogo di Fra’ Carnevale è la radica- del San Francesco del polittico francescano. le assenza dell’architettura e dello spazio, la La caratterizzazione anatomica del corpo, in concentrazione sulle figure umane, segnate particolare la figura di San Giovanni, sem- dall’età o dai patimenti, minutamente inda- bra seguire la prassi esecutiva mostrata da gate e poi negate nella loro consistenza pla- Corradini nel Cristo in croce dello stesso stica dalle ombre profonde che incidono le polittico, ed in generale nella descrizione vesti sui corpi sottostanti» 40; un’osserva- dei corpi, che sono il risultato di un deciso zione che può essere applicata anche allo chiaroscuro in cui il passaggio dei piani è stendardo. solcato da linee evidenti. La Predica del Battista si propone come Nella parte alta del Battesimo, la descri- una straordinaria galleria di ritratti: alle zione del Padre Eterno è fortemente debi- figure degli astanti in primo piano si alter- trice della lezione di Mantegna, un artista nano personaggi tratteggiati in maniera che Fra’ Carnevale aveva conosciuto tra- quasi caricaturale. Si osservi ad esempio la mite Giovanni Boccati e Giovanni Angelo figura maschile alla destra del profeta che di Antonio e, direttamente, in occasione del indossa un abito giallo, la cui fisionomia documentato soggiorno a Mantova 42. Que- è riconducibile alla straordinaria serie di sta faccia dello stendardo si trova in pessime volti di santi del polittico oggi smembrato condizioni conservative, in qualche passag- e la costruzione fisiognomica trova precisa gio spellato del colore, ragione sufficiente rispondenza nel volto del San Giovanni Bat- per limitare a caute osservazioni l’analisi tista di Loreto. Le tipologie nel polittico di stilistica del manufatto. La figura centrale, Loreto, Urbino e Milano sono tanto varie- il Cristo Crocifisso di Urbino, ha perso irri- gate nei pochi frammenti superstiti, che la mediabilmente i caratteri di riconoscibilità visione dell’intero avrebbe potuto fornire formale e le figure femminili sulla sinistra elementi sorprendenti. Nello stesso stendar- mancano dei volti. Il San Giovanni, meglio do maggiormente accostabili ai tipi umani leggibile, mostra un voluminoso panneggio caratteristici di Corradini (il volto perfetta- costruito da ampie pieghe, molto simile a mente ovale, bocca ed occhi ben proporzio- quello dello stesso personaggio dipinto nel nati rispetto al disco del viso) sono la figura polittico. femminile con cuffia in testa ed abito verde, Alcuni dati tecnici riscontrabili nello le teste d’uomo che fanno capolino dietro stendardo trovano un parallelo nel corpus di di lei, come anche il volto del protagonista opere di Fra’ Carnevale: la particolare alter- Giovanni. Quest’ultimo è molto lontano nanza fra campiture liquide, quasi traspa- dalla caratterizzazione espressionistica del renti e altre dense e corpose 43. A proposito, santo nel polittico e risponde al tipo del gio- si confronti il piccolo specchio d’acqua con vane uomo, ceduti i caratteri di realismo ai la pecorella in primo piano nella Predica, il personaggi che, reali, sono davvero: Fede- perizoma del Cristo e la distesa d’acqua del rico da Montefeltro e la sua corte. Le mani, Battesimo con il paesaggio marino dipin- quella del duca in primo piano e quella del to alle spalle di Cristo Crocifisso con un personaggio con il tocco rosso in seconda pigmento molto sottile.

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L’insolita maniera di trattare il motivo L’argomentazione precedente, che non alli- dell’acqua, descritta con una preziosità da nea l’opera di Fra’ Carnevale su uno spet- far pensare ad un oggetto art déco, è avvi- tro d’analisi di marca evoluzionistica, rende cinabile alla costruzione geometrica con la ragione della complessa cultura dell’urbina- quale Corradini incide la roccia ed il terreno te, capace di assumere volti stilistici anche del Cristo in croce: con la stessa caparbietà molto diversi fra loro, in cui l’anima dida- vengono segnate le pieghe dell’acqua e del- scalica, espressionistica del domenicano la terra. non sembra mai venire meno e si nutre degli Nell’intera produzione dell’urbinate è pre- apporti che proprio nel settimo decennio sente una vegetazione simile a quella dipinta provenivano dai pittori fiamminghi, Giusto sullo stendardo, sottili fusti sui quali poggia di Gand e Jan Van Eyck in particolare 45. una folta e ordinata chioma, la stessa moda- Fra’ Carnevale è un umanista d’avanguar- lità è riscontrabile nel trattare le nuvole che dia che dimostra, pur nell’aggiornamento del si avvolgono e sciolgono in vortici filamen- proprio linguaggio, di chiedere all’opera tosi; si confrontino la decorazione di Alcova, d’arte una risposta per l’uomo, da realizzare Annunciazione di Washington, Cristo in cro- nel vissuto, allontanandosi dalla metafisica e ce, Tavole Barberini. Le indagini radiografi- dall’ideale: egli esprime un umanesimo pra- che e riflettografiche hanno evidenziato un tico. Lo stendardo dell’oratorio di San Gio- disegno preparatorio nitido e sicuro 44; non vanni mostra una forte adesione alla realtà, ci sono tracce di spolvero, né di quadrettatu- non perché sia formalmente espressione di ra, elemento che suggerisce la presenza di un un linguaggio realistico, ma in quanto descri- progetto preparatorio. I cherubini e i serafini ve concretamente la via da seguire, racconta ricalcano le testine alate dell’Alcova e delle come l’annuncio cristiano entra nella storia e sculture del Palazzetto della Jole. fa parte dell’oggi dell’uomo. Elementi morelliani si aggiungono a dati tecnici per raccontare la storia di un dipin- to che, intessuto con i fili che compongono Problemi iconografici il ricchissimo ordito della cultura artistica feltresca nella seconda metà del XV secolo, La narrazione si sviluppa attorno ai due rientra nella produzione di Fra’ Carnevale momenti del racconto evangelico, la Predi- protagonista di questa grande stagione. Col- ca del Battista e il Battesimo di Cristo, cui locata l’esecuzione del dipinto in un contesto è affidato il ruolo di adempiere alla funzio- cronologico avanzato dalle evidenze docu- na liturgica dello stendardo. La minuziosa mentarie, quando Corradini aveva sperimen- caratterizzazione dei personaggi, la presen- tato arditezze prospettiche e studi notevoli di za di elementi simbolici riferibili all’epo- geometria e già dipinto le Tavole Barberini, ca contemporanea all’artista, conducono a l’Alcova e l’Annunciazione di Washington, considerarli all’interno di questo contesto lo stendardo, legato com’è all’anima della storico e culturale. historia, appare come un ritorno verso un linguaggio espressivo lontano dalle speri- Predica del Battista mentazioni di natura geometrico-prospettica Giovanni Battista è collocato al centro della delle prove degli anni sessanta e settanta. scena colto nella predicazione della venuta

78 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni del Messia, attorniato da una grande folla menti tipici della ritrattistica bessarionea: la secondo una composizione che ricalca l’in- barba, l’abito nero del monaco basiliano, il tuizione scenografica dei fratelli Lorenzo e rosso cappello cardinalizio 51, ma la partico- Jacopo Salimbeni negli affreschi del mede- lare fasciatura del volto, gli abiti sontuosi, simo oratorio: stessa la roccia sulla quale forse quelli della festa, e la fisionomia codi- predica Giovanni, come il chiaro riferimen- ficata in altri ritratti del cardinale greco in to all’acqua che sgorga ai suoi piedi 46. In età avanzata, come la barba bipartita, il naso primo piano, alla sua destra, è riconosci- pronunciato consentono di avanzare questa bile Federico da Montefeltro che sorregge ipotesi 52. le chiavi della città e indossa un anello dal Accanto a lui, una donna, accompagna- significato araldico 47, mentre i tipici trat- ta da una serva che la sostiene, l’unica ad ti somatici, frutto dell’incidente che aveva essere rappresentata in questa faccia dello causato la perdita dell’occhio destro e una stendardo, indossa l’abito di porpora impe- profonda ferita al naso, ragione della carat- riale ed il copricapo frigio, riccamente orna- teristica ed obbligata propensione al lato to nella parte inferiore con gemme e pietre sinistro della ritrattistica, sono oggetto di preziose. Si ritiene che possa essere Zoe una forte idealizzazione. Le accentuate bor- Paleologina, la figlia dell’ultimo bizantino se sotto gli occhi e la media statura corri- Tommaso Paleologo 53. spondono alla consueta iconografia federi- Alla sinistra del Battista, il pittore collo- ciana 48. A fianco del principe è Ottaviano ca tre personaggi vestiti all’orientale, per i Ubaldini, anch’egli indossa abiti scuri, pro- quali si è proposta l’identificazione con ebrei babilmente in lutto per la morte di Battista 54: l’ipotesi indica l’ambasciatore di Persia a 49; ci piacerebbe poter identificare il nobile Urbino, di religione ebraica, secondo alcuni cortigiano alle loro spalle con il mercante studiosi, con il suo seguito 55. Federico da Anichino, committente dello stendardo e Montefeltro fra il 1472 e il 1473 riceve la personaggio certamente influente a corte, o visita dell’ambasciatore dello scià di Persia con il pittore stesso, sulla strada complessa Uzun Hasan, impegnato ad intessere allean- della ricostruzione filologica del dipinto. La ze con le potenze occidentali per contrastare figura maschile con il tocco rosso, può esse- il comune nemico turco. re altresì ricondotta ad un influente perso- Ai piedi del Battista, sono raffigurati naggio della corte urbinate, forse coinvolto l’attributo dell’agnello, di solito associato nelle vicende politiche che sembrano occu- al profeta ed il catino che nell’altra faccia pare le azioni e le preoccupazioni di Federi- dello stendardo è in mano al Battista; sullo co, come si vedrà in seguito 50. sfondo sono un gregge ed il suo pastore che Un nobile astante vestito alla moda cerca la pecorella smarrita. orientale è accanto all’Ubaldini; ha il capo Le quinte sceniche sono costituite a velato fino al sottogola, l’abito di damasco destra del riguardante da un bosco e, a sini- nero è sontuoso e decorato di perle: si ritiene stra, da una struttura rocciosa che si apre possa identificarsi con Bessarione. La diffi- al centro, come una caverna. È l’alba, ed il coltà nell’argomentare quest’ultima intui- sole si sta sostituendo alla notte, il picchio zione risiede nella difformità iconografica di luna è crescente: sono questi apparati del personaggio che non presenta gli ele- simbolici che mostrano una matrice ricon-

79 Studi pesaresi 1, 2012 ducibile al neoplatonismo rinascimentale. tesi interpretativa di un’opera ufficiale fina- lizzata alla costruzione dell’identità politica Battesimo di Cristo del principe. Il riconoscere lo stesso prota- Il gruppo alla destra di Cristo è composto gonista nello stendardo e nella pala conduce da Battista Sforza, la cui figura è angeli- ad osservare, nel contesto dell’iconogra- cata, probabilmente perché già morta, e da fia federiciana dei primi anni dell’ottavo tre ancelle 56. Battista e la dama di corte in decennio del XV secolo, un’insistenza sul primo piano sorreggono le vesti del Cristo, coinvolgimento del Montefeltro nella lotta compito di solito affidato agli angeli. La antiturca, in difesa dell’Occidente cristiano, titolazione dell’oratorio costituisce il più in rapporto all’Oriente bizantino. evidente motivo di legame con la duches- Il fatto che il principe avesse assunto la sa, ma è probabile che ci siano state ragioni posizione di guida sul campo di battaglia o di ordine politico, rapporti particolari fra la che la sua politica di alleanze e mediazioni corte e la dirigenza della confraternita, che lo tenesse lontano da veri e propri fatti d’ar- hanno portato alla scelta di commemorare me, non modifica il suo coinvolgimento nel- in questo modo la morte dell’amata signora. la lotta antiturca e le immagini, nell’osten- A livello compositivo, il parallelo più strin- tazione di personalità e simboli legati gente può essere individuato con i dipinti all’Oriente persiano, ne sono testimonianza. dallo stesso soggetto di Piero della France- Le opere d’arte sono efficace strumento sca 57 e di Verrocchio 58. propagandistico e autocelebrativo rispetto al ruolo di condottiero di uno Stato e di lea- der nella politica internazionale, per questi Lo stendardo di San Giovanni Battista, motivi soggette ad enfatizzazione e costrui- manifesto celebrativo di Federico da te di simboli dal carattere encomiastico. Montefeltro e della sua politica A ricordare la posizione di centralità occupata nella politica internazionale da La tesi argomenta come lo stendardo Federico da Montefeltro è il suo biografo processionale, che assolve alla funzione ufficiale, Bernardino Baldi, urbinate, aba- liturgico-devozionale per la confraternita di te di Guastalla, uomo di grande cultura, San Giovanni Battista, è nel contempo stru- scienziato, ebraista, arabista, persianista, mento di commemorazione di Battista Sfor- dotato di un sapere enciclopedico 60. È pro- 59 za, da poco defunta e, nell’esaltazione prio lo storico scelto da Francesco II Maria del battesimo come fonte di salvezza, sono della Rovere per raccontare e celebrare la presenti impliciti riferimenti alla politica di sua casata, a riconoscere per primo l’amba- Federico da Montefeltro e alla sua parteci- sciatore dello scià di Persia nella pala del pazione alla “questione turca”, allo scontro Corpus Domini, nell’opera Vita e fatti di con l’impero di Maometto II. Federigo da Montefeltro, duca di Urbino, L’identificazione della figura vestita conclusa nel 1604: all’orientale con l’ambasciatore dello scià di Persia, per analogia con lo stesso perso- Era per queste cagioni Federigo cono- naggio rappresentato nella Comunione degli sciuto, e celebrato da tutti non solamen- Apostoli di Giusto di Gand, è alla base della te in Italia, ma anche nelle parti remote

80 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni

del mondo. E di quì è che Usuncassano pone un’esegesi in chiave prettamente litur- potentissimo re di Persia nel mandar, che gica e catechetica della pala d’altare e della fece Ambasciatori a’ Potenti Cristiani, predella, segni dell’eucaristia, centro della ordinò loro particolarmente, che da sua vita del cristiano 65. parte lo visitassero, e gli presentassero Recentemente è Katz a riproporre una ricchissimi doni: il che fecero essi dili- gentemente, onde egli per lasciar viva la lettura politica della macchina d’altare del memoria di quel fatto, fece ritrarre se, e Corpus Domini, interpretandola come un gli Ambasciadori dal naturale, nella ta- atto simbolico volto ad eliminare i dissensi vola dell’Altar maggiore della Confra- religiosi nel clima di preparazione alla cro- ternita del Corpo di Cristo in Urbino da ciata contro l’impero ottomano indetta da Giusto Tedesco famoso pittore di que’ Sisto IV, a cui aveva dimostrato fedeltà e tempi e che per quanto si dice il primo supporto ricevendo Bessarione nel 1472 66. che portasse in Italia l’uso moderno del Il gesto di Federico che, nella pala di Giusto 61 dipingere a olio . di Gand, tocca il braccio del nobile amba- sciatore di Persia potrebbe essere la rassicu- L’identificazione del personaggio vestito razione per i cittadini cristiani che i turchi all’orientale nella Comunione degli Aposto- non costituiscono un pericolo per Urbino. Se li di Giusto di Gand con l’ambasciatore del- per Lavin pala e predella sono un incitamen- lo scià di Persia, è stata ripresa con convin- to alla sconfitta e alla conversione dei nemi- zione da Lavin e generalmente accolta dalla ci della cristianità, Katz sostiene che l’opera 62 critica . Seguendo la lettura indicata dalla nel suo complesso vuole rafforzare la poli- studiosa, fra gli ultimi mesi del 1472 ed i pri- tica di tolleranza del principe in un clima di mi dell’anno successivo, l’ambasciatore è ad timore e diffidenza nei confronti dei non cri- Urbino dopo essere stato a Venezia, Napoli, stiani. Il tema dell’Eucaristia è funzionale a Roma e diretto di nuovo a Venezia, per poi costruire l’identità della comunità urbinate procedere verso l’Ungheria nell’intento di che si contrappone a qualsiasi fazione in rafforzare i rapporti della lega strettasi intor- disaccordo con l’unità nel corpo di Cristo. no a papa Sisto IV, che già dal 1471 si adope- Federico è il garante di questa unità, come ra per rinserrare le fila degli alleati per muo- della difesa del popolo cristiano e, «men- 63 vere una crociata contro l’impero turco . tre la pala d’altare racconta la storia di una Non concorda con questa interpretazio- comune inclusione, la predella presenta una ne Ronchey che ipotizza di riconoscere nel storia di esclusione sociale» 67. Sull’altare personaggio vestito all’orientale il cardinale del Corpus Domini alla celebrazione litur- 64 Bessarione, in un primo ritratto postumo . gica dell’Eucaristia si unisce l’esaltazione La perplessità di accogliere quest’ultima della salvezza dell’ordine sociale incarnato indicazione deriva dalla difficoltà di scar- da Federico, nella rappresentazione della tare la tradizionale indicazione del Baldi, minaccia turca e del sacrificio del peccatore troppo precisa per non essere tenuta in con- ebreo 68. siderazione. * * * Non mancano neppure le voci dissonan- ti rispetto ad una lettura politica dell’opera, Esposte le ragioni dell’identificazione come quella di Van Waadenoijen che pro- del personaggio vestito all’orientale nel-

81 Studi pesaresi 1, 2012 la Comunione degli Apostoli con l’amba- ruolo assunto anche grazie ai rapporti inten- sciatore dello scià di Persia, si consideri la si e familiari che lo legano al motore primo possibilità che lo stesso sia il protagonista del movimento di opposizione al nemico del racconto dello stendardo di San Giovan- turco, il cardinale Bessarione. Quali sono i ni, identificato con il personaggio vestito rapporti fra Federico e Bessarione? Il loro all’orientale e posto in primo piano, accom- legame è così intenso da giustificare un rea- pagnato da due figure maschili. le coinvolgimento di Federico nella “cro- La documentazione archivistica circo- ciata” bessarionea? scrive l’esecuzione del dipinto al periodo I destini dei due personaggi si incro- immediatamente successivo al 1470 69. Nel- ciano già nel 1445, un anno dopo la pre- la scena Battesimo di Cristo è rappresentata sa del potere da parte di Federico, quando Battista Sforza già morta 70, elemento que- Bessarione viene nominato commendatario sto che permette di posticipare l’esecuzione dell’abbazia di San Cristoforo di Casteldu- ad un momento successivo al 7 luglio 1472, rante 72, carica che si aggiunge alla stessa giorno nel quale è documentato il deces- già esercitata per la più celebre abbazia di so. La perdita dell’amata signora potrebbe Santa Croce di Fonte Avellana, anch’essa trovare riscontro nella Predica del Batti- compresa nel territorio del ducato feltresco sta attraverso gli abiti a lutto di Federico e 73. Sono questi i presupposti di una reale Ottaviano. Il periodo di realizzazione dello frequentazione, contatti attualmente non stendardo si sovrappone perfettamente con documentabili, mentre in una lettera diret- quello dell’ambasceria; inoltre, l’osserva- ta a Galeazzo Maria Sforza, Flavio Biondo zione condotta sugli elementi che racconta- racconta la propria visita nel 1453 ad Urbi- no la moda del tempo confermano la crono- no in compagnia di Bessarione, il quale logia individuata 71. entra in relazione con il figlio di Federico, Lo stendardo è uno strumento propagan- Buonconte, legittimato nel 1454 e che il car- distico per il duca, che nel Battesimo di Cri- dinale incoraggia allo studio del greco. Nel sto canonizza la propria consorte defunta, 1464, Federico e Bessarione sono entrambi trasformata in figura angelicata, ed impli- a Roma, alla corte pontificia, convocati da citamente celebra la propria persona; nella Pio II che sta preparando una nuova cro- Predica del Battista schiera direttamente ciata contro i turchi. È nota la posizione se stesso, a fianco del proprio gruppo diri- contraria al progetto assunta da Federico, genziale, con la corte bizantina e l’illustre troppo occupato nell’affermare il proprio ambasciatore di Persia. ruolo di giudice degli equilibri peninsula- Il problema turco è oggetto delle rap- ri, per avventurarsi nell’impresa oltre mare. presentazioni ufficiali direttamente com- Databile al 1471 è una lettera indirizzata missionate da Federico o dal suo entoura- dal conte a Bessarione nella quale Federico ge, in maniera funzionale a costruire la sua riprende la questione orientale: Sisto IV è immagine politica nei primi anni dell’ottavo stato eletto papa 74. decennio del XV secolo. Il signore urbinate Bessarione è a Gubbio il 27 aprile 1472 75 si propone agli occhi dei propri sudditi, di per cresimare il piccolo Guidobaldo di tre ambasciatori e principi di altre terre, come mesi 76 e, dopo aver proseguito per Castel- protagonista della lotta contro Maometto II, durante, consegna i suoi libri a Federico,

82 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni perchè vengano poi trasferiti a Venezia, città «con i disegni politici dell’antico maestro, alla quale, dopo complicate trattative, ave- anche se non poteva riprodurre gli insegna- va deciso di legare la sua biblioteca: Fede- menti e le scelte culturali» 85. rico è l’esecutore testamentario dell’ultimo Non è possibile, alla luce delle evidenze bizantino 77. L’aver individuato proprio il storiche e documentarie, ritenere che Fede- Montefeltro come custode della biblioteca rico non condividesse l’indirizzo culturale «in cui era conservato il genoma culturale di Bessarione, né che il principe non parte- di Bisanzio», sembra essere stata l’intui- cipasse al disegno politico nel quale il nice- zione giusta per evitare la dispersione del no impegna la propria esistenza. Il mondo a patrimonio librario, che in mano alla Curia cui Bessarione aspira è quello insegnato dal romana, avrebbe probabilmente subito una filosofo bizantino Giorgio Gemisto Pleto- sorte diversa 78. ne, il cui sapere Marsilio Ficino è riuscito a Bessarione è diretto in Francia, Inghilter- rendere comprensibile all’Occidente. Fede- ra e Borgogna 79 per perorare la causa papa- rico possiede nella propria biblioteca i testi le di condurre una nuova crociata contro di Platone e della filosofia neoplatonica, si l’impero turco; si è congedato dalla Curia e ricordano le Disputationes Camaldulenses sembra essere consapevole che non sarebbe a lui dedicate da Landino 86; condivide con tornato dalla missione 80. Il passaggio presso Bessarione lo stesso orientamento di pen- la corte urbinate non solo consolida il lega- siero e, secondo recenti ipotesi, sarebbe egli me di familiarità che lo lega a Federico, ma stesso un iniziato ai misteri neoplatonici 87. investe quest’ultimo di un ruolo attivo nel- Bessarione muore il 18 novembre 1472 la lotta per la difesa della cristianità. Alla a Ravenna, di ritorno dall’ambasciata d’ol- morte di Battista, Bessarione dalla Francia, tralpe, mentre gli accordi fra il principe ed si trovava vicino a Tours, e i componenti il cardinale prevedevano che Bessarione si dell’Accademia Bessarionea 81 si uniscono al fermasse a Casteldurante; datata 7 novem- cordoglio di Federico e la retorica encomia- bre dello stesso anno è la missiva indirizzata stica contribuisce a formare i tratti del nuovo al priore dell’abbazia perché si premurasse mecenate: l’importanza del conte di Urbino di assicurare una decorosa accoglienza al conosce una prima ufficiale legittimazione82 . niceno 88. Precedente di qualche settimana è un’altra lettera del cardinale diretta a Federico per * * * congratularsi della presa di Volterra 83. L’at- tenzione alla politica e al programma cultu- Lo stendardo di San Giovanni svela una rale proposto dal Montefeltro, l’elogio delle costruzione simbolica complessa legata sue gesta intellettuali non si esauriscono nel all’attività culturale e politica di cui Fede- circolo bessarioneo, ma certamente ne carat- rico, il suo alter ego Ottaviano Ubaldini terizzano l’indirizzo. Anche in seguito alla e l’intera corte sono partecipi: è del tutto morte di Bessarione, il gruppo di intellettua- casuale la rappresentazione della grotta alle li riunitosi attorno a lui, continua a trovare spalle della delegazione bizantina o vi è un in Federico il referente ideale, il princeps a chiaro riferimento al mito platonico della cui chiedere protezione e con il quale intes- caverna? 89 sere relazioni intellettuali 84, ritenuto in linea Il sole del mito di Platone è il Cristo indi-

83 Studi pesaresi 1, 2012 cato da Giovanni Battista, mentre la falce di dipinto viene associato alla crociata con- luna può riferirsi all’eclissi di Bisanzio, di tro i turchi 93; seguito all’invasione turca 90. Il mito della – Predica del Battista / Battesimo di Cri- caverna, la sintesi del pensiero platonico, è sto, 1472-1474: ambasciatore dello scià alla base della cultura che Bessarione e la di Persia e cardinale Bessarione; – Comunione degli Apostoli, Giusto di sua accademia fanno vivere all’Occidente, Gand, 1473-1474: ambasciatore dello anche con la complicità di Federico da Mon- scià di Persia; tefeltro. Il tentativo di conciliare il platoni- – Ritratto di Federico e Guidobaldo I smo con il credo cristiano è alla base della Montefeltro, Pedro Berruguete, 1475- cultura rinascimentale, espresso negli scritti 1476: tiara, dono dello scià di Persia a di Marsilio Ficino, che si è servito della tra- Federico da Montefeltro 94; duzione che Bessarione e Gemisto Pletone – Pio II, Bessarione, Sisto IV, Pedro Berru- hanno fatto della cultura greca. Lo sten- guete e Giusto di Gand, 1473-1476 ca. 95, dardo presenta un’immagine di Bessarione studiolo, Palazzo ducale, Urbino 96: i accanto a Federico e Ottaviano, colui che è papi ed il cardinale Bessarione impegna- motivo del coinvolgimento del Montefeltro ti nella lotta armata e diplomatica contro il nemico turco. nella lotta contro i turchi, accompagnato da Zoe Paleologina, la protagonista del sogno Nei dipinti Madonna con Bambino, San- di far rivivere la Polis, Costantinopoli, in ti e Federico da Montefeltro (Pala Monte- una nuova terza Roma, Mosca. feltro), 1467-1472, Piero della Francesca; Impegnato contro il nemico della cristia- Federico a colloquio con un personaggio, in nità, Federico costruisce la propria imma- Codice Vaticano-Urbinate latino 508, piat- gine utilizzando l’ambasciata come evento to interno della coperta anteriore, miniatore emblematico della politica di opposizio- fiorentino (Sandro Botticelli ? Francesco di ne all’impero turco, mettendo in scena gli Antonio del Chierico ?), ante 1474 in Cri- attori principali della chiamata alle armi, il stoforo Landino, Disputationes Camaldu- cardinale Bessarione, l’ambasciatore dello lenses 97 sono raffigurati tappeti persiani 98, scià di Persia con il suo seguito ed esponen- elementi che potrebbero nuovamente rife- do i segni di un’alleanza come il copricapo rirsi all’ambasciata 99. raffigurato nel Doppio ritratto di Federico Nell’illustrazione del codice Urb. Lat. e Guidobaldo, opera dai chiari connotati 410, Senofonte, Ciropedia che sembra encomiastici e di rappresentanza 91. essere stato miniato ad Urbino intorno al Le seguenti opere mostrano un legame 1470, prima della nomina a duca, 23 mar- evidente con il problema internazionale zo 1474, data l’iscrizione: FR[IDERICUS] legato alla minaccia dell’impero ottomano e - CO[MES] - VR[BINI], Federico è ritratto a costituiscono un corpus narrativo e celebra- cavallo, a colloquio con Ciro di Persia 100. Il tivo dell’attività politica del principe, pre- manoscritto è la versione del testo greco tra- sentando protagonisti e simboli della lotta dotto da Filelfo, considerato copia autogra- antiturca: fa dello stesso stando al raffronto con altri 101 – Flagellazione, Piero della Francesca, codici ; l’umanista e cortigiano è uno dei fine del VI decennio del XV secolo 92: il più raffinati conoscitori della cultura e della

84 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni lingua greca, difensore della causa bizanti- promossa dal Papato e insufflata in Occiden- na. Si può supporre che dietro il carattere te dal cardinale Bessarione, che è deposito e adulatorio della miniatura, nella quale il trasmissione della tradizione bizantina? Da conte viene identificato come depositario una prima rilettura dei documenti, emer- delle virtù e dei valori positivi incarnati dal gono alcuni elementi che possono essere leggendario re di Persia, vi sia un richiamo oggetto di riflessione, di seguito sintetizzati. alla politica contemporanea, all’incontro fra Nel 1457, Federico da Montefeltro ave- il comandante dell’esercito pontificio ed il va dimostrato una decisa avversione alla grande e potente alleato contro Maometto II. crociata promossa da Callisto III impedendo Le numerose biografie di Federico da che nel suo territorio venissero raccolti aiuti Montefeltro e la storiografia ufficiale 102 economici alla spedizione, attirandosi quasi tralasciano o trattano in maniera del tutto la scomunica; inoltre, non aveva accettato marginale la sua partecipazione alla lotta il comando delle truppe veneziane dirette antiturca, ponendo piuttosto l’accento sul in Morea 103. Egli partecipa alla campagna mestiere delle armi e sugli aspetti legati alla antiturca già dal 1464, incaricato da Pio II politica dello Stato urbinate in relazione a della difesa dello Stato pontificio, quando Papato, Impero e alle principali potenze del- il papa, pronto per condurre personalmente la penisola. la crociata, muore nel porto di Ancona il 14 L’altro grande tema di studio riguarda agosto dello stesso anno; ancor prima della l’azione culturale di Federico da Montefel- successione di Paolo II, Federico è riconfer- tro, la promozione delle arti, capitolo che mato capitano generale delle milizie ponti- trova il suo centro di senso e di ricerca nel ficie e il cardinale Bessarione partecipa al Palazzo del principe. consiglio degli elettori 104. Al fine di verificare la tesi qui esposta, In una lettera del 7 giugno 1470, indi- incentrata sulla lettura delle immagini, che, rizzata alla Signoria di Siena, Federico si al contrario, sembrano raccontare, nei pri- compiace della ricostruzione della Lega che mi anni dell’ottavo decennio del XV secolo, vede molte potenze della penisola, compre- un importante coinvolgimento del signore sa Venezia, strette attorno al Papato nella nella vicenda internazionale, descrivendo lotta contro il comune nemico turco, uniti Federico come avveduto diplomatico che dalla stessa fede cristiana: si interessa dello scontro epocale fra l’Oc- cidente ed il temibile nemico turco, respon- Ma tanto ben posso dire a le Signo- sabile del tramonto dell’impero bizantino, è rie Vostre che per omne modo io spero necessario riconsiderare le fonti storiogra- le cose debano terminare in bona pace, a le quel queste nove del Turcho debano fiche, con un’attenzione particolare al pro- scozonare ciascuno. Né è animo sì crudo, blema. Lo scopo è verificare se sussistono né si indurato che in questo caso per lo effettivamente i presupposti che consentano bene universale della fede cristiana non di sostanziare con documenti e notizie sto- se dovesse flectere et piegare105 . riche, le ipotesi formulate sulle fonti icono- grafiche. Sotto il pontificato di Sisto IV, Federico è Quali sono gli elementi che legano Fede- capitano generale del regno di Napoli, gon- rico da Montefeltro alla campagna antiturca faloniere di Santa Romana Chiesa, generalis-

85 Studi pesaresi 1, 2012 simo della serenissima Lega italica e dispo- nuntiis iam totam Italiam invaserat ma- ne, dopo la morte del Colleoni e del duca gnitudo rerum tuarum gerundarum; nu- di Milano, dei quattro quinti della milizie per cum eadem praeclarissima facta tua presenti nella penisola 106. Assunto il titolo a praestantissimo oratore tuo ad Sum- di gonfaloniere, il duca ha l’obbligo di difen- mum Pontificem, Serenissimum Regem Siciliae atque Illustrissimum Dominium dere la Chiesa dai ribelli, come Sigismondo 107 Venetorum ab te misso acceperim, teque Pandolfo Malatesta, e dagli infedeli turchi . ea quae facis publici et universalis boni La Biblioteca Apostolica Vaticana con- gratia facere, dici non posset quantopere serva un codice membranaceo proveniente laetatus et gavisus sum, et eo magis quod dalla cancelleria urbinate, contenente lette- cum a plerisque tum ab eo ipso oratore in- re aventi per oggetto la politica di alleanze tellexi innumerabiles et excellentissimas instaurata da Federico per contrapporsi alla virtutes tuas, quibus te inmortalis Deus potenza ottomana 108. «Registra la copia delle abunde ornavit. Quam ob rem, cum ipsius lettere inviate da Federico a principi e perso- sanctissimi Pontificis sim subditus, et ip- nalità d’Europa, tra cui Sisto IV. Egli nomi- sius Regis servus et stipendiarius, nec non Illustrissimi Venetorum Dominii armiger, na Federico duca di Urbino» nel marzo del iam servus tibi deditissimus dici possum, 1474 ed i legami del pontefice con il principe qui tibi non minus re quam verbis obse- urbinate si stringono attraverso il matrimonio qui cupiam, accensus gloria et virtute tua. di Giovanna da Montefeltro con Giovanni Oratorem tuum, cuius hortatu hanc ad te della Rovere, nipote del papa 109. Le lettere ausus sum scribere epistolam, domi liben- che contengono un esplicito riferimento alla tissime excepi, hicque se reficiendi facul- lotta antiturca, sono indirizzate: al doge di tatem obtuli et quicquid aliud pro tuorum Venezia (?) 110; al doge Niccolò Marcello (?), causa fieri posset aeque libenti animo ac (fine agosto del 1474?) 111; a Mattia Corvino pro meis dominis facerem, preasertim te- [re d’Ungheria dal 1458 al 1490] 112; al doge cum illis optime convenientibus. Vince feliciter, meque tibi etiam atque Pietro Mocenigo (?), (principio del 1475?) etiam commendo. 113; al doge di Venezia 114; a Gabriele Ran- goni [nominato vescovo di Eger, Ungheria dal 24 aprile 1475; cardinale il 10 dicembre Nel commento a quest’ultima lettera, 1477], (tra l’aprile 1475 e il dicembre 1477) Piemontese sottolinea come la nomenclatura 115; a Thomas Rotherdam [vescovo nel 1468 protocollare del re di Persia, nell’intestazio- e cancelliere d’Inghilterra ai primi del 1474], ne rubricata a margine, sia particolarmente (prima metà del 1476) 116; al sultano di Per- precisa e rigorosa rispetto alla consuetudine sia Uzun Hasan, (agosto-settembre 1472) delle fonti diplomatiche dell’epoca, elemen- 117, in cui Federico elogia le imprese riferite to questo che, documentato nelle fonti ori- dall’ambasciatore, esprimendo per il sultano ginali persiane, suggerisce la presenza di un ammirazione e devozione. ambasciatore alla stesura della stessa mis- siva nella cancelleria urbinate. Lo studioso Fed: Dvx Domino Soltano riassume come segue il senso della lettera Magnifico etc. Domino Soltano Asan- che ritiene autentica, anche se non datata: bech Han, Domino plurimum metuendo. «Mentre, tramite diversi e frequenti nunzi, Magne fama, pluribus crebrisque per l’Italia intera si diffonde la fama delle

86 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni grandi imprese progettate dal sultano Hasan ciato nell’epistolario di Federico: Napoli, Beg Khan, Federico da Montefeltro, suddito Roma, Urbino, Venezia, Ungheria, che sem- pontificio, è lieto di apprenderne le imprese brano profilarsi come le potenze in campo compiute e le virtù personali, ricevendone in questo scorcio di decennio. nella propria dimora il prestantissimo amba- Dopo la morte di Sigismondo Pandolfo sciatore che era inviato al Pontefice, al Re di Malatesta avvenuta nel 1468 e la salita al Napoli e alla Signoria di Venezia. Esortato soglio pontificio di Francesco della Rove- dall’ambasciatore a scrivere il messaggio di re, Sisto IV nel 1471, è il tempo per Fede- riscontro, e questo a lui consegnato, Federi- rico di impegnarsi con maggiore decisione co assicura la propria ammirazione, l’ami- rispetto al passato, ad avversare il nemico cizia e il sostegno alla causa dell’alleanza della cristianità, scontro che si concluderà, antiturca» 118. L’ambasceria persiana presso temporaneamente, con la pace siglata fra le le potenze della penisola, elencate nella let- potenze venete e ottomane nel 1479. L’unità tera da Federico, può essere collocata cro- dei cristiani, evocata a più riprese dal Mon- nologicamente nel 1472 119. tefeltro costituisce il suo programma politi- Le lettere appartenenti all’epistolario, co, mentre si adopera alla realizzazione die- tutte datate ai primi anni dell’ottavo decen- tro le indicazioni del Pontefice. Nel 1480, nio del XV secolo, raccontano di un’attività l’assedio di Otranto da parte dei turchi, ria- politico-diplomatica di Federico da Mon- pre il fronte di guerra orientale e Federico tefeltro rivolta verso Venezia ed il regno impossibilitato da Sisto IV a lasciare sco- d’Ungheria, che si qualificano come i prin- perta la propria funzione di nume tutelare cipali attori della lotta antiturca ed il papa- degli equilibri della penisola per schierarsi to e il regno di Napoli, gli alleati designati al fianco di Ferdinando d’Aragona, invia nella difesa della cristianità. Anche il regno un’ingente somma di denaro ad accompa- d’Inghilterra è coinvolto contro gli ottoma- gnare il casteldurantino Scirro Scirri a capo ni, ma probabilmente per la collocazione degli esperti di architettura militare. Il ruolo geografica dello Stato lontana dai fronti di di Federico da Montefeltro nella liberazione scontro, rimane vigile spettatore al di là del della cittadina del regno di Napoli appare mare. L’intensità dei rapporti con il regno decisivo, anche se non giocato direttamente d’Inghilterra è testimoniata dall’onorificen- sul campo. za dell’ordine cavalleresco della Giarrettie- Con ogni probabilità, è il cardinale Bes- ra, attribuita al Montefeltro. sarione a spingere il Montefeltro a parteci- Si delineano pertanto i contorni della pare attivamente al conflitto a partire dagli politica del principe attento agli equilibri anni sessanta del Quattrocento in seguito politici internazionali di cui sembra tessere al mutamento degli equilibri fra le potenze le trame nel tentativo di mantenere la pace e l’assunzione del ruolo di riferimento nel in Occidente, che dovrà presentarsi come panorama politico internazionale che richie- un blocco compatto nella campagna contro de un’adeguata assunzione di responsabi- Maometto II. I rapporti diplomatici giungo- lità, nonostante Federico, in precedenza, no fino in Persia e lo scià Uzun Hasan invia non avesse mai preso parte attiva alla lotta, i propri ambasciatori ad Urbino, in un per- occupato a legittimare la propria posizione corso che segue esattamente il tragitto trac- politica, a definire i confini dello Stato, a

87 Studi pesaresi 1, 2012 difendere il papato durante l’ultima crociata aveva inviato a Sisto IV, si convertì cristiano indetta da Pio II nel 1464. con i suoi servitori in Roma» 123. Malipiero associava poi la conversione all’ambasciato- re di Persia Isaac che esegue numerose mis- Un’ipotesi ebraica: Battista Sforza e la sioni in Europa 124, elemento che consente nascita del Monte di pietà a Lavin di far coincidere le due notizie ed affermare che è proprio Isaac l’incaricato a Resta ancora da chiarire se vi sia un lega- recarsi ad Urbino presso Federico da Mon- me di senso fra le tematiche svolte sulle due tefeltro dopo il 12 settembre 1472, data in facce dello stendardo, se cioè si possa evi- cui lasciò Roma, e prima del 29 gennaio denziare un nesso fra la volontà encomia- 1473, quando fece ritorno a Venezia 125. stica nella celebrazione dell’amata defunta Di parere contrario è Piemontese, che Battista Sforza e la politica internazionale ravvisa l’infondatezza di tale ipotesi, non di Federico da Montefeltro, al di là del trait supportata da alcuna documentazione che d’union Giovanni Battista, santo protettore riferisca la presunta conversione o di Isaac o dell’amata consorte, di Bisanzio e colui che dell’ambasciatore in visita ad Urbino. I docu- indica la strada da seguire ai convenuti ad menti indicano l’ambasciatore dello scià Isa- ascoltarlo. ac come personaggio dall’identità discussa, Sciogliere l’identità del nobile emissario descritto all’arrivo dell’ambasceria a Craco- dello scià può costituire un’ulteriore chia- via, di origine greca e di fede musulmana, ve di lettura e le ipotesi che raccolgono il non spagnolo, né ebreo 126. Piemontese avan- maggior consenso della critica sono legate za l’ipotesi di identificarlo con Caterino Zeno al medico ebreo di origine spagnola Isaac di ritorno dall’Oriente nel 1474, personaggio proposta da Lavin 120, mentre secondo Pie- la cui vicenda biografica era già stata asso- montese, che percorre una strada già bat- ciata alla tavola del Corpus Domini, la cui tuta, sarebbe Caterino Zeno il fantomatico festa cade il 9 giugno 1474 127, posticipando ambasciatore passato per Urbino 121. di qualche mese la missione diplomatica. Il ragionamento della Lavin si sviluppa L’“ipotesi ebraica” applicata allo sten- attraverso la lettura della cronaca di Dome- dardo 128 trova un immediato riscontro nel nico Malipiero: «L’Ambassador de Persia è Battesimo di Cristo, se si considera il ruolo stà battezzato a Roma da Papa Sisto, insie- di Battista Sforza nella fondazione del Mon- me con due famigli: e ghe è stà messo nome te di pietà ad Urbino, avvenuta il 6 aprile Sisto, dal nome del Papa, el qual con tutti i 1468 con la speciale funzione di prestare Cardenali e tutta la corte, l’ha presentà dei denaro, in precedenza attività tenuta quasi gran doni e molto richi» 122; e di una canzo- esclusivamente da ebrei 129. Nell’affermare ne veneta del XV secolo: «La leggenda tra- la verità della fede contro i turchi, in procin- smessa da Croja assediata (Albania, 1477) to di muovere guerra contro gli infedeli, è in un anonimo poemetto epico, celebra la possibile ipotizzare che nel dipinto sia con- spedizione navale antiturca del Cardinale tenuto un esplicito riferimento alla politica Oliviero Carafa (1472). L’anonimo racconta: interna dello Stato feltresco sul tema dei un ambasciatore di Persia, visitando Rodi, vi rapporti con la comunità ebraica. fu battezzato; un altro che “Usoncassano” Già nell’interpretazione della Comunio-

88 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni ne degli Apostoli di Giusto di Gand, Lavin Giusto di Gand, associ la conversione alla evocava una rispondenza fra la denuncia vicenda del Miracolo dell’ostia profanata, dell’usura ebraica raccontata nella predella a cui è implicitamente legata la nascita dei da Paolo Uccello, seguendo la predicazione Monti di pietà, di cui Battista è promotrice? francescana del tempo 130, sanata dall’esal- La politica dei Montefeltro nei confronti tazione della conversione degli ebrei verso degli ebrei è oggetto di numerosi e recen- la vera fede. È poi la stessa studiosa ad ipo- ti contributi che chiariscono i rapporti fra tizzare che Federico facesse esplicito riferi- la corte e la locale comunità ebraica, oltre mento alla conversione come soluzione del- a sottolineare l’interesse del principe e di la questione turca nel clima di preparazione Ottaviano Ubaldini per questa cultura, alla crociata, invocata già dal 1472, contri- Esemplare è la consistenza di testi affe- buendo sul piano teologico e liturgico alla renti alla cultura ebraica ed i volumi in propaganda per la chiamata alle armi 131. ebraico presenti nella biblioteca di Federico: Nel dipinto dell’oratorio di San Giovan- i codici ebraici erano assenti nelle bibliote- ni, nella Predica, alle spalle di Giovanni che che dell’epoca, tranne in quella Vaticana ed con il dito alzato indica la via da seguire, un in quella urbinate 132. La pala di Giusto di pastore si affanna nella ricerca della pecorel- Gand e lo stendardo di San Giovanni posso- la smarrita, mentre il gregge pascola accan- no essere considerati fonti iconografiche che to a lui: il simbolo eucaristico dell’agnello, testimoniano la politica della corte nei con- associato alla figura di Giovanni, allude for- fronti della comunità ebraica locale. Il com- se alla parabola evangelica? Sullo stesso pia- plesso d’altare del Corpus Domini racconta no è posta la ciotola per il battesimo e all’ac- due vicende: l’una, nella predella, fa esplicito qua della salvezza fa riferimento lo specchio riferimento all’attività di prestito di denaro/ d’acqua del proscenio. Il nobile ambasciatore usura in gran parte praticata da ebrei, l’altra, guarda verso lo specchio d’acqua e l’agnel- nella Comunione, riconduce all’ambasciata lo: la conversione è viatico di salvezza e dello scià di Persia. La pala è stata interpre- condizione necessaria per essere ammessi tata come invito esemplare alla convivenza nella comunità dei credenti, in dialogo con fra cristiani ed ebrei, possibile attraverso la il principe e la classe dirigente cittadina. Il conversione 133 e, nel contempo, la nascita catino e l’acqua, chiare allusioni al battesi- del Monte di pietà è legata all’attenzione alla mo, possono essere esplicito riferimento al persona, in una sorta di “realismo pratico”, sacramento che Isaac e i suoi due accom- come valore diffuso nella corte feltresca, pagnatori hanno ricevuto da Papa Sisto IV espressione dell’umanesimo incarnato nel della Rovere? In clima di preparazione alla conte Federico da Montefeltro 134. crociata indetta già nel 1471, la notizia della Nello stendardo, la Predica del Battista è conversione ha dei forti connotati propagan- un invito alla conversione, esemplificata dal distici e non è casuale che venga messa in battesimo dell’ambasciatore dello scià, così scena proprio a Urbino, visti i vincoli politi- come racconta Malipiero. ci ed amicali che legano il papa francescano La contessa Battista Sforza, giovane alla corte feltresca. È un caso che negli stessi donna, colta e sensibile, sposa gli ideali del anni un’altra opera capitale per la comuni- consorte e si adopera in prima persona alla tà urbinate, la Comunione degli apostoli di fondazione del Monte tanto da seguirne la

89 Studi pesaresi 1, 2012 gestazione amministrativa e da firmarne Non è possibile riscontrare nessun parti- l’istituzione mentre Federico si trova fuo- colare accanimento nel contesto della politica ri dallo Stato 135. Per la nascita dell’erede federiciana contro la comunità ebraica 139, ma maschio, Guidubaldo, Federico e Battista i temi dell’eucaristia per il complesso d’altare donano 300 scudi al Monte di Gubbio, citta- del Corpus Domini e per lo stendardo costi- dina nella quale Battista partorisce 136. tuiscono un chiaro invito alla conversione, la A differenza della prassi statutaria dei conditio sine qua non per la pacifica convi- nascenti istituti di credito, nei capitoli di venza. In un clima di tolleranza e di apertura fondazione del Monte di Urbino non vi è umanistica allo studio della cultura ebraica, alcun cenno all’attività di prestito di denaro queste opere d’arte esprimono la politica di effettuata dagli ebrei, pratica peraltro docu- Federico da Montefeltro di opposizione al mentata e che, secondo i recenti contributi, nemico turco, autentica minaccia per la sus- non gestisce i patrimoni di nobili e ricchi sistenza stessa dello Stato e della comunità. borghesi, ma è indirizzata perlopiù a perso- Il programma politico di Federico da ne di umili condizioni ed i clienti si rivelano Montefeltro trova un efficace mezzo propa- essere più o meno gli stessi che dal 1468 si gandistico ed encomiastico nelle immagini rivolgeranno al Monte di pietà 137. Allo stes- che riescono a tracciare gli elementi più so modo, non sembra che il conte si servisse significativi della politica di un principe, frequentemente di prestatori ebrei, preferen- la cui personalità è tra le più vivaci intel- do ricorrere a banchieri fiorentini e senesi138 . lettualmente e politicamente nel panorama Decade l’ipotesi di una “difesa” della popo- europeo, sullo scorcio dell’ottavo decennio lazione ebraica per perseguire i propri inte- del XV secolo. Nessun pari del tempo sep- ressi e si rafforza la conclusione che sia lo pe organizzare una politica dell’immagine studio della cultura ebraica e l’interesse per tanto imponente quanto la strategia messa l’uomo a spingere Federico a non scagliarsi in pratica da Federico da Montefeltro 140. contro gli ebrei.

* Il lavoro di ricerca nasce nel contesto della tesi tenza per considerare la figura del principe Federico da per il conseguimento del titolo di Storico dell’Arte Montefeltro sotto aspetti in precedenza non esaustiva- presso la Scuola di specializzazione in Beni storici arti- mente delineati, ma con la consapevolezza di quanto stici dell’Università di Bologna discussa nel dicembre l’indagine sia necessariamente da sviluppare. 2011 sotto la direzione del chiarissimo prof. Daniele 1 Sulla costituzione della collezione della Gal- Benati. Le riflessioni raccolte abbracciano una plurali- leria nazionale delle Marche e sulle vicende relative tà di discipline ed una molteplicità di punti di vista che alla confisca dei beni degli ordini religiosi soppressi: concorrono all’esegesi delle opere d’arte, a loro volta Anna Fucili, Il Museo dell’Istituto di Belle Arti delle fonti per una “Storia delle immagini”. La complessità Marche, in Bonita Cleri, Claudio Giardini (a cura), degli argomenti esige una trattazione certo più estesa L’Arte confiscata. Acquisizione postunitaria del patri- del presente studio che si offre come un punto di par- monio storico-artistico degli enti religiosi soppressi

90 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni nella provincia di Pesaro e Urbino (1861-1888), Il Piero della Francesca, catalogo mostra Milano 13 Lavoro Editoriale, Ancona 2011, pp. 98-111; relati- ottobre 2004-9 gennaio 2005, Olivares, Milano 2004, vamente allo stendardo dell’oratorio di San Giovanni, pp. 92, 95 nota 99. pp. 102, 108, nota 53. 12 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà 2 Archivio di Stato di Urbino (d’ora in poi del XV secolo cit., p. 188; le stesse osservazioni sono ASU), Vanni Simone n. 17, a. 1469-1448; cfr. Agnese sostanzialmente riprese in ead., Urbino. Oratorio di Vastano, Pittore urbinate della seconda metà del XV San Giovanni, in Le Arti Nascoste, Urbino 2006, pp. secolo, Il Battesimo di Cristo - La predica del Bat- 29-31. tista, scheda n. 49, in Alessandro Marchi e Maria 13 Ead., Pittore urbinate della seconda metà del Rosaria Valazzi (a cura), Il Rinascimento a Urbino. XV secolo cit., p. 189. Fra’ Carnevale e gli artisti del Palazzo di Federico, 14 Per la trattazione esaustiva dell’opera si rinvia catalogo mostra Urbino 20 luglio-14 novembre 2005, a Alessandro Marchi, Pittore urbinate della seconda Skira, Milano 2005, p. 185; Franco Negroni, Lo metà del XV secolo, Madonna col Bambino e pasto- stendardo di S. Giovanni in Urbino, in “Atti e studi” rella, scheda n. 50, in Marchi, Valazzi (a cura), Il dell’Accademia Raffaello, 1, 2009, p. 87. Rinascimento a Urbino cit., p. 189. 3 ASU, Quadra S. Croce, n. 52, a. 1462, f. 15 Bonita Cleri, Bartolomeo Corradini, il suo 16-17; cfr. Negroni, Lo stendardo di S. Giovanni cit., e il nostro tempo, in “Atti e studi” dell’Accademia p. 86; mentre è sindaco e procuratore del convento Raffaello, 2005, 2, p. 96; Mauro Minardi, Melozzo e di S. Francesco il 10 settembre 1465, ASU, Quadra Urbino, in Daniele Benati, Mauro Natale, Antonio Posterla, n. 55, a. 1465, E 132 v; cfr. Negroni, Lo Paolucci (a cura), Melozzo da Forlì. L’umana bel- stendardo di S. Giovanni cit., p. 87. lezza tra Piero della Francesca e Raffaello, catalogo 4 Sono gli anni in cui Giusto di Gand lavora alla mostra Forlì 29 gennaio-12 giugno 2011, Silvana Edi- Comunione degli Apostoli: Negroni, Lo stendardo di toriale, Cinisello Balsamo 2011, p. 74, nota 20. S. Giovanni cit. p. 88. 16 L’antica abbazia casteldurantina è stata con- 5 Id., Lo stendardo di S. Giovanni cit., pp. 85-90. vertita nell’attuale cattedrale di San Cristoforo di 6 Giovanna Perini, Giuseppe Cucco (a cura), La Urbania. Marchi sottolinea un legame stilistico-com- guida di Urbino di Innocenzo Ansaldi e altri inediti di positivo nella descrizione del piviale del Santo con periegetica marchigiana, Sant’Angelo in Vado 2004, gli abiti degli ebrei della Predica del Battista dello pp. 9-10, 92. stendardo e tratti comuni nella fisiognomica del vol- 7 Luigi Serra, Il Palazzo Ducale di Urbino e la to di Eracliano con quella dei personaggi del dipinto Galleria Nazionale delle Marche, Milano 1921, p. 46; urbinate; Alessandro Marchi, Pittore urbinate della Id., Il Palazzo Ducale di Urbino e la Galleria Nazio- seconda metà del XV secolo, Sant’Eracliano, scheda nale delle Marche, Milano 1930, p. 82. n. 43, in Marchi, Valazzi (a cura), Il Rinascimento a 8 Il riferimento ad Antonio Alberti è frutto Urbino cit., pp. 166-167. dell’errata identificazione dello stendardo con quello 17 Cleri, Bartolomeo Corradini, il suo e il eseguito per la confraternita di S. Antonio Abate; cfr. nostro tempo cit., pp. 95-96. Serra, Il Palazzo Ducale di Urbino cit. 1921, p. 46; 18 Negroni, Lo stendardo di S. Giovanni cit., Paolo Dal Poggetto, La Galleria Nazionale delle Marche e le altre Collezioni del Palazzo Ducale di pp. 85-90. Urbino, Istituto Poligrafico dello Stato, Urbino-Roma 19 De Marchi, Fra Carnevale, Urbino, le Mar- 2003, p. 72. che cit., pp. 67-95. 9 Serra, Il Palazzo Ducale di Urbino cit. 1930, 20 L’ipotesi che l’autore dello stendardo pos- p. 82. sa essere un miniatore è ipotizzato da Vastano, 10 Restauri eseguiti da Isidoro e Matteo Bac- Pittore urbinate della seconda metà del XV secolo chiocca sotto la direzione di Agnese Vastano; cfr. cit., p. 189; il riferimento all’ambito del fiorentino, Vastano, Pittore urbinate della seconda metà del XV miniatore dei preziosissimi codici per Federico da secolo, scheda n. 49 cit., pp. 185-189. Montefeltro e del corale della cattedrale di Urbino, 11 Andrea De Marchi, Fra Carnevale, Urbino, è un’osservazione di Alessandro Marchi (comunica- le Marche: un paradigma alternativo al Rinascimen- zione orale). to, in Matteo Ceriana, Keith Christiansen, Emanue- 21 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà la Daffra, Andrea De Marchi (a cura), Fra Carne- del XV secolo cit., p. 188. vale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a 22 Il Battesimo della National Gallery di Londra.

91 Studi pesaresi 1, 2012

23 Marchi, Pittore urbinate della seconda metà San Cassiano di Castel Cavallino; 1484, muore a Urbi- del XV secolo, scheda n. 43 cit., pp. 166-167. no. Il presente schema è tratto da Emanuela Daffra, 24 Id., Pittore urbinate della seconda metà del Fra’ Carnevale ovvero il paradigma della ricerca, in XV secolo, scheda n. 50 cit., pp. 188-189. Marchi, Valazzi (a cura), Il Rinascimento a Urbino 25 Negroni, Lo stendardo di S. Giovanni cit., cit., pp. 211-213 e bibliografia citata. pp. 85-90. 29 Keith Christiansen, Bartolomeo di Giovanni 26 De Marchi, Fra Carnevale, Urbino, le Mar- Corradini detto Fra’ Carnevale, L’Annunciazione, che cit., p. 77. scheda n. 29, in Marchi, Valazzi (a cura), Il Rinasci- 27 L’attribuzione dello stendardo a Fra’ Carneva- mento a Urbino cit., pp. 136-137, 139, con bibliogra- le è stata avanzata da Cleri, Bartolomeo Corradini, il fia precedente. suo e il nostro tempo cit., p. 96 e riproposta da Negro- 30 De Marchi non concorda con la datazione ni, Lo stendardo di S. Giovanni cit., pp. 88-89. dell’Annunciazione e la colloca attorno al 1460 sulla 28 1416, data di nascita da una famiglia agiata base delle analogie con le Tavole Barberini, antici- appartenente alla borghesia emergente; fine anni trenta pando il polittico ai primi anni del sesto decennio; cfr. del Quattrocento, probabilmente in contatto con Anto- De Marchi, Fra Carnevale, Urbino, le Marche cit., nio Alberti, presso il quale avviene la sua formazione pp. 82-87. artistica, a nella cui bottega svolgeva forse il ruolo di 31 Francesca Romana Mainieri, Un’alcova in mediatore verso un orizzonte “altro” dal Tardogoti- legno dipinto in cui proteggersi dai rigori invernali, co, manifestando interesse per la scultura classica e il in Il Rinascimento a Urbino cit., pp. 231-251. Per la porfido; 1445, poco più che ventenne, risulta a Firenze datazione dell’alcova cfr. Dal Poggetto, La Galle- nella bottega di Filippo Lippi dove è documentato fino ria Nazionale delle Marche cit., pp. 46-61; Matteo al 1446 in relazione all’Incoronazione della Vergine Ceriana, Fra Carnevale e la pratica dell’architettu- Maringhi ora agli Uffizi; conosce la cultura classica ra, in Ceriana, Christiansen, Daffra, De Marchi (a prima dell’ingresso in convento (per indicare Filippo cura), Fra’ Carnevale cit., pp. 96-135. Lippi usa Philippo); questo suo interesse per l’antico si 32 Keith Christiansen, La Nascita della Vergi- sviluppa a Firenze o prima? C’è un intervallo documen- ne, in Alessandro Marchi, Maria Rosaria Valazzi tario fra il 1446 e il 1449 e Antonio Alberti muore fra il (a cura), La città ideale. L’utopia del Rinascimento a 1447 e il 1449: che Bartolomeo Corradini avesse segui- Urbino tra Piero della Francesca e Raffaello, catalo- to il cantiere avviato negli anni quaranta del Tempio go mostra Urbino 6 aprile-8 luglio 2012, Electa, Mila- Malatestiano di Leon Battista Alberti? Forse un viaggio no 2012, pp. 162-165, con bibliografia precedente. giovanile di formazione? Entro la fine del 1449, è in 33 Christiansen, Bartolomeo di Giovanni Cor- patria, fa il suo ingresso nel convento di San Domenico radini detto Fra’ Carnevale, scheda n. 29 cit., pp. e si pone come tramite fra i committenti urbinati e gli 258-267. artisti fiorentini, fra i quali Luca della Robbia e Maso di 34 Matteo Ceriana, Bartolomeo di Giovanni Bartolomeo per la realizzazione del portale della chie- Corradini detto Fra’ Carnevale, Figura eroica con sa, fornendo forse disegni per l’insieme; 1455, esegue uno sfondo architettonico, scheda n. 45, in Marchi, modelli grafici per la decorazione scolpita del duomo Valazzi (a cura), Il Rinascimento a Urbino cit., pp. di Urbino, dando consistenza all’ipotesi che abbia fatto 171-175, con bibliografia precedente. parte degli architetti di Federico (potrebbe aver rivesti- 35 Si rimanda a Ceriana, Christiansen, Daffra, to un ruolo simile nella decorazione dell’appartamento De Marchi (a cura), Fra Carnevale cit., schede n. 7, della Jole); 1456, recede all’impegno di realizzare la pp. 158-159; n. 16, pp. 176-177; n. 18, pp. 180-182; pala per il Corpus Domini, incarico affidato nel 1469 a n. 19, pp. 182-184; n. 42, pp. 248-149. Piero della Francesca e infine a Giusto di Gand; 1466, 36 Studio di figure nude attorno ad un poliedro tavola di Santa Maria della Bella, di cui facevano par- dodecagonale, Nationalmuseum di Stoccolma; cfr. De te con ogni probabilità le cosiddette Tavole Barberi- Marchi, Fra Carnevale, Urbino, le Marche cit., p. 86, ni; 1466, revoca della censura vescovile; fine settimo fig. 44, 90-91. Studio di figura, Davide, Studio di figu- decennio, decora l’alcova di Federico e Battista; 1473, ra, Nationalmuseum di Stoccolma; cfr. Ibid., p. 91, fig. è a Mantova dove vede la cappella del castello con i 33, 89-90. Erote e putto reggifestone, Nationalmuseum dipinti di Mantegna, la Camera degli Sposi quasi con- di Stoccolma; cfr. Ibid., pp. 92, fig. 45, 90-91. clusa, la chiesa di Sant’ Andrea di Alberti in costruzio- 37 Daffra, Fra’ Carnevale ovvero il paradigma ne; 1458, è nominato pievano e rettore della Pieve di della ricerca cit., p. 211.

92 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni

38 Ceriana, Bartolomeo di Giovanni Corradini 48 Ibidem. È probabile che la necessità di ide- detto Fra’ Carnevale, scheda n. 45 cit., p. 173. alizzare del volto del duca sia stata dettata non solo 39 Per uno studio aggiornato sull’opera si con- dall’intento celebrativo del dipinto, ma anche dalla fronti Emanuela Daffra, Bartolomeo di Giovanni necessità scenica di porre il signore della città alla Corradini detto Fra’ Carnevale, Polittico, scheda n. destra del Battista, per ragioni di ordine simboli- 44, in Marchi, Valazzi (a cura), Il Rinascimento a co, obbligando l’artista ad omettere i tratti realistici Urbino cit., pp. 167-171. distintivi. D’altronde, l’identificazione di Federico da 40 Ibid., pp. 169-170. Montefeltro con l’uomo di profilo dal naso tagliato, 41 Roberto Bellucci, Cecilia Frosinini, Que- quest’ultimo inteso come attributo sufficiente e neces- stioni esecutive e problemi tecnici, in Ceriana, Chri- sario al riconoscimento, è tutta contemporanea e risen- stiansen, Daffra, De Marchi (a cura), Fra’ Carneva- te dei celeberrimi prototipi di Piero della Francesca, le cit., p. 325. Ritratto di Federico da Montefeltro, Firenze Galleria 42 Vincenzo Mosconi, Apparato Documentario, degli Uffizi, Pala Montefeltro, Milano Pinacoteca di in Marchi, Valazzi (a cura), Il Rinascimento a Urbino Brera e di Pedro Berruguete, Ritratto di Federico da cit., pp. 272-273, n. 132. Montefeltro e Guidobaldo, Urbino, Galleria nazionale 43 Daffra, Bartolomeo Di Giovanni Corradini delle Marche. Sfogliando il repertorio iconografico cit., p. 168. di Fert Sangiorgi, Iconografia federiciana, Accade- 44 Le informazioni sono tratte dalla relazione del mia Raffaello, Urbino 1982 si evince come le raffi- restauro effettuato da Isidoro e Matteo Bacchiocca. gurazioni del signore urbinate oscillino fra realismo 45 L’attività di Joos Van Wassenhove ad Urbino è e idealizzazione, in cui la presenza del caratteristico nota ed oggetto di maggiori precisazioni in seguito. Si profilo non è vincolante per l’identificazione, mentre ricorda come sia documentata la presenza di un dipin- lo sono sempre gli attributi. Il concetto di fedele ripro- to attribuito a Jan Van Eyck nella collezione di Otta- duzione della realtà è d’altronde un presupposto che viano Ubaldini; cfr. Alessandro Marchi, Seguace o non appartiene all’uomo del Rinascimento, per il qua- collaboratore di Jan Van Eyck, Crocifissione, scheda le ancora, retaggio di un Medioevo al tramonto, è la n. 4, in Lorenza Mochi Onori (a cura), Raffaello e riconoscibilità a suggerire la validità della visione, è il Urbino. La formazione giovanile e i rapporti con la significato evocato a costituire criterio di realtà e non città natale, catalogo mostra Urbino 4 aprile-12 luglio la sola forma della rappresentazione. Il tocco e l’abito 2009, Milano 2009, p. 110; oltre alla predilezione di del signore, le chiavi della città e l’anello ducale costi- Federico da Montefeltro per gli arazzi, di cui, alcuni tuiscono indizi inequivocabili per stabilire l’identità esemplari, ancora presenti all’interno del Palazzo; cfr. del personaggio. Monica Bercè-Maria, Giannatiempo Lopez, Araz- 49 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà zi ducali. I panni rovereschi nella reggia di Urbino, del XV secolo cit., p. 188. Gebart, Roma 2007. 50 Per analogia con l’iconografia dei dipinti nei 46 Nell’episodio corrispondente eseguito nel quali è ritratta la corte federiciana in momenti “uffi- 1416 dai fratelli Salimbeni, il riferimento all’acqua è ciali”, Giusto di Gand, Comunione degli Apostoli, descritto attraverso l’azione di un personaggio ritratto Urbino, Galleria nazionale delle Marche; Giusto di in primo piano, nella parte inferiore del riquadro sce- Gand e Pedro Berruguete (?), Allegoria della musica, nico, che si piega in avanti a cercare l’acqua sotto la Londra, National Gallery; Giusto di Gand (?), Fede- roccia. rico, Guidobaldo e membri della corte ascoltano una 47 Il duca indossa lo stesso anello che compa- conferenza, Hampton Court, si propone l’identifica- re nella Pala di Montefeltro di Piero della Francesca, zione del personaggio con Costanzo Sforza, fratello oggi a Brera; cfr. Vastano, Pittore urbinate della di Battista, particolarmente legato al principe anche seconda metà del XV secolo cit., p. 188; Roberto Bel- dopo la morte della consorte. Il contesto dello sten- lucci, Cecilia Frasinini, Ipotesi sul metodo di resti- dardo nel quale viene evocata la morte di Battista, tuzione dei disegni preparatori di Piero Della Fran- presentata come figura femminile angelicata e raccon- cesca: il caso dei ritratti di Federico da Montefeltro, tato un momento pubblico della vita della corte, come in Emanuela Daffra e Filippo Trevisani (a cura), La risulterà dalla successiva argomentazione, potrebbe Pala di San Bernardino di Piero Della Francesca. essere appropriato per la rappresentazione del giova- Nuovi studi oltre il restauro, “Quaderni di Brera”, 9, ne Sforza; cfr. Marylin Aronberg Lavin, The Altar of Centro di Firenze, 1997, pp. 178-180. Corpus Domini in Urbino: Paolo Uccello, Joos Van

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Ghent, Piero della Francesca, in “The Art Bullettin”, di Urbino (2005), in «Accademia Raffaello. Atti e XLIX, 1967, 49, pp. 22-23. Studi», 2005, 2, p. 86. 51 Per una disamina dell’iconografia bessario- 59 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà nea; cfr. Fabrizio Lollini, L’iconografia di Bessario- del XV secolo cit., p. 189. ne: Bessarion Pictus, in Gianfranco Fiaccadori (a 60 Angelo Michele Piemontese, L’ambasciatore cura), Bessarione e l’Umanesimo, catalogo mostra di Persia presso Federico da Montefeltro, Ludovi- Venezia 27 aprile-31 maggio 1994, Vivarium, Napoli co Bononisense O.F.M. e il cardinal Bessarione, in 1994, pp. 275-284, in particolare p. 278. “Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae”, 52 Si confronti il ritratto di Bessarione che Gio- 11, 2004, p. 549, con bibliografia precedente. acchino de Gigantibus realizza in Adversus calumnia- 61 Cfr. Bernardino Baldi, Vita e fatti di Federi- tores Platonis, ms. Lat. 12946, 29 recto, Paris, Biblio- go da Montefeltro, duca di Urbino, [1604], ed. Turchi, thèque Nationale, quasi sovrapponibile al nostro. Veroli e comp., Bologna 1826, III vol., pp. 195-196. La L’accostamento del personaggio con Bessarione è tradizione storiografica e letteraria successiva non fa stata avanzata da Silvia Ronchey in occasione di una cenno alla vicenda, ad eccezione della guida settecen- conferenza svoltasi ad Urbino nel 2007; cfr. Luigi tesca di Innocenzo Ansaldi, Descrizione delle pitture Luminati, Dall’enigma al processo, metto in gioco la più ragguardevoli che si osservano nelle chiese della mia tesi, “Il Resto del Carlino”, 15 giugno 2007. città di Urbino, c. 59 r, ed un anonimo scritto calcato 53 Approdata a Roma nel 1460, in fuga dalla su quest’ultimo (in Innocenzo Ansaldi, Descrizione Morea con il padre e i fratelli in seguito alla conqui- delle pitture più ragguardevoli che si osservano nelle sta della regione da parte di Maometto II, Zoe rimane chiese della città di Urbino, in Giovanna Perini, Giu- orfana nel 1465 e si trasferisce con i fratelli a Cingoli, seppe Cucco (a cura), La guida di Urbino di Innocen- nelle Marche, sotto la guida di Bessarione. Zoe sposa zo Ansaldi e altri inediti di periegetica marchigiana, Ivan III di Mosca nel 1472 a Roma e l’avvenimento è Sant’Angelo in Vado 2004, pp. 82-83; Anonimo del raffigurato in un dipinto un tempo attribuito al Cava- 1794, Catalogo delle migliori pitture che si conserva- lier d’Arpino, nella sala Baglivi dell’Ospedale sistino. no nelle chiese della città di Urbino, in Perini, Cuc- Sull’ultima erede dell’impero bizantino, si rimanda a co (a cura), La guida di Urbino di Innocenzo Ansaldi Silvia Ronchey, L’enigma di Piero, Rizzoli, Milano cit., p. 105; per un’analisi dei testi in rapporto al pro- 2006; in particolare sull’età di Zoe al suo arrivo in blema della pala del Corpus Domini; cfr. Francesca Italia ed a quella che aveva al matrimonio, p. 359. Che Bottaccin, La Comunione degli Apostoli di Giusto di la figura femminile porporata potesse identificarsi con Gand nella tradizione urbinate settecentesca, in Peri- Zoe è suggerito da Ronchey; cfr. Luminati, 2007. ni, Cucco (a cura), La guida di Urbino di Innocenzo 54 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà Ansaldi cit., pp. 123-127, in particolare 125-126). del XV secolo cit., p. 189. 62 Già Passavant accettava l’affermazione di Bal- 55 La cronaca di Malipieri (Annali Veneti, 79) di ed individuava in Caterino Zeno l’identità dell’am- parla di Isaac, ambasciatore di Uzun Hasan alla cor- basciatore, seguito poi da altri studiosi; Johann David te di Urbino fra il 12 settembre 1472 e il 28 gennaio Passavant, Raffaello d’Urbino e il padre suon Giovan- 1473, che «insieme con due famegli» fu battezzato da ni Santi, (Leipzig 1839), trad. G. Guasti, Firenze 1882, papa Sisto IV a Roma; cfr. Aronberg Lavin, The Altar I, 292; Walter Bombe, Intorno alla “Comunione degli of Corpus Domini in Urbino cit., pp. 15-16. Per l’ar- Apostoli” di Giusto di Gand in Urbino, in “Rassegna gomentazione ed il contraddittorio degli studi riguar- Marchigiana”, VII, 1929, p. 218; Id. Una ricostruzione do alla presunta identità ebraica dell’ambasciatore dello Studio del Duca Federigo ad Urbino, in “Rasse- dello scià di Persia in visita ad Urbino, si rimanda alle gna Marchigiana”, VIII, 1929, p. 86; Id. À propos de la pagine successive del presente saggio. communion des Apôtres de Josse van Gent à Urbin, in 56 Vastano, Pittore urbinate della seconda metà “Cahiers de Belgique”, III, 1930, pp. 236-242; Lucia- del XV secolo cit., p. 189. no Cheles, Lo studiolo di Urbino. Iconografia di un 57 Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, microcosmo principesco, Panini, Ferrara 1991, p. 50. Londra, National Gallery. A confermare la versione del Baldi sono anche: James 58 Il dipinto è concluso solo nel 1476, ma in Dennistoun, Memorie dei Duchi di Urbino, [1851], gestazione già precedentemente; cfr. A. Marchi, Pri- ed. a cura di Giorgio Nonni, vol. I, Quattroventi, Urbi- mo Rinascimento. Piccolo vademecum per il visitato- no 2010, p. 170; Jacques Lavallaye, Les primitifs re della mostra di Fra Carnevale nel Palazzo Ducale flamands: le Palais Ducal d’Urbin, Centre National

94 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni de Recherches, Bruxelles 1964, pp. 1-43: 6-8, 16, 22, 67 Ibid., p. 658. pl. I-LXXXIII; Aronberg Lavin, The Altar of Corpus 68 Ibidem. Domini in Urbino cit., pp. 1-24; Gianfranco Fiora- 69 Negroni, Lo stendardo di S. Giovanni cit., vanti, Giannozzo Manetti, l’Adversus Judaeos et gen- p. 87. tes e l’altare del Corpus Domini di Urbino, in Giorgio 70 Nella rappresentazione della natura angelica- Cerboni Baiardi, Giorgio Chittolini, Piero Floriani ta della contessa, associata all’airone, simbolo fune- (a cura), Federico da Montefeltro. Lo Stato, Bulzoni, rario, di cui si è già detto, sembra implicita la com- Roma 1986, pp. 177-187; Fabrizio Lollini, Una pos- memorazione della compianta consorte; cfr. Vastano, sibile connotazione antiebraica della “Flagellazione” Pittore urbinate della seconda metà del XV secolo, di Piero della Francesca, in “Bollettino d’Arte del scheda n. 49 cit., p. 189. Ministero dei Beni Culturali e Ambientali”, 65, 1991, 71 Ibid. pp. 188-189. pp. 1-28; Dana E. Katz, The Contours of Tolerance: 72 Cfr. Enrico Rossi, Memorie ecclesiastiche di jews and the Corpus Domini Alterpiece in Urbino, in Urbania, Urbania 1986, p. 51. “Art Bulletin”, LXXXV, 2003, 4, pp. 646-661; Pie- 73 Cecil H. Clough, Cardinal Bessarion and montese, L’ambasciatore di Persia cit., pp. 239-558. Greek at the court of Urbino, Manuscripta VII, St. 63 Aronberg Lavin, The Altar of Corpus Domini Louis, Mo., 1964, in The Duchy of Urbino in the in Urbino cit., p. 16. Renaissance, [London 1981], VII, p. 161, con biblio- 64 Ronchey, L’enigma di Piero cit., pp. 232-233. grafia precedente, p. 166, riguardo l’amministrazione A parere della studiosa, comunicazione orale, Bessa- delle due abbazie da parte del cardinale. rione è ritratto nell’ultima fase della sua vita, in un 74 Federico da Montefeltro Duca d’Urbino, contesto diverso da quello della Curia romana, nella Lettere di Stato e d’arte (1470-1480), ed. a cura di quale la necessità di vestire i panni del monaco e del Paolo Alatri, Roma 1949, pp. 73-74. cardinale è prioritaria, si può ipotizzare che il ricchis- 75 Cronaca di Ser Guerrino da Gubbio dall’anno simo prelato sfoggi abiti sontuosi e di rappresentanza; 1350 all’anno 1472, ed. a cura di Giuseppe Mazzatin- sarebbe così superata l’osservazione che il personag- ti, Rerum Italicarum Scriptores: raccolta degli storici gio non presenta i caratteri tipici della ritrattistica italiani dal cinquecento al millecinquecento, ordinata bessarionea; cfr. Lollini, L’iconografia di Bessarione da L.A. Muratori, nuova ed., XXI, 4, Città di Castello cit., pp. 275-284, in particolare p. 278. 1902, pp. 89-90; cfr. Clough, Cardinal Bessarion an 65 Il personaggio vestito all’orientale sareb- greek cit., VII, pp. 164-165 e n. 25, n. 26. be Melchisedech, il re e sacerdote che nell’esegesi 76 John Monfasani, Alexius Celadenus and patristica della Bibbia è prefigurazione di Cristo, re Ottaviano Ubaldini: an Epilogue to Bessarion’s Rela- e sacerdote, figura veterotestamentaria citata da San tionship with the Court of Urbino, in “Bibliothèque Tommaso d’Aquino nell’antifona della liturgia della d’Humanisme et Renaissance”, 46, 1984, p. 99. Il fat- festa del Corpus Domini. Non concordando con la to che Bessarione abbia cresimato e non battezzato tesi di Aronberg Lavin, Van Waadenoijen sottolinea Guidobaldo è ribadito da Ronchey; Ronchey, L’enig- come sia impossibile provare che il medico ebreo ma di Piero cit., pp. 400, 510. Isaac, ambasciatore dello scià di Persia, sia lo stesso 77 Clough, Cardinal Bessarion and Greek cit., ambasciatore convertito al cristianesimo e la stesso VII, pp. 160-171. emissario che giunge fino ad Urbino, respingendo la 78 Ronchey, L’enigma di Piero cit., p. 400, con tesi della celebrazione di eventi politici attraverso la bibliografia precedente, p. 510. pala. Cade così l’ipotesi di una motivazione ebrai- 79 Il racconto del passaggio di Bessarione per ca alla base della scelta dei temi di pala e predel- Gubbio, Casteldurante ed infine Urbino è descritta in la, quest’ultima funzionale a predicare la salvezza Cronaca di Ser Guerriero da Gubbio (1350-1472); dell’Eucaristia per il cristiano; cfr. Jeanne Van Waa- cfr. Clough, Cardinal Bessarion an greek cit., VII, denoijen, The Alterpiece of Corpus Domini in Urbi- pp. 164-165. no Reinterpreted, in “Arte Cristiana”, 79, (1991), 80 Ronchey, L’enigma di Piero cit., p. 400. 743, pp. 90-98. 81 Concetta Bianca, L’Accademia del Bessa- 66 Katz, The Contours of Tolerance cit., pp. rione fra Roma e Urbino, in Cerboni Baiardi, Chit- 657-658, 660 dove la studiosa, in nota 44, rimanda tolini, Floriani (a cura), Federico di Montefeltro. La a Rosenberg, The Double Portrait of Federico cit., Cultura cit., 1986. pp. 67-68 con bibliografia prece- p. 221. dente; lo stesso articolo compare in Concetta Bianca,

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Da Bisanzio a Roma. Studi sul Cardinale Bessario- berg, The Double Portrait of Federico and Guidobaldo ne, Roma nel Rinacsimento, Roma 1999, pp. 123- da Montefeltro, Power, Wisdom and Dynasty, in Cer- 138; Concetta Bianca, La biblioteca e gli umanisti, boni Baiardi, Chittolini, Floriani (a cura), Federico in Marcella Peruzzi (a cura), Ornatissimo Codice. da Montefeltro, cit., pp. 221-222. L’identificazione del La biblioteca di Federico di Montefeltro, catalogo sontuoso copricapo con il dono fatto dall’ambasciatore mostra Urbino 15 marzo-27 luglio 2008, Skira, Gine- dello scià di Persia a Federico è da attribuire a Lavalla- vra-Milano 2008, pp. 116-117. ye; cfr. Lavallaye, Les primitifs flamandscit., p. 114. 82 Bianca, L’Accademia del Bessarione cit., 92 Carlo Bertelli, La Flagellazione, in Marchi, pp. 61-80. Valazzi (a cura), La città ideale cit., pp. 216-217, con 83 Clough, Cardinal Bessarion and Greek bibliografia precedente; Maurizio Calvesi, Piero del- cit., p. 165. la Francesca, Mondadori, Milano 1998 e 2001; Ron- 84 Nicolò Perotti intellettuale dell’Accademia chey, L’enigma di Piero cit. Bessarionea consiglia e procura volumi che entre- 93 La Crociata contro i turchi alla quale fanno ranno a far parte della Biblioteca federiciana; cfr. M. riferimento i fautori di questa tesi interpretativa del Moranti, Organizzazione della Biblioteca di Federico dipinto (Ronchey, L’enigma di Piero cit., con biblio- da Montefeltro, in Federico di Montefeltro. La Cultu- grafia precedente) fa riferimento ai tentativi di contra- ra cit., 1986, p. 30. stare la minaccia turca ascrivibili agli anni cinquanta 85 Bianca, L’Accademia del Bessarione cit., p. del Quattrocento, dunque al periodo storico preceden- 79; Ronchey, L’enigma di Piero cit., pp. 393-394, 508. te rispetto a quello preso in esame nel presente studio. 86 Per la consistenza dei testi platonici, sei, 94 Per il problema di Petrus Hispanus in relazio- acquisiti prima del 1474, e neoplatonici nella bibliote- ne a Ritratto di Federico e Guidobaldo della Galle- ca di Federico da Montefeltro si consideri il catalogo ria nazionale delle Marche cfr. Keith Christiansen, della mostra di Urbino costruita su questa tema; cfr. Pietro di Spagna, Portrait des Federico da Monte- Marcella Peruzzi, La formazione della biblioteca feltro mit seinem Sohn Guidobaldo, in Keith Chri- e i manoscritti latini, in Ead. (a cura), Ornatissimo stiansen, Stefan Weppelmann (a cura), Gesichter der Codice cit., p. 26; Luigi Bravi, I manoscritti greci di Renaissance. Meisterwerke italianischer portrait- Federico oggi, in Peruzzi (a cura), Ornatissimo Codi- kunst, catalogo mostra Berlino 25 agosto-20 novem- ce cit., p. 41. Per il rapporto fra la composizione libra- bre 2011, Hirmer, Monaco 2011, pp. 288-290. ria della Biblioteca di Federico da Montefeltro con 95 Per una disamina del ciclo degli Uomini illu- gli Uomini illustri dello studiolo di Palazzo ducale si stri si rimanda a Maria Rosaria Valazzi, Giusto di rimanda a Marcella Peruzzi, Cultura potere immagi- Gand, Pedro Berruguete, Ambrogio, Boezio, in Bena- ne. La biblioteca di Federico da Montefeltro, Accade- ti, Natale, Paolucci (a cura), Melozzo da Forlì Meloz- mia Raffaello, Urbino 2004. zo da Forlì cit., 2011, pp. 147-150 e Alessandro Mar- 87 L’ipotesi che la descrizione di un rito d’ini- chi, Ambrogio e Boezio, in ibid., pp. 151-152. ziazione ai misteri neoplatonici sia la chiave di inter- 96 Già Cheles ricorda che il programma ico- pretazione della stessa Flagellazione di Piero della nografico dello studiolo prevede di accostare Pio II Francesca, è stata recentemente avanzata da Duccio e Bessarione entrambi prelati umanisti e fautori del Alessandri, Flagellazione 42, Pesaro 2011. Congresso di Mantova indetto per creare un piano di 88 Clough, Cardinal Bessarion and Greek cit., controffensiva all’avanzata dei turchi in Occidente; VII, pp. 165-166 con bibliografia precedente. Cheles, Lo studiolo di Urbino cit., pp. 38, 49, nota 17. 89 Com’è noto, Platone racconta il mito della 97 L’attribuzione della miniatura oscilla fra San- caverna nel Libro VII della Repubblica, 390-360 a.C. dro Botticelli e Francesco di Antonio del Chierico; 90 Silvia Ronchey, E Mehmet lesse nel cielo. cfr. Le opere (con Repertorio dei miniatori fiorenti- L’eclissi di Bisanzio, in La Stampa, 31 Agosto 2010. ni), in Peruzzi (a cura), Ornatissimo Codice cit., pp. 91 Nell’interpretazione dell’opera, Rosenberg 228, 230-231 con bibliografia precedente. Landino sottolinea come sia possibile pensare che Federico dedica il testo, che si struttura come dialogo in quattro da Montefeltro, in omaggio a papa Sisto IV, che lo ha libri fra Lorenzo de’ Medici e Leon Battista Alberti appena nominato gonfaloniere della Chiesa, nell’espor- nel quale il primo sostiene il primato della vita attiva re il dono offertogli dall’ambasciatore dello scià di Per- ed il secondo della vita contemplativa, a Federico da sia, voglia confermare la sua politica di lotta contro i Montefeltro attribuendogli una particolare capacità turchi, nemici della cristianità; cfr. Charles M. Rosen- nel coniugare la politica dello Stato e l’arte militare

96 Sara Bartolucci Lo stendardo dell’oratorio di San Giovanni con l’attività dello studio; Peruzzi, La formazione del- Federico, in Cerboni Baiardi, Chittolini, Floriani (a la biblioteca cit., pp. 26-27. cura), Federico da Montefeltro. La Cultura cit., pp. 98 Sangiorgi, Iconografia federiciana cit., p. 36, 373-392; Bernd Roeck-Andreas Tönnesmann, Fede- tav. IX. rico da Montefeltro. Arte, stato e mestiere delle armi, 99 Per la datazione della Pala Montefeltro cfr. Einaudi, Torino 2009. Emanuela Daffra, Urbino e Piero della Francesca, 103 Ronchey, L’enigma di Piero cit., pp. in Carlo Bertelli e Antonio Paolucci, Piero della 394, 508. Francesca e le corti italiane, catalogo mostra Arezzo 104 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., p. 31 marzo-21 luglio 2007, Skira, Milano, pp. 57-61. Il 542. Il Baldi (Baldi, 1826, III vol., pp. 50-53) sostie- carattere simbolico del tappeto associato a personaggi ne che Pio II, posto fine alle guerre della Romagna, si sacri, in particolare alla Maestà, è ribadito da Gras- dedica al problema al quale da sempre aveva rivolto so nella lettura esegetica della Pala Montefeltro, che pensieri ed energie, la costituzione una lega contro il sottolinea come il motivo geometrico della stella sia nemico turco, formata dai principi della cristianità. Pur un esplicito riferimento all’attributo mariano di Stella desiderando avere Federico al suo fianco, il pontefice Maris; cfr. Monica Grasso, Senza Enigmi. Appunti preferisce lasciare il Montefeltro a difesa dello Stato iconografici sulla Pala di Brera e sul Dittico degli della Chiesa, mentre pensa di partire per Durazzo affin- Uffizi, in Marcello Ciccuto, Claudio Crescentini (a ché la sua chiamata alle armi possa essere efficace. cura), Piero della Francesca. Altre prospettive visive, 105 Archivio di Stato di Siena, Concistoro Pubblimax, Roma 2011, p. 106. La stella ad otto punte 2023, c. 64r; cfr. Dennistoun, Memorie dei Duchi di si associa ai poligoni che decorano il bordo del tap- Urbino cit., p. 168. peto, costruiti sul quattro e l’otto, numeri legati alla 106 Gino Franceschini, Recensioni: Federico morte e alla resurrezione di Cristo nella simbologia da Montefeltro, Lettere di Stato e d’arte, in “Atti e cristiana. Federico accompagna la Vergine e il Bam- Memorie”. Deputazione di st. p. per le Marche, s. VII, bino, la milizia celeste e la teoria di Santi in armatura, 1948, III vol., p. 158. con la spada nel fodero, celebrando se stesso nel ruo- 107 Rosenberg, The Double Portrait of Federi- lo di difensore della cristianità (IBID., p. 112). Sono co cit., p. 222. gli anni centrali nella preparazione della campagna 108 Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. antiturca e nella costruzione della nuova immagine 1198, ff. 61v, 62r; cfr. Piemontese, L’ambasciatore di “internazionale” del principe; sono gli anni dell’am- Persia cit., pp. 547-548. basciata persiana. Tappeti come quello descritto nella 109 Ibid., p. 547. pala, come nella miniatura delle Disputationes Cal- 110 Federico da Montefeltro Duca d’Urbino, maldulenses erano prodotti, e lo sono tuttora, nella Lettere di Stato e d’arte cit., 1949, pp. 28-29; 34-35; zona caucasica, all’epoca regione integrata nell’im- 40-41; 49; 67; 70-73; 73-74; 78-79; n. 20: «Lo ringra- pero persiano. In questo secondo caso, la particolare zia delle notizie pervenute d’Oriente, così favorevoli foggia del manufatto, il motivo del bordo, che sembra alla Serenissima». descrivere un’iscrizione coranica, il colore verde per 111 Ibid. n. 25: «Ha ricevuto la lettera sulla lo sfondo della parte centrale, associato esclusiva- guerra contro i turchi, di cui la Serenissima sostiene mente ad ambiti sacri o a capi carismatici, costruisco- così validamente il peso. Ha sempre fatto il possibile no un oggetto dalla forte valenza simbolica. Il tappeto affinché si giungesse a concludere una lega generale venuto dall’Oriente, probabile dono del potentissimo contro i turchi, ed anche a Napoli e a Roma, dove si sovrano persiano, accresce la sacralità del principe è recato recentemente, ha insistito. Del resto la sua che sa coniugare l’azione alla contemplazione, allo opera non è necessaria data l’ottima disposizione del studio, secondo i precetti del testo di Landino, dedica- papa e del re di Napoli per la difesa della pace e della to proprio a Federico a cui si riconosce una condotta fede cristiana». emblematica. 112 Ibid. n. 30: «Afferma di avere fatto il pos- 100 Melania Ceccanti, Con gli occhi di Federi- sibile per fare avere al re aiuti nella guerra contro i co, in Ornatissimo Codice cit., 2008, pp. 97, 99 n. 51, turchi e promette di continuare. Si congratula per la con bibliografia precedente; Sangiorgi, Iconografia buona piega presa dalla guerra». federiciana cit., p. 48, tav. XV. 113 Ibid. n. 35: «Si congratula per il felice anda- 101 Ibid., p. 48. mento della guerra e per la risposta data all’ambascia- 102 Cfr. Riccardo Scrivano, Le biografie di tore turco inviato per chiedere la pace».

97 Studi pesaresi 1, 2012

114 Ibid. n. 44: «Si congratula per un successo 128 Che i personaggi vestiti all’orientale potes- nella lotta contro i turchi». sero essere ebrei legati alla corte feltresca, era già sta- 115 Ibid. n. 58: «Si congratula per la notizia del- to avanzato da Vastano, Pittore urbinate della secon- la vittoria riportata sui turchi dal re d’Ungheria. Poi- da metà del XV secolo cit., p. 189 e Marchi, Pittore ché sa che il Papa nominerà presto nuovi cardinali, lo urbinate della seconda metà del XV secolo, scheda n. avverte affinché si procuri il favore regio e provveda 43 cit., p. 166. al suo caso». 129 Giulietta Gheller, I capitoli del Mon- 116 Ibid. n. 61: «Lo ringrazia per le cordiali te di Pietà di Urbino del 1468 e le loro specificità accoglienze al suo inviato Pietro degli Ubaldini. Scri- nell’orizzonte delle coeve fondazioni di Monti Pii, in ve a lui per non importunare il re, al quale si offre di Mauro Carboni e Maria Giuseppina Muzzarelli (a rendere qualunque servigio presso il papa. Lo inci- cura), I Monti di pietà fra teoria e prassi. Quattro ta alla pace e alla concordia per il bene del mondo casi esemplari: Urbino, Cremona, Rovigo e Messina, cristiano minacciato dai turchi. Nella corrispondenza CLUEB, Bologna 2009, pp. 1-65, con bibliografia potrà servirsi di Stoldo Altoviti, mercante fiorentino precedente. residente a Londra». 130 Aronberg Lavin, The Altar of Corpus 117 Ibid. n. 65. Domini in Urbino cit., p. 17. 118 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., 131 Ibid., p. 18. p. 548. 132 Luigi Michelini Tocci, La formazione della 119 Federico da Montefeltro Duca d’Urbino, biblioteca di Federico da Montefeltro: codici con- Lettere di Stato e d’arte cit., 1949, pp. 78-79. temporanei e libri a stampa, in Cerboni Baiardi, 120 Aronberg Lavin, The Altar of Corpus Chittolini, Floriani (a cura), Federico di Montefel- Domini in Urbino cit., pp. 15-19. tro. La Cultura cit., pp. 13-14. Circa un quinto della 121 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., consistenza complessiva della biblioteca di Federico pp. 551-556. da Montefeltro era costituita da codici ebraici; cfr. 122 Annali Veneti dell’anno 1457 all’anno 1500 Francesco Bianchi, I manoscritti ebraici, in Peruzzi del senatore Domenico Malipiero ordinati e abbre- (a cura), Ornatissimo Codice cit., pp. 47-51. viati dal Senatore Francesco Longo con prefazione e 133 Fioravanti, Giannozzo Manetti cit., pp. annotazione di Agostino Sagredo. Parte prima delle 177-187; Gheller, I capitoli del Monte di Pietà di guerre coi Turchi, in «Archivio Storico Italiano», VII, Urbino cit., pp. 16-19. 1, (1843), p. 79; cfr. in Piemontese, L’ambasciatore di 134 Ibid., p. 19. Persia cit., p. 550, nota 44. 135 Ibid., pp. 41-44 con bibliografia precedente. 123 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., 136 Ibid., p. 19. p. 550 e nota 45, bibliografia citata; Antonio Medin, 137 Ibid., p. 16. Per l’origine della voce “sancassan”. Le gesta di 138 Ibid., p. 15. Husun Hasan in un cantare del sec. XV, in “Atti 139 Sui rapporti fra la comunità ebraica urbinate del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere e arti”, e il principe, nonché sulla reale apertura che Federico LXXXVII, 1927-1928, 799-814, ottave 8-10, 32. da Montefeltro praticò nei confronti degli ebrei urbi- 124 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., nati; cfr. Alessandra Veronese, La presenza ebrai- p. 551. ca nel ducato di Urbino nel Quattrocento, in Italia 125 Aronberg Lavin, The Altar of Corpus Judaica. Gli ebrei nello Stato Pontificio fino al Ghetto Domini in Urbino cit., p. 16. (1555), atti del VI convegno internazionale Tel Aviv 126 Piemontese, L’ambasciatore di Persia cit., 1995, Roma-Archivio di Stato 1998, pp. 251-283. p. 551. 140 Per l’utilizzo di questa particolare espres- 127 Piemontese ricorda come fosse già Passa- sione e per la politica dell’immagine adottata da vant a notare i legami fra l’opera di Urbino e Cateri- Federico da Montefeltro a confronto con altri grandi no Zeno, seguito da un buon numero di studiosi; cfr. del suo tempo; cfr. Roeck,Tönnesmann, Federico da Ibid., p. 556, in particolare nota 66. Montefeltro cit., pp. 194-203.

98 Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi di Federico Barocci di Anna Falcioni e Marco Droghini*

1. Introduzione storico-artistica Nicolò Ventura detto il Fattore per il prez- zo di «scudi cento moneta ducale» e che il A memoria del quarto centenario della Ventura stesso morì il 5 settembre 1574; morte di Federico Barocci pubblicheremo un documento pubblicato dallo Scatassa ora un importante documento che, associa- (1901) da cui risulta che i frati di San Fran- to ad ulteriore materiale d’archivio in parte cesco, nel maggio 1575, pagarono un anno inedito 1, ci darà l’opportunità di chiarire la di affitto per una stanza (di proprietà della genesi della commissione, nonché riflette- chiesa di SantʼAntonio Abate) usata dal re sul periodo di realizzazione, del celebre pittore «per servitio de’ detti frati», inter- Perdono di Assisi licenziato da Federico pretando tale “servitio” come il probabile Barocci per l’altare maggiore della chiesa impegno sul Perdono d’Assisi; infine una dei Minori conventuali di San Francesco lettera del 2 giugno 1576, pubblicata dal di Urbino 2. Nel contempo potremo leggere Gualandi alla metà dell’Ottocento e invia- sotto un’altra luce quello che è oggi ricono- ta dal Barocci ai rettori della Fraternita dei sciuto come il bozzetto della medesima ope- laici di Arezzo per i quali il pittore urbinate ra, a sua volta conservato presso la Galleria si era impegnato a dipingere, nel 1574 4, la nazionale delle Marche di Urbino. cosiddetta Madonna del Popolo, in cui si Ricordiamo così che gli studiosi sono afferma che il quadro era stato terminato 5. arrivati a datare l’opera del Barocci tra I medesimi dati, ad ogni modo, furo- il 1574 e il 1576 circa. Come si è giun- no confrontati tra di loro la prima volta da ti a simile conclusione è ben esposto nel- Harald Olsen (1955) il quale, proponendo la scheda di sintesi che Andrea Emiliani, la cronologia oggi accettata, ha presenta- nella sua monografia su Federico Barocci to la testimonianza desunta dal Libro delle ristampata in seconda edizione aggiornata notizie del convento di S. Francesco così nel 2008, dedica al dipinto 3. L’Emiliani, trascritta: ebbene, afferma che «esistono prove docu- mentarie che il Barocci si dedicò a questa il quadro del Perdono d’Assisi opera grande e importante opera negli anni 1574- famosa di Federico Barocci, fu fatta fare da Nicolò Ventura detto il Fattore, per 1576 all’incirca» elencando, tra le prove in il prezzo di scudi cento moneta ducale. questione, il manoscritto Libro delle noti- Il nominato Nicolò morì il 5 settembre zie del convento di S. Francesco, in cui è 1574 e sepolto in questa chiesa. riportato che il dipinto fu commissionato da

99 Studi pesaresi 1, 2012

Fig. 1 – Federico Barocci, Perdono di Assisi, Urbino, chiesa di San Francesco.

100 Falcioni, Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi

Fig. 2 – Federico Barocci (e altri?), Perdono di Assisi, Urbino, Galleria nazionale delle Marche.

101 Studi pesaresi 1, 2012

L’Olsen, ovviamente in base all’anzi- È stabilito infine, in merito all’incarico detta notizia, suggerisce inoltre sia che la del Barocci, che se si dovesse spendere di commissione dell’opera possa derivare da più i «frati siano tenuti del loro proprio, una volontà testamentaria di Nicolò Ven- oltra li ditti 150 scuti», aggiungendo tura (ecco perché come data d’inizio lavori si pone il 1574 circa), sia che il nome del et hora et detto affetto gli consegnia donatore abbia presumibilmente determina- [s’intende Nicolò di Ventura] il credito che ha con l’Abonza de scuti cento, con to la sostituzione della figura di Santa Chiara messer Guido Bonaventura e messer d’Assisi, che ritroviamo nel presunto boz- Baldo Antonio lassò abundanzie ii è scuti zetto del Perdono, con quella di San Nicola vinticinque, gli promette sborsciare in da Bari nel quadro in San Francesco 6. contanti subbito che seranno convenuti Il nostro risolutivo documento tutta- con il pittore, et li altri vinticinque finita che serà detta tavola et posta in detto via, segnalato nel 1954 da padre Egidio altare et finito il suo ornamento con Ricotti in base ad un registro manoscritto queste condizioni, che finita detta opera, del 1735 7, anticipa gli accordi addirittura come di sopra, è posta nello altare. al 1571 8, palesandoci una commissione scaturita in compartecipazione tra i Minori Presentiamo adesso, invece, altre noti- conventuali 9 e Nicolò di Ventura del Fat- zie documentarie da porre a corredo della tore 10. In sostanza i Francescani, in seguito suddetta testimonianza. Possiamo allora ini- ad una congregazione riportata in atto, per ziare dal manoscritto, quello utilizzato dal ufficializzare l’impegno, l’11 ottobre 1571 Ricotti, Notizia di tutti gli oblighi di messe dal notaio Giulio Corvini 11, «promecteno et et altro redatto nel 1735 da padre Camillo concedano a Nicolò di Ventura del Factore Antonio Mariani in cui, a carta 11v, si rin- da Urbino» l’altare maggiore della chiesa traccia il seguente ricordo: di San Francesco nel cui luogo, gli stessi frati, avevano l’obbligo di costruire a pro- in fondo al choro della accennata navata grande posto in alto vi è un quadro prie spese, escluso il materiale che sarebbe grande con la sua incona, rapresentante dovuto essere stato loro fornito, il sepolcro la Madonna Ss.ma degli Angeli d’Assisi, del Fattore 12. I frati erano inoltre tenuti a opera famosa del celebre pittore Federico celebrare messe in onore di Nicolò e della Barocci d’Urbino, in cui vi scorge dipinto moglie di questi Bernardina 13. A sua volta in aria il Salvatore del Mondo, a mano destra la B.V. Maria, et alla sinistra S. Nicolò promise una dote di “beni olivati, al Nicolò di Bari, e sotto il Salvatore vi è il valore de scuti quatrecento, o vero 400 scuti P.S. Francesco. Questo quadro fu fatto fare in denari” e, importante, l’esborso ai Minori al sud.o pittore da Nicolò Ventura, detto conventuali di «scudi cento cinquanta» per il Fattore, per mezzo di scudi cento di la fattura di un quadro, da porsi in detto alta- questa moneta d’Urbino; questi anco dottò l’altare maggiore posto in isola dirimpetto re nonché da affidare a Federico Barocci, al choro di scudi quatrocento, con alcuni obblighi di messe, come vedremo à suo a honore di nostro Signore Iesu Christo, di luogo. Vedi il protocollo A a cart. 404 14. la Vergine sua Matre e di San Francesco e di San Nicolò... con tutti li ornamenti et Nello stesso manoscritto, a carta 22r, è a finimenti d’oro fine alla sua perfectione. sua volta affermato che

102 Falcioni, Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi

nell’anno 1571 li 11 ottobre, per rogito di all’altare maggiore in S. Francesco. Giulio Corvini, Nicolò Ventura, detto il Presenti gli infrascritti testimoni Bart. Fattore dotò l’altare maggiore di questa Braemo Sindico – Fra Domenico da Loro chiesa di S. Francesco de Min. Conv.li – Fra Lucio da Rimini 16. di scudi trecento 300 di questa moneta ducale che romani sono scudi duecento Arrivati a questo punto, così da inquadra- 200 e dalli padri del con.to fu a d.o re meglio la vicenda, è bene riprendere ciò Nicolò concesso il detto altare maggiore, e questi a sue spese vi fece dipingere il che le fonti antiche, per la precisione quelle quadro, che presentemente vi si vede prima di Olsen, hanno affermato riguardo dal famoso Federico Barocci d’Urbino al Perdono. In tal caso chi ha dispensato le per prezzo di scudi cento moneta maggiori notizie sul quadro, forse passategli ducale. Col frutto delli sud.i trecento da Pompilio Bruni discendente del Baroc- scudi obligò il convento ad una messa 17 quotidiana all’altare maggiore, e a far ci , è stato il Bellori (1672) il quale, sem- ardere una lampada di continuo davanti brerebbe ponendo la data di conclusione a questo altare, ove in quel tempo v’era dell’opera al 1581, dichiara che il tabernacolo del venerabile. Li prefati scudi trecento furono rinvestiti in terre il Barocci colorì questo quadro in alla Pieve di Cagna. Il nominato Nicolò convento, e vi consumò sopra sette morì il 5 settembre 1574 e fu sepolto in anni, così per lo studio usatovi, come questa n.ra chiesa. per l’impedimento del male, che non lo lasciava operare. Et egli stesso l’approvò Nel Libro dei protocolli dal 1286 al 1619, con la bella stampa in foglio all’acqua infine, troviamo un documento del 1616 in forte di sua mano pubblicata l’anno 1581. cui, oltre a ricordare che il dipinto era dotato Conseguito però l’applauso meritevole, li frati avendogli dato cento scudi d’oro, di un ornamento ligneo e che Nicolò Ventura de’ quali si contentava per la povertà destinò al relativo altare 400 ducati, si offre loro, gli procurarono cento altri fiorini di la notizia a dir poco eccezionale che la nostra donativo 18. opera fu «depicta», nel senso di compiuta, «l’anno 1580» 15, cosa quest’ultima da acco- Lo stesso Bellori, concentrandoci a livel- stare a quanto riportato dal Ricotti in base ad lo urbinate, fu poi seguito ad esempio dal un codice manoscritto del 1580 ovvero che Lazzari nel 1800 19 e nel 1801 20 mentre il Serra, nel 1934, suggerisce che il Barocci la doratura ornamentale del quadro fu eseguì l’opera «a tempera nel 1576, ma la eseguita con oro fatto venire da Venezia ripassò ad olio nel 1581» 21. e da Gubbio e pagato con pubblica sottoscrizione, iniziata in Urbino alla fine di febbraio 1580; come capolista figura Di qui, comparando tutti i dati espo- l’Illust.mo e Rev.mo Mons. Arcivescovo sti, possiamo supporre che l’11 ottobre di Urbino, seguito da Nobiltà, Popolo 1571 si deliberò in merito alla realizzazio- e Religiosi, offrendo anche anelli e ne del dipinto. L’esecuzione vera e propria pendenti di oro. Al 14 settembre 1580 M. dell’opera, come si desume altresì dal fat- Franc. Giordano ebbe dal P.M. Agnello Guidoni Guardiano di S. Francesco, scudi to che il sepolcro di Nicolò di Ventura fu cinque e grossi dodici per il resto e ultimo costruito all’incirca nel primo semestre del pagamento, di quanto doveva avere M. 1575 e non prima, dovette tuttavia slittare a Giulio suo figliuolo per aver posto l’oro dopo la morte del Fattore (5 dicembre 1574),

103 Studi pesaresi 1, 2012 magari con qualche anticipazione nella fase Tutto questo dunque, tornando sui passi progettuale. Ciò, in sostanza, è confermato di Giovan Pietro Bellori, porta seriamente da quanto riportato nella lettera del 1576 in a circoscrivere gli anni di esecuzione tra cui, pur se non si cita chiaramente il Perdono gli estremi cronologici del 1574-1575 e del di Assisi, si parla di un’opera, ad ogni modo 1580-1581. riconoscibile nella nostra, segnalata princi- Unico punto interrogativo rimane sul piata intorno al giugno dell’anno precedente perché sia l’anzidetto Bellori che il Mariani, 22, dunque pressappoco contemporaneamen- al posto dei 150 di cui si parla nella testi- te alla Madonna del Popolo che, come ha monianza del 1571, affermano entrambi che suggerito l’Emiliani, presenta un’esecuzione Federico Barocci, sostanzialmente, raggiun- e un’ideazione «per qualche tempo sovrap- se un’intesa di pagamento fissata in 100 scu- posta a quella del Perdono di Assisi, come di. Oltre che ad un errore d’interpretazione anche alcuni disegni documentano» 23. Allo documentaria 26, ad ogni modo, ripensiamo stesso tempo è curioso che i frati, per il famo- al fatto che nella spesa stimata si dovette so “servitio”, pagarono l’affitto della stanza comprendere anche l’ornamento dorato per al Barocci proprio nel maggio 1575 24. la tela e, pertanto, il Nostro poté in effetti Relativamente alla data di conclusione, combinare, dopo essersi messo ulteriormen- invece, va innanzitutto riflettuto sul fatto te d’accordo con i frati preposti a gestire i che nella lettera del 1576, per acquietare i denari elargiti da Nicolò di Ventura, un pro- committenti aretini impazienti di ricevere la fitto personale da 100 scudi. Madonna del Popolo, il Barocci poté forni- Detto ciò non ci resta altro che ragionare re una notizia falsa in merito all’avvenuto brevemente sul presunto bozzetto, datato al compimento del Perdono di Assisi. Per ben 1575 ca., del Perdono di Assisi oggi conser- due volte, ovvero nel documento del 1616 e vato presso la Galleria nazionale delle Mar- nella testimonianza concernente l’indoratura che (qui pervenuto dal convento urbinate di della cornice, si rimanda inoltre ad un lavo- Santa Chiara) 27. In tal caso il punto cruciale ro terminato intorno al 1580. Teniamo infine del discorso concerne la ricordata sostituzione conto che il Barocci tradusse il Perdono in di Santa Chiara con San Nicola, cambiamen- stampa nel 1581 procurandosi, attraverso to questo andato a rafforzare l’identificazione il privilegio concesso da Gregorio XIII (11 del quadro musealizzato in un dipinto pre- gennaio 1581), un vero e proprio copyright paratorio 28 poi modificato per giungere alla sul suo dipinto che non poteva essere copia- versione in San Francesco. Come abbiamo to né inciso da altri per dieci anni e ciò indica potuto appurare dall’atto del 1571, tuttavia, una cosa fondamentale se confrontata con la San Nicola fu richiesto sin dall’inizio, al con- data del 1580, ovvero che l’urbinate, inter- trario di Santa Chiara mai citata nei documen- secando la questione con i risvolti economi- ti, insieme alle figure del Cristo, della Vergine ci legati alla vicenda (molto probabilmente e del San Francesco. Questo significa soltanto controllati dai francescani), era preoccupato una cosa, ovvero che la tela proveniente dal di salvaguardare iconograficamente un’ope- convento delle clarisse, pur se si presenta in ra appena conclusa ma destinata a lanciar- misure alquanto esigue (cm 110 x 71) e con si in una pericolosa divulgazione di massa tracce di apparente incompiutezza 29, non è un oltre i confini del ducato di Urbino25 . bozzetto ma una replica con varianti dovute

104 Falcioni, Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi all’intitolazione del luogo per cui fu presso- ché di certo eseguita, oltretutto concretizzata in formato rettangolare 30. Naturalmente come periodo di realizzazione, senza tralasciare la questione del copyright decennale sull’im- magine comunque in parte sorpassabile per il fatto che l’opera, eccettuati alcuni punti in cui la piena autografia viene meno, è in sostanza attribuibile al Barocci, dovremmo poi pensare agli anni successivi il 1580-1581.

2. Edizione del documento ACSFUr, FA, serie Protocolli, vol. dal 1286 al 1619, cc. 404r-407v.

In Dei nomine amen. Anno a nativitate Domini Domini nostri Iesu Christi | millesimo quingentesimo septuagesimo primo, indictione decima | quarta, tempore pontificatus sanctissi- mi in Christo Patris et domini | nostri domini Pii pape quinti, die vero undecima mensis ottobris. Fig. 3 – Incipit dell’atto di concessione dell’al- | Actum Urbini, in conventu et domo fratrum tare maggiore della chiesa di San Francesco di Sancti Francisci, posito | in quarterio sive bur- Urbino a Nicolò di Ventura del Fattore. go Evaginis, iuxta stratam publicam et | pluribus ACSFUr, FA, serie Protocolli, vol. dal 1286 al lateribus et alia latera, et in talamo in quo de pre- 1619, c. 404r (11 ottobre 1571, Urbino). senti | residet infrascriptus magister frater Fran- ciscus Torroneus, vulgari|ter ditta ‘Le stantie del ventu: venerabiles et reverendi viri | dictus frater ministro’, iuxta sua latera, ibidem presentibus | Ioannes guardianus predictus, frater magister spectabili viro domino Bartholomeo Biachino Prosper Urba|nus Regens, frater magister Fran- et discreto | viro magistro Baldasare quondam ciscus Torroneus, frater magister Iulius | Riccius, Aloisii Pulcię de Urbino, testibus | ad hec voca- frater Alexander Numalius de Forolivii 31 vica- tis, habitis et rogatis et cetera. | rius, frater Vin|centius Sanctagniolinus, frater Capitulariter congregati et coadunati infra- Iulius Patanazius de Urbino | procurator. Asse- scripti fratres de man|dato reverendi patris fra- rentes et affirmantes se facerent represen|tare tris Iohannis Mamelli de Castrocaro, inpresen- totum et integrum capitulum dictorum fratrum et tiarum | guardiani domus conventus et fratrum domus et | conventus Sancti Francisci predicti et Sancti Francisci de Urbino, | iubentis et mandan- de presenti in dicto conventu | non esse aliquem tis dictos et infrascriptos fratres, capitulariter | alium fratrem, qui habeat vocem in capi|tulo in congregarii et coadunarii in supradicto thalamo ipsis fratribus videlicet: fratre Ioanne, fratre Pro- et mansione | et proprius in sacrestia dicti con- spero, fratre | Francisco, fratre Iulio, fratre Ale- ventus ad sonum campanelle, | ut man[i]fest, et xandro, fratre Vincentio et fratre Iulio | omnem in qua sacrestia dicti et infrascripti fratres | soliti cum auctoritatem et potestatem dicti conventus et consueti sunt capitulariter congregari et coa- || (c. 404v) et domus Sancti Francisci consistere dunari | pro negotiis peragendis pro dicto con- et positam esse quecumque | pro capitulo supra-

105 Studi pesaresi 1, 2012 dictus conventus ac dicto conventus faciendi, una | messa con la comemoratione dei defunti dicendi | et expediendi prout habet vel habere per le anime | de li suoi passati al detto altare, e potest universum capitulum | eiusdem conven- pur in perpetuo ogni | anno cellebrare la solem- tus. Qui quidem ser Ioannes, frater Prosper, fra- nità di Sancta Maria de li Angeli, | il secondo ter Franciscus, | frater Iulius, frater Alexander, dì de agosto con tutte con tutte 34 cierimonie | frater Vincentius et frater Iulius, sic ut | supra e solemnità. E detto Nicolò sia tenuto dargli capitulariter congregati et coadu[na]ti, habitoque la cera | solita e la pietanza per detto giorno di pri|us tamen inter se maturo colloquio, tractatu pane, carne et | vino et, dopo la morte sua, siano et delibera|tione suprascriptis, atque consideran- tenuti al medemo | li heredi di essi Nicolò e di tes infrascripta cedere | in evidentem utilitatem più il giorno sequente, non | essendo impedito dicti conventus et, volentes agnoscere | bonam pur non si tralassi li altri giorni, dicti | frati deb- fidem infrascripti Nicolai dantis et concedentis biano in perpetuo cellebrare uno officio solenne infra|scriptas summas denariorum sive bono- | di messe quaranta per l’anima de li suoi defonti rum, ut infra sponte | gratis et ex eorum certa e, dopo morte sua e di madonna Bernardina, sua scientia omni meliori modo et cetera, se et | suos consorte, | parimente cellebrare, oltre detto offi- successores ac bona quęcunque dicti conventus cio, ogni anno tre | officii di messe venti l’uno obligantes et cetera, | salvalicentia suorum supe- per le anime loro e di ciò | tenerne sempre minu- riorum si et quatenus ea opus sunt. | Ii li ditti frati to conto. Et in caso che loro | cessassaro, detta di San Francesco di Urbino promecteno et | con- dota ricascha alla fraternità di San | Domenico cedano a Nicolò di Ventura del Factore da Urbi- col medesemo pese di far dicti officii nella | detta no lo | altare magiore di dicta chiesa, et detto fraternità di più che faccino in perpetuo ardare Nicolò pro|metto dotarla di tanti beni olivati, al | continuamente una lampada al Sacratissimo valore de scuti | quatrecento, o vero 400 scuti in Corpo di | Cristo. E de più gli prometteno fare denari, da rem|vestrisi in tanti beni stabili oliva- un supulchro innanto | al detto altare maggiore a ti, et de più dargli | scudi cento cinquanta per la loro spese, purché Nicolò | lo cuopro di petre e fattura di una di una 32 tau|la da ponersi in detto gli dia li madoni da farlo del suo, | et inoltre con- altare e da farsi per mano di | Federico Baroccio vengano insieme che, finita detta opera, | coman- a honore di nostro Signore Iesu Christo, | di la di sopra sé intenda cominciarese obligo da una | Vergine sua Matre e di San Francesco e di San parte e l’altra, e che la dota di essa capella duran- | Nicolò, con questo che descripti siano tenuti te (|| c. 405v) la vita di esso Nicolò e di madonna farla fare bene | insieme insieme 33 con tutti li Bernardina, | sua consorte, debba restare apresso ornamenti et finimenti d’|oro fine alla sua per- di loro insieme | col frutto et in cambio di quel- fectione. Et, bisognando spendere più, | che detti lo, mentre viviranno, | siano obligati ogni anno a frati siano tenuti del loro proprio, oltra li | ditti Sancta Maria di Agosto | fargli mesurare tre stara 150 scuti et hora et detto affetto gli consegnia | di grano buono e | recipiente e doppo 35 e dopo il credito che ha con l’Abonza de scuti cento, la morte loro il detto oli|veto debba essere dote con messer | Guido Bonaventura e messer Baldo di dicta capella, et gli heredi | non siano tenuti Antonio lassò abundanzie | ii è scuti vinticinque, più a detti stara tre di grano, | ma ritornano a gli promette sborsciare in contanti sub||bito (c. loro lassando oliveto libero et | espedito a det- 405r) che seranno convenuti con il pittore, et li ta capella, et caso che alcuno moles|tasse detto altri vinticinque | finita che serà detta tavola et Nicolò in dicta capella e che prohibisse il | celle- posta in detto altare | et finito il suo ornamento brare in nome suo la detta dotatione, se intenda con queste condizioni, che finita | detta opera, | essere nulla e per non fatta anchorché fuossi come di sopra, è posta nello altare, detto | Nicolò giurata, | e detto Nicolò possa disponere di esso debba dottare dicta capella, come di sopra, et li oliveto in | tal caso ad ogni suo beneplacito e frati debbiano ogni giorno in perpetuo cellebrare non renferirlo | in altri. E che li prefati frati siano

106 Falcioni, Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi obligati rendergli | tutte le spese et denari fatti sì et pro salute anime | sue et cetera, de dictis qua- nella tavola et | ornamento, come nel sepolchro e tringentis scutis voluit dotari et dotavit dictum così convennero | insieme dette parte, et promi- altare et capellam maiorem dicte ecclesie Sancti sero osservare il tutto | inviolamilmente da una | Francisci cum oneribus predictis et obligationi- parte e l’altra, et spetial|mente li frati quali del bus, ut supra, expres|sis et dictorum quatringen- continuo se offeriscano pre|gare in Dio per detto torum scutorum dotem et pro dote dicte capelle Nicolò, sua consorte et descendente | a laude et | cum oneribus tamen et obligationibus predictis. honore di nostro Signore, di la sua Matre e di | Et quod dictus guardi|anus et fratres teneantur et San Francesco e di San Nicolò. obligati sint semper supportare | onera predicta Qui guardianus et | fratres sui, supra capitula- et cetera, et ita dictus Nicolaus ex una, et dic- riter congregati, et qualibet consi|derantes predic- tus | guardianus et fratres supradictis in omni- ta cedere et servire in evidentem utilitatem | dicti bus partibus ex altera | convenerunt et solemni conventus volentisque agnoscere bona fidem dic- stipulatione hinc inde interveniente, (|| c. 406v) ti Nicolai | dictam capellam 36, ut supra, et infra pacto expresso et dicta stipulatione valato con- dotatis sponte gratis et ex | earum certa scientia cordes | remanserunt et pepigerunt dictę partes omni meliori modo predicta et infra|scripta omnia dictis quibus supe|rioribus et cetera, renuntian- et singula aceptaverunt et acceptant | pro se et tes contrahentes partesque predictę | dictis qui- suis successoribus in dicto conventu, et etiam bus supra nominibus exceptioni doli, mali, vis, una cum (|| c. 406r) me notario publico, pro dic- metus, | fraudis conditioni indebite sine causis to altare, capella et conventu et promiserunt | et ex iniusta causa | infactum actioni, fitionis, simu- solemni stipulatione convenerunt dicto Nicolao lationis erroris iuris | et facti necnon exceptioni presenti, sti|pulante et acceptante pro se et suis non sic vel aliter facti | et cellebrati contractus rei heredibus supradicta | omnia et singula onera, ut non sic vel aliter geste, aliter | fuisse dictumque supra imposita per dictum | Nicolaum supportare scriptum seu recitatum vel et contra omnique | in perpetuum et adimplere atque debite | exqutio- alii legum iuris, canonum, statutorum et consti- ni demandare, prout supra, per dictum Nicolaum tutionum | papalium sinodalium et provincialium | constitutum, ordinatum et deputatum fuit et privilegio, bene|ficio et favori edito vel edendo a cetera. Et versa vice | dum Nicolaus divina qua- lege vel ab honore | ipsis contrahentibus et cuili- dam inspiratione pro salute | anime sue spe cau- bet ipsorum contra predicta | vel aliquo predic- sas et confidens per supradictos fratres adimpleri torum, quomodolibet competenti et com|petituro | et observari omnia supradicta onera, et quod et iuri et legi dicente et disponente generalem | dicti fratres semper | rogabunt summa devotio- renuntiationem non valere nec sufficere, nisi ne et charitate Deum Omnipotentem | pro salute plures serit | specialis specifica et expressa et anime ipsius Nicolai, id propter volens dictam | cetera. Certificati tamen prius et certiorati dicti eius animam deliberationem ad bonum effectum contrahentes per me notarium publicum | infra- deducere, | constitutus personaliter coram supra- scriptum de importantia dictorum privilegiorum dictis testibus et me notario | publico infrascripto | et beneficiorum et quod importet et quod ope- non vi, dolo, metu, fraude seu | aliqua alia sini- retur eorum | renuntiatio et cetera. Que omnia stra machinatione circumventus et | inductus et singula supra et in|frascripta atque in presenti vel seductus sed eius mera, libera et spontanea | instrumento contenta dictus Nicola|us per se et voluntate sponte sponte 37 et ex eius certa scientia suos heredes, ut supra, et cetera, promisit dictis non per errorem | aliquem iuris vel facti et cetera, guar|diano et fratribus et mihi notario publico omni meliori modo, vi et iure, causa | et forma infra|scripto, ut publice et aucthenticę personę, ut quibus magis et melius validius et efficatius | de supra, | presentibus pro se et suis successo- iure facere potuit, valebuit ac potest et debet sibi- ribus pro dicta capella et | conventu predictis et que | licuit et licet et cetera, ex nunc a more dicti cetera, et versa vice dicti guardianus et fratres |

107 Studi pesaresi 1, 2012 per se et suos successores et vice et nomine dicti habendis atque | adimplendis, et pro dicta pena conventus | promiserunt et solemni stipulatione solvenda si et quatenus commis|sa fuerit cum convenerunt dicto | Nicolao, ut supra, presenti effectu, dictus Nicolaus et guardianus et | fratres et stipulanti et cetera, et promittendo solem|niter predicti obligaverunt se et suos heredes atque iuraverunt et quilibet ipsorum iuravit ad sancta successores | dictique guardianus et fratres bona Dei (|| c. 407r) Evangelia manus corporaliter dicti contractus et dictus Nicolaus | bona sua tactis scripturis predicta | omnia et singula vera mobilia et stabilia, iura et actiones, presentia | fuisse et esse, et ea respective | semper et perpe- et futura et cetera. De et super quibus omnibus tuo firma, rata et grata habere, tenere, | attendere, et singulis premissis, | supradicti contrahentes observare et adimplere et in nullo contra|facere, dictis nominibus rogaverunt me | notarium publi- dicere, opponere, allegare vel venire per se vel cum infrascriptum et petierunt si a me notario alium, | seu alios aliqua ratione vel causa, modo publico | unum vel plura, publicum seu publica vel ingenio, | seu alio quovis quesito colore in actioni atque dari | instrumentum et instrumenta iudicio vel extra, | de iure vel de facto taccite vel de iure validum et valida et extendatur ad (|| c. expresse sub pena et | ad penam dupli dictorum 407v) sensum sapientis mei notarii, non mutata 400 scutorum solemni stipulatione promissa | in substan|tia contractus cum omnibus clausulis et singulis et pro singulis capitulis, pactis, membris caute|lis neccessariis et oportunis et cetera. | | seu articulis presentis contractus et instrumenti et cetera, et sub | refectione damnorum omnium Approbo ego idem Iulius Corvinus notarius et expensarum ac inte|resse litis et extra et cetera, rogatus et cetera. | que pena toties committatur et | exigi possit et (ST) Et ego Iulius Corvinus publicus apo- valeat in effectu, quoties contrafactum seu | ven- stolicaque auctori|tate notarius de Urbino qua- tum forent. Qua pena commissa, exacta, soluta dre Posterule predictis omnibus | singulis dum vel non | seu etiam gratis remissa predicta et sic, ut premittitur, agerentur et fierent | una cum infrascripta nichilominus | firma consistant et dictis testibus presens finitaque rogatus | scribere rata perdurent, et pro quibus quidem omnibus | scripsi et publicavi signum nomenque meum | et singulis firmiter observandis et firmis et ratis consuetum apposui et cetera.

* Di Marco Droghini è l’introduzione storico- telli di Arezzo di tardare l’opera loro proprio a causa artistica, di Anna Falcioni l’edizione del documento e del Perdono di Assisi, si può anche ritenere un po’ la presentazione, nelle note 10, 12 e 13, delle notizie ottimistica la sua affermazione». riguardanti Nicolò di Ventura. 6 H. Olsen, Federico Barocci. A critical study 1 In tal caso bisogna precisare che la scelta di in Italian Cinquecento painting, Uppsala 1955, p. 125. pubblicare il documento deriva dalla volontà di rende- Il tutto è poi ripetuto, senza varianti, in Id., Federico re note le scoperte mano a mano emergenti dal riordi- Barocci, Copenhagen 1962, p. 159, senza dubbio il con- no attualmente in corso, coordinato da Anna Falcioni, tributo più diffuso e conosciuto di Olsen sul Barocci. ed a cui partecipa anche lo scrivente, del fondo antico 7 E. Ricotti, Il convento e la chiesa di S. France- dell’Archivio del convento di San Francesco di Urbino. sco di Assisi in Urbino, Padova 1954, p. 28. In pratica 2 Olio su tela, cm. 427 x 236 (Urbino, chiesa di il Ricotti, a quanto pare sconosciuto dai più, sintetiz- San Francesco). za uno dei due passaggi, che trascriveremo per intero 3 A. Emiliani, Federico Barocci, Recanati più sotto (quello a c. 22r), dedicati nel manoscritto del 2008, I, pp. 264-267. 1735, cui si rimanda alla nota 14, al Perdono di Assisi. 4 Ultimandola nel 1579. 8 In tal caso risulta ancora più stretto il colle- 5 In merito alla lettera del 1576 l’Emiliani (p. gamento con l’indulgenza plenaria, cosiddetta della 266) aggiunge tuttavia la seguente riflessione: «Poi- Porziuncola o del Perdono, fortemente incoraggiata ché il Barocci temeva di essere incolpato dai confra- dal papa francescano Pio V (1566-1572) il quale, nel

108 Falcioni, Droghini Un documento “inedito” sul Perdono di Assisi

1569, dispose la costruzione della Basilica di Santa Corvini Giulio, vol. 754, c. n. n. (1574 dicembre 30); Maria degli Angeli con lo scopo d’inglobare il tem- ACSFUr, FA, vol. Entrata e uscita 1572-1578, c. 177v pietto della Porziuncola. (1576 agosto 2) [nota di Anna Falcioni]. 9 Con i quali Barocci entrò in rapporto, per 14 Il titolo esatto del manoscritto (in ACSFUr, quanto ne sappiamo attualmente, negli anni ’60 attra- FA) è Notizia di tutti gli oblighi di messe et altro che verso la realizzazione della cosiddetta Madonna di di presente ha e sodisfa la chiesa de PP. Minori Con- San Simone (Urbino, Galleria nazionale delle Mar- ventuali d’Urbino si attivi che passivi estratta dagli che) di cui, come risulta dall’analisi ancora in corso istromenti, e libri del convento di S. Francesco dal di documenti che stanno affiorando dall’archivio del P.M. Camillo Antonio Mariani definitore perpetuo, e convento di San Francesco, si potrebbe perfezionare guardiano nell’anno 1735. Con molta probabilità tale la questione relativa alla committenza nonché agli volume, vero e proprio libro di notizie reputabile come anni di esecuzione. il più importante per ricostruire la storia della chiesa e 10 Nicolò del fu Ventura del Fattore, maggioren- convento di San Francesco, è quello che dall’Olsen, te urbinate e abitante nel borgo di Valbona, compare senza fornire dati specifici (fondo di appartenenza, anche in altri instrumenta notarili coevi (1562-1573), numeri di carta, ecc.) allo stesso modo di Emiliani il che lo attestano non solo nella conduzione di tran- quale si affida a quanto offerto dallo studioso danese, sazioni commerciali, ma anche nella costituzione di viene intitolato Libro delle notizie. L’Olsen, tuttavia, società con notabili locali per la gestione dei presti- dovette conoscere il manoscritto e il suo contenuto giosi cavalierati ecclesiastici del Giglio e di San Pao- soltanto per via indiretta altrimenti sarebbe giunto lo: Sezione Archivio di Stato di Urbino, Fondo Nota- anch’esso alla nostra testimonianza documentaria rin- rile (= SASUr, FN), not. Corvini Giulio, vol. 742, tracciata nel cosiddetto protocollo “A”. cc. n. n. (1562 giugno 18, settembre 24); vol. 749, c. 15 ACSFUr, FA, serie Protocolli, vol. dal 1286 n. n. (1569 aprile 1); vol. 750, c. n. n. (1570 mag- al 1619, cc. 139v-140r. Precisiamo in tal caso che la gio 24); vol. 753, c. n. n. (1573 novembre 26); not. data in questione, come si desume da confronti con Beni Gabriele, vol. 999, cc. 10v, 123v (1568 aprile 21, ulteriori testimonianze cronologiche rintracciabili nel 1569 ottobre 4) [nota di Anna Falcioni]. documento del 1616, non è approssimativa ma riguar- 11 É da precisare che il documento di cui parlia- da proprio il 1580. Per dovere di cronaca va anche mo deve riconoscersi come quello ufficiale riguardan- ricordato che nello stesso documento, oltre alle opere te la commissione, questo perché in una testimonian- di Barocci conosciute realizzate per i Conventuali, za del 1735 già segnalata e che trascriveremo a breve, sono segnalate (c. 143r) nell’altare «in Sacrario» tre per spiegare la realizzazione del Perdono, si rimanda «incone depicte per manus Federici Barocci». al medesimo rogito notarile. 16 Ricotti, Il convento cit., pp. 28-29. 12 Le spese per la costruzione del sepolcro di 17 Sulla figura di Pompilio Bruni si vedaE milia- Nicolò del fu Ventura sono registrate nel mese di ni, Federico Barocci cit., passim. maggio 1575: «E più per fare fare la sipultura di Nico- 18 G.P. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori lò di Ventura che il convento era ubligato a farla, per e architetti moderni, Roma 1672, ed. a cura di E. fare portare via il tereno e gesso e magisterio, pagai Borea, Torino 1976, p. 188. fiorini duo e denari sei, libre 4, bolognini 0»: Archivio 19 A. Lazzari, Memorie di Federico Barocci di del convento di San Francesco di Urbino, Fondo Anti- Urbino, Urbino 1800, pp. 11-12. Nel lavoro del Laz- co (= ACSFUr, FA), vol. Entrata e uscita 1572-1578, zari, che è una ristampa con aggiunte della vita dedi- c. 130r [nota di Anna Falcioni]. cata dal Bellori al Barocci, troviamo scritto «il Barocci 13 Nel testamento del 1572, pervenuto in copia colorì questo quadro in convento, e vi consumò sopra purtroppo mutila, Nicolò del fu Ventura del Fattore sette anni, così per lo studio usatovi, come per l’impe- nomina la moglie Bernardina sua erede e dispone dimento del male, che non lo lasciava operare. Ed egli diversi legati per la salvezza della sua anima, ricon- stesso l’approvò con la bella stampa in foglio all’acqua fermando quanto stabilito nel precedente atto dell’11 forte di sua mano pubblicata l’anno 1581. Conseguito ottobre 1571, in favore della chiesa di San France- però l’applauso meritevole, li frati avendogli dato cento sco di Urbino (ACSFUr, FA, serie Protocolli, vol. dal scudi d’oro, de quali si contentava per la povertà loro, 1286 al 1619, cc. 410r-412v). Difatti, dai documen- gli procurarono cento altri fiorini di donativo». ti postumi alla morte di Nicolò († 5 dicembre 1574) 20 A. Lazzari, Delle chiese di Urbino e delle risulta che la vedova Bernardina amministra in pri- pitture in esse esistenti, Urbino 1801, pp. 104-106. A ma persona gli affari di famiglia: v. SASUr, FN, not. tal proposito il Lazzari afferma che «non dobbiamo

109 Studi pesaresi 1, 2012 discostarci dalla descrizione, ch’esattamente ci por- Barocci e la calcografia, in A.M. Ambrosini, M. Cel- ge Gio. Pietro Bellori» e aggiunge «il Barocci colorì lini (a cura), Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra questo quadro in convento, e vi consumò sopra sette Marche, Umbria, Siena, Milano 2005, p. 82. anni, così per lo studio usatovi, come per lo impedi- 26 Nel manoscritto del 1735, in particolare, que- mento del male, che non lo lasciava operare; ed egli sta cosa è acutizzata dal fatto che a c. 22r, riferendosi stesso l’approvò con la bella stampa in foglio all’ac- alla dote elargita da Nicolò di Ventura per l’altare del qua forte di sua mano, pubblicata l’anno 1581. Con- Perdono, sono indicati 300 scudi e non 400. Teniamo seguito il Barocci l’applauso meritevole per l’opera inoltre conto che si segnala Nicolò di Ventura decedu- compiuta, li frati avendogli dato cento scudi d’oro, de’ to il 5 settembre 1574 mentre la vera data di morte del quali si contentava per la povertà loro in que’ tempi, medesimo Nicolò, come abbiamo già avuto modo di gli procurarono cent’altri fiorini di donativo». dire nella nota 13, è 5 dicembre 1574. 21 L. Serra, Urbino. Arte e documenti, in O.T. 27 Cfr. P. Dal Poggetto, La Galleria Nazionale Locchi (a cura), La Provincia di Pesaro ed Urbino, delle Marche e le altre collezioni nel Palazzo Ducale Roma 1934, p. 378. Il medesimo Serra, noto storico di Urbino, Roma 2003, p. 220. dell’arte, sintetizza lo stato degli studi sul Perdono 28 Il primo a parlare “pubblicamente” di bozzet- poco prima del contributo dell’Olsen. Dietro il Serra to è stato il Gherardi (Guida di Urbino, Urbino 1875, il Mariotti (Urbino, 1953, p. 130) e il Mazzini (Guida p. 83), l’ultima la Vastano (Perdono di Assisi, in A. di Urbino, 1962, p. 16) ripetono che il Barocci dipinse Giannotti, C. Pizzorusso (a cura), Federico Barocci l’opera a tempera nel 1576 e la ripassò ad olio nel 1581. 1535-1612. L’incanto del colore. Una lezione per due 22 Nella lettera in questione, pubblicata da ulti- secoli, cat. mostra, Milano 2009, pp. 268-269) pas- mo da Emiliani (Federico Barocci cit., p. 312), il pit- sando per l’Olsen e l’Emiliani. tore urbinate scrive: «ho finito la tavola che io dissi 29 Simile incompiutezza che, fondamentalmente, haver incominciato, quando fui in cotesta città [giu- non comprova nulla, può ad ogni modo essere spiega- gno 1575 circa] et il tutto ho fatto per star con l’hani- ta attraverso una drastica ripulitura andata ad intacca- mo riposato, et atendere solo in questa et sebene assai re gli strati pittorici più superficiali. Notiamo quindi hopere mi sono capitate per le mani il tuto ho ricusato, l’aureola di Santa Chiara quasi persa alle estremità. et lassato andar, solo per attendere in questa». Sempre l’aureola, di cui si sente l’antica presenza, è 23 Emiliani, Federico Barocci cit., p. 313. completamente scomparsa sopra la testa della Vergine. 24 Testualmente, nel ricordo datato 7 maggio 30 Come ulteriore prova per confermare tale ana- 1575 (pubblicato da Scatassa in “Rassegna Biblio- lisi potremo aggiungere il disegno, caratterizzato da un grafica dell’Arte Italiana”, anno IV, nn. 5-8, 1901, p. progetto di quadro centinato così come lo è il prototipo 129), troviamo scritto: «i frati di S. Francesco devono in San Francesco, finito all’Ermitage di S. Pietroburgo dare scudi doi corenti sono per il nolo d’una stanzia e che, raffigurante San Nicola invece di Santa Chiara, de S. Antonio quale tiene p. servitio de detti frati ms. dovrebbe essere ovviamente posto prima di qualsiasi Federico Barocci, p. un anno da cominciarsi a di detto bozzetto dipinto. Va tuttavia precisato che lo stesso e finir come seguita sin adi p.o maggio 1576, quale esempio grafico, generalmente indicato come schizzo nolo, prometto pagar p. loro come lor sindico, ms. per il Perdono di Assisi, non è detto che non sia stato Bartolomeo Biacchini, presente il caval. Biancala- eseguito, apportando piccole modifiche, dopo la rea- na». Precisiamo che dopo questo pagamento, il primo lizzazione del quadro in San Francesco e con lo spe- in tal senso rintracciato dallo Scatassa, è il Barocci cifico scopo di preparare l’incisione del 1581 (che si che paga l’affitto della stanza a partire dal 1581. Ciò presenta con misure identiche al disegno). potrebbe indicare che la lavorazione dell’opera, con- 31 Sic. fermando così quanto riferito dal Bellori sul relativo 32 Ripetuto nel testo. luogo di esecuzione e, sempre che il “servitio” debba 33 Ripetuto nel testo. interpretarsi come l’impegno sul Perdono di Assi- 34 Ripetuto nel testo. si, s’iniziò nella stanza presa in locazione e poi, nel 35 Sic. 1576, fu trasferita nel convento di San Francesco? 36 Capellam agg. con un segno di richiamo nel 25 Per quanto riguarda il privilegio concesso da testo a c. 407v, alla linea 3. Gregorio XIII si veda A. Cerboni Baiardi, Federico 37 Ripetuto nel testo.

110 Girolamo Arduini architetto del duca Francesco Maria II della Rovere

di

Alessandro Paccapelo

La figura del pesarese Girolamo Ardui- ni, il meno noto degli architetti ducali del periodo roveresco, merita uno studio più approfondito di quanto fino ad ora è emerso nelle ricerche sulla storia dell’architettura del ducato 1. È infatti certo che l’attività dell’Arduini, inserendosi cronologicamente tra quelle di architetti eccellenti, sia in ambito locale che internazionale e già esaurientemente inda- gati, ne esca sminuita dal confronto e per questo motivo, forse, risulta in parte trascu- rata dagli studiosi. Va ricordato infatti che la carica di archi- tetto ducale presso i Della Rovere venne Fig. 1 – Stemma della Famiglia Arduini, Biblio- ricoperta, sotto Francesco Maria I, da Giro- teca Oliveriana di Pesaro, ms. 1184. lamo Genga (Urbino 1476-1551) cui seguì, alla sua morte, il figlio Bartolomeo (Cesena tetto e scenotecnico pesarese Niccolò Sab- 1518-Malta 1558) che tenne il prestigioso batini (Pesaro 1574-1654) che sopravvisse incarico fino alla sua partenza per l’isola al ducato. di Malta, dove si occupò principalmente di Il periodo storico in cui si inserisce la fortificazioni. Successivamente il titolo pas- vicenda dell’Arduini come architetto duca- sò a Filippo Terzi (Bologna 1520 -Setùbal le, che corrisponde circa alla prima metà 1597) che si occupò, tra le altre sue attività, dell’epoca di Franceso Maria II, è molto della importante esperienza di rinnovamen- particolare per il ducato di Urbino: il nuo- to urbanistico voluta da Guidubaldo II per vo duca aveva ereditato dal padre uno sta- la città di Pesaro; alla morte di quest’ulti- to con una precaria condizione finanziaria mo, con il nuovo duca Francesco Maria II, che necessitava di essere riassestata. Tale la carica passò appunto a Girolamo Arduini situazione aveva imposto al duca stesso di che la conservò fin alla sua morte avvenu- aumentare le tasse e di tenere una vita di ta nel 1601. Gli succedette quindi l’ultimo corte all’insegna della sobrietà, cosa che architetto ducale che fu il notissimo archi- non gli doveva essere di troppo sacrificio

111 Studi pesaresi 1, 2012 data la sua personalità dal carattere schivo Arduini, medico di chiara fama e trattatista ed introverso, dedita principalmente allo di medicina del XV secolo, che operò par- studio ed al governo dello stato. ticolarmente a Venezia e il colonnello Giro- A questo stato di cose si deve aggiungere lamo Arduini 7, nipote ex filio dell’architetto la situazione familiare di Francesco Maria II ducale che fu buon miltare, architetto allie- che era stato costretto dalla ragion di stato vo del Sabbatini, che «al pari del maestro a sposare, per procura, nel 1570 Lucrezia resesi eccellente nella prospettiva e pratica d’Este di quattordici anni più anziana di lui, di fabbricar scene e machine nei teatri» 8. dalla quale non aveva avuto figli e che non Sebbene la data non sia certa, alcuni autori aveva mai apprezzato la vita nel ducato sog- della cronachistica locale pongono intorno giornando spesso a Ferrara. al 1540 la nascita di Girolamo, figlio di Pan- Il territorio ereditato da Francesco Maria dolfo Arduini esponente della nota famiglia II era punteggiato di residenze ducali, alcu- pesarese; Girolamo prese in moglie Ginevra ne destinate al governo ed alla corte 2 ed Paoli dalla quale ebbe quattro figli: il capita- altre riservate a soli scopi rappresentativi no Francesco, Giulio Cesare (padre dell’ar- e di svago, quindi «mantenne Francesco chitetto Girolamo), il canonico Girolamo e Maria, diligentemente, le fabbriche dello Fiordalice 9. stato; ma poco spese in nuove costruzioni, Il Celli, nel suo saggio sulle fortificazioni le antiche gli bastavano, né i sudditi aggra- del ducato, fa risalire la formazione archi- var voleva» 3. Risulta evidente che, in una tettonica dell’Arduini, così come quella di tale situazione, le occasioni per mettersi in altri giovani architetti pesaresi, al dibattito luce per l’architetto ducale non fossero mol- ed alle sperimentazioni progettuali teoriche te: questo è un altro motivo per cui la figu- e pratiche che si svolsero nella città a seguito ra di Girolamo Arduini appare più defilata della costruzione della cinta difensiva penta- rispetto agli altri architetti ducali. gonale iniziata nel 1528, durante il periodo Nonostante l’importante carica di archi- di Francesco Maria I della Rovere 10. tetto ducale e la sua appartenenza ad una Questa formazione avuta sul campo delle più antiche e conosciute famiglie del- nell’arte fortificatoria sembra essere con- la nobiltà pesarese, non si hanno purtroppo fermata dalla prima notazione cronologica ancora molte notizie riguardo l’attività e la riguardante Girolamo Arduini come archi- vita di Girolamo Arduini 4. Si riscontra la tetto, che si riferisce all’anno 1569 quando presenza a Pesaro della famiglia Arduini, dedicò al marchese Del Monte la sua opera fin dai primi anni del XIV secolo; sul finire di architettura militare intitolata Trattato del dello stesso secolo Giovanni e Paolo Ardui- modo di piantare e fortificare una città; di ni ottennero la nobiltà veneziana per essersi cui si sono purtroppo perdute le tracce 11. distinti nella guerra di Chioggia. La nobile Che l’Arduini avesse una propria notorietà famiglia Arduini 5 si dedicò per anni al com- in questo campo viene anche confermato mercio, e all’inizio del XVI secolo, i suoi dall’abate fidentino Pietro Zani 12 che, nella componenti erano i «conduttori della salara sua ottocentesca opera enciclopedica dedi- del Duca Francesco Maria primo» 6. cata alle belle arti, lo cita come architetto, Oltre al cavalier Girolamo, architetto architetto militare e scrittore già operante ducale, si distinsero particolarmente: Sante nel 1570.

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Fig. 2 – J.J. Blaeu, Pisaurum vulgo Pesaro, 1663, Santa Maria degli Angeli.

Fig. 3 – J. J. Blaeu, Pisaurum vulgo Pesaro, 1663, il Barchetto, il casino del Portanile e il bastione di San Giovanni.

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Nel 1573 entra a far parte dei «Consiglieri Antonio fare le muraglie et altri vani che in della Comunità di Pesaro» il «cav. Girolamo esse vanno conforme al disegno et modello Arduino in luogo di mr Jacomo Ardu- del cavaliero Ardno» 19. I lavori relativi ino» 13; ed in questi primi anni del decen- alla costruzione di chiesa e convento anda- nio la fama di Arduini nell’ambito pesarese rono avanti con molta lentezza e attraverso doveva certamente essere grandemente cre- vari imprevisti tecnici, impedimenti, conte- sciuta, tanto che Ludovico Agostini nelle stazioni ai costruttori e problemi economici. sue Giornate Soriane «molto probabilmente Nel 1587 l’edificio era ancora da completare composte fra la metà del 1572 e il 1574» 14 malgrado le continue insistenze e i pressanti cita «i due matematici Arduini, il cavalier interventi del duca e nel 1589 si ebbe «un Ieronimo e Paolo» 15. In questo periodo processo celebrato contro i muratori incari- l’Arduini progettò per i Padri Camaldolesi cati dei lavori» 20, cui vennnero contestati la nuova chiesa con annesso convento dedi- difetti costruttivi ed ingiustificati aumenti cata a Santa Maria degli Angeli; l’edificio del costo dell’opera. Al processo partecipò, sorse non lontano dalla Rocchetta del por- come testimone, Guidubaldo del Monte 21: to, tra le attuali vie Bertozzini e Luca del- «Egli, come il padre Raniero del Monte da la Robbia, «là dove esisteva la trecentesca poco deceduto, era amico dei monaci ed era chiesa di Santa Maria Vecchia detta anche subentrato al padre come architetto della Santa Maria in Porto in quanto sita in perti- chiesa (fornì i suoi disegni, perché l’inca- nentiis Portus Pisauri, in quel tempo ancora rico di progettista di Girolamo Arduini era dentro la città» 16. La costruzione, attual- stato per qualche motivo revocato…). I Del mente in attesa di opere di restauro e recu- Monte intervennero sul progetto iniziato pero funzionale, ebbe una vita travagliata: dall’Arduini, servendosi delle vecchie fon- dopo un primo intervento di ristrutturazione dazioni e dei lavori già avanzati» 22. sul finire del XVIII secolo, nel 1862 venne Il segnale della rapida ascesa sociale venduta al municipio e «trasformati in un dell’Arduini si ebbe nell’autunno del 1574, primo momento in Deposito militare, con- quando il duca Guidubaldo II, pochi giorni vento e chiesa vennero in seguito adattati a prima della sua morte avvenuta il 28 set- Bagno Penale a spese del Ministero di Gra- tembre, lo volle accanto a sè per predispor- zia e Giustizia e del Comune» 17, ospitando re il disegno del nuovo stemma della città poi per anni la prigione-scuola ed il riforma- di Pesaro 23, come ancora appare al giorno torio giudiziario. d’oggi, nel quale venivano uniti al bianco e La prima pietra della costruzione venne al rosso in quarti, colori di Pesaro, i simboli posta da Guidubaldo II nel 1570, ma sola- rovereschi ed i riferimenti alla fedeltà della mente dopo quattro anni l’iter per l’edifica- città. zione del grande complesso religioso ebbe una svolta e nel giugno 1574, alla presenza La mattina seguente che fu alli XXII del «magnifico mr Girolamo Ardui- fece addimandare il magistrato di Pesaro 18 del quale era confaloniero mr Vin- no da Pesaro» , si diede corso alla stesura cienzo Massellini, et essendosi presenta- del contratto d’appalto per la costruzione to al letto il Duca lo pigliò per la mano, dell’edificio. In tale atto viene specificato: et dissegli abbiamo avuti gran pezzo fa «Prima, che sia obligato detto maestro Gio. desiderio di reconoscere questa nostra

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città di Pesaro dalle altre, come sopra tutte a noi fedelissima perciò per segno della mia buona mente, e della fedeltà sua, voglio morendo esser portato da voi altri magistrato, e consiglieri, e non d’al- cun altro, e voglio esser sepulto dentro al monasterio delle monache del corpo di Christo. E a questa comunità per segno di sua fedeltà usata inverso di me voglio che sopra l’arma sua ponga l’arme mia che è la quercia, con quattro mani che sa brazzano in modo di duoi fede, con un motto che dica: Perpetua, et firma fide- litas. E voglio che attorno l’arme siano scritte queste paruole: Guidi Ubaldi Fel- tri a Ruere Pisauri dni, et pris munus extremum. E volse Sua Eccellen- za Illustrissima che l’arme fosse di subito fatta in sua presenza si come doveva sta- re, et la fece il Signor Cavagliere Ardo- vino addimandato mr Hieronimo; e mentre che si stava in tal fattura più, e più volte disse, o fedelissima Città mia di Pesaro, cosa che molto comosse alli cir- costanti, che non remase alcuno che non Fig. 5 – Gonfalone della città di Pesaro. piangesse, e volse anco in un medesimo instante che per confirmazione di tal con- cessione ne apparesse scrittura, e la volse sotto scrivere di sua mano 24 «A lui (Terzi) si deve dunque tutta una serie di realizzazioni che caratterizzano l’epoca L’architetto venne incaricato inoltre di di Guidubaldo II, alimentate dalle ambizio- approntare il catafalco funebre per le ese- ni e dalle aspirazioni di grandezza che la quie solenni del duca celebrate nella cat- Spagna infonde nelle corti italiane ad essa tedrale di Pesaro 25. La particolarità di tale collegate. La scomparsa del duca nel 1574 prestigioso incarico risiede nel fatto che, al segna però la fine di queste ambizioni. Gli momento della scomparsa del duca, l’Ardu- anni successivi vedono infatti la scompar- ini non rivestiva la carica di architetto duca- sa di molti dei protagonisti di quel periodo; le, all’epoca ancora appannaggio di Filip- nobili, ministri, dignitari di corte espatriano po Terzi. Francesco Maria II, nuovo duca, o addirittura vengono imprigionati, vittime tuttavia preferì assegnare l’opera a Giro- delle epurazioni messe in atto da Francesco lamo Arduini piuttosto che ad un membro Maria II» 26. Molto probabilmente Terzi, che dell’apparato di potere del padre. di lì a poco si allontanerà dal ducato per la La vicenda storica e politica che portò penisola iberica, fu una delle vttime di que- alla sostituzione del Terzi come architetto sto ricambio anche se, come si è visto, il ducale, avvenuta quando Francesco Maria II favore di cui godeva presso la corte si stava prese il posto del padre alla guida del duca- appannando già prima della morte di Gui- to, viene ben sintetizzata da Gianni Volpe: dubaldo.

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Risale al 1576, poco prima della parten- re detto pennacchio longo canne deciotto za di Filippo Terzi per Roma e successiva- e largo una ½ che non essendo, si lungo mente per il Portogallo 27, una disputa tra non faria tanto danno al Ponte, o di scor- rere fuori dell’arco qualo farà rimanendo Arduini ed il precedente architetto ducale si lungo. Il pennacchio era necessario in riguardo al tracciato ed alle dimensioni di quel luogo ma non si grando, che pare una strada da realizzarsi nelle vicinanze di una chiusa ne meno doveva guardar tanto porta Sale 28. Una serie di lettere 29 scritte all’imposta dell’arco et acciò meglio io dall’Arduini tra l’estate del 1582 e l’ottobre sia inteso, gli ne mando un’ schizzetto. Con basciarle le mani, mi raccomando 1583 al conte Giovanni Tommasi, segretario alla sua grazia. ducale, rende chiaramente l’immagine delle Di Pesaro alli XVII di Agosto 1582 attività riconducibili alla corte e mostra qua- […] 30. li generi di incarichi erano di competenza dell’architetto ducale. In questo breve spac- Naturalmente, data la sua formazione cato temporale emergono tutte le attività e la sua carica, Arduini si occupa anche di dell’Arduini al servizio del duca. In questo architettura militare: nel manoscritto oli- periodo le sue opere spaziano da lavori di veriano assieme alle lettere è presente, sistemazione e manutenzione di palazzi di sebbene non datato, un interessante parere proprietà ducale (compreso il controllo degli dell’Arduini in materia di fortificazioni 31. artigiani che eseguono per il duca lavori di Nel documento l’architetto esprime le sue oreficeria, arredamento ed ebanisteria), fino considerazioni in merito alla realizzazioni ad importanti lavori di idraulica. di fossi, scarpe, controscarpe e strade coper- In quet’ultimo campo l’architetto pesa- te (opere di terra) spiegandone le motiva- rese si dedica alla ideazione ed alla sistema- zioni di carattere costruttivo e difensivo, zione di condotte, fontane e peschiere nelle rinviandole ad un attento studio del sito e ville roveresche dell’Imperiale, del Miral- della tipologia di terreno. Vengono inoltre fiore e della Duchessa in Soria, oltre che al prese in esame le caratteristiche sia costrut- Barchetto e a Fossombrone; si occupa anche tive che dimensionali nonché le proporzioni di irreggimentare il deflusso delle acque del delle muraglie e degli spalti in funzione del- Foglia, con la realizzazione di pennacchi la difesa e dell’uso delle artiglierie, riman- per proteggere il ponte dalle fiumare: dando il tutto ad un disegno purtroppo non più allegato al testo. Nel suo parere l’Ardu- Ho messo mano ad accomodare li tre ini cita la vicinanza della fortificazione in cannoni al Ponte, poiché per il mal tem- questione al mare e la presenza di sabbia nel po, e feste non si è potuto far prima, e spero che domani sarà spedito tal nego- terreno di fondazione riferendosi inoltre ad zio. Ho veduto l’effetto del fiume fatto opere già iniziate, alle quali tuttavia sconsi- per cagione della fiumara dell’altra notte; glia di agganciarsi; queste ultime notazioni come anco per il penacchio. Si è arenato possono anche far pensare alla sua esperien- più della metà del letto del fiume verso za nella travagliata vicenda delle fortifica- Pesaro, il quale si è dirizzato alla volta della strada, appunto si come gli avevo zioni di Cattolica che prese inizio nel 1583 scritto prima del sucesso. Il rimedio, che quando per volontà del legato di Romagna, ho pensato è questo, guastare una parte di Guido Ferreri cardinale di Vercelli si decise detto penacchio, et anco la metà per esse- di dotare il borgo marinaresco di una strut-

116 Studi pesaresi 1, 2012 tura difensiva. La consulenza dell’Arduini dentemente realizzati per il duca di Savoia a venne richiesta nella primavera del 1585 ma Bourg en Bresse 35; è forse da riferire a que- data l’indisponibilità del pesarese, nel giu- sta sua attività il titolo di cavaliere dell’or- gno dello stesso anno si optò per l’interven- dine dei Santi Maurizio e Lazzaro ottenuto to di Giulio Thiene: nel 1573 36, onorificenza istituita da Casa Savoia, con cui l’architetto viene spesso Non è stato possibile che abbiamo po- ricordato. tuto ricevere questa gratia, che il Signor Il lasso di tempo che va da questi anni Cavaliero Ardovini alla fabrica nostra della Catolica si transferisca per dirci il all’inizio del decennio successivo è, sen- suo parere, per le molte occupazioni, che za dubbio, il periodo di maggior impegno Vostra Signoria ci disse havere da Sua dell’Arduini nella sua veste di architetto Altezza et perché desideriamo pure fare ducale. Infatti, oltre alle opere di “ordinaria con l’uno dei principali huominj questa amministrazione” di cui si è detto, l’archi- fabrica habbiamo pensato per mezo de Signori Consoli pregare il Signor Conte tetto mette mano ad alcune delle sue opere da Thiene che si degni favorirci di venire più impegnative quali i lavori ai giardini di su detto luogo […] 32. villa Miralfiore, la realizzazione del casino del Portanile sulla preesistente struttura di L’anno successivo Arduini venne inca- porta del Ponte e la costruzione della Vedet- ricato della revisione del progetto previsto ta dell’Imperiale sul colle San Bartolo. e, dopo sopralluoghi sul posto, redasse un Come si apprende dalla corrisponden- nuovo progetto; purtroppo però, anche per za con il Tommasi, Arduini, coadiuvato problemi finanziari, i lavori si interruppero dall’architetto Giulio Thiene 37, si occupa e vennero sospesi definitivamente nel 1591. della peschiera nei giardini di villa Miralfio- Un disegno della prima metà del XVII seco- re e di tutti i problemi di gestione e manu- lo 33, che M. Lucia De Nicolò riporta in tenzione ad essa connessi proponendosi di questa sua pubblicazione, mostra affiancate farne anche un modello. Sempre nei giardi- due viste planimetriche di Cattolica che, a ni della stessa villa si occupa della costru- seguito di un approfondito studio dell’au- zione della grotta e delle conserve d’acqua trice stessa, propongono un riferimento al proponendo, inoltre, al suo interlocutore progetto dell’Arduini: «[…] ci spinge ad (intermediario con la committenza ducale) avanzare l’ipotesi che l’autore abbia voluta- la creazione di giochi e scherzi d’acqua per mente accostato in un unico disegno lo sta- il divertimento della corte, del duca stesso to di fatto della fortificazione ed il progetto e dei suoi ospiti che spesso soggiornava- di completamento della stessa: in tal caso no nella villa ed in altre residenze ducali potrebbe trattarsi di una copia del “novo durante i viaggi a Roma ed alla Santa Casa disegno” elaborato nel 1586 da Girolamo di Loreto. Nel 1583 Francesco Maria II Arduini. Solo l’architetto pesarese poteva decise (e molto probabilmente, come suo infatti ideare un disegno in cui venisse mes- costume, collaborò al progetto) di dare un so a confronto lo stato “attuale” con lo stato nuovo aspetto all’area composta dal Bar- “di progetto” della fortificazione»34 . chetto 38, dalla porta del Ponte e dal bastio- Nel citato parere dell’Arduini si fa inol- ne di San Giovanni unendoli in una struttura tre un chiaro riferimento a suoi lavori prece- continua in cui l’edificio della porta fungeva

117 Alessandro Paccapelo Girolamo Arduini da cerniera tra i due spazi verdi. L’Arduini, anco tanto allo mare il terreno, e a un incaricato dell’opera, realizzò una sopraele- bisogno serveria piu che mai, oltre che vazione della porta esistente per ricavarne ha ancora li contraforti di dietro, sotto il terreno 41. una struttura a carattere residenziale ad uti- lizzo della corte quando fosse necessario un Il raggiungimento del livello più basso, punto di riposo al ritorno in città o quando dove era posta anche la peschiera, si otten- si volessero utilizzare l’edificio ed il parco ne con un nuovo sistema di percorsi e sca- a fini di svago. Abbastanza semplice nella le, la più importante delle quali era posta 39 sua struttura il “casino del Portanile” era alle spalle della “ruina” e formava una pic- stato arricchito con decori come testimonia- cola esedra semicircolare con al centro una to dall’Arduini stesso nella corrispondenza fontana. con il Tommasi: «Le pitture del casino sopra Sempre nel 1583 presero inizio i lavori porta del ponte poi che sono gia tre setti- del casino dell’Imperiale, noto anche come mane cinque pittori che lavorano, si estima, Vedetta dell’Imperiale o più semplicemente che la settimana che viene gli daranno fine, la Vedetta 42. Tale edificio, fatto erigere da e così la peschiera del Barchetto sarà fornita Francesco Maria II leggermente più a mon- 40 di tutto punto» . te dell’Imperiale, nei pressi del convento di La sopraelevazione era collegata con San Bartolo, era situato nel punto più alto due scale esterne ai due giardini sottostanti. del colle da dove la vista spaziava sul mare In particolare, nell’ambito dei lavori, ven- Adriatico e sulla maggior parte del ducato ne anche ampliata e ridisegnata la superfi- roveresco. La costruzione, data la sua ubica- cie del Barchetto eliminando la strada che zione, molto vicina a villa Imperiale, e la sua si sviluppava a ridosso delle mura, creando conformazione architettonica, poco adatta a un terrapieno alberato con funzione di colle- funzioni residenziali, si può ritenere come gamento tra l’arrivo della scala esterna e la una sorta di “buen retiro” del duca quando quota del parco: questi sentiva la necessità di estraniarsi tem- Messer Gio. Antonio pose le mani poraneamente dalla vita di corte che, come a chiudere la strada del Barchetto ier detto, non apprezzava molto. La Vedetta, di mattina, e domani sarà chiusa ove sboc- cui rimane un pregevole acquerello del Min- ca detta strada alla porta del ponte, e si gucci 43, è andata completamente distrutta cavano li fondamenti verso la strada di intorno agli anni ’30 del XVIII secolo. Era S. Giovanni. Sin ora non ritrovo persona che vogli la gatta di pigliare a cottimo un edificio con pianta centrale a croce greca le finestre, e porte di detto casino, credo con doppio asse di simmetria; al piano ter- che bisognarà darle a messer Ghirardo, ra erano situati vani di servizio, l’ingresso oltre che serve bene non si è posto a principale, posto al piano nobile, si raggiun- mercato fuori dell’onesto. […] Il muro geva dal giardino tramite una scala a doppia del terrapieno scontro quello del bar- chetto è di cattivissima materia dentro, tenaglia che immetteva in un portico rivolto difficile a romperlo, e mette mal conto: verso Pesaro. Questo piano era costituito da perchè se ne è fatto la prova, io ne get- vari ambienti disposti attorno ad una sala terei solo quattro piedi acciò il terreno centrale ottagonale di maggiore altezza. Da potesse coprirlo, e sopra poterci piantar questo piano con una scala a chiocciola si arbori quando si volesse, e non lassaria

118 Alessandro Paccapelo Girolamo Arduini raggiungeva il livello superiore, dove si svi- indicazioni riguardo al cantiere della Vedet- luppava un’ampia terrazza perimetrale; l’ul- ta, vengono sollecitati all’architetto il con- timo livello, costituito da un unico volume trollo ed il pagamento dei lavori di artigiani ottagonale svettante in un’altana, era posi- orafi ed ebanisti, la gestione dei pittori che zionato al di sopra della sala principale ed vengono chiamati a prestare la loro opera era la vera e propria “Vedetta”. I lavori per nel ducato, nonché ulteriori opere di idrauli- la costruzione dell’edificio si protrassero ca e la sistemazione della rocca di San Leo, fino al giugno 159144 , ed è certo che, anche oltre al controllo di tutte le opere ducali: in questo caso, sia stato di una certa impor- «La mi scriva di grazia di tutto questo così, tanza l’apporto del duca in fase progettuale. et anco a che termini stanno l’altre Fabriche I Della Rovere e prima di loro gli Sforza, tutte» 48. avevano avuto in animo di dotare Pesaro di Il cavalier Arduino figura, con un costo un porto più funzionale alla sua crescente di 60 scudi, sia nella «Lista della Famiglia attività commerciale e già dai primi anni del di Sua Altezza Serenissima che se ritrova XVI secolo si era aperto un dibattito su tipo- al presente. Adi 8 di Giugno 1587 in Pesa- logia, forma e ubicazione relativi al nuovo ro», che nella «Lista della della famiglia del scalo marittimo pesarese 45. Come è noto, Duca a tutto il di 8 Luglio 1589» 49; tali liste solamente nel secondo decennio del secolo sono dei particolari elenchi completi di tutti successivo (dopo la morte di Arduini) Fran- i salariati della corte, dalla piccola nobiltà cesco Maria II iniziò i lavori per la sistema- fino agli stallieri. zione del porto; ma negli anni precedenti, Dopo la fine della costruzione della prima che si decidesse per la deviazione Vedetta nel 1591, non si riscontrano altre del Foglia, anche Girolamo Arduini che, notizie relative all’Arduini fino al 1596, come si è visto, aveva una certa esperien- quando nel diario di Francesco Maria II, al za in opere idrauliche, partecipò al dibattito giorno 3 giugno è presente l’annotazione: con un suo parere. «Due cose concorrono «Partì il cavalier Ardovino per Fiandra, dove ad accomodare il porto di Pesaro il fiume, il mandai a richiesta del Cardinale Arcidu- et il mare»; nel documento 46, qui riporta- ca per servire il Re per architetto, essendovi to in appendice documentaria, l’architetto morto il conte Guidobaldo Pacciotto nell’as- si esprime sulle modalità operative, sulle salto della cittadella di Cales» 50. dimensioni del porto, sull’orientamento del- Dell’esperienza dell’architetto pesare- le palate rispetto ai venti dominanti ed alle se nel nord Europa, che si protrasse fino al correnti riferendosi ad un migliore utilizzo 1601, si hanno alcuni significativi riscontri; del porto canale ed anche all’annoso proble- il primo riguarda l’assedio di Amiens avve- ma dell’insabbiamento del porto pesarese. nuto nel 1597 durante il quale l’Arduini Alcune lettere indirizzate all’Arduini, mise in evidenza le sue capacità nell’ambito tra il maggio e l’agosto 1587, sono presen- dell’architettura militare, valutando e veri- ti in un carteggio del conte Giulio Cesare ficando con i suoi disegni l’inespugnabili- Mamiani 47 ed anche da queste è possibile tà della città «[…] avevano potuto vedere, evincere quali fossero le molteplici attività e conoscer le difficultà insuperabili, per un dell’eclettico architetto ducale. disegno eccellentemente ritratto dal Cava- In questo brevissimo periodo, oltre ad liere Hieronimo Arduini da Pesaro, che

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Fig. 4 – Casino del Portanile oggi Porta Rimini. aveva ottimamente rappresentato e la pian- del Miralfiore e del Barchetto. ta della città di Amiens, et i forti intorno ad Il ritorno di Girolamo Arduini a Pesaro essa fabricati dal nimico, diligenza, che non nel marzo del 1601, stesso anno in cui il era stata fatta né sotto Parigi, né sotto Roano duca di Mantova aveva fatto ancora richie- quando pure avessero gli Spagnuoli dovuto sta dell’opera dell’architetto «per ingegniero sperar di soccorrere la piazza; […]» 51. nella guerra di Croazia» 55, venne annotato Nell’agosto dell’anno seguente l’Arduini dal duca Franceso Maria II nella sua scarna scrive a Giulio Giordani da Bruxelles 52 pre- ma puntuale cronaca: «Ritornò di Fiandra il gandolo di intervenire per risolvere alcune cavalier Ardovino» 56. Pochi mesi dopo, il questioni economiche o, in alternativa, per 14 settembre dello stesso anno, l’Arduini si facilitare un suo ritorno a Pesaro; tuttavia spense a Pesaro, come risulta anche da una l’anno seguente Girolamo è ancora a Bruxel- nota del Consiglio cittadino 57, avvenimento les come testimoniato da una lettera 53 inviata che venne riportato dal duca nel suo diario a Piersimone Bonamini. Diversi testi 54 fanno solamente il 15 dicembre 58. risalire a tale anno la realizzazione, ancora a Nel mese di ottobre del 1603, circa Bruxelles, di un grande giardino con edifici due anni dopo la morte dell’Arduini, ven- per Vincenzo I duca di Mantova, opera di ne redatto un inventario alla consegna del cui non si hanno però ulteriori indicazioni; è materiale contenuto nello studio «del Archi- comunque presumibile che per l’intervento tetto di Sua Altezza Serenissima» 59 fatta siano state importanti le esperienze pesaresi dal figlio Francesco; dagli oggetti contenu-

120 Alessandro Paccapelo Girolamo Arduini ti nell’elenco, che si riporta integralmente luogo del quale ora ci occorre di ragionare, il nell’appendice documentaria, si può evince- quale al mio parere doveria essere solo si pro- re la molteplicità di interessi del poliedrico fondo come si ritrova ora il piano del fosso vec- architetto pesarese. Insieme all’arredamen- chio acciò che l’acqua non abbia scaturendo a to, alle suppellettili ed a vari tubi e cartel- causarci male aere, e largo conforme al parere e disegno del signor Guidubaldo, et avesse oltre le contenenti disegni sono da evidenziare la coperta del fosso una giunta, et altezza di sei «Modello uno di doi Baloardi» e «Modello in sette piedi, che in tutto ascendesse all’altezza uno di legno di La vedetta», testimoni forse di diece in undici piedi; e che ad esso ciglio se delle architetture a cui era più legato. Alcu- gli potesse ascendere commodamente, di modo ni anni dopo la morte dell’architetto pesa- che il proprio piano del fosso ci serviria per rese, Bernardino Baldi gli dedicò uno dei strada coperta, e questa giunta di terreno, o spal- suoi distici pubblicati nel 1609, scrivendone to la farìa acciò che i difensori non fossero visti l’epitaffio: da nemici, e tanto fossero coperti a piedi, come se fossero a cauallo, e tutto il terreno non solo Ad Hieronim. Arduinum Pisaur Architect. buono ma ancora mediocre lo desiderarìa che Quid arte possis Arduine Palladis si portasse di dentro, non solo per non porgere Doces tabella, regula atque circino. questa commodità ai nemici ma per terrapiena- Epitaphium. re la cortina, e il baluardo. Ma se l’Eccellen- Extruere assuetum moles atque Atria Regum za Vostra Illustrissima pure volesse seguire ad aspice nunc, hospes, quaetula terra tegat 60. alzare la via coperta al pari del piano della boc- ca diffuori delle cannoniere, come gl’altri che sono fatti la sia servita di avvertire, che tal cosa difficilmente le reuscirà, come ora la vederà, nel profile disegnato a.b. rapresenta il parapetto, Appendice Documentaria come deve essere grosso b.c., la sua altezza d.c. il cordone d.e. l’altezza della muraglia a scar- 1. Pareri dell'Arduini in proposito di pa e.f. la larghezza del fosso, dove è più stretto fortificazioni, Biblioteca Oliveriana di nel mezzo della cortina f.g. l’altezza del sito, o Pesaro, ms. 434, fasc. V, cc. 15r-18v. la distancia dal piano del fosso al piano della campagna, dove si ritrova più alto k.f. l’altezza Illustrissimo et Eccellentissimo signor mio della sponda diffuori di detta contrascarpa alta Sing.mo. Si fanno i fossi fuori delle fortezze quanto il piano delle cannoniere di fuori cioè 15 delle quali una sponda fa la muraglia, e l’altra la piedi: k.l. la via coperta di tre canne come ora si contrascarpa di terreno acciò che gl’inimici non usano per molti rispetti, come per potervi tenere possano correre alla sfilata ad assalire le mura genti in battaglia, condurvi Artiglierie e simili della fortezza, et ofenderle, come ancora per azioni; l.m. la salita m.o. lo spalto il quale per coprire i deffensori, che in essi fossero discesi la larghezza del fosso, e qualità del sito se ne va e tai fossi, come l’altre parti delle fortezze i siti a morire, con il suo piano a quello della cam- propri, ci mostrano la forma che devano avere; pagna lontano da XXII canne in circa, che non li quali o ci è permesso di affondarli sotto a noi; doveva arivare a X secondo il parere de molti quando si possano cavare si cavano secondo il dalla sua summita m. sino al .o. suo termine, di solo, firmamento da edificazioni; quando non maniera che facendosi come si è supposto sarìa si possano cavare o ben pocho, come ne sassi necessario, che l’Eccellenza Vostra Illustrissima vivi, acque, paduli, o che molto vicina ella sia facesse fare tutta la parte .g.k.l.m.o. per fattura al piano della campagna, come è questo nostro d’uomini, il che ella medesma può comprende-

121 Studi pesaresi 1, 2012 re, e considerare se le mette conto, et in quanto ne 18 piedi, il cordone 10 once, et il parapetto tempo si compirìa, et la commodità che darìa ai cinque piedi e mezzo che in tutto sarìa alta 24 nemici per coprirsi; e l’utilità che i defensori ne piedi et once 4 e che tal muraglia non è fuori siano per avere, e se tale inconveniente avviene di scala, ma che alzandola lo spalto verìa brie- nella parte più stretta del fosso dirimpetto alla ve. Se risponde che il parapetto alla cortina si cortina, che ne doverà succedere dove il fosso è potrìa alzare doi piedi, e mezzo più che non si è piu largo? come sei ò otto canne distante da fian- detto, che a voler far’altramente, con rimovere chi, e tanto più che in quel luogo il piano della il cordone, e porlo più alto, e seguire, et aggion- campagna resta più basso, e va sempre penden- gere tal altezza alla muraglia a scarpa, e non al do verso il mare se bene io l’ho disegnato piano, parapetto ne seguerìano molti inconvenienti, e et a livello, e più non si può cavar sotto che tre prima, per che il muro della cortina và a scarpa piedi e mezzo in quattro. Quella gionta che si fa tanto di fuori come di dentro, et ora è alla gros- di terreno verso la campagna è nominata spalto sezza sua, o quello che si alzara deve seguire tai o pendio, che copre la via che gira intorno alla scarpe, o no, se deve seguire a scarpa tal muro sponda del fosso diffuori, vien formato dalla alla sua summita riuscirà troppo suttile, o alzan- linea, che fa il tiro dalla summità delli parapetti dosi senza essere sminuito restarìa quasi in aere, alla summità della salita, e va a morire con il et fuori del vivo, e così all’uno come all’altro piano della campagna non doveria passare di modo sarìa pericolo che facilmente ruinasse longhezza diece canne nella maggior larghezza, non solo per le percosse delle batterie, come per come il Signor Duca di Sauoia si contentò ch’io se stesso, spinto dalla gravezza del terreno, oltre eseguisce a Borgo in Bressa. Quando si fanno che i parapetti restarìano più suttili, e bisogna- detti spalti sempre si devano principiare dove rìa guastare il fatto dal cordone in su; e se bene terminano con il piano della campagna, come lo spalto verìa più proporzionato, e fornirìa nel nel punto o. per che se bene non si fornissero piano della campagna nel punto .n. non dimeno di fare sempre sono diffesi e restano con nostro bisognarìa fare ancora la sponda del fosso dif- vantaggio, oltre che facendosi al contrario vi và fuori, la via coperta, nella qual cosa vi occor- assai più spesa per avere il guastatore a salire in rerìa spese grandissime oltre il non avere la alto più che non doveria, e farà assai più strada, materia. Si potrìa ancora opporre che restando i e lassandoli imperfetti restano trincere e bastio- fianchi scoperti facilmente, le cannoniere saran- ni ai nemici, e ciò che più importa non si devano no imboccate, la qual cosa non seguirìa così principiare prima, che il piano del terraglio di essendovi lo spalto che li copre, doppo il fosso dentro non sia ridotto al suo termine di altezza alto XV piedi; se risponde, che simili terragli che si deve ridurre, e cosi il parapetto. Si deve di sabbia presto, e con facillità si tagliano, oltre ancora avere avvertenza nel fare detti spalti che questo nostro sito non lo comporta come si acciò i nimici abbiano meno vantaggio che si è provato di sopra, e comportandolo ritrova, che può si fanno sotto di ghiara pietre con traver- sopra esso l’inimico resta del pari a combattere, se de legnami dove non vi è ghiara e sassi, e et ogni poco che cava resta coperto, il che non sopra si coprano di buon terreno grosso, un pie- avviene alle fortezze senza spalto; poi facendo de e mezzo in due; acciò che cavando i nemici alle spalle degli orecchioni i fianchi vengano a per coprirsi si vengano ad apparecchiarsi da se restar coperti; e non per questo restano di fare stessi pericoli, e danni per che tirrando le nostre l’officio loro. Potrìa ancora essere detto, che il artiglierie, e percotendo le palle nella ghiara, e fosso si potrìa fare dove ora è principiato, e farlo sassi, saranno molto più ofesi; onde ponendovi nella maniera che si è detto senza alzarlo tanto la terra buona fà il contrario. Per che a questo alto; alla qual cosa se risponde che questo non si mio ragionamento potriano essere fatte obiettio, deve fare per che per la sua larghezza non resta- dicendo che essendo la muraglia sino al cordo- rìano coperti i deffensori, nel fosso, ma bene ci

122 Alessandro Paccapelo Girolamo Arduini potrìa servire la materia già condotta, che ora conducendo per la nostra riviera, et al rimedio di forma un’argine in nostro danno disponendola questo altro non vi si oppone se non palleficate, come si conviene, come mostra il profile senza le quali deono scorrere, e situarsi per linea retta lettere, e piccolo conforme l’animo mio e que- di Greco, come ancora la bocca del porto, e se sto è quanto mi occorre di ragionare con L’Ec- bene i pratichi marinari dicano alla prima quarta cellenza Vostra Illustrissima sopra questo parti- di Greco verso tramontana, dicano il medesimo: colare, et umilissimamente con ogni riverenza per i bossoli con li quali si guidano, e navigano, bascio le mani alla sua buona grazia che Iddio le sempre gregeggiano una quarta, cio è la linea da doni ogni colmo di felicità, e contentezza. ostro a Tramontana, non è la vera linea meredia- Di Vostra Eccellenza Illustrissima Humillis- na, ma declina verso Greco una quarta, e per che simo vassallo et servitore Hieronimo Arduino. mi guido con la vera meridiana però dico, che le bocche de porti della nostra riviera (come è anco- 2. Discorso del Cavaliero Arduino sopra ra quello di Sinigaglia) e le pallate, e guardiani il porto di Pesaro, Archivio di Stato di deuono caminare per Greco, come ne renderò la Firenze, Ducato di Urbino – cl. I, f. 4, cc. ragione qui di sotto: per che prima ritornando, 80r-81v. ove lasciai, che il mare di tramontana non mena altro che ghiara, è che se bene detto vento fa for- Due cose concorrono ad accommodare il tuna, non è mai quasi accompagnata da pioggie, porto di Pesaro il fiume, et il mare, et in que- e già essendo fermata la rena, e sabbia nel pro- sto concordano ciascuno, ma a qual di questi si fondo del mare o altrove egli move solo le parti debbia ad accommodare prima discordano, chi superiori, che è la ghiara, la quale egli ci condu- prima a far le pallate, e guardiani, e chi prima ce alla spiaggia, ma ritrovando che pallata o fiu- a fare la cassa del porto: però il mio parere è, me scorra per il diritto di detto vento di Tramon- che quando si avesse il legname, e provisione tana, vi conduce infinita ghiara, come è sucesso d’ogni altra materia, e che si volesse lavorare, più volte al porto di Pesaro, che […] il guardiano si potrebbe mettere mano, in un tempo all’uno, del porto, come il fiume scorrono ambedue per et all’altro; ma volendo fare uno de due, io sono tramontana, come è il disegno negro che mostra, di parere che si accommoda la cassa del porto, come ora è e l’uno, e l’altro se ritrovano. Per e che se incomincia dalla bocca: per che della opporsi dunque a tale danno, si doverà far cami- spesa che si farà nell’istesso tempo, se ne goderà nare così il guardiano, come la cassa, e bocca del il beneficio, e commodità dell’usare il porto; che porto per Greco, come mostra il disegno rosso, quando si facessero, le pallate ove vanno fatte vi ma per che io ritrovo, che il porto, è largo sino vorebbono molti anni prima, che se ne godesse a quatordece canne, ove prima era sette, io lo l’effetto loro, come poi vadano accommodati, vorei riddurre alla medesima larghezza delle set- e l’uno e l’altro, quando mi sarà commandato, te canne, ove ne risultaranno molti benefici. Pri- ne scriverò. Dirò ora solo, che è cosa nota ad ma che renderanno il porto con maggior fondo: ogn’uno, che il mare [con] turbato di levante, per che essendo la cassa più stretta il fiume nello con l’impetuoso corso suo, ci conduce arena, scorrere, si alzarà piu con la sua superficie et per e terra, dal Metauro, Cesano, et Fiume Esino conseguenza sarrà maggior caduta, e per questo portata in mare; et all’incontro il mare di tra- scorrerà con maggior impeto, ove terrà ancor montana, ne munisce di ghiare minute, e questo più netto, e sgombrato il fondo del porto, oltre avviene: perchè quasi sempre che faccia fortu- che verrà a condurre le materie, che conduce, na di levante, succede questo rare volte che non per maggior spazio lontane, dalla bocca del por- piova, et piovendo vengano ad innondare questi to nel mare, e maggiormente ancora si verrà ad fiumi, e scorrere torbidi e portar arena ghiara, e opporre a quelle, che saranno condotte dal mare, terra al mare, il quale con il suo corso ce la va e molti altri benefici si lasciano per brevità. La

123 Studi pesaresi 1, 2012 ragione, che così le pallate, come la bocca del a mano di fortezze … n° 1 porto deono scorrere per Greco, è, che non decli- Modello uno di legno di lavedetta … n° 1 nando, più verso levante, che verso Tramontana, Studioletto uno quale è saratto con la chiave dise viene egualmente a resistere meglio all’impeto averla Sua Altezza Serenissima dice eserli den- di ciascuno, che se declinasse verso tramontana tro quatro cassetini con diversi sorti di fera- sarebbe facilmente ruinata dal mare di levante et menti … n° 1 così al contrario; ma quello, che importa più è, Casseta una piccola di abetto senza coperchio da che la materia condotta dal mare di levante, che tener disegni … n° 1 suole munire sopravento, e cavare sotovento, Retratti di diversi personaggi in quadretti piccoli caminando le pallate per tramontana, e regnando vinti cinque … n° 25 esso vento di tramontana non potrebbe, levare Frigio uno di bronzo, e un modello della libraria la materia munita dal levante anzi ve ne condu- … n° 2 rebbe dell’altra, non solo, dalla parte di levante Modello uno di doi baloardi … n° 1 ma ancora verso ponente, come è occorso poco Cornicie di ebano per un quadretto con la sua tempo fa quando racchiuse la bocca del porto à binda di ermelino paonazzo, […] … n° 1 fatto, il che non avviene mai quando le pallate Pezzo uno di calamitta con la sua sopra cassa … n° 1 sono situate per il vento di Greco: per che quelle Piastre d’ottone trenta quatro … n° 34 materie munite dal levante la tramontana le lie- Figure di bronzo con lauconte dieci … n° 10 va, e quelle, che conduce il mare di tramontana, Cavallo uno di bronzo … n° 1 le lieva il levante, e per questa cagione è neces- Candelieri doi di bronzo … n° 2 sario accommodare la bocca del porto con due Piedi doi di acquilla de bronzo … n° 2 pallate come mostra il disegno rosso, e questo Mezzo dente di alefante segato in pezzi disdotto è quanto mi è parso bene à dir per ora in questo … n° particolare rimettendomi sempre a miglior giu- Pietra una ovatta mischia … n° 1 dizio. Del Cavaliere Arduino. Orologgio uno a forma di calamaro con la sua sopra cassa …n° 1 3. Inventario delle robbe che sonno nel- Orologgio uno grande che mostra li pianetti con la stanza del Architetto di Sua Altezza Sere- la sua cassa … n° 1 Orologgio uno da polvere con la sua sopra cassa nissima consegnate dal Signor Francesco … n° 8 Ardovino in q. di 7 ottobre 1603, Archivio Orologgio uno da polvere che mostra li quarti … di Stato di Firenze, Ducato di Urbino – cl. n° 1 II, f. 3., cc. 5r - 5v. Legino uno et un studiollo d’ebbano … n° 2 Studiolo uno grande d’anoce con la sua credenza c.5r … n° 1 Tavola una granda di abetto con uno cassetino Cannoni doi di latta in uno vi è lasia e nel altro tira fora … n° 1 la europpa in carta peccora con li suoi taffetà Tavole doi di abetto grande con trespoli con suoi verde e bianchi … n° 2 panni sopra cioè un pezzo di spaliera verde et Cannone uno di legno con dentro diversi disegni un pezzo di tapezzaria in tutto … n° 4 di slisci … n° 1 Tavolino uno di ferro per disegnare … n° 1 Libri di desegni legati con cartoni vinti otto … Sedia una da poggio coperta di panno paonazzo n° 28 … n° 1 Libri senza cartone grandi e piccoli vinti quatro Bancheti doi di abetto dipinti … n° 2 … n° 24 Cassa una d’abetto granda con chiave, dentro la Prospetiva una di ebbanno … n° 1 qualle sonno alcuni disegni stampati e disegni Carte peccore cioè caprete per miniatore … n° 12

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Pezzi otto di madre perle … n° 8 Lime da orefici venti una …n° 21 Figure di cera vinti tre … n° 23 Casseta una da scaldare li piedi … n° 1 Calamari di ottone doi … n° 2 Mezzo fiasco di acqua forte per li orefeci … n° 1 Carta reale quinterni doi che fece venire il Signor Uno ornamento di ebbano tondo picolino per Aurelio da Fabriano per li animali … n° 2 agnus dei … n° 1 Mezza oncia di azuro per il pitore … n°½ Libro uno dove sonno li aventari che ano in Cochiglie d’oro dicidotto et di argento dieci in mano li ministri alli boteghini ligato in carta tutte … n° 28 peccora … n° 1

1 A tal proposito, oltre al presente contributo, 10 Luigi Celli, Le fortificazioni militari di Urbi- l’autore si riserva di tornare in futuro sull’argomento no, Pesaro e Senigallia del secolo XVI, in “Nuova in altre sedi editoriali (anche a carattere monografi- rivista misena”, Castelplanio 1895, p.154. «Le for- co), dato che la complessa vicenda storico artistica tificazioni militari di Pesaro inaugurate da questo dell’Arduini richiederebbe più ampi spazi e ricerche Principe aprirono nello Stato di Urbino una insigne di ancor più ampio respiro. scuola d’ingegneri militari. Questo piccolo e privi- 2 È da notare come nello stato policentrico dei legiato territorio, posto nel cuore della Penisola, che Della Rovere fossero presenti diversi palazzi ducali; i aveva prodotto il primo pittore del Rinascimento, più importanti a Urbino, Pesaro, Senigallia, Casteldu- diede anche vita ad una schiera numerosa di valen- rante e Gubbio. tissimi ingegneri, che sparsi qua e là per l’Europa 3 Filippo Ugolini, Storia dei Conti e Duchi ammaestrarono con gli scritti e coll’opera le nazioni d’Urbino, vol.II, Firenze 1859, p. 480. straniere nei più nuovi ed efficaci modi di difesa e di 4 Nei documenti manoscritti cinque e seicen- offesa». teschi consultati per il presente studio, il cognome 11 Bonamini, Abecedario architettonico cit., c. 6. Arduini è spesso indicato anche come Ardovini; in «L’abate Giovan Francesco Lancellotti dallo Staffolo, particolare quando riferito ad un singolo personag- come per particolare notizia a me datane dallo stesso, gio si trasforma in Ardovino. Anche il nome Girola- possiede un manoscritto del cavalier Girolamo Ardu- mo è a volte presente nelle sue varianti Gironimo e ini con questo titolo: Trattato del modo di piantare e Hieronimo. fortificare una città, di pagine 24 in quarto». 5 Giovanna Patrignani, Blasonario della nobil- 12 Pietro Zani, Enciclopedia metodica critico- tà civica di Pesaro, in “Quaderni dell’Accademia ragionata delle belle arti, Parma 1819, p. 181. Fanestre”, 8, Fano 2009, pp. 338-339. 13 Bop, Archivio storico comunale di Pesaro, 6 Origine delle famiglie, c’hoggi sono nel Con- Elenco dei consiglieri della comunità di Pesaro dal siglio della città di Pesaro, Biblioteca Oliveriana di 1436 al 1740, c. 28v. Pesaro (d’ora in poi Bop), ms. 1522, 9, c. 25. 14 Laura Salvetti Firpo (a cura), Ludovico Ago- 7 Il colonnello Girolamo Arduini visse per stini. Le giorrnate soriane, Roma 2004, p. XV. diversi anni a Venezia e poi si ritirò a Pesaro dove 15 Ibid., p. 103. morì intorno al 1685. 16 Antonio Brancati, Una statua un busto e una 8 Domenico Bonamini, Abecedario architetto- fontana di Lorenzo Ottoni. Pagine di storia pesarese, nico degli Architetti Pesaresi civili e militari, Bop, Pesaro 1980, p. 257. ms. 1009, c. 6. 17 Ibid., p.256. 9 Miscellanea di memorie patrie, Bop, ms. 18 Archivio di Stato di Pesaro, Notarile, Antonio 1793, fasc. III. Ubaldi, vol. 68, b. 1227, c. 144r.

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19 Ibid., c. 144v. Filippo Terzi, il quale fa fede che la strada doveva 20 Luciano Baffioni Venturi, I monaci bianchi esser messa fuori delle Mura vecchie e che il Duca a Pesaro, Pesaro 2005, p.148. A tale testo si rimanda venne in persona a ordinarla ecc., ibid., c. 285r. per un più approfondito studio sulla chiesa di Santa 29 Ventotto lettere di Girolamo Arduini al conte Maria degli Angeli. Giovanni Tommasi sopra altre fabbriche del Duca, 21 Guidubaldo del Monte marchese di Mom- Bop, ms. 434, fasc. V. baroccio (Pesaro 1545-Mombaroccio 1607) insigne 30 Ibid., c. 24v. matematico, architetto e astronomo fu allievo di Fede- 31 Ibid., cc.15-18. Nel testo, riportato per intero rico Commandino ed amico e protettore di Galileo nell’appendice documentaria alla fine del saggio, si Galilei. Marito di Felice della Rovere, figlia naturale rimanda con delle lettere ad un disegno purtroppo non di Guidubaldo II, fu titolare a Pesaro di una scuola più allegato al parere dell’Arduini. di architettura (è ancora da indagare a fondo la sua 32 Maria Lucia De Nicolò, La Cattolica del attività di architetto), fu più noto come matematico e Cinquecento, Urbino 1979, pp.165-166. studioso di geometria. Tra i suoi scritti sono da ricor- 33 Ibidem, Tav.10 “Pianta della Catolica fortifi- dare il Mechanicorum liber del 1577 e Perspectivae cata” (sec. XVII). Sulla sinistra la fortificazione rea- libri sex del 1600, entrambi editi a Pesaro. lizzata (1583-1587); sulla destra il progetto completo 22 Baffioni Venturi, I monaci cit., pp.148-149. (Biblioteca Apostolica Vaticana). 23 Carlo Emanuele Montani, Biografie di illu- 34 Ibid., pp. 181-182. stri pesaresi, Bop, ms. 965, c. n. n. La voce è presente 35 Cittadina francese attualmente nella regione nell’elenco «de Cav.ri di Ordini Equestri, Religiosi, e del Rodano-Alpi, storicamente legata alla famiglia Militari della Città di Pesaro» Savoia; Emanuele Filiberto la riottenne dopo la pace 24 Matteo Sabbatini, Memoria istoriale, Bop, di Cateau Cambrésis nel 1559 per ricederla alla Fran- ms. 135, cc. 58-59. La conferma della concessione da cia definitivamente nel 1601. parte del duca è riportata nella pergamena n. 1388/bis 36 Montani, Biografie cit. del 24/09/1574 conservata presso Bop. 37 Architetto pesarese di origine vicentina, che si 25 Elena Povoledo, Pratica di fabricar scene distinse nel’arte militare, in questa vicenda si occupa e machine ne’ teatri di Nicolò Sabbatini da Pesaro, in particolare del vaso della fonte di Miralfiore. Per Roma 1955, p. 140: «Nel 1574 ideò il catafalco per maggiori informazioni sull’architetto si rimanda a: Guidobaldo II: “un bel castello a guisa d’un tempio”, F. Lampertico, Di Giulio Thiene uomo d’arme e di nel mezzo della prima nave del duomo “tutta apparata scienza del secolo XVI, Venezia 1891 in nero”». 38 Ben rappresentato dal Mingucci alla figura 26 Gianni Volpe, Filippo Terzi architetto delle n.10 nella sua opera del 1626 Città e Castella con- fabbriche ducali, in Aa.vv., I Della Rovere nell’Italia servata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. delle Corti, II, Luoghi e opere d’arte, Urbino 2002, Barb. Lat. 4434. Il codice venne poi pubblicato: Cit- pp. 102-103. tà e Castella (1626) tempere di Francesco Mingucci 27 Manfredo Tafuri, L’architettura dell’Uma- Pesarese, presentazione di Carlo Bo, Torino 1991. nesimo, Bari 1976, p. 264. «Gli storici portoghesi 39 Roberta Martufi, Le ville ducali scomparse, danno la massima importanza all’opera dell’italiano in Aa.vv., I Della Rovere nell’Italia delle Corti, II, Filippo Terzi, che arriva in Portogallo nel dicembre Luoghi e opere d’arte, Urbino 2002, pp. 49-55. 1576 con una lettera dell’ambasciata portoghese 40 Ventotto lettere di Girolamo Arduini cit., c. 39 r. a Roma, per ricoprire la carica di «mestre de forti- 41 Ibid., cc.70 r – 71 r. ficaçoes» di re Sebastiano (1557-78). Filippo Terzi, 42 Alla Vedetta è dedicato uno studio più appro- formatosi a Pesaro nell’ambiente di Girolamo e Bar- fondito, in corso di pubblicazione, da parte di chi scrive. tolomeo Genga, e alla corte di Urbino, dove era stato 43 Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Barb. architetto ducale di Guidubaldo II, cura in Portogallo Lat. 4434, n. 13. numerose opere [...]». 44 Fert Sangiorgi (a cura), Francesco Maria II 28 Spogli di G. Battista Almerici, vol. II, Dichia- della Rovere. Diario, Urbino 1989, p. 53: «Fui la prima razione di Girolamo Arduini che d’ordine del Duca volta a disinare alla Vedetta, dove era tanto fresco». egli aveva fin dall’anno 1573 o 1574 disegnata una 45 Per l’argomento vedasi Maria Lucia De strada dietro la muraglia sino alla strada dei forni Nicolò, Il porto ideale. Discorsi, opinioni, relazioni ecc., Bop, ms. 455, c. 285v. Dichiarazione di Mess. “Sopra il porto di Pesaro” nell’età di Guidubaldo

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II della Rovere, in P. Scaramella (a cura), Alberto 54 U. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexicon Tenenti. Scritti in memoria, Napoli 2005. der bilbenden Künstler von der Antike bis zur Gegen- 46 Girolamo Arduini, Discorso sopra il porto di wart, Leipzig 1907-50, ad vocem; Dizionario enciclo- Pesaro, Archivio di Stato di Firenze, Ducato di Urbino pedico di architettura e urbanistica, diretto da Paolo cl. I, f. 4, cc. 80-81. Testo integrale riportato nell’appen- Portoghesi, Roma 1968-1969, ad vocem. dice documentaria del presente saggio; anche in questo 55 Montani, Biografie cit. La guerra di cui si caso si hanno dei rimandi ad un disegno mancante. parla nel manoscritto oliveriano è nota come la “Lun- 47 Lettere scritte nel 1587 dal Conte Giulio ga guerra” o “Guerra dei Tredici Anni d’Ungheria”, Cesare Mamiani favorito del Duca Francesco Maria 1593-1606. II, Bop, ms. 211, fasc. II. 56 Sangiorgi, Francesco Maria II cit., p. 115. 48 Ibid., c. 211 v. 57 Bonamini, Abecedario architettonico cit., c. 49 Lista della Famiglia di S.A.S. ma che si ritro- 6: «Eques Hyeronimus Arduinus obiit Pisauri 14 sep- va al presente adi 11 Giugno 1587 in Pesaro, e altre tembris 1601». simili liste pei 2 Giugno 1587 e pei 25 Settembre 1589, 58 Sangiorgi, Francesco Maria II cit., p. 120. Bop, ms. 375 (Monumenti Rovereschi, vol. XXXVI), 59 Inventario delle robbe che sonno nella stanza c. 11; Lista della famiglia del Duca Franceso Maria del Architetto di Sua Altezza Serenissima consegna- II (Pesaro, 8 Luglio 1589), ibid., c. 1. te dal Signor Francesco Ardovino in q. di 7 ottobre 50 Sangiorgi, Francesco Maria II cit., pp. 84-85. 1603, Archivio di Stato di Firenze, Ducato di Urbino 51 Homero Tortora, Historia di Francia di – cl. II, f. 3, c. 5. Testo integralmente riportato nell’ap- Homero Tortora Da Pesaro, nella quale si contengo- pendice documentaria del presente saggio. no le cose avvenute sotto Enrico Quarto, parte terza, 60 Bernardino Baldi, Carmina, Disticha, Lusus, Venezia 1619, p. 444. Parma 1609, p.17: «A Geronimo Arduino Architetto 52 Lettera di Girolamo Arduini a Giulio Giordani Pesarese / Quello che tu possa o Arduino con l’arte (Bruxelles, 5 Agosto 1598), in: Lettere d’illustri pesa- del Palladio, insegni con lo scritto, la misura e il com- resi, Bop, ms. 425, tomo I, fasc. XVI, cc. 125-126. passo. / Epitaffio / Abituato a costruire fortificazioni e 53 Carteggio di Piersimone Bonamini, o lettere reggie dei re / guarda adesso, ospite, quanta poca terra di vari personaggi a lui, Bop, ms. 1028, c. 23. copra».

127 128 Le “code” pesaresi del caso Galilei di Enrico Gamba

I fatti a cui si fa riferimento seguono due Se il lato astronomico della questione date importanti: il 1820, l’anno in cui papa era definitivamente chiuso, non si può dire Pio VII concede l’imprimatur agli Elemen- altrettanto sia del processo a Galileo, diven- ti di ottica e di astronomia dove il canonico tato l’emblema dell’oscurantismo della Giuseppe Settele, docente presso l’Univer- Chiesa, accusata di ostilità verso la scienza sità “La Sapienza” di Roma, espone come e il progresso, sia dei tentativi di confutare realtà fisica assodata il moto della Terra; il la Bibbia in base alle scoperte che la scienza 1835, in cui il Dialogo sopra i due massimi andava facendo. sistemi di Galileo è tolto dall’Indice dei libri Nel 1836, un anno dopo la cancellazione proibiti. del Dialogo galileiano dall’Indice, si veri- Si tratta di atti ufficiali per così dire, in fica a Pesaro un episodio di scarso rilievo, effetti il Dialogo di Galileo circolava già da tuttavia sintomatico di come venivano sen- molto tempo, se mai preceduto da una nota, tite e giudicate certe affermazioni. Il con- come nella edizione di Padova del 1744 usci- te Domenico Paoli (1783-1853), chimico ta dalla “Stamperia del Seminario”, dove si pesarese di valore, personaggio stimato avvertiva che in merito «alla quistione prin- nell’ambiente scientifico italiano grazie alle cipale del moto della Terra […] non può, né numerose pubblicazioni, noto per le sue deve ammettersi, se non come pura ipotesi posizioni liberali, scrive per le “Esercitazio- matematica, che serve a spiegar più agevol- ni” dell’Accademia agraria di Pesaro il sag- mente certi fenomeni» 1. Cautele metodolo- gio Del sollevamento e dell’avvallamento di giche diventate improponibili perché dallo alcuni terreni Discorso 3. Nel Discorso viene stesso Osservatorio del papa venivano pro- riportato l’episodio, risalente al 1747, della ve del moto della Terra. Nel 1806 Giuseppe denuncia da parte di un vescovo e di due teo- Calandrelli, direttore della Specola del semi- logi protestanti contro alcuni naturalisti, per nario romano, aveva misurato la parallasse aver sostenuto il continuo innalzamento del- della stella fissa Vega; in sostanza Vega viene le coste rispetto al livello del Mare Baltico. vista sotto un angolo che varia durante l’an- I più noti tra gli accusati erano il fisico no, prova inconfutabile del moto della Terra, svedese Anders Celsius (1701-1744) e il infatti se la Terra rimanesse ferma l’angolo naturalista svedese Carl Linneo (1707-1778). rimarrebbe costante 2. Così il canonico Set- L’accusa di «essere cotali osservazioni oppo- tele poteva superare le ultime resistenze e ste alle epoche mosaiche» 4 veniva subito ottenere l’imprimatur di cui sopra. respinta dalle autorità governative, Paoli cita

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giudicava il riferimento a Galileo inoppor- tuno, una forzatura polemica inserita in un testo in cui si parla di tutt’altro, e chiede al Paoli di eliminarlo. Paoli, che in quel periodo stava a Firenze, incarica il naturalista pesa- rese Francesco Baldassini di tranquillizzare il Coli sulla limpidezza delle sue intenzioni:

Egli [Coli] non vole che io faccia parola del Galilei. Prego dunque voi di persuaderlo che quanto io ho scrit- to, dicendo che il caso del Celsio che fu accusato di eresia, ci ricorda quanto avvenne a Galilei, è cosa innocentissima. Che ambidue fossero accusati di opinioni eterodosse è indubitato, dunque l’un fatto può ricordare l’altro. Io poi non dico nul- la contro la condanna del Galilei e me ne sarei ben guardato 6.

La mediazione del Baldassini ha buon Fig. 1 – Domenico Paoli, da Ricerche sul moto molecolare de' solidi di Domenico Paoli, Firenze esito e il riferimento a Galileo può “passare”, 1840. del resto Coli era stato precettore del Paoli, tra i due correva buona stima. Sorgono però il fatto compiacendosi e coglie l’occasione obiezioni su come veniva espresso il rife- per ricordare il processo a Galileo. rimento a Galileo. In effetti, diversamente da quanto scrive al Baldassini, una valuta- Lo innalzamento progressivo delle zione del processo a Galileo Paoli la dava, coste del Baltico, avvertito già da que- la versione iniziale del brano era: «[…] ci gli insigni fisici che onorarono lo -scor so secolo, ma che però non andarono ricorda le tristi vicende del sommo italiano immuni da una taccia e da un’accusa che Galilei, se non che essi rinvennero miglior ci ricorda le vicende del sommo italiano sorte presso quella Dieta innanzi alla qua- Galilei, se non che essi rinvennero un’al- le fu portata quell’accusa, e che rettamente tra sorte presso quella Dieta innanzi alla giudicò della medesima». Ben sapendo che quale fu portata quell’accusa, e che retta- la terminologia è valutativa, Coli chiede che mente giudicò della medesima 5. facciano alcune correzioni. Scrive Baldassini a Paoli: Proprio su questo brano Paoli aveva incontrato obiezioni da parte delle autorità Ho parlato con Coli e mi sembra la ecclesiastiche che dovevano concedere al cosa ridotta a poco assai. M’ha detto che Discorso l’imprimatur. Il canonico Antonio esso non ha inteso di togliere ciò che Coli, professore di Teologia dogmatica e di riguarda Galileo, ma solo un epiteto. Se Storia sacra presso il seminario di Pesaro, dite per esempio che il caso di Celsio

130 Enrico Gamba Le “code” pesaresi del caso Galilei

ricorda quanto avvenne a Galileo, non è dall’introduzione di presunte “cause creatri- nulla. Ma gli pare che in un sito diciate le ci” di natura fisica: “tristi” vicende di Galileo, o altro simile, o che nel qualificare per riprovevoli o con Come non mi gustano quelle cause altro epiteto somigliante la vicenda del creatrici. Cotale aggiunto non mi sem- Celsio, veniate a qualificare in pari modo bra opportuno, motrici, modificanti, o quelle del Galileo. qualch’altro aggiunto su questo livello mi sembrerebbe più al caso, senza richia- Baldassini riferisce anche le scuse del Coli: marci la creazione dal nulla, la quale operata da Dio, se maggiore sviluppo di M’ha detto che avendo dato luogo il forze secondo il Liell e Baumond hanno fatto di Galileo a tanti clamori, non vuole avuto le cose create sui primi secoli della compromettersi con Roma. M’ha detto loro esistenza, non è per questo che aves- ancora che non ha posto mano a toglie- sero in sé un’attività di produrre ciò che re quella parola che è il soggetto della non esisteva 8. censura per mostrare anzi la defferenza e la fiducia che ha in voi, unita a molta Paoli accetta i consigli del Coli, pertanto stima. […] Lasciando che quelle vicen- nella versione definitiva delDiscorso trovia- de vi stiano come un puro fatto storico, mo che secondo il fisico-matematico france- senza caratterizzarle né buone né cattive, se Joseph Fourier (1768-1830) l’inizio del né giuste né ingiuste, ognuno le prenderà come crede 7. raffreddamento della Terra “potrebbe risalire a gran numero di secoli addietro” 9, elimi- Alla fine l’aggettivo “tristi” viene tolto, nando il dato quantitativo dei 200 milioni di la “miglior sorte” diventa “un’altra sorte”, anni, forse perché in contraddizione con la Coli fece finta di non accorgersi che “retta- cronologia biblica, o forse perché lo stesso mente giudicò” in quel contesto era un giu- Paoli aveva dei dubbi. Sempre nel Discorso dizio anche sul caso Galileo. Ma gli ostacoli non compaiono cause motrici, né modifica- che il saggio incontrava non finiscono qui. trici, né creatrici. L’idea generale che Pao- Scrive direttamente Coli a Paoli: li si è formato è che la Terra ha un nucleo caldissimo, allo stato fuso, animato da un Rimetto a lei il ‘Discorso sul solleva- incessante “moto intestino” della materia, mento ed avvallamento dei terreni’ con moto che si ripercuote sulla crosta terrestre moltissimo piacere e nulla ho ritrovato producendo innalzamenti ed abbassamenti che possa cadere sotto la disapprova- del suolo, oltre che vulcani e terremoti 10. zione di qualunque censore. Ma sa ella Nella lettera del Coli troviamo accennati però che i piccoli ingegni sono talvolta due punti critici del rapporto Bibbia-scien- scrupolosi ancora delle più piccole cose. za, ossia la geologia – vedi il riferimento al Io riputandomi fra questi non inclinerei raffreddamento della Terra – e la biologia – che fosse espressa anco fra due parentesi l’idea del Fourier dei due milioni di seco- la creazione dal nulla –, che saranno oggetto li per il raffreddamento della Terra. di discussioni nell’ambito del vivace dibat- tito scientifico che caratterizza Pesaro nella Più ancora del tempo di raffreddamen- prima metà dell’Ottocento, in particolare la to del pianeta Terra, il Coli è preoccupato cerchia dell’Accademia agraria.

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Oltre ai citati Paoli e Baldassini troviamo a Pesaro due ecclesiastici molto attivi come insegnanti e come scienziati, sono l’abate Serafino Merloni (1778-1836) e il canonico Antonio Mazzoli (1801-1877). Merloni insegna Filosofia morale nel seminario, Matematica e Scienza della navigazione nel pubblico ginnasio comuna- le; così lo ricorda Giuseppe Mamiani: «Fu il primo nella sua patria ad esperimentare sui gas, sull’elettrico, a decomporre l’ac- qua; si applicò all’estrazione dello zucche- ro dall’uva e dalle fecole dei nostri frutti, sicché n’ebbe a guiderdone una medaglia d’onore dall’amministrazione del Regno Italico» 11. Mazzoli è allievo del Merlo- Fig. 2 – Antonio Mazzoli, da S. Viani, Comme- ni, insegna Filosofia naturale nel pubblico morazione del canonico professor Antonio Maz- ginnasio, anch’egli è un valido e apprezza- zoli nel cinquantesimo anniversario della sua to sperimentatore nel campo dell’ottica e morte, Pesaro 1928. dell’elettrologia. Va aggiunto il marchese Pietro Petrucci (1777-1863), acceso libera- cordo alla contrapposizione. In definitiva, in le, chimico e naturalista, docente nella scuo- un modo o nell’altro, il processo a Galileo la dell’Accademia agraria dove insegnava continua ad avere il suo peso, mostra una anche Paoli. “coda” che non accenna a terminare. Siamo quindi alla presenza di personaggi La ricostruzione di queste più o meno direttamente impegnati nella ricerca scienti- accese controversie in ambito pesarese è dif- fica, aggiornati sui progressi delle scienze, ficile per le scarse tracce che hanno lasciato, disposti a dialogare e a collaborare. Si legge ci sono tuttavia due significativi documenti su nel Registro delle persone di Pesaro e suo cui voglio attirare l’attenzione, sono gli elogi Distretto pregiudicate in opinione politica funebri di Serafino Merloni e di Domenico compilato nel 1835 da un anonimo funzio- Paoli tenuti rispettivamente dal citato Anto- nario dell’ufficio di polizia, che Paoli fre- nio Mazzoli e da Alessandro Serpieri (1823- quentava «il maestro prete Merloni, con cui 1885), padre scolopio, noto meteorologo e teneva discorsi scientifici particolarmente sismologo, docente di Fisica nell’università sulla chimica» 12; sempre Paoli collabora di Urbino. Sono discorsi accuratamente pre- col Mazzoli per ricerche meteorologiche. parati, tenuti di fronte a un vasto pubblico, Tuttavia finché si rimaneva in ambito esclu- poi stampati, nei quali si va oltre il consueto sivamente scientifico non c’erano attriti, le elogio del defunto per intervenire su quelli controversie sorgono quando vengono messi che erano sentiti punti di disaccordo. a confronto i risultati delle scienze con il det- Nella orazione funebre, tenuta il 18 gen- tato biblico, e allora si crea tra ecclesiastici e naio 1837 in occasione del trigesimo del- laici una distanza che va dal semplice disac- la morte del Merloni, il canonico Mazzoli

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Come esempio cito un brano tratto dal- la voce “fossili” del Dizionario ragionato universale di Storia naturale del naturalista francese Jacques-Christophe Valmont de Bomare (1731-1807), opera assai diffusa, ben nota ai nostri autori, con numerose edi- zioni e aggiornamenti dal 1764 in poi. La traduzione italiana in 41 tomi vede la luce a Roma dal 1791 al 1804.

Prova d’altronde l’esperienza che gli ammassi di corpi marini i quali si trovano nell’interno della Terra, non vi sono sta- ti gettati a caso; oltre di che questi corpi non si trovano disposti come se fossero caduti in ragione della loro gravità spe- cifica, poiché s’incontrano spesse volte negli strati superiori di un sito della Terra corpi marini di un peso molto maggiore di quello dei corpi che rimangono al di sotto. Si trovano finalmente corpi molto pesanti, misti talvolta con altri molto più Fig. 3 – Monumento funebre a Domenico Paoli, leggeri. opera dello scenografo Pirro Rota, da Elogio fune- bre del conte Domenico Paoli di Pesaro per Ales- Questi dati osservativi smentiscono sandro Serpieri delle Scuole Pie, Pesaro 1855. l’esistenza di un diluvio universale: rivolge l’accusa di fondo contro «i filoso- Sembra che tutto dimostri un soggior- fi del passato secolo, secolo da voi troppo no delle acque del mare lunghissimo e di ingannato»: costoro hanno «tentato di scuo- molti secoli, successivamente continua- tere i fondamenti irremovibili della Religio- to, e non una inondazione passeggera e di pochi mesi, come alcuni li hanno preteso. ne rivelata abusando di ogni scienza, e mas- 13 Ripetiamo che se i fossili fossero stati simamente della geologica» . Viene presa unicamente trasportati da una improvvisa di mira la geologia perché la presenza di e violenta inondazione, tutti questi corpi conchiglie e di pesci fossili nelle rocce dei sarebbero stati gettati confusamente e monti era tradizionalmente considerata una mutilati sulla superficie della Terra, il che prova del diluvio universale. Nel corso del è contrario alle osservazioni 14. Settecento le ricerche geologiche effettuate nelle più disparate parti della Terra, manda- Mazzoli è naturalmente di avviso oppo- vano in crisi questa spiegazione mettendo in sto, rivolgendosi in maniera diretta alle per- discussione l’esistenza del diluvio. Un risul- sone presenti alla cerimonia funebre, coglie tato scientifico confutava il racconto biblico, l’occasione per invitarle ad “approssimarsi” una situazione analoga al caso Galileo. alla “cattedra” del Merloni, perché da quella

133 Studi pesaresi 1, 2012 cattedra venivano le giuste e scientificamen- mio grande amico, quanto sarei fortunato se te fondate spiegazioni, tutte in accordo con la ghirlanda delle lodi che ebbi l’onore d’in- la Bibbia. Il tono è quasi di rimprovero: tessere sul tuo sepolcro valesse a innamo- rare anche un sol cuore alle pure dolcezze Se vi foste approssimati alla sua cat- della Scienza congiunta alla Religione» 18. tedra avreste veduto che tutti gli esseri Comunque sia, Serpieri non rinuncia a organizzati fossili sono disposti negli proporre con chiarezza le sue posizioni su strati del suolo precisamente e univoca- due temi ben più importanti dell’origine dei mente nell’ordine assegnato da Mosè alla fossili, infatti questa volta è messa in cau- creazione delle diverse sostanze. Avreste sa l’origine e l’esistenza della vita, sono il veduto che questa Terra porta prove ine- tema della generazione spontanea della vita luttabili di un cataclismo istantaneo ed universale; che le epoche a questo asse- e il tema della forza vitale. La dottrina della gnate da tanti popoli, o sono false eviden- generazione spontanea compare nell’ultimo temente, o in pieno accordo colla biblica capitolo delle Ricerche sul moto molecola- cronologia. Avreste veduto che la scienza re de’ solidi pubblicate da Paoli a Firenze non vuole punto più antica l’epoca di sì nel 1840, tuttavia è evidente come da tempo grande catastrofe, e che le sue scoperte fosse oggetto di accese discussioni, infat- confermano le narrazioni della Genesi 15. ti già nella prefazione Paoli mette le mani avanti. Innanzitutto nota che la dottrina Nello stesso discorso Mazzoli critica il della generazione spontanea è «al presen- materialismo «dottrina delle supposizioni te seguita da’ sapienti più insigni dell’età gratuite ed assurde» 16. nostra» 19. A parte l’esagerazione sul lar- Veniamo così alla seconda orazione go consenso, la dottrina poteva contare su funebre, quella per la morte di Domenico alcuni autorevoli sostenitori come il barone Paoli, nonché all’altro campo di controver- d’Holbach (1723-1789) che nel Système de sia, quello della biologia nel quale inter- la nature, pubblicato nel 1770, attribuisce vengono proprio posizioni materialistiche. alla materia la capacità di generare la vita, e Il padre Serpieri che tiene l’orazione nutre come Erasmus Darwin (1731-1802), autore sincera stima per la persona e per l’opera più volte citato dal Paoli e nonno del famoso del Paoli «che vecchio e carico d’allori ono- Charles, che nell’opera Zoonomia, pubbli- rava di sincera e leale amicizia me, giova- cata in traduzione a Milano nel 1803-1805, ne e nuovo nelle vie della scienza» 17, pur difende la generazione spontanea della vita. non condividendo alcune idee del chimico Paoli assicura che a sostegno della dottrina pesarese. Inoltre Serpieri è ben consapevole porterà fatti validi, osserva che i fatti «pos- di parlare davanti a un pubblico ancor più sono smentirsi se male osservati o altera- critico e perfino ostile verso la religione cri- ti, non mai condannarsi, ché ciò varrebbe stiana e verso la Chiesa di quello che aveva lo stesso che condannare la verità». Resta di fronte diciassette anni prima il canoni- comunque in attesa di eventuali contropro- co Antonio Mazzoli. Siamo nel 1854 e si ve: «Se errai nelle conseguenze, farò mia avverte l’imminente fine dello Stato della gloria il piegarmi alle prove che chiunque Chiesa. Facendo fronte alla circostanza Ser- me ne faccia conoscere l’errore, rinunziare pieri si rivolge al defunto ed esclama: «Ah al vero giammai».

134 Enrico Gamba Le “code” pesaresi del caso Galilei

Confessa anche qui la limpidezza dei medesimi, non «dall’essere essi prodotti suoi intenti: «Se alcuna delle opinioni da me da cause e da leggi diverse da quelle che discorse riuscissero in opposizione a quei regolano la materia comune, ma bensì dal principi della più sana e pura sapienza, […] non saperne noi valutare né tutte le cause in dichiaro qui non essere questa la intenzio- azione, né la loro forza. […] Nulla ci obbli- ne che mi guidava nel compilare la presente ga a riconoscere nella macchina animale opera mia». Conclude con l’invito: «E se delle leggi chimiche e meccaniche diverse ciò piaccia, accolgasi tutto quanto da me si dalle universali». Posizione legittima, tutta- dice in questo mio libro siccome puramente via non deducibile dai fatti, il contrario di ipotetico». quanto reclama Paoli in tante occasioni. Le In sintesi Paoli è convinto che la gene- conseguenze sono immediate, infatti quelle razione spontanea della vita sia un fatto stesse «leggi chimiche e meccaniche» per- scientificamente assodato, quelli che riten- metteranno la generazione spontanea della gono il contrario per motivi che esulano vita senza alcun intervento divino, l’esisten- dalla scienza, possono, bontà loro, prender- za della vita diventa un naturale risultato la come ipotesi. Per completare il quadro delle leggi che governano l’universo. occorre notare che la questione della gene- Nella orazione funebre Serpieri affronta razione spontanea s’intrecciava con la con- entrambe le questioni, mettendo in chiaro i troversia sull’esistenza di una forza vitale, e punti di dissenso e facendo importanti pre- dati i presupposti la posizione del Paoli non cisazioni. Esordisce dicendo: «Non vorrò poteva che essere di netta contrapposizione peraltro in niun modo consentire col mio verso i “vitalisti”. Scrive nel febbraio 1826 illustre amico nelle dottrine della genera- a Domenico Meli, primario presso l’ospeda- zione spontanea, le quali anzi, non teme- le di Ravenna: rò di dirlo, parmi che debbano offendere e contristare ogni intelligenza» 21. Comunque Potrebbero essi [vitalisti] dire che apprezza che Paoli nella prefazione del testo se i corpi animali sono regolati da leggi dichiari la natura ipotetica della teoria «per diverse da quelle che sono comuni agli sfuggire la responsabilità delle orribili con- altri esseri della natura, ciò debbe avere seguenze che altri soglion trarre da simi- una causa, od un quid ignoto, ch’essi for- li teorie». Serpieri vede in questo la retta se non tarderebbero a chiamare col voca- intenzione del Paoli il quale «benché non bolo versatissimo di vita. E ad una parola conoscesse valide ragioni, o intrinseche od così indeterminata (quando non s’intenda per l’equivalente della somma di tutte le estrinseche, in favore della contraria senten- forze, di tutte le leggi che regolano i corpi za», cioè contrarie alla generazione spon- viventi) è facile dare ora un aspetto, ora tanea, volle cedere «al vigile magisterio di un altro e farla servire di base, quantun- una superiore sapienza» 22. Se la teoria della que labilissima, a quante ipotesi mai si generazione spontanea della vita andava a possano immaginare 20. negare l’esistenza della vita come atto di amore divino, la negazione dell’esistenza di Nella stessa lettera Paoli si dice convinto una forza vitale non riducibile agli antece- che la difficoltà di comprendere i “fenome- denti fisici e chimici, si scontrava con la dot- ni animali” dipende dalla complessità dei trina della spiritualità dell’anima. Anche su

135 Studi pesaresi 1, 2012 questo interviene Serpieri “assolvendo” per tati scientifici, come appunto nel caso della la seconda volta un Paoli «fiero certamen- formazione dei fossili e nel caso del siste- te della libertà delle sperimentali ricerche e ma copernicano; sono questioni destinate a della rettitudine di sua coscienza» 23. Serpie- perdere via via importanza. Rimaneva inve- ri richiama innanzitutto il giusto atteggia- ce e si acuiva lo scontro tra due posizioni mento con cui affrontare la questione: «Noi culturali di fondo: se la scienza possa o non lasceremo ai fisiologi di combattere sul loro possa fornire un’esauriente spiegazione del campo, ma non saremo così ingiusti col vol- mondo, uomo compreso, cioè se la scienza go dei paurosi o dei maligni, da vitupera- sia o non sia il miglior discorso sensato sulla re con temerari sospetti la memoria dei più totalità del reale. Una risposta affermativa puri cultori della scienza», come appunto a queste domande era il rischio che corre- stima Paoli. vano dottrine come quella della generazio- Di seguito Serpieri difende la legittimità ne spontanea della vita, seppure proposte dell’indagine scientifica anche sulla “mate- in via ipotetica. In questo dibattito, che si ria organata”, cioè sul vivente: «Impercioc- svolgeva su un piano scientifico, filosofico e ché investigare i fenomeni e le leggi della teologico, interviene un decisivo fatto poli- materia organata per trovare la piena ragione tico con la fine dello Stato della Chiesa e nelle forze comuni a tutti i corpi, non è un la formazione del Regno d’Italia. Il nuovo rinnegare la vita intellettuale e l’esistenza di Stato intraprende una politica decisamen- quella nobilissima e incorporea sostanza – la te anticlericale. Per quanto qui interessa, a forza vitale – le cui facoltà sono ben diverse essere colpito è il campo dell’educazione, da quelle dei corpi» 24. Termina proclamando nel 1884 al padre scolopio Alessandro Ser- l’armonia tra scienza e religione: «Sì bene pieri viene tolta la docenza di Fisica presso vorrò ripetere e altamente proclamare che l’università di Urbino, nonostante la fama la Religione, primissima scuola di sapien- scientifica di cui godeva. Dopo la morte za, non fu mai né avversa, né timida amica del Mazzoli nel 1877 e quella del Serpieri ai forti e coscienziosi studi; e potrei anche nel 1885, non troviamo in sede locale altre consigliare un poco più di rispetto pei nobili figure di ecclesiastici-scienziati, rimangono ingegni che spaziano tranquilli ed innocen- tuttavia ben vive le polemiche. ti nelle sublimi regioni della scienza» 25, tra L’8 aprile 1927 Stefano Viani, rettore questi c’è senza dubbio Paoli. Sicuramente del seminario, tiene nel duomo di Pesaro la l’abate Merloni e il canonico Mazzoli avreb- commemorazione per i cinquanta anni dal- bero sottoscritto queste parole: erano eccle- la morte del canonico Mazzoli; il discorso siastici pienamente convinti, in virtù della che pronuncia non poteva essere più chia- loro personale esperienza di ricercatori, che ro. Mazzoli fa parte di «una eletta schiera di scienza e religione non solo possono coesi- sacerdoti che teneva alta la fiaccola del vero, stere, ma si rafforzano a vicenda. insegnando le scienze e insieme praticando Per concludere è il caso di notare come la religione e la fede», grazie a questa assi- il rapporto scienza-religione abbia seguito dua opera aveva eretto «un argine al dilaga- tre passaggi. In primo luogo le controversie re dell’empietà rendendo un impareggiabi- sui contenuti, cioè sulle discrepanze e con- le servizio alla Chiesa e alla patria». Tutto traddizioni tra il racconto biblico e i risul- questo in una situazione difficilissima:

136 Enrico Gamba Le “code” pesaresi del caso Galilei

Mentre sotto il nome di scienza si E tanto più mi è grato richiamare alla bandivano dottrine deleterie che mira- nostra memoria il nome del Mazzoli in vano a seminare errori e preparavano le quest’anno in cui si celebra la commemo- generazioni al socialismo e all’anarchia; razione centenaria dei due grandi scien- mentre il governo liberale, asservito alla ziati Newton e Volta, coi quali il nostro massoneria, collocava nelle cattedre canonico ebbe comune l’amore immenso universitarie degli apostati, dei miscre- alla scienza e l’ansia continua della ricer- denti, a insegnare il positivismo e il ca. Quest’amore mosse il discepolo a materialismo 26. studiare le scoperte dei due sommi mae- stri, a seguire le loro orme nelle profonde Nel 1927 ricorrevano i cinquanta anni elucubrazioni del calcolo e della natura, dalla morte del Mazzoli insieme ai cen- nelle quali sentiva più da vicino Iddio e la to anni dalla morte di Alessandro Volta e i sua infinita sapienza ordinatrice. Inferio- re a questi due astri maggiori per vastità duecento anni dalla morte di Isaac Newton; di scoperte, ha comune con essi lo stesso il rettore Viani coglie l’occasione per pro- amore alla religione, poiché Newton e clamare Antonio Mazzoli “discepolo” dei Volta, come tutti i grandi scienziati, furo- due grandi come scienziato, e compagno di no credenti, dimostrando così che la fede cammino come credente. non tarpa le ali dell’ingegno, ma è del genio la più forte ispiratrice 27.

1 Opere di Galileo Galilei divise in quattro 8 Bop, A. Coli a D. Paoli, Pesaro 31 dicembre tomi, in questa nuova edizione accresciute di molte 1837, ms. 1642, fasc. 13, cc. n. n. cose inedite, Padova 1744; per l’edizione viene uti- 9 Del sollevamento e dell’avvallamento cit., p. lizzata la copia del Dialogo, Firenze 1632, conservata 132. nella biblioteca del Seminario patavino recante a mar- 10 Ibid., luoghi vari, in particolare p. 137 gine note autografe di Galileo, anch’esse pubblicate. 11 G. Mamiani, Biografia di Serafino Merloni, 2 Sull’intera vicenda: Copernico Galilei e la in «Opuscoli scientifici del conte Giuseppe Mamiani Chiesa, fine della controversia (1820), gli atti del Della Rovere», Firenze 1840, pp. 121-129. Sant’Uffizio, a cura di W. Brandmüller e E.J. Greipl, 12 Registro delle persone di Pesaro e suo Olschki, Firenze 1992. Distretto pregiudicate in opinione politica, in «Studia 3 Sul Paoli: E. Gamba, Le scienze a Pesa- Oliveriana», n.s., vol. X (1990), p. 41. ro nell’Ottocento: Domenico Paoli, l’Osservatorio 13 A. Mazzoli, Orazione funebre letta nelle «Valerio», in corso di pubblicazione. solenni esequie di trigesima dell’abbate D. Serafino 4 Del sollevamento e dell’avvallamento di Merloni, in “L’amico della gioventù”, fasc. 6, ottobre alcuni terreni discorso di D. Paoli, in “Esercitazioni 1837; p. 9 nell’estratto pubblicato a Modena. dell’Accademia agraria”, a. VII (1838), sem. I, p. 80. 14 Dizionario ragionato universale di Storia 5 Ibid., p. 84. naturale contenente la storia degli animali, vegetabili 6 Biblioteca Oliveriana Pesaro (Bop), D. Paoli e minerali. […] Opera del signor Valmont di Boma- a F. Baldassini, Firenze 12 aprile 1838, minuta di let- re membro delle principali Accademie, tradotta dal tera, ms. 1642, fasc. 3, cc. n. n., . francese sulla quarta edizione e di nuovo accresciuta, 7 Ibid., F. Baldassini a D. Paoli, Pesaro, senza Roma 1794, tomo XIV, pp. 225-226. data. 15 A. Mazzoli, Orazione funebre cit., p. 9.

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16 Ibid., p. 8. 21 Elogio funebre del conte Domenico Paoli, op. 17 Elogio funebre del conte Domenico Paoli cit., p. 26. di Pesaro per Alessandro Serpieri delle Scuole Pie, 22 Ibid., p. 27. Pesaro 1855, p. 13. 23 Ibid., p. 26. 18 Ibid., p. n. n. 24 Ibid., p. 29 19 D. Paoli, Ricerche sul moto molecolare de’ 25 Ibidem. solidi, Firenze 1840, p. 16. 26 S. Viani, Commemorazione del canonico pro- 20 Bop, D. Paoli a D. Meli, Pesaro 12 febbraio fessor Antonio Mazzoli nel cinquantesimo anniversa- 1826, ms. 1642, fasc. 33. rio della sua morte, Pesaro 1928, p. 13. 27 Ibid., pp. 16-17.

138 La famiglia Della Ripa dalle carte di un archivio privato

di

Luisa Levi D’Ancona Modena

I Della Ripa erano una delle più cospicue famigliare che verranno prese in analisi per famiglie della comunità ebraica di Pesaro meglio cogliere i ruoli di genere all’interno nello Stato pontificio tra Sette e Ottocento. della famiglia. Altro perno centrale del sag- Come dimostrato da vari saggi, attraverso gio sarà quello di cercare di capire le moda- l’attività feneratizia prima, bancaria poi e lità con cui vari membri della famiglia Della accurati investimenti immobiliari dentro e Ripa riescono a «inserire le proprie strate- fuori Pesaro, già alla fine del Settecento e gie capaci di modificare e condizionare le soprattutto nella prima metà dell’Ottocen- forme del potere negli interstizi dei siste- to i Della Ripa erano riconosciuti tra i più mi normativi vessatori dell’Antico Regime abbienti della comunità 1. Non intendia- soprattutto nello Stato pontificio»3 . mo con questo saggio riproporre le notizie Il saggio è cronologicamente e tematica- documentarie già note, ma supplementarle mente strutturato concentrandosi per ogni con alcune notizie tratte dalle carte dell’ar- fase su alcuni documenti che paiono parti- chivio privato Della Ripa per cercare di colarmente interessanti per questo tipo di capire quali fossero le strategie di soprav- analisi. Per il Settecento ci concentreremo vivenza di questa famiglia all’interno del su documenti che attestano l’importanza ghetto di Pesaro prima e le modalità d’inte- della dote come fonte di conservazione e grazione tra Pesaro e Toscana poi. investimento del patrimonio famigliare, per L’archivio è custodito in una collezio- verificare se anche per i Della Ripa si possa ne privata a Firenze, e consiste di circa ipotizzare la validità della tesi di Allegra sul- 500 documenti relativi agli affari del ban- la devoluzione famigliare ebraica a Torino 4. co dal 1761 al 1869, atti giudiziari, e altri Per il periodo a cavallo tra Sette e Otto- documenti su Salvatore Della Ripa (morto cento, ci concentreremo sulla vertenza giu- nel 1819), i suoi figli Giuseppe (morto nel diziaria tra i fratelli Della Ripa e Secondo 1853), Laudadio (1790-1869) e Samuele Ripini, figlio di un lontano cugino conver- (1795-1829), il figlio di Giuseppe, Cesare titosi al cristianesimo nel 1769. La verten- Della Ripa (1817-1889) e sua figlia Valen- za giudiziaria che si protrae tra il 1820 e il tina Della Ripa (1864-1907) 2. La maggior 1830 è interessante perché tra “attacco” e parte dei documenti sono di natura ufficia- “difesa” emergono vari dati sulla famiglia, le, si tratta per lo più di copie o originali sul suo patrimonio, sui rapporti interfami- di documenti notarili e giudiziari. Esistono gliari filtrando anche emozioni, insieme anche alcune, rare, lettere di corrispondenza a considerazioni più generali sul ghetto di

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Pesaro. Ripini cerca di ottenere il più possi- visse per alcun capitale, ma come sempli- bile contro i lontani cugini, che intanto sono ce industriante» 7. Dopo la morte del padre, riusciti a costruirsi un patrimonio notevole Sara sposa Angelo Gentilomo portando in a Pesaro, nella sua provincia e anche fuo- dote 300 scudi ducali, soprattutto in oggetti ri dai confini dello Stato pontificio. Per la muliebri, Zaccaria sposa Allegra Cagli nel fase 1820-40 quando la famiglia si divide 1740 e Rachele Della Ripa l’anno succes- e per parte dell’anno risiede in Toscana, sivo sposa Salomone del Bene portando in non tagliando però completamente i pon- dote 100 ducali in vesti e un jus gazagà, il ti con Pesaro, analizzeremo documenti diritto di affitto che gli ebrei potevano ipo- che attestano come era possibile costruire tecare, lasciare in eredità o appunto impe- un sostanzioso portafoglio di investimenti gnare come dote 8. Nel caso di Zaccaria immobiliari sia rustici che urbani nel con- l’enfasi è posta sull’impiego dei 500 scudi testo delle vessatorie e stringenti politiche della dote portata dalla moglie che consen- anti ebraiche dello Stato pontificio. Per gli te a Zaccaria di iniziare una «tenue nego- anni ’30 e ’40 l’analisi si sposta sulla fami- ziazione di indumenta e d’altri meschini glia Della Ripa tra Pesaro e Firenze e per gli oggetti all’uso ebraico aprendo una piccola anni ’40 analizzeremo le reazioni famigliari bottega e ritenendovi in società il fratello al primo matrimonio esogamico della fami- Angelo con cui conviveva» 9. Questa inizia- glia per concludere sulla figura di Laudadio tiva però fu fallimentare; infatti nove anni Della Ripa tra Pesaro e Firenze, banchiere dopo, la moglie Allegra Della Ripa Cagli ma anche tra i primi entrepreneurs protoin- chiede al vescovo di Pesaro «supplicandola dustriali, uomo di cultura e collezionista, degna di concederli l’inibizione nelle forme scapolo ma perno della famiglia allargata. solite di ottenere l’assicurazione della sua dote, stante che il di lei marito vergeva ad Il primo documento nell’archivio è una inopia [...] di non essere molestata da debi- copia della dote di Sara Della Ripa che sposa ti alcuni» 10. Il vescovo concede la garanzia Angelo Gentilomo nel giugno 1739 5. I Gen- che «niuno ardisca molestarla, e turbarla tilomo erano un’altra famiglia in vista della con qualsivoglia mandato rilasciato, o da comunità di Pesaro. I legami tra le due fami- rilasciarsi contro detto Zaccaria suo marito glie si perpetuano nelle generazioni succes- sopra li beni, ed effetti del medesimo, per sive sovrapponendo, come spesso accadeva, esser questi obbligati ed ipotecati per la di l’endogamia all’interno del gruppo religioso lei dote di scudi 500». Questo accenno alla all’endogamia famigliare 6. Sara era figlia di dote di Allegra Cagli e il fatto che ancora Salvatore Della Ripa, che almeno dal 1719 dopo nove anni essa potesse chiedere alle abitava con la famiglia in una casa di pro- autorità garanzie per essere esclusa da prietà della Compagnia di Sant’Andrea di debiti pare confermare l’ipotesi di Lucia- Pesaro. Alla sua morte nel 1736 Salvatore no Allegra sull’uso della dote nel ghetto di – che lasciava due figli maschi Zaccaria e Torino nel Settecento. Egli dimostra che la Angelo e tre figlie femmine, Sara, Rachele dote era centrale nel sistema di devoluzio- e Ricca – era descritto come «di figli ricco ne del patrimonio di famiglia ebraica, non ma non di fortuna, poiché rilevasi dal pub- tanto nell’assolvere funzioni specifiche del blico censo ebraico ch’egli fu tassato finché mercato matrimoniale ma come «fedecom-

140 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa messo, di un istituto cioè che consentiva di la morte del padre Angelo, Salvatore Abra- preservare intatta una quota rilevante del mo «sentì de’ mirabili impulsi dello Spirito patrimonio di famiglia, quasi che la dote Santo, fuggì dalla Madre e dal Ghetto» e si funzionasse come una sorta di banca privata rifugia nel convento dei Padri Riformati di che lo stato riconosceva e tutelava» 11. Pri- San Francesco di Pesaro dove venne battez- vati dalla possibilità di possedere immobili, zato il 9 dicembre 1769 col nome di Giu- la dote costituiva l’anello forte del siste- seppe Ripini. Salvatore Della Ripa – alias ma ebraico di trasmissione della proprietà, Giuseppe Ripini – è dunque uno dei 39 bat- perché «solo essa era in grado di impedire tezzati di Pesaro del Settecento 14. che i privati in qualità di creditori, fornitori, Alcuni documenti dell’archivio Della soci in affari o lo stato con l’imposizione di Ripa attestano le reazioni emotive dei fami- donativi o l’aumento delle pretese fiscali, o gliari che raramente emergono dai documen- la Chiesa locale, anch’essa ben disposta a ti ufficiali: la madre Ricca «pel rammarico e rosicchiare le basi della comunità ne minas- per l’onta della fuga del Figlio (ahi sconsi- sero irrimediabilmente l’integrità materia- gliata) abbandonò prestamente il ghetto di le» 12. Il caso di Allegra Cagli Della Ripa Pesaro e si condusse in Ancona a servire». pare dunque confermare questa ipotesi per i Qui nel 1775 Ricca si risposa con un giova- Della Ripa nel ghetto di Pesaro. ne ebreo anconetano, Elia Chaim Recanati, Intanto i due fratelli Zaccaria e Angelo con una dote di 40 scudi fornitale dai suoi Della Ripa decidono di dividere l’eredità padroni. Il figlio Giuseppe Ripini continua paterna e i loro percorsi di mobilità socia- a vivere in povertà ricevendo il sussidio del- le ed economica si polarizzano: Zaccaria la casa dei Catecumeni, si sposa ed ha un dopo un difficile inizio riesce ad affermarsi figlio di nome Secondo. Ed è proprio questo come «capitalista» mentre il fratello Angelo figlio che molti anni dopo – «immaginando degenera in «stato miserabilissimo» 13. Nel di poter cambiar condizione e fortuna spe- 1752, Angelo, fratello di Zaccaria, decide di culando sui sognati diritti contro i fratelli sposarsi. Ma prima di farlo, viene stipulata Della Ripa» – intenta due cause giudiziarie la completa divisione dei beni tra i fratel- contro costoro. La prima iniziata nel 1821 e li; rimangono indivisi solo il jus gazagà di conclusasi l’anno successivo si chiude con due case e l’impegno di mantenere la sorel- il riconoscimento dell’innocenza dei Del- la Ricca ancora da sposare. Così quando la Ripa. «Siccome però monsignor Dele- Angelo si sposa con Ricca figlia di Isach gato aveva molto raccomandato ai Fratelli Salom, la divisione è già avvenuta. Angelo Della Ripa il povero congiunto Giuseppe si procaccia il pane «col fare il sarto per i Ripini, così i medesimi, per mero titolo di villani e coll’insegnare a leggere l’ebraico ai caritatevole sussidio, rilasciarono in mano ragazzi». Nel 1766 in stato di estrema pover- dello stesso monsignor Delegato la somma tà Angelo muore lasciando la vedova Ricca di doppie d’oro 50 da passarsi al suddetto e il figlio quattordicenne Salvatore Abramo Giuseppe» probabilmente con la speranza che «perciò fu ricevuto nella scuola pub- che la questione venisse chiusa per sempre. blica della Compagnia della Misericordia», Ma già l’anno successivo, Ripini torna alla ricevendo dalla stessa compagnia il “solito” ribalta. Egli reclama metà del patrimonio assegno di baiocchi 5 ogni settimana. Dopo Della Ripa, basando l’accusa sulla pretesa

141 Studi pesaresi 1, 2012 esclusione del nonno Angelo dal patrimonio tutti dimostrano come la divisione dei beni famigliare e bandendo la causa di commenti originaria tra Zaccaria e Angelo Della Ripa anti ebraici come il seguente: fosse stata fatta prima del battesimo del figlio di quest’ultimo e come il successo Iddio comandò ai Giudei, che, in qua- finanziario della famiglia Della Ripa fosse lunque modo, sia con l’inganno, sia con posteriore a questi fatti. la forza, sia con la usura, sia col furto fac- Dai censi della comunità di Pesaro citati cian loro proprie le sostanze dei Cristiani. (...) Dal Thalmud: se alcun Giudeo vegga nei vari documenti e dalla bibliografia sulla un Cristiano sull’orlo di un precipizio, ivi comunità che ormai esiste si evince che Zac- subito è in obbligo di precipitarlo 15. caria e poi suo figlio Salvatore erano riusciti a creare un «doviziosissimo» patrimonio: Per rispondere a tali accuse vengono nel 1755 Zaccaria è descritto con un capitale ingaggiati gli avvocati Domenico Morelli di scudi 600; tre anni dopo Zaccaria è tassa- e Carlo Armellini, famoso civilista e futu- to per un capitale di scudi 800. Nel 1791 il ro triumviro della Repubblica Romana che censo di Zaccaria della Ripa era accresciuto esordiscono nella loro difesa contro le accu- a 27.428 scudi romani 18, aumentando duran- se anti ebraiche con le seguenti parole 16: te il periodo napoleonico quando iniziano gli investimenti e la prima migrazione del- Se questa causa non presentasse il la famiglia verso la Toscana 19. Il successo nome di un ricco Ebreo, accusato di dolo, finanziario di questo ramo della famiglia e di furto da un povero Cristiano, non vi sarebbe certamente bisogno della nostra continua durante gli anni della Restaurazio- difesa, perché facilmente si conoscesse ne: Salvatore Della Ripa, figlio di Zaccaria come il buon diritto che assiste il reso appare sempre tra i primi capitalisti tassati convenuto, così l’evidente Calunnia, di della comunità di Pesaro 20. cui per ogni dove è cospersa la contraria Di fronte alle rinnovate e rinforzate pre- azione. Ma voi non siete tali, Eminentis- simi e Reverendissimi Padri, che in una scrizioni anti ebraiche di Leone XII, anche causa meramente civile vi lasciate im- i Della Ripa, come le altre maggiori fami- porre dalla estrinseca prevenzione civile glie del ghetto di Pesaro, decidono di par- contro il nome Israelita. Voi sapete pesare tire intorno agli anni 1825-1827 21. I Della nella bilancia del vero, e del giusto le ri- Ripa mantengono però legami molto stretti spettive ragioni, per dare a ciascuno ciò che gli si appartiene, senza accettazione con Pesaro. Per cercare di fare trattenere i di persone, e senza distinzione di religio- beni nello Stato pontificio, le autorità sta- ne e di culto 17. tali e l’università ebraica impongono nel- lo stesso 1826 una tassa sull’emigrazione Fin dalla fine del XVI secolo la politi- agli «emigrati israeliti del 2 % del proprio ca conversionistica della Casa dei Catecu- capitale che volessero estrarre di qualunque meni di Pesaro prevedeva che i conversi genere e di qualunque tempo toltene però non potessero essere privati della legittima il caso che rilasciassero casa» 22. Ed è su parte dell’eredità che doveva essergli con- questo aspetto – il fatto che i Della Ripa segnata subito dopo il battesimo. I vari mantengono una casa aperta e funzionante documenti relativi alle cause giudiziarie di in Pesaro – che si basa la loro arringa contro Secondo Ripini contro i fratelli Della Ripa, il pagamento di tale tassa. È nota la memo-

142 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa ria Stefani per la comunità di Pesaro contro ti che generosamente e continuamente si i fratelli Della Ripa, dalla quale si evince fanno da questa ditta virtuosa e religiosa» che nel 1830 Giuseppe e Laudadio avevano 26. Il peso delle contribuzioni volontarie dei nello Stato pontificio ricchezze valutabili Della Ripa continua per decenni: ancora nel 449.030 scudi e 13 baiocchi; nel 1832 han- 1851-3 i Della Ripa pagano 272 scudi su un no ancora 140.000 scudi, valutando almeno passivo comunitario globale di 735. 600.000 scudi il patrimonio dei Della Ripa Pare interessante notare che la difesa dei uscito dallo Stato 23. La diatriba legale tra Della Ripa per non pagare la tassa di emi- l’università israelitica e la famiglia Della grazione comprende anche un paragrafo di Ripa continua fino al 1837 quando i Della natura ideologica: Ripa vengono dichiarati esenti dalla tassa di emigrazione per intervento diretto del papa Crediamo colla più intima e decisa Gregorio XVI. Nell’archivio vi sono mol- persuasione che la pretensione sia asso- lutamente insostenibile [...] la patria è ti documenti che attestano la versione dei certamente un sentimento ed un bisogno Della Ripa, la cui difesa si struttura su vari direi quasi dell’individuo., altrettanto punti tecnici e ideologici che pare interes- però è certo che la facoltà di cangiar cie- sante riportare. lo e soggiorno è naturale ed inattendibi- le. L’uomo non è addetto alla gleba per Già dal 1817 Samuele Della Ripa, figlio l’effetto di una schiavitù politica. Mille minore di Salvatore Della Ripa, era partito emergenze, mille rapporti spesse volte le per Parigi. Nel luglio 1825 Laudadio e i suoi più imprevedute necessità possono de- nipoti Zaccaria, Ezechia Cesare e tre sorelle, terminare all’espatriazione. La legge che figli di Giuseppe Della Ripa si trasferiscono non può essere il giudice dei suoi calco- li deve prevenire indirettamente ma non a Firenze seguiti nel Novembre da Giuseppe proibire direttamente l’emigrazione/ che stesso 24. l’abitante trovi nel suo paese le attrattive I fratelli però non abbandonano mai di una bel regolata società 27. completamente la città. Dopo la morte del padre Salvatore, i fratelli continuarono a Questa argomentazione dimostra come mantenere in Pesaro una casa di abitazione dibattiti su nuovi concetti di patria, del pro- dove fino al 1833 vissero la madre Laura fondo sentimento patriottico come scelta Gentilomo e fino al 1834 sua sorella Rache- dell’individuo filtrassero anche nello Stato le, e dalla quale venivano diretti tutti gli pontificio. affari concernenti le vaste proprietà rurali Come accennato, il primo a lasciare e urbane nel pesarese e dintorni 25. Inoltre Pesaro era stato il fratello minore Samuele, – essi argomentano – i fratelli continuano a partito per Parigi già nel 1817. Egli era il pri- pagare le tasse regolari all’università israe- mo dei fratelli a trasferire parte dei capitali litica di Pesaro e quindi non devono pagare fuori da Pesaro 28, ma già il padre Salvato- la pesantissima tassa di emigrazione. Su una re aveva iniziato ad investire in Toscana fin contribuzione complessiva di tutti i capita- dal 1799. Dopo l’occupazione francese di listi di Pesaro della somma di 700 – con- Pesaro del 1797 e le forti reazioni del giugno tinua il documento dell’avvocato Armellini 1799 quando il ghetto venne saccheggiato e – i Della Ripa pagano 280 scudi oltre «alle incendiate le due sinagoghe 29, Salvatore si sovvenzioni volontarie a pro degl’indigen- era trasferito con la famiglia in Toscana nel-

143 Studi pesaresi 1, 2012 la villa-castello di Montalbano con i relativi gio in Italia per sistemare l’eredità paterna, poderi nella parrocchia di Sant’Andrea di Samuele si era suicidato per motivi senti- Rovezzano vicino a Firenze, dove nel 1799 mentali essendo «stato rifiutato dalla giova- nacque la figlia Ester Della Ripa30 . Ma anche ne Rachel Brunswig per la quale aveva una in Toscana, via via che le truppe francesi si forte inclinazione» 35. Dopo la sua morte, allontanavano, si assisté al propagarsi delle l’eredità di Salvatore e del fratello Samuele insorgenze antigiacobine e antiebraiche, che viene dunque spartita tra i fratelli Giuseppe presero nome di “Viva Maria” 31: all’ini- e Laudadio anche per quanto sarebbe spet- zio di maggio scoppiarono i primi tumulti tato alla madre Laura, che «espressamente» nel Valdarno superiore e furono coinvolti ripudia «la detta eredità che è stimata com- ben presto città e villaggi. Questi moti che prendere beni oltre che nello Stato pontificio portarono morti e addirittura la distruzione anche in Toscana, Francia» 36. Tra gli eredi di un’intera comunità, quella di Monte San non è inclusa Ester, la figlia minore andata Savino in provincia di Arezzo, dovettero sposa appena quattordicenne a Giuseppe convincere Salvatore Della Ripa a ritornare D’Ancona, figlio di Sansone Vitale D’An- con la famiglia a Pesaro dove intanto erano cona anch’egli di Pesaro. Alle sue nozze nel ritornati i francesi. Da un documento del 17 1813 Ester aveva ricevuto dal padre Salvato- luglio 1799 si evince che Salvatore Della re 8.000 scudi romani con l’aumento di 960 Ripa, è nominato deputato provvisorio del «a norma dello Stile Israelitico» 37. ghetto e in quanto tale è obbligato a paga- Oltre alla dote, il padre assicura alla re «per sostenere i gravi pesi, per le urgenti figlia un capitale di 7.000 scudi romani spese di guerra» 32. I Della Ripa mantengono pagabili alla sua morte. In quanto donna, comunque i loro possedimenti in Toscana; Ester è però esclusa dalla divisione del alla morte di Salvatore nel 1819, questi e patrimonio paterno, che solo nella parte di quelli in Pesaro e provincia rimangono indi- fondi rustici nello Stato pontificio, secondo visi tra i fratelli Della Ripa fino al 16 mag- la stima del 1839 era valutato scudi 119.167 gio 1829. In questa data tutti i beni ereditati 38. Oltre a beni rustici i Della Ripa avevano da Salvatore vennero divisi fra i tre fratelli, ormai un cospicuo patrimonio di beni urba- Giuseppe, Laudadio e Samuele: solo la casa ni in Pesaro e fuori 39. Nonostante nel corso di abitazione in via dei negozianti in Pesa- degli anni ’30 i fratelli paiano indirizzare ro, «il palazzo e casetta contigua alla casa i propri investimenti immobiliari fuori dal- Razzi, provenienti dal credito Mazzolari, e il lo Stato pontificio 40, ancora nel 1838 oltre palazzo di Fano in strada Gasparoli restano ai beni in Pesaro il patrimonio Della Ripa indivisi» 33. Fissata la divisione dell’asse ere- comprendeva stabili in Montelabbate, Fano, ditario paterno tra i tre fratelli, e nominato Cartoceto, Saltara, San Giorgio, Cerasa, lo stralcista Moise Graziadio Beer, «antico e Orciano, Reforzate, Montalto, Fossombro- onorato ministro della famiglia Della Ripa» ne, Montefelcino, Fiorenzuola e Granarola 34, i due fratelli Giuseppe e Laudadio ricevo- per un totale di scudi 66.417,92 41. Queste no notizia dell’improvvisa morte del fratello stime non includono il patrimonio Della Samuele avvenuta a Parigi il 4 ottobre 1829. Ripa fuori dallo Stato pontificio. Nel 1840, Come appare da varie note e documenti con- Giuseppe della Ripa decide di alienare tutti tenute dall’archivio, al suo ritorno dal viag- i beni nel territorio di Pesaro, vendendoli a

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Zaccaria suo figlio primogenito. Dall’ana- un sostanzioso portafoglio di investimenti lisi delle risposte ad alcuni quesiti giuridici immobiliari sia rustici che urbani nel con- riguardo ai vari passaggi di proprietà emer- testo delle vessatorie e stringenti politiche gono degli elementi interessanti per valuta- anti ebraiche dello Stato pontificio, permet- re lo spazio di manovra di possidenti ebrei tendo dunque di cogliere il possibile spazio nello Stato pontificio negli anni ’30 e ’40. di manovra per gli ebrei tra gli interstizi del- Per esempio, sappiamo che veniva usato lo la burocrazia pontificia. stratagemma di un prestanome Anche socialmente, sebbene gli ebrei a Pesaro fossero costretti nel ghetto, le rela- per evitare la difficoltà che avrebbe zioni sociali, soprattutto per le classi alte, incontrato d’acquistare in nome dei sigg. oltrepassavano i confini del mondo ebraico. Della Ripa di essere Israeliti un predio appartenente alla Sacra Congregazione. Per la famiglia Della Ripa varie fonti dimo- Si perché [...] avendo incontrato o du- strano come Laudadio (1790-1869) fosse bitando d’incontrare difficoltà per fare inserito nella vita dei cenacoli intellettuali quell’acquisto in nome e per conto d’una e politici di Pesaro negli anni ’20, e poi a famiglia Israelita, lo fece in nome e per Firenze negli anni ’30 e ’40. L’attiva socia- conto suo, e con l’intenzione di cederlo ai sigg. Della Ripa nel caso che avessero lità di Laudadio negli anni pesaresi così ottenuta la grazia, o al futuro compratore venne descritta dal nipote Sansone D’Anco- del predio, il quale non fosse stato israe- na in un opuscolo pubblicato nel 1877: lita. Siffatta operazione, anziché contra- ria, fu coerente alle leggi e consuetudini Ben sai com’egli [Laudadio Del- pontificie, ne può in conseguenza alcun la Ripa], sebbene dedito ai commerci, Notaro ragionevolmente ricusarsi a nar- molto si dilettasse della lettura de’ nostri rarla […] perché il Governo Pontificio, Classici, e cercasse assiduamente la com- quanto è fermo in negare agli Israeliti la pagnia e l’amicizia degli uomini d’inge- grazia di fare acquisti nello Stato di beni gno e di dottrina; e ricorderai d’avere fin stabili e molto più di stabili appartenenti dalla tua fanciullezza udito parlare della a corporazioni ecclesiastiche, altrettanto familiarità sua col massimo dei grandi è condiscendente in dissimulare e tolle- nostri compositori di musica Gioacchino rare gli acquisti da essi fatte […] Questi Rossini, col quale ebbe comune la patria. affari conviene trattarli in via di fatto, con In questa, ne giorni della gioventù del- disinvoltura e segretezza possibile. E mi lo zio nostro, fioriva un’eletta schiera di ricordo che fu questo il consiglio che mi cultori delle scienze e delle lettere, coi diede il cardinale Odescalchi allora mon- quali tutti egli era stretto in amichevole signore Uditore SS.mo molti anni sono, legame. Allora in Pesaro Giulio Pertica- che gli parlai appunto d’un altro simile ri dava opera a quei filologici studi, nei permesso per cotesta ditta: dicendomi quali si rese insigne; traduceva Lucano chiaramente che il nostro Governo dissi- Francesco Cassi. Di cose naturali, scri- mula sui contratti degli Ebrei e loro pos- vevano Francesco Baldassini e Pietro sidenze, figurando di non sapere quello, Petrucci. Di fisica, Domenico Paoli e che in fatto conosce; interpellato però sta Giuseppe Mamiani, ed il costui fratello saldo nella negativa 42. Terenzio, venerato maestro e amico mio, [...] già cominciava a poetare e filosofa- Questa nota stesa da un avvocato per i re 43. Giunta a Pesaro sposa e partecipe, fratelli Della Ripa, pare un indice interessan- come Ella era, dell’intelletto paterno e te per capire come fosse possibile costruire della materna vetustà, parve che Costan-

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za 44 venisse a raggentilire colla bella Vieni, ti prego, vieni tosto a Milano [...] persona la gravità di quel convegno di Addio, mio caro amico. Dammi tue noti- studiosi; a lei fu amicissimo lo Zio no- zie. Rammentami nel cuor tuo, e credimi stro, che per mezzo di Lei conobbe e ne per la vita la tua Costanza 46. fu amato, anche il sommo Cantore della Bassviliana [...] Così la piccola città di A quella data, gennaio 1826, Laudadio e Pesaro divenne nel periodo dal 1820 al la sua famiglia avevano già lasciato Pesaro ’25 uno dei focolai di nazionale cultura, per Firenze. donde uscì la Scuola pesarese che le me- rita il nome di Atene delle Marche 45. La famiglia Della Ripa tra Pesaro e Che questi rapporti fossero reciproci si Toscana. coglie da un’altra lettera del gennaio 1826, in cui la contessa Perticari Monti, figlia del Dopo la morte del fratello Samuele nel poeta Vincenzo Monti, esprimeva a Lau- 1829, la famiglia Della Ripa consisteva dadio le sue preoccupazioni per le nuove della madre Laura Gentilomo, che muore disposizioni anti ebraiche che colpivano a Pesaro nel 1833, e dei fratelli Giuseppe, alcuni tra i suoi amici e soprattutto persone Laudadio ed Ester. Giuseppe si era trasferi- che lei considerava suoi concittadini: espri- to a Firenze con il fratello Laudadio e con i meva il concetto per cui la reclusione e per- figli Zaccaria e la moglie Fanny Fermi, Eze- secuzione degli ebrei era da intendersi inse- chia Cesare, e le tre figlie Costanza, Vittoria rita nella più generale, e deplorevole a suo e Rosina. Ester col marito Giuseppe D’An- avviso, concezione autoritaria dello Stato cona, sposato a Pesaro appena quattordicen- pontificio. Questi erano i pensieri indirizzati ne nel 1813 e i loro figli, che con quelli nati al suo amico Laudadio: in Toscana saranno nove, si erano trasferiti inizialmente a Pisa 47. Già dalla metà degli Duolmi, duolmi all’anima, e spesso qui ne ragiono con chiunque ha sentimen- anni ’20 i Della Ripa avevano ottenuto citta- to d’onore e di giustizia, quanto mi narri dinanza toscana e al loro arrivo a Firenze si della disposizione già presa dal Governo erano inseriti rapidamente nell’economia e Pontificio contro i tuoi correligionari. Nul- società locale, come attestano i rapporti con la però mi giunge nuovo, nulla mi fa me- i banchieri Fenzi 48 e la loro presenza nei cir- raviglia, se non che tu abbi pazienza di re- coli più in vista della città: il Circolo Bor- stare costà. Favorito dal cielo e dalla fortu- na, dotato di amicizia nobilissima, amato, ghese e il Jockey Club o Circolo dell’Unio- onorato da chiunque ti conosce, [...] che ne 49. Fin dalla sua fondazione Laudadio e fai costà con tante peregrine doti? Io parlo Giuseppe Della Ripa appaiono tra i membri contro il mio interesse, perché perdendo del Circolo Borghese, accanto a nomi di ari- te, in codesti paesi non mi rimane più un stocratici locali, banchieri come Carlo Sch- solo amico. Ma vorrei essere ancor più misera di quello che sono, piuttosto che te- mitz, Emanuele Fenzi, e ancora forestieri nerti un linguaggio contrario all’onor tuo e fiorentinizzati come Orazio Hall e Pietro al tuo ben essere [...] Mio padre ti abbrac- Wagnière 50. Nella generazione successiva, cia, ti bacia e ti saluta le mille volte. Egli i figli di Giuseppe Della Ripa, Cesare e Zac- è sdegnato quanto il sono io stessa delle caria e Sansone D’Ancona, figlio primoge- cose che gli ho raccontato, e per quelle che scrivi. Ma lo ripeto: niuna meraviglia. nito di Ester Della Ripa, sono membri del

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Circolo dell’Unione o Jockey Club a ripro- altri suoi investimenti, principalmente le fer- va del loro inserimento nell’élite aristocrati- rovie, e il suo supporto alla Cassa di Sconto co borghese della città 51. di Firenze 58. Nel 1846 Laudadio ricopriva A Firenze esisteva ancora il ghetto tra la carica di cassiere della Strada ferrata la piazza del Duomo e il Mercato vecchio, dell’Appennino 59: nel corso degli anni ’50 ma già negli anni ’20, le famiglie più ricche si interessa alla “Maria Antonia” insieme risiedevano fuori da quella zona 52. Al suo ai banchi Hall Fenzi e Borgheri 60. Questi arrivo a Firenze Laudadio teneva il banco in interessi legano Laudadio e poi il nipote un palazzo in via Sant’Egidio n.13, sparten- Sansone, che continua la sua opera, a per- do il suo tempo tra questa casa e la sua villa sonaggi chiave dell’economia toscana degli del Loretino, vicino a Rovezzano, sulle col- anni ’30 e ’40 quali i Fenzi soprattutto, ma line fiorentine e – dal 1836 – la villa di Volo- anche Bastogi, e altri 61. gnano con i suoi terreni lavorativi «a pastu- Oltre alla sua rilevanza come investimen- ra olivati e vitati» 53. Per ebrei non ancora to fondiario, e per il commercio del banco, formalmente emancipati – siamo prima del la villa del Loretino assumeva un importante 1848 – il possesso fondiario era un impor- ruolo sociale. Secondo i ricordi di Alessan- tante simbolo di radicamento sul territorio e dro D’Ancona, altro nipote di Laudadio, allo stesso tempo d’integrazione sociale nel- la borghesia locale che, a sua volta, emulava nell’estate, Loretino era una specie questo tipo d’investimento tradizionalmente di corte bandita. Gli ospiti, invitati o no, permanenti o avventizi, ad una certa ora 54 aristocratico . Inoltre nelle terre nuovamen- pomeridiana si trovavano nella casa di te acquistate, Laudadio in collaborazione con città. V’era chi profittava della carrozza il nipote Sansone sviluppano un approccio padronale, chi come il Rossini, veniva imprenditoriale, stimolando la produzione colla propria, e la gente prendeva posto serica che poi veniva rivenduta attraverso la indifferentemente nell’un legno o nell’al- tro [...] e gustavano il pranzo succulento, 55 rete distributiva del banco in città . Sappia- l’ottimo vino toscano 62. mo che al Loretino esisteva una filanda, par- te del patrimonio della fattoria, e che almeno La vivacità di queste riunioni al Loreti- dal 1843 Laudadio era personalmente coin- no, emerge anche nella seguente lettera di volto nell’acquisto di strumenti per perfezio- Rossini a Laudadio del 15 ottobre 1850. nare e innovare il procedimento della filatura Gioacchino Rossini si era trasferito a Firen- 56. Infatti il banco Della Ripa oltre all’atti- ze nel maggio del 1848 e vi rimase fino vità di prestito e del pagamento attraverso all’aprile del 1855; durante questo periodo le cambiali – documentato nell’archivio Rossini frequentò spesso la casa di Lau- Della Ripa da una grande mole di copie di dadio al Loretino, e quando si allontanava atti notarili e di istanze agli uffici ipotecari temporaneamente da Firenze e dai suoi ami- – si specializza nella esportazione di vari ci così scriveva: prodotti, distinguendosi in particolare per la seta 57. D’altra parte l’approccio impren- Eccelso mio benefattore: cosa dirai ditoriale di Laudadio e la sua disponibilità mai con la tua mente vulcanica del mio verso cambiamenti nell’economia locale e lungo silenzio! Oggi solo mi è dato di internazionale emerge anche dall’analisi di prendere la penna in mano per consacra-

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re a te, che benedico e amo, le mie pri- donatori almeno fino ai primi anni ’50 e con- mizie epistolari. Ritrovai Bologna più tinuano a formare le proprie famiglie all’in- classica del solito; gli abitanti hanno il terno del gruppo ebraico 66. Solo una figlia muso lungo, le autorità sono disinvolte e vigilantemente protettrici di questa buo- Vittoria si sposa fuori dal gruppo ebraico nel na popolazione. Io me la passo modesta- 1842, suscitando scompiglio nella famiglia, mente bene coi pochi miei amici; tu però come vedremo. I suoi fratelli e sorelle con- che sopra agli altri regni nel mio cuore, tinuano a sposarsi con ebrei: Zaccaria sposa mi sei lontano. Il vuoto è grande, lo ri- Fanny Fermi, Costanza sposa Abramo Fran- empie la certezza di presto riabbracciarti. Oh miei venerdì! Oh mie gite a Loretino! co, Rosina sposa il medico patriota Giacomo Oh mie discussioni politiche ove n’anda- Almansi e muore prematuramente prima del ste!... Saluta il mellifluo prof. Regnoli, 1853, lasciando un figlio Emanuele Alman- digli che si prepari a sostenere una guerra si. Nel 1858 Cesare sposa Emma Halphen, salsamentaria; a suo tempo spedirò sal- figlia dell’importante gioielliere e commer- sicce felsinee e altre bafatelle acciò possa 67 la corona di amici comuni, che onorano ciante parigino Gustave Halphen . Emma la tua mensa giudicare in merito [...] Sai muore di parto dando alla luce il figlio Edo- che mi reputo altiero confermarmi pieno ardo Emanuele; l’anno successivo Cesare di altissima ammirazione. sposa la sorella Lucie Halphen, il 1° settem- Tuo aff.mo e riconoscente amico. bre 1860, futura madre di Marta e Valentina Gioacchino Rossini 63. Della Ripa, ultima proprietaria dell’archivio Della Ripa che stiamo analizzando. Tornando al Loretino notiamo come L’unica eccezione alla regola del matri- intorno a Laudadio si raccoglievano mol- monio endogamico nella famiglia Della ti esuli marchigiani e dalle Romagne di Ripa è Vittoria, la terza figlia di Giuseppe orientamento moderato liberale come Fari- Della Ripa, che ha una storia movimentata ni, accanto ad alcuni esponenti della vita con il patriota, storico e combattente gari- intellettuale fiorentina di quegli anni, come baldino Candido Augusto Vecchi (1814- il Salvagnoli e il Vieusseux, e aristocratici 1869) 68. Secondo il Tamburini Augusto come Cosimo Ridolfi64 . La socialità di Lau- Vecchi conobbe Vittoria Della Ripa a Napo- dadio Della Ripa ebbe un influenza duratura li nel 1837: «Pallida e gracile della persona, sulla formazione e sulla futura carriera poli- di tenere fattezze, ricambió le cure affettuo- tica dei suoi nipoti, in particolare su Cesare se con lode lontana, con lunghi sguardi, con Della Ripa, volontario nella prima guerra brevi parole, con moti di stima confidente d’indipendenza, proprietario terriero e col- e di combattute speranze. Era israelita e di lezionista, e sul finanziere e uomo politico famiglia beata per grande ricchezza […] Sansone D’Ancona 65. rifatta in salute per le dotte, assidue cure del Da quanto detto è possibile affermare che filosofo omeopatico Francesco Romanis, al loro arrivo a Firenze, i Della Ripa si inte- medico da lui procuratole, partiva per Firen- grano rapidamente nelle alte sfere dell’eco- ze, e piangendo gli chiese scrivesse per lei e nomia cittadina e dei suoi circoli politico per l’Italia su Girolamo Savonarola» 69, ope- culturali. Allo stesso tempo, i Della Ripa ra per la quale Vecchi fu ricercato dalla poli- continuano ad essere affiliati e attivi nella zia napoletana e dal Santo Ufficio di Roma. comunità ebraica locale, sono dei cospicui Il Tamburini riporta che entrambe le

148 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa famiglie erano contrarie a questo “amore Vi scrissi domenica altra mia dicendovi impossibile” 70. Nella famiglia Della Ripa se la mia venuta costà con la Sandrina si trattava del primo prospettato matrimonio avrebbe potuto piacere all’Amatissimo mio fratello Laudadio, e se la mia com- esogamico. Mentre il Tamburini romanza pagnia avesse potuto essere capace di la storia dell’amore tra Vittoria e Candi- sollevarlo dalla mestizia dalla quale voi do Augusto, dandoci notizia di un tentato mi dite con infinito mio dispiacere es- suicidio di Vittoria, dopo il quale la fami- sere afflitto. Questa sciagura ha alterato glia avrebbe acconsentito all’unione, dai d’assai la mia salute, ancora soffrendo un continuo dolore di testa, e conoscendo la documenti di archivio sappiamo che i due sensibilità del detto mio, dubito sempre innamorati fuggono insieme lasciando la della sua salute; e voi che mi amate non famiglia sgomenta. Da un’altra fonte sap- dovreste farmi mancare le di lui nuove piamo che dopo il forzato ritorno di Vittoria fino a tanto che siete costì. Non so tacervi a Firenze, nel febbraio 1840 essa si trova- che in questo momento non mi dispiaccia la mia lontananza dal detto mio. Intanto va di nuovo a Napoli «in uno stato di salute lo abbiate con voi 73. poco soddisfacente. Per volere tentare una guarigione, bisognerebbe lasciarla fino ad Alla fine Giuseppe Della Ripa dette il agosto. Ma vi è un piccolo fratello, che fa suo consenso all’unione celebrata a Marsi- da regolatore con molta sufficienza e -per glia tra Augusto Vecchi e la figlia Vittoria, suasione di fare bene» 71. alla quale fu elargita una dote di lire fio- I tentativi della famiglia di evitare l’unio- rentine 126.666 74. Nonostante il Tamburini ne persistono: ancora nel maggio 1841 il riporti che i rispettivi padri insistevano che padre Giuseppe attraverso il principe Cor- l’una si battezzasse e l’altro fosse circonci- sini chiede il supporto del cavaliere Peruz- so, sappiamo che il 2 marzo 1842 si sposano zi, ambasciatore della Toscana a Parigi, a Marsiglia e che nel dicembre successivo «colla veduta di distogliere dalla idea di un nasceva il loro primo figlio, Augusto Vitto- improvvido matrimonio di una sua Figlia, rio, battezzato dal duca di Lucca per procu- essendosi determinate a farle intraprendere ra. Il matrimonio esogamico e il battesimo un viaggio per la Francia con fratelli» 72. Da del figlio non scindono completamente i un’altra lettera di poco successiva, il 2 giu- rapporti tra Vittoria e la sua famiglia d’origi- gno, capiamo che Vittoria non va a Parigi ne, come testimoniato dal fatto che il padre con i fratelli, come aveva voluto il padre, Giuseppe le elargisce la dote e dalla corri- ma scappa a Marsiglia con il suo pretenden- spondenza tra Vittoria e suo fratello Cesare te causando scompiglio in famiglia. Ester durante il suo soggiorno a Parigi e a Torino. Della Ripa D’Ancona da Pisa così commen- In queste lettere Vittoria accenna ai contatti ta l’accaduto al figlio primogenito Sansone con gli altri suoi fratelli, invita Cesare a tro- che lavorava presso il banco dello zio Lau- varla e a introdurlo ad amici espatriati italia- dadio a Firenze: ni a Parigi e Londra 75. Nel 1854 Vittoria e famiglia si recano a Questa mattina ho avuto lettera da mio fratello Giuseppe la quale mi ha fat- Genova per accompagnare il figlio Vittorio to versare delle lacrime. Ha bene ragione – poi conosciuto come lo scrittore Jack la di chiamarsi disgraziato. Il Cielo voglia Bolina – a sostenere gli esami di ammissio- sollevarlo, e dargli qualche consolazione. ne alla regia scuola di Marina. Durante que-

149 Studi pesaresi 1, 2012 sto viaggio, Vittoria contrae il colera e muo- Della Ripa D’Ancona. Laudadio così viene re, mentre il marito Candido «rinchiuse gli descritto da un pronipote molti anni dopo la affetti straziati nella villa Spinola a Quarto sua morte nel 1869: da dove sei anni dopo Garibaldi decise la ruina dei borbonidi e l’unità della patria» 76. Zio che sembra abbia accoppiato a Ancora dopo la morte di Vittoria, i rappor- qualità di mente e di cuore un carattere ti tra Vecchi e la famiglia Della Ripa con- dei più originali che si possa immagin- are [...] piccolo, segalino, abbronciato, tinuano. Proprio durante la spedizione dei volitivo nell’espressione chiusa e dura. Mille, pianificata proprio a villa Spinola, il Ma questa non era che la faccia esteriore 13 maggio 1860 Vecchi confida al cognato dello zio Laudadio. L’interna dovette es- Cesare Della Ripa che «Garibaldi è stato sere molto diversa se si pensa alle salde presso di me con la sua casa militare per tre amicizie ch’egli seppe mantenere inal- terata con molte personalità cospicue del settimane. Lì ho commesso un eroismo di suo tempo e alle amorevoli cure ch’egli amore per i miei figlioli, eroismo tacitur- ebbe sempre per la numerosa famiglia no che nessuno computerà. Sono rimasto e della sorella 79. non dormo, perché lontano dai forti fatti cui avrei avuto a Gloria prestare la mano» 77. Il forte attaccamento affettivo tra zio Oltre ad essere un prezioso indizio del e nipoti è confermato anche dall’analisi ruolo prioritario dato alla famiglia anche del suo testamento che pare suggerire per un patriota come Augusto Vecchi, che l’ipotesi della non conformità alla prassi rinuncia almeno in questa prima fase a parti- della “logica del cognome” 80. Innanzitut- re nella spedizione per amore dei figli, que- to l’intero patrimonio di Laudadio viene sti documenti testimoniano che Cesare e il diviso tra i suoi eredi universali in tre parti cognato Vecchi continuano a frequentarsi. uguali: i fratelli Cesare e Zaccaria Della Ripa, figli di suo fratello Giuseppe Della Per concludere, l’analisi delle lettere Ripa, e Sansone D’Ancona, figlio primo- e documenti dell’archivio in questione ci genito di sua sorella 81. È da notare che alla hanno permesso di capire come alcuni ebrei morte di Giuseppe Della Ripa, avvenuta riuscivano a dimenarsi tra gli intricati divie- nel 1853, tutti i beni che Giuseppe e Lauda- ti delle politiche anti-ebraiche dello Stato dio avevano ereditato dal padre Salvatore pontificio. Altri documenti permettono di erano passati a Laudadio 82; ciò avrebbe capire come le relazioni famigliari fossero costituito un motivo in più per la scelta di più complesse e sfumate di quanto si è abi- devolvere tutto ai nipoti Della Ripa. Oltre tuati a pensare e l’importanza della famiglia alla divisione del suo patrimonio in tre anche per gli uomini, rinforzando argomen- parti uguali, Laudadio aveva provveduto in ti che la recente storiografia su famiglia e più agli altri fratelli D’Ancona, lasciando Risorgimento in Italia sta portando avanti 78. loro la tenuta di Montalbano e legati speci- In questo senso pare interessante conclude- fici per nipoti donne e pronipoti 83. re, tornando alla figura di Laudadio Della Pur considerando l’idiosincrasia della Ripa e al suo ruolo all’interno della famiglia particolare situazione della famiglia Della allargata, in quanto Laudadio non si sposò Ripa D’Ancona – il successo del banco di ma fu molto vicino ai figli della sorella Ester Laudadio a Firenze rispetto al fallimento

150 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa del banco di Giuseppe D’Ancona a Pisa e il famiglia della sorella sfida una lettura rigida fatto che Laudadio stesso non avesse creato dei rapporti di genere all’interno di questa una propria famiglia nucleare – l’appoggio famiglia ebraica italiana. finanziario ed emotivo di Laudadio verso la

1 G. Patrignani, I Della Ripa, banchieri ebrei 5 A.D.R., filza (da ora f.) 1, copia dell’Istrumen- di Pesaro, in Studi sulla comunità di Pesaro, cur. R.P. to nuziale di Sara Della Ripa con Angelo Gentilomo Uguccioni, Quad. Fondazione Scavolini n. 12, Mon- che riceve 300 scudi in dote, stipulato il 9 giugno telabbate 2003, pp. 64-81; R.P. Uguccioni, La comu- 1739, rogito Bernardino Costantini, pesarese. nità ebraica di Pesaro dopo la restaurazione, “Pesa- 6 S. Della Pergola, Anatomia dell’ebraismo ro città e contà”, 3 (1993), pp. 21-38; Id., Note sulla italiano. Caratteristiche demografiche, economi- comunità ebraica di Pesaro nel XIX secolo, “Pesaro che, sociali e politiche di una minoranza, Carucci, città e contà”, 7, (1996), pp. 77-98. Roma 1976, pp. 227-228. Sull’endogamia ebraica 2 Da una nota nell’archivio Della Ripa (da ora in Italia nell’Ottocento comparata ad altri contesti A.D.R.) sappiamo che nel gennaio 1902 le carte ven- europei: L. Levi D’Ancona, Famiglie ebree borghesi nero ordinate e divise per l’individuo di cui trattano: dell’ottocento: tre casi di studio, in “Passato e Pre- I) Della Ripa Salvatore, documenti tra 1812-1873, sente”, 57 (2002), pp. 58-84; v. anche Ead., Media- registri 1820-1821, 1824 1829, copia conti anno tion and marriage strategies in the 19th century 1829, copia lettere 1818-1819; 1791-1808 instrumen- Jewish European Upper Middle Class. Case stud- ti e quietanze, Università israelitica di Pesaro, istru- ies in England, France and , in La mediazione menti ed acquisti di fondi rustici. II) Della Ripa Lau- matrimoniale. Il terzo (in)comodo in Europa fra Otto dadio 1822-1870, copia lettere 1828-1851, registri e Novecento, cur. B. Wanrooij, Georgetown Univer- conti correnti 1842-1869, scritte di cambio, copia let- sity, Fiesole-Roma 2004, pp.105-126. tere,1789-1833; III) Della Ripa Giuseppe 1829-1857 7 A.D.R., f. 3, Sagra congregazione della giornale, copia lettere, registri libro di cassa 1858; IV) Generale Inquisizione del Sant’Uffizio, per la Ditta Della Ripa Cesare 1850-1887 giornale, conti correnti, Salvatore Della Ripa contro Secondo Ripini, Roma, bilanci cambiali. L’archivio è stato riordinato e diviso settembre 1828, p. 3. in filze per ordine cronologico e tematico dall’autrice. 8 Sul jus gazagà nel ghetto di Pesaro: C. Col- Ho analizzato carte di questo archivio per la mia tesi letta, La comunità tollerata. Aspetti di vita materiale di laurea sostenuta all’Università di Firenze nel 1998 del ghetto di Pesaro dal 1631 al 1860, “Pesaro città e dal titolo Borghesia ebraica: Visioni della famiglia tra contà // Link”, 4, 2006, pp. 71-74. Firenze e Parigi nella seconda metà dell’Ottocento. Il 9 A.D.R., f. 3, Sagra congregazione della materiale è stato analizzato in una prospettiva compa- Generale Inquisizione del Sant’Uffizio, per la Ditta rata europea nella mia tesi di dottorato, sostenuta alla Salvatore della Ripa contro Secondo Ripini cit., p. 3. Cambridge University, UK, nel 2003 dal titolo: Paths 10 A.D.R., f. 1, Memoria relativa alla dote della of Jewish Integration: Upper-Middle-Class families fu Allegra Cagli, moglie del fu Zaccaria Della Ripa in Nineteenth Century France, Italy and England. con dote di Scudi 500, 28 aprile 1749. 3 M. Caffiero, Gli ebrei italiani dall’età dei 11 Allegra, Identità in bilico cit., p. 196. Lumi agli anni della Rivoluzione, in C. Vivanti (a 12 Ibid., p. 202. cura), Storia d’Italia, Annali 11, Gli Ebrei in Italia, 13 A.D.R., f. 3, Sagra congregazione della Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1118-1119. Generale Inquisizione del Sant’Uffizio, per la Ditta 4 L. Allegra, Identità in bilico: il ghetto ebrai- Salvatore Della Ripa contro Secondo Ripini, p. 7. co di Torino nel Settecento, Zamorani, Torino 1996. 14 C. Colletta, La politica delle conversioni

151 Studi pesaresi 1, 2012 nello Stato della Chiesa in età moderna: fondazione, serie IV, vol. VII, a. IX, (1930), pp. 191-198; F. Del- sviluppi politico-amministrativi e scopi della casa dei la Peruta, Gli ebrei nel Risorgimento fra interdizioni Catecumeni in Pesaro, in P. C. Zorattini (a cura), Per- ed emancipazione, in Vivanti (a cura), Storia d’Italia corsi di storia ebraica, Forum, Udine 2005, p. 115. cit., p. 1136. 15 A.D.R., f. 3. Avanti la Sacra Congregazione 30 Aghib Levi D’Ancona, La giovinezza dei fra- della Generale Inquisizione del S. Officio, 1822. telli D’Ancona cit., p. 16. 16 Su Carlo Armellini, ingaggiato in difesa dei 31 Sul movimento dei ‘Viva Maria’ in Toscana: Della Ripa anche in cause successive riguardanti la G. Turi, Viva Maria. La reazione alle riforme leopol- tassa di emigrazione: W. Angelini, Carlo Armellini a dine (1790-1799), Olschki, Firenze 1969; per i rife- difesa degli ebrei pesaresi, in “Atti e memorie” della rimenti specifici agli attacchi agli ebrei in Toscana e Deputazione di st. p. per le Marche, s. VIII, Ancona altrove, cfr. Della Peruta, Gli ebrei nel Risorgimento 1971-1973, pp. 249-266. Si vedano anche i riferimen- fra interdizioni ed emancipazione cit., pp. 1136-1138. ti in Patrignani, I Della Ripa cit. 32 A.D.R., f. 2, Pesaro, 17 luglio 1799, lettera 17 A.D.R., f. 3, Sagra congregazione della nella quale vengono nominati Sansone Vitale D’An- Generale Inquisizione del Sant’Uffizio, per la Ditta cona, Salvadore Della Ripa, Natanel Gentilomo e Salvatore Della Ripa contro Secondo Ripini cit., p.1. Samuele Raffaele Del Bene come deputati provvisori 18 Ibid., p. 37. del ghetto. 19 F. Aghib Levi D’Ancona, La giovinezza dei 33 A.D.R., f. 5, Memoria per il Signor Zaccaria fratelli D’Ancona, De Luca, Roma 1982, p. 16. Della Ripa, scritta a Firenze il 20 novembre 1841. 20 R.P. Uguccioni, Il declino della comunità 34 Ibidem. ebraica di Pesaro nel XIX secolo, in Id. (a cura), Studi 35 A.D.R., f. 3, Estratto dalle minute della can- sulla comunità ebraica di Pesaro cit., p. 88. celleria del tribunale di prima istanza del dipartimen- 21 Uguccioni, La comunità ebraica di Pesaro to della Senna a Parigi. Governo pontificio, Avanti il dopo la restaurazione cit., pp. 22-23. Sulla politica tribunale civile di prima istanza di Pesaro pe’ signo- anti-ebraica dello Stato pontificio durante e dopo la ri Giuseppe e Laudadio germani Della Ripa, Pesa- Restaurazione: D. Kertzer, I Papi contro gli ebrei. ro,1836. Il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo 36 Si veda la ricostruzione e documenti citati in moderno, Rizzoli, Milano 2002. Patrignani, I Della Ripa cit., p. 68. 22 A.D.R., f. 4, C. Armellini, Voto per la verità 37 A.D.R., f. 3., Nota datata 6 aprile 1844. sul preteso diritto di esigere dai membri della ditta 38 A.D.R., f. 5, Memoria per il Signor Zaccaria Della Ripa la tassa di emigrazione, Pesaro, s.d. Sulla Della Ripa, cit. La memoria cita una stima di fondi tassa di emigrazione che Leone XII impone nel 1826 rustici eseguita dal perito Perseguiti eseguita non pri- a favore delle comunità dello Stato: Uguccioni, La ma del 10 maggio 1839 e che fu la base del contratto comunità ebraica di Pesaro dopo la restaurazione stipulato il 2 novembre 1840 della divisione dei beni cit., pp. 21-38. rustici tra i fratelli Giuseppe e Laudadio Della Ripa. 23 Uguccioni, Note sulla comunità ebraica di 39 A.D.R., f. 5, Estratto del catasto nuovo e vec- Pesaro nel XIX secolo cit., p. 84. chio dei beni urbani appartenenti a Salvatore Della 24 A.D.R., f. 4, Notizia giurata della storia della Ripa, 1832. famiglia Della Ripa dal 1817 al 1833, Pesaro 27 ago- 40 Uguccioni, Note sulla comunità ebraica di sto 1835, firmata da Lurio cav. Evangelisti, Girolamo Pesaro nel XIX secolo cit., pp. 77-98. Scacciani, Carlo Serra, Nicola Grazia, Aron D’Anco- 41 A.D.R., f. 5, Patrimonio Della Ripa. Stato a na, Francesco Carlo Gentilini, Amadio Bolaffi. Comune e Fondo del nuovo Estimo Catastale, e stima 25 Ibidem. dei Stabili, Pesaro, 1 Settembre 1838. 26 A.D.R., f. 4, Armellini, Voto per la verità sul 42 A.D.R., f. 5, Memoria per il Signor Zaccaria preteso diritto cit. Della Ripa cit., terzo quesito, punto LXII. 27 Ibidem. 43 Giulio Perticari (1779-1822), letterato; suo 28 Patrignani, I Della Ripa cit., p. 66. cugino il conte Francesco Cassi (1778-1846), poeta 29 Per qualche notizia sull’occupazione fran- e gonfaloniere della città di Pesaro; Pietro Petrucci cese delle Marche e delle Romagne: A. Querini, La (1777-1863) fisico, matematico, botanico e naturali- prima occupazione delle Marche (1797), in “Atti e sta; il marchese Francesco Baldassini (1785-1857), memorie” della R. Deputazione di st. p. per le Marche naturalista; Domenico Paoli (1783-1853), chimico,

152 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa insieme a Giuseppe Mamiani (1744-1847) fondarono bro fondatore con decorrenza dal 1 febbraio 1872. nel 1828 l’Accademia Agraria: N. Cecini, La cultura 52 Sulla storia della comunità ebraica fiorenti- dell’Ottocento in una provincia italiana, in Arte e cul- na si veda G. Carocci, Il ghetto di Firenze e i suoi tura nella provincia di Pesaro e Urbino. Dalle origini ricordi: illustrazione storica, Galletti e Cocci, Firenze a oggi, cur. F. Battistelli, Marsilio, Venezia, 1986, 1886; R. Salvadori, Gli ebrei di Firenze. Dalle origi- p. 526. Della stretta amicizia di Laudadio Della Ripa ni ai nostri giorni, La Giuntina, Firenze 2000. con Giuseppe Mamiani è testimonianza il carteggio 53 Archivio di Stato di Firenze (da ora A.S.F.), conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze Catasto Generale Toscano, Rignano, C. 2. Dal 1836, (raccolta Tordi, cass. 546, ins. 52). insieme ad un altro banchiere fiorentino Michele 44 Costanza Perticari Monti (1792-1840), figlia Giuntini, Laudadio comprò altri poderi nel comune di del poeta Vincenzo Monti, nel 1812 si era sposata con Rovezzano, il castello e la tenuta di Volognano. Sul- Giulio Perticari. la storia antica del castello di Volognano: E. Repetti, 45 S. D’Ancona, Introduzione a Per le noz- Dizionario storico-geografico della Toscana, Firenze, ze Zabban Romanelli. Otto lettere della Contessa 1843, vol. V; su Loretino, ibid., vol. II, p. 812; v. anche Costanza Perticari Monti a Laudadio Della Ripa, G. Carocci, I dintorni di Firenze, Galletti e Cocci, Successori Le Monnier, Firenze 1877. L’opuscolo fu Firenze 1906, I, p. 16; per Volognano ibid., Firenze pubblicato in occasione delle nozze di Laura Zabban, 1907, II, in cui a pp. 63-65 si parla di Volognano come figlia di Alessandrina D’Ancona Zabban, figlia di «casa D’Ancona». Su Michele Giuntini cfr. F. Bertini, Ester Della Ripa e Giuseppe D’Ancona. Michele Giuntini, la carriera di un banchiere privato 46 Lettera dalla contessa Perticari Monti a Lau- nella Toscana dell’Ottocento (1777-1845), Olschki, dadio Della Ripa, datata 3 gennaio 1826, in D’Anco- Firenze 1994. na, Per le nozze Zabban Romanelli cit., p. 19. 54 Per la situazione fiorentina, con riferimenti 47 Sui fratelli D’Ancona: Aghib Levi D’Ancona, comparativi alle analisi di patrimonio ebraico – non- La giovinezza dei fratelli D’Ancona cit. Materiale di ebraico, si veda R. Romanelli, Urban Patricians archivio è contenuto in vari archivi pubblici e pri- and ‘Bourgeois’ Society. A Study of Wealthy Elites in vati, tra i quali: Pisa, archivio della Comunità ebrai- Florence, 1862-1904, in “Journal of Modern Italian ca; Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, fondo Studies”, vol. 1, n. 1, autunno 1995, pp. 3-21 e in Peruzzi, Cambray Digny Biblioteca Archivio del part. pp. 11-12. Risorgimento (B.A.R.), carte Fenzi, carte D’Ancona. 55 Sulla caratteristica speculativa del mercato Si veda Levi D’Ancona, Borghesia ebraica cit. serico: G. Federico, Il filo d’oro. L’industria mon- 48 Firenze, Biblioteca Archivio del Risorgimen- diale della seta dalla restaurazione alla grande crisi, to, carte Carlo Fenzi. Sull’attività dei Fenzi: A. Volpi, Marsilio, Venezia 1994, pp. 292-317. Banchieri e mercato finanziario in Toscana (1801- 56 Si veda per esempio in A.D.R., f. 5, lettera 1860), Olschki, Firenze 1997, pp. 149-199. datata 21 aprile 1843, da Laudadio Della Ripa a Iaco- 49 Su questi si veda R. Romanelli, Il casi- po Ciacchi, per costruzione di attrezzi per la filanda. no, l’accademia e il circolo. Forme e tenden- 57 A.D.R. f. 5, Rapporto della pubblica Espo- ze dell’associazionismo d’elite nella Firenze sizione di arti e manifatture toscane fatta in Firenze dell’ottocento, in P. Macry, A. Massafra (a cura), nel Settembre 1844. Spronato dallo zio, negli anni Fra storia e storiografia. Scritti in onore di Pasquale ’50 Sansone D’Ancona collabora con vari altri espo- Villani, Il Mulino, Bologna 1995, pp. 809-851. Sul nenti di quella importante seppur ristretta cerchia di Circolo dell’Unione: V. Vannucci, Istituzioni fioren- “agricoltori illuminati”, tra cui Cambray Digny la cui tine. Raccolta di monografie dei principali istituti di l’amicizia sembra proprio nascere “sul filo della seta” beneficenza, letterari, scientifici, educativi, Lumachi, come testimoniato dalla loro corrispondenza conser- Firenze 1902, pp. 349-351. vate presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firen- 50 Romanelli, Il casino, l’accademia e il circolo ze ( da ora BNCF), Cambray Digny, cass. II, Ins. 2, cit., pp. 817-819. lettere dal 25 giugno 1856 al 15 luglio 1857; Ins. 48, 51 Firenze, Archivio Circolo Unione. Elenco dei lettere dal 27 luglio 1857 al 30 novembre 1858. membri, vol. I: Zaccaria Della Ripa venne ammesso 58 Volpi, Banchieri e mercato finanziario in come membro permanente il 29 ottobre 1854; Cesare Toscana cit. p. 31-32. Laudadio è azionista dal 1846. Della Ripa il 28 novembre 1854; vol. II: il 28 gennaio 59 Ibid., p. 284. Nell’A.D.R., f. 4, sono stati rin- 1872 Sansone D’Ancona venne ammesso come mem- venute due ricevute firmate da Laudadio Della Ripa,

153 Studi pesaresi 1, 2012 cassiere della Società delle Strade Ferrate dell’Appen- n. 18 e n. 25, datate rispettivamente 5 aprile 1848 e nino, datate 19 dicembre 1846, e 26 febbraio 1847. 24 maggio 1857, citate in L.E. Funaro, “A nuovo e a 60 A. Giuntini, I giganti della montagna. Storia più giusto segno”. Inediti di Gino Capponi e Cosimo della ferrovia direttissima Bologna-Firenze, 1845- Ridolfi, Olschki, Firenze 1996, p. 198. 1934, Olschki, Firenze 1984, p. 40. 65 Levi D’Ancona, Borghesia ebraica: Visioni 61 Su Sansone D’Ancona mi permetto di rinvia- della famiglia tra Firenze e Parigi nella seconda metà re alla mia tesi di laurea sostenuta all’Università di dell’Ottocento cit., passim. Firenze nel 1998 dal titolo: Borghesia ebraica: Visio- 66 Archivio Comunità Israelitica Firenze, sez. ni della famiglia tra Firenze e Parigi nella seconda Amministrazione; class. Tasse e offerte, lettera datata metà dell’Ottocento. 18 giugno 1850; lettera datata 3 novembre 1851. 62 A. D’Ancona, Rossiniana, in Id., Ricordi e 67 Gustave Halphen (1810-1872), commercian- Affetti, Treves, Milano 1908, p. 542. te e gioielliere parigino di una prestigiosa famiglia 63 Lettera di Gioacchino Rossini a Laudadio ebraica proveniente da Metz. V. C. Piette-Samson, Della Ripa, Bologna 15 ottobre 1850, pubblicata in Les Juifs de Paris (1808-1840). La marche vers l’as- G. Mazzatinti, F.G. Manis, Lettere di Gioacchino similation, Québec, les Presses de l’université Laval, Rossini, Forni, Firenze 1902, p. 185. Sui rapporti tra 1983, p. 317. Rossini, Laudadio Della Ripa e i fratelli D’Ancona, si 68 B. Ficcadenti, Figure del Risorgimento, Can- veda Aghib Levi D’Ancona, La giovinezza dei fratel- dido e C. Augusto Vecchi, Argalia, Urbino 1981. V. li D’Ancona cit., passim. Durbè in uno studio inedi- anche N. G. Tamburini, Augusto Vecchi, in “Rivista to sul pittore Vito D’Ancona, suggerisce che Rossini contemporanea nazionale Italiana”, vol. 49, 1867, pp. ebbe un influenza sulla sua «pittura così musicale nel 254-273. timbro e nel pathos come di rado è dato ritrovare»: D. 69 Tamburini, Augusto Vecchi cit., p. 257. Durbè, Vito D’Ancona, inedito, p. 11. Il primo dipinto 70 Ibidem. di Vito di cui si abbia notizia era proprio il Ritratto di 71 Antonio Ranieri a Napoli a Fanny Targio- Gioacchino Rossini eseguito ed esposto a Firenze nel ni Tozzetti a Firenze, 7 febbraio 1840, citata in A. 1851 all’Esposizione annuale della Società promotrice D’Ancona, Ricordi storici del Risorgimento, Sansoni, di Belle Arti. L’opera è attualmente dispersa, ma esi- Firenze 1914, p. 159. ste un altro ritratto del compositore realizzato da Vito 72 A.D.R., f. 5, lettera di Corsini a Peruzzi, 27 nel 1874 che Sansone donò alla collezione degli Uffi- maggio 1841. zi, da cui passò successivamente alla Galleria di Arte 73 B.A.R., arm. 5, cass. LXII, Ins. 18/ 1, lette- moderna di palazzo Pitti ove si trova tuttora. Un’altra ra n. 3, datata 2 giugno 1841, da Ester D’Ancona, da versione del quadro si trova alla Fondazione Rossini di Pisa. Pesaro. Il legame con Rossini non si perderà neanche 74 A.D.R., f. 5, nota di C. Augusto Vecchi, con il suo trasferimento a Parigi, dove Giacomo D’An- Genova 4 giugno 1858. cona era suo medico personale. In nome dell’amicizia 75 A.D.R., f. 5, lettera da Vittoria Della Ripa a che legò per tutta la vita Rossini a Laudadio e ai nipoti Torino, a Cesare a Firenze, 17 giugno 1854. D’Ancona, e per lo stretto legame che Rossini conservò 76 Tamburini, Augusto Vecchi cit., p. 266. per Pesaro, Sansone D’Ancona, deputato al Parlamento 77 Citato in G. Di Pietro, A. Cettoli (a cura), per la città, pronunciò l’orazione funebre ai funerali del Candido Augusto Vecchi. Passi scelti dall’opera Sto- musicista nel 1868 a Parigi, e ne fu esecutore testamen- ria di due anni, Ascoli Piceno 1961, p.18. tario per i beni lasciati alla sua città natale. 78 P. Ginsborg, A.M. Banti (a cura), Il Risorgi- 64 Sull’amicizia tra Farini, Laudadio Della mento, Annali Einaudi, Torino 2007. Ripa e Sansone D’Ancona, si vedano riferimenti in 79 P. D’Ancona, Ricordi, inedito, scritto a Firen- A. D’Ancona, Luigi Carlo Farini nel suo carteggio, ze, 1933. in “Nuova Antologia”, a. XLVI, n. 946, 16 maggio 80 P. Macry, Ottocento. Famiglia, élites e patri- 1911, pp. 193-220. Si veda anche la corrispondenza in moni a Napoli, Einaudi, Torino 1988. B.A.R., arm. 5, cass. LXII, Ins. 18/, 1. Tra il febbraio 81 A.S.F., Tribunale di Firenze, Amm. Demanio e il giugno 1849, Farini venne ospitato da Laudadio e Tasse, Denunce Successione, a. 1869, vol. 32, n. 17, Della Ripa al Loretino. Sull’amicizia che lega Lau- testamento nuncupativo dell’ 8 gennaio 1864. Alla dadio e Cosimo Ridolfi si vedano lettere conservate morte di Laudadio, nel 1869, il suo patrimonio vie- in Forlì, Biblioteca Comunale, Fondo Piancastelli, ne spartito tra Zaccaria, Cesare Della Ripa e Sansone

154 Luisa Levi D’Ancona Modena La famiglia Della Ripa

D’Ancona, per un valore ciascuno di più di 554.102,89 ciare testamento a Firenze il 15 novembre 1853. I beni lire. Inoltre come registrato nello stato del suo patrimo- immobili (Loretino e Orciano) che Giuseppe e Lauda- nio, vengono distribuiti elargizioni a poveri sia a Firen- dio Della Ripa avevano ereditato insieme dal padre Sal- ze che a Pesaro (lire 4.500) e pagate funzioni sacre vatore passarono, alla morte di Giuseppe, a Laudadio. (1.867 lire) oltre a 562 lire per Opere pie per suffragi. 83 A.S.F., Tribunale di Firenze, Amm. Demanio Si veda A.D.R., f. 6, Atto di buonafede tra gli Eredi di e Tasse, Denunce Successione, a. 1869, vol. 32, n. 17, Laudadio Della Ripa, 30 giugno 1872. Successione di Laudadio Della Ripa, protocollo II, 82 A.D.R., f. 6, documento per la spartizione repertorio n. 3, aggiunta del 13 febbraio 1865. dell’eredità di Giuseppe Della Ripa, morto senza las-

155

Le antiche collezioni di palazzo Albani *

di

Marcella Pantalone

Restituire l’antico splendore ad un edifi- due successivi matrimoni di Ubaldo della cio di indubbia valenza culturale che versa Rovere con Claudia de’ Medici e di Vittoria in larga parte in condizioni di precarietà e della Rovere, loro figlia, col granduca Ferdi- fatiscenza può rivelarsi un esercizio estre- nando II, una nuova ventata di cultura e raf- mamente complesso, anche per coloro che finatezza invase la città feltresca. Il merito alle ricerche e agli studi specifici condotti di tale rinnovamento si attribuisce all’ocula- sull’immobile e sulle sue vicende storico- tezza degli interventi artistici promossi dai edilizie possono aggiungere una fervida membri della famiglia Albani, discendenti capacità immaginativa. Il fenomeno appare di Giorgio e Filippo de’ Lazo (Lazi), uomini tanto più vistoso in casi di forzata e comple- d’arme approdati – per quanto è dato sapere ta scissione tra l’antico contenitore e l’ori- – nelle Marche dall’Albania entro il 1464 e ginario contenuto, problematica fin troppo trasferitisi a Urbino già nel 1471, probabil- frequente nel panorama del patrimonio arti- mente attratti dalla prospettiva di militare tra stico e architettonico italiano. gli uomini di Federico da Montefeltro. Celebre è il caso della città di Urbino e A partire dal 1701 l’elezione al soglio della ben nota vicenda delle spoliazioni di pontificio di Clemente XI, al secolo Gian- palazzo ducale, partendo da quella del 1502 francesco Albani, e le numerose attenzio- ad opera del duca Valentino, alias Cesare ni che lo stesso pontefice, distante ma mai Borgia, figlio di papa Alessandro VI, e arri- assente, dedicò con affetto e nostalgia alla vando a quelle ben più ampie del 1631, veri- sua patria, procurarono alla città di Urbino ficatesi in conseguenza dell’estinzione della un fervore edilizio senza pari che coinvolse casata dei Della Rovere. Forse meno noto, le chiese di San Francesco, San Domenico, la ma altrettanto emblematico, è il caso di cattedrale, l’oratorio di San Giuseppe e molte un’altra illustre dimora urbinate, probabil- altre. Interessata da una serie di rinnovamenti mente sconosciuta ai più ma oggi frequenta- fu anche l’edilizia civile che vide il palazzo ta da centinaia di studenti iscritti all’ateneo municipale dotarsi di una nuova facciata, le della città: palazzo Albani. mura cittadine e il palazzo ducale (all’epoca Dopo la devoluzione del ducato di Urbi- sede della legazione pontificia) restaurati e il no allo Stato della Chiesa e la conseguen- tessuto urbano arricchito da una folta serie te perdita della stragrande maggioranza dei di obelischi, colonne e fontane 1. Gli inter- tesori d’arte prodotti per i Montefeltro, som- venti di miglioramento interessarono anche mata alla partenza del patrimonio artistico il palazzo di famiglia sito tra via Bramante e confluito nelle raccolte medicee in virtù dei via Timoteo Viti, sul quale si concentrò par-

157 Studi pesaresi 1, 2012 ticolarmente l’attenzione di Orazio Albani, di Alessio De Marchis e di Carlo Roncalli. fratello del pontefice, e dei suoi figli cardinali Nonostante il clima di entusiasmo e di Alessandro e Annibale che si impegnarono a benessere creatosi, anche questa nuova fer- migliorarne le strutture e l’arredamento. vida stagione era destinata a lasciare scarse Architetti e pittori si alternarono nell’ur- tracce nella città ducale. A partire dalla fine binate palazzo Albani sia per i lavori di del XVIII secolo Urbino fu gradualmente manutenzione, entro e fuori le mura, sia per costretta a rinunciare alle migliori espres- la sistemazione della galleria la quale, pur sioni frutto di quel periodo tanto lieto. In vantando già un alto numero di ottime opere, particolare, fu proprio la dimora di quella continuò ad arricchirsi durante il corso di tut- generosa famiglia a spogliarsi lentamente to il XVIII secolo, come confermano anche di tutti i suoi tesori. Alla morte di Filippo due mirabili testimonianze coeve. La prima Albani (1852), ultimo discendente in linea in ordine di tempo è quella redatta dallo stes- maschile, iniziarono le irrimediabili disper- so Clemente XI nel 1703, quando inviò da sioni del grandioso patrimonio artistico e Roma a Urbino una piccola commissione librario radunato durante il Settecento. Gli composta dall’archiatra pontificio Giovanni eredi della famiglia – i Castelbarco di Mila- Maria Lancisi e da monsignor Curzio Origo, no (per via femminile) e i Chigi di Roma con lo scopo di compilare un resoconto della (per via maschile) – non avevano particolari situazione in cui versava la città. Per l’oc- legami con Urbino e la loro comparsa sulla casione il pontefice stilò di suo pugno una scena del palazzo non fece altro che pro- vera e propria guida di Urbino 2 descrivendo seguire l’opera di spoliazione già iniziata dettagliatamente tutti i monumenti e le ope- negli anni 1797-1798 dalle truppe cisalpine re da prendere in considerazione, comprese prima e da quelle napoleoniche poi 5. quelle del suo palazzo di famiglia, dove i due Con le divisioni ereditarie le collezioni incaricati trovarono alloggio. Segue il più del palazzo spettarono alla contessa Maria schematico – ma pur sempre fondamentale – Antonietta Litta Albani Castelbarco e da inventario sulle pitture esistenti nel “palazzo Urbino furono trasportate in massima par- del principe Albani” redatto da Michelange- te a Milano per poi disperdersi sul mercato lo Dolci nel 1775 e pubblicato da Luigi Serra antiquario, secondo un percorso ben lungi negli anni Trenta del XX secolo 3. dall’essere limpidamente tracciato. Quando Costruito a più riprese sull’area occu- nel 1915 il palazzo divenne proprietà della pata da alcune case che nel 1494 erano di famiglia Renzetti, fu completamente priva- proprietà di Filippo Albanese, il palazzo di to dei suoi quadri, della biblioteca e della famiglia subì una sistemazione edilizia negli ricca suppellettile. Nel 1998 palazzo Alba- anni 1725-1735 senza rinunciare drastica- ni fu interamente acquistato dall’Universi- mente al suo aspetto quattro-cinquecentesco tà di Urbino, lo stesso ente che contribuì al che ancora oggi lo caratterizza 4. Allo stesso riacquisto di alcuni significativi dipinti, tra torno di anni risalgono i lavori ad opera di i pochissimi provenienti dall’originaria rac- Luigi Vanvitelli – rinnovamento del cortile, colta e oggi visibili in città. realizzazione della cappella privata al primo Coloro che si troveranno a frequentare piano, decorazioni in stucco lungo la scala, gli ambienti dell’edificio, superato lo scon- nella galleria dei Cesari, nel cortile e nei certo suscitato dallo stato in cui versa il lun- locali adiacenti al primo piano – e i dipinti go vestibolo al pianterreno e raggiunti i piani

158 Marcella Pantalone Le antiche collezioni di palazzo Albani superiori, faticheranno ad individuare tracce scoli pastori dislocati in basso a sinistra. Del ancora visibili dei fasti passati ma potranno De Marchis palazzo Albani doveva ospitare almeno ammirare tre dipinti custoditi nelle anche una cospicua serie di tele 9, originaria- stanze dell’Istituto di Storia dell’Arte. Si mente collocate sulle pareti o utilizzate come tratta di tre tele settecentesche identificate sovrapporte, purtroppo ad oggi tutte disper- da Italo Faldi 6 con tre opere provenienti se. Quel poco che resta nel palazzo è comun- dalla collezione originaria successivamente que sufficiente a costituire una delle più confluite sul mercato antiquario. L’identi- ampie testimonianze di pittura paesaggistica ficazione, resasi possibile grazie all’analisi del XVIII secolo ove, nonostante i probabi- dell’insolita ma significativa iconografia, si li interventi di bottega 10, è facile rintraccia- attesta ormai sui seguenti soggetti: il Beato re gli influssi derivanti dalle meditazioni su Francesco di Girolamo, attribuito ad Aure- maestri come Poussin e Domenichino, moti- liano Milani; il Beato Odorico da Pordeno- vi già sufficienti ad auspicarne una migliore ne e un Miracolo di Sant’ Andrea Avellino futura valorizzazione. entrambi da ascrivere all’artista Odoardo Di Carlo Roncalli, pupillo di Clemente Vicinelli. Le uniche altre testimonianze pit- XI e di suo nipote Annibale, scelto dai due toriche risalenti a quel florido periodo e mecenati per farsi portavoce in patria delle ancora visibili negli stessi ambienti sono le moderne innovazioni della capitale, si può pitture murali di Alessio de Marchis 7, con- apprezzare ciò che rimane dell’originaria troverso pittore condotto a Urbino dal car- decorazione sul soffitto dell’attuale aula C4 dinale Annibale, e quelle di Carlo Roncalli – ancora all’interno dell’Istituto di Storia 8, pittore di Colbordolo spesso confuso con dell’Arte – ormai spoglia dell’Aurora cen- l’omonimo Cristoforo ma identificabile con trale asportata e venduta alla fine dell’Ot- l’artista che fu chiamato da Benedetto XIII tocento. Della composizione iniziale sono nel 1726 in sostituzione di Agostino Masuc- oggi visibili solo le Allegorie delle stagioni ci come soprintendente ai lavori vaticani. situate ognuna su un lato dell’alto cornicio- Del primo artista sono ben visibili alcuni ne, all’interno di losanghe orizzontali o di sottofinestra riscoperti qualche decennio fa ovali medaglioni sorretti da figure per metà sotto uno strato di scialbo e restaurati dalla donna e per metà animale. Soprintendenza grazie all’interessamento I visitatori più fortunati potranno – sebbe- dell’Università; altri sono oggi difficilmente ne a fatica – ammirare anche la decorazione leggibili a causa delle cadute di colore o di della cappella situata sullo stesso piano 11. vecchi rimaneggiamenti ai quali si è rivelato Il piccolo ambiente, anch’esso adiacente poco utile il tardivo ricorso ai vetri protettivi all’Istituto di Storia dell’Arte, non rientra che ora li schermano. I dipinti in questione negli acquisti dell’Università ma è ancora rappresentano finte cornici sui toni del gial- oggi proprietà privata. Chi riesce ad acce- lo e del bruno aperte su ariose vedute, per lo dervi può notare che, al momento, la decora- più immaginarie o frutto dell’assemblaggio zione sul soffitto è difficilmente osservabile di costruzioni reali e sfondi di fantasia. Ad a causa di una serie di legni utilizzati per essi si aggiunge la più complessa decorazio- puntellare la copertura a volta. Questi osta- ne di un soffitto al secondo piano, dominata colano la visione complessiva della teoria di da un enorme e inquieto albero ricurvo su se morbidi putti raffigurati dei quali, nonostan- stesso la cui maestosità sovrasta i due minu- te tutto, si riesce a scorgere qualche testina.

159 Studi pesaresi 1, 2012

Più facilmente visibile è invece la decora- gralmente analizzata all’interno di un testo zione sulle due pareti laterali rappresentan- scientifico. Non essendo possibile riportare te su entrambi i lati due putti a monocromo in questa sede la totalità della ricerca, ovve- seduti su un finto fregio ondulato e interna- ro l’intera trascrizione (in forma tabellare, mente arricchito da fogliame che si imposta suddivisa per campi di interesse) degli alle- su una vera cornice di marmo grigio. I putti gati del manoscritto ove sono rintracciabili sorreggono lo stemma della famiglia Alba- notizie relative a quadri, pitture, sculture, ni a monocromo giallo e un lungo festone maioliche e suppellettile varia, ci si limiterà di rose che si distende lungo parte dei bordi a segnalarne gli esiti principali. della suddetta cornice. Di fianco, su entram- Il manoscritto analizzato è un volume be le pareti, si staglia verticalmente una notarile conservato presso la Sezione Archi- composizione ‘a trofei’ realizzata a mono- vio di Stato di Urbino. Più precisamente, cromo grigio su uno sfondo a finto marmo. si tratta di un volume post-napoleonico del La pregevole decorazione che, nonostan- 1818 identificato dal nome del notaio Dome- te le difficoltà di osservazione, si distingue nico Parenti 14 e contenente l’eredità del per la vivida componente coloristica e per principe Carlo Albani morto a Modena nel l’evidente libertà compositiva, è una di quel- 1817. Esso raccoglie una folta serie di sti- le manifestazioni artistiche la cui descrizio- me e perizie relative ai possedimenti Albani ne viene inspiegabilmente tralasciata dal pur dislocati sul territorio di Urbino e su quelli meticoloso catalogo redatto dallo studioso circonvicini (da Fossombrone a Urbania, da urbinate Luigi Nardini 12, pubblicato nel 1931 Colbordolo a Pesaro fino a Senigallia), ma ma probabilmente stilato qualche tempo contiene soprattutto un’apposita ed ampissi- prima. A tale catalogo hanno fatto ricorso i ma sezione dedicata all’«Inventario generale numerosi studiosi avvicendatisi nel tentativo di tutte le mobilie, attrezzi domestici, stigli di ricostruzione delle collezioni di palazzo de’ magazzini, tappezzerie e biancherie esi- Albani, in particolare coloro che, operando stenti nel Palazzo ed in altre case di pertinen- fra gli anni Trenta e la fine degli anni Set- za dell’Eccellentissima famiglia Albani in tanta del secolo scorso, hanno avviato le loro Urbino a tutto il giorno 19 Gennaio 1817» 15. indagini precedentemente alla pubblicazione Quella in questione è una perizia sottoscritta curata da Elisa Debenedetti 13, la quale rese dal ministro di Casa Albani Giuseppe Valen- noti alcuni inventari ottocenteschi redatti ti, firmata anche dai «periti in ciascuna arte», alla morte di alcuni membri della famiglia in poi esibita al notaio Domenico Parenti che occasione delle divisioni ereditarie. opportunamente la registrò 16. Lo studio compiuto da chi scrive ha lo Una volta resi noti i documenti redatti a scopo di favorire una più precisa ricostru- Roma – in forme e per ragioni differenti – zione dell’antico allestimento del palazzo nello stesso anno di questo volume 17 mi pare urbinate, integrando i già ben noti contri- che nessuno si sia più preoccupato di ricerca- buti sull’argomento tramite l’aggiunta alle re informazioni utili per la ricostituzione delle ricerche di qualche timido ma significativo raccolte tra il materiale archivistico urbinate, elemento. L’aspetto fondamentale di questo né di stabilire un confronto tra il volume in studio è costituito dallo spoglio di una fonte questione e i vari documenti e cataloghi già manoscritta già nota alla comunità degli stu- noti. Visti anche i «Quadri esistenti nel palaz- diosi ma mai interamente pubblicata o inte- zo di Urbino» 18 contenuti nella menzionata

160 Marcella Pantalone Le antiche collezioni di palazzo Albani pubblicazione della Debenedetti e operato un operata dal Nardini risulta necessariamente ampio confronto diretto con il catalogo del più minuziosa nell’inventario del Parenti, Nardini, mi sembra di poter affermare che essendo questo un insieme di documenti il volume notarile dell’Archivio di Stato di scrupolosamente compilati per i già men- Urbino offra numerosi spunti di riflessione in zionati scopi ereditari. Pertanto, nel mano- più rispetto al materiale già noto. scritto ottocentesco si rintracciano anche Innanzitutto il volume del Parenti pre- annotazioni relative ad ambienti più dimes- senta una più meticolosa descrizione degli si o nascosti, altrimenti non riproposti nel oggetti, non solo per quel che riguarda i catalogo del 1931 in quanto al di fuori del- soggetti rappresentati nelle varie opere ma le finalità del catalogo stesso, redatto dal anche relativamente alla tecnica di esecu- Nardini col preciso intento di rammentare zione, alle cornici, alle dimensioni – espres- ai propri concittadini solo i maggiori tesori se in palmi e once 19 – e al valore – stima- d’arte di cui un tempo era adorno l’edificio. to in scudi e baiocchi 20 –. Tutti elementi Tra questi ambienti il volume cita i cosid- che, sebbene possano apparire irrilevanti o detti «Mezzanini» e in particolare la «Prima secondari, potrebbero a mio avviso rivelar- camera detta la Galeotta» 21 ove si registrano si fondamentali per rintracciare sul mercato in massima parte «carte stampate» – valutate antiquario nuove opere provenienti da palaz- ciascuna per qualche decina di baiocchi – tra zo Albani. Ad esempio, nell’accurata anno- le quali otto esemplari rappresentanti «una tazione delle tipologie di cornici è possibile macchina matematica, con bastoncelli» 22, distinguere tra espressioni relative al colore vari ritratti di sovrani e «la battaglia dell’im- delle stesse («gialla filettata d’oro»; «scura peratore Costantino con Massenzio» del più filettata d’oro»; «nera filettata d’oro», ecc.), alto valore di 1 scudo. Si prosegue con una al materiale («di legno naturale»; «di noce»; modesta Madonna in cattivo stato localiz- «di cristallo», ecc.) o al colore e al materiale zata nel «Guardarobbe» 23 e si arriva ad una insieme («di legno intagliata, verde e dora- «cameretta oscura in cima al sesto ramo di ta»; «di legno tinto rosso»; «ornata attorno scale a mano sinistra che immette nei soffit- di metallo dorato»). Per quanto riguarda ti» 24 dove si rintracciano quattro quadri di l’esecuzione delle pitture, oltre a distingue- modesto valore (un Ritratto di Francesco re quelle anonime «d’ordinario pennello» Barberini, un San Giovanni evangelista, un da quelle anonime di «eccellente pennello», ritratto di ignoto soggetto e la raffigurazio- o le copie di «buona mano» da quelle di ne di un crocifisso con cornice lignea a finto «cattiva mano», il compilatore annota con marmo del valore di 1 baiocco) e altre due molta più frequenza le tecniche esecutive carte stampate, tra cui una curiosa rappre- che, di volta in volta, saranno «a guazzo», sentazione della «Tavola cronologica della «a tempera» o «a olio». Di gran lunga più storia cinese» 25. Numerose altre stampe, di accurate rispetto alle altre fonti sono anche vario soggetto, si rinvengono nella «Camera le notizie relative al corpus di disegni che di facciata, in cima al sesto ramo di scale» popolava ancora il palazzo a quelle date e 26. Tra queste, nonostante l’esiguo valore di che comprendeva realizzazioni «a lapis ros- 4 baiocchi, ne spicca una collocata sopra la so lumeggiato a biacca», «a acquerello», «a porta «in cui è stampata la dedica delle inci- acquerello color fuliggine» e «a carbone». sioni delle pitture del Palazzo Vaticano di Inoltre, la suddivisione per stanze già Raffaello» 27. Identica tipologia di oggetti si

161 Studi pesaresi 1, 2012 incontra nella seconda e nella terza camera Volendo, infine, valicare i confini della contigue, dove a destare maggiore interesse dimora di via Bramante si arriva agli altri sono soggetti come «diversi fatti di storia elementi aggiuntivi emersi dall’analisi del sacra dipinti originalmente da Raffaello nel volume del 1818 il quale prosegue racco- Palazzo Vaticano» 28 e il «disegno dell’ornato gliendo una ricca serie di note ed elenchi della Sala della Cancelleria Apostolica» 29. relativi ad altri possedimenti della famiglia Prima di passare all’inventariazione degli dislocati tanto sul territorio di Urbino quan- altri possedimenti della famiglia Albani, la to su quelli circostanti, come la «casa dove nota sul palazzo di via Bramante registra abita il ministro Giuseppe Valenti» 34 e il gli oggetti contenuti nel «Credenzone degli «palazzo del casino di Colbordolo» 35. Gra- arredi Sacri» 30 tra cui, oltre ad una miniatura zie a questo tipo di documenti è possibile rin- di Clemente XI, ad una Madonna di Loreto tracciare anche quegli oggetti che, sebbene dipinta su rame e un bassorilievo in argento dirottati verso proprietà minori o periferiche, con la Madonna di S. Luca, varrà ricordare potrebbero rivelarsi interessanti dal punto di manufatti anche piuttosto insoliti come «Una vista storico-artistico. A complicare le cose, SS. Annunziata con l’angelo, con cornice però, subentra la minore attenzione dedica- d’ebano fatta in forma di scatola, da serrar- ta a queste opere dal compilatore della nota. si con catenella e uncinello d’argento» 31 del Il ministro Valenti, infatti, prima di indicare valore di 5 scudi, una «scatoletta d’ebano, per ognuna di esse il valore in scudi roma- rappresentante San Filippo Neri da una par- ni e baiocchi ne fornisce solo una sommaria te e con alcune reliquie del medesimo Santo descrizione senza segnalare le loro dimensio- dall’altra, con catenella e uncinello d’argen- ni o, eventualmente, l’autore cui ricondurle. to» 32 ed una curiosissima «tazza di maiolica Fanno eccezione un paio di casi isolati, come impastata con la polvere della Santa Casa di le tele da parati dipinte da Alessio de Mar- Loreto rappres[entant]e la traslazione della chis nel casino di Colbordolo e, nella stessa Santa Casa ed altri paesetti e vedute con sua dimora, un’incisione realizzata su invenzio- custodia coperta di pelle cremis, con lo stem- ne di Francesco Fontana 36 rappresentante l’ ma di Clemente XI sopra» 33. Erezione della colonna Antonina. Le restanti Gli oggetti appena segnalati potrebbero opere, segnalate anonimamente, vanno ad certamente essere giudicati di insignificante aggiungersi al già consistente gruppo di qua- valore economico o di scarso pregio arti- dri di autore ignoto registrati entro le mura stico, considerate anche le stime fatte dallo del palazzo urbinate, rendendo ancora più stesso compilatore della nota. Tuttavia sem- difficoltosi i tentativi di virtuale ricostituzio- bra tutt’altro che ininfluente tenerli da con- ne delle collezioni Albani cui pure, in passa- to dal momento che potrebbero giocare un to, sono state ricollegate diverse opere. ruolo fondamentale non solo, come già det- Alle tre opere visibili in loco citate in to, per una più accurata ricostruzione degli precedenza si possono sommare un paio originari complementi d’arredo ma anche di quadri attualmente conservati presso la per la restituzione di particolari aspetti della Galleria nazionale delle Marche, ovvero vita quotidiana svolta all’epoca nel palazzo, l’incompiuta Assunzione della Vergine di nonché dei gusti e delle preferenze devozio- Federico Barocci e il cosiddetto Transito nali – soprattutto nel caso di operette di sog- di San Giuseppe 37 dipinto da Francesco getto sacro – degli Albani di Urbino. Trevisani. A queste si sommano altre opere

162 Marcella Pantalone Le antiche collezioni di palazzo Albani ormai totalmente avulse dal contesto origi- Come è consuetudine in casi di questo nario ma sapientemente ricollegate alla col- genere, la dispersione delle collezioni fu trop- lezione, come il Ritratto di Eleonora Albani po devastante per raggiungere la totalità degli Tomasi 38, realizzato da Simone Cantarini, studi e auspicare una completa ricostituzione la Veduta di Urbino dai Cappuccini e la delle raccolte, ma non si possono escludere Veduta di Urbino dal colle di San Donato future aggiunte al corpus di opere già virtual- 39, entrambe eseguite da Gaspar Van Wittel, mente ricomposto. L’inventario urbinate del insieme a diversi cartoni e bozzetti realizza- 1818 riconferma i filoni predominanti del- ti per mosaici o affreschi romani, commis- la quadreria, ovvero il Seicento bolognese, sionati da Clemente XI o dalla sua famiglia Barocci e i barocceschi, la pittura romana del e poi riutilizzati per l’abbellimento di chie- Settecento e quella prodotta dai conterranei se e oratori urbinati. Tra questi si ricordano degli Albani (come Carlo Maratta e i Ghez- quattro piccoli bozzetti di Francesco Trevi- zi) ma la ricchezza delle informazioni in esso sani realizzati per i cartoni dei mosaici con contenute potrebbe rivelarsi utile anche per Le quattro parti del mondo 40 all’interno del- giungere a futuri rinvenimenti. In caso con- la cappella del Battesimo in San Pietro, suc- trario l’accuratezza del manoscritto, che tra cessivamente trasferiti nei pennacchi della le sue pagine polverose ripropone una così cupola del duomo di Urbino e poi spostati attenta scansione delle stanze insieme alla all’interno di palazzo Albani. Caso simi- lenticolare descrizione di tutti i loro apparati, le è quello del Martirio di Sant’Ignazio di servirà, se non ad altro, a restituire un po’di Antiochia 41 realizzato da Pier Leone Ghezzi quell’antico splendore al palazzo urbinate e come bozzetto preparatorio per l’omonimo a rivivere, attraverso la memoria e i dovuti affresco nella navata della chiesa romana di sforzi immaginativi, i fasti di quella splendi- San Clemente. da stagione ormai estinta.

* Questo contributo ripropone alcuni aspetti del- faello, Urbino 1992. Si veda anche l’analisi di A. Gio- la mia tesi di laurea, intitolata Le antiche collezioni vannini Fabi, Una “guida”di Urbino di Papa Albani, in di Palazzo Albani. Nuovi elementi da un inventario “Notizie da Palazzo Albani”, 1-3, 1972, I, pp. 49-53. del 1818, discussa presso l’Università degli studi di 3 M. Dolci, Notizie delle pitture che si trovano Urbino “Carlo Bo” nell’a. a. 2009-2010, relatore prof. nelle chiese e nei Palazzi d’Urbino (1775), in L. Ser- ssa Bonita Cleri. ra (a cura), “Rassegna Marchigiana”, 8-9, 1933, XI, 1 Per una sintetica ma precisa ricostruzione degli pp. 281-367. edifici urbinati sottoposti ai rinnovamenti promossi 4 Per una ricostruzione storica delle vicende dagli Albani e per quelli di nuova costruzione ad opera edilizie del palazzo: F. Mazzini, I mattoni e le pietre dei membri della medesima famiglia: A. Fucili Barto- di Urbino, Cassa di risparmio di Pesaro, Pesaro 1982, lucci, Urbino e gli Albani, in F. Battistelli (a cura), pp. 459-475; F. Negroni, Palazzo Albani, in G. Cucco Arte e cultura nella provincia di Pesaro e Urbino dalle (a cura), Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma origini a oggi, Marsilio, Venezia 1986, pp. 441-448. 1700-1721, Marsilio, Venezia 2001, pp. 313-318. 2 F. Sangiorgi (a cura), Una guida d’Urbino e dei 5 Per le requisizioni napoleoniche a palazzo luoghi limitrofi stilata da Clemente XI, Accademia Raf- Albani: F. Madiai, Libri, quadri, opere d’arte tolte

163 Studi pesaresi 1, 2012 dal Palazzo Albani di Urbino negli anni 1797-1798, 19 Per le equivalenze coi moderni sistemi di misu- in “Nuova rivista misena”, 7-8, luglio-agosto, 1895, ra può essere utile la consultazione di L. Eusebio, Com- VIII, pp. 122-124. pendio di metrologia universale (monete, pesi, misure 6 I. Faldi, Tre dipinti romani del Settecento moderne) e vocabolario metrologico (monete, pesi, provenienti da Palazzo Albani, in “Notizie da Palazzo misure antiche e moderne), Forni, Bologna 1967, p. 47. Albani”, 1, 1975, IV, pp. 34-37. 20 Ibid., p. 23. 7 Per un inquadramento di questo artista e del- 21 Sasu, Notarile, D. Parenti, Protocollo unico la sua opera: E. Calzini, Intorno al pittore Alessio De cit., v. 3977, c. 222r. Marchis, in “Rassegna bibliografica dell’arte italiana”, 22 Ivi. 9-11, 1914, XVII, p. 142; P. Zampetti, Cinque tesi di 23 Ivi, c. 223v. laurea. Clelia Renzetti, Alessio De Marchis, in “Notizie 24 Ivi, c. 225r. da Palazzo Albani”, 1, 1975, IV; A. Busiri Vici, Trittico 25 Ivi, c. 225v. paesistico romano. Paolo Anesi, Paolo Monaldi, Ales- 26 Ivi. sio De Marchis., Ugo Bozzi, Roma 1975; A. Emilia- 27 Ivi, c. 226v. ni, Alessio De Marchis e la sua bottega, Nuova Alfa, 28 Ivi. Bologna 1992; L. Muti, Alessio de Marchis, in Antonio 29 Ivi, c. 227r. Francesco Peruzzini, cat. mostra (Ancona 28 luglio-9 30 Ivi, c. 229r. novembre 1997), Electa, Milano 1997. 31 Ivi, c. 229v. 8 Per brevi notizie biografiche sull’artista e per 32 Ivi. il suo rapporto di lavoro con la famiglia Albani: A. 33 Ivi, c. 230r. Vastano, Carlo Roncalli «pittore di casa Albani», in 34 Ivi, c. 235rv. Papa Albani e le arti cit., pp. 240-243. 35 Ivi, cc. 237v-248r. 9 A questo proposito: Dolci, op. cit., p. 311; 36 Figlio del più noto architetto Carlo. Madiai, op. cit., p. 124. 37 L. Arcangeli, Francesco Trevisani, in P. 10 A. Cerboni Baiardi Nacciareti, Alessio De Dal Poggetto (a cura), Capolavori per Urbino, cat. Marchis, in Emiliani, Alessio De Marchis cit., p. 10. mostra, Cantini, Firenze 1988, p. 94. 11 La cappella con la relativa decorazione dovreb- 38 A. M. Ambrosini Massari, Ritratto di Eleo- be corrispondere al sacello menzionato da Vastano, cit., nora Albani Tomasi, in A. Emiliani, A. M. Ambrosini p. 241. In questo contributo si parla di tale decorazione Massari, M. Cellini, R. Morselli (a cura), Simone come di un lavoro «non menzionato dalla storiografia Cantarini nelle Marche, cat. mostra (Pesaro, 1997), […] da aggiungere al catalogo del nostro, […] del quale Marsilio, Venezia 1997, pp. 87-90. si conservano i disegni presso il castello di Windsor». 39 Le due vedute in questione sono state rinvenute 12 L. Nardini, Palazzo dei Principi Albani. Cata- fortuitamente in una collezione privata negli anni Ottan- logo della Galleria e della Biblioteca, in “Urbinum”, ta del secolo scorso. Le prime pubblicazioni incentrate 1, 1931, V, pp. 1-11; 2, 1931, V, pp. 15-19; 5, 1931, su di esse sono S. Maddalo, «Exemplar verae virtutis»: V, pp. 1-9. Per qualche notizia sullo studioso e sul suo gli Albani, Van Wittel e Urbino, in Committenze della particolare interessamento alle antiche collezioni degli famiglia Albani. Note sulla Villa Albani Torlonia, Mul- Albani si veda A. Fattori, Necrologio: il Conte Luigi tigrafica Editrice, Roma 1985, pp. 147-153;C . Maggini, Nardini, in “Urbinum”, 5, 1932, VI, pp. 22-25. Due vedute di Urbino di Gaspar Van Wittel, in «Notizie 13 Inventari di Casa Albani (1790-1852), in E. da Palazzo Albani», 1, 1985, XIV, pp. 93-97. Debenedetti (a cura), Il Cardinale Alessandro Albani 40 L. Mochi Onori, Francesco Trevisani. Le e la sua villa, Bulzoni, Roma 1980, pp. 23-70. quattro parti del mondo: Europa, Asia, Africa, Ame- 14 Sezione Archivio di Stato Urbino (d’ora in poi rica, in Papa Albani e le arti cit., pp. 268-269, con Sasu), Notarile, Notaio Domenico Parenti, Protocollo bibliografia precedente. unico contenente gli inventari dell’eredità dell’eccel- 41 A. Lo Bianco (a cura), Pier Leone Ghezzi, Set- lentissimo principe D. Carlo Albani, v. 3977. tecento alla moda, cat. mostra (Ascoli Piceno, 1999), 15 Ivi, c. 156r. Marsilio, Venezia 1999, pp. 116 ss.; Cfr. M. B. Guer- 16 Ivi, cc. 120v-c. 121r. rieri Borsoi, Pier Leone Ghezzi, Martirio di Sant’Igna- 17 Inventari di Casa Albani cit., pp. 97 ss. zio di Antiochia, in Papa Albani e le arti cit., p. 294. 18 Ibid., pp. 104 ss.

164 Nuove vedute di Pesaro di Romolo Liverani

di

Gabriele Falciasecca

Romolo Liverani (fig. 1), pittore esperto Nonostante fosse molto apprezzato, non soprattutto nelle decorazioni delle scene tea- seppe quasi mai far valere i suoi diritti e, a trali e dei sipari, fu lo scenografo romagnolo causa della sua bontà e del suo disinteres- più importante e fecondo dell’età romantica. se, pare sia stato oggetto di un sistematico Nato il 12 settembre 1809 a Faenza da sfruttamento da parte degli impresari. Come Gaspare, «macchinista del teatro comu- scrisse il biografo Ennio Golfieri, «Romolo, nale», si può definire un “figlio d’arte”, in da artista di vocazione qual era, non fece quanto visse fin da piccolo nell’ambiente di mercimonio della sua opera e fu più pago teatro, iniziò a soli quindici anni a produrre della lode che del denaro […] Negli ultimi scene, subito acclamatissime, condividendo due o tre anni dovette affidarsi alla carità con il fratello Antonio una passione che poi dei conventi francescani ed in particolare avrebbe trasmesso anche al figlio Tancredi. dei Padri osservanti presso i quali andava a Fu dunque il teatro faentino la sua prima ritirare la sboba quotidiana […] Fu talmen- scuola, ma in seguito il Liverani divenne te disinteressato che morì di stenti in grande discepolo di un grande maestro di archi- miseria» 1. tettura e prospettiva, il concittadino Pietro In una pregevole opera redatta a più Tomba, famoso scenografo, decoratore e mani nel 1986 M. Omiccioli descriveva il vedutista del primo Ottocento, che ci ha Liverani «un pellegrino del teatro, accom- lasciato l’importante restauro della chiesa pagnato sempre […] da colle e pietre per di San Pietro e del collegio “Emiliani” a macinar colori, tele, debiti e fame. E nelle Fognano di Brisighella, tra Faenza e Firen- città a cercar locale, gesso macinato, calda- ze. Perfezionatosi probabilmente a Milano, ro e mastelli e una osteria per bere» 2. Liverani operò in tutta l’Italia settentrionale La morte lo colse a Faenza, il 9 ottobre e centrale presso i più importanti teatri, ma 1872. particolarmente a Faenza, Ravenna, Seni- Di Liverani, oltre alle scenografie, ai gallia e Lugo. sipari, ai comodini (secondi sipari per gli Nel 1840 si trasferì a Pesaro, dove iniziò intervalli), ai disegni di costumi – realizza- la sua attività di scenografo al Teatro Nuovo ti anche per i teatri della nostra provincia, (Teatro Rossini) e di pittore di interni, come come quelli di Pesaro, Fano, Sant’Ange- ci attestano le vedute e gli affreschi di alcu- lo in Lizzola, Cartoceto, Urbino, Urbania, ne sale del palazzo ducale, del palazzo Gra- Sant’Agata Feltria e Mondolfo 3 – restano dari e del palazzo Mazzolari. album con schizzi riproducenti i luoghi della

165 Studi pesaresi 1, 2012

Romagna e delle Marche da lui frequentati. Battistero della cattedrale Tali disegni sono sorprendenti, da una parte, per il loro realismo e la loro verosimiglianza, Il disegno del Liverani (fig. 2) rappre- tanto da costituire una documentazione pre- senta il fonte battesimale della cattedrale ziosa dell’aspetto di ambienti, monumenti, situato, nella metà dell’Ottocento, nei pressi paesaggi prima che fenomeni di varia natura della porta principale d’ingresso alla basi- li modificassero. Dall’altra stupiscono per lica, proprio all’inizio della navata sinistra, la loro capacità di trasfigurare la realtà, di riprodotta parzialmente nella pianta della rappresentarla in modo suggestivo, di rea- cattedrale del 1857 disegnata in occasione lizzare effetti particolari sia attraverso forti della visita di Pio IX a Pesaro (fig. 3). contrasti di luce sia mediante inquadrature Come si vede nel disegno, si trattava di del tutto originali; così da creare atmosfe- un fonte in marmo, fiancheggiato da due re davvero uniche, che rappresentano non il angeli recanti ciascuno un tipico elemento vero, ma l’illusione del vero. Questi disegni, battesimale in mano (la tazza per l’acqua in sostanza, sono realizzati in piena adesio- e un panno), ritrovati recentemente in un ne al Romanticismo italiano imperante nel deposito e collocati, dopo il restauro, nella primo Ottocento, in cui si mescolavano e si cappella del SS.mo Sacramento. Si nota- fondevano gusto della concretezza ed esoti- no anche l’imponente balaustra, sempre in smo neogotico, realismo e passionalità. marmo, e un dipinto a firma del bolognese Le opere qui presentate sono riprodu- Giovan Battista Grati (1681-1758) raffigu- zioni fotografiche di undici vedute pesaresi, rante San Giovanni nell’atto di battezzare ritrovate presso l’Archivio storico dioce- Gesù, oggi custodito nella casa parrocchia- sano di Pesaro e appartenenti a una colle- le. È rimasta sul posto invece la vecchia zione dal titolo Raccolta di 48 vedute della acquasantiera. La storia del fonte battesi- Città e Contorni di Pesaro disegnati dal male disegnato dal Liverani è complessa e vero da Romolo Liverani di Faenza Pitto- parzialmente ricostruibile sulla base della re Scenografo dal 1841 al 1851 4. Di tale documentazione relativa alla visita pastora- collezione, che contiene anche un interes- le di mons. Carlo Bonaiuti del 1897/1898. sante ritratto dello stesso pittore, le undici Inizialmente esisteva un battistero sepa- “vedute” contenute nel presente lavoro – in rato dalla cattedrale, come accadeva in quasi cui compaiono sempre anche dei personag- tutte le basiliche paleocristiane, dato che era gi – sono inedite; le restanti – solo di pae- vietato ai non battezzati l’ingresso in chiesa. saggi – sono state pubblicate nel volume già L’edificio fu iniziato con molta probabilità citato L’Isauro e la Foglia . Vengono inoltre nel V secolo, data coincidente all’incirca descritte altre tre vedute: due sono lunette con il primo tappeto musivo 7; era a pianta in cui il Liverani ha raffigurato scorci della ottagonale (come è documentato anche dal nostra città e si trovano nella quarta sala del Lazzarini e dall’Olivieri 8) e situato nell’area palazzo ducale 5 sul lato del corso XI Set- sottostante l’attuale sacrestia. Dopo qualche tembre; la terza è collocata in un ambiente secolo il Battistero fu «atterrato». Il fatto di palazzo Gradari 6. sembra che «possa stabilirsi dopo il cadere del secolo XIII, epoca in cui pare che fos- se riedificata la Cattedrale, perché per la sua

166 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro soverchia vecchiezza era ridotta rovinosa, ed po del nostro autore coincideva, secondo il avea bisogno di essere ricostruita» 9. Dopo progetto settecentesco del cardinale Giovan- i lavori di ristrutturazione, il fonte batte- ni Francesco Stoppani, con il porto, di cui simale fu portato all’interno della chiesa, si intravede, sulla destra, la lanterna. Un’im- dove cambiò nel tempo ubicazione, finché magine “storica”, dunque, quella del Livera- il vescovo mons. Filippo Carlo Spada, il 27 ni, dato che negli ultimi decenni dell’Otto- aprile 1727, lo fece collocare nella posizio- cento il porto venne separato dalla foce del ne in cui lo raffigurò il Liverani, ornandolo fiume, deviata a sinistra in base al preceden- «di buone pitture e sculture» 10. Di questo te progetto dell’ing. Alessandro Cialdi. fonte, demolito e ricostruito probabilmente Nel secondo disegno (fig. 5) cambia deci- alla fine del secolo XIX quando la cattedrale samente la prospettiva e il punto di osser- rimase chiusa per molti anni a causa di una vazione diventa laterale. Acquista pertanto radicale ristrutturazione, si conservano solo i maggior risalto la struttura del ponte, posto due angeli, posti, come si è detto, nell’attua- in primo piano, mentre sullo sfondo, scom- le cappella del SS.mo Sacramento. parsi la foce del Foglia e il porto, si intravede Da notare, nel disegno del Liverani, il la vegetazione della sponda sinistra del fiu- contrasto di luce e ombra e lo scorcio pro- me. Da notare soprattutto il fatto che della spettico assolutamente originale. meta roveresca è rimasto solo il basamento, elemento che colloca questa veduta in una data posteriore alla precedente. Ponte vecchio Le due immagini del Ponte vecchio sono state riprodotte in un calendario di un istitu- Il Liverani realizzò due disegni del Pon- to di credito 11. te vecchio sul fiume Foglia, ponte di origine romana, distrutto nel sec. VI da Vitige duran- te la guerra goto-bizantina, ricostruito suc- Torrente Genica cessivamente da Belisario e fortificato dagli Sforza nel sec. XV con due torri che vennero Il nome Genikà al tempo dell’esarcato abbattute in occasione della costruzione del- ravennate indicava, in lingua greca, un ter- le mura pentagonali roveresche del ’500. reno di proprietà del fisco bizantino 12, che a Nel primo disegno (fig. 4) il ponte è raf- Pesaro probabilmente era ubicato nei pressi figurato da un punto di osservazione centra- della porta Fanestra 13 (attuale piazzale Mat- le. Si notano chiaramente la sua struttura “a teotti). Il torrente Genica era sormontato da schiena d’asino”, i due archi (il più piccolo un ponte (oggi non più esistente) che con- dei quali oggi è visibile solo durante le sec- giungeva la strada romana Flaminia, prove- che del Foglia) e, sulla sommità, una “meta” niente da Roma attraverso Fano, alla nostra roveresca (simbolo dei Della Rovere ricor- città. rente in altri edifici della città, come l’arco Lo attestano vari documenti, il più di villa Miralfiore e il palazzo ducale) di cui importante dei quali è un’iscrizione ritrova- successivamente rimase solo il basamento. ta nei pressi della porta nel 1738 e risalen- La veduta permette di cogliere, sullo te agli anni 378- 379, in cui si ricorda che sfondo, la foce del fiume Foglia, che al tem- gli imperatori Graziano e Valentiniano, per

167 Studi pesaresi 1, 2012 migliorare il servizio postale, restaurarono duca Guidubaldo, l’osteria della Posta venne proprio questo ponte. Esso esisteva ancora trasferita nella Piazzetta presso la chiesa di nel 1629, come risulta da altri documenti in Sant’Agostino, per permettere al marche- cui si parla di pagamenti effettuati per lavori se Ranieri del Monte di costruire un nuovo ad esso attinenti: «scudi 4.30 per tavoloni palazzo (ora Baldassini) nella stessa area, tra per il ponte del Genica […] sc. 4.48 ven- la chiesa di San Francesco e la porta Fane- gono dati ad operai che hanno lavorato a stra 17. Nel 1631 tutto il ducato e gran parte Ponte della Genica […] sc. 6.42.2 a Matteo dei suoi beni, tra cui risultava l’osteria della Gennari per aver segato una quercia e fatto Posta, furono devoluti allo Stato pontificio18 . tavoloni sopra il ponte della Genica» 14. I documenti successivi contengono dati La veduta del Liverani (fig. 6) offre una diversi circa l’ubicazione dell’osteria della rappresentazione del torrente in parte cer- Posta. Un manoscritto oliveriano riporta che tamente immaginifica, tesa a sottolineare, «il 12 marzo 1769 la maestà di Giuseppe II secondo il gusto tipicamente romantico imperatore re dei Romani sulle ore 11 passò dell’autore, gli aspetti più suggestivi del per Pesaro del tutto incognito… e si fermò paesaggio, ricco di vegetazione e dirupi, in all’osteria della Posta che è collocata avanti cui la presenza dell’uomo (costante nelle la chiesa di san Francesco» 19. In un docu- vedute rintracciate nell’Archivio diocesano) mento del 1857 si legge invece che un certo si inserisce armonicamente nella natura. tut- Gaetano Baldanza aveva in progetto di atti- tavia ci ricorda, abbastanza realisticamente, vare «una locanda in Pesaro nel locale detto come doveva essere un tempo il paesaggio la Posta sito in via del Corso» 20 nei pressi di dei torrenti prima che intervenisse quella Sant’Agostino all’angolo del palazzo Spon- cementificazione che ha reso irriconoscibile za (dove oggi si trova la Banca dell’Adriati- anche il nostro Genica. co) e che voleva acquistarla dagli eredi Zan- golini per trasformarla in albergo e trattoria di prima classe. Osteria della Posta La diversità dei dati si spiega presumi- bilmente col fatto che nello Stato pontificio L’osteria della Posta si trovava nell’attua- le sedi postali venivano appaltate ogni nove le via San Francesco, dove oggi si trova il anni: si può ipotizzare pertanto che i mastri di palazzo Baldassini. Essa apparteneva ai posta, variando ogni volta, fossero costretti a marchesi Del Monte non prima della fine cambiare anche l’ubicazione dell’Osteria 21. del 1400, dato che nei documenti risalen- Nel disegno del Liverani (fig.7) viene ti alla seconda metà del secolo essa non è raffigurato l’ingresso del locale, illuminato menzionata tra gli alberghi e gli ospizi della da un fascio di sole che crea un contrasto città15. È attestato che nel 1571 Guidubal- tipicamente romantico di luci e ombre. do II Della Rovere (duca dal 1538 al 1574) l’acquistò per 5.000 ducati, a cui si aggiun- sero i 645 per i mobili con pagamento diffe- Grotta del monte Pantalone rito al 5% di interesse 16. Successivamente, in seguito alle notevoli La grotta era situata ai piedi del monte modifiche urbanistiche apportate alla città dal Ardizio (nell’attuale via Kolbe), chiamato

168 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro monte Pantalone. Tale soprannome trova do della sala, nel lato opposto a quello dove riscontro in vari documenti: in un altro dise- era situato il trono del duca (oggi scom- gno del Liverani del 1849 («Veduta della parso), si nota un nicchione simile a quelli fortezza di Pesaro con vista di monte Pan- destinati a contenere delle statue, come si talone» 22); in una guida per viaggiatori del vede nel volume del Locchi 27, anch’esso 1823 23, in cui è detto che «da Cattolica a scomparso, probabilmente perché “tampo- Pesaro si costeggia il mare quando è in cal- nato” da restauri non conservativi 28. ma: altrimenti si va per la strada di sopra Su tutte le pareti del Salone, inoltre, sono detta Pantalone» ; in una lettera indirizzata presenti motivi ornamentali e decorazioni, nel 1842 al legato apostolico, in cui si scri- di cui si hanno tracce anche in immagini più ve che «la strada Nazionale presenta, nel recenti di questa del Liverani 29, ma che oggi sito detto Pantalone, una difficile e perico- non esistono più. losa salita dall’altezza verticale di circa 90 Lo splendido soffitto a cassettoni con le metri»: proprio per evitare questa salita del imprese dei Della Rovere, opera di Giovan- resto era stata aperta, già nel 1771, una nuo- ni Cortese, si è fortunatamente conservato va strada sul mare 24, non sempre praticabi- intatto, così come tutta la serie degli stem- le, però, a causa delle mareggiate, come si mi, da quelli dei cardinali legati fino a quelli evince dalla guida suddetta. dei prefetti della provincia di Pesaro e Urbi- La grotta disegnata dal Liverani era un no anteriori al Fascismo. piccolo antro tufaceo adibito nel tempo a vari usi: ricovero di viandanti, deposito di attrezzi (si nota la presenza di una portici- Cortile di villa Imperiale na), rifugio durante la guerra. La veduta (fig. 8) è molto scenografica, La veduta del Liverani (fig. 10) raffi- anch’essa di gusto tipicamente romantico, gura il cortile interno della villa Imperiale, tanto da ricordare vagamente alcuni quadri situato nella parte più recente dell’edificio, del contemporaneo Friedrich: il personag- quella roveresca, progettata dall’architetto gio di spalle, le pareti della grotta contorte Girolamo Genga. e mosse, lo scorcio di mare in lontananza Benché tale spazio (che oggi viene perio- solcato da due barche. Come afferma S. dicamente messo a disposizione di turisti o Bassi, il Liverani «non di rado trasfigurava, di manifestazioni culturali dalla famiglia spostava, aggiungeva, alterava proporzioni Albani, attuale proprietaria) sia stato rap- o dilatava dettagli» 25. presentato in modo abbastanza fedele alla realtà, tuttavia è stato introdotto nel disegno un’importante elemento di novità, peraltro Salone Metaurense non suffragato da altre testimonianze. Al posto di una sola nicchia esistente Su questo imponente salone (600 mq) nello sfondo del giardino, il Liverani ha del palazzo ducale di Pesaro 26, chiamato raffigurato due grandi nicchie, una illu- Metaurense, abbondano le immagini, ma minata, l’altra in ombra. È probabilmente la veduta del Liverani (fig. 9) ci evidenzia un’ulteriore conferma della specificità del almeno due particolari interessanti. Sul fon- nostro autore, il quale, come si è ripetuta-

169 Studi pesaresi 1, 2012 mente affermato, pur partendo dalla realtà, attacchi navali e presidiato da un distacca- amava abbellirla e trasfigurarla con l’ag- mento di cannonieri guardiacoste, ma pro- giunta di particolari e decorazioni immagi- babilmente non era ancora ultimato dopo la nari, prodotti dal suo gusto di pittore e di sconfitta di Napoleone a Lipsia nel 1813 e la scenografo. conquista nel 1814 da parte di Gioacchino Murat degli Stati romani. Da diverse immagini e vari documenti Contramine di casa Belluzzi si evince che il fortino andò nel tempo gra- vemente lesionandosi. In una lettera del 12 La veduta rappresenta via Contramine, agosto 1815 del capitano Lanzi al delegato che ancora oggi esiste e collega via XI Feb- apostolico 30 si dice «che la polvere esisten- braio a via Curiel (fig.11), anche se forse te nel Fortino del Porto alla Marina è mal con un diverso orientamento. custodita piovendovi dentro, onde io prego Al tempo del Liverani vi sorgeva il V.ra Ecc.za R.ma volersi degnare d’ordinar- palazzo (a sinistra nel disegno) della fami- vi l’occorrente riparazione onde conservare glia Belluzzi, originaria di San Marino, che un oggetto di tanta importanza» (il delegato annoverava tra i suoi membri personag- risponderà di aver informato il gonfaloniere gi illustri, come Giovan Battista Belluzzi Cesare Mamiani che, a sua volta, avrebbe (genero di Girolamo Genga, con il quale chiesto ai deputati del Porto di interessarsi aveva lavorato alle fortificazioni di Pesaro della questione). ai tempi dei Della Rovere) e il conte Gae- Diversi anni dopo tuttavia il fortino non tano Belluzzi (marito di Vittoria, figlia di si trovava ancora in buone condizioni, tanto Carolina di Brunswick e del suo amante che l’ingegnere capo, rivolgendosi al dele- Bartolomeo Pergami). gato, ebbe a dire 31: «Non a torto si duole il Nel disegno, insieme al palazzo suddetto Sig. Gonfaloniere di questa città nel vedere e alla strada che conduceva alla porta Cap- il totale abbandono del cosi detto Fortino puccina, si intravede, in lontananza, un bel alla foce di questo Porto eretto con moltis- profilo della chiesa di San Giovanni con il simo dispendio a difesa e decoro di questo suo campanile e la sua cupola. Capo Luogo […] Il Genio militare non mol- to addietro lo giudicò insuscettibile di ripa- razioni per ritornarlo allo stato suo primiero Fortino napoleonico […] e si vociferò essere stata proposta la demolizione[…] Sarei però dell’avviso che Il Liverani disegnò sia l’esterno (fig. 12) […] si potesse ottenere che il Fortino fosse che l’interno (fig. 13) del fortino. sistemato anche con urgente spesa, e non si L’edificio fu costruito nel 1813/1814, perdesse una opera di tanto costo». durante il napoleonico Regno di Italia, su Dopo l’Unità d’Italia il fortino per- progetto di un architetto di cui non si cono- se ogni ruolo strategico, venne acquistato sce il nome, nell’area in cui oggi sorge la dal Comune e messo all’asta. Nel 1901 la Rotonda Bruscoli. “Società Villini” lo acquistò per ricavarne il Contenente all’interno polvere da spa- materiale utile per la costruzione delle ville ro, era finalizzato alla difesa del porto dagli al mare e pertanto nel 1905 lo fece demolire.

170 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro

Nella prima veduta sono realisticamente La seconda veduta (fig. 15) mette in luce raffigurati la mole massiccia della struttura, invece il ponte vecchio sul Foglia con una la scala che conduceva alla parte superiore vista quasi idilliaca con barche, pescatori e dell’edificio, una grande croce e, sullo sfon- “turisti”. do il faro del molo di levante. In lontananza, Un ultimo dipinto, realizzato probabil- un po’ sfumate, le colline pesaresi. mente dal Liverani con il contributo del Anche l’interno del fortino (fig. 13) è fratello Antonio (fig. 16) lo troviamo nel disegnato con un certo realismo. Si notano secondo piano del palazzo Gradari «nel- la struttura di sostegno a fungo, la scala di la sala che corre parallela all’ultimo tratto collegamento con l’esterno, la finestrella della scala» 32. La veduta, di non grande con le grate, i tavolati per dormire, pochi qualità, è posta in uno dei quattro medaglio- mobili e alcune rastrelliere per le armi. ni ottagonali che nel soffitto contornano la grande tela posta al centro e raffigurante la Carità. In essa viene riprodotta un’immagi- Altre vedute del Liverani ne prospettica di via Cavour con la Pesche- ria (a sinistra), una bottega con il “poggio- Oltre alle “vedute” conservate presso lo” (a destra) e, appena visibile in fondo, l’Archivio storico diocesano di Pesaro esi- l’obelisco collocato davanti alla chiesa di stono, in altri importanti edifici della nostra Santa Maria del Porto. città, altre opere del Liverani che ne raffigu- rano alcuni scorci. I Liverani operarono anche nel palazzo Due si trovano nel palazzo ducale di Mazzolari, dove però non si rintracciano Pesaro, precisamente nella quarta delle cin- vedute. que sale di rappresentanza del piano nobile Le vedute dell’estroso e romantico pit- che si affacciano sul corso XI Settembre – tore-scenografo Romolo Liverani, anche se quella che precede la camera con il balcon- trasfigurano la realtà con l’immaginazione e cino ad angolo. non possono quindi essere considerate meri La prima veduta (fig. 14), posta in una “documenti” delle trasformazioni architet- lunetta del soffitto, riproduce villa Imperiale toniche avvenute nella nostra città, risultano in una immagine ricca di dettagli e inserita comunque importanti per la loro rilevanza in un paesaggio molto scenografico. storico- artistica.*

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1 E. Golfieri, L’uomo e l’artista, in Un occhio 15 M. Frenquellucci, La storia urbana di sulla città vedute ottocentesche di Faenza dei Live- Pesaro nel Medio Evo: mille anni di trasformazio- rani confrontate con fotografie attuali, cat. mostra, ni, in Aa.vv., Pesaro tra Medio Evo e Rinascimento, Faenza 1979, pp. 9-10. “Historica Pisaurensia”, vol. II, Venezia 1989, p. 170. 2 M. Omiccioli et al., L’Isauro e la Foglia. 16 G. Allegretti, Aspetti di vita economica e Pesaro e i suoi castelli nei disegni di Romolo Livera- sociale, in Pesaro nell’età dei Della Rovere, “Histori- ni, Fano 1986, p. 103. ca Pisaurensia”, vol. III/1,Venezia 1988, p. 189. 3 F. Mariano (a cura di), Il teatro nelle Marche, 17 G. Vaccaj, Pesaro pagine di storia e topogra- Fiesole 1997, p. 128. fia, Pesaro 1984, p. 104. 4 Archivio storico diocesano di Pesaro (d’ora in 18 Biblioteca Oliveriana di Pesaro, ms. 379, vol. poi Adp), Raccolta di fotografie n. 33. II, c. 35. 5 M. Luchetti, Il Palazzo Ducale di Pesaro, 19 Ivi, ms. 1288. Fano 1986, p. 83; v. anche A. Uguccioni, Il Palazzo 20 Archivio storico comunale di pesaro (Ascp), Ducale di Pesaro guida illustrata, Pesaro 2007, p. 58. b. 460, Caseggiato, 1857. Si ringrazia Maurizio Bassi per la realizzazione delle 21 C. Fedele, Strade postali nelle Marche (sec. foto 14 e 15. XVI-XIX), in Le strade nelle Marche il problema nel 6 D. Trebbi, S. Bruscia, A. Nori, G. Calegari, tempo, “Atti e memorie” della Deputazione di st. p. Palazzo Gradari già Palazzo Mamiani Della Rovere per le Marche, parte 2a , Ancona 1987, p. 1059. indagini e scoperte dopo il restauro, Senigallia 2004, 22 L’Isauro e la Foglia cit., p. 140. p. 52. 23 Itinerario italiano, Roma, 1823, p. 205. 7 S. Benvenuti, San Terenzio patrono di Pesa- 24 Ascp, b. 349, Strade, 1842. ro, Pesaro 2003, p. 76. 25 S. Bassi, Grotte nell’arte, due visioni roman- 8 A. Abbati Olivieri, Dell’antico battistero del- tiche del “Buco I° di Monte Mauro”, in “Speleologia la Santa Chiesa Pesarese, Pesaro 1777. Emiliana”, n. 12/13, IV serie, 2001/2002. 9 Adp, Visita pastorale di mons. Carlo Bonaiu- 26 S. Eiche, La Corte di Pesaro. Storia di una ti, 1897-1898, c. 68. residenza signorile, Modena 1986; Luchetti, Il Palaz- 10 Ivi, c. 69. zo Ducale di Pesaro cit.; T. Briguglio, Imprese, sigle 11 Cassa di Risparmio di Pesaro, Calendario e stemmi nel Palazzo Ducale di Pesaro dagli Sforza 1966. ai Montefeltro della Rovere, Pesaro 1987; Uguccioni, 12 A. Carile, Continuità e mutamento nei ceti Il Palazzo Ducale di Pesaro cit. dirigenti dell’Esarcato, in Istituzioni e società nell’al- 27 O.T. Locchi, La Provincia di Pesaro ed Urbi- to medio evo marchigiano, “Atti e memorie” della no, Roma 1934, p. 157. Deputazione di st. p. per le Marche, 86 (1981), Anco- 28 M. Casciato, I restauri del ‘900, in S. Eiche, na 1983, I, pp.142-143. La corte di Pesaro storia di una residenza signorile, 13 U. Agnati, Per la storia romana della Provin- Modena 1986. cia di Pesaro e Urbino, Roma 1999, p. 119. 29 Locchi, op. cit., p.157. 14 Asp, Legazione, Lettere alla Comunità di 30 Ascp, b.114, 1815, Miscellanea. Pesaro, b. 10, 1629. 31 Ivi, b.384, 1847, Porto. 32 Trebbi et al., Palazzo Gradari cit., p. 103.

172 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro

Fig. 1 – Romolo Liverani.

Fig. 2 – Fonte battesimale.

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Fig. 3 – Pianta parziale della cattedrale di Pesaro (1857 circa).

Fig. 4 – Ponte sul Foglia.

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Fig. 5 – Ponte sul Foglia.

Fig. 6 – Il torrente Genica.

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Fig. 7 – Osteria della Posta.

Fig. 8 – Grotta del monte Pantalone.

176 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro

Fig. 9 – Salone Metaurense.

Fig. 10 – Cortile di Villa Imperiale.

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Fig. 11 – Contramine di casa Belluzzi.

Fig. 12 – Fortino napoleonico (esterno).

178 Gabriele Falciasecca Nuove vedute di Pesaro

Fig. 13 – Fortino napoleonico (interno).

Fig. 14 – Palazzo ducale, Pesaro: villa Imperiale.

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Fig. 15 – Palazzo ducale, Pesaro: ponte sul Foglia.

Fig. 16 – Palazzo Gradari, Pesaro: la Pescheria.

180 Dieci anni di restauri d’arte a Montelabbate*

di

Roberto Rossi

L’Associazione Culturale “Mons Abba- sa da polvere, umidità, lacerazioni e sogget- tis”, costituitasi a Montelabbate nel mag- ta a numerosissime cadute di colore. gio 2003 con l’intento di promuovere e Da una prima indagine si accertò che tre valorizzare il patrimonio storico-artistico di esse provenivano dalla nuova chiesa di del proprio territorio, si appresta a varcare San Quirico al Mercato – l’odierna chiesa il primo decennio di attività. Il traguardo parrocchiale, edificata sul finire del XVIII rappresenta una valida occasione per ope- secolo 2 – mentre una costituiva lo stendar- rare una ricognizione delle numerose atti- do processionale di un’antica confraternita vità svolte in questi anni, tra le quali merita locale. certamente un’attenzione particolare l’im- pegno profuso dal gruppo nell’ambito del Il primo intervento ha riguardato la pala recupero e della valorizzazione del patri- raffigurante San Vincenzo Ferreri che salva monio artistico minacciato dalle insidie un muratore (olio su tela, 245 x 151cm) 3. del tempo e dall’incuria umana. Un lavoro Il dipinto adornava un altare della chiesa costante, delicato e oneroso che, affiancato di San Quirico spettante inizialmente al da una continua attività di ricerca e docu- benefattore pesarese Girolamo Mancini, mentazione archivistica, ha permesso non ma poiché questi morì quando ancora non solo di restituire alle opere interessate una ne aveva provveduto la dotazione, l’one- piena leggibilità e una soddisfacente visua- re di mantenimento, respinto dagli eredi, le estetica, ma di recuperarne il valore sto- fu assunto dal comune 4. Non è chiaro se rico e culturale. l’opera fosse stata commissionata dal Man- L’impulso iniziale per un deciso impe- cini stesso o dalla municipalità, anche se la gno in questo senso venne dalla necessità scelta del soggetto e del tema iconografico di mettere mano al recupero di quattro anti- farebbe propendere per la seconda ipotesi. chi dipinti della chiesa parrocchiale che, Grazie alla presenza del fiume che garan- rinvenuti fortuitamente alcuni anni prima tiva un’abbondante fornitura di materiale nell’umido sottotetto della canonica, ver- arenario, infatti, nel territorio di Monte- savano in uno stato di estremo degrado e labbate si era andata sviluppando in quegli rischiavano di andare perduti 1. Le opere anni una fiorente attività edile; in questo infatti, prive dei telai di sostegno e rima- contesto fu evidentemente naturale pensare ste avvoltolate per anni, presentavano una di dedicare un altare della nuova chiesa al superficie pittorica fortemente compromes- santo protettore dei muratori.

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Il secondo restauro riguardò la pala raf- tato nelle vesti di un vecchio penitente in figurante la Beata Vergine con il Bambino abito rosso, colore che richiama la dignità in gloria e i santi Lucia e Luigi Gonzaga cardinalizia alla quale il santo, vissuto tra (olio su tela, 241x147cm) 5, opera di Placido il 347 e il 420, era stato elevato da papa Lazzarini 6. La tela, la cui originaria funzio- Damaso I. Attorniano il personaggio un ne devozionale è attestata dall’impianto ico- teschio (simbolo della penitenza), i libri nografico e dalla disposizione delle figure, (riferimento sia ai testi classici di cui Giro- venne commissionata dal fornaciaio monte- lamo era studioso, sia all’opera di traduzio- labbatese Luigi Cerni che vi volle rappre- ne latina della Bibbia che lo impegnò per sentati i santi dei quali lui e la sua consor- gran parte della sua esistenza), un leone te – Lucia Giunta, originaria di Ginestreto (animale che, secondo la leggenda, fu suo – portavano il nome 7. Del dipinto colpisce fido compagno nel deserto e al quale il san- la grande vivacità cromatica del panneggio to aveva tolto una spina dalla zampa). E se della martire che col braccio destro elevato la figura del grande eremita – austero, ma conduce l’attenzione dell’osservatore nel per nulla infiacchito dalla senescenza e dai registro superiore ove, in un cielo gonfio di digiuni – può essere ricondotta nel solco nubi dai chiarori gialloverdi, è posta la Ver- della iconografia classica, l’episodio raf- gine col Bambino benedicente in un leggero figurato nel dipinto montelabbatese è più accenno di sottinsù prospettico. Lo sguardo che raro da trovare nelle pur diffusissime della Madonna a sua volta riporta l’osser- rappresentazioni del santo. Secondo Grazia vatore nella fascia inferiore, sul giovane Calegari l’impianto generale del quadro e gesuita dall’abbondante cotta candida, ingi- alcune concordanze stilistiche rimandereb- nocchiato e in atteggiamento estatico. Ogni bero l’opera ai modi di Giannandrea Laz- figura è affiancata da un putto recante altri zarini. L’organizzazione della scena richia- simboli identificativi: una tavoletta con due ma infatti lo schema compositivo del San paia di occhi per Santa Lucia, un giglio e un Giovanni a Patmos, dipinto realizzato dallo cilicio per San Luigi. Sul retro del dipinto stesso Lazzarini nel 1758 per la cattedrale un’iscrizione reca il nome dell’autore, del di Urbino ed ora conservato nella Galleria committente e – anche se non più comple- nazionale delle Marche. Un altro elemento tamente leggibile – la data di esecuzione, poi che, secondo la studiosa, ricondurrebbe da collocarsi tuttavia negli ultimi anni del chiaramente ai modi dell’artista pesarese, secolo XVIII. consiste nella particolare luminosità del La sorpresa maggiore tuttavia giunse dipinto. La scena è rischiarata unicamente quando si provvide al recupero della terza dal bagliore che scaturisce dalla figura del pala d’altare: una tela raffiguranteSan Giro- Bambinello – centro della composizione – lamo nel deserto che contempla la Natività e che si diffonde con straordinaria perizia (olio su tela, 246x150cm) 8 che, come il San per tutto l’ambito spaziale, illuminando più Vincenzo Ferreri, i documenti ascrivevano o meno intensamente le altre figure e dando ad un altro altare di proprietà di Girolamo origine a suggestivi chiaroscuri (effetto evi- Mancini che lo stesso evidentemente volle dente soprattutto nel volto di San Giuseppe dedicato al proprio santo patronimico. e nella figura degli angioletti). Il presepio Nel dipinto San Girolamo è rappresen- in particolare ha la luminosità e la dolcez-

182 Roberto Rossi Dieci anni di restauri d’arte a Montelabbate za delle opere del Lazzarini nel decennio rebbe dunque alla luce sui primi del XVIII 1750-1760, come pure gli angioletti svolaz- secolo per volere del settimo conte di Mon- zanti. Certo, la presenza di particolari ete- telabbate, Ippolito Leonardi della Rovere rogenei nella felicità della resa fa pensare (1686-1745) 12. Un discreto accenno a que- a un dipinto eseguito a più mani. La resa sta committenza è rappresentato dalle ele- decisamente più modesta di alcuni aspet- ganti fronde di quercia che impreziosiscono ti (quali ad esempio la mangiatoia, alcuni i fregi della cornice e che richiamano quel particolari scarsamente rifiniti, la goffaggi- «rovere sradicato e ghiandifero» che dal ne di certe estremità…) ed alcune tracce di 1540 – per concessione del duca Guidu- ripensamenti nella disposizione delle figure baldo II della Rovere – campeggiava anche (evidente nel caso della testa del bue di cui nell’insegna araldica dei conti di Monte- resta un leggerissimo abbozzo in posizione labbate. Pochi altri riferimenti archivistici più elevata) lasciano intravedere la parte- permettono di ricostruire le successive col- cipazione di mani certamente più insicure. locazioni e le numerose traversie che questo Ma al di là di questi probabili interventi da dipinto dovette subire lungo i secoli, ma i parte di allievi, l’impronta fondamentale fiori e le piegature dei bordi – causa delle del presepio con il Bambino appena nato, i consistenti cadute di colore che hanno in volti della Madonna e di San Giuseppe, la parte compromesso la lettura dei fregi della grandissima luce diffusa sulla paglia, hanno cornice – indurrebbero a pensare che in un una qualità pittorica tale da poter ascrivere secondo tempo l’opera, persa la funzione di quest’opera al catalogo del grande maestro stendardo processionale, sia stata adattata pesarese 9. su un telaio di dimensioni più piccole, for- se per essere collocata al posto di qualche Assieme alle tre pale d’altare fu rinve- altro dipinto. A queste vicissitudini, tuttavia, nuto, come già ricordato, anche uno sten- i documenti non fanno cenno e del dipinto dardo processionale. L’opera, raffigurante per oltre un secolo si perdono le tracce 13, la Traslazione della Santa Casa (tempera fino a quando un inventario del 1915 lo cen- su tela, 207 x 139 cm) 10, è segnalata per la sisce nuovamente - ancora in buono stato - prima volta in un inventario del 1732 dove, tra i beni mobili della parrocchia 14. Dopodi- tra i beni e gli effetti posseduti dalla Pia ché l’opera, privata del telaio e ripiegata in Congregazione del Cento di Montelabbate, molte parti, confluisce con le altre tele nel si annota uno «stendardo nuovo dipinto in sottotetto della canonica e lì rimane fino al tela, ove è l’immagine dipinta della Beata fortuito rinvenimento. Vergine sopra la Santa Casa, col Bambino a Il dipinto riprende un modulo iconografi- mano destra, sopra con molte teste di angeli co consolidatosi nella seconda metà del XV dipinte e sotto tre angeli col suo busto che secolo, quando inizia a diffondersi l’uso di sostengono la Santa Casa detta dipinta; è il raffigurare la prodigiosa traslazione angelica quadro – con rabeschi d’intorno, con legno che nel XII secolo, per sottrarre l’abitazio- tinto nero a piedi e cima colle palle di qua e ne della Madonna dalle mani degli infedeli, di là – donato anni or sono alla compagnia avrebbe condotto la Santa Casa da Nazareth o adunanza detta dall’illustrissimo signor alla Schiavonia e di là, sorvolando l’Adriati- conte Impollito Leonardi» 11. Il dipinto ver- co, al colle marchigiano di Loreto. Lo sten-

183 Studi pesaresi 1, 2012 dardo infatti mostra la Santa Casa, solleva- ganza dei cartigli e dei fregi che circoscrivo- ta da tre angeli a figura intera, sormontata no il soggetto, la raffinata resa del paesaggio dall’immagine della Vergine che siede su un marino sono elementi che – assieme all’epo- trono di nubi e che regge con ambo le brac- ca di esecuzione – ci spingono ad azzarda- cia il Bambino benedicente, posto alla sua re l’ipotesi che si possa trattare di un’ope- destra. Attorniano la figura della Vergine e ra legata all’attività di un artista attivo nel del Bambino, in un cielo di nubi spumeg- campo della decorazione come Domenico gianti, tre coppie di testine angeliche. Nella Anderlini 16. L’attribuzione può trovare un parte inferiore è un mare notturno la cui scu- valido sostegno anche nel fatto che – come ra profondità prospettica cede il passo a un ricordato da un inventario parrocchiale del cielo appena rischiarato da un albore soffuso 1732 – all’epoca dell’esecuzione del dipinto – timido accenno dell’aurora – che fa emer- l’Anderlini aveva lavorato più di una volta a gere sul filo dell’orizzonte la silhouette di Montelabbate: nel 1719 era stato chiamato diverse imbarcazioni: elementi figurativi che per decorare il nuovo pulpito ottagonale del- alludono, molto probabilmente, all’interces- la chiesa di San Martino, dove poi nel 1724 sione accordata dalla Vergine lauretana ai – su commissione della confraternita del marinai in pericolo di naufragio. Presso la Sacramento – aveva decorato con «rabeschi collezione del Museo francescano dei Cap- e fiori» l’arco e il soffitto del presbiterio17 . puccini di Roma è conservata un’incisione – risalente con tutta probabilità al XVII secolo L’ultimo restauro ha riguardato un’ope- – che riporta fedelmente lo schema com- ra giovanile del pittore pesarese Fernando positivo della nostra Traslazione 15. Segno, Mariotti (1891-1969), proveniente da un questo, che l’ignoto autore dello stendardo piccolo oratorio rurale esistente nelle vici- di Montelabbate si è ispirato a un modulo nanze di Montelabbate, in località Madon- figurativo già elaborato e – per quel che ci na dell’Arena. Il dipinto, concepito per è dato da intendere – molto diffuso a quel sostituire la pala d’altare originale che era tempo. Tale derivazione, che ha vincolato andata dispersa, è da collocarsi tra il 1919 l’esecuzione del dipinto a un preciso model- e il 1921, anni in cui il Mariotti affianca a lo stilistico, ovviamente rende difficoltosa Urbino l’anziano maestro Luigi Scorrano l’attribuzione di questo stendardo. Tuttavia, nel portare a termine alcune opere religiose se l’impianto generale del dipinto, le forme, e al tempo stesso realizza per conto proprio le posture e le gestualità dei soggetti non alcuni soggetti sacri – cinque, per quel che costituiscono degli elementi utili all’indivi- ne sappiamo – dove l’influsso della pittura duazione dell’autore, non può tuttavia esse- del maestro si mescola al gusto delle deco- re ignorata la complessiva buona qualità razioni lauretane di Lodovico Seitz e Biagio dell’opera che in più di un particolare rivela Biagetti e alla pittura di Augusto Mussini una mano di notevoli capacità tecniche, una (fra’ Paolo), ricca di richiami liberty e sug- padronanza della forma e della resa cromati- gestioni simboliste 18. ca che fa del gonfalone montelabbatese una La pala raffigura laBeata Vergine Imma- riproduzione niente affatto pedissequa e apa- colata con i Santi Francesco e Giacomo tica del modello ispiratore. In particolare, il ai quali l’oratorio è dedicato 19. Dal punto gusto delle decorazioni e delle cornici, l’ele- di vista strutturale l’opera riprende sostan-

184 Roberto Rossi Dieci anni di restauri d’arte a Montelabbate zialmente lo schema compositivo della Quest’ultimo restauro vorrebbe costitu- Madonna del Rosario coi Santi Domenico ire la premessa per il recupero del piccolo e Caterina realizzata per la chiesa pesare- bene architettonico al quale l’opera è da se dell’Annunziata (ma di gusto simile è sempre legata. Il piccolo oratorio dell’Are- anche l’Estasi di Santa Veronica Giuliani, na, dedicato all’Immacolata Concezione dei Padri Cappuccini di Pesaro), dove alle e ai Santi Francesco e Giacomo, sorge al figure terrene dei santi si contrappone l’im- centro di un fertile ed ampio pianoro lungo magine eterea e a tratti evanescente della il fiume Foglia, tra gli abitati di Montelab- Vergine che si dilata su cieli diafani, solcati bate e Montecchio, in territorio comunale da candidi cirri striati. Qui il Mariotti asse- di Sant’Angelo in Lizzola. Anticamente la gna all’immagine del santo di Assisi una zona doveva essere abbastanza popolata connotazione fortemente realistica: il ruvi- anche per la presenza di un attraversamen- do saio, le stimmate sanguinanti e un viso to del fiume che, almeno fin dagli albori del emaciato dall’incarnato olivastro e i line- XV secolo, faceva del luogo un punto di amenti talmente decisi da far pensare a un passaggio obbligato e via di gran transito per qualche ritratto. A questa figura – che pur il commercio della sabbia (l’arena, appunto) non rinuncia a una posa vagamente estatica che si andava estraendo dall’alveo fluviale20 . – corrisponde la resa tutta umana dell’irsuto Un’area verde di grande bellezza, ricca fino San Giacomo (ma gli attributi iconografici a pochi anni or sono di campi, orti, casolari del cane, della pagnotta e della piaga sulla e frutteti rigogliosi. Un ambiente suggesti- gamba lo identificano erroneamente con un vo che doveva essere salvaguardato ma che altro santo pellegrino: San Rocco) che siede purtroppo i moderni piani regolatori non a contemplare la celeste visione attenuan- hanno messo al riparo dalla speculazione done il bagliore con un gesto della mano. edilizia e dalla espansione della vicina zona Ai lineamenti decisi e marcati dei due santi industriale di Montecchio. corrisponde la fattura e il rigido panneggio La piccola cappella sorse nel 1711 per delle vesti, resi con materiale cromatico volontà di due fratelli sacerdoti – Giacomo e sommariamente impastato e steso a pen- Francesco Cemmi – che la dedicarono all’Im- nellate decise ed evidenti. Degno di nota è pure l’ambiente di gusto impressionista che fa da sfondo alla scena, dove le pennellate brevi e regolari di una verdissima campagna disseminata di minuscoli e graziosi alberelli cedono il passo ai tratti foschi e sottili dei più remoti rilievi appenninici. Completano e impreziosiscono la scena alcuni raffinati particolari liberty: le aureole dorate dei san- ti, il ramo spoglio che il sole al tramonto tinge di riflessi rossicci, il giglio e gli altri motivi vegetali presenti nella porzione infe- riore del quadro e le eleganti spire del ser- pente ai piedi della Vergine. Fig. 1 – Oratorio dell’Arena.

185 Studi pesaresi 1, 2012 macolata Concezione e ai loro santi patroni- di salvare questo bene dalla rovina, impresa mici. La struttura in seguito fu munita di una non facile per le diverse difficoltà burocra- cospicua rendita che permise l’istituzione di tiche e tanto più ardua in questo tempo di un legato di messe e la fondazione di un cano- incertezza e recessione economica 23. nicato presso la collegiata di Sant’Angelo in Dal recupero di questa commovente Lizzola 21. Quello che più stupisce in questo testimonianza di vita e di religiosità popo- piccolo oratorio rurale a pianta ottagonale è lare – come ebbe a definirla Grazia Cale- la ricca e rifinita decorazione dell’interno che gari – potrebbero venire piacevoli scoper- presenta pareti completamente affrescate e te, come quelle riguardanti la sua storia, una soffittatura con volte a vela che culmi- ancora non completamente indagata. Pare nano in una graziosa cupoletta. Interessante è infatti che uno dei suoi ultimi proprietari anche l’apparato d’altare, dalla bella cornice sia stato quel don Luigi Mosca che, assie- in legno intagliato e dorato. A causa della for- me ad altri otto preti della diocesi di Pesaro te umidità di risalita ed anche a causa di mal- fu sospeso a divinis per avere partecipato destre e diffuse intonacature operate negli al plebiscito del 4 novembre 1860, votan- anni, si è perduta la porzione inferiore delle do per l’annessione al Regno d’Italia 24. decorazioni murali. Anche la parte superio- La cappella, dopo essere stata confiscata re degli affreschi è messa in serio pericolo a al capitolo di Sant’Angelo e posta sotto la causa delle infiltrazioni di acqua piovana e Cassa ecclesiastica dello Stato, nel 1870 per lo stato del soffitto che presenta numero- pervenne in qualche modo alla famiglia se e preoccupanti lesioni. del sacerdote “ribelle” che beneficiava del Numerosi appelli per la salvaguardia di bene ai tempi dell’esproprio e che ancora questa cappella sono stati rivolti in questi aveva in gestione la parte del fondo rimasta anni attraverso le pagine della stampa locale di proprietà ecclesiastica 25. La vicenda è o di altre pubblicazioni artistico-culturali 22. oltremodo intrigante e ricca di ambiguità Il merito principale di questa costante e pun- se si pensa che in quegli anni il commis- tuale “vigilanza informativa” va certamente sario Lorenzo Valerio andava reperendo a Silvana Mariotti che con tenacia e passione informazioni sui sacerdoti colpiti dal duro sostiene da sempre il recupero di questo pic- provvedimento disciplinare e in più casi – colo gioiellino architettonico. Dopo diversi qualora si trattasse di persone bisognose, infruttuosi quanto lodevoli tentativi pubblici oneste e davvero fedeli al nuovo governo e privati di porre rimedio al degrado della – intervenisse ad aiutarli con sussidi, pen- cappella, ora anche l’Associazione Culturale sioni o largizioni 26. “Mons Abbatis” vuole adoperarsi per tentare

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* Desidero rivolgere un sentito ringraziamento a 1822; Apm, Visite Pastorali, Relazioni e Inventari, Grazia Calegari, da sempre amica e sostenitrice delle Inventario Bartoli 1832 – b. 7. iniziative dell’Associazione Culturale “Mons Abba- 3 Restauro eseguito nel 2004 da Letizia Brusco- tis”, e all’amico Luigi Bravi per la lettura e la revi- li, sotto la direzione di M. Rosaria Valazzi (Soprinten- sione finale del testo. Le riproduzioni dei dipinti della denza per i Beni Artistici e Storici delle Marche). Il parrocchiale provengono dall’archivio di Vincenzino restauro è stato realizzato con il contributo della ditta Piermaria, mentre l’immagini relativa all’oratorio “Edil GTG” e delle famiglie Piermaria, Angelini e dell’Arena si deve alla cortesia di Mattia Baruffi ed Fioravanti di Montelabbate. Eleonora Brunetti, giovani e appassionati professio- 4 Apm, Visite Pastorali, Relazioni e Inventari, nisti locali che stanno operando indagini catastali e Inventario Bartoli cit. rilievi architettonici per il recupero del piccolo edi- 5 Restauro eseguito nel 2005 da Letizia Brusco- ficio di culto. li, sotto la direzione di M. Rosaria Valazzi. Il recupero è stato realizzato con il contributo di Assindustria di 1 Il ritrovamento avvenne nei primi anni ’90 Pesaro e Urbino e della Fondazione Cassa di Rispar- mentre l’allora parroco don Giuseppe Scarpetti stava mio di Pesaro. verificando assieme ad alcuni tecnici la causa della 6 Nipote, allievo e collaboratore del più celebre comparsa di alcune macchie d’umidità nel soffitto del Giannandrea, Placido Lazzarini (n.1746) operò molto presbiterio della chiesa. a Roma tra il 1777 e il 1778. Fu impegnato con lo zio 2 La chiesa di San Quirico apud forum Montis a Osimo, a villa Simonetti e a San Paterniano. Lavo- Abbatis, che probabilmente costituì il primo luogo di rò col Paolucci al palazzo Manciforte di Ancona e al culto e la prima sede parrocchiale, sorgeva sull’area palazzo Pianetti di Jesi (1781-1784). Nel 1793 attese antistante l’attuale palazzo del municipio. Di essa alla decorazione della sagrestia della chiesa dei Santi si hanno notizie sin dal 1137, quando risulta curata Biagio e Romualdo a Fabriano: A. Antaldi, Notizie di e soggetta al vicino monastero di San Tommaso in alcuni architetti, pittori, scultori di Urbino, Pesaro e Foglia. In età medievale, per il progressivo spopola- de’ luoghi circonvicini, a cura di A. Cerboni Baiardi, mento cui il luogo era andato incontro, la cura fu tra- Il Lavoro Editoriale, Ancona 1996, pp. 60, 127. sferita presso il soprastante castello dove la maggior 7 Apm, Visite Pastorali, Relazioni e Inventari, parte degli abitanti aveva cercato riparo. E quando, Inventario Bartoli cit.; Stati d’anime, anni 1780-1800. dopo vari secoli, la popolazione scese a ripopolare 8 Restauro finanziato dai coniugi Vincenzo e l’antico borgo, poiché l’antica chiesa versava ormai in Gennara Piermaria e condotto nel 2008 da Lucia Pal- uno stato di completa rovina, la municipalità pensò di ma di Fermignano, sotto la direzione di M. Rosaria mettere mano alla edificazione di un nuovo edificio di Valazzi. culto. La fabbrica della nuova chiesa, già avviata nel 9 Cfr. R. Rossi, In quella pala la mano di Laz- 1777, si protrasse per lungo tempo e si concluse solo zarini, in “Il Resto del Carlino”, 7 febbraio 2008; R. quando l’atterramento di quella antica, concesso dal Rossi, Un Lazzarini a Montelabbate?, in “Lo Spec- governo nel 1813, fornì al cantiere il materiale da tem- chio della città”, marzo 2008. Sul Lazzarini: Anna po mancante. La vigilia di Natale del 1814 fu benedet- Cerboni Baiardi, La pittura colta di Giannadrea ta e aperta al culto dal rettore Giambattista Bartoli. Di Lazzarini, in Aa. Vv., Pesaro dalla devoluzione all'il- dimensioni notevolmente più vaste della precedente, luminismo, “Historica Pisaurensia”, v. 2, Marsilio, la nuova struttura era dotata di cinque altari. Il par- Venezia 2009, pp. 395-465. roco, poiché la chiesa antica aveva un solo altare, si 10 Restauro sponsorizzato da Banca Etruria ed era assunto solamente l’onere del mantenimento di eseguito nel 2006 da Lucia Palma, sotto la direzione quello maggiore, dedicato ai santi protettori; gli altri, di M. Rosaria Valazzi. secondo quanto stabilito nel contratto d’erezione, 11 Asdp, Miscellanea Parrocchia di Montelab- sarebbero stati accollati ad alcune famiglie benestanti bate, Inventario, stato e descrizione dell’Adunanza o del luogo. Cfr. R. Rossi, Montelabbate - Memorie di Pia Congregazione del Cento. una comunità, Stibu, Urbania 2003, pp. 55-56; Archi- 12 Nato nel 1686 dal matrimonio tra il conte vio parrocchiale di Montelabbate (d’ora in poi Apm), Giangiacomo e la nobildonna Margherita Santinelli Corrispondenza, Lettera del rettore Giambattista Bar- della Metola, cugina di papa Clemente XI, Ippolito toli, 26 dicembre 1814; Archivio storico diocesano di Leonardi della Rovere rimase subito orfano di padre. Pesaro (d’ora in poi Asdp), Mastai, Tomo XII, 1806- Nel 1704, in seguito alla morte del nonno Francesco

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Maria III, ereditò il feudo di Montelabbate al quale vere i residui di sporco, muffe e fumo di candele che fu sempre legato da un vincolo di particolare affetto. negli anni si erano depositati sulla pellicola pittorica. Sposò la contessa riminese Caterina Bianchelli. Morì Si è tuttavia preferito non intervenire sull’ossidazione a Pesaro nel 1745 e per sua espressa volontà fu sepol- di alcuni materiali cromatici presenti nella zona supe- to a Montelabbate, nella chiesa di San Martino: Rossi, riore del dipinto. Montelabbate – Memorie cit., p. 45. 20 A. Abbati Olivieri, Memorie della Badia 13 La lacunosità delle fonti archivistiche pare di San Tommaso in Foglia nel contado di Pesaro, dovuta a una dispersione dei registri della stessa con- Gavelli, Pesaro 1778, pp. 71-72; Rossi, Montelabbate gregazione. Già nel 1832, infatti, una relazione redat- – Memorie cit., pp. 125-128. ta in occasione di una visita pastorale denunciava il 21 D. Trebbi, Pesaro. Storia dei sobborghi e dei comportamento del membro Giovanni Cerni che da castelli, II, Editrice Fortuna, Fano 1989, p. 104-105. molti anni si era «usurpato il diritto di tenere i libri 22 Id., La Chiesa dell’Arena nel Comune di dei ruoli ed amministrativi di questa unione e mai ha Montelabbate, in “Il Nuovo Amico”, 6 novembre voluto soggiacere al rendimento dei conti». 2005; S. Mariotti, Santa Maria dell’Arena – Recu- 14 Apm, Visite Pastorali, Relazioni e Inventari, periamo la storia, in “Il Nuovo Amico”, 15 gennaio Inventario della Parrocchia di Montelabbate 1915, 2006; G. Calegari, Il Gruppo dei restauri riparte di b. 28. slancio, in “Le Cento Città”, 35, 2008, p. 33. 15 L’incisione è riprodotta nel volume F. Gri- 23 S. Vitali Rosati, Oratorio dell’Arena: la maldi, La historia della Chiesa di Santa Maria de burocrazia frena il restauro, in “Il Resto del Carlino- Loreto, Cassa di Risparmio di Loreto, 1993, p. 47. Pesaro”, 30 dicembre 2011. 16 Nativo forse di Monteciccardo, Domenico 24 Di don Luigi Mosca, rettore di San Pietro in Anderlini è un artista pressoché sconosciuto, ricor- Calibano, esiste presso l’Archivio diocesano di Pesa- dato dall’Antaldi come imitatore e collaboratore ro una nutrita corrispondenza epistolare col vesco- del paesaggista napoletano Alessio De Marchis vo Fares. Si racconta che partecipò al plebiscito del (1684-1752) il quale, giunto a Urbino nel 1728 sot- 4 novembre, nonostante fosse stato ammonito fino to la protezione del cardinale Albani, si dedicò alla al giorno precedente, e che nell’atto di votare egli decorazione di numerose dimore patrizie cittadine. dichiarò ad alta voce di «abominare il governo tem- Pitture e decorazioni dello stesso Anderlini sono tut- porale dei papi» (N. Bianchi, La liberazione di Pesa- tora conservate nell’oratorio urbinate delle Cinque ro, in “Per il primo cinquantenario della liberazione piaghe. L’Antaldi lo giudica un buon pittore paesi- delle marche”, Pesaro 1910). Dopo la sospensione sta e ricorda come, nella Pesaro di allora, molti suoi a divinis, per sfuggire alle restrizioni ecclesiastiche quadri fossero «tenuti in pregio». Condusse un’esi- fece appello al nuovo Governo che peraltro «già per stenza poco agiata e morì di certo dopo la metà del giustizia gli accordava protezione». In seguito chiese XVIII secolo: Antaldi, Notizie di alcuni architetti di essere riabilitato al proprio ministero senza dovere cit., p. 14. sottostare a una vera e propria ritrattazione, alla quale 17 Apm, Visite Pastorali, Relazioni e Inventari, invece dovette subordinarsi – sebbene solo oralmente, Inventario Sartini 1732, b. 3. innanzi al proprio vescovo e in presenza del peniten- 18 Per un profilo biografico-artistico di Fernando ziere della cattedrale – nella Pasqua del 1866, dopo Mariotti: F. Carnevali, Testimonianza per Fernan- una settimana di esercizi spirituali presso la propria do Mariotti, pittore pesarese, STEU, Urbino 1971; parrocchia. I. Corsini, La Chiesa di Pesaro e l’Unifi- F. Solmi, M. Pasquali (a cura), Fernando Mariotti cazione d’Italia, in Marche e Umbria nell’età di Pio 1891-1969, cat. mostra (Ancona 16 luglio-31 agosto IX e di Leone XIII, atti del XXI convegno del Centro 1981), Comune di Ancona 1981. di studi avellaniti, 28-30 agosto 1997, Fonte Avellana 19 L’intervento su quest’opera è stato eseguito 1998, pp. 449-451. dalla restauratrice Lucia Palma di Fermignano, grazie 25 Trebbi, Pesaro. Storia dei sobborghi cit.; Id., anche al contributo di Maria Ceccarelli di Montelab- La Chiesa dell’Arena cit. bate. Il dipinto, ricollocato su un nuovo telaio, è stato 26 M. Polverari, Lo Stato liberale nelle Marche. sottoposto a un’operazione di pulitura volta a rimuo- Il Commissario Valerio, Bagaloni, Ancona 1978, p. 53.

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Fig. 2 – Anonimo di ambito lazzariniano, San Vincenzo Ferreri salva un muratore, canonica parrocchiale, Montelabbate.

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Fig. 3 – Gianandrea Lazzarini e Scuola (attr.), San Girolamo nel deserto che contempla la Natività, chiesa parrocchiale, Montelabbate.

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Fig. 4 – Domenico Anderlini (attr.), Traslazione della Santa Casa, chiesa parrocchiale, Montelabbate.

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Fig. 5 – Fernando Mariotti, Beata Vergine Immacolata con i Santi Francesco e Giacomo, casa parrocchiale – deposito temporaneo, Montelabbate.

192 Restauri alla collegiata di Barchi. Scoperte e nuove attribuzioni

di

Marco De Santi

Il recupero dei dipinti, delle statue lignee so e il fratello, il cardinal d’Urbino Giulio e di altre opere d’arte della collegiata di Della Rovere che ne era signore. La que- Sant’Ubaldo, oggi detta anche della SS. stione, che stava «turbando gravemente la Resurrezione, di Barchi, ha permesso l’at- pace della famiglia e della corte» 3, si risolse tribuzione a importanti artisti e portato a alla fine con la concessione di Barchi e del interessanti scoperte. Si tratta di un ciclo di suo vicariato al conte Bonarelli, il quale fu restauri iniziato già negli anni ’90 e conti- nominato marchese di Barchi nel gennaio nuato negli ultimi tempi grazie all’iniziativa del 1571. Il potente feudatario, con l’appog- di comune e parrocchia 1. I restauri alla chie- gio del duca d’Urbino, stava realizzando il sa per altro continuano, rivolti ora al conso- progetto di creare una vera e propria piccola lidamento della struttura e al recupero del signoria all’interno del ducato, con giurisdi- bellissimo pavimento originale, in lastre di zione su otto castelli, Orciano, Torre, Rupo- pietra rosa e bianca del Furlo, con decorati- li, Reforzate, Villa del Monte, Montebello, vo rosone centrale e raffinatissime finiture 2. Cavallara e appunto Barchi, che sarebbe Al termine dei lavori, soprattutto quando si dovuta divenire la capitale del dominio, una riuscirà a liberare gli altari laterali, in pietra piccola “città ideale” plasmata a immagine scolpita, dalla vernice che li ricopre, ripor- e somiglianza del nuovo signore 4. Questi tando alla luce i numerosi colori e le deco- incaricò l’architetto ducale Filippo Terzi di razioni in oro originali, la chiesa si ripresen- ridisegnare completamente l’abitato, modi- terà in tutta la sua monumentalità tornando ficandone la struttura urbanistica, rinfor- ad essere una delle più belle del territorio zando l’apparato difensivo, ristrutturando dell’ex ducato d’Urbino. i palazzi nobiliari e la residenza ducale e Proprio alla storia del ducato bisogna infine progettando la nuova porta, il nuovo risalire per scoprire le origini del tempio, palazzo comunale e la torre. Anche la chie- in particolare alla seconda metà del ’500 sa del castello, di antica origine medioevale, quando il paese fu, per alcuni anni, al centro fu interessata dal rinnovamento, con la cre- degli interessi della corte urbinate e soprat- azione di un tempio a tre navate, divise da tutto del conte Pietro Bonarelli, potentissi- pilastri sormontati da finestre situate subito mo feudatario del duca Guidubaldo II. sotto la volta a botte della navata centrale. Il vicariato di Barchi eretto nel 1538, Tramontato l’astro del Bonarelli, costret- fu oggetto negli anni ’60 e ’70 del secolo to alla fuga perché accusato dal nuovo duca di una lunga controversia fra il duca stes- Francesco Maria II di aver tramato contro la

193 Studi pesaresi 1, 2012 corte e contro la sua stessa vita, il vicaria- Barocci. Furono realizzate nel 1605-1608, to barchiese tornò sotto il diretto dominio anni che si pongono quasi a cerniera fra il ducale 5. I lavori progettati dal Terzi, ormai periodo giovanile alla scuola del maestro, emigrato in Spagna e Portogallo 6, furo- quando il Visaccio eseguì una serie di copie no portati avanti per volere delle famiglie o di composizioni che traggono le immagini nobili di Barchi che reggevano il vicariato e direttamente dai disegni del Barocci, e gli che avevano assunto una notevole influenza ultimi anni della sua vita, quando, trasferi- all’interno del ducato 7. tosi a Rimini, egli mutò notevolmente il suo All’inizio del ’600 per venire incontro stile pittorico in un manierismo sempre più all’aumento della popolazione si decise di accentuato e deformato, non esente dalle allungare la chiesa, modificandone quindi influenze naturalistiche ormai in voga. la struttura, ma anche gran parte degli arre- Nelle due tele barchiesi egli esprime al di interni, trasferendovi, probabilmente, gli meglio la sua personalità liberandosi dal- altari in pietra policroma e dorata che era- la ripetizione stereotipata delle opere del no stati preparati per la chiesa nuova di San maestro. Tommaso d’Aquino, progettata da Filippo La Resurrezione con Sant’Ubaldo e San Terzi, iniziata e però mai ultimata per man- Tommaso d’Aquino (olio su tela di cm 300 x canza di fondi 8. Il tempio fu inaugurato nel 170) 10, purtroppo gravemente danneggiata 1605, in occasione della nascita del principe da un incendio all’inizio del ’900, si ispira al Federico Ubaldo e dedicato a Sant’Ubaldo, Tiziano 11 e rimane ancora oggi, nonostante antico patrono del paese e protettore dei le cadute di colore che ne compromettono in Della Rovere. parte la lettura, di grande potenza, nella figu- ra del Cristo trionfante, e raffinatezza, nella realizzazione dei panneggi e del volto del I dipinti santo patrono. La pala fu commissionata dal- la comunità barchiese in occasione dell’inau- Le cinque pale d’altare conservate all’in- gurazione della chiesa nel 1605; a ricordo di terno della chiesa, ciascuna ancora nel luo- questo l’antico stemma di Barchi campeggia go d’origine, sono una sorta di compendio in fondo al manto di Sant’Ubaldo. della pittura del ducato d’Urbino negli anni L’Annunciazione con Sant’Antonio Aba- del suo splendido tramonto e racchiudono te (olio su tela di cm. 250 x 164) 12, del 1608, le inquietudini dell’epoca, esprimendo le è da considerarsi il capolavoro del Cimatori. tendenze artistiche del tempo, dalla grande Nella rappresentazione di uno dei momenti scuola baroccesca, che le comprende un po’ più sacri del credo cristiano, l’autore rag- tutte, al manierismo di discendenza romana, giunge una perfetta armonia, riuscendo a alle influenze di matrice nord europea, fino “immortalare” l’istante dell’annuncio cele- alle nuove tendenze naturalistiche di inizio ste con estrema delicatezza e spiritualità. La Seicento. Dei restauri effettuati nei primi scena è resa con una descrizione cromatica anni ’90 fanno parte due tele ormai attribu- fatta di colori violacei e bluastri, ormai lon- ite con certezza ad Antonio Cimatori detto tana dalla maniera del maestro, ma non per il Visaccio (Urbino 1550 ca.-Rimini 1623) questo meno affascinante. Bozzetti prepara- 9, uno dei più importanti allievi diretti del tori dell’Annunciazione sono conservati al

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Louvre di Parigi e al museo della Harvard plausibile l’ipotesi. Innanzi tutto è docu- University di Cambridge 13. mentato che il Guerrieri, nell’anno 1600, Dei primi lavori di restauro fece parte alla giovanissima età di undici anni, iniziò anche La Madonna col Bambino e i San- la sua carriera pittorica proprio a Barchi, ti Francesco e Maria Maddalena (olio su dove il padre Ludovico svolgeva l’attività di tela di cm. 240 x164) 14, opera realizzata podestà 17, realizzando tre dipinti, fra i quali tra gli anni che vanno dal 1602 al 1610. Si una Madonna col Bambino che dorme per tratta di un dipinto di evidente derivazione il capitano Ascanio Lenci, lo stesso com- baroccesca, con la riproposizione di schemi mittente della pala in questione 18. Inoltre un e disegni del maestro urbinate; in particola- raffronto con il primo dipinto documentato re, la Madonna col Bambino è tratta dalla del Guerrieri, tra quelli rimasti, vale a dire la Madonna di San Giovanni, la Maddalena Madonna col Bambino conservata nel palaz- deriva da quella dipinta nella Sepoltura di zo comunale di Mombaroccio 19, seppure Cristo di Senigallia, mentre il San Giuseppe questa sia un’opera assai acerba, di un arti- che si affaccia da dietro il rudere, allungan- sta appena tredicenne, mette in risalto molti do la mano per afferrare un libro, ricorda, punti in comune con il dipinto di Barchi, dal capovolto, quello della Madonna del gatto, segno grafico, al volto della Madonna, fino conservata alla National Gallery di Londra. alla stessa composizione, con la sacra imma- Infine, il San Francesco ritratto con un libro gine di classica derivazione baroccesca, sor- in mano è direttamente ripreso dall’Annun- montata da una tenda rossa che delimita lo ciazione con San Francesco, già a Monda- spazio, lasciando aperto uno squarcio sul vio e oggi purtroppo finita ad arricchire le paesaggio dal moderno sapore naturalisti- collezioni della pinacoteca di Brera 15. L’au- co. Si ricordi che seppure nelle opere della tore però è verosimilmente da ricercare, maturità, come detto, il Guerrieri seguirà la come già evidenziato da alcuni studiosi 16, in pittura del Caravaggio, divenendone il più uno degli abili artisti nord europei, fiammin- importante interprete marchigiano, nei suoi ghi e tedeschi soprattutto, che furono attivi primi dipinti egli seguiva la maniera baroc- nella valle del Metauro, contribuendo alla cesca o, per dirla con le parole del Vernarec- diffusione del gusto pittorico del cosiddetto ci, «copiava dal Barocci» 20. Questa di Bar- manierismo metaurense; questo lo si desu- chi quindi, considerati i precedenti legami me osservando la tela nei dettagli minuti del tra il pittore e il paese, nonché il gusto per i paesaggio e dello sfondo, o nella descrizione particolari, per gli elementi vegetali, per gli attenta della luce, dei riflessi e delle ombre. effetti della luce sugli oggetti, che è evidente Esiste però una seconda ipotesi attributiva, nel dipinto e che è riscontrabile in gran par- di grande suggestione, ed è quella che avvi- te della pittura del Guerrieri, potrebbe esse- cina il dipinto a Giovan Francesco Guerrieri re una sua opera giovanile, dipinta intorno da Fossombrone. In effetti la tela di Barchi al 1610, quando l’artista aveva una ventina pare abbastanza lontana dal consueto modo d’anni, nella quale gli influssi naturalistici e di dipingere del pittore, tutto rivolto verso i riverberi luminosi, tipici dell’arte del pitto- le conquiste della pittura caravaggesca e re fossombronese, sono ancora racchiusi nei lo stile ad effetto del Gentileschi o dei Car- consueti schemi barocceschi. racci, ma alcuni indizi rendono comunque

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La Crocifissione del Trometta nendo un successo che continuò immutato fino ai primi anni ottanta del secolo. Succes- La Crocifissione con i Santi Ubaldo e sivamente il suo manierismo trovò sempre Francesco (olio su tela di cm. 256 x 164) meno apprezzamento in un gusto pittorico si ispira chiaramente ad un celebre dipinto ormai orientato verso le novità del caravag- di Palma il Giovane conservato a Potenza gismo e del naturalismo romano. Nel 1603 Picena 21, con la riproposizione identica il Trometta dopo un soggiorno a Torino ed del Cristo, i due angeli posti ai lati della in altre città del nord Italia, fece ritorno a croce, ma con alla base la presenza di soli Pesaro dove rimase fino al 1609. Tornato in due santi anziché quattro. La figura del San patria il gusto del pittore mutò indirizzan- Francesco, alla destra della croce, è tratta dosi verso la maniera del Barocci, adottan- fedelmente dalle Stimmate di San France- done la dolcezza dei volti, le sfumature dei sco del Barocci, mentre di gusto baroccesco colori, gli schemi delle raffigurazioni, sen- appare anche il Sant’Ubaldo, ai piedi del za mai rinunciare, però, al suo particolare quale sono dipinte le insegne vescovili della stile reso con colori vivaci e contrastanti. mitria e del pastorale. A questo periodo appartengono la Trinità Il recentissimo restauro ha riportato alla venerata dalle sante Elisabetta d’Ungheria, luce dei colori molto vivaci, in particolare Margherita da Cortona e Francesca roma- nelle vesti e nelle ali variopinte degli angeli na realizzata per la chiesa pesarese di San e nel luminoso sfondo. Le tonalità, le tinte Francesco, e l’Ultima Cena dipinta per la cangianti e vive, la spigolosità delle figure, confraternita del Sacramento di Pesaro ed indirizzano verso una probabile attribuzio- oggi conservata a Tavullia. In entrambi i ne del dipinto a Nicolò Martinelli detto il dipinti possiamo riscontrare dei dettagli che Trometta 22. li avvicinano alla tela barchiese. In partico- Nato a Pesaro intorno al 1535, si formò lare nell’Ultima Cena si possono notare le come stuccatore nella bottega di Federico affinità fra i volti degli apostoli e quelli dei Brandani, successivamente divenne allievo due santi della Crocifissione di Barchi, evi- e collaboratore di Federico Zuccari, al segui- denti nella spigolosità dei lineamenti e nelle to del quale si trasferì a Roma, non ancora fattezze dei nasi e delle bocche. In tutti e due trentenne. Qui divenne una figura importan- i quadri pesaresi, inoltre sono presenti due te della pittura della fine del Cinquecento e angeli simili a quelli di Barchi, riscontrabi- fu tra i soci fondatori della Compagnia dei li anche nel Paradiso dell’Aracoeli e nella Pittori, poi trasformata nella celebre Acca- Vergine di Loreto e Angeli di Urbania 23, tut- demia di San Luca, di cui egli sarà console ti accomunati dai particolari delle vesti mul- e rettore. Nel 1565 ottenne la commessa per ticolori e dalle dinamiche posture. Inoltre le decorazioni absidali della chiesa di Santa sempre nella Trinità di Pesaro è raffigura- Maria in Aracoeli, che diverranno il lavo- to un Cristo Crocifisso che seppure ancora ro più importante di tutta la sua carriera. I lontano dalla plasticità derivata dall’opera grandiosi affreschi furono solo l’inizio di del Palma, ha dei particolari che tornano una serie di prestigiose committenze che identici nella Crocifissione barchiese: le portarono il Trometta ad abbellire alcune dita delle mani sono disegnate in maniera delle più importanti chiese di Roma, otte- praticamente uguale, pur discostandosi da

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Fig. 1 – Antonio Cimatori, detto il Visaccio, Resurrezione con Sant’Ubaldo e San Tommaso d’Aquino, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 2 – Antonio Cimatori, detto il Visaccio, Annunciazione con Sant’Antonio Abate, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 3 – Francesco Guerrieri (?), Madonna col Bambino e i Santi Francesco e Maria Maddalena, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 4 – Nicolò Martinetti detto il Trometta, Crocifissione con i Santi Ubaldo e Francesco, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 5 – Francesco Allegrini, San Michele Arcangelo, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 6 – Giuseppe Ghirlanda, Crocifisso, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

Fig. 7 – Giovan Battista Dori, Cristo Morto, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

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Fig. 8 – Crocifisso cinquecentesco, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

Fig. 9 – Mitria di Sant’Ubaldo, collegiata di Sant’Ubaldo, Barchi.

203 Studi pesaresi 1, 2012 come le aveva raffigurate il grande artista un dinamismo molto più controllato e una veneto, ed infine il piede sinistro del Cristo dolcezza nei volti e nei gesti dei protago- è rappresentato con un dito esageratamente nisti che lo allontanano dallo stile forte e allungato e divaricato. deciso del Cesari. Per individuare l’autore In un lato dell’altare nel quale è conser- dell’opera, occorre piuttosto guardare ad vata la pala di Barchi è iscritta la data 1607, uno dei tanti allievi del maestro romano, la che colloca l’opera esattamente nel periodo cui celebre bottega fu scuola per moltissimi del ritorno in patria del Trometta, che va dal pittori, fra i quali come è noto ci fu anche 1603 al 1607 appunto, quando l’anziano Caravaggio. La soavità del dipinto, lo stile artista pesarese fu probabilmente chiamato pacato, il dinamismo controllato, non più a Barchi da un nobile ecclesiastico, stando manieristico, ma non ancora barocco, la allo stemma scolpito alla base dell’altare, stessa dolcezza dei volti, in parte memo- per realizzare una delle sue ultime opere, re della grande tradizione baroccesca, ci prima del ritorno a Roma dove, nel 1611, indirizzano verso Francesco Allegrini 24, terminò i suoi giorni. discendente di un’antica e nobile famiglia originaria di Castel Durante e figlio di Fla- minio (Cantiano 1587 – Roma? 1663 ca.), Il San Michele Arcangelo di Francesco anche lui pittore, attivo sin dai primi anni Allegrini del Seicento a Roma, dove fu amico e forse anche allievo del Cavalier d’Arpino. Fran- Altra tela appena tornata dal restauro cesco nacque intorno al 1620 (tra il 1615 è la Madonna col Bambino in gloria che e il 1624) e il padre lo inserì presto nella sovrasta San Michele Arcangelo che abbat- bottega del Cesari, dove perfezionò gli inse- te Lucifero (olio su tela di cm. 206 x 147), gnamenti paterni. Alla morte del maestro, risalente al 1645, come indicato dalla data avvenuta nel 1640, Francesco si trasferì a posta nel cartiglio sopra l’altare. Si tratta Gubbio. Qui nacque un forte sodalizio fra di un’opera in bilico tra il gusto di fine Cin- il pittore e il vescovo eugubino Alessandro quecento e le nuove tendenze naturalistiche Sperelli, grande mecenate e protettore degli di inizio secolo. artisti. La collaborazione tra i due, che durò Punto di riferimento dell’opera appare fino alla morte del vescovo avvenuta nel un San Michele Arcangelo, di un celebre 1672, produsse i più bei cicli pittorici del- maestro della pittura romana del tardo Rina- la città umbra, con gli affreschi delle chiese scimento, Giuseppe Cesari, detto il Cavalier della Madonna del Prato, della Misericordia d’Arpino, che lo realizzò per il suo paese e di Santa Maria dei Laici o Bianchi, oltre natale. In questo dipinto l’angelo, mentre a quelli della cappella Sperelli del duomo. afferra la lancia con le mani, nell’atto di In questi anni l’Allegrini mantenne anche i colpire il demone ai suoi piedi, esegue una suoi contatti con Roma, divenendo uno dei semi torsione del busto, esattamente come più celebri pittori attivi nelle decorazioni ad accade nella tela barchiese, ma in modo del affresco dei palazzi nobiliari della città eter- tutto inconsueto rispetto all’iconografia abi- na 25. Se però nei dipinti di carattere religio- tuale di questo soggetto. Rispetto a quello so realizzati per le chiese di Gubbio egli si di Arpino, però, il dipinto di Barchi, mostra dimostrò ancora legato a rigidi schemi com-

204 Marco De Santi Restauri alla collegiata di Barchi positivi, negli affreschi romani il suo stile si che si svolse l’anno prima, quando i priori indirizzò verso il favoloso e il cavalleresco, di Barchi ottennero da quelli di Gubbio la mostrando un segno grafico vivace ed ele- consegna della sacra reliquia della mitria di gante, ormai vicino alle tendenze barocche. Sant’Ubaldo, patrono comune. È possibile L’Allegrini fu infatti anche un abile dise- che durante i contatti con la città eugubi- gnatore e proprio da una serie di suoi dise- na qualcuno abbia ammirato i dipinti del gni conservati nella Collezione Ubaldini di giovane pittore e, magari incoraggiato dal Urbania 26, possiamo trovare ulteriori confer- vescovo Sperelli, abbia pensato di commis- me per l’attribuzione del dipinto di Barchi. sionargli un dipinto per la chiesa barchiese. In particolare nello Studio per Santo oran- Nella fase di restauro sono state elimi- te e angeli (Inv. II 326.638 v), è abbozzato nate numerose ridipinture che appesanti- un angelo che stringe una lancia, col busto vano la composizione; in particolare sono in torsione, esattamente come l’Arcangelo stati cancellati due santi aggiunti successi- barchiese. Così nei Due studi per Madonna vamente, che non avevano nessuna valen- col Bambino (Inv. I 268.215) le figure della za artistica o devozionale. Il volto della Madonna e del Bambino sono disegnati nel- Madonna era stato purtroppo “slavato” in la stessa identica maniera del dipinto, con passato, perdendo un po’ delle ombreggia- il braccino sinistro del Cristo stretto attorno ture che dovrebbero conferire espressione e al collo della Madre che a sua volta avvol- spessore. Il capo dell’angelo era stato ritoc- ge col braccio ricurvo il Figlio, nello stes- cato e sotto i riccioli affiorava un piccolo so modo della tela barchiese. Altri riscontri elmo, che non è stato possibile restituire, possono trovarsi nella caratteristica dei volti data la scarsità della materia pittorica. Cio- allungati e delle dita delle mani affusolate nonostante il dipinto è tornato all’originale che è tipica di gran parte della produzione splendore, riacquisendo i colori e le tonalità dell’Allegrini e che si ritrova nei personag- volute dall’Allegrini quattrocento anni fa. gi del dipinto in questione. La Madonna, ad esempio, ha lo stesso volto della Santa Elisabetta Regina della chiesa della Trinità Le opere lignee di Gubbio, oppure della Sant’Orsola della basilica di Sant’Ubaldo, o della Madonna Delle numerose opere lignee apparte- dell’Annunciazione di Cantiano. In quest’ul- nenti alla collegiata di Barchi, sono statue timo dipinto infine, gli angioletti raffigurati restaurate un Cristo Morto, due Crocifis- in cima alla tela, sono praticamente uguali a si, un intero altare, la cornice dorata di un quelli che attorniano la Madonna in gloria dipinto settecentesco e delle cornici otto- nella tela barchiese. Quindi non vi è dubbio centesche sovrastanti i confessionali. Que- sulla paternità dell’opera, la quale potrebbe sti ultimi, preziosi manufatti del primo essere stata realizzata dal giovane pittore Seicento, sono ancora in fase di restauro, (doveva avere tra i venti e i trent’anni), nel così come a restauro iniziato si trova la 1645, come indicato dalla data dell’altare. statua settecentesca raffigurante la Madon- La sua commissione da parte di una nobile na di Loreto. Tra le altre statue importanti famiglia barchiese, potrebbe essere lega- da restaurare vi sono quelle di San Filippo ta ad un evento importante per la cittadina Neri e di San Giuseppe, entrambe del XVIII

205 Studi pesaresi 1, 2012 secolo. Anche nel caso delle opere lignee, del Ghirlanda, durante la quale la ricercata il recente restauro ha portato ad attribuzioni naturalezza delle proporzioni anatomiche è ed interessanti scoperte. sostenuta da un’elevata semplicità e capaci- tà d’intaglio. Il restauro della croce origina- le, ritrovata casualmente nei depositi della Il Crocifisso di Mastro Ghirlanda parrocchia (era stata sostituita da una di nes- sun valore), ha riportato in evidenza le dora- Il restauro ha permesso l’attribuzione ture e i colori originali che corrispondono a dell’opera, le cui dimensioni sono di cm 90 quelli utilizzati dall’artista nel crocifisso di x 200, allo scultore fanese Giuseppe Ghir- Novilara. landa 27, vissuto nella prima metà del Sette- cento. Appartenne ad una celebre dinastia di scultori, attiva per oltre un secolo, dal capo- Il Cristo Morto di Giovan Battista Dori stipite, Mastro Paolo (1621-1691), fin verso la fine del XVIII secolo. La statua raffigurante il Cristo Morto Giuseppe Ghirlanda, noto anche come risale al 1784 ed è firmata e datata sul retro, Mastro Ghirlanda, realizzò numerose opere con un’incisione nel legno, fatta dal suo per la sua città; in particolare si conservano autore, lo scultore fanese Giovan Battista ancora: l’Altare nella cappella del magistra- Dori. È quasi a grandezza naturale (150 cm) to del Palazzo Malatestiano (1721), il Taber- e rappresenta il corpo di Gesù deposto dopo nacolo (1723), un Angelo Reggicandelabro, la morte, in posizione leggermente ruota- le statue di San Pietro e Paolo (1725-1726) ta verso il lato destro, con il capo reclina- e la Bussola della sacrestia (1753) tutti nel- to. Sono evidenti i segni della sofferenza, la cattedrale e infine, di recente attribuzio- nella smorfia della bocca e nelle ferite al ne 28, il Sant’Emidio della chiesa di Santa costato, alle mani e ai piedi. La rimozione Maria Nuova. Tra le sue opere principali si di due strati di vernici che si sovrappone- ricordano anche: un Baldacchino intaglia- vano all’originale, ha riportato la statua ad to nella chiesa di Roncosambaccio di Fano un colorito freddo, più vicino a quello della (1734), la statua della Regina del Rosario morte, ma i dettagli anatomici del volto, del- a Montegridolfo nel Santuario della Beata la bocca socchiusa, con in evidenza i denti e Vergine delle Grazie (1751) e un Crocifisso la lingua, delle braccia distese e delle mani nella chiesa del SS. Sacramento a Novilara appoggiate, ci trasmettono una sensazione di (1730). Proprio da un raffronto con quest’ul- serenità, che sembra racchiudere la certezza tima opera si è giunti all’attribuzione del della Resurrezione. La statua è realizzata in crocifisso a Giuseppe Ghirlanda. Quello legno di fico, la cui leggerezza sicuramen- di Barchi è quasi identico nelle fattezze e te facilitava il trasporto per le processioni. nella postura a quello di Novilara, seppu- Ancora oggi viene esposta il Venerdì san- re di dimensioni più grandi (cm 57 x 126 to e venerata giorno e notte, fino a Pasqua. contro 90 x 200) e trasmette la caratteristi- Durante il restauro, all’interno della statua è ca espressione di pacatezza e serenità delle stata ritrovata la lettera originale con la qua- opere dell’intagliatore fanese. Il crocifisso le lo scultore scrive ai priori di Barchi per parrebbe appartenere alla maturità artistica annunciare l’ultimazione del Cristo Morto:

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«Non manco darvi avviso che la nostra sta- ma, il delicato rosso del bordo che contorna tua del Cristo Morto è già in ogni professio- quest’ultimo, il marrone dei capelli e della ne compita, io non dico in che modo sia riu- barba, e l’oro che fa risplendere l’opera. scita mentre non mi è convenevole parlarne, L’incarnato stesso ha assunto un aspetto non parlerò, lo farà da sé…», poi si racco- molto vicino al vero, che esalta la trasparen- manda con i committenti di fare la massima za delle venature e del costato e i lineamenti attenzione nel trasporto, viste le intemperie del volto. e la situazione delle strade di quel periodo La posizione del corpo slanciato, con la e chiede che sia utilizzato un cavallo forte e testa reclinata verso destra e il torace rac- non un somaro per portare la cassa da Fano colto, rimanda ai crocifissi tardogotici, così a Barchi. La stessa lettera riporta anche le il volto sottile e il naso allungato, farebbero spese sostenute per le tavole, i chiodi e le pensare ad un’opera della fine del Quattro- maniglie per la cassa, oltre a quanto pagato cento o anche più antica; ma la pacatezza all’indoratore, al pittore e ai dodici baiocchi che trasmette l’immagine, in particolare il dati ai due uomini che si occuparono di por- viso del Cristo, è ben lontana dalle immagi- tare la cassa e la statua nel palazzo vescovile ni sofferenti dei crocifissi medioevali. Sul per la benedizione. La lettera è firmataSig.re corpo non sono evidenziate piaghe, ferite Giambattista Dori, scultore in legno, Fano, o fiotti di sangue, com’era nel gusto un po’ ed è datata 5 aprile 1784. La statua di Barchi truculento dei crocifissi antichi. Il perizoma sembra ispirarsi ad un Cristo Morto conser- a differenza di quanto avveniva nel medio- vato a Sant’Angelo in Vado 29, realizzato a evo, non ricopre completamente le ginoc- Genova nel 1766 per conto delle confrater- chia, ma al contrario lascia libera una gam- nite della cittadina metaurense, da utilizzarsi ba del Cristo e svolazza con un lembo sulla per le annuali processioni del Venerdì santo. Sua destra, con un’eleganza che è ormai Molte sono le analogie con il Cristo barchie- sicuramente rinascimentale; come di gusto se, dalla torsione verso destra del corpo, al rinascimentale sono i riccioli e le volute dei capo leggermente reclinato, alla somiglian- capelli e della barba. za del viso, fino ai particolari delle piaghe Come è stato notato 30, la datazione di e delle mani. Probabilmente Giovan Battista questo tipo di opere è assai difficile e spes- Dori ebbe occasione di ammirare la statua so la fattura del manufatto può facilmente genovese, realizzata qualche anno prima, trarre in inganno anche a causa del fatto che traendovi ispirazione per la bellissima opera gli artisti erano spesso chiamati a sostitui- della collegiata barchiese. re delle opere andate deperite, malmesse o danneggiate, e inevitabilmente a quelle ope- re si rifacevano, legandosi magari a degli Il Crocifisso cinquecentesco stilemi fuori dal loro tempo. Ciononostante le caratteristiche dell’opera, al di là dell’evi- Si tratta di una scultura del Cristo in cro- dente arcaicità, ci indirizzano verso una col- ce, in legno policromo, di cm 155 x 115. locazione nel Cinquecento, verosimilmente Il restauro ha permesso di riportare alla intorno alla metà del secolo, quando anche luce i raffinatissimi colori che ricoprono la nella pittura le immagini del Cristo crocifis- statua: il bianco del cartiglio e del perizo- so assunsero una simile ariosità.

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La Mitria di Sant’Ubaldo 30 giugno 1644. Atto ufficiale di L’opera di recupero degli ultimi anni ha donazione della mitria interessato anche i reliquiari, gli ostenso- Cerimonia solenne nella chiesa di ri e le altre numerose suppellettili religiose Sant’Ubaldo. Si procede all’apertura dell’arca che appartenenti alla collegiata, alcuni di note- conserva il sacro corpo. vole valore artistico. Nel 2010, in occasione Dal capo di Sant’Ubaldo viene tolta degli 850 anni dalla morte di Sant’Ubaldo la mitria di colore bianco, tessuta con (Gubbio 1085-1160), è stato restaurato il argento e foderata di seta rossa. Viene reliquiario contenente la mitria del san- consegnata a D. Domenico de Grandis, to, patrono di Barchi e Gubbio. La mitria rappresentante della Comunità di Barchi. è il caratteristico copricapo a due punte dei La mitria è riposta in una cassetta che, vescovi, utilizzato nelle funzioni solenni. chiusa, è sigillata con il sigillo piccolo Questa conservata a Barchi è molto antica, della Comunità (di Gubbio) in cera rossa tessuta in seta con filamenti d’oro e d’ar- di Spagna. Si richiude l’arca. gento. È di colore bianco con la parte inter- Il de Grandis promette di riportare na color porpora, così come le due infule o una nuova mitria in migliori condizioni vitte, cioè i caratteristici nastri di tela che rispetto a quella tolta e consegnata a lui scendono verso il basso dalla parte posterio- per poterla portare alla Comunità di Bar- re. La mitria ha subito, nel corso dei seco- chi 31. li, diversi interventi di ricucitura e le stesse infule risultano rabberciate. Il tessuto appare Oltre alla sacra reliquia si è provvedu- comunque in buono stato di conservazione. to anche a restaurare l’urna secentesca in Grazie al prezioso lavoro e alla collabo- argento sbalzato e cesellato, che oggi appare razione dello studioso Fabrizio Cece di Gub- di nuovo in tutto il suo splendore. La mitria bio, si è potuta avere la trascrizione dell’in- restaurata è pronta per essere di nuovo por- tero carteggio originale fra la Comunità tata in processione il giorno del patrono e di Barchi e quella di Gubbio, relativo alla per essere esposta nel museo dell’insigne donazione della Mitria e oggi conservato collegiata di Sant’Ubaldo, in fase di proget- presso l’Archivio di Stato della città umbra. tazione, nel quale si conserveranno tutte le Qui di seguito ne riportiamo uno stral- preziose suppellettili e i reliquiari della col- cio inedito, con la descrizione della solenne legiata di Barchi. cerimonia di donazione:

208 Marco De Santi Restauri alla collegiata di Barchi

1 Per un approfondimento sui restauri alla (1577-1590) e Ascanio Libertani che fu inquisitore e collegiata di Barchi si rimanda a M. De Santi (con vescovo di Cagli (1591-1607); sui due personaggi v. prefazione e descrizione simbologica di suor Maria A. Tarducci, De’ Vescovi di Cagli, Cagli 1896, p. 96 Gloria Riva), Barchi. Chiesa della SS. Resurrezio- e A. Polverari Cronotassi dei vescovi di Senigallia, ne. Le opere restaurate, Comune di Barchi, Serra Fano 1992, pp. 100-101. de’ Conti 2012. Per quanto riguarda gli autori dei 8 Gli altari in pietra risultano evidentemente restauri, realizzati con il contributo della Fondazione non dimensionati per la chiesa. In alcuni casi i tim- Cassa di Risparmio di Fano: la Resurrezione è stata pani degli altari sono stati posizionati incastrandoli restaurata da Nino Pieri di Urbino; l’Annunciazione nella parete, andando a tagliare in parte i capitelli e la Madonna col Bambino, San Francesco e Maria che sostengono le volte a crociera. Relativamente Maddalena, sono state restaurata da Giuliano Rettori alle vicende della chiesa del castello, poi collegiata di di Urbino; tutte le altre opere sono state restaurate dal- Sant’Ubaldo e quindi della SS. Resurrezione, nell’Ar- la ditta G.I.A.R.A. di Monica Ugoccioni e Julie Horne chivio storico comunale di Barchi, libro dei Consigli di Urbino. dal 1601 al 1607, molti sono i riferimenti alla volontà 2 Il pavimento di pietra si trovava al di sotto di allungare l’edificio (e non allargarlo per una que- delle mattonelle di cotto realizzate a macchina e posi- stione di proporzioni) per venire incontro all’aumento zionate sopra l’antico manufatto nei primi decenni della popolazione. Tra i fautori dell’ingrandimento del ’900, quando, per ovviare all’inevitabile usura del ci fu il padre Benedetto Passionei di Urbino (il beato tempo, si pensò bene di ricoprire l’intera pavimenta- Benedetto del convento dei cappuccini di Fossom- zione. brone) che scrisse una lettera alla comunità barchie- 3 G. Scotoni, La giovinezza di Francesco se. Questa, alla fine, ottenne autorizzazione dal duca Maria II e i ministri di Guidubaldo Della Rovere, Francesco Maria II ad allungare il tempio, spostan- Bologna 1899, p. 90. do la parete del presbiterio «vicino alla muraglia». 4 La nuova Barchi fu edificata nel rispetto dei Il vescovo di Fano, invece, dispensò la comunità canoni rinascimentali di armonia e ordine, seguendo dal voto fatto di costruire la chiesa di San Tommaso le regole della “divina proporzione” e le necessità d’Aquino fuori le mura, l’edificazione della quale era dell’architettura del potere. Sull’intera vicenda vedasi già a buon punto, ma che fu danneggiata dalla costru- M. De Santi, Il Vicariato di Barchi e la piccola città zione della nuova porta del castello. Pur non essen- ideale disegnata da Filippo Terzi, in “Pesaro città e doci negli atti consigliari riferimenti diretti, è ipotesi contà”, 19, 2004, pp. 49-62, e Id., L’architetto Filip- plausibile che gli altari preparati per la nuova chiesa po Terzi a Barchi, in Città e Terre murate delle val- siano poi finiti in quella del castello. li del Misa, Nevola e Cesano, a cura di F. Mariano, 9 Sull’opera e la vita del Visaccio si veda, in atti convegno, Senigallia 18 aprile 2009, in “Castella particolare, R. Vitali, Antonio Cimatori detto Visacci, Marchiae. Rivista dell’Istituto Italiano dei Castelli”, in Nel segno di Barocci, Allievi e seguaci tra Mar- 10/11, 2008-2009, pp. 130-155. che, Umbria, Siena, a cura di A.M. Ambrosini e M. 5 Sulla condanna a morte del Bonarelli, la per- Cellini, Motta, Milano 2005, pp. 94-105, con ampia dita dei suoi domini e la sua fuga: De Santi, L’ar- bibliografia. Tra i testi antichi: L. Lanzi, Storia pitto- chitetto Filippo Terzi cit.; Scotoni, La giovinezza cit.; rica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin M.G. Barilli, Pietro Bonarelli esule a Novellara presso al fine del XVIII secolo, Bassano 1809, a cura (1574-1594), in “Pesaro città e contà”, 28, 2010, pp. di M. Capucci, Firenze 1968-1974, 3 vol., p. 353; A. 37-55. Antaldi, Notizie di alcuni architetti, pittori, scultori 6 Il Terzi divenne architectus maior di Filippo di Urbino, Pesaro e de’ luoghi circonvicini, Pesaro II re di Spagna e Portogallo e realizzò numerose e 1805, a cura di A. Cerboni Baiardi, Ancona 1996, p. importanti architetture civili e militari nella peniso- 39; C. Grossi, Degli uomini illustri di Urbino, com- la iberica. Fu, tra l’altro, impiegato come ingegnere mentario, Urbino 1819, p. 182; E. Scatassa, Artisti militare nelle Fiandre ribelli e nella preparazione dell’ che lavorarono in Urbino nei secoli XVI e XVII, in “Invencible Armada”: De Santi, L’architetto Filippo “Rassegna bibliografica dell’arte italiana”, VII, 1904, Terzi cit., e relativa bibliografia. n. 10-12, pp. 197-202; E Calzini, La scuola barocce- 7 Basti pensare che alla fine del ’500 ben due sca, Antonio Cimatori detto il Visacci, in “Rassegna dei vescovi delle diocesi del ducato erano barchie- bibliografica dell’arte italiana”, XII, 1909, n. 7-9, pp. si: Francesco Maria Henrici, vescovo di Senigallia 110-114.

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10 La Resurrezione è pubblicata in Vitali, Anto- si, Giovan Francesco Guerrieri, Camilla Guerrieri, nio Cimatori cit. e in De Santi, Barchi cit. Giuseppe Diamantini, Fossombrone 1892; nel testo 11 In particolare si ispira alla Resurrezione è pubblicato in parte il Libro dei conti, il diario pur- dipinta da Tiziano nello stendardo processionale della troppo perduto, scritto in tarda età dal Guerrieri, che confraternità del Corpus Domini di Urbino, conserva- contiene i riferimenti all’inizio dell’attività pittorica a to nella Galleria nazionale delle Marche. Barchi. 12 Dell’Annunciazione si sono occupati: Vita- 21 Cfr. P. Zampetti, Palma il Giovane a Poten- li, Antonio Cimatori cit.; B. Montevecchi, Restauri za Picena, in “Notizie da Palazzo Albani”, 1, Urbino 1993/95, Quaderni della Fondazione Cassa di Rispar- 1975, pp. 58-60 e Id., Ancora Palma il Giovane nelle mio di Fano, a cura di F. Battistelli e A. Deli, Fano Marche, in “Notizie da Palazzo Albani”, 2, Urbino 1996, pp. 49-51; B. Montevecchi, Annunciazione con 1976, pp. 45-52. Sant’Antonio Abate, in A. Marchi (a cura), Seicento 22 Sull’opera del Trometta si veda in particolare eccentrico. Pittura di un secolo da Barocci a Guercino B. Montevecchi, Nicolò Martinelli detto il Trometta, tra Marche e Romagna, cat. mostra San Leo 26 giu- in Nel segno di Barocci cit., pp. 142-157, con ampia gno-24 ottobre 1999, Giunti, Firenze 1999, pp. 62-63; bibliografia; Ead., Nicolò Martinelli da Pesaro, det- L. Vanni, Barchi, in B. Cleri (a cura), Pittura baroc- to il Trometta, in Aa.vv., Pesaro nell’età dei Della cesca nella provincia di Pesaro e Urbino, “Pesaro città Rovere, II, Marsilio, Venezia 2001, pp. 149-164; P. e contà // Link” 5, 2008, p. 38; De Santi, Barchi cit. Zampetti, Pittura nelle Marche, III, Nardini Editore, 13 Questi i riferimenti corretti: Annunciazione, Firenze 1990, pp. 93-94, 100. Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts Gra- 23 Il dipinto è conservato nel Museo civico di phiques, inv. 11239, penna, inchiostro ed acquerello Urbania e attribuito al Trometta: Montevecchi, Nico- bruno, rialzi di biacca, 280x217 mm, pubblicato in lò Martinelli da Pesaro cit., p.160. C. Monbeig Goguel, Les deux “Antonio da Urbi- 24 La vita e le opere dell’artista sono state stu- no”, Perugia 1992, p. 116; Annunciazione e un Santo, diate in particolare da C. Spaziani, Francesco Allegri- Cambridge, The Harvard University Art Museum, inv. ni pittore, Città di Castello 1981 e da C. Spaziani, P. 1965.355, pubblicato da C. Monbeig Goguel, “Manie- Ciuperri, F. Panfili, Gli Allegrini di Cantiano, mostra ra zuccaresca”, in M. Winner-D.Heikamp (a cura), d’arte e storia di artisti, Cantiano 13-26 agosto 1984, Der Maler Federico Zuccari, Akten des internationa- Urbania 1984. V. inoltre G. Di Domenico Cortese, les Kongresses der Bibliotheca Hertziana (Rom und Francesco Allegrini pittore di battaglie, in “Quaderni Florenz, 1993), Munchen 1999, pp. 112-113. dell’Istituto di Storia dell’Arte Medievale e Moderna”, 14 La tela è pubblicata in Marchi, Seicento eccen- I, Messina 1975, pp. 31-37; F. Zeri, Francesco Allegri- trico cit.; Vanni, Barchi cit.; De Santi, Barchi cit. ni: gli affreschi del Sant’Uffizio, in “Antologia di Belle 15 Sarebbe auspicabile un ritorno nel luogo di Arti”, I, 3, pp. 266-270, 1977; C. Zappia, Il volto uffi- origine del dipinto, rubato dai commissari di Napo- ciale di Francesco Allegrini, in “Quaderni dell’Istituto leone nel 1811 e attualmente conservato nei depositi di Storia dell’Arte Medievale e Moderna”, 2, Messina del museo milanese. La tela è pubblicata in B. Cleri 1976, pp. 37-47; A. Marabottini, Incontro con Fran- e C. Giardini (a cura), L’arte conquistata. Spoliazioni cesco Allegrini in formato ridotto in Arte e Musica in napoleoniche dalle chiese della legazione di Urbino e Umbria tra ‘500 e ‘600, atti del XII convegno di studi Pesaro, Artioli Editore, Modena 2003, pp. 202-203. umbri, Gubbio-Gualdo Tadino 1979, Perugia 1981, 16 Ne accennano Marchi, Seicento eccentrico pp. 405-418; C. Zappia, Ancora su Francesco Allegri- cit. e Vanni, Barchi cit. ni, ibid., pp. 419-425; infineD e Santi, Barchi cit. 17 Archivio Storico di Barchi, Consigli, 1594- 25 Palazzo Altieri 1650-55, palazzo Pamphilj 1601. 1658-59, palazzo Altemps 1660, palazzo Pallavici- 18 A fianco dell’altare in cui si conserva la tela ni-Rospigliosi, palazzo Costaguti, palazzo Colonna, è posta una lapide nella quale è scritto che il capitano ex Sant’Uffizio, palazzo Vaticano, palazzo dei Con- Ascanio Lenci fece costruire e decorare l’altare, ed è servatori. riportata la data del 1610. 26 I disegni sono pubblicati in M. Cellini (a 19 È pubblicato in A. Emiliani, Giovanni Fran- cura), Disegni della Biblioteca Comunale di Urba- cesco Guerrieri da Fossombrone, Cassa di Risparmio nia, La collezione Ubaldini, 2 vol., Regione Marche, di Fano 1991, p. 1. Ancona 1999, pp. 188-468. 20 A. Vernarecci, Di tre artisti fossombrone- 27 Su Giuseppe Ghirlanda: K. Del Baldo, La

210 Marco De Santi Restauri alla collegiata di Barchi bottega degli scultori Ghirlanda di Fano, in Aa.vv., mio di Fano e Carifano Cassa di Risparmio di Fano Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, a spa, Fano 2009, pp. 206 e 261. cura di G.B. Fidanza, atti convegno Pergola 24-25 29 L’opera di Sant’Angelo in Vado è pubblicata ottobre 1997, Quattroemme, Perugia 1999, pp. 181- in Aa.vv., Scultura e arredo cit., pp. 146-148. 190; Ead., I Ghirlanda (o Grillanda): nuovi docu- 30 La citazione è da B. Toscano, Conclusioni, menti e nuove opere della bottega, in Aa.vv., Nuovi ibid., p. 243. contributi alla cultura lignea marchigiana, a cura di 31 I documenti sono conservati nella Sezione di M. Giannatiempo Lopez e A. Iacobini, atti giornata di Archivio di Stato di Gubbio, Fondo Comunale, Car- studio Matelica 20 novembre 1999, Sant’Angelo in teggio, b. 61 e Riformanze, 71, cc. 76v-77r. e 79v. Vado 2002, pp. 145-164. Ringrazio Fabrizio Cece e gli amici di Gubbio che, a 28 Cfr. S. Bracci e G. Volpe (a cura), La chiesa distanza di quasi quattro secoli, rinnovano i rapporti di Santa Maria Nuova, Fondazione Cassa di Rispar- di amicizia fra le due comunità.

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Gli autori

Francesco Ambrogiani (Urbino 1957), riguardano la pittura prodotta in Italia centrale, maturità scientifica al Liceo “Guglielmo Marco- in particolare nella provincia di Pesaro e Urbino, ni” di Pesaro, laurea in Ingegneria elettrotecnica dal XV al XVIII secolo. Attualmente vive a Per- all’Università di Bologna, professione ingegnere, gola ([email protected]). autore di ricerche sul ramo pesarese della fami- glia Sforza ([email protected]). Gabriele Falciasecca, già docente di Geo- grafia generale ed economica nelle scuole secon- Sara Bartolucci, laurea in Storia dell’Arte darie e collaboratore didattico nell’Università a Bologna; specializzata in Italia e in Francia degli studi di Urbino. Attualmente fa parte della nello studio dell’immagine. Ha conseguito nel commissione dell’Archivio storico diocesano 2004 il diploma di Studi approfonditi in Meto- di Pesaro e dirige la biblioteca dell’Istituto di dologia di Storia, Archeologia e Storia dell’Ar- Scienze religiose “Giovanni Paolo II”; ha appro- te dell’EPHE di Parigi; nel 2008 l’abilitazione fondito temi di carattere economico, storico e all’insegnamento; nel 2011 il diploma di spe- artistico, prediligendo la storia locale del secolo cializzazione di Storia dell’Arte a Bologna; ha XIX e lo studio delle confraternite (gabriopao- avuto collaborazioni presso il Dipartimento di [email protected]). Arti grafiche del Louvre. Oggi lavora presso il Museo diocesano Albani di Urbino ed è docente Anna Falcioni insegna Storia medievale alla di Storia dell’Arte in istituti di istruzione secon- facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università daria ([email protected]). degli studi di Urbino “Carlo Bo”. Fa parte del comitato scientifico del Centro Studi Malatestia- Marco De Santi (Barchi 1968) si occupa da ni di Rimini e collabora con l’Enciclopedia Ita- oltre vent’anni del recupero dei beni culturali e liana-Treccani ([email protected]; anna. della memoria storica del suo Paese. È autore [email protected]). di alcune pubblicazioni di carattere storico e ha collaborato con riviste specializzate, fra le qua- Enrico Gamba, laureato in Fisica, ha inse- li “Pesaro città e contà” e “Castella Marchiae” gnato Matematica applicata negli Istituti tecnici ([email protected]). e Storia della Matematica presso l’Università cattolica di Brescia. Il suo settore di studio è la Marco Droghini si laurea (1999) pres- Storia della Scienza dal sec. XV al sec. XIX. Ha so “La Sapienza” a Roma (cattedra di Storia curato numerose mostre su temi scientifici (ente- dell’Arte moderna del prof. Maurizio Calvesi) [email protected]). dove consegue anche la specializzazione in Sto- ria dell’Arte medioevale e moderna (2003). Nel Luisa Levi D’Ancona Modena, laurea in campo della ricerca i suoi principali interessi Storia contemporanea all’Università di Firenze

213 Studi pesaresi 1, 2012 nel 1998 e dottorato di ricerca-Ph.D. all’Uni- guendo la laurea triennale in Scienze dei Beni versità di Cambridge nel 2003. Le sue ricerche culturali nel 2008 e, nel 2011, la laurea specia- vertono sulla storia sociale ebraica in Italia e listica in Storia dell’Arte medievale e moderna. nell’Europa occidentale, storia della borghesia, Socio fondatore e segretario dell’Associazione della famiglia, di genere e della filantropia ebrai- abruzzese di studi storici “Corporazione Sancti ca, temi sui quali ha proseguito per il suo post- Martini”, attualmente collabora con la biblioteca dottorato alla Hebrew University di Gerusalem- della “Fondazione Genti d’Abruzzo” di Pescara me, dove ora insegna Storia della filantropia ([email protected]). ebraica e Storia degli ebrei in Italia tra il XVIII e il XX secolo ([email protected]; luisalevi- Roberto Rossi (Urbino 1977), ha pubblicato [email protected]). nel 2002 una monografia su Montelabbate, dove risiede e lavora. Nel 2003 ha fondato con amici Francesco Vittorio Lombardi, classe 1936, l’Associazione Culturale “Mons Abbatis”, di cui laurea in Giurisprudenza, dottorato di ricerca è presidente. Ha collaborato con la locale Dire- in Istituzioni medievali. Autore di varie mono- zione didattica nel realizzare percorsi formativi grafie e saggi in riviste storiche sul territorio fra di storia e educazione al territorio per alunni Alte Marche, Toscana, Romagna e Repubblica delle scuole primarie. Si occupa delle vicende di San Marino ([email protected]). e di committenze artistiche legate alla famiglia dei conti Leonardi Della Rovere (robertoros- Edoardo Narducci (Ascoli Piceno 1985), [email protected]). ha conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni culturali all’Università degli studi di Urbi- Valeria Valchera, nata a Pesaro. Laureata no e ora frequenta l’ultimo anno del corso di in Conservazione dei Beni culturali con una tesi laurea specialistica in Storia dell’Arte sempre sulle associazioni professionali romane in area ad Urbino. Ha pubblicato alcuni articoli di arte alto-adriatica (che ha vinto il premio di laurea per la rivista ascolana “flash” (edoardo.narduc- “Raffaello Torricelli” a Firenze) e dottore di [email protected]). ricerca in Storia antica presso l’Università di Bologna con una tesi sul bilinguismo in epigra- Alessandro Paccapelo, laureato in Archi- fia ([email protected]). tettura presso l’Università degli studi di Firenze con una tesi di ricerca sulla Storia dell’architet- Omar Riccardo Zehender, nato a Reggio tura intitolata “Gli architetti pesaresi del periodo Calabria, conduce i suoi studi formativi nelle roveresco. 1508-1631”; attualmente esercita la Marche e consegue la laurea in Lettere presso libera professione nell’ambito della progettazio- l’Ateneo urbinate. Si occupa di medievistica, ne architettonica ([email protected]). con particolare riferimento alla Storia e alla Sto- ria dell’arte locale ([email protected]). Marcella Pantalone, abruzzese, ha studiato presso l’Università degli studi di Urbino conse-

214 Norme redazionali

Non esiste un sistema univoco di norme verso gli aventi diritto. L’autorizzazione alla redazionali, che variano al mutare della metodi- pubblicazione di immagini è dunque, sempre e ca editoriale e sono comunque soggette anch’es- preventivamente, acquisita dall’autore, che se ne se alle mode. Tuttavia una uniformità è neces- accolla gli obblighi. saria. Gli autori sono quindi pregati di prender Le illustrazioni devono essere funzionali alla buona nota delle seguenti norme prima di fare comprensione del testo. pervenire i loro contributi. Vanno accompagnate da didascalie a parte, numerate progressivamente. Avvertenze generali  I contributi non devono superare i Testo 45.000 caratteri (spazi e note incluse); nel com- Per le citazioni nel testo si usino le virgolette puto si calcolino le eventuali immagini in ragio- caporali (« »); i brani citati vanno giustificati con ne di 2.000 caratteri ciascuna. nota in fondo all’articolo.  Assieme al testo, ma separatamente, Le virgolette alte (“ ”) vanno usate nel testo dovrà pervenire l’eventuale materiale icono- per sottolineare il significato particolare di una grafico, già munito – a cura dell’autore del sag- parola, o all’interno delle virgolette caporali. gio – delle autorizzazioni. Il capoverso dei singoli paragrafi va eviden-  Le note vanno a fine articolo, non a ziato con un rientro a capo (si usi il tasto TAB ). piè di pagina. Nel testo, come nelle note, i titoli di opere  I saggi vanno forniti su supporto sono citati in corsivo; i titoli di periodici e rivi- informatico; un supporto cartaceo è però consi- ste vanno in tondo tra virgolette alte doppie (es.: gliabile per raffronto. “Studi Piceni”). I brani citati brevi vanno tra virgolette caporali La responsabilità di quanto affermato nel (« »). I brani citati di discreta lunghezza vanno in singolo contributo è dell’autore che lo firma. corpo minore rispetto al testo, senza le virgolette. Tuttavia la redazione si riserva di suggerire Si indichino eventuali omissioni nel corpo tagli, approfondimenti o modifiche ai saggi della citazione con tre punti in parentesi quadre proposti. […]. Gli articoli non sono restituiti, gli autori sono Vanno in corsivo i termini provenienti da quindi invitati a conservarne una propria copia. lingue diverse, quando non li si voglia sostitu- Agli autori sono inviate per correzione le pri- ire con un equivalente italiano (holding, Leben- me bozze. sraum, calembour, cursus honorum, hapax legomenon, ecc.). Immagini I numeri delle note vanno in esponente Presentando immagini per il proprio saggio, senza parentesi, prima della punteggiatura e l’autore se ne dichiara ipso facto responsabile lasciando uno spazio tipografico a sinistra.

215 Studi pesaresi 1, 2012

1 Es.: Dopo la battaglia di Pavia , Cesare Ercolani Opere a stampa 2 pretese di aver appiedato Francesco re di Francia . Volumi monografici: nome dell’autore punta- to ( ma su questo v. infra) e cognome per esteso Maiuscole. in maiuscoletto, eventuale indicazione tra paren- Si usino le maiuscole con parsimonia nei tesi per indicare la curatela (a cura), titolo com- nomi comuni, evitando le cosiddette maiuscole pleto in corsivo, eventuale casa editrice, luogo di di rispetto (re, papa, vescovo, municipio, pro- edizione e anno, eventuale numero del volume, vincia, ecc.) che in realtà non onorano nessuno. eventuale pagina o pagine di riferimento. Nel dubbio si scelga la minuscola, che non è Se l’autore si ripete, il suo nome è sostituito mai sbagliata. da Id. (se autrice Ead.) Es.: A. Brilli, Dove finiscono le mappe. Storie Es.: di esplorazione e di conquista, il Mulino, Bologna anziché L’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) 2012; A. Quondam, Risorgimento a memoria. Le si scriva L’Ente nazionale idrocarburi (Eni) poesie degli italiani, Donzelli, Roma 2011, pp. 8-11; Id., Classicismo e culture di Antico regime, Bulzoni, anziché Con la Bolla di Papa Leone XII… Roma 2010. si scriva Con la bolla di papa Leone XII… Si osserva però che la ricerca bibliografi- anziché Il Ministro della Guerra ca in internet (per es. www.sbn.it) è ostacolata si scriva Il ministro della Guerra dal nome proprio incompleto: è quindi sempre anziché La Delegazione Apostolica di Perugia più opportuno che le citazioni bibliografiche lo si scriva La delegazione apostolica di Perugia rechino per esteso: Es.: Attilio Brilli, Dove finiscono le mappe. Sto- rie di esplorazione e di conquista, il Mulino, Bologna Lo stesso per i sostantivi personali. “Il Duca 2012; ricevette l’Ambasciatore del Sultano” e “il duca Amedeo Quondam, Risorgimento a memoria. Le ricevette l’ambasciatore del sultano” delineano poesie degli italiani, Donzelli, Roma 2010. la stessa situazione: ma il secondo passo è più terso. Volumi miscellanei: si indica, in luogo dell’au- tore, il curatore (che può anche seguire il titolo): Note Es.: P. Galeazzi (a cura), Magistrature e archi- Le note servono a giustificare il testo attra- vi giudiziari nelle Marche, atti convegno (Jesi 22-23 verso l’indicazione delle fonti e della bibliogra- febbraio 2007), Affinità elettive, Senigallia 2009; fia,non ad ampliare l’elaborato. Sono di chiusu- ra, vanno quindi a fine articolo. Nel caso di più autori o curatori, i nomi van- L’indicazione dell’editore è utile nel caso di no dati in sequenza separati da virgole; edizioni reperibili; facoltativa, e perfino super- Es.: B. Cleri, C. Giardini, L’arte confiscata. flua, se indica editori scomparsi. Acquisizione postunitaria del patrimonio storico- Nelle citazioni in nota, l’editore – non lo artistico degli enti religiosi soppressi nella provincia di Pesaro e Urbino (1861-1888), il lavoro editoriale, stampatore – precede luogo e anno di edizione. Ancona 2011. La prima edizione si può indicare con un numero arabo in esponente dell’anno citato (es.: Se gli autori sono più di tre, si può indicare il 19801). solo primo nome seguito dall’abbreviazione et al. Nelle citazioni in nota di opere a stampa e di L’espressione Aa.vv., “autori vari”, è un po’ manoscritti o documenti d’archivio si adottano i obsoleta: cataloghi e bibliografie, infatti, sempre seguenti criteri: più spesso elencano le opere di più autori sotto il cognome del primo, oppure sotto il titolo: quindi

216 l’espressione Aa.vv., pur corretta, è di modesto Archivio di Stato di Pesaro, Legazione, Lettere aiuto nelle ricerche bibliografiche. dalle comunità, Montefeltro, b. 34, Lettera del pode- stà, Montecerignone 5 dicembre 1667. Articoli in volumi di atti o miscellanei: nome dell’autore puntato ( su questo v. supra) Gli istituti di conservazione si indicano per e cognome per esteso in maiuscoletto, titolo esteso la prima volta, poi si ricorre a sigle indi- dell’articolo completo in corsivo, titolo del volu- cate nella prima occorrenza. Può essere predi- me in corsivo preceduto da “in”, indicazione sposta apposita legenda, per es. prima delle note. “atti convegno”, tra parentesi – se noti – luogo Es.: Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi Asr), ... Biblioteca Oliveriana di Pesaro (d’ora in poi e data del convegno, luogo di edizione e anno, Bop), ... pagina di riferimento. Es.: C. Colletta, Le Officine Benelli di Pesaro: Nel caso di ulteriori citazioni di una stessa un esempio di archeologia industriale, in M. Severini (a cura), Memoria, memorie. 150 anni di Storia nelle opera, sia per le opere a stampa che per i mano- Marche, Il lavoro editoriale, Ancona 2012, pp. 210-226. scritti, è sufficiente indicare il solo cognome dell’autore, le prime parole del titolo dell’opera Articoli su periodici: nome dell’autore pun- in corsivo seguite – senza virgola – dall’abbrevia- tato ( su questo v. supra) e cognome per esteso zione “cit.” e il riferimento alla pagina. Se non è in maiuscoletto, titolo completo dell’articolo in individuabile un autore, o nel caso di opere cura- corsivo, indicazione del periodico fra virgolet- te, saranno sufficienti le prime parole del titolo: te alte (preceduta da “in”), numero, anno, altre Es.: Rapporto di stima dei beni di Bianca Mosca, in Archivio di Stato di Pesaro, Notarile di Pesaro indicazioni (serie, fascicolo, ecc.) atte a indivi- (d’ora in poi Np), Alessandro Perotti, vol. 1875, cc. duare la pubblicazione, pagine. 221-301 (nella prima occorrenza); Rapporto di stima Es.: G. Patrignani (a cura), Inventari di quadre- cit., c. 229v. (in occorrenze successive). rie pesaresi nei rogiti notarili dell’Archivio di stato di Pesaro (secoli XVI-XIX). I. Ottocento, in “Pesaro città e contà”, 29, 2011. Nelle citazioni ricorrenti dello stesso testo o F. Zeri, Una natura morta di Federico Barocci, in saggio si usi ibidem (che diventa ibid., seguito “Notizie da Palazzo Albani”, XII, 1983, 1, pp. 161-163. da un numero di pagina. Es.: ibid., p. 23) Nelle citazioni ricorrenti dello stesso archi- Manoscritti e documenti d’archivio vio o fondo archivistico si usi ivi. Nel caso di opere manoscritte ci si comporti Es.: Brilli, Dove finiscono le mappecit., p. 48. come per i testi a stampa, sostituendo all’indi- Ibid., p. 104. Archivio di Stato di Pesaro, Delegazione aposto- cazione dell’edizione quella dell’istituto di con- lica, titolo III Annona, 1847, b. 147, mercuriali. servazione. Ivi, titolo X Militare, b. 65, 1846, truppa di linea. Es.: D. Bonamini, Abecedario degli architetti e pittori pesaresi, Biblioteca Oliveriana di Pesaro, ms. 1009, c. 9r. Trascrizioni epigrafiche Le trascrizioni epigrafiche seguono norme Per i documenti d’archivio si indichino: proprie (v. Hans krummrey, Silvio Panciera, nome dell’archivio, nome del fondo in corsi- Criteri di edizione e segni diacritici, in “Tituli” vo, serie in tondo, segnatura archivistica (busta, 2, 1980, pp. 205-215). registro, volume, ecc.), pagine o carte; se il pez- In generale, le parentesi tonde esprimono lo zo non è cartolato “c.n.n.” – carte non numerate scioglimento di abbreviazioni; le parentesi qua- – o eventuali elementi atti a individuarlo. dre indicano restituzione di lettere o sillabe un Es.: Archivio di Stato di Roma, Buon Governo, s. tempo incise e scomparse accidentalmente. IV, vol. 91, cc. 18r-20v. In particolare: [...] indica una lacuna di tre lettere, ad ogni punto corrisponde una lette-

217 Studi pesaresi 1, 2012 ra; [- - -] indica una lacuna di lunghezza non delle parole. Per es. si elimini la “i” dopo c, g determinabile. Le parentesi uncinate palatale e dopo i nessi gn, sc quando la scrit- segnalano lettere o sillabe omesse per errore dal tura attuale la rifiuta (rocce, ognuno, invece di lapicida e inserite dall’editore. roccie, ogniuno); si elimini la “h” etimologica tanto in posizione iniziale che interna (uomo, Trascrizione di testi latini e in volgare. talora, invece di huomo, talhora); si elimini la È opportuno intervenire – con prudenza – su “h” superflua negli allografi (poco, priegare, grafia, punteggiatura e maiuscole: conservare invece di pocho, prieghare); si risolvano in “e” tutte le peculiarità grafiche del documento ori- davanti a consonante, in “et” davanti a vocale, ginale può infatti ostacolarne la comprensione. le conviventi e, et, &, 7 (segno tironiano per “Studi pesaresi” è una rivista di Storia, non et); ecc. di Filologia. Dunque, pur nella consapevolez- Inoltre si sciolgano le abbreviazioni, ove za che diverse ragioni possono suggerire di possibile; le lacune si indichino con puntini di volta in volta soluzioni diverse, in generale si sospensione fra parentesi quadre [...]; gli spazi interpretino secondo criteri moderni punteg- bianchi nell’originale siano resi con parentesi giatura, maiuscole e segni diacritici (apostrofo, quadre vuote [ ]; eventuali integrazioni al testo accento, tilde, ecc.), come pure la sillabazione siano comprese tra parentesi uncinate < >. .

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2012 by Metauro Edizioni s.r.l. - Pesaro

Finito di stampare nel mese di settembre 2012 presso la tipografia Litocolor (Pesaro) Printed in Italy