Strategie Contingenti
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STRATEGIE CONTINGENTI LA FICTION ITALIANA/L’ITALIA NELLA FICTION Ventiquattresimo rapporto annuale stagione 2011-2012 A cura dell’Osservatorio Fiction Italiana Osservatorio Fiction Italiana (OFI) Direttore Milly Buonanno Vice Direttore Fabrizio Lucherini Via di Novella, 8 00199 Roma e-mail: [email protected] Indice L’idillio transatlantico dei television studies e la tradizione di qualità della fiction italiana. PARTE PRIMA – XXIV Rapporto dell’Osservatorio sulla Fiction Italiana Capitolo I. Strategie contingenti. La fiction italiana fra fluidità del mercato e rigidità dell’industria. Bilancio della stagione 2011-2012 di Fabrizio Lucherini 1. Ore: in crescita nella stagione, in calo sui 12 mesi – 2. Titoli: in netta crescita – 3. Formati: la nuova impennata delle miniserie – 4. Programmazione: in aumento le prime serate – 5. Gli ascolti: concentrati e polarizzati - 6. I produttori: prove di deframmentazione Capitolo II. Il programma dell’anno. Paolo Borsellino – I 57 giorni e Il delitto di Via Poma. Due esempi di fiction civile per due misteri italiani. di Giovanni Bechelloni Premessa - 1. Il metodo Falcone. Virtù, esperienza di vita e conoscenza come risorsa per abitare la complessità e contribuire a un mondo migliore - 1.1.Testimonianza sul metodo Falcone - A. Marcelle Padovani - B. Francesca Barra. C - Giuseppe Ayala - D. Giovanni Falcone - E. Riscontri di ricerca - 2. Misteri italiani e fiction civile - 3. Per la prima volta due film-tv come programmi dell’anno – 3.1. I valori produttivi – 3.2. La critica – 4. Riferimenti bibliografici FOCUS SECTION AI CONFINI DEL QUOTIDIANO. IL FANTASTICO NELLA SERIALITA’ ITALIANA Capitolo III. Il Restauratore di Emanuela Cocco 1. La tradizione narrativa – 2. L’immaginario di riferimento – 3. La struttura della serie – 4. Lo statuto dell’eroe – L’elemento straordinario Capitolo IV. Il tredicesimo apostolo di Domenico Ierone 1. La tradizione narrativa – 2. L’immaginario di riferimento – 3. I protagonisti – 4. L’impianto narrativo – 5. La declinazione del fantastico 3 PARTE SECONDA - Schede dei programmi della stagione 2010-2011 1. Film-tv e collection L’affondamento del Laconia – Il delitto di Via Poma – Noi credevamo – A fari spenti nella notte – 6 passi nel giallo – Mai per amore – I guardiani del tesoro – Area Paradiso – Suor Pascalina – Paolo Borsellino-I 57 giorni – L’una e l’altra 2. Miniserie Anna e i cinque 2 – Sangue caldo – Dov’è mia figlia – Il segreto dell’acqua – Il commissario Zagaria – Tiberio Mitri. Il campione e la miss – Il signore della truffa – Il generale Della Rovere – Violetta – La donna che ritorna – Dove la trovi una come me? – Viso d’angelo – Cenerentola – La ragazza americana – Baciati dall’amore – Sarò sempre tuo padre – I cerchi nell’acqua – La figlia del capitano – Anita Garibaldi – La vita che corre – Il generale dei briganti – Walter Chiari-Fino all’ultima risata – La Certosa di Parma – Il sogno del maratoneta – Barbarossa – Maria di Nazareth – Zodiaco-Il libro perduto – L’Olimpiade nascosta 3. Serie e Serial Cento Ventrine – Un posto al sole – Don Matteo 8 – Distretto di polizia 11 – Un amore e una vendetta – Così fan tutte – Tutti pazzi per amore 3 – Camera Café – Che Dio ci aiuti – Il tredicesimo apostolo – Il restauratore – Provaci ancora prof. 4 – Il giovane Montalbano – Le tre rose di Eva – Nero Wolfe – Benvenuti a tavola-Nord vs Sud – Una grande famiglia – Titanic-Nascita di una leggenda La ricerca è realizzata in collaborazione con Direzione Marketing Rai, Rai Fiction, Direzione Diritti e Produzione Fiction Rti, Associazione Produttori Televisivi 4 L’idillio transatlantico dei television studies e la tradizione di qualità della fiction italiana. di Milly Buonanno Relazione presentata al 4° fiction Day della Sapienza (Roma, 28 novembre 2012) ‘Qualità’ non indica la buona televisione in quanto tale, ma la cornice ideologica entro la quale vengono espressi i giudizi sulla buona televisione Simon Frith Quality tv è un termine ideologico che non si riferisce a nessuna forma mediale realmente esistente Sudeep Dasgupta 1. Il problema della qualità L’intento principale del presente contributo non è quello di discutere e valutare la qualità della fiction che si produce in Italia – qualche considerazione al riguardo sarà tuttavia espressa più avanti - ma, in sintonia con le citazioni poste in exergo, quello di indicare e problematizzare la cornice ideologica ovvero la pretesa universalizzante degli assunti, criteri e canoni in base ai quali nel dibattito accademico, e in buona misura anche nel conventional wisdom sulla televisione, si definisce e si identifica cosa sia o debba intendersi oggi per fiction di qualità. Non può essere motivo di sorpresa poiché, per l’appunto, rientra e trova sostegno in un senso comune largamente diffuso, costatare come all’insieme della fiction italiana contemporanea non arrida una positiva reputazione sotto il profilo della qualità, riconosciuta eventualmente solo a una manciata di eccezioni. Piuttosto che esserne il punto di partenza, il giudizio per la verità poco lusinghiero che da più parti si riversa sul prodotto nazionale sarà il punto di arrivo del mio discorso, inteso a ricostruire innanzitutto il contesto delle contingenze e il quadro comparativo internazionale entro cui tale giudizio si elabora e si esprime. E’ bene precisare che qui non si tratta in alcun modo di impegnarsi in una contesa valutativa, prendendo le difese di un sistema di storytelling imputato, a ragione o a torto (verosimilmente, l’una e l’altro), di scarso rendimento qualitativo, al di là o a dispetto di rese d’ascolto calanti ma ancora di qualche entità e qua e là punteggiate da buoni successi. Si tratta piuttosto di utilizzare il caso italiano, dal momento che de re nostra agitur, come un’occasione per tornare a riflettere (senza troppa reverenza) sulla inesauribile e irrisolta questione della qualità televisiva, e per ragionare sulle condizioni in cui, in un certo momento del tempo, prendono forma, maturano e si I impongono determinati giudizi sulla buona e cattiva televisione, sulla fiction di buona o cattiva qualità. Dunque, partiamo dalla qualità, una parola ricolma di complessità e di contraddizioni. Il consenso pressoché universale che la circonda, quando avviene di dover riconoscere la sua importanza cruciale per la televisione, di reclamare l’innalzamento dei suoi standard, di lamentare il suo declino - «Quality is one of those things that it’s very hard to be against»1 - trapassa rapidamente in dissenso e controversia non appena si richiede di elaborare una chiara definizione del concetto e di individuare criteri condivisi di valutazione. La nozione di qualità televisiva risulta complessificata dai molteplici livelli di significati implicati in una parola che chiama in causa estetica ed etica, valori di produzione e piaceri del consumo, forme e contenuti, tecnologia e cultura. Ci si può illudere di trovare una via di fuga da questa scoraggiante complessità riposizionando l’intera questione sotto il regime soggettivo del gusto personale, notoriamente sottratto alla disputa (de gustibus…). Ma, come sociologi, siamo avvertiti del fatto che i gusti personali non sono nè innocenti nè neutrali, e pertanto una simile scappatoia di senso comune non preserva dal cadere nella brace di una disputa di schietta matrice bourdieusienne2 sulle determinanti sociali delle preferenze e dei gusti personali, strutturati secondo gerarchie di classe, capitale e potere culturale3. Negli ambienti dell’industria televisiva nazionale e internazionale, dove in anni recenti ha guadagnato largo corso nella comunicazione di marketing, la parola qualità funge convenientemente da brand, marchio di identità4, inteso a esibire e vantare la signature distintiva di reti, produttori5 o prodotti6. Nel contesto industriale lo stesso termine dispiega inoltre una plastica multifunzionalità. Nell’ambiente del narrowcasting, ad esempio, alla qualità si accredita, e se ne apprezza, un elevato potenziale di attrazione nei confronti di pubblici di nicchia scolarizzati e affluenti (i molto ricercati ‘pubblici pregiati’). Alle reti generaliste, invece, accade di mettere sul conto della qualità sia effetti selettivi, ovvero esiti d’ascolto inferiori alle aspettative – il commento «un’operazione di qualità che il pubblico non ha apprezzato» accompagna non di rado un risultato deludente - sia i larghi e inclusivi successi di audience, attribuiti in questo caso alla ‘qualità vincente’ dei prodotti. Al riguardo, si potrebbe 1 G. Mulgan (ed.), The question of quality, London: Bfi, 1990, p. 5 2 Cfr. P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna: il Mulino, 2001 3 Si veda in proposito M. Z. Newman, E.Levine (2011), Legitimating television, London: Routledge, 2011 4 «Quality television has became a label, a brand», afferma S. Frith in “The black box: the value of television and the future of television research”, «Screen» 41:1, 2000, pp. 41 5 Sul proprio sito, ad esempio, Taodue si definisce «la principale produttrice di fiction di qualità» (http://www.taodue.it/?page_id=704) 6 «Un prodotto di grande qualità» è definizione che ricorre spesso nelle tradizionali conferenze stampa di presentazione delle nuove fiction. II affermare che attraverso il ricorso frequente alla parola qualità l’industria televisiva contemporanea metta in atto un ‘rituale strategico’. L’espressione è stata coniata quarant’anni fa dalla sociologa Gay Tuchman 7 , per spiegare l’insistenza sulla ‘obbiettività’ che si poteva osservare all’epoca nei discorsi e nelle pratiche giornalistiche; secondo la