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digital magazine aprile 2011 N.78

Pearls Before Swine

Basile Benvegnù Cathedral Parente Cantautorato Rock

The Dodos Discodeine Frankie & the Heartstrings Stearica & the Spaceape Erland and the Carnival black sun of p. 4 Turn On The Dodos, Discodeine, Frankie & the Heartstrings, Stearica 78 p. 12 Tune IN Mogwai, Erland and the Carnival sentireascoltare.com p. 20 Drop Out Cesare Basile/Paolo Benvegnù/Marco Parente Kode9 Tim Hecker

p. 50 Recensioni .

p. 114 Rearview Mirror Pearls Before Swine

Rubriche p. 106 Gimme some inches p. 108 Reboot p. 110 China Files SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 p. 122 Campi Magnetici Editore: Edoardo Bridda Direttore responsabile: Antonello Comunale p. 123 Classic Provider NGI S.p.A. Copyright © 2009 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare

Di r e t t o r e : Edoardo Bridda

Di r e t t o r e Responsabile : Antonello Comunale

Uf f i c i o St a m p a : Teresa Greco

Co o r d i n a m e n t o : Gaspare Caliri

Pr o g e t t o Gr a f i c o e Impaginazione : Nicolas Campagnari

Re d a z i o n e : Andrea Simonetto, Antonello Comunale, Edoardo Bridda, Gabriele Marino, Gaspare Caliri, Nicolas Campagnari, Stefano Pifferi, Stefano Solventi, Teresa Greco

St a f f : Marco Boscolo, Edoardo Bridda, , Luca Barachetti, Marco Braggion, Gabriele Marino, Stefano Pifferi, Stefano Solventi, Teresa Greco, Fabrizio Zampighi, Luca Barachetti, Andrea Napoli, Diego Ballani, Mauro Crocenzi, Fabrizio Zampighi, Giulia Cavaliere, Giancarlo Turra

Co p e r t i n a : Aucan (foto di Giordano Garosio)

Gu i d a s p i r i t u a l e : Adriano Trauber (1966-2004) Sentireascoltare n. Sentireascoltare a storia dei Dodos, già Dodo Bird ai tempi in cui fortuna è stata ben felice di accettare. E’ già il secondo LMeric Long e Logan Kroeber si conobbero tramite colpo fortunato di Meric con le voci femminili, dopo un amico comune divenendo duo da progetto solista Laura Gibson che cantava insieme a lui in alcune trac- The Dodos del primo, arriva in questi giorni al suo quarto capito- ce di Visiter. lo. Il nuovo si chiama No Color e ci riconsegna il Un altro importante elemento nel disco è la chitar- Turn O n Turn gruppo in ottima forma, ancora padrone del proprio ra elettrica. Avete dichiarato di essere stati influen- caratteristico sound che al finger-picking del bravo zati dai riff di certi dischi degli anni 90, come quelli Meric incrocia un suono indie-rock figlio dei migliori degli Smashing Pumpkins. anni ‘90 e una sempre alta qualità del songwriting. Sì, lo confermo. In realtà credo che queste influenze —Indie-rock in bianco Ma il buon risultato di questi nove brani pare an- siano da sempre nella testa di Meric, perchè ha sempre e nero— che merito di una serie di riflessioni: come se il duo di ascoltato gli Smashing Pumpkins e ha sempre ama- San Francisco, nel tirare avanti e sperimentare qualche to il tipo di crescita che ha avuto quel gruppo; però inedita soluzione, si fosse anche guardato indietro e questa volta, a differenza del passato, abbiamo avuto avesse recuperato solo quegli elementi che sembra- il tempo e la pazienza di ritagliare qualcosa in più da va avessero funzionato meglio nei precedenti lavori. quell’approccio e inserirlo nel nostro lavoro. Quarto album per la coppia di coriacei folk singer. Sempre con quel Scelte oculate che crediamo verranno ripagate, se non Il vostro stile è sempre riconoscibile, ma il suono è suono inconfondibile e in continua ricerca. Qualche passo indietro per dalle classifiche di vendita, quantomeno da quelle di più ‘epico’ stavolta. Siete in cerca di un profilo più guarare avanti. Ne abbiamo parlato fine anno; e che ci è sembrato doveroso approfondire, alto? con Logan Kroeber in una veloce chiacchierata con un evidentemente im- Ti dirò, abbiamo sempre mirato a un suono epico, fin pegnato Logan Kroeber. dal primo giorno, ma a giudicare dai nostri live attuali Iniziamo dal titolo dell’album, qual è la filosofia direi che non siamo pronti per grossi palchi rock come dietro a No Color? quelli degli Arcade Fire. In parole semplici: non abbia- Il titolo proviene da un discorso affrontato da me mo abbastanza pubblico! Detto questo non siamo as- e Meric durante il mixaggio del disco. Personalmente solutamente refrattari a ‘un profilo più alto’: se arriva, vedo sempre determinati colori e immagini quando sarà il benvenuto. suoniamo certe canzoni, e mentre lavoravamo a que- Ciò che ho apprezzato di più nel disco è il contrasto ste nuove le immagini che ho visto erano tutte grigie e apparente tra la musica, profondamente energica, polverose. Questa percezione è cambiata un po’ ades- e i testi, profondamente malinconici, Sembra che so, un minimo di colore si sta intrufolando, ma in quel vogliate divertirvi e reagire ai momenti tristi che momento sembrava un buon modo per incapsulare i descrivete, come una sorta di esorcismo. contenuti del disco. Nessuna filosofia, quindi, più che Non scrivendo i testi in prima persona non posso ri- altro il frutto di un mio punto di vista. sponderti con estrema certezza; posso dirti però che Dopo Time To Die avete voluto nuovamente concordo in pieno sulla tua sensazione. Mentre scri- John Askew come produttore del nuovo album. viamo la musica io per primo sono eccitato perchè le Come mai? Siete insoddisfatti di quel disco? energie e le melodie mi sembrano così esaltanti, poi In realtà lo stile di scrittura di Time To Die è il mede- invece sento i testi e sono così tristi! Ma se ci pensi simo di questo nuovo disco, anzi penso e spero che in in fondo la vita stessa è così, di tanto in tanto siamo questo senso No Color aiuterà la gente a capire meglio costretti a metterne a confronto i lati negativi e quelli Time To Die. Per cui non vogliamo prendere affatto le positivi. distanze da quel lavoro. Però è vero che c’erano certi Simone Madrau esperimenti in quel disco che non volevamo ripetere nel nuovo lavoro, come ad esempio suonare su una click track. Dove avete incontrato Neko Case, e quando ave- te deciso di collaborare per questo nuovo disco? Abbiamo conosciuto Neko Case andando in tour con i New Pornographers l’estate scorsa. Ci siamo tro- vati molto bene sia con lei che con il resto del gruppo e durante le ultime date lei ha cantato sul palco con noi qualche volta. Così Meric ha pensato di chiederle se voleva cantare anche nel nostro disco, e per nostra

4 5 sbancato le piste di mezzo mondo e che nel giro di Di s co d e i n e pochi mesi avrebbe fatto cambiare la testa di Thomas Sia Pilooski che Pertile fanno parte - con Clovis Goux Bangalter, consegnandogli su un piatto d’argento l’at- e Guillaume Sorge - del progetto collettivo/label Dirty Discodeine mosfera pop per l’elaborazione di un mostro del cali- Sound System. Goux e Sorge sono due dei più famo- bro di Discovery. si selezionatori musicali della capitale francese. Dalla Turn O n Turn Benjamin ha fatto inoltre parte del duo France Co- fine degli anni Novanta la coppia di talent scout cerca pland con Krikor Kouchian. La collaborazione con il nuove voci e idee in giro per i club più in di Parigi: in musicista elettronico alt-touch inizia nel 2002 e vede breve tempo sono diventati un punto di riferimento l’elaborazione di uno strano influenzato grazie anche al loro visitatissimo blog Alain Finkiel dal suono di (da parte di Pentile) e dalle spe- , pozzo senza fondo per nuove direzioni del —Haunted 2011 — rimentazioni del cervellotico istituto IRCAM (la patria suono da club all’ombra della torre Eiffel, raccolte sal- accademica dei musicisti elettronici francesi, invocata tuariamente nelle compilation di culto Dirty Diamon- dal pazzoide Krikor). I due danno alle stampe due EP ds (ovviamente oggi tutte in sold out). oggi introvabili: Pute Et Mac EP (con una grande rivi- In un’intervista velocissima - quasi uno scambio in sitazione di Vangelis nell’electro progressiva a 8 bit di chat - chiediamo ai due se si sentono di appartene- Rutgerhauer Song) e The Great French Institution. re al french touch: a parte essere francesi non sentia- Assuefazioni alternative a Ed Banger e Kitsuné. Dalla Dirty arriva la disco Per chiudere la veloce carrellata dei progetti ante- mo nessuna connessione con quel suono. Qualcosa di sintesi dei francesissimi Discodeine Discodeine, Pentile collabora tuttora con Suzanne Tho- c’è comunque, dato che i due vivono a Parigi. Tra gli ma al gruppo Octet, che ha stampato nel 2004 l’album artisti più vicini alla loro estetica riconoscono esserci Cash And Carry Songs (sempre su Diamond Traxx) e Joakim, Tigersushi e Versatile, mentre non sembrano che nel 2005 ha pure remixato il singolo di Beck Girl. essere molto legati alla Ed Banger di Busy P, confes- I due (inizialmente accompagnati anche da Francois sando pure che la scena di Parigi rimane arroccata su Goujon) propongono un pop che ricorda le visioni dei posizioni di chiusura incomprensibili, tanto che nem- Broadcast tagliate con arrangiamenti orchestrali à la meno al suono Daft Punk sembrano dedicare molto Badalamenti, il tutto condito da una sensibilità affine spazio. Ci dicono infatti che non tutti i lavori dei due agli Everything But The Girl, soprattutto per la somi- robot li aggradano... spocchia? Ma no, i due alla fine glianza della voce di Suzanne con quella di Tracey percorrono un sentiero dreamy, che più che connet- Thorn. Attualmente il progetto è in stand by, ma da tersi a Guy-Man e Thomas sembra guardare alle strade voci di corridoio dovrebbe essere pronto a breve un della psichedelia. secondo album. Se gli chiediamo di definire il loro suono ci rispon- dono: Haunted 2011 Funk. Se gli chiediamo quali sono Pi l o o s k i i loro produttori preferiti rispondono: Anthony Shakir, Anche Pilooski aka Cédric Marszewski conosce bene DJ Koze, Errorsmith, Zongamin, Caribou e Maurice gli studi della Diamond Traxx. In passato ha utilizzato Fulton. Se gli chiediamo quali sono i loro progetti fu- i moniker di Eddyee’s Time e C. Denner, due strade al- turi ci rivelano che stanno già iniziando a registrare entile e Pilooski sono due personaggi del giro french-touch con una carriera di tutto rispetto, codificata per i ternative che gli hanno permesso di esplorare territori un secondo album e che stanno ultimando il live. Due Pcircoli più fumosi e improbabili della capitale francese. Il loro percorso artistico li ha già portati a bazzicare le , funk (vedi il singolo su Diamond Traxx Can’t che hanno esordito su Dark & Lovely con un 12” in stile stanze di personaggi e manager culto del genere dancey gallico. Oggi approdano al disco sulla lunga distanza, già There Be Love del 2006), jazz o new wave, sempre con 100% disco (le tracce erano Joystick e Homo-compati- anticipato da vari singoli, che hanno fatto sentire aria di nuovo quando si sono presentati in studio personaggi del il piglio ritmico in testa, dato che suona beats dall’età ble), oggi sono la punta di diamante della Dirty e pos- calibro di Jarvis Cocker, che presta la voce in Synchronize (stampato l’anno scorso su DFA), e Mathias Aguayo in di 14 anni. sono vantare remix delle loro tracce di Simian Mobile Singular (su Dark & Lovely, l’etichetta del collettivo Dirty, cui fanno parte gli stessi P & P, che li ha lanciati nel 2008 La sua è la mano del remixatore e dell’archeologo: Disco e Ivan Smagghe. Dirty è la prima concorrente con il singolo dance Joystick). l’uomo è famoso infatti per numerosi re-edit di vecchi di Ed Banger e Kitsuné. Si fa presto a diventare dipen- Chi sono in realtà le nuove leve dell’alt-dance french? Andando a cercare in qua e in là, si scopre di come l’ete- successi anni sessanta, tagliati e cuciti per l’orecchio denti dalla codeina... basta aggiungerci la disco. rogeneità dell’esordio non sia casuale. Il risultato è una foto onirica di mondi che collidono e che danno origine contemporano (tra gli altri sono passati sotto le sue Marco Braggion ad un ibrido che anche dopo numerosi ascolti non stanca, anzi, cresce e con orgoglio tipicamente gallico si fa mani di forbice i Can, Morricone e gli Yello) e pub- sinuoso, sexy e personalissimo. Due che hanno trovato la loro voce. blicati in limitatissimi singoli su Dirty nella serie degli Edits. Ultimamente ha suonato anche al festival Nuit Pe n t i l e Sonores di Lyone, connettendosi guardacaso alla sen- Pentile - al secolo Benjamin Morando - all’inizio della sua carriera, cioè nel lontano 2001, ha stampato sulla pati- sibilità di un’altra meteora dance off-Paris: Sébastien natissima etichetta di Benjamin Diamond un singolo di house sciccosa (Single Bell) che i fan di quei suoni sicura- Devaud, in arte Agoria. mente ricorderanno: in quegli anni la Diamond Traxx odorava infatti del successo con cui gli Stardust avevano

6 7 tutti i suoi scetticismi. Ma se la qualità delle tue canzo- mo scoperto che sono due band che piacciono a tutti Frankie ni e la stoffa che sta dietro a quello che è comunque noi. È anche per questo che abbiamo deciso di for- un prodotto commerciale (si parla pur sempre di ‘pop mare la band. A proposito dei primi bisogna dire che & The music’, intendendo ‘musica per le masse’, non certo per di Killing Moon c’è più di una traccia nei brani meno colte élite salottiere) non la stessa di tutti i gruppi che energetici di Hunger e che il crooning di Frankie devo Heartstrings O n Turn cercano il loro raggio di luce, allora le cose possono qualcosa a Ian McCulloch. Con i secondi è più difficile funzionare. individuare eredità dirette, ma di sicuro li accomuna Non si tratta, però, solo di questo, perché per noi è un nervosismo generale e tutto sommato il giro di chi- sempre importante ricordarci da dove veniamo, qual tarra di Ungreatful non è così lontano dalle abitudini è il nostro posto, dove sono le nostre radici. Ritorna, di Byrne e sodali. — No Redemption— misto a un sentimento di appartenenza di altri tempi, Con la band newyorkese, però, sembrano più che anche un orgoglio, lo stesso che ha dato forza a molti altro condividere un interesse sociale non secondario, gruppi targati Postcard e “suono della giovane Sco- testimoniato anche dalla scelta di usare per tutte le zia”. cover di album e singoli foto di Keith Pattinson, il cui Al di là del solito riferimento a gruppi come gli libro No Redemption è una documentazione attentis- Rockabilly filtrato giovane Scozia, Orange Juice e Josef K (ma ci sarebbe da aggiunge- sima del famoso sciopero dei minatori britannici del Postcard sound e tanto amore per Morrisey. Frankie Francis ci racconta re almeno i Dexys Midnight Runners), un nome che 1984. Le sue foto, seppur non nello stile, evocano però i suoi Heartstrings e la sa più lunga di quel che non sembrerebbe... ritorna spesso sulle colonne dalla stampa quando si lo stesso immaginario da working class e da provin- parla di Frankie Francis e dei suoi Heartstrings è Moris- cia di una copertina come Steve McQueen dei Prefab sey. Un po’ perché sembra che sul palco, come afferma Sprout. Insomma, si guarda a certe sottotrame degli chi li ha visti live durante il fortunato tour di spalla ai 80s, quelle che rileggono i 50s edulcorandoli e cro- Futureheads (altra band del nordest inglese), il giova- mandoli, e lasciando da parte slanci lisergici o (retro) ne cantante dal look rockabilly sia capace di calamita- futuristi. re con il proprio carisma qualsiasi tipo di pubblico, fa- L’attività live nel nordest del paese deve avere ce- cendo sembrare ogni gig un evento unico e speciale. mentato fortemente la band e quando si parla dell’im- Un po’ perché i riferimenti alla musica anni Cinquanta portanza della dimensione live, emerge un po’ di (crooning compreso), con quelle chitarre jingle-jangle quello spirito sbruffone ma simpatico che spesso si e quelle melodie blue eyed soul appiccicose e spesso riscontra nelle giovani band con quell’aria cazzuta che sbarazzine, fanno del materiale di Hunger una delle il mondo anglosassone ha sempre prodotto. Il palco migliori scuse in circolazione per muover i piedi e le è una dimensione importante per la musica, ma non anche a ritmo, come accadeva per gli Smiths. Morri- si tratta solo del piacere di suonare insieme. I live set sey è sempre un paragone che lusinga, che fa piacere. permettono un contatto diretto con l’energia della Soprattutto se sei un fan, se ti piace quello che ha rea- gente che ti viene a sentire e, in quelle situazioni, mi lizzato con la sua band. sento molto a mio agio, ho fiducia nelle mie capacità e Nella voce di Frankie, però, nonostante la sicurezza in quelle della band: la fiducia nelle tue capacità, nelle che ostenta per tutto il resto delle nostre chiacchiere, tue canzoni, nei tuoi mezzi. ietro l’angolo c’è la tentazione di scivolare in uno dei grandi luoghi comuni della musica britannica di tutto qui compare qualche esitazione, quasi che comunque È una forza che bisogna avere se vuoi provare la Dil Novecento, una di quelle dicotomia che hanno fatto la storia stessa del pop della terra d’Albione: il Nord il pensiero di mettersi nella stessa scia, di affrontare strada del pop, se vuoi davvero provare a diventare dell’Inghilterra e la Scozia versus Londra, la swinging, la fashionable, la città nella quale le mode stesse, le tenden- l’ombra di colui che è sicuramente stato una delle ulti- una sensation e poi, chissà, inseguire Morissey sulla ze (e si sa quanto contano i trend nella musica pop) vengono create. me vere star prodotte nel Regno Unito abbia un peso strada della celebrità. Questo lo dirà solo il tempo. Frankie & The Hearstrings vengono da uno di quei luoghi di provincia, Sunderland, che ha sempre - neces- superiore a tutte le preoccupazioni che una band Marco Boscolo sariamente - subito il fascino della metropoli, della grande città, ma ha contemporaneamente voluto affermare all’esordio, per quanto coccolata dalla stampa e dalla orgogliosamente la propria identità. Lo ricorda anche lo stesso Frankie Francis, raggiunto al telefono per quattro blogosfera, possa avere. chiacchiere: veniamo da una delle città meno trendy, meno fashionable dell’Inghilterra, mentre a Londra le cose I riferimenti musicali dichiarati della band non si stanno su un diverso, perché ci sono un sacco di persone, moltissimi posti dove c’è ogni sera un concerto, fermano qui, ma comprendono anche Prefab Sprout un reading, qualcosa che accade. (sono un band molto importante, specialmente per La metropoli può essere un eldorado per mettere in prospettiva le proprie aspirazioni e per qualcuno, e la sto- gente come noi, che viene dalla provincia. Secondo ria è piena di esempi in questo senso, può essere anche la fine di un percorso, perché se c’è molto fermento, au- me hanno prodotto tra le cose più belle nel pop di tut- menta anche la competizione. Non così se accetti al provincia e ne fai il tuo trampolino di lancio: “da dove veniamo ta la storia della musica pop), Echo And The Bunny- noi, invece, le cose sono più facili”. Non è detto che questo sia per forza un bene, perché bisogna darsi molto da men e Talking Heads: durante le chiacchiere da pub fare, costruirsi una credibilità a livello locale, magari affrontando le diffidenze di chi ti conosce da sempre e mostra che abbiamo fatto quando ci siamo conosciuti abbia-

8 9 ono italiani, ma non sembra. Non che abbiano idolatrato riproponendo noiosamente sempre la soli- Sparticolari tratti somatici o nomi strani. I torinesi ta minestra…rancida. Francesco Carlucci (chitarre, basso, , piano, vi- La curiosità e la voglia di sperimentare seppur Stearica brafono, loops), Davide Compagnoni (batteria, piano, sempre in ambiti rock non mancano ai tre. Oltre, di- marimba, loops) e Luca Paiardi (basso, piano elettri- sco d’esordio tutt’altro che acerbo, li vedeva muoversi Turn O n Turn co, synth), nome in codice Stearica, hanno dimostra- onnivori tra distorsioni e chiaroscuri emozionali, vi- to sin dai primi e ormai remoti passi di sentirsi stretti sionarietà e leggerezza rievocando più che un suono, addosso i confini nazionali. A giudicare da etichette e un immaginario collettivo. Quello della natale Torino, partnership, collaborazioni e ospitate varie nel corso città dalle mille sfaccettature, esoterica e romantica, —Stearica invade il dei dieci anni e più di vita del progetto, il respiro inter- punk dentro e ricercata fuori. mondo— nazionale è più che giustificato. Se Dälek, Octopus e Il comeback Stearica Invade Acid Mothers Temple Amy Denio, tanto per fare dei nomi, partecipavano al – una unica session post ultimo concerto registrata loro primo album Oltre, il comeback Stearica Invade all’Ortosonico di Pavia in cui i sette del gruppo misto AMT vede addirittura gli psycho-rockers capitanati da hanno “invaso un pezzo di storia gli uni degli altri” – li Kawabata Makoto pronti a dividere palchi (il tour eu- mostra invece padroni della situazione, tanto che sem- Frantumano stili e codici tra ropeo di più di 30 date) e sessioni di registrazione in brerebbero loro ad aver preso il sopravvento sui più elettricità ed elettronica. Italiani per provenienza, ma internazionali per modalità impro per un album a “n” mani. quotati colleghi. Segno di grossa personalità e stima ambizioni e riferimenti ci parlano della propria weltanschauung Una stima guadagnata sul campo, senza fossilizzar- da parte di Makoto & co.: La decisione comune di la- si su confini o limiti, nè di genere nè tant meno ge- sciare a me la produzione artistica ha inevitabilmente ografici come ci ricorda Francesco: Facciamo musica portato un accento sul nostro suono nonostante ab- dal ‘97 e non appena abbiamo sentito l’esigenza di bia cercato di mantenere lo spirito di quelle riprese. Ci farci ascoltare, siamo partiti senza bussola o geografia. saremmo aspettati che fosse Makoto ad occuparsi del I confini stanno spesso solo nella mente, specie se ad mix e di realizzare il master, così come ha sempre fatto appena un centinaio dalla tua città si parlano lingue per qualunque lavoro degli AMT. Quella sera stessa, in- diverse. Così abbiamo spedito subito le prime registra- vece, nel corso della cena al termine delle registrazio- zioni ovunque capitasse, infatti pensa che una delle ni, mi ha proposto di produrre quel materiale. È stata nostre prime uscite è stata alla volta dei Paesi Baltici! la sua maniera per ringraziarci della splendida espe- L’intensa attività on stage non solo ha rodato il rienza vissuta nel corso di quel lungo tour che stava progetto nel corso degli anni ma ha significato anche appunto terminando con la registrazione della jam da stringere una serie di contatti umani prima che pro- cui è nato l’album. Era chiaro che così facendo ci stava fessionali: Riguardo ai musicisti che citavi, sono tutti dando una grossa occasione e dal canto nostro siamo amici conosciuti in tour, collaborazioni nate dopo aver stati davvero onorati. condiviso lo stesso palco o dopo una cena consumata La grossa occasione è stata colta al volo, se è vero scherzando e trovando sintonia e umanità. Insomma che a breve parteciperanno per la seconda volta alla gli ingredienti che riteniamo fondamentali per suona- prestigiosa compilation di The Wire, The Wire Tapper re insieme. (Warp Lag, il pezzo selezionato dal magazine inglese) Questo atteggiamento di completa apertura men- dopo il primo lascito targato 2008 (Occhio, la prescelta tale si ripercuote sulle musiche del terzetto. Inclassifi- all’epoca). Poi i tre ritornerà nella sua dimensione ide- cabili nel loro mélange a cavallo tra post-rock, sonorità ale. A calcare i palchi di tutta Europa, compreso quel- 90s e psych dura che unisce muscoli a macchine, elet- lo prestigioso del Primavera Sound. Vogliamo ancora tricità ad elettronica (Il nostro suono è frutto di anni parlare di rock italiano? trascorsi suonando negli scantinati sino a notte fon- Stefano Pifferi da…abbiamo imparato a suonare con una moltitu- dine di strumenti acustici, elettrici o elettronici), esse hanno un pregio raro di questi tempi: il potersi dire realmente personali. A me piace questa componen- te personale, prosegue Francesco. Non siamo fan dei modelli preconfezionati, ma in Italia si cerca la tran- quillità di ascolti rassicuranti. Non dico che chiunque sperimenti sia un eroe, ma sicuramente apprezzo di più chi ci prova ed è curioso, rispetto a chi, invece, è

10 11 Tu n e -In L’hardcore non morirà mai ma tu sì, urlò il ragazzo dalla strada. Stuart Braithwaite in diretta dall’Alcatraz ci racconta i Mogwai, Glasgow e il settimo album...

hecchè si possa dire dei vari Slint, i Mogwai ri- singole parti li abbiamo provati tutti insieme e infine Mogwai Cmangono probabilmente il gruppo post-rock per siamo entrati in studio a registrarli. Non abbiamo mai eccellenza, quantomeno sul piano dei numeri. Ancora impiegato troppo tempo per lavorare su un nuovo di- oggi la band di Glasgow è un caposaldo per tutti gli sco. Quando decidiamo che è il momento di comporre —(Un)happy hardcore— appassionati del genere, un nome in grado di cataliz- nuovo materiale ci mettiamo all’opera, e finchè il disco zare attenzioni e presenze sotto il palco anche dopo non è finito non ci concediamo alcuna pausa, anzi pro- le ultime controverse uscite. La più recente di queste, grammiamo ogni cosa in modo che niente intervenga Testo: Simone Madrau Hardcore Will Never Die, But You Will è lo spunto per nel mezzo: solo lavoro, lavoro, lavoro. una chiacchierata con Stuart Braithwaite in persona, in Nonostante il fatto che siate tornati a farvi produr- una saletta riservata dell’Alcatraz, in occasione della re- re da Paul Savage, l’album suona molto diverso da cente data milanese del gruppo. Young Team. Suonate come un gruppo che va mol- Il nostro fa il suo ingresso nella stanza già sorriden- to più dritto al sodo rispetto al passato. te e visibilmente smanioso di dare il proprio meglio E hai ragione, infatti. Però ci tengo a dire che non è sul palco. A dispetto di un’affabilità che non avremmo qualcosa di intenzionale: quando siamo in studio ci dato per scontata, non è facile ottenere risposte molto concentriamo semplicemente sulla realizzazione dei eloquenti; emerge però con chiarezza come quel gio- brani, ragionando molto poco su cosa vogliamo o su vane indie-rocker scozzese sia rimasto tale, nei modi quanto vogliamo cambiare rispetto a questo o a quel oltre che nei fatti: consapevole magari dello status rag- disco. Anch’io la penso come te, davvero, e come me giunto dal suo gruppo ma ancora refrattario a qualsi- credo tutto il gruppo: ma sono considerazioni a cui voglia sensazionalismo e totalmente focalizzato sulla arriviamo solo una volta che riascoltiamo il materiale sua musica. finito. I titoli dei vostri dischi hanno sempre delle storie Durante una carriera musicale così lunga, le vostre curiose alle spalle. Riguardo a questo nuovo, so che vite private sono sicuramente cambiate. Quanto il termine hardcore si riferisce alla happy hardcore: del vostro vissuto influenza i vostri lavori? un genere che credevo passato di moda negli anni Bè ora ho 34 anni e dieci anni fa ne avevo 24. E’ una 90. Ma so anche che c’è di mezzo un ragazzino di fascia di età in cui per forza di cose molti aspetti della Glasgow... tua vita cambiano. Questo però ha poco a che fare con i Hai ragione sulla happy hardcore e in realtà non sta tor- cambiamenti sul piano strettamente tecnico: se i dischi nando di moda neanche a Glasgow: eppure, soprattut- sono diversi, è ovviamente solo perchè abbiamo volu- to nelle fasce più giovani, c’è chi è ancora assuefatto a to sperimentare nuove strade. Una questione di testa, questo genere che noi invece troviamo estremamente diciamo. E lo stesso dicasi, in realtà, anche sul piano dei noioso. Nel caso specifico abbiamo sentito pronunciare contenuti: cerchiamo di emozionare chi ci ascolta ma questa frase dal ragazzino che hai citato. Voleva com- durante il lavoro in studio non siamo emozionati, non prare dell’alcol in un negozio ma il titolare si rifiutava dalle nostre esperienze personali almeno. Quando la- di venderglielo, così lui gli ha urlato questa frase ed è voriamo sulle canzoni cerchiamo di isolarci e pensare scappato. Il suono di questa espressione ci ha colpito e solo alla musica: probabilmente poi non ci riusciamo da lì abbiamo estrapolato il titolo dell’album. davvero del tutto ma posso assicurare che, se c’è un Per la registrazione e la pubblicazione di questo condizionamento da parte del nostro vissuto, esso av- nuovo disco avete impiegato pochi mesi. Cosa mi viene a livello puramente inconscio. dici circa la creazione delle nuove canzoni, ci è vo- Rano Pano ha questa andatura che la rende la cosa luto molto tempo per comporle? più cantabile che abbiate mai composto. Un po’ la Abbiamo lavorato ai demo delle nuove canzoni ciascu- vostra Seven Nation Army. no per conto nostro, poi una volta incisi i demo delle E’ una canzone piuttosto insolita per noi, con una me-

12 13 lodia molto forte di cui siamo effettivamente molto so umano o attitudinale. Ci sentiamo casomai vicini soddisfatti. Piuttosto antemica, è vero. Anche se non al mondo hardcore in termini di estrazione e di modo riesco a immaginare migliaia di persone che la canta- di intendere la musica, nel senso che proveniamo da no in coro. Non che mi dispiacerebbe, anzi, ma quella quello stesso genere di sottocultura diy che è elemen- melodia in crescendo mi fa venire in mente qualcosa di to di congiunzione tra gruppi indie-rock come il nostro più epico e solitario, alla per inten- e gruppi hardcore veri e propri. derci. Un autore che inevitabilmente amiamo. Cosa pensi delle molte altre band in giro che ven- Mexican Grand Prix è di fatto una canzone. Qualcu- gono generalmente connesse ai Mogwai o che si di- no la paragona ai Neu, qualcun altro agli Stereolab, chiarano per prime influenzate dal vostro lavoro? nessuno ai Mogwai. Credo che ci siano un sacco di band che vengono con- In effetti è un altro brano lontano dai nostri standard. nesse a noi o vengono paragonate tra loro senza avere John (Cummings, altra chitarra dei Mogwai) ha riversa- di fatto molto in comune. Notoriamente non amiamo to lì tutta la sua passione per il kraut-rock, certamente, le categorizzazioni e tantomeno ci piace essere consi- e in particolare per i Kraftwerk e i Neu. Le parti di bat- derati i capi di qualcosa. Però, per quanto suoni banale, teria invece le dobbiamo ai Suicide, un altro dei nostri nel momento in cui sono i gruppi stessi a dichiararsi gruppi preferiti. Ma a parte questo abbiamo cercato di influenzati dal nostro lavoro, lo apprezziamo. Lo ap- personalizzare il brano, soprattutto con l’implemento prezziamo eccome. della voce, successivo alla versione che avevamo sul Per finire: che mi dici della vostra etichetta, la Rock demo. Ha reso tutto più imponente. Siamo felici del Action Records? E cosa ci dici circa l’undergorund risultato. della tua città in questo momento? Ci sono dei nomi In You’re Lionel Richie c’è un recitato in italiano. Da che vale la pena di tenere d’occhio? dove arriva? Per quanto riguarda Rock Action abbiamo in uscita il E’ opera di Dr Kiko, un dj italiano che è anche nostro secondo album dei Remember Remember, il terzo de- amico di vecchia data. Avevamo registrato queste par- gli Errors e l’esordio di Blank Mass, side-project di Ben ti vocali che fanno da intro a George Square Thatcher dei Fuck Buttons. Direi che stiamo attraversando un Death Party in gaelico, giapponese, italiano e francese. buon periodo. Per quanto riguarda Glasgow non saprei Kiko aveva fatto la parte italiana e questo per lui è stato farti un nome in particolare nell’underground attuale: una specie di test, siccome l’avevamo registrato al tele- certo è che ci sono un sacco di gruppi interessanti, la fono e intendevamo fare lo stesso anche con il racconto scena cittadina è sempre attiva. Magari mancano una che recita in You’re Lionel Richie. Ci pareva che l’effetto linea comune, un genere o una scuola di riferimento finale si adattasse bene all’atmosfera del brano. in particolare, ma d’altra parte non c’erano nemmeno Vi considerate una band hardcore in qualche misu- quando abbiamo cominciato noi. ra? In senso musicale certamente no, e tantomeno in sen-

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e tutti i giorni su www.sentireascoltare.com News, concerti, recensioni, contest, approfondimenti anche su tutto GRATIS 14 e a portata di un click 15 Tu n e -In Trad-folk, letteratura, magia sporcata di psichedelia ed elettronica. Intervista a Erland Cooper per il sophomore del suo carnevale: un disco che mancava alla terra d’Albione

And ono sul treno, sto raggiungendo il re- non si tratta più di trad-folk, che i tre si sono lasciati Erland sto della band negli studios della BBC a prendere la mano e che hanno deviato pesantemente “S . Se cade la linea, richiama- dalla strada dei padri. Può sembrare così per gli innesti mi: spero non succeda troppo spesso”. La voce all’altro elettronici e l’accentazione ancor più psichedelica che the capo del telefono è quella di Erland Cooper, il cui nome hanno preso le composizioni, ma l’animo della band ri- Carnival sta circolando di bocca in bocca tra gli appassionati di mane legato alla tradizione. Non solo quella musicale folk britannico (e non solo) assieme a quello di Simon dei già citati Graham e Jansch, ma anche quella lette- Tong e David Nock. Insieme rispondono alla sigla so- raria, con testi che pescano dalle pagine di politica e —Psych folk dal ventre della nave— ciale di Erland and the Carnival e il loro secondo disco, cronaca dei quotidiani, dal Libro Egizio dei Morti, dalla Nightingale, uscito il mese scorso, ci ha sorpreso po- letteratura e dalla poesia. Musicalmente si ritrovano sitivamente, andando a riempire un vuoto, quello del nel solco (splendente) dei primi Coral e di quel proget- folk magico-psichedelico, rimasto per qualche tempo to estemporaneo che è stato The Good The Bad And senza nessuno che lo riempisse. È una tradizione che The Queen. Testo: Marco Boscolo all’interno del panorama britannico ha radici profonde Un progetto, quello che vedeva alla voce il sempre e che è emersa in superficie soprattutto con il revival attivissimo Damon Albarn (che ha prestato il proprio degli anni Cinquanta e Sessanta, grazie a personalità studio per le session dell’esordio), al quale ha parteci- come Davey Graham, il Bert Jansch solista o nella sua pato uno dei due veterani del gruppo, quel Simon Tong formazione più nota, i Pentangle (“Jansch ha avuto che è noto per il suo passato con i Verve. Anche la se- l’inestimabile pregio di far conoscere a un’audience zione ritmica e il sound engeneering non sono affidati molto più vasta di quella degli appassionati la tradizio- a un ragazzino, ma a David Nock, batterista di lusso per ne folklorica della musica britannica”, ci fa sapere dal McCartney (con i Fireman) e con una parentesi anche suo cellulare Erland). Non sono ovviamente che la su- negli Orb. Erland, invece, è più giovane e meno noto, perficie di un intero filone musicale. Molti altri saranno ma mosso da grande passione per lo studio e la ricerca i nomi da aggiungere alla lista, nomi che in un fase leg- di trascrizioni di antiche canzoni e melodie. Le sue ra- germente successiva amplieranno ancora il discorso, dici affondano nelle isole Orkney, a nord della Scozia, ma Jansch e Graham sono quelli che poi ricorreranno un luogo che già per la sua collocazione spinge a sug- nella conversazione con Cooper. gestioni bucoliche. Cooper, però, non pare lo trasformi in un luogo particolare, un locus amoenus letterario, e Er l a n d a n d Th e Ca r n i v a l nella nostra conversazione non le citiamo nemmeno. A mettere insieme i tre ci ha pensato il comune amore Però lasciateci almeno scrivere che viene spontaneo per la musica, seppure declinato in storie e con perso- associarle ad altre isole, le Aran, disposte come verte- nalità molto diverse, che li ha portati a registrare as- bre di un animale gigantesco poco fuori dal golfo di sieme alcuni tradizionali scozzesi e inglesi. Ci si trova Galway, in Irlanda, un luogo in cui la musica, e la musi- bene, ci si ritrova per suonare insieme e nella migliore ca folk, è parte della stessa aria che si respira. tradizione serendipica, ci si ritrova con un disco tra le mani, l’esordio omonimo: una mistura personalissima St u d i o m a t t o e a pp a s s i o n a t o di acid folk e amenità pysch varie, prese dalla tradizio- E se le isole sono luogo d’ispirazione par excellence, ne ma anche da quello che offre il contemporaneo. ricordiamoci sempre che l’intera Gran Bretagna è un È il 2010 e, nemmeno dodici mesi dopo, ci rigiria- arcipelago di isole, alcune molto grandi, ma pur sem- mo tra le mani l’opera seconda, che per intensità lirica, pre isole. Un pensiero che deve aver attraversato an- complessità e raffinatezza di arrangiamenti, atmosfere che la mente di Ralph Vaughan Williams, compositore oscure e haunting style rappresenta un salto in avanti e musicista britannico, che nella prima metà del secolo notevole. Alcuni storceranno il naso, adducendo che scorso si mette in strada per andare a raccogliere un

16 17 patrimonio musicale e canzonistico popolare che può pressione generale, dovuta anche al fatto che il disco sta evocativi. Sono suoni che in parte sono finiti nel disco”. mia tastiera preferita, e la uso moltissimo nel disco, è essere fatto risalire addirittura al periodo dei Sassoni. andando molto bene in Gran Bretagna e il tour alle porte, un vecchio modello della Yamaha che ho comperato Delle sue attività da, diremmo oggi, etnomusicologo, è che Cooper non voglia apparire pubblicamente come Un e t o u c h e d e électronique su eBay per 99 sterline. Ha un suono che mi fa pensare più che ad Alan Lomax, Williams è accostabile a Béla quello che la sa troppo lunga. Un genere di personag- Qualche computer, una stiva e lo studio è fatto. Ma la subito agli anni Ottanta e in più è unico, fatto che con- Bártok e Zoltán Kodály, che insieme girano l’attuale Ro- gi, quello dei saputelli, che raramente ha fatto scaturire ricerca di Erland Cooper e compagni ha fatto prende- ferisce anche alla nostra musica una personalità preci- mania e Ungheria (allora parte dell’Impero Austrounga- grandi innamoramenti del pubblico. re decisioni ben precise sui suoni. “Abbiamo usato il sa, non assimilabile ad altro”. Mentre la linea cade per rico) per raccogliere e trascrivere melodie e ballate. Di Tornando alla canzone, l’oscuro autore del testo ori- computer solo per registrare, mentre quasi tutto il re- l’ennesima volta e Erland oramai si è stufato di parlare questa esperienza Williams ha lasciato una collezione ginale racconta di essere rapito in sogno dall’apparizio- sto è prodotto da noi. Abbiamo preferito usare vecchi a singhiozzo, mentre il suo treno sta entrando nella pe- che riempie almeno un museo a sud di Londra e la Vau- ne di un angelo del cielo. Ecco, il sogno, un elemento sintetizzatori che adesso si comperano per pochi soldi riferia di Manchester, dall’altro capo del telefono non ghan Williams Memorial Library nella capitale: “magari importante per tutte le composizioni della band. “Sì, piuttosto che usare suoni prodotti da un software. La possiamo che dirci d’accordo. Chissà se ci ha sentito. non ci ho passato due anni come si legge in giro. Il fatto credo che effettivamente ci sia una connessione, nem- è che si tratta di un’istituzione importante per la storia meno troppo oscura, tra la dimensione del sogno e la della musica britannica, perché ne conserva una gran- psichedelia”. In entrambi i casi si tratta di aperture ver- de fetta di tradizione. Quattro o cinque anni fa il mio so dimensioni altre e le due esperienze, quella onirica interesse per questo genere di cose si è fatto più serio, e quella psichedelica, sono accomunate dalla cifra del proprio quando ho scoperto che vicino a dove abitavo, viaggio, una delle grandi metafore dell’arte, basti pen- tra Londra e Brighton, c’è questa enorme collezione di sare al ruolo che ha il viaggio nelle favole e nei romanzi manoscritti, registrazioni sul campo, edizioni complete di formazioni. Ma Erland Cooper sogna per fuggire dal- e altri tesori della tradizione. Quello che ho fatto è stato la realtà? “Non credo che si tratti di fuga, di escapismo. semplicemente di andarci il più spesso possibile”. Credo più che altro che fare musica sia mettere insieme Accanto ai repertori folk che “ti permettono di cono- parole e suoni per creare qualcosa di nuovo che prima scere nuovi artisti semplicemente seguendo l’evolversi non c’era”. Non un semplice viaggio, ma un vero atto di delle interpretazioni magari di una sola canzone”, Erland creazione di un mondo intero. Nel loro caso racchiuso Cooper e il suo carnevale psichedelico sembrano aver nei pochi minuti di una canzone. forti interessi anche nella tradizione letteraria britanni- ca. Solo a raccogliere le allusioni e le citazioni contenute Il v e n t r e d e l l a n a v e nelle canzoni di Nightingale, c’è da riempire un volume Il disco è stato registrato in una nave attraccata sul Ta- di storia della letteratura: Charles Dickens, soprattutto migi, in pieno centro a Londra, ma dando l’impressione per quanto riguarda la Londra vittoriana descritta in Oli- alla band di stare completamente in un altro posto. “È ver Twist; Lewis Carrol (se non è un viaggio psichedelico capitato quasi per caso di poter avere in prestito il po- quello di Alice nel paese delle meraviglie, che cosa lo è?) sto, ma ha avuto il grande vantaggio che ci ha permesso e la poesia di Thomas Stearns Eliot. “Ma non voglio sem- di registrare e suonare quando meglio credevamo, sen- brare intelligente o che so io. Quello che mi interessa, e za doverci preoccupare troppo di orari e costi di affitto che interessa anche gli altri membri della band, è che i di uno studio vero e proprio. Uscivamo, andavamo ai testi suonino bene, che vadano a braccetto con la musi- concerti e se avevamo voglia di suonare nel cuore della ca. Carrol o Dickens sono solo argomenti di cui è capita- notte sapevamo che potevamo farlo”. Eh sì, oramai ba- to di parlare assieme, ma dove poi ognuno di noi vada a sta un laptop per registrare adeguatamente la musica scovare la propria ispirazione quando scrive, questo è un ed è un attimo immaginarsi questi pirati moderni pren- altro discorso”. Ragionamento che viene contraddetto dere possesso del loro vascello durante la notte, quan- qualche interruzione telefonica più tardi: “mi piace che do i broker della City e i turisti di passaggio sono oramai i testi delle canzoni siano ben scritti e che possano esse- rinchiusi nei pub o rincitrulliti davanti alla televisione, e re letti autonomamente, come se fossero vere e proprie cominciare un viaggio/sogno nella musica. poesie”. Oppure a quando ci racconta di perché hanno L’ambiente in cui è stato registrato Nightingale non deciso di musicare una parte del testo di Dream of the ha, però, fornito solo comodità e ispirazione, ma ha Rood, un poema antichissimo, scritto in una lingua che messo il proprio marchio sulle registrazioni. “È vero, nel assomiglia di più al sassone di Ivanohe che all’inglese di disco ci sono un sacco di riverberi naturali, dovuti al fat- oggi. In una classica situazione da nerd e secchioncelli, to che stiamo in mezzo al fiume nel ventre di una nave, “ci siamo chiesti quale fosse la più antica canzone della che hanno contribuito in modo determinante all’atmo- tradizione britannica di cui ci fosse rimasta traccia. E da sfera di molti dei pezzi. Ma il contributo della venue non lì siamo arrivati obbligatoriamente a quel testo”. Quindi si è fermato qua. Abbiamo anche registrato voci di pas- qualche ambizione anche in questo senso c’è, o no? L’im- santi, rumori vari, che percepiti da lì dentro erano strani,

18 19 —L’insostenibile pesantezza del cantautorato rock—

Dr o p Ou t

Tre dischi alieni piovuti nel volge- re di pochi giorni sullo scenario rock italiano. A rammentarcene l’intensità perduta. Tre interviste per scavare nel vivo. Testo: Stefano Solventi, Fabrizio Zampighi

n ordine di apparizione su questo sciagurato pianeta: Cesare IBasile, Paolo Benvegnù e Marco Parente, rispettivamente classe ‘64, ‘65 e ‘69. Il primo esordisce coi Candida Lilith sul finire degli Ottanta, Benvegnù avvia l’avventura Scisma nel ‘93, Parente debutta in solitario nel ‘97 dopo alcune eccellenti collaborazioni (coi CSI, ad esempio). Storie diverse le loro, come diversa è la calli- grafia. Eppure hanno molto in comune, oltre al fatto d’essere nati nei Sixties e di aver fatto uscire i nuovi lavori in queste settimane. Nella diversità delle premesse e degli esiti, la loro musica definisce un’interazione profonda tra testo e suoni, persegue un’intensità che esige dall’ascoltatore una forte partecipazione emotiva ed intellettuale. In conseguenza di ciò, lo stile acquista una peculia- rità inconfondibile: per la forma e la struttura delle canzoni, per le tematiche trattate e lo sviluppo delle argomentazioni, per il tim- Paolo Benvegnù Paolo Cesare Basile Cesare Mar c o Parente bro e le inflessioni canore. C’è, insomma, un fare perno sul proprio

20 21 quid poetico, sull’unicità del proprio manifestarsi, che di per sé rappresenta Ce s a r e Ba s i l e : l a r i v o l t a d e l d o l o r e elemento cardine dell’espressione. Il titolo, innanzitutto. Si può spiegare un titolo come Sette pietre per Pur rischiando la trappola della generalizzazione, è evidente lo scarto ri- tenere il diavolo a bada? spetto alle generazioni successive dei cantautori rock, la cui missione sem- Un titolo del genere può essere raccontato in mille modi diversi e tutti af- bra semmai quella di incarnare un pensiero debole che ama presentarsi con fascinanti, più semplicemente è uno scongiuro, un’esorcismo, la formula di le sembianze del passato. Gli anni Zero dei Bugo, dei Dente, dei Brunori un rituale quotidiano. Sas, dei Vasco Brondi e via discorrendo, sembrano impegnati a resuscitare Hai scritto “vale ancora la pena di perdersi per ritrovarsi con un gran fantasmi del passato più o meno remoto (una più o meno definita polti- disco fra le mani”. E’ andata proprio così? E’ un disco nato senza un glia Battisti, Gaetano, Tenco ibridata all’uopo con modalità lo-fi, hip-hop, vero progetto? noise...), aggiornandone e distorcendone il verbo, vestendosene come un Sì. Canzoni scritte e registrate in circa due anni, senza sapere bene dove alibi, mascherandosi d’un linguaggio altrimenti irreperibile. E’ come se da stessi andando a parare. Due anni difficili, pieni di confusione, voglia di un certo punto in avanti fosse venuto a mancare il coraggio d’essere pie- smettere, scoramento, con le canzoni che continuavano a venire nonostan- namente e soltanto se stessi. Come se il presente soffrisse d’incompletezza rispetto a ciò che è stato. Come se l’incidenza del rock nelle questioni di fondo dell’esistere - dall’impegno politico alla riflessione poetico/filosofica - rappresentasse un evento inopportuno e a tratti persino illecito. Anche il più “impegnato” e impegnativo Brondi AKA Le luci della centrale elettri- ca, a ben vedere non fa altro che abbozzare quadri folgoranti pennellando slogan come schiaffi, esaurendo la critica nella pratica - nella tecnica - della rappresentazione. Non è certo nostra intenzione gettare la croce sulle nuove leve, che anzi riflettono puntualmente la diversità delle premesse in cui si trovano ad agi- re. Lo spazio vitale del rock - da sempre minoritario però storicamente fie- ro nel suo porsi come alternativa critica al nazionalpopolarismo - ha visto progressivamente ridursi le quote di partecipazione alla centrifuga dello shobiz, vittima impotente dei criteri di selezione delle playlist e incapace di guadagnarsi più che squarci sottilissimi ed equivoci di attenzione televisi- va. Con la polverizzazione della cultura antagonista, ormai priva di leader autorevoli anzi riconoscibili, espulsa come corpo estraneo dalle dinami- che istituzionali, il rock è rimasto ideologicamente solo. Si è trovato nella posizione di dover lottare per camminare sulle proprie gambe, e quindi ha sgomitato per recuperare un aspetto appetibile, intrigante, capace di guadagnarsi fettine di palinsesto. Alternativo sì, ma non troppo profondo, casomai bizzarro ma pur sempre leggero e comunque potabile, ché altri- menti nessuno ti sopporta, nessuno è disposto a concederti ascolto. Impat- to sulla quotidianità prossimo allo zero, ma almeno sei un tipo divertente, arguto, con un tot di serate garantite e forse pure l’intervista alla radio. Non è più tempo, non è più un mondo, per “dischi che ti cambiano la vita” o che falliscono provandoci. Non si cresce più con questa eventualità come compagna di viaggio: il disco, fenomenologia obsoleta, format espressivo dalle premesse decadute, è un vezzo a perdere. Un passatempo casomai arguto, a tratti e con moderazione. Pensarlo latore di massimi sistemi suo- na come una velleità risibile. Ecco perché i tre dischi di cui ci occupiamo questo mese e i loro autori fanno un po’ la figura degli alieni, appaiono tan- to desueti quanto affascinanti, come una trasmissione radio da un mondo sul punto di estinguersi. Intendiamoci, è normale che esistano dischi così, perché nel consueto divenire delle cose il trapasso non avviene per cesure ma con un sovrapporsi di modalità e forme: lo ieri prosegue nell’oggi come un’onda lunga che si ostina residua fin nel domani. Tuttavia, la loro contem- poranea apparizione ha la pregnanza di un monito, o di un colpo di coda. Dare loro ascolto è anche un esercizio di (r)esistenza. Siano benvenuti.

22 23 te tutto. E le canzoni hanno vinto e mi hanno salvato... Almeno per questo Perchè questa canzone parla di una Sicilia offesa e sfruttata, spesso anche giro. accondiscendente verso i suo mali, una Sicilia che oggi come allora ha bi- Dopo tre album affidati a nomi come Hugo Race, John Bonnar e John sogno di piazza, di coscienza civile, di ritrovare una identità oltraggiata da Parish, torni ad essere il principale produttore di un tuo disco. Sbaglio 150 anni di asservimento allo Stato Italiano e ai poteri mafiosi. a leggerci la voglia d’indagarti più a fondo, senza filtri o interferenze? A proposito di Sicilia, farai un tour tutto siciliano su iniziativa de L’Ar- Anche questa non è stata una scelta. Diciamo che la genesi del lavoro mi ha senale, Federazione Siciliana delle arti e della musica. Nelle note stam- portato naturalmente a fare a meno di un produttore, visto che non ci sono pa ne parli come una sorta di atto dovuto, di una maledizione, di un stati dei tempi di lavorazione programmati e quindi non potevo chieder a legame con la tua terra che non c’è modo di spezzare. Che sapore ha nessuno di stare dietro alle mie paturnie. Ho prodotto questo disco in ma- portare la tua musica ai siciliani? niera istintiva, sul momento, affiancato da persone come Guido Andreani, E’ un legame con il quale mi sono riconciliato, mi sono arreso all’amore che Luca Recchia e Lorenzo Corti che mi hanno seguito nel disordine dei miei ho per la mia terra e in questo tempo in cui nessuno vuole fare la sua parte appunti. ho deciso di farla la mia parte insieme ad altri uomini e donne che sogna- Anche la lista dei collaboratori sembra riflettere il desiderio di non gio- no per la Sicilia un presente diverso, una cultura dell’appartenenza fatta di care sull’appeal da “ospite d’onore”. Parliamo pur sempre di musicisti scelte e di dignità. d’eccezione, come Lorenzo Corti, Roberto Angelini, Rodrigo D’Erasmo Tempo fa Dori Ghezzi ha rilasciato una dichiarazione del tipo “Vasco degli Afterhours e i due Mariposa (tra le altre cose) Alessandro Fiori ed Rossi è l’erede di Fabrizio De André”. Ti confesso, mi ha sconcertato, Enrico Gabrielli. Quanto sono stati funzionali alle tue esigenze espres- anzi mortificato. Magari se ascoltasse canzoni come Lo scroccone di sive, e quanto hanno contribuito a determinare l’aspetto definitivo Cioran, Il sogno della vipera o E alavò, avrebbe due o tre cose su cui del disco? ponderare. A parte questo, quanto c’è di Faber, più o meno consape- Non sono mai stato affascinato dall’appeal dell’ospite d’onore, ho sempre volmente, nella tua musica? avuto amici a suonare nei miei dischi. Condividere le mie canzoni con per- Ha ascoltato suo marito per tanti anni, non credo abbia bisogno di ascolta- sone che stimo mi aiuta a distaccarmi dalle canzoni stesse, a non coltivare il re le mie canzoni per rendersi conto di certe enormità. Mah, a volte penso mio ego dentro quelle canzoni. E ognuno di quelli che hai citato se n’è pre- che De Andrè sia una sorta di tavola imbandita attorno alle quale si siedono so un pezzo di canzone e l’ha fatta sua rendendo suo anche tutto il disco. troppe persone. Per quanto mi riguarda le sue canzoni mi fanno venire vo- Tra folk cantautorale, blues mediterraneo e afflato orchestrale balca- glia di scrivere le mie, la stessa cosa che mi succede con Leonard Cohen. nico, è difficile definirlo un album rock. Eppure è senza dubbio un al- Hai un metodo, o comunque c’è una modalità ricorrente con cui com- bum rock. Sei d’accordo? poni e realizzi le tue canzoni? Il rock è guardarsi intorno, ascoltare, prendere cose alla rinfusa, sbatterle Forse ho un’abitudine più che un metodo. Mi metto lì e aspetto che arrivino dentro un scatola, agitarla e ributtare tutto su un tavolo da gioco. Credo di con la chitarra in braccio. aver fatto questo. E’ un disco di rock. Due parole sulle tue... parole. Spesso l’elemento atavico, o archetipo, è Elon lan ler è stata incisa a Skopje, con l’Orchestra della Radio Televi- centrale. Le pulsioni primarie dirigono la danza. Tradizioni e supersti- sione Nazionale Macedone, per la colonna sonora di My world is upside zioni sembrano farsi beffe della civiltà. La morte tira le fila e l’amore è down, film-documentario sul musicista macedone Frane Milenski Je- al più una consolazione, un’ossessione o una dolce condanna. E’ can- zek, che per la verità non conosco affatto. Come hai finito per esserne tando la cupezza che si può costruire la speranza? coinvolto? L’elemento archetipo ha una riconoscibilità immediata e parla al sangue, Mi ha contattato Petra Salisker, una documentarista slovena che aveva de- aggira il cervello, non ti lascia ragionare, ti costringe alla scomodità e azzera ciso di raccontare la vita di questa sorta di funambolo del palcoscenico, la civilizzazione. Credo nel racconto del dolore come rivolta. Jezek appunto. Ho scoperto un personaggio poliedrico che passva dallo Appartieni alla generazione dei musicisti pre-internet, formati mu- scrivere canzoni al mettere in scena spettacoli per bambini, piuttosto che sicalmente su vinili e magari su audiocassette. Sono nato anch’io nei show televisivi e iniziative contro il governo per le quali è finito diverse vol- Sessanta, so che esisteva una difficoltà oggettiva nel reperire dischi, te in carcere. Era uno che sapeva raccontare e aveva capito che il racconto soprattutto certi dischi e fuori da certi circuiti. Credi che l’attuale ac- è il cuore dell’arte e che l’arte può essere mortale per il cuore del Potere. cessibilità dello scibile musicale sul web rappresenti una risorsa per il Petra ha chiesto a diversi musicisti della scena internazionale, tra cui Ro- musicista del terzo millennio? bert Fisher, Hugo Race e Chris Heckman, di riscrivere e reinterpretare nelle C’era un’esigenza che educava alla ricerca, e questo dava un valore diver- rispettive lingue alcune fra le canzoni di Jezek a dipanare il filo della sua so, un’emozione unica ad ogni scoperta letteraria o musicale, una parola vita. E’ stata un’esperienza molto forte e formativa e in questo sono stato piuttosto che un suono. Se c’è un limite nella rete è che rende tutto troppo affiancato da John Bonnar che ha scritto gli arrangiamenti d’orchestra. facile e questo, per i più, determina una perdita di valore della scoperta. Di Uno dei momenti emotivamente più forti del programma coincide con contro la possibilità di veicolare notizie e controinformazione ha cambiato La Sicilia havi un patruni, pezzo firmato Ignazio Buttitta e Rosa Bali- per sempre la comunicazione ed emancipato voci che altrimenti non po- streri. Una canzone del ‘78, se non erro. Però sembra di mille anni fa, o tremmo sentire. di domani. C’è un motivo particolare per cui l’hai inclusa nell’album? Cosa significava fare un disco ai tempi del tuo debutto, quasi un quar-

24 25 to di secolo fa, coi Candida Lilith? E cosa significa oggi? Io scommetto oggi come allora. Forse oggi è l’educazione alla scommessa che manca, sembra che tutto sia dovuto, soprattutto il successo, e non si capisce che fare dischi, scrivere, raccontare è di per sè una avventura mera- vigliosa, che il processo creativo è fatto di disciplina e non di posto fisso. Sulla nostra webzine abbiamo affrontato l’argomento della crisi della discografia, intesa come passaggio da un’epoca - coi suoi meccanismi, i codici, i rituali... - ad un’altra ancora da decifrare. Quanto ti preoc- cupa come professionista e come artista il momento che sta vivendo l’industria discografica? Non me ne frega niente. Comincerò a preoccuparmi solo quando non si scriveranno più canzoni. L’industria discografica è una cloaca a cielo aperto, va ricoperta di calce viva. Hai suonato un po’ ovunque, e continui a farlo. Mi giunge voce che sia in corso una fioritura di spazi dedicati al rock, soprattutto in determi- nate zone (in Emilia, ad esempio). Altrove, invece, pare che regni la consueta desolazione. Per quantità ed ovviamente anche per qualità, qual è la tua sensazione riguardo allo stato dei locali da concerto in Italia? Suonare e ascoltare implica una condivisione del rischio fra artista, pub- blico e proprietario di locale. Ricreando questa sorta di interazione si può ricostruire un circuito fatto di condivisione e partecipazione. La musica invece a quanto pare non conosce crisi. Dal basso soprattut- to, dal calderone dei cosiddetti emergenti, arrivano segnali di vitalità che autorizzano a ben sperare. Dalla Sicilia, ad esempio. Uno di questi segnali è anche l’ottimo Mellon Collie And The Infinite Power, tributo al celebre album dei Pumpkins organizzato dagli Albanopower che ha coinvolto numerose realtà sicule. Tu hai contribuito con una eccellente Bullet With Butterfly Wings. Roba da andarne fieri, no? In quella canzone ho suonato solo le percussioni, il grosso del lavoro è stato Diavolaccio, che ho messo in piedi un anno e mezzo fa con la persona che fatto dai Feldmann e dalla splendida interpretazione di Micol Martinez . poi mi ha spinto anche a registrare materiale nuovo per il disco, Pierluigi Guarda, c’è così tanta gente che investe energia, soldi, emotività e sacrificio Fontana. Mi è piaciuta l’idea di tornare a incidere, mettere i puntini sulle che basterebbe per anni. Il problema è la mancanza di rispetto per il cuore “i”, fare il disturbatore. Cosa che in realtà sono sempre stato, nonostante le di ognuno di loro. varie “scene” in cui si è cercato di rinchiudermi, anche perchè propongo da sempre musica che non è difficile ma certamente poco rassicurante. Ma r c o Pa r e n t e : f i o r i d a u n a l t r o p i a n e t a Una musica, la tua, che forse prevede una certa “interpretazione” da La riproduzione dei fiori arriva a cinque anni dalla doppia uscita di Neve parte di chi ascolta... Ridens. Cosa è successo a Marco Parente nel frattempo? Interpretazione che per me è in realtà “abbandono”, ovvero non porsi trop- Questi cinque anni sono stati propedeutici e protettivi. Li ho passati a pro- pe domande e lasciarsi andare a quello che si ascolta. Se sei nella predispo- teggere il mio istinto e a spegnere alcuni riflettori non troppo grandi, ma sizione mentale giusta puo’ anche essere che tu ti diverta e che ti piaccia, per me ingombranti. Tutto quello che stava succedendo non mi piaceva. senza che ci sia un motivo ben preciso. Questo “non sapere il perchè”, per Naturalmente questo ha portato a delle scelte radicali nella mia vita, paga- me, è abbastanza fondamentale... te anche a caro prezzo. Ho preservato l’istinto, nel senso che ho continuato Mi spieghi il titolo del disco? Nel brano omonimo pare di capire che a fare ricerca condividendola con altri, quasi fossi un solo lato di un binario. la contrapposizione tra i Fiori del male baudelairiani e i Fiori del bene Ho continuato a scrivere, ho suonato tantissimo da solo, ma ho anche avu- “parentiani” sia una metafora. Come se il messaggio che il brano vuole to bisogno di prendere le distanze da quello che poteva essere il mettere in trasmettere avesse a che vedere con la riscoperta di una felicità indi- moto i meccanismi che comporta fare un disco. C’è stata la parentesi Pro- viduale (“fatti il bene, fotti il male”). In questo senso parli di riprodu- iettili Buoni, il duo Betti Barsantini con Alessandro Fiori e allo stesso tem- zione? po ho gettato le basi per un lavoro bi-lingue che dovrebbe uscire il prossi- È un concetto che tende a una sottile ironia, quello del mal di fiori. Qui si mo anno in condivisione con un di Portland, Ryland Bouchard sta parlando di un modo fashion di approcciare la poetica di Baudelaire che (The Robot Ate Me). In seguito ho portato in giro lo spettacolo teatrale Il è un travisare continuo. La facilità del lasciarsi cullare dal negativo, il cro-

26 27 giolarsi nelle contraddizioni. Sono te della musica, perchè credo che sia il suono che conferisce il vero significato abbastanza stanco da questo modo al tutto. Anche alle parole. Per quello scrivo canzoni e non libri. A metterle di vedere le cose. Il vivere bene di nero su bianco, a mio modo di vedere, le parole muoiono. E invece la parola cui si parla nella canzone può essere deve vivere grazie alla voce e aquistare significato dal suono. Nel cantauto- una buon antidoto a questo tipo di rato classico non mi è mai piaciuta la pigrizia del voler giustificare tutto con mentalità. Il concetto di “riproduzio- delle belle parole. E’ importante che invece, prima di tutto, arrivi la musicalità ne” ha a che fare con il fiore. Il fiore delle parole. Con questo ovviamente non voglio dire che il testo in sè non sia si riproduce simbolicamente in ma- importante. niera autonoma. Mi piaceva il fatto Un elemento piuttosto interessante de La riproduzione dei fiori è il ci- del produrre bellezza senza doverla tazionismo che emerge da alcuni brani: Sympathy For The Devil degli spiegare con il pensiero o con il lin- Stones che salta fuori nella coda de L’omino patologico, L’Hurricane di guaggio. Dylan tra le righe di C’era una stessa volta, i Radiohead suggeriti da La Possiamo definire La riproduzio- grande vacanza. In un disco che fa della mescolanza stilistica (non per ne dei fiori un disco ottimista in forza prevedibile, non certo incoerente) un elemento fondante. C’è una un periodo in cui essere ottimisti progettualità dietro o è tutto un divenire non legato a uno schema ben diventa sempre più difficile? preciso? Non mi piace la parola “ottimista” La citazione degli Stones è progettualità, nel senso che la canzone in cui è perchè penso che l’ottimismo, come inserita parla dell’atto creativo e per me l’atto creativo d’eccellanza nel rock del resto il pessimismo, non esita. è quel pezzo degli Stones. Il divertimento che si porta dietro. Poi ci sono an- Esiste invece la consapevolezza, l’es- che citazioni non direttamente connesse con l’ambito musicale. Nel caso de sere chiari e sinceri con sè stessi, il L’omino patologico la citazione vuole rendere comprensibilie il brano. Vuole darsi un senso. Il farsi delle domande sfogare. É una sorta di esempio di quello di cui parlo nel brano. Le altre cita- per cui spesso non ci sono risposte. zioni che hai riportato sono suggestioni e patrimonio di ognuno. Una sorta di Direi che potrebbe essere definito condivisione. “positivo”, più che “ottimista”. Anche Il tuo primo disco risale al 1998. Cosa è rimasto nel 2011 del Marco Pa- perchè tutte le canzoni del disco, rente degli esordi? anche quelle più blu come Sempre Non mi guardo mai troppo indietro. Ho capito però che la storia va per cicli. (dedicata a Nick Drake) hanno sem- Cicli sempre più stretti, tra l’altro. In ogni disco che faccio c’è sempre qualcosa pre un risvolto positivo. Nel caso di che mi riallaccia a quelli fatti prima. Il modo in cui lo registro, le persone che Sempre è l’accordo in maggiore. frequento. Questo disco credo che abbia molta attinenza proprio con il mio Personalmente trovo che nei tuoi disco d’esordio, Eppur non basta. Credo che abbia a che vedere con lo stato dischi risiedano sempre due ani- di grazia di quel primo disco, un entusiasmo che difficilmente capita due volte me. Quella legata ai testi, ricono- in una carriera. Forse il fatto di essermi fermato così tanto prima di registrare scibile, in un certo senso familiare un disco nuovo ha generato un meccanismo di questo genere. É un po’ una e fors’anche seriale. Nel senso che ripartenza, non con una virgola o con un due punti ma con un bel punto. in molti brani ci sono elementi che Tu, Paolo Benvegnù e Cesare Basile rappresentate tre artisti con una per- ritornano, come ad esempio l’an- sonalità estetica molto forte. Da un certo punto di vista, slegata dall’at- titesi tra individuo e mondo, bene tualità musicale ma forse anche dalla velocità di fruizione che le rivolu- e male, niente e tutto. E quella zioni tecnologiche sembrano voler imporre a chi ascolta musica oggi. legata alle musiche, sempre più Come ti poni nei confronti dei cambiamenti che ci sono stati negli ultimi trasversali e aperte alla conta- anni (mp3, peer to peer, ipod...) ma anche del rapporto tra fans e artista minazione. Sbaglio se dico che il (web, social network...)? mondo di Marco Parente nasce Io ho sempre accettato di buon grado le innovazioni tecnologiche, anche se dal giusto equilibrio tra questo non le ho mai volute prendere in mano in prima persona. Anche perchè le senso di riconoscibilità e una de- innovazioni tecnologiche si possono sempre usare in due modi e noi di solito cisa apertura a livello musicale? scegliamo il peggiore: quello che ci porta a impigrire. In generale credo che Mi sembra un’analisi corretta. Le sia cresciuta la testa di chi le innovazioni tecnologiche le ha programmate ma parole hanno a che fare con il lin- non di chi le usa, anche perchè la tendenza è trattarle come si tratterebbe un guaggio, la musica non si sa. E’ un phon. Per me invece quella gocciolina di sudore, quel meccanismo di fatica, linguaggio anch’esso ma molto mi- continua a essere una parte importante e necessaria. La tecnologia la uso so- sterioso. Io tendo sempre dalla par- prattutto per velocizzare i tempi in sala di incisione. Per quanto riguarda la

28 29 perdita di identità del supporto, non la trovo negativa. Sono ancora convin- in 6/8 o 3/4. Esteticamente Hermann potrebbe essere fuorviante rispetto to che se un disco piace a una persona, quella persona lo comprerà fisica- a un disco come Le labbra, dove in realtà di estetica ce ne era veramente mente. In questo senso, il peer to peer è vantaggioso dal punto di vista del poca. marketing. Dall’altro lato c’è stata la barbarie dei social network (ma con cui Pochi giorni dopo l’uscita del tuo nuovo disco sono usciti anche quelli alla fine dobbiam convivere) in cui nessuno si puo’ più fare i fatti suoi. Devo di Marco Parente e Cesare Basile. Magari non avete molto in comune, dire che cerco di tenermi a una certa distanza da tutto questo, anche se le vostre calligrafie sono diverse, eppure sembra unirvi una personali- non faccio l’eremita. Diciamo che collaboro con persone che usano abitual- tà intensa, il gusto di scavare in profondità e portare il discorso al limi- mente questo tipo di tecnologie e lo faccio per divulgare contenuti. Senza te, fino a farsi inconfondibile. Non sarà dovuto alla vostra formazione per questo esserne troppo dipendente. musicale, al fatto di essere “cresciuti” quando un disco significava mol- Pensi che il concetto di “condivisione” nato dalla rete in maniera poco to più di adesso? ortodossa possa adattarsi ad ambiti sociali più pratici portando con sè Mi associ a due artisti che stimo moltissimo, artisticamente ma anche a li- elementi positivi? vello umano. Cesare per tutto il mistero cromosomico che si porta dietro. Diciamo che siamo al limite. La condivisione è positiva per l’arte e per la La sua terra, il fatto che è un viaggiatore generoso. Marco per la brillantezza musica, ma quando si sfiora il patologico non mi trova più d’accordo. Con- dell’uomo leggero e denso che ha. Io ho il talento del bove, dell’impegno. dividere un suono è una cosa, condividere la vita personale in maniera ec- Un’uomo che ha l’aratro e continua a tirarlo. Alla fine non è proprio un gran cessiva è un’altra. Poi il collegamento via internet abbatte molte barriere, talento, se ci pensi. Talvolta questo talento si focalizza nella maniera giusta, senza dubbio. Non sono bacchettone, in questo senso. Credo che quando altre volte no. Per cui il paragone in questo senso mi onora. Detto questo le cose succedono sia una massa a volerle e a farle muovere. E non si posso- io, Cesare e Marco siamo forse ancora uomini del Novecento, veniamo da no fermare. Siamo in un flusso e in quel flusso dobbiamo capire come stare un’altra generazione. Siamo gente che dà ancora a un disco la stessa im- a galla. Per questo dico che nonostante tutto, non mi sento di muovere una portanza che darebbe a un libro o a un film. Nella pratica, questo signifi- critica troppo severa a tutto questo. ca non lesinare in impegno quando viene il momento di incidere e farlo come se fosse l’ultima cosa che si fa nella vita. Ovviamente questo non vuol Pa o l o Be n v e g n ù : i l t a l e n t o d e l l o s t u p o r e dire che poi i dischi vengano fuori sempre meravigliosi, quantomeno nel Da dove nasce un disco come Hermann? La storia del manoscritto che caso di Paolo Benvegnù. Anche se il tempo alla fine è un gran setaccio. Così si legge nelle note stampa è l’espediente che sembra o c’è sotto qual- come ci sono voluti tanti anni per capire certe cose degli Scisma o un disco cosa di concreto? come Piccoli fragilissimi film, ce ne vorranno altrettanti per comprendere Hermann è un po’ un disco di letteratura e in quanto tale si avvale di espe- Hermann. dienti letterari (come appunto quello del manoscritto). L’idea non era quel- Credi che l’attuale accessibilità dello scibile musicale sul web rappre- la di gettare tranelli quanto ripetere quello che in passato hanno fatto scrit- senti una risorsa per il musicista del terzo millennio? E come giudichi tori come Victor Hugo. l’evoluzione che c’è stata a livello tecnologico? In che senso il disco è “la storia dell’uomo e della sua evoluzione (in- Non saprei. E’ vero che tecnologicamente lavoriamo per essere sempre più voluzione)” ? Il tema è unico: l’uomo che parla dell’uomo. Una volta soddisfatto il biso- gno del cibo l’individuo sposta la sua attenzione sull’armonizzare sè stes- so con il mondo esterno. Ognuno di noi cerca di farlo per stare meglio, per fuggire dal dolore. E forse anche dal concetto stesso di fuga. Si parla sempre degli stessi temi dalla notte dei tempi e così sarà finchè avremo la volontà di porre uno sguardo verso l’esterno. E’ in questo che Hermann si differenzia dai tuoi dischi precedenti, for- se maggiormente legati a una dimensione personale? Decisamente. Prima di questo disco non riuscivo ad avere quell’apertura verso l’esterno perchè non comprendevo neanche me stesso. Adesso, al- meno parzialmente, ci riesco e così ho deciso di spostare il fuoco sull’ester- no. Ho pensato che fosse arrivato il tempo di farlo, anche grazie all’aiuto degli amici che suonano con me. Mi pare che Hermann sia molto più diretto rispetto a Le Labbra... Per certi versi è così. Anche se in realtà Le labbra è più un disco “di pieno vortice” mentre Hermann gode delle stilizzazioni tipiche del romanzo. E’ affrontato come se fosse narrativa o un film. C’è una parte dedicata al No- vecento che è stilizzata come stilizzato è stato lo stesso Novecento, ma c’è anche una prima parte che è antica e nella maggior parte dei casi è suonata

30 31 veloci ma è anche vero che il ritmo dell’essere umano è sempre quello. Le innovazioni tecnologiche dovrebbero tenere conto del fatto che noi siamo sempre uguali e abbiamo sempre gli stessi pensieri (l’amore il controllo, il possesso, l’indignazione, ecc..). Al progresso tecnologico dovrebbe corri- spondere uno sviluppo dal punto di vista etico, sociale, mentale, che forse però ancora non c’è. Ovviamente il fatto che si possano fare dischi a un decimo del prezzo a cui li si faceva una volta è un fatto positivo. Il fatto che anche un ragazzo che non ha mai fatto musica possa iniziare a suonare gra- zie a un microfono e a un computer è positivo. Per il resto, credo che a noi non servano servizi che ci fanno andare a mille all’ora per fare l’aperitivo, ma soluzioni per risolvere problemi seri. Hai scritto canzoni d’amore toccanti. Quanto ti senti vicino, in questo senso, alla tradizione melodica italiana, tu che comunque hai prestato brani ad artisti come Giusi Ferreri, Marina Rei, Irene Grandi, Mina? Il fatto di aver prestato le mie canzoni ad altri non puo’ che rendermi feli- ce. E’ quasi un miracolo, se ci pensi. Tu sei lì che scrivi la tua musica in un sottoscala e alla fine arriva una come Mina che ti chiede di cantarla. Del resto sarebbe un miracolo anche se la cantasse un ragazzo in una qualsiasi sala prove. Come è un miracolo che tu e io siamo quà a parlare o che io a quarantasei anni vada ancora in giro a suonare ed abbia ancora delle idee come uomo e come musicista. Per me è tutto stupore, credimi. Per il resto, io scrivo canzoni in Italia e le scrivo con quello che sento proprio perchè vivo qui. Non è tanto un discorso stilistico. Noi italiani abbiamo una com- plessità che deriva dal fatto che questo è un Paese colonizzato da sempre e che nei rari casi di coraggio, ha dovuto usare l’autodeterminazione come forza personale. Penso quindi che l’autodeterminazione di un Tenco o di un De Gregori o di un Endrigo alla fine sia in qualche maniera vicina alla mia. Hai un metodo, o comunque c’è una modalità ricorrente con cui com- poni e incidi la tua musica? Ultimamente l’idea è quella di scrivere la musica e poi di aggiungere le pa- role. La cosa bella di questo disco è che alla scrittura hanno partecipato anche gli altri musicisti, da Guglielmo Ridolfi ad Andrea Franchi. Un allar- gamento che è anche una bella deresponsabilizzazione per me. Quello che ho fatto io è stato formare un contenitore. E in base a quello abbiamo scrit- E’ in corso una fioritura di spazi dedicati al rock, soprattutto in deter- to tutti cercando di scegliere le cose più significative. Cose che andassero minate zone (in Emilia, ad esempio). Altrove, invece, pare che regni la a costituire un disco in qualche modo cronologico, che parlasse dell’indivi- consueta desolazione. Dal tuo punto di vista, com’è suonare dal vivo duo nel tempo. Fino ad arrivare all’ipotesi di un individuo futuro legato ma- in Italia? gari a una sobrietà esistenziale lontana dalla glorificazione dell’apparenza Suonare in Italia e bellissimo. E lo è perchè in ogni città percepisci una gran- che ci ha caratterizzati fino ad ora. Un’esistenza che non dia per scontata de diversità che è molto legata all’indole delle persone che ci abitano. E’ la l’esistenza stessa e il valore dell’altro. complessità di cui ti parlavo prima. Se suoni a Cuneo o se suoni a Palermo Il rock italiano ha fornito molti epigoni di Marlene Kuntz e Afterhours, ti trovi davvero in due situazioni completamente diverse, sia dal punto di ma si fa fatica a trovare qualcosa di paragonabile agli Scisma. Colpa del- vista tecnico che dal punto di vista della risposta del pubblico. Personal- la tua ex band, dal linguaggio troppo periodizzato o complesso, oppure mente io preferisco i posti in cui riesci a percepire di essere ben voluto, al è la nostra scena che non ha saputo - non sa - osare abbastanza? di la del fatto strettamente tecnico, forse perchè sono in generale un uomo I Marlene Kuntz e gli Afterhours sono stati qualcosa di davvero impor- che cerca accoglienza e che al tempo stesso spera di riuscire a darne. La tante, probabilmente più degli Scisma. Scisma che alla fine sono stati un presenza o meno di spazi in cui suonare credo che sia importante anche gruppo che soprattutto agli inizi ha fatto i suoi compromessi e forse non ha per i gruppi giovani, che in questa maniera si sentono motivati a formare osato fino in fondo, pur cercando di produrre buona musica. Detto questo nuove esperienze e ad esprimersi. credo che per chi suona oggi l’unica maniera per farcela sia proprio osare, cercando di arrivare ai limiti della propria creatività e della propria imma- ginazione.

32 33 —Under the big) Black Sun (of dubstep—

Dr o p Ou t

Torna Kode9 su album ed è l'oc- casione perfetta per fare il punto della situazione sui tanti fili in- trecciati dal mastermind Hyper- dub. E sulla sua musica. Lo abbia- mo incontrato. Testo: Gabriele Marino Edoardo Bridda

teve Goodman aka Kode9 è, fuori da ogni retorica, uno dei personaggi chiave della musica degli ultimi anni. La sua la- Sbel il faro di una scena e di un genere che, tra mille sottocorrenti e sfumature avant, si è imposto come una del- le declinazioni privilegiate - l’altra è il - di una una koiné elettronica internazionale sempre alla ricerca dell’equilibrio, tra cristallizzazione del linguaggio e suo rinnovamento. La cosa, per una volta, vale anche qui da noi: si veda il sorprendente enci- clopedismo appunto wonky/steps di After Silkworm di Planet Soap. Di queste convergenze di suoni, e prima ancora di estetiche ed intenti, avevamo parlato nel nostro maxi-riepilogone sullo stato delle cose hip hop 2009. Seguendo le principali tappe di un percorso che, dall’affermazione del genere su scala mondiale,

Kode9 alla mezza-rivoluzione dell’hip hop strumentale, bianco e wonky

34 35 di metà anni Duemila, ha portato ad una terza generazione di producer a anche inaspettate, lo split /Four Tet, che declinava i rispettivi speci- cui non interessano opposizioni di genere o dicotomie del tipo suonato/ men (soulstep e IDM) in salsa housey. prodotto e campionato/di sintesi, avevamo sottolineato tutta una serie di Il 2010 si è aperto in maniera programmatica con Sonic Warfare, denso contatti, incontri, scambi, intrecci che da allora non hanno fatto che raffor- saggio - con solide basi nell’intellighenzia post-marxista post-sessantottina zarsi e ingrandire il proprio raggio d’influenza e la propria visibilità. - firmato proprio da mr. Steve Goodman e pubblicato nientemeno che da MIT Press che indaga appunto la “guerriglia sonica”, e cioè la manipolazione Du b s t e p e d i n t o r n i : 2009-2011 di ambienti e persone attraverso un uso politico delle frequenze (in contrap- Il nostro discorso su e attorno a Kode9 riparte allora proprio da quel 2009 posizione alle espressioni contemporanee - post- - dell’afrofuturismo; che è stato l’anno delle celebrazioni per il lustro di vita Hyperdub: con una che invece, attraverso le frequenze, cercano di tenere unite le persone). Tra i compilation ascolto obbligato per tutti e uscite chirurgiche come i singolo- ringraziamenti del libro: Kevin Martin, Simon Reynolds, Wil Bevan (Burial), ni Black Sun (Kode9) e Wind It Up (di quel Mark Pritchard che poco tempo Raz Mesinai (Badawi), la Brainfeeder, la storica radio pirata Rinse, il locale prima, su Warp, aveva pubblicato come Harmonic 313 un lavoro fortemen- chiave della scena di East FWD>>. E si è chiuso con due uscite im- te influenzato dal Dilla elettronico e di quel Om’Mas Keith che è il cuore portanti e perfettamente complementari nel descrivere le trasformazioni del club-funk del trio afrofuturista Sa-Ra). 2009 anno dell’affermazione nella catalogo della label, sempre meno interessata a focalizzare un genere o una scena delle prime girls Cooly G e Ikonika (l’ottimo Contact, Love, Want, tendenza e sempre più attenta a mettere il proprio marchio su singole grandi Hate, trait d’union tra ritmiche steps e suoni wonky, sarebbe uscito a inizio personalità, vecchie o nuove che siano, stilisticamente anche molto distanti dell’anno successivo), del debutto lungo dei King Midas Sound di Kevin tra loro: Terror Danjah, ovvero il modern classic (il più grande produttore gri- Martin (pioniere dubstep a nome The Bug), della joint venture con la Brain- me secondo Reynolds) che sfoggia - aggiornandolo - il suo enciclopedismo feeder (tra live alla Redbull Music Academy e contributi su Five Years Of black, street e dancefloor, e Darkstar, protagonisti dei nuovi venti dubstep Hyperdub firmati Samiyam e ovviamente Flying Lotus). Appena fuori da a base di cantabilità pop, riscoperta della voce, appeal indie. Kode9, secco: “Il Hyperdub, altra “relazione pericolosa” e segnale forte di convergenze forse suono muta sempre e io sto seguendo la musica che mi interessa”. In mezzo, lontano da Hyperdub, ma sempre al cuore della scena elettro- nica nei suoi fermenti now, le eleganti geometrie di Scuba, i tribalismi di uno Shackleton mai così sciamanico, l’ampio ventaglio di contaminazioni bassy della compila Future Bass, l’asciuttissimo wonky di Lukid e quello glitchato e “suonato” di Dimlite, la rilettura in salsa USA degli steps UK fat- ta da Starkey, l’addizione Lotus+Tet di Teebs, le prove tecniche di spacey ragga di Africa Hitech e, ovviamente, la superfusion dello stesso Flying Lotus (che ospita il suo fan Thom Yorke) e la riscoperta trip-hop dei Mount Kimbie, volano ideale per ulteriori evoluzioni del genere e vera e propria anticipazione delle uscite chiave dell’anno successivo. Il 2011 che ruota attorno al dubstep è infatti, a più di dieci anni dalla nascita del genere (prendiamo come riferimenti El-B, Loefah & Co.), l’an- no del post-dusbtep. L’alfiere è ovviamente James Blake, bruciatosi in una manciata di EP come produttore puro (puntando sempre più verso un fred- do ed elegante camerismo) per dare voce alla sua anima soul nel debutto omonimo. Nel dubstep post-Burial e quindi post-se-stesso, seguono a ruo- ta artisti tra loro diversissimi come Magnetic Man (il supergruppo chart oriented dei veterani Benga e Skream, affiancati da Arthur Smith/Artwork), Joy Orbison, Ramadanman e Floating Points (tre giovani ancora in atte- sa del debutto su lp, ma già nomi di riferimento della scena), quel Jamie Smith affrancatosi come solo producer dai suoi xx (We’re New Here, per Gil Scott-Heron) e una vera selva di “super-giovani” il più interessante dei quali, non fosse altro che per la prematura sponosorizzazione di Gilles Peterson, è Lewis Gordon aka Koreless. Attorno al dubstep, alle sue evoluzioni e - termine banale, abusatissimo, ma qui davvero inevitabile - contaminazioni, ruotano alcune uscite chiave (a livello di estetica, strategie di posizionamento e di comunicazione, an- cora prima e ancor più che di efficacia artistica) di questi primi mesi 2011. I Radiohead di The King of Limbs sono la divulgazione indie-blinking dei suoni laptopistici e sotto sotto dubstep (si pensi al gusto noir e ai detriti

36 37 ambient di Los Angeles) di Flying Lotus; Thom Yorke ha fatto comunella getto musicale, ma sono amici veri, la complicità è forte, ridono e scherza- con Four Tet (fresco di split con un altro nome importante a livello di sin- no, rilassati come due compagni di college. tesi elettrofile come Dan Snaith aka Caribou) e Burial; e quest’ultimo, è proprio notizia dell’ultima ora, è tornato con un solo work, un 12” pollici di Ko d e 9: u n p r o f i l o tre pezzi, dopo 4 anni di quasi completo silenzio. Notare come tutte queste Scozzese di Glasgow, centro geograficamente lontano dal fermento londi- uscite super-hype corteggino sottilmente quello che sarebbe davvero l’in- nese, ma con un underground elettronico vitalissimo tra club, etichette e contro/scontro del secolo: mettere assieme Burial e Flying Lotus. Come, del crew (città da cui provengono infatti anche , Hudson Mohawke e resto, già proprio nel 2009 si era cercato di fare, malinterpretando a tutti i Ghost-Simon Williamson, per non dire degli Shamen), classe 1974, il gio- costi un semplice, per quanto suggestivo, montaggio Burial + Dimlite fatto vane Steve Goodman si appassiona subito ai ritmi e si mette ad ascoltare da FlyLo e uploadato sul suo Myspace. tutto quello che gli capita sotto tiro, reggae, breaks, hip hop, jazz, funk, Ecco, inutile dire che di questo continuum extra-Reynoldsiano Kode9 è house, ma anche l’electro-wave dei concittadini Associates (anni dopo in- uno dei protagonisti over e soprattutto under ground. Forse proprio per serirà la loro Message Oblique Speech in un suo mix). A sedici anni comincia questo, coerentemente con una strategia di comunicazione veramente a fare il dj e una sera, sul dancefloor, arriva per lui improvviso “the most im- ninjesca, che costruisce l’hype sotto la cenere, tra mascheramenti, reticen- portant musical event of my life”: la folgorazione jungle. “Della jungle non mi ze e coup de theatre improvvisi, una strategia a ben vedere tutto fuorché interessano necessariamente i suoni, ma soprattutto l’energia che sprigiona”. 2.0 (ma aspettiamo il lancio - finalmente - di un sito ufficiale Hyperdub che Steve si muove tra Edinburgo (è qui che avviene l’epifania), Warwick (qui non si limiti a consigliare l’iscrizione alla mailing list), quando incontriamo conseguirà un master in filosofia nel 1999) e Coventry, approfondisce l’har- Kode9 e Spaceape qualche ora prima del live al Bronson di Ravenna (19 dcore, studia Timbaland e l’r’n’b dei primissimi Novanta, prima di trasferirsi marzo, per la Hyerpdub Night - ci saranno anche i King Midas Sound - or- definitivamente a Londra nel 1997. Si immerge nella scena di East London, ganizzata dal quarto Transmissions Festival), il discorso non sfiora neppure fa lo speaker per radio Rinse, tiene set nei locali - compreso il FWD>> - e nel di striscio tutto questo buzz, consegnandoci invece un artista interamente 2001 fonda una webzine specializzata in UK , battezzandola Hyper- concentrato a spiegare dove sta andando la sua musica: “Quando facciamo dub. Come producer, il primo lavoro di rilievo, già a nome Kode9, sono due le nostre cose, dobbiamo disinteressarci completamente di tutto quello che pezzi su Tempa (2002) a quattro mani con Ben Garner/Ben III, l’indianeg- succede intorno”. Si capisce subito che i due non sono solo parte di un pro- giante Fat Larry’s Skank e l’asciutto di Tales From The Bass Side. E’ già dubstep, anzi, molto più dubstep di quanto non sarà per lui in seguito. A fine 2003 Kode decide di trasformare Hyperdub nella label con cui fare viaggiare la propria musica. La prima uscita, numero di catalogo HYP001, è una lenta e irreale cover version di Sign O’ the Times di Prince, Sign Of The Dub (2004; b-side la minimalista Stalker). Lo stile si è fatto già molto più personale, Kode comincia ad esplorare le atmosfere dilatate, profonde e siderali che ne contraddistingueranno il suono in tutte le uscite successi- ve. Alla voce c’è Daddy Gee, e cioè quello Stephen Samuel Gordon che nel 2005 cambierà nome in Spaceape. Kode9 è il pigmalione del ragazzo senza nome che si fa chiamare Bu- rial e che nel 2005 esordisce con un 12” di quattro pezzi, South London Boroughs (prima uscita Hyperdub di un altro artista), e l’anno successivo pubblica l’omonimo album di debutto, disco dell’anno per The Wire. Sem- pre nel 2006, esce anche , primo album di Kode9 e Spaceape. I semi sono gettati. E la raccolta non tarda neppure troppo ad arrivare, visto che il secondo album di Burial, Untrue, esce già a novembre 2007, diventando in breve tempo un vero caso internazionale (e segnando di fatto lo sdoganamento del dubstep fuori dai soliti circuiti dei club UK), anche e soprattutto per il mistero che avvolge il produttore, che riuscirà a rimanere anonimo fino a metà 2008 (si scoprirà così che William Bevan ave- va frequentato la Elliott School negli stessi anni di Kieran Hebden/Four Tet). L’ambient sporca e drammatica, i legnosi breakbeat e soprattutto la pal- pabile - per quanto fantasmatica - tensione soul delle voci di Burial creano uno standard che scavalca le dancefloor track e i melmosi pezzi chetamini- ci che dominano la scena e fanno di Untrue una pietra miliare del tramonto dei Duemila. Il “Salinger del dubstep” ritorna nella sua tana e si chiude in un silenzio quasi completo.

38 39 Kode9 invece, come abbiamo visto, si rimbocca le maniche e svolge il Prossime uscite Hyperdub in cantiere? Abbiamo appena messo sotto con- ruolo di capoccia con uno scrupolo e un’intelligenza che ne spiegano alla tratto Hype Williams per un EP. C’è un bel progetto di remix sui King Midas perfezione - assieme all’attività accademica - la produttività piuttosto ridot- Sound, sarà un album intero. Poi c’è l’album di Morgan Zarate, con il suo elec- ta e spalmata su tempi lunghi. Assistente a Warwick già prima di consegui- trosoul, quello di Cooly G e nuovi pezzi dei Funkysteps e di D.O.K.. re il master, dal 2006 in pianta stabile alla University of East London (guarda Meno sonicamente violento di quello di Martin/King Midas, meno graf- un po’...) come “Lecturer in Music Culture” e coordinatore di un programma fiante, piùdeep , il live di Kode9 e Spaceape al Bronson conferma le parole del di Sonic Culture, specializzato in “Cybernetic Culture, Diasporic futurisms, duo su un album nato nei live e pensato per i live, facendo esplodere il poten- Abstract Materialism”, Steve/Kode insegna attulmente materie relative ai ziale dancefloor delle produzioni. Il rappato di Spaceape è ancora più fisico rapporti tra suono e immagine. rispetto al disco, i suoi spoken e il suo lento rapping nutrito di ascolti reggae si fa più incisivo e allo stesso tempo più cinetico. La gente, insomma, balla, in Afrofuturism f o r t h e m a s s e s un riuscitissimo aggiornamento, in chiave afrofuturista, della logica dei soun- Non abbiamo aspettato così tanto per stampare il secondo album intenzio- dsystem tanto cari a Martin e al prof. Goodman. Con uno spettacolo così e con nalmente. Semplicemente, ci abbiamo messo molto per realizzarlo. Siamo la fama post-burialiana che Hyperdub si è guardagnata negli anni, Kode9 può stati molto distratti... dalla vita, dal lavoro per l’etichetta. E poi non ci piace tranquillamente puntare ad allargare sensibilmente il proprio pubblico di rife- fare le cose di fretta: quando un lavoro è pronto, lo facciamo uscire. Black Sun rimento, tanto presso l’utenza indie che quella “discotecara”. Senza rinunciare è molto diverso da Memories. C’è molta più energia, a livello ritmico e nei testi, agli elevati standard qualitativi che finora ha sempre garantito. ed è molto più synth-driven; il primo era - come dire - più slow. E’ un lavoro che si è costruito live dopo live, nel corso degli anni (Black Smoke risale almeno a due-tre anni fa), provando versioni sempre diverse degli stessi brani, fino a raggiungere il feel, l’impatto che volevamo. Ci sono tre canzoni propriamente house e sono tutte sorelle di Black Sun [il singolo 2009]. Space scrive i testi, io le musiche, poi cerchiamo di mettere assieme le due cose. Dietro Black Sun c’è un concept, ma è nato a posteriori, dopo avere finito il disco, anche grazie alla grafica della copertina [in stile giappa-Hokusai], dalle coerenze che abbiamo riscontrato nei testi e nelle musiche e che ci è sembra- to giusto fare emergere. Ironia della sorte - visti i tempi - il concept riguarda un evento radioattivo che investe la popolazione e la muta geneticamente. L’album parla di come i diversi gruppi della popolazione rispondono alla cosa. Le liriche raccontano le loro storie. Black Sun, ad esempio, “parla” dell’eclissi radioattiva. Nella vostra musica, nel vostro progetto, al di là delle evoluzioni interne del vostro suono, ci sono sempre due componenti: la voce afrofuturista di Spaceape e le basi elettroniche di Kode9. Per me l’afrofuturismo è la musica più interessante venuta fuori negli ultimi 50 anni. E’ elettronica, ma ha radici organiche. Va oltre le definizioni e gli stereotipistreet, roots, hip hop, dubstep, , techno, house. E’ la cosa che in qualche modo riempie il gap tra queste definizioni e le riunifica tutte. Anche King Midas Sound è un progetto afro- futurista. Conosciamo Kevin da anni. Spaceape ha lavorato con lui su London Zoo e in altri progetti [Cult Of The 13th Hour]. Il suo lavoro è sempre stato per noi fonte di ispirazione. I nostri progetti, per quanto diversi, sono in qualche modo comparabili. Direi anche che siamo complementari quando ci troviamo sullo stesso palco. Ed entrambi impariamo e sperimentiamo molto a partire dai nostri live. Black Sun parla di “guerriglia sonica”? In senso lato sì. Nel libro ho cercato, anche attraverso esempi presi dalla politica e da contesti bellici, dei possibili background per spiegare certi meccanismi della scena bassy, della dance ba- sata sulle frequenze. Mi interessa capire come le frequenze possono unire o dividere le persone, ovviamente anche in maniera del tutto inconsapevole, ol- tre che manipolatoria. Le diverse sfumature musicali del disco spiegano come queste persone, di volta in volta, si possono aggregare o si dividono. Tutto è ritmo: la musica, il metabolismo degli esseri viventi, il moto dei pianeti... il traf- fico... i miei ritmi circadiani incasinati.

40 41 Tim Hecker—Cathedral Electronic Music—

Dr o p Ou t

L'ultimo album dello schivo ca- nadese è il più importante lavoro ambient dai tempi di 'Disintegra- tion Loops' di William Basinski. Ne abbiamo approfondito retro- scena e prodromi... I don’t want to make a document that’s the master statement of ambient, or glitch, or whatever else. I’m interested in a hybrid of things, and making Testo: Antonello Comunale new hybrids, and respecting people who’ve done other hybrids. I see hybrids Edoardo Bridda where people usually see static forms, like “ambient,” but I find it limiting as a title.

Mu s i c a c o m e i b ri d a z i o n e Fa un certo effetto vedere il plebiscito di pubblico e critica investire in pieno una figura che fino ad ora si era conservata nel ristretto cir- colo degli affezionati di settore. Quando un profilo elitario e a suo modo schivo come quello di Tim Hecker finisce sulla bocca di tutti, capisci che oltre alla qualità del disco si addensano sul personag- gio i meriti storici di uno che non ha mai voluto far parte di nessun circolo alla moda. Come sempre in questi casi, si riceve in ritardo il credito pagato in anni di militante carriera oltranzista.

42 43 E’ dal 2003 che Tim Hecker è oggetto di forti attenzioni da parte della stampa specializzata. In quell’anno, il popolare magazine The Wire, sulla china estrema dell’era glitch, considera il secondo album del sound artist come un album chiave dell’annata musicale. del resto, è - as- sieme ai Rechenzentrum di Directors Cut e al Living Vicariously Through Burnt Bread di Twerk - l’ultima pubblicazione della Mille Plateaux nella sua prima (e autentica) incarnazione, etichetta che ha rappresentato, a sua vol- ta, il meglio in quanto a ambient, noise e psichedelica nell’era del digitale. Mentre il glitch nella sua accezione d’estetica clicks’n’cut implode, l’am- bient che ne ingloba i detriti, sembra più di una via ma l’autentico paradig- ma successivo e se vogliamo la maturazione di un linguaggio che retro- cedeva dall’ondata digitale e nel contempo recuperava l’analogico (il tape to tape reel) e gli indimenticati trucchi di scuola John Cage. Del resto, nei due anni precedenti a Radio Amor sugli scaffali dei morenti negozi di dischi specializzati in elettronica e avant- si posizionavano campali i Disintegra- tion Loops di William Basinski e Endless Summer di un Fennesz via via più sintetico e magistrale che forse è il più interessante segno dei tempi. La ricerca dell’austriaco tanto quanto quella dell’amico londinense Peter Reh- berg, ovvero Pita, è fortemente imperniata su una pasta sonora ancestrale, mistica, dal sapore storico. Senza tanti giri di parole, nell’era della morte del tempo, è l’eterno il moloch, il monolite nero, il totem in nome del quale, salutata la civiltà, ci si avventura nell’ignoto.

I can’t say that naturalism is some over-arching interest of mine at all.

Più che con la natura o la narrativa, Tim Hecker ha a che fare con l’eter- no. Un flusso di coscienza che si serve della manipolazione di artefatti che possono essere piano, chitarra, synth o suoni naturali. Fisico e allo stesso tempo psichico, paragonabile alla sinfonica glitch di Fennesz, o ai field re- Me, Do It Again (Substractif, 2001) per una sub label della Alien8 Recor- cording ritrovati del newyorchese, o ai layer d’elettronica su field recording dings. Accantonato per il momento lo pseudonimo di Jetone, Hecker firma di Keith Fullerton Whitman, la musica del canadese è un misto di correnti senza filtri i venti frammenti d’ambiente che compongono il suo primo e alternate calde e fredde, presenti ma soprattutto lontane. E’ come sorvolare vero lavoro ambient. un territorio, ha notato qualcuno, oppure assomiglia alle crepe dei fiordi Su venti, solo nove composizioni hanno titolo, ma lo scarto all’udito è attraversate dall’oceano. Ma sono osservazioni dall’esterno, dell’ascoltato- inesistente perché il lavoro è di una coloritura unica seppur assai distante re. Abitare una cattedrale di suono rende invece meglio l’idea del requiem dall’essere monocorde. Dell’esperienza Jetone vengono qui conservate le particolare celebrato in Ravedeath, 1972, ovvero l’addio al suono che fu. arricciature elettroniche, che agitano continuamente il droning sound del Un pianoforte nell’attimo prima del lancio da un edificio è infatti lo scatto laptop. Music For Tundra che apre qui le danze, esemplifica al meglio lo presente nella copertina dell’album, un lavoro che inaspettatamente è il stile dei brani: aperture gotiche di organo, frequenze impazzite al laptop, migliore inciso finora, nonché l’album di ambient noise più convincente sali e scendi emotivo tra lande desolate e frastuoni tuonanti nella biosfera. dai tempi di Lisbon di Whitman. Ma non era iniziata così. Quella di Hecker non è certamente ambient per aeroporti, né tanto meno I suoi primi passi musicali Hecker li muoveva in tutt’altro ambiente. per sedute new age di yoga, piuttosto si allinea lungo le coordinate elettro- Sono i primi anni ’90 della minimal techno di Jetone, nome d’arte con cui acustiche contemporanee di altri grandi poeti dell’atmosferico digitalizza- il canadese pubblica i primi lavori pensati al laptop e per il laptop. Sono to, primi fra tutti Fennesz e Keith Fullerton Whitman. gli anni di dischi di genere come Autumnumonia e Ultramarin, che non Il riscontro di Haunt Me, Haunt Me, Do It Again presso la critica specia- fosse per la fin troppo facile sapienza ex post, parrebbero già denunciare lizzata va dall’entusiastico all’ottimo. Tim Hecker viene visto come un abi- tutta la maestria atmosferica del sound artist, anche se si parla pur sempre lissimo ingegnere del suono capace di manipolare i sentimenti e l’immagi- di una musica dal pressante e canonico appeal ritmico, del tipo che infat- nazione oltre che le manopole. Il disco successivo corrobora ancora di più ti non sfigura nel catalogo di etichette di regime come Pitchcadet, Force questa fama e stabilisce definitivamente Hecker come un nuovo standard Inc e Tigerbeat6. Il gusto per la melodia ficcante e nascosta, per la texture d’eccellenza della musica elettronica contemporanea. Oltre alla proposta sonora fumosa e stordente e l’alternarsi tra stasi (apparente) e confusione intriga anche l’azzardo d’artista. Dopo il disco di debutto si dà alle stampe (evidente), sono tutte caratteristiche che troviamo già in Haunt Me, Haunt My Love Is Rotten to the Core (Substractif, 2002), un vero e proprio tour de

44 45 force del taglia e cuci, in cui vengono fatti convivere scampoli di interviste, si arricchisce qui di riflessi caldi ed evocativi. The Stair Compass vive di vam- voci prese chissà dove, e suoni presi da concerti live dei Van Halen, il tutto pe elettroniche alla Fennesz, che bruciano lentamente fatati barocchismi per meno di venticinque minuti di fragore digitale. minimal come nemmeno Colleen. I dieci minuti di Azure Azure potrebbero essere invece i più avventurosi del suo repertorio, tra voci di capitani persi I don’t think that Walter Benjamin was entirely right about certain aspects of nella tormenta e apocalissi atmosferiche per burrascose tempeste di suono the “aura.” Aura has shifted into things we can copy. da cui non si esce come prima. Radio Amor eccelle nella prassi visionaria e trova per il suo autore una cifra stilistica unica e immediatamente ricono- Il successivo Radio Amor (Mille Plateaux, 2003) è il disco della consacra- scibile. zione, non solo del suo nome, ma soprattutto del suo stile. Alleggerita la Un anno più tardi Hecker torna sugli scaffali di dischi con un disco nuovo prassi ultratecnica dei primi due dischi, il nuovo lavoro trova il fulcro delle per Alien8 Recording: Mirages (Alien8 Recording / Wide, 2004). Il canadese proprie visioni intorno ad un piccolo villaggio da pesca dell’Honduras di cui cerca di bissare il colpo di Radio Amor e la press release è suggestiva: “Ta- fa esperienza Hecker stesso. E’ un modo molto sottile e ironico di sottoline- king inspiration from Italian partigiani and the counter-attack of the anti- are la pretenziosa e supponente concettualizzazione che sta dietro a tanta Vichyists, Hecker has issued a salvo against all tourists of melancholy, from musica elettronica moderna. Far finta che ci sia un concept a guidare l’idea trustafarian pseudo-leftists to the Ikea nihilists of the bobist rive droite. … di un disco senza che poi ci sia davvero niente più di una traccia dentro cui With its motifs of eroticism and torture, militancy, and ecstatic pain, Mira- muovere le proprie visioni. E’ con atteggiamenti come questo che Hecker si ges also points backwards towards the Viking penchant for fighting and allontanerà a lunghe falcate dalla moda imperante di inizio decade, quella feasting.” Addirittura un disco che si muove in un contesto politico, come cioè di assemblare lavori certosini di un’elettronica spesso più dedita alla denuncia di uno modernismo squallido e inconcludente se paragonato agli forma che alla sostanza. Radio Amor segue le tracce lasciate dal marinaio “eroi della seconda guerra mondiale e alla loro risolutezza”. Stiamo sempre Jimmy nei perigliosi flutti del mar dei Caraibi, ma è appunto una falsa idea li. Una traccia flebile di contorno. E’ la confezione. Dentro il tecnicismo di- di concept. Per Hecker conta molto di più la suggestione che affascina piut- venta lussuregiante. tosto che lo svolgimento di un poema. L’iniziale Acephale mostra subito un sound levigato, che rispetto al pre- L’afosa atmosfera tropicale si stempera e si riflette nelle mareggiate dro- cedente Radio Amor graffia maggiormente lambendo territori quasi noi- nate di brani come Song Of The Highwire Shrimper, 7000 Miles, (They Call se. Le note di un piano vengono disturbate dal riverbero intermittente del Me) Jimmy. Il tipico “clashing sound” di Hecker, dove le frequenze elettroni- laptop nella successiva Neither More Nor Less. In definitiva, Mirages è un che sembrano collidere l’un l’altra e disegnare nuove geometrie armoniche lavoro che gioca amabilmente con i due cliché dell’Hecker sound: da un lato gli avventurosi scontri di suono, che, visto anche il romanticismo ge- nerale, assumono fragranze quasi , dall’altro l’ambient minimale disturbata dall’elettronica trattata al pc. Alla prima categoria appartengono brani come Aerial Silver, The Truth Of Accountants, Kaito, Balkanize-You. Alla seconda, invece, si iscrivono Celestina, Counter Attack, Aerial Light-Pollution Orange, Non Mollare. La splendida Incurably Optimistic che chiude il lavoro, riassume entrambe le posizioni. Mirages è un disco meno di cuore e più di cervello, ma il risultato finale è poco meno che ottimo, anche se inferiore a Radio Amor Nel 2005 Hecker dà il suo contributo alla serie della Staaplaat, elaborando un unico brano fiume di 40 minuti dove il suono par- te evocativo e minimale, sfocia in un frastuono digitale dai riflessi doom, ritorna nella calma, si anima di una vaga melodia in lontananza che sciama nel sottosuolo… insomma un film a occhi aperti di cui non va rivelato il finale.

First and foremost, I’m a studio musician. My main skill is making studio arti- facts.

Arrivati al 2006 i tempi sono ormai maturi perché Tim Hecker cominci ad alzare lo sguardo oltre un orizzonte di settore, che comincia oggettivamen- te a stargli stretto. Le icone di genere, anni 2000, ovvero Basinski e Fenne- sz sono ormai così diventati paradigmatici per un disco che non riescono a replicare (The Disintegration Loops per il primo, Endless Summer per il secondo) che la loro stessa carriera diventa un continuo termine di para-

46 47 gone con il passato. Hecker può permettersi più di qualche turning point. La sua non è una sensibilità pop, ma realmente avanguardista, per questo ha lo spazio e le spalle sufficientemente larghe per affermare che “Fennesz, nel corso degli anni, si è concentrato su una sensibilità prettamente pop nei suoi lavori in studio (al contrario il suo approccio live è molto diverso), come in opposizione ai suoi primi lavori più concreti come Plus Forty Seven Degrees…”. Il metodo di Hecker di contro è una metodica improvvisazione dettata da regole interne rigidissime. Descrivendo l’ispirazione che stava dietro al brano Acephale, il musicista canadese dimostrava di avere uno spirito av- venturoso e soprattutto una base rock che è quella che fa la differenza: “Il mio processo creativo è di sviluppare una melodia o qualcosa del genere anche li dove non sembrano esserci gli elementi sufficienti per far nasce- re niente. E’ come uno sperimentalismo forzato in termini più pop e goth. Acéphale è stata sviluppata partendo da un campionamento dei Blur; ci ho suonato sopra la chitarra e ci ho lavorato sopra fino a quando non ha preso una vita propria. Ad essere chiari comunque non esiste uno standard per la composizione. Ogni pezzo ha dietro il proprio fungo sotterraneo che lavora “. Il grande turning point arriva quindi con la firma di un contratto con l’etichetta americana di culto . Un matrimonio deciso all’inferno e che produce come primo risultato uno dei migliori dischi del sound artist: Harmony In Ultraviolet. Il passaggio all’etichetta chicagoana, dopo anni dell’anno precedente con il connazionale Aidan Baker, Fantasma Para- di laborioso peregrinare di label in label, sembra ai più la dimostrazione stasie, ma quello che funziona con quest’ultimo, ovvero un lavorio di fino che due rette parallele hanno deciso ad un certo punto di congiungersi. verso un’effettistica liquida e molto lieve, non sortisce lo stesso risultato Hecker di contro, rimane come sempre schivo e pragmatico: “E’ difficile nelle mani di uno che di contro ha sempre avuto una visione più magnilo- mettersi a pensare all’etichetta giusta per la tua musica, soprattutto perchè quente e wagneriana. non sono molto addentro alla musica contemporanea, nel senso che non “Ricordo di aver visto le immagini di qualcuno con il volto ricoperto di ho cognizione di cosa ogni label stia facendo. Kranky però è un’etichetta sangue in qualche reportage giornalistico su qualche apocalisse avve- che ho cercato per un bel po’ e quindi è veramente appagante che ci sia nuta lo scorso anno. Non so in che modo tutto questo sia entrato nella mia trovati qui a lavorare insieme”. Il risultato del disco è un Hecker che vira testa, ma è avvenuto in qualche strano modo”. E’ la microstoria che sta die- ancora di più sul crinale inaugurato timidamente da Mirages. Un disco che tro a Ravedeath, che si pone quindi come il disco migliore del musicista e spiega l’attenzione che il suo autore ha per le geometrie cosmiche, le ne- capo d’opera di inizio decade. Lavoro che si pone oltre la dialettica digitale bulose d’ambiente ispide e nervose, gli effetti rumorosi e stordenti. Tutto versus analogico dei primi Duemila, lontando dalle short wave estetizzanti il contrario quindi dei canoni classici dell’ambient d’aeroporto e parecchio e dalle scene noisey più sub-bassi firmate Mille Plateaux, via dall’IDM più vi- più in là in direzione di un’avanguardia elettronica tutta personale. Qui si cina ai Tangerine Dream, in uno spazio tutto suo dove tutti questi elementi cambia anche registro in merito alle durate dei brani, tanto languidamente li ritroviamo con la forza e lo scarto determinanti al superamento. L’altezza estese nei lavori precedenti, quando circoscritte in mini variazioni di pochi verticale del drone, la stordente potenza dell’organo collegano Satie a Klau- minuti nel presente. Harmony in Blue esemplifica al meglio in nuovo corso se Shultze, la sonata alla cosmica krauta. Un gioco di engineering e produ- del musicista, mostrando in quattro frammenti, altrettanti modi di piegare zione. Presa diretta per l’incisione e successivo lavoro di editing invisibile l’elettronica alle fantasie visionarie del suo autore. La sapienza tecnica si è che deve parecchio a , l’ultimo signore dei ghiacci in grado di evoluta al punto di siglare brani masterpiece come Chimeras e Dungeone- sottoscrivere un marchio di fabbrica autografo nella recente scena elettro- ering, che andrebbero studiati nei master di musica elettronica tenuti da nica post . E’ lui a prestare idee soniche dal suo disco di debutto Fred Frith. Steel Wound, lui ad ingabbiare la mistica drone del canadese in una spessa Dopo tanta effettistica il successivo (2009) sem- nebbia di layer densi e impenetrabili. Da qui lo scarto dell’organo proces- bra quasi un ritorno sui propri passi, un ripiegarsi su stesso, cercando un sato e il riverbero monastico di Rekjavik che rendono Ravedeath un disco approccio più pastorale e luminoso. Hecker pensa all’utopia di Debussy ma non solo di sapienza tecnica, ma anche di lirismo umorale e struggimento sembra arrivato a un punto morto e la stasi quasi shoegaze di Borderlands malinconico, consegnando il suo autore, finalmente, all’accettazione del sta lì a dimostrarlo. L’idea di sintesi noise fennesziana è un canto di sire- pubblico pop che, non a caso, apprezza ed elogia. na, un abbraccio mortale. Il suo è un soundscape tridimensionale (Utropi- cs / Paragon Point) che risente evidentemente anche della collaborazione

48 49 Recensioni — cd&lp

highlight

A Red Cat In The Doghouse - Life Under The (Trust), Seth Troxler (Miles in Aphrika con Lawrence) Boxcutter - The Dissolve (Planet Mu Records, Aprile 2011) Chemtrails (Ropeadope, Ottobre 2010) e una serie di artisti dell‘etichetta che oltrepassano le Ge n e r e : g l o s t e p Ge n e r e : b e a t s / f u n k mode e suonano già classici, in particolare James What Salvo una personale passione e continuità per lo sci-fi e la robotica firmataAutechre , Barry Lynn è uno Il romano Aldo De Sanctis, classe ‘74, polistrumentista e e il remix di Glimpse per Lewie Day. che ha sempre cercato una sintesi tra trend consolidati e proposte innovative (altrui) nei propri lavori, produttore (di mestiere tecnico del suono), dà seguito Il secondo disco è lo one man show di Demac: presen- posizionandosi, nel corso dell‘ultimo lustro, come un barometro privilegiato della vivacità e continua alla prima prova Night On LegHorn (2009) con un buon ta infatti tutti i singoli di maggior successo dell‘uomo mutazione dell’UK continuum. album sostanzialmente (spiccatamente, usciti per la label. La sua proposta esce dal nero e si in- Nel secondo album Glyphic, attraverso un percorso di convergenze parallele al Pinch di Underwater l’intro orchestrale, la cadenza reggae e i tocchi etno di fatua di macchine vintage detroitiane: 808 e 909 sono Dancehall (dello stesso anno, il 2007), esplorava il lato rastafariano dello stepping etnico e dubbato Home Growth; il quasi-rock di Deep Water), con dentro la base macchinica (Lose That Tape This) per un suono di scuola Tempa (vedi le reminiscenze Horsepower Productions) senza esercizi funk (il dittico dedicato alla B-movie Funky Star, che cita nelle vocals collezioni di dischi funk, soul e farsi mancare certe intuizioni a contorno (post-jazz Miles Davis via Squa- che si ricollega a un pezzo del primo disco), dub (la r‘n‘blues (Idea Without A Name) e che ama forgiarsi con repusher e Skream!); nel successivo Arecibo Message (2009) spaziava qui leggera e dondolante Dub Grown) ed elettronici (l’in- tecniche di cut-and-paste e citazionismi squadrato- e là riprendendo lezioni garage (via Burial di Untrue) ‘ardkore e house (via cedere minaccioso della spacey Black Moon Rising; le analogici da club Novanta (Slip Slop Slap). Actress) acid (via Luke Vibert) e così via, catalizzandoli in uno spettro ana- rarefazioni ambient-noise di Ghost Town e della lunga Un doppio che crea un‘atmosfera calda, piacevole e logico pre-IDM, accarezzando anche sonorità 80s. conclusiva Debunk This!). Un pezzo su tutti ha la marcia sensuale. Due nomi da appuntare nella lista dei VIP del- Nel 2011 del post-hypnagogic, in pieno recupero di spezie black 70s (funk, in più e vale anche da solo l’ascolto del disco: l’iniziale lo spinning. Murmur. Il futuro della deep passa anche fusion, jazz, Herbie Hancock), nuove e vecchie loungerie, dei Bibio di Mind Citylights (con la sua companion Nightshifting, quasi in da qui. Bokeh e dei Toro Y Moi di Underneath The Pine, Caribou e Discodeine, chiusura), sospeso tra dubstep, glitch e Radiohead (le (7.3/10) Lynn si riconferma ancora l’ago della bilancia elettro-brit, consegnando alle stampe forse il suo miglior tastiere). Marco Braggion lavoro. (6.4/10) The Dissolve oltre a sintetizzare il dubstep e la fu IDM in nuove e convincenti tracce (Factory Setting Gabriele Marino AA. VV./Uxo/Digi G’Alessio/Planet Soap/ e Adele gli splendidi esempi che bazzicano intorno al mondo electro brit tra garage, dubstep, afro, Smania Uagliuns - Dolphyn Surround drum‘n‘bass, ‘ardkore), affonda completamente il colpo nella solarità e nel disimpegno nu disco carai- AA. VV./Geddes/Tom Demac - nofitstate (passionjunkies.it, Marzo 2011) bico now: da una parte, il funk (Zabriskie Discodegna di Bjørn Torske) dall‘altra il soul (All To Heavy, The (Murmur, Marzo 2011) Ge n e r e : b e a t s Dissolve e Ufonik, tutte con Brian Greene alla voce), in mezzo, la mano, un solido impasto suonato con Ge n e r e : d e e p h o u s e Come recitano le note stampa, Dolphyn Surround è la batterie, bassi slap e persino chitarre newagey Settanta (Passerby, Tv Troubles) mescolate a scintillanti Una compilation doppia di deep che si situa sulla prima compilation di materiali esclusivi prodotta dal tastiere vintage spaziali. lunga teoria a basso voltaggio di cassa professata da sito Passion Junkies, dedicato al mondo dei ritmi (con Il disco è un album a due lune, una chiara e l’altra scura, entrambe focalizzate a dovere. L’irlandese non Wolf + Lamb, Deniz Kurtel e gli altri DJ che stanno interessanti podcast) e curato del napoletano Fabio Fe- è uno che innova, ma incarna l’artigianato che assimila e restituisce con grande capacità ed efficacis- alimentando con classe, buon gusto e personalità il sta. Focus su Eric Dolphy, primo di una serie di tributi sima variazione sul (già) detto. Gli manca ancora tanto così per diventare il Caribou o Four Tet. Noi ci nuovo corso dell‘house di questi ultimi mesi. Geddes a musicisti di culto che hanno influenzato in maniera crediamo. è il patron dell‘etichetta murmur e dei parties Mulleto- diversa il beatmaking, è un memorial barbecue con (7.2/10) ver londinesi. Tom MacDonald è il ragazzo di bottega dentro molti dei nomi della scena italiana che abbiamo Edoardo Bridda che vive sommerso nel suono della label. Il maestro e imparato e stiamo imparando a conoscere. l‘apprendista, tanto per intendersi. Un disco a testa per La scaletta si divide tra brani atmosferici e rarefatti e spaziare in mondi subacquei, visioni calde che non ta- track più solide, costruite attorno ad un loop preciso: gliano il tempo con filtraggi anomali, ma che vivono di lo sketch stomp-hop jazz di Johnny Boy ed Manue- Soap, il loop zappiano di Knobuttons, l’esotismo di giore unità d’intenti all’interno della scena. calore e soul. le Atzeni (dalla crew toscana di Digi, OverKnights), il Digi G’Alessio e il mood goodbyeporkpiehat-iano degli (6.9/10) La selecta di Geddes parte subito in quarta con le po- grime di Kappah, il mystery shuffle di thegodfathe- Smania Uagliuns (forse il pezzo più riuscito della rac- Gabriele Marino sitive vibrations ereditate da Stevie Wonder di Maceo rExperience & Alice, il gioco di accenti su tonalità scu- colta). Plex (Vibe Your Love), per passare poi dentro un tunnel re di Uxo, la slackerlanguida di Bain Mass, Un po’ di fisiologica altalena qualitativa tra i pezzi, ma Adele - 21 (XL, Marzo 2011) di vocals blackissime trasudanti clubbismo deep da la batteria immersa in ambient noise di Balbio (in duo iniziativa molto interessante (soprattutto se farà da Ge n e r e : s o u l w r i t i n g tutti i pori. I nomi più cool restano i big: Marco Pas- con Robot Kaard su un altro brano), l’ambient di Grove- apripista per una intera serie) e ulteriore testimonianza In un periodo in cui quella cofana irrequieta di Amy Wi- sarani (Colliding Bonus Star), la già menzionata Kurtel kingsley, il lick fiatistico con sirene diPlanet del fermento e - speriamo anche - di una sempre mag- nehouse non sembra in grado di reggere il peso della

50 51 scena, Joss Stone sembra essersi dimostrata una mete- marcata componente dancey. Stavolta però, più che la formismo, la cantautrice di Nevada City riesce comun- hanna Newsom. Di quest’ultima, in particolare, la gio- ora durata giusto lo spazio dell’esordio e mentre Duffy lezione di Washed Out e Memory Tapes, ad emergere que a ritagliarsi una dimensione propria, in un non me- vane londinese sembra possedere la stessa esuberan- sembra spingere la propria musica verso altri lidi, Adele è ancora una volta la devozione per i protagonisti degli glio definibile punto d’equilibrio tra spirito e carne, tipo za creativa, testimoniata dalla composizione copiosa e sembra avere tutte le carte in regole per prendersi lo ‘80, con menzione speciale per New Order (i riconosci- una Sandy Denny resa sanguigna da particelle Janis dal fatto che oltre alla musica, si dedichi anche all’arte spazio che la sua voce cavernosa e potente da soul sin- bili loop di synth in Meadows e Open Door), Pet Shop Joplin o una Grace Slick redenta Joan Armatrading. illustrata. In questo sguardo al folk al femminile targato ger si merita. Boys (l’energy dance di Lights Out e Relax The Mind), Sembrano quindi accantonati quei riflessi esoterici, la USA, Alessi sforna alcune chicche, come la rivisitazione Dopo un esordio di grande successo commerciale, 19 perfinoCulture Club (il canto mellifluo diBoy George ricerca delle suggestioni fantasmatiche che l’avevano Americana della title track, il crescendo scanzonato à (numero che indicava anche la giovane età dell’artista), ripreso in Smoke And Mirrors). Gli spunti più fantasiosi inizialmente accomunata al filone prewar-folk assieme la Feist di The Robot (giù apparsa, insieme a The Bird Adele ha aspettato quasi tre anni per affrontare il so- si limitano dunque a un paio di brani: Electric Eel, col alla concittadina Joanna Newsom. Song sull’EP Soul Proprietor, antipasto del disco del- phomore, tenendosi adeguatamente lontana dai peri- suo divertente dialogo tra vocoder e spasmi noise, e Sopravvive, certo, nelle nuances di una voce dall’inten- lo scorso anno), le ascendenze rock 60s/70s di Must’ve coli che potevano insidiare una carriera ancora tutta da Rio, un vivacissimo gioiellino electro pop su misura per sità non comune, capace di esaltarsi nel sound allesti- Grown. costruire. Si è ritirata oltre oceano, in questi Stati Uniti le vacanze estive. Preso atto delle sue abilità, va detto to dalla nuova band, i Wild Divine, ovvero i chitarristi Il risultato complessivo è un lavoro maturo, molto più da soul country nei quali tanto affondano le radici della che il ragazzo può ancora migliorarsi, maturando un Tom Menig e Tom Bevitori, rispettivamente padre e di quanto non dica la carta d’identità, per un’autrice sua arte (Dusty Springfield, sì, ma anche Wanda Jack- proprio stile personale. Sufficienza e pacca di incorag- marito di Alela, più il bassista Jonas Haskins ed il bat- che ha tutte le carte in regola per posizionarsi tra i mi- son), e in quel di Malibu, in compagnia di una vecchia giamento. terista Jason Merculief. Trilli fragranti di mandolino, gliori prospetti futuri del genere. volpe come Rick Rubin, ha messo insieme questo 21. (6.3/10) tepori d’organo, cartigli di lap-steel, un prodigarsi ora (7/10) L’impressione generale è che in un potenziale ancora Carlo Affatigato delicato e ora turgido alla bisogna: è la band compli- Marco Boscolo tutto da scoprire, le carte per durare ci siano. Il dittico ce, duttile e sensibile di cui Alela aveva bisogno, perciò iniziale del singolo Rolling In The Deep e di Rumors Has Agatha - Goatness (Wallace Records, non stupisce che il titolo le renda omaggio. Neppure Alex Turner - Submarine (Domino, Marzo It lascia senza fiato per lo stomp efficace, per la forza Aprile 2011) sorprende, visti i trascorsi, l’ispirazione che sostiene le 2010) dell’interpretazione, per la cura dei dettagli. La liquida Ge n e r e : n o i s e -s l u d g e tracce in scaletta, ballate che spacciano enfasi asciutta, Ge n e r e : m e l l o w b r i t r o c k He Won’t Go sembra superare la Winehouse proprio Ridurre un power-trio elementare ad un duo, fare a calda inquietudine ed elastica risolutezza. Da quando, nel 2008, diede vita ai Last Shadow Pup- sul suo terreno, Take It All è la più classica delle balla- meno della bocca di fuoco per eccellenza delle mu- Degne di nota una Suzanne che coglie il punto di fusio- pets è stato subito chiaro che Alex Turner potesse, te pianistiche, quelle che resero grande Peggy Lee, ma siche rock e rendere il tutto possibilmente più heavy. ne tra il di Desire e quello di John Wesley presto o tardi, imboccare la via solista. L’occasione ide- anche una buona schiera di cantanti afroamericane Questa la missione non scritta delle due Agatha super- Harding, una Elajah dalla balsamica trepidazione, quel- ale si è presentata dunque con la colonna sonora del degli anni d’oro del jazz. Ci sono episodi meno riusciti stiti, Pamela a basso e voce e Claudia alla batteria. la Heartless Highway che sfarfalla jazzitudine e spersa debutto cinematografico dell’amico Richard Ayoade - (Turning Tabels, ad esempio, si salva solo per gli archi, la Riduzionismo di matrice noise-sludge con armamenta- acidità. Abbiamo forse perso un’interprete insolita, ne regista di molti videoclip degli Arctic Monkeys - per cover di Lovesong dei Cure in salsa bossanova convince rio di effettistica varia e batteria mobile a rendere cor- abbiamo guadagnata una che potrebbe dare una bella cui confezionare i cinque brani di questo EP di debut- fin là), ma dobbiamo scrivere il nome di Adele tra quelli poso un suono che non conosce soste o fa prigionieri: rinfrescata alla tradizione. to. da seguire nel prossimo futuro. pesantezza slowcore e slabbrature metal-noise tra un (7/10) Dalla beatlesiana Stuck On The Puzzle e al pop midtem- (7.1/10) doom alla Sunn O))) ma più dinamico (AutunnO)))), Stefano Solventi po di Piledriver Waltz fino all’intimismo acustico di Hi- Marco Boscolo uno sludge paludoso alla EyeHateGod e certe effera- ding Tonight e It’s Hard To Get Around The Wind, Turner tezze sonore del post-hc primi 90s quando flirtava col Alessi’s Ark - Time Travel (Bella Union, dipinge quadri malinconici e trasognati che non si al- Adventure - Lesser Known (Carpark, metal (Earth Crisis, Snapcase et similia) ma senza fon- Aprile 2011) lontanano troppo dai Monkeys di Secret Door e Corner- Aprile 2011) damentalismo se si eccettua quello targato diy (Punk Ge n e r e : indie-f o l k stone (Humbug). Ad emergere però concorrono i testi: Ge n e r e : s y n t h -p o p Explained To My Mother). Ad aggiungersi alla proposta Poco più che ventenne, Alessi Laurant-Marke deve il la migliore dimostrazione di una scrittura maturata che Anche se non ha mai voluto riconoscersi in tale veste, del neo-duo, un notevole senso dell‘umorismo citazio- suo nome proprio all’omonimo, italianissimo brand di da John Lennon ai Verve porta fino al Turner di oggi, il primo album di Benny Boeldt (Adventure, 2008) era nista e autoironico: titoli come Slayer Vs Morrissey, The design. Cresciuta a Londra, debutta per Bella Union, ma la cui cifra stilistica è ancora tutta in divenire ma già di fatto un perfetto esempio del cosiddetto , Hard Life Of Last Minute Lyric Writers o Take Care Of My ha alle spalle già una cospicua discografia fatta di EP, poggia su un qualche evanescente eppur solido basa- ovvero l’arte di far musica home-made col solo utilizzo Carogna dicono di musiciste non solo padrone del ver- spit e singoli che rendono l’ipotesi di seguirne a ritroso mento. dei suoni prodotti dai primi videogiochi anni ‘90. Nello sante strumentale ma anche dotate della sempre più le tracce operazione per lo meno impegnativa. La for- Prima di sbilanciarci bisognerebbe aspettare un album stesso anno in cui 4mat, uno dei padrini del genere, rara capacità di non prendersi troppo sul serio. tuna le arride quando, nemmeno maggiorenne, viene vero e proprio, ma viste le ottime recensioni ricevute torna con Surrender a ridare lustro e classe all’estetica (7/10) notata nella giungla My Space e messa sotto contratto dal film al Sundance Film Festival - lo hanno definito nintendo-oriented, Adventure si svincola dalle regole Stefano Pifferi dalla Virgin. Il connubio produce Notes from the Tre- addirittura il Trainspotting della propria generazione - della chip music approdando in territori più decisamen- ehouse, ma qualcosa fa pensare alla giovane cantan- possiamo desumere che Submarine come colonna so- te (synth)pop. Lesser Known non perde comunque lo Alela Diane - Alela Diane & Wild Divine tautrice che è meglio rescindere il contratto dopo solo nora possa funzionare, anche se preso a sé ci mostra un spirito giocoso né una certa nostalgia degli anni passa- (Rough Trade, Aprile 2011) un disco e accasarsi presso un’etichetta più in linea con Turner in parte già sentito e abbastanza monotono. ti, prendendo posto nel percorso evolutivo post-glo-fi Ge n e r e : f o l k la sua estetica. (6/10) proprio accanto agli ultimi Miami Horror. In altre pa- La parabola di Alela Diane prosegue nel segno di una Così arriviamo al 2011 e a Time Travel, con la voce da Alberto Lepri role: l’amore per gli eighties è confermato a viso aper- pienezza sonora sempre più rivolta al folk-rock della gattina di Alessi che mette in fila dodici brani eleganti to, ma l’attitudine lo-fi viene meno in favore di una più cuspide tra Sessanta e Settanta. Nel suo rinnovato con- e suadenti. Viene in mente Cat Power, ma anche Jo-

52 53 Alexander Rishaug - Shadow Of Events Parlano allora chiaro un titolo e uno scatto di copertina highlight (Dekorder, Marzo 2011) che suggeriscono un fare quadrato, ma soprattutto la Ge n e r e : Am b i e n t , d r o n e sicurezza con cui il quartetto prosegue a sintetizzare Cat’s Eyes - Cat’s Eyes (Downtown, Aprile 2011) Poco conosciuto e altrettanto sfuggente, Alexander tra loro i modelli di cui sopra nel mentre ne indaga i Ge n e r e : Lo u n g e g o t h p o p Rishaug, è stato tante cose, in primo luogo un sound rispettivi padri. Da qui una maggiore elettricità, quel “Sapevamo che se ci fossimo riusciti, nessuno sarebbe stato in grado di copiarci” dicono oggi compiaciuti. artist in proprio, poi un musicista impiegato in vari pro- jingle-jangle muscolare alla Big Star che - pur non E ci mancherebbe! Una band che inizia la propria carriera concertistica a San Pietro (la basilica vaticana, getti impro e noise (ha fatto parte del collettivo ARM adombrando l‘anima acustica: si vedano il country non una qualche sconosciuta fiera di paese) ha come unico limite le stelle. con Arne Borgan e Are Mokkelbost, dal 1996 al 2006, crepuscolare Merry-Go-Round e la gemma Suitcase, un Retorica a parte, che fosse l’anima meno garagistica e più eclettica all’interno del colletti- ha collaborato con Lasse Marhaug, Ole Henrik Moe, Brian Wilson folk-rock - pervade diversi brani (la secca vo Horrors si era capito. Più difficile sarebbe stato immaginare che le derive sarebbero state quello di Erik Skodvin e Tape), infine un producer e un remixer. apertura For You, una Beautiful Mind di ruvida emotivi- un pop cinematico e altamente suggestivo come quello prodotto dai Cat’s Eyes. Guardando alle origini della sua produzione in solitaria tà, la trascinante Place To Hide) e fa bel paio con l‘inne- Insieme al giovane soprano canadese ha allestito un progetto che si abbevera tanto al torniamo al 1998, anno cruciale per il clicks’n’cut: in quei sto di Gabriele Ponticiello, strumentista eclettico e raf- pop dei girl groups, quanto agli score exotici di Piero Umiliani e Bruno Nicolai. Attenzione però a giorni Alexander è un ortodosso produttore di glitch e finato. Reazioni che profumano di cambiamento nella considerare come marginale il contributo della Zeffira. E’ dalle sue abilità di polistrumentista, nonchè microwave music. Quattro anni più tardi, per Smalltown continuità come la produzione arguta di Giovanni dai suoi soggiorni italiani (a Verona, infatti, ha perfezionato gli studi lirici) che i Cat’s Eyes traggono Supersound, esce il debutto, Panorama, un pout pourri Ferrario e la pienezza raggiunta da scrittura e cantato. spunto. di tecnologie fritte e saltate nello stile di Oval e lezioni Non da tutti, infatti, la sfoglia chiltoniana Meanigless, con Il loro esordio è perciò un disco calato nei 60s più oscuri e bohemien, sia minimaliste (Terry Riley) applicate all’era digitale (Ra- un refrain splendido per come rende naturale la com- quando i due si avventurano nel beat kraut della title track, sia quando ster Noton). Poi, con Possible Landscape per Asphodel, il plessità, e una commovente Shooting Star da George forniscono la loro personale interpretazione dei duetti fra la bella e il tene- tiro s’aggiusta assestandosi sull’ambient di derivazione Harrison ale prese col dylaniano Oh Mercy (l‘ombra di broso (più Hazelwood/Sinatra che Gainsbourg/Bardot) sempre virati su glitch. Rishaug polverizza gli errori digitali, contempla la Daniel Lanois si stende anche altrove, sullo strumentale tonalità dark. Trovano infine la loro specificità nelMorricone crepuscolare field music in modalità più campestre e si converte len- Homestead e su certi toni traslucidi); altrimenti, la sen- di Bandit e Over You, o negli esotismi in Super 8 di Not A Friend. tamente al suono maturo degli artisti Mille Plateaux. sazionale articolazione di una Airstrip Zero in continuo Piace molto la misuratezza degli arrangiamenti, così come il modo in cui E così arriviamo quest’anno a Shadow of Events, terzo ondeggiare tra luci e ombre e la conclusiva, visionaria Rachel dosa la voce calandosi nel ruolo della chanteuse. Il resto lo fa una lavoro a suo nome e un passaggio alla chamber dro- Grand Avenue, sintesi di stile e insieme ponte verso il fu- produzione che garantisce la giusta patina vintage e un gustoso languore psichedelico. ne pienamente compiuto: il norvegese dipinge caldi turo. Maturità, ti accogliamo a braccia aperte. E chissà Badwan e la Zeffira ci tengono a far sapere che i Cat’s Eyes sono una band a tutti gli effetti, per questo human landscape, quadretti d’elettroacustica folk dai che qualcuno non presti orecchio anche all‘estero. sarà interessante constatare la resa dei brani alla prova del live, quando i due saranno accompagnati da mood nipponico-umbratili accodandosi così a tante (7.3/10) un vero ensemble di musicisti. Ciò non toglie che il loro sia un progetto decisamente affascinante che produzioni di settore ambient-noise dell’ultimo lustro. Giancarlo Turra non mancherà di proiettare la propria lunga ombra sul prossimo imminente lavoro degli Horrors. Come nei due album precedenti, Rishaug approda su nic- (7.3/10) chie sonore oramai esplose dallo sfruttamento di orde di Apes On Tapes - Foreplays (Homework Diego Ballani nerd ed electoheads. La sua proposta non presenta quindi Records Netlabel, Febbraio 2011) alcuna novità e neppure brilla per ispirazione o fascino. Ge n e r e : w o n k y d o w n t e m p o (5.5/10) Ancora ottimi segnali dalla scena. Apes On Tapes è il Edoardo Bridda duo formato a Bologna nel 2005 da Luca Garuffi aka Arbe Garbe - Arbeit Garbeit (CPSR, Aprile volo della Paloma, Une Bugade Di Vint). Lagàr e Giordano Dini aka Antani, folgorati dall’ascol- 2011) E’ in questa veste che li preferiamo, nonostante un giu- Annie Hall - Annies (Quasi Mono, Marzo to dell’hip hop strumentale di Prefuse 73. Questa è la Ge n e r e : p a t c h a n k a -f r e e dizio sul disco complessivamente positivo. 2011) loro terza prova dopo un EP (2006) e un album (2008) Agropunk freenoise: gli Arbe Garbe abitano un limbo (6.8/10) Ge n e r e : a c u t e indie-p o p sempre su Homework. che è solo loro, fatto di una musica eclettica à la Primus Fabrizio Zampighi L‘ultimo anno è stato foriero di novità per questa bril- Il loro è un screziato di etno-esotismi (i cuts mixata a una patchanka nomade e multilingue. Quasi lante formazione bresciana. Innanzitutto l‘amichevole di voci in delay che si muovono sinuose fin dall’iniziale a unire dimensione popolare e concettualità ai confini Architecture in Helsinki - Moment Bends forfait del bassista Giorgio Marcelli, nella line-up sin Les e dalla sua naturale prosecuzione Quarter Punder con l’avanguardia, in un suono insolitamente bandisti- (Modular, Aprile 2011) dall‘inizio; poi, la loro Ghosts‘ Legs finita nello spot pub- with Jazz), tagliato con gusto wonky e tocchi spacey. co che macina ottoni, chitarre elettriche, batteria, ac- Ge n e r e : In d i e -Po p blicitario di una nota compagnia telefonica. Soddisfa- Senza dimenticare la lezione dilliana (Neat Meat Friend, cordion e chissà cos’altro. Furbi gli Architecture In Helsinki a far uscire il nuovo zioni e momenti che hanno lasciato un segno come Verbal Leprosy), le radici electro (Big Wordz Big Wizard) e Se il precedente The Great Prova - pubblicato in com- album alle porte della bella stagione: il suono già tradi- l‘essere in giro da un lustro con la mente da “trenta e qualche puntata sulla battuta dubstep (smerigliata alla proprietà con il chitarrista americano Eugene Chad- zionalmente solare del gruppo tradisce oggi ancora più qualcosa”. Così che si avverte subito in questo terzo al- Dimlite, Not That Ready). bourne - era servito a istituzionalizzare agli occhi degli voglia d’estate. E’ una delle poche sfumature avvisabili bum che qualcosa è cambiato, che la formula dei dischi Un disco di raffinata ed evoluta downtempo, perfetta- ascoltatori più smaliziati una band che non sarebbe sta- in una ricetta per lo più immutata dai tempi di quell’In precedenti (all’incirca: una personale sintesi di Eels e mente inquadrato da un pezzo bello, ed eloquente fin to giusto confinare nel calderone del folk danzereccio Case We Die che potremmo definire, se non capitale, Wilco, Grandaddy ed Elliott Smith) poteva rimanere dal titolo, come Atarassic. più generalista, questo Arbeit Garbeit sintetizza bene la quantomeno importante nel definire il mondo indie- valida solo se sottoposta ad aggiustamenti di rotta che (7.1/10) contemporaneità del gruppo. Fatta di un suono girova- pop nella sua accezione più colorata. tenessero conto del vissuto. Gabriele Marino go ma anche di episodi trasversali e meno prevedibili (Il Nessuna svolta, insomma, e del resto sarebbe sciocco

54 55 pretenderne da un gruppo del genere, ma ancora una Austin non ci sembra insomma il visionario fusion di highlight manciata di brani divertenti (la corale Yr Go To, con tan- cui parla FlyLo, ma un impeccabile (il disco è elegante, to di campane, o la ballabilissima Escapee) e anche un suonato da dio, e ci mancherebbe) tecnico armato di po’ di malinconia da tramonto sulla spiaggia (la dolce buon gusto. Puro stile e pura forma, l’album manca di Colourmusic - My _____ Is Pink (Memphis Industries, Aprile 2011) W.O.W., la Desert Island che apre il disco in lieve levare). quella incisività che si deve pretendere oggi da chi ha Ge n e r e : p o p o b l i q u o Nella seconda metà della tracklist l’album, del resto, un pedigree come il suo. Non siamo tra quelli che pen- La Colourmusic non è una novità. È l‘output di una coppia di amici che si conoscono dal college e che mostra il fianco: Denial Style e Everything’s Blue suona- sano che la fusion sia roba vecchia e per vecchi, però metà dei Duemila, ormai, fanno musica ispirandosi a temi cromatici. My ____ is Pink esprime fino in no obiettivamente meno convinte, e come se non ba- questo qui è proprio un disco conservatore. fondo l‘espressionismo timbrico di cui Ryan Hendrix, Nick Turner e compagni sono capaci. stasse Sleep Talkin’ gioca col solito synth-pop anni ‘80 (6.4/10) Conoscevamo la band dai tempi quando apriva per Flaming Lips e British Sea Power qualche anno con I Know Deep Down a strizzare l’occhio agli Wham. Gabriele Marino fa. E proprio ai primi li accosteremmo per quella che ci sembra la caratte- Per un gruppo che ha puntato tutto sulla centrifuga di ristica principale di Colourmusic, ovvero l‘approccio: un metodo che ha a influenze piuttosto che sui rimandi diretti, questo è de- Babalot - Non sei più (Aiuola, Marzo 2011) che fare con il recupero non revivalistico, l‘astrazione, la produzione. C‘è cisamente un difetto. Ge n e r e : In d i e , It a l i a n a molto Brian Eno che accompagna come meglio può gli U2, in My ____ is In definitiva Moment Bends è un disco dal fiato corto. Babalot è un piccolo progetto folle, iniziato in grup- Pink, ma si sentono parecchio anche le corde e le idee tese degli Wire (Jill Un peccato dato che quel che c’è di buono funziona po, con il punkpop lo-fi di Che succede quando uno & Jack (A Duet)), e, facendo zoom out, una modalità di riapprocciare le cose davvero. muore (2003) e proseguito in seconda battuta in veste del passato che è molto vicino a quel periodo. (6/10) solista dal frontman Sebastiano Pupillo, con il malinco- Da un lato My ____ is Pink è un disco pienamente post-00, fatto di un uso Simone Madrau nico e naif Un segno di vita (2005). Babalot, oggi, è di dello studio, della stratificazione proprio dei nostri anni, persino di un‘ani- nuovo una band, e torna per la fida Aiuola dischi - ap- ma collettiva (We Shall Wish (Use Your Adult Voice)); nel rosa c‘è però anche un tentativo di andare oltre, Austin Peralta - Endless Planets punto aiuola felice per il bel pop nostrano - con Non passare allo step successivo riabbracciando, riprendendo in mano alcune cose che probabilmente do- (Brainfeeder, Febbraio 2011) sei più. vremo riaffrontare nei prossimi anni: abbiamo detto Flaming Lips, ma ancheMercury Rev, e tutto quel Ge n e r e : f u s i o n Non si perde occasione, in ognuno di questi otto brani, passaggio di inizio anni Novanta e quel tipo di psichedelia che, insieme al pop produttivo Achtung Giovanissimo astro del piano (un mentore d’eccezione di ricordarci che non servono mai grandi mezzi per fare Baby, la Colourmusic innesta sulla generazione . come Alan Pasqua, due dischi per la Sony/CBS pubbli- qualcosa di rilevante e stratificato, con un buon nume- Accade perciò che Dolphins & Unicorns sia un‘entità abbastanza strana, una ritmica che ci fa sentire i No- cati quando aveva appena 16 anni; sul primo suona ro di piani di interpretabilità. Non sei più, infatti, come vanta meno intellettuali ma anche un‘obliquità di questi anni, e che ancora una volta gode del lascito Ron Carter), Austin Peralta (1990) rappresenta una del resto gli episodi che lo hanno preceduto, non è solo del revival del post-punk quell‘assenza di rettitudine che è anche spirito di astrazione percussiva, acida sorta di contraltare USA alla funambolica giapponese pop - autoironico, a tratti noir, glassato di electro da ca- e sanguigna nel tempo stesso, nutrita della materia tipica dell‘: distorsioni di chitarra e basso Hiromi Uheara (con la quale peraltro ha collaborato), meretta - ma nasconde, in una seconda battuta, una affiancate dalle batteria. Un altro esempio: la successione tra The Beast With Two Backs e la lunga The come lei con Chick Corea in testa e sulla punta delle buona dose di analisi folleggiante del nostro presente, Little Death (In Five Parts), dove si passa da un esercizio di decomposizione alla 154 a una traccia con dita. Dopo session per gente del giro nuovo-afrofu- del nostro intimo più onirico, desiderante, spaventato. percussività - anche se non poliritmica - alla Mahjongg, con lunga coda di psichedelia cosmica. turista come Erykah Badu e Shafiq Husayn (Sa-Ra), Queste canzoni sono cavalcate pop, divise tra folk chi- Se ci abbiamo visto giusto, il rosa shocking della musica di Hendrix e Turner potrebbe diventare un esordisce adesso sulla Brainfeeder di Flying Lotus e tarra e voce, mood western e punk, a volte minimali, precedente nei prossimi anni. si capisce subito perché. Il ragazzo è cresciuto ascol- talvolta in esplosione beatlesiana ma armate sempre e (7.2/10) tando quella fusion avanzata di cui lo stesso FlyLo si è comunque di intuizioni, anche e soprattutto nei testi, Gaspare Caliri nutrito per Cosmogramma e una fusion di quelle che irresistibili. Non una sola direzione ma mille sguardi: fa perdere la testa agli hip hop-heads di nuova genera- da quello a Vinicio Capossela in Gattonero a quello, zione - opportunamente immersa in un immaginario persistente, all’Alessandro Fiori solista nello splendi- spacey - restituisce. do incubo-sogno Andiamo a mare e ancora in Paperino Bachi Da Pietra/Massimo Volume - Split EP ne. Sul lato A i bolognesi prendono la vibrante Morse Chiama l’amico Strangeloop a girare qualche cursore e Maggio. C’è tutta una nuova direzione cantautorale (La Tempesta Dischi, Aprile 2011) dall‘ultimo Quarzo e la ingentiliscono smussandone le e premere qualche pulsante lungo la tracklist, ma fran- di finto nonsense e genio travestito da follia, in questo Ge n e r e : r o c k asperità “petrose” senza però perdere nulla della dram- camente l’intervento si sente poco; come pure passa senso, il nome di Babalot, insieme a quello di Fiori e a Ce lo auspicavamo tempo fa accoppiandoli in un no- maticità originaria. Poi aggiungono un inedito, Un Altro in secondo piano il cameo della Cinematic Orchestra. quello meno incisivo di Dino Fumaretto, è prospettiva stro speciale sull‘uso dell‘italiano nel rock. Poi quella Domani, memore degli intrecci chitarristici che hanno Endless Planets è piuttosto lo showcase jazzistico di essenziale e pienamente riuscita. unione si è materializzata su un palco comune in oc- rappresentato il marchio di fabbrica dei Massimo Vo- Austin e dei suoi accompagnatori: Zane Musa-sax alto, (7.1/10) casione del tour di Cattive Abitudini e Quarzo. Ora è la lume sin dagli esordi. Ben Wendel-sax tenore e soprano, Hamilton Price- Giulia Cavaliere volta di una appendice discografica, nata proprio du- Dall‘altro lato il duo Dorella/Succi rende il favore con basso, Zach Harmon-batteria. Si sente l’influenza di Hi- rante quel tour. una Litio, estratta da Cattive Abitudini, resa scheletrica romi in certi momenti, per esempio nel bel groove e Questo split vinilico nasce infatti in accordo con La e nevroticamente rock, tutta spigoli e distorsioni, cui nel tema serpentino e accattivante di Capricornus; ma Tempesta, il Circolo degli Artisti di Roma e il raven- si aggiunge l‘inedita Stige 11. Vera e propria sorpresa manca quella freschezza alla fine funk/pop che riscatta nate Bronson (dal cui deus ex machina Chris, sembra del lotto, mostra i Bachi Da Pietra saturi e sconvolti, la giapponese dagli onanismi standard nel post-Corea. sia partita l‘idea) e reitera la collaborazione sfruttan- aggressivi e dilanianti come mai li avevamo ascoltati In cui invece il biondissimo sguazza. do l‘abusata formula dello split con prestito di canzo- prima, in grado di cavalcare un mid-tempo rock incen-

56 57 diario con furore e padronanza. Cosa che ci fa ben spe- era difficile immaginare che il nuovo corso di George li violino e flauto: tutto è organizzato alla perfezione, Black Devil Disco Club - Circus (Lo rare per futuri risvolti. “Basement Freaks” Fotiadis potesse avere una portata come se la musica fosse la colonna sonora di un film Recordings, Aprile 2011) Una ottima sorpresa che neanche i fan più accaniti si così ampia. L’orientamento nu-funk l’avevamo sì sco- la cui trama è enunciata nelle liriche, sempre ispiratis- Ge n e r e : d i s c o e l e c t r o sarebbero aspettati. perto nell’esordio di Urban Jungle ma, da allora ad oggi, sime. A mettere il punto su queste progressioni inter- Bernard Fevre chiama a raccolta una serie di nomi di (7/10) lo scarto è notevole: Something Freaky fa finalmente viene dunque il quasi-funk di America!, all’insegna di richiamo: , Faris Badwan degli Horrors, Stefano Pifferi esplodere le micce groove del talento greco coniugan- un groove pressochè costante ma disturbato da riff di Michael Lovett, addirittura Nancy Sinatra e Afrika do classicità e nuove espressioni. chitarra che sporcano tutto come nelle migliori pagine Bambaataa. Ma la sua miscela disco, qui pesantemen- Bancale - Frontiera (Ribéss Records, Il punto di partenza è il funk delle origini: dell’indie-rock anni 90: è l’apice del disco, già ora tra i te virata electro, appare fiacca ed impacciata come non Aprile 2011) (già remixato da Fotiadis in Mind Power, un paio d’anni brani più eccitanti del 2011. mai. Non mancano momenti godibili (She Flees The Si- Ge n e r e : t a l k i n ’ n o i s e addietro) e chitarrine frizzanti annesse, ma anche i fil- La seconda metà dell’album è al contrario più pacata lence) o singoli dettagli interessanti, ma in generale, Frontiera è la linea di demarcazione tra l’incantesimo macci di serie B della anni ‘70, il vocoder e regala un altro gioiello, Riding For The Feeling, balla- dall’iniziale Fuzzy Dream (un motivetto infiorettato da del vivere e la consapevolezza del ciclo vitale. Forse pop, la mutant disco e Prince. Niente che non possa ta di rara suggestione emotiva che al solito fa scattare percussioni) alla conclusiva Magnetic Devil (uno stere- l’unico confine reale, perciò rimosso, simbolicamente attecchire con una certa facilità nei nostalgici giorni l’inevitabile paragone tra il nostro e Kurt Wagner dei otipo portato alla noia), è tutta la stessa marmellata di dissimulato in un ordito di codici e rituali che ne stem- d’oggi, tanto più che la mistura si porta dietro tutto ciò Lambchop. Appena inferiori sono invece i nove minuti sottofondo, trasparente, inoffensiva. Anzi no, a tratti perano - ne equivocano - il senso. Che pure resta, come che è intercorso nel frattempo: tra il evoluto a della conclusiva One Fine Morning che, lavorando ap- anche irritante. un brontolio ai margini del frastuono. La morte quindi partire dai Groove Armada più radiofonici (Get Down pena di più sulla melodia, non avrebbe sfigurato fra i (5/10) - evento biologico, cronologico e culturale, ingranag- ), la nu-disco irriverente di (Get Re- cataloghi di Nick Drake o Tim Buckley. Gabriele Marino gio e carburante di vita - è la nota dominante di questo ady) e il p-funk targato DFA sullo sfondo; si aggiungo- Apocalypse è un’uscita che magari verrà sottovaluta- album di debutto dei Bancale, trio lombardo formato no, impietosi generosi affondi electro (Makes Me Wan- ta, complice l’anzianità sulle scene del suo autore in Blessed Child Opera - Fifth (Seahorse nel 2006 dal “nostro” Luca Barachetti (voce) e dal chitar- na Scream), afro-funk da corrida (Ade Bantu in Make contrapposizione al sempre più frenetico sbocciare di Recordings, Marzo 2011) rista Alessandro Rossi, raggiunti poi dal percussionista Money) e, perché no, lo stile canoro di un Justin Tim- gruppi nuovi: non credete agli hype, qui c’è un musici- Ge n e r e : f o l k -w a v e Fabrizio Colombi. berlake sempre più sdoganato (Something Freaky). sta che non solo non molla la presa ma si ripresenta in Quel che spicca della produzione di Paolo Messere a Già l’omonimo ep del 2009 ebbe modo di colpirci per Il troppo stroppia, ma c’è sempre l’eccezione... uno stato di forma invidiabile. nome Blessed Child Opera - perché ormai di progetto l’intensità dei reading immersi in ordigni noise-blues, (6.8/10) (7.4/10) solista si parla, pur con tutta una costellazione di col- il “metodo” Massimo Volume portato ad un livello di Carlo Affatigato Simone Madrau laboratori che orbita attorno al padrone di casa - è la esasperazione inedito, tra vibrazioni terrigne e visio- qualità media. Nessun disco che sembri un vezzo gra- ni febbrili che semmai scomodavano punti di contat- Bill Callahan - Apocalypse (, Birds Of Passage - Without The World tuito del musicista-produttore napoletano e tutti a fare to coi Bachi Da Pietra. In occasione del presente full Aprile 2011) (Denovali, Aprile 2011) bella mostra di una poetica che lavora da sempre sulle lenght di debutto, quella calligrafia compie un signifi- Ge n e r e : Fo l k Ge n e r e : d r o n e intimistico atmosfere, sui colori, sulla personalità del suono. Fifth cativo balzo in avanti, alza la temperatura dell’ossessio- Le ultime due prove di Bill Callahan, solari e decisa- Memorie personali, particolari e sfuggevoli atmosfere, decide che è venuto il momento del folk, con dodici ne blues fino al delirio controllato del post (echi palpa- mente più composte, vedevano l’autore noto come brevi attimi di una vita, tutto ciò che può contenere l’al- brani in gran parte acustici contaminati da quella com- bili For Carnation) accogliendo turbamenti slow-core Smog abbandonare le radici lo-fi che ne avevano fat- bum di ricordi che ognuno di noi conserva dentro sé. ponente wave analogica e decadente che ormai è un (tipo dei Codeine scorticati) aprendosi poi a suggesti- to un nome di culto nel decennio precedente: ne ri- Di questa impalpabilità è fatta la musica di Alicia Merz, marchio di fabbrica di Messere. Tra il crooning di Never ve ancorché livide palpitazioni folk (dalla pregnante sultavano brani meglio confezionati in cui tuttavia la la responsabile unica dietro la sigla Birds of Passage: To Return On Your Steps e una Falling che ricorda i Tin- afflizione Will /Jason Molina). maggior pulizia del suono sembrava tenere a freno un diario segreto fatto da collage di ritagli dalla propria dersticks, il mood ombroso di Reflection After Nothing E’ tangibile il contributo di Xabier Iriondo, che del estro e ispirazione. Oggi Bill è appena più introverso e intimità tenuti insieme dall’esilità di atmosfere plum- e gli archi di Between Us, la voce e chitarra di Lonely disco è produttore artistico: cartigli scabri di chitarra, cupo ma non così tanto da giustificare un titolo come bee dove soundscape e microdroni richiamano alla Friend e gli accenni free di Promised Circle. elettroniche frastagliate, insomma la tipica calligrafia Apocalypse, scelto invece per raccogliere sette nuove mente voci lontane e spettrali dal passato. Alla fine la cifra stilistica dei Blessed Child Opera è an- disturbante messa al servizio del sound, che arricchi- canzoni che di catastrofico hanno nulla e che si fanno Un lavoro altamente introspettivo, a tal punto da ri- che il limite maggiore del progetto, se di limite si può sce senza prevaricare. Tra i dieci episodi in scaletta, apprezzare per qualità ancor prima che per atmosfere. sultare inestricabile e inesplicabile per chiunque fatta parlare. Nel senso che da un disco di Paolo Messere spiccano Megattera col suo ondeggiare tumultuoso, Piacerebbe evitare il solito elenco, giudicare invece eccezione per la sua autrice. Senza la maestria neces- sai quasi sempre cosa aspettarti e alla resa dei conti l’impeto sanguigno di Calolzio, la struggente inquietu- il disco nel suo complesso ed elogiarlo per la sua or- saria per creare empatia nell’ascoltatore nella messa in quell’eleganza impeccabile che ci trovi dentro fa un po’ dine di Suonatore cielo e la torbida trepidazione della mai usuale raffinatezza, ma sarebbe un peccato tacere scena del proprio microcosmo - si prenda ad esempio la figura del diamante in vetrina: brillante, prezioso, ri- title-track. Una bella conferma. dell’incedere dritto e solenne delle chitarre che por- l’ultima uscita di casa Six Organs Of Admittance - Wi- cercato ma indirettamente anche autoreferenziale nel (7.2/10) tano a trionfo la timbrica inconfondibile del nostro in thout The World risulta piatto e privo di una carica emo- suo involontario ruolo di status symbol. Stefano Solventi Drover, così come non si può non menzionare i singulti tiva, fallendo proprio là dove avrebbe dovuto colpire. (6.9/10) delle stesse in Baby’s Breath: è un dittico di apertura in Invece che suscitare sentimenti ed emozioni produce Fabrizio Zampighi Basement Freaks - Something Freaky cui subito traspare il consueto gran gusto nel pensare un’assenza di esse, uno stato di torpore generalizzato (Jalapeno, Febbraio 2011) canzoni come fossero suite. I crescendo, gli stacchi, le che si riverbera anche sul giudizio finale. Ge n e r e : d i s c o f u n k accelerazioni improvvise, i cambi di tempo, l’efficacia (5/10) Quando, ad inizio 2010, venne alla luce la hit Disco Life, di elementi solo apparentemente di contorno qua- Francesco Asti

58 59 Blow Monkeys (The) - Staring At The Sea tici fanno le veci di quella che in altri momenti sarebbe highlight (Fod, Aprile 2011) stata una chitarra ritmica. Ge n e r e : f o l k s o u l p o p E’ pop che usa la sintassi del rock, ma dai connotati ine- - Dennis Coffey (Strut Records, Aprile 2011) Tornati sorprendentemente nel 2008 con Devil’s Ta- vitabilmente contraffatti ed edulcorati. Una volta preso Ge n e r e : u l t r a -f u n k vern, dopo un silenzio durato quasi vent’anni, i Blow atto di ciò ci si può lasciare andare alla sfacciataggine Quando si dice “venie da lontano per arrivare lontano”: Dennis Coffey è una leggenda di Detroit che, Monkeys ribadiscono oggi il rinnovato estro col setti- glam della title track, ai Led Zeppelin manierati di Hole tra i tanti, ha prestato la sua fumigante sei corde ai Funkadelic, ai Temptations della svolta acid-soul e mo album Staring At the Sea. Val bene ricordare ad uso In The Ground o al Marc Bolan cromato e sculettante di all‘Edwin Starr di War. Se aggiungete che ricoprì un ruolo chiave nell‘introdurre l‘uso del wah-wah “pe- dei più giovani che questo quartetto inglese conobbe Run To . sante” nel soul e nell‘r&b di fine dei ‘60 e che lungo il decennio successivo si qualche anno di celebrità effervescente nella seconda Il ritornello killer è sempre dietro l’angolo, talvolta più dava alla blaxploitation e alla produzione con Mike Theodore, sapete cosa metà degli Eighties, quando si svincolarono dalla ma- sinuoso e sofisticato (è il caso del godibilissimo power attendervi da un suo nuovo disco. trice new wave per prodigarsi in un funk-pop-soul ar- pop di Evil), talaltra di grana decisamente più grossa. Da un lato, cosmico però tellurico hard-fuzz (ben esemplificato nell‘aper- guto e satinato piuttosto affine a quello dei coeviStyle Un sound con mascara e lustrini che punta alle grande tura di 7th Galaxy come nelle successive Knockabout - roba da Big Chief, Council, sposando infine la causa di una dance tutta platee, ma si accontenta di finire nella colonna sonora per chi li ricorda - e Space Traveller) straripante della funkitudine di George spigoli e raffinatezza che non sopravvisse al soprag- di qualche telefilm adolescenziale, come già è accadu- Clinton e Jimi Hendrix; dall‘altro, una souledelia robusta e sferzante odo- giungere dei Novanta. Riferiamo della carriera solista to a diversi brani dei loro precedenti lavori. rosa di scenari urbani seventies che dici attualissimi. Nessuna forzatura o del leader Bruce Robert Howard - meglio noto come Si batte piacevolmente il piedino per tutto il tempo pretesa di attualità, ma competenza in materia e passione che mostrano Dr. Robert - giusto per inquadrarne le sempre più della sua durata, ma ci se ne dimentica alla velocità uno stile mai invecchiato, che sottolineano la differenza tradatato e databile poggiando salde su ospiti spiccate aperture folk, palpabili in queste undici nuove della luce una volta che la musica è finita. che ruotano attorno alla “Detroit connection” contemporanea. tracce, in prevalenza ballate con una certa attitudine (6/10) Ha così una logica perfettamente compiuta che la stella di casa Stones Throw Mayer Hawthorne si per l’epica accorata di stampo Paul Weller (vedi quel Diego Ballani misuri da campione con il classico dei Parliament All Your Goodies Are Gone e Mick Collins dei Dirt- che accade in Face In The Rock e The Killing Breeze). bombs si unisca a Rachel Nagy (Detroit Cobras) per l‘oscuro martellamento Funkadelic di I Bet You. I nostalgici di mezza età troveranno motivi per sgran- Bob Corn - The Watermelon Dream Oppure che Fanny Franklin degli Orgone rispolveri la possente Don‘t Knock My Love appartenuta a chire le giunture con Seventh Day e col (Fooltribe, Febbraio 2011) Wilson Pickett e Lisa Kekaula dei Bellrays guidi l‘esaltante cavalcata Somebody‘s Been Sleeping. Persino dell’iniziale Steppin’ Down, mentre una One Of Us Is Ge n e r e : f o l k una nullità come Paolo Nutini convince alle prese con Only Good For Conversation del “culto” Rodri- Lying riesce persino a sprimacciare gradevoli rimem- Nel mito del “buon selvaggio” Bob Corn ci ha sempre guez: merito sempre dell‘esperienza e dell‘energia profuse nell‘operazione, della quale beneficiano branze rocksteady. Una malinconica ricercatezza per- sguazzato, col suo folk della porta accanto metafora anche i Kings Go Forth della ribollente Miss Millie. Come insegna Maestro Clinton, liberate il posteriore vade gli arrangiamenti orchestrali di All Blown Down, la barbuta e sorridente di un’epopea instancabile fatta di e la mente lo seguirà. A spaccarveli entrambi provvederà questo disco. morbida declinazione flamenco della title track e una mille strade percorse. Un hobo voce e chitarra disper- (7.5/10) Prayin’ For Rain che addita trepidazioni gospel e count- so nel tempo, lontano dalla comunicazione capillare di Giancarlo Turra ry-blues con solennità persino eccessiva. Fa meglio la un’epoca aliena e irrispettosa di quella madre terra da conclusiva A Lasting Joy, che azzecca un ibrido folk- cui invece parte tutta la sua musica. Non possiamo dar- soul con aspersioni cameristiche come potrebbe un - gli torto, visti i frutti raccolti fin dagli esordi in termini liberi di stupirvi - Tim Hardin in fregola Terry Callier. di consensi e attestati di stima. Sull’onda emotiva di di- Bodi Bill - What? (Sinbus, Aprile 2011) mento chiave del progetto, è quando quest’ultima L’impressione complessiva gradevole, anche se a ben schi che pur non discostandosi molto l’uno dall’altro, di Ge n e r e : El e c t r o , In d i e -Ro c k diviene comprimaria al pari degli altri strumenti che vedere non si va oltre una onesta, sentita competenza. quella umanità istintiva sono sempre stati una fedele Al contrario di quanto l’opinabile ragione sociale po- il gruppo fa uscire i frutti migliori. Parla chiaro la title (6.5/10) rappresentazione. Oltre che un prodotto perfettamen- trebbe far credere, i tedeschi Bodi Bill rientrano in track che non dispiacerebbe a Twin Shadow o ancor Stefano Solventi te in linea con l’indie lillipuziano (nei mezzi, non nelle quella schiera di gruppi magari eternamente minori di più l’ottima The Net, che incrocia beats e pianoforte aspirazioni) di casa nostra. ma interessanti per il modo in cui padroneggiano e me- su una melodia epico-decadente in perfetta continuità Blue Van (The) - Love Shot (Iceberg The Watermelon Dream è l’ennesimo tassello del Tizia- scolano le sonorità del loro tempo. Sarebbe facile liqui- con quelle dei vari David Bowie e Placebo: peccato Records, Aprile 2011) no Sgarbi/Bob Corn pensiero: cantore rurale e quasi dare la faccenda dicendo di un perfetto equilibrio tra le solo sentirla scorrere via così veloce, anzichè dilatata Ge n e r e : Ga r a g e p o p drakeiano (You The Rainbow, Call Me My Name ), blue- claustrofobie degli Xx e gli ampi respiri dei White Lies: allo stremo come meriterebbe. Il tiro si rialza poi con Fa impressione vedere l’assoluto sincronismo con cui sman ad libitum (Lost & Found), insospettabile amante tale è del resto l’effetto che suscita la Paper in apertura i tunnel electro di Hotel, nobilitati da un cameo breve tanti rock act emersi nella prima parte del decennio di un gospel solitario e intimo (Love turns around (Don’t di questo terzo lavoro. Invece col proseguire dell’ascol- ma eccellente firmatoFever Ray, e con una Friends che scorso, ai tempi in cui NME sbandierava l’assurdo tag di look back)). Impegnato a districarsi da una ragnatela di to si esce sempre più dai binari all’inseguimento di un paga tributo ai Depeche Mode, sfocia in una brillante New Rock Revolution, abbiano assecondato la rivincita fragili equilibri che dosa con cura particolari e accenti, suono via via meno identificabile, e già conPyramiding coda di synth e lascia posto a una ghost track senza dei synth sulle chitarre, introducendo elementi electro sottolineando l’estrema sensibilità di un artista da sem- le orecchie si drizzano davvero: certi echi tenebrosi voce, che chiude le danze anche in senso letterale. pop nel proprio sound. pre ripiegato su sé stesso. fanno pensare a un Burial con gli steroidi ma lungo il Di What? piacciono le intenzioni, l’approccio ‘intelli- Nel caso del nuovo lavoro dei Blue Van, band danese (6.8/10) finale le origini kraute dei nostri emergono in pieno, gente’ alla materia electro, il buon gusto che caratteriz- che aveva suscitato un certo interesse ai tempi dell’esor- Fabrizio Zampighi ed ecco omaggiati insieme tanto i Kraftwerk quanto za il progetto, l’innegabile creatività e la voglia di osare. dio hard garagistico, la cosa è evidente sin dalle prime i Notwist. Purtroppo il gioco del rifuggire la melodia ad effetto note. Nell’opener Mama’s Boy, i sostenuti accordi sinte- Non è tutto, anzi: benchè l’elettronica rimanga l’ele- per inseguire l’idea spiazzante non funziona sempre, e

60 61 viceversa il gruppo appare più abile a padroneggiare i les Burns - il fumettista americano, non il personaggio mente dire quello che pensa e continuare per la pro- Casa del mirto - 1979 (Mashhh!, Marzo brani con una struttura definita piuttosto che quelli in dei Simpson - opera di Squez) e oggi è sicuramente più pria strada. Noi non ci crediamo ma, viste le premesse, 2011) cui spariglia le carte. Ma questo influisce poco sul giu- pornografico pensare con la propria testa che sfogliare ci accontentiamo. Ge n e r e : g l o -f i d o w n t e m p o dizio finale. le riviste zozze. (5.6/10) Questione di ghiribizzi mnemonici, mostriciattoli strug- (7.1/10) Dopo un siparietto un po’ alla Elio, in romanesco, Mi- Gabriele Marino genti usciti dal vaso di Pandora dei ricordi. Cortome- Simone Madrau chele/Capa se la piglia con il mercato discografico e traggi sgranati e sovraesposti, i colori dileguati come con le riviste, con la scena hip hop che lo dissa (non li Capillary Action - Capsized (Natural sogni dietro le palpebre. Tu chiamalo, se vuoi, glo-fi. BvDub - Tribes at the Temple of Silence cita, ma si riferisce a Fabri Fibra e Bassi Maestro) e con i Selection, Aprile 2011) Nessuna ricetta, semmai una disposizione dell’ani- (Home Normal, Febbraio 2011) social network (Chi se ne frega della musica). Rockettino Ge n e r e : a v a n t -p o p ma. Marco Ricci, ad esempio, conduce su tali sentieri Ge n e r e : a m b i e n t , t e c h n o -d u b hard alla Kashmir, tra una intro in vocoder e un inserti- Non è male la metafora dei vasi comunicanti, che dà il la sua idea chiamata Casa Del Mirto, già sugli scaffali Se ci sono musicisti che dalla techno passano all‘am- no reggae, contro l’ingenuità di chi non si preoccupa di nome ai Capillary Action. È un buon modo per descri- lo scorso anno con l’apprezzato The Eternal EP, cui fa bient senza ritorno - vedi Tim Hecker - ce ne sono al- verificare le “verità supposte” che gli vengono propina- vere la necessità di equilibrio - costantemente disatte- seguito oggi l’esordio lungo 1979, dodici fatamorga- tri che partono proprio dalle ultime conquiste in fatto te dall’alto (Il dito medio di Galileo). Intro alla Chieftains sa e comunque ricercata - tra gli elementi che compon- ne che restituiscono imprinting anni Ottanta (versan- di sintesi ambientali (drone, chamber, shoegaze, neo e riffettini funky/ per parlare di Giordano gono chimicamente il sound del quintetto di musicisti te synth-pop, electro-soul e italo disco) inseminato di classical) per riconsegnarle nuovamente al ritmo. Bruno e di altri martiri eretici messi a tacere (Sono il tuo statunitense. suggestioni ambient, chill-out e downtempo. Del tipo: Lo abbiamo visto con Pantha Du Prince (anche se lì il sogno eretico). In forma di quiz, ecco i controsensi del Il principale tassello dell‘identità superficiale espressa i opacizzati Boards Of Canada, gli Ima- discorso era più eclettico e pop) e lo vediamo nell’au- sistema Italia (Cose che non capisco); l’Italia della fuga in Capsized, più che la cultura del crossover a tutti i gination sinterizzati Royksopp, Mike Francis glassato stero Brock Van Wey, un americano trapiantato in Cina dei cervelli e con un futuro sempre più arido davanti a costi che permeava Fragments e So Embarrassing, è Toro Y Moi, tanto per dire e via discorrendo. non proprio di primo pelo (è un ‘74). sé protagonista dell’hit single Goodbye Malinconia, con l‘esecuzione cameristica delle partiture, fuori dal tempo Niente formule, non uno stradario da seguire, solo un Finora la sua carriera è oscillata tra il bel refrain retroKitsch cantato da Tony Hadley degli nel pop, anche se avant. È l‘anima della strumentazio- pescare tra palpiti e retaggi, secondo gli stimoli e gli come discorso d‘ambienti (su Echospace, la sua Quietus Spandau Ballet. ne classica, unicamente acustica, che allestisce colpi di inneschi. Tra cui distingui omaggi sfacciati quali l’inci- e l‘italiana Glacial Movements) e incursioni in zona dan- Rockettino anni Cinquanta per il qualunquismo e i bas- scena cinematici alla The Prisoner. Ma è solo uno degli pit di Thriller in Fairy Tales For Moonwalkers o inusitate cefloor a bpm rallentati (per Meanwhile e la blasonata sistinti del popolino, messo a paragone con lo stereo- universi dentro cui si muovono i Capillary Action. C‘è la somiglianze come quella Pain In My Hands che ammic- Kompakt). Dopo il successo di critica di The Art Of Dying tipico mondo disneyano (La marchetta di Popolino). Di- vocalità eccessiva, che ce li fa immaginare “ambientati” ca (eufemismo) Daydream degli Smashing Pumpkins. Alone - un album sirena fatto di droni per non drone- scopop da boyband per parlare dell’ecologismo (La fine al Cabaret Voltaire di Zurigo. E poi, come una sorpresa Tanto vale prendere atto, che ad ognuno toccano sco- isti - il musicista ha deciso d’insistere su quest’ultimi, di Gaia). Ma non siamo al sicuro neppure dentro casa: - ma neanche troppo imprevista - fioccano i poliritmi rie di vita imponderabili, e quindi lasciarsi cullare dalla proponendosi come una sorta di William Basinski attenzione agli incidenti domestici e ai pericoli anche tropicali di Feeding Frenzy e Tenderloin, che sono un po‘ risacca dance bradipa e pastellata spacey di The Haste post-techno, senza tape loop e effetti vintage. psicologici che si annidano tra le quattro mura (House una marcia di Odradek - o spiriti maligni - che li accom- e Killer Haze, dai cromatismi guizzanti di White Chapel, Tribes at the Temple of Silence amplia lo spettro d’inda- credibility). Musica hollywoodiana alla Mission Impossi- pagnano sulla cattiva strada. dall’ipnotica giocheria di The Right Way. gine rispetto alla pretenziosa prova precedente, ma i ble per il mega-spoilerone intestato a Kevin Spacey (e Tutti mondi che stanno insieme a forza, come una via Si segnala la contemporanea uscita (digitale e vinilica) risultati, anche questa volta, deludono. Mentre Mor- ispirato probabilmente a un famoso video che gira sul di mezzo barocca tra Hella e Parenthetical Girls, via di 1979 Remixed, che vede calibri sparsi come Popu- ning Rituals, unico brano in cassa, pasticcia tra folate Tubo). Divertente, come la successiva tirata anti-Ber- Dead Science - specialmente per le scelte vocali. Si ar- lous, Brothertiger, Luminodisco e Death In Plains ambient e deep house, The Past Disappears mostra tutti lusca, spammatissima su Facebook, che non propone riva a tanto così dalla stucchevolezza, che però - e qui manipolare in varie salse (post-punk, house, ambient, i limiti del caso: Wey non è Emanuele Errante e né qui tanto di legalizzare “la maria” (e parte subito il reggae), sta la bravura - Jonathan Pfeffer e soci sventano, grazie afro...) il suddetto programmino. né da altre parti riesce a mixare la matrice drone agli in- quanto piuttosto di ratificare la già avvenuta legalizza- appunto alla comunicazione tra vasi, che dosa i pas- (6.9/10) gredienti aggiunti all’intingolo - che siano essi soulfull zione del premier, a cui tutto si perdona e si perdonerà saggi e modifica a gran velocità tonalità e umori. Esem- Stefano Solventi vocali, shoegaze o etno new age. Una prova fallita. (Legalize the Premier). Bel riff punk-rock/hard per lo sfo- plare la metamorfosi interna alla finale Life of Luxury, (4.7/10) go di Dio, che si lamenta del tartassamento quotidiano microcosmo che come in un frattale riflette l‘insieme. Caso - Tutti Dicono Guardiamo Avanti (Que Edoardo Bridda che subisce dall’uomo (Messa in moto). Mood epico nel In realtà, dietro all‘apparenza si nasconde il preceden- Suerte!, Febbraio 2011) compitino da bravo allievo di Frankie-Hi-Nrg contro i te dei Red Crayola di Mayo Thompson (periodo post- Ge n e r e : Fo l k , Po p Caparezza - Il sogno eretico (Universal, politici e lo Stato che ci ritroviamo (Non siete Stato voi) Settanta), che sembra il compositore ex machina delle Accompagnato da chitarra, armonica e nient’altro, An- Marzo 2011) e intro epic metal - e a seguire il solito rockettino capa- musiche. Sarà grazie all‘educazione che ci ha impartito drea Casali, alias Caso, affina in questo secondo lavoro Ge n e r e : c r o s s o v e r p o p / r a p rezziano - per dire ancora una volta viva la rivoluzione l‘ex collaboratore dei Pere Ubu che Capsized, da disco qualche urgenza punk-rock in favore di un approccio Il sogno eretico è forse il più esplicito e “agit-prop” tra i (ancora Frankie a modello, quello di Sanremo 2008) e certamente estenuante, faticoso, ci risulta infine avvin- appena più folk ma non alza il tiro di un Dieci Tracce che dischi del riccio capelluto: i testi sono più didascalici, il bacchettare una opposizione addormentata incapace cente. Chi ha la passione e tempo per le stranezze si già poneva basi interessanti. Co-prodotto e distribuito rappato meno funambolico, quindi più intellegibile (lui di proporsi come vera alternativa (La ghigliottina). affezionerà. Chi non ha pazienza, uscirà pazzo. da ben quattro indie-labels (Que Suerte!, Klasproduc- è al solito bravissimo a costruire le rime). La parte musi- Un po’ di vera grinta musicale, finalmente, arriva pro- (7.1/10) tion, In Limine, Fiumaio) Tutti Dicono Guardiamo Avanti cale, con giusto un paio di eccezioni, è colorata ma in- prio in chiusura (Ti sorrido mentre affogo): un incalzante Gaspare Caliri si candida come prima e più di prima ad essere il vero sipida come sempre e più che mai. Nessun dorma, dice post-hardcore in salsa proggie - con inserti di tastierine tra palco e realtà, un abbattere steccati tra musicisti e Capa, perché il sonno della ragione genera mostri (si ve- videogame alla Squarepusher - per dire che a Capa non persone, un proporsi come diario di uno spettatore di dano la copertina e l’interno di copertina in stile Char- interessa più di tanto essere capito; lui vuole semplice- concerti ancor prima di uno che sui palchi ci suona: con

62 63 highlight Cass McCombs - Wit’s End (Domino, Marzo vità. Coinvolgente, ben suonato, arrabbiato il giusto e 2011) divertente con giudizio, ma troppo datato e fermo su Egyptrixx - Bible Eyes (Night Slugs, Marzo 2011) Ge n e r e : f o l k r o c k se stesso, al punto che non è più neanche il caso di dire Ge n e r e : UK c o n t i n u u m Due anni fa Catacombs raffreddò gli entusiasmi di chi che sia “just for fun”. Sorry. Nel marasma delle etichette di dance UK / wonky / bass o derivativi del continuum sempre più sdoga- scorgeva in Cass McCombs prospettive importanti in (5.5/10) nato verso il dancefloor, la Night Slugs è una delle next big thing da tenere appuntate sul bloc notes, chiave pop-rock cantautorale. La fiamma sembrava Stefano Pifferi allo stesso livello di LuckyMe e delle visioni di Joy Orbison (che prima o poi pubblicherà il suo tanto smorzata, girava a vuoto attorno a poche idee nean- atteso esordio). Dopo l‘uscita di una compilation che fa il verso alle storiche Allstars della Tempa (Night che troppo lucide. Il nuovo lavoro Wit’s End, ahinoi, non Cold Cave - Cherish The Light Years Slugs Allstars Volume 1, uscita qualche mese fa) con nomi di giovani DJ smentisce quella china discendente, fornendo semmai (Matador, Aprile 2011) come Mosca, L-Vis, Girl Unit, Bok Bok e molti altri nerd dell‘ibridazione ulteriori motivi di rammarico. Il primo e principale ar- Ge n e r e : Sy n t h p o p dance, oggi esce il primo full di uno dei vermi notturni di punta. riva fin dall’iniziale County Line, punta di diamante del Se ve li ricordavate artefici di un synth pop primitivo, Il produttore di Toronto David Psutka ci va di stupore e di positività off-ba- programma e mirabile esempio di equilibrio tra efflu- oasi digitale all’interno dell’arcipelago lo-fi newyorke- learic. Egyptrixx riesce a formulare un suono fresco, hi-fi di qualità per bal- vi country rock Harry Nilsson, languori obliqui John se, sappiate che questa volta Wesley Eisold ha deciso di lare col sorriso e per una volta si toglie di dosso l‘oscurità di molte derive Lennon e fatamorgane inquiete Elliott Smith, il tutto dare una sferzata al proprio algido sound. dark del ‘nuum, approdando a una visione futuristico-spacey che defini- imbevuto di piacevolissimi umori soul e particelle Kin- Per annunciarlo ha scelto il barbarico grido di The Gre- sce un prima e un dopo senza sbavature, puntando sul lato più techy della ks depotenziate. Un piccolo grande prodigio che non at Pan Is Dead: un inferno di chitarre in loop, ritmiche questione. La nuova musica dance targata UK può quindi partire da qui, trova però riscontro nel resto della scaletta, composta squadrate, un cantato emotivamente destabilizzante e una sensazione che avevamo già sentito con qualche compilation su Soul Jazz e su Fabric, rivisitando perlopiù da teatrini più dimessi che estatici, all’insegna tastiere che aprono distese infinite. Un’approccio più i padrini Autechre meno austeri, scompaginando le carte del cut-and-paste e inserendo variazioni sul di melodie che cincischiano su scale in minore col pi- diretto, sicuramente più rock e meno claustrofobico ri- tema bbreaking che in pezzi come Liberation Front, Naples e Recital coniugano le anime della minimal glio smorto di chi non riesce ad azzeccare il giusto gra- spetto al recente passato, che mette definitivamente con la melodia e la spazializzazione illuminata. In più, con la bella voce di Trust in Chrysalis Records e in do di malinconia. da parte l’immagine dei Cold Cave come sperimenta- Fuji Cub, c‘è pure qualche puntatina per la sperimentazione in odore di trip-hop stralunato e fumoso. Ossessioni senza nerbo (Buried Alive), lungaggini in- tori, figli di un’era paleo tecnologica. Riparte da qui ancora una volta il baraccone del continuum. Una teoria che dopo quasi vent‘anni sta giustificate (A Knock Upon the Door) ed incantesimi po- Non che l’electro wave di brani come Confetti o Icons ancora in piedi e che non teme scossoni. Egyptrixx sostiene le colonne della main room. Uno dei nomi sticci (The Lonely Doll) sono le note storte che il sobrio Of Summer abbia spostato di molti anni in avanti il loro su cui puntare per il prossimo futuro. tepore degli arrangiamenti non è in grado di assolvere. revivalismo. E’ come se il progetto fosse approdato (7.5/10) Alla fine ti sembra il fratellino apatico diRyan Adams o all’alba del technopop. Il 1981 è l’anno di riferimento: il Marco Braggion - se preferite - un cuginastro depresso di Badly Drawn romanticismo dei New Order e la fisicità degli Human Boy. Peccato. League, con un Weisold che, indossati i panni del fron- (5.7/10) tman a tempo pieno, sembra sempre più simile ad una Stefano Solventi versione espressionista di Phil Oakey. le macchinate, gli amici, le storie e tutto il resto. Emo- viene schivata mescolando il punto di vista con l’espe- Con Pacing The The Church, scorrazzano pericolosa- zioni dirette, insomma, con impennate di rilievo già al rienza personale. Citizen Fish - Goods (Alternative mente nei territori di quella pop wave che ha fatto volgere della seconda traccia, una Fiato Corto che in C’è lo stesso calore dei racconti della sera prima in que- Tentacles, Aprile 2011) la fortuna degli Editors. Ne scampano grazie ad una mano a gente più blasonata sarebbe già hit da canzo- ste canzoni, le confidenze di una persona che si rac- Ge n e r e : s k a -p u n k produzione ruspante che, seppur lontana dal minima- niere italiano anni 10. conta per come è, messe in note con capacità ma pur Immaginario e sonorità non possono che essere quelle lismo degli esordi, evita la pomposità di Tom Smith e A fare da cornice per questi quadretti di vita vissuta è sempre esposte da uno che potrebbe essere il nostro care a Jello Biafra e alla sua Alternative Tentacles. Co- compagni. un songwriting dolceamaro e una strenua ricerca di vicino di casa o il nostro migliore amico; è quest’ultima pertina in modalità collage (alimenti di base ridotti a Cherish The Light Years è l’album che trasforma il pro- identificazione con chi può capire, condividere e dun- la miglior qualità di Caso, ciò che crea davvero lo scarto merci a simboleggiare trust, friends, beauty, love, truth, getto solista di Eisold in una vera e propria band; lo fa que cantare a sua volta. Suona disilluso, Andrea, amaro con certi big names del nuovo cantautorato italiano. ecc.), booklet in b/n in stile crassiano, sonorità punk vi- mantenendo la barra dritta verso un pop sintetico naif (‘le frasi migliori che penso le dicono gli altri’, afferma Uno scarto che non è sinonimo di confronto, ma di dif- rate verso lo ska, testi arguti e anti-consumismo. ed avvincente, forse meno concettuale e stimolante ri- in Balena Bianca) ma sempre meravigliosamente autoi- ferenza: in termini di stile, di percorso e inevitabimente Una vera e propria manna per mr. Eric Reed Boucher, spetto al passato ma, in fin dei conti, decisamente più ronico e in qualche misura positivo: quanto basta da anche di successo. Se poi i singalong di massa arrive- noto ai più come Jello Biafra, integerrimo nel prose- godibile. far sorridere il suo ancora piccolo ma affezionato pub- ranno, bene; ora come ora c’è una conferma per quanti guire la storia della sua Alternative Tentacles a suon (7/10) blico, anche quando da ridere non ci sarebbe. Nessuna già conoscevano, e un secondo motivo di curiosità per di true punk e militanza estrema. Questi Citizen Fish Diego Ballani sparata universale nell’opera del nostro, al massimo tutti gli altri. sono dunque allievi ideali, nonostante siano un combo qualche dichiarazione di indi(e)pendenza, urlata ma (7/10) sulla breccia da anni. provenienti da Bath (UK) e con in - New History Warfare udibile solo fra quelli che se la cantano e se la suonano Simone Madrau formazione alcuni personaggi dello storico giro inarco- Vol.2: Judges (Constellation Records, (Hopper): lo sfondo è quello messo per inciso più avan- punk targato Subhumans. Goods, nonostante l‘impe- Marzo 2011) ti in Aranciata Amara ovvero la lotta forse ingenua ma gno del sestetto, rimane ancorato ad un mondo, quello Ge n e r e : i m p r o ostinata contro dei mulini a vento chiamati di volta in dello ska-punk, ormai quasi reazionario nel suo rima- Sbarca su Constellation il secondo volume di New Hi- volta gestori di locali o vicinato, dove la facile retorica nere circoscritto in un perimetro di invariabile ripetiti- story Warfare di Colin Stetson. Lasciati momentanea-

64 65 highlight Crystal Stilts - In Love With Oblivion try quali Jens Lekman, Mark Shippy degli US Maple e (Fortuna Pop!, Aprile 2011) Glen Galaxy dei Soul-Junk. Erland and the Carnival - Nightingale (Full Time Hobby, Marzo 2011) Ge n e r e : g l o o m y w a v e Simile l’entusiasmo effervescente, la ricchezza com- Ge n e r e : p s y c h -f o l k -p o p Che sia una dichiarazione d‘intenti il titolo del come- pulsiva e la versatilità balzana della proposta, ma il Dire davvero cosa significhi la parola ‘folk’ oggi è un’impresa complessa, forse impossibile. In un genere/ back dei newyorchesi? Non lo sapremo mai, ma di risultato è sensibilmente diverso, come se la freakeria non genere che prima dell’era pop designava quello che non era musica colta, ma che aveva una matri- sicuro i quattro Crystal Stilts devono aver fatto tabu- folk-pop avesse fatto il nido sul fruttuoso alberello del ce folklorica, spesso locale e legata alla trasmissione orale, oggi invece troviamo tanto il cantautorato la rasa di tutti i complimenti ricevuti per la doppietta power pop (capricciosamente deragliato glam, vedi le delicato di Devendra Banhart, gli spruzzi pop di tutte le band indie-folk Crystal Stilts / Alight Of Night che un paio di anni addie- palpitazioni sfrigolanti di But I Don‘t Wanna Sing About che circolano a tutte le latitudini, il recupero della tradizione come fa, per tro li scaraventò dall‘anonimato al palco del Primavera e Grow Up), sia pure sferzato da folate psych citare qualcuno di casa nostra, Riccardo Tesi. E ci stanno pure gli Erland Sound senza passare dal via. che non disdegnano siparietti allampanati (la mar- and the Carnival, che riescono a recuperare tanto il folk britannico quan- Non si spiegherebbe altrimenti un disco che, se possi- cetta in levare di Lil Norge, il vaudeville cabarettistico to una psichedelia conturbante e rock, oltre a qualche sfumatura world. bile, surclassa il già stupefacente esordio lungo, rede- di Peolple’s Partay) ed impressionismi sonici (Hovering Già nel primo disco omonimo targato 2010, il gruppo prendeva brandelli finendolo dall’interno. I quattro smussano lievemente Above That Hill). In tale contesto le antiche attitudini ri- folk e li aggiornava alla propria sensibilità, fatta di urgenza comunicativa e le asperità ma senza perdere un grammo in attacco, affiorano in germogli quali The Day Is A Loaf e Olympic una forte personalità. Oggi il discorso si amplia, prendendo ispirazione da aggiustano il tiro sul versante della scrittura ma non si Portions, non lontani dal luminoso fervore Elephant 6, testi oscuri, che possono essere tanto articoli di giornale quanto brani di addolciscono, frullano citazioni e riferimenti con una di cui il lirismo bucolico di Hosanna In The Forest e You romanzi d’inizio Novecento o discorsi politici, in un immaginario che pesca da una fila di nomi lunga nonchalance invidiabile senza risultare pedissequi o Sleep Good Now rappresenta il controcanto quieto. Un così: Ennio Morricone, Bert Jansch, Joe Meek, tanto per citarne alcuni. estremamente citazionisti: in poche parole, mettono delizioso baraccone dalle molte fragranze ed altrettan- Dietro alla ragione sociale si nascondono il chitarrista e cantante folk Erland Cooper, Simon Tong (The a segno il punto definitivo. Quello che annienterà le te idee. Verve) e David Nocky (già batterista per il progetto Fireman di Paul McCartney), che si sono incontrati eventuali ultime resistenze dei critici. (7.1/10) quasi per caso, hanno fatto una jam session e lì, su due piedi, hanno deciso di formare una band, che Nessuno stravolgimento, sia chiaro. Dentro In Love With Stefano Solventi tutto sommato si erano divertiti a suonare insieme. Il sound che esce da questo lavoro è davvero de- Oblivion troverete sempre garage-rock psichedelico bitore di quella cultura musicale molto londinese (e in generale proprio britannica 100%) che ha fatto targato 60s (da Barrett ai Velvet, passando per gemme Dead Cat In A Bag - Lost Bags (Viceversa, scaturire quel supergruppo nel quale ha militato anche lo stesso Tong, ovvero The Good, the Bad & misconosciute come gli Standells), pop-noise anni ‘80 Marzo 2011) the Queen, il cui cantante, un certo Damon Albarn, è il proprietario dello studio dove si è registrato (di qua e di là dall‘oceano, con puntatine nel nuovis- Ge n e r e : a r t f o l k r o c k l’esordio dello scorso anno. simo mondo), sonorità cavernose e vintage (il mood In origine erano un duo folk con spiccata attitudine per L’album è stato registrato nella stiva di un imbarcazione ancorata sulle rive del Tamigi: immaginatevi un sempre oscuro e apparentemente fuori moda) e lo-fi i minimi termini. Col tempo i Dead Cat In A Bag sono di- sabbah psichedelico moderno in cui convivono le rivisitazioni dei The Coral via Bert Jansch (Map of En- d‘ordinanza. ventati un’accolita di musicisti con le coordinate sperse glishman), gli accenti doorsiani (This Night, I’m Not Really Here), folk in salsa shoegaze (la titletrack, Em- A far la differenza, questa volta, sono le canzoni: se da qualche parte tra messico, balcani e certi non luoghi meline), melodie appiccicosamente pop (Springtime). Rispetto al debutto, Nightingale è un’affascinante Alight Of Night colpiva per immaginario e compattez- universali quali bettole fumose ed interni senza sboc- virata verso uno psichedelia oscura e inquietante dai testi colti e gusto tipicamente retro-pop che guar- za, il sophomore stupisce in maturità e screziature. Che co. Li abbiamo assaggiati alle prese con In The Arms Of da giù nei sottoscala del teatro inglese. E’ un lavoro terribilmente affascinante. Culto istantaneo. siano il pop yè-yè super-zuccheroso di Silver Sun, i 60s Sleep nel tributo a Mellon Collie And The Infinite Sad- (7.4/10) disorientanti dell‘opener Sycamore Tree o le profondità ness allestito dalla benemerita 42 Records, e ci erano Marco Boscolo malate di Alien Rivers, cambia poco. Resta sempre una sembrati meravigliosamente fuori luogo, un miraggio certezza: hanno fatto centro, di nuovo. sabbioso di cianfrusaglie e peyote. Esordiscono con (7.5/10) questo Lost Bags che in quattrodici tracce pennella Stefano Pifferi tutto il loro immaginario struggente e sconsolato, un mente i compagni della Bell Orchestre e degli Sway crofoni), Stetson ottiene un linguaggio che passa con carosello di teatrini dimessi, deliri tetri e ombre in sub- Machinery, presosi una pausa dal lavoro di session- disinvoltura da paesaggi ambient (All Days I’ve Missed Danielson - Best of Gloucester County buglio. man di lusso, il sassofonista/polistrumentista del Mi- You) a strutture ritmiche spigolose (Red Horse) fino a un (Sounds Familyre, Marzo 2011) Ballate che impastano l’irrequietezza cedevole degli chigan torna a ritagliarsi uno spazio tutto suo. elettronica fatta senza l’uso di loop e macchine, ma con Ge n e r e : p s y c h f o l k Howe Gelb, dei Tindersticks, degli Smog (I Can‘t Row New History Warfare Vol.2: Judges è un oggetto non la forza dei polmoni e la conoscenza dei mezzi espres- L’ultima scorribanda di Daniel Smith col moniker Da- No More, No Lust Left, Wither), sguardi gettati a spazzola- identificato nel cielo della musica contemporanea: un sivi (Home). A impreziosire il tutto un paio di magistrali nielson risale a ben cinque anni fa. Ships era di quei re deserto come dei Calexico ora crespuscolari (Dawn) disco che mischia avanguardia e improvvisazioni cere- cameo vocali targati Laurie Anderson (A Dream of Wa- dischi che non si dimenticano, non tanto per gli esiti e ora ingrugniti (The Stow-Away Song), ipotetiche ibri- brali con una fisicità materica del suono e una capacità ter) e Shara Worden dei My Brightest Diamond. artistici quanto per quel senso di happening mistico dazioni tra Xiu-Xiu e Yann Tiersen (The Gipsy Song), d‘intrattenere tipiche del rock. Sorprende ancor di più Sperimentale e ostico, ma sicuramente ammaliante e pie- capace di coagulare attorno all’estro visionario di Mr. ebbrezza primaria Tom Waits (Old Dog) e Bob Dylan il fatto che Stetson sia un uomo solo col suo strumen- no di fascino, il secondo capitolo solista di Colin Stetson è Smith una trentina di musicisti, tra cui ovviamente i basico (Wateground Of Your Lips). In mezzo a tutto ciò, to, in grado di tirar fuori una gamma espressiva vasta e una lotta da affrontare con coraggio, fisicità, accortezza e consanguinei della famiglia Danielson ed amici quali come a mantecare di estro arty, sbocciano fiorellini al- convincente grazie a capacità tecniche notevoli. astuzia. Un’esperienza intensa e gratificante. Sufjan Stevens ed Emi Nikolaisen dei Serena Mane- lucinati quali il siparietto espressionista di Leapiz o il Ricorrendo all’uso della respirazione circolare e di altri (7.4/10) esh. Questi ultimi li ritroviamo anche tra i credits del talkin’ brumoso della title track. Ad un armamentario espedienti tecnici (ben 24 differenti posizioni per i mi- Francesco Asti nuovo Best of Gloucester County, assieme a new en- formidabile di strumenti “analogici” (dobro, lap steel,

66 67 banjo, mandolino, bouzouki, vibrafono, organo, violi- Vulgar Questions erano quindi chiamati a ribadire il più D.A.F., quando cioè EBM e techno veicolano i teatri- Dutch Uncles - Cadenza (Memphis no, tromba, flicorno, contrabbasso, armonica, melodi- carattere e quel bel po’ di talento sul fronte d’un wave- ni più corrosivi con Sicherheitsschrankenmann, Kampf Industries, Aprile 2011) ca, melodeon, concertina, harmonium, fisarmonica...) rock tosto ma non privo di aperture melodiche, una im Kulturkaufhaus e Fluch Nach Vorn, Umtausch a rap- Ge n e r e : In d i e , XTC fa da sponda la presenza mai meno che suggestiva di creaturina palpitante insomma in differita dagli eigh- presentare le hit sotterranee da pogo istantaneo e Far- Le caratteristiche per farsi notare dalla stampa di set- tastiere e campioni, ambiti narrativi che la voce di Luca ties ed irrobustitasi a strali psych e grunge. L’imprin- mer In Pajama, l‘anthem cow electro punk del caso. Sul tore questi cinque le hanno tutte. Il Times li ha recen- Swanz Andriolo satura di fosca, intima, rauca irrequie- ting è appunto wave, con tutto il corollario di asprezza lato nascosto della faccenda: troviamo infine una serie temente inseriti negli Ones To Watch descrivendoli tezza. e obliquità pop che t’immagini sbocciare tra periferie di declinazioni avant, da musiche per teatro e ballet- “ragazzi cresciuti alle complesse partiture temporali Le ospitate di Massimo Ferrarotto dei Feldmann, Liam dimesse ma combattive, poche le magnifiche sorti da to per capirci, che trovano nei Residents degli esordi degli XTC aggiornate ai Talking Heads e al math-pop”, McCahey - vocalist dei disciolti Cousteau - e Cesare perseguire ma le antenne sempre sintonizzate e l’ani- (campionati in We Got You Babe) un eccellente dialogo il Guardian li ha spottati nella sezione Band Of The Day Basile sono un attestato di qualità che non fatichiamo ma pure. a distanza (e nel tempo). chiamando in causa l’ennesima rinascita, questa vol- a sottoscrivere e sottolineare. Evaso il piglio teso un po’ Killing Joke e un po’ The Cafone, situazionista, cretino e strafalcione. Il debutto ta mancuniana, con Hurts, Everything Everything and (7.4/10) Sound con Fight For Yourself, Everything Is Not Forever di Patric Catani & Chris Imler è un autentico spasso. Delphic, Wikipedia chiude in bellezza il negozio di dol- Stefano Solventi e Only One Will Survive, distribuite cupezze e inquietu- (7.3/10) ci con riferimenti quali Smiths, King Crimson e Steve dini con In Your Bedroom (dei Bauhaus letargici in ba- Edoardo Bridda Reich. Doormen (The) - The Doormen gno acido sixties), la title track e l’iniziale Somewhere Nessuna bugia, i Dutch Uncles usano tempi complessi, (Autoprodotto, Marzo 2011) (sussulti Ultravox! in una melma quasi Soundgarden), duke Garwood - Dreamboatsafari (Fire jingle-janglano circolari come Fripp negli 80s, ritmano Ge n e r e : Po s t p u n k ecco il quintetto prestarsi a certo trasporto accorato Records, Marzo 2011) secondo serialità prestabilite, ma erano (c’è un omoni- Bella sorpresa quella dei nostrani The Doormen, grup- tipo i Wire più melodici (Winter Light) o addirittura non Ge n e r e : p o s t -b l u e s mo del 2009 su Tapete) e rimangono una indie band po che dice la propria in campo wave rock, con una lontano da certi Go-Betweens sintetizzati Notwist Quando pensi al blues e all‘Inghilterra, vengono in dalle dubbie capacità melodiche. personalità ed una autorevolezza che non sapevamo (Keep Away From Me). mente i nomi che nei ‘60 rilessero appassionatamente Come dei Field Music con canto byrniano edulcorato, essere di casa in Italia. E italiani i Doormen li sono per Allargare lo spettro e non perdersi, anzi continuare a la tradizione per conservarla e nel contempo rinnovar- o dei Battles scarburati folk-pop, i cinque sembrano davvero, tanto da aprire il loro esordio con il brano Italy, sembrare un calderone di energia e buone intenzioni, la. Fungendo, come nel caso di Alexis Korner e John una bella sportiva uscita di fabbrica ma senza un dri- uno schiaffo all’esterofilia che in bocca ad altri sarebbe è il loro merito principale. Chapeau. Mayall, da sublimi mentori per un‘intera generazione ver vero. Il rodaggio è roba da poco ma la personalità suonata indulgente o retorica; loro invece lo ne fanno (7/10) di talenti che impressero una svolta al rock. Materia è quello su cui Duncan Wallis deve, in primis, lavorare. un’opener lirica e intensa sul modello dei migliori epi- Stefano Solventi storicizzata che sotto l‘aspetto strettamente stilistico Le sue strofe e ritornelli sono quasi sempre inefficaci e sodi dei primi Interpol. non vale per questo londinese, giunto al terzo lp e pro- alla band tutta sembra mancare l’urgenza e l’orgoglio Il paragone con il combo newyorkese, in verità, ritorna Driver&Driver - We Are The World penso a restituire delle dodici battute la concezione di cotanto passato chiamato in essere. spesso nel corso dell’album, vuoi per lo stile del can- (Staatsakt, Marzo 2011) “beefheartiana” che ne hanno Tom Waits e i Califone. Accattivanti e forse qualcosa in più gli zii olandesi ma, tante Vincenzo Baruzzi, a tratti simile a quello di Paul Ge n e r e : Ca b a r e t elettropunk Magari gettando nella mistura un interesse per la mu- per ora, il loro gioco dura poco. Banks, vuoi per la progressione melodica di buona par- Con il Tubo pieno dei loro video incendiari tra audio sica africana (il ragazzo ha in programma un disco con (6.4/10) te dei brani. Fortunatamente non di mera oleografia è ignobile e riprese epilettiche, un culto studiato ad hoc i marocchini Master Musicians Of Joujouka ) e tenen- Edoardo Bridda fatto il loro esordio. è già stato creato, proprio come ai bei vecchi tempi del dosi vicina l‘ombra di Mark Lanegan (in precedenza Brani come New Season hanno la loro peculiare cifra situazionismo punk. E’ la premessa ideale a un debut- compagni di tour, i due: anche qui è previsto un lavoro Elbow - Build A Rocket Boys! (Fiction, stilistica nelle sferzate garage, in un sound pugnace e to intitolato icasticamente We Are The World nel quale a quattro mani) per muoversi dentro un‘avanguardia Marzo 2011) senza posa che non si limita a seguire pedissequamen- i Driver&Driver, fantomatico duo di Berlino, tentano che oggi profuma di classicità. Il risultato persuade e Ge n e r e : indie w a v e p r o g te gli stilemi post punk, ma fa dell’indole schiettamen- di porsi come un ideale punto d‘incontro tra Suicide, mostra un artista in progresso, forte di sonorità solide Ho sempre avuto problemi a gestire l’enfasi sconsola- te rock il proprio punto di forza. D.A.F. (Deutsch-Amerikanische Freundschaf) e perché ed essenziali (Duke fa quasi tutto da solo con il batte- ta degli Elbow, con quel sovraccarico emotivo speso L’ottimo lavoro chitarristico si fa apprezzare particolar- no gli Sparks dai quali ereditano il baffo e un tocco di rista Paul May) e una penna che attinge sapiente dai a definire fondali e lineamenti d’una malinconia più mente in brani come 24 e Here Comes That Bitch la cui kabaret. nomi di cui sopra (Summer Gold, Gengis, Jesus Got A perniciosa che esistenziale, capace di affascinare giu- vena psichedelica e la cui portentosa epicità si riallac- Il bello dell’operazione è una formula eccessiva e ca- Gun). sto finché non inciampa in una spirale di turgida, mo- cia a quella degli ingiustamente dimenticati Chamele- fonissima, indirettamente ironica e maledettamente Offrendo per il resto cinque minuti di inutile baccano nocorde costernazione. Eppure devo concedere loro il ons. banale: immaginatevi gli Art Brut tragicomici di Eddie low-fi, ma soprattutto gustose contaminazioni con Sui- merito d’una coerenza che ha saputo dimostrarsi robu- (6.9/10) Argos in trip elettro punk, oppure la parte maschile e cide (Gold Watch), free-jazz (Tapestry On Mars) e una sta e in grado di consolidarsi negli anni. Tanto che oggi Diego Ballani tedesca degli Stereo Total in un mix di Bloody Bee- psichedelia venata di world music (Flames Of Gold, Lar- possiamo parlare di un Elbow-sound, una dimensione troots. Naturale che We Are The World sia una misce- ry). In attesa di ulteriori sviluppi, un nome da appunta- espressiva fatta di trasporto, apprensione, una mesta Dorothi Vulgar Questions - Against la instabile, uno Sturm und Drang dell‘assurdo tra gag re sul taccuino. fierezza che sa fare i conti con la memoria e proiettare Myself (Sun Play, Marzo 2011) sfilacciate (Hello, Hello, Back to LA) e attacchi industrial (7.1/10) le inquietudini in una prospettiva coinvolgente. Ge n e r e : w a v e r o c k techno (Der Kleine Ernst), elettrock (quella Kutchen tra Giancarlo Turra Lontani i tempi in cui potevi scambiarli per una versio- Tre anni sono passati da L’equilibrio, album d’esordio Kraftwerk e autoparodie della lingua tedesca) e raso- ne abbacchiata dei Coldplay: il loro indie non insegue che li vide confermare quanto già di buono espresso iate oi! chissà quale grandeur, persegue una comunicatività nell’ep DVQ. Con Against Myself i toscani Dorothi Irresistibili questi due, specie quando calcano i territori intensa e potabile ma allo stesso tempo tenta di sca-

68 69 varsi dentro profondità spacey e vibrazioni oblique, di Il resto non è un facile dialogo di cordoglio ma un‘ap- highlight rendere tangibili e radianti le irrequietezze e i sussul- presa coscienza d‘assenza, assimilabile ed evidente ti emotivi. Una calligrafia spesso didascalica ma quasi nell‘acustica di A Hymn o nel respiro armonico arric- sempre efficace, non sottile ma onesta. Comunque ca- chito dal cello di A Worn Out Life - che rimandano per Falty Dl - You Stand Uncertain (Planet Mu Records, Aprile 2011) pace di tenersi in equilibrio tra modulazioni stilistiche affinità, suono narrativo ed esecuzione, ai duetti di un Ge n e r e : Re t r o h o u s e , 2 s t e p anche complesse, vedi la naturalezza con cui Jesus Is a Francesco Dillon ed Emanuele Torquati. Aliena ma al- Drew Lustman era partito fin troppo cauto con l‘esordio Love Is A Liability, poi però la strada per lui Rochdale Girl bazzica palpitazioni tenui Jim O’Rourke leata - rispetto all‘impianto sommesso ma cameristico è stata tutta in salita: prima è arrivato un eppì come The Bravery che testimonivava l’assorbimento o quella Lippy Kids che immerge l’acme emotivo dell’al- di A Loveless Moment, l‘elettronica dell‘ouverture di No di una lezione fondamentale come quella Luke Vibert-iana; poi una se- bum in una scenografia eterea Brian Eno. Greater Pain che con i suoni organici di Nobody Is Ever rie di pubblicazioni per Ramp e Rush Hour, con ancora Luke nel taschino, Se la cavano bene quando alzano la temperatura guar- Safe e i pulviscoli stratificati ed eterei di Wat We Kwijt evidenziavano un sapiente tocco House in salsa garage (Party), oppure in dando al pop-prog di stampo Peter Gabriel innerva- Zijn sottolineano il calore delle macchine di Errante. downtempo (Meta-Cognist), oppure ancora ispirato ai classici Mr Fingers, to di romanticismo wave (With Love, High Ideals, Open Oltre alla creatività reciproca e alla fantasia timbrica, a Coco Steel And Lovebomb (la bomba All InThe Place). Arms) e non sono affatto male quando spediscono uno tenere il filo per questi ottanta minuti di micro sinfonie In questi ultimi due anni, tra dj set e podcast, Drew si è mosso talmente struggimento Smiths tra evanescenze angeliche Sigur è l‘equilibrio tra la poesia sospesa di Hooson e le soste- bene che arrivato a You Stand Uncertain doveva soltanto metter giù tutto Ros (Open Arms), così come è apprezzabile quel modo nute texture di Errante che con i frangenti ambient si quello che aveva imparato dal continuum hardcore e restituircelo, intatto, di sclerotizzare gospel ottenendo una strana solennità fanno spina dorsale allontanando il progetto da facili nella massima espressione groove-step. apolide (The Birds, The River). Resta però dietro l’angolo percorsi elettroacustici. Materia e uomini tutt‘altro che Il moniker Falty Dl non è mai stato sinonimo di dubstep producer e neppu- il rischio della litania autoreferenziale (vedi la pur vali- invisibili. re di specialista della sotto nicchia now on ( o Uk Funk); piuttosto è l’alias di un musicista da The Night Will Always Win), perché la maturità cam- (7/10) elettronico newyorchese follemente innamorato del suono UK, di un ragazzo che non ha mai distinto bia molte cose ma la natura, si sa, è un osso duro. Sara Bracco tra i cataloghi IDM, d’n’b e quelli più dance. (6.9/10) Nessuna sorpresa se nell’album troviamo vent’anni di step, citazioni early house e rave con un taglio Stefano Solventi Eric Legnini - The Vox (Discograph, Marzo che parallelamente all‘ultimo Kode9 (anticipato dal suo Endeavour per Planet Mu) lo vede calibrare 2011) smalti black (Gospel Of Opal), sponde soulfull e tocchi etno via Boxcutter (e quindi, indietro, Horsepo- Emanuele Errante/Dakota Suite - The Ge n e r e : j a z z s o u l wer Production). North Green Down (Lidar, Marzo 2011) Agile, sinuoso, urbano, cerebrale, appassionato, dina- L‘ondata glo, tagliata da un altro spirito affine come Bibio in senso funk, lo trova dunque sul lato bale- Ge n e r e : Am b i e n t mico. Il jazz di Eric Legnini - pianista parigino di ori- arico della faccenda, quella con più affinità rave e jungle: nella splendida Lucky Luciano la citazione a La collaborazione tra il leader dei Dakota Suite - una gine belga - respira tradizione in un coté decisamen- Pacific State degli 808 State e a A Guy Called Gerald è evidente quanto, in generale, l‘album è da una delle più ispirate formazioni della realtà del slow te contemporaneo e globale, lascia che a sgranare la parte giocato sulla chill (l‘opener Gospel Of Opal), dall’altra temporalmente sincronizzato tra ambient core britannico di cui segnaliamo Waiting For The Dawn pannocchia siano gli umori compositi e coesi della house 92 (Voyager) e jungle 93 (The Pacifist). To Crawl Through And Take Away Your Life per testi e sua band, gli Afro Jazz Beat (un bassista funk belga, A contorno, le specialità: post-idm e spezie lounge-jazz (Open Space), 2 step + house (Brazil con Lily Ma- miniature elettroacustiche - e il compositore italiano un chitarrista congolese già al lavoro con Fela Kuti, un cKenzie), IDM lato primi Autechre tagliati Actress (You Stand Uncertain), ancora jungle (Eight Eighteen risale già al 2009, precisamente alla rielaborazione batterista ed un contrabbassista francesi) cui va ad ag- Ten) e gran finale vibertiano Waited( Patiently). del brano Second Hand Light contenuto in The Night giungersi per metà dei brani la voce calda e flemmatica Per chi ama l’elettronica UK, questo è un album da antologia. Just Keeps Coming In, il remix album di The End Of della statunitense Krystle Warren. (7.3/10) Trying. A consacrare ulteriormente l‘affinità stilista Il tocco di Legnini possiede una morbidezza guizzante Edoardo Bridda tra i due questo The North Green Down, uscito quasi in e sensibile come un Esbjorn Svensson meno pensoso, contemporanea alla prova solista di Emanuele Errante, sa essere urbano e spirituale, frequenta con disinvol- e contenente ottanta minuti di composta malinconia tura indole latin-tinge, estro afro-beat, sussulti funk e dedicate alla compianta cognata di Hooson. turgore soul (oltre al piano si presta al Fender Rhodes e Parallelamente a Time Elapsing Handheld, il napole- all’Hammond). E’ la sensibilità dorsale di un sound che mo dove abiti e cioè quella di un act ormai interna- po’ Todd Rundgren, un po’ Toro scanzonato; Sabbiado- tano continua a vestire a puntino gli abiti da ambient cerca le proprie radici nei seventies, cui rimandano le zionalizzato che punta a un suono più corposo, tattile, ro, dopo una intro con elettroniche alla Xevious, parte artist, mentre Hooson gli si affianca con notazioni in- timbriche frementi e vellutate. Gran bel disco. gommoso. In una parola, da dancefloor. Pasta e Luka disco superfunky. Le loro specialties. timiste per piano e chitarra. Parola d‘ordine è l‘uso (7.2/10) insomma lontani anni luce da canzoni agrodolci come Stringendo: trascinanti, irresistibili, FS possono anche discreto dell‘elettronica, manipolata da Errante come Stefano Solventi - la bellissima - Primi baffi. andare avanti così all’infinito. Quindi, invece, noi li sempre con incredibile delicatezza ed unita a strumen- Cassa Forte mette assieme electro Ottanta e post-fid- aspettiamo con un nuovo album. ti tipicamente acustici. Il tutto confluito nelle radici di Faresoldi - Casotto EP (Riot Maker, Marzo get, glo/chill e stomp&go garage; Party Posse ha una (7/10) commosse riflessioni a cui ci si avvicina da principio tra 2011) superkunfky slap semplicemente contagiosa, Gabriele Marino i tasti di The North Green Down e Leegte. Materie palpa- Ge n e r e : e l e c t r o /d i s c o f u n k y e ci appiccica sopra una demenziale voce declama- bili che, inevitabilmente, restituiscono le sfumature a Ancora EP Faresoldi. Con il solito armamentario di toria; Volluto è uno stop&go funkyhouse con tocchi modo di un Keith Kenniff nei primi minuti di Famous kitscherie rese con suoni e arrangiamenti sempre im- wonky; Is LOL è un po’ Jim Avignon (un Places. peccabili. Cinque pezzi per ribadire la via post-Sappia- giorno qualcuno scoprirà/riscoprirà quest’uomo), un

70 71 Federico Squassabia Walkabout - pesante o dello scazzo in modalità ironico-giovanilisti- Gentless3 - I’ve Buried Your Shoes Down Deep Politics è dunque un lavoro mezzo riuscito nel suo Songlines (Parade, Ottobre 2010) co. Che alla fin fine non si capisce bene se ci facciano o By The Garden (Wild Love, Marzo 2011) essere troppo pretenzioso e poco coeso e si fa apprez- Ge n e r e : a v a n t -j a z z stiano semplicemente prendendoci tutti per il culo. Ge n e r e : p o s t -s l o w -f o l k zare soprattutto nei pochi momenti in cui i Grails tro- Dopo essere cresciuto in quella fucina di talenti che Probabilmente la seconda, ma cambia poco: Musica Ro- Quanti frutti insipidi e ammuffiti siano stati colti negli vano un punto di equilibrio. Verrebbe da definirlo un è Improvvisatore Involontario, Federico Squassabia vinata è una centrifuga di rock alto e basso alla manie- ultimi anni dall’albero del post-rock e dello slowcore buon primo lavoro che fa ben sperare per il futuro, se approda a Parade - costola sperimentale di Trovaroba- ra di un Patton sanbabilino o di uno Zappa sboccato e è cosa tristemente nota. Era ovviamente questione non fosse che sono tutto tranne che una band di no- to - con questo Songlines. Nella pratica nulla cambia, punkish cresciuto nell‘ovattato e sopravvalutato mon- di attendere la stagione e l’innesto giusti. Come pure vizi. nel senso che l’universo del pianista continua ad essere do del rock fichetto italiano. È tutto eccessivo, tirato ai conta il terreno da cui le radici succhiano sostanze ed (6.2/10) fatto di una materia flessibile, meditativa, contaminata, massimi livelli, pronto allo strappo, ironico, schizzato e energia. E quanto in profondità. Carlo Natoli da Ragusa Francesco Asti in equilibrio tra jazz, classica e contemporanea. crudo nella musica dei Calafuria bros. Cosa che ci piace - nel curriculum una gavetta da fonico e collaborazioni La formazione è minimale: Nelide Bandello alle per- assai. in entità quali Albanopower e Tapso II - ha coltivato Green like july - Four-legged fortune cussioni e Danilo Gallo al basso/contrabbasso, a gio- (7/10) bene la propria attitudine organizzando i Gentless3, (Ghost Records, Febbraio 2011) care con un concetto di viaggio che ambienta ogni Stefano Pifferi quartetto (chitarra baritono, chitarra elettrica, piano Ge n e r e : indie, f o l k brano in un luogo (fisico o dell’anima) diverso. Con il elettrico e batteria) che riarticola l’incedere costernato Si apre guardando al Bob Dylan di Highway 61 reviseted groove dispari di The Jellyfish Meal (Amsterdam) e le Gatto Fritto - Gatto Fritto (International di certo post-rock con l’incandescenza dimessa dello questo Four-legged fortune, secondo ottimo lavoro dei ampie aperture di C’era una volta (The Wild Wild West Feel Recordings, Aprile 2011) slowcore, puntellando l’emotività con un romantici- Green like july. Un po’ di Pavia e un po’ di Alessandria, And Sergio Leone), le aspirazioni atonali di Don Durito Ge n e r e : s p a c e n u d i s c o smo noir di stampo alt-folk. Andrea Poggio, Nicola Crivelli e Paolo Merlini, hanno Y Marcos (Mexican Walk & Subcomandante) e i fraseg- Gatto Fritto è Ben Williams che già avevamo incontrato Ascolti queste melodie indolenzite ma appassionate, registrato agli ARC studios di Omaha, Nebraska, luogo gi di piano scapicollanti di Una passeggiata ai giardini nell‘ottimo 12‘‘ Illuminations con il moniker di Hungry questo croonerismo sospeso tra selvatica indolenza e centrale nella realizzazione e produzione degli album pubblici (Bologna) che svelano un’opera stratificata, Ghost, un duo (con Sam Weaver) house declinata nu- afflizione, ed è come quell’impasto diSlint , Unwound, dei Bright Eyes e della Saddle Creek tutta. Niente di obliqua e a suo modo narrativa. Avant-jazz avventuro- disco, che tra i remix illustri portava anche il nome del Codeine e Black Heart Procession che hai sempre più più azzeccato, è chiaro, visto che è proprio da un brano so e immaginario, alla stregua delle vie dei canti degli re della cosmic Daniele Baldelli. o meno consapevolmente desiderato. Il patema fiero di Fever and mirrors che arriva il nome della band. aborigeni australiani a cui il disco idealmente s’ispira. E Ben sta sulla scena da un sacco di anni: nei Novanta si venato di jazz fumoso di On Busting The Sound Barrier, Appoggiati, a partire dai demo, da Jake Bellows dei uno Squassabia come al solito a ottimi livelli. è fatto le ossa con la techno suonando all‘Analog City la gravità risoluta di Comeback From (omeopatie Red Neva Dinova e sostenuti, durante la lavorazione, dal (7.1/10) londinese, nei Duemila, tra alterne fortune, ha orga- House Painters nel ritornello) e la cinematica appren- supporto dei fratelli Mogis, i tre ragazzi escono con un Fabrizio Zampighi nizzato party e cambiato interessi sonici passando da sione di Since ‘98 sono l’apice di un programma strin- album pieno, denso di riferimenti, citazioni, sguardi, Detroit a Chicago per poi approdare alla space disco gato (solo sette tracce) ma intenso e credibile. eppure capace di non risultare mai, pur con una for- Fratelli Calafuria - Musica Rovinata proveniente dalla Norvegia (Lindstrøm). Nel frattem- (7/10) te connotazione di genere, la copia di qualcosa di già (Massive Arts, Aprile 2011) po, ha fatto il commesso alla Reckless records (e in un Stefano Solventi noto. Che si sentano, e non poco, Conor Oberst, gli Ok- Ge n e r e : e l e t t r o c k videostore) e stretto diversi contatti che, a partire dal kervil River e una serie di infiniti affondi nella musica Non cala affatto la furia dei Fratelli Calafuria stando a 2007, si trasformano in release. Grails - Deep Politics (Temporary folk più statunitense e antica possibile, è cosa eviden- quanto si ascolta nell‘opener Pezzo Giallo: 2 minuti e Gatto Fritto esordisce quindi nel 2007 per la londinese Residence, Aprile 2011) te, tuttavia Four-legged fortune mantiene con forza la poco più di furia cieca fatta di ampli al rosso e vocals Dissident con Invisible College, uno dei brani che ritro- Ge n e r e : p s y c h p o s t -r o c k propria originalità. Se nel precedente May This Winter in modalità screamo meets nonsense lirico e suburba- viamo in questo omonimo long playing, emblematica La cosa che spiace di più nell’ascoltare i Grails è il sen- Freeze My Heart si accusavano infatti i colpi dell’amore no. A ruota, Fare Casino, ovvero l‘electro-rock iper-vita- testimonianza della sua mano: lineari progressioni di so di incompiutezza, un retrogusto amaro dato dalle per un certo mood sonoro e vocale, qua il pericolo è minizzato dei dimenticati Death From Above 1979: synth cosmici, battuta disco e citazionismi 70s a con- grandi possibilità che concretamente non riescono a scampato. Testi di forte intimità e ironia che racconta- stesso frullatone di analogico e digitale e stessa forsen- torno. realizzarsi in pieno. no un immaginario capace di aderire perfettamente ai nata corsa a superare ogni possibile limite, messi però Nel corso degli ultimi quattro anni, rispetto a Lindstrøm Il tentativo di portare avanti le intuizioni dei Neurosis suoni e alla vocalità di Poggio. al servizio di un anthem da chiamata alle armi tardo- (quasi plagiato in The Hex), Gatto Fritto ha spostato e degli Isis sposandole con un misto di post-rock, folk e Non siamo di fronte a un disco che ne ricalca altri ma adolescenziale al grido di “bisogna fare casino!”. l‘interesse verso gli 80s sintetici di Com Truise ed ha sonorità psych liquide, rimane infatti soltanto nelle in- a un lavoro nato, cresciuto e sviluppato nel luogo a lui Adrenalina a pacchi e atteggiamento tra l‘amara disillu- aperto pure un’etichetta, la Fritto Morto. Quest‘esordio, tenzioni. Una volta messo in pratica infatti sembra più più adatto, nel suo spazio più naturale, accanto alle sue sione e il sarcastico nei confronti del mondo esterno (in su International Feel Recordings (proprio come Hung- una forzatura che una evoluzione fluida e omogenea, stesse fonti d’ispirazione. Brani come Jackson e, soprat- stretto ordine alfabetico ci fanno sapere i due che i testi ry Ghost) è una raccolta di materiale vecchio e nuovo, sfociando in un manierismo stucchevole (All The Colors tutto, il piccolo capolavoro A perfect match sono vere e parlano di “amore, cassette, cose complicate, disordine, buona space disco e interessante nu. In un momento Of The Dark) o in tirate prog abbastanza noiose (Deep proprie rarità. Eccellente la cura dei dettagli: una pro- disastri, giallo, luoghi comuni, Milano, radio fm”) fan- di sintesi dance eterodossa come quello attuale (vedi Politics). Ed è un peccato perché i momenti buoni non duzione di alto livello e un artwork di folk art raffinatis- no di Musica Rovinata uno spietato e folle sguardo lu- su altri lidi i Discodeine) la mossa ci sta tutta, anche se mancano, come quando filano via lisci e diretti facendo- simo e quantomai adatto, nato da un’idea della talen- cido/ludico sull‘attualità. I due fratelli (Andrea Volontè l’approccio è ancora troppo calligrafico. Il meglio, verrà si apprezzare per una buona varietà stilistica: il trip-hop tuosissima illustratrice Olimpia Zagnoli. Bravissimi. e Paco Vercelloni) mischiano e stratificano punk, funk, con l‘esordio lungo del duo... etnico di Corridors Of Power o le folkeggiantiAlmost Grew (7.4/10) jazz, noise, no wave, electrock con una predisposizione (7/10) My Hair - sicuramente la migliore del lotto - e I Led Three Giulia Cavaliere collagistica e massimalista che fa il paio con le aperture Edoardo Bridda Lives sono testimonianza di una discreta padronanza di melodiche delle vocals, sempre sul filo del calembour mezzi e abilità nell‘amalgamare stati d‘animo differenti.

72 73 highlight all‘ascoltatore con sonorità e immaginario iconogra- nome dell‘americana, ben si allinea con le prospettive fico. Grey History prende le sue posizioni e di questo sonore architettate da Salvatore Borrelli nella sua en- gliene va reso merito. nesima incarnazione dopo (etre) e Wondrous Horse. Josh T. Pearson - Last Of The Country Gentlemen (Mute, Aprile 2011) (7/10) Al primo ascolto identificabili col calderone post weird- Ge n e r e : p o s t -s o n g w r i t i n g Stefano Pifferi folk - poiché è da quella macro-area che i due prota- L‘unico difetto di questo disco è una copertina fuorviante e poco significativa. Nient‘altro. In queste gonisti grossomodo provengono - le musiche di Echo sette canzoni - mediamente assai lunghe, costruite attorno a silenzi e una chitarra acustica, al violino Gurun Gurun - Gurun Gurun (Home Palace Of Finitude sono invece più eteree e esoteriche dell‘amico Warren Ellis dei Dirty Three e tantissime parole - Pearson ha Normal, Aprile 2011) rispetto al canone di genere, caricandosi di una vena inserito un decennio dallo sbando alla salvezza tramite l‘auto-isolamento. Ge n e r e : indietronica darkish non comune se non volgendo lo sguardo ad Tanto basterebbe per rispettarlo: per amarlo bisogna scavare negli avve- Gurun Gurun è la creatura poliglotta e transcontinen- Albione. Spesso accomunabili a paesaggi ambientali di nimenti precedenti le due notti in uno studio berlinese che ne hanno te- tale di tre polistrumentisti (Tomas Knoflicek, Jara Tar- matrice chamber-folk (la varia strumentazione usata da stimoniato la genesi. Solo così si può capire come ci si trovi al cospetto di novski, Federsel) che rimbalzano tra l‘est-Europa, l‘Asia Borrelli, in questo caso, aiuta molto), esse sono dram- qualcosa che ha condotto l‘autore fuori da un deserto dell‘anima. e il Nuovo Continente. Il trio, affiancato da una man- maticamente e teatralmente accese anche e soprattut- Un tempo leader dei Lift To Experience, il ragazzo faceva in tempo a pub- ciata di amici musicisti, affida a un disco omonimo un to dalla voce della cantante, finendo con lo sfiorare così blicare il cult The Texas-Jerusalem Crossroads e ricevere elogi da John Peel, esordio che ci fa tornare senza interferenze agli anni atmosfere orchestrate e minimali alla Amber Asylum dopo di ché il gruppo si sbriciolava a contatto con lo showbiz e per via di dell‘indietronica Morr con qualche picco di ricerca (sui o certo minimal-folk inglese di respiro pienamente bu- alcune tragedie personali. Josh reagiva con una ricerca di sé nella provincia del Texas, lavorando quel rumori di fondo) alla The Books. colico e acustico. tanto che bastava a una vita decente, senza smettere di scrivere canzoni nel mentre Lift To Experience Sia all‘orecchio che ha attraversato quell‘onda, sia a Animi affini quelli di Harps/Borrelli e Dora/Geller in diventavano materia mitica. quello digiuno, appare evidente l‘eccessivo affidarsi a grado di far scattare magiche e vibranti interazioni che Si spostava poi a Berlino e Parigi, andando incontro alla catarsi in alcuni spettacoli dal vivo tenuti senza una formula-canzone dilatata ma fermamente ancora- fanno di Echo Palace Of Finitude una raccolta lirica e un piano preciso. Senza davvero voler tornare sulle scene, piuttosto scrollandosi di dosso il passato ta alla melodia eterea della vocalità. Le voci - e i testi struggente come un sussurro ancestrale. con umiltà e nuovi argomenti. Non fosse stato per il riscontro positivo di alcuni concerti di spalla giu- - sono esclusivamente giapponesi (le ospiti più eviden- (7.2/10) stappunto ai Dirty Three nel 2009, non avremmo mai ascoltato questa ipotesi di Leonard Cohen che ti in casa Gurun Gurun, ossia Sawako, Moskitoo, Aki Stefano Pifferi si abbevera alla scuola dei cantautori texani, però consapevole della catatonia di Mark Kozelek e dello Tomita), il tappeto strumentale un piccolo archivio di slancio di Micah P. Hinson. micro-suoni, punteggiato qui da tocchi melodici di chi- Harshcore - Ponytail, Ponytales (Lisca Capace, al posto di un romantico cinismo, di porgere cose commoventi come Honeymoon Is Great, I tarra, là da accenni di ottone (ai fiati sono impegnate le Records, Aprile 2011) Wish You Were Her e il folk dall‘afflato gospel Drive Her Out aprendo il cuore su un piatto d‘argento; di altre comparse dell‘album). C‘è però troppo miele, facili Ge n e r e : e x p e r i m e n t a l toccare un vertice sublime in una Country Dumb da Townes Van Zandt in transito dal border al paradi- emozioni, dentro alle canzoni. Negli Harshcore di Luca Sicurtà e Tommaso Clerico c‘è so. Perché ha compreso che, se qualcosa è onesto e sincero, deve abbandonare il solipsismo e trovare In linea di massima, il sottofondo di piccoli frammenti, la stessa attrazione ludica nei confronti del rumore che l‘altrui riscontro. Perché l‘Arte è comunicazione, e benché si tratti di un disco refrattario e scontroso, concretismi, residui Books-iani è più originale della me- era tipica dei Throbbing Gristle. Paragone altisonante basterà un‘ora al giorno per trovare un amico che accomapgni al di là delle miserie di ogni giorno, non dia del genere. L‘ossatura tronica arriva persino in qual- ma evidente se si approfondisce l‘ascolto dei mille rivo- soltanto delle musichette che si dimenticano a una settimana dall‘uscita. Ci vuole coraggio e talento che occasione (Io) a lambire l‘impro elettroacustica, o a li in cui il duo di Biella sparpaglia la propria personale per questo. perturbare in maniera non scontata (Kúkó) la trasogna- weltanschauung rumorosa. (7.5/10) ta delicatezza delle melodie vocali, ma non abbastanza Dismessi i panni dei rumoristi incompromissori e legati Giancarlo Turra da giustificarne l‘uso senza possibilità di alternativa. È all‘industrial da un approccio naif - da cui traeva ispi- la pesantezza di un gusto, che si vuole paradossalmen- razione anche la scelta del moniker - i due elaborano te molto delicato, a fare che questi “eppure” diventino un caleidoscopio che si muove agile e sboccato tra ex- “nonostante”. perimental-sound (Clusterfuck) ed elettronica weird (le (5/10) increspature post-glitch di Divar), dark-ambient defor- Grey History - All Dead Stars (Radical noise dell‘opener All Children Are Fascists, il glitch su- Gaspare Caliri mata (Neko Case In The Bluegrass o la Ponytail, Ponytales Matters, Febbraio 2011) bacqueo e imputridito di Put Pregnant And Leave Is Very Pt. 2 impreziosita dalla voce fantasmatica di Madame Ge n e r e : h a r s h -n o i s e R‘n‘R, il noise granuloso e ispido delle due parti di Co- Harps Of Fuchsia Kalmia/Dora Bleu - Echo P) e industrial-beat spastica (Taping Bones), non disde- Riprende il discorso esattamente da dove lo aveva caina Toilettes Tour, l‘ebm malevola in bassa battuta di Palace Of Finitude (Three Legged Cat, gnando squarci da contemporanea meets no-wave (Fa- lasciato con Lucifer Over Disneyland, il duo Gianluca Nietzsche Fucks Christ e i droning montanti della con- Marzo 2011) ble Cutoff) o loop e ritmi spezzati da hip-hop claudican- Becuzzi/Fabio Orsi. All Dead Stars - sempre in cd-r in clusiva Girls Usually Bleed, sono esempi del procedere Ge n e r e : m i n i m a l -f o l k te alla Consolidated (U Smilin‘). cartonato 7” dall‘iconografia potente e politicamente musicale estremo del duo. L‘ultima manifestazione sonora di Harps Of Fuchsia C‘è però in questa apparente eterogeneità di forme e scorretta - è il gemello diverso dell‘esordio e si nutre La chiave di volta per comprendere a fondo il portato Kalmia prima della dismissione della sigla si avvale del contenuti, una coesione di fondo legata ad un linguag- della stessa, infame materia: harsh noise e power elec- del progetto Grey History risiede però nello humor cat- prezioso apporto di Dora Bleu, agitatrice del sottobo- gio sardonico e pungente, autoironico e grottesco, cir- tronics sul versante musicale e immaginario pop-ico- tivo e nerissimo, nella filosofia anti-politically correct, sco americano (From Quagmire su tutti) e da qualche cense a tratti nelle movenze, che si avvicina al senso noclasta e humour nerissimo, su quello visivo. contro il finto buonismo di fine millennio e l‘incapacità tempo chanteuse dreaming in solitaria. La voce am- ultimo dei padri dell‘industrial citati in apertura. Il declamare icastico di Becuzzi sul tappeto industrial- di prendere posizioni nette che i due sbattono in faccia maliante ed evocativa di Dorothy Geller, questo il vero Si obietterà che la nutrita messe di ospiti - To Live And

74 75 Shave In LA, Zeek Sheck, Bologna Violenta, Madame complimento che ci sentiamo di esprimere. Howe Gelb - Alegrias (Fire Records, Marzo leve che assistono stupite ad epifanie impolverate. P, IOIOI e molti altri ancora - possa aver detto la sua (7.2/10) 2011) Anticipato dal singolo Night People, che ricorda i De- in questo melting-pot stranito e straniante, ma così Giancarlo Turra Ge n e r e : f o l k r o c k peche Mode più marziali ed elettronici (periodo Some facendo non si renderebbe giustizia ai titolari della Ideato e pubblicato solo per il mercato spagnolo, que- Great Reward per intenderci), l‘album è una carrellata di sigla. Esperti musicisti, sperimentatori indefessi e mai Holy Ghost! - Holy Ghost! (DFA, Aprile 2011) sto Alegrias ha avuto lo scorso anno un successo tale ricordi pop che Philip Oakey tenta di ringiovanire con domi esploratori di lande sonore periferiche ed entu- Ge n e r e : s y n t h p o p 80 da meritarsi oggi la distribuzione internazionale. E’ il qualche effetto speciale e con l‘aiuto delle sempreverdi siasmanti. Lo spirito santo degli anni Ottanta ritorna ancora una caro vecchio Howe stregato dall’atmosfera di Cordoba, vocals di Susan Ann Sulley e Joanne Catherall. (7.2/10) volta, stavolta incarnato in due ragazzi di Brooklyn, al accompagnato da una band flamenca di ascendenze Il risultato è un memorabilia che non coinvolge, pas- Stefano Pifferi secolo Nicholas Millhiser and Alexander Frankel. La DFA tzigane (i Band Of Gypsies) e prodotto nientemeno sando dal synth pop più squadrato e prevedibile (Sky), di James Murphy non ha mai celato l‘amore per quella che da John Parish. Un pugno di tracce nuove ed il re- al vocoderismo attualizzato now, che però stride con Head And The Heart (The) - Eyes Only (Sub decade di brillantini e il gruppo di nerd dei synth - che sto del programma (in tutto 13 pezzi) impegnato a rivi- le tastiere di vent‘anni fa (lo spettro di Cher incombe in Pop, Aprile 2011) per noi italo hearts potrebbero essere avvicinati alle sitare il repertorio con la flemma torbida e la malinco- modo imbarazzante sul secondo singolo Never Let Me Ge n e r e : a m e r i c a n a tamarrate intelligenti della Scuola Furano (Riotmaker nia stropicciata d’un mariachi stanco, ferma restando la Go). Le tensioni da club-dark (Egomaniac, Single Ma- E‘ una felice casualità ad aver riunito quella che, da più come DFA de noantri?) - ha da sempre trovato pane per dimensione gelbiana di cui ben sappiamo - amandole niac) e le progressioni à la Moroder (nell‘onesto Electric parti, è additata come una delle “sensazioni” dell‘an- i suoi denti nell‘arte del remix nelle stanze hyper-cool - le malie narcotizzate, la devozione spersa, le visioni Shock) e gli occhiolini al synth pop più glitterato che nata. Correva l‘estate 2009 quando, nei sobborghi di dell‘etichetta che ha alimentato il nu-rave. sospese tra fervore e stramberia. mai completano un quadretto da dimenticare. Seattle, Josiah Johnson e Jonathan Russell metteva- Inevitabilmente le riletture andavano di pari passo con Ebbene sì, ci ritroviamo pur sempre sprofondati nella Fra dieci anni probabilmente uscirà un altro disco de- no assieme i propri talenti di songwriter. Entro breve li quello che ribolliva nella mente del cantante degli LCD stessa poltrona che da Hisser a The Listener passando gli HL. Speriamo che nel frattempo si siano stancati di raggiungevano il tastierista Kenny Hensle, la cantante Soundystem: e quindi pacchi di sonorità patinate à la da Confluence ci contiene e consola ricordandoci la riproporre le loro fotografie di gioventù, magari consi- e violinista Charity Rose Thielen e la sezione ritmica di Hot Chip prima maniera, struggente finitezza delle cose, il polverizzarsi dei so- derando l‘idea di prendere qualche strada nuova, o in Tyler Williams (batteria) e Chris Zasche (basso). A inizio e Juan MacLean, con cui hanno collaborato in studio gni nel mortaio del disincanto. Messa quindi in conto alternativa di ritirarsi a godere di una meritata pensio- 2010 entravano in studio per mettere mano a un disco e in tour. Più che creatori, Nick e Alex hanno da sem- una certa inerzia, o se preferite un’ombra di morbida ne. dopo averne rodate le composizioni con un‘intensa - e, pre sgobbato come remixers. La raccomandazione di autoindulgenza, va detto che stiamo parlando di un di- (4/10) stando alle cronache, notevole - attività “live”. Ne stam- James li ha portati a toccare punte di hype che i nerd sco prezioso, perché in esso l’immaginario desertico di Marco Braggion pavano poche copie da vendere giustappunto ai con- dei sobborghi di Manhattan sognano: Moby, MGMT, Gelb si coniuga d’Andalusia riverberando suggestioni certi, esaurite mentre il cicaleccio si espandeva lungo Phoenix e altri vip del giro giusto nu-disco. Ma oggi, latine meravigliosamente apolidi, come rumbe scirop- Ignaz Schick/Dawid Szczesny - Live In la costa Ovest. al debutto, come suonano? Il nerdismo è la loro arma pose tra miraggi bossanova, come fremiti gitani strat- Geneva (Zarek, Marzo 2011) Finché, a novembre, la Sub Pop non li metteva sotto fondamentale. tonati country-rock. Ge n e r e : elettroacustica contratto ri-registrando Sounds Like Hallelujah e ag- Concentrati in un recupero di tastierine, echi e altri FX Particolarmente riuscite le riletture di Cowboy Boots on Non è la prima volta che i nomi di Ignaz Schick e Da- giungendo un paio di brani più recenti. I quali, come il di quegli anni suonano come se il tempo non fosse Cobble Stone (benedetta dalla chitarra virtuosa di Rai- wid Szczesny si compongono per una pubblicazione resto del programma, posseggono l‘urgenza emozio- passato. O meglio, dato che da poco abbiamo capito mundo Amador), 4 Doors Maverick e Uneven Light of a duo. Successe già con The View Underneath, uscito nale di un Conor Oberst meno verboso e privo dell‘af- che i nonni di quegli anni stanno tornando in massa Day. Tra le canzoni di nuovo conio, notevole The Ballad per la Non Visual Objects tre anni fa. E anche Live In flato emo. Che preferisce osservare le radici country e per sbancare i botteghini con tonnellate di nostalgia of Lole y Manuel e la breve Lost Like a Boat Full of Rice Geneva vive dello stesso contrasto tra l‘attitudine ai folk e la loro trasfigurazione lungo i decenni per poi soporifera (Human League, Duran Duran e OMD, tan- con l’accorato rigurgito da pianista “felonious”. suoni/rumori forniti dagli oggetti di Schick, oltranzista dire la sua con attitudine sincretica. La scrittura poggia to per citare i più recenti), la domanda nasce sponta- (7.1/10) dell‘analogico, e i droni elettronici di Szczesny. però più sul pianoforte, su intrecci vocali perfetti e una nea: che hanno di meglio gli Holy Ghost! dei matusa Stefano Solventi Di fatto, il concerto cui si allude nel titolo non è così tavolozza strumentale ricca ma che valorizza le canzo- incartapecoriti in riciclo continuo? Il tiro, il sorriso ner- recente da giustificare una sostanziale evoluzione da ni invece di appesantirle. dy, la voglia di mettersi in gioco e di far divertire. In una Human League (The) - Credo (Wall Of quella prima esperienza: testimonia infatti una perfor- La penna è di caratura elevata e già matura: complessa parola la freschezza necessaria a rivangare un passato Sound, Marzo 2011) mance congiunta del novembre di tre anni fa, avvenu- però brillante (i cambi di passo in Honey Come Home, la e a scagliarlo nel futuro. Ge n e r e : s y n t h p o p ta appunto a Ginevra, al Cave 12/L’Ecurie. Per di più, al festosa, beatlesiana Ghost) oppure di una malinconia Tra le altre muse ispiratrici obbligatora è la citazione dei L‘ultimo disco della lega umana risale al 2001. E anche risultato del live non è stato applicato nessun lavoro di gioiosa (Coeur d‘Alene, la policroma title track); altrove New Order, di cui qualche tempo fa hanno celebrato se siamo in pieno revival anni Ottanta (vedi i ritorni di afterediting. Non ci sono overdubs o tagli; quello che intrisa di dolcezza crepuscolare (accorate e robuste, Ri- la hit Confusion con il singolo I Will Come Back, Gior- Orchestral Manoeuvres In The Dark, Duran Duran sentiamo è l‘intero act del duo tedesco/polacco. Eppu- vers And Roads e Down In The Valley) e capace di spari- gio Moroder (Wait And See), i Depeche Mode (Hold e dell‘iconografia di quel decennio nel glo), di dischi re tra Ignaz e Dawid si sente una capacità notevole di gliare le carte con disinvoltura (Heaven Go Easy On Me: My Breath) e tornando al presente la Kitsuné (Hold On è che rifanno solo il passato non se ne sente proprio il creare con la propria musica lo spazio per quella altrui. gli Eagles che, a lezione da The Band, raccolgono per già apparsa in una compilation della maison francese). bisogno. All’inizio degli anni zero aveva infatti un certo Nei cinque movimenti, l‘elettronica sibila e lascia che il strada un gusto pop britannico e un finale cameristico; Crogiolarsi nel retrofuturismo può essere deleterio, ma senso estetico/politico riportare in primo piano quelle protagonismo degli oggetti salga (Movement 2), il dro- le venature soul di Lost In My Mind). Materia appassio- per ora gli Holy Ghost! non hanno ancora saturato le sonorità synth-based; oggi invece i riciclati entrano nel ne cerca armonie sostenendosi ai rumori ritmici (Mo- nata e mai scontata, insomma, bastante a srotolare il aspettative. Buon proseguimento. meccanismo di vendita e cercano di arraffare (senza al- vement 3), il computer allestisce l‘arena cosmica per i tappeto rosso per accogliere altri “nuovi tradizionalisti”. (7/10) cuna velleità estetica) fino all’ultimo quattrino, sia dal timbri più perforanti (Movement 4). Non una contraddizione in termini, casomai il miglior Marco Braggion pubblico che li adorava trent’anni fa che dalle nuove In realtà Schick è sempre di più un nodo nella rete elet-

76 77 troacustica tedesca, fatto documentato dalla curatela progetto di Andy Swan (Final) approntato con vecchie highlight del Echtzeitmusik Festival 2010. Dove “Echtzeitmusik” glorie del giro post-industrial inglese (Diarmuid Dalton vuol dire real time music, e dunque impro. Ma è la col- dei Cable Regime e Dominic Crane già coi Rumble- laborazione, la co-progettazione, la messa in sintonia fish). Kode9/Spaceape - Black Sun (Hyperdub Records, Aprile 2011) tra i compositori (o improvvisatori) come fossero stru- Insomma, un mix sulla carta interessante di paesaggi Ge n e r e : d u b s t e p h o u s e menti di una meta-composizione a diventare sempre ambientali tra il sogno ristoratore e l’incubo post-ato- Il secondo album di Kode9 e Spaceape arriva a cinque anni dall’esordio Memories of the Future più la chiave della scena, in Italia come negli angoli di mico, per molti versi affine alle ultime evoluzioni targa- (7.2/10), titolo che più afrofuturista di così si muore e lavoro pre-Untrue che infatti proponeva una visio- Kreuzberg. È il metodo odierno di declinazione dell‘ec- te Justin K. Broadrick (Jesu su tutte) che, non a caso, ne dubstep ancora lontana dall’esplosione e - tutto sommato - dalla con- cellenza. nel secondo disco bonus si occupa di un personale mi- seguente ortodossia Burialiana. Più che dubstep infatti, Memories era pro- (7.2/10) xaggio dell’intero album. priamente un dub minimalista e siderale, privo del rullante anticipato così Gaspare Caliri Lasciando passare l‘utilità di questa ultima operazione, caratterizzante per il genere. C’era lo spokenragga ipnotico di Spaceape, si Iroha è un disco su cui si posano molte riserve. Quan- sentivano forti le eredità downtempo, trip hop e - soprattutto - della mi- Insane Warrior (The) - We Are The do il gioco ad incastro tra rudi pesantezze da slowness scela noir del primissimo The Bug. Atmosfere notturne e claustrofobiche, Doorways (RJ’s Electrical Connections, pos-industriale e celestiali aperture quasi-dreaming ma anche un suono “intellettuale”, stilizzato, profondo e cremoso, che ne Marzo 2011) funziona, il risultato è sicuramente coinvolgente come faceva un disco in qualche modo da sottofondo (9 Samurai a parte).Kode9 Ge n e r e : e l e c t r o -f u n k -fic tion in Last Day Of Summer, Watercolours o Reminisce, lon- ha prodotto poco da allora, ma si è mosso tantissimo all’interno della scena Accantonati per un momento i territori indie-hop del tane dall‘essere originali. Molto più spesso però è un (basti guardare alla “riforma” del catalogo Hyperdub degli ultimi due anni e alle relazioni intrecciate con recente The Colossus, il produttore-musicista dell’ retrogusto troppo evidente di deja-vu che non lascia la Brainfeeder lotusiana), tanto che era lecito aspettarsi un disco anche molto attento ai fermenti now Rjd2 cambia pelle, e con il moniker The Insane War- mai il segno fino in fondo e si unisce alla sensazione, e - passateci il termine osceno - sperimentale. E invece Kode sorprende con un album che continua in rior mette in scena We Are The Doorways, dieci brani nemmeno troppo sbagliata, di ascoltare sempre lo coerenza il suo discorso, iniettando nella miscela originale una bella dose di energetiche suggestioni electro-psych-funk interamente strumentali, ispira- stesso pezzo. tech-house (le stesse attorno a cui ruotava il Dj Kicks uscito a metà 2010), irrobustendo la ritmica e i ti dalla passione per i film horror-sci-fi in salsa ‘70s. In (6/10) cantati, ora più fisici, in un tripudio di synth, controtastierine laser e mini breakbeat (sarà interessante pratica? Francesco Asti confrontarlo con l’imminente Africa Hitech). Ne viene fuori un lavoro che, pur elegante e incapace di In pratica il lavoro si muove tra avanzi di new jazz, so- nascondere certi tratti anche cerebrali (nelle stilizzate figure break, nelle stratificazioni delle trame ta- prattutto nel campionario di basi breakbeat-down- Jaruzelski’s Dream - Jazz Gawronski stieristiche), vuole soprattutto far muovere il sedere in pista.Tolti un intermezzo a base di accordi liquidi tempo che ricordano le produzioni Tru-toughts da Sto- (Clean Feed, Marzo 2011) di tastiere fusion (Hole in the SKy, fascinoso ma che andava sviluppato), un semplice esercizio di ritmi nephace ai Belleruche, e synth funkeggianti che spesso Ge n e r e : a v a n t -j a z z spezzati su tappeto synth (Otherman) e la delusione totale del feat con Flying Lotus (un nulla ambient/ citano i Goblin e odorano di moog, minimoog e voco- L‘immaginario iconografico di per sé dovrebbe bastare noise-cameristico che mette assieme tastiere da chiesa e crepitii da falò; è la traccia conclusiva), il resto der. Ecco allora, e tra i momenti migliori, il lounge-funk a rimandare ad una dimensione ludica e a un approccio è tutto materiale di altissima qualità. I tribalismi poliritmici di Black Smoke e Bullet Against Bone, la so- ispirato di The Water Wheel, oppure Then You Hear A Fo- non serioso alla materia del jazz. Moniker, titolo dell‘al- spesione pulsante di Promises, l’assalto street di Am I; ma, soprattutto, il trittico con i feat della vocalist otstep, duetto di trombe e tastiere sugli unici barlumi bum e dei 12 pezzi che compongono Jazz Gawronski Cha Cha: la cavalcata deephouse in odor di Cooly G Love Is the Drug (primo singolo), la rarefazione hip-hop del lotto, e ancora il synth-spacing frenetico di sono calembour linguistici tra il surreale e il pastiche house tagliata secca da rullante e inserti di tastiere che si muovono come archi sinistri Neon Red Sign, Whitin The Maze per finire conla ninna nanna tintinnan- disseminati dal terzetto italiano per suggerire finalità l’assalto funkysoul trasfigurato street di The Cure. E l’anthemico dittico oldskool tech-house (“potete te di Saint Ignatius Bellse. e attitudine. sentirlo?”) Black Sun (remix della bomba sganciata nel 2009)/Green Sun (il pezzo migliore del lotto?). Ogni tanto, specie nella seconda metà dell’album, c’è Non a caso composto da membri provenienti dai poli Un secondo lavoro che rifugge il sensazionalismo sonoro e cerca una via personale per mettere assie- spazio per qualche sbadiglio quando gli svolazzi psych attrattivi più interessanti del (neo)jazz italiano - El Gallo me, con stile, testa, atmosfera e dancefloor. esagerano fuori controllo (Trail Of Fire un esempio su Rojo e Improvvisatore Involontario - il progetto Jaru- (7.4/10) tutti), ma nel complesso l’originalità della proposta di zelski’s Dream è l’esatta somma dei singoli elementi Gabriele Marino Rjd2 colpisce nel segno. Rimane un disco di nicchia che in gioco: una vulcanica eruzione di follia strumentale, non interesserà a molti, e per certi versi sarà un pecca- giocosa attitudine demistificatoria, irregolarità avven- to. turose e, paradossalmente, coesione interna rese con (6.8/10) leggerezza e (auto)ironia. la Variations, Zibibboniek, The Amazing Kaczinski Twins, Jim Jones Revue (The) - Burning Your Stefano Gaz Piero Bittolo Bon (sax alto, smartphone) e Stefano Sen- Soulidarnosc. House Down (Pias, Febbraio 2011) ni (contrabbasso), entrambi da El Gallo Rojo, insieme Vere e proprie gioie per chi ascolta e l‘ennesima dimo- Ge n e r e : r’n’r Iroha - Iroha (Denovali, Aprile 2011) al batterista extraordinaire Francesco Cusa (colonna strazione dell‘effervescenza del jazz informale e atipico Se nell‘ultima manifestazione sonora (Here To Save Ge n e r e : h e a v y -s h o e g a z e portante di Improvvisatore Involontario) inanellano di- che gira da tempo in Italia. Your Soul - Singles Volume One del 2009) i cin- Muri di feedback, passo cadenzato e rallentato, cantato scorsi di jazz free-form in modalità first take attraversati (7.2/10) que Jim Jones Revue garantivano la musica adatta a sovrastato dal suono degli strumenti, tastiere circolari, da un senso del groove profondo e irresistibile: ritmico Stefano Pifferi smuovere “any house party till the roof falls in”, ora col tutti gli stilemi dello shoegaze a cui va aggiunta un’evo- e forsennato, silente e sussurrato, l‘avant-jazz inteso dai comeback vero e proprio la casa la vogliono proprio luzione melodica post metal. Questo in sunto ciò che si tre è pari alla attitudine iconoclasta e altamente ironica dare alle fiamme. può rintracciare nell‘esordio lungo degli Iroha, nuovo che li porta a firmare pezzi con titoli come The Mastel- Il bello è che non mentono affatto, a giudicare dal-

78 79 la cover e dall‘alto tasso di pura energia incendiaria This Dream; il minuetto Where Does The Love Go?). Ar- il deprecabile anello di congiunzione tra Royal Trux e discreto, sembra aver perso qualche colpo nel corso de- messo in scena. rangiato con misurata eleganza e forte del traslucido Roxette, la patina new wave spalmata a dissimulare il gli anni: un difetto che non compromette più di tanto il Il comeback del quintetto capitanato dall‘ex Thee Hy- apice Maybe, The Memory Machine non sfigura vicino piglio piacione. disco, ma impedisce di classificare il nostro come auto- pnotics Jim Jones è un vero e proprio cataclisma che all‘esordio di Anna Calvi e al nuovo capolavoro di P.J. Ma è un giochino fin troppo scoperto, è tutta una stra- re di prima grandezza. prende il rock‘n‘roll dei primordi, quello vergato a san- Harvey. Conquista senza strafare, come una studen- tegia pop di rinterzo: cos’altro ti dicono la brama co- (6.7/10) gue dal ribellismo alla Jerry Lee Lewis e dall‘anticon- tessa straniera - colta, bella, un poco timida - incontrata stante di espedienti adesivi, tutti quei trilli acuminati, la Simone Madrau formismo del secondo Elvis, e lo rovescia dal di dentro. per caso a una festa movimentata. chirurgia di effetti (tremolo, phaser, flanger...), l’intrigo Chitarre selvagge e un piano posseduto dallo spirito (7.1/10) pervicace dei corettini... Materiale di riporto sulla scorta London Sinfonietta/ & The Shapes iconoclasta del killer della Louisiana, accendono la luce Giancarlo Turra del cool d’inizio millennio azzeccato da White Stripes - Chopped & Screwed (Rough Trade, Marzo nell‘opener Dishonest John per spegnerla una mezzora e Yeah Yeah Yeahs, saltando a pié pari la fase dell’im- 2011) dopo con Stop The People. Kilimanjaro Darkjazz Ensemble - From mediatezza (che tanto si esaurisce subito, come nei casi Ge n e r e : a c u t e p o p In mezzo un florilegio di melodie urlate dalla voce graf- The Stairwell (Denovali, Aprile 2011) sopraccitati). Canzoni che ti solleticano senza neanche Arduo per Micachu & The Shapes stupire, dopo que- fiante del frontman, stomp-rock assassino, riff rubati di Ge n e r e : cinematic prendersi la briga di disturbare, blues liofilizzati a pul- sta collaborazione con l‘ensemble orchestrale London peso al blues del delta e riletti ora in chiave rock, ora L’idea che sta alla base dei Kilimanjaro Darkjazz En- sare tra marcette acidule, fregole post punk e ghigni Sinfonietta. Registrata dal vivo nel maggio londinese di hard, batteria che è un carrarmato e basso-caterpillar semble è tutta fuorchè originale. Il collettivo di poli- glam(our). due stagioni or sono, ispirandosi - chiaro in ciò il titolo a serrare le fila di un suono che rinverdisce i fasti dei strumentisti europei (ma di stanza in Olanda) nasce, Un autentico carosello dell’insulsaggine di cui VV e Ho- - alla tecnica del chopping and screwing dell‘hip-hop te- reietti del garage-rock. Da quelli passati a miglior vita, infatti, col preciso intento di realizzare colonne sonore tel si stanno rivelando maestri: è giusto rendergliene xano dei Novanta, che consisteva nel dimezzare il tem- Sonics e MC5 su tutti, a quelli che invece hanno fatto per film mai realizzati, mettendo dalla loro una potente merito. po di battuta fino a ottenere un senso di stordimento e del rock uno stile di vita, vedi alla voce Jon Spencer. forza evocativa e una notevole varietà strumentale in (5/10) ottundimento. Logico, pensando a un DJ Screw che la A predominare, in Burning Your House Down, è sempre grado di far apparire agli occhi dell’ascoltatore imma- Stefano Solventi metteva a punto in quel di Houston grazie alla passione la musica del diavolo, ma da un demone del rock come gini in movimento. Non è casuale che i due fondatori per uno sciroppo contro la tosse che rallenta la perce- Jim Jones cos‘altro ci si poteva aspettare? Jason Köhnen e Gideon Kiers abbiamo musicato, rein- Kurt Vile - Smoke Ring For My Halo zione della realtà da parte dei neuroni. (6.8/10) terpretandoli, capisaldi del cinema muto come il Nosfe- (Matador, Marzo 2011) Se a premesse tra loro diverse quanto polo ed equato- Stefano Pifferi ratu di Murnau o Metropolis di Lang. Ge n e r e : Fo l k re aggiungete gli strumenti auto-costruiti dal trio Mica Il loro è un linguaggio fatto di jazz, trip hop, ambient, A due anni dall’ultimo Childish Prodigy si riaffaccia sul- Levi/Mark Pell/Raisa Khan per fare tabula rasa in fase Julia Stone - The Memory Machine (Pias, post-rock, meno elettronico e più umanizzato rispet- le scene Kurt Vile. Smoke Ring For My Halo non cambia compositiva, il quadro non vi sarà chiaro ed eccolo, il Aprile 2011) to agli esordi, capace di descrivere scene fortemente rotta rispetto ai precedenti lavori dell’ex War On Drugs, pregio del lavoro tutto. Una imprevedibilità al riparo Ge n e r e : 60’s f o l k -p o p caratterizzate da tinte noir e atmosfere fumose e im- ma ne fa nuovamente risaltare le doti creative. da superbia e approssimazione, ottenuta imponendosi Figlia di musicisti, Julia Stone si è ritagliata con il fratel- palpabili. Un clima soffuso che, però, crea anche una Anche questa volta ci ritroviamo così a tirare in ballo mezz‘ora di sagace e oppiacea revisione dello stile “oni- lo Angus un piccolo spazio dalle nostre parti tramite sfuggevolezza della musica: non riesce, in definitiva, a nomi di paragone piuttosto distanti da quel folk che ce e assenzio” appartenuto alla 4AD più aurea. Indovi- Big Jet Plane, brano che - estrapolato dal loro secon- lasciare il segno ma tende a svanire allorché cessano le pure rimane struttura portante per le sperimentazioni nati goth-pop cameristici come Not So Sure e Everything do lp Down The Way - ha chissà come goduto di una immagini da essa evocate. From The Stairwell è un lavo- del nostro: la melodia limpida di Baby’s Arms, ad esem- fanno infatti pensare ai This Mortal Coil mai esistiti, certa esposizione radiofonica. Additando il nome a ro compatto e monocromatico, ricco di dettagli che ri- pio, appoggiata su un seducente amalgama di chitarra strafatti di codeina e dotati di perverso umorismo. Giorgio Armani, che del duo sceglieva un altro pezzo escono ad accrescere la qualità dell’ascolto e non farlo acustica, elettronica e psichedelia, giustifica la parteci- A seduttori seduti comodamente su una ragnatela d‘ar- per accompagnare le sue sfilate. Al di là del gossip, la cadere nella mediocrità. Purtroppo però non sufficienti pazione al prossimo ATP gestito dagli Animal Collec- chi e percussioni che al primo ascolto inquieta e, nel sostanza restituiva un passabile folk-pop che avrebbe di per sé a farlo spiccare molto al di sopra. tive; mentre On Tour, andatura sommessa ma decisa, è giro di pochi passaggi, avvince come edera (l‘ambient rimandato l‘ascolto di questo album solista di Julia. (6.5/10) un numero degno dei vari Go-Betweens e Mojave 3. subacquea Medicine Drank; le movenze scivolose di Un- Talento invece più che discreto, la ragazza porge una Francesco Asti Ma ancora di più è opportuno spendere parole su So- lucky) anche quando cerca d‘intimorire (Low Dogg: una manciata di confetti mai melensi con modi da signo- ciety Is My Friend, brano di punta del lavoro intero: da Siouxsie alle erbe?). Ragioni d‘essere di un‘opera acuta, rina per bene, con una voce da bambola di porcellana Kills (The) - Blood Pressures (Domino, un lato l’innegabile riconciliazione con l’americana più che scompone con un sorriso l‘autocompiacimento di su fondali di batterie spazzolate e chitarre acustiche, di Aprile 2011) epica, dall’altro un connubio di chitarre e synth che crea troppa avanguardia. pianoforti leggeri e archi svolazzanti. Ge n e r e : w a v e p o p veri e propri paradossi temporali, come ad esempio dei (7.2/10) Fa pensare a una Hope Sandoval che preferisce Clau- Un bel sospiro e via, avanti col nuovo . Il quarto New Order altezza Get Ready coverizzati con enfasi da Giancarlo Turra dine Longet ai Velvet Underground e alla psichede- in otto anni, giuro che non ci avrei scommesso. Invece, stadio dal Bruce Springsteen degli anni 80. lia (This Love, la title-track). Altrimenti una Isobel Cam- rieccoli più civettuoli che mai malgrado s’impegnino Il resto della tracklist non è altrettanto imprescindibi- Loves (The) - ...Love You (Fortuna Pop!, pbell rimasta nei Belle & Sebastian e refrattaria alle a fare i maudit con la solita imperterrita disperazione. le ma rimane mediamente gradevole, oltre che più Marzo 2011) avance di Lanegan la frizzante Catastrophe!). Ancora, L’immagine ha poteri cosmetici pressoché illimitati, orecchiabile di quanto potrebbe pensare il neofita. Per Ge n e r e : indie-p o p una Joanna Newsome metropolitana e pertanto pri- ci vuole poco a sembrare figliocci del lato selvaggio quanto particolare, lo stile di Kurt non rinnega infatti la Introdotto da una copertina sinceramente tra le più va di tentazioni classicheggianti (una Winter Weekend del marciapiede. Il suono invece no, è roba che svela. melodia ma anzi fa da insolita cornice per quest’ultima. brutte circolate negli ultimi anni, l‘epitaffio targato The a metà strada tra Where The Wild Roses Grow e Famous Perciò ci son sempre parsi quella fuffa che anche que- Il vero contrasto, casomai, è quello tra la cura per gli ar- Loves è in realtà un godibilissimo disco di indie-pop Blue Raincoat; il notturno incanto jazzato Lights Inside sto Blood Pressure conferma all’ennesima potenza, rangiamenti e un songwriting che, per quanto ancora meets 60s per il terzo millennio. Il marchio Fortuna Pop!

80 81 aiuta a fissare coordinate e riferimenti generici - twee- solco espressivo di chi da generazioni esplora frontiere highlight pop rumoroso ed eterogeneo come da catalogo - ma il emotive, civili e spirituali. collettivo inglese ruotante intorno a Simon Love va di Oggi come e più di ieri: la reiterazione minimale e os- Mariposa - Semmai semiplay (Trovarobato, Marzo 2011) eclettismo poppy come di rado capita. sessiva di Nothing But Heart, il valzer incantato di You Ge n e r e : w a v e p r o g p o p Tanto che i non meglio precisati musicisti presenti alla See Everything, la processione onirica di Majesty/Magic, I Mariposa portano ancora più avanti il discorso avviato con l’omonimo di due anni orsono e finiscono registrazione di questo commiato discografico trasfor- l’incedere accorato di Witches e la trepidazione assieme col rigirare se stessi come calzini, scoprendo il lato reversibile di colori più sgargianti ma ugualmente mano Love You in una summa definitiva del proprio carnale ed eterea di Especially Me sono forse i momenti insidiosi, distopici, storti. Questo Semmai Semiplay potrebbe passare le- sentire musicale e un perfetto omaggio ai fan prima migliori di una scaletta più fresca, ispirata e attuale di gittimamente per il loro definitivo coming out pop, ma in ogni canzone si della dipartita ufficiale. quanto potessimo oggettivamente attenderci. nasconde un virus, le melodie sono accattivanti ma infingarde come le al- Twee-pop twangy (I Want Love & Affection (Not The (7.2/10) ghe di Wanna Marchi, come un sorriso di Jesus Quintana, come una favola House Of Correction)), garage-bubblegum-pop citazio- Stefano Solventi di Terry Gilliam.Il suono è scoppiettante ma acido, pesca in un immaginario nista (Bubblegum), blues‘n‘roll velvettiano (King Kong deliziosamente affollato di retaggi sixties (il beat para-battistiano trasfigu- Blues), il brit-pop spocchioso e liverpooliano (WTF? (Or Luciano Maggiore/Francesco “fuzz” rato glitch di Santa Gina, la filastrocca barocca sbilanciata Canterbury di How I Realised I‘d Wasted My Life)) clangori spectoriani, Brasini - Chàsm Achanès (Boring Ma solo un lago) così come di wave guizzante e ipercromatica (il synth-rock slanci beat e aperture al fifties sound (gli intrecci vocali Machines, Marzo 2011) radente di Tre Mosse, gli Stranglers fumettistici di Chambre, i Talking He- di December Boy), offrono una visuale caleidoscopica e Ge n e r e : d r o n e s ads giulivi di Paesaggio indoor). onnivora di una band indubbiamente minore ma non Nell‘ostico panorama droning nazionale e internazio- Tastiere, chitarre, flauti, percussioni, archi: la stratificazione sonora non cede di un millimetro, esaltan- per questo da dimenticare. Specie in queste giornate nale si è assistito negli ultimi anni ad una fioritura di dosi in un rinnovato equilibrio tra estro, preziosismi ed asciutta efficacia. E quanto siano bravi a spre- d‘inizio primavera, il sound fresco dei The Loves ha il esperimenti e progetti, più o meno intelligibili e tol- mere malsana incongruenza tra il canto pseudo-serafico di Fiori, i testi (ibridati alla bisogna con frasari suo fascino. lerabili, da far sembrare naturale parlare di textures, inglesi e francesi) e la musica neanche stiamo a ribadirlo: vedi il disimpegnarsi grottesco di Pterodattili (6.2/10) droning, elettroacustica e feedback anche in circuiti (frullato di Battisti panelliano e Dalla allucinato con guarnizione post-moderna Flaming Lips), la sor- Stefano Pifferi meno carbonari di quelli di solito appartenenti a certe didezza etno-cinematica di Black Baby Hallucination (i Calibro 35 strattonati Pretty Things?), la squin- manifestazioni sonore. Non è il caso di Chàsm Achanès, ternata esuberanza di Con grande stile (battente fregola folk-psych) e l’ineffabile trepidazione di Come Low - C’mon (Sub Pop, Aprile 2011) punto d‘incontro tra due sperimentatori dell‘area bo- un cane (Bruno Lauzi in un soffice sudario electro-folk). Ge n e r e : s l o w r o c k lognese (quella che si muove tra il Raum e Sant‘An- E’ un disco divertente nel senso che ti sbalza dalla consuetudine, ti spettina le coordinate, ti regala dub- Mai i Low avevano fatto passare quattro anni tra un dreadegliamplificatori) che prende a prestito il titolo bi e pruriti mentali. E’ un disco straordinario. album e l’altro, perciò era lecito aspettarsi una discon- da Parmenide per evidenziare il pozzo senza fondo di (7.6/10) tinuità di qualche tipo. In effetti, C’mon interrompe devastante e struggente forza. Stefano Solventi l’espansione prima rockista e quindi pop perseguita Luciano Maggiore e Francesco “fuzz” Brasini, in collabo- dai precedenti due lavori, recuperando in gran parte razione col tecnico del suono Mattia Dallara, architetta- l’antico idioma messo a punto e consolidato nel 2002 no un lavoro ostico e dall‘alto tasso creativo: un unico con Trust (non a caso si sono recati nello stesso studio take da 35 e passa minuti, registrato in presa diretta d’incisione, una chiesa sconsacrata conosciuta come all‘Officina 49, che difficilmente supererà la soglia dei Lykke Li - Wounded Rhymes (LL Recordings, No Pain sarebbe già indicativa ma nel merito a primeg- Sacred Heart Studio). Nonostante ciò, riesce a non più devoti ascoltatori di musica sperimentale. Marzo 2011) giare è sicuramente Get Some, dirompente singolo che sembrare un’operazione nostalgia mirata a compiace- Ed è un peccato perché gli echi tombali e i riverberi Ge n e r e : Po p non è sfuggito all’attenzione e alle conseguenti cure di re i fan più stagionati (anche se in parte, ovviamente, lo spettrali dell‘installazione sonoro-architettonica dei Meno suggestioni nordiche nella seconda prova un remixer di lusso come Beck. Dopodichè la nostra è), ottenendo una sorta di status neutro, atemporale. due (chitarre elettriche per Brasini, nastri e dispositivi Wounded Rhymes: una scelta decisa per Lykke Li, sceglie di prendersi ulteriori libertà e, con l’aiuto alla Quel che affiora nelle dieci nuove tracce è infatti una elettronici per Maggiore, Dallara a supervisionare l‘am- che dopo essersi fatta notare con l’esordio di un paio di console del Bjorn di Peter Bjorn And John, arricchisce nervatura, una pulsazione, un mood che potremmo biente acustico) si distribuiscono nei fondali oscuri di anni fa, Youth Novels, ha scelto per queste nuove regi- il disco di sfumature inedite: si ascolti la I Know Pain che definire classico o - se preferite - tradizionale. Una vena drone magmatici e ambientazioni fantasmatiche, con strazioni di muoversi dalla sua Svezia verso la più calda sembra ballad acustica come tante e all’ultimo minu- folk-rock di stampo seventies, qualcosa di riconduci- un ciclico procedere che porta da subito l‘ascoltatore Los Angeles. A uno sguardo sommario gli esiti dicono, to lascia posto a una coda dream-pop che semplifica bile al lirismo CSN&Y, alla mistica inafferrabile Gram all‘abbandono al flusso e alla trascendenza. Un ininter- se non di un’atmosfera più solare, quantomeno di un gli Slowdive più ambientali, o la Unrequited Love che Parsons o ai Fairport Convention invaghiti d’America. rotto fluire per accumulazione e circolarità che, pur nel- pop ora liberato dal suffisso ‘indie’, di un’opera meno ipotizza le CocoRosie in salsa gospel; la Rich Kids Blues Una vena che a ben vedere pulsa fin dagli esordi, an- la estrema pulizia della produzione, lascia il rammarico sommessa in cui la nostra lascia briglia sciolta alla pro- che tenta la via di un’epica wave da Horrors ripuliti, o che quando era meno facile avvertirla, sepolta sotto il per non aver assistito alla sonorizzazione live. Lasciarsi pria voce e tenta approcci più diretti, urlati, aggressivi. la Love Out Of Lust che nell’omaggiare quasi plagia At- tumulto brumoso anni Novanta. In un certo senso, que- avvolgere dalle volute di drones ascendenti sarebbe Partendo da ciò che già sapevamo ecco che l’intera- mosphere dei Joy Division. sto disco chiarisce come i Low siano sempre stati una stata una esperienza non da poco. zione tra voce e percussioni, quasi un leit-motiv del L’idea è quella di un album ad ampio respiro, sospeso band Americana dalla calligrafia intensificata, distorta (7.3/10) precedente lavoro, si fa più imponente: il beat soprav- tra echi 80, mainstream ‘intelligente’, (chill)wave e tutta e trasfigurata nel/dal caos contemporaneo. Ripensi alle Stefano Pifferi vive solo in un episodio comunque brillante quale è I una serie di riferimenti entro cui la voce della nostra loro tipiche ballate, liturgie dalla estenuante incande- Follow Rivers, ma il resto sacrifica l’elettronica in favore dovrebbe fare da collante. In questo senso il gioco fun- scenza, per scoprirle perfettamente inserite nel lungo di ritmiche suonate. Una partenza come Youth Knows ziona: l’ispirazione non sembra costante e si oscilla tra

82 83 alti e bassi ma il disco ha una sua compattezza nonchè squadrata della mitteleuropa con il sanguigno baleari- Matt And Kim - Sidewalks (Pias, Novembre stesse senza portare da nessuna parte, nebbie di voci una gradevolezza sufficiente a farsi riascoltare. Sem- co non è da tutti. Marco ce la fa alla grande. Seguitelo 2010) lontane che si avviluppano attorno alle suggestioni plicemente manca ancora a Lykke Li una presa netta e alzate il volume. Ge n e r e : In d i e -Po p now del glo (l’abbastanza superdrogata International). di posizione, quel ‘capire cosa vuoi fare da grande’ che (7.2/10) E’ una brusca discesa quella imboccata dagli ultimi Quando c’è un ritmo che timido prende corpo è una crea lo scarto tra un’artista riconoscibile e possibilmen- Marco Braggion Matt And Kim. Un potenziale di produzione, di pulizia via di mezzo tra un wonky diluito e scassato e altrettan- te influente e una voce nel coro che tra le influenze e ricerca del suono e in generale di ‘forma’ come quello to diluiti ed estemporanei breakbeat. Nel migliore dei altrui si crogiola. Così, anche se quella formula pop a Marta Sui Tubi - Carne con gli occhi dispiegato per questo Sidewalks (in regia c’è Ben Allen, casi non si va oltre l’epigonismo lotusiano (lo sfarfallare 360° varrebbe sulla carta il confronto con i primi dischi (Venus, Marzo 2011) già visto con P. Diddy, Gnarls Barkley e gli ultimi Ani- siderale di Like You Mean It; la nebulizzazione di un mo- di Bjork, la personalità per affrontare certi testa a testa Ge n e r e : a r t f o l k r o c k mal Collective) suona come un vero spreco se parago- tivetto facile facile in Cucumber-Lime). latita ancora: e i termini di paragone più verosimili per Quarto album in otto anni, un processo di espansione nato all’assenza pressochè totale di brani un minimo Lo definiscono “post-psychedelic” e “sound collage ar- qualità rimangono ora come ora Bat For Lashes o Flo- nella continuità che coinvolge anche - di conseguen- rilevanti. Non solo: manca in toto anche quell’aspetto, tist”, ma a noi, ora come ora, per definirlo pare più cal- rence And The Machine. za? - l’organico, dal momento che l’ex-duo è oggi un così comune ai progetti indie-pop più leggeri, che con- zante il termine incolore. (6.7/10) quintetto, considerato l’ingresso in pianta stabile del siste di ritornelli non memorabili ma memorizzabili: (4.5/10) Simone Madrau violoncellista Mattia Boschi. Un acquisto che determi- facilmente canticchiabili, insomma; e coinvolgenti, se Gabriele Marino na ulteriore ispessimento della trama, indirizzata verso non sulla lunga distanza, almeno nell’immediato. Marco Carola - Play It Loud! (Minus una ricchezza carica di tensione, una gravità che pesca I Matt And Kim del terzo disco fanno venire in men- Mauve - The Night All Crickets Died (Face Records, Febbraio 2011) nell’imprinting del folk mediterraneo per poi andare ad te un improbabile supergruppo formato dai B52’s più Like A Frog, Aprile 2011) Ge n e r e : t e c h h o u s e d e e p incendiarsi rock (quella specie di grunge a spine stac- caciaroni che prendono in voce un Joey Ramone e Ge n e r e : indie n o i s e Il ritorno al disco dopo 8 anni vede il DJ napoletano alle cate disposto a vampe e sfuriate psych). L’innesco è il cercano di aggiornare la lezione del pop di allora. Pec- Tre anni dopo il buonissimo esordio lungo Kitchen prese con un tribalismo denso di bassi e con una tech- solito, ovvero il concitato dinamismo che intercorre tra cato che quegli storici nomi avessero piena coscienza Love, i Mauve da Verbania ci concedono il sophomo- no che si scosta dalle sue produzioni più dritte di qual- la chitarra ipercinetica di Carmelo ed il canto ventra- di cosa fosse una melodia, avendone scritte nella loro re. Va detto subito che non delude questo The Night che tempo fa per incunearsi in una deep da suonare le di Giovanni, quel loro fare disanima a sangue caldo carriera di micidiali; e, se è vero che non si pretende All Crickets Died, anzi conferma in pieno la grinta a volume altissimo. Avvolgente, pensato ovviamente dello stare al mondo, dell’essere pervicacemente uma- di raggiungere gli stessi livelli, pure sembra lecito agile e intensa del loro indie rock, modellato a parti- per il club (magari ibizenco, dato che il nostro suona da ni tra i rapporti di forza tragicomici della società degli chiedere qualcosa di più al duo newyorchese. Perchè re da spasmi wave, particelle shoegaze e turbe noise. anni nell‘isola, selezionando e mixando all‘Amnesia), il uomini. si può fare sicuramente meglio di una Good For Great, Piace la disinvoltura con cui producono urgenza ad un disco si presenta come un mix continuo e senza tante Virtuosismi complementari corroborati da un senso davvero insipida, o della stessa Northeast, ballata che tempo lieve e nervosa, capace di tumulto adrenalini- sbavature, come è ovvio che sia, dato che è stampato vivo della performance e un utilizzo delle liriche sempre vorrebbe proporsi come l’asso nella manica del disco e co e rarefazioni fiabesche: Grasshopper In Your Hands sulla minus di Richie Hawtin. Bassi da panico, camere in bilico tra la sagacia e la rivelazione. Le dodici tracce invece non regala sussulto alcuno. Quel poco di buono ipotizza gli Interpol tra perturbazioni Primal Scream, blindatissime, ossessività condita con un savoir faire di questo Carne con gli occhi - prodotto dall’esperto si trova in un’intro come Block After Block e in una chiu- Ludovico stempera subbuglio Arcade Fire e putiferio che in coda senti avere il DNA mediterraneo. Tommaso Colliva - non deludono, ribadendo l’ispirazio- sura discreta come Ice Melts. Il problema sta nel mezzo: , Decay ed Hang_Over - vuoi anche per la Senza tagli nordici, il suono di Marco è una visione cal- ne che ha sostenuto i lavori precedenti, prediligendo non bastano i cori Ramones di AM / FM Sound, non ba- voce della batterista Elda Belfanti - giocano con palpi- da e pompante, mai barocca, un cono di luce strobo una più diffusa intensità alle tipiche scorribande genia- sta la marcetta di Cameras, non basta qualche synth in ti e rarefazioni un po’ Scisma e un po’ Grimoon, Black che non finisce di pompare casse, rullanti, shaker e tut- loidi (che pure non mancano, vedi il cabaret psicotico più del solito e qualche accenno di hip hop a salvare Dogs è un frutto colto da qualche parte tra i Pixies più te le altre diavolerie ritmiche obbligatorie per appro- di Camerieri ed il facinoroso carosello di Muratury). Sarà l’ascoltatore dalla monotonia. imbronciati ed i Verdena meno facinorosi. dare in pista. Nessun vocalismo, se non per qualche cut la maturità, sarà che hanno voglia di fare sul serio e di (5/10) Canzoni che prediligono la ricercatezza all’impatto, ma qui e là: il monolite che ci offre il ragazzo è un prendere farsi prendere sul serio più di quanto non sia finora Simone Madrau che pure impattano con energia insidiosa, vedi le due o lasciare. A dispetto di tutto quello che sta succeden- accaduto, probabilmente a causa di una calligrafia sì parti di The Solitude Of The Ship, apertura e chiusura di do nell‘house, sempre più virata verso la coolness, qui insolita, originale ed esuberante, ma a gioco lungo il Matthewdavid - Outmind (Brainfeeder, programma dalle nuances psichedeliche e spacey. Un si parla un dialetto antico, fatto di spostamenti lievissi- laccio che ti fa cavalcare in cerchio. Aprile 2011) buon ritorno. mi dal quattro, tagli trasversali applicati sulla pelle, ta- Gli echi folk-studio di Cromatica, l’enumerazione filo- Ge n e r e : p s y c h a m b i e n t (7/10) tuaggi indelebili per serate al fulmicotone che stareb- sofeggiante di Di vino, l’art-folk animoso de Il traditore, Matthew McQueen aka Matthewdavid, giovane pupil- Stefano Solventi bero bene nei set di Plastikman, Loco Dice o Ricardo l’impeto furibondo di Al guinzaglio e gli aromi palpi- lo Dublab/Brainfeeder (e fondatore dalla label Leaving Villalobos, sezioni mutanti in loop definitivi. tanti di Coincidenze sono gli episodi più riusciti di una Records), arriva al debutto su long dopo la solita trafi- Mazes - A Thousand Heys (Fat Cat, Aprile Con questa bombetta Carola mette in discussione tutto scaletta che sembra voler allentare la cavezza. E magari la: talentscoutizzato da FlyLo, mini, collaborazioni, po- 2011) un mondo che si specchia su se stesso e torna a parlare - chissà - saltare il recinto. dcast. Undici frammenti brevi e una traccia conclusiva Ge n e r e : l o -f i p o p di realness, cose che senti nei DJ set di Tania Vulcano, (7/10) lunga quasi sette minuti che sono la migliore (perché Un tuffo al cuore, non ci sarebbe neanche bisogno di Onur Ozer e pochi altri intriganti nomi provenienti dalla Stefano Solventi peggiore) dimostrazione di come l’estetica lotusiana aggiungere altro. Soprattutto se, come il sottoscritto, comunità balearica. Deeppissimo nelle soluzioni, mag- sia da maneggiare con la massima cautela. siete cresciuti studiando le traiettorie sbilenche dei Pa- matico nello stile, senza equivoci di sorta sul risultato: Qui è proprio tutta la stessa roba, una ambient a falde vement come l‘abbecedario. una tavolozza spalmata sui denti e sulla pancia tutta larghe sporcata a botte di laptop e glitch, un’orgia di Dei Mazes, peraltro, avevamo già parlato esattamente da ballare, ovviamente col sorriso. Coniugare l‘anima stratificazioni polverose e sfrigolanti che si rigirano su un anno fa, in occasione dello speciale sul DIY britanni-

84 85 highlight Italian Beach Babes che li fa uscire come singolo. Altra caratteristica interessante - e la si nota in Structure Di quei due brani, uno si fa notare per il titolo curioso 2 - è l‘esplorazione ancor più consapevole ed accurata Mirrors - Lights And Offerings (Skint, Marzo 2011) (Painting Of Tupac Shakur), l‘altro (Bowie Knives) fra testi di quella terra di mezzo tra il sempre fondamentale My Ge n e r e : s y n t h p o p nonsense e un andamento caracollante, rilegge in chia- Life In The Bush Of Ghosts di Brian Eno e David Byr- Ehi, che succede? Che il pop britannico ne abbia avuto abbastanza di lasciarsi calpestare dall‘infame ve glam la slackness di tanti anti eroi dei 90s. Insomma, ne e i quartomondismi del proverbiale Jon Hassell, a tacco colonizzatore dell‘indie yankee (o yankee-oriented, stile Mumford & Sons) e stia finalmente rial- una delizia. Tanto che una Bowie Knives appena più cui s‘uniscono il giro post-punk del basso e una chitarra zando la testa? Cerchiamo un po‘ di capire come siamo arrivati a questo punto. Non che l‘output sia composta costituisce l’ombelico concettuale del loro fusion balearica sullo sfondo. mai venuto meno: l‘industria in UK non ha mai subito la benché minima flessione, in barba alla crisi. È primo album; un disco che guarda all‘America scazzata L‘incursione funky spezzata della Structure 3 - con un una questione di qualità: fatti salvi l‘hype pitchforkiano di band in stile xx o di Sebadoh e Pavement, ma lo fa con una sensibilità essenziale Louderbauer al synth dub/reggae - rileva These New Puritans da un lato e la rivoluzione dubstep dall‘altro, sembra tutta britannica. qualche pericolo di autoreferenzialità che ritrovia- che negli ultimi due o tre anni Albione non sia stata in grado di tenere il Bastano i primi accordi dell‘opener Go-Betweens per mo pure nella successiva suite di 20 minuti (Structure passo, o meglio di regalare realtà genuinamente brit che potessero dar vita svelarne il segreto: schitarrata college rock (circa primi 4), metà techno-dub metà kosmische tedesca con le a una nuova stagione pop come si deve. Foals? Ma per piacere. White Lies? REM), distorsione calda alla Dinosaur Jr. e tonnellate percussioni di Ripatti (non più in 4/4) e il funk acusti- Sì, ma dipende dalla vostra età. E sinceramente, i barocchismi prog-orien- di glassa melodica che solo gli inglesi quando fanno co dell‘ottimo Muellbauer. La quinta traccia, disponibi- ted di Everything Everything o degli ultimi Klaxons sono roba un tantino il verso agli americani riescono a produrre. Dopo due le nella sola versione in download, affonda ancor di più spinta per essere considerati puramente pop. In sostanza, dopo gli Arctic minuti è tutto finito. La successiva Surf & Turf è un po‘ nell‘esotico/esoterico dei 70s fino a perdersi nel mare Monkeys, niente. Quindi, che succede? più didascalica nel seguire i precetti di Lou Barlow ma di Java. Succede che a inizio 2011 ti escono a distanza ravvicinata un paio dischi non meno azzeccata nella melodia. Cenetaph e Boxing Un più che discreto seguito con almeno due momenti che suonano come due sonori schiaffoni, brusco ma necessario risveglio dopo una stagione di - pur re- Clever tornano a parlare il linguaggio di Bowie con lo ottimi a inizio scaletta (Structure 1 e Structure 2) e del- lativo - torpore pop. Detto che i Chapel Club di Palace sono una delle cose più belle accadute dai tempi slang di Steven Malkmus. la buona qualità nelle restanti tracce. È evidente: sono di (riempite pure voi lo spazio), questi Mirrors da Brighton hanno chiaramente intenzione di riscrivere Alla fine (sorpresa!) i tredici frammenti si gustano tutto stati i contributi degli ospiti ha dare linfa e sfumature la storia del britpop anni ‘10 a suon di cari, vecchi synth. Come dite? Gli Hurts? No, un po‘ troppo main- d‘un fiato senza skippare niente, neppure i ventisette fondamentali a un lavoro che avrebbe potuto immagi- stream. Piuttosto, l‘anno scorso non c‘erano stati quei Delphic che, benché più sbilanciati sul versante secondi dell‘haiku Eva. Se non è un esordio coi fiocchi, narsi più ardito, a partire dall’autorappresentazione di New Order, erano già sull‘ottima strada? Verissimo, peccato che ce ne siamo accorti giusto in quattro. questo! sé come ensemble aperto e non più come trio. Moritz, Tempi forse non ancora maturi per capire che qualcosa si stava muovendo: perché sotto l‘assodato (7.3/10) del resto, assomiglia sempre più al Miles Davis deus ammodernamento di sonorità eighties si muove tutta un‘onda fatta di grandi canzoni. Erano quelle a Diego Ballani ex machina dei Settanta (Cobblestone Jazz prende- latitare, e quindi eccole finalmente emergere per annunciare la nuova alba del pop inglese. Beh, se si te pure appunti). Se l’esordio era in verticale, perché ha un debole per OMD (non a caso mentori del gruppo dai loro primi passi), gli Ultravox più romantici, Moritz Von Oswald/Vladislav Delay/Max esplodeva della carica intrisa di novità, questo seguito i Depeche Mode di Speak & Spell (Searching In The Wilderness sembra proprio sfornata da Vince Clarke) Loderbauer - Moritz Von Oswald Trio è in orizzontale: una meditazione rilassata ma piena- e - ovvio! - Kraftwerk è certo più facile innamorarsi all‘istante di quattro ragazzi che sin dalla copertina - Horizontal Structures (Honest Jon’s mente cosciente su cosa sia l’elettronica now. E non è ammiccano con ironia all‘eleganza teutonica di Trans Europe Express, riprendendo peraltro nelle primis- Records, Marzo 2011) poco. sime battute del disco l‘infinita spirale diEurope Endless (o magari di Baba O‘Riley, quando non di Terry Ge n e r e : a m b i e n t , j a z z , e t n o (7.2/10) Riley stesso). Pensavamo che i tre del Moritz Von Oswald di Vertical Edoardo Bridda Ma è altrettanto certo che Fear Of Drowning ha quell‘incedere da anthem che fa grande un singolo Ascent e del Live In New York avessero inaugurato un (esattamente come Surfacing dei sunnominati Chapel Club), e lo stesso dicasi per Somewhere Strange, side project di lusso più che qualcosa di concreto e Morning Telefilm - O time (Canebagnato, Into The Heart, Ways To An End, Hide And Seek. Come da onorevole tradizione sintetica c‘è sì da ballare e continuativo. Eppure nulla, per il momento, vieta loro Novembre 2010) da godere di melodie istantanee e architetture solide ed intelligenti, ma nel nostro caso c‘è soprattutto di sfornare dischi tanto frequentemente quanto i cugi- Ge n e r e : e x p e r i m e n t a l , indie da gustare di un songwriting e di un canto che poco ha dell‘algido declamare del synthpop originario ni jazzisti, unendo esplorazione e affiatamento. Emanuele Gatti è una figura decisamente centrale nel- e più del crooning accorato di un, mettiamo, Billy MacKenzie (Write Through The Night, Something On Horizontal Structures viene pubblicato ancora una vol- la piccola scena indipendente pavese. Già con Emily Your Mind) quando non - per avvicinarci ai nostri tempi - di Win Butler, la cui ecumenicità è l‘obiettivo ta dalla Honest Jon‘s di Damon Albarn ed è un lavoro plays e News for Lulu, consolida, con questo O Time, il finale. 2011: the year britpop broke. Again. che innanzitutto risponde al mancato effetto sorpresa suo progetto solista Morning telefilm. (7.5/10) attraverso il due elementi preziosi nell’economia del L’idea di fondo pare essere un progetto pop che non si Antonio Puglia sophomore: la chitarra blues psych silenziata di Paul forza però di rispondere a certi dettami di omogeneità St Hilaire (aka Tikiman) apre magnifici ponti con l‘este- tra i pezzi. Si comincia con un omaggio ai primi Arcade tica bucolico new agey dell‘accoppiata David Gilmour fire con la splendida Billion billiards per poi recupera- e Orb di Metallic Spheres (Structure 1), mentre il dou- re un sound tutto acustico in Something within me e co, anche se l’esordio sulla lunga distanza mostra una di un pop fieramente lo-fi che guarda ai Novanta con ble bass di Marc Muellbauer (del giro ECM) introduce abbandonarsi a ricordi glitch in The meaning of these capacità di scrittura che all‘epoca potevamo solo au- una abbondante dose di carattere (se non di origina- chiaroscuri post-wave à la Bill Laswell perfettamen- scarps o Provers and sobs. spicare. lità). Bastano un paio di pezzi pubblicati sul loro blog te amalgamati nell‘ossatura ambient dub voluta da La realtà è che la forza di un album come questo è Riepilogando: John Cooper e compagni (la cui cittadi- per consegnarli all’attenzione delle minuscole etichet- Oswald, personaggio, ahinoi, sempre più evanescente quella di riuscire a raccogliere brani non troppo anno- nanza è divisa fra Londra e Manchester) sono artefici te dell‘underground londinese, nella fattispecie della e auto confinato al missaggio e ai delay. dati alla tradizione: O Time scivola da sé in zone nuove,

86 87 inesplorate, talvolta avvolte da sonorità rarefatte, anti- Kilimanjaro Darkjazz Ensemble. È un magma scuro highlight che, e in altri casi, quasi anarchiche, futiristiche. Se Wax che si sparge lento lungo gli albori dell’umanità, a ripe- è malinconia e Morganology, unico brano in italiano, scare radici sonore ancora naturali per trasformarle in Pains Of Being Pure At Heart - Belong (Fortuna Pop!, Aprile 2011) sembra d’ironia d’amore, una più classicheggiante e un suono umano, in un elemento antropomorfo. Ge n e r e : d r e a m -p o p l’altra più sperimentale, in ambedue sentiamo ugual- Questo unico, lungo flusso in 4 atti - registrato dal vivo Bisogna ammetterlo. C‘era una grossissima attesa per questo comeback e l‘at- mente forte la cifra stilistica di questa band. nel corso di tre diversi concerti tra Utrecht, Breslavia tesa, per una volta, viene pienamente ripagata. Belong propone il quartetto Un lavoro solido, insomma, a dimostrare un’originalità e Mosca - è un qualcosa di sconosciuto, nascosto in newyorchese al suo zenith, in grado di mostrare maturità e consapevolezza di raro spessore. penombra in una parte non ben definita della storia non solo dei propri mezzi ma anche del ruolo ormai assegnato al progetto (7/10) dell’uomo. Qualcosa di atavico e irrazionale risvegliato Pains Of Being Pure At Heart nell‘universo musicale odierno. Giulia Cavaliere dai lunghi droni e dall’ambientazione dark provenienti I quattro non si smuovono di un centimetro, ma la loro formula - rodata a do- dalle sorgenti sonore. Al contempo, però, è moderno e vere sui palchi di mezzo mondo e raffinata per mano di Flood (alla produzio- Mostly Other People Do The Killing - The ragionato come il trombone jazz di Hilary Jeffrey o le ne) e Alan Moulder (al missaggio) - è semplicemente perfetta per equilibrio Coimbra Concert (Clean Feed, Marzo 2011) note provenienti dal violino di Sarah Anderson. e cognizione. Belong offre twee-pop rumoroso e dreaming ai suoi massimi livelli, saturo, dolciastro, Ge n e r e : j a z z Anthropomorphic sta in un territorio all’incrocio tra melodico e godibilissimo sia nei momenti più “irruenti” (The Body, Girl Of 1000 Dreams, Heart In Your He- Se qualcuno avesse bisogno di fare un ripasso tutto di ambient, jazz, elettronica, doom: impossibile darne artbreak), sia in quelli più tipicamente shoegazing e delicati (Anne With An E, Strange) e inanella gemme un fiato della storia del jazz, dando, al contempo, uno un resoconto preciso. Per spiegarlo si può accostare ai su gemme in grado di passare in heavy rotation nelle discoteche alternative così come rimanere intrap- sguardo al futuro del genere, The Coimbra Concert sa- passaggi più oscuri dei Supersilent, o rappresentar- polate negli i-pod di un seguito sempre più nutrito e - perché no? - intergenerazionale. rebbe senz’altro il disco più indicato. lo attraverso le immagini di David Lynch; certo è che Scozia e Inghilterra, 80s e 90s, college-rock e Velvet, Nuova Zelanda e C-86, Smiths e fratelli Reid, Wa- I Mostly Other People Do The Killing sfornano, infatti, l’unico modo per capirlo è abbandonarsi ad esso. shington fine ‘80 e Williamsburg d‘oggi. Nel sophomore dei quattro si mescola tutto in un andirivieni un doppio live che è un enciclopedia jazz messa in un (7/10) spazio-temporale che cattura dal primo ascolto e annienta le (eventuali) ultime difese. Un grande cen- frullatore e poi rincollata con maestria pezzo per pez- Francesco Asti tro. zo, senza rispettare affatto l’ordine iniziale. (7.5/10) Fatta d’improvvisazioni anarchiche tenute sotto pieno Mountain Goats - All Eternals Deck Stefano Pifferi controllo, la musica del quartetto è una metastasi beni- (Tomlab DE, Aprile 2011) gna nel corpo del jazz: ne prende le cellule e le ricombi- Ge n e r e : f o l k r o c k na in forme cangianti e mai banali. Merito del bassista Album numero tredici, se abbiamo fatto bene i conti, Moppa Elliott (già con Puttin’ On The Ritz), i cui temi per il trio californiano - ma attualmente domiciliato in portanti vengono presi dagli altri tre componenti - Pe- North Carolina - dei Mountain Goats. Senza contare le Damn These Vampires, le trasognate Age Of Kings e Ou- L‘appena uscito Faded Heart, però, chiarisce molto, ter Evans alla tromba, Kevin Shea (Talibam!) alla batte- cassette e gli EP che il buon - l’uomo che ter Scorpion Squadron, la mesta Sourdoire Valley Song, le mostrando il perché di tanto interesse. Moderna chan- ria e Jon Irabagon al sax - e dissezionati con irruenza, tira le fila del progetto - iniziò a sfornare giusto venti trafelate Estate Sale Sign e Prowl Great Cain. Il momento teuse romantica e struggente, non lontana da certe so- sventrandone la struttura in mille pezzi. L’abilità mag- anni fa. Ogni volta tocca spendere le stesse parole, la più insolito coincide con quella High Hawk Season che pravvalutate moaning stars (vedi alla voce Zola Jesus), giore dei quattro risiede però nella capacità ricombi- stessa stupefatta ammirazione per una calligrafia che affida la solenne trepidazione ad un coro “barbershop”, si muove leggiadra e sognante su una architettura so- natoria tra le parti, a volte anche in maniera oppositiva, sa essere tesa, lirica, toccante, contemporanea senza con effetto straniante e confortevole ad un tempo. En- nora fatta di tappeti di synth, loops di drum-machines che dona loro una nuova luce: le melodie conflagrano inventare nulla, limitandosi cioè a spacciare alt-folk ir- nesimo bel disco di un grande songwriter. analogiche, effettistica povera varia e una fluttuante ma trovano sempre la strada per rimettersi sui binari requieto, ballate frementi, lo-fi facinoroso e accorato (7.2/10) e droning chitarra acustica a quattro corde. Strumen- iniziali. retrogusto indie-rock. Stefano Solventi tazione minimale per costruire landscapes spettra- Con una particolare e mai irrispettosa irriverenza, un C’è come un fuoco che brucia nel petto di Darnielle ed li e glaciali atmosfere reminiscenti in egual misura di notevole gusto per la parodia (ricorda qualcosa la co- il suo principale merito è saperlo impacchettare in un Mushy - Faded Heart (Mannequin Records, Dead Can Dance e Cocteau Twins, minimal cold-wave pertina?) e un’energia invidiabile, i MOPDtK riescono flusso di versi febbrili, visionari, indocili, espettorati con Aprile 2011) e esoterismo folkish e visionario made in Albione, im- nel miracolo di far risultare estremamente divertenti e la penetrante concitazione d’un Mike Scott, d’un Rob- Ge n e r e : d r e a m i n g c o l d -w a v e preziosito dalla heavenly voice dell‘artista romana. Ca- godibili tutti i 100 minuti e oltre che compongono The yn Hitchcock, d’uno Springsteen giovane. E ancora: Mushy, ovvero l‘ennesimo gioiello gelosamente custo- librata su toni malinconici e evocativi, emotivamente Coimbra Concert. Se pensavate che il jazz fosse noioso, a momenti ti sembra un Daniel Johnston con gli in- dito dal sottobosco italiano. Non una novità vera e pro- chiaroscura e drammatizzata è in grado di trascinare forse è bene che facciate un salto da queste parti. granaggi (ancora) a posto, un Mark Everett senza ne- pria l‘esordio lungo della sigla dietro cui si nasconde l‘ascoltatore in un deliquio onirico segnando la cifra (7.2/10) vrastenia, un Dan Bejar stradaiolo, un Gordon Gano Valentina F., responsabile in solitaria di Mushy e perso- stilistica più evidente di Faded Heart. Oltre ad essere il Francesco Asti indolenzito. E’ insomma l’outsider della porta accanto, naggio noto nell‘ambiente musicale non solo italiano. vero scarto che separa la nostra da altre frequentatrici così lontano così vicino dal nostro quieto vivere, un al- Le apparizioni live (una su tutte, il PRE fest con Current di lande simili. Ottimo esordio. Mount Fuji Doomjazz Corporation - tro ordine di percezioni e sensibilità oltre quel piane- 93 ed altri), le manifestazioni via tapes e cd-r (per Cold (7.3/10) Anthropomorphic (Denovali, Marzo 2011) rottolo socchiuso. Current, Three Legged Cat, ecc) o le collaborazioni con Stefano Pifferi Ge n e r e : i m p r o -d r o n e -j a z z La chitarra, una batteria decisa ma frugale, tocchi di pia- nomi hype come Mater Suspiria Vision - senza conta- È una strana creatura questo terzo lavoro dei Mount no e tastiere discrete, giusto un soffio d’archi: questi i re il talento grafico messo a disposizione delle release Fuji Doomjazz Corporation, alter ego live-impro del pochi ingredienti di siparieti intensi come la palpitante Mannequin - stanno lì a dimostrarlo.

88 89 highlight Noah and the Whale - Last Night On Earth liarissima che gli consente di bazzicare electro-house (Mercury, Marzo 2011) contagiata etno (Tre), ambient-pop digitale à la Boards Ge n e r e : r o c k /f o l k Of Canada (Edizione straordinaria), deliri radenti Syd R.E.M. - (Warner Music Group, Marzo 2011) Terzo disco per una delle band infilate in quel caldero- Barrett (Zappaterra) e ballate caliginose col petto pie- Ge n e r e : p o p r o c k ne giornalistico che è andato sotto il nome di nu-folk, no di nostalgia (Drake). Se con questo album i R.E.M. avessero voluto compiacere se stessi e lo sterminato esercito di fans - qualsiasi cosa abbia mai voluto dire mettere insieme il Molto sintetizzatore, chitarre, percussioni, effetti e cam- non necessariamente in quest’ordine - direi che ci sarebbero riusciti in pieno. Di più: col quindicesimo pop/folk/rock raffinato di Noah and The Whale con le pionamenti, ma anche flauti, organo, piano e tromba a album in carriera, affidato all’ormai sodale Jacknife Lee, hanno eretto un monumento al proprio fare nostalgie Seventies di Mumford & Sons. D’altra par- comporre un puzzle sonoro sì artefatto però insospet- musica, un tour pressoché completo nel loro repertorio, opportunamente profuso e dissimulato nelle te, soprattutto in ambito anglosassone, ci sono anco- tabilmente organico, come visioni colte ancora calde dodici tracce in scaletta. Come se avessero semplicemente preso atto della preponderanza del passato, ra delle riviste patinate da riempire di etichette e finti da un immaginario senza preclusioni, si tratti di cattu- accettandolo come strada percorribile in chiave futura. Non a caso si propone come un disco circolare, scandali. Per cui, forse, un senso tutto questo ce l’ha. rare nel retino le rarefatte geografieJean Michel Jarre o se preferite il loro tardivo ma non (ancora) senile perfect circle. Ballate struggenti ed assalti entusia- Last Night On Earth arriva dopo First Days of Spring e (Sofà) o sgranare irrequietezze synth-rock vagamente stici si alternano tanto più prevedibili quanto più sostanzialmente riusciti, in virtù del mestiere e di quel l’esordio di qualche anno prima. Siamo di fronte a una Cansei De Ser Sexy (Novembre). Notevole. certo ingrediente magico altrimenti definibile fattore umano. band che con il terzo album vuole affrancarsi anche da (7.1/10) Prendi il valzer mesto e accorato di , con la fisarmonica strug- queste etichette e tracciare la propria strada nel music Stefano Solventi gente e le naunce gospel apolidi, oppure quella Every Day Is Yours To Win che business. Ci provano prendendo il materiale dei primi ammicca la sdolcinatezza onirica di Love Is All Around e Find The River: ci van- due dischi, quello che affondava le radici nel folk britan- Orchestre Poly-Rythmo - Cotonou Club no spudoratamente di pilota automatico, eppure l’azzeccano con un’efficacia nico, e lo tingono di world (Life Is Life, L.I.F.E.G.O.E.S.O.N.), (Strut Records, Marzo 2011) disarmante, come i lavori di bottega degli artisti rinascimentali. Viene da dire: di sentimenti americani in pieno stile Bruce Springste- Ge n e r e : a f r i c a n a artigianato d’alto profilo. Considerazioni simili per All The Best, col suo satu- en (Paradise Star, Give It All Back). Le melodie sono qua- Senza tema di smentite “la più grande band del Benin”. rare gli spazi d’impeto accattivante e caramelloso, ovvero come ti riciclo a si sempre appiccicose e nel suo complesso Last Night Oppure, come si prefissano i diretti interessati, l‘onni- dovere glam, hardcore e college rock per compensare una certa pedanteria On Earth è un disco piacevole, che troverà spazio in potente. Giustificata guasconeria a parte, a contare è il melodica. Casomai metteteci pure quello scherzetto di Mine Smell Like Honey, tutto ruvidità intenerita un airplay non strettamente legato al mondo indie. La ritorno discografico dell‘Orchestre Poly-Rythmo dopo altezza New Adventures In Hi-Fi, e ancora il divertissement a fuoco alto di Alligator Aviator Autopilot pecca è che provare a battere nuove vie compositive più di vent‘anni sotto forma di un festoso biglietto da Antimatter, con l’espediente azzannaclassifica diPeaches nei cori. ti riesce reinterpretando del gospel in chiave moder- visita destinato all‘Europa. Responsabile una Strut che, Altri segnali inequivocabili: Uberlin che celebra una possibile via di mezzo tra l’era Automatic For The na (Old Joy), ma altre volte si scivola nell’imitazione dei seria come d‘abitudine, accoglie questi arzilli vecchietti People e quella ; It Happened Today intenta a riprocessare con aria festosa una mischia Coldplay (Waiting For My Chance To Come). dopo un anno di concerti prestigiosi e il recente ripe- Shaking Through e Half A World Away, con Eddie Vedder partecipazione omeopatica tra i cori del ritor- Un disco che conferma la buona vena melodica del scaggio da parte di etichette come Soundway e Analog nello; la conclusiva Blue che incede come una processione pari pari , il talkin effettato gruppo di Fink e soci e che è anche un tentativo ap- Africa di brani di un repertorio ampissimo. Cose di una di Stipe contrapposto all’intervento ieratico di prima di andare a spegnersi riesumando le prezzabile di non riscaldare sempre la stessa minestra. fedeltà stereofonica non elevata ma artisticamente esal- pennate squillanti e stoppose dell’iniziale Discoverer, innescando così la suddetta circolarità che è forse Ci sono cadute, anche se non così gravi, ma c’è sostan- tanti, che mostravano un ensemble partito nel ‘64 come il senso profondo del tutto. Praticamente in ogni episodio avverti la presenza assieme confortante e za sufficiente per costruire un futuro, con un sound che Groupe Meloclem e giunto alla definitiva ragione socia- fastidiosa dell’auto-clonazione, andazzo cui sfuggono per la sbrigliata agilità indie-wave la breve That ha preso al suo interno i sintetizzatori e guarda tanto le quattro primavere più tardi. Che nel decennio 69-79 Someone Is You - tipo dei Go-Betweens anfetaminizzati - e una Walk It Back dall’incedere claudicante alle cose di casa propria (il Brit folk, Brian Eno), quan- segnalava un talento capace di spaziare da ritmi vodoun non lontano dal teatrino amarognolo Wilco. Non è tutto, ma più o meno ci siamo. to dall’altra parte dell’oceano (il già citato Springsteen, al funk tramite la salsa e l‘afro-beat, vantando collabora- Collapse Into Now è episodio ridondante nella lunga carriera dei R.E.M., caparbiamente ispirato e ma anche alla vena melanconica di certo cantautorato zioni con Manu Dibango e le lodi di Fela Kuti. prodotto con una cura ai limiti della leziosità. Ed è anche - malgrado gli anni implacabili, la fama debor- americano). Era nondimeno grazie all‘interessamento della gior- dante, i dollari a vagonate - una bella dimostrazione di persistenza nella dimensione entusiastica del (6.5/10) nalista transalpina Elodie Maillot che se ne scopriva la pop-rock. Ci sarebbe quel retrogusto stantio, ok, ma è sensazione quasi trascurabile. Marco Boscolo grandezza: persasi dentro i loro album, si recava a in- (6.3/10) tervistarli e fungeva da supporto alla preparazione di Stefano Solventi N_sambo - Sofà Elettrico (Snowdonia, questo lavoro che, registrato a Parigi con calde tonalità Febbraio 2011) analogiche avvalendosi di ospiti “influenti” (Angelique Ge n e r e : El e c t r o p s y c h Kidjo per il rutilare di Gbeti Madjro; Nick Mc Carty dei Tra rock sintetico, astrazioni psych, sogni androidi Franz Ferdinand per la sensazionale afro-disco secon- OvO - Cor Cordium (Supernatural Cat oltranziste del pianeta e progetti collaterali eccitanti kraut e brume pastorali folk, il livornese N_sambo con- do i Talking Heads Lion Is Burning) alterna - senza cali Records, Aprile 2011) quanto il gruppo madre stesso. Con una identità so- feziona un disco di debutto prontamente intercettato qualitativi - episodi del passato a materiale di più fresca Ge n e r e : s l u d g e /d o o m nora talmente evidente e fattasi classica che verrebbe da Snowdonia, che lo divulga col consueto spirito re- composizione. Echi caraibici e screziature soul, fiati pin- Quella degli Ovo è una parabola musicale ormai nota a quasi da identificare gli OvO con se stessi e nulla più. frattario a mode e consuetudini. Questo Sofà Elettri- gui ma squillanti, un guizzare di chitarre tra tribalismi e chiunque si occupi di musica in Italia. Storia di musica L‘ascolto di Cor Cordium - la nuova prova dell‘accoppia- co è in effetti album che sfugge alla trama di flussi e arguzie da cui non vorresti mai separarti. e di vita, fatta di impegno, dedizione e passione, svisce- ta Pedretti/Dorella, questa volta targata Supernatural- riflussi contemporanei, deliziosamente fuori dai tempi, (7.3/10) ratasi in centinaia e più concerti, collaborazioni ad ogni Cat - sposta ancor di più il limite sonoro del progetto, abitato da visioni espanse in una combinazione pecu- Giancarlo Turra latitudine, dischi d‘ogni formato per le etichette più suggerendoci uno slittamento di significato: quella del

90 91 duo è etimologicamente musica doom. Non limitata, pabile, dove Lennox si propone come il Phil Spector highlight cioè, a ripetere musicalmente i pesanti e lenti cliché del passaggio tra anni Zero e anni Dieci. È lo studio che del genere estremo (seppur mischiato con avant-noise, fa la differenza (Scheherazade), finendo con il colmare sludge, experimental e altro ancora), quanto a riman- brillantemente anche alcune scelte meno felici (Frien- Sean Rowe - Magic (ANTI-, Marzo 2011) dare ad un immaginario da colonna sonora del giorno dship Bracelet). Si coglie la serenità con cui Panda ha la- Ge n e r e : f o l k -r o c k -b l u e s del giudizio. vorato nel suo studio di Lisbona, costruendo Tomboy. Il ragazzo viene da Albany, stato di New York, e ha cominciato a calcare i palchi con la sua chitarra all’età Cor Cordium è infatti un turbinio di emozioni estreme Ma, fuori dalla biografia personale, ci sentiamo un per- di tredici anni. Nella sua saccoccia tutte le strade senza fine dell’America, i monti Appalacchi, le lum- da fine-vita, una sonorizzazione del trapasso, un deli- corso che parte da Brian Eno, e che si manifesta nelle berjack dei boscaioli, le camicie a quadri della working class che si ritrova in un diner, il whisky a buon quio di sofferenza e dolore mentre colonne di fumo e note infinite di tastiera (Drone), trasposte dall‘ambient mercato, Henri David Thoureau e tutto il suo succhiare il midollo della vita. Il ragazzo scrive canzo- cumuli di macerie fanno da scenografia ad un laico, in- alla classifica ormai post-indie dell‘orsetto. ni che sono storie, perché la musica è la sua vita, è la Vita. Incide un po’ di canzoni, magari direttamente fernale e maledetto doomsday. Di una lentezza esacer- Tutti personaggi che hanno spostato l‘asticella del nello stanzone sopra il ristorante di famiglia, in solitudine, baciato in fronte dal sole al crepuscolo, men- bante o ritmicamente accese, dalle vocals possedute o benchmark nella storia della musica. È inutile nascon- tre i fantasmi di tutte le persone di cui parla si affollano nella mente, si insinuano tra le note, prendono dalle corde maltrattate, le dieci canzoni di Cor Cordium dersi a cosa punti Lennox. A fissare un nuovo standard consistenza. La sua voce baritonale ha un timbro particolare, pieno e caldo, capace di dare vita alle sprizzano malessere e sofferenza da ogni poro. della classicità indie-pop odierna, del cantautorato che parole che canta. Ma ancora nessuno se n’è accorto. Che importa: si suona e canta per il gusto di farlo, Non è un caso che l‘album sia ispirato dalla figura di si annida in essa, dello studio che vale (concetto ormai per la musica stessa. Il ragazzo ha questo pugno di canzoni pronte e levigate, custodite gelosamente Percy Shelley, maledetto e sfortunato protagonista di antichissimo) che vale più di una seicorde. La sfida con da chi le ha incontrate, e solo dopo un limbo nel sottobosco USA, un’etichetta vera, di quelle che hanno un personale inferno in Terra. - e con tanti altri - è apertissima, e i più pun- ancora i talent scout con le orecchie aperte, gli dà una pacca sulla spalla e gli dice: “Ehi, pubblicheremo (7.4/10) teranno i propri soldi scommettendo sull‘orso con l‘oc- la tua roba”. Il ragazzo, con un sorriso timido, si fa accogliere da quelle ali protettive e ce lo ritroviamo Stefano Pifferi chio cerchiato. nello stereo. Quello che accade dentro a Magic è un continuo dialogo tra Sean Rowe, questo il nome (7.2/10) del newyorkese con la voce che ti stende, e una serie di padri nobili della musica che sta all’incrocio tra - Tomboy (, Aprile Gaspare Caliri il country, il folk e il blues: la storia stessa della musica americana. Ci si ritrova 2011) tutti, da Bruce Springsteen a Steve Earle passando per Gil Scott-Heron e Ge n e r e : p o p Peter Bjorn And John - Gimme Some scia blues a seguire. Partecipano al simposio anche alcuni ospiti venuti da È un campione dell‘arrangiamento d‘effetto, Panda (Cooking Vinyl UK, Marzo 2011) lontano, a cominciare da quell’irlandese testa calda di Van Morrison, quel Bear. Conosce le nostre orecchie e sa su cosa puntare, Ge n e r e : Po p signore di Leonard Cohen e quel satanasso di Nick Cave. A stendersi come come allestire una forma canzone per appagarle. Del Un gruppo che è anche un insieme di teste pensanti un tappeto sotto alle storie di Rowe la chitarra (perché capita che il ragazzo resto - per quanto si possa discutere della qualità in distinte e attive su diversi fronti quello di Peter Bjorn e sappia anche suonare, oltre che cantare e scrivere) e molti altri strumenti (vio- senso assoluto della produzione - agli Animal Collec- John da Stoccolma. Per dire, Bjorn Yttling si è dedicato loncello, xilofono, pianoforte, sintetizzatore, percussioni) spesso usati solo tive non si può certo negare di aver costruito un gusto, alla produzione artistica di numerosi colleghi svedesi per dare senso a piccoli dettagli e rendere così grandi le canzoni. Il ragazzo adesso non sta più oltre che stilemi, appassionati, qualche detrattore e tra cui Lykke Li, mentre Peter Mòren si è già aperto una dentro a una foto sbiadita in bianco e nero. Oggi il ragazzo ha preso la chitarra, se l’è messa in spalla e si una carovana di band tese all‘emulazione o a cogliere i strada in solo con The Last Tycoon (del 2008). Del resto, è messo in viaggio. Ha salutato gli amici/maestri e ha le spalle abbastanza larghe per mostrarsi a tutto frutti del collettivo. Un po’ come successe per i Talking la formazione, che con il presente lavoro arriva alla se- il mondo. Certo, ha ancora bisogno che qualcuno gli dia qualche consiglio, che qualcuno di tanto in Heads, se ci pensiamo. sta prova in studio, non ha mai perseguito un modello tanto gli metta una mano sulla spalla. Ma quando attacca una qualsiasi delle dieci canzoni che qui ha Tomboy - a partire dalla title-track - è un condensato di o un’idea di progetto artistico vincolante: il popolare voluto contenere, riesce a parlare direttamente al cuore di chi lo ascolta. Questa è la sua grande capa- polpa Collective: crea melodie semplici e la sa amplifi- Writer‘s Block (quello con il singolo Young Folks, per cità: saper veicolare emozioni, e non vergognarsene, anzi trarne la forza per inchiodarti alla sedia. Non care con layer di ambiente stratificati. stu- capirci) era fatto della più riconoscibile pasta indie- è forse tutto quello che cerchiamo nella musica? piva i più per la sperimentazione di studio. In Tomboy pop, il successivo Seaside Rock pasturava uno scuro (7.6/10) c’è invece un gusto del montaggio che ha l‘obiettivo instrumental folk, mentre il precedente Living thing Marco Boscolo della semplicità, della messa a fuoco dello strumento. (del 2009) proiettava i tre su varie direzioni tra le quali Ne perde la psichedelia e l’obliquità dell‘insieme, ma il binario wave tropicalista che tanto andava di moda ne esce in chiaro tutta la personalità per le masse di qualche anno fa. Panda. A partire dalla voce, ovviamente, specchio mai Gimme Some è l‘album rock, o per meglio dire power quanto per Noah dell‘anima, fino alla pratica musicale pop, quello che da un lato risposa il cosidetto main- (Breaker Breaker) al wave pop (la chitarra e basso primi Poisucevamachenille - della ripetizione (Slow Motion), quasi mantrica, dentro stream e dall‘altro i soliti Beatles ma nell‘accezione dei U2 di May Seem Macabre). Il tutto infiocchettato senza Poisucevamachenille (Outline Records, a canzoni che non sono né più né meno che loro stes- primi XTC (le anfetamine Mod di Black Book) o il più fronzoli e grossi hit, con un gusto solare e positivo di Agosto 2010) se. ampio paradigma indie per il grande pubblico promul- lungo corso, dolcezze e anfetamine al passino. Onesta- Ge n e r e : w e i r d (-f o l k ) Prendiamo : si gioca con i livelli gato dai R.E.M. elettrici (Tomorrow Has To Wait). mente pop rock. Bravi. Il pescarese Ezio Piermattei esordisce con uno studio sovrapposti della voce, un coro interno che riempie lo Infine, c‘è tanto e di tutto dell‘immaginario pop in que- (7/10) solo project che farà la gioia degli appassionati di mu- spazio tra le pareti, ma senza che il sound ne esca osti- ste compresse canzoni in media di tre minuti, dagli Edoardo Bridda siche weird. Poisucevamachenille (nome costruito se- co. Potremmo anzi dire che questo è pop che trascen- ovvi Sixties (Eyes, Dig A Little Deeper), fino al glam (Se- condo la regola delle parole-valigia di Lewis Carroll), 31 de le scene (e i Beach Boys), che ha una classicità pal- cond Chance, (Don’t Left Them) Cool Off), dal punk-rock minuti senza soluzione di continuità, comincia infatti

92 93 highlight francese, trascorreva dieci giorni tra Hebron, Ramallah la colonna sonora pianistica del Nosferatu di Murnau e Nablus confrontandosi con la gente. (e tornano qui come da menù MAM certe influenze Songs For Ulan - The Globe Has Spun And We’re All Gone (Stout Music, Aprile La sera, rifletteva canticchiando motivi dentro il tele- cross/emo, nell’inciso con voce femminile alla Linkin 2011) fonino e, tornato a St. Ann‘s Bay, vergava otto brani Park). C’è una chitarra spagnoleggiante e un motivetto Ge n e r e : f o l k b l u e s r o c k registrati in una settimana assieme a sodali del calibro pop ma come farebbero pop gli gnometti del bosco in Cinque anni sono tarscorsi da You Must Stay Out, un lustro pieno per covare le dieci tracce che com- di Leroy “Horsemouth” Wallace e Flabba Holt e invi- Down Is Up e questa atmosfera un po’ da fiaba malata pongono The Globe Has Spun And We’re All Gone, album lungo numero tre per Songs For Ulan, tando a cantare, tra gli altri, U-Roy e Ashanti Roy dei torna anche in The Prose. Altri elementi (imp)ortanti, moniker dietro cui agisce Pietro De Cristofaro, napoletano classe ‘70. Alla produzione troviamo ancora Congos. Occupandosi inoltre di produzione e mixag- un’ispirazione di sapore soul (Speechless Sentence) che Cesare Basile, ed è una presenza pregnante, tanto quanto è palpabile la premeditazione, la densa bru- gio, infine affidando a un amico californiano le riuscite in alcuni casi diventa proprio gospel (il singolo New sca raffinatezza portata in dote da tutto il tempo speso a far nascere, crescere, “dub version” che integrano la scaletta. La quale non ri- York Town) o si vaporizza in puro mood epico (i super- irrobustire e smerigliare queste canzoni. Ognuna un episodio vivo, intenso, sente dei rischi insiti in simili operazioni, come l‘ecces- timpani e l’inciso corale di Background, Foreground; la particolare. Dall’arrendevole risolutezza Jeff Buckley di Like TV all’asprezza so di enfasi e il populismo che spesso affossano vena lenta Louder Than Bombs contro la guerra). E coloritu- terrigna di Hook (prossima alla PJ Harvey più basale), il folk blues di De Cri- melodica e comunicatività. re elettroniche che da una parte strizzano molto bene stofaro possiede la fisionomia cruda e penetrante di chi mette in gioco senti- Non in questo gesto di profondo rispetto, dove - nono- l’occhio alla nowness internazionale (wonky/glochill; menti reali, assolvendo ogni tetraggine con la vibrazione insopprimibile della stante titoli potenzialmente didascalici come Intifada Bog) e dall’altra appaiono pretestuosamente noize (Ta- tenerezza, lasciando sempre aperto uno spiraglio tra fatalismo e speranza. e East Jerusalem - il “messaggio” è articolato con parte- ste Of Poland). Ai blues ingrugniti e sordidelli di stampo Mark Lanegan (What Good Can Tell) cipazione e disinvoltura e senza prevaricare il “mezzo”, (6.7/10) e al tumulto velenoso Nick Cave (From The Borders) rispondono quindi diafane processioni Black He- cioè il reggae d‘impronta roots anni ‘70 - classico ma Gabriele Marino art Procession alleviate da un incanto dolciastro Devendra Banhart (la stupenda The Bed), narcosi dotato di personalità - proposto con il gruppo madre. livide e iridescenti come un sogno trip-hop di Howe Gelb (You Only Love) e valzer enigmatici come E, quel che più conta, persuadendo come di rado fuori Raz Mesinai - Badawi - The Axiom EP (The ambasce dEUS tra peregrinazioni Calexico (She’s A Ghost). Corde scorticate e incandescenti, fremiti di dai confini giamaicani. Agriculture Records, Febbraio 2011) contrabbasso, fisarmonica e xilofono alla bisogna, organi che pennellano sfondi noir, il drumming so- (7/10) Ge n e r e : d o o m d u b a m b i e n t speso tra pulsazione frugale ed astrazione cinematica, sobri ma cruciali interventi sintetici (come nella Giancarlo Turra Dall’acerbo, avventuroso esordio in coppia con il dj spettrale acidità di A Promise e nel rigurgito Sparklehorse di The New World): questi gli elementi di un John Ward a nome Sub Dub (1993; tra i protagonisti ordito su cui la voce ricama melodie indolenzite ma tenaci, vulnerabili e irrequiete. Quakers and Mormons - Evolvotron (La della scena soundscape/”” di metà anni Novan- In chiusura, la morbida rilettura della If It Be Your Will di Leonard Cohen - col sabbioso controcanto di Valigetta, Aprile 2011) ta), al debutto come Badawi e alle sperimentazioni Dave Muldoon - sigilla alla perfezione il programma. Nel suo genere, uno dei più convincenti dischi Ge n e r e : h i p h o p p o p insistite su un dub etnico, percussivo, collagistico e ite- italiani degli ultimi anni. Maolo e Mancho, con l’assistenza di Rico (Uochi Toki), rativo (Bedouin Soundclash, 1996), fino ai dischi elettro- (7.8/10) in libera uscita dai My Awesome Mixtape per mettere acustici/classico-contemporanei pubblicati su Tzadik Stefano Solventi a fuoco le pulsioni più hip hop che animano la band. (che cercano di mettere assieme folk del Medio Oriente In un mezzo-delirio di proclami filosofico-linguisti- e contemporanea europea), il lungo - 18 dischi finora - co-esistenziali tra il serio e il faceto. Su basi con ritmi percorso di Raz Mesinai (Gerusalemme, 1973) si è fat- impostati da batterie e percussioni legnose e campio- to sempre più complesso, ma anche meno dispersivo, un po’ alla Third Ear Band, con percussioncine e ar- lavoro che si posiziona, come ammette lo stesso Ezio, ni - molto discreti - che più che vintage si direbbero più affinato, focalizzato. chi che stridono maltrattati. Costruisce poi, sopra una in un ambito “un tantinello inflazionato”, ma costruito proprio oldie, si sviluppano i motivetti a presa rapida Axiom ne sintetizza la visione dubstep, riuscendo pulsazione percussiva di base (ma è tutto il disco ad con cognizione e gusto del divertimento. che abbiamo imparato a conscere coi MAM, con quella nell’impresa di proporre una - chiamiamola così - “am- essere fortemente percussivo), una serie di alternanze (6.8/10) prosodia, quelle cadenze immediatamente riconosci- bient da dopo-bomba”, sporca e noise (tra radici elec- e di stratificazioni: un vociare tra Magma, free-folk e Gabriele Marino bili, scandite, filastroccose, super-americane nel senso tro, nuovo camerismo e desolazione dubstep; Dem- giapponeserie psych-prog; zoppicanti e giocosi sipa- del power-pop delle college band. Virate su toni scuri, dike Stare, Vex’d, Richard A. Ingram), che non sia rietti di un minuto o poco più (un , un carillon); fi- Professor - Madness (Naive, Aprile 2011) come impongono nome, liner notes e immagini pro- pensata esclusivamente per gli audiofili o gli esoteristi lastrocche bucolico-lisergiche. Attorno ai 14:00: reset. E Ge n e r e : r e gg a e mozionali che strizzano l’occhio ai Sunn O))). Brani mol- specializzati e che metta di nuovo sul tavolo l’elemento si riprende con una canzone praticamente power-pop Lodevole il presupposto a monte del progetto solista to simili tra loro, non fosse altro che per il rappato de- pulsazione. (eredità dell’esperienza nei Levis Hostel?), tutta piano, di Harrison Stafford, cantante di quei Groundation clamatorio di Maolo, sempre tutto uguale; ma la ricetta Questi cinque pezzi (più due remix della title track a chitarra ed effetti (e che se ci fosse la batteria potrebbe che intanto ingannano l‘attesa del prossimo disco con funziona sorprendentemente bene, merito di un pro- opera di Andy Stott e Vaccine, in chiave deep) parlano anche essere dei Dandy Warhols). Il crescendo del pez- la stuzzicante raccolta The Gathering Of The Elders. Da filo produttivo asciutto e variegato, tra arrangiamenti con gli echi del dub e si nutrono di un’ossatura techno zo non si risolve, ma diventa una giostrina da luna park anni trapiantato nella madrepatria del reggae e ac- azzeccati, ammiccamenti elettronici, campioni-trovate superminimale, dipingendo scenari urbani da contato- che non sarebbe dispiaciuta al Todd Rundgren glam e cettato dalla comunità col soprannome di “Professor”, e incisività (hip) pop. re Geiger, tutti polveri sottili, sirene e radar. E trovan- smanettone. Si continua così, cazzeggio avant in gran- l‘uomo si recava in visita nei “territori occupati” tra Isra- Dancing In The Mud è un uptempo Tom Waits-iano do nella traccia conclusiva, Anlan 7, la loro massima de spolvero, fino al minuto 26:00, quando inizia il gran ele e Palestina, affrontando la spinosa questione dal (percussioni tribali, fiati pomposi, chitarra stonata) can- espressione, squassata da bordate dubnoise. finale: incedere sinistro e atmosfera inquietante, con punto di vista palestinese incurante del seguito che la tato in maniera quasi espressionista ed espressionista (7.3/10) un occhio - anzi un bulbo - ai cari vecchi Residents. Un sua band ha a Tel Aviv. Accompagnato da un‘attivista è l’ispitazione della lullabesca Moldova, che campiona Gabriele Marino

94 95 Ringo Deathstarr - Colour Trip (Club AC30, Erickson. Ad uscirne è un disco di “canzoni” nella stessa Slug Guts - Howlin’ Gang (Sacred Bones, Ranaldo-Moore al piano (Les Anges Au Piano). Marzo 2011) accezione che potrebbe darne un dizionario, giocato Febbraio 2011) Considerato che il film dovrebbe essere un noir, le elu- Ge n e r e : Ps y c h o p o p su atmosfere contrapposte: Summer of love, My heart Ge n e r e : Bl u e s Po s t Pu n k cubrazioni tra sogno e realtà, psych e rumore inscenate C’è shoegaze e shoegaze. C’è chi si limita a sfoggiare un does swell e Lightfoot sono il lato country e sereno, ma Ancora una volta l‘Australia segna un punto a suo favo- dai quattro dovrebbero ben sposarsi con le atmosfere pò di effettistica dream pop per dare smalto a brani al- ci sono anche le sferzate rock di Black Rider con più di re sullo scacchiere internazionale del (post)punk. Dopo filmiche. Per ora non possiamo che accontentarci di trimenti incolore, e chi, come i Ringo Deathstarr, scol- una reminiscenza di Pj Harvey, o il lancinante mantra UV Race e Deaf Wish ecco una nuova formazione in una delle migliori prove fornite dai SY da qualche anno pisce melodie da blocchi di rumore grezzo. Che poi il blues di Heviest head in the west; e volendo continuare grado di superare i patri confini tanto da firmare per la a questa parte. risultato sia simile a quello dei My Bloody Valentine è la lista non può mancare all’appello la ballata struggen- famigerata label newyorkese. Come molti altri gruppi (7/10) solo un elemento che gioca a loro favore. Non così stra- te, Miracle me, con un arrangiamento equilibratissimo del Nuovissimo Continente, anche gli Slug Guts fanno Stefano Pifferi no, peraltro, visto che Kevin Shields e compagni hanno nel dosare strumenti e voce, prima di giungere al finale man bassa della tradizione locale di Birthday Party e codificato una maieutica del pop rumoroso che i texani, retrò e malinconico di Heavy times che sembra mimare Lubricated Goat e c‘è poco da fare quando i riferimenti Squadra Omega - Squadra Omega (Holidays non fanno che seguire diligentemente. una crisi esistenziale di Buddy Holly. sono così chiari ed inequivocabili: prendere o lasciare. Records, Dicembre 2010) Certo, è impossbile ascoltare Imagine Hearts, la traccia Insomma il rischio di rimanere invischiati nel limbo gri- Dopo il primo Down On The Meat (su Stained Circles), Ge n e r e : k r a u t /p s y c h n o i s e che apre il disco, e non pensare a qualche outtake da giastro dell’indie folkettino era alto (e si annusava anche Howlin’ Gang torna ad insistere su territori minati da L‘esordio della Squadra Omega, tanto atteso, per chi ha Loveless. Con quelle melodie che sembrano provenire dall’artwork di copertina...), invece i The Sandwitches Telecaster pericolose come rasoi arrugginiti, percussio- visto il gruppo in azione dal vivo, o ne conosce i compo- da una pellicola Super 8 in procinto di liquefarsi, la voce vincono la partita nel modo più semplice possibile: con nismo isterico vagamento jazzato, cantato posseduto, nenti, vive di una questione di taglio dentro a un flusso, della bella Alex Gehrin che si fa strada fra la glassa noise una manciata di canzoni ben scritte, che scaldano e av- baritonale e ossessivo. Tredici pezzi rudi e crudi, total- di sartoria che separa i pezzi dal tessuto e dà loro vita e che ricorda una Bilinda Butcher appena più sveglia. volgono. Non si chiede di più ai grandi, non vedo per- mente devoti a ricreare quel mood cimiteriale tipico del autonoma. Poi però, dalla seconda traccia, il loro pop prende cor- ché farlo con loro. blues-punk degli anni d‘oro. E se quando parte Howlin’ Supergruppo è una formula che non spiega del tutto po e sostanza. Siamo dalle parti dei Jesus And Mary (7.3/10) viene da chiedersi se per caso non si stia ascoltando i quello che accade, anche se all‘apparenza ha una buo- Chain più urgenti, con una melodia 60s sciorinata a col- Stefano Gaz Chrome Cranks, beh siamo sicuri che gli Slug Guts na pertinenza giornalistica. Come tenere insieme - criti- pi di fuzz che si insinua e dimostra quanto il loro non sia prenderebbero questo dubbio come il più grande dei camente - schegge del post-With Love, e di Mojomatics, solo un lavoro di pedaliere. Seun Kuti - From Africa with Fury: Rise complimenti. Movie Star Junkies, Apoteosi del Mistero e Be Maledetto Colour Trip è un grande omaggio allo psycho pop bri- (Because, Aprile 2011) (7/10) Now, senza ricorrere a questa formula un po‘ demodé, tannico degli anni 80, al punto che per ogni brano è Ge n e r e : a f r i c a n a Andrea Napoli ma sempre fascinosa? Una via è possibile, serve passa- possibile individuare con una certa oggettività la band Si fa sempre fatica a parlare dei “figli d‘arte”, del loro re dal risultato più che dalle premesse, tener presente shoegaze-C86 di riferimento (i Talulah Gosh per So cognome ingombrante che finisce per creare speranze Sonic Youth - Simon Werner A Disparu (Syr, l‘amicizia e le esperienze precedenti di Andrea Giotto e High, i Lush nella successiva Two Girls, gli Slowdive per esagerate e in sostanza ingiuste. Considerazioni che in Aprile 2011) compari ma ritrovarla solo nell‘esito musicale. Kaleidoscope e si potrebbe proseguire). questo caso non è possibile accantonare, perché se ti Ge n e r e : s o u n d t r a c k Squadra Omega non è un criterio di composizione, ma Colour Trip, d’altro canto, è anche un ottimo album di chiami Seun Anikulapo Kuti e ti metti a capo di quei Il numero 9 della collana Perspectives Musicales che la un modo di stare insieme sul palco e in studio, di arti- pop tout-court, con canzoni che si farebbero apprezza- Egypt 80 già a suo tempo capeggiati da babbo Fela, i gioventù sonica affida alla personale label SYR è assai colare un‘empatia. E tale stato d‘animo congiunto non re anche senza la loro soffice corazza di feedback e di- casi sono due: 1) sei un incosciente; 2) sai benissimo il distante dai precedenti. Meno sperimentale e avan- può che diventare, se messa in musica, una intermina- storsioni. Sembra banale, ma sta tutta qui la differenza significato di quanto stai facendo. E hai fegato, ragazzo guardistico rispetto alle altre uscite, Simon Werner A bile jam session. Ciò che comunica il self-titled, primo con il 90% del pop psichedelico odierno. mio, oltre a un talento che non è solo questione di DNA. Disparu è la colonna sonora dell‘omonimo film del fran- long playing (con 7” in aggiunta al 33 giri) firmato dai (7/10) Già il tuo debutto del 2008 Many Things era un bel sen- cese Fabrice Gobert e fotografa la band nel suo mood trevigiani, è questo: e il fatto che l‘output suoni spes- Diego Ballani tire e portare avanti messaggio ed eredità di chi sai tu. attuale, proprio come era successo anni fa per Made In so krauto e free-jazz crea legami fenomenologici inte- Oggi, From Africa With Fury: Rise racconta che stai cer- Usa (e in maniera misura per Demonlover, del 2002). ressanti, che ricorda le comunità (o comuni) hippy dei Sandwitches - Mrs Jones Cookie (Empty cando una tua possibile identità guardandoti indietro, Se all‘epoca la gioventù sonica ben si rispecchiava in tedeschi di fine Sessanta e le ricollega a un gruppo di Cellar, Marzo 2011) come chiunque oggi fa. quella soundtrack del 1986 scoppiettante e frantuma- persone nell‘odierno Veneto, che si coagulano attorno Ge n e r e : indie-c o u n t r y -f o l k Ci piace che di là dal vetro si siano alternati in tanti e tra ta, Simon Werner A Disparu si adagia sui Sonic Youth più all‘aggregatore musicale, all‘ascolto e all‘esecuzione in Secondo album per i The Sandwitches, trio di San Fran- costoro Brian Eno e tuo fratello Seun; ci piace l‘energia ectoplasmici e (tra)sognanti, estatici e sospesi. Quelli free form di una materia che le prove e i concerti perfe- cisco composto da Grace Cooper Heidi Alexander e che trasuda da sei brani e il lasciarci tirare il fiato nella dell‘ultimo periodo, per capirsi: meno irruenti ed esplo- zionano, fino ad arrivare su LP. Roxy Brodeur, che debutta su Empty cellar con un disco sublime, tesa ipnosi Rise; ci piacciono gli impasti vocali, sivi (eccettuati un paio di episodi, tra cui Chez Yves e la Il sound di Squadra Omega è krauto come può esserlo programmatico fin dal titolo, Mrs Jones Cookies. le scorribande fiatistiche guidate dall‘alto sax di Lekan daydreamiana Alice Et Simon) ma altrettanto disturbanti una musica che mantiene caratteri della cosmica (l‘aci- Da copione quindi eccoci proiettati in un country-folk Animashaun, lo stratificato rutilare ritmico. Perché ci e insidiosi. La formula a tre chitarre utilizzata dal quar- da suite di Murder in the Mountains) eppure conserva al femminile che non si misura solo con i cliché indie fanno sentire a casa e, sì, ricordano l‘afrobeat ma pure tetto (l‘ex-membro Jim O‘ Rourke è presente al basso una sua rudezza. Motorizzata in memoria dei Neu!, alla Cat Power (comunque sempre presente come in i Talking Heads, e allora come la mettiamo? Così: che solo nella fluviale Theme D‘Alice) incide sul risultato fi- evidentemente, ma con un linguaggio e uno sguardo Joe says), ma cerca di allargare il respiro a una tradizione non sei un Jeff Buckley, ma nemmeno un Jacob Dy- nale, spostando ancor di più l‘ago della bilancia sulle odierno (la doppia batteria post-nineties di The Mistery americana tout-court, tanto nel pop delle Shangri-Las lan; che sei bravo, ed è questo che conta. stratificazioni e sui dialoghi chitarristici (Theme De Laeti- of the Deep Blue Sea). La Squadra Omega è sicuramente da cui riciclano l’uso massiccio di coretti-sixties e un on- (7/10) tia, Escapades), ma non mancano momenti più rarefatti una creatura meta-, che si prende la briga di risuona- nipresente cantato a più voci, quanto nei lavori di Roky Giancarlo Turra (Dans Les Bois/M. Rabier)e addirittura inconsueti duetti re tanta musica nota e di riprodurne l‘enunciazione, di

96 97 ri-enunciarla, rimetterla in pasto a chi già la conosce (i all’organo, la violinista Vicki Brown, la batterista non- highlight musicisti stessi, anzitutto). Il prodotto è quasi apocalit- ché compagna Linda Pitman, il bassista Rigo Righetti tico, nell‘ambiguità funzionale che porta i membri della ed il chitarrista Antonio Gramentieri) misero in piedi Tu Fawning - Hearts On Hold (City Slang, Marzo 2011) band a vestire una tunica e tingersi la faccia di nero pri- un tributo all’incommensurabile Bob Dylan. Mi chie- Ge n e r e : a r t -r o c k ma dei live. Tattica e strategia. Più che un supergruppo, do: come si può, in pieno ventunesimo secolo, suonare Se riuscite ad immaginare una sorta di dark mood cameristico alla Black Heart Procession con teatrali siamo di fronte una squadra, senza allenatore, con la ancora Dylan in maniera tanto convinta e convincen- voce male-female spesso in falsetto e paesaggi ritmici che rimandano anche al trip-hop, non siete lon- regia affidata a un metodo - free form - che procede per te? Una possibile risposta ce la offre lo stesso Wynn nel tani dai Tu Fawning. sintonia tra i componenti. È detto tutto. bel documentario realizzato da Alessandro Quadretti, Collettivo avant-rock da Portland composto da Joe Haege (31Knots, Menomena) e Corrina Repp, più (7.2/10) venti minuti di interviste ai protagonisti del concerto in i neo-arrivati polistrumentisti Toussaint Perrault e Liza Rietz, i Tu Fawning sono una bella sorpresa per Gaspare Caliri questione, organizzatori compresi, scaricabile dal sito chi ami trasversalmente la teatralità meno cabarettistica di Tom Waits, certe aperture cameristiche dell’etichetta grazie ad un codice fornito al momento sempre d‘ambito “rock” (alla Rachel‘s, ma senza l‘afflato post- ), tappeti ritmici da art-rockers in scia Steve Mackay - Sometimes Like This I Talk dell’acquisto. Williamsburgh e echi di atmosfere mitteleuropee (s‘aggira lontano, come un padre spirituale, lo spet- (Polyglot, Marzo 2011) L’ineffabile Steve, sollecitato a proposito dell’ars musi- tro di Kurt Weill). Il tutto sempre condito da una spessa coltre di dark mood, Ge n e r e : j a z z r o c k candi di Sua Bobbità, sostiene che uno dei principali e variazioni arty su schema-canzone e strutture di base e un interessantissimo Instancabile, febbrile, cazzone, capace di aspro lirismo inossidabili motivi di fascino risiede nella capacità di lavoro percussivo tra digitale e umano. e anarchica intensità, Steve Mackay è un sassofonista, escogitare testi e melodie con implicazioni molto pro- Dal lavoro certosino dei quattro esce un album umorale, non ordinario, mai anzi - per i rockettari impenitenti - QUEL sassofonista fonde, per poi suonarle come se non gliene fregasse un lineare; fatto di spigoli dolci, curve a gomito e splendide canzoni in cui l‘in- che sta fra i credits di Fun House, il formidabile secon- cazzo. Con entusiasmo sgarbato, espettornado il cuore cessante ricerca e sperimentazione su mood, atmosfere e suoni si stratifica do album degli Stooges. Tanto folgorante quel capitolo con tutti i graffi e la sporcizia del caso. Perché appunto creando gemme multistrato. In questo senso, aiuta la capacità strumentale da mettere in ombra tutte le succesive voci curricolari, la vita che t’ispira non è cosa - per così dire - edulcora- dei quattro, abili polistrumentisti in grado di variare e scambiarsi un quanti- che pure sono disparate, annoverando collaborazioni ta. Anzi, è una formidabile bastarda, quintali di veleno e tativo infinito di strumenti tra i più vari - dai fiati al piano, dal violino all‘organo oltre al quadrilatero rock con Jello Biafra, Violent Femmes, Dirtbombs e per- immondizia per ogni grammo di bellezza. E questo, più per antonomasia - che contribuiscono alla eterogeneità della proposta. Con almeno due o tre capola- sino i nostrani Zu. Il qui presente Sometimes Like This o meno, spiega perché le nove tracce di questo Wynn vori (l‘ipnotica Multiply A House, Sad Story, la portisheadina I Know You Now) e un livello medio molto al I Talk - terzo album a suo nome - ci offre uno spaccato Plays Dylan suonano tanto vive. Al punto che - rischian- di sopra della normalità, Hearts On Hold è l‘esordio che molti gruppi hanno solo sognato. Di diritto nella della propensione ad allestire combo più o meno (Ra- do la bestemmia - hai quasi la sensazione di non averle top-ten annuale. don Ensemble, Carnal Kitchen...) estemporanei per mai sentite accendersi con tale intensità. (7.5/10) sbrigliare l’estro in bilico tra ipotesi free, rockaccio ina- Sentitevi la travolgente Gotta Serve Somebody, una Isis Stefano Pifferi cidito e cavalcate visionarie. satura d’irrequietezza o una deliziosamente infervora- Nelle tredici tracce in scaletta, tutte registrate live, ta Just Like A Woman. E che dire di quella The Groom’s Mackay compare da solo, in duo, terzetto, quartetto e Still Waiting At The Altar - dal controverso Shot Of Love via andare fino al nonetto (tra Mingus e l’hard rock) di - scudisciata di febbrile acidità contry blues? Alla fine Song For Baghdad. Un vero e proprio calderone di mu- l’episodio meno convincente è la conclusiva Knocking con la scusa di mettersi in gioco. Ma altrettanto sba- I ragazzi riescono bene allora quando miscelano orec- sicisti tra i quali ricorrono più spesso di altri i nomi del On Heaven’s Door, che vede gradito ospite Mr. Robyn gliato. Perché qui gli Strokes si impegnano davvero, ci chiabilità immediata (l’opener Machu Pichu, reggaetti- polistrumentista giramondo Kamilsky e del vecchio Hitchcock nientemeno: difficile evitare il retrogusto credono, provano sul serio a smarcarsi da se stessi (pur no Ottanta nelle strofe e inciso strumentale che guar- bucaniere della quattro corde Mike Watt. Peregrinazio- didascalico con un pezzo tanto metabolizzato nell’im- mantenendo fortissima la cifra della loro riconoscibi- da a mondi latin tra Babe Ruth e Santa Esmeralda) e ni sordide e pensose (la splendida The Prisoner), moto- maginario collettivo, e a poco serve il piglio altrettanto lità; la voce di Casablancas, le chitarrine sgrattuggine pop-rock con abiti casual (lo scanzonato uptempo del rismi psichici (gli Stereolab scorticati di Lament For The genuino. Peso specifico altissimo in ogni caso per un ma in fondo pulite) e a maturare come gruppo creativo singolo Under Cover Of Darkness; la diafana ballad per Leaving Of The Isle Of Lewis), rumbe erratiche (Lost In The disco che, mentre ribadisce doverosa devozione per il (con quello che infatti è il più collettivo dei loro album; “amanti moderni” Life Is Simple). Sono divertenti quan- Fog), boogie caciaroni (Dead Chevys), cabaret beffardi Bardo di Duluth, sottolinea la grandezza dell’ex sinda- Hammond Jr. e Fraiture forti delle rispettive esperien- do affondano nella naivete New Romantics (Two Kinds (Stradivarius’ Cat) ed esotismi elusivi (Rue Interdit d’Affi- calista onirico. ze solistiche). Una strada quasi obbligata per una band of Happiness, Games), giocano a sperimentare come cher), sono lo spettacolo d’arte varia di questo scellera- (7.5/10) che, salvo un momento di ispirazione speciale, non po- possono (Call Me Back, intro con chitarrina quasi bos- to dinosauro che non ha perso il gusto di azzardare. Stefano Solventi teva più limitarsi a riproporre la fotocopia del proprio sanova e finale lennoniano con valzerino deformato) (7.2/10) suono e dei propri modi. Sommariamente meno rock o dicono di credere ancora nel R’n’R (il quadretto oldie Stefano Solventi Strokes (The) - Angles (Rough Trade, e più pop, meno essenziale e più sfaccettato, il disco soft-rollingstoniano Gratisfaction). Annoiano invece a Marzo 2011) mette in scena un (impossibile) ritorno alla spontaneità morte quando si autoplagiano (il riempitivo firmato Va- Steve Wynn - Wynn Plays Dylan (Interbang Ge n e r e : p o p -r o c k che fu, nutrendosi però di suggestioni diverse: richiami lensi Taken For A Fool) e si fanno letteralmente odiare Records, Marzo 2011) Angles arriva dieci anni dopo quel fulminante esordio all’elettro-pop Ottanta più melodico (sui quali era tut- quando cercano di proporsi scuri e minacciosi - risul- Ge n e r e : a l t c o u n t r y r o c k che fu Is This It e a cinque anni di distanza dall’ultima to costruito il Casablancas solista); strizzatine d’occhio tando invece solo monocromi e monotoni - andando Deve essere stata davvero una bella serata, quel 13 ago- prova della band, il moscissimo First Impressions Of al folk e alla psichedelia; tentativi di inspessimento del giù di arpeggini, giri di basso e ritmiche pestate che sto 2009 all’Hana-Bi di Ravenna, quando Steve Wynn ed Earth. Sarebbe anche troppo facile allora liquidare la suono che orecchiano certo glam-prog enfatico alla imitano Muse e simili (la claustrofobica You’re So Right, un manipolo di amici/colleghi (il sodale Chris Cacavas faccenda come un goffo tentativo di tornare in pista Muse (vero punto debole di tutta l’operazione). annunciato secondo singolo; la schifosa - ci passate il

98 99 tecnicismo? - Metabolism). talie Beridze alle prese con un umbratile e insapore l‘apertura immediatamente successiva di Continental cio tra Melvins e Hella. Dei primi riprendono stazza del Siamo i primi a non amare quelle recensioni che conclu- deutsch pop minimale solo sporadicamente piroettato Divide, con un urlo di battaglia soffiato al flauto, eppoi suono, incedere pachidermico e svisate metal-orien- dono paternalisticamente con un “Non gli si può davve- sul fortunato mix di trip-hop, cyber e minimal techno tutto lo sviuppo del brano). Manca solo il guizzo e la ted; dei secondi strutture mobili, florilegio strutturale e ro chiedere di più”: ma è proprio questo il nostro caso. che l‘aveva resa un caso nel 2005. capacità di sintesi. Che si traduceva in una maestria di drumming da ossessione in cattività. (5.9/10) Se Laurie Anderson e AGF rimangono le muse ispira- costruire e gestire al meglio un thrilling. Quella tensio- Vertiginosi e circolari, tesi e vibranti, Vincent Beysselan- Gabriele Marino trici, TBA tenta la strada del confidenziale d‘autore. I fine ne che oggi è un brillante “saper fare”. ce (batteria, cello, basso), Jeff Grimal (chitarra, basso) e ‘80 brit di Tanita Tikaram e le umbratilità dream in coda (6.7/10) Esteban Rodiére (chitarra, basso) si infilano alla grande Subsonica - Eden (EMI, Marzo 2011) al dream dei ‘90 sono i nuovi riferimenti ma a mancare Gaspare Caliri nella recente tradizione math d‘oltralpe - da Chevreuil Ge n e r e : s y n t h -r o c k sono purtroppo gli elementi fondanti del discorso, for- a Passe Montagne, Marvin, Papaye, partendo da quegli Sesto disco per la band torinese ovviamente superatte- za e ispirazione. Times New Viking - Dancer Equired (Wichita Cheval De Frise dove alla chitarra agiva proprio Beysse- so dai fan e perché no, anche dalla critica. I Subsonica Forgetfulness scorre lento e scialbo, fallendo sia nei Recordings, Aprile 2011) lance - fatta di energiche e originali aperture, momenti restano, infatti, una delle band 90s più longeve nel pa- momenti più intimisti sia in quelli ritmati e pop (The Ge n e r e : s l a c k e r -g a z e di pausa pneumatica ed esplosioni strumentali fragoro- norama italico, e il lavoro precedente (L’eclissi) riusciva Face We Choose To Miss). E‘ un lavoro che tenta di evi- Times New Viking, ovvero c‘era una volta lo shitgaze. A se. Tutto in questo esordio si sviluppa sempre in nome a coniugare rock e dance, proponendo qualche buona denziare un mood personale professando invece solo dimostrazione di come certe sigle e definizioni abbia- di elaborate architetture mathy e di un suono che spes- riflessione intimista che si accostava - mutatis mutandis un post-twee per trentenni depresse, nascoste dietro a no vita breve, ecco Dancer Equired. Le quattordici gem- so e volentieri sconfina su territori metallosi: l‘iniziale - alla maturità over 30 degli Amari di Scimmie d’amore. un dito arty. me per mezzora di musica del comeback del quartetto Pagan (stop‘n‘go, scale vertiginose, cambi di ritmo da Mixato da Mauro Pagani (tanto per non sbagliare), il (4.5/10) dell‘Ohio spostano ancora di un passo il baricentro del- forsennati) o L‘Arche Interne, con quello spessore di chi- nuovo disco, che segue una consolidata prassi di picco- Edoardo Bridda le musiche di Adam Elliott, Beth Murphy, Jared Phillips tarra che farebbe invidia a molti lungocriniti axemen, le rivoluzioni arrangiative, oscilla tra la collezione di sin- e Dustin White. Sempre meno rovinate e rovinose, più sono paradigmatiche di un suono possente e, per quel goli pronti per la radio e un vago leit motif sul paradiso Thank You - Golden Worry (Thrill Jockey, inclini alla forma canzone ripulita, virano verso paesag- che consente il genere, piuttosto instabile e creativo. perduto. Gli stessi Subsonica hanno dichiarato di avere Gennaio 2011) gi a tratti da americana o tradizionalmente indie-rock a (6.9/10) avuto idee diverse all’inizio della lavorazione del disco. Ge n e r e : a v a n t r o c k stelle e strisce. Stefano Pifferi Le anime e le vocazioni del gruppo si sentono tutte: la Terrible Two era riuscito a decostruire il proprio univer- Merito della riduzione dello shit- di cui parlavamo in vocalità melodiosa di Boosta, il quattro dritto di Samuel so di riferimento, e di fatto aveva fatto dei Thank You apertura, quell‘insozzare le melodie che era insieme il Trent Reznor/Atticus Ross - The Social (che milita anche nei Motel Connection), il dubstep di da subito un punto di riferimento per altre band e i cri- tratto caratteristico e la necessaria virtù di tutta l‘onda- Network (The Null Corporation, Ninja e Max e l’indie di Vicio. tici. Le staffilate erano rese oblique da toni inaspettati ta che dai Psychedelic Horseshit arrivava agli Eat Skull Settembre 2010) Tra affondi nel drum’n’bass (Il diluvio), esperimenti au- di tastiera. Gli ingredienti non sono cambiati in Golden passando per una serie sterminata di bands. Ciò che Ge n e r e : e l e c t r o , a m b i e n t toironici di composizione collettiva (il testo del veloce Worry. Ci sono le note vintage dei tasti bianconeri, le resta è una indolenza tipicamente americana mista Con questa colonna sonora del premiato - ma non electro-punk di Benzina Ogoshi è stato scritto assieme escursioni delle chitarre, il drumming costante. Manca allo scazzo tardo-adolescenziale che sembra la cifra sti- premiatissimo - film di David Fincher su Mark Zucker- ai fan sul sito della band e ha per ritornello la frase “Non - e questo non sempre lo si riesce a spiegare - la quadra- listica predominante in molti gruppi rock attuali. Quel berg e sulla nascita di Facebook, Trent Reznor corona siete riusciti a bissare Microchip emozionale”), innocue tura del cerchio magistralmente palpabile nell‘album rotondo autocompiacimento nell‘ammirare la propria la propria ventennale carriera con un Golden Globe e prese di posizione contro il sistema finanziario (Prodotto precedente. sconclusionatezza e nel sentirsi pieni nell‘autodefini- un Oscar. E’ una consacrazione che sviluppa in maniera Interno Lurido), il singolone marchio di fabbrica in mid- La Thrill Jockey ci parla di loro come di coloro che me- zione di “romantic nihilism”. Della serie, prendete pezzi assolutamente coerente il percorso iniziato con i Nine tempo (Istrice) e il sorprendente featuring retrò Ottanta glio rappresentano l‘ambiente di Baltimore. In effetti si come Ways To Go o Want To Exist e ditemi che non ci Inch Nails, e cioè la solita storia: da fenomeno di culto dei Righeira (La funzione), il disco si assesta però su un sente anche lo spirito (e non solo in Birth Reunion) di un sono Pavement et similia dentro. a fenomeno e basta. livello medio che non esplode nè affonda. altro protagonista della scena locale, il pluriapprezzato Un passo deciso, quello compiuto dalla band di Colum- Il disco, firmato a quattro mani con l’ormai fido Atticus La professionalità non si discute, ma per il futuro, oltre Dan Deacon. Non si riesce però a creare quello scarto bus. Oltre ciò che erano i TNV fino aBorn Again Revisited Ross (produttore inglese cointestatario con Reznor e che a rileggere e remiscelare il passato (vedi la presen- che esca dall‘avant per essere di forza trascendente, o e verso quel qualcosa che ci auspicammo trovassero. la moglie Mariqueen Maandig degli How To Destroy za dell’anima reggae in più punti), sarebbe opportuno semplicemente per perforare le barriere di genere mu- Che sia nato lo slackergaze? Angels; ha iniziato la carriera al fianco di Barry Adam- pensare a costruire una seconda parte di carriera più in sicale. (7/10) son), ha due anime che sono le facce della stessa me- linea con l’età media del gruppo, per non declamare un Il pubblico di Golden Worry è ancora quello del post- Stefano Pifferi daglia: una ambient pianistica, romantica, e una electro giovanilismo fuori tempo massimo. Per adesso, lascia- math e avant massimalista. La batteria è tra i responsa- ondosa, iterativa, ora dark, ora solare, che pesca - ov- mo che si divertano e facciano divertire i fan. bili della “normalizzazione”. Più per la facilità di essere Tormenta - La Ligne Âpre (Africantape, viamente - dai Kraftwerk fino all’electro-pop dei De- (6/10) incasellata in uno stile che per le qualità - indiscusse - di Febbraio 2011) peche Mode. A un estremo troviamo quindi Sakamoto Marco Braggion Emmanuel Nicolaidis, che anzi già all‘indomani di Ter- Ge n e r e : m a t h -n o i s e (la conclusiva Soft Trees Break the Fall) e all’altro tastiere rible Two venne in aiuto di Jeffrey McGrath e Michael Una insana passione per lame e coltelli e un nome che è kraut psych (Complication With Optimistic Outcome) che TBA (Natalie Beridze) - Forgetfulness Bouyoucas (compagno di band nei More Dogs) e fece tutto un programma. Si presenta così l‘ennesima band hanno più di un punto di contatto con il Tron dei Daft (Monika Enterprise DE, Marzo 2011) le veci del transfugo e neo-berlinese Elke Wardlaw. alla conquista del mondo in nome della scena math- Punk. Il concetto di sviluppo è relativo (siamo in un di- Ge n e r e : El e c t r o p o p Né si può negare che i tre sappiano trascinare e mante- noise strumentale francese: chitarre affilate come le sco post-minimal e post-electro, che per giunta è una I tempi di Annulé sono lontani. Dal misto di pop e strap- nere una qualità elevatissima dell‘output (magistrale e lame dei coltelli distribuiti copiosamente nell‘artwork e colonna sonora), in una suite chiaroscurale dove conta- pi avant di quello splendido lavoro, troviamo oggi Na- ancora piena di inventiva la chiusura di Pathetic Magic, una tempesta di suoni strumentali a ipotizzare un incro- no invece le oscillazioni della materia e il dosaggio di in-

100 101 highlight e un impatto che non sono sfuggiti né alla Columbia né sempre più riconoscibile. Merito di una scrittura pun- a quelli della BBC, che sulla spinta di un solo singolo li tuale ma anche dell’ottimo lavoro di Max Baldassarre, Tune-Yards - Whokill (4AD, Aprile 2011) hanno prontamente segnalati come “il” nome del 2011. Silvio Trisciuzzi e dell’ex Lula/Lotus Amerigo Verardi. Ge n e r e : p o p Ad ascoltare quel singolo, Wreckin‘ Bar (Ra Ra Ra), viene Fondamentali in sede di produzione artistica nell’arric- Un talento puro, Merrill Garbus, a.k.a. tUnE-yArDs. Lo era e lo rimane. Questa è la sostanziale conferma proprio da dargli ragione: un minuto e ventidue (!) di chire il materiale con una gamma di colori che aggior- di Whokill, secondo album della montrealina oggi residente a Oakland, California. Un cambio di con- Ramones / Phil Spector in salsa garage-shoegaze, con na il “melodico” della Gravili donandogli naturalezza e testo e di everyday life che non può che riflettersi nella musica di colei che aveva fatto della “focolare” un canto a voce piena che niente ha a che vedere con personalità. della stanzetta e della quotidianità un catalizzatore di musica con l‘anima e le declinazioni wave a cui l‘indie albionico - e non - ci Synth, chitarre elettriche, percussioni, certi fondali stra- col sorriso. ha sin troppo assuefatti. Questo perché il frontman, Ju- tificati ai confini con la psichedelia (La malafede), dei Primo risultato: il banjo è appoggiato al muro, e al suo posto compaiono stin Young, fino all‘altroieri era un cantautore new-folk Baustelle declinati in salsa Sufjan Stevens (La balena l‘elettricità delle chitarre e una nuova aggressività tutta positiva che mordic- e si faceva chiamare Jay Jay Pistolet. Approccio da son- nel Tamigi): la Gravili rimane sempre in bilico tra serietà chia l‘ascoltatore coi denti più affilati, ma giocosi di un gatto urbanizzato. gwriter dunque (un po‘ alla Billy Bragg, alla lontana), e atmosfere giocose, un po’ come faceva con le parole Ma anche con una musica che è diventata ancor più black dell‘esordio, forse ed è questo che fa davvero la differenza e rinvigorisce quel Gianni Rodari che viene in mente leggendo l’inso- per il contrasto maggiormente tangibile tra il calore della voce di Merrill e il il carattere di un progetto che altrimenti si reggerebbe lito titolo del disco (ripreso invece da un fatto realmen- controllo dell‘output strumentale. esclusivamente su un paio di intuizioni molto efficaci, te accaduto). Fuori dai giri “giusti” ma alla fine capace Il collante è come spesso avviene una percussività trascinante e certosina certo, ma destinate inevitabilmente a soffrire la lunga di mettere l’anima in un disco che conferma la statura (Gangsta), già tratto potenziale di Bird-Brains. Esiste però anche un metodo con cui perseguirla, una distanza. artistica di una musicista sensibile e trasparente. focalizzazione precisa, che sfonda in Whokill. C‘è, dietro alle canzoni, una grande coesione costruttiva, Cosa che in parte avviene perché What Did You Expect (7.1/10) che non finisce mai di stupire nella Garbus, ma anche l‘altra principale variazione di contesto rispetto From The Vaccines, pur veloce e digeribile nella sua Fabrizio Zampighi a due anni fa: il lavoro in studio. Oggi Merrill ha uno studio professionale - che peraltro la 4AD non ha mezzoretta di durata, vive di alti e bassi: ci piacciono mancato di documentare, con video di Tune- all‘opera su microfoni e tracce - e un ingegnere che la se- molto le schegge adolescenziali punk-pop come Nor- - A Grounding in gue, Eli Crews. Gli spunti di progressione minimalista di Bird-Brains possono quindi diventare ciò che gaard (occhio alla storia sulla modella diciassettenne Numbers (Esoteric, Marzo 2011) sono oggi, costrutti di produzione che non perdono una virgola - almeno nella prima parte dell‘album svedese) If You Wanna e Wolf Pack, così come le chitarre Ge n e r e : p r o g - di efficacia, anzi ci rapiscono al primissimo ascolto. rumorose che guardano all‘America di Blow It Up; un po‘ Diamo un po’ di numeri: sei anni dopo l’inattesa reunion, Nell‘innesto tra le nuove dinamiche urbane e quelle produttive Merrill tesse un filo sotto al testo. Non meno certe vocazioni innodiche alla Glasvegas (e che tre dal discreto predecessore , arriva l’album solo le chitarre sostituiscono il banjo, ma a tratti si fanno quasi atonali (Es-so), escono i riff di fiati da un fulmine ci colga se nella ballata All In White non fa numero dodici per l’accolita Van Der Graaf Generator, Contorsion-isti (My Country) e in generale un sottotesto di riferimenti alla NYC mutante (Killa), che si capolino Chris Martin). La formula alterna le coordinate ridotta a trio ma pur sempre di membri originali (il lea- alternano alla trasognata rassegnazione dei pezzi sottovoce (Wooly Wooly Gong). E sono solo due dei sopraccitate, in un potenzialmente infinito gioco di ri- der , il bassista e organista Hugh Banton mondi possibili, analizzati scientificamente e di testa, oltre che di cuore. In questo sta la scommessa mandi che però riconduce a un‘identità assolutamente ed il batterista ). Inoltre, la data di uscita del che puntiamo su Merrill: è il potenziale di sovrapporre la ricerca e il lavoro che sta sotto alle canzoni al riconoscibile. È certo un bene. E le canzoni? Sulla base disco (il 14 marzo) non è affatto casuale, essendo stata talento su cui contiamo e continueremo a contare. della hit indie Post Break-Up Sex (gli Interpol fronteggia- scelta per riferirsi alle prime tre cifre della costante π (7.4/10) ti da John Grant su parole di Jarvis Cocker?) e dei bei (pi greco, per gli amici). C’è poi il titolo, A Grounding Gaspare Caliri lentoni Wetsuit e Family Friend (hidden track compresa), In Numbers, e ci sono tracce in scaletta intitolate Ma- non possiamo che constatare che c‘è trippa per gatti, e thematics e 5533. Ok, stiamo scherzando, ma neanche il meglio può (deve!) ancora venire. Non ci stracciamo le troppo, perché coi vecchi progster il lambiccato è una vesti, no - ci limitiamo a stappare una bottiglia di buon norma, ne costituisce la poetica profonda e l’efferve- gredienti sempre diversi per insaporire la comune base Vaccines (The) - What Did You Expect From vino per i bei segnali che continuano a provenire dal scenza superficiale. di partenza: l’acqua versata di 3:14 Every Night, il riffone The Vaccines (Columbia Records, Marzo Regno in questo primo scorcio di anni ‘10. Da sempre campioni nel conciliare questi due livelli elettrorock di Carbon Prevails, la parossistica versione 2011) (7/10) dell’espressione, i VDGG ci propongono oggi un lavoro de Nell’altro del re della montagna, la cavalcata percussi- Ge n e r e : b r i t p o p ‘10 Antonio Puglia sì complesso ma accomodante, all’insegna del lirismo va di Magnetic, lo scandire metronomico con il piano in Ci pensate? Si sono formati appena nove mesi fa, i Vac- perentorio di Hammill (l’intatta prestanza della voce controtempo di Almost Home. cines, e oggi debuttano al quarto posto in classifica. Valentina Gravili - La balena nel Tamigi ha un che di prodigioso) e d’un piglio rockista turgido Un ottimo bignamino di electro atmosferica e un otti- Cose dell‘altro mondo - quel mondo aldilà della Manica, (Autoprodotto, Aprile 2011) ancorché arzigogolato di sincopi, ruggiti acidi, bordoni mo prodotto, costruito per piacere ai fan del post-NIN dove i dischi si vendono ancora, i concerti sono affollati Ge n e r e : p o p d’a u t o r e cosmici, spasmi preterintenzionali e gorghi misterici. ma anche alle platee hollywoodiane tra smoking e pel- e frequenti, le riviste di settore sono lette (e persino te- A dieci anni dal premio Ciampi vinto per il miglior di- Non stupisce certo il dominio gagliardo di timbri e dina- licce. nute in considerazione, incredibile). Un piccolo miraco- sco d’esordio con Alle ragazze nulla succede a caso, torna miche, la ricchezza essenziale degli arrangiamenti (non (7.2/10) lo anche di questi tempi, a ben vedere, se pensiamo che Valentina Gravili, portando in dote la consueta legge- l’avrei detto, ma l’assenza dei fiati di David Jackson non Gabriele Marino proposte omologhe e non meno valide come Chapel rezza. Un piede nella tradizione popolare e uno in un rappresenta affatto un handicap). Sorprende semmai Club e Mirrors hanno avuto riscontri inferiori di pubbli- cantautorato pop immediato e poetico, oltre le facili l’ostinazione entusiastica di un verbo tanto obsoleto, co e critica (il culto, si sa, è altra faccenda). Questi quat- analogie - i rimandi a Cristina Donà e Carmen Consoli che fa sembrare freschi pezzi come Mr. Sands, Bunsho, tro ragazzi di Londra hanno dalla loro un‘immediatezza ci sono ma quasi non si vedono - e verso una formula Medusa o Highly Strung, altrettante gradevoli ucronie

102 103 per chi non ha mai perdonato alla Storia la disfatta delle chitarra, sax e violoncello) e la malinconia cinematica che episodi come Unillusion o Comme Un Enfant trove- troppo didascalica nell’opera di rielaborazione del pro- traiettorie progressive. di You See. rebbero facile spazio, magari tra un brano di Goldfrapp prio scibile rock, negli Zabrisky ha tutto l’aspetto del Un buon disco per appassionati del genere: banale Giusto ricondurre al leader anche i meriti della band, e uno di Ladyhawke. punto centrale del discorso. La base affettiva da cui par- uscirne così, ma vero. un quintetto che annovera tra gli altri un ispiratissimo (5.2/10) tire per rendere credibile un suono altrimenti fin troppo (6.9/10) Francesco Bearzatti (al sax tenore e clarinetto) ed un Simone Madrau identificabile. Stefano Solventi sontuoso Vincent Courtois al violoncello. Detto che E’ così che nel disco convivono i Jesus & Mary Chains Lilienthal è l’episodio più intrigante con le sue convul- Young Knives - Ornaments From The Silver di Summer Is Always Grey e i Beatles di Calling Home, Vickers (The) - Fine For Now (Foolica, sioni mingusiane e le scaramucce free, occorre riferire Arcade (Gadzook, Aprile 2011) i Libertines di Getting Better So Far e i Byrds di Stone Marzo 2011) di una #2 che azzarda curiosa ibridazione tra incalzante Ge n e r e : In d i e r o c k Inside, i Dandy Warhol di Good Company e i R.E.M. di Ge n e r e : b r i t -r o c k riff hard ed un mesto binario sax-cello solcato di vampe Next Big Thing nel 2006 con l’esordio Voices of Animals Better Times. Compressi in brani da due minuti e mez- La bandiera inglese stampata sui boxer ritratti in coper- portentose, costrutto un po’ forzato però alla resa dei and Men (nominato Mercury) e rappresentanti dell‘in- zo, proiettati in un simposio di chitarre jingle-jangle e tina qualcosa vorrà pur dire. Nessuna sorpresa, dunque, conti efficacissimo. Disco godibile con picchi di super- die più genuino nel sophomore Superabundance, gli irresistibili armonie vocali, nobilitati da una psichedelia se questo Fine For Now ribadisce che i Vickers sono uno bo lirismo. Young Knives sono stati dei tardivi nerd dell’angular. decodificabile e tutto sommato rassicurante. La vera dei gruppi più brit della scena nostrana e non aggiunge (7.2/10) Non hanno mai avuto nulla da invidiare a Wombats e differenza in questo caso la fa la scrittura, non la ricerca quasi nulla a quanto già sapevamo. Del resto su certe Stefano Solventi altri fenomeni mid-2000, ma senza un leader che che forzata di un linguaggio che magari non ti apparterreb- forme di fedeltà al modello inglese formazioni come gli ne catalizzasse l’immaginario (vedi per dire Eddie Argos be nemmeno. Quella si, perfettamente a fuoco nel suo A Toys Orchestra hanno costruito una carriera - pur con Yelle - Safari Disco Club (Downtown, degli Art Brut) e le giuste tempistiche, rischiavano se- dinamismo nomade e folgorante. le evidenti differenze di stile - e sarebbe ingiusto pena- Marzo 2011) riamente d’implodere con gli stessi noughties. (7.1/10) lizzare i Nostri per aver seguito la lezione alla lettera. Ge n e r e : Po p , Da n c e Il nuovo, Ornaments From The Silver Arcade, terzo disco Fabrizio Zampighi Anche perché il terzo disco dei Vickers - l’ultimo era Julie Budet, in arte Yelle, è una pop singer francese sa- prodotto da Nick Launay (già al lavoro con Arcade Fire, l’Ep Sofa Sessions - rassicura e conferma. In primis che lita alla ribalta in patria grazie a MySpace e poi atterrata Nick Cave e molti altri) è dunque un banco di prova Zzolchestra - Zzolchestra (Parade, la fiducia che avevamo concesso alla band ai tempi di anche all’estero quattro anni fa con l’esordio Pop Up. molto importante per il terzetto: pena la retrocessione, Novembre 2010) Keep Clear era ben riposta e poi che il praticantato del- Questo secondo Safari Disco Club perfeziona e impre- o peggio, lo scioglimento. Ge n e r e : j a z z -r o c k le nostre band all’estero passa soprattutto per produ- ziosisce la formula dell’esordio con una produzione più In tempi di wave e sintetiche spinte, gli YK scelgono co- Di orchestra a tutto tondo si tratta, con tanto di sezione zioni come questa. Tanto che in Fine For Now mettono imponente e una propensione netta verso l’: raggiosamente di rimanere dentro ai binari del fiati (sax tenore, cornetta e baritono), vibrafono, basso, lo zampino figure di primo piano come Steve Orchard un territorio in cui la voce della nostra si muove con si- pop concedendosi alla contemporaneità con giusto batteria, theremin, piano, violoncello, chitarra. Costruita (Paul McCartney, Pulp, U2) e John Astley (Stereophoni- curezza, donando un po’ di colore al fantasma di una qualche tocco elettronico (senza gli archi della prova attorno al responsabile del progetto Alberto Danielli, cs), per un suono cristallino che cita i Libertines e spara Vanessa Paradis e impartendo più di una lezione alla precedente) e regalandoci una manciata di pop ottima- docente di biologia evoluzionistica qui nelle vesti di un fuori piccole gemme pop come Chem Dream. meteora Alizèe. mente confezionato. direttore dei lavori creativo e capace. Va bene così per ora, ci comunica la band. Noi sottoscri- Difficile comunque immaginare che i fasti commerciali L’agrodolce Sister Frideswide, i momenti power pop Elementi dei Mariposa (Enzo Cimino, Valerio Canè) viamo, in attesa di un eventuale cambio di rotta che po- possano essere i medesimi: troppo di genere la propo- (Glass House), le marcette sarcastiche (Love My Name), si mescolano a musicisti di diversa estrazione (Alber- trebbe regalare ottimi spunti di riflessione. sta, troppo poco incisivi i brani per abbordare le clas- i tocchi wave (Everything falls into place), le complica- to Polese, Andrea Rigatti, Elena Maestrini, Giovan- (6.9/10) sifiche, troppo poco personale lei per un mainstream zioni (Vision Of Rag con cambi tempo, siparietti, cori e ni Gonano, Massimiliano Gollini, Antonio Sodano, Fabrizio Zampighi sempre più a caccia di icone riconoscibili. E anche guar- controcanti) e persino le incursioni in territori Muse-y Paolo Bottacin, Gianbattista Tornielli) per dar vita a dando al lavoro in sè, non siamo di fronte a qualcosa per (Storm Clouds) formano un caleidoscopio di grande pop una misticanza di linguaggi: quelli “classici” di Archie Walter Beltrami - Paroxysmal Postural cui rimanere a bocca aperta: Safari Disco Club è niente britannico, di quello che non cerca clamori ma va dritto Shepp, Charles Mingus e del Liberation Music Orche- Vertigo (Auand, Maggio 2011) più e niente meno di ciò che il titolo dichiara, ovvero al cuore della faccenda. Per chi ama la qualità nella mu- stra di Charlie Haden, ma anche quelli di un rock-blues Ge n e r e : j a z z r o c k un treno dance-pop che procede a velocità costante sica inglese prima di tutto, un gran bell’album. contaminato (le chitarre elettriche di Seicinque, le dodi- Tra i chitarristi emergenti più apprezzati in ambito jazz, dall’inizio alla fine. Nessun cambio di atmosfera anche (7.2/10) ci battute al vibrafono di Alblues) e di un funk rielabora- Walter Beltrami vanta già tre dischi a suo nome prima vago, niente che risollevi l’ascoltatore dalla monotonia Edoardo Bridda to in tono orchestrale (Romeo). del presente Paroxysmal Postural Vertigo, titolo che che si fa gradualmente largo traccia dopo traccia. Fat- Bella la familiarità che riesce a trasmettere il disco, lon- si riferisce ad una patologia di cui ha sofferto realmente to salvo il singolo Que Veux Tu non si incontra in tutto Zabrisky - Fortune Is Always Hiding tana dai virtuosismi fini a sè stessi e tesa verso una cora- nel periodo che lo ha visto comporre nove delle dieci l’album un solo vero guizzo, nè in senso strettamente (Shyrec Records, Marzo 2011) lità di sostanza e assolutamente convincente. tracce in scaletta (essendo Unexpected Visit frutto im- musicale nè in senso qualitativo. Ge n e r e : r o c k (7.2/10) provvisato, non lontano dalle astrazioni del Wayne E’ un peccato: anche perchè, prestando bene orecchio, Gli Zabrisky mostrano una cifra stilistica popular e con- Fabrizio Zampighi Shorter più sperimentale). La vertigine è quindi l’ele- si capisce che c’è comunque un lavoro notevole dietro divisa analoga a quella dei Gurubanana di Giovanni mento chimico che fa precipitare i pezzi tra groove a questi brani, frutto di una buona conoscenza di tutto Ferrario (qui presente nel ruolo di produttore) e Andrea funk-rock serrati (Seamont’s Manoeuvre) e tensioni qua- ciò che va dal primo synth pop degli anni 80 al revival Fusari, sospesa com’è tra un citazionismo marcato e la si art-wave (BPPV), concedendosi tregua pensosa con le electro degli anni 00. Mancando però il coinvolgimento capacità di rimanere sul pezzo senza ammiccamenti suggestioni misteriche di What Is (minimalismo atmo- emotivo ecco che l’unico contesto funzionale diventa gratuiti. Tanto che quello che a una qualsiasi altra for- sferico, ipnotiche reiterazioni, struggimenti incrociati di quello di un dancefloor, magari dei più frivoli: allora sì mazione non perdoneresti, il fatto cioè di apparire fin

104 105 Gimme Some Inches #15

Nuovo mese, nuovi giri di vinile grandi e piccoli, con sconfina- porto ad un altro, segnaliamo la Radical Shit è un caleidoscopio di Kim Larsen e il nuovo singolo di Of Matteo Castro, tenutario della stes- menti anche sul terreno del cd-r. Mi Ami, Lettera 22, Big’n, Lost meritoria operazione targata Blo- follie rock-oriented da cameretta. The Wand And The Moon. Shine sa etichetta, si diletta in assalti di Tribe, Welles, Guinea Pig e chi più ne ha più ne me metta. ody Sound Fucktory. L’etichetta Electro e rock, stranezze zappiane Black Algiz consta di due pezzi ine- elettronica arrugginita, condita da marchigiana non paga di immet- e memorabilia post-moderna scrit- diti che introducono The Lone De- scarti concreti e sporcizia industria- I tempi d’oro del noise-rock a stel- Ottimo anche l’album di b-sides e tere sul mercato dischi sempre più ta con gusto e classe, ma anche scent, il prossimo album del dane- le. Dei Lettera22, duo che coinvol- le e strisce sembrano sul punto di rarità Dying Breed da poco uscito focalizzati sul concetto di rumore con tanta autoironia. Dei tre, forse se, sul quale però non figureranno. ge il sopra citato Matteo e il sodale ritornare. Quanto si tratti di mero sempre per la label di Julien Fer- rock, inaugura una nuova serie. quello che meriterebbe maggiore Il primo una preghiera sommessa, Riccardo Mazza, si occupa invece A revival à la page o genuina rinasci- nandez. “Ectoplasmi” è dedicata a dischi visibilità. Siamo anche sicuri però il secondo una ballata contagio- Dear Girl Called Wendy, che proprio ta di un suono viscerale e claustro- Chi invece sembra allontanar- maledetti, perduti, dimenticati o che è quello a cui importa meno. sa. Come è logico attendersi dalle in questi giorni rilascia True Form, fobico, figlio dei tempi caliginosi e si dal chitarrismo isterico e post- mai usciti ma meritori di menzione. Nella nostra eterna azione pubblicazioni di area brown&grey, LP introdotto dal distintivo artwork grami, lo dirà la storia. Per ora ac- punk degli esordi sono i nostri Prime uscite, i prime-movers Gui- di setaccio dei fondali più luridi grande cura del packaging con il 7” a collage divelto e contenente due contentiamoci della musica. Del cari Mi Ami. Perduto per strada nea Pig col noise-rock alieno di 2, dell’underground virtuale ci siamo in edizione picture e la copertina lunghe tracce per immancabili fee- 10” ep dei Big’n, Spare The Hor- un pezzo (il bassista Jacob Long) e e due solo-projects: Welles, sigla imbattuti in una delle scoperte più con incisione dorata a sbalzo. Più di dback, clangori, overload, stridori, ses, ad esempio. Pubblicato molti non si sa se sostituito o meno, l’ex che nasconde Massimo Audia (Tu- gustose di questo mese: i Lost Tri- così… frastuoni e tutto il necessario per anni dopo la dipartita della band e trio losangelino sembra essere in- telo, Satantango) e Mr. Whore aka be di Richmond. Formati da mem- Nei patri confini invece ci da il farsi male alle orecchie. Un modo come “unfinished business” grazie fluenzato sempre più dalle svisate Francesco Villotta. In mezzora i Gui- bri di gruppi crust a stelle&strisce bentornato una pioggia di rumore appropriato per salutare l’arrivo all’appoggio di una sempre più vi- techno-vintage del suo leader Da- nea Pig mostrano di essere stati un come SSR, Syndrome e Aghast, i targata Second Sleep e A Dear Girl della bella stagione. nilica AfricanTape – a breve vedran- niel Martin-McCormick, già passato combo seminale per il rumore di ragazzi in nero della Virginia hanno Called Wendy, label dedite al noise Stefano Pifferi no la luce il 12” Bon Sauvage dei per queste pagine col suo progetto quelle zone, a furia di noise mai ir- già da qualche mese rilasciato una più intransigente, rispettivamente Ned, due ep gemelli targati Oxes Ital. Se i 12” Cut Men e Techno mo- ruento, cosmico, alienato, ossessivo cassetta autoprodotta, sfuggitaci di da Vittorio Veneto e Milano. La pri- il 7” degli svizzeri Honey For Pet- stravano il fascino per l’elettronica, e inclassificabile. Menzione d’onore primo acchito ma oggi saldamente ma ha appena licenziato una nuo- zi – il vinile vede distribuiti quattro ora Dolphins, un quattro pezzi tar- per la sguaiata XXX e la sboccata nelle nostre mani. The Dawn vomi- va infornata che comprende tapes pezzi tra lato a e lato b. Tra avvita- gato Thrill Jockey, vira decisamente In The Court Of The Burger King. A ta cinque pezzi di pesante caratu- per gli svedesi Negative, duo in menti da blues deformato (Assho- verso l’elctro con un concentrato di ruota Mr. Whore con la sua parano- ra dark-punk, intrecciando incubi stile CCCC con l’immancabile Dan les & Elbows) e tribalismo spastico “dystopian refraction of left-field ia per chitarra acustica. Un Alfabe- in perfetto equilibrio tra T.S.O.L., Johansson di Sewer Election e Ätte- (Long Pig) reminiscente Butthole new age, lush soundscapes and Ita- to è sgembo e irrituale, enigmatico Christian Death e i primissimi Kil- stupa, e i danesi Alleypisser prove- Surfers, stop’n’go killer, vocals al ve- lo daydreams” che a noi, amanti del ed evanescente (blues)rock non ling Joke, tra tensione hardcore e nienti dal giro della Posh Isolation e triolo e bassi pachidermici (Like A suono nevrotico e convulsamente convenzionale, ma anche un po’ macabro lirismo goth. Un debutto artefici di due foschi episodi a base Killer), il trio chicagoano mostra di rock degli esordi lasciano un po’ di acerbo nel songwriting. A chiudere sorprendente, una band da segui- di organo e tape loops, e un 12 non essere mero comprimario sulla amaro in bocca. il progetto di modernariato rock di re. Tornando alla nostra safe euro- pollici one-sided a nome Endless scena noise-post di fine millennio. Saltando a piè paro da un sup- Massimo Audia, aka Welles, il cui pean home troviamo ad attenderci Sea, uno dei vari progetti con cui

106 107 #14 Re-Boot Un mese di ascolti emergenti italiani

è deliziosamente schizofrenico questo inizio primavera. E’ un ri- o organo hammond, suonati con listrumentisti, il secondo alle prese grugnite, tastiera e drum machine, sicuramente diremo in seguito. bollire di stili e umori. Il nostro consueto setaccio mensile tra le tipico appiglio Sixties, sempre sul pure col canto, e del loro The Do- le melodie tra il suadente, l’arguto Malo è un progetto cantauto- emergenze italiche. pezzo, mai fuori le righe. Consiglia- mestic EP (autoproduzione, 6.9/10), e il morboso, mischia di sugge- rale tosco-romano basato a Roma; to a tutti i malinconici, i nostalgici quattro tracce che escogitano indie stioni Blur, Afghan Whigs, New il quartetto così denominato si Nati da una costola degli Ojm – il col jazz (Dropping Down), omaggia o semplicemente a chi ha voglia di romantico e ombroso, smaccata- Order, dEUS. Disinvolti nella cura presenta con un EP (autoprodotto, link tra le due formazioni è Ales- Jeff Buckley (The Tunnels Of My tuffarsi in un clima retrò, chiudere mente british ma disposto a sugge- del dettaglio così come della spor- 6.9/10), Il bene e il malo contenen- sandro Tedesco – Glincolti sono Brain), suona un blues pop che sa- gli occhi e lasciarsi andare. stioni mitteleuropee. Immaginatevi cizia dell’impatto, devono semmai te sei canzoni. Tanto songwriting un quartetto chitarra elettrica, rebbe piaciuto anche ai Beatles (A Nuovissimo e freschissimo il un ibrido tra Jens Lekman, i dimen- lavorare sull’intensità che l’ascolto oriented che riprende le ultime batteria, synth e basso. Pochi dub- Long Dark Road). Spregiudicatezza secondo Ep degli Antenna Trash, ticati Venus e Patrick Wolf, e più o passa come un’effervescenza gra- wave di casa nostra, si veda Dente, bi in merito al genere proposto: di chi è sicura dei propri mezzi ma dal titolo Ded Comes For Ded (au- meno ci siamo. Volendo allargare e devole ma effimera. Li attendiamo Le luci della centrale elettrica ma jazz-prog-rock-blues strumentale anche arrangiamenti ben calibrati toprodotto, 7.0/10). Il quartetto zoomare all’indietro, possiamo rile- con curiosità sulla prova lunga. anche i classici, a partire da Tiro- con qualche velleità psichedelica (organo, violino, sax, chitarre, basso veronese propone una manciata vare echi Depeche Mode, Smiths e Pochissime note biografiche ac- mancino fino ai Diaframma. Una rubata ai Quicksilver Messenger e batteria la strumentazione) fanno di canzoni dall’attitudine electro- Scott Walker, tanto per abbozzare compagnano Le donne per bene buona vena melodica e compositi- Service e a Jimi Hendrix (Ferma di Dropping Down (6.7/10, Ugly punk e dai rigurgiti da dance floor. una mappa di tutto rispetto. Molto distruggono il mondo, EP a firma va rendono questo mini piacevole un momento). La grafica del disco Cat) un disco con molte potenzia- Fra synth con derive psichedeliche curati gli arrangiamenti, interpreta- Teatro Musicato Cosciente pub- all’ascolto e foriero di ulteriori svi- contestualizza il gruppo come un lità e pochi difetti. Tra questi ultimi, e vortici di distorsioni frizzanti, ten- zioni intense senza strafare, manca blicato dalla net-label ViVeriVive luppi. Bene. figlioccio de Il banco del mutuo una rilettura di Paranoid dei Black gono alto il nome del nu rave, per- forse un po’ di adrenalina e qualche (7.1/10). Sotto la sigla TMC trovia- Fabrizio Zampighi, Teresa Greco, soccorso o degli Osanna, ma in Sabbath a cui forse manca il corag- sonalizzandolo con uno stile per goccia di sangue. Ma è un signor mo il cantautore Sergio Dal Cin, Stefano Solventi, Nino Ciglio realtà il suono di Visti e imprevisti gio di osare fino in fondo. nulla scontato che a tratti si accosta biglietto da visita. provenienza Vittorio Veneto, Trevi- (6.9/10, Go Down Records) stà più Suggestioni soffici di chitarra alla new wave più godibile. Dall’as- Trio a gestione familiare quello so. Nel mini di 5 pezzi , Dal Cin rive- dalle parti dei King Crimson (Fili acustica e sospiri, per il primo la- se Depeche Mode-Editors vengo- dei The Perris, due fratelli - i cantan- de la forma canzone cantautorale, scoperti). Aggiornati grazie a una voro di Ed, A Quick Goodbye (au- no fuori i brani più accattivanti, con ti e chitarristi Amedeo e Nicola - più ibridandola con una veste musicale nervatura funk che finisce per per- toprodotto; 6,4/10). Quattordici delle contorsioni vocali che, pur se la bassista Simona (coniugata ad punkeggiante e testi graffianti e iro- sonalizzare il tutto nella giusta ma- brani, in devoto omaggio a Ellioth oscure e profonde, non rinunciano uno dei suddetti). Reggio Emilia è nici. CCCP i referenti che emergono niera e senza suonare stucchevole. Smith, Beatles, Bright Eyes e tutto alla melodia. Da tener d’occhio. la base di questa cospirazione indie maggiormente, il tutto realizzato Cantautorato al femminile di quel sound vellutato di un cantau- Ecco a voi un duo smoderata- wave in corso da una decade sotto in forma acida e una verve ispira- scuola americana per Giulia Mil- torato appeso fra malinconico e so- mente orgoglioso di annunciare il diverse incarnazioni e finalmente tiva molto buona. Presupposti che lanta. I Novanta di Ani Di Franco gnante. Tuttavia, a riuscire meglio proprio esordio. Parliamo dei Fare- sfociata nell’esordio Hic Sunt Leo- fanno ben sperare per un prose- (Right Between The Eyes) sublimati in questo esordio sono gli innesti well To Heart And Home ovvero nes (Youthless Fanzine Rec, 6.7/10), guimento fervido. È uscito intanto da un folk trasversale che dialoga più duri e decisi di chitarra elettrica Diego Boboli e Una, entrambi po- cinque tracce a base di chitarre in- anche un album a nome TMC di cui

108 109 ai suoi nuovi modelli cambiò rotta verso la semplicità e l’immediatezza di quel suono grunge pesantemen- te influenzato dal garage degli anni ‘60 e dal punk. Entro la fine del 1995, i Nirvana avevano raggiunto uno status di successo asiatico di led- zeppeliniana memoria, e costituiva- China PUNK! no la prima fonte di ispirazione per centinaia di band underground. Dopo il grunge, la nuova evo- #5 Brain Failure, Carsick Cars, China underground luzione della musica alternativa Hang on the Box americana fu la rinascita del punk, quello di matrice più commerciale; di conseguenza, il mercato nero musicale cinese cominciò a riem- Underbaby pirsi di Green Day, Fugazi, Sex Pistols, Ramones, Rancid, NOFX più liberali di quelli asiatici (in Eu- no di J.D. Salinger la dice lunga sulle e purtroppo anche di artisti decisa- ropa, ad esempio), in Cina ci arriva influenze, e pare sia stata suggerita mente poco punk come i Blink 182. solo quando qualcuno ce la porta: da un professore straniero di lingua Se il punk in Cina sembrava molto lo sviluppo del punk cinese ha dun- inglese. Breve storia degli sviluppi, dagli anni Novanta a oggi, di uno dei dentale viene da un trentennio di infantile, troppo ancorato ai classi- que sperimentato la partecipazione Nel 1997, Pechino è pronta per generi che maggiormente infiammano la scena musicale cine- storia della musica rock che è passa- ci settantasettini, e a volte privo di chiave della musica punk istituzio- una nuova generazione di punk se... to dalla concezione e trasformazio- quella personalità tutta asiatica che nalizzata, che dal mainstream occi- che si raduna ai concerti del ce- ne del rock and roll da “musica del gli avrebbe dato dei caratteri più dentale veniva piratata e venduta leberrimo Scream Club: non solo Se l’apertura cinese al mondo ester- mento di stili musicali alternativi e diavolo” ad accettatissimo strumen- definiti, il motivo sono queste prime sulle bancarelle pechinesi; d’altro ormai le influenze si sono fatte più no ampiamente promossa da Deng relative sottoculture è stato segnato to economico di etichette discogra- influenze. Parlando di punk, in occi- canto si è poi esposto all’ondata di variegate e più storicamente accu- Xiaoping dal 1978 fosse comincia- da una storia curiosa, rapida come fiche nei floridi e complicati anni ’70 dente si distingue ampiamente tra stranieri che, chi per studiare il ci- rate, pescando anche dal calderone ta un decennio prima, è probabile la definizione della società post-ma- (post blues, post cultura hippy, post un mainstream blasonato e criticato nese, chi per insegnare l’Inglese, chi dell’hardcore di metà anni ’80 (band che la scena musicale asiatica come oista e decisamente spiazzante. Il eccessi di morrisoniana memoria, e una forte scena underground, che per lavorare, arrivavano in una Cina americane come Fugazi, Operation la conosciamo oggi si sarebbe svi- punk rock ha specialmente infetta- coltelli di Hell’s Angels che scintilla- è il motore di definizione delle mode dai confini fisici e mentali sempre Ivy, Misfits, NOFX, Bad Brains etc.), luppata in maniera radicalmente to la Cina con la sua anima ubriaca, no ad Altamont, Rolling Stones, co- e dell’autenticità del movimento. Al più aperti e curiosi verso “l’ignoto ma anche l’età dei fans si abbassa di diversa. Soprattutto per quanto ri- putrida e purtroppo anche filtrata caina, Black Sabbath e iniziazione contrario, pare che in Cina il punk straniero”. Pechino, come da copio- molto, includendo ragazzini dai 16 guarda quelle frange più estreme dai commercialismi a stelle e strisce, del metal), la nascita di una cultura sia nato ricalcando a carbone gli stili ne, fu la prima città cinese ad essere anni in su, a differenza della prima del caleidoscopio post rock and roll, creando un fenomeno musicale e punk in Asia e in Cina arriva solo di e le suggestioni di gruppi famosi le- aperta e quindi “invasa” da queste ondata di punk, che aveva general- che generalmente prendono le ma- culturale che trova correntemente seconda mano, importata, trapian- gati al punk americano e inglese più idee rivoluzionarie. mente scoperto questa nuova cultu- cronomenclature di metal, punk e la sua massima espressione artistica tata. Senza un supporto storico e mediatico, senza potere andare più Indicativa della doppia tendenza ra alternativa nei 20 anni avanzati. È alternative, funzionando invariabil- tra i fumi grigi della macrocapitale culturale pronto a difendere le pro- a fondo e capire le radici e il senso è la nascita della prima scena punk da questa generazione che nascono mente da definizioni ombrello per Pechino e i locali del quartiere stu- prie differenze. del movimento. pechinese nel 1995: Underbaby, le band più significative del movi- contenere decine e decine di sotto- dentesco di Wudakou. Nei primi anni ‘90, le idee con cui la prima vera ‘punk’ band spilloni e mento: Brain Failure, 69, Reflector generi, sottoculture e stili musicali. i musicisti cinesi si confrontavano Pr i m i f u o c h i d e l l a creste, e Catcher in the Rye, la pri- e Anarchy Boys. Una compilation Queste definizioni hanno da tempo Pu n k , Ci n a e i l s u o venivano prevalentemente dal mer- r i v o l t a : Pe c h i n o b r u c i a ma pop-punk band. Pur distinguen- con queste quattro band testimonia raggiunto una chiara demarcazione p e r c h é cato nero di CD e cassette piratate, In America e in Europa, la musica do un background culturale e ideo- la prima vera uscita discografica del nel mondo musicale occidentale, La domanda spontanea che viene fortemente saturo di classici rock punk e hardcore nasce e si svilup- logico, il suono delle due band era punk cinese, il doppio CD album ri- mentre creano ancora confusione all’ascoltatore medio osservando and roll o heavy metal americani. pa in un underground dominato da totalmente antitetico, un po’ come lasciato da Jing Wen Records e rapi- nell’identificazione delle relative i corpi sudati di questi dediti per- Con il cambio di direzione del main- pubblicazioni indipendenti, concerti tra i Sex Pistols e Blondie: marci, damente esaurito. Ed è appunto in trasposizioni asiatiche. fomers cinesi è di chiedersi perché stream americano e l’arrivo in scena in centri sociali e club, circoli di per- veloci e rancidi i primi, melodici, questi anni e soprattutto nel 1998, a Soprattutto in Cina, nazione così in Cina il punk ha trovato così tanti del grunge (essenzialmente i Nir- sone che definiscono il movimento poppeggianti e a cappella i secondi. seguito dell’arrivo e del successo di vasta e dal recente passato storico fedeli tra i giovani. La prima consi- vana), il materiale che lentamente e la sua direzione. Di conseguenza, Anche la scelta di un nome di pari band come Qiutian de chongzi (Au- complesso e rapidamente in evo- derazione viene da una differenza permetteva ai cinesi di conoscere quella stessa influenza underground passo preso dal classico romanzo di tumn Bug) e Niuqu de jiqi (Twisted luzione, lo sviluppo e il consolida- storica: se la tradizione punk occi- la cultura occidentale e abituarsi che fatica a entrare in contesti ben formazione postmoderno america- Machine) –le prime ad usare costu-

110 111 che perlomeno apprezzavano il nuove correnti emo rock e vestono scordato punk da tre accordi e voce li. Il futuro? Ancora tutto da scrivere, fatto che queste nuove rock band come intellettuali alternativi pe- da bambina lisergica. Gli Angry Jer- ma a questi ritmi, non sarebbe stu- fossero più edulcorate, non lancias- scati da un incubo rimbaudiano. ks da Nanjing, nati nel 2000 come pefacente trovarsi di fronte a una sero bottiglie di birra sul pubblico L’epicentro della scena rimane sem- hardcore band e ad oggi trasforma- vera e propria rivoluzione musicale e suonassero in maniera molto più pre Pechino, ma anche la vibrante tisi nella prima e unica psychobilly nel corso dei prossimi cinque o die- commerciale e “controllabile”. Shanghai –più propensa alla disco band cinese, con tanto di bassista ci anni. Punk a caratteri cinesi? Se il Quando nel 2000-2001 gli spian- e a trance acide- per non parlare donna in qipao e autoreggenti da ritmo della corsa rimane costante, la tati punk pechinesi, finiti soldi e so- della progressista Wuhan, dello stu- pin-up dei ‘50, pettinature ingellate risposta è sicuramente sì. Preparate- gni di successo yunnanesi ritorna- dentato di Tianjin, della balneare alla Elvis Presley, e dadi e fiamme vi ad aggiungere nuovi classici dagli rono a Pechino, l’inevitabile cambio Qingdao e della fumeggiante Dali, tatuati sulle spalle. occhi a mandorla tra i vostri prossi- di tendenze modificò nuovamen- tra le tante. I locali sono decine, se È interessante considerare come mi acquisti musicali. te la scena. Rabbia, creste e stivali non centinaia. Il punk, seppure non grazie al sempre maggior nume- erano stati lentamente sostituiti sulla cresta dell’onda e nascosto agli ro di ingressi di stranieri in Cina e *Marco Ferrarese ha suonato per da barbette emo e chitarre a sette occhi meno attenti, è una scena or- all’incremento delle opportunità 10 anni nei The Nerds Rock Inferno, corde –probabile retaggio cultura- mai fervente. che i ragazzi cinesi hanno di stu- una delle poche punk rock bands le del post esilio nello Yunnan-, la- La corsia di sorpasso temporale diare nei paesi occidentali, il punk italiane capaci di infiammare i pal- sciando la prima violenza punk da cinese ha creato molte band inte- cinese abbia fatto passi da gigante, chi di Europa e Stati Uniti. Dal 2007, Joyside parte, e condividendo palchi, ideo- ressanti che è doveroso citare: i Joy- segnato da un notevole riflusso di incuriosito dall’Asia, si trasferisce in logie e serate con gli altrimenti in- side, gli Hedgehog e i Carsick Cars, idee e proposte musicali oramai a oriente. Ha vissuto in Europa, Cina, mi di scena ed effetti speciali di Ma- lo che trova sul suo cammino. conciliabili rap metallari. Nel giro di ovvero i tre punti saldi della pechino dieci anni esatti dal ritorno dei punk Stati Uniti ed Australia, e viaggiato rylin Mansoniana memoria- che la pochi anni, quello che in occidente punk post Yunnan, gruppi che sono a Pechino. Le influenze rimangono in circa 40 paesi. Al momento vive, stampa straniera si interessa al punk Ho l i d a y s In t h e Su n : è successo nel corso di tre decenni, stati anche in grado di affrontare straniere, ma i punk e gli alternati- scrive e lavora a Penang, Malesia. Il cinese e Pechino diventa un esem- migrazione p u n k a Su d in Cina ha preso la superstrada tem- tour europei e americani, portando vi cinesi hanno grinta da vendere e suo sito è www.monkeyrockworld. pio di libertà culturale e musicale, d e l l e n u v o l e porale e si è modificato così rapida- la “giallo punk mania” all’infuori dei qualcosa da insegnare anche ai mo- com. China Files è un’agenzia di attirando musicisti, fans e studenti Per due anni, la scena musicale pe- mente da lasciare un vuoto, e cam- confini della Repubblica popolare. delli occidentali a cui si sono ispirati: stampa di base a Pechino composta da tutte le parti della Cina. chinese si destabilizza e si sposta. Il biare faccia. Le Hang on the Box, uno dei primi la passione. Una grande, rinomata da giornalisti, videomaker, fotorepor- Questo è il periodo in cui, stando clima cittadino del nuovo millennio gruppi punk tutti al femminile, ispi- passione che ormai ha consolida- ter e sinologi di diverse nazionalità. alle parole di David O’Dell, studente è inquinato da troppe band e com- 10 a n n i i n c o r s i a d i rati dalle correnti Riot Grrrl america- to la propria versione rossa a stelle www.china-files.com. di Cinese texano e uno dei “laowai” petizione, ma prima di soccombe- s o r p a s s o ... ne care a Kathleen Hanna e alle sue gialle del punk rock, e che non si Marco Ferrarese (stranieri) chiave nell’ambito dello re si cercano altri territori. La scelta Concludere un’introduzione alla Bikini Kill, nonché autrici di uno trova più in quei modelli occidenta- sviluppo e informazione della scena ricade sullo Yunnan, meravigliosa storia rocambolesca del punk cine- punk cinese, band e concerti abbon- provincia meridionale incastona- se è un po’ come prendere alcune dano, e non è raro poter scegliere ta tra la cultura tibetana e quella centinaia di dischi fondamentali Carsick Cars tra una quindicina di band che suo- del Sud-est asiatico, ricca di luoghi scelti tra le varie decine di sottoge- nano in tre o quattro locali diversi idilliaci dove i turisti stranieri si fer- neri del rock e del metal degli ultimi nella stessa serata. Un fermento mano rapiti; lì la vita costa meno, la trent’anni, metterli in un frullatore incredibile, una scheggia impazzi- marijuana cresce selvatica e viene e lasciare tritare per alcuni minuti. ta che si è guadagnata l’attenzione venduta per pochissimi yuan. Inse- Il risultato è distillato in tanti nomi della stampa internazionale in vari diandosi nei caffè di Dali e Lijiang, i di band che hanno rappresentato paesi, tra cui celeberrimi reportage punk pechinesi iniziano a suonare e le prime imitazioni cinesi di gruppi su Newsweek, Time Magazine, CNN a influenzare centinaia di altri gio- occidentali più famosi, senza mai di- e MTV. La miccia del punk era acce- vani cinesi che fino ad allora non menticare le “caratteristiche cinesi”. sa, e la bomba pronta a esplodere. avevano mai potuto venire a con- Le spille e le creste colorate riman- Ma proprio con l’arrivo del nuovo tatto con queste forme di ribellione gono, ma altri generi si consolida- millennio, l’atmosfera cambia: Pe- musicale. Nel frattempo, in una Pe- no: i ragazzi cinesi iniziano a porta- chino è satura di musicisti e pronta chino scremata di punk, una nuova re canottiere bianche da rockabilly a scrollarsi di dosso il passato per scena rap metal –influenzata dal e a sfoggiare grossi tatuaggi sulle lanciarsi nel nuovo. Il punk cinese, nuovo giro di vite del mainstream braccia, le ragazze punk esibisco- quasi spodestato, non vuole morire americano chiamato Korn- si insidia no minigonne da urlo e calze a rete e decide invece di prendersi una va- creando distinzioni e mutando la bucate (e anche i primi tatuaggi), i canza al sole, infettando tutto quel- direzione dei locali cosiddetti punk, più malinconici si crogiolano nelle

112 113 Rearview Mirror —speciale L’acid folk dei Pearls Before Swine è stato uno dei prin- prio a Rapp, mentre un imberbe ‘Bobby Zimmerman cipali fenomeni cult emersi dai sixties; figlio della psi- da Hibbing’ (non ancora battezzatosi Dylan) si fermò al chedelia acustica ma solo per vaghe generalità, il pro- quinto posto. Gli spostamenti dei Rapp però non sono getto ha attinto quasi esclusivamente alla polimorfica finiti: sarà la volta della Pennsylvania e dunque dell’as- personalità del suo autore e cantante, quel Tom Rapp solata Melbourne in Florida, dove il nostro compie gli dal pronunciato sigmatismo che oggi può bearsi al rac- studi superiori e, insieme ad alcuni compagni di scuola, colto di una semina neppure tanto prolifica dalla qua- dà vita alla prima e unica formazione stabile dei Pearls le è derivata però, con l’aiuto del tempo, una nutrita Before Swine, nel 1965. schiera di estimatori intenzionati a proseguire il discor- L’ascolto dell’album omonimo dei Fugs, prodotto Pearls Before so artistico dei Pbs, nella speranza di superarlo. per la oggi leggendaria Esp Disk (promotrice di icone Tanti gli artisti che ne hanno riconosciuto la gran- jazz quali Albert Ayler, Patty Waters e Sun Ra), sugge- dezza: dal regista Julien Temple allo scrittore Thomas risce alla band di spedire un demo all’ufficio newyor- Pynchon (leggere per credere il Vizio di forma), pas- kese dell’etichetta, chiedendole senza troppi giri di pa- sando per il chitarrista del Patty Smith Group Lenny role di metterla sotto contratto. Possiamo immaginare Swine Kaye, Julian Cope, Genesis P-Orridge, Cul de Sac e dunque la sopresa dei ragazzi, ricevuta la richiesta di Ivo Watts-Russell che rese tributo a Rapp con una co- recarsi nella Big Apple per registrare il loro esordio. ver di The Jeweller nel secondo imperdibile episodio Per arrivare alla lunghezza delle due facciate, Tom & della trilogia dark-pop dei This Mortal Coil, Filigree & Co. terminano di elaborare la tracklist durante il viaggio Shadow. in aereo; One Nation Underground (Esp Disk, 1967) ver- Conosciuta quasi esclusivamente per i primi due al- rà registrato in soli quattro giorni, ottenendo un isperato bum di fine Anni ’60, la carriera artistica di Rapp è pro- successo di vendita (200.000 copie) che ai nostri frutterà seguita con una manciata di lavori ammantati da un – come da tradizione underground – ricompensi econo- delicato torpore bucolico, degna evoluzione umanista mici quasi nulli. In apertura, la delicata Another Time ri- dei celebrati One Nation Underground e Balaklava. percorre l’episodio di un incidente nel quale Rapp venne Il nuovo millennio, con la rinascita dalle ceneri dello sbalzato fuori dall’auto di cui era passeggero (una Austin psych-indie-freak folk grazie a personaggi estrosi quali Healy Sprite cabriolet, a essere precisi), cavandosela solo Devendra Banhart e Joanna Newsom, ha decretato con un taglio al sopracciglio. Sotto un profilo musicale, giocoforza un’occasione di rispolvero per la storia del il brano è manifesto di uno stile che, pur attingendo ai buon Tom, qui raccontata grazie allo studio della di- manierismi del proprio decennio, si colloca in un limbo scografia e con il contributo diretto del compositore di autentica unicità, grazie al timbro impalpabile del- statunitense. la voce di Rapp e alla scelta della strumentazione (con Inizieremo dunque, citando niente meno che Gesù stranianti incursioni di vibrafono, clavicembalo, celesta e Cristo nel Vangelo secondo Matteo (Capitolo 7, Verset- clavioline). Se Playmate scimmiotta la cantilena del Dy- to 6): lan Blonde On Blonde e I Shall Not Care non si distacca “Non date ciò che è santo ai cani, né gettate le vostre di molto dallo del tempo, numeri quali perle davanti ai porci, affinché non le calpestino coi loro Morning Song e Regions of May, suonate con la rasse- piedi e voltandosi non vi sbranino”. gnazione di un’anima pronta al distacco dal corpo, dan- Con un pizzico di grandiosità, ma sopratutto in vir- no la misura di una sensibilità cresciuta e sviluppatasi nei Gotico folk, tù di quello humour che in pochi sapranno intravede- territori crepuscolari di un intimismo universale. Ballad re nelle opere lì a venire, il giovane Thomas Dale Rapp To An Amber Lady proietta l’ascoltatore in un’altra epo- (classe 1947) conia il nome della sua band, adducendo ca, merito del polistrumentista Roger Crissinger, qui sgranando le perle dell’underground la previsione di una carriera alla mercé di un pubblico responsabile di un testo di struggente malinconia tardo poco riconoscente. Nativo del North Dakota (Bottineau) romantica: “Madama dell’Ambra/ sedeva al clavicembalo ma trasferitosi ancora ragazzino coi genitori insegnan- di velluto vestita/ nella stanza delle meraviglie orientali/ ti nel (siamo sempre al confine col Canada fissando la veranda fiorita/ ammantata com’era di seta Il folk esoterico a nome Pearls Before Swine, il country par- dell’amato Leonard Cohen), egli dimostra ‘orecchio’ e tristezze// Rebecca singhiozzava tormentandosi all’ar- fin dalla tenera età, imparando i rudimenti di ukulele e pa/ Leila invece, si donava a uno sconosciuto/ nei campi nassiano negli Anni ‘70 e il ritiro dalle scene, ad alimentare le chitarra e ‘componendo’ il primo pezzo a sei anni (una riarsi da un sole cinereo”. La chiusa è affidata alla spettra- ballata su un cowboy prossimo alla morte, secondo il le The Surrealist Waltz, abbandono mortale in formato ipotesi più stravaganti; Tom Rapp si racconta e la magia torna suo vago ricordo). Leggenda vuole che a un concorso pop e gemma esoterica d’indescrivibile efficacia. a brillare. Testo: Filippo Bordignon per nuovi talenti la terza posizione fosse tributata pro- Balaklava (Esp Disk, ’68) affina le migliori intui-

114 115 col nuovo repertorio del gruppo (ridotto praticamen- intimano cripticamente “Nella nostra cecità, dobbia- “Da’ quel ch’è santo ai cani, getta le tue perle ai porci; te ai soli Harley, un tale Jim Fairs, Rapp e la neo-sposa mo pur sfiorarci tra noi”. Ma vanno anche investigate, quel che importa è dare”. Elisabeth ai cori). Album di transizione verso liriche con tutta calma, le eteree esecuzioni di Island Lady (… dall’approccio più narrativo e un’apparente standardiz- Signora dell’isola, a volte dio si manifesta, e se anche L’i n t e r v i s t a zazione del songwriting, These Things Too flirta qua e fossero solo menzogne, ti prometto bugie meraviglio- Tom, iniziamo dalla tua ultima fatica da studio: cosa là con blues e country, pervenendo a miniature come se con cui poter vivere”), Butterlies, Freedom e l’acque- ti inorgoglisce di A Journal Of The Plague Year? dal pennello di un Townes Van Zandt parnassiano; ol- rello tracciato appositamente per la voce di Elisabeth, È stato un piacere lavorare fianco a fianco con Damon tre a una maggiore qualità esecutiva, l’opera si spoglia Epitaph. e Naomi, i quali avevano appena inaugurato il loro stu- degli orpelli già di maniera dei lavori trascorsi, conce- Il non autorizzato Familiar Songs (‘72) a nome Tom dio di registrazione a Cambridge, nel Massachussets. dendo soavi tenerezze (Look Into Her Eyes, Man In the Rapp, raccoglie canzoni già note ai fan rubate da una L’album rappresenta la loro prima produzione ufficiale. Tree, Wizard Of Is) e una spontaneità ‘back to roots’ che session particolarmente riuscita e sancisce l’abbando- Mi sono limitato ad affidargli alcuni brani che tenevo non sarebbe dispiaciuta alla Band di Music From Big no definitivo dalla Reprise. I tentativi solistiStardancer nel cassetto dal 1973. Eppoi devo evidenziare l’ottimo Pink (I’m Going To The City). (Blue Thumb, ’72) e Sunforest (Blue Thumb, ’73) sono lavoro di Adrian Shaw e l’ospitata di Nick Saloman, ri- Trasferitosi per alcuni mesi con la moglie in una pit- testimonianze di un pop-rock vagamente psichedelico spettivamente bassista e compositore nell’indie rock toresca cittadina dei Paesi Bassi, il cantautore trova ispi- e ormai fuori tempo massimo, pur contenendo alcu- band Bevis Frond. Tutta bella gente. razione per del nuovo materiale, che incide in soli tre ne tracce di pregevole fattura (For The Dead In Space, A Journal Of … è da considerarsi il tuo album con- giorni al suo ritorno negli States, utilizzando session- Stardancer, Blind River). La seconda metà dei seventies, clusivo o c’è dell’altro? men di Nashville e una piccola orchestra d’archi e legni. archiviata la Guerra in Vietnam e con essa lo spirito vi- Sto lavoricchiando coi The Late Cord per il loro nuovo The Use Of Ashes (Reprise, ‘70) dimostra un’ulteriore tale che animò la controcultura, suggerisce a Rapp un album. Ho alcune canzoni da parte e di tanto in tanto zioni dell’esordio, palesando il proprio mood a partire maturazione compositiva, elargendo alcuni dei migliori drastrico abbandono dello showbiz (qualcuno lo avvi- mi piglia la tentazione di lavorarci su e registrarle. Chis- dalla copertina, dettaglio dal Trionfo della morte del numeri a catalogo (The Jeweller, God Save The Child, sterà, a torto, in Italia, nelle vesti di becchino). La realtà sà… pittore fiammingoPieter Bruegel. Concept incentrato Riegal) e ispirando al paroliere il sog- è ovviamente più prosaica: egli riprende gli studi lau- E ora il passato. Togliamoci subito il pensiero: che sull’orrore della guerra, Balaklava è raccolta di incisio- getto per uno dei suoi capolavori indiscussi in coppia reandosi in economia, si separa da Elisabeth e sceglie ricordi delle registrazioni di Balaklava? ni toccanti e sapientemente arrangiate, perfetta dalla con (Rocket Man). Il successivo City Of Gold la strada dell’avvocatura, raccontata nell’intervista a Eh, ci è voluto un anno per realizzarlo. Avevamo com- prima all’ultima traccia. L’incipit con Translucent Car- (Reprise, ’71) rischia, sotto un profilo stilistico, una pe- seguire. posto arrangiamenti diversi per quasi ogni canzone. riages (il brano più richiesto dell’intero repertorio) pro- ricolosa overdose di Americana, imitando il Dylan sva- La re-entry, nei nineties, avviene un po’ per volta: ietta in una dimensione atemporale, persa tra i fumi gato in Nashville Skyline e coverizzando Judy Collins, prima con la partecipazione in sordina all’esordio del dei sixties e il post-battaglia del 1854, a Balaclava, du- Jaques Brel e il solito Cohen. Terrastock festival nel 1997 a Providence, poi con la rante la guerra di Crimea, salvo risvegliare l’ascoltatore …Beautiful Lies You Could Live In (Reprise, ’71), progressiva ripubblicazione dell’intero catalogo, inte- nel paradiso maomettano di Images Of April, animato inspiegabilmente, risale la china di un estro insabbia- grato da compilation trascurabili, ‘tribute’ di insospet- da cinguettii ed echi di pifferi fiabeschi. Persa la forma- to con una manciata di irrinunciabili malinconie, su tata validità artistica (i tre volumi For The Dead In Spa- zione originale (salvo il banjo di Wayne Harley) lo stu- tutte quella Snow Queen circondata di gabbiani che le ce, Secret Eye, ’97), raccolte di demo e inediti (il doppio pore estatico di Rapp prosegue tra leggiadri clangori The Wizard Of Is, Water, 2003) e un live particolarmen- percussivi e archi arrangiati con elegante emotività in I te ispirato del ‘71 (Live Pearls, Wild Cat 2008) . C’è spa- Saw The World e Lepers And Roses. Pure non mancano zio persino per un nuovo capitolo da studio a proprio episodi di arrendevole semplicità, come la spoglia dol- nome, prodotto dagli ex Galaxy 500 Damon Krukow- cezza cantautorale There Was A Man e il sentito tributo ski e Naomi Yang: A Journal Of The Plague Year (Wo- a Cohen con una delle migliori versioni dell’arcinota ronzow, ’99) ripropone tali e quali profumi e sapori dei Suzanne. Guardian Angels, unico picco di stravaganza, sixties, passando inosservato nei 10 minuti dell’acid consiste nella riproduzione di un gracchiante 78 giri Dylan Shoebox Symphony ma toccando i vertici emo- del 1929, sul quale è intonata una torch song di ironi- zionali dei lavori più noti nell’immediatezza acustica co patetismo. Il congedo, Ring Thung, vestirà i panni di The Swimmer e Silver Apples II (dedicata all’amico della morte violenta, con l’incedere trascinato di una Simeon Coxe, col quale il nostro condivise il palco nel pastoia medievale interrotta da un vorticoso giochet- rientro al Terrastock festival del ‘97). to di nastri. Letta nella sua interezza, l’avventura creativa di L’entusiasmo della critica specializzata spinge Rapp Tom Rapp è situata in quella nicchia del mercato disco- a tentare un contratto con la Reprise, nella speranza di grafico popolata da outsider che al business musica- allargare il proprio bacino di ascoltatori al di fuori degli le finiscono per preferire la straordinarietà di una vita States. Ma il Cristo inquietante ritratto dal nostro Gio- ‘ordinaria’. Per tirare le somme di tanto valore artistico, vanni Bellini nella copertina di These Things Too (Re- chiuderemo citando il Borges dei Frammenti di un prise, ’69) paga lo scotto di un parziale distaccamento Vangelo apocrifo:

116 117 Fu solo dopo Balaklava che provai la marijuana (e a ’50-’60 prodotte dall’inglese Hammer Film. E poi mi cata a Cobain: te ne frega davvero dei Nirvana o hai quel punto sì che aspiravo alla grande!). Il precedente hanno sempre affascinato film come Il mastino dei solo omaggiato un giovane artista morto prematu- One Nation Underground, a esempio, al contrario di Baskervilles (consiglio la versione del ’39 con Basil Ra- ramente? quanto ipotizzò la critica, fu registrato in un’atmosfera thbone nella parte di Holmes) e il Macbeth di Orson La morte di Kurt Cobain e tutta la questione concer- assolutamente sobria e ‘pulita’. Diciamo che mi sentivo Welles. Una delle prime canzoni che ho composto da nente il suicidio hanno suscitato in me una reazione psichedelico ancor prima di venire a contatto con qual- bambino si intitolava “Sherlock Holmes e le tre stre- che si è poi tradotta in The Swimmer. Credo davvero sivoglia tipo di droga. C’è quel pensiero di Abbie Hof- ghe”; non ricordo come faceva ma mi pare fosse un che la sua perdita, oltre a essere un fatto obiettivamen- fman secondo il quale chi abbia ricordi degli Anni ’60 pezzo particolarmente complicato. te triste, abbia significato per noi la privazione di un vuol dire che non li ha vissuti veramente. Da parte mia E nella letteratura, cosa ti ha segnato? talento che poteva dare ancora molto in termini mu- rammento il profondo stato di trance, assolutamente Non ho dubbi: leggetevi The hollow men di Thomas sicali. naturale, in cui precipitai appena terminata di incidere S. Eliot. E oggi? Qualche nome di rilievo tra le nuove leve la mia versione di Suzanne. Eccezion fatta per la prosa di Burroughs e la poesia dello psych folk, gente come Devendra Banhart? La critica sembra concorde nel tributarti onori qua- di Ginsberg non trovi che la letteratura beat sia tra Ascolto molto volentieri gli album in duo dei miei ami- si esclusivamente per i tuoi primi due album; non i fenomeni culturali più sopravvalutati del ventesi- ci Damon & Naomi. Poi vediamo: Black Forest/Black trovi seccante questo atteggiamento, il quale pone mo secolo? Sea, Dave Pearce, Kitchen Cynics (cioè Alan David- in ombra lavori successivi, tipo The Use Of Ashes? Adoro Ginsberg e Burroughs ma non scordiamoci Ke- son), Prydwyn e gruppo annesso, Timothy Renner I lavori che preferisco, oltre a One Nation Underground rouac! Ancor oggi assaporo la bellezza di Mexico city e i suoi tanti progetti paralleli, i giapponesi Ghost, e Balaklava sono appunto The Use of Ashes ma anche blues; senti che meraviglia questo estratto dalla strofa , Spacious Mind. Fanno tutti bella Stardancer. Forse, a influenzare il mio giudizio sono le 211: roba. condizioni in cui ricordo che sono stati realizzati e il fat- “La ruota della carne tremante - il concepimento - gira Nel 1997 il tuo ritorno ufficiale ‘on stage’ dopo più lease. Sono assolutamente felice della mia vita e della to che ci siamo divertiti un sacco per inciderli. Questi nel vuoto catapultando esseri umani, porci, tartaru- di vent’anni d’assenza… piega che ha preso in questo momento. Sono in armo- quattro titoli hanno toccato il cuore a un sacco di per- ghe, rane, insetti, pulci (...) orribili innominabili pidoc- Tutto grazie a Phil McMullen, editore della rivista Pto- nia con le persone che mi circondano, con il sobrio stile sone. Pensa che nei Paesi Bassi c’è perfino un gruppo chi d’avvoltoi (...) tutto l’infinito concepimento di esseri lemaic Terrascope. È stato il primo a venirmi a cercare, di vita che conduco. Se un giorno dovessi rimuginare che si chiama The Use Of Ashes e sono pure bravi. viventi (...) Vorrei essere libero/ da quell’incatenante agli inizi degli Anni ’90. A quanto pare la maggior par- rispetto alle occasioni sprecate o ai progetti naufraga- Dalle copertine dei tuoi album traspare una predi- ruota di carne/ e salvo, in un cielo morto”. te di quelli che apprezzavano i Pbs erano convinti che ti beh, mi basterebbe pensare che se la mia vita fosse lezione per l’arte medievale e, più generalmente, Sfortunatamente la loro poetica si è prestata a faci- fossi morto e sepolto. Ha insistito affinché partecipassi andata diversamente, con buona probabilità ora non per un’estetica grottesca… li manierismi ma il fulcro della letteratura beat riesce alla prima edizione del festival indie organizzato dalla sarei appagato come sono. Beh, ho sempre adorato Hieronymus Bosch e Bruegel a fondere l’aspetto estatico con il rigore di un testo rivista, a Providence. Visto che anche mio figlio David Arriviamo ai giorni nostri: “Chi controlla il passato il Vecchio ma, al contempo, la mia estetica abbraccia obiettivamente ben scritto. Oggi leggo molto volentie- avrebbe suonato lì coi suoi Shy Camp mi sono fatto controlla il futuro: chi controlla il presente controlla anche la cinematografia horror Anni ’30 della Univer- ri David Tibet e un poeta canadese poco conosciuto forza e ho accettato. Solo che non avevo più toccato il passato”. C’è del vero? sal (e allora vai di film come Frankenstein, Dracula, La ma che mi sento di consigliare, tale Marc Creamore. una chitarra da un sacco di tempo ed è stato neces- George Orwell ci vedeva giusto il più delle volte. La mummia, L’uomo lupo) così come certe pellicole dei Chi è il giudice più importante: l’artista o il pubbli- sario esercitarsi, esercitarsi, esercitarsi. Ho dovuto dan- questione oggi è che una piccola percentuale della co? narmi a ritrovare gli accordi delle mie stesse canzoni, popolazione si è accaparrata la maggior parte delle Crei sempre per te stesso e, contemporaneamente, per non ricordavo neanche le parole. Eppoi non avevo più i risorse disponibili; inoltre la disparità di guadagno tra quell’ascoltatore di cui non sai nulla se non il fatto che calli sui polpastrelli perciò le dita mi sanguinavano alla le diverse classi sociali non fa che aumentare, senza è davvero interessato a capire ciò che hai scritto e, tal- grande. Molto fico comunque. controllo. Stati Uniti e Inghilterra stanno facendo del volta, ha bisogno di essere confortato dalla tua musica. La formazione originale dei Pbs non sembrava par- loro meglio per vanificare anni e anni di lotte per otte- Non sai quante persone mi hanno riferito che la mia ticolarmente interessata a suonare dal vivo… nere un livello minimo di benessere sociale. Citando la musica li ha aiutati a desistere da pensieri suicidi. Pensa Poi però esibirsi nei primi Anni ’70 sì rivelò un’espe- Genesi, Capitolo 4, Versetto 9: “Sono forse il custode di che durante la seconda edizione del Terrastock festival, rienza affascinante: ho conosciuto gente come John mio fratello?”, la risposta del partito repubblicano è un a Londra, mi sono trovato davanti un fan con il viso in- Lennon, Tim Hardin, Jerry Garcia dei Grateful Dead secco: “Cavolo, no!”. teramente ricoperto di bende. Disse che stava moren- e diviso il palco con mostri sacri quali Odetta, Chuck Qual è il tuo bilancio dopo tre anni di presidenza do di cancro e mi chiedeva il permesso per mettere di Berry e i Pink Floyd. Cosa potevo chiedere di più a Obama? sottofondo un brano dei Pbs al suo funerale. Due mesi quel punto? Il rovescio della medaglia era che avverti- Obama è troppo cauto quando fronteggia repubblica- dopo se n’è andato. Che dire? Cose del genere sono vo una pressione costante e di soldi ne giravano assai ni e teabaggers. Ma dico io: visto che non gli piacerai talmente commoventi! Ti fanno capire che ciò che hai pochi perciò talvolta c’era davvero poco per cui stare mai a prescindere (non so se te l’ho detto che Obama è fatto nella tua vita ha avuto un senso, un ruolo impor- allegri. nero…) perché non prenderli a calci sul culo e passare tante in quella degli altri. Molto semplicemente, realiz- Quanto successo può tollerare un uomo prima di ad altro? zi che sì, sei riuscito a entrare in contatto con qualcuno perdere contatto con la realtà? Qual è il pericolo più imminente che stiamo corren- e ad aiutarlo. È una questione, quella della ‘fama’, che tratto in un do? Uno dei tuoi pezzi più recenti, The Swimmer, è dedi- brano ancora inedito, dal titolo Every Change Is A Re- L’ambiente e la salvaguardia del pianeta, sono le que-

118 119 un lavoro a tempo pieno: fino al 1982 credo di aver dor- tarli facilmente in canzoni. Riegal l’ho scritta dopo aver mito per una media di cinque ore a notte. Nell’84, con- letto nell’International Herald Tribune del ritrovamen- seguita una laurea presso la University of Pennsylvania to di una nave da guerra tedesca affondata nel 1944 Law School, decisi di restare a Filadelfia, per esercita- dagli inglesi, circostanza che causò la morte dei 400 re a tutela dei diritti civili e contro quelle leggi che ci prigionieri in essa detenuti. Ho acceso il registratore discriminano in merito alla razza, l’età, l’orientamento incidendo tutto, parole in rima e musica, in cinque mi- sessuale ecc.. Ho lavorato in una piccola società gestita nuti. Il processo è stato talmente immediato che ho do- da un uomo straordinario, Alan Epstein, una persona vuto riascoltare il nastro per trascrivere gli accordi che che si è battuta davvero contro le ingiustizie del gover- avevo suonato. Chiaramente anche la location aiuta: no, a tutela di vedove e bambini. Un paio dei nostri casi nel mio caso aver abitato, per alcuni mesi del 1969, in si sono spinti fino alla Corte Suprema. So che sembra la una casetta circondata di rose con vista sul un lago me- trama di un film ma ricordo che avevamo questo caso raviglioso popolato dai cigni (e con un bunker nazista entusiasmante di un giovane e brillante avvocato, silu- a pochi metri, aggiungerei) sai… vorrei poter scrivere rato per aver contratto l’Hiv. Poco prima che la giuria più musica in quelle stesse condizioni… rientrasse in aula per esprimere il verdetto la grande Qualche inciampo musicale che non ti perdoni? società che l’aveva licenziato patteggiò un’importante “Non, je ne regrette rien”. somma di denaro. Soddisfazioni. Trasferitomi in Florida Sei credente, in qualche modo? nel 2001 lavorai per alcuni anni nell’ufficio legale della Non proprio. Credo piuttosto che gente come Martin contea in cui stavo. Luter King abbia rappresentato la mano salvifica di Sei ancora operativo come avvocato civilista? dio, una possibilità concreta per aggiustare le nostre Mi sono ritirato nel 2008 e adesso vivo sulla costa est diatribe terrene. Scelgo, giorno dopo giorno, di credere della Florida con Lynn, mia moglie da venticinque anni, nella giustizia e nell’amore. e con Atticus e Lucy, due cani assolutamente indisci- Cos’è allora, la religione? plinati. Ti prego di specificare che sono raggiungibile Una speranza tutta umana in merito a qualcosa che all’indirizzo email [email protected]. Beh, chiaro: aste- sta al di là di noi e che utilizziamo come infrastruttura stioni principe. Negli States la fazione di destra se ne nersi stalker psicotici con tendenze assassine! per raggranellare un po’ di speranza nei giorni difficili. frega del riscaldamento globale: vorrebbero farci cre- Keats azzardava: “Se la poesia non vi arriva con la Qualcuno ha detto meglio di me che dio, per ‘funziona- dere si tratti di inutili allarmismi. E vorrebbero pure che naturalezza della foglia sull’albero è meglio che re’, non deve necessariamente esistere. credessimo alla loro buonafede in questa convinzio- non nasca nemmeno”. Mai avuto un blocco creati- Senti questa di Confucio: “L’uomo che commette un ne… vo? errore e non tenta di porvi rimedio commette un al- Blowin’ In The Wind t’ha convinto a diventare can- Le canzoni sono solite sgorgarmi fuori con una certa tro errore”… tautore; il Dylan di oggi, quello di Modern Times o scioltezza; notizie che leggo sui quotidiani o fatti di cui Sì ma certi errori sono irreparabili e tentare di correg- Together through Life, lo trovi ancora efficace? vengo a conoscenza o che mi toccano riesco a tramu- gerli sarebbe uno sbaglio ulteriore. Questa l’ha detta, Un atteggiamento ingeneroso, il tuo. È come dire: ok, sempre Confucio, un anno dopo della tua! Dylan ha inventato la ruota ma poi che ha fatto? Quan- Qual è l’aspetto più straordinario dell’essere un ar- do l’ho incontrato si è dimostrato una persona gentile tista? e generosa, completamente avvolta dalla propria tra- Ti risponderei col verso di una canzone: “Money for volgente creatività. Amerò tutto quello che vorrà anco- nothin’ and chicks for free” (“Soldi facili e pupe a vo- ra donarci per il resto della sua vita, che mi auguro duri lontà”)… no aspetta, questo è di un altro autore. Credo almeno un centinaio d’anni. che gli artisti e tutti quelli implicati in ogni genere di Allora è Dylan la tua influenza principale? attività creativa siano immersi costantemente in un la- Mettiamola così: lui ha inventato l’alfabeto che noi vorio di rielaborazione della realtà che poi propongo- tutti abbiamo adoperato. Però l’autore che più mi ha no agli altri, affinché la percezione di ciò che li circonda influenzato è Leonard Cohen. La sua poetica mescola divenga più nitida e consapevole. sapientemente Amor Sacro e Amor Profano. Sai, ero un ragazzino cattolico al tempo, perciò conoscevo bene queste due forze in eterna collisione. Quel genere di tensione si è trovata uno spazio all’interno di molte mie canzoni. Che hai fatto negli Anni ’80? Nel 1979 mi sono reiscritto a scuola pur avendo trovato

120 121 CAMPI MAGNETICI #3 classic album rev Lucio Battisti Stereolab

Cosa succederà alla ragazza (Columbia Records, TRANSIENT RANDOM-NOISE BURSTS WITH ANNOUNCEMENTS Ottobre 1992) (Elektra, novembre 1993)

Correva il 1992 quando vide la luce Cosa succederà L’apparenza (1988) e La sposa occidentale (1990), ri- L’incontro fatale avvenne sul finire degli Eighties. Lui, del rock: per far questo guardarono principalmente al alla ragazza, quarto titolo per il connubio sconcertante verberando nella sublime freddezza delle musiche. Nel Tim Gane, polistrumentista inglese appassionato di kraut di Can e Faust, alla contro-psichedelia dei Velvet tra Pasquale Panella, paroliere, ed un sempre più eclis- successivo CSAR il processo creativo sembra raggiun- kraut rock e wave sperimentale. Lei, Laetitia Sadier, vo- Underground, al minimalismo estatico di Steve Reich, sato Lucio Battisti. I tre lavori precedenti sembravano gere un punto di equilibrio superiore (meglio di come calist francese col pallino della chanson sbilanciata pop. alle congetture soniche di Jesus & Mary Chain e My obbedire ad una strategia di negazione, uno spostare il farà due anni più tardi il pur notevole canto del cigno L’intesa operò il miracolo, attivando forze incognite che Bloody Valentine, alle allucinazioni atmosferiche confine di ciò che è assodato, normale. Il contrario del Hegel): malgrado la netta accentuazione ritmica - in frutteranno una sintesi sconcertante. A quel punto la dei Cocteau Twins, al massimalismo fiabesco dei Mer- tipico smarrimento dell’ispirazione, del banale appas- chiave funky dance con qualche tentazione techno: coppia si espanse in sestetto, ché altrimenti non sareb- cury Rev, ovunque insomma fossero stati edificati sire, dello spegnersi crepuscolare nel pulviscolo fiacco produce Andy Duncan, già Pet Shop Boys, Frankie be stato possibile dare vita ad un costrutto sonoro a “altrove” musicali nei quali si esaltassero le possibilità di polvere di stelle. Tutt’altro: c’è una determinazione Goes To Hollywood e New Order - le melodie tornano base di stratificazioni magmatiche d’organi (Farfisa e ammalianti - e totalizzanti - del suono. lucidissima nell’ultimo Battisti. Una convinzione pre- a gonfiare il petto, sembra cioè che Battisti abbia sta- Vox) e sintetizzatori (Moog), di chitarre e percussioni. L’entusiasmo suscitato dall’esordio Peng! (Too Pure, meditata. Affidarsi a Panella fu il colpo di genio, l’aggiu- bilito una padronanza nuova anzi rinnovata. Si prenda Si era ormai nei Novanta, girava qualcosa nell’aria, una 1992) non tardò a suscitare gli interessi della Elektra che stamento di rotta dopo i buoni ma non eccelsi risultati Ecco i negozi - il rap finto mansueto delle strofe come forte spinta a ridefinire sostanza e finalità del rock. Il pose il marchio al secondo lavoro lungo Transient Ran- ottenuti con Velezia (ovvero sua moglie Grazia Letizia trampolino per il setoso trasporto del ritornello - o l’al- post-rock non fu, ovviamente, un genere, ma un senti- dom-Noise Bursts With Announcements, già apice arti- Veronese) in E già (1982). Rispetto al lirismo straordina- lusiva gaiezza di La metro eccetera, oppure l’incalzante mento generazionale che esigeva porre in discussione stico della band. Tra le linee melodiche pigre e dolciastre riamente potabile di Mogol, Panella rappresenta una palpitazione di Cosa farà di nuovo. le consuetudini e i rituali fin nel profondo. (cantate da una Sadier flemmatica, quasi algida, sorta di sorta di algido dark side, fautore di disanime cubiste, Ed è proprio questo stare sul pezzo con la tensione Da par loro, gli Stereolab colsero nell’aria il bisogno nipotina sintetica di Nico), gli stridori siderali delle tastie- di simbologie algoritmiche e scambi di senso incrociati delle grandi occasioni a rendere possibile episodi quali di riorganizzare l’esperienza di composizione e ascolto: le re, le pulsazioni battenti ed i clangori scomposti delle cor- che pure mettono nel mirino - mutatis mutandis - la Così gli dei sarebbero (saturo di affabili insidie ed em- canzoni come sezioni di flussi sonori, la reiterazione come de si innesca una compenetrazione ipnotica, suadente, vita emotiva, le turbe sentimentali ed il rapporto tra in- blematiche esegesi) o la straordinaria title-track, tirata dimensione dell’esperienza emotiva, l’improvvisazione penetrante e tentacolare. E’ pop come somma di espe- dividuo e società. d’allegorie sinistre, livide reiterazioni e sferzanti sim- come variazione organica del ciclo meccanico, il timbro rienze pop, la rumorosità come sfondo inevitabile, tumul- Giochi di parole che guadagnano il senso alla fine bolismi. Canzoni che non smettono di germinare sensi analogico della strumentazione vintage come segno to percettivo, sovraccarico di sensazioni auditive attorno del labirinto, rivelando l’insensatezza perniciosa del rispetto ai propri tempi e che pure messi in prospettiva esoterico prima che stilistico, quasi che nella sporcizia alla ramificazione tenue ma tenace della melodia. Fu così formulario quotidiano. Un percorso che andava coper- non scherzano affatto, continuando a ghignare il loro delle vibrazioni armoniche, nella ruvidità delle distorsioni che, in un certo senso, il post-rock partorì l’iper-pop. Con to con flemma da analista, con calcolo da laboratorio, sberleffo pungente. Appostatissime nell’aria. pre-digitali, si celasse una sublime mostruosità, il rifiuto fantasmatiche guarnizioni più o meno riconoscibili: l’evi- da cui lo sconcertante disin-canto dell’interpretazione, Stefano Solventi programmatico dell’ottimizzazione indotta dalle logiche dente parafrasi NEU!della suite Jenny Ondioline, l’indo- perché il canto non è più libero se non nella dimensio- industriali. Quanto alla componente melodica, anziché lente impudenza Modern Lovers in I’m Going Out Of My ne distaccata di un punto d’osservazione intangibile. Il annullare il canto come usarono compagini-cardine qua- Way, l’estro anarcoide Red Crayola via Suicide in Analo- Battisti panelliano compie una necessaria confutazio- li Slint, GY!BE e Tortoise, gli Stereolab optarono per una gue Rock, omeopatie George Harrison - un cui sample ne di sé e (quindi) di tanto rassicurante codice melodi- sua ricollocazione e - in un certo senso - reinvenzione, era presente nella versione originale, poi tolto per evitare co, introducendo nel salottino del pop-rock italiano un immergendo la melodia in una zuppa acida formalmente noie legali - in Pack Yr Romantic Mind, sordidezza Royal veleno alieno. Ok, certo, nessuna invenzione: nulla che ostile ma sorprendentemente fertile. Trux in Golden Ball, e via discorrendo. post-punk e new wave non avessero già ampiamente Se al centro del progetto sembra esserci il tentativo La targa di retro-futurismo è simpatica e attagliata ma sperimentato. E che pure il nostro Paese non aveva me- di aggiornare i raga lisergici dei sixties rispetto ai co- rischia di prestarsi all’equivoco: val bene sottolineare che tabolizzato in una concreta dimensione/diffusione po- dici dei neo-fricchettoni della rave-generation (un po’ la musica degli Stereolab rappresentò puntualmente le polare. Di nuovo, è possibile stabilire un parallelo con come similmente/diversamente avevano fatto i Primal pulsioni profonde del proprio tempo, alba di un’epoca quanto fatto da Lucio nei sessanta, quando aveva inne- Scream nel ‘91 con l’epocale ), si trat- che vedrà rimettere totalmente in gioco lo scibile rock alla stato l’RnB a pieno titolo nell’immaginario collettivo. tava in ogni caso di sottrarsi al logoro schematismo stregua di un repertorio accessibile, disponibile e simulta- Il metodo di lavoro avviato con Don Giovanni della forma canzone per accogliere ed enfatizzare le neo secondo i nuovi codici imposti dall’avvento del web. (1986) - prima le musiche, poi i testi - fu ribaltato con capacità evocative - o genuinamente psichedeliche - Stefano Solventi

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