Angelo Arata Spade E Denari

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Angelo Arata Spade E Denari Angelo Arata Spade e denari. Manfredino del Carretto, un capitano di guerra tra Piemonte e Liguria nel primo Trecento* [A stampa in “Rivista di Storia, Arte Archeologia per le Province di Alessandria e Asti”, CXI/2 (2002), pp. 311-390 © dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”] «... in pace vivere et tranquilla quiete...»: questo appare, in sostanza, il desiderio che spinge Manfredino del Carretto ed il figlio Ottone a cedere i loro vasti domini in favore del marchese Manfredo di Saluzzo nel 1322. Queste parole, che emergono vividamente dal documento di cessione 1 , forniscono una risposta umana, che rimanda alla sfera “privata” dei sentimenti, alle domande relative ai motivi per cui una delle stirpi carrettesche più potenti per territori ed influenza politica avrebbe rinunciato ai suoi vasti domini per accontentarsi di pochi feudi montani ed eclissarsi, poco dopo, dalla scena politica del Piemonte meridionale. La prospettiva intimistica, pur non rispondendo in modo per noi accettabile a queste domande, aggiunge l’intensità del “vissuto” umano all’interpretazione storiografica che vede nella drammatica scomparsa delle antiche dinastie aristocratiche la crisi di poteri locali non in grado di reggere alla spinta espansionistica di altre famiglie aristocratiche, tese a costruire un principato di vaste proporzioni, e quindi dei ceti urbani, caratterizzati da un forte dinamismo e da solidi capitali finanziari. Questa prospettiva si coglie nell’intervento di Renato Bordone in un recente convegno acquese, che delinea in un suggestivo affresco il processo che vede la nobiltà di spada dei Del Carretto lasciare il passo ai marchesi di Saluzzo e quindi al denaro delle nuove classi dominanti le città italiane, composte da uomini intraprendenti, con lo sguardo aperto alle ampie dimensioni del mercato e della politica internazionale, ma in fondo sensibili ai valori cavallereschi e risoluti a seguire le antiche tradizioni aristocratiche 2 . Sia la malinconica motivazione deducibile dal documento del 1322, sia la ricerca storica collocano la cessione di Manfredino ed Ottone del Carretto in un “autunno” del Medioevo langarolo, che risulta senza dubbio suggestivo, ma che non ci offre una spiegazione dei motivi specifici della crisi carrettesca e di questo avvenimento particolare, che credo sia necessario esplorare scendendo nei * Una prima versione del presente studio è apparsa in «Urbs silva e flumen», XV, 2002, pp. 4-19, dedicata alla memoria di Emilio Podestà. 1 Il documento del 12 ottobre 1322 è edito in D. MULETTI, Le memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo, Saluzzo , Saluzzo 1829.1833 (ristampa anastatica Savigliano 1972), tomo III, pp. 126-136 ed il documento di ratifica, dell’11 novembre dello stesso anno, si trova a pp. 137-139; versione abbreviata del documento stesso, dall’edizione del Muletti, in A. BRAIDA , Cortemilia e le Langhe ai tempi antichi, Savigliano 1877, pp. 272-278. Sull’autenticità del documento del 12 novembre 1322 e della ratifica dell’11 novembre anno si può nutrire qualche perplessità, poiché comunicati a Delfino Muletti dal prevosto Meyranesio, spesso incline a fornire falsi agli studiosi contemporanei, anche perché l’indizione VI indicata non pare coincidere con l’anno 1322, corrispondente all’indizione V. Questi dubbi, ma non relativi all’indizione, furono esposti in F. GABOTTO, Storia del Piemonte nella prima metà del secolo XIV (1292-1349), Torino 1894, nota 1, p. 107; l’autore ritenne, comunque, di dar credito al Meyranesio visto che «... non bisogna neppure rigettare a priori, con manifesta esagerazione, ogni notizia proveniente dal Meyranesio, Malacarne, Sclavo, De Levis, poiché tra il molto falso, vi ha pur parecchio di vero», ma soprattutto Gabotto nota molte corrispondenze tra le informazioni desumibili dai due documenti e le notizie di G. Della Chiesa. Lo stesso Muletti aveva precisato che il documento dell’11 novembre si trovava stampato nella Causa di Ferrania, a p. 61: in effetti, nel Sommario della Causa di Ferrania, stampato a Trino nel XVIII secolo e custodito nella Biblioteca reale di Torino (64 (1)), si trovano editi entrambi i documenti, presentati da una delle parti in causa, il Conte della Trinità, il 22 novembre 1752 (p. 59, n. 983; p. 68, n. 984); l’autenticità dei documenti, che pure sono giudicati da alcuni dei contendenti contraddittori e non probanti, non è sostanzialmente messa in discussione ed essi assumono un peso notevole nel contenzioso. Si può aggiungere che copia del documento dell’ottobre 1322 si trova anche in Archivio di Stato di Torino (d’ora in poi AST), Langhe Addizioni, mazzo I, Cairo, n. 2, ed esso è menzionato in altri documenti di poco successivi, come l’investitura di Genova a Giovanni Scarampi nel dicembre 1339 (Sommario della Causa di Ferrania cit., p. 79, n. 1005). Ritengo che si possa dunque condividere l’opinione del Gabotto, anche perché, come vedremo, personaggi e luoghi indicati nei documenti corrispondono a quelli deducibili da altre fonti. 2 Il seminario “Incastellamento, popolamento e signoria rurale fra Piemonte e Liguria”, Acqui Terme, 17, 18 e 19 novembre 2000. 1 dettagli, convinto che Manfredo del Carretto dimostri di saper evitare un inutile arroccamento su posizioni conservatrici ed uno sterile legame con un’economia sorpassata, manifestando una singolare capacità di reagire a questa crisi, valorizzando proprio gli elementi ancora significativi della sua condizione aristocratica. Certo il tentativo di Manfredino fu fallimentare, ma vorrei dimostrare che questo risultato non era, almeno nell’immediato, affatto scontato e dipese soprattutto da una serie di circostanze negative, che Manfredo stesso avrebbe interpretato come ineluttabile discesa del fatidico disco rotante della fortuna. Solidità di lignaggio: orientamento urbano e vocazione militare Manfredino del Carretto apparteneva alla linea ottoniana della stirpe marchionale, discendendo da quell’Ottone, figlio di Enrico Guercio, che aveva stabilito il suo dominio sull’area orientale delle Langhe, in una zona compresa, grosso modo, tra il corso del fiume Bormida di Spigno ed il torrente Uzzone, mentre i discendenti di Enrico del Carretto, ebbero la signoria delle parte più occidentale, giungendo fino a Finale e quindi al mare, e mantennero il titolo, prestigioso anche se soltanto nominale, di marchesi di Savona. La discendenza di Ottone, priva di uno sbocco rivierasco, dovette fondare la sua economia sulle vie di transito, che avevano in Cortemilia e Cairo centri ragguardevoli3 , e trovare una collocazione politica che tenesse conto della crescente potenza dei centri di Alba, Asti e Genova, dimostrando comunque una costante capacità di adattamento ed un dinamismo notevole4 , anche se l’attaccamento allo stile di vita signorile, manifestato dalla presenza nelle corti del ramo ottoniano di trovatori, costituì indubbiamente un motivo di indebolimento economico5 . Ottone ebbe due figli, Ugo ed Enrico: da quest’ultimo discese la linea di Ponti e Roccaverano, mentre Ugo ebbe certamente un figlio, Ottone; è invece piuttosto improbabile si possa considerare figlio di Ugo il Manfredo che compare nella documentazione intorno al 1240, anche se così viene collocato negli studi genealogici più noti6 , poiché l’unica fonte coeva in cui è citato lo dice espressamente figlio del quondam Ottone 7 . 3 Sul sistema viario nell’area, si veda A. ARATA, De strata securiter tenenda. Strade e politica stradale nelle Alte Langhe medievali, in «Aquesana», 1, 1994; ID., Il mare negato. Le comunicazioni tra Acqui ed i porti liguri nel Medioevo, in Alto Monferrato tra Piemonte e Liguria tra pianura e Appennino. Storia arte tradizioni, a cura di L. Gallareto e C. Prosperi, Torino 1998, pp. 51-71. 4 Si veda L. PROVERO, I Marchesi del Carretto: tradizione pubblica, radicamento patrimoniale e ambiti di affermazione politica, in Savona nel XII secolo e la formazione del comune (1191-1991), Atti del convegno di studi (Savona, 26 ottobre 1991), in «Atti e memorie della Società Savonese di Storia Patria», n. s., XXX (1994), pp. 21-50. All’aggiornato studio si rimanda anche per la notevole bibliografia sui Del Carretto. 5 Ibidem, p. 26; sull’esaltazione trobadorica di personaggi appartenenti alla linea ottoniana si veda A.ARATA, “Il prode Marchese del Carretto”: Bonifacio di Ponti tra ideali cavallereschi, ambizioni politiche e realtà quotidiana, in «Aquesana», 7, 1999, pp. 4 -5. 6 Cfr. BRICHERIUS COLUMBUS, Tabulae Genealogicae Carrettensis et Marchionum Savonae, Finarii, Clavexanae etc ., Vindebonae 1741; G.B. MORIONDO, Monumenta Aquensia, 2 voll., Torino 1789-90 (rist. anastatica, Bologna 1967), II, tab. VIII; A. MANNO, Il Patriziato subalpino, Firenze 1895-1906, vol. IV (dattiloscritto) alla voce Del Carretto. 7 Cfr. Codex astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella e P. Vayra, Roma 1887 (Atti della R. Accademia dei Lincei, s. II, voll. V, VI e VII), III, p. 1071, doc. 930, a. 1242. Suscita qualche perplessità la soluzione di compromesso offerta dallo stesso Q. Sella, che, ben conoscendo questo documento, nella tavola genealogica dei Del Carretto (ibidem, Allegato n. 7, quadro VI) indica Manfredo come figlio di Ugo, pur considerando anche un altro Manfredo figlio di Ottone, indicato dal numerale I, su cui nutre comunque dubbi, ritenendo anch’egli che si tratti di un errore del Codex e che si debba leggere quindi Manfredo figlio quondam domini Ugonis. Sulla questione si veda anche ARATA, Il prode Marchese del Carretto cit., nota 23, p. 8. La
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