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Fonti di storia parlamentare

Camera dei deputati

Il regolamento della Camera dei deputati da Giolitti a Mussolini La Camera e la Giunta per il regolamento dal 1904 al 1927. Norme e prassi

A cura e con una introduzione di Anton Paolo Tanda

CD Archivio storico Desidero ringraziare vivamente i colleghi che dopo di me hanno avuto l’incarico di Sovrintendente all’Archivio storico della Camera, fino al dottor Paolo Massa, e il personale, per avermi facilitato il lavoro nella redazione e pubblicazione di quest’opera nella collana Fonti di storia parlamentare. Ringrazio anche la Biblioteca, che mi ospita nella sua sede, e specialmente l’Ufficio copia nonché il personale della Guardia di finanza addetto all’ARS, per la elaborazione degli allegati; devo un ringraziamento particolare alla dottoressa Marisa Pasotti dell’ARS, per il valido aiuto e i consigli che mi sono stati preziosi nella redazione finale sia dell’Introduzione sia degli annessi al volume, nonché alle altre persone cui ho mostrato il lavoro che mi hanno incoraggiato e il cui elenco sarebbe troppo lungo con il rischio di dolorose omissioni. Mi è molto gradito rivolgere un doveroso omaggio e un sentito ringraziamento agli organi dirigenti politici e amministrativi della Camera dei deputati, che mi danno la possibilità di effettuare studi e ricerche sul diritto parlamentare e sulla storia dell’Istituto al quale sono sempre profonda- mente legato.

Copyright © Camera dei deputati Segreteria generale - Ufficio pubblicazioni e relazioni con il pubblico Roma, 2010

INDICE GENERALE

Presentazione XI

INTRODUZIONE

1. Periodo storico di riferimento 1 2. Avvio della XXII legislatura. La retribuzione dei deputati 2 3. Dimissioni di Giolitti e nomina del Governo Fortis 4 4. Astensioni e computo della maggioranza. Crisi del I e del II Gover- no Fortis. Governo Sonnino. III Governo Giolitti 5 5. Riforma del regolamento del dicembre 1907: proposte della Giunta e discussione in Assemblea 7 6. Nuova Camera regolamento nuovo? 9 7. Le interpellanze 10 8. Vicende giudiziarie dell’ex ministro Nunzio Nasi 11 9. Crescente importanza dell’apparato interno e sua riforma. Istituzione del Segretario generale. Primo esperimento di voto meccanico 12 10. Dibattiti di politica interna e di politica estera: accenni di critica alla Triplice Alleanza. Terremoto a Messina e Reggio Calabria 14 11. La XXIII legislatura: primi deputati dichiaratamente cattolici 15 12. Visita dello Zar e Patti di Racconigi. Libertà di espressione dei de- putati in Assemblea. Dimissioni del III Governo Giolitti 16 13. II Governo Sonnino. Novità procedurali 17 14. Governo Luzzatti: aspettative di Giolitti. Si discute sulla riforma del Senato 18 15. Nuova riforma del regolamento 19 16. Ancora sulla libertà di espressione dei membri del Parlamento e altre questioni procedurali. Rapporti tra Commissione e Assemblea. Rifor- ma della legge elettorale 21 VI Indice

17. IV Governo Giolitti. Nuovo «no» dei socialisti alla proposta di entra- re nel Governo 23 18. Il Parlamento statutario e la sua crisi 24 19. Prodromi della Guerra italo-turca 25 20. Giolitti, Marcora e la dichiarazione della guerra italo-turca: Italia in guerra Parlamento in pace 27 21. Ripresa dei lavori parlamentari. Riforma elettorale: il così detto «suf- fragio universale» 29 22. L’inchiesta sulla costruzione del Palazzo di giustizia di Roma 30 23. Elezioni per la XXIV legislatura. Atteggiamento dei cattolici e «Patto Gentiloni» 32 24. La XXIV legislatura. La Giunta per il regolamento e il Segretario ge- nerale. Fine del IV Governo Giolitti 33 25. Governo Salandra. L’ostruzionismo del ’14 36 26. È scoppiata la Grande Guerra. Crisi di governo e sua rapida con- clusione con la nomina del II Governo Salandra 39 27. Trattative segrete per l’entrata in guerra 40 28. La Camera e la preparazione della Guerra. Pieni poteri al Governo: l’Italia entra nella guerra a fianco della Triplice Intesa 42 29. Lunghe pause dei lavori parlamentari. La politica verso il Vaticano nei dibattiti alla Camera. Ancora sui rapporti tra le Commissioni e l’Assemblea 44 30. Il Governo e la condotta della guerra. Il caso Cadorna. Crisi del Go- verno Salandra 46 31. Il Governo Boselli di unità nazionale. Sviluppi del caso Cadorna. Evo- luzione della procedura parlamentare 47 32. Questioni sulla disciplina regolamentare delle sedute della Camera in Comitato Segreto 49 33. Riflessi politici dell’atteggiamento dei socialisti sulla guerra e della «Nota ai popoli» di Benedetto XV. Caporetto. Crisi del Governo Boselli 50 34. Governo Orlando, proclama di Vittorio Emanuele III alla nazione. Esonero di Cadorna e sua sostituzione con 51 35. La Giunta predispone il progetto per il Comitato Segreto 52 36. Relazione sul Comitato Segreto ed esame di altre proposte di rifor- ma regolamentare 53 37. La relazione al nuovo progetto di modifica del regolamento 54 Indice VII

38. Proposte per una nuova disciplina dei Gruppi parlamentari 55 39. Proroga della durata della legislatura in rapporto all’andamento della guerra. Ristrutturazione del Governo Orlando. Sviluppi dell’attività bellica e propaganda nazionalista. La vittoria 56 40. Prima seduta della Camera nella nuova Aula di Montecitorio. Stra- scichi di Caporetto 58 41. La Giunta rivendica la competenza sull’istituzione della tribuna. Nuova legge per ampliare il corpo elettorale 59 42. Rimpasto del Governo Orlando. La Giunta esamina varie proposte di modifica del regolamento 60 43. Il sistema elettorale a scrutinio di lista e la proporzionale: questioni sulla loro adozione 61 44. Trattative per la pace. Dimissioni del Governo Orlando 62 45. Governo Nitti. Legge elettorale proporzionale: discussione e approva- zione. Questione fiumana. Primo voto favorevole per il riconosci- mento alle donne del voto politico e amministrativo 63 46. Elezione della XXV legislatura. Progresso dei socialisti e affermazio- ne dei popolari 64 47. Costituzione della nuova Camera: Orlando è eletto Presidente. No- mina della Giunta per il regolamento. La Giunta si occupa anche della posizione del Presidente 65 48. Il clima politico nel paese e l’affermarsi della violenza come metodo politico 67 49. Il Governo e l’indennità ai parlamentari 69 50. La Giunta e l’istituzione delle Commissioni permanenti. I Gruppi parlamentari nel regolamento 70 51. L’autoconvocazione dell’Assemblea e delle Commissioni 72 52. Crisi del Governo Nitti. Dimissioni di Orlando da Presidente della Camera 72 53. Ritorno di Giolitti. Il Governo propone l’istituzione di Commissioni permanenti 73 54. Presidenza De Nicola. La Giunta e le innovazioni regolamentari 75 55. Evoluzione delle norme e della prassi della Camera 76 56. Inizio dell’esame in Assemblea della proposta di istituire le Commis- sioni permanenti 78 57. Seguito dell’esame: seduta antimeridiana del 26 luglio 1920 79 58. Sul diritto della Camera e delle Commissioni di autoconvocarsi 81 VIII Indice

59. Discussione in Assemblea sull’autoconvocazione: 6 agosto 1920 82 60. Condizioni politiche e sociali del Paese 85 61. Chiusura della questione fiumana: politica estera dell’Italia 87 62. Il Presidente consulta la Giunta su questioni di interpretazione del regolamento 88 63. Incidente sul computo del numero legale. Il caso Misiano. Scissione socialista e fondazione del Partito comunista d’Italia 89 64. Giurì d’onore. Passaggio per tacito consenso all’esame degli articoli di un progetto di legge. Continui disordini e atti di violenza. La legislatura è sciolta 90 65. Elezioni per la XXVI legislatura e sua apertura 92 66. Governo Bonomi. De Nicola e il patto di pacificazione 94 67. Il problema dei decreti-legge 96 68. Si aggrava la crisi del Parlamento: ancora il caso Misiano 97 69. Crisi del Governo Bonomi. Nomina del Governo Facta 99 70. Primi tentativi di organizzare la discussione. Di nuovo il problema dei decreti-legge 101 71. La Giunta e le norme sui Gruppi e le Commissioni permanenti. Pro- poste di riforma 102 72. L’esame in Assemblea: seduta del 22 giugno 1922 103 73. Segue l’esame in Assemblea: seduta del 23 giugno 1922 108 74. Discussioni sull’ordine pubblico e crisi del Governo Facta 110 75. II Governo Facta: i partiti e la situazione politica 111 76. L’Ottobre 1922 e il Parlamento 113 77. Presidente del Consiglio dei ministri 115 78. Uscita dei popolari dal Governo 117 79. Nuove proposte di modifica al regolamento 118 80. Esame della «Legge Acerbo». Ultimi mesi della XXVI legislatura 120 81. Elezioni per la XXVII legislatura 122 82. Inaugurazione della XXVII legislatura 123 83. La mozione e altri 125 84. Discussione in Aula della mozione Dino Grandi e altri 126 85. I casi Matteotti e Amendola 132 86. Nuova proposta Grandi di modifica al regolamento 135 Indice IX

87. Il caso Matteotti 136 88. L’Aventino 138 89. Conseguenze del caso Matteotti 139 90. La Camera prosegue nella sua attività ordinaria 139 91. Il regime 140 92. Seguito della seconda proposta Grandi di modifica al regolamento 144 93. La relazione Tumedei e l’esame in Assemblea 145 94. L’attività della Camera prosegue secondo i nuovi indirizzi 147

Composizione della Giunta per il regolamento 151

VERBALI DELLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) Sedute: del 6 dicembre 1904; 15 marzo e 7 dicembre 1907; 23 maggio 1908 155 XXIII Legislatura (24 marzo 1909 – 29 settembre 1913) Sedute del: 30 marzo 1909; 13 maggio 1910; 25 giugno 1910 167 XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) Sedute del: 30 novembre 1913; 11 giugno 1916; 19 e 23 dicembre 1917; 13, 19, 21, 27 febbraio, 3, 6, 10, 12, 15 marzo e 1° dicembre 1918; 4 marzo 1919 173 XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) Sedute del: 13 dicembre 1919; 11 maggio, 17, 20, 21, 26, 31 luglio, 4 agosto e 24 novembre 1920 205 XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) Sedute del: 25 marzo, 2 , 8 e 23 giugno 1922; 9 giugno 1923 221 XXVII Legislatura (24 maggio 1924 – 21 gennaio 1929) Sedute del: 28 maggio e 9 giugno 1924; 23 ottobre 1925; 3 dicembre 1927 233

Elenco degli allegati 241

Indice dei nomi 245

PRESENTAZIONE

Se siano le istituzioni a plasmare la società o sia piuttosto questa a con- dizionare l’agire delle istituzioni che la caratterizzano è un dilemma anti- co della riflessione storica e politologica, forse non risolvibile se non in relazione a singoli contesti specifici e ad un arco cronologico di analisi sufficientemente ampio, da consentire un giudizio sul mutamento e la continuità. Per le istituzioni parlamentari è forse più agevole individuare i nessi di causalità che ne collegano l’evoluzione all’aumento della complessità sociale, all’ampliamento della rappresentanza, alla graduale definizione della molteplicità dei soggetti politici ed alla correlativa crescente artico- lazione dei loro rapporti reciproci. Ed è per questo che, specie negli ultimi anni, i dibattiti e i documenti parlamentari sono venuti accreditan- dosi come fonte storiografica ricca di profili di analisi, tutti ricondu- cibili ad un punto di osservazione del tutto peculiare, come sono le aule parlamentari. A prima vista, quel punto di osservazione potrà sembrare settoriale, forse addirittura elitario; terreno di coltura di pochi addetti ai lavori, depositari di sofisticati saperi fatti di norme e di prassi consolidate: in altri termini di quella «most unlearned kind of most learned men» di cui parlava Fre- deric W. Maitland in riferimento ai sottili esperti inglesi delle procedure, per molti versi affini, forensi e parlamentari. Eppure è proprio dalla grande tradizione degli historical jurist britannici che ci proviene un forte richiamo a valorizzare problematicamente le fonti storiografiche istituzionali che sono espressione, ancorché meno immediata- mente percettibile, delle dinamiche interne di una società e del complesso tessuto di relazioni, di conflitti, regole e compromessi che ne caratterizza- no la convivenza civile. Nell’esperienza dell’Europa continentale e mediterranea, più caratteriz- zata, in determinate fasi storiche, rispetto a quella inglese, da asprezze polemicamente semplificatorie, facenti leva sulla asserita distanza fra «paese legale» e «paese reale», il recupero di un respiro più disteso nella rifles- sione storica attraverso le fonti parlamentari può auspicabilmente contri- XII Presentazione buire a far maturare, nel sentimento comune, maggiore consapevolezza sull’importanza del Parlamento, maggiore attenzione alla sua complessità e maggiore senso di responsabilità collettiva nel preservarne un’immagine alta e degna. Con la pacatezza di una narrazione accessibile e rigorosa, questo volume prosegue l’analisi già avviata dall’Autore con l’esame delle riforme dei Re- golamenti di procedura della Camera dei deputati di fine secolo (1886- 1900), estendendone l’ambito cronologico fino al 1927. In particolare, vengono esaminati i documenti e le discussioni della Giun- ta per il regolamento in merito a tutte le proposte di modifica delle norme di procedura presentate dalle diverse componenti politiche nel periodo con- siderato, evidenziandone i contenuti tecnici, le finalità e gli esiti. A questo scopo è diretta appunto la pubblicazione dei lavori della Giun- ta per il regolamento, che costituisce la ragione stessa dell’opera. Mentre la raccolta delle proposte di modificazioni al regolamento e dei resoconti dei lavori dell’Assemblea, al fine di facilitarne la consultazione e la lettura, è stata allocata nel CD allegato al volume. A differenza del lavoro precedente, che pur prendeva in esame un periodo critico dello sviluppo del sistema parlamentare italiano che tro- vò tuttavia significativamente espressione in un particolare momento di cesura quale fu la «crisi di fine secolo», il presente lavoro riguarda una fase storica densa di una molteplicità di avvenimenti che ebbero nel- l’Aula di Montecitorio e fuori di essa ripercussioni immediate e di- rompenti. Si tratta, come noto, di un periodo di accelerazione complessiva della so- cietà italiana: di compimento del decollo industriale; di graduale afferma- zione di nuovi soggetti politici; di sviluppo della legislazione sociale; di si- gnificativa estensione del suffragio elettorale; di contrapposizioni politiche esacerbate da eventi bellici e rivoluzionari di portata europea; di mutamen- ti radicali nel sistema elettorale, con conseguenze irreversibili sul concetto stesso di «rappresentatività» delle istituzioni politiche; ed infine, di brusco e drammatico revirement di questo impetuoso processo storico, che culmi- na con l’avvento del fascismo. Sotto il profilo politico-istituzionale, il Paese vive in poco più di un ventennio la rapida transizione da una rappresentanza controllata degli in- teressi, gestita, almeno fino al 1912, grazie alla limitata estensione del suf- fragio ed alla «dittatura parlamentare» giolittiana, al pluralismo spinto che si afferma nel primo dopoguerra, con il passaggio al sistema elettorale proporzionale ed allo scrutinio di lista, fino alle premesse dell’affermazio- ne del monismo statalistico, incentrato sull’azione del Governo, a partire dal 1926. Su questi molteplici piani, l’esposizione dei lavori parlamentari ineren- ti alle modifiche regolamentari procede intrecciando le vicende storiche extraparlamentari con i dibattiti che avvengono in Assemblea, fino a mi- Presentazione XIII surarne i riflessi sulle riforme – e le controriforme – del regolamento della Camera che man mano si susseguono negli anni. Ciò consente non sol- tanto di verificare gli effetti dei mutamenti storici sulle norme di proce- dura, ma anche di comprendere come, pur attraverso la valenza tecnico- politica delle discussioni che hanno luogo nella Giunta del regolamento e nell’Aula della Camera, sia possibile fare nuova luce sugli avvenimenti po- litici in corso, suggerendo sfumature interpretative, finora inedite, sia con riguardo ai rapporti interni alle istituzioni sia per quanto concerne il con- fronto tra le forze politiche. Significativi, al riguardo, i passaggi critici relativi al periodo che pre- cede la guerra italo-turca, in cui è comunque ancora il Parlamento a dire l’ultima parola, fino alle riforme regolamentari del 1920 e del 1922 che, adattando il testo del 1° luglio 1900 al nuovo regime proporzio- nalistico, vi introdussero istituti e procedure, fino ad allora senza pre- cedenti nella storia del Parlamento italiano, e destinati a sopravvivere fino ad oggi, quali elementi caratterizzanti delle modalità di esercizio delle funzioni e dell’organizzazione interna delle moderne assemblee rappre- sentative. Si tratta, in particolare, della nascita dei gruppi parlamentari e del loro riconoscimento giuridico come «gruppi politici» di deputati, in relazione con i nascenti partiti di massa; del superamento del sistema degli «uffi- ci» per l’esame preliminare dei progetti di legge e della correlativa istitu- zione delle commissioni permanenti, con competenze modellate su quelle dei dicasteri esistenti ed impegnate non soltanto nell’attività legislativa ma anche legittimate a presentare autonomamente relazioni e proposte sulle materie di propria competenza, e finanche a richiedere informazioni e no- tizie al Governo. Si tratta infine del riconoscimento del potere di autoconvocazione del- l’Assemblea e delle Commissioni, oggi forse meno enfatizzato dalla rifles- sione dottrinale e di cui tuttavia, in prospettiva storica, si percepisce pie- namente la valenza garantista rispetto all’autonomia parlamentare e si comprende perché, all’epoca, fu visto come un elemento di forte in- novazione di un ordinamento ancora formalmente risalente allo Statuto albertino. Non a caso, proprio quelle riforme, con qualche adeguamento al nuovo contesto istituzionale, costituiranno il punto di ripartenza della democrazia italiana nell’Assemblea costituente del 1946. C’è tuttavia un sottile filo conduttore che attraversa queste pagine: «l’intuizione circa la grande utilità delle regole procedurali» per garan- tire il confronto parlamentare e per assicurane – o limitarne – l’esito decisionale. Portare l’attenzione su questo elemento peculiare, non apertamente di- chiarato, per discreta consuetudine dei funzionari parlamentari, ma lascia- to all’intuizione sagace del lettore, vuol dire riconoscere all’autore il me- XIV Presentazione rito che un altro grande storico inglese, George M. Trevelyan, riconosce- va al Maitland («he used law to open the mind …»), con l’auspicio che le «indicazioni di direzione» qui fornite per futuri itinerari di ricerca ven- gano prontamente accolte e sviluppate, specie dai più giovani studiosi del Parlamento e della storia politica ed istituzionale italiana.

PAOLO MASSA Sovrintendente all’Archivio storico della Camera dei deputati INTRODUZIONE

1) Periodo storico di riferimento. È troppo noto il periodo al quale si ri- feriscono i verbali della Giunta per il regolamento che sono oggetto di que- sta pubblicazione e che non hanno trovato spazio nel precedente volume, Le riforme regolamentari di fine secolo 1886-1900, perché mi attardi a de- scriverlo in modo particolareggiato. Devo, tuttavia, segnalarne la comples- sità, poiché dal 1904 giunge fino al 1925 e un poco oltre: attraversa quin- di il periodo giolittiano già di per sé molto complesso, la crisi del Parlamento, la Grande Guerra, il primo fascismo e il fascismo consolidato, solo per citare alcuni dati. Tuttavia, per inquadrarvi il documento della Giunta e i suoi lavori, ten- terò di riportare gli echi in Parlamento degli avvenimenti di quel periodo, fino a ora studiato più sul piano della storiografia generale che sul piano della storia parlamentare in senso stretto: una maggiore attenzione, di cui in verità si avvertono già alcuni segnali, agli istituti parlamentari e a quan- to avveniva al loro interno o intorno a essi sarebbe a mio parere molto in- teressante. Da parte mia non ho la presunzione di sopperirvi: non ne avrei la ca- pacità e nemmeno il tempo, ma ho la speranza di riuscire a dare una in- dicazione di direzione e ho l’ambizione, questa al limite della presunzione, di suscitare un qualche interesse intorno alle vicende parlamentari, non a quelle raccontate dalla stampa e dalla memorialistica, già intensamente fre- quentate, quanto a quelle che sono riportate negli Atti parlamentari. A questo punto vale la pena di ricordare che inizialmente nella Camera dei deputati del Regno di Sardegna l’unico mezzo ufficiale di conoscenza dei lavori è il processo verbale, che non contiene il testo dei discorsi ma soltanto la descrizione sommaria dei lavori e l’indicazione delle deliberazio- ni adottate. In seguito, dopo l’istituzione dei resoconti stenografico e som- mario, a un accenno di al «resoconto ufficiale», il 28 no- vembre 1905, il Presidente Marcora replica: «Non posso ammettere che vi sia un altro documento, il quale faccia fede delle deliberazioni della Came- ra, all’infuori del verbale» 1. Il processo verbale, dopo la lettura in Aula,

1 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 28 novembre 1905, pag. 5534. 2 Introduzione l’approvazione da parte dell’Assemblea e la sottoscrizione, ad validitatem, da parte del Presidente e del Segretario di presidenza della seduta in cui viene letto, è poi conservato presso la Segreteria generale. Va osservato che sul regime di pubblicità del processo verbale sarebbe auspicabile un chia- rimento con norma regolamentare per eliminare ogni incertezza sulla pub- blicità di un documento che è oggetto di pubblica lettura e che comun- que certifica lo svolgimento di atti pubblici. I resoconti parlamentari agli inizi del Parlamento subalpino sono redatti dai giornalisti della stampa parlamentare (successivamente sono stati raccol- ti in volumi, integrati per quanto possibile con i processi verbali e pubbli- cati). Ovviamente, in quanto risentono della linea politico-editoriale del gior- nale, essi danno luogo a lunghissime discussioni in sede di approvazione del processo verbale, nonostante siano privi di ogni carattere di ufficialità. Per questo la Camera istituisce i servizi di stenografia e di revisione, affi- dati al personale della Camera. È quindi evidente che la Camera, nella seconda metà del XIX secolo, diffida dei resoconti giornalistici ai quali oggi è attribuito grande credito. Non mi riferisco ai resoconti sommari odierni, per i quali si dovrebbe svi- luppare un discorso a parte e anche abbastanza complesso. Come si può constatare da quelli riportati in allegato a questo volume, i resoconti parlamentari riportano in forma drammatica (nel significato eti- mologico del termine) quanto accade in Assemblea e l’Archivio storico della Camera conserva tutti i documenti, originali o almeno in copia, che sono stati prodotti o che sono alla base dei lavori parlamentari e comunque del- l’attività dell’Istituto.

2) Avvio della XXII legislatura – La retribuzione dei deputati. Il primo dei verbali contenuti in questa parte del registro che qui si pubblica è del 6 dicembre 1904, il primo della XXII legislatura, aperta il 30 novembre con la seduta reale nell’Aula del Senato, a Palazzo Madama. Il 1° dicembre, nella sua prima seduta la Camera elegge all’ufficio di Presidente Giuseppe Marcora, nonostante l’esito delle elezioni non sia stato favorevole alla sinistra costituzionale di cui è autorevole esponente. Su 445 votanti ottiene 292 voti contro 119 schede bianche. L’esito della votazione, che si ripeterà varie volte, testimonia la grande stima di cui Marcora è circondato alla Camera, in un’epoca in cui quella carica è con- siderata appannaggio della maggioranza di governo, come è testimoniato dalle dimissioni dei presidenti all’atto del cambiamento della maggioran- za, anche se poi lo stesso nuovo Presidente del Consiglio invita la Came- ra a respingerle. Il giorno successivo, il Presidente Marcora comunica di aver chiamato a far parte della Giunta per il regolamento i deputati Brunialti, Maggiorino Ferraris, Fortunato, Galimberti, Guicciardini, Piccolo-Cupani, Rampoldi, Ro-

Anton Paolo Tanda 3 manin-Jacur e Sacchi. Lo stesso giorno, 2 dicembre, è comunicata alla Ca- mera la nomina di Angelo Majorana a Ministro delle finanze e di Giovan- ni Camera a sottosegretario. Non si svolge alcun dibattito sulla posizione del Governo Giolitti, che è in carica dal 3 novembre 1903. Nella riunione del 6 dicembre 1904 la Giunta delibera la nomina di due sottocommissioni per l’esame rispettivamente della disciplina dei conti con- suntivi e delle autorizzazioni a procedere e di «altre questioni». Però la Giunta non si riunisce, o di eventuali riunioni non è rimasta traccia, fino al 15 marzo 1907. Tuttavia, nei lavori della Camera di quel periodo si hanno numerosi episodi di grande interesse procedurale, regolamentare e anche istituzionale. Attraverso due proposte di legge si riaffaccia l’annosa questione della re- tribuzione dei parlamentari. Oltre all’aspetto più propriamente politico sulla natura del lavoro dei parlamentari, vi è un importante risvolto sul piano funzionale. I deputati assolvono al loro mandato sempre a proprie spese sia di viaggio sia per la permanenza nella capitale e con l’unificazione na- zionale ciò ne rende l’esercizio molto gravoso. Così l’elettorato passivo già ristretto per il principio censitario cui è informato il sistema elettorale, di fatto se non di diritto è riservato alle sole classi ricche, nonostante il no- tevole ampliamento dell’elettorato attivo e questo frappone un grave osta- colo al ricambio della classe politica. È certamente connesso a questo il grande aumento del numero dei deputati funzionari e impiegati dello Stato, tanto che viene posto un limite percentuale alla loro presenza in Parlamen- to, almeno alla Camera, mentre al Senato sono numerosi poiché nello Sta- tuto ne è prevista la nomina con un’apposita categoria. Il fatto di dover provvedere a proprie spese ai viaggi e al mantenimen- to nella capitale crea molto presto il problema della presenza in Aula dei deputati in numero sufficiente per deliberare. Inizialmente, perché le deli- berazioni siano valide è richiesto che i presenti siano almeno la metà più uno dei seggi occupati (Art. 53 dello Statuto). Poi si introduce il princi- pio che i deputati assenti per missione della Camera o per congedo con- cesso dalla Camera sono considerati presenti, sia pure limitatamente al 25 per cento dei seggi assegnati. Ha così ingresso il concetto di «numero le- gale» diverso da quello che si potrebbe definire naturale; si stabilisce che prima che il processo verbale sia approvato non può esserne richiesta la verifica. Infatti, se non si fosse adottata quella norma, sarebbe diventato arduo assicurare la regolare apertura dei lavori. Successivamente si stabili- sce che il numero legale è sempre presunto, fino a regolare verifica, ma che dopo la verifica la presunzione rivive. Occorre segnalare al riguardo che alla Camera è stata sempre in vigore una verifica del numero legale che si può definire istituzionale, in quanto la votazione finale delle leggi avviene sempre a scrutinio segreto o comun- que con votazione qualificata, da cui la verifica del numero legale conse- gue automaticamente. Inoltre è stato sempre possibile chiedere e, se nel 4 Introduzione prescritto numero, ottenere, che la votazione avvenga per appello nomina- le o per scrutinio segreto anche in altri casi. Alla questione della retribuzione del lavoro dei parlamentari, oltre a que- ste ragioni funzionali si collega anche la questione più propriamente poli- tica del riconoscimento del valore economico dell’opera degli eletti del po- polo nell’esercizio della funzione parlamentare. Quindi qui si scontrano la concezione del Parlamento come luogo di esercizio della sovranità popola- re e la concezione del Parlamento come espressione della volontà popola- re concorrente con quella del Re all’esercizio della sovranità dello Stato, in cui prevarrebbe l’aspetto onorifico. Si può notare inoltre che la questione dell’indennità parlamentare è spesso connessa alla richiesta di una riforma del Senato in forma elettiva, diretta o indiretta.

3) Dimissioni di Giolitti e nomina del Governo Fortis. Il 4 marzo 1905 Giolitti si dimette da Presidente del Consiglio adducendo una sua condi- zione di malattia che gli impedisce una efficace azione di governo. Nono- stante un’indubbia condizione di affaticamento, queste dimissioni appaiono in realtà causate da motivi di natura politico-parlamentare piuttosto che da gravi ragioni di salute. Il 22 marzo il Ministro degli affari esteri Tittoni co- munica alla Camera che Alessandro Fortis ha rinunciato all’incarico di for- mare il nuovo Governo affidatogli dal Re (su designazione principalmente di Giolitti); che il Re ha confermato in carica tutti i ministri e ha altresì confermato a lui l’interim della Presidenza del Consiglio e lo ha invitato a presentarsi alla Camera per chiederne il voto. Il Presidente Marcora decide che la discussione si svolga in modo ana- logo a quello sui progetti di legge e si concluda con la votazione degli or- dini del giorno presentati, ciò che costituisce un fatto procedurale di gran- dissima importanza. È approvato l’ordine del giorno Marsengo-Bastia, con cui si caldeggia la prosecuzione «dell’indirizzo di politica liberale» seguita dopo le elezioni. Il 4 aprile 1905, Alessandro Fortis, al quale è stato rinnovato l’incarico comunica alla Camera che il 27 marzo il Re ha accettato le dimissioni del Governo presieduto ad interim da Tittoni e lo ha nominato Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell’interno e ha inoltre nominato il nuovo Governo; la discussione termina senza un voto. Il 14 aprile l’Assemblea esamina le elezioni contestate del collegio di Mo- dica; la Giunta delle elezioni, poiché nessuno dei candidati ha raggiunto il quorum richiesto propone che si svolga il ballottaggio tra i due candidati più votati mentre la Camera, su proposta di un deputato delibera la convalida di uno dei due e in seguito a questo voto la Giunta si dimette in blocco. Il Presidente dichiara che le dimissioni sarebbero inammissibili, peraltro «nessuno può obbligare altri a fare quello che non vuole»; ha pregato i membri della Giunta di non insistere, ma senza risultato. La proposta che Anton Paolo Tanda 5 le dimissioni siano respinte è approvata all’unanimità e le dimissioni sono ritirate. Se non fossero ritirate il Presidente non potrebbe fare altro che rinnovare interamente la Giunta, la cui nomina per regolamento è di sua spettanza: il voto della Camera che respinge le dimissioni ha infatti soltan- to il valore di riaffermare la fiducia dell’Assemblea nell’attività della Giun- ta. Analogo incidente avviene il 3 giugno 1905 sulla convalida delle elezio- ni del collegio di Sciacca e il Presidente ripete la stessa affermazione del caso precedente. Anche questa volta le dimissioni sono ritirate. Gli episodi di votazione da parte della Camera in modo difforme dalle proposte della Giunta delle elezioni si sono verificati altre volte nella no- stra storia parlamentare, ma in questo periodo assume dimensioni abnormi, alimentando il sospetto che si tratti della continuazione in sede parlamen- tare delle manovre elettorali volte alla formazione o alla difesa di una o un’altra maggioranza parlamentare, più spesso, dicono i critici di Giolitti, della maggioranza giolittiana.

4) Astensioni e computo della maggioranza – Crisi del I e del II Governo Fortis – Governo Sonnino – III Governo Giolitti. Nella seduta del 30 mag- gio 1905 il Presidente Marcora riconferma la prassi della Camera riguardo al calcolo della maggioranza, poiché la votazione ha dato il seguente risul- tato: presenti 238, sì 94, no 77, astenuti 51, dichiara convalidata l’elezione del deputato di Licata, «seguendo la giurisprudenza già adottata dalla Ca- mera, la maggioranza assoluta deve valutarsi soltanto fra i sì e i no» 2. A una richiesta di iscrizione all’ordine del giorno di una proposta di legge, il 15 giugno 1905, il Presidente Marcora dichiara: «La Camera ha deliberato, e più volte ha mantenuto ferma la deliberazione che, finché non fossero discussi tutti i bilanci, nessun’altra legge potesse avere su di essi la precedenza, se non quelle che il Governo stesso avesse indicato per ragio- ni di urgenza, e le altre poche, che avessero carattere esclusivamente am- ministrativo. Così abbiamo fatto sempre fino ad ora» 3. Si tratta di una questione procedurale di grande importanza, che si affaccia varie volte nella storia della Camera e, in epoca repubblicana, anche del Senato e che porta all’adozione della sessione di bilancio, di contenuto analogo a quello della decisione del Presidente Marcora. Al termine della discussione sul Modus vivendi con la Spagna, il 17 di- cembre 1905 l’ordine del giorno Gorio è votato per parti separate; la prima parte che contiene la riconferma della fiducia al Governo è approvata a larga maggioranza, mentre viene respinto con una maggioranza ancora più ampia il passaggio all’esame degli articoli. Il giorno successivo, Fortis co- munica alla Camera le dimissioni sue e del Gabinetto da lui presieduto. Il

2 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 30 maggio 1905, pag. 3457. 3 Ivi. Seduta 15 giugno 1905, pag. 4398. 6 Introduzione

Presidente non consente che si apra la discussione su quella comunicazio- ne 4, probabilmente per evitare che un voto della Camera aggravi la crisi facendola diventare più spiccatamente politica e quindi di più difficile so- luzione. Tuttavia il nuovo Governo Fortis, che si presenta alla Camera il 30 gennaio 1906 non ottiene la fiducia e si dimette. Il Re incarica di formare il Governo Sidney Sonnino, che ha coagulato intorno a sé ma prevalentemente in chiave antigiolittiana una maggioranza composita che giunge fino ai radicali e all’appoggio dei socialisti. Il Gover- no è nominato l’8 febbraio e si presenta alla Camera l’8 marzo. Giuseppe Marcora, a seguito del cambiamento della maggioranza si dimette da Presidente della Camera; su proposta dello stesso Sonnino l’Assemblea re- spinge le dimissioni però Marcora vi insiste e il 10 marzo 1906 è eletto Presidente l’ottantacinquenne Giuseppe Biancheri. La discussione sulle co- municazioni del Governo si chiude senza un voto. Il Presidente Biancheri, il 27 marzo chiama alla Giunta per il regolamen- to i deputati Francesco Spirito, Lucca e Massimini. Il programma del Governo tende ad attuare il disegno politico e socia- le di Sonnino attraverso alcune importanti riforme, specialmente nel Mez- zogiorno che egli ha studiato a fondo e soprattutto in chiave di riforma morale della vita pubblica. Nella seduta del 10 maggio il Governo non accetta la presa in conside- razione di una proposta di legge del deputato socialista Cabrini sugli ecci- di di operai avvenuti nel corso delle manifestazioni sindacali e la Camera, chiamata al voto, concorda col Governo. L’11 maggio 1906 sono annuncia- te le dimissioni di undici deputati socialisti e di Filippo Turati, che le pre- senta autonomamente dal gruppo; la Camera le respinge all’unanimità. Il giorno successivo sono riconfermate e accettate; continua la serie dei depu- tati socialisti dimissionari per protesta, fino alle dimissioni dell’intero grup- po parlamentare socialista. Nella discussione sul riscatto delle Ferrovie Meridionali è approvato un ordine del giorno Maggiorino Ferraris di diniego della fissazione del termi- ne per la discussione del relativo disegno di legge e il giorno seguente, 18 maggio 1906, Sonnino comunica alla Camera le dimissioni sue e del Go- verno che è durato cento giorni. Giolitti, il 12 giugno 1906, presenta alle Camere il nuovo Governo da lui presieduto, che il Re ha nominato il 29 maggio, e ottiene la fiducia della Camera con 262 voti favorevoli, 98 contrari e 3 astensioni. Nella stes- sa seduta prestano giuramento i deputati socialisti eletti nelle elezioni sup- pletive. A seguito delle dimissioni da Presidente di Giuseppe Biancheri, presen- tate per «l’età e la salute», il 2 febbraio 1907 Giuseppe Marcora è eletto

4 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 17 dicembre 1905, pag. 6297. Anton Paolo Tanda 7 nuovamente Presidente della Camera con 229 voti e 117 schede bianche. Si tratta questa volta del ritorno alla prassi del Presidente appartenente alla maggioranza di governo, per la sostanziale adesione alla coalizione giolittia- na del gruppo di deputati radicali denominati «marcorini» che appunto fanno capo a lui.

5) Riforma del regolamento del dicembre 1907: proposte della Giunta e di- scussione in Assemblea. La Giunta per il regolamento nella seduta del 15 marzo 1907, sotto la presidenza di Marcora approva una serie di proposte di modifica al regolamento in vigore, che si aggiungeranno, nella proposta della Giunta, a quelle studiate dalla sottocommissione nominata dalla Giunta nella seduta del 6 dicembre 1904. In particolare la Giunta predispone una norma che disciplina lo svol- gimento delle interpellanze al cui riguardo in Aula sono state sollevate varie doglianze. Il relatore Brunialti presenta alla Camera la relazione il 27 marzo. In realtà, nella proposta della Giunta sono contenute varie mo- difiche e aggiunte sulle quali, allo stato della documentazione, non risul- ta che essa si sia espressa in modo specifico 5. Si tratta di un vero cor- pus di norme in cui si affrontano vari punti della procedura dai quali sono nati problemi di interpretazione o comunque di funzionalità dei la- vori, quale ad esempio, la modifica dell’articolo 4 del regolamento relati- va al computo delle schede bianche per la formazione della maggioranza nell’elezione del Presidente. Tuttavia la proposta della Giunta non viene esaminata prima del dicem- bre dello stesso anno e dopo che in Aula nella seduta del 6 dicembre è stata sollecitata l’applicazione in via di prassi del nuovo testo dell’artico- lo 121, contenuto nella proposta della Giunta, ancora non iscritta all’ordi- ne del giorno. Nella relativa discussione interviene il Presidente del Consi- glio Giolitti suggerendo che si potrebbe nel frattempo approvare uno stral- cio di tale norma dal complesso delle modifiche proposte. Il Presidente obietta che durante l’esame delle modifiche la Camera potrebbe decidere quale di esse ritiene più urgente e approvarla. Giolitti insiste che lo stral- cio venga fatto invece dalla Giunta 6. Nella riunione del 7 dicembre 1907 la Giunta esclude di poter presen- tare la proposta di stralcio e dopo aver discusso su alcune altre questioni insiste sulle proprie proposte già presentate alla Camera. Questa manifesta- zione di indipendenza e di consapevolezza della propria funzione da parte della Giunta per il regolamento è importante per la ricostruzione della fi- sionomia dell’istituto e anche della stessa Camera.

5 Vedi Allegato N. 7. 6 Vedi Allegato «A». 8 Introduzione

Ampliamento di Palazzo montecitorio, prospetto sulla nuova piazza

La discussione in Assemblea si svolge nelle sedute del 12 e 18 dicem- bre. Vale la pena di esaminare lo svolgimento della discussione 7: oltre alle proposte della Giunta il Presidente ammette alla discussione anche le pro- poste che non sono state approvate e che quindi essa non ha presentato all’approvazione della Camera e, pur in assenza di una esplicita dichiara- zione presidenziale in tal senso, dallo svolgimento del procedimento si evin- ce che sono considerate come emendamenti al testo della Giunta. La prima è relativa all’istituzione della Giunta per l’esame delle domande di autoriz- zazione a procedere presentata dal deputato Montagna 8, che riprende una sua proposta della precedente legislatura, sulla quale la Giunta si è espres- sa negativamente ma che il presentatore insiste a difendere e che troverà accoglimento più avanti, oltre a un’altra molto articolata del deputato Sini- baldi, che proviene dalla legislatura precedente 9. Nella discussione emergono alcuni degli aspetti fondamentali del diritto e della procedura parlamentari: in particolare si affronta la natura dell’at- tività della Giunta delle elezioni e i suoi rapporti con l’Assemblea, dalla quale emerge la posizione nodale nel sistema della funzione di quella Giun- ta e al riguardo si prevede il divieto per i deputati di patrocinare colleghi

7 Vedi Allegato «B». 8 Vedi Allegato N. 3. 9 Vedi Allegato N. 4. Anton Paolo Tanda 9 nel procedimento dinanzi a essa. La discussione, cui prendono parte Sid- ney Sonnino il relatore Brunialti e altri eminenti parlamentari, fornisce uno spaccato del costume parlamentare in materia e gli argomenti addotti sono ancora di grande attualità, soprattutto per quanto attiene all’uso parlamen- tare della concessione o diniego dell’autorizzazione a procedere nei confron- ti di parlamentari 10. Tale uso, divenuto alla fine un abuso, ha dato luogo all’attuale regime, sulla cui saggezza e lungimiranza, a mio parere, è legit- timo più di un dubbio.

6) Nuova Camera regolamento nuovo? A una proposta del deputato Fi- lippo Turati, che le nuove norme in materia di esame delle domande di autorizzazione a procedere entrino in vigore nella successiva legislatura, Sid- ney Sonnino obietta che in questo modo la Giunta per il regolamento travalica i propri compiti in quanto è stato sempre affermato che ciascuna Camera è arbitra del proprio regolamento, mentre la norma proposta vio- lerebbe tale principio. Il Presidente Marcora chiarisce anzitutto che la Giunta, sulla base del regolamento, ha il «mandato preciso, durante il corso della legislatura, di esaminare le proposte che l’esperienza suggerisse e di proporle alla Came- ra». Egli stesso, assumendo la Presidenza per la prima volta nella legisla- tura ha interpellato la Camera se intendesse mantenere «quel regolamen- to che la Camera aveva deliberato nella precedente legislatura». La questione non è secondaria, perché è connessa al concetto di rappresen- tanza, rectius, di rappresentatività: ciascuna Camera promana da, e lo rap- presenta, un corpo elettorale diverso ed è altra rispetto alla precedente, anche se per un caso, astratto ma di cui occorre tenere concettualmente conto, risultasse composta dagli stessi soggetti fisici. In genere, anche at- tualmente, se in apertura di legislatura nessuno chiede una esplicita deli- berazione vale il principio del tacito consenso, per cui resta in vigore il regolamento già in vigore nella legislatura precedente e comunque l’appro- vazione del nuovo regolamento sarebbe inevitabilmente disciplinata dalle norme di quello precedente. L’Assemblea Costituente repubblicana ha applicato la norma del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, per cui ha tacitamente adottato il regolamento della Camera con le modifiche apportate fino al 1922, ed è passata direttamente a deliberare su tre articoli aggiuntivi a quel regolamento. Nella stessa discussione del 12 dicembre 1907 viene in esame anche la questione delle regole procedurali per il Comitato segreto, ovverosia la Ca- mera riunita in seduta segreta, di cui si lamenta il disordine, soprattutto

10 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 12 dicembre 1907, pagg. 18236-18239 e pagg. 18241-18247; anche in Allegato «B». 10 Introduzione quando sia in discussione il bilancio interno della Camera. Si propone quin- di che questo sia, o possa essere, esaminato in seduta pubblica. Il regola- mento a quel tempo in vigore non fa cenno delle regole procedurali da applicarsi nelle sedute segrete il che significherebbe che si deve comunque applicare il regolamento della Camera, ma la prassi è purtroppo in senso opposto. La norma è approvata e infatti il successivo bilancio interno viene esaminato e approvato in seduta pubblica 11.

7) Le interpellanze. L’argomento che suscita le discussioni più animate è la materia delle interpellanze. Il diritto dei singoli membri delle Camere di interpellare il Governo per averne notizie (interrogazioni) o valutazioni e indicazione di intendimenti su singole questioni (interpellanze) è questione sempre molto sentita dai parlamentari. Poiché le questioni maggiori e so- prattutto l’indirizzo politico sono in genere nel dominio dei partiti e, per il periodo in esame, soprattutto dei leader, i parlamentari sono sempre ge- losi dell’esercizio della funzione di controllo strettamente connessa appun- to all’indirizzo politico. Il regolamento allora in vigore prevede che il Governo possa accettare che l’interpellanza sia svolta immediatamente ma in caso contrario deve dichiara- re entro il giorno successivo all’annunzio il giorno in cui intende risponde- re. Se dichiara di rinviare l’interpellanza oltre i termini previsti, l’interpellan- te può chiedere alla Camera di essere ammesso a svolgerla nella data da lui indicata. In pratica avviene che siano dichiarate decadute numerosissime in- terpellanze perché gli interpellanti risultano assenti al momento in cui esse vengono in discussione. La Giunta per il regolamento propone che se il Go- verno non fa nessuna dichiarazione, l’interpellanza sia iscritta all’ordine del giorno, secondo l’ordine di presentazione e che i deputati che intendano svol- gere le loro interpellanze iscritte all’ordine del giorno per il lunedì successi- vo devono farne domanda, a voce in Aula o per iscritto, al Presidente. Nella discussione interviene anche il Presidente del Consiglio Giolitti, in quanto, pur trattandosi di materia regolamentare essa tocca anche la posi- zione del Governo. Le proposte della Giunta sono approvate con lievi mo- difiche da essa accettate, quindi l’Assemblea approva che siano dichiarate decadute le mozioni e le interpellanze e anche le proposte di legge di ini- ziativa parlamentare che non siano state svolte entro i tre mesi successivi alla loro presentazione. Emerge anche un cenno alla questione dell’indennità parlamentare, alla cui assenza si imputano molte delle disfunzioni dei lavori e in particolare la scarsa partecipazione ad essi da parte dei parlamentari. È interessante la

11 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 12 dicembre 1907, pagg. 12347-12349, anche in Allegato «B». Anton Paolo Tanda 11 dichiarazione al riguardo di Sidney Sonnino: «E poi, in Francia, vi è l’in- dennità parlamentare. Vi par poco?» 12.

8) Vicende giudiziarie dell’ex ministro Nunzio Nasi. Il 18 dicembre 1907 si riapre alla Camera il caso dell’ex ministro Nunzio Nasi, sottoposto a giudizio per presunti reati commessi nell’esercizio della carica durante il Ministero Zanardelli 13. Nasi è un uomo politico di primo piano, che aspirava a succedere proprio a Zanardelli dopo aver fatto numerose e importanti esperienze po- litiche e di governo. La questione è stata aperta nel 1903 con la richiesta del deputato socialista Ciccotti di effettuare un’indagine sull’operato del Ministero della pubblica istruzione nel periodo in cui Nasi ne è stato titolare. La vicenda si svolge prima in ambito parlamentare attraverso varie inda- gini e giunge quindi all’autorità giudiziaria, la quale in un primo momen- to ne prende cognizione e ottiene dalla Camera l’autorizzazione a procede- re e anche all’arresto. Prima che la Camera deliberi sulle richieste, Nasi si reca all’estero; nonostante la sua assenza il collegio elettorale di Trapani lo rielegge più volte, poiché viene sempre dichiarato decaduto dalla carica per non aver prestato il giuramento nei termini statutari. Successivamente la Corte di cassazione a sezioni unite dichiara l’incom- petenza della magistratura ordinaria, affermando che spetta alla Camera dei deputati la messa in stato d’accusa dell’ex ministro dinanzi al Senato co- stituito in Alta corte di giustizia. Dopo l’emanazione della sentenza della Cassazione, confidando che la questione sia ormai conclusa, Nasi rientra in Italia. Invece, la Camera ne delibera la messa in stato di accusa e nomina i commissari per sostenere l’accusa dinanzi al Senato costituito in Alta corte. Il 18 dicembre 1907 viene in discussione alla Camera la sua richiesta che il mandato di arresto a suo carico emesso dall’Alta Corte di giustizia sia dichiarato nullo. La domanda dà origine alla formulazione del quesito: «Se per le guarentigie stabilite dall’articolo 45 dello Statuto debba il deputato Nunzio Nasi essere posto in grado di esercitare i doveri del suo ufficio». Della questione è investita una Commissione che presenta una relazione della maggioranza in cui si conclude per il rigetto della domanda e una di minoranza, che ne propone l’accoglimento in nome della difesa delle pre- rogative dei deputati. La discussione è vivace e approfondita, densa di dottrina e mantenuta sempre a un alto livello di tensione morale e di contenuto politico. È in discussione il punto se per l’arresto di Nasi, deputato in carica, fosse o no

12 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 12 dicembre 1907, pag. 18241. 13 Vedi Allegato «C». 12 Introduzione necessario che la Camera deliberasse espressamente di autorizzarne l’arre- sto, una volta che essa stessa ha deliberato di metterlo in stato di accusa davanti al Senato costituito in Alta corte di giustizia. Coloro che sostengono l’illegittimità dell’arresto attuato in assenza di quel- la autorizzazione intendono difendere le prerogative dei singoli parlamenta- ri, la prima delle quali è appunto la libertà di esercitare il proprio man- dato. Gli altri sostengono il contrario, in nome del principio che deve essere in primo luogo rispettato il complesso delle prerogative riferite al Parla- mento, oltre a quelle spettanti al singolo componente. Perciò, dopo che la Camera ha deliberato la messa in stato d’accusa del ministro o ex ministro ogni atto relativo alla libertà personale del medesimo riveste carattere giu- risdizionale e non può, quindi, essere legittimamente adottato dalla Came- ra che non è in alcun modo organo giurisdizionale, altrimenti si violano le sfere di competenza degli organi parlamentari e anche il principio di ugua- glianza: quid agendum se si fosse trattato di un ministro o ex ministro se- natore o semplice cittadino? Le conclusioni della maggioranza della Commissione sono approvate con largo margine con votazione nominale e quindi il procedimento nei con- fronti di Nasi prosegue e termina poi, come è noto, con la sua condanna.

9) Crescente importanza dell’apparato interno e sua riforma – Istituzione del Segretario generale – Primo esperimento di voto meccanico. Gli anni 1907 e 1908 sono particolarmente importanti per l’amministrazione interna: la Ca- mera è riuscita a sganciarsi progressivamente dalla dipendenza dalla Coro- na e dal Governo, infatti approva i propri bilanci interni con deliberazio- ne monocamerale e non per legge, sottraendo in questo modo al sindacato governativo la gestione delle risorse ad essa destinate nel bilancio dello Stato, e quindi ai controlli previsti per gli atti amministrativi. Tuttavia l’am- ministrazione interna resta strettamente legata all’organo politico in quanto tale; l’apparato amministrativo è posto alle dipendenze dirette degli organi politici: Presidente e Consiglio di Presidenza. I soli due funzionari la cui nomina è prevista nel regolamento della Camera sono il Bibliotecario Ar- chivista e l’Estensore del processo verbale, ciononostante neanche a essi è riconosciuto alcuno spazio di autonomia; i servizi sono distribuiti in varie direzioni settoriali e non è mai stato sostituito il Direttore generale unico, morto nel 1890. L’apparato amministrativo non brilla per efficienza, anche perché la stretta dipendenza dal potere politico favorisce i rapporti clien- telari: i contratti di assunzione e il regime del trattamento economico e giu- ridico del personale consentono disparità di trattamento tra i dipendenti, anche investiti delle medesime funzioni. Tuttavia l’importanza degli apparati per un efficace svolgimento dei com- piti istituzionali si rende mano a mano evidente e impellente la loro rifor- ma. Inizialmente i servizi maggiormente apprezzati sono la biblioteca e gli

Anton Paolo Tanda 13 archivi e quelli di questura, attinenti cioè al funzionamento materiale della macchina parlamentare. Nel 1879 alla Camera è stato istituito il Resoconto Sommario delle sedu- te, affidato al Servizio di revisione, al fine di poter disporre in tempi ra- pidi di una efficace sintesi dei lavori e degli interventi pronunciati – viene distribuita in bozza di stampa già nel corso della stessa seduta – redatta in forma imparziale da funzionari della Camera e quindi il più possibile sottratta alle interpretazioni di parte. I Presidenti necessitano di servizi di segreteria e di consulenza nella con- duzione delle sedute, per cui ben presto assume importanza il servizio di segreteria. Ciascun servizio è però autonomo dagli altri ed è sotto il diret- to controllo del Presidente o di un altro membro del Consiglio di presi- denza. Con l’instaurarsi di rapporti politici più complessi e in relazione alla sempre crescente importanza della legge nel sistema, cresce anche per i par- lamentari ma soprattutto per la Presidenza l’esigenza di un apparato am- ministrativo efficiente e preparato soprattutto in materia regolamentare e anche organizzativa. La pubblicazione nel 1887 del volume Norme ed usi del Parlamento ita- liano a opera di due revisori della Camera, Mario Mancini e Ugo Galeotti, rende ancor più evidente che l’osservazione sistematica dell’applicazione con- creta del regolamento crea essa stessa sistema, basato, così come avviene anche negli altri parlamenti, sui «precedenti», la cui successiva applicazio- ne dà poi luogo alla prassi che in ambito parlamentare acquista una forza applicativa consuetudinaria talvolta più resistente di quella di una norma scritta. Specialmente dopo la crisi della fine del secolo XIX la conduzione delle sedute diventa sempre più difficile e l’applicazione del regolamento più com- plessa, per cui il direttore del Servizio di segreteria assume una posizione di rilievo nell’ambito amministrativo, anche per la sua vicinanza al Presi- dente che è il motore del funzionamento dell’istituto. Anche nella redazione dei verbali della Giunta per il regolamento che qui pubblichiamo si può osservare, soprattutto dal registro originale, un in- tervento dei servizi di cancelleria, totalmente assenti invece nei primi de- cenni del suo funzionamento. In materia le Camere si muovono con grande lentezza, probabilmente per due ordini di ragioni, il primo dei quali è la maggiore pubblicità del suo funzionamento rispetto agli altri apparati dello Stato e, quindi, il timo- re di urtare l’opinione pubblica – meglio si dovrebbe dire della stampa, già da allora assai poco tenera nei confronti del Parlamento – e il secon- do, relativo alla difficoltà di introdurre novità in un apparato servente di un organo collegiale, per di più costituito da un numero di membri molto elevato e in cui sono presenti le più svariate posizioni politiche. Vi è inol- tre la tendenza, durata poi a lungo, a considerare il Presidente un primus inter pares mentre la conduzione di organi siffatti postula l’esistenza di un 14 Introduzione presidente che sia un vero e proprio primus, dotato di poteri propri nel- l’applicazione del regolamento e svincolato dalla interpretazione a maggio- ranza, concezione che si affermerà in un lasso di tempo abbastanza lungo e non senza fatica. Nel Comitato segreto del 19 giugno 1907 la Camera approva il nuovo re- golamento interno nel quale sono previsti quattro servizi: Segretariato gene- rale, Redazione dei processi verbali delle sedute, Direzione degli Uffici di questura, Biblioteca. Con esso si riconosce al Segretario generale, cui è af- fidata la direzione della Segreteria, il compito di assistere il Presidente nella preparazione delle sedute e nella loro conduzione e di tenere i rapporti con le Commissioni, trasmettendo ad esse le disposizioni del Presidente. Non è ancora un riconoscimento dell’autonomia dell’apparato amministra- tivo interno, ma è un passo avanti nell’organizzazione che consente poi uno sviluppo in tale senso, mano a mano che vanno poi cambiando i rapporti politici all’interno della Camera a seguito dell’introduzione del suffragio uni- versale maschile e poi dello scrutinio di lista 14. Nei lavori parlamentari echeggiano sempre le lamentele sulle disfunzioni del sistema e sulla lentezza dei lavori parlamentari, soprattutto dopo l’espe- rienza del lungo ostruzionismo della crisi Pelloux. Uno degli strumenti prin- cipali delle manovre ostruzionistiche è la richiesta di numerose votazioni qualificate; per ovviare almeno a queste lentezze la Giunta per il regola- mento nella riunione del 23 maggio 1908 esamina una macchina per la vo- tazione, costruita dal signor Boggiani, il quale ne illustra l’uso. La Giunta, in assenza del signor Boggiani, discute poi sull’opportunità di adottare quel sistema per le votazioni, tenendo conto che la sua adozio- ne richiederebbe di modificare il regolamento. In particolare la discussione si sofferma sul problema degli astenuti, poiché con quel congegno i loro nomi rimarrebbero segreti mentre la Camera, dato il valore politico dell’a- stensione, richiede che siano conosciuti. La Giunta rinvia la decisione ad altra data, dopo che se ne sia fatto un «pubblico esperimento», che ha luogo nell’Aula della Camera la mattina del 28 giugno 1908, Domenica, al di fuori di una normale seduta, che si svol- ge invece nel pomeriggio. La notizia è riportata dalla stampa, dalla quale si apprende che la macchina era denominata psefografo. Nei verbali della Giunta non vi è traccia che essa se ne sia ancora occupata e lo psefografo non viene adottato 15.

10) Dibattiti di politica interna e di politica estera: accenni di critica alla Triplice Alleanza – Terremoto a Messina e Reggio di Calabria. La legislatura

14 Per l’istituzione del Segretario generale vedi M. Pacelli: I Segretari Generali, in G. Ciaurro M. Pacelli. A.P. Tanda, Le Camere del Parlamento, Roma 1988. Pagg. 193-201. 15 Corriere della sera e La Tribuna. Vedi Allegati «D» ed «E».

Anton Paolo Tanda 15 prosegue con l’esame di importanti argomenti, tra i quali spicca il dibatti- to sulla mozione Bissolati per l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole. La discussione si protrae per molte sedute e vede la partecipazio- ne di parlamentari illustri; la mozione è tuttavia respinta a larghissima mag- gioranza. È approvato inoltre il disegno di legge sullo stato giuridico degli impiegati dello Stato, che avrà poi grande fortuna e resterà in vigore, pur con molte modifiche fino ai nostri giorni. La Camera discute anche dell’occupazione della Bosnia Erzegovina da parte dell’Austria e cominciano ad emergere anche in sede parlamentare i primi accenni di critica alla politica di applicazione della Triplice, soprat- tutto dopo gli incidenti scoppiati ad Innsbruck contro gli studenti italiani. Il 28 dicembre 1908, Messina e Reggio Calabria sono devastate da un immane terremoto al quale fa seguito un rovinoso maremoto, di cui la Ca- mera si occupa più volte specialmente nel gennaio 1909, in occasione del- l’esame del decreto-legge emanato dal Governo per fare fronte all’emergen- za. Il disegno di legge di conversione è approvato con 5 voti contrari e 406 a favore.

11) La XXIII legislatura: primi deputati dichiaratamente cattolici. Negli anni 1907 e 1908 si fa più acuta la crisi economica, di dimensioni euro- pee ma che in Italia riveste carattere di maggiore gravità. La Camera è sciolta l’8 febbraio 1909. Le elezioni vedono una notevole avanzata dei de- putati socialisti, da 29 a 41, e dei radicali, da 37 a 45. Poiché continua la politica del sostanziale ralliement con la Chiesa cattolica cominciata già con le elezioni del 1904 e che trova poi consacrazione pubblica se non ufficia- le, col Patto Gentiloni, la sospensione del non expedit in 72 collegi con- sente l’elezione a Montecitorio di sedici deputati cattolici. È eletto anche don Romolo Murri, candidato nel collegio di Fermo, sua diocesi di appar- tenenza e dalla quale è già stato sospeso a divinis come richiesto dal Papa Pio X a quell’arcivescovo; candidato della Lega democratica nazionale è eletto al secondo turno con il sostegno dei socialisti; il 19 marzo gli viene comminata la scomunica vitandum. La XXIII legislatura si inaugura il 24 marzo 1909 nell’aula del Senato. Il 25 marzo Giuseppe Marcora è eletto Presidente della Camera; tra i Vi- cepresidenti figura anche Andrea Costa, esponente socialista di primo piano. Il 26 marzo Marcora comunica i nomi dei dieci deputati chiamati a com- porre la Giunta per il regolamento: Berenini, Brunialti, Alfredo Codacci-Pi- sanelli, Compans, Del Balzo, Di Rovasenda, Maggiorino Ferraris, Finoc- chiaro-Aprile, Montagna e Rampoldi. Nonostante il rinnovo della Camera non si ha nessuna discussione sulla posizione del Governo e solo il 31 marzo 1909, durante la discussione sul messaggio di risposta al discorso della Corona il Governo pone la questio- ne di fiducia sull’approvazione della prima parte del relativo ordine del 16 Introduzione giorno in cui si «prende atto delle dichiarazioni del Governo». Ottiene la fiducia con 265 voti favorevoli, 77 contrari e tre astensioni.

12) Visita dello Zar e Patti di Racconigi – Libertà di espressione dei deputati in Assemblea – Dimissioni del III Governo Giolitti. La Giunta per il regolamento si riunisce il 30 marzo 1909. Il Presidente ricorda i lavori svolti nella precedente legislatura e fa rilevare l’opportunità di in- trodurre modifiche in ordine al procedimento per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere. La Giunta stabilisce di approfondire l’ar- gomento, soprattutto per quanto attiene allo stadio anteriore delle conte- stazioni. Durante la discussione sul disegno di legge di approvazione del bilancio del Ministero degli esteri, nella seduta del 23 giugno 1909, il deputato so- cialista Morgari attacca l’impostazione generale del bilancio osservando che vi si destina una grossa fetta delle risorse alla politica estera, la quale però, piuttosto che essere usata per difendere gli interessi degli italiani all’estero e quelli commerciali italiani, si risolve unicamente nell’elevazione di barrie- re militari intorno all’Italia. Ciò sarebbe reso evidente anche dall’amichevo- le politica nei confronti dell’Impero zarista, oppressore dei propri sudditi. Si levano molte proteste al riguardo e Andrea Costa che presiede la sedu- ta dichiara che la libertà parlamentare consente l’espressione di tutte le idee e il fatto che il deputato Morgari abbia potuto farlo torna a onore e non già a disdoro del libero Parlamento. Tuttavia il Ministro degli esteri Tittoni protesta vivamente, adducendo che non si possa impunemente offendere il Capo di uno Stato amico, che sarà ricevuto come tale dal Governo e dal popolo italiano quando vi arriverà in visita 16. La visita ha poi luogo nell’ottobre a Racconigi e in quella occasione il Governo stipula un accordo col governo dello Zar in cui, tra l’altro, i due contraenti si impegnano a considerare con reciproca benevolenza gli inte- ressi italiani in Tripolitania e in Cirenaica e quelli russi nella questione degli Stretti. Quell’accordo è seguito da un altro con l’Austria, in cui entrambi i contraenti si impegnano a non stipulare accordi con una terza potenza sulla questione balcanica senza la partecipazione dell’altra e a comunicarsi eventuali proposte che siano in contrasto col principio di non intervento in ordine alla modifica dello status quo nei Balcani o nelle regioni costie- re e delle isole dell’Impero Ottomano nell’Adriatico e nell’Egeo. Questo rende la politica estera dell’Italia, volta a ottenere vantaggi terri- toriali a spese dell’Impero ottomano, alquanto ardita nella sua ambiguità. Tuttavia, soprattutto per opera dei successivi ministri degli esteri Guicciar- dini e di San Giuliano, si mantiene sostanzialmente in equilibrio tra gli Im- peri centrali e la Francia la Gran Bretagna e la Russia.

16 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 23 giugno 1909, pagg. 2874-2887.

Anton Paolo Tanda 17

Alla Camera prosegue l’esame del disegno di legge sulle convenzioni ma- rittime, che incontra forti resistenze, le quali continuano nonostante l’inter- vento in sua difesa del ministro Schanzer. Giolitti comunica alla Camera che il senatore Piaggio a nome del Lloyd italiano ha rinunciato alle con- venzioni già stipulate, perciò chiede che la discussione sia sospesa. Il 18 novembre 1909 Giolitti presenta alla Camera un disegno di legge di riforma tributaria in cui si propone di dimezzare l’imposta di fabbrica- zione dello zucchero e la progressiva attenuazione della difesa doganale del prodotto. Poiché si provoca in tal modo una minore entrata di entità co- spicua, se ne propone la copertura con una modifica dell’imposta sulle suc- cessioni in modo sempre più progressivo nei confronti dei più grandi pa- trimoni, nonché con l’aumento della tassa sulla circolazione dei titoli al portatore e una serie di provvedimenti volti a eliminare gli abusi. Inoltre si istituisce un’imposta progressiva sui maggiori redditi netti di ciascun con- tribuente, cioè sul complesso dei redditi di terreni, fabbricati e di ricchez- za mobile. In quella stessa seduta il Governo presenta una serie di disegni di legge di carattere programmatico, tra i quali una nuova versione di quello sulle convenzioni marittime. Il 1° dicembre gli Uffici si esprimono negativamen- te sul disegno di legge di riforma tributaria e il giorno successivo Giolitti comunica alla Camera che in conseguenza di quel voto ha presentato al Re le dimissioni sue e del Governo.

13) II Governo Sonnino – Novità procedurali. Il 18 dicembre 1909, Sid- ney Sonnino presenta il suo secondo Governo, che è stato nominato dal Re il 10; Marcora si dimette da Presidente della Camera e l’Assemblea, su proposta dello stesso Sonnino respinge le dimissioni. Marcora presiede la Camera nella discussione sulle comunicazioni del Governo, che si conclu- de il 20 dicembre senza un voto. Questo Governo ha una fisionomia più chiaramente conservatrice rispetto al primo Sonnino: non ne fanno parte i radicali mentre sono presenti molti esponenti del centro e della destra e inoltre si regge sulla non ostilità dei giolittiani. Prosegue l’esame dei bilanci presentati dal precedente Governo che sono già all’attenzione della Camera. L’11 febbraio 1910 Sonnino presenta una serie di disegni di legge di cui spiega alla Camera le finalità, collocandoli in una visione riformatrice organica assai ambiziosa ma non sufficientemen- te realistica. Poiché si devono eleggere due Vicepresidenti, in sostituzione rispettiva- mente di Francesco Guicciardini nominato Ministro degli esteri e di Andrea Costa, deceduto il 10 gennaio, nella seduta del 12 febbraio 1910, il Presi- dente dichiara che in base al sistema per l’elezione della Presidenza ciascun deputato deve votare un solo nome; la Camera concorda con tale imposta- zione che consente il rispetto delle minoranze nella formazione dell’Ufficio 18 Introduzione di presidenza 17. Risultano eletti Cesare Fani ed Ettore Sacchi. Il Presiden- te chiama a far parte della Giunta per il regolamento Bruno Chimirri in so- stituzione di Alfredo Codacci-Pisanelli nominato sottosegretario di Stato. La discussione sulle comunicazioni del Governo si conclude col voto per ap- pello nominale su un ordine del giorno che il Governo ha accettato. Il Presidente Marcora censura l’abitudine di presentare mozioni con un numero esorbitante di firme: una ne reca 143, e due altre rispettivamente 148 e 181. Dispone che siano pubblicate solo le prime dieci firme che sono richieste dal regolamento. La questione è sottile ma di notevole importanza: la mozione è uno strumento procedurale volto a provocare una votazione su un determinato argomento dopo che sia stato esaminato dall’Assemblea in pubblico contraddittorio; non appare perciò facilmente conciliabile con tale natura che esso sia appoggiato da un numero di firme che prefiguri già una maggioranza. Non si può tacere nemmeno il sospetto che molte di tali firme siano date soltanto per compiacere un parlamentare amico e non per sincera convinzione: entrambe le situazioni appaiono appunto censurabili 18. Il 15 marzo 1910 riprende in Aula la discussione del disegno di legge sulle convenzioni marittime presentato dal Ministro della Marina Bettòlo, in sostituzione del disegno di legge Schanzer che aveva incontrato tante diffi- coltà. Tuttavia anche questo dà luogo a una serie di interventi critici e il 21 marzo, poiché l’opposizione al disegno di legge si è fatta vieppiù viva- ce e la maggioranza giolittiana che ha sostenuto il progetto Schanzer non accetta di votare per quello Bettòlo, piuttosto che andare incontro alla sua reiezione Sonnino dichiara di aver presentato al Re le dimissioni del Go- verno, deludendo le aspettative di Giolitti che avrebbe voluto che il Go- verno Sonnino durasse più a lungo per consentirgli di preparare il proprio ritorno. Il deputato Barzilaj osserva che il Governo, «che ha assunto l’uf- ficio senza un voto della Camera lo abbandona nelle stesse condizioni» 19.

14) Governo Luzzatti: aspettative di Giolitti – Si discute sulla riforma del Senato. La fine del Governo Sonnino, avvenuta senza un voto della Camera a seguito di una discussione, ostacola il disegno di Giolitti di pre- sentarsi subito come valido successore e rende quindi necessario per lui che si formi un altro governo di transizione, questa volta più orientato a sinistra. Il 28 aprile 1910 presenta alla Camera il Gover- no che ha formato, dopo che Marcora ha declinato l’invito del Re. Luz- zatti è una personalità di grande rilievo nel panorama politico italiano, noto e apprezzato esperto di economia ha fatto parte di molti governi, per lo più come Ministro del tesoro o delle finanze e rispettivamente con

17 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 11 febbraio 1910, pag. 4885. 18 Ivi. Seduta 4 marzo 1910, pag. 5679. 19 Ivi. Seduta 21 marzo 1910, pag. 6391. Anton Paolo Tanda 19 l’interim dell’altro dicastero economico. Si tratta per la maggior parte di governi di destra: di Rudinì, primo Sonnino, ma anche del Governo Gio- litti-Tittoni. La compagine governativa, chiaramente spostata a sinistra con la presen- za dei radicali Sacchi e Credaro, è profondamente rinnovata rispetto al Go- verno Sonnino: e Francesco Tedesco, due dei principali colla- boratori di Giolitti, sono rispettivamente alle Finanze e al Tesoro, mentre agli Esteri è Antonino di San Giuliano. Si tratta di un esperimento posto in essere per dare vita a una politica orientata non soltanto in senso so- ciale ma anche di apertura a varie forze politiche e di comune ispirazione, in modo da preparare il ritorno di Giolitti. Egli stesso ha indicato a pre- siederlo Luzzatti, politico navigato, di impostazione liberale e di destra, lar- gamente apprezzato negli ambienti politici, la cui statura intellettuale e po- litica lo rende non inviso anche all’ala cattolico-conservatrice. La discussione sulle comunicazioni del Governo si conclude il 30 aprile con l’approvazio- ne a larga maggioranza di un ordine del giorno accettato dal Governo. La Camera approva – e successivamente diverrà legge – il progetto pre- sentato dal nuovo Ministro della marina ammiraglio Leonardi Cattolica sulle convenzioni marittime, nonostante non si discosti molto dal progetto Bettòlo, su cui il Governo Sonnino si era dimesso. Al Senato emerge nuovamente il problema della sua riforma, a seguito di una interpellanza del senatore Giorgio Arcoleo; si costituisce una com- missione di studio, presieduta dal senatore Gaspare Finali, che produrrà una relazione redatta da Arcoleo ma non si avrà alcun seguito concreto.

15) Nuova riforma del regolamento. La Giunta per il regolamento, nelle sedute del 13 maggio e 25 giugno 1910, esamina numerose proposte di mo- difica del regolamento di notevole importanza. Si riprende anche l’esame della vexata quaestio della procedura per l’esame delle domande di autoriz- zazione a procedere nei confronti di deputati. La proposta non si discosta dal sistema allora in vigore e si limita a prevedere un termine di quindici giorni alle Commissioni elette dagli Uffici per il loro esame per riferire al- l’Assemblea e di 30 nel caso in cui si sia fatta richiesta di documenti al Ministero e che, comunque, l’esame delle domande di autorizzazione non possa superare i sessanta giorni dalla data di costituzione delle Commissio- ni. La Giunta propone inoltre la costituzione di una Commissione perma- nente di undici membri per l’esame dei trattati di commercio e delle que- stioni attinenti a essi e alle tariffe doganali. Il 27 giugno, Attilio Brunialti presenta la relazione e il testo defini- tivo delle proposte di modificazioni al regolamento, predisposte nelle due sedute dalla Giunta 20. La discussione in Aula si svolge il 13 dicem-

20 Vedi Allegato N. 20. 20 Introduzione bre 1910 21. Il Presidente Marcora, ponendo all’attenzione dell’Assemblea le proposte della Giunta fa una dichiarazione che si può definire di costu- me parlamentare. Osserva che si tratta di poche modificazioni, mentre il regolamento ne richiederebbe di ben altre, ma ritiene, sulla base della sua lunga esperien- za, che quelle cui intende riferirsi abbisognano di una più lunga prepara- zione. «Intendo accennare alla disposizione per la quale lo svolgimento delle interpellanze viene rimesso al giorno fisso del lunedì; in conseguenza di che molti deputati si assentano dal sabato al martedì, rendendo impossibile il procedere a votazioni, se non che al mercoledì o al giovedì. Vi è così il pericolo che, un giorno o l’altro, i deputati ed anche il Governo abbiano l’amara sorpresa di vedere qualche buona riforma respinta in seguito a ma- novre di corridoio, con le quali poi si miri a produrre crisi o crisette. (Si ride. Approvazioni)». Tocca così un punto veramente nevralgico del costume parlamentare molto resistente, tanto è vero che la questione viene ripresa molte volte nella vita del nostro Parlamento, con alterne fortune e che comunque rimane sem- pre all’attenzione del legislatore regolamentare. L’altra questione che solleva importanti interventi è quella relativa al- l’ordine del giorno degli Uffici e alla sua pubblicità, per garantire in ma- niera equa che tutti i parlamentari, di opposizione oltre che della maggio- ranza, siano tempestivamente informati del momento in cui un determinato progetto di legge sia effettivamente all’esame dell’Ufficio di cui fanno parte. Vale la pena di segnalare un altro punto, che a tutta prima potrebbe apparire minore ma che incontra l’opposizione della Giunta e suscita im- portanti discussioni nell’Assemblea. Nelle votazioni nominali i deputati sono chiamati in ordine alfabetico, a cominciare quindi dalla lettera A. Il deputato Valli, la cui iniziale è forse all’origine della sua proposta, chiede che si proceda all’estrazione a sorte della lettera da cui comincia- re l’appello 22. Le questioni che abbiamo or ora esaminato hanno la loro origine lonta- na nella conformazione geografica dell’Italia, cui si è già accennato, che crea naturalmente discriminazioni a sfavore dei parlamentari che vivono più lontano dalla Capitale. Per le interpellanze è illuminante la dichiarazione del Presidente Marcora mentre per le altre due occorre sottolineare quan- to già è stato esposto: nel periodo in esame l’ufficio di deputato – e di senatore – è gratuito, ovverosia a carico del parlamentare medesimo, che deve provvedere di tasca propria agli spostamenti e alla spese di soggior- no a Roma. Le Camere sono ancora ben lontane da offrire servizi conve- nienti ai loro membri, anche se vi sono stati sempre notevoli sforzi per

21 Vedi Allegato «F». 22 Vedi Allegato N. 16. Anton Paolo Tanda 21 rendere meno gravoso il loro lavoro, ma ciò non è ben visto dalla pubbli- ca opinione o forse soltanto dalla stampa. Un congruo preavviso sulla trat- tazione da parte degli Uffici di un determinato argomento o il fatto di es- sere chiamato prima o dopo a esprimere il voto può significare anche un’abbreviazione del proprio soggiorno a Roma. Il deputato Valli è chia- mato sempre tra gli ultimi! Tuttavia pone correttamente la questione come applicazione del principio di uguaglianza tra tutti i deputati. La Giunta non ha approvato la proposta Valli, ritenendo che non ver- rebbe accettata dall’opinione pubblica; qualcuno, addirittura, curiosamente opina che sembrerebbe una mancanza di coraggio ad esprimere il proprio voto; alla fine la proposta Valli che prima di procedere alle votazioni per appello nominale il Presidente estragga a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama, è approvata. Questa norma è ancora in vigore nei regolamenti delle due Camere ed è così di buon senso che a nessuno è venuto mai in mente di proporne l’abrogazione. Un’altra proposta di modifica, che ha poi avuto fortuna non solo alla Camera ma anche al Senato, è quella relativa alla possibilità per il depu- tato di avere una risposta scritta alla sua interrogazione. In effetti la pro- posta privilegia comunque l’interrogazione a risposta orale, che gode ovvia- mente della pubblicità dell’Aula, ma fino a quando essa non sia arrivata allo svolgimento in Assemblea può ricevere dal Governo una risposta scrit- ta. Naturalmente nella discussione emerge il problema della pubblicità da dare alla risposta e quindi si stabilisce che sia pubblicata nel Resoconto ste- nografico della seduta in cui se ne è data notizia. Il 21 dicembre 1910 il Governo presenta alla Camera il disegno di legge di riforma della legge elettorale volta ad introdurre il suffragio universale maschile.

16) Ancora sulla libertà di espressione dei membri del Parlamento e altre questioni procedurali – Rapporti tra Commissione e Assemblea – Riforma della legge elettorale. In riferimento alla libertà di espressione del deputato nell’esercizio delle sue funzioni si ha un’importante dichiarazione del Pre- sidente di turno Camillo Finocchiaro-Aprile in replica al Ministro degli este- ri di San Giuliano, che protesta per talune espressioni usate dal deputato Cabrini, da lui ritenute offensive nei confronti del Giappone: non ha udito pronunziare parole offensive perché in tal caso avrebbe richiamato l’orato- re. «Quanto poi agli apprezzamenti, ogni deputato è giudice della oppor- tunità di quelli che crede di esprimere» 23. Il 26 gennaio 1911, il Presidente Marcora, dopo che l’Assemblea ha ap- provato la presa in considerazione di una proposta di legge declina ferma-

23 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 24 gennaio 1911, pag. 10693. 22 Introduzione mente l’invito a nominare la Commissione, per la delicatezza della questio- ne e, entrando insolitamente nel merito, dichiara: «Per esempio ho sentito poco fa che sono ancora ventimila i superstiti volontari delle campagne na- zionali, sprovvisti di mezzi di sussistenza, ed ai quali si tratterebbe di con- cedere l’assegno. Ciò significherebbe che quarant’anni fa c’erano sotto le armi non meno di duecentomila uomini con Garibaldi. Ora io questo non posso ammettere» 24. Nella discussione di una mozione del deputato socialista Canepa sul ca- rovita, il 2 febbraio 1911 si verifica un caso interessante sotto il profilo procedurale. Sull’approvazione di un emendamento alla mozione, aggiunti- vo dell’espressione «La Camera … confida nell’opera del Governo» il Go- verno pone la questione di fiducia. L’emendamento, posto in votazione per appello nominale trattandosi di questione di fiducia, è approvato a larga maggioranza ma poi la mozione è respinta con votazione per alzata di mano. A stretto rigore, col voto negativo sulla mozione deve essere considerato travolto anche l’emendamento approvato con la votazione nominale sulla fi- ducia e che della mozione è ormai parte integrante, poiché proprio in quan- to emendamento esso non ha vita autonoma. Il Governo non reagisce alla situazione e perciò è da pensare che alla votazione sia stato attribuito uni- camente valore politico, cioè che la Camera rinnova comunque la fiducia al Governo. Il 14 marzo viene proposto, da Bissolati e altri e Fera e altri, di fissare un termine per la presentazione della relazione alla Commissione dei di- ciotto, incaricata dell’esame del disegno di legge di riforma elettorale. La discussione, che si svolge il 18 marzo, presenta aspetti molto interessanti. La Commissione ha adottato una deliberazione secondo la quale essa non vuole «esautorare la Camera attuale con la sollecita presentazione della re- lazione», ma passa all’esame del merito del provvedimento solo in conside- razione del fatto che il medesimo suggerisce che sia applicato solo dopo il 1912. La questione è rilevante, soprattutto in ordine al problema dei rapporti tra la Commissione e l’Assemblea, la quale non può in alcun modo pro- cedere se la Commissione non riferisce sul progetto di legge; unico rime- dio sarebbe la fissazione di un termine entro il quale riferire all’Assemblea. La discussione è molto lunga e approfondita: interviene anche Giolitti per sostenere l’introduzione del suffragio universale maschile. Alla fine la Ca- mera approva a larga maggioranza un ordine del giorno Pozzi che non con- tiene l’indicazione del termine per la presentazione della relazione. Questo significa che la Camera non intende affrettare l’iter della riforma e per que- sto i ministri radicali Sacchi e Credaro, che della riforma hanno fatto un punto qualificante della loro partecipazione al Governo, si dimettono da

24 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 26 gennaio 1911, pagg. 11475-11476.

Anton Paolo Tanda 23 ministri. Il 20 marzo Luzzatti comunica alla Camera di aver presentato le dimissioni sue e del Governo. Termina così l’esperimento di un Governo che avrebbe dovuto far affio- rare una nuova maggioranza in grado di porsi come alternativa seria alla maggioranza giolittiana e termina proprio col contributo determinante della sinistra radical socialista, che pure ha contribuito alla sua formazione.

17) IV Governo Giolitti – Nuovo «no» dei socialisti alla proposta di en- trare nel Governo. Il 6 aprile 1911 presenta alla Camera il suo Governo, che il Re ha nominato il 29 marzo. Per la formazione del suo quarto Ministero, Giolitti riprende il suo vecchio progetto fallito nel 1903, di allargare la base del Governo con l’apporto dei socialisti per inte- grarli nel sistema. Ora il terreno si è fatto più praticabile a seguito del suc- cesso dell’ala riformista del partito verificatosi fin dal 1908; anche il Gover- no Luzzatti si era mosso in quella direzione. Ora Giolitti offre esplicitamente a Leonida Bissolati il Ministero dell’Agricoltura, industria e commercio, men- tre auspica l’ingresso al Governo anche di altri esponenti socialisti. Giolitti è ben consapevole che il programma che intende proporre e at- tuare non avrebbe alcuna possibilità di successo senza l’appoggio dei socia- listi, poiché sa bene che l’ala conservatrice della sua maggioranza non gli permetterebbe le aperture al sociale che intende attuare. Intanto l’introdu- zione del suffragio elettorale maschile esteso anche agli analfabeti che abbiano trent’anni di età o abbiano compiuto il servizio militare, nonché l’istituzione dell’indennità ai deputati e del monopolio statale delle assicu- razioni sulla vita in vista della creazione di un fondo per le pensioni ope- raie, richiedono l’apporto dei socialisti e soprattutto l’adesione popolare. In ambito parlamentare questo comporta il definitivo sfaldamento della gran- de coalizione liberale cui lavora costantemente Sidney Sonnino. Bissolati non accetta l’invito a entrare nel Ministero per molte ragioni, alcune di carattere personale, ma soprattutto perché non è certo che il par- tito socialista sia già sufficientemente preparato per tale decisivo passo. Tut- tavia ne promette l’appoggio esterno e, fatto di importanza per quel tempo sconvolgente, accetta di andare al Quirinale per essere consultato dal Re. Quando il suo rifiuto della nomina non è stato ancora reso noto tutti gli ambienti più conservatori e soprattutto i clericali giudicano la sua andata al Quirinale come preludio a un pericoloso Governo Bissolati-Giolitti e quindi un pernicioso cedimento al sovversivismo; dall’altra parte l’ala più intransigente dei socialisti la critica fortemente e viene perfino espresso di- sgusto per quello che appare ad essa un ingiustificato cedimento alle isti- tuzioni borghesi. Da parte di taluni autorevoli esponenti radicali invece l’atteggiamento di Bissolati viene considerato come un avvio alla grande democrazia. Da parte sua Giolitti incassa il terzo rifiuto socialista, osservando che al di là degli 24 Introduzione individui nel partito non è ancora maturata la condizione per assumere re- sponsabilità di governo. Si tratta d’altronde di un processo che vede il so- cialismo italiano in ritardo rispetto al socialismo europeo e questo ritardo avrà poi conseguenze nefaste nel momento in cui sarebbe necessaria l’unio- ne delle forze per combattere il fascismo. Il dibattito sul programma del Governo si snoda attraverso critiche vio- lente e analisi approfondite: ne vengono messe in luce le lacune, interpre- tate variamente le finalità, ma in sostanza la critica più che al programma di governo è rivolta al «giolittismo» in quanto tale, per quanto vi è di am- biguità, di confusione tra ciò che è Stato e ciò che è governo o ammini- strazione. La sua apertura sociale è temuta, o confusa con espedienti tatti- ci per perpetuare con nuovi apporti di voti quella che senza mezzi termini viene qualificata come una «dittatura». Tuttavia, nella seduta dell’8 aprile 1911 il quarto Governo Giolitti ottie- ne 340 voti favorevoli su 437 votanti. La seduta del 10 luglio 1911, che si conclude senza un qualsiasi accenno alla situazione internazionale che sfo- cerà nella guerra italo-turca, è l’ultima fino al 22 febbraio 1912.

18) Il Parlamento statutario e la sua crisi. Continua il declino del Parla- mento iniziato con la crisi di fine Ottocento e che si ripercuoterà in modo così pesante sulla vita politica e sociale italiana, con la marcia su Roma e il consolidamento del fascismo. Non è però corretto paragonare questa crisi a quella innescata dal fascismo, poiché comunque a dire l’ultima parola è stato pur sempre il Parlamento la cui composizione non è in nessun modo paragonabile alla Camera uscita dalle elezioni dell’aprile 1924 e a quel Se- nato rimaneggiato. Vale la pena di ricordare che nello Statuto Albertino non è mai usato il termine parlamento, estraneo alla cultura costituzionale che è alla base di quella carta octroyée: infatti le Camere che vi sono de- lineate sono paragonabili più a consilia principis, che a un vero e proprio parlamento moderno. Nel 1848 durava ancora la paura sparsa nell’Europa continentale dalle assemblee della Francia rivoluzionaria, perché un sovra- no Ancien Régime qual era sostanzialmente Carlo Alberto potesse accetta- re un vero parlamento; anche la cultura giuridica del tempo, nella previ- sione non andava al di là di un puro e semplice costituzionalismo. Ricordiamo che Sidney Sonnino, con l’articolo «Torniamo allo Statuto» pubblicato anonimo nel 1897, ha propugnato il ripristino di quel costitu- zionalismo, con l’abolizione di tutta l’evoluzione in senso parlamentare af- fermatasi nel frattempo in via di prassi, divenuta ormai obbligatoria, per il carattere flessibile di quella costituzione. Occorre altresì mettere tutto questo in correlazione anche con le strut- ture parlamentari: il Senato è di nomina regia, formato in base al censo o all’appartenenza all’aristocrazia (i prìncipi reali ne fanno parte di diritto) o all’alta amministrazione.

Anton Paolo Tanda 25

La Camera è eletta da un corpo elettorale anch’esso basato sul censo e molto ristretto. Com’è noto, la prassi in senso parlamentare già fin dalla Camera dei deputati del Regno di Sardegna, esclude il Senato dalla fidu- cia al Governo il quale rimane pur sempre il Governo del Re; e questi at- traverso la sanzione delle leggi approvate dalle Camere è anch’esso titolare dell’esercizio del potere legislativo. Questo principio continua a esercitare la sua influenza: come si è visto prima, vari Governi entrano in carica e vi rimangono anche senza un voto parlamentare, tuttavia, dopo un voto negativo che rompa il rapporto fidu- ciario, o quando ritengono che non esista più, essi si dimettono. Per il principio che il Governo è il Governo del Re avviene che questi si riser- va sempre la scelta dei titolari dei «Ministeri militari», Guerra e Marina e talvolta anche degli Esteri. Si tratta per lo più di militari anche in servizio attivo, quindi legati al Re da un doppio giuramento di cui quello militare precede quello di ministro; se non sono membri di una delle Camere sono nominati senatori. La nomina dei senatori è prerogativa del Re, ma proprio per la struttu- ra istituzionale complessiva appartiene in via sostanzialmente esclusiva al Governo, il quale usa le nomine di senatori, le così dette «infornate», per piegare eventuali resistenze della Camera Alta, in senso reazionario oppure di apertura, secondo l’indirizzo del Governo in carica. Gli stessi senatori, o almeno quelli di essi che ne formano il nucleo più attivo, percepiscono la limitatezza della loro funzione istituzionale e cercano, come si è visto prima, di ovviare ai principali inconvenienti incontrando se non l’aperta ostilità l’indifferenza dei più: infatti, il Senato continua a perdere importan- za politica rispetto alla Camera elettiva.

19) Prodromi della guerra italo-turca. Scorrendo le pagine degli Atti Par- lamentari si può constatare che quando la nazione è in guerra il Parla- mento è in pace; come risulta evidente nel periodo che stiamo esaminan- do. Anche la guerra italo-turca viene dichiarata, combattuta e conclusa, si potrebbe dire «all’insaputa» del Parlamento. L’articolo 5 dello Statuto recita: «Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il capo supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare: dichiara la guer- ra: fa i trattati di pace, d’alleanza, di commercio ed altri, dandone noti- zia alle Camere tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato il permet- tano ecc. ecc.». Fin dagli ultimi anni del XIX secolo l’Italia è stata attraversata da cor- renti di opinione volte a favorire le imprese coloniali, poiché è la sola po- tenza europea rimasta quasi priva di colonie. Nello scacchiere mediterraneo l’unica possibilità di conquista è individuata nella Libia, facente parte dei domini turchi. Si afferma, in modo acritico e senza corrette analisi sul posto, che quelle popolazioni sarebbero insofferenti di quel dominio e quindi fa- 26 Introduzione ciliterebbero le mire italiane. Vi è inoltre la tradizionale politica estera ita- liana volta ad affermare un certo diritto dell’Italia come potenza mediter- ranea insoddisfatta nella distribuzione dei territori coloniali. Si apre inoltre un’accesa campagna giornalistica per favorire la guerra che è presentata come quasi doverosa per l’affermazione della dignità dell’Ita- lia nel panorama internazionale. Ha certamente il suo peso anche il ricor- do di Adua, per riscattare la quale i nazionalisti e non loro soltanto vedo- no nella conquista della Cirenaica e della Tripolitania un corrispondente adeguato alla politica di conquista coloniale delle altre potenze europee e, per il mondo cattolico, un’occasione per dimostrare il lealismo nazionale dei cattolici italiani. D’altro canto tutta la politica estera italiana fin dai tempi di Visconti- Venosta (Governi di Rudinì) è diretta ad affermare il diritto dell’Italia a una quota nella assegnazione delle colonie e delle zone di influenza. Nella Tripolitania e nella Cirenaica si sono già impiantati gli interessi italiani soprattutto per l’opera del cattolico Banco di Roma. Pur essendo legata agli Imperi centrali dalla Triplice Alleanza, l’Italia favorisce volta a volta la Francia, la Gran Bretagna e la Russia, proprio in vista del persegui- mento di quella politica con una ambiguità che suscita l’affermazione senz’altro benevola da parte del Cancelliere tedesco von Bülow sui famo- si «giri di valzer». Si affacciano anche i richiami alla romanità, quasi che l’occupazione di quei territori sia niente di più di un ritorno dell’Italia su un suolo che sa- rebbe stato suo e da parte cattolica si affaccia anche l’idea di una certa ri- valsa sul mondo mussulmano. In effetti sono poche, anche a sinistra, le voci di opposizione a quella visione e solo pochi decenni dopo la stessa retorica nazionalistico-rivendicativa produrrà rilevanti effetti sempre in rela- zione con la politica coloniale, in un tempo in cui già si potrebbero intra- vedere i primi segni della revisione del colonialismo. Nella campagna giornalistica vi è un fronte molto combattivo nel soste- nere che dopo aver perduto le precedenti questa è l’ultima occasione per evitare che l’Italia resti definitivamente esclusa da una efficace presenza nel Mediterraneo, che la confinerebbe tra le nazioni di rango inferiore. In ef- fetti, quel fronte giornalistico è espressione di una corrente conservatrice fautrice di una politica di intervento militare che salti la via diplomatica, attivando la quale si correrebbe il rischio che all’Italia vengano proposti compensi in ambito europeo per escluderla definitivamente dalla politica coloniale. Vi è poi il sostegno a un indirizzo economico di protezione delle industrie nazionali che trae alimento dall’aumento degli armamenti già in- trapresa dai governi. Non le è neppure estraneo il fine interno di mettere in crisi il sistema giolittiano di alleanze, poiché si ritiene improbabile che la sinistra possa di- gerire un intervento militare senza causare problemi alla stabilità del Go- verno. Forse questo può contribuire a spiegare la mancanza di un’opposi- Anton Paolo Tanda 27 zione veramente efficace da parte dell’estrema sinistra. Giolitti indugia molto, prima di decidere l’intervento militare ed è da pensare che egli intenda preparare il terreno sul piano parlamentare prima di rendere pubbliche le sue decisioni.

20) Giolitti, Marcora e la dichiarazione della guerra italo-turca: Italia in guerra Parlamento in pace. Non è possibile dare una spiegazione esaurien- te dell’assoluto segreto tenuto da Giolitti, solitamente attento alla situazio- ne parlamentare, nei confronti delle Camere e anche dello stesso Governo. Il gruppo socialista della Camera, specialmente a opera di Filippo Turati in esecuzione delle deliberazioni del Congresso di Bologna, sollecita il Pre- sidente a convocare la Camera. Marcora rifiuta adducendo ragioni costitu- zionali, secondo cui la Camera può essere convocata soltanto in accordo col Presidente del Consiglio dei ministri e col Presidente del Senato e che il Presidente deve valutare il pensiero dell’intera Camera al riguardo. D’al- tra parte, né lo Statuto né i regolamenti prevedono che le Camere si pos- sano riunire al di fuori delle sessioni indette formalmente dal Re e sostan- zialmente dal Governo, tuttavia non si può non riconoscere che si tratta di una decisione politica e non già giuridico-formale. Una situazione di questo genere non poteva essere posta in essere senza un accordo tra il Presidente Marcora, che si era espresso a favore dell’im- presa libica e Giolitti: al riguardo è stata segnalata una documentazione da cui si desume la partecipazione del Segretario generale della Camera Ca- millo Montalcini a quel sia pur tacito accordo 25. Così alla Camera non ne è data comunicazione ufficiale e non vi si svol- ge alcun dibattito sulla materia e lo stesso Consiglio dei ministri è tenuto all’oscuro della questione fino al momento in cui deve esaminare e decide- re sull’ultimatum alla Turchia. Con questo si chiede a quel governo di ri- tirare le sue truppe dalla Tripolitania e dalla Cirenaica, poste sotto la sua sovranità, al fine di non ostacolare ogni legittima attività italiana su quei territori: in sostanza, quel governo dovrebbe consentire che alcune provin- ce del suo territorio siano occupate dall’Italia. La risposta turca non chiu- de le porte alla trattativa e offre talune garanzie a tutela degli interessi ita- liani in quelle zone, ma è considerata dilatoria dall’Italia, che il 29 novembre invia la dichiarazione di guerra. L’estrema latitudine della norma dell’articolo 5 dello Statuto che abbia- mo riportato prima non permette di considerare censurabile sotto il profi- lo della stretta costituzionalità quel comportamento, anche se l’evoluzione in senso parlamentare dell’ordinamento avrebbe senza dubbio richiesto l’au- torizzazione da parte del Parlamento, come viene poi fatto osservare nella

25 H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell’Italia giolittiana, Camera dei deputati, Roma 1979. Vedi nota a pag. 1090. 28 Introduzione discussione sulla conversione in legge del decreto di annessione della Libia al Regno d’Italia 26. Lo Statuto imporrebbe che le risorse finanziarie necessarie per la con- dotta della guerra siano deliberate dalle Camere mediante una legge, però, da lungo tempo il Governo avvalendosi di una norma statutaria, articolo 6, si è arrogato il diritto di emanare i decreti-legge, salvo poi presentarli alle Camere per la loro conversione in legge. Già nel 1852, Cavour aveva di- feso il Governo per aver disposto con decreto le fortificazioni di Casale; in seguito Pelloux aveva addirittura fatto approvare i bilanci dello Stato con decreto reale. In questo caso vi era stata però una irriducibile oppo- sizione, che aveva costretto il Governo a ripiegare 27. Giolitti non ricorre ai decreti-legge bensì a semplici decreti, avvalendosi della legge 17 luglio 1910, n. 511, approvata proprio in vista dell’amplia- mento degli armamenti, la quale all’articolo 16 recita: «Nei casi eccezio- nali di chiamata alle armi o di servizi di ordine pubblico ed in altre con- simili contingenze, per i quali non siano previsti in bilancio appositi stan- ziamenti, può essere autorizzata l’apertura, a favore del Ministero della guer- ra di un credito straordinario sulla tesoreria centrale mediante decreti reali, su proposta del Ministro del tesoro, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I decreti stessi determinano l’ammontare del credito e il periodo di tempo per il quale è consentito»; l’ultimo comma consente poi in casi par- ticolari di non rendere noto il decreto che ha corso senza registrazione della Corte dei conti, alla quale verrà comunicato una volta cessate le ragioni per cui è stato adottato. L’articolo 50 estende tale norma anche al Ministero della Marina. Eppure, Giolitti, al tempo della crisi Pelloux si era battuto contro quel- la prassi che giudicava anti parlamentare. Forse è ancora valida l’osservazio- ne che abbiamo fatto prima: al tempo della crisi Pelloux l’Italia era in pace, mentre ora è in guerra; dalla seduta dell’11 luglio 1911 la Camera non si riunisce più fino al 22 febbraio 1912 e alla riapertura si occupa esclusiva- mente della conversione in legge dei numerosissimi decreti emanati per fare fronte alla guerra, senza che sorgano questioni sulle ragioni di essa e sulla sua conduzione. I decreti infatti incontrano più spesso le censure della Corte de conti, alla quale viene ordinata la registrazione con riserva, piuttosto che l’opposizione della Camera o almeno di sue parti cospicue. La discussione, accanto a interventi che si risolvono sostanzialmente in una celebrazione della guerra vittoriosa con un’assenza di realismo politico

26 In modo particolarmente vivace dal deputato repubblicano Roberto Morelli, che criti- ca la condotta sostanzialmente segreta della guerra e in generale della politica estera, chia- mando in causa proprio l’articolo 5 dello Statuto, di cui poi il suo partito chiederà la rifor- ma nella campagna elettorale per la XXIV Legislatura. 27 Vedi Le riforme regolamentari di fine secolo (1886-1900) a cura di A. P. Tanda, Ca- mera dei deputati, Roma 1997.

Anton Paolo Tanda 29 che oggi appare ben evidente, registra tuttavia anche forti critiche sull’at- teggiamento tenuto al riguardo. Un attentato a Vittorio Emanuele III da parte dell’anarchico Antonio D’Alba viene sventato per tempo. È unanime la sua condanna e anche i deputati socialisti Bissolati, Bonomi e Cabrini vanno al Quirinale per con- gratularsi col Re dello scampato pericolo. Il loro gesto provoca vivaci po- lemiche che sfociano nell’espulsione dal partito socialista della loro corren- te deliberata dal congresso nazionale di Reggio Emilia e nella fondazione da parte loro del Partito socialista riformista. Il progetto di legge per l’istituzione del monopolio statale delle assicura- zioni sulla vita è un punto programmatico qualificante del Governo Giolitti, in vista della istituzione della Cassa per l’invalidità e la vecchiaia dei lavoratori poveri e solleva l’opposizione durissima delle compagnie di assi- curazione, che scatenano un’infuocata campagna di stampa. L’iter parlamen- tare del progetto, lungo e tormentato, è sospeso per l’interruzione bellica dei lavori parlamentari e riprende alla riapertura.

21) Ripresa dei lavori parlamentari – Riforma elettorale: il così detto «suf- fragio universale». Il 2 maggio 1912, alla Camera inizia l’esame dell’altro di- segno di legge di importanza strategica per Giolitti: la legge elettorale poli- tica. Si innesca una polemica poiché, come si è già accennato, la relazione dei diciotto incaricata del suo esame preliminare contiene una dichiarazione della Commissione che essa «non intende esautorare la Camera attuale con la sollecita presentazione della relazione» e che passa all’esame del proget- to di legge solo perché la sua applicazione sarebbe comunque posticipata al 1913, termine che il presidente della Commissione Lacava rettifica al 1912. In effetti, il progetto prevede un forte allargamento dell’elettorato attivo, che darebbe senz’altro luogo a una configurazione politica molto diversa della geografia parlamentare. Infatti, il diritto di voto è riconosciuto a tutti i cittadini maschi che abbiano compiuto i trent’anni di età, ridotti a ven- tuno per gli alfabetizzati o che abbiano prestato il servizio militare; viene mantenuto il metodo del collegio uninominale nei 508 collegi stabiliti dalla legge precedente. Inoltre, attraverso il meccanismo del rimborso spese fa il suo ingresso il principio dell’indennità parlamentare, fortemente caldeggiato dall’estrema si- nistra. Il riconoscimento del voto alle donne è invece respinto con soli 48 voti favorevoli, 209 contrari e sei astenuti. Il corpo elettorale passa così dall’8,3 al 23,2 per cento sulla popolazio- ne. Non si tratta di un vero e proprio suffragio universale nemmeno ma- schile ma costituisce un notevole ampliamento della base elettorale politica e amministrativa. La sua impostazione di fondo non arriva a modificare profondamente il concetto di capacità elettorale, sul quale si fonda il diritto elettorale statu- 30 Introduzione tario, ma sposta il fondamento del diritto elettorale dalla appartenenza a un ceto al possesso di talune condizioni soggettive, acquisite dal cittadino per essere elettore. Questo poi si evolverà fino a riconoscerne il fondamen- to nel semplice possesso della capacità giuridica, da cui deriverà come con- seguenza logica, anche se a distanza di vari decenni e due guerre mondia- li, il riconoscimento del diritto di voto alle donne. Le Camere proseguono poi i lavori esaminando in via quasi esclusiva i disegni di legge di convalida di decreti reali emanati per fare fronte alle esigenze della guerra. Con la legge 6 luglio 1912, n. 749 è istituito il Mi- nistero della Colonie. Il 26 novembre 1912 Giolitti ne comunica alla Ca- mera la costituzione e la nomina quale titolare di Pietro Bertolini e di Ga- spare Colosimo a sottosegretario, avvenute il 20. Il 3 dicembre comincia l’esame del Trattato di pace di Losanna che mette fine alle ostilità dell’Italia contro la Turchia. È in pratica la prima volta che le Camere si occupano della conduzione della guerra, nei cui confronti, come si è visto prima, si levano poche voci critiche nonostante l’enorme dispendio di energie e di risorse umane e finanziarie, il cui peso ricade sulle classi più svantaggiate. Sul piano parlamentare la loro copertura in bilancio riporta poi in auge, come si vedrà più avanti, l’ostruzionismo parlamentare.

22) L’inchiesta sulla costruzione del Palazzo di giustizia di Roma. Nel 1913, il 30 aprile, alla Camera sono presentati i risultati dell’inchiesta sulla costru- zione del Palazzo di giustizia di Roma. Da essi emerge che vi sono implica- ti quattro deputati; la discussione, che inizia il 6 maggio, è molto lunga e accesa; al quinto giorno il Presidente del Consiglio Giolitti propone che i quattro Vicepresidenti siano incaricati di stabilire quali documenti debbano essere stampati e distribuiti. Il 22 maggio il Presidente Marcora comunica che essi hanno completato il mandato e il 27 si riprende la discussione. Trattandosi della ripresa di una discussione già aperta il Presidente di- chiara che chi è già intervenuto nella discussione non potrà più chiederlo e inoltre che i presentatori di nuovi ordini del giorno se sono già interve- nuti non potranno farlo di nuovo. La discussione viene ancora sospesa per un ulteriore esame dei docu- menti da parte dei Vicepresidenti, coadiuvati dai membri della Commissio- ne di inchiesta; riprende poi nella seduta del 3 giugno. Prima della vota- zione degli ordini del giorno che contengono l’approvazione delle conclusioni della Commissione si svolge una discussione sul valore da at- tribuire all’espressione «La Camera prende atto», contenuta nel dispositivo dell’ordine del giorno Sonnino, che il Presidente ritiene debba essere messo in votazione per primo. Nonostante le rassicurazioni giunte da più parti il deputato Berenini, anche a nome di altri, presenta un emendamento all’or- dine del giorno volto ad aggiungere il concetto che le conclusioni sono ap- provate da parte della Camera. Il Presidente dichiara di non poter ammet- Anton Paolo Tanda 31 tere tale emendamento perché presentato quando ormai l’Assemblea è nella fase della votazione. È invocata l’applicazione dell’articolo 94 del regolamento affinché il Pre- sidente consulti la Camera ma egli insiste sulla sua interpretazione; tutta- via, alla fine consulta l’Assemblea se essa consenta la presentazione di un emendamento «nello stato attuale delle cose»: la Camera accetta. Prima di mettere in votazione l’ordine del giorno Sonnino il Presidente avverte che là dove esso stabilisce che si inviino gli atti all’autorità giudiziaria è chia- ro che si tratta dei soli atti che la riguardano e non già di quelli che ri- guardano la Camera: ciò al fine di tutelarne le prerogative 28. Nella seduta successiva il Presidente Marcora ritorna sull’argomento di- chiarando: «mi indussi a consultare, ma di mia assoluta ed esclusiva inizia- tiva, come espressamente dichiarai, la Camera sulla ammissione di emenda- menti aggiuntivi, che, per le norme costantemente osservate, io riteneva non presentati né in modo né in tempo utile. Ma ripensando alla cosa, e riferendomi ad un caso analogo verificatosi anni orsono […] ho agito, mosso soltanto dai suespressi criteri; e che non può né deve costituire alcun precedente invocabile, non essendo ammissi- bile che la soluzione di questioni regolamentari abbia, anziché per via del- l’ordinaria delicata procedura stabilita a tutela delle minoranze e delle stes- se istituzioni parlamentari, a farsi per semplice voto della maggioranza». La questione della «ghigliottina» di sonniniana memoria della crisi Pelloux è evidentemente molto lontana dalla impostazione presidenziale di Giuseppe Marcora 29. Questo suo atteggiamento apre una prassi, che sarà poi ripresa in epoca repubblicana, per la quale la Presidenza rivendica a sé stessa il diritto – dovere di interpretare il regolamento, fatti salvi i casi in cui ritenga di sen- tire la Giunta per il regolamento o di interpellare l’Assemblea. D’altro canto appare ormai assodato che la procedura parlamentare non può essere de- cisa dalla sola maggioranza, si potrebbe dire come applicazione della logi- ca in astratto, ma ai nostri tempi vi è anche la prescrizione del primo comma dell’articolo 64 della Costituzione. In sostanza, il Presidente Marcora afferma in modo netto che la funzio- ne della Presidenza è di garanzia non solo dei lavori parlamentari ma anche della correttezza dei rapporti interni alla Assemblea: tutela del diritto della maggioranza a governare nel pieno rispetto del diritto delle minoranze ad opporvisi, affermando altresì la propria posizione sulle singole questioni, salvo il dovere per esse di adeguarsi alle deliberazioni della maggioranza. Deliberazioni sul merito delle singole questioni, non sulle procedure rego- late da norme prefissate, la cui applicazione non può essere rimessa a una

28 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 3 giugno 1913, pag. 2615. 29 Ivi. Seduta 4 giugno 1913, pagg. 26243-26244. 32 Introduzione deliberazione della maggioranza, salvo casi eccezionali da valutarsi volta per volta dalla Presidenza, come si è visto prima. Tutto questo troverà una so- lenne e perniciosa smentita nel 1924, a seguito della presentazione della mozione Dino Grandi e altri. Il 5 giugno 1913, a seguito dell’approvazione delle conclusioni della Com- missione d’inchiesta si dimettono dalla carica i deputati Giovanni Abignente, Riccardo Luzzatto e Tommaso Mosca e il giorno 7 Alessandro Guarracino, che vi apparivano implicati nella vicenda. Si apre il dibattito sul disegno di legge per l’apertura di un credito straor- dinario per sostenere fino al 31 dicembre 1913 le spese dipendenti dal- l’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica. È prevista anche la facoltà di aumentare a 100 milioni di lire l’emissione di B.O.T. per il 1913-14 30. La Camera respinge una questione sospensiva proposta da Treves e anche un ordine del giorno di non passaggio agli articoli e il disegno di legge è approvato. La Camera si aggiorna a tempo indeterminato. Il 29 settembre 1913 la Camera è sciolta.

23) Elezioni per la XXIV legislatura – Atteggiamento dei cattolici e «Patto Gentiloni». Le elezioni, fissate per il 26 ottobre 1913, si svolgono in base alla legge elettorale approvata di recente. L’elettorato è stato portato a 8.672.849 iscritti da poco più di 3.300.000, pari quindi al 23, 2 per cento della popolazione rispetto al precedente 8,3 per cento. È rimasto invariato il numero dei collegi elettorali e il sistema uninominale con ballottaggio. Dal modo in cui le elezioni si svolgono si arguisce che nelle intenzioni di Giolitti quella modifica, oltre che ad ampliare il consenso intorno alle istituzioni, mira anche ad agevolare e continuare l’uso dei metodi cliente- lari caratteristici dei suoi governi soprattutto tra le masse degli analfabeti. Per contrastare l’innegabile presa elettorale dei partiti dell’estrema sinistra, specialmente dei socialisti rivoluzionari in quel settore di elettorato, è ormai possibile utilizzare il progressivo avvicinamento del mondo cattolico alla po- litica nazionale, poiché sulle altre correnti in esso ha prevalso quella cleri- co moderata sotto l’impulso del conte Ottorino Gentiloni. Parlare di «Patto Gentiloni» non è del tutto esatto perché, stando alle dichiarazioni successive di Giolitti e alla documentazione reperita, un vero e proprio accordo non c’è stato ma vi è stata piuttosto una concordanza di vedute e di interessi della classe borghese cattolica con la classe borghe- se liberale, eccezion fatta per gli aspetti relativi alla politica ecclesiastica. Non vi è una abolizione del non expedit che è soltanto sospeso nei colle- gi in cui o i candidati cattolici hanno sufficienti possibilità di essere eletti o in quelli in cui il loro apporto sia determinante per evitare la vittoria dei candidati socialisti o comunque dell’estrema sinistra, secondo la visione

30 Atti Parlamentari. Discussioni. Sedute 13 e 14 giugno 1913 pagg. 26857-26944 e 26949.

Anton Paolo Tanda 33 della situazione che il Papa Pio X aveva manifestato già da quando era pa- triarca di Venezia. A tal fine, il conte Gentiloni prima delle elezioni invia alle unioni elet- torali cattoliche le istruzioni da seguire per ottenere il risultato cui accen- navamo; si tratta di talune condizioni che devono essere accettate sia pub- blicamente con la loro inclusione nel programma del candidato o anche privatamente per iscritto. A parte i tradizionali punti di difesa dell’unità della famiglia e della istruzione scolastica con libertà di scelta e alla dife- sa dell’istruzione religiosa nelle scuole, ciò che predomina è la preoccupa- zione di evitare il sovvertimento delle istituzioni dello Stato liberale, con cui i cattolici hanno ormai imparato a convivere. La formula dell’appoggio a una «politica che tenda a conservare e rinvigorire le forze economiche e morali del paese, volgendole a un progressivo incremento dell’influenza ita- liana nello sviluppo della civiltà internazionale», fa trasparire l’appoggio alla guerra di Libia sia pure vista in quell’ottica. Il non expedit non è attenua- to invece per quanto riguarda la fondazione di un partito cattolico e nean- che la formazione di un autonomo gruppo parlamentare. Piuttosto che di un «Patto» si può parlare di patti elettorali in sede lo- cale, almeno stando alle dichiarazioni di Gentiloni dopo le elezioni e, so- prattutto, alla nota dell’Osservatore Romano secondo la quale 228 candida- ti che hanno ricevuto l’appoggio del voto cattolico sono risultati eletti e oltre cento candidati dell’estrema sinistra senza l’opposizione degli elettori cattolici sarebbero stati eletti. Per quanto Gentiloni concluda che i cattoli- ci non devono essere né giolittiani né antigiolittiani e la loro principale preoccupazione deve essere la difesa della libertà religiosa, non esclude il loro appoggio alla politica generale del Governo in quanto non collida ap- punto con quei princìpi. Si tratta in definitiva di un collateralismo limita- to in funzione antisovversiva senza l’ambizione di influire sulle scelte stra- tegiche di governo. Giolitti reagisce abbastanza seccamente a queste affermazioni, alle quali pe- raltro fanno seguito le smentite di molti deputati chiamati in causa sulla firma degli accordi; nel discorso della Corona è riaffermata la laicità dello Stato e la continuazione della politica nei confronti della Chiesa cattolica basata sulle leggi dello Stato. Ma il dibattito assume toni sempre più alti e alle critiche per l’appoggio dei cattolici si aggiungono quelle ancora più aspre sui meto- di seguiti nella gestione delle elezioni, in cui si sarebbero verificati numero- si episodi di corruzione, d’intimidazione e di aperta violenza nei confronti degli elettori non governativi. La polemica si fa anche più aspra di quelle che erano seguite ai due precedenti turni elettorali gestiti da Giolitti.

24) La XXIV legislatura – La Giunta per il regolamento e il Segretario generale – Fine del IV Governo Giolitti. La legislatura si inaugura il 27 no- vembre 1913 nell’Aula del Senato; la Camera si riunisce il giorno succes- 34 Introduzione sivo; Giolitti comunica la nomina di alcuni ministri e sottosegretari di Stato. È eletto per la quarta volta Presidente della Camera Giuseppe Marcora, con 304 voti su 474 votanti; al socialista Prampolini ne vanno 81. Il 29 novembre Marcora comunica di aver chiamato a far parte della Giunta per il regolamento i deputati Barzilaj, Ivanoe Bonomi, Campi, Cer- menati, Cirmeni, Alfredo Codacci-Pisanelli, Compans, Da Como, Lucifero, Luigi Rossi. La Giunta si riunisce il giorno successivo e il Presidente Mar- cora si riserva di presentare qualche proposta per migliorare l’andamento dei lavori e ritiene che si debba procedere al coordinamento del testo del regolamento con le modifiche fino ad allora approvate e incarica il Segre- tario Generale di effettuarlo. È questa la prima volta in cui al Segretario Generale è attribuito un compito in materia di regolamento. La proposta che la Giunta sia convocata anche una volta al mese è respinta e resta in- teso che sarà convocata quando ne sorga la necessità. Tuttavia, la prima se- duta successiva di cui esiste il verbale sul registro che pubblichiamo risale all’11 giugno 1916. Nelle sedute in Aula si hanno subito le prime avvisaglie della battaglia delle opposizioni sullo svolgimento delle elezioni. Nella seduta del 1° di- cembre 1913 il deputato socialista Ciccotti fa un richiamo al regolamento perché l’Assemblea si appresta a convalidare, su proposta della Giunta delle elezioni, l’elezione di numerosi deputati mentre l’argomento non figura al- l’ordine del giorno della seduta, sulla base di una norma del regolamento interno di quella Giunta e non di quello generale. Il Presidente Marcora osserva che la norma in questione fa parte del regolamento generale secon- do una consuetudine consolidata e rifiuta di consultare l’Assemblea, riba- dendo la sua convinzione che il regolamento non si interpreta a maggio- ranza a tutela proprio delle minoranze. In effetti, la consuetudine cui si riferisce Marcora è seguita tuttora 31. La discussione sull’indirizzo di risposta al discorso della Corona solleva accese discussioni sulla politica generale del Governo, sulle condizioni eco- nomiche del paese e si affaccia anche la questione dei modi della parte- cipazione dei cattolici alle elezioni. La situazione parlamentare si è fatta molto difficile per Giolitti, non soltanto per l’aumento dei deputati di op- posizione a sinistra, ma anche per la difficoltà di tenere unita, soprattut- to sulle materie tributarie e dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattoli- ca, la maggioranza dei liberali che inoltre conta moltissimi parlamentari di prima elezione. Sull’approvazione dell’ordine del giorno puro e semplice presentato da Carcano, Giolitti pone la questione di fiducia e ottiene 362 sì contro 90 no 32; hanno espresso voto contrario anche alcuni radicali. In-

31 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 1° dicembre 1913, pagg. 20-21. 32 Ivi. Seduta 18 dicembre 1913, pag. 465. Anton Paolo Tanda 35 fatti, il successivo congresso di quel partito delibera a maggioranza di pas- sare all’opposizione; non si verifica però l’uscita dal Governo dei ministri radicali. Il disegno di legge sulla precedenza del matrimonio civile su quello re- ligioso, non accetto al mondo cattolico, voluto appunto da Giolitti per sot- tolineare la sua indipendenza da esso, benché accettato dalla Commissione eletta dalla Camera è respinto a maggioranza dall’Assemblea. Il 9 febbraio 1914, sabato, in fine di seduta, essendo venuto a mancare il numero legale il Presidente Marcora così si esprime: «Ora, proprio mi sembra che un certo numero di deputati, nonostante l’indennità, non si dia affatto pensiero del regolare andamento dei lavori parlamentari, e lo po- sponga all’orario delle ferrovie!» 33. Il 10 febbraio 1914 si apre alla Camera la discussione generale del di- segno di legge per il finanziamento delle spese, in gran parte già effettua- te, in dipendenza della guerra di Libia e dell’occupazione delle isole del Mar Egeo e per la convalida dei decreti reali emessi dal 29 giugno al 30 dicembre 1913. Il giorno successivo si hanno i primi segni della dura opposizione al provvedimento. La discussione infatti si prolunga fino al 7 marzo, nonostante la deliberazione di chiusura della discussione adottata dall’Assemblea il 27 febbraio. Il 4 marzo, prendendo la parola al termine della discussione sugli ordini del giorno, Giolitti respinge l’accusa di esse- re stato contrario all’impresa libica e di essersi convertito ad essa all’im- provviso. Ammette che effettivamente vi ha riflettuto lungamente e si è de- ciso solo quando si è convinto dei danni che sarebbero derivati all’Italia se si fosse perduta anche quell’occasione 34. L’ordine del giorno di passaggio all’esame degli articoli sul quale non pone la questione politica, viene approvato con 361 sì, 83 no, e 4 astenu- ti. Il disegno di legge nel suo complesso è approvato dall’Assemblea il 7 marzo 1914, con 231 voti a favore e 47 contro. Il 10 marzo Giolitti pre- senta le dimissioni del Gabinetto, profittando dell’occasione offertagli dalle dimissioni dal Governo dei ministri radicali le quali si può pensare siano state da lui stesso sollecitate. Questa è soltanto l’occasione per uno dei ri- tiri tattici di Giolitti in relazione con la situazione parlamentare. Non vi è stato un voto contrario al Governo per cui egli rimane in disparte in at- tesa che la situazione si chiarisca. Sonnino declina l’invito del Re a costi- tuire il nuovo Governo e viene incaricato, su designazione di Giolitti, An- tonio Salandra, uomo della destra conservatrice. Anche nel 1909 Giolitti aveva preferito che a succedergli fosse un conservatore, ciò che lo avreb- be favorito nella successione, come uomo di sinistra capace di aggregare una grande maggioranza riformatrice.

33 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 9 febbraio 1914, pag. 924. 34 Ivi. Seduta 4 marzo 1914, pagg. 1991-1997. 36 Introduzione

25) Governo Salandra – L’ostruzionismo del ’14. Il 2 aprile 1914 Salandra presenta alla Camera il suo Governo, che è stato nominato dal Re il 21 marzo. Oltre ad Antonino di San Giuliano, che rimane agli Affari esteri, ne fanno parte tre ministri della vecchia sinistra zanardelliana mentre tutti gli altri sono uomini del centro o della destra. La maggioranza giolittiana non vi è rappresentata formalmente, ma non gli fa mancare il suo appog- gio, così che sull’approvazione dell’ordine del giorno Bettòlo sul quale Sa- landra ha posto la questione di fiducia, su 434 presenti si registrano 303 voti favorevoli, 122 contrari e 9 astenuti. Lo stesso giorno, 2 aprile 1914, Marcora si dimette in ossequio al vec- chio principio che vuole il Presidente della Camera appartenente alla mag- gioranza che sostiene il Governo. Le dimissioni sono respinte dall’Assem- blea e il giorno successivo Marcora riassume la Presidenza. Al Congresso dello PSI ad Ancona prevale la corrente di sinistra guidata da Costantino Lazzari, che ha un atteggiamento fortemente antimilitarista. È sempre pendente alla Camera il disegno di legge presentato da Giolitti per la riforma tributaria, che in realtà mira a sanare la situazione di bilan- cio creata dal finanziamento delle spese per la guerra per la Libia. Il 4 giugno 1914 si hanno i primi segnali della battaglia parlamentare che sarà combattuta dall’opposizione di sinistra su quel provvedimento. Salandra non insiste sulla sua proposta di ordine del giorno della seduta successiva, però vi ritorna il giorno dopo chiedendo l’inversione dell’ordine del giorno per l’immediata trattazione del progetto di legge tributaria. Messa ai voti la pro- posta è approvata con 223 voti favorevoli e 70 contrari. Si passa alla di- scussione cui viene opposta prima la questione sospensiva Chiesa e, dopo la sua reiezione con votazione nominale, giunge in discussione la questio- ne pregiudiziale Sichel, anch’essa respinta con votazione nominale. La discussione si prolunga per molte sedute, inframmezzata dalla discus- sione di altri argomenti frattanto giunti all’Assemblea e per varie sedute il disegno di legge tributaria non figura all’ordine del giorno. Il 24 giugno il Presidente del Consiglio Salandra chiede che fino all’esaurimento della di- scussione ogni giorno si tenga una seduta antimeridiana e che quella po- meridiana termini alle nove. Questa proposta è posta in votazione per di- visione nell’Aula e poi per appello nominale e infine risulta approvata. L’Assemblea, sempre per appello nominale, respinge la proposta Treves af- finché nella seduta antimeridiana si tratti dei provvedimenti per i ferrovie- ri e nello stesso modo approva la proposta Ruspoli che le sedute pomeri- diane proseguano fino alle dieci. Il giorno successivo la seduta si apre con interventi sul processo verba- le, un intervento per fatto personale e si svolge un’animata discussione su elezioni contestate nel collegio di Foligno; è chiesta prima la votazione no- minale e poi lo scrutinio segreto e durante le operazioni di voto il depu- tato Eugenio Chiesa rovescia le urne. Ne segue grande agitazione e tumul- to anche con colluttazioni, tanto che la seduta è sospesa e alla ripresa al Anton Paolo Tanda 37 deputato Chiesa è inflitta la censura con l’esclusione dall’Aula fino al lu- nedì successivo. Si vota poi sulla proposta di rinvio degli atti alla Giunta delle elezioni, che è respinta con votazione nominale: quindi l’elezione Theo- doli è convalidata. Tutto ciò tuttavia impedisce che siano discussi i prov- vedimenti tributari La seduta successiva, 26 giugno, ha più o meno lo stesso andamento, con interventi lunghissimi sull’elezione contestata di Comiso: un ordine del giorno Modigliani per il rinvio degli atti alla Giunta delle elezioni è respin- to con votazione nominale. Anche sui provvedimenti tributari si hanno in- terventi alquanto lunghi. Treves chiede che vi sia un intervallo di tempo più ampio fra le due sedute «in considerazione del lavoro dei deputati ed anche per un riguardo al personale degli uffici della Camera, e… infine anche per ragioni igieniche». Il Presidente assicura che se la seduta termi- nerà dopo le dodici la seduta pomeridiana si aprirà alle quindici. Il 27 giugno, dopo l’illustrazione degli ordini del giorno presentati duran- te la discussione generale viene all’esame l’ordine del giorno puro e sempli- ce presentato da Turati, che può essere soltanto votato ma non illustrato poiché è stato presentato in ritardo; dopo il parere del Presidente del Con- siglio e del relatore, il deputato Alessio per i radicali si dichiara favorevole al passaggio all’esame degli articoli e l’ordine del giorno Turati è respinto con votazione nominale. Salandra accetta l’ordine del giorno Carcano per il passaggio agli articoli, sul quale il Presidente Marcora dichiara che, essendo il più comprensivo ha la precedenza e, se approvato, farà decadere tutti gli altri. Si hanno vari richiami al regolamento durante i quali Sonnino afferma tra l’altro che l’ordine del giorno positivo ha la precedenza «è questa una consuetudine costante, che non ha mai patito deroga; la ragione di questa presa di posizione è ovvia. Si vota l’ordine del giorno più largo e compren- sivo, perché assorbendo tutti gli altri impedisce, per la serietà dei lavori par- lamentari, che si ripetano inutilmente tante votazioni» 35. In realtà la logica del sistema parlamentare vorrebbe che si mettesse in votazione il maggior numero possibile di opzioni, in modo che l’Assemblea non sia posta dinanzi a una scelta secca in ordine a materie per lo più complesse e delicate. La prassi invocata da Sonnino, il quale ne è assai bene informato come si è avuto modo di esporre nel precedente volume, è stata introdotta in realtà per contrastare le manovre ostruzionistiche ed è stata riportata nei regolamenti oggi vigenti appunto come mezzo estremo per ostruzionismi particolarmente ostinati o pretestuosi. Il Presidente Marcora conferma la sua decisione e si passa alla votazione per parti separate e sull’approvazione della prima parte Salandra si esprime così: «Non ne faccio solo una questione di fiducia. Ne faccio una questio-

35 Evidentemente Sidney Sonnino non ha rinunciato del tutto alle sue aspirazioni alla «ghigliottina parlamentare». 38 Introduzione ne di Stato, e non di Ministero» 36. Entrambe le parti dell’ordine del gior- no sono approvate con votazione nominale. Il 30 giugno il Presidente Mar- cora mette in votazione contemporaneamente vari emendamenti: è la prima volta che si usa una modalità che il regolamento prevede per la votazione finale dei progetti di legge. Si tratta in realtà di una forzatura regolamenta- re poiché per loro natura gli emendamenti hanno carattere incidentale per cui non si può passare a un altro se il singolo emendamento non è stato esaurito, cioè sia stato approvato, respinto oppure sia stato ritirato. Nella discussione per richiami al regolamento, Turati eccepisce che l’ar- ticolo 106 del regolamento consente la votazione contemporanea di più di- segni di legge ma non tratta di emendamenti: «Voi domandate di votare contemporaneamente vari emendamenti. Ciò è impossibile logicamente e cro- nologicamente, perché la votazione o la reiezione di un emendamento ad un articolo produce conseguenze inevitabili, necessarie, indeprecabili (sic) sulla votazione, sull’approvazione o sulla reiezione di un altro emendamen- to sullo stesso articolo […] la decisione su uno di questi emendamenti ha logicamente e necessariamente effetto sul voto da darsi agli altri emenda- menti» 37. Questa è in effetti una efficace descrizione delle conseguenze derivanti dalla votazione di un emendamento sul prosieguo del procedimen- to di approvazione della legge, per cui essi devono essere votati singolar- mente; secondo quel principio possono essere messi in votazione congiun- tamente soltanto emendamenti almeno sostanzialmente identici. Il Presidente Marcora dichiara che argomenta dalla possibilità di votare gli emendamenti a scrutinio segreto come i disegni di legge e ritiene pertanto di poterne mettere in votazione più di tre contemporaneamente come è stato fatto pacificamente più volte. Tale argomentazione non tiene conto appunto della differenza concettuale tra la soluzione di un caso incidentale – l’emen- damento – e la votazione finale di un progetto di legge, la quale non ha va- lore incidentale bensì esclusivamente di merito; la sua è evidentemente una decisione che ha soltanto carattere antiostruzionistico. Nella votazione manca il numero legale, nonostante sia applicata la norma per la quale coloro che richiedono la votazione segreta sono computati come presenti. Il 1° luglio, nella seduta pomeridiana l’Assemblea approva una proposta del Governo, concordata con vari gruppi parlamentari e sostitutiva dell’in- tero disegno di legge, che dispone che i provvedimenti tributari si appli- chino soltanto per un tempo limitato 38. Si può dire che l’ostruzionismo è risultato vincente, ma si è solo a un mese dall’assassinio a Sarajevo dell’ar-

36 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 27 giugno 1914, pagg. 4998-5037. 37 Ivi. Seduta 30 giugno 1914, pag. 5139. 38 L’articolo unico presentato da Carcano recita: «Il Governo del Re è autorizzato ad ap- plicare fino al 30 giugno 1915, in tutto o in parte, le tasse e i diritti contenuti nel dise- gno di legge N. 68-bis A e 68-bis C della Camera dei deputati. I decreti reali che verran- Anton Paolo Tanda 39 ciduca austriaco Francesco Ferdinando e della moglie: il 23 luglio 1914 l’Imperial regio Governo dell’Austria-Ungheria invia l’ultimatum alla Serbia, seguito il 28 luglio dalla dichiarazione di guerra. In tutto questo periodo, così denso di accadimenti parlamentari, di fatti politici interni e internazionali e di incidenti procedurali nei lavori non ri- sulta che la Giunta per il regolamento si sia mai riunita. Mentre alla Camera si svolge la battaglia ostruzionistica sui provvedimen- ti tributari si verifica la «settimana rossa» nelle Marche e in Romagna, in- nescata dallo sciopero generale seguito alla conclusione sanguinosa del co- mizio antimilitarista tenuto ad Ancona il 7 giugno da Errico Malatesta e Pietro Nenni, con tre morti e numerosi feriti. Il 5 luglio 1914 i lavori parlamentari sono prorogati.

26) È scoppiata la Grande Guerra – Crisi di governo e sua rapida conclu- sione con la nomina del II Governo Salandra. La Camera si riunisce il 3 dicembre 1914: nel frattempo è scoppiata quella che in un primo tempo sarà chiamata la Grande Guerra, ricordata ormai come Prima Guerra Mon- diale. Salandra comunica alla Camera la nomina di alcuni ministri in sosti- tuzione di dimissionari, avvenute durante l’estate passata e il conferimento a lui dell’interim degli esteri a seguito della morte di Antonino di San Giu- liano. Comunica inoltre che il 5 novembre il Re ha accettato le dimissioni del suo Governo e in pari data lo ha nominato Presidente del Consiglio e ha altresì nominato i ministri, tra i quali Sidney Sonnino agli esteri e Vit- torio Emanuele Orlando alla giustizia; ancor più rilevante la nomina di Car- cano al Tesoro in sostituzione di Rubini, contrario alle spese per gli arma- menti: si tratta di un altro esponente giolittiano dopo Orlando. Nella sua esposizione Salandra ribadisce la neutralità dell’Italia rispetto alla guerra tra gli Imperi centrali e le potenze dell’Intesa, in quanto quel- la in corso non può essere considerata guerra difensiva, come previsto dalla Triplice Alleanza. Tuttavia si riferisce anche a «vitali interessi dell’Italia» da difendere e anche alla «compiuta preparazione dell’esercito e dell’armata». L’Assemblea reagisce al discorso di Salandra con manifestazioni sia pure contenute di irredentismo, ciò che influisce sulla maggioranza giolittiana, dalla quale si avrà poi la famosa manifestazione di solidarietà a Giolitti che aveva dichiarato la sua contrarietà alla guerra, con la presentazione da parte di oltre trecento parlamentari del loro biglietto da visita nella sua abitazio- ne romana. no emessi per effetto della presente autorizzazione verranno comunicati al Parlamento entro il 30 novembre 1914». Si tratta della prima volta in cui si fa riferimento come contenuto di una legge a documenti della Camera contenenti progetti di legge non approvati. Vedi: A. P. Tanda, Lineamenti di storia dell’ostruzionismo italiano, in «Storia d’Italia. Annali 17. Il Parlamento», Torino, Einaudi, 2001, pag. 704. 40 Introduzione

Il giorno successivo il Ministro della guerra Zuppelli presenta alla Came- ra numerosi disegni di legge di conversione di decreti – legge relativi a provvedimenti per la preparazione delle forze armate. Dalla discussione sulle comunicazioni di Salandra non appare però in quale direzione possano es- sere indirizzati tali preparativi; essendo l’Italia legata agli Imperi centrali dalla Triplice Alleanza di cui Salandra non ha annunciato la denuncia, sa- rebbe lecito pensare che siano ancora indirizzati contro la Triplice Intesa. Il 5 dicembre 1914 si passa alla votazione degli ordini del giorno che sono stati presentati. L’ordine del giorno Treves in quanto non approva le dichiarazioni del Governo dovrebbe esser votato per primo ma, avendo i presentatori dell’ordine del giorno Bettòlo chiesto la votazione nominale, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia, essi chiedono a Treves se, «per evitare due votazioni, consenta che questo sia votato prima» 39. Messo in votazione è approvato con 413 sì e 49 no, fa- cendo così decadere l’ordine del giorno Treves.

27) Trattative segrete per l’entrata in guerra. Salandra, attraverso il Mini- stro degli esteri Sonnino prosegue nei suoi contatti con i paesi della Tri- plice Intesa per contrattare l’intervento dell’Italia nella guerra al loro fian- co. Frattanto nel paese si costituiscono i fasci di combattimento, promossi in generale dai nazionalisti, ma che hanno l’appoggio di tutti gli interven- tisti, mentre da parte della direzione del partito socialista l’adesione ad essi viene dichiarata incompatibile con l’iscrizione al partito. Tra gli interventi- sti vi sono posizioni diverse. Soprattutto per la simpatia nei confronti della Germania, nonostante un’antipatia crescente verso l’Austria anche a causa dell’arroganza di quel governo nei confronti della popolazione italiana del- l’Impero, l’adesione alla Triplice Alleanza è ancora abbastanza forte tra una parte non trascurabile degli interventisti. Anche nelle più alte sfere milita- ri si hanno posizioni filo tripliciste. Più o meno le stesse posizioni si regi- strano in Parlamento. Giolitti resta sempre sulle sue posizioni di distacco rispetto all’interven- to dell’Italia e in una lettera pubblicata su «La Tribuna» il 1° febbraio 1915, sostiene che «parecchio» può essere ottenuto col negoziato. Il suo neutralismo è quindi piuttosto di tipo attendista a favore di una politica di accordi internazionali, ciò che potrebbe essere anche bene accetto agli Im- peri centrali. Il Papa Benedetto XV da poco eletto come successore di Pio X, nella sua prima enciclica Ad beatissimi, espone una analisi delle cause della guer- ra scatenata in Europa, individuandole nella mancanza di amore tra i po-

39 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 5 dicembre 1914, pag. 5651. Si deve notare che dalla lettura degli Atti Parlamentari si ricava l’impressione che il Presidente Marcora inter- venga nel merito delle discussioni, come ad esempio a pag. 5639.

Anton Paolo Tanda 41 poli, nelle ingiustizie sociali presenti in essi, nel perseguimento dei beni ma- teriali come fine unico delle attività umane. In una allocuzione del gennaio 1915, mentre rivendica a sé la funzione di interpretare e chiedere l’appli- cazione della Lex aeterna, dichiara che la Santa Sede non ritiene per sé né conveniente né utile farsi coinvolgere nelle opposte ragioni del conflitto. Il mondo cattolico italiano è nella sua grande maggioranza contrario alla guerra combattuta su qualunque fronte, anche se non mancano accenni di patriottismo almeno in senso irredentista. I socialisti sono contrari alla guer- ra in quanto tale, inutile massacro di popoli e comunque strumento degli imperialismi capitalisti. La parte più attenta e sensibile del mondo cattolico si trova in difficoltà perché Benedetto XV continua a rivolgere la sua attività diplomatica verso una pacificazione senza vincitori né vinti. A lui appare ben chiaro che le vere cause della guerra sono nella salvaguardia degli interessi imperialistici di entrambe le parti in conflitto. I suoi sforzi sono diretti soprattutto verso l’Italia, in via ufficiosa poiché non vi sono relazioni diplomatiche col suo Governo, affinché mantenga effettivamente la neutralità dichiarata. Al di là della contrarietà del Papa alla guerra in quanto tale, una par- tecipazione dell’Italia alla guerra in qualunque fronte creerebbe gravi diffi- coltà alla S. Sede, perché in entrambi gli schieramenti si trovano grandi masse cattoliche. L’Austria è una delle poche potenze cattoliche d’Europa ma sullo stesso fronte vi è la Prussia protestante; l’Intesa comprende la Francia che ha una forte appartenenza cattolica nonostante la politica an- ticlericale dei suoi governanti e anche l’Inghilterra, soprattutto nei suoi pos- sedimenti coloniali, ha molti milioni di cattolici, mentre l’Impero russo è cristiano ortodosso, ma comprende anche molti cattolici. Inoltre, nel caso in cui l’Italia entrasse in guerra, la Santa Sede, priva com’è di un territorio che ne garantisca lo status internazionale, si trove- rebbe affidata alla buona volontà del Governo italiano, che ne ha regolato unilateralmente la condizione giuridica. Tuttavia, una forte corrente favore- vole alla guerra anche contro l’Austria si crea nel mondo cattolico e per- fino nel clero e nell’episcopato, ciò che rende ancor più arduo il compito del Vaticano, contro il quale in Parlamento si odono voci molto critiche e in qualche caso anche irriguardose. Per tutto il 1914 e anche per alcuni mesi del 1915 non appare ben de- finita la politica del Governo Salandra nei confronti della guerra in corso. Gli ambasciatori delle potenze dei due schieramenti si adoperano con tutti i mezzi per conquistarsi l’Italia. In un primo tempo anche la neutralità può essere considerata di ausilio agli Imperi centrali perché l’apertura del fron- te italiano aggraverebbe le loro condizioni nella conduzione della guerra. I movimenti nazionalistici, tra i quali sono sempre più forti quelli ani- mati da spirito bellicistico, premono sul diffuso sentimento irredentistico del «Risorgimento incompiuto» per perorare la causa della guerra contro l’Au- stria, ciò che viene sfruttato a loro favore dagli agenti delle potenze della 42 Introduzione

Triplice Intesa. Anche la sinistra è attraversata da correnti diverse, a parte la decisa avversione alla guerra dei socialisti ufficiali, come si è già accen- nato, si verificano anche alcuni importanti cambiamenti di fronte: Benito Mussolini, direttore del giornale socialista Avanti!, da acceso avversario della guerra ne diventa accanito sostenitore e, espulso dal partito socialista, fonda un suo giornale e un suo movimento di sostegno alla guerra contro gli Im- peri centrali.

28) La Camera e la preparazione della guerra – Pieni poteri al Governo: l’Italia entra nella guerra a fianco della Triplice Intesa. Il 19 febbraio 1915, alla Camera, il deputato socialista Marangoni a nome del suo gruppo chie- de che dopo l’approvazione del bilancio delle poste attualmente in discus- sione si passi subito all’esame del bilancio del Ministero degli esteri. La proposta è respinta a grande maggioranza con votazione nominale e il Pre- sidente del Consiglio Salandra dichiara che il Governo si è opposto per- ché «nell’interesse dello Stato, non crede in questo momento opportuna una discussione sulla politica estera» 40. È un segno della volontà del Go- verno di non esprimersi in Parlamento sulle trattative per la guerra che cer- tamente sono ormai giunte a uno stadio avanzato, almeno per quanto ri- guarda l’Intesa, ma che sono tuttora in corso anche con l’Austria e la Germania. L’attività parlamentare sia alla Camera sia al Senato continua quasi uni- camente in direzione della preparazione della guerra. Dal 13 al 16 marzo 1915 alla Camera è messo in discussione e approvato un disegno di legge recante provvedimenti per la difesa economica e militare dello Stato. Quin- di sono approvati vari decreti che autorizzano le amministrazioni della Guer- ra e della Marina a derogare temporaneamente a norme della legge di con- tabilità dello Stato e il 22 marzo 41 la Camera, su proposta del Presidente

40 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 19 febbraio 1915, pag. 6181. 41 Nella seduta del 22 marzo 1915, Filippo Turati dichiara: «Certo la inquietudine in molti sarebbe di gran lunga minore se quella neutralità che fu proclamata a parole dall’o- norevole Salandra, fosse stata, quale noi la sogniamo ancora, la vera neutralità, vigile sia pure, perché il mondo non è dei dormienti, e armata – armata poteva forse esserlo anche meno (Commenti. Rumori) – ma nelle apparenze (che in politica contano tanto), meno traf- ficante e trafficata; più idealmente intesa, più alta sopra tutti i mercati, e forse con ciò, in definitiva, anche più fruttuosa; tale insomma che a troppi interventisti non facesse rimpian- gere la neutralità come un meno peggio … E viceversa. Una neutralità tranquilla, che in mezzo al macello orribile, nefasto ed inutile – sì inutile, perché la Storia rinnega gli acqui- sti della violenza, riabilita i grandi valori morali, civili, produttivi, e non si lascia truffare – una neutralità che, in mezzo a questo scempio manicomiale, facesse dell’Italia, prima inter pares nella coorte degli Stati neutri, la antesignana della pace, promossa, sollecitata, agevo- lata con ogni sorta di sforzi, di intese, di accorgimenti, la organizzatrice della Croce Rossa diplomatica internazionale, la preannunciatrice del grande Congresso permanente europeo … Anton Paolo Tanda 43 del Consiglio Salandra si aggiorna fino al 12 maggio. Si tratta di una pausa parlamentare utile al fine di perfezionare gli accordi per l’entrata in guer- ra, che si concludono il 26 aprile 1915 con la firma del Patto di Londra, tenuto segreto, col quale l’Italia si impegna a entrare in guerra entro un mese a fianco della Triplice Intesa. Nel paese si svolgono importanti manifestazioni contro la guerra e anche in Parlamento predominano posizioni sostanzialmente neutraliste. Poiché ormai gli impegni internazionali sono assunti, Salandra, piuttosto che ri- schiare una sconfitta parlamentare su una questione così importante pre- senta le dimissioni al Re, il quale le respinge e ordina la mobilitazione generale. Questo atteggiamento, pur essendo basato su quanto abbiamo de- scritto prima sui rapporti istituzionali tra il Governo, il Re e il Parlamen- to, quest’ultimo, dinanzi ad una decisione siffatta non può che accettare il fatto compiuto, a meno di non voler scatenare una crisi istituzionale e in- ternazionale di portata inimmaginabile, anche se quella decisione, tuttavia, può essere qualificata come un vero colpo di Stato che da parte di Vittorio Emanuele III purtroppo non sarà l’ultimo. Questo fatto scatena nel paese l’entusiasmo interventista, fortemente co- lorato di irredentismo che ha fatto denominare retoricamente quei giorni come «le radiose giornate di maggio», che segnano il trionfo degli inter- ventisti e segnatamente dei più accesi di essi, i nazionalisti. Gabriele D’An- nunzio fa le sue prime prove tribunizie con un successo per lui molto in- coraggiante. La Camera si riapre il 20 maggio 1915 e Salandra vi presenta il disegno di legge per il conferimento al Re dei poteri straordinari in caso di guer- ra. Dopo aver illustrato le violazioni del Trattato della Triplice Alleanza da parte dell’Austria, comunica che il 4 maggio il Governo ha notificato al- l’Austria «il ritiro di ogni sua proposta di accordo, la denunzia del tratta- to di alleanza e la dichiarazione della propria libertà d’azione». Il trattato, in vigore dal 20 maggio 1882 era stato rinnovato varie volte, l’ultima il 5 dicembre 1912 42. Nella stessa seduta il Ministro degli esteri Sonnino presenta «i documen- ti diplomatici riguardanti i rapporti tra l’Italia e l’Austria-Ungheria dal 9 dicembre 1914 al 4 maggio 1915». La Camera approva la proposta di Salandra che il disegno di legge sia discusso immediatamente. La seduta è sospesa per dare modo alla Commissione appena nominata di esaminarlo. Presidente e relatore ne è Boselli, il quale dichiara che la Commissione al-

Non poche zolle o roccie, non un porto, non una mare soltanto, una tale neutralità avreb- be conquistato all’Italia: ma forse queste cose, e certo, al di là di esse, un primato augu- sto e non caduco di influenza e di gloria nelle rinnovate genti dell’Europa di domani». Atti Parlamentari. Discussioni. 22 marzo 1915, pag. 7899. 42 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 20 maggio 1915, pag. 7908. 44 Introduzione l’unanimità ne propone l’approvazione. Ne fanno parte deputati di tutti i gruppi 43. Il disegno di legge è poi approvato: 481 votanti e un astenuto, con 407 voti a favore e 74 contrari. Turati chiede che risultino a verbale i nomi dei deputati del gruppo socialista, che sono contrari alla concessio- ne in quei termini dei pieni poteri al Governo, indi su proposta di Salandra la Camera si aggiorna. Da un po’ di tempo il Presidente Marcora entra nel merito delle discus- sioni in corso in Assemblea, soprattutto in quelle riguardanti la politica este- ra e questo atteggiamento diventa via via più evidente, fino alla seduta del 20 maggio 1915 nella quale si fa sostituire alla Presidenza dal Vicepresiden- te Finocchiaro-Aprile e rompendo una consuetudine antica e costante si reca a votare. Mentre deposita la pallina nell’urna è fatto oggetto di un caloro- so, prolungato applauso da parte dell’Assemblea al quale partecipano anche i ministri. Questo episodio ci sembra confermare l’assunto esposto in pre- cedenza che il clima di guerra faccia velo nei parlamentari alla difesa dei valori peculiari dell’istituto, la cui massima incarnazione sta nella assoluta imparzialità del Presidente. In questo clima le opposizioni alla guerra si at- tenuano da tutte le parti e anche i socialisti adottano un atteggiamento che è poi sintetizzato nel famoso slogan «né aderire, né sabotare». Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria e si predispongono le normative di guerra, che comprendono l’imposizione di gravi limiti alla libertà di stampa nonché l’introduzione della censura postale.

29) Lunghe pause dei lavori parlamentari – La politica verso il Vaticano nei dibattiti alla Camera – Ancora sui rapporti tra le Commissioni e l’As- semblea. Da questo momento i lavori parlamentari divengono soltanto epi- sodici: la prima seduta dopo il 20 maggio si ha il 1° dicembre 1915 per alcune comunicazioni del Governo sulla guerra e il 4 dicembre su propo- sta del deputato Callaini, l’Assemblea approva per acclamazione un ordine del giorno di plauso alle forze armate. Il Presidente si limita a darne atto facendo osservare che tale forma di approvazione non è prevista dal rego- lamento. Il 6 dicembre termina la discussione sulle comunicazioni del Go- verno indi è approvato un ordine del giorno Boselli-Ciccotti di approvazio- ne dell’operato del Governo, con 406 sì, 48 no e un astenuto 44. Il giorno successivo Vittorio Emanuele Orlando, Ministro di grazia e giu- stizia, al termine della replica sul bilancio del suo dicastero esprime soddi- sfazione per il fatto che la scrupolosa attuazione della legge delle guaren-

43 La Commissione è composta dai deputati Boselli, Luzzatti, Guido Baccelli, Cocco-Ortu, Compans, Camillo Finocchiaro-Aprile, Guicciardini, Barzilaj, Bettòlo, Pantano, Aguglia, Leo- nardo Bianchi, Credaro, Dari, Turati, Arlotta, Bissolati e Meda. Atti Parlamentari. Discussio- ni. Seduta 20 maggio 1915, pag. 7921. 44 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 6 dicembre 1915, pag. 8141. Anton Paolo Tanda 45 tigie assicura al Papa la più assoluta libertà nell’esplicazione della sua alta funzione. «E quale magnifico spettacolo di serenità e d’imparzialità non ab- biamo avuto in Italia, allorché il Papa ha potuto affermare limpidamente con piena autorità, nell’ultimo concistoro il pensiero suo, dinanzi a tutti i cardinali qui convenuti e che abbiamo egualmente rispettati, senza ricerca- re se appartenenti a nazioni nemiche. Ebbene, vorremmo che tutti gli Stati combattenti potessero dire lo stesso per ciò che riguarda il rispetto alla li- bertà dei Principi della Chiesa chiamati in Roma ad ascoltare la parola del Pontefice» 45. Lo stesso giorno, al termine della seduta il deputato Altobelli sollecita il Governo perché dia risposta immediata a una sua interrogazione in cui chie- de «la documentazione che il Sommo Pontefice, specialmente durante la presente scellerata conflagrazione europea ha goduto la maggiore libertà e indipendenza nell’esercizio del suo altissimo ministerio». Il ministro Orlando evita di prendere posizione, argomentando abilmente, anche sulla base delle dichiarazioni del Presidente Marcora in ordine al regime regolamentare delle interrogazioni, per cui egli non può fare un trattamento di favore a un in- terrogante senza violare il diritto di tutti gli altri 46. Nella seduta dell’8 dicembre a una osservazione di Turati che la Giun- ta delle elezioni si riunisce soltanto quando la Camera è in sessione, il Pre- sidente Marcora risponde: «noto che la Giunta delle elezioni, così come è costituita, e per tradizione e per disposizione regolamentare, rappresenta la Camera stessa. Non può quindi riunirsi quando la Camera è prorogata, anche perché tutti i deputati hanno diritto di assistere alle sue pubbliche sedute» 47. Questa osservazione mette in risalto che le Giunte (e le Commissioni) parlamentari esercitano le loro funzioni in rappresentanza della Camera, ciò che è una visione moderna della rappresentanza, purtroppo però è ancora legata alla nozione dell’Organo parlamentare considerato unicamente men- tre è in sessione, che è quella proveniente dalla lettera dello Statuto Alber- tino, in cui ai membri delle Camere è negata l’immunità dalla giurisdizio- ne al di fuori delle sessioni, quasi che le Camere non esistessero nei periodi di tempo tra le sessioni e si ricostituissero soltanto in base al decreto reale per la loro riapertura. Sono numerose le norme che mettono in evidenza questa concezione degli organi parlamentari, ad esempio: il Presidente della Camera è eletto all’inizio di ciascuna sessione, i progetti di legge decado- no al termine delle sessioni. Questo comporta ovviamente che anche la funzione di rappresentanza alle Giunte (e alle Commissioni) si ha soltanto quando la Camera è in ses-

45 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 7 dicembre 1915 pag. 8223. 46 Ivi. Ibidem, pag. 8263. 47 Ivi. Seduta 8 dicembre 1915, pag. 8319. 46 Introduzione sione, ciò che rende impossibile il lavoro degli organi intermedi che de- vono preparare il materiale per l’Assemblea. Tuttavia il seme è gettato e darà entro breve tempo i suoi frutti con l’istituzione delle Commissioni permanenti.

30) Il Governo e la condotta della guerra – Il caso Cadorna – Crisi del Governo Salandra. Dopo le ferie natalizie, molto anticipate, la Camera si ria- pre il 1° marzo 1916 e deve occuparsi della ratifica dei numerosi decreti emanati in base alla legge sui poteri straordinari, mentre le sorti della guer- ra appaiono sempre più preoccupanti e si affacciano sulla stampa, ma anche nel Consiglio dei ministri, forti critiche all’operato del generale Cadorna. Il Ministro della guerra Zuppelli entra con Cadorna in un aspro conflitto, che verrà poi risolto a favore di quest’ultimo. Nel Governo aumenta tuttavia il malumore nei confronti di Cadorna, anche perché l’ambito dei suoi poteri è ritenuto esorbitante. Il Re, cui lo Statuto assegna il comando supremo delle forze di terra e di mare, con uno dei formalismi che caratterizzano il comportamento di Vittorio Emanuele III nei momenti di crisi istituzionali, non è contrario a che sia sostituito purché a farlo sia il Governo, ma nel Consiglio dei ministri non si giunge a una conclusione univoca. Nel frattempo la Camera si occupa esclusivamente della conversione in legge di decreti-legge emanati dal Governo ben al di là delle esigenze di guerra, anche su materie che potrebbero essere disciplinate con la legisla- zione ordinaria. Al riguardo si hanno forti critiche in Parlamento, dove l’op- posizione al Governo è ridotta nel numero ma conserva una grande viva- cità, soprattutto per quanto esorbita dalle esigenze della guerra e tocca invece i rapporti istituzionali. Il Governo assume provvedimenti per assicurare i rifornimenti all’eserci- to e alla marina, mediante un regio decreto, che in effetti riguarda l’indu- stria nazionale che viene così indirizzata verso la «mobilitazione industria- le». Parimenti con decreto è istituito il sottosegretariato per le armi e munizioni, sempre per decreto trasformato subito in Ministero così come altri sottosegretariati, anch’essi divenuti poi ministeri: per la regolamenta- zione e il controllo della produzione nazionale, per gli approvvigionamenti e i consumi alimentari e quello dei trasporti marittimi e ferroviari, la se- parazione del Ministero dell’Agricoltura da quello dell’Industria e commer- cio e il Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra. Il Par- lamento ne viene a conoscenza solo a cose fatte, senza che possa entrare pienamente nel merito delle questioni. Ma anche sulla situazione finanziaria, fino ad allora terreno della dialet- tica parlamentare, il Governo Salandra agisce al di fuori del Parlamento con provvedimenti anche di grandissimo rilievo economico e finanziario. Tuttavia, sebbene le decisioni più importanti siano prese al di fuori di esso, in Parlamento si discute e anche in modo molto vivace sulle scelte che in- Anton Paolo Tanda 47 cidono maggiormente sulle condizioni della popolazione e vi si registrano notevoli scontri tra le diverse concezioni della guerra. Le sedute si rarefanno sempre di più, anche a seguito di specifiche ri- chieste del Governo, come ad esempio il 22 marzo 1916 (la Camera si è riaperta solo il 1° marzo), Salandra chiede che, dovendosi egli e il Mini- stro degli esteri assentare da Roma e dall’Italia, la Camera sospenda i pro- pri lavori come già si è fatto in altre occasioni 48. L’Assemblea consente e le sedute riprendono il 6 aprile, data in cui Salandra comunica che il ge- nerale Zuppelli si è dimesso da Ministro della guerra e che al suo posto è stato nominato il generale Paolo Morrone. Si conclude così, anche con l’intervento del Re, il lungo braccio di ferro, cui si è prima accennato, tra Cadorna e il Governo con la vittoria del primo. Il 16 aprile i lavori sono prorogati fino al 6 giugno. Nel periodo di chiusura della Camera, 15 mag- gio, l’esercito austriaco sferra l’offensiva punitiva Strafexpedition, quasi al- l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. L’offensiva produce un’avan- zata austriaca in territorio italiano, che erode ancor di più sia la fiducia parlamentare nel Governo e quindi anche nei confronti di Cadorna, il cui comportamento lo mette vieppiù in difficoltà. Il 12 giugno 1916 Salandra comunica alla Camera di aver presentato le dimissioni, a seguito del voto negativo sulla concessione dell’esercizio prov- visorio, successivamente approvato fino al 31 luglio, a seguito di un emen- damento Rubini cui si è associato Modigliani. La Giunta per il Regolamento l’11 giugno 1916 si riunisce per la prima volta dopo il 30 novembre 1913 e per la prima volta il verbale dà atto che vi assiste il Segretario Generale Camillo Montalcini. Al termine della discussione la Giunta delega a una Commissione di tre membri la predi- sposizione di una relazione sulle proposte di modifica esaminate dalla Giun- ta. Con la Commissione, composta dai deputati Cirmeni, Ivanoe Bonomi e Alfredo Codacci-Pisanelli collaborerà il Segretario Generale Montalcini «per concretare e stendere la relazione» 49.

31) Il Governo Boselli di unità nazionale – Sviluppi del caso Cadorna – Evoluzione della procedura parlamentare. Il 28 giugno 1916 il decano della Camera, presenta il Governo nominato dal Re il 18. Si tratta di un Gabinetto di «unità nazionale». Orlando passa al Ministero dell’inter- no, Sacchi alla giustizia, Meda alle finanze, Ivanoe Bonomi ai lavori pubbli- ci, e come ministri senza portafoglio vi sono Bissolati e Comandini; Sonni- no rimane agli esteri. L’opposizione è ridotta ai soli socialisti ufficiali. Il 1° luglio, il Governo Boselli ottiene la fiducia della Camera con 395 sì e 45

48 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 22 marzo 1916, pag. 9807. 49 Vedi a pagina 177. 48 Introduzione no. Ma nonostante questa maggioranza così larga, il Governo, nato debole in una situazione di emergenza nazionale, continua a essere debole perché all’interno non solo della maggioranza nel suo complesso ma all’interno delle stesse forze che lo sostengono manca una vera unità di indirizzo politico. Forse è la natura rivoluzionaria dell’opposizione che facilita la coesione della maggioranza o almeno non ne fa esplodere le contraddizioni. Ma anche nella stessa opposizione le contraddizioni non mancano, in questo caso dettate dall’esigenza di fedeltà all’ideologia ma anche alla patria in pericolo. Durante il periodo di sospensione dei lavori, dal 1° luglio al 5 dicembre 1916, si acuiscono nuovamente i contrasti tra Cadorna e il Governo: il ge- nerale si rifiuta di ricevere il Ministro Bissolati, che il Governo ha ufficiosa- mente incaricato di ristabilire il collegamento con il comando supremo, espri- mendo la convinzione di non dover rispondere ad altri se non al Ministro della guerra. Ottiene l’avallo del Presidente del Consiglio Boselli e dirama un ordine ai diversi comandi di impedire ai ministri l’accesso alle zone di ope- razioni. L’offensiva italiana consegue il risultato dell’occupazione di Gorizia ma le successive battaglie dell’Isonzo non danno i risultati sperati. La seduta del 5 dicembre 1916, dopo le comunicazioni del Governo viene sospesa in segno di lutto per Cesare Battisti, Nazario Sauro e gli altri mar- tiri dell’irredentismo. Il 6 dicembre è presentata la mozione Turati e altri che propone la pace, indicando una Conferenza dei paesi in guerra, con la mediazione degli Stati Uniti d’America e di altri Stati neutrali, per la so- luzione delle controversie territoriali. Si tratta di un tentativo di applicazio- ne della risoluzione della Conferenza internazionale socialista di Zimmerwald del settembre dell’anno precedente, che ha dichiarato la rinuncia alla guer- ra come mezzo per la soluzione delle controversie internazionali. Il Governo si oppone e ottiene di differire di due mesi la discussione sulla presa in considerazione da parte della Camera. Ma siccome in politi- ca i fatti contano per il solo fatto che sono accaduti, questa presa di posi- zione da parte dei socialisti ufficiali è destinata a futuri importanti sviluppi. Il 12 dicembre il Presidente Marcora, dal seggio presidenziale, sollecita l’approvazione del disegno di legge n. 612, recante provvedimenti per la protezione e l’assistenza degli orfani di guerra. Ricorda le numerose inizia- tive in corso, le quali, per poter proseguire abbisognano della legge. Al ter- mine dell’iter commenta così il voto: «I quattro voti contrari evidentemen- te si devono a distrazione!» 50. Il 18 dicembre 1916, si approva il disegno di legge per la proroga dell’esercizio provvisorio 1916-1917. Il 14 marzo 1917 il Presidente Marcora pone una questione regolamen- tare interessante: «quale differenza vi sia tra il discorso e le semplici dichiarazioni di un ministro, per potere dar luogo alla riapertura della di- scussione». Poiché l’Assemblea ha già deliberato la chiusura della discussio-

50 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 12 dicembre 1916, pagg. 11576-11584. Anton Paolo Tanda 49 ne, vige la consuetudine che anche se il Governo interviene dopo, la discus- sione non si ritiene riaperta, tuttavia «se la Camera crede, la discussione generale sulle mozioni si potrà considerare riaperta, e chi vorrà potrà rei- scriversi» ma non può esservi nessuna priorità per quanti siano decaduti dal diritto di intervenire per la deliberazione di chiusura della discussione 51. Il 24 marzo 1917 la Camera proroga i propri lavori. Nel frattempo la situazione dell’Impero russo si va facendo sempre più critica con l’affermazione della rivoluzione bolscevica, che porta all’abdica- zione dello Zar. Queste notizie provocano l’attesa di un rinnovamento poli- tico sociale presso l’opinione pubblica socialista ma paventato da tutti gli altri, anche per i riflessi che potrebbero esservi sulla guerra, almeno nel fron- te orientale. La Santa Sede, su impulso del Papa Benedetto XV prosegue nei suoi sforzi per ottenere una pace negoziata, necessaria a suo dire, per evitare gli inevitabili strascichi di una pace imposta con la forza delle armi. Ai primi di giugno si dichiara il protettorato italiano sull’Albania senza che il Consiglio dei ministri ne sia informato, provocando la reazione, prin- cipalmente contro Sonnino che ne è l’artefice, da parte di Bissolati, Bonomi e Comandini, che la mediazione di Boselli ottiene di far recedere dalle di- missioni.

32) Questioni sulla disciplina regolamentare delle sedute della Camera in Comitato Segreto. I lavori, che sono stati prorogati il 24 marzo, riprendo- no il 20 giugno 1917: Boselli comunica che il 15 giugno sono stati nomi- nati come ministri della Guerra, della Marina e dei Trasporti rispettivamen- te Gaetano Giardino, Arturo Triangi e Riccardo Bianchi in sostituzione dei dimissionari Morrone, Corsi e Arlotta. Comunica altresì che è stato istitui- to il Ministero delle armi e munizioni, di cui è stato nominato titolare Alfredo Dallolio. Il Presidente del Consiglio rende quindi comunicazioni al termine delle quali sono avanzate quattro richieste affinché la relativa di- scussione avvenga in Comitato segreto. Il Presidente Marcora, poiché mancano norme regolamentari specifiche e precedenti chiari propone, e la Camera consente, che al riguardo possano parlare due oratori a favore e due contro. La proposta è approvata con votazione nominale a larga maggioranza. Quindi il Presidente osserva che unico punto all’ordine del giorno non può essere altro che le comunicazio- ni del Governo. Propone che alla seduta assistano il Segretario Generale, l’Estensore del processo verbale e alcuni stenografi, i quali metteranno su- bito in chiaro la registrazione in apposito locale e le rimetteranno a lui che le custodirà sigillate fino a quando la Camera ne deliberi la pubblicazione. Dopo una lunga discussione è stabilito che il verbale sarà redatto dai de- putati Segretari.

51 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 14 marzo 1917, pag. 12987. 50 Introduzione

La maggioranza dei deputati chiaramente non condivide il pensiero di Marcora, il quale considera il personale dipendente legato alla Camera da un rapporto organico che lo abilita ad assistere e certificare anche le se- dute segrete. Questo si evince anche mettendo a confronto il suo compor- tamento come Presidente della Giunta per il regolamento, là dove egli ha incaricato il Segretario generale di redigere il testo coordinato del regola- mento e si rileva altresì dalla redazione dei verbali delle riunioni della Giun- ta, che ormai è certamente di cancelleria, mentre prima era di mano del deputato segretario. La discussione sulle comunicazioni del Governo si svolge tutta nel Co- mitato segreto ma si conclude con un voto di fiducia nella seduta pubbli- ca del 30 giugno 1917, con 362 si e 63 no 52.

33) Riflessi politici dell’atteggiamento dei socialisti sulla guerra e della «Nota ai popoli» di Benedetto XV – Caporetto – Crisi del Governo Boselli. I socialisti ufficiali, interpretando ciò che accade in Russia come l’alba di una realtà nuova in cui i popoli non siano più oggetti ma soggetti della politica, proclamano alla Camera per bocca di Treves che non vi sarà un altro inverno in trincea, ciò che aumenta le critiche di disfattismo a loro carico e rende i contrasti politici sempre più acuti. Tali critiche si riversano anche sui cattolici, dopo che il papa Benedetto XV pubblica la sua Nota ai popoli, in cui avanza proposte per un concre- to piano di pace che serva a far cessare «l’inutile strage» che insanguina l’Europa. Si tratta del primo effettivo piano di regolazione delle controver- sie che separano i governi delle potenze belligeranti, e che, per quanto non sia accettato ufficialmente è destinato a influire profondamente sulle tratta- tive diplomatiche al termine della guerra 53.

52 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 30 giugno 1917, pagg. 13691-13709. 53 La Nota di pace di Benedetto XV non si limita a questa constatazione, la cui sostan- za peraltro espressa con termini diversi dettati da un’abitudine a un differente uso delle pa- role, ricorda quanto già i socialisti, per bocca di Filippo Turati hanno affermato alla Came- ra dei deputati (vedi a pag. 42, nota 41); essa contiene sei punti per una nuova sistemazione europea al fine di assicurare una pace giusta e duratura: 1) Una diminuzione degli arma- menti istantanea e reciproca; 2) Arbitrato internazionale; 3) Autentica libertà e comunanza dei mari; 4) Reciproca rinunzia agli indennizzi di guerra; 5) Evacuazione e ricostruzione di tutti i territori occupati; 6) Un esame con spirito di conciliazione delle pretese territoriali rivali». Tuttavia essa non si ferma a queste enunciazioni ed entra nel merito delle questio- ni senza limitarsi a proporre di riportare tutto alla statu quo ante. Cita esplicitamente alcu- ne importanti questioni che dovrebbero essere sistemate: il Belgio, la Francia del Nord, le colonie tedesche. Vi sono richiamate le questioni territoriali pendenti tra Italia e Austria, tra Germania e Francia, e inoltre si sollecita un esame anche delle altre questioni territoriali e politiche, quali l’Armenia, gli Stati Balcanici e i territori dell’ex Regno di Polonia. Vedi John F. Ollkard, The unknown Pope Benedict XV (1914-1922) and the problem of Peace, Trad. It. Ed. San Paolo, Torino 2001.

Anton Paolo Tanda 51

Il 24 ottobre si ha la grande offensiva austriaca sull’Isonzo, che sfonda le linee italiane e il giorno successivo l’esercito austriaco dilaga in territo- rio italiano mentre l’esercito italiano si ritira in modo disordinato, renden- do la situazione militare molto preoccupante o addirittura catastrofica. Il 25 ottobre il Ministro degli esteri Sonnino, parlando alla Camera accenna alla Nota di Benedetto XV dichiarando che «sul terreno più ge- nerale» non può che consentirvi, mentre all’esame pratico vi ravvisa la stes- sa indeterminatezza presente nelle comunicazioni dei nemici. Nelle dichia- razioni di voto su un ordine del giorno che approva le dichiarazioni del Governo sulla condotta della guerra, sulla cui approvazione Boselli ha posto la questione di fiducia, si registrano voci contrarie da parte di parlamenta- ri autorevoli, quali ad esempio Pantano, Cocco-Ortu, Gallini della sinistra democratica, Camera dei democratici costituzionali, Berenini socialriformista e Turati socialista ufficiale. La votazione registra 96 sì e 314 no. Giolitti non compare nell’elenco dei votanti. Il deputato Enrico Ferri commenta in questo modo l’esito della votazione: «Novantasei per Sonnino e gli altri per Orlando». Il Presidente del Consiglio Boselli dichiara che a seguito del voto il Go- verno si riserva di deliberare e intanto prega «la Camera di votare ammi- nistrativamente la legge sull’esercizio provvisorio». Il giorno successivo co- munica alla Camera di essersi dimesso insieme con i colleghi del Gabinetto. La condotta della guerra appare sempre più disorganizzata e assume di gior- no in giorno la dimensione di una vera e propria rotta catastrofica: Civi- dale e Udine sono occupate dagli austriaci; si tratta di quella che noi conosciamo come la rotta di Caporetto.

34) Governo Orlando, proclama di Vittorio Emanuele III alla nazione – Esonero di Cadorna e sua sostituzione con Armando Diaz. Il Re incarica Vit- torio Emanuele Orlando di formare il nuovo Governo, che è nominato il 30 ottobre 1917 e si presenta alla Camera il 14 novembre; intanto il 9 novembre ha nominato Armando Diaz al posto di Cadorna e ha assun- to importanti decisioni riguardo alla guerra. Il 10 novembre è pubblicato un proclama del Re Vittorio Emanuele III ai cittadini, che reca la contro- firma di tutti i ministri. Non si registrano significativi cambiamenti nella as- segnazione degli incarichi ministeriali, ma esso appare strutturato come Ga- binetto di guerra. Gli ex Presidenti del Consiglio Boselli, Giolitti, Salandra e Luzzatti par- lano alla Camera a favore del Governo, mentre Prampolini è contrario. Fatto procedurale, ma forse anche istituzionale, l’ordine del giorno Boselli: «La Camera afferma la necessità della concordia nazionale e della fusione di tutte le energie per fronteggiare l’invasione nemica, mediante il valore dell’esercito e la fede negli Alleati […]» è approvato per alzata e seduta. È l’unico modo per dare al paese un segnale di unità e concordia all’in- 52 Introduzione terno delle istituzioni, ma è anche un’altra prova che il clima di guerra fa passare in secondo piano le esigenze della dialettica e della procedura par- lamentari. Anche Orlando chiede che la Camera sospenda i lavori e sia ri- convocata a domicilio e l’Assemblea approva la proposta. La Camera si riapre il 12 dicembre 1917 con un intervento del Presi- dente del Consiglio Orlando, che traccia una panoramica di ampio respiro sulla situazione del paese. Il Presidente Marcora annuncia che i deputati Da Como e Riccio en- trano a far parte della Giunta per il regolamento in sostituzione di Ciuffelli e Dari nominati membri del Governo. Orlando propone che la Camera si riunisca in Comitato segreto e pone la fiducia sull’approvazione della pro- posta, che ottiene 274 sì e 65 no.

35) La Giunta predispone il progetto per il Comitato Segreto. La Giunta per il regolamento si riunisce il 19 dicembre 1917, per la prima volta dopo la riunione dell’11 giugno 1916. Il Presidente Marcora ricorda che ha già presentato un insieme di proposte volte a migliorare l’andamento dei lavo- ri della Camera e che era stata nominata una sottocommissione per la re- dazione della relazione. Inoltre egli ha predisposto una serie di norme volte a disciplinare il Comitato Segreto per il quale, allo stato, il regolamento non contiene norme specifiche, come è stato rilevato anche dal Presidente del Consiglio in Assemblea. Ivanoe Bonomi, entrato a far parte del Governo, viene sostituito nella sottocommissione dal deputato Cabrini. Poiché sono mutati alcuni membri della Giunta si conviene che il testo delle proposte di modifica sia distri- buito a tutti i componenti e se ne discuta a breve termine, almeno per la parte concernente il Comitato Segreto. Nella riunione successiva, 23 dicembre 1917, la Giunta esamina le norme relative al Comitato Segreto proposte dal Presidente. La discussione si sof- ferma soprattutto sul diritto di proposta dell’adunanza segreta, prevista dal- l’articolo 52 dello Statuto; prevale l’impostazione data dal Presidente, che il proponente debba indicare gli oggetti di cui ci si deve occupare nella seduta segreta. Tale oggetto, una volta fissato dalla Camera in seduta pub- blica, non potrà essere modificato nella seduta segreta. È evidente la preoc- cupazione nella Giunta che la seduta segreta non debba sostituirsi alla Ca- mera nella sua normale sede, che è quella pubblica, il che è indice di una sensibilità nuova rispetto al controllo politico diffuso. Si deve pertanto os- servare che il ricorso alla seduta segreta, al di fuori di quelle dedicate agli atti di governo della Camera è stato fino ad allora molto limitato. La Giunta inoltre esamina e approva una proposta del Segretario Gene- rale Montalcini volta a introdurre il richiamo esplicito all’applicazione di al- cuni articoli del regolamento ai lavori del Comitato Segreto. Ciò che è più interessante in questa vicenda è la partecipazione dell’apparato interno ai Anton Paolo Tanda 53 lavori della Giunta e non solo con compiti di registrazione e di parola, ma anche con la facoltà di avanzare proposte sul merito, le quali, fatto ancor più rilevante, sono fatte proprie dalla Giunta. La normativa predisposta dalla Giunta contiene tra l’altro la previsione che al Comitato Segreto assistano il Segretario Generale e l’Estensore del processo verbale, sia pure con l’esclusione degli altri funzionari. Per chi è pratico dei lavori parlamentari appare difficile pensare che questi ne fosse- ro effettivamente esclusi, almeno per quanto riguarda il personale d’ordine, quelli che ora si chiamano commessi, cui è attribuito il compito di curare la sicurezza e il materiale svolgimento dei lavori. Nelle sedute successive al 18 dicembre la Camera riunita in seduta se- greta si occupa delle conseguenze di Caporetto e quindi riprende in sedu- ta pubblica la discussione sulle comunicazioni del Governo. Il 21 dicem- bre 1917 il deputato Pietravalle si riferisce ad argomenti discussi in Comitato Segreto e viene ripreso dal Presidente di turno Alessio; la discussione termina il 22 con la votazione con cui la Camera accorda la fiducia al Governo con 345 sì e 50 no.

36) Relazione sul Comitato Segreto ed esame di altre proposte di riforma regolamentare. Il 13 febbraio 1918 la Giunta per il regolamento riprende i lavori che sono stati interrotti il 23 dicembre e ascolta la relazione del com- missario Vincenzo Riccio sulle proposte di modifica al regolamento riguar- danti il Comitato Segreto. Rilevato che esse rispecchiano il pensiero della Giunta sono approvate all’unanimità 54. Nella relazione è contenuta una breve storia delle sedute segrete fin dal Parlamento subalpino e il relatore rileva che l’esigenza di norme specifiche per il suo funzionamento si è pre- sentata solo quando il Comitato Segreto, da semplice organo di governo interno della Camera ha assunto anche funzioni politiche. Poiché per que- ste lo Statuto impone il regime della pubblicità è sorta appunto l’esigenza di una precisa disciplina al fine di evitare che il Comitato segreto possa prevaricare sul regime pubblico delle sedute, sottraendo al controllo popo- lare l’operato dei rappresentanti nelle materie specifiche del loro mandato. É importante notare che anche per la discussione e approvazione dei bi- lanci interni della Camera viene stabilito che avvengano in seduta pubbli- ca e che si possa fare ricorso alla seduta segreta solo se lo chiedano la Presidenza oppure dieci deputati o quando si tratti di questioni riguardan- ti singole persone. Il 19 febbraio 1918 si apre una importante sessione della Giunta relati- va a numerose proposte di modificazioni del regolamento. Poiché è stato predisposto il testo integrale da parte del relatore si delibera di comincia- re la discussione delle singole proposte relative all’intero corpo del regola-

54 Vedi Allegato N. 32. 54 Introduzione mento, dalla prossima riunione. La discussione prosegue per sette sedute fino al 15 marzo 1918. La Giunta fa un esame minuzioso e approfondito delle singole proposte di modificazioni del regolamento. Tra gli argomenti che danno luogo a mag- giori discussioni vi sono le norme relative alla Giunta delle elezioni, sia per la proposta di ridurre da trenta a venti il numero dei suoi componenti sia per le regole di funzionamento. Solleva varie obiezioni il regime delle di- scussioni e la possibilità di intervento dopo che l’Assemblea ne abbia de- liberato la chiusura, oltre al regime dei documenti del sindacato ispettivo: interrogazioni e interpellanze. Il 15 marzo 1918 la Giunta esaurisce l’esa- me delle singole norme è dà mandato al deputato Riccio di predisporre la relazione definitiva per l’Assemblea.

37) La relazione al nuovo progetto di modifica del regolamento. La rela- zione a tale progetto 55, come è stato sempre costume della Camera, è densa di dottrina e di esperienza e oltre a un breve trattato di procedura parla- mentare contiene anche un’efficace sintesi di storia dei procedimenti e del costume parlamentari. Ricorda infatti come era stato approvato il regola- mento del 1900 56, in particolare dà risalto al fatto che in quella occasio- ne il Presidente Tommaso Villa sottolineò il potere di ciascuna Camera di darsi un proprio regolamento e che nella nuova Camera il regolamento di quella precedente rivive o per esplicita deliberazione della nuova o per il fatto che nessuno si opponga a che venga applicato 57. Le norme per la disciplina del Comitato Segreto, che la Giunta ha approvato nella seduta del 13 febbraio sono ora trasfuse nella complessiva proposta di modifica all’intero regolamento. Si sofferma a lungo sulla questione della composizione e del regime della Giunta delle elezioni e della verifica delle elezioni (verifica dei poteri se- condo il linguaggio del tempo) segnalando gli inconvenienti per così dire, storici, e i rimedi che di volta in volta si sono sperimentati. Nel progetto si prevede inoltre l’istituzione di una Giunta per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere nei confronti di deputati. La questione non è del tutto nuova nella tradizione parlamentare italiana poiché altre volte era stata proposta la modifica del sistema degli Uffici, vigente anche per le domande di autorizzazione, ma era stata sempre scar- tata l’ipotesi di una Giunta apposita. La relazione dedica un importante paragrafo alla figura del Presidente della Camera in cui si sottolinea la necessità che sia dotato di ampi pote- ri anche discrezionali per l’assolvimento della sua funzione di moderatore

55 Vedi Allegato N. 33. 56 Vedi il volume Le riforme regolamentari di fine secolo, già citato. 57 Vedi a pagina 1 e 2 della Relazione: Allegato N. 33. Anton Paolo Tanda 55 non solo dei lavori ma dell’intera vita dell’organo Camera. La sottolineatu- ra della discrezionalità era in effetti affiorata più volte nei dibattiti, ma non aveva ricevuto ancora una trattazione sistematica come in questo caso. Vi si dedica attenzione anche alla posizione dei Vicepresidenti, che sono iscrit- ti nell’elenco dei membri dell’Ufficio di Presidenza in ordine di anzianità, calcolata sulla base del numero dei voti ottenuti nella stessa elezione, senza che ciò ne distingua reciprocamente la posizione, restando sempre nella fa- coltà del Presidente di indicare tra essi la persona ritenuta più adatta per un determinato compito. Per quanto riguarda la stessa Giunta per il regolamento la riforma pro- posta contiene l’obbligo per essa di riferire alla Camera su tutte le propo- ste di riforma che siano state presentate, mentre è stata scartata l’ipotesi di imporle un termine entro il quale riferire e la si è lasciata libera di valu- tare le varie opportunità. Questo richiamo aiuta nella ricostruzione storica, e anche giuridica, della figura della Giunta per il regolamento. Per il procedimento legislativo la Giunta propone alcune modifiche al metodo di esame dei progetti di legge denominato «delle tre letture» che era stato introdotto nel 1888 su relazione di Ruggero Bonghi, ma che dopo un primo periodo di successo era stato poi quasi del tutto abbandonato a favore del metodo detto «degli Uffici». Ora la Giunta propone che la Com- missione che deve esaminare il progetto per cui è stato scelto il metodo delle tre letture, invece che dagli Uffici venga nominata dalla Camera o dal Presidente per sua delega. Ciò comporta la completa estraneità degli Uffi- ci all’esame di quel particolare progetto di legge e costituisce già una prima sperimentazione del metodo delle Commissioni. Inoltre vengono meglio spe- cificati i vari momenti della procedura e i relativi limiti. Nonostante il lodevole impegno del Presidente Marcora e della Giunta, queste modificazioni non sono discusse in Assemblea e sono riprese in esame soltanto nella legislatura successiva. Sempre in ordine al problema delle Commissioni dobbiamo ricordare che il 13 giugno 1918 è presentata una proposta del deputato Falcioni perché alla Camera, quando si devono esaminare «questioni d’ordine generale re- lative alla politica economica, militare, interna ed estera siano nominate spe- ciali Commissioni permanenti incaricate di riferire rispettivamente sopra gli argomenti sottoposti al loro esame» 58.

38) Proposte per una nuova disciplina dei Gruppi parlamentari. Il 14 giu- gno 1918 Modigliani presenta, e ne sollecita l’esame ricevendo dal Presi- dente l’assicurazione del suo interessamento al riguardo, una sua proposta di modifica al regolamento in cui è contenuto il riconoscimento ufficiale

58 Vedi Allegato N. 25. 56 Introduzione dei Gruppi parlamentari e l’attribuzione ad essi di compiti specifici nel fun- zionamento della Camera. Propone tra l’altro il seguente testo: «Al princi- pio di ogni legislatura tutti i deputati sono tenuti a dichiarare a quale grup- po politico appartengono». Si tratta di una norma che nella sua sostanza è ancora contenuta nel comma 3) dell’articolo 14 del regolamento oggi in vigore. Ma risultano altresì ancora in vigore, almeno nella sostanza, molte delle altre norme di quella proposta, che delineano una organizzazione in- terna della Camera imperniata sui gruppi parlamentari ai quali viene attri- buita la funzione di designare i propri membri per la formazione della Commissione che deve esaminare i progetti di legge e inoltre per la for- mazione delle Commissioni permanenti, previste in numero di dieci, ripar- tite sostanzialmente in base alla competenza dei Dicasteri. La proposta Modigliani chiama «Uffici» quelli che in realtà sono i grup- pi parlamentari. La scelta di questo termine probabilmente deriva dalla at- tribuzione ad essi della funzione di nominare i membri delle Commissioni per l’esame dei progetti di legge, nomina che spetta appunto, nel sistema del regolamento allora vigente, agli Uffici formati per estrazione a sorte. Nella proposta Modigliani vi è inoltre il riferimento ai «gruppi politici», i quali, qualora siano formati da almeno 25 deputati, costituiscono appunto un «Ufficio» e la previsione come residuale del Gruppo Misto, anch’esso denominato Ufficio. Tuttavia la loro fisionomia in quanto emanazione dei partiti appare già abbastanza chiara, nonostante una certa qual ritrosia semantica da parte del proponente 59. Queste due ultime proposte giungono all’esame della Giunta per il regolamento soltanto nella successiva legislatura.

39) Proroga della durata della legislatura in rapporto all’andamento della guerra – Ristrutturazione del Governo Orlando – Sviluppi dell’attività bel- lica e propaganda nazionalista – La vittoria. Per il protrarsi della guerra intanto il 10 maggio è promulgata la legge che proroga di un anno la scadenza della XXIV legislatura; la Camera si riapre il 12 giugno 1918. Il Presidente del Consiglio Orlando comunica che Giovanni Villa è stato nominato Ministro dei trasporti in sostituzione di Alberto Dallolio dimis- sionario e che è stato attribuito al Ministro della Guerra Zuppelli l’inte- rim del Ministero delle armi e munizioni dopo le dimissioni di Riccardo Bianchi. Inoltre comunica che il 22 maggio è stato costituito, per decre- to reale, il Ministero per gli approvvigionamenti e i consumi alimentari, al quale è stato nominato Silvio Crespi. Nella seduta del 15 giugno Or- lando dà notizia dell’offensiva austriaca sul Piave, per cui egli, anche a seguito della ripresa dei negoziati per la pace, ha chiesto al generale Diaz iniziative dell’armata italiana in modo che l’armistizio non la colga anco-

59 Vedi Allegato N. 26. Anton Paolo Tanda 57

Studio dei sedili dell’Aula ra attestata sul Piave. Chiede alla Camera di tenere seduta anche l’indo- mani, Domenica, in cui poi il Ministro della Guerra Zuppelli svolge co- municazioni sull’offensiva austriaca e al termine della discussione è appro- vata, con 282 sì e 34 no, la politica del Governo e la Camera delibera di aggiornarsi con convocazione a domicilio. Nel frattempo sul fronte della guerra si sviluppa la controffensiva italiana che infligge una severa scon- fitta all’esercito austriaco. Il clima politico è andato via via surriscaldandosi, sia per le proteste dei nazionalisti che arrivano a chiedere che gli oppositori della guerra siano di- chiarati «nemici della patria» e puniti come traditori. Sull’atteggiamento dei socialisti ufficiali contro la guerra si crea tensione fra la direzione del par- tito e il gruppo parlamentare. I mesi di settembre e ottobre sono molto importanti per la guerra: il 14 settembre l’Austria-Ungheria avanza una nota per l’apertura delle trattative per la pace. Nel mese di ottobre si decidono le sorti della guerra: il 3 ot- tobre 1918 il Presidente del Consiglio Orlando comunica alla Camera al- cune modificazioni intervenute nella competenza dei ministeri dei trasporti e delle armi e munizioni, quindi svolge alcune dichiarazioni alquanto gene- riche sull’andamento della guerra e manifesta ottimismo per il suo esito fi- nale. Infine chiede che la Camera differisca ad altra data la discussione sulle sue comunicazioni. Il Presidente propone il 10 ottobre, con l’intesa che i deputati saranno informati per telegrafo di un eventuale differimen- 58 Introduzione to della ripresa dei lavori. Orlando dà poi notizia della distruzione da parte della flotta italiana della base navale austriaca di Durazzo e l’Assemblea ap- prova l’aggiornamento dei lavori. Il 24 ottobre inizia l’attacco italiano al Grappa seguito poi dalla batta- glia del Piave che porta l’esercito italiano a entrare a Vittorio Veneto, con la successiva liberazione di Trento e di Trieste il 3 novembre e il giorno successivo, 4 novembre 1918, il generale Armando Diaz pubblica il Bollet- tino della vittoria.

40) Prima seduta della Camera nella nuova Aula di Montecitorio – Stra- scichi di Caporetto. La seduta del 20 novembre 1918 ha luogo nella nuova Aula, finalmente terminata, costruita sul progetto di Ernesto Basile, la quale è tuttora l’Aula assembleare della Camera dei deputati. In apertura di se- duta il Presidente Marcora pronuncia un discorso sulla vittoria in cui esor- disce così: «L’Italia è compiuta! (Grida generali entusiastiche di Viva l’Ita- lia)». Il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando rende alla Camera le comunicazioni del Governo sull’esito della guerra. Nella relativa discussione, il 23 novembre, il deputato Centurione, ade- rente al Fascio parlamentare, afferma che «dopo Caporetto, convinto che gran parte della responsabilità del tradimento che era stato preparato, era dei socialisti e dei giolittiani […] volli conoscere il retroscena della loro opera politica di tradimento […]» e prosegue descrivendo alcune sue in- dagini volte ad accertare quei comportamenti; accusa i socialisti di aver pre- parato un movimento rivoluzionario che dopo la vittoria dovrebbe travol- gere la Costituzione e indica successivamente i nomi dei senatori Cefaly, Frassati, Panizzardi e dei deputati Giolitti, Falcioni, Chiaraviglio e Sciorati come autori di mene contro l’Italia, affermando di essere in possesso di documenti che le comprovano. Uno dei chiamati in causa, il deputato Sciorati, ricostruisce l’impropria attività investigativa del deputato Centurione e poi chiede che sia nomina- to un Comitato di inchiesta per esaminare le accuse così gravi da lui for- mulate. Si svolge un dibattito che assume toni accesi tanto da indurre il Presidente a sospendere la seduta. Quindi il Presidente nomina Leonardo Bianchi, Ivanoe Bonomi, Daneo, Di Scalea, Pistoia, Stoppato, Turati, a com- ponenti della Commissione di indagine sulle accuse; Baccelli è chiamato al posto di Bianchi risultato assente. Su invito del Presidente il deputato Cen- turione consegna un plico alla Presidenza. Nella stessa seduta il presidente della Commissione Pistoia, riferisce sui lavori e conclude: «In seguito all’esame dei documenti prodotti la Commis- sione unanime dichiara che nessun elemento le è finora offerto per pro- nunziarsi sul fondamento dell’accusa formulata». Il Presidente osserva che l’incidente deve ritenersi concluso e dà atto alla Commissione della presen- tazione del verbale. Anton Paolo Tanda 59

Il giorno successivo la questione è ripresa in sede di approvazione del processo verbale; dagli interventi risulta che lo stesso gruppo al quale il deputato Centurione appartiene non condivide il suo atteggiamento e lo dif- fida dal parlare a suo nome. Indi il presidente della Commissione di inda- gine Pistoia presenta una nuova relazione in cui si dà conto del ripetuto esame dei documenti prodotti dal deputato Centurione e così conclude. «dai documenti esaminati non risulta alcun fondamento delle accuse espres- se dall’onorevole Centurione» 60. Il 27 novembre 1918, al termine della discussione sulle comunicazioni del Governo la Camera approva il seguente ordine del giorno Barzilaj sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia: «La Came- ra, approvando l’opera del Governo e le sue dichiarazioni che annunciano sciolto il voto, compiuta l’unità della Patria, passa all’ordine del giorno». I sì sono 325, i no 33. Nei giorni seguenti la Camera si riunisce in Comita- to segreto per l’esame del suo bilancio interno.

41) La Giunta rivendica la competenza sull’istituzione della tribuna – Nuova legge per ampliare il corpo elettorale. Il 1° dicembre 1918 nella riunione della Giunta per il regolamento il Presidente Marcora riferisce sulla richie- sta avanzata nel Comitato segreto per l’istituzione della tribuna per gli ora- tori. Ricorda di essersi opposto a che la questione venisse decisa in quel- la sede, ritenendola di competenza della Giunta per il regolamento, la quale deve eventualmente presentarla alla Camera nelle forme dovute, che sono garanzia dei diritti dei deputati. La Giunta può ora occuparsi della propo- sta, di cui illustra gli aspetti favorevoli e quelli contrari. Nella discussione emergono pareri diversi nonché proposte intermedie indi, con un solo voto contrario, è approvato il mantenimento del sistema attuale che non preve- de la tribuna. In subordine la Giunta accetta che, qualora la maggioranza dei deputati si esprimesse per la sua istituzione, sia comunque lasciata li- bertà agli oratori di servirsene o meno. Da questo comportamento risulta evidente che la Giunta ha acquisito consapevolezza dell’autonomia della pro- pria funzione. Nella seduta del 1° dicembre 1918 la Camera approva con 223 voti fa- vorevoli e 11 contrari il disegno di legge che concede il diritto di voto a tutti i cittadini che hanno prestato servizio nelle forze armate mobilitate, anche se non hanno compiuto i ventuno anni, quindi la Camera chiude i propri lavori. Il 18 gennaio 1919 si apre a Parigi la Conferenza per la pace. A Roma, per impulso di Don Luigi Sturzo è fondato il Partito Popolare Italiano; in un appello «ai liberi e forti» se ne traccia il programma politico.

60 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 24 novembre 1918, pagg. 17596-17598. 60 Introduzione

42) Rimpasto del Governo Orlando – La Giunta esamina varie proposte di modifica del regolamento. Il 1° marzo 1919 il Presidente Marcora chia- ma il deputato Chimienti a far parte della Giunta per il regolamento in sostituzione di Riccio nominato ministro. Il Presidente del Consiglio Or- lando comunica le avvenute dimissioni di vari ministri, commissari di Go- verno e sottosegretari, nonché la ristrutturazione del Governo con l’aboli- zione di commissariati e l’istituzione di sottosegretariati. Inoltre annuncia la nomina di Ivanoe Bonomi a Ministro dei lavori pubblici in sostituzio- ne di Dari, le dimissioni di Bissolati da Ministro per l’assistenza militare e le pensioni di guerra e il conferimento dell’interim a Zuppelli, le dimis- sioni di Sacchi da Ministro di Grazia e giustizia e di Nitti da Ministro del Tesoro. In sostanza il 19 gennaio 1919 è stato formato un nuovo Go- verno e in più si è proceduto all’istituzione della carica di Vice Presiden- te del Consiglio, alla quale è stato nominato Giovanni Villa. L’istituzione di questa carica è resa necessaria dalle trattative in atto per la pace, per cui il Presidente del Consiglio è molto spesso impegnato all’estero, tutta- via essa è avvenuta per decreto reale, di cui il Parlamento viene a cono- scenza ancora una volta a cose fatte. Seguono poi comunicazioni sulla politica del Governo in cui si fa un ac- cenno gravido di conseguenze per il futuro: «non significa che l’Italia possa restare insensibile all’appello che le viene dall’italianissima città, gemma del Quarnaro» 61. Nella seduta del 3 marzo 1919, il deputato Callaini commemora in Aula Emilio Piovanelli, Capo dell’Ufficio di Revisione della Camera: nessun cenno da parte del Presidente. La Giunta per il regolamento si riunisce il 4 marzo 1919 riprenden- do le questioni ancora in sospeso. Luigi Rossi, che era assente alla pre- cedente riunione dichiara di essere contrario all’istituzione della tribuna e alle soluzioni intermedie. Chimienti è nominato relatore al posto di Ric- cio; quindi la Giunta esamina alcune proposte di modifiche al regolamen- to. È respinta a maggioranza la proposta Faelli, in cui si chiede che i nomi dei deputati assenti siano pubblicati nell’albo pretorio dei rispettivi comuni 62.

61 Nella discussione sulle comunicazioni del Governo il Presidente Marcora osserva: «L’onorevole Presidente del Consiglio ha proposto di tenere seduta domani (Domenica). L’onorevole Modigliani interpretando le intenzioni dell’onorevole Presidente del Consiglio e facendo previsioni circa la non possibilità di molti deputati di essere presenti qui domani, si oppone a questa proposta». Il deputato Treves afferma: «Non faccia apprezza- menti» e il Presidente Marcora prosegue: «Io non ho fatto apprezzamenti, ma ho esposto semplicemente lo stato della questione» in Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 3 marzo 1919, pag. 18100. si tratta evidentemente di sensibilità diverse nella valutazione della fun- zione presidenziale. 62 Vedi Allegato N. 27. Anton Paolo Tanda 61

La proposta Canepa 63, che prevede una sostanziale abolizione delle votazioni segrete o, in subordine, il divieto di procedervi per le votazioni concernenti elezioni, dopo una discussione in cui emergono contrastanti pa- reri viene respinta a maggioranza, così come anche la proposta Ciccotti re- lativa alla difesa dell’elezione dinanzi alla Giunta 64; è respinta inoltre una proposta Marchesano sulle commemorazioni in Assemblea 65. Della proposta Ciccotti 66 concernente la Biblioteca viene respinta la prima parte, considerata non adeguata, mentre è approvata la seconda parte, che prevede la rivalsa della Camera mediante ritenuta dal deputato che non ha restituito il libro, dopo la richiesta del Bibliotecario ripetuta tre volte. La proposta Falcioni 67, sulla nomina di Commissioni permanenti per l’e- same preliminare di questioni d’ordine generale di politica economica, mi- litare, interna ed estera, insieme con la proposta che Modigliani presenta sullo stesso argomento 68 sono rinviate ad altra seduta, data l’importanza degli argomenti che richiede un’ampia discussione.

43) Il sistema elettorale a scrutinio di lista e la proporzionale: questioni sulla loro adozione. Il 6 marzo la Camera discute sulla mozione Turati per l’adozione dello scrutinio di lista nelle elezioni. Gli Uffici si sono già di- chiarati favorevoli all’approvazione di un progetto di legge in tal senso, pre- sentato dal giolittiano Camera e la Commissione da loro nominata ha in- tanto elaborato un progetto di legge che oltre allo scrutinio di lista prevede anche l’adozione del sistema proporzionale, a favore del quale vi è stato un importante movimento di opinione nel Parlamento e nel paese. Orlando chiede che la questione venga differita di sei mesi e sulla approvazione della sua proposta pone la questione di fiducia. La sua opposizione crea diso- rientamento sul vasto fronte proporzionalista, il quale, pur convinto della bontà della proposta Turati non ritiene utile provocare su questo punto una crisi di governo. La discussione è molto vivace e approfondita e il Presidente, nonostante si tratti di una questione procedurale in cui possono intervenire solo due oratori compreso il proponente, dà la parola a quanti la richiedano per di- chiarazione di voto. La data per lo svolgimento della proposta è rinviata di sei mesi con votazione nominale 69. L’8 marzo 1919 la Camera si aggiorna.

63 Vedi Allegato N. 28. 64 Vedi Allegato N. 29. 65 Vedi Allegato N. 30. 66 Vedi Allegato N. 31. 67 Vedi Allegato N. 25. 68 Vedi Allegato N. 26. 69 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 6 marzo 1919, pagg. 18627-18642. 62 Introduzione

Il 23 marzo, in Piazza S. Sepolcro, a Milano, Benito Mussolini fonda il movimento dei Fasci di combattimento, il quale fa la sua prima comparsa con un episodio squadrista nel corso di uno sciopero di protesta a Milano. In quella data in seguito sarà celebrata la festa per la nascita del fascismo.

44) Trattative per la pace – Dimissioni del Governo Orlando. Alla Con- ferenza di Parigi per la pace, soprattutto per influenza del Presidente degli Stati Uniti d’America Woodrow Wilson, viene elaborato un piano in cui, oltre a un trattamento alquanto punitivo delle nazioni soccombenti, resta del tutto disatteso il Trattato di Londra che ha portato l’Italia a partecipa- re al conflitto a fianco dell’Intesa. Soprattutto Wilson, il quale intende far valere il peso della partecipazione alla guerra del suo paese, determinante per l’esito finale, è contrario all’assegnazione all’Italia della Dalmazia e della città di Fiume, che da parte sua ha già dichiarato la sua unione all’Italia. Dopo aver minacciato di abbandonare la Conferenza Orlando rientra in Ita- lia per consultazioni seguito dal Ministro degli esteri Sonnino. Il 29 aprile 1919, Orlando dà notizia alla Camera dello stato delle trat- tative di pace e illustra la posizione del presidente Wilson. L’Assemblea vota un ordine del giorno di appoggio al Governo con 382 sì e 40 no, indi si aggiorna nuovamente fino al 19 giugno, quando Orlando comuni- ca alla Camera alcuni mutamenti nella compagine governativa e chiede che l’esame della politica estera avvenga in Comitato segreto. La richie- sta incontra molte opposizioni per cui il Presidente Marcora dichiara: «Quando il Presidente del Consiglio vi ha detto: io non posso discutere in seduta pubblica argomenti di tal genere, ciò significa che egli non li discuterà in seduta pubblica. È evidente!». L’intervento presidenziale, di chiara natura procedurale e istituzionale non scevro peraltro da implica- zioni politiche di grande rilievo in quanto attinente alla posizione del Go- verno in Parlamento e alle sue prerogative specificamente in materia di politica estera, non è sufficiente a convincere l’Assemblea, la quale, 262 no e 78 sì, respinge la proposta del Governo. Alla ripresa dei lavori dopo la sospensione della seduta, il Presidente del Consiglio comunica di es- sersi dimesso insieme con il Gabinetto; si è dunque realizzato ciò che le affermazioni del Presidente della Camera avevano prefigurato e in qual- che modo cercato di evitare 70. Turati chiede che la Camera discuta la legge elettorale, rilevando che è prassi solo italiana che la Camera non sieda in presenza di un Governo di- missionario. Questa concezione della posizione del Parlamento in presenza di crisi di governo dura a lungo nella sinistra italiana, anche in epoca re- pubblicana, quando viene rivendicata quasi come contrappeso alla famosa Conventio ad excludendum nei confronti dell’estrema sinistra.

70 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 29 aprile 1919, pagg. 18871-18872.

Anton Paolo Tanda 63

45) Governo Nitti – Legge elettorale proporzionale: discussione e approva- zione – Questione fiumana – Primo voto favorevole per il riconoscimento alle donne del voto politico e amministrativo. Il nuovo Governo presieduto da è nominato il 23 giugno 1919; il Gabinetto risulta profondamente rinnovato rispetto al precedente; non è coperta la carica di Vice Presidente del Consiglio e al Ministero degli esteri va Tittoni, che lo aveva tenuto nel lungo Ministero Giolitti dal 1906 al 1909, quando per le dimissioni di Giolitti aveva anche retto ad interim il Governo. Nitti si presenta alla Camera il 9 luglio e ne ottiene la fiducia il 14 lu- glio, con 237 sì e 111 no. Il 17 luglio 1919 la Camera inizia l’esame del disegno di legge elettorale nel nuovo testo elaborato nel frattempo dalla Commissione, che ha recepito le modifiche suggerite dallo stesso Nitti. Lo schieramento parlamentare favorevole all’adozione del sistema proporziona- le è molto ampio e, come si dice oggi, trasversale. Nitti ha accettato, no- nostante in passato avesse espresso riserve su di esso, di sostenerne l’ado- zione. I popolari hanno condizionato l’eventuale ingresso nel Governo alla inclusione nel programma dell’adozione del metodo proporzionale che in- sieme col riconoscimento del voto alle donne è parte essenziale del pro- gramma del partito. Il fronte degli oppositori è peraltro molto agguerrito ed è diretto dal gio- littiano Camera, il quale aveva presentato il primo progetto di legge per lo scrutinio di lista proprio al fine di evitare l’adozione della proporzionale ed è anche relatore di minoranza del progetto di legge, mentre il popolare Micheli lo è per la maggioranza. Il giolittiano di stretta osservanza Camillo Peano presenta un emenda- mento per la correzione del sistema proporzionale mediante l’introduzione del così detto panachage, ossia la possibilità per l’elettore di indicare la pre- ferenza per candidati compresi in più liste mentre per l’elezione sono presi in considerazione soltanto i voti ottenuti da ciascun candidato. Si tratta di un espediente per rendere inefficace il metodo proporzio- nale e riproporre sotto altra forma il sistema uninominale, senza tuttavia la chiarezza dei rapporti che il collegio uninominale bene o male assicu- ra mediante il rapporto diretto elettore-candidato. Il 31 luglio, la Camera approva il passaggio all’esame degli articoli con 277 sì e 38 no, nel nuovo testo della Commissione che ha recepito un suggerimento di Meda, volto a introdurre un temperamento nel rigido sistema proporzionale. Viene cioè lasciata facoltà all’elettore di aggiungere nelle sue preferenze un certo numero di candidati di altre liste, secondo il numero dei membri da eleggere. Al termine della seduta Nitti chiede, e ottiene, che la Camera l’indoma- ni si riunisca in Comitato Segreto. Il 9 agosto 1919 l’Assemblea prosegue l’esame del progetto di legge elettorale; sono ritirati due controprogetti ri- spettivamente dei deputati Vigna e Drago e il 9 agosto si dà lettura di tutti gli articoli quali risultano dal coordinamento effettuato dalla Commissione, 64 Introduzione quindi si passa alle «proposte aggiuntive», in sostanza agli articoli aggiun- tivi tra i quali Nitti si oppone a quello concernente l’aumento dell’inden- nità parlamentare, perché sia rinviato a una legge specifica. Resta poi stabilito che tutti gli articoli aggiuntivi siano rinviati alla Com- missione perché ne riferisca come se fossero proposte di legge autonome già ammesse alla lettura. Tra esse vi è inoltre la concessione dell’elettorato alle donne, l’estensione della legge elettorale alle terre liberate, l’istituzione dell’elettorato professionale (300 deputati eletti col voto politico e 220 col voto professionale); il controllo delle operazioni elettorali da parte di una Commissione mista di 12 parlamentari e 12 rappresentanti sindacali (Tovini); la rappresentanza professionale (Meda); la rappresentanza politica degli ita- liani all’estero (Arnaldo Agnelli) nonché l’abolizione della sospensione dal voto dei sottufficiali, dei soldati e degli appartenenti ai corpi militarizzati (Turati). La legge di riforma elettorale è approvata dalla Camera con 224 voti fa- vorevoli e 63 contrari 71 e subito dopo dal Senato. Il 3 settembre 1919 la Camera esamina il disegno di legge per l’estensione alle donne del voto po- litico e amministrativo e rinvia alla Commissione il nuovo testo presentato dal Governo; il 6 settembre il progetto di legge è approvato con 175 voti favorevoli e 55 contrari, ma decade per la fine della legislatura. In quella stessa data del 2 agosto 1919 Nitti apre la presentazione della relazione della Commissione di inchiesta su Caporetto, che viene poi di- scussa e le cui conclusioni sono approvate nella seduta del 13 settembre. Gabriele D’Annunzio alla testa dei suoi legionari entra a Fiume, dove si ha una nuova proclamazione dell’annessione all’Italia. Nitti, parlando alla Camera critica vigorosamente quella mossa ritenendola avventata e tale da turbare gli equilibri internazionali nel momento delle trattative, ciò che gli scatena gli attacchi dei nazionalisti che gli imputano una colpevole debo- lezza nei confronti delle grandi potenze. Ma anche un tentativo di Tittoni alla Conferenza di pace di ottenere l’annessione di Fiume rinunziando alla Dalmazia non giunge a buon fine, soprattutto per influenza di Wilson, for- temente contrario all’espansione dell’Italia nell’Adriatico. La Camera si riunisce in Comitato Segreto per discutere dell’ordinamen- to dei suoi uffici amministrativi. Il 29 settembre la Camera che era stata eletta il 26 ottobre 1913, viene sciolta e sono indette le elezioni in base alla nuova legge elettorale.

46) Elezione della XXV legislatura – Progresso dei socialisti e affermazio- ne dei popolari. Le elezioni hanno luogo il 16 novembre 1919. Gli eletto- ri sono passati dagli 8.443.205 (23 per cento della popolazione) a 10.239.326 (27,30 per cento della popolazione) ma i votanti passano soltanto a 5.792.326

71 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 9 agosto 1919, pagg. 20660-20681.

Anton Paolo Tanda 65 rispetto ai 5.100.015 delle elezioni precedenti; infatti la percentuale dei vo- tanti è scesa al 56 per cento rispetto al 60,40 per cento degli aventi dirit- to delle elezioni precedenti. Ciò significa che all’ampliamento del corpo elet- torale non ha fatto seguito un sufficiente processo di acculturazione e di informazione politica dei nuovi elettori: in sostanza, l’elettorato pur amplia- to dalla norma rimane limitato dai fatti. Le elezioni segnano la grande avanzata dei socialisti che da 79 seggi com- prensivi delle varie sigle passano a 163, di cui 156 sono i socialisti ufficia- li. Si ha inoltre la grande affermazione dei popolari alla loro prima prova elettorale, che ottengono 100 seggi, mentre i Liberali sono 41, i Democra- tici 60 e i Liberali radicali 96 oltre a vari altri minori raggruppamenti. Lo scrutinio di lista e il calcolo proporzionale nonostante il limitato panacha- ge ha rimescolato fortemente le carte dando vita a una Camera frammen- tata, in cui non appare possibile creare una solida maggioranza per la pre- giudiziale di entrambi i maggiori schieramenti che esclude un loro accordo politico per la formazione di un Governo di coalizione. L’inaugurazione della XXV legislatura si celebra il 1° dicembre 1919 a Montecitorio con la seduta reale. Quando il Presidente del Consiglio dei ministri Nitti invita i parlamentari a sedersi i deputati socialisti escono dal- l’aula gridando: «Viva il socialismo».

47) Costituzione della nuova Camera: Orlando è eletto Presidente – No- mina della Giunta per il regolamento – La Giunta si occupa anche della po- sizione del Presidente. La prima seduta della Camera, 2 dicembre 1919, è presieduta dal decano per età Boselli. Nitti, Presidente del Consiglio, co- munica che il 24 novembre il Re ha accettato le dimissioni di Ugo Da Como da Ministro per l’assistenza militare e le pensioni di guerra, la cui competenza è passata al Ministero del tesoro; inoltre il 25 novembre Tittoni si è dimesso da Ministro degli esteri e il 26 a quel Dicastero è stato no- minato Vittorio Scialoja. Tittoni è designato come Presidente del Senato. L’Assemblea elegge Vittorio Emanuele Orlando a Presidente della Came- ra, con 251 voti, 143 andati a Lazzari e 63 schede bianche. Dopo la vo- tazione per l’elezione dei Vicepresidenti e dei Questori, Modigliani chiede che lo scrutinio venga differito per consentire lo svolgimento di una discus- sione urgente. Poiché non sorgono opposizioni il Presidente provvisorio Bo- selli lo consente e si apre un dibattito sui disordini avvenuti a Roma. Nitti risponde, in via del tutto eccezionale e purché ciò non costituisca prece- dente, alle interrogazioni presentate e Dugoni e Della Seta replicano per i rispettivi documenti. Risultano eletti Vicepresidenti De Nava, Meda, Ciuffelli e Berenini. Il 3 dicembre Orlando si insedia alla Presidenza, e al termine del suo discor- so definisce il Re «parte integrale del Parlamento». Questa affermazione da parte di un giurista della portata di Orlando, teorico anche del siste- 66 Introduzione ma parlamentare, per di più fatta dal seggio presidenziale costituisce una canonizzazione della definizione del Re come «terzo ramo del Parlamen- to», che stupisce soprattutto se viene letta alla luce degli avvenimenti di poco successivi. Orlando chiama alla Giunta per il regolamento i deputati Cameroni, Cocco-Ortu, Alfredo Codacci-Pisanelli, Colajanni, Dello Sbarba, Fera, Ga- sparotto, Modigliani, Riccio e Rosadi. Comincia la lunghissima serie di di- segni di legge per la conversione in legge di decreti legge e di convalida di decreti reali per il prelevamento dai fondi riserva e i conti consuntivi dall’esercizio 1912-1913 fino al 1918 e numerosi bilanci dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1920, oltre a quelli per il successivo anno finanziario 72. Il 12 dicembre 1919, il sottosegretario Ruini, rispondendo a una interrogazione dichiara che risponde anche a una interrogazione analoga non iscritta al- l’ordine del giorno 73, ciò che costituisce una importante novità procedura- le e che risulterà poi confermata dalla prassi. La Giunta per il regolamento si riunisce il 13 dicembre 1919 sotto la presidenza di Orlando, il quale fa una esposizione sintetica delle proposte di riforma pendenti e dà la parola al Segretario generale Montalcini per maggiori chiarimenti. I vari membri della Giunta espongono la loro posi- zione rispetto alle singole questioni, in particolare l’istituzione delle Com- missioni permanenti, della tribuna e sulla attribuzione al Presidente di una certa sfera di poteri discrezionali nella conduzione delle sedute. Il Presi- dente auspica che l’attività regolamentare sia più intensa per l’avvenire e propone che sia affidata a Riccio la relazione sulle questioni minori e sulla nomina di una Commissione permanente per l’esame delle domande di au- torizzazione a procedere. Rilevata l’importanza della proposta volta a isti- tuire le Commissioni permanenti, propone che venga distribuita a tutti i membri della Giunta la proposta Modigliani 74. La Giunta approva le pro- poste del Presidente. Il relatore Vincenzo Riccio predispone due relazioni, una sulle norme re- lative al funzionamento del Comitato Segreto e una relativa alle altre mo- difiche le quali vertono su vari punti del regolamento in vigore. In parti- colare si segnala la previsione di una Commissione per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere, formata da dodici membri eletti dalla Camera che si rinnova ogni anno. La relazione molto ampia e parti- colareggiata offre come al solito un saggio di storia della procedura parla- mentare e inoltre adotta una tecnica insolita per la formulazione delle pro- poste di riforma: è riportato quasi integralmente il regolamento in vigore e sono sottolineate le norme proposte, ciò che in verità non ne facilita la

72 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 3 dicembre 1919, pagg. 23-26. 73 Ivi. Seduta 12 dicembre 1919, pag. 170. 74 Vedi Allegato N. 26.

Anton Paolo Tanda 67 comprensione. Al termine della relazione è inoltre riportata una dichiara- zione del deputato Cabrini che manifesta dissenso dalla maggioranza della Giunta in particolare sulla riduzione proposta da trenta a venti dei com- ponenti della Giunta delle elezioni e perché nella riforma non è contenu- ta «qualsiasi disposizione diretta a garantire ai deputati l’esercizio colletti- vo del loro mandato contro la tendenza del potere esecutivo a sopprimere di fatto il Parlamento col tenere chiuse le Camere nelle ore più decisive per la vita del paese». La Camera prosegue la sua attività ordinaria che sostanzialmente si esau- risce nella conversione in legge di decreti-legge e convalida di decreti reali e di concessione dell’esercizio provvisorio del bilancio. Il 20 dicembre 1919 durante l’esame del disegno di legge sull’esercizio provvisorio, il deputato Salvemini illustra un ordine del giorno in cui si: «invita il Governo ad ab- bandonare il sistema dei decreti-legge non autorizzati dalla legge dei pieni poteri per la guerra» e il 21 il Governo ottiene la fiducia con 242 si e 216 no; la Camera si aggiorna fino al 3 febbraio 1920, quando il Gover- no presenta trentacinque decreti-legge per la conversione in legge.

48) Il clima politico nel paese e l’affermarsi della violenza come metodo politico. Il paese stenta a trovare l’equilibrio sociale dopo la smobilitazione dei combattenti, che è fatta dapprima con grande lentezza da parte di Or- lando e che in seguito subisce una notevole accelerazione. La riconversio- ne della produzione di guerra in produzione di pace si presenta ardua per le obiettive difficoltà di bilancio create dalla guerra; ancor più difficile ap- pare la riconversione dell’ordine sociale in organizzazione di pace, turbato com’è sempre di più sia dalle spinte nazionaliste, ancor più aggressive so- prattutto in rapporto alla questione di Fiume e al mito della vittoria mu- tilata, sia dalla insoddisfazione della piccola borghesia che ha partecipato con entusiasmo alla guerra nazionale ma vede disattese le proprie aspetta- tive. Inoltre, i socialisti intravedono nella situazione che si è creata la pos- sibilità per un’affermazione del loro ideale rivoluzionario: la direzione del partito socialista ufficiale è ormai egemonizzata dai socialisti rivoluzionari, anche se nel gruppo parlamentare le posizioni appaiono più variegate. Inol- tre si affaccia, cosa del tutto nuova, lo sciopero su larga scala non solo come strumento per le rivendicazioni sindacali ma anche come mezzo di lotta politica. L’esempio dei moti rivoluzionari di ispirazione bolscevica in tutta Euro- pa trova in Italia terreno fertile, sia per l’arretratezza delle condizioni eco- nomiche sia perché le conseguenze sociali della guerra hanno caratteristi- che proprie e forniscono un incentivo a che dalla teorizzazione della rivoluzione socialista si passi alla sua realizzazione. In realtà molti dei moti che sono considerati rivoluzionari in sostanza sono insurrezionali, contro un ordine di cose diventato intollerabile per coloro che durante la guerra sono 68 Introduzione stati illusi che al suo termine vi sarebbe stata una maggiore giustizia socia- le e, soprattutto, una migliore distribuzione della terra, che per la grandis- sima maggioranza degli ex combattenti costituisce l’unico strumento di la- voro. Si ha così quella serie di episodi insurrezional rivoluzionari che hanno fatto parlare di , che con i suoi eccessi alimenta un clima di paura nella borghesia la quale cerca riparo nei movimenti di ispirazione na- zionalista. Obiettivamente tali episodi creano un grave allarme sociale che spinge anche taluni ambienti cattolici a ricercare soluzioni in grado di con- trastarli. Il movimento fascista non ha ottenuto nessun seggio parlamenta- re ma continua la sua campagna di violenza, come ritorsione ai disordini dovuti alle attività dei socialisti al fine di accreditarsi come tutore dell’or- dine, suscitando l’attenzione anche di taluni ambienti cattolici nonostante faccia della violenza squadrista il suo sistematico metodo di lotta politica. Le elezioni del 1919 sono le prime ad essere effettuate con il sistema pro- porzionale e lo scrutinio di lista e a non vedere il Governo impegnato a so- stenere i candidati governativi, secondo l’indirizzo dettato da Nitti; da esse viene un grande contributo al mutamento della situazione parlamentare, che registra, come si è accennato, una grande affermazione dei socialisti e del Partito popolare da poco fondato dal sacerdote siciliano Luigi Sturzo. Il metodo elettorale ha premiato cioè i partiti di massa, modernamente organizzati, in cui i programmi e le idee in qualche modo fanno aggio sulle persone, le quali fino ad allora hanno caratterizzato il sistema e rendono così la Camera dei deputati molto più rappresentativa che per il passato della realtà del paese. Tuttavia, da quelle elezioni scaturiscono anche gravi difficoltà proprio sul piano parlamentare perché i due maggiori partiti, so- cialista e popolare, si considerano alternativi l’uno all’altro. La crisi profon- da del vecchio liberalismo si acuisce sempre di più, nonostante i tentativi di apertura al nuovo da parte di Nitti, che non ha però una solida base parlamentare, tenuto conto che il sostegno dei popolari è sempre condizio- nato da un certo loro sospetto nei suoi confronti e da talune loro richieste programmatiche dalla cui attuazione fanno dipendere il completo appoggio. I nazionalisti di tendenza fascista sono una minoranza rispetto alle masse organizzate dai socialisti ma essi tentano varie azioni di forza contro sedi e organizzazioni socialiste e ottengono risultati soltanto là dove le autorità non intervengono a ristabilire l’ordine. In generale Nitti, che è anche mi- nistro dell’interno, attua una politica di repressione di tali comportamenti e questo lo espone a un’accesa campagna di denigrazione e di violenza da parte dei fascisti e della stampa ad essi favorevole e in seguito anche a epi- sodi di violenza diretta. Un altro interessante fenomeno del dopoguerra che occorre segnalare è il sorgere dei movimenti combattentistici, la cui fisio- nomia non è sempre omogenea e ha sbocchi differenti nelle diverse zone del paese. Dal prevalente scopo assistenziale al nord fino alla richiesta di concessione delle terre incolte ai contadini e la rottura del latifondo, come in Sardegna, dove assume le caratteristiche di movimento di massa. Anton Paolo Tanda 69

49) Il Governo e l’indennità ai parlamentari. Il 22 marzo 1920 Nitti co- munica alla Camera che il 14 marzo il Re ha nominato vari nuovi mini- stri in sostituzione di dimissionari: Schanzer passa alle Finanze e Luzatti al Tesoro, alla Guerra è per la prima volta nominato un civile, il social riformista Ivanoe Bonomi; ai Lavori pubblici e interim dei Trasporti De Nava, all’Istruzione Andrea Torre, alle Poste Giulio Alessio e alle Terre liberate Giovanni Raineri. Il 21 marzo il Ministero dei trasporti è stato soppresso e le relative competenze sono state distribuite tra i ministeri dei Lavori pubblici e dell’Industria. Si tratta in sostanza di un nuovo Go- verno, tuttavia al riguardo non si svolge alcun dibattito. Il 27 marzo viene in discussione alla Camera la proposta di legge, «Aumento dell’indennità dei deputati», argomento che nella precedente legislatura era stato stral- ciato dalla proposta di legge di riforma elettorale. Si deve notare che il Presidente del Consiglio Nitti prega i presentatori di ritirare l’emen- damento Sandrini e altri, che è del seguente tenore: «Tale indennità subisce una diminuzione di lire venti per ogni giornata di assenza del de- putato dalle sedute della Camera, salvo il caso di regolare congedo», ri- cordando che «il mandato parlamentare non si limita solamente all’Aula legislativa» e dà anche una lettura moderna del concetto di rappresentan- za: il problema è destinato ad essere sollevato varie altre volte nella sto- ria del nostro Parlamento. Nitti sollecita inoltre l’esercizio dell’iniziativa da parte dei parlamentari descrivendo tuttavia una prassi a suo dire britan- nica di Gentlemen’s agreement, ben lontana dal costume e dalla dialettica politica italiani, ritenendo che «per lo stesso regime parlamentare, è utile qualche volta che non assistano troppi deputati alle discussioni» 75; la que- stione della presenza dei deputati in Aula ricorre periodicamente negli interventi e soprattutto nella stampa. L’emendamento poi decade per l’as- senza dei firmatari. Con votazione effettuata per divisione nell’Aula e che il Presidente fa ri- petere invertendo la collocazione dei votanti è approvato un emendamento del Governo per dare facoltà al Senato di deliberare l’assegnazione ai se- natori di una indennità per ciascuna delle sedute alle quali prendono parte; quindi la proposta di legge è approvata a larghissima maggioranza. Il pro- blema della retribuzione per i senatori, che sono di nomina regia, si pone in termini differenti che per i deputati eletti dal popolo, tuttavia non può sfuggire l’importanza di tale snodo istituzionale: il Senato deve essere au- torizzato con una norma di legge ad assumere una decisione in ordine al trattamento dei suoi membri, e questo avviene con un emendamento pro- posto dal Governo; la fisionomia delle Camere, e soprattutto del Senato appare molto lontana dal possedere quella autonomia che caratterizza un vero regime parlamentare. Vale la pena di notare che tale autonomia è ai

75 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 27 marzo 1920, pagg. 1°91-1492. 70 Introduzione nostri giorni sottoposta a un processo di erosione, le cui cause sono com- plesse ma di cui ci preme di segnalare qui l’eccesso di giuridicismo nella interpretazione della dinamica parlamentare a danno della componente po- litica che invece costituisce l’elemento principale ed essenziale del sistema parlamentare. Il tema dell’abuso dei decreti-legge ritorna in vari interventi e ordini del giorno, per esempio il 29 marzo 1920, a iniziativa di . Il giorno successivo si ha un interessante caso procedurale su ordini del giorno: il deputato Maffi dichiara che ritira il suo ordine del giorno se il deputato Pilati mantiene il proprio, altrimenti egli lo farà suo; l’ordine del giorno Pilati è ritirato, per cui Maffi lo fa proprio. Il Presidente Orlando osserva che non può farlo proprio ma, essendo il ritiro dell’ordine del gior- no Maffi condizionato al mantenimento di quello Pilati, il deputato Maffi ha diritto di mantenere il proprio 76. Quindi si ha una sospensione dei lavori fino al 5 maggio 1920.

50) La Giunta e l’istituzione delle Commissioni permanenti – I Gruppi parlamentari nel regolamento. L’11 maggio 1920 si riunisce la Giunta per l’esame delle proposte di modifica volte a introdurre nel regolamento le Commissioni permanenti. La proposta Peano si limita alla istituzione di una Commissione per gli affari esteri, mentre la proposta Modigliani è più ampia e innovatrice. In base alla documentazione di cui attualmente disponiamo appare che la Giunta procede all’esame delle proposte presentate nella legislatura pre- cedente e il cui esame era stato rinviato. Nella discussione emerge in modo evidente il punto centrale della innovazione regolamentare della proposta Modigliani, cioè il riconoscimento ufficiale dei Gruppi parlamentari con l’as- segnazione ad essi di funzioni nella stessa organizzazione interna della Ca- mera. Vi si prevede inoltre l’istituzione di Commissioni permanenti per l’e- same dei progetti di legge e degli affari di competenza della Camera, la cui nomina è devoluta appunto ai Gruppi parlamentari. Nella proposta Modigliani si nota, come si è già osservato in altra parte, l’uso di un linguaggio tralaticio, infatti, pur trattandosi dei Gruppi parla- mentari in sostanza collegati ai partiti se ne prevede la trasformazione in Uffici per la formazione delle Commissioni permanenti, proprio perché nel regolamento che si intende modificare spetta agli Uffici formati per estra- zione a sorte di nominare i membri delle Commissioni che devono riferi- re all’Assemblea sui progetti di legge. La forza dell’innovazione, oltre al riconoscimento giuridico dei Gruppi parlamentari, sta anche nel loro legame con l’organizzazione e con le pro- cedure di formazione della legge. Si tratta di una conseguenza dell’ado-

76 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 29 marzo 1920, pag. 1667. Anton Paolo Tanda 71 zione dello scrutinio di lista, reso ancor più incisivo dall’adozione del me- todo proporzionale per l’assegnazione dei seggi. Tuttavia non si può non rilevare che già dalla fine del secolo XIX i rapporti politici all’interno della Camera, pur ruotando sempre intorno alle figure più eminenti del mondo parlamentare, sono diventati sempre più chiari, almeno per quan- to attiene alla posizione dei singoli rispetto al proprio leader. Si è detto talvolta che il riconoscimento dei Gruppi parlamentari ha consentito l’in- gresso dei partiti in Parlamento, ma in realtà, almeno a parere di chi scri- ve, specialmente per questo periodo è vero l’esatto contrario, poiché in sostanza ha consentito di tenere i partiti fuori del Parlamento come ri- sulta evidente analizzando le vicende dei socialisti prima, quindi dei po- polari. Si deve inoltre osservare che tale funzione deriva dalla evoluzione in senso più chiaramente democratico del rapporto elettori-eletti, a segui- to dell’affermazione prima organizzativa e poi elettorale dei nuovi partiti di massa. Dalla lettura dei verbali che qui sono pubblicati emerge la consapevo- lezza da parte della grande maggioranza dei membri della Giunta che la nuova situazione richiede l’adozione di forme organizzative e procedu- rali nuove. L’articolo 1 della proposta Modigliani contiene la norma che costituisce la chiave di volta di tutto il sistema proposto: «Al principio di ogni legislatura i deputati sono tenuti a dichiarare a quale gruppo po- litico appartengono»: è questo infatti il riconoscimento univoco della ri- levanza giuridica dell’appartenenza politica. Quando raggiungano il nume- ro di 25 essi costituiscono un Ufficio, al quale spetta la funzione di esaminare i progetti di legge che gli siano deferiti sia per l’ammissione sia per l’esame di merito nonché la nomina dei commissari: a tal fine gli Uffici designano propri membri per costituire la Commissione, in ragio- ne di uno ogni venti iscritti. A essi inoltre spetta di designare, in ragio- ne di uno ogni dieci iscritti, i propri membri per la costituzione delle Commissioni permanenti, le quali si rinnovano alla prima riunione della Camera di ogni anno solare. Questo punto è destinato a subire le modi- fiche più incisive nel corso della predisposizione del testo e ne verrà eli- minato l’esame di merito dei progetti di legge, tutto devoluto alle Com- missioni permanenti 77. La proposta prevede dieci Commissioni mentre le competenze vi sono distribuite sulla base dei dicasteri. Ma la parte più innovativa per il costu- me e, in relazione ai tradizionali rapporti Parlamento-Governo di quel tempo, addirittura dirompente, è la previsione che esse possano presentare relazioni e proposte sulle materie di loro competenza anche in maniera au-

77 Questo argomento si affaccerà nel regolamento del 1971, il quale prevedeva una forma di esame dei progetti di legge che presupponeva un loro esame preventivo da parte dei gruppi parlamentari e anche in quel caso le cose andarono sostanzialmente nello stesso modo, in via di fatto fino a quando una nuova norma scritta ne registrò il fallimento. 72 Introduzione tonoma e che possano richiedere e ottenere dal Governo le necessarie infor- mazioni e notizie. Questo produce una certa usura del potere del Governo sull’ordine del giorno, almeno per quanto attiene alle Commissioni. La Camera ha sempre dichiarato di essere «padrona del proprio ordine del giorno», ma in effet- ti a prevalere, a meno di non creare crisi di governo, è stata sempre la vo- lontà ministeriale. Tuttavia, poiché la Camera non può deliberare se prima gli oggetti non abbiano ottenuto il benestare della maggioranza degli Uffi- ci, ora che le Commissioni hanno la facoltà di formare il proprio ordine del giorno, anche la Camera risulta vincolata alle loro proposte autonome. Vi è però ancora la strettoia, e vi sarà ancora a lungo, della formazione dell’ordine del giorno in Assemblea in cui quasi sempre prevale la volontà del Governo.

51) L’autoconvocazione dell’Assemblea e delle Commissioni. La proposta Modigliani contiene un altro elemento di forte innovazione, cioè la possi- bilità che anche una singola Commissione possa deliberare o addirittura, qualora un quinto dei suoi componenti lo richieda, di riunirsi anche nei periodi di vacanza della Camera. È veramente un grande progresso rispet- to al tempo in cui nemmeno la Giunta delle elezioni poteva riunirsi se la Camera non era in sessione, come si è avuto modo di notare in altra parte. Ma vi è di più: se cinque o più Commissioni lo deliberino a maggioran- za assoluta e con l’intervento di almeno la metà dei propri membri, o se ne facciano richiesta collettiva almeno un quarto dei componenti complessi- vi delle varie Commissioni, la Presidenza deve convocare la Camera entro quindici giorni dalla richiesta per l’esame degli argomenti in essa indicati. Quella dell’autoconvocazione delle Commissioni e dell’Assemblea è la pro- posta più profondamente innovativa, se si pensa che lo Statuto Albertino stabilisce che la Camera è convocata per decreto reale, quindi per volontà del Governo. La norma regolamentare non può sovrapporsi alla norma statutaria, tuttavia con essa si afferma il principio che almeno quando la sessione non sia stata dichiarata chiusa si può procedere all’autoconvoca- zione. È da pensare che alla predisposizione di questa norma non sia stata estranea l’esperienza fatta dal gruppo socialista attraverso Turati prima della guerra italo – turca, quando Marcora si era rifiutato di convocare la Ca- mera, in modo formalmente del tutto legittimo dal punto di vista regola- mentare, per discutere appunto della questione. La Giunta, nella seduta dell’11 maggio 1920 dà incarico a Modigliani e Riccio di predisporre una proposta da sottoporre prima al Presidente indi alla Giunta.

52) Crisi del Governo Nitti – Dimissioni di Orlando da Presidente della Camera. La situazione politica si fa sempre più difficile: Nitti deve fronteg- giare l’ostilità crescente dei socialisti, critici rispetto al suo atteggiamento

Anton Paolo Tanda 73 sempre più duro contro gli scioperi e le manifestazioni dei lavoratori. Inol- tre, i popolari danno segni di impazienza nei suoi confronti non avendo ri- scontrato alcuna attuazione degli accordi che li avevano indotti a un voto di attesa all’atto della formazione del Governo. Nella seduta della Camera dell’11 maggio 1920 i deputati Pio Donati, socialista e Micheli, popolare, chiedono che sia fissata la data per la di- scussione di mozioni sulla situazione delle Poste; il Governo pone la que- stione di fiducia sulla sua reiezione. La votazione si chiude con 192 sì e 112 no. A Nitti appare sempre più evidente la necessità di procedere a un ampio rimpasto della compagine governativa e il 12 maggio si presenta di- missionario. Questa volta la proposta di prorogare i lavori in presenza della crisi di governo è approvata con votazione per appello nominale che vede 225 sì e 126 no. Il 9 giugno 1920 Vittorio Emanuele Orlando si dimette da Presidente della Camera. Dopo il fallimento dei tentativi di Filippo Meda e di Ivanoe Bonomi, Nitti presenta il suo nuovo Governo, nominato dal Re il 21 mag- gio, di cui fanno parte anche i popolari, Rodinò al Ministero della guerra e Micheli all’Agricoltura. Comunica inoltre che quello stesso giorno il Go- verno ha revocato il decreto 4 giugno 1920 che abolisce il prezzo politico del pane e della pasta, quindi dichiara che quella stessa mattina ha presen- tato al Re le dimissioni del Gabinetto. La situazione di crisi si era creata proprio perché quel decreto era stato adottato dal Governo appena nomi- nato e senza sentire il Parlamento.

53) Ritorno di Gioliti – Il Governo propone l’istituzione di Commissioni permanenti. Così Nitti lascia il posto al vecchio Giolitti, molto abile ed esperto navigatore parlamentare, il quale, il 24 giugno 1920 comunica alla Camera che il Re il 15 maggio ha accettato le dimissioni del precedente Governo e lo ha incaricato di formare il nuovo Gabinetto e che il giorno successivo lo ha nominato Presidente del Consiglio e Ministro dell’interno. Agli Affari esteri è Carlo Sforza, alla Pubblica istruzione Benedetto Croce, Filippo Meda al Tesoro, Giuseppe Micheli all’Agricoltura e al Lavoro Ar- turo Labriola già socialista rivoluzionario e grande oppositore di Giolitti. La formazione della compagine non ha richiesto molto tempo perché Giolitti si è già preparato all’evento e ha predisposto un programma di riforme. Annunzia la presentazione di un ordine del giorno che, «modifi- cando l’articolo 5 dello Statuto, dispone che i trattati e gli accordi inter- nazionali, qualunque sia il loro oggetto e la loro forma non sono validi se non dopo l’approvazione del Parlamento, e che, senza la preventiva appro- vazione non vi può essere dichiarazione di guerra». Evidentemente la vi- cenda della guerra italo-turca è molto lontana anche psicologicamente oltre che cronologicamente. Esprime altresì il proposito di evitare il più possibi- le il ricorso ai decreti-legge. Al fine di agevolare un efficace controllo par- 74 Introduzione lamentare ritiene «necessario che si istituiscano presso i due rami del Par- lamento, Commissioni permanenti alle quali il Governo dia notizia dello svolgimento delle trattative che riguardano le questioni più gravi» 78. Con questo Giolitti si toglie dalle scarpe il sassolino del Trattato di Londra, di- menticando peraltro, come si è accennato prima, la sua dichiarazione di guerra all’Impero Ottomano e la condotta della guerra e delle trattative di pace di cui aveva tenuto accuratamente all’oscuro il Parlamento. In questo modo va incontro ai socialisti nel loro progetto di riforma del regolamento della Camera ma agisce anche per cercare di neutralizzarne il più possibile la spinta riformatrice limitandone la portata alla sola politica estera. Tuttavia non si può non rilevare che con la proposta di una Com- missione siffatta e per una materia così rilevante dal punto di vista istitu- zionale in quanto pone un limite all’assoluta disponibilità della politica este- ra da parte del Re e del Governo, intende anche rassicurare i conservatori che la struttura istituzionale dello Stato non è minacciata da una tale pro- spettiva. La proposta di Giolitti costituisce un precedente importantissimo di in- tervento del Governo in materia regolamentare, almeno per quanto riguar- da la forma: un importante punto programmatico del Governo. Dal punto di vista sostanziale è una applicazione della nozione del governo come co- mitato esecutivo della maggioranza, che in molti casi, come quando a pre- siederlo è Giolitti assume il carattere di comitato direttivo della maggioran- za, nonostante le dichiarazioni formali di neutralità che i rappresentanti del Governo rilasciano in occasione di questioni procedurali. Tuttavia la que- stione si riaffaccia anche in epoca repubblicana, oltre ad aver formato un punto determinante, come si vedrà più avanti, della politica parlamentare di Mussolini. La Camera respinge le dimissioni da Presidente di Orlando, il quale vi insiste e nella seduta del 27 giugno 1920, con 236 voti contro 118 andati a Lazzari e una ventina di schede bianche, Enrico De Nicola è eletto al suo posto e si insedia il giorno successivo. Il 13 luglio, durante la discussione del progetto di legge per l’istituzio- ne di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle spese di guerra, il Presidente fa osservare al deputato Nunzio Nasi che non può presentare due ordini del giorno e quindi intervenire due volte; pertanto, o sostitui- sce il precedente ordine del giorno con uno nuovo senza svolgerlo, oppu- re mantiene il primo. Nasi dichiara che trasfonderà alcuni concetti del nuovo nel precedente ordine del giorno 79: si tratta di una applicazione nuova delle norme sugli ordini del giorno, che sarà poi ripresa in epoca repubblicana.

78 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 24 giugno 1920, pag. 2221. 79 Ivi. Seduta 13 luglio 1920, pag. 3293.

Anton Paolo Tanda 75

Oltre che alle indubbie qualità ed esperienza dello statista, che sono alla base del trionfale ritorno di Giolitti nonostante sia privo di una sua vera maggioranza parlamentare, vi è il grave stato di insicurezza se non di paura, che aleggia nei vari ambienti politici, soprattutto per l’avanzata dei socia- listi e al clima di lotta rivoluzionaria, poiché la direzione della lotta sin- dacale è egemonizzata dalle componenti rivoluzionaria e massimalista del partito. Il programma che Giolitti si prefigge è l’attuazione di una politica di apertura sociale e di riforme, soprattutto in campo fiscale, ciò che è stata una costante della sua visione della funzione di governo, nonostante sia ben consapevole delle difficoltà che al riguardo deve incontrare non solo nel Parlamento ma anche all’interno del suo stesso Governo.

54) Presidenza De Nicola – La Giunta e le innovazioni regolamentari. Il 17 luglio 1920, De Nicola presiede la Giunta per il regolamento, aprendo una fondamentale sessione di riforme regolamentari, il cui risultato sarà, ed è ancor oggi, al centro della procedura e della prassi parlamentari e non solo della Camera dei deputati, poiché la sostanza dei suoi principi ispira- tori è entrata nella Costituzione repubblicana del 1948. L’andamento dei lavori della Giunta è molto interessante e se ne desu- me chiaramente una grande attenzione ai problemi della funzionalità della Camera da parte di tutte le parti politiche. È evidente da parte di tutti il rispetto della Costituzione, anche da chi, pur militando in forze politiche che si preparano a un nuovo ordine istituzionale, comunque lavora perché siano disponibili norme di comportamento che oltre ad assicurare il fun- zionamento del sistema garantiscano a tutte le forze politiche presenti alla Camera di poter partecipare con parità di diritti all’esercizio della funzio- ne. Questo è l’elemento di maggiore interesse che si intravede nei pur ec- cessivamente succinti verbali della Giunta. Si tratta di una linea innovativa che si può rilevare, sia pure in modo non così evidente, nei lavori della Giunta fin dai primi tempi della sua costituzione e che si fa sempre più incisiva da quando la presiede il Presidente della Camera. Questa linea si è andata rafforzando con la lunga Presidenza Marcora, il quale coglie molti degli elementi di novità della situazione politica che hanno riflessi sulla vita parlamentare; in alcuni casi, come sulla autoconvocazione, erige una barriera di ostacoli formali, proprio in quanto è ben consapevo- le che ciò costituisce un importante snodo del funzionamento del Parla- mento in direzione di una democrazia parlamentare. Fa sentire varie volte il peso della sua esperienza presidenziale rilevando la necessità di impor- tanti riforme regolamentari, molte delle quali in definitiva si risolvono in semplici mutamenti del costume parlamentare. Ma anche questa è una in- tuizione di grandissimo rilievo, perché è sui comportamenti dei componen- ti di un’Assemblea parlamentare, in cui tutti i membri sono dotati di una 76 Introduzione larga e uguale sfera di diritti che si basa la possibilità di un suo utile fun- zionamento. La correttezza individuale è ancor oggi la norma base del fun- zionamento degli organi parlamentari, anche se è un canone non sempre condiviso.

55) Evoluzione delle norme e della prassi della Camera. La XXV legisla- tura segna un momento importante nell’evoluzione del sistema istituzionale italiano, almeno sul piano normativo e formale, verso il parlamentarismo vero e proprio, con la Presidenza di Vittorio Emanuele Orlando prima e di Enrico De Nicola dopo, destinata però a subire una grave battuta d’ar- resto e di arretramento con le Presidenze Rocco e Casertano e poi una ra- dicale trasformazione col regime fascista. Già Orlando ha rilevato l’importanza della proposta di Modigliani volta a istituire le Commissioni permanenti, di cui coglie l’essenza profondamen- te innovativa rispetto al sistema degli Uffici fino ad allora in uso. Il modo della loro formazione suscita però le maggiori discussioni: non è facile per la vecchia classe politica liberale accettare che sia affidata ai Gruppi par- lamentari, sostanzialmente emanazione dei partiti. È illuminante al riguardo l’obiezione del deputato liberal democratico Vincenzo Riccio, secondo il quale il riconoscimento dei Gruppi parlamentari presenta pericoli tra cui soprattutto quello di «irrigidire i gruppi e ostacolare le trasformazioni» (riu- nione della Giunta 11 maggio 1920). Questa obiezione offre una importan- te chiave di lettura della storia parlamentare precedente e anche di quella successiva, fino ai nostri giorni: il «turismo parlamentare» ha radici profon- de nella nostra storia e nel nostro costume politico. Nella riunione del 17 luglio 1920, De Nicola considera la proposta avan- zata da Giolitti nelle sue dichiarazioni programmatiche, ormai superata dalla proposta Modigliani, mentre lo stesso deputato Riccio opina invece che quella proposta da Giolitti per la politica estera dovrebbe essere una delle Commissioni permanenti della proposta Modigliani, mentre De Nicola con- tinua a pensare che risponda a finalità diverse. Infatti, anche negli altri componenti della Giunta appare evidente la preoccupazione che proprio mediante quella Commissione la Camera possa svolgere una sua funzione nell’occasione contingente della «sorte dell’Italia nell’Adriatico»; Modigliani invece si preoccupa principalmente del problema della posizione delle op- posizioni nel nuovo regolamento, chiaramente destinato a durare ben oltre la questione adriatica. Si ricorre al mandato fiduciario al Presidente per la redazione di un testo basato sulle proposte Modigliani-Orlando: la Giunta, dopo aver ascoltato la lettura della proposta Modigliani «dà mandato al Presidente per la reda- zione del testo definitivo». La discussione del testo da parte della Giunta prosegue nella riunione del 20 luglio, in cui si svolge la discussione gene- rale sul testo predisposto e si rimanda ad altra riunione l’esame degli arti- Anton Paolo Tanda 77 coli 80, quando, 21 luglio, si esaminano i singoli articoli e alla fine si dà mandato al Relatore Modigliani di presentare alla Giunta il testo definitivo dal quale è stato stralciato l’articolo 10 concernente l’autoconvocazione, di cui è stato sospeso l’esame. Il testo che la Giunta presenta all’Assemblea illustrato dal relatore Mo- digliani 81 è dunque il risultato di un complesso lavoro di limatura, di cui il verbale che pubblichiamo conserva soltanto una traccia assai tenue ma sufficiente tuttavia per cogliere la tensione morale e politica che ne è alla base. La nuova legge elettorale, con l’adozione dello scrutinio di lista, questa volta associato al metodo proporzionale per l’assegnazione dei seggi, ha innescato una vera e propria riforma, che si può definire perfino isti- tuzionale, per i riflessi che i regolamenti interni delle Assemblee parla- mentari hanno sempre sui rapporti tra gli organi istituzionali. Ma in que- sto caso l’innovazione ha una portata ancora più ampia, perché dà veste istituzionale a una forma organizzativa fino ad allora esistente e che si è affermata in via di prassi. Se poi si tiene conto che è incardinata in un sistema di costituzione flessibile i riflessi istituzionali appaiono ancor più evidenti. Essa è tuttavia il portato della situazione politica dell’Italia, la quale ha subito una trasformazione profonda, con l’affermazione, nel paese prima e dopo sul piano elettorale, dei partiti organizzati in senso mo- derno. I socialisti e i popolari sono dotati di strutture capillari nelle varie realtà sociali e pur risentendo della tendenza a seguire i leader, hanno capacità di analisi politica, di elaborare programmi e di assumere decisioni anche in contrasto con le indicazioni dei dirigenti. La classe po- litica che è emersa dalle elezioni del 1919, in buona misura ha fatto espe- rienze politiche nella conduzione dei partiti, o esperienze amministrative negli enti locali e più della classe dirigente liberale è vicina al polso del- l’elettorato. Tuttavia sono presenti in misura notevole e, data l’autorevolezza delle personalità di riferimento, i rappresentanti del ceto politico liberale ancora in grado di determinare l’indirizzo politico di governo. Possono farlo so- prattutto perché i due maggiori gruppi parlamentari sono emanazione dei partiti socialista e popolare, che si considerano ancora, e così sarà a lungo, antitetici fra loro. Vi sono stati nel paese episodi di violenza nati da un diffuso malesse- re politico e sociale. Ad esempio, a Trieste si è svolta una dimostrazione popolare organizzata dai socialisti a sostegno della richiesta di un gruppo di arditi di non essere inviato in Albania, quindi, ad Ancona un reggimen- to di bersaglieri si è ammutinato asserragliandosi in caserma; dopo, grup-

80 Vedi a pag. 210. 81 Vedi Allegati NN. 37 e 38. 78 Introduzione pi di anarchici, socialisti e repubblicani hanno saccheggiato due armerie, si sono impadroniti di due forti e vi si sono barricati. La rivolta viene do- mata dopo due giorni con l’intervento dell’artiglieria e di un cacciatorpe- diniere, con alcune decine di morti e centinaia di arrestati. Non si è trat- tato di una insurrezione bensì di un movimento contro ogni progetto di guerra per mantenere il possesso di Valona, quale veniva paventato come premessa per l’occupazione dell’intera Albania.

56) Inizio dell’esame in Assemblea della proposta di istituire le Commis- sioni permanenti. Il testo predisposto a seguito dell’intenso lavoro della Giunta per il regolamento è una acuta interpretazione di tale complessa si- tuazione politica, che appare in modo ancor più evidente dalla lettura dei resoconti stenografici delle sedute dell’Assemblea. Per il breve tempo inter- corso tra la formulazione del testo e la sua presentazione all’Assemblea non si fa in tempo a redigere una relazione scritta, per cui la discussione si apre direttamente dopo la lettura del testo da parte del deputato Segreta- rio della Presidenza, nella seduta di sabato 24 luglio 1920. Dalla discussione 82 emergono pareri tecnicamente diversi ma emerge anche il dato della generale accettazione del sistema delle Commissioni per- manenti, tutto imperniato sul riconoscimento della funzione dei Gruppi par- lamentari. Al riguardo è molto interessante il modo in cui il deputato po- polare Tovini dichiara la sua adesione alle modifiche proposte «poiché permettono una maggiore funzionalità dei gruppi politici della Camera, e consentono al Parlamento di riprendere tutta la sua attività legislativa, fa- cendo veramente funzionare la Camera che è figlia della proporzionale. La proporzionale, che nel paese valorizza i partiti, nella Camera non avrebbe senso, se i gruppi non fossero valorizzati» 83. L’esame dei singoli articoli è particolareggiato e approfondito; vengono scandagliate varie soluzioni tecniche e alla fine prevale quella maggiormen- te condivisa e più coerente con lo spirito che è alla base della riforma. Si può dire addirittura che questa sessione regolamentare ha un carat- tere costituente, poiché è ben chiaro, a molti se non a tutti, che il nuovo assetto organizzativo e procedurale dà una lettura del tutto nuova delle norme statutarie e delinea un nuovo ordine nei rapporti interni fra i deputati sia come singoli sia, e soprattutto, come incardinati negli organi interni della Camera sia in quanto membri di un Gruppo parla- mentare. Le maggiori resistenze, infatti, si manifestano sulla funzione dei nuovi Uf- fici (in sostanza i Gruppi) chiamati a eleggere i membri delle Commissio- ni in ragione di uno ogni venti appartenenti. Forse il termine tralaticio di

82 Vedi Allegato «G». 83 A pag. 3867 dell’Allegato «G». Anton Paolo Tanda 79

Ufficio genera equivoci, per cui occorre una animata discussione che fac- cia capire che i Gruppi parlamentari si costituiscono in Uffici unicamente per la nomina dei loro delegati nelle Commissioni e che la presenza in essi di un piccolo consiglio di presidenza serve all’esercizio della funzione, dopo che è scaduto l’anno di durata in carica delle Commissioni permanenti o per la sostituzione dei membri delle Commissioni venuti a mancare per qualsiasi ragione. Dalla discussione in Aula discende poi la decisione di au- torizzare la costituzione di Uffici con un numero di almeno dieci membri purché rappresentino un partito organizzato nel paese, norma che, senza più il limite di dieci componenti, compare tuttora nel regolamento della Camera dei deputati (articolo 14, 2). Anche l’articolo 4 della proposta, che riguarda la convocazione degli Uf- fici per le sostituzioni che si siano rese necessarie, nonché la possibilità di mutamenti nella loro composizione e in modo particolare anche la possibi- lità da parte sua di revocare suoi delegati in Commissione, solleva molte obiezioni e proposte di modifica ed è rinviato alla Giunta per un ulterio- re approfondimento, quindi si passa all’esame dell’articolo 5. Il deputato Alberto Beneduce, social riformista, propone che si istituisca una Commissione per il lavoro, l’emigrazione e la previdenza sociale, che non figura nel testo della Giunta e il relatore Modigliani concorda. Altri ri- lievi e proposte relativi alla competenza delle Commissioni sono respinti ad eccezione della proposta De Nava (liberal democratico) perché i trattati di commercio siano attribuiti alla competenza della VI Commissione (Econo- mia nazionale) nonostante il relatore Modigliani esprima parere contrario, in quanto i trattati di commercio al pari di tutti gli altri trattati dovrebbero essere esaminati dalle singole Commissioni di merito. Resta inteso che gli affari relativi alle terre liberate rientreranno nella competenza delle singole Commissioni, quindi la Camera approva l’istituzione di nove Commissioni permanenti e si approvano anche gli articoli 5 e 6 del testo della Giunta.

57) Seguito dell’esame: seduta antimeridiana del 26 luglio 1920. La Giun- ta si riunisce il 26 luglio prima della seduta dell’Assemblea per esaminare i problemi emersi in Aula nella discussione dell’articolo 4 e ne approva una nuova formulazione da portare all’Assemblea. Subito dopo, nella prima tor- nata (antimeridiana) l’Assemblea 84 riprende l’esame dell’articolo 4 e il re- latore comunica che la Giunta ha accettato l’emendamento Nava (popola- re) all’articolo 1, che era stato concordemente riferito all’articolo in esame e riformulato dalla stessa Giunta. Esso contiene il principio «che non si entra in un Ufficio se l’Ufficio non vuole che il postulante sia ammesso», fatta eccezione ovviamente per l’Ufficio promiscuo.

84 Vedi Allegato «H». 80 Introduzione

Non è accettato invece il principio che l’Ufficio possa riconvocarsi per iniziativa del suo presidente per revocare propri delegati nelle Commissio- ni e non è accettata la proposta di costituire più di un Ufficio promiscuo: emerge il problema di assicurare parità di trattamento a tutte le compo- nenti politiche presenti nell’Ufficio promiscuo, che si presenta varie volte nella storia parlamentare italiana e per il quale saranno escogitate varie so- luzioni (vedi ad esempio il comma 3 dell’articolo 13, il comma 5 dell’arti- colo 14 e l’articolo 15-bis del regolamento della Camera attualmente in vi- gore). Sono approvati anche gli articoli 7 e 8 concernenti le procedure interne alle Commissioni. Suscita invece una lunga discussione la proposta di articolo aggiuntivo del deputato Pio Donati (socialista), volto a introdurre il principio della au- toconvocazione della Camera su richiesta deliberata da cinque Commissio- ni permanenti a maggioranza assoluta e con la presenza di almeno la metà dei propri componenti, oppure su richiesta di due quinti del numero tota- le dei membri delle Commissioni permanenti. Il relatore Modigliani, che è personalmente favorevole a quel principio in quanto è tratto dalla sua primitiva proposta, richiama la deliberazione della maggioranza della Commissione in senso contrario, poiché essa ritie- ne che il problema dell’autoconvocazione della Camera esuli dalla compe- tenza delle norme regolamentari interne in quanto realizzerebbe sostanzial- mente una modifica dell’articolo 48 dello Statuto. Modigliani esprime il suo personale avviso che l’autoconvocazione sia legittima all’interno della sessio- ne, la cui durata è senz’altro nella competenza del Re attraverso il Gover- no; anche l’obiezione relativa al fatto che debbano riunirsi contemporanea- mente entrambe le Camere riguarda le sessioni, che devono essere aperte e chiuse contemporaneamente, mentre durante la sessione le Camere pos- sono legittimamente tenere sedute in giorni diversi e con ordini del gior- no differenti, così come d’altro canto avviene di norma nei fatti. Il popo- lare Tovini, pur essendo favorevole al principio, ritiene che non sia opportuno inserirlo in norme del regolamento riguardanti i Gruppi e il fun- zionamento degli Uffici e delle Commissioni. Nel merito ritiene inoltre grave che l’autoconvocazione dell’Assemblea possa essere deliberata da 33 o 90 deputati sul complesso di 508. Matteotti (socialista) rileva che i commissari sono delegati dagli Uffici e che quindi ciascuno di essi rappresenta venti iscritti ai vari Uffici, pertan- to, quella che può apparire una minoranza ristretta è in realtà una mag- gioranza. Questa teoria che applica a questa materia il concetto di rappre- sentanza fa compiere un passo avanti decisivo alle norme regolamentari riguardanti i gruppi parlamentari. Si tratta infatti di un principio che trova larga applicazione nei regolamenti che entrambe le Camere repubblicane hanno approvato nel 1971 e vale ancor oggi. Inoltre Matteotti rileva che la decisione di autoconvocarsi durante la ses- sione è strettamente connessa alla facoltà propria della Camera di aggior- Anton Paolo Tanda 81 narsi o riconvocarsi. Sorgono varie proposte sia in senso favorevole sia in senso contrario e alla fine prevale la proposta Satta-Branca (radicale costi- tuzionale) di approvare il principio e di incaricare la Giunta per il regola- mento di presentare una nuova proposta prima della proroga dei lavori par- lamentari: «La Camera afferma la necessità di una disposizione che stabilisca il suo diritto di autoconvocazione, e invita la Commissione a presentare le relative proposte prima della proroga dei lavori parlamentari» 85. L’Assemblea respinge un articolo aggiuntivo proposto da Gaetano Salve- mini, che fa salvo il diritto del deputato che non ha aderito a nessun grup- po di non far parte nemmeno del Gruppo promiscuo 86 e approva poi le norme transitorie, quindi dà mandato alla Giunta per il regolamento di fare il coordinamento delle norme approvate.

58) Sul diritto della Camera e delle Commissioni di autoconvocarsi. Nella riunione del 31 luglio 1920 la Giunta anzitutto delibera di denominare «Misto» l’Ufficio promiscuo, quindi passa a esaminare le proposte relative all’autoconvocazione delle Commissioni e della Camera. Si ribadisce la convinzione che in sede di riforma regolamentare non si può innovare sul diritto di chiusura e apertura delle sessioni che lo Statu- to assegna al Re e che quindi è possibile disciplinare l’autoconvocazione sol- tanto per i periodi di aggiornamento dei lavori. Il problema, se tale diritto sia invocabile solo se la Camera si è aggiornata con la convocazione a do- micilio oppure anche nel caso in cui ne sia stata deliberata la data, viene alla fine risolto nel senso che non debba essere fatta distinzione tra le due ipotesi. Quindi la discussione si svolge sulle maggioranze richieste perché la Camera debba essere convocata. La proposta Modigliani sostenuta anche dai popolari considera l’autoconvocazione uno dei presidi dei diritti delle mino- ranze, ma questa impostazione non è accolta poiché prevale l’impostazione fino ad allora seguita che dovesse essere la maggioranza, e quindi il Gover- no, a possedere le leve del funzionamento del Parlamento. Avvertendo che il problema involge questioni di equilibrio istituzionale e che quindi è più opportuno che le modifiche più importanti debbano maturare nella opinione politica e anche scientifica, Modigliani non vi insiste e accetta un sistema che pur facendo leva sul principio di maggio- ranza vi introduce una qualche apertura. Infatti la Giunta consente sul principio che nei periodi di aggiornamento il Presidente convochi la Ca- mera se lo richiedano almeno cinque Commissioni con deliberazione assun- ta con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Commissione e che la Commissione sia convocata a richiesta di almeno un quinto dei suoi componenti.

85 A pag. 3064 dell’Allegato «H». 86 Al quale poi egli sarà iscritto. 82 Introduzione

Nella riunione del 4 agosto 1920 la Giunta si occupa del caso dell’Uf- ficio Misto il quale ha nominato il proprio rappresentante nella Commis- sione Affari esteri. Si discute se l’argomento rientri nella competenza della Giunta, ma alla fine, dopo una discussione sul merito si delibera che non ricorre la necessità di introdurre una nuova norma poiché appare già chia- ro dalla norma dell’articolo 3 della proposta già approvata dalla Camera, che l’Ufficio Misto non poteva nominare suoi rappresentanti nelle Commis- sioni poiché non raggiunge il prescritto numero di venti iscritti. In sostanza la Giunta fornisce al Presidente il suo motivato parere nel- l’interpretazione del regolamento, suggerendogli di escludere dalla convoca- zione della Commissione il rappresentante dell’Ufficio Misto. Questa fun- zione di organo di consulenza regolamentare del Presidente avrà poi un grande sviluppo nella storia parlamentare, sarà largamente usato nella pras- si fino ad essere canonizzato nel regolamento. La Giunta approva quindi la formulazione proposta dal Presidente per gli articoli 9 e 10 concernenti rispettivamente l’autoconvocazione delle Com- missioni e dell’Assemblea e approva inoltre un ordine del giorno in cui si «afferma l’utilità di istituire la tribuna parlamentare» 87.

59) Discussione in Assemblea sull’autoconvocazione: 6 agosto 1920. Nella seduta pomeridiana del 6 agosto 1920 88 la Camera approva senza discus- sione il nuovo testo dell’articolo 9 delle modifiche al regolamento, che ri- guarda l’autoconvocazione delle Commissioni durante i periodi di aggiorna- mento dei lavori: quando un quinto dei componenti richiedano che la Commissione sia convocata per la trattazione di un determinato argomen- to essa deve riunirsi entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta. Sull’articolo 10 concernente l’autoconvocazione dell’Assemblea si solleva- no obiezioni da vari settori della Camera, nonostante si tratti di un testo che attua la deliberazione assunta il 26 luglio, che riconosce alla Camera il diritto di autoconvocarsi nei periodi di aggiornamento dei suoi lavori. Dalla discussione emergono tre orientamenti di fondo, quello di chi sostiene una sostanziale intangibilità del sistema in vigore in quanto lo ritiene in linea con lo Statuto e sufficientemente garantista; quello di chi ritiene che il fun- zionamento del sistema basato unicamente sul principio di maggioranza non risponda, o non risponda più, alle esigenze della sua evoluzione in senso democratico; vi è poi la posizione del relatore delle proposte, Modigliani, il quale, con grande realismo punta a ottenere almeno il riconoscimento alla Camera del diritto ad autoconvocarsi, accettando un onorevole com- promesso sulle forme di attuazione.

87 Vedi Allegato N. 33. 88 Vedi Allegato «T». Anton Paolo Tanda 83

Sulla prima posizione si incontrano Giovanni Amendola (liberal demo- cratico) e Giovanni Giolitti, il quale ultimo afferma di parlare come singo- lo deputato e non già come Presidente del Consiglio. La distinzione appa- re sottile e forse anche capziosa, in quanto mentre parla egli è comunque Presidente del Consiglio in carica; infatti, l’opinione che esprime è alquan- to diversa da quella da lui espressa durante la crisi Pelloux, quando riget- tava appunto il concetto che fosse unicamente il numero a decidere le re- gole di comportamento 89. Amendola sostiene che pur essendo interna al sistema statutario la norma proposta può essere fonte di gravi turbamenti in quanto conferisce a una minoranza il potere di imporre un comportamento alla maggioranza. Anche Giolitti su questo punto si esprime in modo analogo poiché paventa un sovvertimento del principio di maggioranza su cui si basa il sistema parla- mentare. Queste obiezioni sono dettate dall’onesta preoccupazione di assi- curare la funzionalità del sistema ma sono ancorate a una visione del Par- lamento come organo di garanzia della maggioranza, mentre ormai nella Camera si fa strada una visione del Parlamento come luogo di incontro delle più diverse impostazioni politiche quali sono uscite dalle elezioni re- golate dai principi dello scrutinio di lista e del metodo proporzionale. In alcuni settori della classe politica liberale non è stato ancora sufficien- temente elaborato il significato sul piano dell’istituto parlamentare dell’ado- zione della legge proporzionale. Alcuni stentano ad accettare che i deputa- ti e i gruppi parlamentari ormai rappresentano non il collegio, conquistato anche con un solo voto di maggioranza, bensì una tendenza politica che ha trovato consenso nell’elettorato in misura tale da conseguire il seggio e che è condivisa anche da elettori di altri collegi. Il principio della rappresentanza è sostenuto dai socialisti Turati, Pio Do- nati e Matteotti, i quali ripropongono il testo originario della proposta Mo- digliani e al quale egli dà, ovviamente, la sua personale adesione anche se si batte per l’adozione del testo elaborato dalla Giunta per il regolamento, ben sapendo che esso costituisce il massimo che in quel momento storico è possibile ottenere. La Giunta propone che quando la convocazione della Camera per l’esa- me di argomenti determinati sia richiesta da cinque Commissioni perma- nenti, con deliberazione assunta a maggioranza assoluta dei loro componen- ti, il Presidente deve convocarla in modo che possa riunirsi entro il quindicesimo giorno da quando la richiesta gli è pervenuta e in modo che tra la convocazione e la riunione intercorrano cinque giorni liberi. Vi sono vari emendamenti volti a diminuire il numero delle Commissio- ni che fanno la richiesta, da cinque a tre, (Gallani, socialista); che a pre- sentare la richiesta siano 200 deputati (Matteotti, socialista), una sola Com-

89 Vedi Le riforme regolamentari di fine secolo, cit. 84 Introduzione missione permanente con deliberazione assunta all’unanimità e con la pre- senza di almeno i tre quinti dei suoi componenti (Pio Donati, socialista); che la convocazione avvenga anche su richiesta da parte della metà più uno dei deputati in carica (Ruini, radicale costituzionale). Di tali emendamenti l’Assemblea approva soltanto quest’ultimo, con il quale si rafforza la pos- sibilità per la Camera di autoconvocarsi. Si discute in modo approfondito dell’emendamento aggiuntivo del depu- tato Ciriani (social riformista), volto a ottenere che quando l’Ufficio misto raggiunga il numero di almeno quindici aderenti possa nominare i propri rappresentanti nelle Commissioni. Della questione si è occupato il Consi- glio di presidenza nella riunione del 1° agosto 1920, il quale ha delibera- to di non riconoscere il Gruppo misto che non raggiunge il numero di venti iscritti, mentre ha riconosciuto il Gruppo repubblicano, che conta dieci iscritti. Quella deliberazione è frutto della interpretazione letterale della nuova norma regolamentare, che dà facoltà al Consiglio di Presidenza di ricono- scere la costituzione di un gruppo con almeno dieci iscritti, purché rappre- senti un partito organizzato nel paese. In effetti, il Gruppo misto, in quan- to gruppo residuale dovrebbe essere riconosciuto indipendentemente dal numero degli iscritti, la maggior parte dei quali o non ha espresso la vo- lontà di iscriversi ad alcun gruppo oppure non ne è stato accettato. Quin- di si sarebbe dovuta riconoscere al Gruppo misto la facoltà di costituirsi in quanto tale nominando i propri organi interni, sia pure escludendo la nomina di propri rappresentanti nelle Commissioni: il Gruppo misto, però, oltre a essersi costituito ha anche nominato il proprio rappresentante nella Commissione Affari esteri. Perciò il Presidente De Nicola ha portato la que- stione all’attenzione della Giunta, la quale, come si è già visto, si è espres- sa negando a quell’Ufficio il diritto di nominare i suoi rappresentanti. Il deputato Ciriani chiede pertanto che quella facoltà gli sia riconosciuta al- meno quando raggiunga il numero di quindici iscritti; la Camera respinge il suo emendamento. La proposta di istituire la tribuna parlamentare, che nella legislatura pre- cedente era stata avanzata in Comitato Segreto, mentre la Giunta per il re- golamento rivendicando la propria competenza a esprimersi al riguardo era andata nell’avviso contrario, ora viene avanzata dalla Giunta, sia pure non come obbligo, ma la proposta incontra l’opposizione di autorevoli membri della Camera che la considerano un incentivo alla magniloquenza a detri- mento dell’utilità degli interventi, anche se dettata da ragioni pratiche di acustica dell’Aula; alla fine viene approvata la sospensiva. Al di là degli aspetti tecnici – e anche politico istituzionali – quello che è rimasto in ombra nella discussione parlamentare sia nella Giunta sia in Aula è quello relativo al rapporto che viene a instaurarsi tra le Commis- sioni e l’Assemblea. Le Commissioni introdotte dalla riforma sono perma- nenti, quindi necessarie, mentre le Commissioni fino ad allora conosciute

Anton Paolo Tanda 85 dal regolamento e dalla prassi della Camera erano soltanto eventuali ed epi- sodiche, infatti si costituivano per nomina da parte dei singoli Uffici solo dopo che la maggioranza di essi avesse deliberato favorevolmente sull’og- getto al loro esame oppure istituite con apposita deliberazione per l’esame di singoli argomenti: è stata così estesa alle Commissioni la configurazione che fino ad allora era stata soltanto delle Giunte permanenti, ad esempio la Giunta generale del Bilancio. Si è già notato in altro punto che a cia- scuna di esse viene ora attribuita una sfera di competenze proprie e anche un certo potere di auto organizzarsi con la nomina di sottocommissioni, quindi, se si collegano questi dati con l’altro del loro carattere permanen- te si vede che ormai tra le Commissioni e la Camera si è instaurato un rapporto organico necessario. Questo costituisce il dato di maggiore novità scaturito dalla riforma Modigliani, suscettibile di futuri importanti sviluppi, soprattutto in epoca repubblicana, di cui ci limitiamo qui a segnalare la funzione delle così dette Commissioni filtro e l’espressione dei pareri ob- bligatori e vincolanti per le altre Commissioni.

60) Condizioni politiche e sociali del Paese. Nel frattempo la Camera ap- prova il disegno di legge sulla nominatività dei titoli azionari con il voto favorevole dei socialisti, nonostante le perplessità da loro manifestate sul- l’articolo che conferisce al Governo il potere normativo sulla conversione in nominativi dei titoli al portatore, che Giolitti considera parte essenziale del provvedimento. A quella legge sono in linea di massima favorevoli i so- cialisti, mentre contrari sono i popolari e gli ambienti ecclesiastici; tuttavia essa non ha poi avuto pratica attuazione. Nella seduta del 9 agosto 1920 la Camera approva un disegno di legge relativo alla sostituzione dei deputati deceduti dopo la proclamazione o ve- nuti a mancare per altre cause. Durante la seduta, poiché già deputato di Trento al Parlamento austriaco assiste alla seduta dalla tri- buna degli ex deputati, dal centro si grida: «Viva il deputato di Trento!» cui fanno seguito vivi applausi. Il 10 novembre 1920, Giolitti comunica alla Camera che al posto di Fran- cesco Tedesco, dimissionario, al Ministero delle finanze il 10 agosto è stato nominato Luigi Facta. La situazione economica si va deteriorando e così anche la situazione so- ciale, poiché gli industriali non sono disposti ad accedere alle richieste dei sindacati dei metalmeccanici e contano di poter vincere la battaglia sfian- cando gli operai; sperano di ottenere da Giolitti l’aiuto del Governo con- tro gli scioperi nel caso in cui gli operai ricorrano ad atti di violenza, al fine di ottenere vantaggi fiscali o ulteriori norme di protezione in contro- partita di qualche concessione salariale da parte loro. A seguito dell’ado- zione da parte degli operai dell’ostruzionismo che esclude il lavoro straor- dinario e a cottimo e nonostante gli sforzi delle autorità di governo locali 86 Introduzione e centrali, gli industriali, prima l’Alfa Romeo indi tutti gli altri, attuano la serrata, ciò che provoca l’occupazione delle fabbriche. Giolitti, in questo in consonanza con le centrali sindacali, si sforza di mantenere allo scontro in atto il carattere puramente economico evitando sia l’uso della forza, che sarebbe di ardua attuazione e controproducente, sia attivando invece le sedi di mediazione per la soluzione del conflitto sin- dacale. Così il 1° ottobre si può giungere ad un accordo tra la FIOM e la Federazione delle industrie metallurgiche. Tale accordo, che la parte pa- dronale in realtà ha subito, nonostante segni almeno sulla carta una note- vole vittoria sindacale, non è bene accetto nemmeno agli ambienti più estre- misti della sinistra socialista, che ha sperato in esso come in una preziosa occasione per attuare la rivoluzione. La paura dell’avanzata socialista avvicina i ceti medi alla grande borghe- sia, ma i popolari, benché siano contrari ai socialisti non sposano le posizioni di classe della borghesia soprattutto cittadina. Le elezioni ammi- nistrative generali si svolgono in base alla vecchia legge elettorale ammini- strativa, quindi senza l’adozione della proporzionale contenuta in un dise- gno di legge presentato da Nitti ma che non è giunto all’approvazione. Si registra un largo successo delle liste socialiste e popolari che conquistano, comprendendo i repubblicani, quasi la metà dei Comuni e oltre la metà dei Consigli provinciali. Tuttavia i popolari, secondo l’indirizzo che era stato seguito dagli elettori cattolici nel 1913 entrano a far parte del bloc- co antisocialista a Torino e quando non sono presenti con loro liste spo- stano i voti a favore del blocco. A questo aderiscono anche i fascisti, che non presentano proprie liste, scottati dall’esperienza negativa nelle elezio- ni politiche del 1919. Il 17 novembre 1920 la Camera respinge con 83 voti a favore e 202 contrari una mozione del deputato socialista Adelmo Niccolai sulla politica interna, in cui è posta in evidenza la situazione di insicurezza dell’ordine pubblico provocata dalla reazione all’affermazione elettorale dei socialisti; Giolitti dichiara di considerare quella una votazione di fiducia 90. Il 21 novembre a Bologna gruppi di squadristi sparano con armi da fuoco nella piazza dove si svolge una manifestazione quando al balcone di Palazzo d’Accursio si affaccia il sindaco socialista eletto dal nuovo consi- glio comunale a maggioranza socialista. Nella piazza è convenuta una mol- titudine di persone poiché al fine di festeggiare l’avvenimento i socialisti hanno preparato una grande adunata popolare. Alcuni dei presenti nel Pa- lazzo rispondono all’attacco quindi si verificano varie sparatorie con nove morti e alcune centinaia di feriti. L’uccisione di un consigliere nazionalista offre ai fascisti il pretesto per indire spedizioni punitive contro i munici-

90 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 17 novembre 1020, pag. 5633. Anton Paolo Tanda 87 pi conquistati dai socialisti e contro le sedi e le organizzazioni di quel par- tito in tutta la regione. Questo segna il passaggio alla sistematica organiz- zazione della violenza da parte dei fascisti nei confronti degli avversari po- litici. Il 24 novembre alla Camera si svolgono interrogazioni sui fatti di Bologna 91.

61) Chiusura della questione fiumana: politica estera dell’Italia. Con il Trat- tato di Rapallo si pone termine alla questione fiumana e si normalizzano i rapporti con il governo iugoslavo. Mentre D’Annunzio continua a governa- re di fatto la Città di Fiume con un governo personale dai tratti spiccata- mente dittatoriali, sono proseguite le trattative tra il Governo italiano, al- lora guidato da Nitti, attraverso il ministro degli esteri Scialoja per la sistemazione della questione adriatica alla cui soluzione il comportamento di D’Annunzio crea gravi difficoltà. Infatti egli, proclamando il valore rivo- luzionario della questione, si rivolge ad ambienti dell’estrema sinistra socia- lista e anarchica, nell’intento di creare il maggiore intralcio possibile alla politica di Nitti al riguardo, il quale mira a ottenere l’appoggio delle po- tenze europee, Francia e Gran Bretagna, una volta che si è affievolita l’in- fluenza del Presidente degli Stati Uniti Wilson, sempre ostile alle richieste italiane in quel settore. Tuttavia, sebbene rallentate da varie circostanze politiche le trattative sono proseguite anche da Giolitti e dal suo Ministro degli esteri Sforza e si rag- giunge un accordo che assicura all’Italia frontiere orientali della Venezia Giulia, come era previsto nel Trattato di Londra del 1915, con qualche lieve miglioramento, le isole di Cherso e di Lussino, la città di Zara e l’i- sola di Lagosta oltre a tre isole minori. Fiume con l’entroterra e un corri- doio per assicurarne la contiguità con l’Italia viene a costituire uno Stato libero. Inoltre si stipulano accordi segreti in vista della formazione di un consorzio italo iugoslavo per l’amministrazione del porto di Fiume. Questo trattato delude gli ambienti di destra che avevano auspicato una maggiore fermezza di Giolitti nei confronti delle posizioni iugoslave, perciò è attaccato violentemente soprattutto dai nazionalisti e naturalmente da D’Annunzio, il quale oltre alle proclamazioni verbali si dà da fare per mon- tare un piano insurrezionale che, oltre a dare alla questione fiumana uno sbocco in senso autoritario, costituisca anche una premessa per l’afferma- zione di una dittatura militare nel paese. Anche Mussolini, pur favorevole in linea di principio prende le distanze da quel progetto e lo denuncia sul suo giornale, anche per non lasciare a D’Annunzio un’iniziativa nel campo d’azione che considera suo. D’Annunzio ha già fatto occupare dai suoi le- gionari due isole assegnate alla Iugoslavia minacciando altre chiassose im- prese per creare intralci al Trattato.

91 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 24 novembre 1920, pagg. 5958-5863. 88 Introduzione

Il 27 novembre 1920 la Camera approva con 212 voti favorevoli, 15 con- trari e 40 astenuti (i socialisti) la ratifica del trattato di Rapallo. D’Annunzio, nonostante sia ormai chiaro che lo spirito del Trattato è quasi universal- mente accettato anche a Fiume, intensifica i suoi tentativi di resistenza fin- ché il 20 dicembre il generale Caviglia, dopo che D’Annunzio ha respinto l’ultimatum, ordina alle truppe di attaccare Fiume; il combattimento si pro- trae per quattro giorni – il Natale di sangue – e alla fine D’Annunzio cede i poteri al Consiglio nazionale fiumano e tratta la resa, dopo di che Fiume è sgomberata dai legionari. Prosegue nella nazione il clima di violenza e di intimidazione da parte fascista nei confronti dei socialisti e si registra altresì l’appoggio ad esso da parte di settori dell’esercito in chiave antisocialista. Questo atteggiamento dei militari ha la sua origine nella violenta campagna dei nazionalisti con- tro il pacifismo dei socialisti, al quale si imputano, come si è visto prima, gli insuccessi militari e segnatamente la rotta di Caporetto e quindi anche la responsabilità della «vittoria mutilata». Giolitti e il suo Governo, benché preoccupati di tale appoggio non mettono in atto alcuna misura idonea a raggiungere risultati concreti e la crisi si aggrava sempre di più, mentre cre- sce il clima di violenza nei confronti delle amministrazioni locali socialiste e le sedi del partito.

62) Il Presidente consulta la Giunta su questioni di interpretazione del re- golamento. Il Presidente De Nicola investe la Giunta di alcune questioni di interpretazione del regolamento. In particolare, poiché il gruppo di Demo- crazia liberale ha aumentato il numero dei suoi aderenti, domanda se deb- bano spettargli quattro o cinque rappresentanti; la Giunta conviene sulla proposta che gliene spettino cinque, purché la composizione della Commis- sione esteri, l’unica già costituita, resti invariata. Circa l’esigenza che nel cambiamento di gruppo i deputati debbano avere il gradimento del grup- po cui intendono associarsi la Giunta delibera che i deputati interessati a cambiare gruppo facciano pervenire alla Presidenza la comunicazione del presidente del nuovo gruppo. Circa i poteri della Commissione Finanza la Giunta, dopo aver approfon- dito il problema delle sue funzioni, concorda che si debba fare una pro- posta di modifica al regolamento per stabilire l’obbligo dell’approvazione di quella Commissione per i provvedimenti implicanti spesa. Inoltre, e la questione è di grande interesse, procede ad assegnare i pro- getti di legge alle Commissioni. Si tratta della prima applicazione del siste- ma delle Commissioni permanenti, del tutto nuovo rispetto al precedente degli Uffici in cui appunto tutti gli Uffici esaminavano ogni progetto di legge e poi procedevano alla formazione della Commissione per l’esame definiti- vo di ciascuno di essi. Come prima attuazione, il Presidente sceglie di avere il parere della Giunta per il regolamento per l’esercizio di quella funzione. Anton Paolo Tanda 89

Si tratta di un altro e rilevante caso in cui la Giunta è chiamata dal Pre- sidente della Camera a esercitare la funzione di suo organo di consulenza. Infatti nessuna norma assegna quella funzione alla sua competenza, come accadrà in seguito e continua ad accadere nella Camera dei deputati re- pubblicana, la quale fin dall’inizio si è rifatta al regolamento del 1920-1922.

63) Incidente sul computo del numero legale – Il caso Misiano – Scissio- ne socialista e fondazione del Partito comunista d’Italia. Nella seduta dell’11 dicembre 1920 inizia una curiosa vicenda politico-procedurale che crea gravi difficoltà al Presidente e all’Ufficio di presidenza della Camera: Giolitti chie- de che la Camera tenga seduta anche l’indomani, Domenica, per l’esposi- zione finanziaria. Sorgono opposizioni, per cui è chiamata a pronunciarsi l’Assemblea, che lo fa con votazione nominale, che vede 201 presenze, con 182 sì e 19 no. Si fa rilevare che non vi è stato il numero legale in quan- to sarebbero stati conteggiati anche taluni firmatari della richiesta che hanno votato, i quali nel computo risulterebbero quindi due volte. Il Presidente si riserva di fare gli opportuni accertamenti. Il giorno seguente, in apertu- ra di seduta il Presidente fa leggere il verbale della seduta del giorno pre- cedente; sorgono osservazioni e il Presidente dichiara che la deliberazione di tenere seduta nel giorno di Domenica non è valida poiché è stata adot- tata in mancanza del numero legale, quindi toglie la seduta. Il 13 dicembre 1920 il Presidente di turno Rodinò fa importanti dichia- razioni sul computo del numero legale e annulla la prima votazione dell’11 dicembre 92. Vi è anche un accenno alle dimissioni del Presidente De Nicola e dell’intero Consiglio di presidenza. Si svolge un’ampia discussione in sede di approvazione del processo verbale e prima che questa avvenga è appro- vato a larga maggioranza un ordine del giorno Maffi per l’istituzione di una Commissione di inchiesta su quanto è accaduto in quella seduta e la Camera si aggiorna al 15 dicembre. L’intera seduta è occupata dalla discussione sulla necessità di atten- dere la relazione della Commissione prima di riprendere i lavori, indi la seduta è rinviata all’indomani. Il 16 dicembre si legge la relazione nella quale vengono escluse responsabilità in ordine a quanto accaduto; la Com- missione conclude in questo modo: «Esprime il voto che, d’ora innanzi nel- l’esercizio della funzione parlamentare, nessuna consuetudine contraddicen- te a precise disposizioni regolamentari, specialmente in ciò che costituisce la guarentigia dei diritti delle minoranze, sia ammessa dalla Camera, e che ogni modificazione che si reputi opportuna venga tradotta in una norma regolamentare» 93. La relazione è approvata. Si deve rilevare che la consue- tudine cui accenna la Commissione è in realtà una prassi degli uffici, non

92 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 13 dicembre 1920, pagg. 6637-6646. 93 Ivi. Seduta 16 dicembre 1920, pag. 6639. 90 Introduzione contraddetta da alcuna disposizione superiore in ordine al momento e alle modalità per le richieste di missione e di congedo ma anche, e questo è il punto cui la Commissione si riferisce, per il loro computo per la forma- zione del numero legale. Si trattava in sostanza di una mera prassi interna assurta inopinatamente al rango di consuetudine regolamentare. Nella stessa seduta sono annunciate le dimissioni di De Nicola e dell’in- tero Ufficio di presidenza. Le dimissioni del Presidente sono respinte. La fisionomia del resoconto della seduta reca l’indicazione alla unanimità salvo l’estrema sinistra, il che costituisce uno strano genere di unanimità. Circa le dimissioni dei Segretari della Presidenza viene proposto, e ac- cettato, che si voti singolarmente e sono tutte respinte e così anche le di- missioni dei Vicepresidenti e dei questori. Il deputato Guglielmi dichiara di prendere atto con soddisfazione che dalla relazione è risultato che anche tutti i funzionari della Camera sono rimasti immuni da qualunque censura. Questo accenno è un segno della maggiore attenzione che viene rivolta al- l’apparato amministrativo interno, certamente in rapporto alla crescente im- portanza delle sue funzioni non più soltanto esecutive di ordini bensì di attuazione di direttive, con uno spazio di autonomia maggiore che in pas- sato, naturalmente in rapporto alle funzioni svolte dal Segretario generale, come è stato già segnalato. Il 21 dicembre 1920, il deputato Misiano contesta la versione dei fatti relativi all’aggressione da lui subita a Bologna ad opera di squadristi fasci- sti: è l’inizio della campagna contro di lui da parte dei nazionalisti più ac- cesi e dei fascisti anche all’interno del Parlamento, cominciata già prima della guerra quando per la sua attività di sindacalista dei ferrovieri, segui- ta poi dall’accusa di diserzione e ripresa violentemente al suo ingresso alla Camera. Nella seduta pomeridiana del 22 dicembre 1920 si svolge alla Ca- mera una discussione sui fatti di Ferrara dove all’aggressione fascista ha fatto seguito una violenta reazione da parte dei socialisti. Intanto, al congresso del partito socialista a Livorno si consuma la scis- sione della importante frazione comunista, la quale, il 21 gennaio 1921 ab- bandona la sede del congresso su invito di Amedeo Bordiga, dopo l’accer- tamento dei risultati che hanno sancito comunque la vittoria della corrente unitaria, la quale, pur aderendo alla III Internazionale socialista intende mantenere una propria libertà nell’interpretazione delle tesi internazionali in base alla situazione del proprio paese. Si conclude così traumaticamente per i socialisti il lungo travaglio interno sulle prospettive della rivoluzione so- cialista. I secessionisti danno così vita al Partito comunista d’Italia, che ha avuto le ben note importanti conseguenze sulla vita politica del paese, so- prattutto nella guerra di liberazione e nel dopoguerra.

64) Giurì d’onore – Passaggio per tacito consenso all’esame degli articoli di un progetto di legge – Continui disordini e atti di violenza – La legisla- tura è sciolta. Alla fine di gennaio 1921 il deputato Chimienti, presidente Anton Paolo Tanda 91 di una Commissione di indagine interna (Giurì d’onore) si oppone a che sia discussa in Assemblea la sua relazione, tuttavia, dopo la sua lettura, il Presidente De Nicola conclude con questa formula: «Se nessuno chiede di parlare si intende che la Camera prende atto della relazione della Commis- sione». Quella formula fa pensare a una sconfessione dell’atteggiamento della Commissione, almeno sul piano teorico, poiché con essa si lascia intende- re che se qualcuno avesse chiesto di parlare il Presidente glielo avrebbe consentito. Nella seduta successiva, 28 gennaio 1921, il deputato Modigliani, parlan- do sul processo verbale eccepisce che non si sia voluta discutere la rela- zione e alla fine della seduta chiede la pubblicazione della relazione e dei relativi documenti. Il presidente della Commissione Chimienti si oppone; si apre una lunga discussione procedurale, al termine della quale la Camera delibera con votazione per alzata e seduta, di consentire la pubblicazione degli atti e con altra votazione nominale «dichiara non essere più luogo a discussione sul giudizio della Commissione, del quale la Camera ha preso atto» 94. Questa deliberazione, invece, fa proprio l’atteggiamento della Com- missione espresso da Chimienti; la prassi si è poi sviluppata nel senso che dopo la lettura della relazione vi sia soltanto la presa d’atto delle conclu- sioni senza che si svolga al riguardo alcuna discussione. Molte delle successive sedute della Camera sono caratterizzate dallo svol- gimento di interrogazioni relative ad atti di aggressione nei confronti di de- putati socialisti, il 18 febbraio aggressione al deputato Della Seta a Roma nel Caffè Aragno, ad opera di fascisti 95. Il 22 febbraio il deputato Cam- panini denuncia l’aggressione da lui subita a Bari a opera di fascisti e le percosse ricevute da parte di una guardia regia 96. Così, via via per nume- rose sedute in cui si denunciano aggressioni dalle due parti, socialista e fa- scista, nonché disordini, in particolare da parte fascista ancora a Bari, a Fi- renze e in altre località della Toscana, nella zona del Polesine, a Casale Monferrato, dove si è verificata anche una sparatoria e il 18 marzo si trat- ta di aggressioni a deputati socialisti. Il 18 marzo 1921 inizia l’esame del disegno di legge sulle ineleggibilità e incompatibilità. Non essendovi altri iscritti a parlare si passa all’esame degli articoli. Si osserva che non vi è stata una votazione al riguardo; il Presidente di turno, Tedesco, fa rilevare che non vi erano altri iscritti a parlare e nessuno ha chiesto che si votasse; si è trattato insomma dell’ap- plicazione della norma regolamentare: «quando la Camera vi annuisca» se- condo il principio dell’assenza di domande in contrario, che è parte inte- grante della prassi applicativa del regolamento in presenza di formule

94 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 21 gennaio 1921, pagg. 7105-7114. 95 Ivi. Seduta 18 febbraio 1921, pagg. 7843 e ss. 96 Ivi. Seduta 22 febbraio 1921, pagg. 7938-7939. 92 Introduzione analoghe a quella citata. L’esame del disegno di legge, sospeso per man- canza del numero legale, riprende nella seduta successiva; è nuovamente so- speso ed è approvato nella seduta pomeridiana del 23 marzo 1921. Lo stesso giorno avviene un attentato anarchico al Teatro Diana di Mi- lano durante uno spettacolo, che provoca 21 morti e un centinaio di feri- ti. Da esso prendono le mosse le ritorsioni di gruppi fascisti che assaltano la sede dell’Avanti e incendiano il periodico anarchico Umanità Nova. Il 7 aprile 1921 si conclude la XXV Legislatura, che si è aperta soltan- to il 1° dicembre 1919. La situazione politica nel frattempo è notevolmen- te mutata, la spinta a sinistra che si era registrata nelle precedenti elezio- ni e ancora nelle elezioni amministrative generali dell’ottobre novembre 1920 si è affievolita, specie a seguito delle agitazioni sindacali anche nelle cam- pagne e dei gravi disordini che ne sono seguiti. Si consolida così l’allean- za borghese in chiave antisocialista, che si è registrata già nelle elezioni am- ministrative. Il movimento fascista si consolida e fa la sua apparizione nelle campagne: la sua parte agraria eserciterà quindi una funzione importantis- sima nello sviluppo dell’intero movimento. La situazione economica del paese si è ulteriormente deteriorata; la lira ha perso la maggior parte del suo valore, ciò che favorisce le esportazioni ma provoca enormi disagi alle classi popolari con l’aumento dei prezzi. Per questo e soprattutto per approfittare del momento di riflusso verso posizioni politiche conservatrici, Giolitti, anche tenendo conto che nel 1919 i territori acquisiti per effetto della guerra non hanno avuto i loro rappre- sentanti, ottiene lo scioglimento della Camera.

65) Elezioni per la XXVI legislatura e sua apertura. Le elezioni hanno luogo il 15 maggio 1921, sulla base della legge del 1919 ma con l’aggiun- ta di 27 seggi pertinenti ai nuovi territori entrati a far parte della comu- nità nazionale. Nonostante tutto l’attivismo di Mussolini i risultati per lui sono alquanto deludenti, perché la lista fascista ottiene soltanto due seggi, ma il gruppo parlamentare si costituisce poi con l’apporto di numerosi de- putati eletti nelle liste dei blocchi nazionali. La costituzione del gruppo è resa possibile dalla norma del primo comma dell’articolo 1 del regolamen- to, approvata il 25 luglio 1920, che dispone che i deputati entro il quinto giorno dopo aver prestato giuramento devono dichiarare a quale «gruppo politico siano iscritti». I socialisti perdono i sedici seggi andati ai comunisti e ne conservano 123 rispetto alle elezioni precedenti; i popolari passano a 108. Esiste anco- ra una maggioranza liberale, priva però, oltre che di un sufficiente margi- ne che consenta di governare in modo stabile ed efficace anche di una ac- cettabile coesione interna. La XXVI legislatura è inaugurata nell’Aula di Montecitorio l’11 giugno 1921. La prima seduta della Camera il 13 giugno 1921 è presieduta dal Anton Paolo Tanda 93

Vicepresidente della precedente legislatura Baldassarre Squitti. In apertura Modigliani protesta perché il deputato Misiano è stato espulso con la forza dal palazzo di Montecitorio; si registrano varie voci di deplorazione dell’ac- caduto, ma il deputato fascista Aldo Finzi dichiara a nome del suo grup- po che la presenza di quel deputato costituisce «apologia del reato di di- serzione» e lo accusa di aver risposto a mano armata. Alfredo Rocco, pur deplorando l’illegalità dichiara che essa deve essere messa in collegamento con quella commessa nella precedente legislatura convalidando l’elezione di Misiano. Vi sono poi altri interventi di vario tenore, Turati intervenendo tra l’altro dichiara: «Non uso alla preghiera, vorrei tuttavia, in ginocchio, col singhiozzo nella voce, scongiurare tutti coloro che si sentono parte viva della nostra civiltà italiana: facciamo il gesto che ci redima dal brigantag- gio che risorge!» 97. Giolitti propone che si passi subito all’elezione della Presidenza. È rie- letto Enrico De Nicola con 348 voti su 479 votanti; al socialista Costanti- no Lazzari sono andati 109 voti. Il giorno successivo, nel discorso di insediamento, De Nicola dedica alla questione un solo passaggio: «con la inflessibile volontà di difendere ad un tempo il diritto di ognuno degli eletti e l’inviolabile prestigio dell’Assem- blea»; dichiarazione che non appare un granché rispetto alla gravità del fatto. Alla Giunta per il regolamento chiama i deputati Bevione, Vincenzo Carboni, Casertano, Cavazzoni, Celli, Cocco-Ortu, Colajanni, Di Scalea, Mo- digliani, Sarrocchi. Nella seduta del 20 giugno 1921 è annunziata alla Camera la presenta- zione della proposta di modificazione al regolamento Colonna di Cesarò, concernente l’istituzione di una Corte d’onore della Camera come organo permanente, di nomina del Presidente 98. Nella stessa seduta sono presen- tati disegni di legge per la conversione in legge di 204 decreti-legge. Il deputato fascista propone che nella discussione sulla risposta al discorso della Corona possa prendere la parola soltanto un ora- tore per ciascun gruppo parlamentare. La proposta è giudicata inaccettabi- le per il caso concreto da Modigliani, il quale tuttavia non la considera eretica sul piano generale. Il Presidente De Nicola osserva che la proposta è già stata presentata alla Giunta nella legislatura precedente, la quale l’ha respinta all’unanimità; peraltro nei verbali che pubblichiamo non vi è cenno di tale discussione. Propone però che ciascun gruppo provveda a designa- re i propri oratori, che avranno la parola seguendo l’ordine di iscrizione. Ricorda inoltre che è «consuetudine che non si svolgano interrogazioni fin- ché non sia esaurita la discussione sull’indirizzo di risposta al discorso della Corona».

97 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 13 giugno 1921, pag. 7. 98 Vedi Allegato N. 40. 94 Introduzione

Nelle sedute dal 21 al 26 giugno sono presentati disegni di legge per la conversione in legge di 322 decreti-legge. Nella discussione sull’indirizzo di risposta al discorso della Corona, che tradizionalmente è un momento di verifica della sua politica generale, il Governo subisce moltissime critiche sia da sinistra sia da destra e anche da parte di taluni esponenti della maggioranza di governo. Fa il suo primo intervento parlamentare anche Benito Mussolini, il quale parla soprattutto contro i comunisti e i socialisti ma critica aspramente il Go- verno per la sua politica interna ed estera; fa un accenno alla possibilità che vengano forniti aiuti al cattolicesimo, a condizione che il Vaticano ri- nunci ai suoi sogni temporalistici e abilmente fa intendere di sapere che quella sia la posizione vaticana; ai popolari chiede di uscire dall’equivo- co e di schierarsi 99. Al termine della discussione Giolitti pone la questione di fiducia sulla reiezione di un ordine del giorno Turati e Modigliani di forte critica della politica interna ed estera del Governo. L’ordine del giorno è respinto con 234 no, 200 sì e 6 astenuti. Inoltre alcuni gruppi hanno dichiarato di vo- tare con talune riserve sulla politica estera. Pertanto Giolitti, ritenendo il margine di maggioranza troppo ridotto il giorno successivo, 27 giugno 1921, comunica di aver presentato al Re le dimissioni sue e del Gabinetto.

66) Governo Bonomi – De Nicola e il patto di pacificazione. La situazio- ne politica è gravissima; il movimento fascista e squadrista spadroneggia so- prattutto nelle campagne dell’Italia centrale, protetto da una rete di conni- venze delle autorità locali e da una sostanziale acquiescenza da parte di talune autorità statali, giudiziarie e anche militari; tra i militari non sono rari i casi di aperto sostegno alle squadre fasciste, nonostante Giolitti abbia disposto perché le leggi siano puntualmente applicate nei confronti di tutti. Fallisce così il tentativo di Giolitti di servirsi del fascismo in funzione an- tisocialista, nella convinzione che a un certo punto il fascismo rientrerà nei ranghi. La prova è evidente nel risultato delle elezioni volute fortemente da Giolitti in un momento di pur grave difficoltà del movimento operaio e del partito socialista. De Nicola, da poco rieletto Presidente della Camera non accetta l’inca- rico a formare il Governo, nonostante venga indicato da molte parti come personalità in grado ottenere i necessari consensi. Così il Re dà l’incarico a Bonomi, social riformista e che è stato interventista, il quale dopo una crisi brevissima forma il suo Governo che è nominato il 4 luglio. La base del nuovo Governo non si discosta molto da quella dell’ultimo Giolitti e comprende oltre a Bonomi anche il social riformista Beneduce, elementi del

99 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 1° dicembre 1921, pagg. 89-98. Vedi in Allega- to «L».

Anton Paolo Tanda 95 partito popolare, di democrazia liberale, di democrazia sociale, un liberale di destra e alcuni senatori e non parlamentari. Si presenta alla Camera il 18 luglio e ne ottiene la fiducia il 23, con un notevole margine di maggioranza. Votano contro i socialisti, i comunisti e i fascisti. Durante la discussione delle sue dichiarazioni programmatiche (forse per la prima volta), la Camera non svolge altra attività parlamentare. Nel frattempo, per impulso e con la mediazione di De Nicola, sulla base dell’atteggiamento di Mussolini – da lui tenuto a partire dal suo interven- to alla Camera del 21 giugno 1921 certamente nella prospettiva della presa del potere da parte del suo movimento più che come vera iniziativa poli- tica –, il quale si presenta come possibilista nei confronti delle altre forze politiche, dei socialisti e del sindacato oltre che dei popolari, si dà il via a una trattativa per la preparazione di un patto di pacificazione. La cosa incontra notevoli difficoltà da parte della dirigenza del partito socialista, mentre la direzione del Gruppo parlamentare si dichiara favorevole. Forti opposizioni vengono anche da settori del movimento fascista che portano la questione della prosecuzione delle trattative fino al Consiglio nazionale, il quale non le autorizza, pur senza ricorrere a toni perentori. La situazione si modifica presto in seguito ai fatti di Sarzana dove, il 21 luglio, una nutrita squadra di fascisti arrivati in forze ne occupa la stazio- ne per ottenere la liberazione di alcuni fascisti che sono stati arrestati. La squadra è affrontata e dispersa per la reazione di un ufficiale dei cara- binieri e anche della popolazione, la quale in verità mette in atto una ri- torsione violenta. Questo episodio, che rende evidente che il movimento può essere fermato, ha anche forti ripercussioni nell’opinione pubblica: il fascismo rischia l’isolamento. Perciò Mussolini, con una mossa non poco arrischiata impone ai suoi l’accettazione del patto di pacificazione, il quale è concluso il 2 agosto, con la firma tra i rappresentanti dei socialisti e dei fascisti e del Presidente della Camera De Nicola. In effetti, quel patto altro non è che un tentativo del vertice dei due schieramenti di imporre un co- dice di comportamento alla propria base, ma che non ha in essa alcun so- lido fondamento, soprattutto da parte fascista. Il fatto nuovo è il ruolo te- nuto nella vicenda dal Presidente della Camera, il quale impegna così le istituzioni in una vicenda sul cui contenuto parlamentare o comunque isti- tuzionale è lecito sollevare qualche dubbio, la quale tuttavia abilita i mo- vimenti a firmare patti che in sostanza riguardano puramente l’osservanza delle leggi. Inoltre con essa si creano i presupposti per l’atteggiamento di Vittorio Emanuele III dopo la marcia su Roma e soprattutto nel 1924-1925. Alla prova dei fatti il patto di pacificazione non regge sia perché il Go- verno, mentre adotta le maniere forti contro i così detti «arditi del popo- lo» di cui fanno parte anarchici e repubblicani con l’adesione di alcuni so- cialisti e comunisti, non fa altrettanto con gli squadristi fascisti. I socialisti, tra i quali prevale ancora la corrente massimalista, probabilmente sottova- lutano il movimento fascista ritenendolo soltanto una delle forme di reazio- 96 Introduzione ne della classe borghese a difesa dei propri privilegi e si illudono che esso possa servire a rendere più agevole la lotta di classe. Perciò rifiutano ogni forma di collaborazione governativa con Bonomi, nonostante gli sforzi della frazione riformista che invece la propone proprio come mezzo per oppor- si all’avanzata del fascismo. Infatti, di lì a poco il movimento si trasforma in partito e pubblica il suo programma, in cui alla consacrazione della Na- zione come «sintesi suprema di tutti i valori materiali e immateriali della stirpe» vi è tracciata per l’Italia «la funzione di baluardo della civiltà lati- na nel Mediterraneo» nonché la scelta del corporativismo nel campo eco- nomico e sociale. Esso si conclude poi: «Nel campo dell’organizzazione di combattimento il Partito Nazionale Fascista forma un tutto unico con le sue squadre: milizia volontaria al servizio dello Stato nazionale, forza viva in cui l’Idea Fascista si incarna e con cui si difende».

67) Il problema dei decreti-legge. Il 25 novembre 1921, De Nicola chia- ma alla Giunta per il regolamento Eugenio Chiesa in sostituzione di Na- poleone Colajanni. La Camera prosegue così i suoi lavori che sono carat- terizzati dall’ingente numero di decreti-legge da convertire in legge. Il Presidente comunica all’Assemblea che in una riunione dei presidenti delle Commissioni permanenti è stata accolta una sua proposta per l’esame dei disegni di legge di conversione di decreti-legge. Quelli emanati dal 1915 dovrebbero essere distinti in tre categorie: 1) decreti che si riferiscono ad argomenti superati per il tempo e la materia, per i quali potrà essere fatto un disegno di legge che consti di un solo articolo. 2) Decreti-legge di im- portanza speciale per i quali le Commissioni nomineranno i relatori inter- pellando se necessario la Commissione Finanze e tesoro. 3) Decreti-legge di minore importanza che possano essere abbinati ai bilanci per i cui i re- latori di questi riferiranno anche su di essi. Posta in votazione, la propo- sta del Presidente è approvata all’unanimità 100. Resta da osservare che dal nostro registro risulta che della questione la Giunta per il regolamento si occupa soltanto, come vedremo, nella riunione del 25 marzo 1922 101. Il problema dei decreti-legge, come si è già visto, ha radici antiche nel nostro ordinamento, ma all’inizio del Parlamento del Regno di Sardegna è una prassi basata sull’articolo 6 dello Statuto, che attribuisce al Re il po- tere di fare i decreti che si dimostrino necessari, senza sospendere la vali- dità delle leggi. Invocando la necessità (necessitas suprema lex) come fon- damento della emanazione dei decreti-legge il loro uso viene accettato con la correzione della richiesta, come allora si disse, di un «bill di indennità». Quando l’emanazione dei decreti con valore di legge supera ampiamente il

100 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 25 novembre 1921, pag. 1629. 101 Vedi a pagina 233. Anton Paolo Tanda 97 requisito originario della urgente necessità la loro emanazione assurge a forma di iter legislativo in cui la proposta entra immediatamente in vigore come legge. Il momento della verifica parlamentare mano a mano si spo- sta sempre più avanti nel tempo, perdendo il carattere originario di esen- zione da responsabilità per l’emanazione dell’atto. Come si è visto nel corso di questa esposizione, nei periodi in cui la Nazione è in guerra, il decre- to-legge diventa quasi l’unica forma di legislazione. Si deve notare l’importanza di quella riunione dei presidenti delle Com- missioni proprio in quanto è stata provocata dal Presidente al fine di at- tuare una certa forma di programmazione dei lavori parlamentari, molto im- portante sul piano generale anche se in quel caso è limitata al solo argomento dei decreti-legge. Nel caso specifico quella riunione esercita la funzione di consulenza nei confronti del Presidente proprio ai fini di pro- grammazione dei lavori e costituisce una importante anticipazione di futu- re consuetudini e norme regolamentari

68) Si aggrava la crisi del Parlamento: ancora il caso Misiano. Il 29 no- vembre 1921 la Camera inizia la discussione su mozioni relative alla politi- ca interna, tutta incentrata sui disordini che continuamente si verificano nel paese, provocati dalle forze politiche estreme. Nella discussione il 1° dicem- bre interviene anche Mussolini, che approfitta dell’occasione per dare un saggio illuminante del suo disegno strategico. Ha imposto ai suoi, che sono stati recalcitranti, di accettare il patto di pacificazione ma appare chiaro che non è in grado di controllarli e quindi fornisce un’interpretazione di quel patto che gli consente di tenere il timone del fascismo che si sta trasfor- mando in partito. In sostanza, sostiene che non avvengono inconvenienti là dove non vi sono socialisti e comunisti che turbano l’ordine e rivendica ai fascisti il diritto di intervenire per legittima difesa là dove, invece, quelli sono forti e turbolenti 102. Il dibattito offre momenti di grande tensione so- prattutto durante l’intervento di Matteotti 103, il quale, tra le continue inter- ruzioni dei fascisti pronuncia una forte requisitoria sui metodi squadristici usati durante la campagna elettorale e durante le elezioni. Il Presidente De Nicola si sforza, ma spesso con scarso successo, di consentirgli di parlare anche sospendendo la seduta e riaffermando il suo diritto di parlare, ma tace sul contenuto delle interruzioni, probabilmente per non innescare altre violente reazioni e alla ripresa invita Matteotti a evitare gli apprezzamenti, dobbiamo pensare per non dare occasione ad altre interruzioni. Nella seduta del 3 dicembre 1921, mentre parla il deputato Martire da destra si ode: «È entrato nell’aula Misiano! Usciamone tutti per protesta. Ab-

102 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 1° dicembre 1921, pagg. 1975-1981. Vedi anche in All. «M». 103 Ivi. Seduta 2 dicembre 1921, pagg. 2002-2006, anche in All. «N». 98 Introduzione basso il disertore! Via! Via!» dopo di che moltissimi deputati della destra, del centro e della sinistra abbandonano l’aula. La fisionomia del resoconto della seduta annota che vi è uno scambio di apostrofi e agitazione prolun- gata, che nel linguaggio dei resoconti, appunto, significa scambio di insulti e passaggio a vie di fatto, non fino a realizzare il tumulto ma comunque in modo concreto. Significativamente, il deputato liberale De Capitani chiede la parola e fa la seguente dichiarazione: «Poiché nella Camera siede ora il di- sertore condannato Misiano, propongo la sospensione della seduta e per la votazione di questa proposta, domando la constatazione del numero legale». Si è già ricordato in altra parte il caso del deputato Misiano, al quale era stato impedito di raggiungere Montecitorio per la stessa ragione, ma ora la questione è portata in Aula per ottenere la sua estromissione, in vio- lazione sia delle norme vigenti secondo le quali il deputato dopo la sua proclamazione ha diritto di sedere alla Camera fino al giorno in cui, ter- minato il procedimento di convalida, la sua elezione sia annullata. La ri- chiesta di sospensione e di verifica del numero legale sono del tutto pre- testuose essendo già abbastanza evidente che i presenti non raggiungono il numero legale. Infatti, constatato che non vi è il numero legale, il Presidente toglie la seduta. Ma occorre notare che il Presidente, rispondendo a un quesito po- stogli da Modigliani, rivendicando alla Presidenza il dovere di tutelare il de- putato dagli abusi altrui, ne limita l’estensione alla sede della Camera e di- chiara che al di fuori ciò spetta al Governo. Questa distinzione operata da De Nicola è interessante perché totalmente in contrasto con la prerogativa della inviolabilità come prevista dall’articolo 45 dello Statuto, proprio per sottrarre il deputato agli eventuali abusi del potere esecutivo o giudizia- rio 104. Una spiegazione di questo atteggiamento può essere avanzata circa la preoccupazione di De Nicola di non indebolire il patto di pacificazione da lui così tenacemente voluto. Tuttavia non si può negare che sia stata una debolezza, pagata poi a caro prezzo in quanto ha offerto una interpretazio- ne di quella norma statutaria molto comoda per il fascismo al potere. Dall’esame degli Atti Parlamentari si può osservare che in quel dibatti- to si affaccia una teoria che, a distanza di quasi cinquant’anni, si presen- terà di nuovo e che verrà denominata «degli opposti estremismi», ed essa provoca in entrambi i casi, ma soprattutto nel primo, una perniciosa sot- tovalutazione della situazione proprio in rapporto alla provenienza dei di- sordini. Appare evidente in vari oratori soprattutto del centro la preoccu- pazione di non schierarsi per l’una o per l’altra parte, il che, per le ragioni obiettive della situazione del tempo favorisce l’estrema destra che trova già appoggio non solo in settori dell’opinione pubblica e di certa stampa ma anche in ambienti militari e delle forze dell’ordine.

104 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 3 dicembre 1921, pagg. 2031 e seguenti. Anton Paolo Tanda 99

La discussione termina con il ritiro della mozione socialista e la trasfor- mazione di quella fascista in ordine del giorno di raccomandazione, per cui il Governo ottiene la fiducia. Il 14 dicembre la Giunta delle elezioni pro- pone l’annullamento dell’elezione di Misiano che il 20 dicembre è delibe- rata con voto nominale 105.

69) Crisi del Governo Bonomi – Nomina del Governo Facta. Nonostante la conferma della fiducia la situazione politica registra vari sintomi di in- soddisfazione nei confronti del Governo Bonomi. Anche in campo econo- mico esistono molte difficoltà sia per la crisi della Banca di Sconto sia per l’aumento della disoccupazione. In ambito parlamentare si registra il tenta- tivo di costituire un gruppo parlamentare di centro, che possa essere nu- mericamente tale da superare la consistenza dei gruppi popolare e sociali- sta. Il tentativo riesce, ma la composizione del gruppo risulta alquanto eterogenea e proprio da esso si muovono forti critiche a Bonomi, sia per un ritorno dell’anticlericalismo a seguito di alcuni gesti di Bonomi consi- derati troppo favorevoli ai popolari e eccessivamente acquiescenti verso il Vaticano, sia per ragioni di politica economica. In una riunione del grup- po è votato un ordine del giorno per la sfiducia al Governo, probabilmen- te in vista di un altro ritorno di Giolitti. Dinanzi a quella presa di posi- zione il 2 febbraio Bonomi annuncia le dimissioni sue e del Governo. I popolari reagiscono a quella iniziativa, ma al loro interno soprattutto per influenza di Don Sturzo taluni si oppongono alla manovra, peraltro usando toni che appaiono come veto a una ipotesi Giolitti. Sia nei demo- cratici sia nei popolari manca una approfondita valutazione del vero pro- blema del momento, ossia dell’atteggiamento da tenere nei confronti del fa- scismo che, pur continuando nell’uso della violenza sistematica, mette a punto una strategia per la conquista del potere che comprende anche mes- saggi politici importanti rivolti alle autorità vaticane nonché manovre poli- tiche per fare breccia su taluni popolari, cercando di accreditare una fun- zione del fascismo in chiave antisocialista. De Nicola e Orlando, incaricati dal Re tentano di formare il Governo ma per le gravi difficoltà incontrate rinunciano all’incarico, quindi il Re rin- via Bonomi alla Camera e, dopo il dibattito, il Governo non ottiene la fi- ducia con una votazione che vede favorevoli soltanto i popolari, i nittiani e i social riformisti e contrari tutti gli altri. Il 18 febbraio 1922 Bonomi comunica alla Camera di aver nuovamente presentato al Re le dimissioni. Giolitti propone a De Nicola e Orlando di formare un Gabinetto con caratteristiche che oggi lo farebbero qualificare come «Governo istituziona-

105 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 3 dicembre 1921, pag. 2036. Esula dallo scopo di queste note introduttive indagare sui motivi addotti per la dichiarazione di nullità di quella elezione. 100 Introduzione le», in modo da ottenere lo scioglimento della Camera e il suo rinnovo con il vecchio sistema elettorale, che avrebbe potuto ridimensionare la presen- za parlamentare dei popolari e probabilmente anche dei socialisti e dei co- munisti, ma il tentativo fallisce per la rinuncia di De Nicola. È sorpren- dente che dinanzi all’affermazione di una forza politica di tipo nuovo che si propone apertamente la creazione di uno Stato ben lontano da quello che dovrebbe essere uno stato liberale e democratico si pensi a far rivive- re un metodo elettorale obsoleto, che si presta egregiamente a rinvigorire la rete di favoritismi e di clientele su cui si innesta la propaganda e l’a- zione politica, con l’aggiunta inoltre della violenza sistematica. Falliscono anche i nuovi tentativi di De Nicola e Orlando mentre Filip- po Meda rinuncia in quanto non condivide l’atteggiamento antigiolittiano del suo partito. Alla fine prevale l’ipotesi di un Governo di attesa, in modo che si possa giungere al chiarimento della situazione politica in cui permangono vari elementi di chiusura sia dei popolari sia, e soprattutto, dei socialisti. La soluzione Facta, uno dei fedelissimi di Giolitti, è adottata in quest’ottica in cui prevale la preoccupazione contingente del chiarimento tra le forze poli- tiche rispetto all’interpretazione del fenomeno del fascismo, ampiamente sot- tovalutato sia da parte di taluni popolari sia dai democratici, ma non, è do- veroso sottolinearlo, da parte dei socialisti tra i quali però è ancora infaustamente presente l’illusione di potersene valere come per il ri- baltamento dello Stato borghese e, soprattutto, non da parte dei comunisti. Perciò, il Governo Facta nominato il 26 febbraio 1922 nasce debole e non in grado di fronteggiare la situazione di emergenza istituzionale che si verificherà nell’ottobre di quell’anno. I popolari, superando l’avversione di Sturzo accettano di entrare nel Governo Facta con tre ministri. Il 15 marzo, Facta si presenta alla Camera; De Nicola si dimette da Presidente e l’Assemblea lo invita a ritirare le dimissioni; il giorno successivo presie- de l’Assemblea. Nella discussione, Modigliani presenta un emendamento per l’inserimen- to nella mozione del termine «fascista» come qualificazione della violenza in atto nel paese; nella relativa votazione manca il numero legale. Il Presi- dente toglie la seduta e la rinvia al martedì successivo, adducendo che il regolamento riserva la seduta del lunedì allo svolgimento di interrogazioni e interpellanze, perché la nuova seduta deve avere lo stesso ordine del gior- no, ovviamente quello non ancora esaurito, della seduta in cui il numero legale è mancato. La fiducia al Governo Facta è accordata dalla Camera il 18 marzo, con 275 voti favorevoli e 89 contrari, Il 21 marzo, è comunicata alla Camera la presentazione di una proposta di modifica del regolamento relativa alle Commissioni permanenti, da parte dei deputati Sarrocchi e altri 106. Il Presidente chiama a far parte della

106 Vedi Allegato N. 41. Anton Paolo Tanda 101

Giunta per il regolamento i deputati Alessio, Maury e Bevione, in sostitu- zione di Casertano, Lanza di Scalea e Peano, entrati a far parte del Go- verno. Nella votazione l’emendamento Modigliani è approvato con 111 astensioni, 81 voti a favore e 72 contrari. Siffatta approvazione è dovuta alla consuetudine della Camera di computare gli astenuti per la formazio- ne del numero legale e di calcolare la maggioranza sul numero di coloro che esprimono effettivamente il voto. Tuttavia, all’astensione di centoundi- ci deputati non si può non dare un preciso valore politico, ma non ne segue alcuna conseguenza né sul piano parlamentare né sul piano più stret- tamente politico istituzionale.

70) Primi tentativi di organizzare la discussione – Di nuovo il problema dei decreti-legge. Nella seduta del 24 marzo 1922 Matteotti critica il trop- po frequente ricorso all’inversione dell’ordine del giorno delle sedute, che provoca turbamento nel loro ordinato svolgimento, soprattutto a danno delle minoranze. Chiede che della questione sia investita la Giunta per il rego- lamento ma dagli atti attualmente in nostro possesso non risulta che se ne sia occupata. Nella seduta del 4 maggio, in occasione dell’esame del dise- gno di legge «Trasformazione del latifondo e colonizzazione» il Presidente De Nicola chiede ai rappresentanti dei gruppi di indicare quali oratori in- terverranno, al fine di sfoltire l’elenco di cinquantatre iscritti; tutti accon- sentono 107. Circa la facoltà di svolgere gli ordini del giorno, questione sempre con- troversa nella prassi parlamentare dato il loro valore come strumento ostru- zionistico, nella seduta del 13 maggio il Presidente nega al deputato Janfolla la facoltà di svolgere un ordine del giorno di cui è cofirmatario, assumen- do che avendone egli sottoscritto tre avrà facoltà di illustrare quello di cui è primo firmatario. Turati osserva che gli appare uso nuovo che si dichia- ri decaduto dal diritto di svolgere un ordine del giorno un deputato per- ché assente oggi ma che potrebbe essere presente al momento in cui verrà il suo turno; il Presidente replica che coloro che Martedì saranno presen- ti, se sarà il loro turno, potranno svolgerli poiché la Presidenza sta verifi- cando la consistenza del numero degli interventi previsti al solo fine di or- ganizzare i lavori. Si fa strada dunque nella Presidenza l’esigenza di una certa previsione della durata dei dibattiti, che avrà una lunga storia negli avvenimenti del Parlamento italiano. Luigi Rossi, Ministro di Grazia e giustizia, il 25 maggio 1922 afferma: «Ho detto che da parte mia, tranne casi di estrema necessità, non crede- vo che si dovesse fare decreti-legge e che si dovesse tornare al normale funzionamento del sistema». La giurisprudenza della Cassazione, che fino ad allora si è, anche se non in modo univoco e uniforme, dichiarata com-

107 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 24 marzo 1922, pagg. 3975-3976. 102 Introduzione petente a giudicare sulla legittimità dei decreti-legge cambia radicalmente indirizzo con la sentenza a sezioni unite del 24 gennaio 1922. Si tenga pre- sente che fino al 1913 sono stati emanati in tutto 265 decreti-legge e che successivamente ne sono emanati 1043 108. Nella seduta del 14 giugno 1922, la Presidenza rifiuta di mettere in vo- tazione una richiesta di inversione dell’ordine del giorno della seduta, per- ché: «si è deliberato dalla Camera che non si possano chiedere, nel corso delle sedute antimeridiane, inversioni dell’ordine del giorno precedentemen- te fissato». Si tratta di un altro tentativo di rendere il più possibile certo lo svolgimento delle sedute oltre a quello attuato dal Presidente circa lo svolgimento degli ordini del giorno e sulla preventiva comunicazione del- l’elenco degli interventi.

71) La Giunta e le norme sui Gruppi e le Commissioni permanenti – Proposte di riforma. Il 25 maggio 1922 la Giunta inizia l’esame delle pro- poste di modificazioni al regolamento presentate nel frattempo. Si discute soprattutto sul funzionamento delle Commissioni permanenti istituite nella legislatura precedente che abbisogna di una verifica all’atto pratico. Talu- no ne chiede l’abolizione con il ritorno al sistema antico, ma la maggio- ranza dei componenti è contraria. Anzi, il commissario Alessio (Democra- zia sociale) propone che i disegni di legge siano mandati ai gruppi, che li discutono e mandano alle Commissioni le loro conclusioni e i loro rap- presentanti. Questa proposta, che è molto innovativa, muove da una visione dei grup- pi come facenti parte a pieno titolo non solo dell’organizzazione ma anche della titolarità di funzioni all’interno della Camera: in questo caso si tratta addirittura dell’esercizio di funzioni nel procedimento legislativo. Una solu- zione basata sugli stessi presupposti sarà adottata dalla Giunta per il rego- lamento che ha predisposto il Regolamento della Camera del 1971, nel pre- supposto che se i gruppi studiassero al loro interno i singoli progetti di legge poi la discussione nelle Commissioni e in Aula risulterebbe molto più stringata, e si potrebbe limitare addirittura alla sola esposizione dei relato- ri e del Governo (articolo 83 del regolamento approvato il 18 febbraio 1971). La proposta è respinta. La Giunta conviene su una proposta del Presidente per il mantenimen- to del regime in vigore, salvo le modifiche studiate da una apposita com- missione nominata dal Presidente, che riferirà poi alla Giunta. Circa la costituzione di una Corte d’onore proposta dal deputato Colonna di Ce- sarò 109, si concorda che qualora ne sia fatta richiesta il Presidente nomi-

108 Vedi Anton Paolo Tanda, Osservazioni e note sui decreti-legge, in Bollettino di infor- mazioni costituzionali e parlamentari, 1982, II. pag. 237. 109 Vedi Allegato N. 40. Anton Paolo Tanda 103 ni una Commissione che giudichi sul fondamento delle accuse formulate nei confronti di un deputato nel corso di una discussione. La Giunta si ri- serva di esaminare la proposta definitiva da presentare all’Assemblea. Re- spinge poi alcune proposte per l’istituzione di sezioni specializzate e di nuove Commissioni. Inoltre approva una proposta perché il Presidente no- mini una Commissione che riunisca in un unico disegno di legge tutti i de- creti-legge da convertire e ne riferisca alla Camera con un’unica relazione e per una votazione unica; infine la Giunta si esprime affinché le comme- morazioni siano fatte dal solo Presidente. Nella riunione del 2 giugno 1922, la Giunta esamina singolarmente le pro- poste di modifica. Il commissario Alessio riafferma la sua contrarietà al si- stema delle Commissioni permanenti ma insiste per l’aumento del loro nu- mero da dodici a ventidue, al fine di attuarne una maggiore specializzazione. La Giunta non concorda soprattutto perché alla specializzazione potrà sop- perire la facoltà prevista per le Commissioni di istituire sottocommissioni al loro interno; approva successivamente il testo di vari articoli, soffermandosi in particolare sulla competenza di talune Commissioni nonché sui problemi degli strumenti del sindacato ispettivo: interpellanze e interrogazioni e si con- viene di incaricare dell’esame della questione una sottocommissione. Nella riunione dell’8 giugno 1922 la Giunta approva le proposte della sottocommissione relative alle interpellanze e interrogazioni e successivamen- te approva anche il testo formulato per la presentazione all’Assemblea di varie norme, molte delle quali fanno ancora parte del regolamento della Camera. Il commissario Bevione è incaricato di presentare la relazione al- l’Assemblea.

72) L’esame in Assemblea: seduta del 22 giugno 1922. Bevione presenta due distinte relazioni 110 le quali, pur nella essenzialità dell’esposizione, danno ragione delle proposte di modificazione più incisive: in particolare della norma che estende a tutti i deputati il diritto-dovere di far parte di una Commissione, nonché l’aumento del numero delle Commissioni da nove a dodici, al fine di una più razionale distribuzione delle competenze, indi sul regime degli interventi in Aula e soprattutto sulle interpellanze, mentre sorvolano sulle altre modificazioni, la cui portata è non meno importante ma le cui ragioni al relatore appaiono evidenti. L’esame da parte dell’Assemblea comincia nella seduta antimeridiana del 22 giugno 1922 111. Inizialmente la discussione verte sulla questione del pas- saggio dei deputati da un Ufficio (Gruppo), a un altro. Ovviamente si ri- conosce la libertà per ciascuno di mutare opinione, ma ci si preoccupa che

110 Vedi Allegati NN. 42 e 43. 111 Vedi Allegato «O». 104 Introduzione ciò non avvenga troppe volte nello stesso anno, soprattutto per i riflessi che il passaggio da un Gruppo all’altro ha sulla composizione delle Com- missioni, che sono formate appunto mediante la designazione dei Gruppi. Altrettanto avviene per il caso in cui taluni deputati intendano scambiarsi il posto nella Commissione; si stabilisce che non possa essere accettato se non in forma stabile, cioè per l’intero anno di durata della composizione delle Commissioni, per non minare il carattere permanente di esse. Ormai a tale riguardo si ritiene che il loro carattere di permanenza sia assicurato dalla presenza delle Commissioni con una competenza prefissata, rispetto alle Commissioni speciali che vengono invece formate per l’esame di una singola materia e non in modo predeterminato. Si porta il numero delle Commissioni da nove a dodici e si stabilisce che le Commissioni per l’agricoltura e per l’industria deliberino congiunta- mente per i progetti di legge riguardanti la legislazione doganale e i trat- tati di commercio. Inoltre, cosa di grande rilievo, si dà facoltà alle Com- missioni di suddividersi in sottocommissioni, ferma restando la competenza della Commissione plenaria a deliberare in via definitiva. Si tratta anche in questi casi di innovazioni molto importanti, suggerite dalla prima applica- zione del nuovo sistema di esame dei progetti di legge e che avranno svi- luppi fino ai nostri giorni. Così come è molto importante la norma per la quale i progetti di legge implicanti spese, o che influiscano sulle entrate, devono essere inviati a cura della Segretaria generale sia alla Commissione competente per materia sia alla Commissione Finanze e tesoro. Intendiamo sottolineare intanto l’ingres- so dell’apparato amministrativo interno nell’esercizio della funzione: oltre che della stampa e distribuzione dei progetti di legge è incaricato infatti di curarne altresì la trasmissione alla Commissione Finanze e tesoro e anche alla Commissione competente per materia. Resta invece in capo alla Com- missione l’obbligo di inviare i progetti di legge che essa abbia modificato nelle parti implicanti spese, alla Commissione Finanze e tesoro. Su questo aspetto si instaura un dibattito molto vivace, in cui si presenta in nuce il persistente malumore dei parlamentari nei confronti delle «Commissioni fil- tro», in particolare per ciò che riguarda le spese e le entrate che, in qual- che modo e in varia misura, toccano la libertà dei deputati nella predispo- sizione delle leggi. Altra questione oggetto di ampia discussione sono i termini da porre per l’esercizio delle funzioni delle Commissioni, sia in sede di parere sia in sede di merito e questo costituisce sempre un punto dolente della procedura parlamentare, in quanto crea ostacoli e istituisce controlli sull’esercizio della funzione. L’esistenza di termini entro i quali le varie funzioni si esercitano è molto importante ed è norma parlamentare costante che la decorrenza del termine senza che la funzione sia esercitata comporta la decadenza dal diritto di esercitarla, liberando così il procedimento per i successivi adem- pimenti. Come è naturale, la discussione si fa più viva per i termini e gli Anton Paolo Tanda 105 adempimenti che riguardano le leggi che comportano spese, in cui l’argine maggiore al loro dilagare è costituito proprio dalla Commissione Finanze e tesoro, le cui funzioni a questo riguardo attualmente spettano alla Commis- sione Bilancio. Suscita discussione anche il problema del numero legale nelle Commis- sioni, che viene alla fine fissato in un quarto del numero dei membri della Commissione, con la specificazione che si applicano ad esso le regole sta- bilite per i congedi. Altra questione alla quale l’Assemblea è molto sensibile riguarda l’Uffi- cio (Gruppo) misto, che già ha sollevato molte obiezioni nella legislatura precedente quando il sistema è stato introdotto, sia per la scarsa simpatia che riscuotono, in Assemblee elette con il metodo proporzionale e lo scru- tinio di lista, quei deputati che non aderiscono a nessun gruppo che nella legislatura precedente Modigliani aveva chiamato «selvaggi» e che ora sono denominati isolati, la cui esistenza è però legittima oltre a essere un dato di fatto. Suscita discussione inoltre l’abbassamento da dieci a cinque del numero di deputati che rappresentino un partito organizzato nel paese al fine di una loro costituzione in gruppo. E questo è molto interessante, proprio in quanto rende plasticamente evidente il travaglio del passaggio da una visio- ne individualista, o comunque legata a elementi culturali metapolitici, ri- spetto alla forma organizzativa nuova della politica qual è il partito moder- no, non più soltanto movimento di opinione o di interessi intorno a un leader, ma dotato di organizzazione e di strategia politica e ideologia co- muni. Curiosamente è un deputato repubblicano, Ulderico Mazzolani, a chie- dere la soppressione del termine «partito» da quella norma, al fine di con- sentire ai deputati delle altre nazionalità espressi dai territori annessi all’Italia, di potersi costituire in Ufficio (Gruppo) autonomo anche se, evi- dentemente, non possono rappresentare un partito organizzato nel paese. La difesa della organizzazione «partito» viene, e non a caso, dal depu- tato comunista Nicola Bombacci, il quale conclude con queste parole il suo intervento: «Noi qui non dobbiamo costituire dei gruppi di nazionalità e di razza; noi dobbiamo costituire dei partiti e i gruppi devono rappresen- tare dei partiti!» 112. Forse questa affermazione non ha giovato per la di- fesa del sistema, nella discussione al riguardo avvenuta soltanto due anni dopo. Il problema dell’istituzione di una apposita Commissione per l’esame delle petizioni, delle domande di autorizzazione a procedere e dei decreti regi- strati con riserva dalla Corte dei conti, porta con sé il problema dei de- creti-legge. Si osserva che il sistema in vigore per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere da parte della Commissione Giustizia, delle

112 Vedi a pagina 6619 dell’Allegato «O». 106 Introduzione petizioni e dei decreti registrati con riserva da parte delle singole Commis- sioni di merito, appare ormai inadeguato al fine di attuare un efficace con- trollo. La proposta, avanzata da Giuseppe Paratore a nome della Commis- sione Finanze e tesoro dovrebbe riguardare l’esame di tutti i decreti registrati con riserva, ivi compresi i decreti-legge. Il problema dei poteri della Corte dei conti in ordine alla registrazione dei decreti-legge è particolarmente sen- tito, poiché sotto lo Statuto albertino il decreto-legge è considerato, come si è accennato prima, un vero e proprio vulnus costituzionale se non ad- dirittura un abuso da parte del Governo, quindi si spiega il potere della Corte dei conti di sottoporre al giudizio per la registrazione il regio decre- to che lo contiene. Il problema è nato anche in epoca repubblicana nono- stante la Costituzione preveda che il Governo può adottare con decreto norme provvisorie con forza di legge. In effetti, nella questione si ha lo scontro di due diritti, quello del Go- verno a provvedere con norme aventi valore di legge a casi di urgenza non altrimenti risolvibili, dall’altro si ha il dovere della Corte dei conti di ef- fettuare l’esame per la registrazione dei decreti che le contengono. In ve- rità, dal momento che il decreto-legge contiene norme che hanno valore di legge, la Corte non può assimilarlo al decreto che contiene invece norme regolamentari o, a fortiori, ad atti puramente amministrativi, di cui la Corte deve accertare il rispetto della legalità formale in relazione alle leggi di bi- lancio. La Corte dovrebbe quindi procedere puramente e semplicemente alla loro registrazione per cui ove sollevasse obiezioni le si opporrebbe la richiesta di registrazione. Questo argomento si affaccia nella discussione sulla proposta di istituzio- ne di una Commissione per l’esame dei decreti registrati con riserva e si affaccia anche il problema della responsabilità in capo all’organo che ha adottato il decreto. Poiché non si è ancora affermata la fisionomia del Go- verno come organo istituzionale unitario, si parla di responsabilità del mi- nistro che lo ha proposto e si osserva, appunto, che comunque risultereb- be impossibile farla valere poiché nel frattempo il ministro sarebbe cambiato. Non si intende entrare ora più nei particolari su questi argomenti, che me- riterebbero una esposizione più approfondita e che sarebbe inevitabilmente molto ampia, ma ci si limita a segnalare il problema, al quale la Costitu- zione del 1948 ha dato la soluzione col richiamo appunto alla «responsa- bilità» del Governo che adotta il decreto-legge. La prassi si è evoluta non soltanto al di là ma addirittura, a parere di chi scrive, contro la norma co- stituzionale; appare sufficiente in questa sede segnalare soltanto il proble- ma e le sue origini. La viscosità in materia procedurale è molto forte, so- prattutto là dove si scontrano i due effettivi poteri istituzionali, l’Esecutivo, sempre più improntato all’ampliamento della propria sfera e il Legislativo sempre più sulla difensiva. La discussione sulla competenza per l’esame dei decreti registrati con ri- serva per la Commissione mette quasi in ombra l’altro aspetto di essa, cioè

Anton Paolo Tanda 107 la competenza sulle domande di autorizzazione a procedere nei confronti di deputati, la quale, secondo la proposta dovrebbe essere nominata dal Presidente della Camera come le due Giunte permanenti: delle elezioni e per il regolamento. Non si raggiunge un accordo e si rinvia la questione a un successivo esame. Altro argomento sensibile è il diritto di parola dei deputati: è agevol- mente approvata la modifica che limita il diritto di intervenire sul proces- so verbale «a chi intenda proporvi una rettifica, o a chi intenda chiarire o correggere il proprio pensiero espresso nella seduta precedente, oppure per fatto personale», norma che è ancora contenuta nel terzo comma dell’arti- colo 32 del regolamento della Camera del 1971 e sostanzialmente anche nel terzo comma dell’articolo 60 di quello del Senato. Incontra invece notevo- li opposizioni la proposta successiva, che intende limitare al solo Presiden- te la facoltà di effettuare le commemorazioni. Questa norma è percepita come una limitazione anche degli aspetti politici di una commemorazione, oltre che una compressione dei sentimenti individuali, una diminuzione della sua solennità nonostante il relatore dichiari che l’intenzione della Giunta è di aumentarne la solennità riservando la funzione al solo Presidente; la pro- posta è respinta. Le proposte della Giunta incontrano opposizioni sempre in ordine al di- ritto di parola: così viene criticata la norma che vieta lo scambio di turno al deputato che si sia nuovamente iscritto dopo essere stato dichiarato de- caduto dall’iscrizione a parlare perché assente al momento della sua chia- mata; infatti il relatore non insiste sulla modifica proposta. È accettata, ma non senza opposizioni, la norma che limita a venti minuti il tempo con- cesso per lo svolgimento di un ordine del giorno dopo che sia stata deli- berata la chiusura della discussione. La difesa del diritto dei deputati a in- tervenire nelle discussioni non è, o almeno non è soltanto, espressione del costume tutto italiano della verbosità, è insito nell’esistenza stessa dei par- lamenti il diritto per i loro membri di parlare liberamente senza che pos- sano essere chiamati a rispondere delle opinioni ivi espresse e la compres- sione di tale diritto non può che essere una autolimitazione della loro libertà; proprio per questo l’articolo 64 della Costituzione repubblicana richiede il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Ca- mera per l’approvazione delle norme regolamentari. È nella dialettica delle posizioni, anche opposte – forse a maggior ragio- ne se opposte – l’essenza stessa di quel diritto, soprattutto se in connes- sione con la pubblicità propria della assemblee parlamentari. Il solo effet- tivo potere che ha l’opposizione è quello di rendere pubbliche le ragioni della posizione dissenziente, al fine di sottoporre l’operato della maggioran- za al controllo politico diffuso. La maggioranza, se cospicua nel numero e compatta, impone col voto la sua volontà e ciò è non solo legittimo ma essenziale, mentre le minoranze, soccombenti nel voto a causa del numero dispongono del diritto di critica e di opposizione. Ecco perché le minoran- 108 Introduzione ze tendono a usare il diritto di parola in misura maggiore, ricorrendo tal- volta all’ostruzionismo, il cui scopo principale, quando è sorretto da auten- tica motivazione morale, è appunto la difesa della pluralità delle opinioni e soprattutto l’attivazione del controllo politico diffuso. Si affaccia nella discussione un argomento molto importante, che ha in- teressato a lungo, e forse non è ancora risolto in modo soddisfacente: il problema della così detta «presenza inerte». Accade talvolta in Aula nelle votazioni qualificate – prima mediante deposito di palline nelle urne e ora mediante i dispositivi elettronici – che molti deputati, pur presenti fisica- mente non esprimono il voto né dichiarano di astenersi, in modo che in tali casi spesso viene rilevata la mancanza del numero legale. È chiaro che questo si presta egregiamente alle manovre ostruzionistiche, soprattutto quando i regolamenti ostacolino oltre la ragionevolezza la pos- sibilità di esercitare l’ostruzionismo anche in altre forme, ma è anche vero che i deputati in Aula ci sono. Qui si pone il dilemma: pesa di più la pre- senza fisica oppure la volontà di esprimersi o di non esprimersi? La Giun- ta per il regolamento del 1922 propone di dare peso maggiore alla presen- za fisica, con una norma che dà facoltà alla Presidenza di constatare la presenza in Aula del deputato, nonostante la sua inerzia rispetto al voto e di considerarlo come astenuto, pur non avendo egli dichiarato alcuna in- tenzione di voto. Questo, a parere di chi scrive, è da mettere in rapporto con la consuetudine mai interrotta della Camera di calcolare gli astenuti al solo fine della formazione del numero legale e non per il calcolo della mag- gioranza, consuetudine che per la sua ragionevolezza ha resistito anche alla norma del terzo comma dell’articolo 64 della Costituzione repubblicana, che nella sua lettera prescrive la maggioranza dei «presenti» per la validità delle deliberazioni collegiali. Nella stessa seduta del 22 giugno 1922, l’Assemblea approva alcune norme volte a rendere effettiva la funzione di controllo da parte della Commissio- ne finanze e tesoro sulle proposte di spesa o di diminuzione di entrata 113.

73) Segue l’esame in Assemblea: seduta del 23 giugno 1922. L’esame delle proposte di modifica del regolamento avanzate dalla Giunta prosegue nella seduta antimeridiana del giorno successivo e si incentra tutta sul regime degli strumenti del sindacato ispettivo. Anche su questo argomento, che è uno di quelli che interessano di più i parlamentari, emergono le diverse sensibilità e i diversi modi di intendere la funzione parlamentare. La Giunta propone di abrogare la norma che assegna i primi quaran- ta minuti di ciascuna seduta allo svolgimento di interrogazioni, destinando a tale scopo l’intera seduta pomeridiana del sabato, nonché di eliminare la norma per la quale il lunedì di ogni settimana è destinato di preferen-

113 Vedi a pagg. 6634 e ss. dell’Allegato «O». Anton Paolo Tanda 109 za allo svolgimento delle interpellanze, mantenendo invece la norma che vieta che un interpellante possa svolgere più di due interpellanze nella stessa seduta, lasciando quindi la Camera libera di iscriverne all’ordine del giorno quando lo ritenga opportuno. Inoltre, poiché le interrogazioni ven- gono presentate in numero sempre maggiore, ciò che ne rende problema- tico lo svolgimento in Aula, la proposta mira a valorizzare l’interrogazio- ne che richiede risposta scritta e lo fa stabilendo che qualora la risposta non venga fornita entro quindici giorni dalla sua presentazione, la Presi- denza ne darà notizia alla Camera nella prima seduta successiva alla sca- denza del termine e la iscriverà per prima nell’ordine del giorno del primo sabato successivo. Questo sistema incontra varie opposizioni, in particolare da parte di Fi- lippo Meda, il quale preferisce il sistema in vigore che a suo parere rispon- de meglio alla natura stessa della interrogazione. La discussione si fa molto vivace e in essa si ravvisano le due sensibilità, quella dei deputati della maggioranza e la sensibilità di quelli dell’opposizione. Da una parte si tiene all’interrogazione come allo strumento che consente ai deputati di dar segno della loro presenza in Parlamento mediante le interrogazioni, mentre per l’opposizione emerge l’esigenza di esercitare un controllo effettivo sull’ope- rato del Governo. La prima si basa su una visione del Governo come or- gano direttivo del Parlamento, l’altra invece su una nozione del Parlamen- to come organo di rappresentanza democratica capace di autogestirsi. Il problema, in effetti, è legato al sistema istituzionale vigente in cui il vero arbitro del funzionamento del Parlamento è il Governo, il quale, non solo decide quando la sessione deve essere chiusa ma può porre il veto a molte delle iniziative parlamentari. Solo in momenti di particolare vitalità della Camera questa posizione ha potuto subire dei temperamenti ma la norma, nonostante la massima che la Camera è sempre padrona del proprio ordi- ne del giorno, ha trovato molte e importanti deroghe. Va da sé che questa dialettica non è propria solo della Camera dei de- putati del giugno 1922 ma è sempre presente nella vita delle Assemblee parlamentari, purché siano vive, gelose delle proprie prerogative e funzio- ni, politicamente e istituzionalmente sensibili. La questione, nella seduta del 23 giugno 1922 non trova un consenso sufficiente a porre in essere norme di autodisciplina così stringenti ed è rinviata alla Giunta per il regolamento per un ulteriore esame. L’Assem- blea delibera inoltre che le modifiche approvate entrino in vigore il 1° lu- glio 1922 114. La Giunta si riunisce nel pomeriggio dello stesso giorno e, all’unanimità, ribadisce il suo punto di vista sulla materia e così conclude: «dichiara, per- ciò, di non avere elementi per modificare le proprie proposte, e dice di ri-

114 Vedi Allegato «P». 110 Introduzione presentarle alla Camera per la deliberazione di merito, che questa, nella sua incontestata sovranità, crederà di prendere al riguardo». E questa è stata l’ultima affermazione di dignità istituzionale di un organo parlamentare in difesa delle proprie prerogative, che saranno di lì a breve mortificate.

74) Discussioni sull’ordine pubblico e crisi del Governo Facta. Nella sedu- ta del 19 luglio 1922, in cui si discute una sua mozione sulla politica in- terna del Governo, Filippo Turati tra l’altro afferma che «il suffragio po- polare è frustrato ed irriso» riferendosi a un articolo pubblicato da Mussolini, in cui si afferma che il Parlamento «deve essere chiuso per amore o per forza: a scelta!». Viene interrotto così dal deputato Benito Mussolini: «Sì, se è necessario lo chiuderemo con la forza!». Il resoconto registra vivi rumori e commenti, ma nessun richiamo del Presidente (De Nicola). A seguito dell’assalto da parte dei fascisti alla casa del deputato popolare Miglioli a Cremona, il popolare Longinotti presenta alla Camera un ordine del giorno, al quale aderiscono vari altri deputati, in cui si afferma l’incapa- cità del Governo di tutelare la pace interna. Nella lunga discussione spicca l’intervento di Mussolini in cui sono tracciate con molta nitidezza le linee che egli intende seguire per ottenere il potere e dopo averlo ottenuto. Dopo aver teorizzato il frazionamento dei socialisti per poterli meglio battere, si ri- ferisce al mondo cattolico, che pensa non possa mai collaborare con i socia- listi, distinguendolo nettamente dal «partito popolare, che è massone». Si trat- ta peraltro di una mossa di grande abilità, volta com’è a dar sostegno a quella parte di clerico moderati che si trovano nel partito popolare 115: que- sta carta della lotta alla massoneria gioca un ruolo non secondario nella mar- cia di avvicinamento alle posizioni vaticane. L’ordine del giorno è approvato con 288 voti favorevoli, tra cui i fascisti, e 103 contrari 116. Il 20 luglio Facta comunica alla Camera di aver presentato al Re le dimissioni sue e del Ga- binetto, dopo avere peraltro presentato disegni di legge. L’impostazione nettamente antifascista della grande maggioranza della Ca- mera non è per il momento modificata dalla partecipazione tattica di Mus- solini all’apertura della crisi che si presenta molto difficile. Orlando, inca- ricato per primo dal Re su indicazione di tutti i gruppi, tenta di formare un Governo di unità nazionale che si estenda dai socialisti alle destre, al

115 Nel suo intervento del 19 luglio Benito Mussolini dichiara inoltre: «Io vi dichiaro con molta schiettezza che nessun Governo si potrà reggere in Italia quando abbia nel suo pro- gramma le mitragliatrici contro il fascismo. Io non so neanche se questo sarà possibile, per- ché potrebbe darsi, anche per uno di quei paradossi assai frequenti nella politica e nella storia, che il Gabinetto il quale sorgesse sotto auspici e con origini certamente antifasciste, fosse costretto a fare verso di noi una politica di grande liberalismo, perché il non farla gli procurerebbe assai maggiori noie». Atti Parlamentari. Discussioni, pag. 8266. 116 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 19 luglio 1922, pag. 8266.

Anton Paolo Tanda 111 quale Mussolini non si dichiara contrario mentre i popolari chiedono l’e- sclusione degli schieramenti più estremi; un successivo tentativo di Orlando di includere i social riformisti e a destra i salandrini fallisce per la scelta di questi ultimi di non abbandonare i fascisti. Bonomi e Meda rinunciano all’incarico e il liberal democratico De Nava, cui il Re si è rivolto, consta- tata la caduta della preclusione a destra prima avanzata dai popolari, preme perché Orlando riprenda il suo disegno di un Governo di unità nazionale. Il Gruppo parlamentare socialista mostra l’intenzione di appoggiare un Go- verno di centro-sinistra ma lo fa oltre che tardivamente anche con espres- sioni che la rendono poco sostenibile. Infatti, nonostante l’incontro di Turati col Re, anche per l’annuncio dello sciopero generale voluto dai socialisti in difesa della legalità, Orlando rinuncia e il Re incarica nuovamente Facta. Il 9 agosto 1922, Facta presenta alla Camera il nuovo Governo che è stato nominato il 1° agosto 1922, sostanzialmente simile al precedente con l’importante variazione del Ministero dell’interno che dallo stesso Facta è passato a Paolino Taddei, il che, almeno teoricamente dovrebbe rimuove- re una delle cause della crisi del precedente Governo, poiché al senatore Taddei sono riconosciute doti di grande abilità e fermezza nella difesa del- l’ordine democratico, dimostrate varie volte come prefetto, in particolare a Torino nel periodo delle agitazioni sindacali culminate nella serrata de- gli industriali. Il giorno successivo Facta ottiene la fiducia della Camera con 247 sì e 122 no, tra i quali anche quello di Mussolini e la Camera si aggiorna.

75) II Governo Facta: i partiti e la situazione politica. Con la costituzio- ne del nuovo Governo Facta, che è considerato provvisorio ancor più del primo, accettato in attesa di soluzioni più efficaci, si chiude formalmente la crisi di governo mentre si aggrava ulteriormente la crisi politica. La que- stione fascista è sempre al centro e tutte le forze politiche ne sono influen- zate, sia per ragioni ideologiche sia per ragioni tattiche ma anche, e soprat- tutto, per le condizioni dell’ordine pubblico nell’intera nazione. Lo sciopero indetto dalla CGdL, cui si è prima accennato, che è stato proclamato in difesa della legalità democratica serve ai fascisti per intensificare la azioni squadristiche con l’incendio di varie sedi di giornali e di sedi dei partiti di estrema sinistra, senza che vi sia una reazione o controllo da parte delle istituzioni. Anzi, il fascismo compie ulteriori passi che ne consolidano il passaggio da movimento a partito: si dota infatti di strutture, non soltanto di organizzazione politica ma anche di carattere paramilitare con un coman- do unificato, sia per rendere controllabili le spinte dei vari ras locali so- prattutto al fine della presa del potere con ogni mezzo. Si è accennato prima alle difficoltà in cui si trovano i partiti: un tenta- tivo di formare una grande coalizione di centro, che comprenda i demo- cratici e i socialisti riformisti per dar vita a un Governo di centro sinistra, 112 Introduzione che escluda appunto i fascisti, abortisce per l’indisponibilità manifestata da Giolitti, convinto che non sia possibile alcuna pacificazione senza l’ingres- so dei fascisti nel governo, opinione peraltro condivisa da altri leader libe- rali del momento. I socialisti sono travagliati ancora dal problema dei rap- porti con le Internazionali socialiste e la crisi sfocia in una ulteriore scissione, da cui scaturisce il nuovo partito socialista unitario italiano, che ha come segretario nazionale Giacomo Matteotti. Il Partito popolare si trova ugualmente in gravi difficoltà, perché la mag- gioranza guidata da Don Sturzo è contraria alla partecipazione al governo con i fascisti mentre è favorevole una minoranza, che si giova però dell’in- coraggiamento delle autorità vaticane in cui hanno fatto breccia i messag- gi inviati da Mussolini di rispetto del cattolicesimo come elemento essen- ziale della società italiana. Inoltre questa parte guarda alla collaborazione con i fascisti in funzione non solo della pacificazione nazionale ma anche in vista di una politica di riavvicinamento dello Stato Italiano e della Santa Sede, che Mussolini ha fatto appunto intravedere e per la quale la linea democratica di Sturzo costituisce un ostacolo. È dei primi di ottobre la presa di posizione della Segreteria di Stato vaticana, che impone la neutra- lità dei vescovi e del clero nella contesa politica e prende le distanze dal partito popolare, nonostante in periferia il partito popolare continui ad avere molto seguito anche da parte del clero. Di qui la prudenza degli organi dirigenti del partito e soprattutto dei gruppi parlamentari riguardo a un possibile Governo Giolitti che si esten- da ai fascisti, anche disattendendo il parere di Don Sturzo che non inten- de attenuare la sua opposizione a Giolitti. Ma una crisi ancor più profonda attraversa i liberali, il cui elettorato nel dopoguerra si è spostato dalle posizioni di conservatorismo moderato su posizioni apertamente stataliste, se non del tutto reazionarie, di cui costi- tuisce un esempio illuminante il gruppo raccolto intorno ad Antonio Salan- dra il cui antigiolittismo da personale diviene politico. Delle anime del li- beralismo italiano, quella statalista, che si è nutrita appunto del mito dello Stato in chiave anticattolica (anche se il termine usato è anticlericale), ora che da parte vaticana si è smorzata se non abbandonata del tutto la pole- mica contro lo Stato italiano, rivolge le sue aspirazioni a uno Stato forte che sappia contrastare le nuove forze eversive dell’assetto liberale minaccia- to – in nome di una rivoluzione internazionalista, teorizzata più che pre- parata – dal massimalismo socialista e comunista le cui manifestazioni di violenza, certamente esecrabili, rientrano più nella protesta sociale che in tentativi rivoluzionari. Ed è proprio quel tipo di Stato, liberale in econo- mia e forte contro l’eversione, che Mussolini fa abilmente balenare al ceto medio italiano deluso dai risultati della guerra e soprattutto spaventato dalle difficoltà del dopoguerra. Non a caso Mussolini, consapevole che la vera opposizione politica alle sue mire di governo può venirgli solo dal partito popolare e in particola-

Anton Paolo Tanda 113 re dalla corrente sturziana ancora maggioritaria, volge le sue lusinghe verso quella parte del mondo cattolico erede di quel clerico moderatismo che ha consentito a Giolitti di governare così a lungo. Al fine di depotenziare la capacità dei popolari di opporsi al suo disegno, chiaramente rinvenibile nel suo primo intervento parlamentare, approfitta con grande abilità delle ten- denze conciliatoriste del nuovo Papa Pio XI e in particolare del suo Se- gretario di Stato Gasparri, che lo è stato anche con Benedetto XV, non- ché della loro scarsa simpatia nei confronti di Don Sturzo e della sua impostazione democratica, ben sapendo che in un Parlamento democratico incontrerebbe maggiori difficoltà un progetto di soluzione della Questione romana che porti al riconoscimento di un territorio come base della posi- zione internazionale della Santa Sede. Approfitta altresì dell’incapacità dei due partiti più moderni e radicati nel tessuto politico e sociale del paese a superare la contrapposizione e tro- vare un accordo in chiave democratica e di libertà. Azzardiamo qui un’i- potesi: i socialisti, per le loro radici marxiste e in molti casi anche masso- niche; i popolari proprio come rifiuto di entrambe quelle radici; comune poi ai due partiti l’antagonismo, si potrebbe dire, territoriale (in senso me- taforico) perché sia l’uno sia l’altro traggono la loro forza elettorale da una base, prevalentemente operaia i primi, prevalentemente rurale i secondi, ma pur sempre popolare.

76) L’Ottobre 1922 e il Parlamento. Mentre il Parlamento è chiuso si consumano gli avvenimenti che cambiano la storia d’Italia e in cui si pon- gono le premesse di altri avvenimenti destinati a cambiare la storia, non soltanto italiana, per la parte restante del XX secolo. Mussolini deve forzare i tempi a causa delle minacce che gravano sulla sua capacità di padroneggiare il movimento, che gli provengono dall’ala ri- voluzionaria che non appare disposta ad accettare la via parlamentare nem- meno come strumento per l’acquisizione del potere e, in misura certamen- te meno grave, dall’altra ala che ne pretende una vera costituzionalizzazione. A favore di questa parte moderata egli ha annacquato alquanto l’opzione repubblicana, perseguendo così anche il fine di non alienarsi il favore del Re presso il quale i fascisti moderati hanno varie possibilità di accesso se non di influenza diretta. I rivoluzionari puri, in cui spicca il ras di Cre- mona Roberto Farinacci, scalpitano e premono per una presa del potere che non tragga alcuna legittimazione dalle istituzioni e provenga direttamen- te da un’azione di forza da parte del fascismo in quanto interprete unico della volontà popolare. Mussolini è consapevole della debolezza effettiva di questa opzione, per- ché sa bene che se il Governo legittimo facesse intervenire l’esercito le forze squadriste, che fino ad allora hanno potuto agire praticamente indisturba- te per la benevola neutralità e anche connivenza da parte delle istituzioni 114 Introduzione in sede locale, non sarebbero in grado di imporsi in alcun modo. Perciò, mentre ne incoraggia l’organizzazione e la concentrazione lascia che conti- nuino i contatti per la formazione di un Governo con la partecipazione del fascisti. Tuttavia, pur continuando nelle trattative rimanda la decisione fi- nale a dopo il Congresso del partito, fissato per il 24 ottobre a Napoli. Più che per un vero e proprio dibattito politico, il congresso gli è utile per attuare una concentrazione delle forze organizzate tale da lasciar inten- dere l’intenzione di un atto di forza, mentre in realtà, poiché è consape- vole che quelle forze non reggerebbero nemmeno un momento alla repres- sione da parte dello Stato, prepara una soluzione politica. A una prima richiesta di cinque dicasteri per i fascisti fa poi seguire la sua indisponibi- lità a entrare in un Gabinetto presieduto da Salandra e avanza una sua in- transigente richiesta della Presidenza del Consiglio; quindi parte in treno per Milano passando da Roma dove ha modo di proseguire le trattative. Intanto il Presidente del Consiglio Facta mostra ancora fiducia nella pos- sibilità di risolvere la crisi in modo legale e segue l’evolversi dalla situazio- ne tenendone informato il Re, il quale non appare pregiudizialmente con- trario a una soluzione che veda l’ingresso dei fascisti nel Governo. Le trattative si susseguono e si intensificano e, mentre le forze squadriste si ammassano molto vicino a Roma, Facta, forse nel tentativo di ottenere il reincarico chiede ai ministri la disponibilità a dimettersi, rendendo così il Governo ancora più debole in un momento in cui diventa più visibile il pericolo, o comunque il tentativo, di una insurrezione armata. Gli avvenimenti si susseguono a ritmo frenetico e sembra accertato che Facta abbia prospettato al Re la possibilità di dover ricorrere allo stato d’assedio senza incontrarne l’avversione, ma poi non prende per tempo le misure necessarie e si decide solo quando le squadre fasciste minacciano Firenze e Perugia e altre importanti città. Il Governo decide il ricorso allo stato d’assedio e prima che il Re firmi il relativo decreto ne sono informa- te le autorità che devono attuarlo anche nelle sedi periferiche; la mattina successiva Vittorio Emanuele III rifiuta di firmarlo e, dopo aver ricevuto le dimissioni di Facta, chiama Mussolini per conferirgli l’incarico di forma- re il Governo. Sono state fatte molte ipotesi sulle ragioni che lo hanno spinto a prende- re quella decisione in mancanza di documenti che ne comprovino qualcuna, ma alla luce dei comportamenti di Vittorio Emanuele III, sia precedenti sia successivi alla marcia su Roma, appare anche plausibile che il ricordo delle giornate di Bava Beccaris a Milano, cui si faceva risalire l’uccisione di suo padre, possa suscitargli una qualche preoccupazione di non provocare spar- gimento di sangue e mettere così in pericolo la monarchia; è certa, però, la sua suscettibilità e il suo attaccamento quasi feticistico alle «forme» istituzio- nali e il suo non grande attaccamento ai processi democratici. La diramazio- ne dello stato d’assedio prima che lui l’avesse firmato potrebbe avere avuto un ruolo non secondario anche se non determinante rispetto a quella deci- Anton Paolo Tanda 115 sione. Il 30 ottobre le squadre fasciste invadono Roma e altre importanti città, praticamente senza incontrare alcuna resistenza, salvo in taluni punti dove l’antifascismo è più radicato ed esiste una certa organizzazione politi- ca. L’esercito impone l’ordine e Mussolini prepara il suo Governo. Tutto questo, come si è già accennato, mentre il Parlamento è chiuso; il Governo è nominato il 31 ottobre e si presenta alle Camere il 16 novem- bre 1922.

77) Benito Mussolini Presidente del Consiglio dei ministri. Giova ricorda- re che anche questa ricostruzione dei fatti più salienti del periodo in esame ha il solo scopo di inquadrare nella cornice storica propria la successiva attività parlamentare, cui si riferiscono i verbali della Giunta per il regola- mento che si pubblicano in questo volume. Mussolini, oltre che Presidente del Consiglio è Ministro dell’interno e ad interim degli esteri; vi sono altri quattro ministri fascisti, e poi due popo- lari tratti dal gruppo che si oppone a Don Sturzo, la cui avversione alla partecipazione dei popolari al Governo con i fascisti è ben nota e, infatti, la loro partecipazione al Governo è considerata a titolo personale, non come emanazione diretta del partito; vi sono inoltre due demosociali, un libera- le della destra, un demoliberale, oltre a tre indipendenti: Armando Diaz, Paolo Thaon di Revel e , dei quali sono note le simpatie per il fascismo. È ben conosciuto il discorso pronunziato da Mussolini, nel quale ascri- ve a suo merito di non aver ridotto l’aula «sorda e grigia» della Camera «a un bivacco di manipoli» e di non aver sprangato il Parlamento come avrebbe potuto fare. La sola reazione a quelle parole che il resoconto ri- porta è quella di Modigliani, il quale per due volte grida «Evviva il Par- lamento!». Meno noto è, invece, il fatto che il Presidente, Enrico De Nicola, ascolta quelle parole senza manifestare alcuna reazione, come gli viene fatto rilevare in modo garbatamente ironico e perciò non esente da accenti po- lemici da Filippo Turati nel suo intervento del giorno successivo 117. Sulla scorta degli Atti Parlamentari, si può aggiungere che in seguito ad alcune interruzioni, il Presidente pronunzia le seguenti espressioni: «Non disturbi- no le discussioni. I disturbatori saranno messi alla porta», che sono inusi- tate nel lessico parlamentare fino a quel momento. Durante l’intervento di Turati, il 17 novembre, si ha un interessante scam- bio di battute. Turati: «Onorevole Mussolini, che ancora stamane mi onora delle sue ingiurie, e tratta la Camera….» Mussolini: «Come si merita!»… Turati…. «tratta la Camera da supina e arrendevole femmina consumata….» Mussolini: «Come si merita!».

117 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 17 novembre 1922, pag. 8421. 116 Introduzione

Il Presidente tace al riguardo e soltanto in seguito reagisce ad alcune di- chiarazioni e annuncia dimissioni 118. I resoconti non registrano le dimissio- ni e tanto meno il loro ritiro. Il Governo ottiene la fiducia con 309 sì, 116 no e 7 astensioni. Con il decreto-legge 19 novembre 1922, n. 1487, viene stabilito che la Commissione di inchiesta sulle spese di guerra (istituita con la legge 18 lu- glio 1920, n. 999 e successivamente prorogata fino al 31 dicembre 1922), presenti la relazione «con tutti gli atti e i documenti su cui si fonda, tutti i provvedimenti di ricupero» al Governo del Re «che ne curerà la comu- nicazione alle due Camere»; questo è un altro chiaro esempio del modo in cui Mussolini considera il Parlamento. Si potrebbe dire che è un mettere le mani avanti riguardo a eventuali azioni parlamentari nei confronti del suo Governo e questo tornerà molto utile solo qualche anno più avanti 119. Con la legge 3 dicembre 1922, n. 1601 il Parlamento conferisce al Governo i pieni poteri per il riordinamento del sistema tributario e della pubblica amministrazione, ciò che consente a Mussolini di attuare una so- stanziale modifica dell’assetto costituzionale, anche, e si potrebbe dire, so- prattutto durante i periodi di vacanze parlamentari e una epurazione del personale notoriamente contrario al fascismo. Nel dicembre 1922 crea il Gran Consiglio del fascismo, che è un orga- no interno del Partito nazionale fascista, utile a Mussolini come istanza in cui controllare le varie anime del suo movimento incanalandole in un alveo paraistituzionale. Inoltre, poiché ne fanno parte il Capo del Governo che lo presiede, tutti i ministri fascisti in carica e i sottosegretari alla Presiden- za del Consiglio e per l’Interno e alcuni importanti dirigenti statali, oltre ai titolari degli organi dirigenti nazionali del partito, si trasforma inevitabil- mente nell’organo che assume le decisioni più importanti, che dovranno solo formalmente avere l’approvazione del Consiglio dei ministri e del Par- lamento. Ancor più perché la cadenza mensile della sua convocazione, la composizione di cui abbiamo visto le linee principali e la competenza a esprimersi su tutti gli affari dello Stato che il Capo del Governo intenda sottoporgli, ne fanno un organo di rilevanza istituzionale, che sarà più avan- ti consacrato anche formalmente come organo costituzionale. Uno dei suoi primi atti è far confluire le formazioni squadristiche nell’u- nica organizzazione chiamata Milizia volontaria del fascismo, per la difesa dei valori e delle conquiste della rivoluzione, alla quale vengono attribuiti com- piti di polizia. Le difficoltà derivanti dall’esistenza dell’altra forza di polizia, la Guardia regia vengono appianate con la soppressione di quest’ultima. Nella seduta del 6 febbraio 1923 Mussolini comunica alla Camera che è stato soppresso, con decreto reale, il Ministero del Tesoro e le sue funzio-

118 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 17 novembre 1922. Pagg. 8428-8429. 119 Vedi Allegato. N. 41.

Anton Paolo Tanda 117 ni sono state attribuite al Ministero delle Finanze. Il giorno successivo si verifica un inedito fatto procedurale: la seduta è presieduta da Filippo Meda, Vicepresidente nella legislatura precedente, poiché il Presidente De Nicola è assente da Roma perché al capezzale della madre ammalata, tre Vicepre- sidenti sono in congedo e uno è entrato a far parte del Governo e non è stato sostituito. Il 10 febbraio 1923, Mussolini, nell’esprimere il parere su ordini del gior- no dichiara: «Quello dell’onorevole Modigliani non lo accetto perché porta la sua firma».

78) Uscita dei popolari dal Governo. Mussolini prosegue la sua tattica di aggiramento dei popolari, sia attraverso messaggi lanciati anche direttamen- te alla Santa Sede in un incontro col cardinal Gasparri Segretario di Stato vaticano, sia corteggiando quei parlamentari popolari di tendenza clerico moderata che non condividono la linea politica di Sturzo. Essi infatti, sia pure per ragioni non sempre coincidenti, si danno da fare per differire il IV congresso del partito, nel quale inevitabilmente si deve discutere dell’at- teggiamento del partito nei confronti del Governo Mussolini. Tuttavia il congresso si apre a Torino il 12 aprile 1923 e ne esce vin- cente l’ordine del giorno sturziano, che parla di collaborazione condiziona- ta al Governo: collaborazione, quindi, e non diretta partecipazione. Musso- lini non gradisce questa decisione e restituisce libertà d’azione ai membri popolari del Governo, i quali si dimettono. Poiché la decisione congressua- le tratta appunto di «collaborazione», il partito popolare non ritira il suo appoggio al Governo e resta nella maggioranza. Questa decisione sarebbe logica se fosse presa autonomamente dai popolari e non invece imposta dallo stesso Mussolini con il silenzio eloquente delle autorità vaticane. La spiegazione sta forse nel fatto che il mancato appoggio allontanereb- be ancor più il PPI dalle posizioni della Santa Sede e lo delegittimereb- be agli occhi del suo stesso elettorato. Si mettono in atto manovre per espellere dal partito l’ala sturziana e inoltre si intensifica la violenta cam- pagna di stampa contro Sturzo, al quale viene autorevolmente consigliato di dimettersi dalla segreteria del partito, probabilmente su ispirazione se non esplicita richiesta dello stesso Mussolini di cui, comunque, quelle di- missioni segnano il trionfo, perché al partito popolare viene tolto l’uomo in grado di conservarne l’unità, come ha dimostrato l’andamento del con- gresso di Torino, ciò che, appunto, renderebbe più difficile l’opera disgre- gatrice di Mussolini. All’atteggiamento della Santa Sede non è probabil- mente estranea la promessa, tacita o addirittura esplicita, da parte di Mussolini di concessione di quella porzione di territorio richiesta dalla Santa Sede per la sistemazione della Questione romana e che con un Par- lamento a maggioranza democratica sarebbe stata alquanto impervia, come si è già accennato. 118 Introduzione

Infatti, quando viene presentato il disegno di legge di modifica della legge elettorale, che prende il nome da Acerbo allora sottosegretario alla Presi- denza del Consiglio, che lo stende materialmente, il Gruppo parlamentare popolare si dichiara contrario, poiché il partito popolare è un convinto so- stenitore della forma proporzionale. Tuttavia si va facendo sempre più at- tuale una crisi dei rapporti interni al partito per l’azione esercitata sia da Mussolini sia dalle autorità vaticane, quindi esso adotta una posizione più possibilista, almeno in vista dell’esame da parte della Commissione dei di- ciotto incaricata di esaminarlo. Sono due i nodi principali: l’entità del premio di maggioranza e del quo- rum per la sua attribuzione. Alla debolezza dei popolari fa riscontro anche la disunione dei liberali, ancora e sempre difensori del collegio uninomina- le e molto sensibili al tasto della normalizzazione, che Mussolini lascia sem- pre intravedere, mentre in realtà sta perseguendo il fine di crearsi una so- lida maggioranza che gli permetta di fare a meno di qualsiasi alleato.

79) Nuove proposte di modifica al regolamento. Il 13 maggio 1923, Mus- solini comunica alla Camera di aver proceduto al rimpasto della compagi- ne governativa, dalla quale sono usciti i popolari e di aver soppresso il Mi- nistero del lavoro e della previdenza sociale. Sull’argomento non si svolge alcun dibattito. Il 23 maggio, Salandra presenta una sua proposta di mo- difica al regolamento per l’abrogazione delle norme approvate nelle sedu- te: antimeridiana dal 26 luglio, pomeridiana del 6 agosto 1920 e antimeri- diane del 23 e 26 giugno 1922, relative alla istituzione dei Gruppi e delle Commissioni permanenti; propone inoltre che le attuali Commissioni resti- no in carica fino al 30 novembre 1923 e non vengano poi rinnovate. È il primo atto della battaglia contro la riforma del 1920-1922, che si svolgerà poco dopo l’insediamento della nuova Camera eletta con la legge Acerbo. Salandra è stato e continua a essere fautore del collegio unino- minale, la cui abolizione con l’adozione del metodo proporzionale ha mutato la fisionomia politica della Camera poiché ha reso possibile l’af- fermazione dei nuovi partiti e ha scompaginato la vecchia classe dirigen- te liberale. Si tratta di un atteggiamento coerente del vecchio uomo politico, la cui azione di governo è stata sempre di tipo personale, che probabilmente intravede in Mussolini, per i suoi intendimenti, l’uomo nuovo del quale condivide l’avversione verso i socialisti e i popolari. Le manovre salandrine del 1915 difficilmente avrebbero potuto affermarsi in una Camera in cui fossero presenti in quella misura i nuovi gruppi par- lamentari. Più che avversione alle Commissioni la sua è avversione al modo della loro formazione, cioè attraverso i Gruppi parlamentari che sono ema- nazione dei partiti. Inoltre occorre ricordare che nel 1914 Salandra ha dovuto incassare una severa sconfitta parlamentare a causa dell’ostruzio- nismo attuato dall’estrema sinistra e principalmente dai socialisti, proprio Anton Paolo Tanda 119 quelli che sono stati i proponenti e i sostenitori della riforma regolamen- tare di cui ora egli chiede l’abrogazione. La Giunta per il regolamento esamina la sua proposta il 9 giugno 1923 e in essa si affacciano anche opinioni favorevoli, quale ad esempio quella del repubblicano Eugenio Chiesa, ma alla fine prevale l’opinione del Pre- sidente De Nicola, che la prima parte debba essere rinviata a seguito della presentazione del disegno di legge per la nuova legge elettorale che preve- de un sistema in sostanza maggioritario e che, invece, il secondo comma relativo alla durata in carica delle Commissioni debba essere modificato nel senso di consentirne il funzionamento per l’anno finanziario 1923-1924. Il deputato Bevione predispone la relazione in tal senso e la Camera ne discute nella seduta pomeridiana del 16 giugno 1923 120. Non può non stu- pire l’accettazione quasi supina della Giunta su proposta del suo Presiden- te, che il sistema delle Commissioni sia così indissolubilmente legato al me- todo proporzionale che la sola presentazione di un progetto di legge – per di più nemmeno formalmente ma solo sostanzialmente maggioritario – sia ragione sufficiente per disporne immediatamente l’applicazione. È vero che nelle discussioni del 1920 è stato affermato che una Camera eletta col sistema proporzionale non può continuare con una organizzazione interna legata al sistema uninominale, ciò che è incontestabile, ma non è per niente affatto incontestabile il reciproco. Infatti, già in quelle discussioni emerge con chiarezza che i gruppi par- lamentari esistono e che quindi devono essere regolamentati. Tuttavia, bi- sogna riconoscerlo, alla vecchia classe politica liberale appare una menoma- zione della libertà del parlamentare l’obbligo di appartenere a uno di essi, come Salandra dichiara nel suo intervento. Egli chiarisce in modo inequi- vocabile la sua avversione al metodo proporzionale ma appare altresì ben chiaro che il vero obiettivo della sua proposta è proprio l’abolizione dei gruppi, che descrive in dissoluzione e raffigura la Camera come in stato preagonico. D’altronde, possiamo pensare, a lui risulterebbe difficile collo- carsi in un Gruppo in una Camera eletta col sistema proposto dal disegno di legge Acerbo. Salandra non accenna al problema dell’autoconvocazione della Camera, che si era affacciato già al tempo della guerra italo-turca e la cui esistenza nel 1915 sarebbe stata certamente un inciampo alla politi- ca interventista sua e della Corona. Accetta la decisione della Giunta per il regolamento in quanto con essa si svuota di contenuto politico la sua proposta, rinviando la discussione politica all’esame del progetto di legge elettorale che intende appunto affermare un sistema maggioritario. Nono- stante alcune opposizioni, in verità piuttosto blande da parte socialista al- meno per quanto appare dagli atti, la proposta della Giunta è approvata con votazione per alzata e seduta. Lo scontro è soltanto rinviato.

120 Vedi Allegati NN. 42, 42-bis e «Q». 120 Introduzione

80) Esame della «Legge Acerbo» – Ultimi mesi della XXVI legislatura. Nella seduta del 30 maggio 1923, il Presidente De Nicola depreca l’aggres- sione subita dal deputato Misuri – fascista dissidente dell’ala moderata – seguita a un suo intervento alla Camera. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Acerbo assicura alla Camera che per interessamento persona- le «di S. E. il Presidente del Consiglio» i colpevoli sono stati assicurati alla giustizia 121. La Camera rinnova la fiducia al Governo su un ordine del giorno che è approvato con 238 sì e 8 no, su 321 presenti. Il 9 giugno il Presidente comunica la presentazione dei bilanci interni della Camera e annuncia che saranno esaminati in Comitato segreto. Come si è già esposto, il 16 giugno la Camera esamina la proposta Salandra di modifica al regolamento. Il 10 luglio 1923 si apre la discussione sul progetto di legge Acerbo, di cui la Commissione presieduta da Giovanni Giolitti ha terminato l’esame. Appare ben chiara la crisi che attraversa il partito popolare, cui si è già accennato. Dapprima si discutono in Aula le dimissioni di Livio Tovini per contrasti col partito sull’atteggiamento nei confronti del Governo e della legge elettorale; sono respinte e non verranno reiterate. Nella discussione generale Gronchi illustra la posizione del partito popolare, che non toglie la fiducia al Governo ma che non voterà a favore della legge perché «Così come essa è, invece di costituire la legalizzazione del movimento fascista, ne è piuttosto l’epilogo rivoluzionario, tanto si allontana dalle basi giuridi- che e sociali del nostro sistema rappresentativo» 122. La discussione, che si svolge tra le intemperanze verbali delle ali estreme ma soprattutto e in mi- sura soverchiante dei deputati fascisti e dei suoi più accaniti sostenitori del- l’ultima ora, dura fino al 15 luglio, nonostante sia Domenica, poiché pre- cedentemente la Camera su proposta di Acerbo ha deliberato di tenere la seduta in quel giorno. Il Governo pone la questione di fiducia sull’ordine del giorno del libe- ral democratico Ignazio Larussa per il passaggio all’esame degli articoli del disegno di legge elettorale, che è stato modificato per introdurvi la confer- ma della fiducia al Governo. Il gruppo popolare, in una burrascosa assemblea ha modificato la sua posizione deliberando un ordine del giorno, approvato con un esiguo mar- gine di maggioranza di confermare la fiducia al Governo e di astenersi nella votazione sul passaggio all’esame degli articoli della legge. De Gasperi, che ne è il capogruppo chiede alla Camera che l’ordine del giorno sia votato per parti separate e dichiara appunto che il gruppo popolare conferma la fiducia al Governo ma si astiene nella votazione sul passaggio agli articoli, prendendo atto della disponibilità dichiarata dal Presidente del Consiglio di

121 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 30 maggio 1923, pag. 949. 122 Ivi. Seduta 10 luglio 1923, pag. 10147. Anton Paolo Tanda 121 rimettersi alla Camera per ciò che attiene alla struttura della legge, ma di- chiara altresì che i deputati popolari «si riservano libertà d’azione, votan- do a scrutinio segreto contro tutta la legge» qualora i loro emendamenti non trovino adeguata considerazione 123. Nella prima votazione si hanno 303 sì e 140 no con sette astenuti (il popolare Merizzi dà voto contrario), nella seconda 235 sì, 139 no con 77 astenuti: tra questi non figurano nove deputati popolari che hanno votato a favore e che il partito espelle. Il 17 luglio vengono in esame in Aula le dimissioni di deputati popola- ri che sono state presentate per contrasti col partito. Ne viene proposta la reiezione ma la posizione ufficiale del gruppo è per la loro accettazione e Mario Cingolani la motiva col sostanziale cambiamento che è intervenuto nel concetto stesso di rappresentanza, per il quale, pur in armonia con lo Statuto che vieta il mandato imperativo deve tuttavia essere considerato che «se il deputato è rappresentante della Nazione, lo è anche di determinate correnti politiche che nel Paese sul suo nome si sono affermate» 124; per- tanto appare logico l’atteggiamento del dimissionario così come l’atteggia- mento del suo partito che chiede che le dimissioni siano accettate. Sul piano della prassi parlamentare si tratta di un fatto nuovo e sul piano politico istituzionale il segno del mutarsi e rinnovarsi del concetto stesso di rappre- sentanza, che include quindi anche quello di appartenenza politica e si sot- topone l’operato del deputato non solo al controllo lontano dell’elettorato ma anche a quello più vicino del partito che ne ha promosso l’elezione. Anche questo può essere considerato un portato della proporzionale ma può esserne considerato peraltro anche un presupposto, ma comunque co- stituisce un segno del grande mutamento della concezione della politica: il rapporto tra l’eletto e il partito non è più appannaggio soltanto dell’estre- ma sinistra. Inoltre l’atteggiamento del partito popolare può essere visto anche come correttivo all’eccessiva personalizzazione della politica, presen- te sotto il vigore del collegio uninominale e riaffacciatosi con il movimen- tismo fascista ed è comunque un tentativo di porre un qualche freno al fe- nomeno del passaggio da un gruppo all’altro e che abbiamo chiamato «turismo parlamentare». Prosegue l’esame del disegno di legge e il 20 luglio il Presidente De Nicola delinea una forma di procedimento innovativa rispetto alla prassi co- stante, che si affermerà poi nei regolamenti parlamentari: «Credo che, se- guendo quest’ordine le questioni più importanti che la legge presenta pos- sano essere affrontate e decise dalla Camera senza bisogno che le soluzioni siano formulate in ordini del giorno» 125. Questo rende più spedito l’esame dei progetti di legge, in quanto evita l’illustrazione dei numerosi ordini del

123 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 15 luglio 1923, pag. 10677. 124 Ivi. Seduta 17 luglio 1923, pag. 10733. 125 Ivi. Seduta 20 luglio 1923, pag. 10878. 122 Introduzione giorno che normalmente vengono presentati proprio a tale scopo e si passa direttamente all’esame degli emendamenti. In questo modo l’ordine del gior- no, da direttiva alla Camera per la formulazione del testo, si trasforma in direttiva al Governo in vista della attuazione della legge, quale è tuttora. Nella lunga discussione sul quorum per l’attribuzione del premio di mag- gioranza Giolitti, che è il presidente della Commissione, propone il 25 per cento che viene accettato e il 21 luglio la Camera approva il disegno di legge nel suo complesso con 223 voti favorevoli e 123 contrari. La Came- ra si aggiorna. Durante le vacanze parlamentari, il 23 agosto 1923, è ag- gredito e ucciso il parroco di Argenta don Giovanni Minzoni, aderente al partito popolare e strenuo oppositore dei fascisti, di cui non si ha alcun cenno nella Camera dei deputati. La prima seduta successiva è del 29 novembre 1923: Mussolini comuni- ca che gli uffici facenti capo ai Ministeri dell’Industria e commercio e del Lavoro e previdenza sociale sono riuniti nel Ministero dell’economia, al quale sono stati nominati Orso Mario Corbino come ministro e Arrigo Ser- pieri come sottosegretario. Il 1° dicembre 1923, su proposta del sottosegretario Acerbo, la Camera sospende i lavori per sette giorni; col regio decreto 10 dicembre 1923 n. 2584 la sessione è chiusa e col regio decreto 25 gennaio 1924, n. 20 è sciolta la Camera. Il 26 dicembre si verifica una prima brutale aggressione fascista al de- putato liberale Giovanni Amendola. Alla fine di dicembre 1923, mentre la Camera è chiusa in attesa del de- creto per il suo scioglimento, Mussolini inizia mediante decreti reali il suo processo di radicale riforma dell’ordinamento dello Stato in settori di gran- de importanza, quali gli enti di assistenza e beneficenza e l’ordinamento sa- nitario, nonché, sempre con decreto reale delega il Governo a modificare il codice civile e a emanare nuovi codici di procedura civile, di commer- cio e della marina mercantile, nonché l’attribuzione in via esclusiva alla Pre- sidenza del Consiglio della vigilanza sull’Opera nazionale dei combattenti. Questo della attribuzione da parte del Governo a sé stesso di una delega a emanare codici è il primo decisivo passo, compiuto con l’acquiescenza della Corona, verso la costituzionalizzazione della facoltà del potere esecu- tivo di emanare norme giuridiche con forza di legge che sarà consacrato nel 1926 con la legge 31 gennaio, n. 100.

81) Elezioni per la XXVII legislatura. In applicazione della nuova legge l’intero territorio nazionale è costituito in collegio unico, diviso in quindi- ci circoscrizioni elettorali, poiché alcune regioni sono state accorpate, ad esempio, l’Umbria è unita al Lazio. Ciascuna lista deve contenere un nu- mero di candidati non superiore ai due terzi dei deputati assegnati; i can- didati contenuti in quella che ottiene almeno il 25 per cento dei voti ri-

Anton Paolo Tanda 123 sultano tutti eletti. Il restante terzo è attribuito in misura proporzionale alle altre liste, tra le quali ne figura anche una fiancheggiatrice della lista fasci- sta, evidentemente presentata per sottrarre seggi alle opposizioni. La soglia del 25 per cento per il premio di maggioranza potrebbe apparire come sal- vaguardia delle opposizioni, ma in realtà è posta proprio per salvaguarda- re l’autonomia del partito fascista, nel caso in cui non raggiunga un accor- do sufficientemente ampio con altri partiti. La chiave per leggere l’atteggiamento di Mussolini può essere data so- prattutto dal modo in cui le liste sono formate: infatti egli afferma di apri- re a quanti intendano dare «disinteressatamente» la loro collaborazione met- tendo tuttavia in piedi un metodo volto a captare quante più adesioni possibile per neutralizzare le maggiori forze dell’opposizione. Si deve osser- vare, però, che se l’arcipelago liberale e quel che resta dei popolari e i so- cialisti trovassero un’intesa, quel quorum del 25 per cento potrebbe anche giocare un ruolo positivo. Ma è già nell’andamento dell’iter di formazione della legge elettorale che si è decisa la vittoria di Mussolini, che ne aspet- ta soltanto la consacrazione formale dalle urne. Le liste fasciste e quelle dei fiancheggiatori sono preparate da un comi- tato di cinque membri e comprendono oltre a fascisti veri e propri anche politici in parte ancora legati all’illusione della legalizzazione del movimen- to, in gran parte comunque di sicura fede governativa. Tuttavia e nonostan- te i toni almeno formalmente concilianti di Mussolini, l’uso dei metodi squa- dristici non solo non è abbandonato ma è addirittura incrementato, infatti, il 6 aprile 1924 le elezioni si svolgono in un clima di intimidazioni e di violenze, probabilmente anche inutili. È questo il metodo Mussolini per conservare il controllo interno del suo partito, dare via libera ai settori ri- voluzionari nel contempo rassicurando in funzione antisocialista e antibol- scevica l’elettorato moderato e liberale. Alle urne si presenta il 63,8 per cento degli elettori e il così detto «li- stone» ottiene il 64,9 per cento dei voti e 374 seggi mentre i restanti 108 sono divisi tra le numerose liste di opposizione e anche di fiancheggiatori. Mussolini ha ottenuto il risultato che si prefiggeva, forse anche in misura superiore alle sue aspettative e questo gli dà modo di proseguire nel suo programma di governo autoritario, sia pure in coabitazione con la monar- chia che, data la presenza di Vittorio Emanuele III, non gli appare certa- mente minacciosa. Resta ancora la fascistizzazione del Senato cui provvede con una corposa infornata (53 senatori), che viene pubblicata il 20 settem- bre 1924 e che in un certo modo ricalca la formazione del listone.

82) Inaugurazione della XXVII legislatura. Il 24 maggio 1924, a Monte- citorio si apre la nuova legislatura con il discorso della Corona. Il 27 maggio, le Camere si riuniscono per la loro costituzione. La prima seduta della Camera è presieduta dal Vicepresidente della legislatura prece- 124 Introduzione dente Livio Tovini, popolare dissidente espulso dal partito, eletto nella lista nazionale e che da posizioni cristiano sociali è passato gradualmente a quel- la di cattolico nazionale in chiave antisocialista e corporativista. È eletto Presidente della Camera Alfredo Rocco, giurista di valore, na- zionalista e propugnatore della fusione del nazionalismo col fascismo. Ottiene 338 voti con 127 schede bianche e quattro voti dispersi. Dino Gran- di, Francesco Giunta e Luigi Gasparotto, che sono eletti Vicepresidenti provengono dal così detto «listone» e Giulio Rodinò, popolare, fa parte dell’opposizione. Il giorno successivo il Presidente Rocco chiama alla Giun- ta per il regolamento i deputati Agnini (socialista unitario), Bastianini, (Lista Nazionale), Del Bello (socialista massimalista), De Marsico (fascista), Gronchi (popolare), Macchi (socialriformista), Siciliani, (già di Rinnovamento eletto nella Lista Nazionale), Solmi (fascista), Terzaghi (Lista Nazionale), Tumedei (fascista). Come si vede quindi, su undici componenti compreso il Presi- dente, sono quattro i rappresentanti delle opposizioni, peraltro in linea con la composizione dell’Assemblea in cui, a voler essere pignoli le oppo- sizioni non raggiungono il quarto dei componenti e i loro commissari sono tratti dalle liste di minoranza che hanno ottenuto il maggior numero di seggi. Nella seduta del 28 maggio 1924 Mussolini comunica una notevole rior- ganizzazione del Governo e il conseguente rimpasto della compagine mini- steriale, senza che si svolga alcun dibattito al riguardo, come è accaduto molte volte in regime statutario. Nell’elezione dei membri del Consiglio di presidenza si hanno le dimis- sioni del questore eletto Capanni per dare la possibilità di proclamare l’e- lezione di un questore di minoranza 126. Dino Grandi insieme con altri pre- senta una mozione per l’abrogazione delle modificazioni al regolamento approvate nelle sedute antimeridiana del 26 luglio 1920 e pomeridiana del 6 agosto 1920 e antimeridiane del 22 e 23 giugno 1922 127 e ne chiede l’i- scrizione all’ordine del giorno della seduta del giorno dopo. Intervenendo, Modigliani si riferisce innanzitutto alla distribuzione dei posti nell’Aula: osserva che i posti consuetudinariamente occupati dai Grup- pi di opposizione ora sono occupati da deputati della maggioranza. Non avrebbe alcuna obiezione peraltro, se non per il fatto che essi disturbano con frequenti interruzioni al fine dichiarato di rendere difficile l’esercizio della funzione. Chiede pertanto al Presidente che venga rispettata la con- suetudine, che è della Camera italiana come di altre, che ciascun Gruppo occupi un posto predeterminato. Passando poi all’argomento per il quale ha chiesto di parlare osserva che quella presentata dal deputato Grandi pur rivestendo la forma esteriore della mozione costituisce una vera e propria

126 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 18 maggio 1924, pag. 10. 127 Vedi Allegato N. 45. Anton Paolo Tanda 125 riforma del regolamento e non risponde in alcun modo alla sostanza dello strumento parlamentare «mozione». Dal suo intervento, in cui non contesta il diritto della maggioranza di modificare il regolamento, traspare però la consapevolezza di trovarsi, al di là del significato delle parole usate, dinanzi a un disegno di riforma volto a comprimere i diritti delle minoranze e dichiara che egli e il suo Grup- po vi si opporranno per quanto possibile. Infatti, la procedura non può es- sere quella indicata dal presentatore della immediata discussione in Assem- blea come una mozione qualsiasi, bensì attraverso l’esame e la relazione della Giunta per il regolamento che è stata già nominata. Il Presidente Rocco adotta una decisione che può apparire salomonica, ma che tale non è perché accetta sostanzialmente la richiesta della maggio- ranza; infatti, mentre dà ragione a Modigliani che quella mozione contiene modifiche regolamentari, chiama l’Aula a deliberare la sua iscrizione all’or- dine del giorno della seduta di domani, come gli è stato richiesto, come se si trattasse di una mozione qualunque e ad autorizzare la Giunta a ri- ferire oralmente. Ovviamente quella Camera approva. Sul punto relativo alla distribuzione dei seggi in Aula osserva che la que- stione sarà risolta automaticamente 128.

83) La mozione Dino Grandi e altri. La Giunta per il regolamento si riu- nisce lo stesso giorno. Dai verbali della discussione si rileva che alla Giun- ta sfugge la portata politica della questione che le è sottoposta e la esami- na come una normale proposta di modifica del regolamento mentre si tratta in effetti di rendere operante l’intuizione del fascismo circa la grande uti- lità delle regole procedurali per l’affermazione del regime, contando sulla forza del numero dei deputati della maggioranza ottenuta attraverso l’altro strumento efficace costituito dal sistema elettorale. Agnini, deputato socialista, è contrario e avverte che se il problema sol- levato riguarda la composizione delle Commissioni se ne può proporre un’altra, ma è un fatto che le Commissioni, in cui sono presenti persone competenti, hanno potuto effettuare un controllo sui ministeri tecnici. Si tratta, dobbiamo osservare, di un argomento forte a favore del manteni- mento delle Commissioni permanenti ma alla luce degli avvenimenti suc- cessivi si può pensare che sia proprio quella una delle prospettive che con quella riforma si intende eliminare. L’altro commissario socialista, Del Bello, tocca il punto fondamentale della riforma proposta, cioè eliminare dal re- golamento l’autoconvocazione della Camera e delle Commissioni, ricordan- do altresì che questa proposta è la ripetizione di quella presentata da Sa- landra, il quale è stato sempre contrario sia alla proporzionale sia al sistema delle Commissioni.

128 Vedi Allegato «R». 126 Introduzione

Il deputato Tumedei, che è il più vicino alle tesi di Dino Grandi, infat- ti, esprime due tesi che gettano luce sui fini specifici dell’operazione la quale utilizzando la procedura mira a rimettere interamente nelle mani del Governo il funzionamento del Parlamento e precipuamente della Camera elettiva. Infatti afferma che «il competente spesso è un pericolo per il pre- potere che può acquistare in seno alla Commissione». A essere maliziosi si potrebbe insinuare che egli pensi alle Commissioni Bilancio e Finanze e te- soro in risposta proprio a quanto ha affermato il deputato Agnini. Ma ancor più evidente balza il disegno dalla successiva affermazione sulla autoconvocazione della Camera, che può essere ammessa a data fissa ma «la convocazione deve essere fatta dal Governo, che deve avere in materia piena libertà». Una ben strana autoconvocazione, in verità, quella rimessa alla piena potestà del Governo. Un simile potere in capo al Governo non era stato mai ipotizzato sia nei primi tempi di attuazione dello Statuto Al- bertino, sia in seguito, nemmeno ai tempi della riforma Sonnino-Colombo. Gronchi riporta la discussione sul modo di formazione delle Commissio- ni, che sembrerebbe il punto centrale della riforma ma che in realtà ne co- stituisce soltanto il pretesto Con sei voti contro tre la mozione Grandi è approvata e la Giunta no- mina relatore per la maggioranza il deputato Tumedei.

84) Discussione in Aula della mozione Dino Grandi e altri. Il relatore Tu- medei, nonostante le poche ore intercorse tra la riunione della Giunta e l’inizio della discussione in Assemblea, presenta un’ampia relazione scrit- ta 129. Anzitutto occorre rilevare che è stata usata una formula ormai de- sueta per proporre modifiche al regolamento, cioè lo strumento della mo- zione, cui la Camera non faceva più ricorso fin dal 1895, quando il deputato Cibrario, insieme con numerosi altri deputati aveva presentato come mo- zione una vera e propria aggiunta al regolamento, strumento divenuto dif- ficilmente azionabile a quel fine a seguito della riforma Villa del 1900, in cui era stata data una nozione precisa dello strumento della mozione 130. La scelta della mozione per avviare così importanti modifiche al regola- mento è diretta esclusivamente a togliere alla relativa Giunta ogni discrezio- nalità sui tempi per la presentazione delle sue proposte, nonché sul loro contenuto di merito. Infatti, Grandi ne chiede l’immediata iscrizione all’or- dine del giorno della seduta del giorno successivo, ciò che non sarebbe pos- sibile se lo strumento fosse una ordinaria proposta di modifica del regola- mento. Tutto questo allo scopo di esautorare la Giunta o mediante una deliberazione espressa della Camera o quanto meno a fissare direttamente il

129 Vedi Allegato N. 46. 130 Vedi Le riforme regolamentari di fine secolo, cit. pagg. 53 e seguenti nonché alla pa- gina 283 dell’ivi allegato N. 18. Anton Paolo Tanda 127 merito della questione. Tuttavia la Presidenza si fa carico, come peraltro era suo preciso dovere, di investirne la Giunta, la quale, come si è visto si riu- nisce e delibera con urgenza atteso che l’Assemblea ha già deliberato l’iscri- zione della questione all’ordine del giorno e, al di là di quella che possa essere la sua posizione, la Camera si pronuncerà comunque sulla mozione. Nella seduta dell’Assemblea del 29 maggio 1924, Dino Grandi illustran- do la mozione dà per scontato che con l’abrogazione delle norme regola- mentari approvate nel 1920 e 1922 tornino in vigore le norme che con la loro approvazione sono state abrogate. Balza agli occhi la contraddizione esistente nella sua argomentazione, la quale parte dal presupposto da lui stesso invocato che ogni Camera ha il diritto di darsi il regolamento che crede, come era stato formulato in maniera certamente ineccepibile dal Pre- sidente Tommaso Villa nel 1900 131, per cui sarebbe indispensabile che l’As- semblea abbia dinanzi un compiuto corpo di norme oppure il richiamo a un preciso regolamento in forma positiva e non già mediante l’abrogazio- ne di un certo numero di norme, il che sarebbe peraltro una conferma che quel regolamento è in vigore. Una corretta citazione dell’intervento del Pre- sidente Villa renderebbe chiaro che anche il tacito consenso attua il pas- saggio delle vecchie norme alla nuova Camera. Contrariamente a ciò che Grandi sostiene non è lo scioglimento della Camera che abroga il suo regolamento bensì l’espressa volontà della nuova Camera di adottare norme diverse. Ciascuna Camera vive finché non è in- sediata la nuova, poiché quando una forma di governo include il parlamen- to non è pensabile che vi sia un momento in cui una delle sue essenziali componenti manca 132; pertanto, col riunirsi della nuova, se non vi è deli- berazione in contrario le norme regolamentari sono quelle fino a quel mo- mento vigenti, altrimenti si avrebbe una situazione in cui una Assemblea po- litica sarebbe priva di norme per il proprio funzionamento: si verificherebbe cioè quel vuoto legislativo cui il Presidente Rocco si appellerà più tardi per giustificare il rivivere automatico di norme sostanzialmente abrogate. Le motivazioni di una così incisiva riforma regolamentare, con il ritorno a un procedimento di predisposizione normativa ormai desueto, sono di na- tura esclusivamente politica; infatti, Grandi esordisce richiamando il fatto che le elezioni del 6 aprile costituiscono «lo sbocco definitivo di un de- cennale ciclo rivoluzionario che la coscienza nazionale italiana ha aperto nel 1914 con la campagna interventista e con la guerra». Precisa che parlando di rivoluzione rifiuta «qualsiasi nostalgia di letteratura victorhughiana o gia-

131 Vedi Le riforme regolamentari di fine secolo, cit. a pag. 33. 132 Affinché non sorgessero equivoci riguardo all’esistenza del Parlamento anche dopo lo scioglimento delle Camere ha provveduto il legislatore costituente col secondo comma del- l’articolo 61 della Costituzione: «Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti». 128 Introduzione cobina che facevano coincidere il fatto rivoluzionario soltanto in un episo- dio quarantottesco di violenza barricadiera» 133. Prosegue criticando il Parlamento il quale, a suo dire, si è corrotto per il prepotere dei partiti indotto soprattutto dalla legge proporzionale, la cui sterilizzazione operata con la nuova legge elettorale postula che si ritorni agli strumenti parlamentari vigenti prima dello snaturamento del funziona- mento della Camera attuato con le norme regolamentari approvate nel 1920 e peggiorate ancora nel 1922. Definisce la politica «soprattutto e soltanto sintesi» mentre gli oppositori sostenitori della proporzionale e delle Com- missioni parlamentari che ne sono il portato sono soltanto «dei cachettici alchimisti dell’analisi e del dettaglio». Critica il sistema delle Commissioni permanenti anche dal punto di vista della funzionalità dell’Assemblea, che deve essere riportata all’essenziale, mediante la reintroduzione di quegli isti- tuti che i partiti avevano voluto abolire per affermare il loro predominio sui singoli membri della Camera, ai quali soltanto spetta il compito di pre- disporre le leggi, diritto-dovere che non deve essere limitato da pretese ra- gioni di competenza tecnica. Si tratta di una difesa a spada tratta del si- stema degli Uffici e di critica spietata al sistema delle Commissioni motivata con ragioni tecnico-procedurali le quali però rendono ancor più evidenti le ragioni politiche che ne sono alla base. Al riguardo è illuminante il fatto che nel suo intervento manca ogni ac- cenno al vero scopo della riforma regolamentare, cioè quello di fare venir meno le Commissioni non tanto per la loro funzione nel procedimento le- gislativo quanto in quella di controllo sull’operato del Governo e per determinare l’autoconvocazione della Camera, che della esplicazione della funzione di controllo è uno strumento efficace. Nel suo intervento molto lungo e articolato Arturo Labriola rileva infat- ti che al centro della riforma vi è la volontà di rafforzare l’esecutivo me- diante l’abolizione delle Commissioni, di cui mette in risalto la funzione di raccordo tra il Parlamento e il Governo e quella di controllo sul suo ope- rato. Molte delle sue argomentazioni hanno conservato attualità e una è stata addirittura profetica: se l’intento è quello di rafforzare l’esecutivo si dovrebbe incrementare il sistema delle Commissioni, invece che sopprimer- lo. Infatti di lì a poco più di un decennio, il regime fascista ormai conso- lidato istituirà proprio le Commissioni legislative, le quali, sia pure in una prospettiva totalmente diversa sono entrate nella Costituzione del 1948. Contesta che il ritorno al sistema degli Uffici sia un progresso sulla via dell’adeguamento della organizzazione della Camera alla situazione del paese poiché, contrariamente a quanto sostiene Grandi, i partiti non sono morti né moribondi; quindi il redivivo sistema degli Uffici, che era stato creato in una situazione politica in cui i partiti non erano presenti, può utilmen-

133 Vedi Allegato «S». Anton Paolo Tanda 129 te funzionare soltanto come strumento di pressione da parte dell’esecutivo sulle strutture parlamentari. Il deputato Del Bello, che svolge la funzione di relatore per la minoran- za della Giunta contesta l’asserita migliore funzionalità degli Uffici rispetto alle Commissioni, il cui fondamento egli trova nell’articolo 55 dello Statu- to 134. La questione è molto interessante e in sede scientifica apre anche quel- la dell’origine del regolamento della Camera, il quale è stato predisposto da una Commissione ministeriale anteriormente alla prima riunione della Camera del Regno di Sardegna; esso mutua il sistema degli Uffici dai re- golamenti della Camera dei deputati belga del 1830 e francese del 1839, ciò che deve essere ancora studiato e approfondito sia quanto alle ragioni sia quanto alla sua aderenza appunto al dettato statutario 135. Non è negli scopi e nei limiti di questa trattazione soffermarsi sull’argomento, che ri- chiede un esame anche documentale approfondito ed esteso: basta qui aver- vi accennato. Del Bello osserva che le commissioni sono state sempre largamente uti- lizzate dalla Camera anche se vengono chiamate giunte, come è inoltre sta- bilito nello Statuto e che il sistema è molto diffuso in Europa e non è stato una pura invenzione del deputato Modigliani, oltre a essere condivi- so da personalità della Camera che ora siedono anche nel Governo. Rile- va che Grandi non ha accennato all’altro grande tema della riforma e cioè l’abolizione del diritto della Camera di autoconvocarsi, la cui legittimità ha ottenuto l’assenso di valenti costituzionalisti. Il sistema delle Commissioni e il diritto della Camera di autoconvocarsi costituiscono una difesa delle mi- noranze all’interno del Parlamento e che dal sorteggio possono invece usci- re mortificate. È interessante notare che Mussolini, Presidente del Consi- glio, interviene con interruzioni che chiariscono i motivi ispiratori della riforma, che sono presenti nella relazione Tumedei là dove egli scrive: «Il nostro meccanismo parlamentare […] consiste in una delega di poteri dalla maggioranza al Governo» 136. Il repubblicano Eugenio Chiesa ricorda che proprio lui, che nella passa- ta legislatura ha proposto alla Giunta per il regolamento il ritorno al siste-

134 Art. 55 dello Statuto: «Ogni proposta di legge debb’essere dapprima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparatori. Discussa ed ap- provata da una Camera, la proposta sarà trasmessa all’altra per la discussione ed approva- zione; e poi presentata alla sanzione del Re. Le discussioni si faranno articolo per articolo». 135 Vedi S. Furlani, L’influenza della Costituzione e dell’ordinamento costituzionale belga del 1831 sulla stesura dello Statuto e di altri testi fondamentali del Regno di Sardegna nel 1848, in Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari, Camera dei deputati, 1986, N. 2, pagg. 111-202. 136 Vedi Allegato N. 46, all’ultimo capoverso della pagina 3. 130 Introduzione ma degli Uffici, ora sostiene, contrariamente a quanto è stato affermato da Grandi, che delle settecento leggi approvate col sistema delle Commissioni seicento furono votate con una sola relazione. Non può accettare l’afferma- zione del Presidente del Consiglio che «questo è l’ultimo esperimento par- lamentare, ma che se dovesse fallire il Parlamento dovrebbe essere chiuso e sostituito». Guarino-Amella (democrazia sociale), illustra un suo ordine del giorno in cui si ribadisce che la legge elettorale riconosce i gruppi politici e i parti- ti e si respinge la mozione Grandi, rinviando la questione alla Giunta per il regolamento «per le opportune proposte in modifica dell’attuale difetto- so sistema delle Commissioni permanenti». Riconosce perciò che il sistema delle Commissioni così come è stato attuato ha molti difetti ma ritiene il sistema degli Uffici ancor meno consono alla composizione della Camera attuale, scaturita da una legge in base alla quale sia la maggioranza sia le minoranze sono state elette col metodo proporzionale, per cui il sistema di esame delle leggi non può essere riportato a quello studiato e attuato per una Camera eletta col collegio uninominale Il relatore per la maggioranza Tumedei parlando in replica tenta di ripor- tare la discussione sul piano tecnico e ribadisce i rilievi sul cattivo funzio- namento delle Commissioni, insistendo sul fatto che mediante l’assegnazio- ne di ciascun deputato a una sola Commissione gli si impedisce di occuparsi di tutte le leggi. L’obiezione ha certamente un fondamento teorico ma il problema è stato risolto fin dal 1863, con successive aggiunte del 1888 e del 1922, introducendo una norma che obbliga la Commissione ad avverti- re il presentatore di una proposta di legge, che non ne faccia parte, della data in cui verrà discussa e gli riconosce facoltà di parlare e di poter esse- re nominato relatore. Inoltre proprio con la riforma del 1922 si dà facoltà a ciascun deputato di inviare alle Commissioni di cui non fa parte emen- damenti e articoli aggiuntivi e di svolgerli dinanzi a esse 137. Sull’autoconvocazione riporta la questione sul piano tecnico, facendo esempi su come il diritto di autoconvocazione nel sistema italiano sia più teorico che pratico, poiché può essere vanificato dal potere di proroga della Camera spettante al Re e che normalmente è attivato dal Governo. Que- sto, naturalmente è vero, ma solo in un una situazione in cui Governo e maggioranza siano un granitico tutt’uno e risulti completamente vanificato il concetto di sistema parlamentare, quando cioè, come dichiarato da Mus- solini, il Governo può anche prescindere dal consenso del Parlamento in quanto è legittimato dalla rivoluzione. Pare quindi di poter affermare che il vero scopo della riforma sia da ri- cercare nella volontà di eliminare le Commissioni, non tanto per ciò che

137 Vedi V. Longi - M. Stramacci, Il regolamento della Camera dei deputati illustrato coni lavori preparatori, Milano 1958, pag. 89.

Anton Paolo Tanda 131 attiene alle loro funzioni nel procedimento legislativo, quanto per ciò che attiene all’altro e fondamentale aspetto del governo parlamentare e cioè l’e- sercizio del controllo, cui è funzionalmente connesso il diritto di autocon- vocazione della Camera a iniziativa, appunto, delle Commissioni. Solo a pochi giorni di distanza tutto questo sarà ben chiaro. L’emendamento del deputato Enrico Presutti (Opposizione costituziona- le), volto a ottenere che anche nel sistema che si sta per approvare siano garantiti i diritti delle minoranze è considerato dal Presidente attinente alle norme sugli Uffici, che la Giunta ha deliberato di rinviare a un momento successivo. La questione relativa al valore giuridico e alle conseguenze sul regola- mento della deliberazione che la Camera sta per assumere è posta da Gia- como Matteotti. Il Presidente, consapevole della sua importanza risponde che in effetti la Camera non ha mai esplicitamente abrogato le norme re- lative agli Uffici, le quali quindi, una volta abolite quelle sulle Commissio- ni, riprendono interamente il loro vigore. L’argomentazione, se non è falsa, per lo meno non è convincente e il grande giurista la usa facendo ricorso alla teoria dell’obbligo di evitare il vuoto legislativo. L’argomento non è spe- cioso in sé ma in quanto viene invocato nel pieno di un iter normativo non ancora concluso e all’inizio del quale è stata avanzata la proposta di rinviare la questione alla Giunta perché presenti un corpus di norme che, abolendo le Commissioni o modificandone la disciplina, raggiunga lo scopo previsto nella mozione Grandi. L’argomento addotto da Matteotti è tanto forte da indurre il relatore anch’egli giurista a proporre subito un emen- damento che risolva la questione. Modigliani, che è stato, come si è visto, il principale sostenitore del si- stema delle Commissioni, invoca la norma statutaria che prescrive per le leggi l’approvazione articolo per articolo, ma la sua argomentazione non può trovare accoglienza favorevole da parte di un Presidente di Assemblea che ha accettato un procedimento normativo attraverso una mozione, che si premura però di chiamare articolo unico con una incongruenza tra la terminologia e il fatto che è di non poco conto per un giurista di quel ca- libro. All’obiezione che la mozione Grandi non fa riferimento alla seduta del 24 luglio, in cui sono state approvate alcune norme del regolamento, risponde che la deliberazione finale è avvenuta nella seduta del 26 luglio, ma questo non risulta dagli Atti Parlamentari. Quando lo stesso deputato Maury che ha sollevato la questione richia- ma l’articolo 90 del regolamento che dà facoltà a dieci deputati escluso il proponente di chiedere che l’esame di un emendamento presentato in Aula venga rinviato all’indomani, il relatore Tumedei immediatamente lo ritira. Il ritiro è dettato quindi solo da ragioni tattiche e, soprattutto, dalla conside- razione che in assenza dell’emendamento il Presidente potrà mettere in vo- tazione la mozione Grandi secondo l’intendimento dei presentatori, che è quello di impegnare la Camera a far rivivere gli Uffici. Dalla dichiarazione 132 Introduzione di voto del popolare Umberto Tupini si rileva che da parte del suo Grup- po sono state finalmente comprese le vere ragioni della riforma in esame; egli difende sul piano tecnico e politico la scelta a suo tempo effettuata dai popolari a favore delle Commissioni come strumento organizzativo e procedurale e di difesa della democrazia, correggendo così la posizione di Gronchi, almeno per quanto si rileva dal relativo verbale della Giunta, il quale l’aveva definita, forse un po’ ingenuamente, solo un fatto tecnico.

85) I casi Matteotti e Amendola. Giacomo Matteotti, a differenza anche di altri colleghi socialisti ha immediatamente intuito la portata eversiva del movimento fascista e si è gettato a viso aperto nella lotta contro i metodi violenti che ne sono la principale caratteristica. Peraltro, come capo dei so- cialisti della provincia di Rovigo è riuscito a evitare che da parte socialista si usassero i mezzi di lotta violenta che si sono verificati in altri luoghi e anche in alcune province emiliane, come orgogliosamente rivendica nei suoi interventi parlamentari. Diviene ben presto obiettivo di violenze tanto che deve lasciare Rovigo con la famiglia a seguito di minacce che gli sono per- venute. Eletto deputato nelle elezioni del 1919 inizia ben presto la sua cam- pagna di denuncia delle violenze e dei metodi fascisti e infatti nella sedu- ta del 18 luglio 1921, parlando sul processo verbale, protesta contro la pubblicazione sulla stampa di talune interruzioni che sarebbero state pro- nunciate contro di lui, che lui non ha udito e che non risultano dai reso- conti ma che sono state riportate dalla stampa e in alcune lettere anonime depositate alla Camera, contenenti affermazioni false e diffamatorie su vio- lenze che avrebbe subito, le quali, se fossero vere sarebbero tuttavia diso- norevoli non per chi le ha subite ma per chi le ha praticate. Deplora che a tanto siano giunte le «più basse e vergognose attitudini, abitudini e ca- pacità morali degli interruttori o degli anonimi» 138. In una interpellanza che figura nel resoconto stenografico della seduta del 25 novembre 1921, che molto probabilmente secondo i procedimenti interni è stata depositata in epoca anteriore, Matteotti denuncia le condi- zioni di assoluta illegalità in cui versa la provincia di Rovigo, dove è im- pedito ai lavoratori di riunirsi pacificamente, vengono impunemente invase alcune case, tutti fatti che sono «apertamente e costantemente voluti, esal- tati, preordinati, organizzati da un’associazione a delinquere che paga e da un’altra che esegue anche assoldando sicari forestieri» 139. Inoltre, nella seduta del 2 dicembre 1921, intervenendo in una discus- sione sulla politica interna, in polemica con Labriola, Graziadei e Tupini, afferma che se il patto di pacificazione, fortemente caldeggiato dallo stes-

138 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 18 luglio 1921, pag. 792. 139 Ivi. Seduta 25 novembre 1921, pagg. 1789-1790. Anton Paolo Tanda 133 so Presidente della Camera De Nicola, significa che i partiti intendono ri- tornare alla pacifica lotta delle idee riconoscendo la superiorità della legge, per raggiungere tale fine non sarebbe necessario stipulare alcun patto. Esso, comunque, non solo non è stato applicato ma è stato disdetto sulla pub- blica stampa dagli stessi fascisti, alcuni dei quali nemmeno lo hanno accet- tato fin da principio 140. Questi sono i precedenti della XXVI legislatura, in cui inoltre si spende in una quasi frenetica attività nella Commissione Finanze e tesoro e poi nella Giunta generale del bilancio. Nella XXVII legislatura è rieletto deputato nella lista del PSU di cui è divenuto Segretario nazionale. Nella seduta del 30 maggio 1924, il Presi- dente Alfredo Rocco comunica alla Camera che la Giunta delle elezioni ha verificato la regolarità delle elezioni di deputati di cui propone la convali- da. L’elenco è molto lungo, poiché comprende quasi tutti i deputati della maggioranza. Il deputato Presutti propone di sospendere la presa d’atto della proposta della Giunta e di «destinare una seduta alla discussione della proposta». Questo, perché la legge ha sì istituito il collegio unico naziona- le ma ha predisposto anche la distribuzione in collegi regionali e, non aven- do la Giunta delle elezioni proposto la convalida dei deputati delle mino- ranze, per ciò stesso riconosce che per taluni collegi esistono delle proteste sulle quali intende ancora deliberare. Quindi, poiché l’accoglimento even- tuale di tali proposte provocherebbe l’annullamento delle elezioni in qual- che collegio, ne risulterebbe travolta anche l’elezione di deputati della mag- gioranza di cui ora è proposta la convalida. Poiché nessuno chiede di parlare sulla questione, il Presidente interpella la Giunta a nome della quale interviene il vicepresidente Farinacci, che ne riporta il parere contrario sulla richiesta di sospensiva assumendo che se la Giunta propone la convalida di un certo numero di deputati è segno che ha esaminato tutti i reclami ad essi relativi e li ha respinti. Il deputato Ful- vio Milani (popolare), componente della Giunta delle elezioni, chiarisce che la lista di nomi proposti alla convalida non comprende tutti i deputati della maggioranza ma solo quelli di una parte delle circoscrizioni; Presutti insi- ste poiché nell’elenco proposto figurano nomi di eletti in Campania, per i quali una protesta esiste che evidentemente la Giunta ha trascurato. Si ac- cende una vivace discussione sul piano procedurale, in quanto i deputati socialisti chiedono la discussione sul merito della proposta di convalida men- tre la Giunta e il Presidente sono fermi sul piano procedurale. Infatti, il Presidente Rocco ricorda che esiste di fatto una proposta di so- spensiva sulla quale la Camera si deve pronunciare e dichiara che qualora la sospensiva fosse respinta la Camera prenderebbe atto della convalida delle elezioni proposte dalla Giunta. Il deputato Presutti insiste che in tal caso si dovrebbe discutere subito del merito, ciò che costituisce un’interpretazione

140 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 2 dicembre 1921, pagg. 1999-2006. 134 Introduzione corretta del voto su una questione sospensiva; il Presidente rinvia a dopo la votazione la decisione al riguardo e pone l’ordine delle questioni proce- durali nel caso in cui la Giunta non faccia ricorso alla contestazione e pro- ponga la convalida pura e semplice di talune elezioni: la Camera può pren- derne atto o sospendere la decisione oppure rinviare gli atti alla Giunta; per le due ultime ipotesi occorrono precise richieste. La richiesta di votazione nominale è ritirata e la Camera respinge la sospensiva. Il Presidente avver- te che gli è pervenuta una richiesta di rinvio degli atti alla Giunta Su questa richiesta, dopo una breve dichiarazione di Gronchi che chie- de di rinviare la questione del merito ad altra sede più idonea rispetto a quella puramente giuridica della Giunta delle elezioni, annuncia l’astensio- ne del suo gruppo nella votazione sulla proposta. Prende la parola Giacomo Matteotti, che pronuncia una vera e propria filippica sulla illegittimità delle elezioni. Il suo intervento è più volte inter- rotto da deputati della maggioranza, soprattutto quando accenna alle reite- rate dichiarazioni da parte del Governo di non sentirsi «soggetto al respon- so elettorale, ma che in ogni caso […] avrebbe mantenuto il potere con la forza» 141 e quando fa riferimento alla mancanza di libertà nell’espres- sione del voto resa più evidente dalla esistenza di «una forza armata» ano- mala a disposizione del Governo, il Presidente lo invita ad attenersi all’ar- gomento; egli prosegue tra continue interruzioni citando numerosi casi di aggressioni subite da parlamentari e attivisti delle minoranze, sia nelle ope- razioni preliminari al voto sia successivamente nell’attività svolta per docu- mentare le proteste. A un certo punto il Presidente lo invita a concludere e nonostante le sue proteste dà la parola a un altro deputato e al presi- dente della Giunta delle elezioni ma, in seguito alla sua nuova protesta, gli consente di continuare il suo intervento «ma prudentemente». Può conti- nuare nel suo intervento con relativa calma solo dopo che Farinacci invita i suoi a lasciarlo parlare per non fare «il suo gioco»; conclude ribadendo la richiesta di rinvio degli atti alla Giunta delle elezioni. Dopo la replica, tenuta tutta sul piano strettamente giuridico da parte del presidente della Giunta delle elezioni Casertano, il deputato fascista Giunta, che è Vicepresidente della Camera, nel suo intervento a un certo punto afferma: «Non quindi con l’interruzione troppo rumorosa né trop- po violenta noi possiamo mettere a posto quella masnada di uomini…» suscitando le proteste dell’estrema sinistra con scambio di apostrofi fino al tumulto, che costringe il Presidente a sospendere la seduta. Alla ripresa, dopo che il Presidente ha deplorato l’incidente, Giunta riprende il suo intervento con citazioni di fatti in cui i fascisti sono stati impediti dalla folla a parlare e afferma: «Ora questa gente, che fa parte della minoran-

141 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 30 maggio 1924, pag. 58, anche nell’Alle- gato «R». Anton Paolo Tanda 135 za parlamentare, deve persuadersi che, quando un uomo del mio tempe- ramento è disposto a lasciarli parlare, non bisogna abusar troppo». La ri- chiesta di chiusura della discussione è approvata e il Presidente mette in votazione per appello nominale la proposta di rinviare gli atti alla Giun- ta delle elezioni, che viene respinta a larga maggioranza. Il Presidente dà atto che sono quindi convalidate le elezioni dei deputati della maggioran- za di cui è stato letto l’elenco 142. Nella seduta del 6 giugno 1924, durante la discussione sull’indirizzo di risposta al discorso della Corona, che è considerato il momento politico più adatto per la discussione sulle condizioni del paese, interviene anche Gio- vanni Amendola 143, capo dell’opposizione costituzionale, che ha presentato un ordine del giorno proponendo la reiezione del testo predisposto dall’ap- posita Commissione. Nel suo intervento eleva forte protesta per il modo in cui si sono svolte le elezioni, inquinate soprattutto dalla presenza di una forza armata posta al servizio di un partito, nonostante sia a carico dello Stato. Se quella milizia non sarà sciolta non potrà aversi un libero eserci- zio dei diritti e dei doveri dei cittadini e ne sarà mortificata l’autonomia degli enti locali e dei singoli. Il suo intervento è spesso interrotto da Mus- solini, che nelle interruzioni espone in modo chiaro e univoco il pensiero che è alla base della sua politica. Le interruzioni servono soprattutto a osta- colare la percezione dell’alta ispirazione morale e ideale del discorso di Amendola, che dichiara di parlare avvalendosi della libertà della tribuna par- lamentare, per la pubblica opinione non certo per rendersi corresponsabile della gestione parlamentare del potere da parte di un Governo che ha af- fermato anche nell’Aula della Camera di avere «il suo potere dalla forza» e che non lo abbandonerebbe se non dinanzi a una forza prevalente. Giovanni Amendola, che è stato ministro delle colonie nel Gabinetto Facta, ha tenuto sempre un atteggiamento fortemente contrario al fascismo e per questo è stato fatto più volte oggetto di aggressioni e violenze da parte della squadre fasciste. Questo suo intervento rinfocola l’avversione da parte dei suoi avversari e la volontà di ritorsione nei suoi confronti come appare evidente dalla stampa fascista. Durante l’intervento del deputato comunista Egidio Gennari, che criti- ca l’impostazione nettamente capitalistica della politica del Governo, si hanno interruzioni da parte di Mussolini che evoca il «piombo caldo nella schiena» 144.

86) Nuova proposta Grandi di modifica al regolamento. Il 5 giugno 1924 Dino Grandi presenta alla Camera una sua proposta di modifica al rego-

142 Vedi Allegato «T». 143 Vedi Allegato «U». 144 Vedi alla pagina 204 dell’Allegato «U». 136 Introduzione lamento, che contiene un vero e proprio corpus di norme regolamentari 145. La proposta è esaminata nella riunione della Giunta per il regolamento del 9 giugno 1924, nella quale la discussione si focalizza sul modo di forma- zione degli Uffici che la proposta intende affidare al Consiglio di Presiden- za, nonché sul numero legale per la validità delle sedute degli Uffici, che si vuol portare a undici. La Giunta delibera di riunirsi il successivo venerdì alle 9,30 precise, ma il primo dei verbali successivi contenuto nel registro che qui si pubblica risale al 23 ottobre 1925. La proposta Grandi contiene norme tecniche e alcune altre che oltre agli aspetti tecnici rivestono un carattere politico incisivo. Ad esempio, l’attri- buzione al Consiglio di presidenza dell’assegnazione dei deputati ai singoli Uffici senza alcuna indicazione di criteri; l’aumento da dieci a trenta de- putati per la richiesta di verifica del numero legale; la discussione dei bi- lanci soltanto sui capitoli che contengono variazioni rispetto a quelli dell’e- sercizio precedente; l’introduzione di un procedimento abbreviato azionabile a maggioranza per l’esame dei progetti di legge, di un articolo, di una mo- zione o di una proposta. Tra l’altro si prevede l’istituzione di una Giunta per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere nei confronti di deputati, che era stata una vexata quaestio nelle precedenti legislature, af- fidandone la nomina al Presidente della Camera; tale Giunta è ancora pre- sente nella organizzazione interna delle Camere, anche se le modalità e i tempi della nomina sono diversi, ora legati all’esistenza dei gruppi parla- mentari che la riforma Grandi ha soppresso. Queste proposte sono esaminate dall’Assemblea solo nella seduta del 2 giugno 1925, come si vedrà più avanti.

87) Il caso Matteotti. Intendiamo in questa sede limitarci il più possibi- le agli aspetti parlamentari del «caso». Il famoso intervento di Giacomo Matteotti nell’Assemblea del 30 maggio 1924 è stato preceduto, nella Giun- ta generale del bilancio da una sua intensa azione di controllo «tecnico», come è stato definito da lui stesso, sulla gestione del bilancio da parte del Governo. La Giunta non ha i poteri di controllo che il regolamento attri- buisce alle Commissioni ormai abolite con la mozione Grandi, tuttavia ha, appunto, competenza tecnica sulla materia del bilancio e su questo fa leva Matteotti. Nel discorso della Corona il Re ha parlato di un bilancio in pareggio, mentre in base ai documenti ottenuti su richiesta di Matteotti dal presiden- te della Giunta Salandra appaiono vistose discrepanze. Questo atteggiamen- to del deputato socialista, che gode di grande prestigio fra i colleghi soprattutto in materia di bilanci, sollecita vari membri della Giunta ad ac-

145 Vedi Allegato N. 47. Anton Paolo Tanda 137 cettare la sua richiesta di ulteriori chiarimenti nonché la facoltà per i mem- bri della Giunta di partecipare a più di una sottogiunta, ciò che consente ai membri della minoranza di essere presenti in ciascuna di esse. Le discrepanze segnalate da Matteotti tra quanto comunicato alle Came- re e ciò che risulta dai bilanci effettivamente presentati induce anche Salandra, dopo uno scontro con Matteotti, a trasmettere la richiesta al Go- verno per averne delucidazioni. Certamente questo fatto getta allarme so- prattutto nelle file del partito fascista in ordine all’atteggiamento di vasti set- tori della stessa maggioranza: se risultasse provato che il Governo ha fatto in modo che il Re comunicasse alla Camera notizie false sulla reale situa- zione del bilancio potrebbero aversi serie ripercussioni, soprattutto tra i par- lamentari liberali che fanno parte della maggioranza. L’allarme è aggravato da voci di corridoio e di stampa secondo le quali Matteotti sarebbe in pos- sesso di notizie riservate su trattative segrete sulla questione petrolifera. Dopo questi precedenti e il suo intervento in Assemblea sullo svolgimen- to delle elezioni che si è ricordato prima, pare che lo stesso Matteotti si mostri consapevole dei pericoli che lo sovrastano. Nella seduta del 12 giu- gno 1924, il Presidente Rocco comunica alla Camera che il deputato Gia- como Matteotti è scomparso e di lui non si hanno più notizie dalla mat- tina del giorno 10, quando, uscito dalla sua abitazione per andare a Montecitorio non vi è mai giunto. Il 13 giugno, Rocco dichiara in Assemblea: «L’ipotesi che ci apparve, in un primo momento, mostruosa ed assurda, che la scomparsa del nostro col- lega onorevole Matteotti potesse celare un crimine, si va, purtroppo, ogni ora che passa, confermando. (I ministri e tutti i deputati si alzano)» 146. Intervengono Dino Grandi, Soleri, Del Croix e Mussolini. Questi nel suo intervento getta le basi per la tesi che sarà poi sostenuta del cadavere di Matteotti gettatogli tra i piedi dai suoi più acerrimi nemici 147. Guarino-Amella presenta una proposta di modifica del regolamento e la Camera sospende i lavori e fino al 12 novembre successivo il caso Matteotti non ha echi nell’aula parlamentare. Il suo cadavere è ritrovato soltanto in agosto, sepolto in un bosco nei pressi di Roma. La sua scomparsa, all’in- domani della sua requisitoria in Aula sulle elezioni, seguita alla sua attività di controllo del comportamento del Governo in materia di bilanci, alimen- ta la convinzione che si tratti di un delitto politico commissionato dall’al- to e il sospetto raggiunge Mussolini. La certezza giuridica non è stata e forse non sarà mai raggiunta, ma la responsabilità politica e morale non può che ricadere sul capo del fascismo, poiché la partecipazione di suoi stretti collaboratori è accertata.

146 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 13 giugno 1924, pag. 325. 147 «Solo un mio acerrimo nemico, che da lunghe notti avesse pensato a qualche cosa di diabolico, poteva effettuare questo delitto che oggi ci percuote e ci strappa grida di in- dignazione», in Atti Parlamentari. Discussioni, seduta 13 giugno 1924, pag. 328. 138 Introduzione

Mussolini si trova in gravi difficoltà anche interne alla sua maggioranza e al fascismo, per cui passa ad alcune contromisure: ad esempio, lascia ad altri il Ministero dell’interno, nominando per di più un personaggio non dichiaratamente fascista quale il nazionalista Federzoni. Le forze della op- posizione, nonostante abbiano chiara la visione di quelle difficoltà e dispon- gano ancora del favore di gran parte della stampa, non riescono a sfrutta- re politicamente la situazione forse fidando in una implosione dello stesso partito fascista o anche nella sensibilità istituzionale del Re: fiducia purtrop- po mal riposta in entrambe le alternative.

88) L’Aventino. Il 27 giugno 1924, tutte le opposizioni, riunite nel Salo- ne della Lupa del palazzo di Montecitorio deliberano, con la sola astensio- ne dei deputati comunisti, di darsi comuni regole di comportamento e di astenersi dai lavori parlamentari in segno di protesta per il colpo ricevuto dall’intera Camera con la scomparsa di un suo componente, che ormai non lascia dubbi che si tratti di assassinio. Questo fatto, che prende poi il nome di Aventino, mira a porre dinanzi all’opinione pubblica la gravità della si- tuazione e soprattutto a sollecitare la Corona a un gesto di coraggio che metta fuori gioco Mussolini e il fascismo. Ma il Re rimane assente anche fisicamente, sordo agli appelli che gli sono rivolti da autorevoli personaggi della scena politica italiana; neanche dal Vaticano giungono segnali di aper- ta condanna degli avvenimenti che hanno coinvolto un membro del Parla- mento, il che senza dubbio creerebbe difficoltà a Mussolini, almeno fra quei clerico moderati cui continua a volgersi la sua attenzione. Vi è certamente tra le autorità vaticane chi paventa che l’Aventino possa favorire un incon- tro tra i popolari e i socialisti che vada al di là del momento contingente per sfociare in un accordo politico. Il gesto dei cosiddetti secessionisti aventiniani riveste ancora oggi un gran- de valore morale e culturale ma non sortisce alcun effetto pratico. Duran- te la chiusura delle Camere Mussolini attua una serie di contromisure: ef- fettua un ampio rimpasto di Governo, sostituisce De Bono a capo della polizia e numerosi ministri e sottosegretari. Emana il decreto reale per l’at- tuazione del decreto-legge concernente la vigilanza sulla stampa e un nuovo ordinamento della Milizia volontaria sicurezza nazionale, che il 28 ottobre giura fedeltà al Re. Il 16 agosto, mentre la Camera è ancora chiusa come si è già accenna- to, viene ritrovato il cadavere di Matteotti e comincia sulla stampa la que- stione morale sul fascismo. Nonostante tutto i parlamentari non fascisti che appoggiano il Governo compreso lo stesso Giolitti, restano fermi nella po- sizione di attesa della normalizzazione e, addirittura, due della componen- te salandrina, Casati e Sarrocchi, entrano a far parte del Governo rispetti- vamente come Ministro dell’Istruzione e dei Lavori pubblici. Anton Paolo Tanda 139

89) Conseguenze del caso Matteotti. Arrestati gli esecutori materiali del rapimento e dell’assassinio di Matteotti resta aperto il capitolo della ricer- ca delle responsabilità, capitolo tuttora non concluso, al di là dell’innega- bile coinvolgimento di strettissimi collaboratori di Mussolini, sussistono an- cora interrogativi alimentati anche da dichiarazioni intorno a un ipotetico caso contro Mussolini da parte di suoi camerati per spingerlo a una più decisa azione in senso autoritario o per sbarazzarsi di lui, sempre nel solco aperto, come si è visto già, da Mussolini stesso. Quel che è certo, però, è che egli ha saputo giocare nello scacchiere po- litico in modo da neutralizzare entrambe le ipotesi e anche fronteggiare l’opposizione aventiniana, resa sterile proprio dalla sua auto privazione della tribuna parlamentare. Poiché da parte dell’opposizione e della stampa viene fatto il nome del sottosegretario Aldo Finzi come implicato nel delitto e anche in oscuri traffici di carattere finanziario, questi si dimette e chiede al Presidente della Camera la costituzione di un giurì d’onore per giudica- re sulla fondatezza delle accuse rivoltegli, non tanto per il coinvolgimento nel delitto Matteotti bensì per le accuse legate a una sua presunta attività affaristica. Il Presidente Rocco chiede anche a Filippo Turati la designazione dei membri dell’opposizione per la costituzione del giurì, ricevendo in risposta che non si tratta di materia da giurì d’onore ma di procedimento giudizia- rio per quanto attiene al delitto Matteotti e di una inchiesta parlamentare per le altre accuse, in quanto esse non possono essere limitate alla perso- na di Finzi ma riguardano l’attività di governo nel suo complesso. La Camera si riunisce per la prima volta il 12 novembre 1924 e il de- putato Repossi, rientrato in Aula in base alla decisione assunta dal gruppo parlamentare comunista, parlando sul processo verbale della seduta del 13 giugno, pronuncia un forte atto d’accusa nei confronti del fascismo e del clima di violenza e intimidazione giunta varie volte all’assassinio dell’avver- sario, come nel caso di Giacomo Matteotti 148. Nella stessa seduta, 12 novembre 1924, si rinnovano gli Uffici, median- te sorteggio come era già avvenuto nella seduta del 30 maggio, a seguito dell’approvazione della mozione Grandi; Mussolini comunica un importan- te rimpasto e la ristrutturazione del Governo.

90) La Camera prosegue nella sua attività ordinaria. La Camera prosegue i suoi lavori ordinari e il 15 novembre il Presidente Rocco commemora Matteotti, insieme con Armando Casalini, deputato fascista ucciso, e Mario

148 «Si tratta anche in questo caso di responsabilità personali dirette le quali non si elu- dono coll’imporre le dimissioni di un sottosegretario, né colla mostruosa contraddizione della rinuncia al Ministero dell’interno (Rumori). Da che mondo è mondo agli assassini non è stato mai permesso di commemorare le loro vittime (Proteste. Rumori. Intervento del Presi- dente), Atti Parlamentari. Discussioni, seduta 12 novembre 1924, pag. 342. 140 Introduzione

Giada, il quale pur eletto non è mai entrato alla Camera. Si svolgono di- battiti sulla politica estera e sulla politica interna e Giolitti pronuncia un intervento di sostanziale opposizione; Mussolini chiede la fiducia e la ottie- ne. Il 22 novembre 1924 anche Salandra, pur annunciando il voto favore- vole suo e dei deputati della destra liberale non risparmia le critiche e chie- de una rigorosa politica di osservanza delle leggi: dinanzi a tutto questo spicca la totale inerzia del Re. Da un po’ di tempo in ambito parlamentare ha avuto inizio il «culto della personalità» di Mussolini, infatti l’Assemblea delibera l’affissione di suoi discorsi e talvolta il suo ingresso in Aula è salutato da applausi e spes- so mentre i deputati e i membri del Governo si levano in piedi, come ac- cade ad esempio il 5 novembre 1924. Nella seduta del 17 dicembre 1924 Francesco Giunta si dimette da Vi- cepresidente della Camera a seguito della richiesta di autorizzazione a pro- cedere nei suoi confronti, avanzata dalla magistratura quale presunto man- dante dell’aggressione al fascista dissidente Cesare Forni. Nella discussione Mussolini chiede al deputato Giovanni Battista Boeri, il quale parla in fa- vore dell’accettazione della richiesta, di rimettere il mandato essendo stato eletto nella lista nazionale. Questi presenta le dimissioni, «In seguito alla interpretazione data dall’onorevole Presidente del Consiglio ai limiti di li- bertà di azione politica consentiti ai deputati eletti nella lista di maggioran- za» 149. In questo scambio si può vedere l’inizio della fase in cui Mussolini abbandona la sua politica di formale rispetto delle regole del regime par- lamentare e comincia a «stringere» le maglie del suo potere, che ha la con- sacrazione ufficiale nel discorso del 3 gennaio 1925 e il suo acme nella emanazione della legge Rocco, 31 gennaio 1926, n. 100 sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche e nelle altre leggi liberticide.

91) Il regime. Nella seduta della Camera del 3 gennaio 1925, Mussolini presenta un disegno di legge di riforma della legge elettorale per il ritor- no al collegio uninominale, chiedendone anche l’immediata discussione. Que- sta mossa mira a compattare i deputati fascisti e spaventare i fiancheggia- tori con la prospettiva di uno scioglimento anticipato a breve termine della Camera e di una campagna elettorale senza lo scudo protettivo della lista nazionale. Pronuncia poi il famoso discorso in cui sfida la Camera a utilizzare lo strumento offerto dall’articolo 47 dello Statuto, che la abilita a porre i mi- nistri in stato di accusa dinanzi al Senato costituito in Alta corte di giusti- zia; definisce l’Aventino una «secessione anticostituzionale, nettamente rivo- luzionaria» e rivendica per lui solo «la responsabilità, politica, morale, storica di quanto è avvenuto». Respinge con ironia le ipotesi che sia stato il man-

149 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 17 dicembre 1924, pag. 1664. Anton Paolo Tanda 141 dante delle aggressioni a Giovanni Amendola (di cui non fa il nome ma indica solo l’indirizzo), oppure del deputato fascista dissidente Misuri e di Cesare Forni, definendosi un vero e sincero pacificatore 150. Amendola, uno dei più influenti capi dell’Aventino e certamente il più attivo, subisce varie aggressioni, in particolare a Roma il 5 aprile e poi il 25 luglio 1925 tra Montecatini e Pistoia, dal quale non si riprenderà più spegnendosi a Cannes il 7 aprile 1926, dove si è rifugiato per sfuggire alle persecuzioni, proprio per le conseguenze di quell’aggressione 151. Nonostante le iniziative poste in atto da membri dell’Aventino presso il Re, Mussolini continua nella stabilizzazione del regime. Si dimettono dal Governo i ministri liberali Sarrocchi e Casati, nonché i ministri fasci- sti Oviglio e De’ Stefani. Alla Pubblica istruzione è nominato Egilberto Martire, uno dei popolari espulso dal partito per aver votato a favore della legge Acerbo. Al Ministero di Grazia e giustizia è nominato Alfre- do Rocco, al quale si deve la predisposizione di quell’insieme di leggi che servono a creare e consolidare al potere il regime fascista. Mussolini prov- vede anche alla riorganizzazione del partito fascista in cui è ripristinata la segreteria unica, alla quale è chiamato il famoso ras di Cremona Ro- berto Farinacci, rappresentante dell’ala più intransigente del movimento: segnale molto significativo dell’impulso impresso da Mussolini al corso delle cose politiche. Il 13 gennaio 1925 la Camera elegge come Presidente Antonio Casertano, eletto nella lista nazionale e che proviene dai radicali costituzionali e De- mocrazia sociale, il quale assume la carica il giorno successivo. Nella stes- sa seduta è approvata la conversione in legge di decreti luogotenenziali e regi aventi oggetti diversi, il cui elenco occupa 79 pagine su due colonne degli Atti Parlamentari. Il 15 gennaio comincia la discussione della nuova legge elettorale per il ritorno al collegio uninominale, che è approvata il 17 gennaio e la Camera si aggiorna fino al marzo 1925. Poiché continua l’assenza dall’Aula dei deputati dell’Aventino, talvolta ac- cade che il numero dei presenti si assottiglia mentre taluni deputati non prendono parte alle operazioni di voto; il 10 marzo 1925 il Presidente av- verte che a norma dell’articolo 103-bis del regolamento, i deputati presen- ti in Aula e che non votano sono computati come astenuti al fine della formazione del numero legale 152. Il 20 marzo il Ministro dell’interno Federzoni comunica alla Camera che il Presidente del Consiglio Mussolini intende essere presente alla discussio- ne sul disegno di legge sull’elettorato amministrativo femminile, per cui chie-

150 Vedi Allegato «V». 151 All’Archivio storico della Camera si conservano in una teca, macchiati del suo san- gue, gli abiti che indossava al momento dell’aggressione. 152 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 10 marzo 1925, pag. 2408. 142 Introduzione de che la discussione sia rinviata. Il giorno successivo, quando Mussolini entra in aula, il Presidente Casertano si leva in piedi e pronuncia un di- scorso in cui manifesta da parte dell’Assemblea «vivissima soddisfazione per la sua recuperata salute […] Durante la sua assenza, questa Assemblea ha compiuto il proprio dovere continuando a funzionare, ma essa sentiva che qualche cosa le mancava (Approvazioni); mancava l’occhio vigile del capo del Governo, la sua parola che infiamma, il sorriso che molte volte confor- ta ed incoraggia (Vivissimi applausi)». Al termine della stessa seduta si legge la seguente annotazione «quando l’onorevole Presidente del Consiglio esce dall’Aula è salutato da vivissimi, prolungati applausi, cui si associano le tri- bune». Così nella seduta del 27 marzo 1925, quando Mussolini si alza per parlare è annotato che i ministri e i deputati si alzano e si hanno vivissi- mi applausi e segni di viva attenzione 153. Il 14 maggio 1925 Mussolini comunica alla Camera le dimissioni di Di Giorgio e di Thaon di Revel, rispettivamente da Ministro della Guerra e della Marina, dei quali dicasteri egli stesso ha assunto l’interim. La seduta del 23 maggio 1925 è dedicata alla celebrazione del decimo anniversario dell’entrata dell’Italia in guerra. In apertura di seduta il Presidente Casertano ha modo di affermare al termine del suo intervento introduttivo: «Signor Presidente, Dio vi benedica per quello che avete fatto, (Vivissimi prolun- gati reiterati applausi – Grida di: Viva Mussolini!). Dio vi dia la forza e il tempo di compiere il vostro programma pel bene e la grandezza d’Italia. (Vivissimi prolungati applausi)» 154. Interviene Livio Pivano (eletto nella lista nazionale), il quale, con toni misurati e accenti accorati, ricorda le speranze che hanno accomunato tutti i combattenti nelle trincee e che ora sono andate deluse e afferma: «ecco che le nostre sedi sono invase o distrutte, e sbandati gli spiriti che ricono- scevano il volto della Patria nella prova della solidarietà trincerista […] (Rumori vivissimi e prolungati – Vivaci proteste)». Il Presidente chiede si- lenzio e invita l’oratore a concludere. Si ode una voce che afferma che non deve parlare, alla quale il Presidente risponde: «Può parlare, ma deve sen- tire da sé stesso l’opportunità di misurare il suo linguaggio». Nella stessa seduta il deputato Paolucci, che è anche Vicepresidente della Camera, a un certo punto del suo intervento afferma che nella preceden- te legislatura i deputati fascisti: «piccola schiera esigua di superstiti, e ci incontrammo viso a viso con un disertore, e non tanto ci avvilì la vergo- gna della sua presenza quanto ci colpì dolorosamente la difesa che di lui tenne nel nome della libertà la maggioranza del Parlamento (Vivi applau- si). Dovemmo ricorrere alla forza per evitare che il vile ritornasse qui den- tro». Nessun appunto da parte della Presidenza.

153 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 20 marzo 1925, pagg. 2982 e 3072. 154 Ivi. Seduta 23 maggio 1925, pagg. 3782, 3785 e 3783. Anton Paolo Tanda 143

Il 27 maggio 1925 l’Assemblea esamina il disegno di legge che contiene varie deleghe al Governo per arrecare modifiche alla legge di pubblica si- curezza, ai codici penale e di procedura penale, alla legge sull’ordinamento giudiziario e modificazioni e aggiunte al codice civile. Alfredo Rocco, nel suo intervento in qualità di Ministro di grazia e giustizia a un certo punto afferma: «In verità, siamo giusti, logicamente, tanto in materia civile che in materia penale, il principio del doppio grado di giurisdizione non ha nes- suna giustificazione. (Una voce. Teorie!). Esso risponde a una mentalità ol- trepassata. È un vero e proprio detrito storico. Ma io riconosco che, date la tradizione, la mentalità nostra, la consuetudine giudiziaria italiana, non sa- rebbe facile affrontare il problema dell’abolizione di questo istituto» 155. Nelle votazioni finali dei progetti di legge si verifica spesso, come si è già osservato, che per raggiungere il numero legale, data l’assenza della grande maggioranza dei deputati dell’opposizione riuniti nell’Aventino, si ve- rifica che oltre al frequente ricorso da parte della Presidenza all’applicazio- ne della norma dell’articolo 103-bis del regolamento, che consente appun- to di computare tra i votanti al fine del calcolo del numero legale quei deputati che pur presenti in Aula non hanno partecipato al voto, si ha anche un aumento considerevole del numero dei deputati in congedo e in missione e altresì compare l’elenco degli ammalati, ad esempio nelle sedu- te del 29 e 30 maggio e 4 giugno 1925, prassi del tutto nuova e senza fondamento regolamentare. Il 19 giugno la Camera termina la discussione generale del disegno di legge per la dispensa dal servizio di funzionari dello Stato, quindi il Pre- sidente avverte che si voterà l’ordine del giorno Galeazzi per il passaggio all’esame degli articoli, che implica la fiducia. Mussolini protesta contro la fiducia che non ha chiesto. In verità, l’ordine del giorno contiene l’appro- vazione dei criteri ispiratori della legge e il passaggio agli articoli: di per sé ciò non è in relazione col rapporto di fiducia, per cui l’avvertenza pre- sidenziale costituisce più un ossequio al Governo che una necessità proce- durale; inoltre, la votazione sulla fiducia comporta la votazione nominale e quindi anche la constatazione automatica della sussistenza o meno del nu- mero legale. L’impasse procedurale è superata dal ritiro dell’ordine del gior- no da parte dei proponenti. Le successive dichiarazioni di Mussolini valgono a comprendere la sua irritazione dinanzi a quel voto di fiducia: egli afferma infatti che il suo non è «un Ministero, né un Governo ma un regime» 156.

155 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 27 maggio 1925, pag. 3848. 156 «Ma oggi come oggi è urgente di procedere a questa epurazione. Primo: perché non siamo un Ministero, e non siamo nemmeno un Governo, siamo un regime (Applausi). Se- condo: questo regime ha in sé stesso delle fonti di vitalità imponenti e noi abbiamo tutta la Volontà di durare e dureremo. (Applausi) In terzo luogo: i compiti che questo Governo deve assolvere in tutti i rami dell’Amministrazione sono immensi, urgenti, formidabili. E 144 Introduzione

92) Seguito della seconda proposta Grandi di modifica al regolamento. Nella seduta del 30 maggio 1925, il relatore Tumedei deposita alla Presidenza la relazione sulla proposta Grandi, di cui la Giunta per il regolamento si è occupata nella riunione del 9 giugno dell’anno precedente 157. Nel registro della Giunta che forma oggetto della presente pubblicazione non si trova- no verbali relativi a riunioni successive a quella dell’anno precedente, nella quale peraltro era stata anche stabilita la data della nuova riunione per completare l’esame, mentre il successivo verbale presente in quello stesso registro reca la data del 23 ottobre 1925. Nel repertorio della Camera, La legislazione fascista. 1922-1928, I, alla pagina 172, si legge: «La Giunta permanente del regolamento della Came- ra, nella relazione stesa dal deputato Tumedei, in data 30 maggio 1925, esprimeva ecc. ecc.». Pur dal linguaggio di cancelleria con cui quel reper- torio è redatto traspare l’imbarazzo di dover parlare di un organo di cui non si fornisce prova del funzionamento collegiale. Inoltre, in una pubbli- cazione semiufficiale della Camera del 1932, il Vicesegretario generale della Camera, avv. Romolo Astraldi, scrive che l’on. Grandi concretava in una proposta articolata un complesso di modificazioni al regolamento: «Esse fu- rono esaminate dalla Giunta permanente la quale alcune ne accolse, altre ne respinse, altre infine ne propose di sua iniziativa […]» 158. Nella loro plausibilmente voluta ambiguità anche queste espressioni, alla luce della do- cumentazione in nostro possesso ci portano a concludere che la Giunta per il regolamento sia stata rappresentata esclusivamente dal relatore Tumedei; tuttavia non si può escludere del tutto che anche altri se ne siano occupa- ti, ma non nella sede della Giunta, altrimenti una qualche traccia della re- lativa riunione si sarebbe trovata. Si pensi che esiste un primo abbozzo di verbale di riunione perfino nel 1927, come si vedrà dal documento, anche se poi all’abbozzo non segue il relativo verbale. Si deve segnalare inoltre che lo stampato Doc. II, n. 2-A 159, che con- tiene quella relazione e il testo della proposta, reca in testa la composizio- ne della Giunta in cui figurano tutti i membri, compreso il deputato Ma- raviglia, il quale solo dal 27 maggio 1925 è stato chiamato dal Presidente a sostituire il commissario Siciliani defunto, mentre la Giunta aveva esami- nato la proposta l’anno precedente, come peraltro risulta dall’annotazione sullo stampato. Tale iscrizione perpetua l’equivoco che alla formazione del testo abbiano contribuito tutti i componenti della Giunta, quindi anche il giacché ho la parola, voglio aggiungere che nella concezione fascista la burocrazia è un eser- cito», Atti Parlamentari. Discussioni, seduta 19 giugno 1925, pag. 4348. 157 Vedi in questo volume a pag. 237. 158 R. Astraldi, Le norme regolamentari del Parlamento italiano, Camera dei deputati 1932, pag. 81. 159 Vedi Allegato N. 49. Anton Paolo Tanda 145 socialista unitario Agnini, il socialriformista Macchi e il popolare Gronchi, che non risulta abbiano preso parte a lavori parlamentari dopo la costitu- zione dell’Aventino. I verbali non contengono traccia dell’esame della modifica al regolamen- to proposta dal deputato Guarino-Amella (democrazia sociale) che prevede la suddivisione della Camera in Uffici (gruppi parlamentari), i quali esami- nano gli argomenti secondo l’ordine indicato dal Presidente della Camera, come previsto nel regolamento in vigore, e alla fine nominano sulla base del proprio regolamento interno i commissari in proporzione di uno ogni sessanta iscritti 160. L’esame delle proposte in Assemblea il 2 giugno 1925 161 segna il tra- monto della procedura parlamentare in quanto volta a disciplinare liberi di- battiti parlamentari e apre la lunga stagione del regime e della dittatura con la sua scomparsa anche formale nel corpo della Camera dei fasci e delle corporazioni. Dopo l’approvazione della prima norma della proposta, Mussolini chie- de se sia possibile per il Governo presentare un disegno di legge nei pe- riodi «di intervallo dei lavori parlamentari». Il Presidente osserva che è pos- sibile, se la Camera lo ha autorizzato ma la presentazione non avrebbe utilità pratica perché dovrebbe comunque essere riunita la Camera. Musso- lini termina con la seguente ambigua espressione: «Si arriverebbe però alla Camera con un disegno di legge già preparato», e non insiste; inoltre in- terviene sul modo di formazione degli Uffici per la quale si intende con- servare l’estrazione a sorte.

93) La relazione Tumedei e l’esame in Assemblea. La relazione Tumedei, che continuamente evoca le decisioni della Giunta al riguardo, contiene una esposizione delle proposte avanzate da Grandi e di quelle della Giun- ta. Si tratta, dal punto di vista scientifico, di un pregevole piccolo trattato di procedura parlamentare, denso di dottrina e di richiami alla tradizione, il quale, con un linguaggio paludato e formalmente rispettoso della tradi- zione parlamentare italiana, offre una visione molto ottimistica del lavoro parlamentare, in realtà ormai ridotto a una quasi ossequiosa approvazione delle proposte che vengono dal partito e dal Governo. Dal punto di vista tecnico si segnala inoltre che il relatore presenta anche una sinossi delle norme del regolamento in vigore con quelle proposte da Grandi e il testo della Giunta 162. La relazione esamina punto per punto le proposte Grandi: alcune le ac- cetta, altre le modifica, alcune le respinge. Nell’elencare i criteri seguiti nella

160 Vedi Allegato N. 48. 161 Vedi Allegato «W». 162 Vedi Allegato N. 49. 146 Introduzione formulazione del testo proposto all’approvazione dell’Assemblea, al punto c) di tali considerazioni si afferma testualmente di aver seguito: « in ogni caso il fermo ed esclusivo proposito di giovare ai lavori parlamentari po- stergando ogni altra diversa e distinta considerazione. Tale scopo non può essere raggiunto, ad avviso della Commissione, se non conciliando e tute- lando ad un tempo i diritti della maggioranza e quelli della minoranza: e cioè dando a tutti le più ampie garanzie di legalità, di libertà di parola e di voto, e di larghezza di discussione; ma nello stesso tempo premunendo- ci contro ogni tentativo che chicchessia venisse a porre in essere di servir- si di quelle garanzie per turbare e arrestare il lavoro legislativo e per so- praffare la volontà della maggioranza». Queste osservazioni considerate al di fuori del contesto che è stato crea- to nella Camera dei deputati possono essere condivisibili, almeno in astrat- to, ma non quando siano calate in un complesso di norme che prevedono un aggravamento di tutte le condizioni per ampliare un dibattito, o con- statare la legalità dell’adunanza, la possibilità di procedimenti legislativi ab- breviati nel caso in cui l’esame di un progetto di legge si protragga per più di dieci sedute, la limitazione del numero degli ordini del giorno. Di per sé ciascuna di queste disposizioni non è certamente inaccettabile ma il contesto nel quale esse nascono le rende strumento di asservimento dell’as- semblea parlamentare alla maggioranza, la quale inoltre si autodefinisce «re- gime», e al di là del loro contenuto tecnico diventano un mero strumento di potere politico. È stata già segnalata, ma non è superfluo ricordarla, l’istituzione della Giunta per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere nei con- fronti di deputati, la quale ha resistito al tempo, forse perché l’idea pro- viene da tempi lontani da quel clima, quando, cioè, la si voleva come ele- mento di salvaguardia della funzione parlamentare e non come difesa corporativa, o addirittura politica, delle persone rispetto alle ingerenze di un potere giudiziario non completamente omologato al regime. Questa con- siderazione si rafforza se si pensa che proprio in quel periodo si svolgono i processi a carico degli indiziati per il delitto Matteotti, sia da parte del- l’autorità giudiziaria sia da parte del Senato come Corte di giustizia. Nella discussione, in contrasto con la prassi quasi ininterrotta di estra- neità del Governo alla predisposizione delle norme regolamentari, Mussolini interviene nel merito delle norme e non con semplici accenni, come era ac- caduto in passato, bensì in modo incisivo e particolareggiato ed esprimen- do anche critiche al testo proposto all’Assemblea, soprattutto nei punti in cui questo si discosta dalla proposta Grandi che, è lecito pensare, costitui- va il punto di vista suo e del partito fascista. Se non fosse per l’atteggia- mento di continuo e quasi servile ossequio alle sue osservazioni questa ses- sione di riforma regolamentare si sarebbe potuta considerare come l’estremo sussulto di orgoglio di una Camera, la cui fine come manifestazione della sovranità popolare era ormai nella fase di completamento. Anton Paolo Tanda 147

È sintomatico che i singoli articoli sono dati per approvati dal Presiden- te se non vi sono osservazioni in contrario; inoltre egli mette in votazione soltanto quegli articoli sui quali si ha discussione; il Governo, sia per bocca di Mussolini sia di Rocco, Ministro di Grazia e giustizia, interviene nella discussione, esprime pareri e presenta emendamenti, come ad esempio sulla questione, di grande delicatezza, di cui all’articolo 89-bis che prevede un procedimento abbreviato nel caso in cui la discussione di un progetto di legge si protragga oltre dieci sedute. Mussolini si dichiara contrario preferendo il testo della proposta Grandi che si riferisce a qualunque momento della discussione e fissa inoltre se- veri limiti per la discussione al riguardo. Il testo della Giunta invece fa riferimento anche al protrarsi del procedimento «con evidente artificio» per più di dieci sedute. Così è vanificata ogni esigenza di approfondimento della materia indipendentemente da manovre ostruzionistiche: anche il nor- male lavoro parlamentare costituisce evidentemente un intralcio alla politi- ca del regime. Nella sue spiegazioni sulle ragioni di tale preferenza il relatore Tumedei si riferisce a una deliberazione «all’unanimità» da parte della Giunta, il che ci rafforza nell’ipotesi prima formulata che non si sia redatto il verbale di tali riunioni per non far constatare l’assenza dei commissari dell’opposizio- ne. Confidiamo quindi, con un atto di ottimismo, che un giorno si possa trovare traccia di quei lavori, che a tutt’oggi non appaiono documentati. Su questo articolo interviene anche Alfredo Rocco, il quale propone che i termini sia per deliberare l’adozione della procedura abbreviata sia per stabi- lire il termine entro il quale fare avvenire la votazione finale, venga ridotto a cinque sedute. Il relatore insiste, e questo va a suo merito (se così si può dire) affinché il termine per la deliberazione finale sia mantenuto e che possa essere ridotto il primo, quello per l’adozione del procedimento abbreviato. Il Presidente mette in votazione questo articolo: «con l’emendamento che ora ho indicato, presentato dal Governo e accettato dalla Commissione»! 163

94) L’attività della Camera prosegue secondo i nuovi indirizzi. Il 20 giu- gno 1925 viene in discussione il disegno di legge sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche. Il ministro di Grazia e giustizia Rocco, afferma testualmente: «Prima di entrare nell’argomento oggetto della presente discussione, per incarico del Presidente del Consiglio, devo prega- re gli onorevoli colleghi della maggioranza di restare stasera in Roma, per- ché, alle dieci, secondo gli intendimenti del Governo, la seduta dovrà es- sere ripresa per trattare altri argomenti che non sono all’ordine del giorno (Commenti)» 164!

163 Vedi a pagina 4134 dell’Allegato «W». 164 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 20 giugno 1925, pag. 4388. 148 Introduzione

Mussolini propone che la Camera tenga seduta alle 22 ponendo all’ordi- ne del giorno: «1°) Conversione in legge dei decreti riguardanti la stampa (Approvazioni); 2°) discussione del disegno di legge sulla stampa che porta il numero 234». Si svolge al riguardo una vivace discussione e alla fine la proposta è vo- tata a scrutinio segreto che dà 247 voti a favore e 44 contrari. La seduta è sospesa alle 21,10 ed è ripresa alle 22,10 e si inizia l’esame del disegno di legge sulla stampa; dopo l’esposizione del relatore, poiché nessuno chie- de di parlare il Presidente dichiara chiusa la discussione generale e passa agli articoli che sono tutti approvati praticamente senza discussione 165. Il 18 novembre 1925 il Presidente del Consiglio sale al suo banco «ove è stato deposto un fascio di lauri legati con nastro tricolore» e il Presiden- te di turno Paolucci pronuncia un indirizzo di saluto a Mussolini, che è scampato a un attentato. Giulio Rodinò presenta le dimissioni da Vicepresidente della Camera: «In seguito al deliberato delle opposizioni parlamentari, per evidenti ragioni di delicatezza». Vittorio Emanuele Orlando, presentando le sue dimissioni da deputato afferma tra l’altro: «nell’attuale vita pubblica italiana non vi è più posto per un uomo dal mio passato e della mia fede» 166. Mussolini comu- nica un ampio rimpasto del Governo. Il giorno seguente il deputato comunista Maffi, parlando sul processo verbale dichiara che «le manifestazioni di affetto tributate al Presidente del Consiglio dalla Camera non corrispondono ai sentimenti della massa lavo- ratrice». Si odono proteste, invettive, nasce un tumulto; il Presidente di turno Paolucci sospende la seduta e alla ripresa dichiara: «Dopo le dimo- strazioni entusiastiche che tutta la Camera tributò ieri all’onorevole Pre- sidente del Consiglio, le parole dell’onorevole Maffi sono state un’affer- mazione evidentemente temeraria! (Vivi applausi). Esprimo l’augurio che incidenti del genere non abbiano più a ripetersi, e che le minoranze nel- l’Aula non abbiano a provocarne contro il sentimento ormai unanime della Camera e del Paese. (Vivissimi, generali applausi)» 167. Il 21 novembre 1925 il Ministro Alfredo Rocco, nella discussione del di- segno di legge sull’ordinamento della funzione di avvocato e procuratore non accetta il testo della Commissione e chiede che la discussione avven- ga sul testo del Governo, con un gesto del tutto inusitato nella storia della Camera dei deputati e addirittura offensivo e che in altre situazioni avreb- be suscitato forti reazioni politiche. Nella seduta del 2 dicembre 1925, Achille Starace segnala al Presidente al presenza in Aula «di un deputato aventinista! A chi ha chiesto il per-

165 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 20 giugno 1925. Pagg. 4403 e 4414. 166 Ivi. Seduta 18 novembre 1925, pag. 4431. 167 Ivi. Seduta 19 novembre 1925, pag. 4439. Anton Paolo Tanda 149 messo? (Avvicinandosi al deputato Saitta). Non si vergogna di entrare qui? Qui non c’è niente da fare, non c’è neppure da dare il voto per la con- valida di Misiano! (Richiami del Presidente) Perché non se ne va quel si- gnore? (Agitazione, alcuni deputati scendono nell’emiciclo. Richiami del Pre- sidente. Alcuni deputati circondano il deputato Saitta conducendolo fuori dell’Aula). Presidente: Onorevoli deputati, li prego!» 168. Il 17 gennaio 1926 Mussolini, intervenendo sul processo verbale pronun- cia l’atto ufficiale di consacrazione del regime fascista; dopo avere ascritto al partito fascista la regina madre Margherita di cui si sono da poco cele- brate le esequie, detta le condizioni per il rientro in Aula dei deputati dell’Aventino, in tre punti: 1°) riconoscimento del regime fascista; 2°) rico- noscere il fallimento della campagna aventinista; 3°) scindere le proprie re- sponsabilità dall’attività dei fuorusciti 169. Nella stessa seduta è comunicata alla Camera la nomina di Mussolini a Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per gli Affari esteri, per la Guerra, la Marina e l’Aeronautica. Il giorno successivo il deputato Giuseppe Caradonna dichiara che dopo le precise dichiarazioni del Primo Ministro ci si sarebbero aspettate delle dichiarazioni da parte di coloro che hanno fatto parte dell’Aventino e che hanno creduto di poter riprendere impunemente il loro posto nell’Aula. Nessuno ha parlato e quindi se «l’onorevole Anile non dichiarerà nulla, oggi uscirà fuori dalla Camera! Perché il primo a fare la speculazione sul cadavere dell’onorevole Matteotti è stato l’onorevole Anile….». I deputati Antonino Anile, Amanto Di Fausto e Giacomo Scotti dichia- rano di accettare le condizioni poste da Mussolini e fanno ammenda del loro operato. Il deputato Nicola Siles dichiara che essendosi dimesso dal Partito popolare si dimette da deputato. Le dimissioni sono accettate. Il tutto senza un cenno da parte della Presidenza. La seduta del 6 febbraio 1926 è in gran parte occupata da una diatri- ba interna al Partito fascista, e con questa notazione, che mostra la natu- ra ormai assunta da quella Camera, chiudiamo la nostra presentazione del documento che contiene i verbali della Giunta per il regolamento dal 1904 al 1927. La Camera si è occupata ancora di regolamento ma gli eventuali lavori della Giunta non sono documentati nel registro che qui pubblichia- mo, tranne l’abbozzo di verbale di cui si è già fatto cenno.

ANTON PAOLO TANDA Sovrintendente onorario all’Archivio storico della Camera dei deputati

168 Atti Parlamentari. Discussioni. Seduta 2 dicembre 1925, pag. 4715. 169 Vedi Allegato «Z».

COMPOSIZIONE DELLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO

XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) Presidenti: Giuseppe Marcora, Giuseppe Biancheri Attilio Brunialti, Teobaldo Calissano, Maggiorino Ferraris, Giustino For- tunato, Tancredi Galimberti, Francesco Guicciardini, Vincenzo Piccolo- Cupani, Roberto Rampoldi, Leone Romanin-Jacur, Ettore Sacchi. (Nel corso della legislatura: Piero Lucca, Fausto Massimini, Francesco Spirito)

XXIII Legislatura (24 marzo 1909 – 29 settembre 1913) Presidente: Giuseppe Marcora Agostino Berenini, Attilio Brunialti, Alfredo Codacci-Pisanelli, Carlo Com- pans, Girolamo Del Balzo, Alessandro Di Rovasenda, Maggiorino Ferraris, Camillo Finocchiaro-Aprile, Francesco Montagna, Roberto Rampoldi. (Nel corso della legislatura: Bruno Chimirri)

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) Presidente: Giuseppe Marcora Salvatore Barzilaj, Jvanoe Bonomi, Emilio Campi, Mario Cermenati, Be- nedetto Cirmeni, Alfredo Codacci-Pisanelli, Carlo Compans, Ugo Da Como, Alfonso Lucifero, Luigi Rossi. 152 Composizione della Giunta per il regolamento

(Nel corso della legislatura: Domenico Pacetti, Augusto Ciuffelli, Paolo Bignami, Luigi Credaro, Angiolo Cabrini, Vincenzo Riccio, Pietro Chi- mienti)

XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) Presidenti: Vittorio Emanuele Orlando, Enrico De Nicola Agostino Cameroni, Francesco Cocco-Ortu, Alfredo Codacci-Pisanelli, Na- poleone Colajanni, Arnaldo Dello Sbarba, Luigi Fera, Luigi Gasparotto, Giuseppe Modigliani, Vincenzo Riccio, Giovanni Rosadi. (Nel corso della legislatura: Andrea Torre, Edoardo Pantano, Filippo Crispolti)

XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) Presidente: Enrico De Nicola Giuseppe Bevione, Vincenzo Carboni, Antonio Casertano, Stefano Cavaz- zoni, Guido Celli, Francesco Cocco-Ortu, Napoleone Colajanni, Pietro Di Scalea, Giuseppe Modigliani, Gino Sarrocchi. (Nel corso della legislatura: Giulio Alessio, Eugenio Maury, Camillo Peano, Giulio Rodinò)

XXVII Legislatura (24 maggio 1924 – 21 gennaio 1929) Presidenti: Alfredo Rocco, Antonio Casertano Gregorio Agnini, Giuseppe Bastianini, Diego Del Bello, Alfredo De Mar- sico, Giovanni Gronchi, Corrado Marchi, Luigi Siciliani, Arrigo Solmi, Michele Terzaghi, Cesare Tumedei. (Nel corso della legislatura e fino al 1925: Francesco Saverio D’Ayala, Maurizio Maraviglia, 27 maggio 1925). VERBALI DELLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO 6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927

XXII LEGISLATURA (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909)

Composizione della Giunta per il regolamento: Presidenti: Giuseppe Marcora, Giuseppe Biancheri. Membri: Attilio Brunialti, Teobaldo Calissano, Maggiorino Ferraris, Giustino Fortunato, Tancredi Galimberti, Francesco Guicciardini, Vincenzo Piccolo-Cupani, Roberto Rampoldi, Leone Romanin-Jacur, Ettore Sacchi. (Nel corso della legislatura: Piero Lucca, Fausto Massimini, Francesco Spirito)

(A questo punto il documento reca tre fogli di appunti, con alcune righe barrate, i quali afferiscono alla seduta del 15 marzo 1907, il cui verbale è collocato più avanti, dopo il seguente verbale):

L’anno millenovecento quattro ed alli sei Dicembre alle ore sei nella Sala della Presidenza, sotto la presidenza dell’on. Marcora, si è convocata la Giunta del Regolamento. Sono presenti gli on. Guicciardini, M. Ferraris, Sacchi, Piccolo-Cupani, Brunialti, Calissano. Aperta la seduta il Presidente S. E. Marcora porge un cordiale saluto ai Colleghi e li invita a costituire l’ufficio con la nomina del Segretario. È eletto con voti sei l’on. Calissano. Il Presidente invita i Colleghi che facevano parte della Giunta del Rego- lamento nella legislatura 20^ a riferire sui precedenti delle questioni rima- ste in esame. Il S. Calissano ricorda i varii quesiti proposti, ed accenna alla questione del controllo del consuntivo, e alla riforma della procedura sulle domande d’autorizzazione a procedere. Interviene l’on. Fortunato. L’on. Maggiorino Ferraris espone lo stato della questione sul controllo dei consuntivi. Il Presidente crede si debba allo stato delle cose quali domande e pro- poste si debbano senz’altro riprendere in esame, e quali messe in disparte: questo lavoro dovrebbe essere affidato ad una sottocommissione. L’on. Brunialti propone si faccia tale Commissione. La proposta è approvata. 158 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Per l’esame della questione circa il controllo dei consuntivi vengono in- caricati gli on. Ferraris, Guicciardini, Sacchi. Per l’esame della questione circa le domande di autorizzazione a proce- dere e le altre questioni si scelgono gli on. Brunialti, Piccolo-Cupani, Ca- lissano […] […]. La seduta è tolta.

Il Segretario Il Presidente Calissano G. Marcora

Seduta del 15 marzo (1907) ore 10

Presenti S. Ecc. Marcora, gli on. Rampoldi, Romanin-Jacur, Brunialti e Cirmeni. Aderenti gli on. Lucca e Calissano. Si apre la discussione sulle modifiche da portare al regolamento interno. L’art. 4 è approvato nella seguente dizione: «Costituito il seggio provvisorio, la Camera procede alla nomina del Pre- sidente, di quattro Vice-presidenti, di otto Segretari e di due Questori. Quando nessuno abbia riportato la maggioranza assoluta dei voti per la nomina a Presidente, computando tra i votanti anche le schede bianche, la Camera procede nel giorno successivo ad una nuova elezione libera. Dopo questa e nel giorno stesso si procede eventualmente al ballottaggio fra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti e si procla- ma eletto quello che consegua la maggioranza relativa». Art. 13. A maggioranza è respinta la proposta Chiesa E. così concepita: «d) per l’esame dei progetti di legge militari con attribuzioni d’iniziativa e di sindacato circa le spese e le riforme concernenti i Ministeri della guer- ra e della marina». Per la nomina di questa Commissione, che sarà composta di 18 mem- bri, ciascun deputato scrive 12 nomi». Il 2° e il 3° capoverso sono così modificati:

XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) 159

«La Camera nomina inoltre la Commissione di vigilanza sulla Biblioteca della Camera a norma degli art. 145 e 146 e le altre Commissioni prescrit- te dalle leggi speciali. Per la nomina di tutte le Commissioni elette dalla Camera, ciascun de- putato scrive due terzi dei nomi che devono comporle, qualunque volta sia chiamato a votare per un numero superiore a due». 4° capoverso – identico – Il 5° e 6° capoverso sono così modificati: «Anche nelle elezioni suppletive ciascun deputato vota per i due terzi dei posti vacanti in quanto ciò sia possibile. Quando s’abbiano a nominare uno o due Commissari, può la Camera deferirne la nomina al suo Presidente». Art. 20. Si delibera di modificare la dizione per chiarire che si tratta di mancanza costante del numero legale per partito preso e si approva l’ulti- mo comma aggiunto «I deputati scelti dal Presidente a costituire la Giunta delle Elezioni a norma dell’art. 12 lettera b) non possono rifiutare la nomina, né dare le loro dimissioni e quand’anche siano date il Presidente non le comunica alla Camera». Qualora però la Giunta non rispondesse per un mese alla convocazione sebbene fatta dal Presidente, o non fosse possibile raccogliere durante lo stes- so tempo il numero legale, il Presidente provvederà a rinnovare la Giunta». Art. 24-bis. Si approva la proposta Rampoldi coll’aggiunta dell’On. Spirito nel modo seguente: «Non sono ammessi a patrocinare innanzi alla Giunta i deputati al Par- lamento, salvo quando si tratti di difendere la propria elezione». Art. 37. Approvato con le modificazioni seguenti: aggiungere dopo il 3° capoverso «Si intendono in ogni caso in congedo, anche oltre il detto quinto i de- putati in missione per ordine della Camera». Sostituire l’attuale 4° capoverso così: «I congedi che superano il quinto del numero dei deputati non si com- putano agli effetti della determinazione del numero legale. Art. 41. Si approva la proposta della Commissione: «Dopo un secondo richiamo all’ordine avvenuto nello stesso giorno, il Presidente può proporre alla Camera l’esclusione del deputato dall’aula per 160 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927) tutto il resto della seduta, oppure nei casi più gravi la censura. La censu- ra implica oltre l’esclusione immediata dall’aula, l’interdizione di ricompa- rirvi per un termine da due ad otto giorni. Udite le spiegazioni del depu- tato la proposta del Presidente sarà subito messa ai voti senza discussione, né emendamento, per alzata e seduta. La esclusione o la censura possono essere proposte dal Presidente anche dopo il primo richiamo all’ordine, contro un deputato che provochi tumul- ti o disordini nell’assemblea o trascorra ad oltraggi o vie di fatto». Seguono i due capoversi rimanenti dell’attuale art.41. Art. 60 1° Capoverso: identico 2° « : id. 3° Capoverso:. Modificato nel modo seguente: «Dopo che il Governo o un deputato chiede alla Camera di fissare la tornata in cui sarà proceduto alla seconda lettura; però ad intervallo non minore di giorni sei dalla notizia della eseguita distribuzione». 4° Capoverso: identico Si approva Art. 73 Si approva colla seguente variazione al primo capoverso «La Giunta Generale del Bilancio deve presentare le relazioni sui bilan- ci preventivi entro il mese di febbraio» 2° Capoverso – identico Art. 74 e 75. Il Presidente opina che sia miglior partito di lasciare che la Commissione venga volta per volta eletta dagli uffici, ma si dovrebbe impedire lo scandalo che la relazione e la proposta della Commissione re- stino eternamente all’ordine del giorno. Si dovrebbe trovar modo che la di- scussione avvenga necessariamente entro un dato termine. Questa proposta è accettata. Per il resto si approvano le proposte della Commissione. Art. 74: Le domande di autorizzazione a procedere, quelle di autorizza- zione all’arresto e tutte le altre relative ai privilegi di cui godono i depu- tati sono annunciate dal Presidente alla Camera, senza dar notizia del nome del Deputato e subito inviate agli uffici Art. 75. 1° Capoverso – identico 2° ” ” 3° ” ” 4° ” – In ogni caso la Commissione deve riferire alla Came- ra entro 30 giorni dalla presentazione della domanda.

XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) 161

5° Capoverso – Quando essa non adempie per qualsiasi ragio- ne a tale incarico, decorso detto termine viene messa all’ordi- ne del giorno la domanda di autorizzazione a procedere, di ar- resto o comunque relativa ai privilegi di cui gode il Deputato. In ogni caso, quando la domanda o la relazione della Commissione è in- scritta all’ordine del giorno, deve essere discussa non oltre il terzo giorno con precedenza assoluta su qualsiasi altro argomento. 6° Capoverso – Nei termini non si computano le vacanze parlamentari. Art. 111. Si approva la seguente aggiunta «La Camera su proposta della Commissione o di un Deputato può de- liberare di accogliere o di respingere ciascuna petizione. Nel primo caso la deliberazione significa se la petizione si deve manda- re al Ministero o alla Commissione parlamentare competente, ovvero agli Archivi per essere presa in considerazione a tempo opportuno. Se uno o più deputati su di una o più petizioni presentano un ordine del giorno, questo si legge immediatamente, si considera come una mozio- ne e ne segue in tutto la procedura». Art. 115. Si approva l’aggiunta «Quando però siano state svolte, ritirate, rinviate o siano comunque de- cadute le prime quindici interrogazioni messe all’ordine del giorno, le suc- cessive si intendono senz’altro rinviate alla seduta seguente. Art. 120. Si approva l’aggiunta proposta dalla Commissione. «Quando il Governo non faccia alcuna dichiarazione, entro i tre giorni successivi all’annunzio, l’interpellanza si intende accettata e viene iscritta se- condo l’ordine di presentazione» Art. 121. La proposta della Commissione è approvata: «Il lunedì di ogni settimana è destinato di preferenza allo svolgimento delle interpellanze. I deputati che intendano svolgere nel prossimo lunedì le loro interpellanze iscritte all’ordine del giorno, devono farne domanda a voce o per iscritto. Fra le interpellanze di cui si è domandata la discussio- ne hanno la precedenza quelle prima presentate. Se non viene fatta istanza e non è accordo per la discussione di inter- pellanze, la Camera continua anche il lunedì nello svolgimento del suo or- dine del giorno». Art. 122. Viene così modificato: «Qualora la Camera lo consenta, le interpellanze relative a fatti od argomenti identici o strettamente connessi, possono venire raggruppate e svolte contemporaneamente. 162 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Se il primo dei proponenti chiede di svolgere quella da esso presentata, è dato immediato avviso ai proponenti delle altre del giorno fissato per lo svolgimento. Art. 142. Si approva la seguente aggiunta: «Il bilancio della Camera è discusso in seduta pubblica. È discusso in seduta segreta quando la Presidenza della Camera o dieci deputati lo domandino o quando si tratti di questioni riguardanti singole persone. È quindi approvata la relazione dell’on. Brunialti *

Il Segretario Il Presidente Benedetto Cirmeni G. Marcora

* Quest’ultima riga è scritta con grafia chiaramente autografa dal Segretario Cirmeni, come si può desumere dalla sottoscrizione, mentre la redazione del verbale è certamente di can- celleria.

Commissione del Regolamento Seduta del 7 dicembre 1907

La seduta è aperta alle ore 11. Presenti S. E. Marcora, e gli on. Brunialti, Lucca, Romanin-Jacur, Galimberti, Rampoldi e Cirmeni. Il Presidente riferisce sulla breve discussione avvenuta nella tornata di ieri della Camera, in fine di seduta, circa la riforma al regolamento già pre- sentata alla Camera. Riferendosi a tale discussione il Presidente chiede se si debba proporre alla Camera che la riforma relativa alla autorizzazione a procedere debba entrare in vigore nella nuova sessione. L’on. Galimberti esprime l’opinione che non debba essere la Commissio- ne a fare tale proposta. La Commissione potrà non opporsi se la proposta sarà fatta da qualche deputato ma non pare conveniente che l’iniziativa del rinvio debba essere presa dalla Commissione. L’on. Lucca è d’accordo con l’on. Galimberti.. Su proposta del presidente, la Commissione delibera all’unanimità di la- sciare le proposte presentate alla Camera nella loro integrità, lasciando che la Camera faccia, se lo creda, uno stralcio.

XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) 163

L’on. Galimberti richiama l’attenzione sul grave inconveniente che i bilan- ci consuntivi non siano approvati dopo diversi anni. Egli opina inoltre che si debba studiare il modo d’impedire che la Camera contraddica alla Giun- ta delle elezioni quando si tratta di fatti indiscutibili. In tale caso la Came- ra anziché deliberare in merito dovrebbe limitarsi a prendere atto. Vorreb- be anche che le interpellanze urgenti avessero il diritto di precedenza. Il Presidente osserva quanto ai consuntivi che il fatto è deplorevole. Quan- to alla deliberazione della Giunta delle elezioni, se questo […] con la nuova proposta di riforma generale. Osserva inoltre che la Giunta delle elezioni non fa che delle proposte. Spetta alla Camera il giudizio della convalida- zione delle elezioni. Se la interpellanza è urgente il Governo anche adesso risponde subito. Se il Governo non riconosce l’urgenza, l’interpellante si appella alla Camera. Ciò che è deplorevole è il sistema attuale di cumulare tutte le interpel- lanze nella tornata dei lavori successiva alla Domenica. L’on. Galimberti spiega il suo concetto circa la convalidazione delle elezio- ni. Desidera che si studi un modo che metta fuori discussione ciò che è sta- bilito ope legis. Vorrebbe che si trovasse altrettanto per le interpellanze. L’on. Brunialti dichiara che egli studierà volentieri il quesito attinente alla convalidazione delle elezioni. Si oppone di riformare l’attuale sistema delle interpellanze. L’on. Lucca vorrebbe che il relatore Brunialti studiasse anche il caso ti- pico della autorizzazione a procedere contro l’on. Curioni. La domanda per la sua poca serietà dovrà essere respinta ma il paese dirà che noi abusia- mo del privilegio. Il Presidente dice che ha conferito col guardasigilli circa le domande di autorizzazione a procedere per le contravvenzioni. Il ministro potrebbe av- vertire il deputato prima di presentare l’autorizzazione a procedere. 1 La seduta è tolta alle 12, /4. Il Segretario Il Presidente G. Marcora 164 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Commissione per il Regolamento della Camera Adunanza delli 23 maggio 1908

Presidente S. E. Marcora, Segretario Calissano Presenti on. Brunialti, Spirito, Romanin-Jacur, Lucca. Il Presidente da ragione dell’adunanza, per esaminare cioè la macchina per votazione costruita dal S. Boggiani, e alla presenza del medesimo espe- rimentarne l’uso. Chiamato, il S. Boggiani spiega il proprio meccanismo, e le finalità che egli si è proposto per farne applicazione nelle votazioni segrete in Assem- blea. Si fanno molte obiezioni ed osservazioni alle quali risponde il S. Boggiani. Il Presidente ringrazia il S. Boggiani e lo congeda, riservandosi di comu- nicargli le deliberazioni della Commissione. Il Presidente fa dare lettura del verbale della seduta del 7 dicembre che è approvato. Sull’esperimento seguito il Presidente riferendo ai colleghi le loro osser- vazioni fa notare che se si decidesse di adottare il meccanismo Boggiani si dovrebbe in pari tempo procedere alla necessarie modificazioni al regola- mento. Invita i Colleghi ad esprimere il loro convincimento sulla opportunità del- l’adozione del meccanismo, o se invece non sia semplicemente il caso di farne un vero esperimento. L’on. Spirito interroga il Presidente se nel sistema attuale di votazione segreta si sono avverati inconvenienti tali da rendere necessaria una grave riforma. Il Presidente non crede che veri e gravi inconvenienti si siano avverati: la riforma però, se utile per semplificare le votazioni e per ottenere più se- veri controlli, potrebbe anche per ciò solo essere presa in considerazione. L’on. Lucca e l’on. Romanin-Jacur osservano che gli inconvenienti nel si- stema attuale sono possibili nel meccanismo proposto sarebbero impossibi- li o più difficili, specialmente nei controlli sui votanti Il Presidente crede che la Commissione debba preoccuparsi del fatto che il meccanismo potrebbe favorire meglio che non attualmente l’astensione, la quale rimarrebbe col meccanismo ignota. L’on. Brunialti è d’avviso che favorendo l’astensione ignota, si assicure- rebbe un minor numero di votazioni. L’on. Calissano è d’avviso che il regolamento vuole che si sappia il nome degli astenuti.

XXII Legislatura (30 novembre 1904 – 8 febbraio 1909) 165

L’on. Presidente opina che l’astensione è sempre un fatto di tendenza politica. L’on. Spirito crede possibile l’inganno nel senso che vi sia chi possa far credere l’astensione, e in fatto abbia votato. Il Presidente crede che si debbano assecondare i sistemi che favoriscano l’astensione politica, non la fermerebbe il fatto delle astensioni segrete. La Commissione è concorde nell’avviso del Presidente. Su proposta del Presidente si delibera che si potrà fare un pubblico espe- rimento sul sistema presentato, quando si presenti dall’inventore una mac- china che, eliminando le votazioni con astensioni, e si […] questa sempli- cemente alla esistenza di voti affermativi e negativi. La Commissione riserva dopo di ciò tutte le sue deliberazioni anche circa le eventuali modificazioni al regolamento qualora fosse adottato il nuovo si- stema. Data lettura seduta stante è approvato.

Il Segretario Il Presidente Calissano G. Marcora

XXIII LEGISLATURA (24 marzo 1909 – 29 settembre 1913)

Composizione della Giunta per il regolamento: Presidente: Giuseppe Marcora. Membri: Agostino Berenini, Attilio Brunialti, Alfredo Codacci–Pisanelli, Carlo Compans, Girolamo Del Balzo, Alessandro Di Rovasenda, Maggiorino Ferraris, Camillo Finocchiaro-Aprile, Francesco Montagna, Roberto Rampoldi. (Nel corso della legislatura: Bruno Chimirri)

1^ Seduta 30 marzo 1909

Presenti. Presidente Marcora, Finocchiaro, Di Rovasenda, Montagna, Bru- nialti, Codacci Pisanelli. Presidente propone si addivenga alla nomina del Segretario. Risulta eletto l’on. Di Rovasenda. Il Presidente riferisce sui lavori compiuti dalla Commissione nella passa- ta legislatura, per chiarimento e norma dei Commissari. Fa rilevare l’opportunità di modifiche per le domande di autorizzazione a procedere. Brunialti d’accordo con Montagna propone che nella prossima seduta si discuta di tale argomento. La proposta è accettata. Codacci Pisanelli propone lo studio di modifiche per ciò che si riferisce alla stadio anteriore delle contestazioni. Finocchiaro Aprile appoggia e ritiene sia opportuno provvedere che il proclamato conosca delle proposte che vengono contro di lui avanzate, in un termine brevissimo. La proposta Codacci è approvata.

Il Segretario provvisorio Il Presidente Alessandro Di Rovasenda G. Marcora 170 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Adunanza del 13 maggio 1910 **

Sono presenti: S. E. il Presidente Marcora, e gli Onorevoli Berenini, Bru- nialti, Chimirri, Del Balzo, Montagna e Rampoldi. Gli Onorevoli Ferraris Maggiorino e Finocchiaro-Aprile si scusano di non poter intervenire. Si legge e si approva il verbale della precedente adunanza. Il Presidente dice di non aver convocata prima d’ora la Giunta per man- canza di materie a discutere. – Riassume lo stato delle cose per quanto ri- guarda le autorizzazioni a procedere. La Giunta incarica il Relatore di presentare proposte concrete. Il Presidente dà lettura di una lettera dell’on. Ciccotti che vorrebbe si fissassero i limiti delle leggi da inviarsi alla Giunta Generale del Bilancio. La Giunta – quantunque l’On. Ciccotti non faccia proposte concrete – non crede tuttavia sia il caso d’innovazioni sull’oggetto, visto che la Came- ra è sempre padrona di regolare lo invio dei disegni di legge come meglio crede. Sulla proposta dell’On. Valli Eugenio circa gli appelli nominali, nel senso che quando si deve votare si cominci dal Deputato di cui il Presidente estrarrà a sorte il nome, la Giunta ha riconosciuto non essere ancora ma- tura la soluzione della questione. Sulla proposta dell’On. Morgari di convocare gli Uffici pubblicando l’Or- dine del giorno cinque giorni prima: L’On Rampoldi vorrebbe si adottasse questa disposizione anche per l’or- dine del giorno della Camera; L’On. Berenini si oppone alla proposta Rampoldi e ne dice le ragioni. L’On. Rampoldi ritira la sua proposta. Gli On. Brunialti e Berenini vorrebbero che il preavviso dell’Ordine del giorno degli Uffici fosse di tre e non di cinque giorni, dimostrando che questo sistema sarebbe una grande garanzia per le minoranze. La Giunta delibera d’incaricare il Relatore di studiare la questione e fare proposte in altra tornata, esaminando anche se il Presidente nel comunica- re la riunione degli Uffici debba leggere le materie dell’ordine del giorno. Sulla proposta dell’On. Brunialti concernente la decadenza delle interro- gazioni, interpellanze e mozioni all’Ordine del giorno quando avvenga l’ag- giornamento della Camera. Il Presidente legge al proposito una lettera dell’On. Maggiorino Ferraris, esprimente l’opinione che coll’aggiornamento della Camera dovrebbero ca-

XXIII Legislatura (24 marzo 1909 – 29 settembre 1913) 171 dere tutte le interrogazioni, interpellanze e mozioni e che durante le vacan- ze non se ne possano presentare. L’On. Chimirri vorrebbe che nelle proposte del Relatore si facesse una differenza tra le interrogazioni e le interpellanze. L’On. Rampoldi esprime il desiderio di alcuni colleghi tendente ad otte- nere che quando sono ammalati non decadano le loro interrogazioni e in- terpellanze. La Giunta accoglie la proposta Brunialti con l’emendamento Chimirri al 2° comma, cioè con la soppressione delle parole «una interrogazione», e tenuto conto della Proposta del Presidente colla eliminazione delle parole dell’art. 130 e dell’art. 133 del Regolamento «non computate le vacanze» La Giunta dà in fine mandato al Relatore di studiare anche la questio- ne di ammettere che il Governo risponda per inscritto ad alcune delle in- terrogazioni, salvo il diritto al Deputato che non sia soddisfatto di dirne le ragioni alla Camera. Il Segretario Il Presidente Del Balzo G. Marcora

** La seduta del 13 maggio 1910 è contenuta nella redazione autografa del Segretario prov- visorio Del Balzo e in forma dattiloscritta, mentre il verbale della successiva seduta, 25 giu- gno, compare soltanto nella forma dattiloscritta, sia pure con la sottoscrizione autografa alme- no del Presidente).

Adunanza del 25 giugno 1910

Sono presenti: S. E. il Presidente, On. Marcora, e gli On. Brunialti, Chi- mirri, Ferraris Maggiorino, Compans. Si fa tenere presente l’On. Del Balzo. S.E. il Presidente apre la discussione sulle modificazioni da portare al Regolamento. Sono approvate le seguenti aggiunte: all’art. 13 dopo la lettera c) «d) Una Commissione di dodici deputati per l’esame dei trattati di com- mercio e delle questioni attinenti ai medesimi ed alle tariffe doganali». All’art. 66 dopo le parole: sono trasmessi agli Uffici 172 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

L’ordine del giorno degli Uffici viene dal Presidente comunicato alla Ca- mera in principio della seduta del giorno precedente a quello per il quale sono convocati, dopo esaurite le interrogazioni. Ogni deputato ha diritto di fare in proposito le sue osservazioni e di chiedere alla Camera che un di- segno di legge od una determinata proposta venga tolta od aggiunta all’or- dine del giorno degli Uffici. «In tal caso la Camera delibera, sentito, ove occorra, il Governo e non più di un altro deputato». Si approva l’art. 75 così modificato: «Le Commissioni elette dagli Uffici per riferire sulle autorizzazioni devo- no riferire nel termine di quindici giorni. Il Ministero deve trasmettere alle Commissioni i documenti che esse ri- chiedono e del suo rifiuto la Commissione chiama giudice la Camera. Se senza rifiuto il Ministero ritardi a comunicare i documenti richiesti, la Commissione deve darne notizia alla Camera, e il termine di quindici giorni comincia da quello in cui la Commissione li avrà ricevuti. In ogni caso la Commissione dovrà riferire alla Camera entro 60 giorni dalla data della costituzione della Commissione. Quando sieno passati 15 giorni, o 30 giorni, se vi sia stata richiesta di documenti, il Presidente della Camera inscrive d’ufficio la domanda di au- torizzazione secondo le proposte della Commissione, se questa ha presen- tato la relazione, in caso diverso secondo la domanda del Governo. Quando la proposta si ritrovi da sei sedute all’ordine del giorno e nes- sun deputato abbia chiesto che una domanda venga discussa in uno di que- sti giorni, con precedenza assoluta su qualsiasi altro argomento, subito dopo le interrogazioni, il Presidente annuncia senz’altro che nessuno si oppone alla proposta della Commissione, od alla domanda del Governo e si inten- de che la Camera così abbia analogamente deliberato. Sull’art. 90 si approva una aggiunta con la formola che «le disposizioni dell’ultimo comma non sono applicabili agli ordini del giorno di indole po- litica che chiudano una discussione generale». Infine si approva un nuovo articolo (116-ter) così concepito: «Qualora un deputato abbia presentato contemporaneamente più di due interrogazioni, egli non può pretendere che la terza e le successive sieno messe all’ordine del giorno insieme alle due prime, ma deve attendere che sieno passate almeno 48 ore».

Il Segretario Il Presidente G. Marcora XXIV LEGISLATURA (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919)

Componenti della Giunta per il regolamento: Presidente: Giuseppe Marcora. Membri: Salvatore Barzilaj, Jvanoe Bonomi, Emilio Campi, Mario Cermenati, Benedetto Cirmeni, Alfredo Codacci-Pisanelli, Carlo Compans, Ugo Da Como, Alfonso Lucifero, Luigi Rossi. (Nel corso della legislatura: Domenico Pacetti, Augusto Ciuffelli, Paolo Bignami, Luigi Credaro, Angiolo Cabrini, Vincenzo Riccio, Pietro Chimienti)

Verbale della adunanza del 30 novembre 1913, nella Sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente On. Marcora ed i Commissari: Barzilaj, Cer- menati, Codacci-Pisanelli, Compans, Da Como, Lucifero, Rossi Luigi. Il Presidente On. Marcora rivolge un cordiale saluto ai colleghi, chiama- ti al delicato ufficio di componenti la Giunta pel Regolamento, che tutela i diritti dei Deputati e regola il retto andamento dei lavori parlamentari. Invita la Giunta a costituirsi con la nomina del Segretario. Avverte che pre- senterà egli stesso, tra qualche tempo, qualche nuova proposta che varrà a migliorare il corso dei lavori, con vantaggio di tutti, ed intanto crede però necessario che il Regolamento sia coordinato nella forma, risentendo tutto- ra delle varie aggiunte, che successivamente, nel decorso del tempo gli fu- rono apportate. Questo lavoro sarà predisposto dal Segretario Generale, e verrà poi sottoposto alla Giunta per l’approvazione. L’on. Lucifero ritiene che il Regolamento coordinato possa essere passa- to in bozza ai Commissari. Vorrebbe che la Commissione fosse convocata periodicamente, anche una volta al mese. L’on. Rossi ritiene invece che non debba stabilirsi a priori questa con- vocazione periodica. L’on. Barzilaj consente in ciò: le convocazioni debbono avvenire quando necessita, senza essere incitamento fittizio a discussioni o proposte non re- clamate. Il Presidente, al quale si associano i convenuti, dichiara che le convocazio- ni avverranno certamente ogni qualvolta vi siano proposte da esaminare, e che saranno distribuite, a suo tempo le bozze del Regolamento coordinato. Si procede alla nomina del Segretario e viene eletto l’on. Da Como. Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora 176 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 177

Adunanza dell’11 giugno 1916 nella Sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora. gli on. Compans, Pacetti, Cirmeni, Campi, Bignami, Bonomi Jvanoe, Rossi Luigi. L’on. Lucifero scusa la sua assenza. Assiste il Segretario Generale, Comm. Montalcini. Viene nominato Segretario l’on. Bignami. S. E. il Presidente, on. Marcora, accenna ad alcune delle importanti mo- dificazioni introdotte nel Regolamento della Camera per opera delle diver- se Commissioni nominate dal 1900 ad oggi. Richiama l’attenzione su alcu- ni inconvenienti che permangono sul funzionamento della Camera, per effetto di precise disposizioni regolamentari, specie nei riguardi delle discus- sioni dei disegni di legge, delle interpellanze e mozioni. L’esperienza ormai lunga, gli ha suggerito diverse modificazioni, che intende proporre alla Com- missione per la relativa discussione ed eventuali deliberazioni, di cui la ra- gione della riunione attuale. Comunica le proposte pervenute negli ultimi tre anni dai Deputati Ciccotti, Marchesano, Canepa, Faelli. Dal Comm. Montalcini fa dar lettura delle proposte che ha direttamen- te studiato per migliorare le disposizioni del Regolamento attuale (Vedasi allegato). Dopo dettagliata discussione si delibera di delegare ad una Commissio- ne di tre membri la presentazione della Relazione sulle proposte fatte dal Presidente e sulle osservazioni oggi espresse dai Commissari. Il Presidente, in seguito ad incarico della Commissione, sceglie a Relato- ri gli on. Cirmeni, Bonomi Jvanoe e Codacci Pisanelli, coi quali collabo- rerà il Comm. Montalcini per concretare e stendere la relazione.

Il Segretario Il Presidente Paolo Bignami G. Marcora 178 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Allegato al verbale del 19 dicembre 1917 ***

96-ter La Camera si aduna pure in Comitato Segreto giusta il disposto del 2° capoverso dell’art. 52 dello Statuto.

96-quater Nella domanda presentata all’uopo, i proponenti dovranno fissare il tema o i temi che debbono essere oggetto della discussione in Comitato Segreto. Quando la seduta segreta sia proposta in seguito a comunicazioni del Governo, i proponenti dovranno indicare su quale di tali comunicazioni debba seguire la discussione in Comitato segreto.

96-quinquies Sulle proposte di cui all’art. precedente avranno la parola due oratori pro e due contro. Indi la Camera delibera per alzata e seduta. Per la discussione in seduta segreta la Camera fissa il tempo concesso a ciascun oratore e la durata complessiva del Comitato.

96-sexies la Camera delibera altresì sull’ammissione o meno alle sedute segrete di cui sopra dei funzionari dell’Ufficio di Presidenza e degli Stenografi. Salva la disposizione degli art. 140 e seguenti sono applicabili alla sedu- ta segreta le norme tutte del Regolamento vigente

All’art. 141 le parole: «Sia delle sedute pubbliche che delle segrete» sostituire: «delle sedute pubbliche» e aggiungere il capoverso seguente: «Quelli della Sedu- ta segreta dopo letti ed approvati dalla Camera sono rimessi in piego sug- gellato al Presidente per esser custoditi e non saranno inscritti nel registro di cui sopra se non quando ciò venga deliberato dalla Camera. Chiusa la discussione in seduta segreta non puo’ più essere riaperta in seduta pubblica sugli stessi argomenti.

*** Nel registro si trova una redazione manoscritta di questo verbale, oltre ad una datti- loscritta con annotazioni manoscritte.

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 179

Adunanza del 19 dicembre 1917 nella Sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora e gli on. Codacci Pisanelli, Lucifero, Cirmeni, Rossi Luigi, Pacetti, Da Como, Riccio, Credaro, Compans. Assiste anche il Segretario Gen. Comm. Montalcini. Il Presidente ricorda di aver portato nel giugno dello scorso anno innan- zi alla Commissione un assieme completo di proposte, suggerite dalla espe- rienza più che decennale. Ambirebbe che potessero giungere in porto. Ne illustra i concetti informatori. Ricorda che la Commissione già li approvò. Si nominò allora una Sottocommissione, per la Relazione. Per le mutate cir- costanze, occorrerà ora completare tale Sottocommissione, alla quale manca l’on. Bonomi. Aggiunge di aver creduto opportuno di concretare anche al- cune norme, per disciplinare il Comitato segreto. Esso non trova, fino ad ora, giusta disciplina nell’attuale Regolamento. Si dà lettura delle proposte che si allegano a questo verbale. Il Presidente le illustra, dimostrandone la opportunità per il buon anda- mento dei lavori parlamentari. Propone che al posto dell’on. Bonomi sia messo nella Sottocommissione l’on. Cabrini. L’on. Codacci–Pisanelli vorrebbe che si riesaminassero le proposte nel loro assieme, ed eventualmente che si nominasse una nuova Commissione. L’on. Lucifero vorrebbe che le nuove proposte si esaminassero una per una. Si consente quindi, essendo mutati in parte i componenti la Commissio- ne, che si riveda ancora l’assieme delle proposte. Esse saranno distribuite ai Commissari, per uno studio preventivo, prima di una nuova riunione. L’on. Lucifero fa proposta che questa abbia luogo alla prima riconvoca- zione della Camera. L’on. Rossi vorrebbe che, per le proposte del Comitato Segreto, si deli- berasse anche in questi giorni. L’on. Riccio propone una riunione per Sabato mattina. Così rimane stabilito.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora 180 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 181

Verbale dell’Adunanza del 23 dicembre 1917 nella Sala della Presidenza

Presenti: il Presidente S. E. Marcora e gli on. Riccio, Pacetti, Lucifero, Cirmeni, Da Como, Credaro, Codacci Pisanelli, Cabrini, Compans, Rossi Luigi. Assiste il Seg. Gen. Comm. Montalcini Il Presidente apre la discussione sulle proposte relative al Comitato Segreto. Si dà lettura degli articoli. Sul 1° articolo prendono la parola gli on. Lucifero; Riccio e Codacci Pi- sanelli, e Credaro. Si stabilisce in massima di farne un capo a sé stante. Poi si discute se possa la riunione in Comitato segreto essere proposta anche dal Governo. In seguito alle osservazioni degli on. Codacci, e Rossi, si stabilisce di non toccare la quistione, perché non sembri che si voglia alterare lo Statuto. Rimane perciò in massima la formula proposta dal Pre- sidente. Sull’articolo 2° (96-quater) parlano gli on. Credaro, Lucifero, e si stabi- lisce che i proponenti dovranno nella domanda indicare gli oggetti, cioè il tema della discussione. Si approva anche la seconda parte dell’articolo. Sull’art. 3° (96-quinquies) si approva la proposta, con l’aggiunta che nel numero dei due deputati si intende «compreso il proponente». Si aggiun- ge: La Camera delibera il tema della discussione, che non potrà essere mo- dificato in Comitato Segreto. Si approva la seguente aggiunta proposta dal Comm. Montalcini: «Per la discussione sono applicabili gli art. 79, 80, 81, 82, 83, 93 e 95 del Capo XIII della discussione». Sull’art. 4° (96-sexies). Si propone questa formula: nel Comitato Segreto non sono ammessi altri funzionari all’infuori del Segretario Generale e del- l’Estensore dei Verbali. Si approva l’ultimo comma tolte le parole «Se non quando venga deli- berato dalla Camera». Si aggiunge: Ogni deputato può presentare domande con note scritte sul tema, alle quali il Ministro risponderà durante la discussione. L’ultima parte della proposta è soppressa. Sono nominati nella Sottocommissione, nella quale sarà scelto il relatore, gli on. Rossi, Riccio e Cabrini.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora 182 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 183

Verbale della adunanza del 13 febbraio 1918 nella Sala della Presidenza

Presenti il Presidente S. E. l’on. Marcora e gli on. Riccio, Codacci-Pisanelli, Lucifero, Rossi Luigi e Cirmeni. Funge da Segretario l’on. Da Como. Assiste il Seg. Gen. Comm. Mon- talcini. Il Segretario di fatto viene eletto Segretario di diritto. Gli on. Credaro e Pacetti scusano l’assenza, e pregano di tenerli presenti. Si apre la discussione sulla Relazione dell’on. Riccio, già distribuita, nella quale sono raccolte le proposte modificazioni, di conformità ai principi adot- tati nel precedente verbale. I convenuti dichiarano di approvare la Relazione e le proposte, che interpretano ottimamente il pensiero della Commissione. Così resta stabilito e viene incaricato l’on. Riccio di presentare la Rela- zione alla Camera. Essendo state distribuite anche le bozze delle modifica- zioni a tutto il Regolamento, si stabilisce che in una prossima settimana si fissi una nuova riunione per discuterle. Si fissa quindi una riunione per martedì 19 ore 10.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora

Verbale dell’adunanza del 19 febbraio 1918 nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. Marcora e gli On.li Deputati Riccio Vincenzo, Codacci-Pisanelli, Lucifero, Rossi Luigi, Cabrini, Compans e Da Como. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. Il Presidente giustifica l’assenza del collega on. Pacetti, che ha telegrafa- to in proposito. Si dà lettura del Verbale della precedente adunanza. 184 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Il Presidente avverte che converrebbe aggiungere alle proposte modifica- zioni quella che la Camera possa deliberare la pubblicazione dei Verbali degli Atti Segreti anche prima del decorso di cinquanta anni, normalmen- te stabiliti. Viene approvata questa aggiunta. L’on. Codacci-Pisanelli vorrebbe che alla Camera si portassero presto le proposte. Si sentirà il Governo, dopo chiusa la discussione presente sulle comuni- cazioni. Si passa quindi alla lettura delle modificazioni al Regolamento distribui- to in bozze e che si intendono allegate al presente Verbale, in questo si terrà pertanto nota delle sole varianti alle nuove proposte. All’art. 5 si elimina il capoverso aggiuntivo. All’art. 8 l’on. Cabrini eleva qualche dubbio sulla riduzione del numero a 20 dei membri della Giunta delle Elezioni, dato anche il crescente fra- zionamento dei gruppi alla Camera. Il Presidente spiega le ragioni per le quali il minor numero potrebbe im- pedire certe deviazioni della Giunta, ed assicurare una scelta migliore. L’on. Riccio appoggia la riduzione, anche con esempi e ricordi pratici, e dice del funzionamento della Giunta spesso ridotta solo all’opera dei pochi che sono più volenterosi. Dimostra inoltre la difficoltà pratica sulla scelta di trenta persone. L’on. Riccio vorrebbe piuttosto che al Presidente fosse concesso maggior tempo per la scelta: crede difficile che la Camera si adat- ti alla riduzione. L’on. Cabrini insiste perché il numero non sia ridotto. L’on. Codacci-Pisanelli, pure apprezzando le ragioni alle quali si inspira la riduzione, crede che praticamente desterà apprensioni nella minoranza della Camera, che ritiene non vorrà approvare. Propende quindi per l’idea di non affrontare l’insuccesso. L’on. Rossi Luigi dalla presente discussione trae la sensazione che il mo- mento non sia opportuno per presentare delle modificazioni, che si diran- no restrittive, e che il Parlamento non accoglierebbe favorevolmente. Anche quella di cui si discute, pur non avendo grande importanza, assurge facil- mente a quistione politica. Ex uno disce omnes: meglio varrebbe sospende- re ogni cosa. È posta ai voti la riduzione del numero a 20. È approvata a maggioranza. All’art. 12 – si modifica così: «procede alle proprie deliberazioni sugli oggetti compresi nell’Ordine del giorno». All’art. 13 – si aggiunge: «Sono esclusi dal sorteggio i membri del Governo e dell’Ufficio di Presidenza.

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 185

Deve essere messo chiaramente che il Segretario è delegato occorrendo. Così propone l’on. Riccio e la Commissione accetta. L’on. Rossi Luigi propone, all’ultimo capoverso di togliere «alcuni». La Commissione accetta. All’art. 14 – si propone di porre anzi tutto: «il Presidente è il rappre- sentante e, al bisogno ecc.» Si stabilisce di togliere il superfluo inciso: «Secondo le opportunità e le esigenze parlamentari. La proposta dell’on. Compans che un VicePresidente presieda agli on.li Questori non è accettata. All’art. 15 – si levano le parole: «quando occorra». All’art. 16 – dire invece: «rimangono nel loro ufficio amministrativo, con- servando la gestione delle spese anche dopo che…» Si approvano gli altri articoli fino al Capo IV. Si approva anche il Capo IV e il Capo V. La Commissione stabilisce di nuovamente convocarsi Giovedì prossimo, 21 febbraio alle ore 10. dopo di che la seduta è tolta.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora

Verbale dell’adunanza del 21 febbraio 1918 Nella Sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora gli On.li Riccio, Cabrini, Cirmeni, Lucifero, Rossi Luigi ff. di Segretario. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. Apertasi la seduta il Presidente giustifica l’assenza dell’On. Da Como, ammalato. Si legge e si approva il Verbale della precedente adunanza. Si continua nella discussione delle modificazioni al Regolamento. Su proposta dell’on. Riccio all’art. ex 28 delle modificazioni si aggiunge: «riferendone subito alla Camera» e si inverte l’ordine di questo articolo al seguente. 186 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

All’art. 22 si delibera di aggiungere oltre il Sindaco «il notaio. All’art. 20 l’on Riccio propone di aggiungere la decadenza del compo- nente che per un dato tempo non interviene alle sedute senza giustificato motivo. La Commissione approva riservando la formula definitiva. All’art. 23 l’on. Cabrini propone che non possa prendere parte alla votazione chi non ha assistito alle discussioni. Si rimanda questo argomento alla prossima seduta. All’art. 25 l’on. Cabrini propone di togliere il capoverso dalle modi- ficazioni. Il Presidente ne dimostra l’opportunità tanto più che la consuetudine è nel senso anzi di escludere tutti quelli che non fanno parte del Comitato Inquirente. L’on. Rossi Luigi osserva essere preferibile mantenere la consuetudine, anziché una disposizione espressa. Si approva quest’ultima proposta. All’art. 27, principio, l’on. Cabrini dopo alcune spiegazioni date dal Comm. Montalcini, consente . All’art. 27, capoverso, l’on. Cabrini fa alcune osservazioni e soprattutto che non si deve togliere il diritto di Relazione di minoranza, né si deve togliere il diritto di Relazione anche ad un solo membro della Giunta. Il Comm. Montalcini dal punto di vista tecnico osserva che non si toglie il diritto della minoranza di includere le sue osservazioni nella Rela- zione di maggioranza, e che la minoranza oggidì si trova in condizione pri- vilegiata. Dopo larga discussione, cui partecipano l’on. Lucifero, e gli On.li Riccio, Rossi Luigi e il Presidente, si approvano in massima i criteri dell’on. Cabrini, ma con alcuni temperamenti. Quindi si toglie l’ultimo comma e si aggiun- ge che «la Relazione di minoranza deve essere presentata dalla Giunta entro otto giorni dalla deliberazione sotto pena di decadenza dal diritto». Si approva infine l’articolo 30 delle modificazioni sostituendo alla frase «entro» la frase «non oltre». In ultimo si delibera di convocare la Commissione per Mercoledì pros- simo (27 febbraio) ad ora da destinarsi. Dopo di che si toglie la seduta.

Il Segretario Il Presidente Da Como G. Marcora

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 187

Verbale dell’adunanza del 27 febbraio 1918 nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora e gli On.li Credaro, Cabrini, Riccio Vincenzo, Codacci-Pisanelli, Cirmeni, Lucifero e Da Como ff. di Segretario. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. L’on. Compans si scusa di essere assente e prega di tenerlo presente ed assenziente alle deliberazioni della maggioranza. Si legge ed approva il Verbale della precedente adunanza. Si passa al Capo VII. All’art. 31 parlano gli On.li Cabrini, Lucifero e Codacci-Pisanelli e il Presidente. – Nel 1° Capoverso si sostituisce alle parole «udite le richieste del Governo» quelle «udito il Governo». Gli On.li Cabrini e Lucifero dicono le ragioni per le quali vorrebbero che un determinato numero di Deputati possa provocare la convocazione della Camera. L’on. Codacci-Pisanelli vorrebbe che non si toccasse così delicato argo- mento, lasciando continuare le consuetudini, che non diedero luogo ad in- convenienti. L’on. Riccio si accosterebbe al parere espresso dagli On. Cabrini e Lucifero, solo nel caso che si avesse la richiesta della metà più uno dei Deputati in carica. Parlano ancora gli On.li Da Como e Cirmeni e il Presidente, dimostran- do gli inconvenienti derivanti da questa proposta. La proposta Cabrini e Lucifero non è approvata. All’art. 34-bis si toglie la limitazione di soli due Deputati che possono commemorare. Si rinvia l’approvazione dell’art. 35. Si approvano i successivi articoli fino all’art. 40 inclusive. All’art. 41 – L’on. Lucifero propone di aggiungere alle parole udite le spiegazioni del Deputato» le parole «se egli crederà di darle». La Commissione approva, e delibera altresì l’approvazione dell’art. 42. Prima che l’adunanza si sciolga viene stabilito che la Commissione si riconvochi per Domenica 3 marzo alle ore 10.

Il Segretario Il Presidente Da Como G. Marcora 188 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Verbale dell’adunanza 3 marzo 1918 Nella sala della Presidenza

Presenti S. E. il Presidente Marcora, gli On.li Riccio Vincenzo, Codacci–Pisanelli, Credaro, Lucifero, Cirmeni e Cabrini. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. Si legge e si approva il Verbale della precedente adunanza. Preso in esame l’art. 44 su proposta dell’on. Lucifero e con osservazio- ni dell’on. Riccio, si delibera di aggiungere alle parole «introdursi nell’au- la ove siedono i suoi membri» le parole «salvo le disposizioni dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente. Si approvano gli articoli 45 e 46. All’art. 47 l’on. Lucifero, dietro spiegazioni del Presidente, propone si corregga il principio del secondo capoverso: «Qualora non si conosca» con le parole: «qualora non si riesca ad individuare». La Commissione approva. All’art. 48 l’on. Lucifero rileva la contraddizione esistente fra le due parti dell’articolo. Su proposta del Presidente è approvata la soppressione del secondo ca- poverso. Si approva l’art. 49. All’art. 50 l’on. Riccio propone di chiarire la dizione dell’articolo in modo che apparisca la volontà di prescrivere la reale presentazione dei disegni di legge. Interloquiscono il Presidente e gli On.li Credaro, Codacci-Pisanelli, Lu- cifero e Cirmeni. La Commissione approva la modificazione in questo senso che si inclu- dano nell’articolo, comma ultimo, dopo le parole «Qualora la distribuzio- ne dei progetti del Governo non sia» le parole «per fatto del presentato- re eseguita, ecc.». Si approva altresì di prescrivere la decadenza in caso di inadempienza della disposizione oppure trascorsi i termini. L’on. Cabrini trova opportuna una disposizione al 2° Comma prescriven- te che il Deputato il quale non sia contento del giudizio dato dal Presi- dente, possa appellarsi alla Camera. XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 189

La Commissione, accogliendo la proposta dell’on. Cabrini, delibera di ag- giungere al 2° comma: «Ogni deputato può chiedere che siano tutti stam- pati. La Camera delibera per alzata e seduta. Si approvano gli articoli 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58. All’art. 59 l’on. Lucifero propone che la Commissione sia eletta dalla Ca- mera o nominata dal Presidente per delegazione. Il Presidente approva la prima parte della proposta ossia che sia eletta dalla Camera. Con osservazioni degli On.li Riccio, Codacci-Pisanelli ed altri, si decido- no le seguenti disposizioni al comma 2° dell’articolo: «La Commissione è eletta con le norme dell’art. 13». «I Deputati potranno presentare anche alle Commissioni i loro emenda- menti». Si approva l’art. 60. All’art. 61 su proposta dell’on. Lucifero la Commissione decide di sosti- tuire alle parole «il Governo o qualsiasi altro deputato» le parole «il Pre- sidente ecc.». Sono approvati gli articoli 62, 63, 64 e 65. All’art. 66 l’on. Lucifero propone al comma 5° e in fine l’aggiunta delle parole: «in senso contrario alla proposta». La Commissione approva. Sono approvati gli articoli 67, 68 e 69. All’art. 70 la Commissione delibera di modificare la fine del primo comma nel senso che invece delle parole «soltanto i due terzi degli Uffici abbiano nominato i Commissari» si dica: soltanto per due convocazioni successive degli Uffici non abbia un terzo nominati i Commissari. In fine del detto articolo la Commissione decide di sostituire alle paro- le «la sostituzione può essere delegata dalla Camera al Presidente», le pa- role «sarà fatta dal Presidente». All’art. 70-bis l’on. Lucifero si preoccupa degli eventuali ostruzionismi del Presidente della Commissione. Trova opportuno stabilire che un terzo dei componenti la Commissione abbia facoltà di chiedere la convocazione di questa alla Presidenza. Si preoccupa altresì dei colpi di maggioranza nella Camera per la soppressione delle 24 ore nella distribuzione Dopo discussione sulla seconda osservazione fatta dall’on. Lucifero, alla quale il Presidente e l’on. Riccio oppongono le considerazioni delle esigen- ze di casi urgenti e le garanzie date dalla deliberazione della Camera, la Commissione decide che un terzo dei Commissari, quando sono trascorsi 190 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

15 giorni senza convocazione, abbia facoltà di chiedere al Presidente della Camera di convocarla. Al comma terzo si delibera introdurre una disposizione per la quale le relazioni di minoranza siano presentate nei modi e nei termini come per la Giunta delle Elezioni. All’art. 71, primo comma, l’on. Lucifero vorrebbe s’introducesse la formula che «il proponente deve essere invitato». L’on. Cabrini propone che ogni deputato abbia diritto di consultare i verbali delle Commissioni. Questa proposta non è approvata. Si approvano gli articoli 72 e 73. Dopo di che si scioglie l’adunanza previa deliberazione di convocarsi per Mercoledì 6 marzo alle ore 10.

Il Segretario Il Presidente Cabrini G. Marcora

Verbale dell’adunanza 6 marzo 1918 Nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora, gli On.li Riccio Vincenzo, Codacci-Pisanelli, Credaro e Lucifero. Scusano l’assenza gli On.li Pacetti e Cabrini. Constatata la mancanza di numero legale si riconvoca la Commissione per Domenica 10 marzo alle ore 10.

Il Segretario Il Presidente V. Riccio G. Marcora

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 191

Verbale dell’adunanza 10 marzo 1918 Nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora . Gli On.li Riccio Vincenzo, Cirmeni, Codacci-Pisanelli, Lucifero, Credaro, Cabrini e Rossi Luigi. Assiste in assenza del Segretario Generale, ammalato, l’Aggiunto Capo della Segreteria Comm. Avv. Alberti Scusano l’assenza gli On.li Dep.i. Da Como e Pacetti. Si legge e si approva il verbale dell’adunanza del 3 marzo. S. E. il Presidente ricorda i precedenti della discussione e fa rilevare che le proposte erano già state accettate all’unanimità dalla Commissione e che quindi ora trattasi più che altro di rivedere le questioni di maggiore im- portanza e di concordarle anche coi nuovi componenti della Commissione. Si riprende la discussione dell’art. 74 relativo alle domande di autorizza- zione a procedere. S. E. il Presidente mette in evidenza gli inconvenienti dell’attuale sistema e dà spiegazioni intorno alla proposta di affidare l’esame delle domande di autorizz.ne ad una Commiss. composta dai Presidenti dei nove Uffici. L’on. Cirmeni oppone che i Presidenti dei nove Uffici sono esclusiva espressione della maggioranza e quindi verrebbe a mancare qualsiasi tutela delle minoranze. L’on. Rossi Luigi è di opinione che le persone scelte a coprire i posti di Presidenti degli Uffici diano affidamento d’imparzialità. L’on. Credaro è d’avviso che il sistema attuale abbia tali inconvenienti per cui si debba comunque mutare. L’on. Cabrini dice che i Presidenti degli Uffici sono rappresentanti della maggioranza anzi più che altro espressione della volontà dei Sottosegretari di Stato. I partiti d’opposizione quasi sempre si disinteressano della nomina dei Presidenti degli Uffici. Sarebbe meglio affidare l’esame delle domande a una Commissione nominata dalla Camera o alla Giunta delle Elezioni. L’on. Lucifero dice che mai come oggi si impone la necessità di andar cauti nel lasciare alle mene della maggioranza la libertà personale del De- putato. Riconosce le presenti difficoltà che si oppongono ad una sicura ri- soluzione della questione. Propone la nomina di una Commissione da parte della Camera la quale rimanga in funzione per un determinato periodo di tempo ed abbia il compito di esaminare le domande di autorizz.ne a pro- 192 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927) cedere. La elezione dovrebbe essere fatta con voto limitato e conseguente rappresentanza della minoranza. L’on. Riccio analizza e critica il sistema odierno, ma ritiene che la soluzio- ne proposta nelle modificazioni contenute nel nuovo schema di Regolamen- to aggraverebbe gli inconvenienti, specie dato l’attuale ordine dei lavori par- lamentari. È necessario evitare il frequente mutamento di criteri. Si dichiara favorevole ad una Commissione nominata dal Presidente della Camera o dalla Camera, il cui mandato duri quanto la Sessione o annualmente. L’on. Codacci–Pisanelli osserva che la Commissione del Regolamento volle far cessare la scelta della Commissione per le domande di autorizzazione a procedere, caso per caso. Opinerebbe di comporre le Commissioni facen- done membri di essa i VicePresidenti della Camera, gli On.li Questori e taluni componenti delle Giunte Permanenti delle Elezioni o del Bilancio. L’on. Rossi Luigi è d’avviso che dati gli attuali sistemi di voto limitato nella nomina delle Commissioni da parte della Camera non assicuri la rap- presentanza delle minoranze. S. E. il Presidente dice che la Commissione del Regolamento deve tener conto degli inconvenienti che si manifestano e proporre dei miglioramenti. Accede alla nomina della Commissione che duri in carica annualmente. La Commissione delibera che l’art. 74 sia così concepito: «Le domande di autorizzazione a procedere contro deputati annunciate alla Camera, stampate e distribuite, sono trasmesse ad una Commissione composta di dodici deputati eletta dalla Camera ai sensi del terzo comma dell’art. 13. La Commissione stessa dura in carica un anno, salvo ad esau- rire l’esame delle domande ad essa comunicate, su cui la Camera non abbia ancora deliberato». All’art. 75 l’on. Riccio propone che il quarto comma sia collocato dopo il secondo, e che in ogni modo sia migliorata la norma dell’articolo. Sul penultimo comma l’on. Cabrini sarebbe di avviso che tutti gli atti delle domande fossero sempre posti a disposizione dei Deputati per dare loro completi elementi di giudizio. Gli On.li Riccio, Rossi, e il Presidente osservano che tale disposizione potrebbe rappresentare un pericolo, anche per la tutela degli interessi dei terzi, e che il giudizio della Camera non è nel merito ma esclusivamente sulla procedura. Si approva l’art. 75 salva la modificazione di forma proposta dall’on. Riccio. Il Presidente spiega le proposte contenute nel nuovo articolo 75-bis. L’on. Lucifero approva l’articolo ma vuole che il potere del Presidente sia preminente nel chiedere alla Camera i mutamenti da apportarsi nell’Or-

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 193 dine del giorno. Il primo a proporli alla Camera dev’essere il Presidente, poi il Governo, poi i Deputati. L’on. Codacci-Pisanelli mantiene l’art. proposto per le ragioni illustrate dal Presidente. L’on. Rossi Luigi ritiene opportuna e liberale tale proposta. Il Presidente aggiunge che bisogna evitare che il Presidente della Came- ra in qualsiasi momento possa creare imbarazzi al Governo. L’on. Lucifero pur ritenendo buona la proposta vi rinuncia. L’on. Cabrini osserva che le questioni relative all’Ordine del giorno hanno frequentemente vero contenuto politico. Propone perciò di sopprimere le ultime parole dell’art. proposto le quali tendono a impedire la possibilità di chiedere l’appello nominale sulle proposte relative all’Ordine del giorno. L’on. Rossi Luigi per le medesime ragioni si associa alla proposta Cabrini. La Commissione approva l’art. 75-bis sopprimendo però le parole: «oc- correndo la Camera decide per alzata e seduta». La Commissione delibera di riconvocarsi per Martedì 12 marzo alle ore 15. Dopo di che l’adunanza è tolta

Il Segretario Il Presidente Cabrini G. Marcora

Verbale dell’adunanza 12 marzo 1918 nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. Il Presidente Marcora gli On.li Lucifero, Cirmeni, Riccio, Credaro, Cabrini, Codacci Pisanelli. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. Letto il verbale della seduta precedente l’on. Riccio osserva doversi tener nota di due deliberazioni già adottate nella seduta del 10 marzo corrente: la 1^ relativa all’art. 74 per limitare la facoltà della Commissione, i cui po- teri annuali siano scaduti, all’esame delle domande che le sian state defe- rite prima della scadenza del termine; la 2^ relativa all’art. 75 per aggiun- 194 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927) gere che gli atti delle autorizzazioni sono riservati esclusivamente ai mem- bri delle Commissioni. Con queste osservazioni il Verbale è approvato. L’art. 76 è approvato senza modificazioni. All’art. 77 l’on. Lucifero propone di sopprimere le disposizioni del 2° periodo del 1° comma che è in contraddizione coll’ultimo comma, ricono- scendo la facoltà all’oratore non presente di reinscriversi: accetta invece che l’oratore il quale siasi cancellato non possa reinscriversi nella stessa discus- sione. Non è favorevole al divieto di cambiamento di turni, che è consen- tito dall’attuale consuetudine. S. E. il Presidente osserva che tanto la reinscrizione di chi ha perduto il turno, quanto la facoltà di cessione di turni prolungano la discussione al di là del conveniente. Accetta però che si faccia salvo il diritto alla reinscrizione di chi ha perduto il turno, purché lo si impedisca a chi siasi cancellato. L’on. Cabrini consente nel negare a chi si sia cancellato la facoltà di rein- scriversi; ma insiste che il funzionamento dei gruppi esige sempre più la maggior libertà nel cambiamento di turni. S. E. il Presidente pone in evidenza che prima dell’inizio della discus- sione sono ammessi tutti gli spostamenti di turni. La Commissione approva la cancellazione del 2° periodo del primo comma, il divieto di reinscrizione a chi si è cancellato, e limita ad uno solo il cambiamento di turno consentito dopo l’apertura della discussione generale. Si consente inoltre sul concetto dell’on. Lucifero relativo alla facoltà del deputato di chiedere la parola anche dal proprio banco e se ne rinvia la disposizione specifica all’art. 88. Approvansi gli articoli 79, 80, 81 e 82. Approvasi pure l’art. 83 con una semplice modificazione di forma che riproduce la disposizione in formula negativa anziché affermativa. Si approva l’art. 84. All’art. 85, ritirata la proposta dell’on. Lucifero per ridurre a 10 i 15 minuti concessi, si approva colla sostituzione della parola «deliberare» a quella di «decidere». All’art. 86 l’on. Lucifero deplora il sistema per cui il deputato non obbedisce alla disposizione dell’articolo portando in discussione generale argomenti che sono di esclusiva pertinenza degli articoli. S. E. il Presidente lamenta gli sconfinamenti d’ogni natura, anche nel senso di prendere occasione da un argomento per discutere altri più o meno affini, ma ritiene non necessario modificare la formola attuale.

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 195

L’art. 86 è quindi approvato. È pure approvato l’art. 87 colla modificazione di forma proposta dall’on. Cabrini: «prima che s’apra o durante la discussione generale possono esse- re presentati da ciascun deputato e saranno svolti prima della chiusura» ecc. Approvasi l’art. ex 93 colla proposta del Segretario Generale Montalcini di sopprimere le parole: dalla legge. Approvasi l’ex art. 95. All’art. 88 S. E. Il Presidente giustifica le ragioni d’indole complessiva che le informano, per porre un freno al sistema invalso di prolungare in- definitamente le discussioni ripetendole anche dopo votata la chiusura. Ac- cenna al consenso generico dato a queste modificazioni dai vari Presidenti del Consiglio e dimostra le necessità di ordine politico di sollecitare in mo- mento di urgenza le deliberazioni della Camera. L’on. Lucifero riconosce gli inconvenienti lamentati che vorrebbe soppri- mere con una disposizione più radicale su cui non insiste. Rileva la diffi- coltà di trovare le 15 firme, ma ad ogni modo vorrebbe che fossero firme di sottoscrizione non di appoggio. Trova non opportuno – specialmente per il caso di discussioni che abbiano ampio contenuto e implichino diversi argomenti – di impedire a un deputato di sottoscrivere vari ordini del giorno. L’on. Cabrini accetta l’obbligo delle 15 firme perché si agevola il funzio- namento dei gruppi, ma reclama libertà di tempo che la Camera penserà essa a limitare contro gli eccessi: chiede che ogni deputato possa firmare più ordini del giorno. L’on. Riccio accetta la limitazione dei 15 minuti e anche la limitazione del numero degli ordini del giorno che ciascun deputato possa firmare, ma per transazione propone che possano essere due. Insiste però che la firma sia per appoggiare anziché per sottoscrivere l’ordine del giorno, dato il di- verso valore politico delle due espressioni. L’on. Codacci Pisanelli rileva l’importanza che uno solo sia l’ordine del giorno che si possa appoggiare, quale unico sistema per impedire le firme di condiscendenza. L’on. Cirmeni preferisce l’appoggiare anziché il firmare perché un depu- tato può consentire nello svolgimento di un ordine del giorno, pur essen- do di idee diverse. Si approva l’articolo modificandolo nel senso che l’ordine del giorno debba essere firmato o appoggiato con deliberazione scritta di 15 deputati e che nessun deputato possa sottoscriverne od appoggiarne più di due, com- plessivamente. 196 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

All’art. 88-bis S. E. il Presidente lo illustra come coordinato alla di- sposizione nuova per cui il Governo parla al chiudersi della discussione generale. L’on. Lucifero propone di porre un limite preciso alle dichiarazioni di voto. L’on. Cabrini combatte la proposta come inutile. L’on. Lucifero non insiste. All’art. 89 l’on. Lucifero rileva che la pregiudiziale agli emendamenti che riproducono proposte già svolte nella discussione generale deve essere non una facoltà ma un dovere e perciò propone di sopprimere le ultime paro- le dell’articolo: «nel qual caso può essere opposta la pregiudiziale». Chie- de sia lasciata libera la facoltà del deputato di proporre Ordini del giorno agli articoli, specialmente in sede di titoli dei bilanci. L’on. Riccio opina che la disposizione del penultimo comma che fa ec- cezione per le parti o titoli speciali dei disegni di legge soddisfa al concet- to dell’on. Lucifero. L’on. Cabrini crede opportuno che la limitazione di emendamenti che ri- producono concetti espressi nella discussione generale debba essere ristret- ta agli Ordini del giorno respinti nella discussione generale. Si approva l’articolo colla soppressione proposta dall’on. Lucifero e colla sostituzione proposta dall’on. Cabrini. È approvato l’art. 90 lasciando integro il 2° comma. Approvasi l’art. 91 e il 91-bis sostituendo alla parola «inciso» la parola «disposizione». Quindi approvansi gli articoli successivi. All’art. 96 per evitare il pericolo rilevato dall’on. Lucifero che in sede di coordinamento si introducano disposizioni nuove, la Commissione appro- va che le modificazioni da introdursi in tale sede si distribuiscano ai de- putati come gli emendamenti. All’art. 96-bis si introducono le nuove disposizioni relative ai Comitati Segreti. La discussione è sospesa al capo XIV «Della Votazione» ed è rinviata a Venerdì 15 marzo alle ore sedici. Dopo di che l’adunanza è tolta.

Il Segretario Il Presidente Cabrini G. Marcora

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 197

Verbale dell’adunanza 15 Marzo 1918 nella sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente Marcora, gli On.li Codacci-Pisanelli, Cabrini, Credaro, Lucifero, Cirmeni, Riccio, Pacetti. Assiste il Segretario Generale comm. Montalcini. Si legge e si approva il Verbale della precedente adunanza. Si approvano gli articoli 97, 98 e 99. All’art. 100 l’on. Lucifero proporrebbe che nel regolamento sia già sta- bilito da qual parte si rechino i favorevoli e da quale i contrari; ma sulla osservazione della difficoltà materiale che sarebbe talora accresciuta da que- sta disposizione, non insiste. Si approva l’art. 101. All’art. 102 l’on. Lucifero rilevando l’inconveniente dello spoglio dei voti fatto dagli On.li Segretari colla semplice detrazione dei voti di un’urna dal numero dei votanti, chiede che questo numero sia accertato dai Segretari nella tabella nominativa dei votanti. Dopo osservazioni del Presidente e degli on.li Riccio e Cirmeni si deli- bera che i Segretari contino regolarmente le palle bianche e le nere depo- ste in ciascuna urna. Approvato l’art. 103, sull’art. 104 il Presidente ricorda gli equivoci sorti intorno al punto se la votazione fosse o no già cominciata e quindi fosse precluso ai deputati di parlare. L’on. Lucifero si associa, ma appunto perciò vorrebbe una espressione più recisa. Su proposta dell’on. Cabrini si approva l’articolo sostituendo alla parola «invita» la parola «ha invitato». Approvato l’art. 105, sull’art. 106 l’on. Lucifero vorrebbe una limitazio- ne al numero dei disegni di legge da votarsi contemporaneamente, e che questa limitazione fosse seriamente osservata. Il Presidente osserva che possono sorgere alcune necessità per votazioni complessive numerose nella imminenza delle vacanze e che il consenso della Camera sana la irregolarità. La Commissione delibera di estendere a sei il numero dei disegni di legge che si possono votare contemporaneamente, ma che questo numero sia tassativo. 198 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Sono approvati gli articoli 107, 108 e 109. All’art. 110 l’on. Cabrini fa obiezioni sulla necessità della legalizzazione delle firme, per non aggravare ancora le difficoltà del diritto di petizione. L’on. Riccio osserva che già al n. 2 del presente Regolamento è stabili- ta la legalizzazione. Si accetta perciò la nuova formola nel senso che la firma sia legalizzata dal Sindaco del Comune di dimora del postulante. Il Segretario Generale Montalcini pone il quesito se lo straniero abbia diritto di petizione rilevando che lo Statuto lo riconosce a ognuno che sia maggiore d’età. Il Presidente cita il caso recente di petizione presentata da uno straniero. La Commissione riconosce che lo straniero abbia tale diritto, senza che occorra farne speciale indicazione nell’articolo. Si approva l’art. 111. All’art. 112 l’on. Cabrini osserva che colla disposizione che obbliga la presentazione entro le 12 del giorno di annunzio si toglie ogni possibilità di interrogare su avvenimenti eccezionali che richiedono risposte d’urgenza. L’on. Lucifero essendo della medesima opinione ritiene debbansi lasciare le cose come sono attualmente. L’on. Codacci-Pisanelli opina che si potrebbe accettare la nuova disposi- zione facendo eccezione per il caso in cui la urgenza sia riconosciuta dal Governo. L’on. Riccio riconosce l’inconveniente che il Presidente non possa con- trollare il testo delle interrogazioni, ma anche l’inconveniente di impedire al deputato di presentare le interrogazioni tempestivamente. Si potrebbe la- sciare al Presidente la facoltà di decidere i casi di deroga. L’on. Lucifero insiste sulla necessità di non togliere al deputato la facoltà di presentare interrogazioni che siano urgenti, senza sottoporsi al benepla- cito sia del Governo che del Presidente. L’on. Pacetti rileva che il regolamento attuale non prevede che le inter- rogazioni siano annunziate nella stessa seduta in cui sono presentate. Consentendo il Presidente si approva l’art. 112 nel testo vigente del Regolamento, sopprimendo l’ultimo periodo. All’art. 113 S. E. il Presidente spiega le ragioni delle modificazioni pro- poste per avere arma sicura contro il deputato che insiste con formule irregolari di interrogazione. L’on. Cabrini accetta l’aggiunta dalle parole «dopo terminata» ma vor- rebbe tolte le altre parole aggiunte nel 2° comma, lasciando al Presidente la facoltà di non accettare le formole eccessive o esorbitanti.

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 199

L’on. Riccio propone limitare il 2° comma alle parole: «Ogni altra for- mula non è ammessa e le interrogazioni contrarie a tale disposizione non sono annunziate e saranno restituite al Deputato». Così si approva l’art. 113. All’art. 114 l’on. Cabrini vorrebbe che la tabella delle interrogazioni fosse anche nell’aula, però non insiste dietro spiegazione che essendo in Segre- teria a disposizione dei deputati sono tanto nell’Ufficio di Segreteria quan- to presso la sezione della Segreteria che fa servizio nell’Aula. Si approva l’art. 114 ed anche il 115. Si approva l’art. ex 117 sopprimendo le parole «in ogni caso» sull’osser- vazione dell’on. Cabrini che sarebbe una soverchia limitazione al diritto degli interroganti. Si approvano gli articoli 116 e 116 ter. Al 116-bis il Presidente vorrebbe limitare a 2 o 3 le interrogazioni che ciascun deputato può presentare in una stessa tornata, tanto orali che con risposta scritta: ma non insiste. Dopo discussione sul rilievo che molti Sottosegretari non rispondono nel tempo stabilito alle interrogazioni con risposta scritta, si delibera di eleva- re a 10 sedute il termine per la risposta, ma di aggiungere che se non per- venga in questo termine il Presidente contemporaneamente all’annunzio delle risposte pervenute, darà alla Camera l’annunzio delle interrogazioni sulle quali, pur essendo scaduto il termine, non sia stata data risposta dal Governo. Approvasi l’art. 118 nel testo vigente. Approvasi l’art. 119 sopprimendo le parole «nel termine indicato nel- l’art. 112». Approvasi l’art. 120. All’art. 121 l’on. Cabrini rileva la difficoltà in cui viene posto il Depu- tato che deve entro le ore 12 del Sabato indicare l’interpellanza che voglia svolgere il lunedì, mentre dalle interpellanze il cui svolgimento sia chiesto dall’Ordine del giorno stabilito per Martedì può sorgere l’opportunità dello svolgimento di altre interpellanze. Sulle osservazioni del Presidente circa le difficoltà di ordine pratico che sorgono dall’affollamento delle domande all’ultima ora, non insiste. Si modifica l’ultimo comma nel senso che l’ordine del giorno ordinario «può continuare»» anziché «continua» nel lunedì. All’art. 122 l’on. Lucifero vorrebbe si seguisse l’esempio del Senato con- sentendo ad ogni Deputato di interloquire sulle interpellanze. 200 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Il Presidente dice che non può consentire in questa trasformazione di si- stema rilevando che per far intervenire tutti i Deputati v’è il metodo delle mozioni. A questa osservazione si associa l’on. Codacci-Pisanelli, mentre alla proposta Lucifero si associa l’on. Cabrini. L’on. Lucifero non insiste riservandosi la facoltà di sollevare in altra sede la questione. Approvansi gli articoli successivi. All’art. 130-bis l’on. Lucifero propone sostituire in sua vece alle parole in sua assenza. L’on. Cabrini opina che nei tre mesi non siano comprese le ferie, e pro- pone che il Presidente non abbia la facoltà di respingere le mozioni già ammesse dagli Uffici alla lettura. Si osserva che la facoltà del Presidente è naturalmente limitata alle mozioni prima che sian trasmesse agli Uffici. È approvata la modificazione proposta dall’on. Lucifero. Approvasi l’articolo 131. All’art. 132 l’on. Cabrini pur ammettendo la limitazione delle firme per le mozioni, interpellanze ecc. non la trova opportuna per le proposte di legge. Sulla osservazione che appunto per queste, le quali implicano un impe- gno del voto in materia legislativa, è più necessaria la limitazione, l’on. Cabrini non insiste. Approvasi l’art. 133. L’art. 133-bis viene incorporato come inciso del 134. Approvasi l’art. 135. All’art. 136 si sopprimono, secondo la proposta Pacetti, le parole «esau- rita la procedura ordinaria». Approvansi gli articoli successivi. All’art. 144 tutti i Commissari esprimono il voto che la Biblioteca sia aperta di sera e alla Domenica. Approvati i rimanenti articoli viene nominato per acclamazione a Relato- re l’on. Riccio. Dopo di che la seduta è tolta.

Il Segretario Il Presidente G. Marcora

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 201

Adunanza del 1° dicembre 1918: Nella Sala della Presidenza

Presenti: S. E. il Presidente on. Marcora e gli on. Codacci Pisanelli, Riccio, Pacetti, Lucifero, Compans, Credaro, Da Como, Cirmeni. Assiste il Seg. Gen. Comm. Montalcini. L’on. L. Rossi ha scusato la sua assenza per malattia. Il Presidente riferisce sulla seduta della Camera in Comitato Segreto, nella quale si propose la istituzione della Tribuna per gli oratori. Ricorda come egli abbia creduto che, in quella sede, non fosse assolutamente possibile trattare e decidere l’importante argomento, di competenza della Giunta del Regolamento, e che deve eventualmente essere presentato alla Camera con le forme, che sono suprema garanzia dei diritti dei deputati. Crede quindi che ora la Giunta del Regolamento possa occuparsi della proposta, della quale illustra le ragioni favorevoli e contrarie, richiamando i precedenti dei parlamenti esteri. L’on. Codacci–Pisanelli ricorda come già in Comitato Segreto abbia com- battuto la proposta della tribuna, per alte ragioni di diritto costituzionale, che illustra, e crede che, solo ora, si possa discutere in questa sede. Nel merito è contrario alla proposta, che aumenterebbe tendenze declamatorie. Secondo quanto ha riferito il Comm. Montalcini, anche in Francia vi è la tendenza ad abolire la tribuna. L’on. Compans ricorda che Cesare Balbo, nel Parlamento Subalpino, si manifestò contrario alla Tribuna. L’on. Lucifero, crede irregolare la deliberazione del Comitato Segreto, anche perché l’argomento non era all’ordine del giorno, ed anche perché ritiene che di ciò debba trattarsi in seduta pubblica. Crede che qui si debba discutere la quistione, anche perché i deputati sentano che la Giunta pel Regolamento si occupa delle varie proposte. Si dichiara contrario per ra- gioni varie, che svolge, anche sulla esperienza della Camera francese. Dato proprio che la Camera volesse la tribuna, vorrebbe che, subordinatamente, solo parlassero dalla tribuna, gli iscritti sulle discussioni. L’on. Riccio è di accordo coi colleghi sulle quistioni pregiudiziali. Trova però che il voto del Comitato segreto ha un certo valore, che non si può cancellare. Crede quindi che, pure manifestandosi dalla Giunta anche la tendenza contraria, si debba presentare una relazione che tenga conto del voto della maggioranza dei presenti nella seduta in Comitato segreto. L’on. Credaro crede che la nostra Giunta debba conservare tutta la sua autonomia. Non si deve essere però esclusivisti: se qualcuno vuole salire la tribuna, perché impedirlo? Il deputato deve poter parlare dalla tribuna, se vuole, o dal suo scanno. Crede che pochi saliranno. 202 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

L’on. Codacci-Pisanelli si dichiara contrario anche alla soluzione inter- media. Il Presidente anzitutto mette ai voti se sia preferibile il sistema attuale: la Giunta, con un solo voto contrario dichiara preferibile conservare il regolamento con il sistema attuale. Subordinatamente, qualora la maggioranza dei Deputati voglia la tribu- na, si delibera che sia consentita libertà di scelta all’oratore di parlare dalla tribuna o dal suo scanno. Il Comm. Montalcini riferisce alcuni opportuni dettagli, d’ordine pratico, per gli stenografi ai quali potrebbe consentirsi di avvicinarsi agli oratori, per meglio riprodurre il loro discorso. Ciò potrebbe far sentire meno la necessità della tribuna. Al Relatore on. Riccio è demandato l’incarico di riferire anche per que- sto nuovo argomento della tribuna.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora

Adunanza del 4 marzo 1919 nella Sala della Presidenza della Camera dei Deputati

Presenti: S. E: il Presidente il cav. Giuseppe Marcora e gli onorevoli: Rossi Luigi, Codacci Pisanelli, Chimienti, Lucifero, Da Como Segretario, Cirmeni, Credaro. Il Presidente avverte di aver chiamato a far parte della Commissione l’on. Chimienti, in luogo del collega Riccio, chiamato al Governo. Gli rivolge un saluto al quale si associano i Colleghi. L’on. Chimienti si dichiara favorevole alle decisioni di massima prese dalla maggioranza della Giunta nella precedente adunanza. L’on. Rossi si manifesta contrario in massima alla istituzione della tribu- na, respingendo anche soluzioni intermedie, ibride ed inaccettabili. Si elegge a Relatore in sostituzione dell’on. Riccio, l’on. Chimienti. Si dà lettura di alcune proposte pervenute alla Giunta. La prima è dell’on. Faelli che vorrebbe la pubblicazione nell’Albo Pre- torio dei Comuni dei rispettivi collegi del nome dei deputati assenti.

XXIV Legislatura (27 novembre 1913 – 29 settembre 1919) 203

La Giunta a maggioranza respinge la proposta. Altra proposta è dell’on. Canepa: essa dice: «Al secondo, quarto e sesto comma dell’art. 97 sopprimere, rispettiva- mente le parole: Venti la votazione a scrutinio segreto; o per squittinio segreto; quella dello scrutinio segreto prevale su tutte le altre. In via subordinata, qualora la precedente proposta non sia accolta, pro- pongo che sia fatta la seguente aggiunta: Lo scrutinio segreto non potrà essere chiesto per le votazioni riferentesi ad elezioni. L’on. Rossi è contrario: crede che si debba lasciar libera la Camera, secondo le varie contingenze. L’on. Cirmeni ricorda alcuni precedenti: non crede che debba accedersi alla proposta Canepa, specie nella forma con la quale è proposta. In certi momenti la votazione segreta può essere garanzia di libertà. L’on. Lucifero crede che in massima gli eletti dovrebbero avere chiara indipendenza in libera e aperta manifestazione di voto. Però dato che in certi casi la votazione segreta occorre, crede che non si debba farne la abo- lizione parziale. L’on. Chimienti si dichiara favorevole alla proposta Canepa. L’on. Presidente ricorda alcuni precedenti. L’on. Codacci-Pisanelli, crede che ciascuno debba rispondere apertamen- te del proprio voto in materia di verifica di poteri: è favorevole in questa parte alla proposta Canepa, che accentua il senso della responsabilità. L’on. Rossi dichiara la sua simpatia per il voto palese: però non crede che si debba legare la Camera in modo assoluto, per certi casi speciali. L’on. Credaro è contrario alla proposta. La Giunta respinge ad unanimità la prima parte della proposta Canepa. La seconda parte è respinta a maggioranza. Viene ora una proposta Ciccotti, così formulata e riguardante l’art. 24. Alle parole: così quelli come questi possono farsi rappresentare e produrre testimoni sostituire: così quelli come questi possono farsi rappresentare esclu- sivamente da altri elettori del collegio di cui s’impugna l’elezione, e produr- re testimoni. È respinto. Si dà lettura di una proposta Marchesano, così concepita: Propongo che al capo VII del regolamento della Camera dei Deputati venga aggiunto il seguente articolo:

204 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Per commemorazione di membri del Parlamento o di grandi cittadini defunti, avrà la parola un solo deputato. È respinta per le ragioni già dette nella discussione del Regolamento. Viene altra dell’on. Ciccotti, relativa alla Biblioteca. Essa dice così: All’art. 148 (Biblioteca) si aggiunga. «Verificandosi mancanza di libri, di cui non possa accertarsi la responsabilità, la Commissione potrà stabilire che il risarcimento avvenga con ritenuta di una percentuale sul fondo ge- nerale delle indennità parlamentari e sugli stipendi del personale. All’art. 150 (Biblioteca) si aggiunga: «Quando un libro non è restituito in seguito a richiesta ripetuta successivamente per tre volte, ad intervalli di quindici giorni, il Bibliotecario ricomprerà il libro, facendosi rivalere del prezzo dalla Cassa della Camera mediante ritenuta del deputato inadem- piente. L’on. Rossi dice le ragioni contrarie alla prima parte della proposta Cic- cotti: il personale non può perquisire il deputato né può caricarsi la massa delle responsabilità dei singoli deputati. L’on. Cirmeni è dello stesso avviso: dice poi che dovrebbero esservi reticolati nelle librerie, per impedire che si levino liberamente i libri. La prima parte della proposta Ciccotti è respinta. La seconda parte (art. 150) è approvata. Viene ora la proposta Falcioni, così concepita: All’art. 13 del Regolamento della Camera aggiungere un articolo 13-bis così concepito: Art. 13-bis – La Camera può deliberare che questioni d’ordine generale relative alla politica economica, militare, interna ed estera siano nominate speciali Commissioni permanenti incaricate di riferire rispettivamente sopra gli argomenti sottoposti al loro esame. L’on. Modigliani, presenta pure altra proposta, di identico argomento, ri- sultante formulato, in dodici articoli, distribuiti alla Giunta. Data l’importanza degli argomenti, che esigono ampia discussione, l’ora consiglia un rinvio ad altra seduta. Resta così stabilito.

Il Segretario Il Presidente U. Da Como G. Marcora XXV LEGISLATURA (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921)

Composizione della Giunta per il Regolamento: Presidenti: Vittorio Emanuele Orlando, Enrico De Nicola. Membri: Agostino Cameroni, Francesco Cocco-Ortu, Alfredo Codacci-Pisanelli, Napoleone Colajanni, Arnaldo Dello Sbarba, Luigi Fera, Luigi Gasparotto, Giuseppe Modigliani, Vincenzo Riccio, Giovanni Rosadi. (Nel corso della legislatura: Giuseppe Bevione, Andrea Torre, Edoardo Pantano, Filippo Crispolti)

Verbale Dell’adunanza del 13 dicembre 1919

Sono presenti: Il Presidente on. Orlando; i membri: Codacci Pisanelli, Cocco-Ortu, Fera, Modigliani, Riccio, Gasparotto. Assiste il Comm. Mon- talcini. Si nomina a Segretario della Commissione l’on. Gasparotto. Il Presidente dà relazione sommaria delle molte proposte di riforma al Regolamento, sulle quali si diffonde, a richiesta del Presidente il Comm. Montalcini. L’on. Fera propone che tutti i membri sieno messi al corrente di tutte le proposte discusse dalle precedenti Commissioni, onde trattarne con maggiore conoscenza. Codacci Pisanelli propone di limitare la discussione alle riforme più im- portanti, quali quella della Commissione per gli Affari Esteri, proposta dallo stesso Fera. Invita i colleghi a fissare l’ordine dei vari argomenti da discutere. Modigliani, per quanto riguarda le norme di inscrizione degli oratori, ritiene che possa deferirsi qualche facoltà discrezionale al Presidente. È fa- vorevole acché si porti in discussione al più presto, perché fondamentale, la questione delle Commissioni Parlamentari. Prega che sia distribuito ai colleghi il suo Progetto. Sulla questione della tribuna crede che avanti tutto debba farsi qualche studio di acustica. Cocco-Ortu aderisce alle idee dell’on. Modigliani soprattutto per quanto riguarda la nomina delle Commissioni Parlamentari. Interviene a questo punto l’on. Cameroni. Poi l’on. Dello Sbarba e l’on. Rosadi. L’on. Riccio è contrario alla proposta Modigliani di affidare al Presiden- te poteri discrezionali non contemplati dal Regolamento, in ordine alle mi- nori disposizioni. Si dichiara favorevole alla proposta delle Commissioni. 208 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Gasparotto concorda con Riccio sui poteri discrezionali, è favorevole alle Commissioni, e questa questione propone che abbia la precedenza. Per quanto riguarda la tribuna propone che il Presidente provveda ad ordina- re qualche esperimento di acustica. Rosadi conviene nelle proposte di Gasparotto. Cameroni fa delle riserve per quanto riguarda la istituzione della Tribuna. Il Presidente riassume la discussione, augurandosi che d’ora innanzi l’at- tività regolamentare sia più attiva. Propone sulle questioni minori riferisca il collega Riccio, nonché sulla proposta di nomina di una commissione per- manente, sia pure nei limiti di un anno, per l’esame delle autorizzazioni a procedere. Propone che si riconosca la necessità di ritoccare la norma relativa alla nomina della Giunta delle Elezioni, pur non riconoscendone l’urgenza. Circa la tribuna si riserva di sentire il parere di esperti. Per quanto riguarda le Commissioni, ricorda l’importanza della proposta, salva ogni ragione di me- rito e perciò propone che sia distribuita la relazione Modigliani a tutti i colleghi della Commissione. L’on. Dello Sbarba si associa alle proposte del Presidente, riservandosi di proporre di disciplinare, secondo il costume francese, il diritto […] La Commissione approva le proposte del Presidente.

Il Segretario Il Presidente Gasparotto Orlando

Verbale dell’adunanza 11 maggio 1920

Sono presenti: S. E. il presidente Orlando, i membri: on. Cocco-Ortu, Codacci Pisanelli, Modigliani, Riccio, Cameroni, Gasparotto. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. Su proposta del Presidente si discute la proposta di nomina delle Com- missioni parlamentari. Il Presidente riassume ed illustra la proposta Modigliani e quella Peano. La proposta Peano in fondo si limita ad aggiungere all’art. 13 del vigente Regolamento, altra Commissione per la politica estera: quella Mo- digliani è più profondamente innovatrice. XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 209

Propone in via preliminare il seguente quesito: «Conviene la trasforma- zione radicale del sistema vigente ovvero è il caso di limitarsi alla nomina della Commissione per la politica estera?» L’on. Modigliani si dichiara contrario alla proposta Peano, che chiede, in fondo, il sistema delle Commissioni limitandosi a mettere la politica estera a cognizione di pochi privilegiati. Illustra la sua proposta e la prova fatta in Francia. L’on. Cocco-Ortu si dichiara favorevole alla soluzione radicale, ritenendo insufficiente la proposta Peano della Commissione dei 12. L’on. Cameroni si associa, salvo valutazioni del momento per la sua applicazione. L’on. Modigliani legge ed illustra la sua proposta. L’on. Codacci Pisanelli domanda a quale funzione sarebbe preposta la Commissione del Bilancio sì come proposta dall’art. 8 della proposta Modigliani. L’on. Modigliani ammette che vi possa essere conflitto tra le Commis- sioni di carattere tecnico e la Commissione del Bilancio, ma lo ritiene proficuo. L’on. Cocco-Ortu ricorda i vantaggi conseguiti in Francia dall’uso del si- stema delle Commissioni. Ivi i conflitti di competenza vengono decisi dal Presidente. L’on. Riccio. Occorre, anzitutto, scegliere fra l’ordinamento nuovo, che viene proposto e l’antico. La sanzione ufficiale dei gruppi parlamentari pre- senta pericoli che vanno tenuti in debito conto. Tra i pericoli accennati rileva per es. quello d’irrigidire i gruppi e di ostacolare le trasformazioni Bisogna, inoltre, tener conto dell’influenza che sull’affermazione dei gruppi può avere l’atteggiamento dei singoli deputati di fronte al Ministero in ca- rica. Rileva gli inconvenienti che deriverebbero dal vario numero dei com- ponenti delle Commissioni. Accetta il concetto, ma vuol meglio discusse ed esaminate le modalità di attuazione. L’argine proposto lo preoccupa. L’on. Modigliani dà chiarimenti soffermandosi specialmente sull’art. 7, di cui enuncia le possibili applicazioni pratiche. Rileva che la necessità della organizzazione s’impone anche come mezzo per disciplinare l’azione dei gruppi. Urge mettere il Parlamento nella condizione di poter funzionare e da riacquistare il suo prestigio, che occorre abbia di fronte alla pubblica opinione. L’on. Cameroni desidera che si eviti il pericolo di raddoppiare organi e funzioni. L’on. Codacci Pisanelli. Rileva l’accordo manifestatosi rispetto alla linea generale della riforma. Sui modi di nomina desidererebbe dall’on. Riccio una controproposta. Per le funzioni delle Commissioni ritiene che quella 210 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927) dell’attuale Giunta Generale del Bilancio vengano divise tra le nuove Com- missioni. S. E. Orlando riassume la discussione ed espone i fini ed i criteri ma- nifestati. Per la Giunta del Bilancio ciò che avviene è la migliore prova della necessità della riforma. La Commissione del Bilancio è divenuta ple- torica, e, per varie cause, lo va diventando sempre più. Giova provvedere a specificare gli organi. Dalla discussione sorge l’accordo sulla opportunità della costituzione delle commissioni. Resta a studiare se possa convenire una nomina diretta da parte della Camera. L’on. Fera, giunto tardi, dichiara di essere anch’egli dubbioso sul modo di nomina, mentre consente nelle linee generali della proposta. Solleva il dubbio se la riforma, per la sua importanza istituzionale e costituzionale, sia di competenza della Commissione del Regolamento. La legge elettorale vigente rende indispensabile provvedere alle organizzazioni ed al riconosci- mento dei partiti e dei gruppi. L’on. Cameroni propone che l’on. Modigliani, tenendo conto delle obie- zioni mosse prepari un nuovo testo della Commissione. Si delibera d’incaricare gli on. Modigliani e Riccio, di proporre prima al Presidente e poi alla Commissione un testo definitivo della proposta.

Il Segretario Il Presidente De Nicola *

* Secondo la prassi della Camera il verbale è firmato da chi presiede la seduta in cui è stato letto e approvato, perciò risulta la firma di De Nicola, che nel frattempo è stato eletto Presidente.

Verbale dell’adunanza 17 luglio 1920

Sono presenti: S. E. il presidente De Nicola: i membri on. Torre, Cocco- Ortu, Modigliani, Gasparotto, Bevione, Riccio. Il Presidente riassume la proposta dell’on. Modigliani circa la nomina delle Commissioni ed avverte che essa si allaccia ed in un certo senso è superata da quella proposta dall’on. Giolitti e annunziata nelle comunica- zioni del Governo. L’on. Torre è favorevole alla proposta dell’on. Giolitti. La Commissione dovrebbe avere per oggetto un controllo effettivo sull’opera del Governo.

XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 211

L’on. Riccio opina che la Commissione proposta dall’on. Giolitti dovreb- be essere una delle Commissioni proposte dal progetto Modigliani. Il Presidente fa osservare che il progetto Modigliani si propone finalità diverse da quelle della Commissione per gli affari esteri. L’on. Bevione ritiene che l’oggetto della Commissione dev’essere esteso. Si riferisce al costume francese che funzionò egregiamente durante la guerra. L’on. Cocco-Ortu è favorevole alla Commissione per gli affari esteri. L’on. Gasparotto riconosce l’assoluta urgenza della nomina della Com- missione per gli affari esteri per sostituire alla politica personale che gover- na fin qui la politica estera, una più larga ed effettiva partecipazione del Parlamento nel momento in cui sta per decidersi la sorte dell’Italia nel- l’Adriatico. L’on. Modigliani è contrario anche perché solo con le Commissioni per- manenti ritiene si possa rendere possibile la partecipazione delle opposizio- ni. Senza di questo il vantaggio verrebbe a cessare. Insiste pertanto nel suo progetto. L’on. Torre ribatte all’on. Modigliani osservando che la rappresentanza dell’opposizione socialista è assicurata dal regolamento. L’on. Cocco-Ortu convenendo nelle ragioni di urgenza prega l’on. Modi- gliani a non insistere. L’on. Gasparotto dice che date le sorprese che la politica può da un momento all’altro proporre, propone lo stralcio del progetto Modigliani – Orlando nella parte che riguarda la commissione per gli affari esteri. L’on. Modigliani propone di dare mandato di fiducia al Presidente di preparare il testo del nuovo regolamento sulla base delle proposte Modigliani – Orlando. L’on. Riccio incita a trovare una formula di conciliazione. Il Presidente propone di presentare martedì alla Camera la proposta Modigliani – Orlando. Si dà lettura del progetto Modigliani e dopo discussione si dà mandato di fiducia al Presidente per la redazione del testo definitivo.

Il Segretario Il Presidente De Nicola 212 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Verbale della seduta del 20 luglio 1920

Sono presenti: S. E. il Presidente De Nicola: i membri on. Cocco-Ortu, Bevione, Gasparotto, Modigliani, Cameroni, Riccio e Torre. S. E. il Presidente dà lettura del nuovo testo di regolamento da lui com- pilato sulla nuova costituzione degli Uffici. Prendono la parola successivamente tutti i presenti sulla discussione ge- nerale e si rimanda ad altra seduta la discussione degli articoli.

Il Segretario Il Presidente De Nicola

Verbale della seduta del 21 luglio 1920

Sono presenti: S. E. il Presidente De Nicola: i membri: on: Torre, Cocco- Ortu, Riccio, Bevione, Gasparotto, Modigliano (sic), Pantano, Cameroni. L’on. Cocco-Ortu propone la formula comprensiva delle attribuzioni delle Commissioni. S. E. il Presidente dà lettura del nuovo testo da lui predisposto. L’on. Riccio, sull’art. 1 si dichiara contrario alla condizione della accet- tazione del gruppo all’adesione dei singoli deputati, ferendo a suo avviso questo principio la sovranità popolare. Su proposta dell’on. Modigliani si afferma il diritto di passaggio da uf- ficio ad ufficio. L’on. Modigliani all’art. 9 dichiara di votar contro, a meno che non si voti l’emendamento pel quale l’intervento dei Ministri non possa avvenire che in seduta plenaria. In seguito a discussione si delibera di rinunciare alla nomina delle Sotto Commissioni che non si potranno mai costituire se non sia intervenuto l’unanime accordo dei Commissari presenti. L’art. 10 è tenuto in sospeso. Si dà mandato all’on. Modigliani di presentare alla Commissione il testo definitivo.

Il Segretario Il Presidente De Nicola XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 213

Verbale dell’adunanza del 26 luglio 1920

Presiede S. E. il Presidente De Nicola. Sono Presenti gli on. Torre, Cocco-Ortu, Cameroni, Pantano, Gasparotto, Bevione, Riccio e Modigliani. S. E. il Presidente riassume la discussione avvenuta alla Camera sul- l’art. 4. Interloquiscono l’on. Modigliani ed altri Commissari e si approva il nuovo testo dell’art. stesso.

Il Segretario Il Presidente

Verbale del 31 luglio 1920

Presiede S. E. il Presidente De Nicola. Sono Presenti gli on: Cameroni, Cocco-Ortu, Riccio, Modigliani, Torre, Bevione, Codacci Pisanelli, Gasparotto. La Commissione delibera di chiamare Misto l’ufficio di cui al capoverso ultimo dell’articolo primo. Sull’autoconvocazione della Camera l’on. Torre dice che la maggioranza deve essere assoluta. L’on. Cocco-Ortu dice che per stabilire il diritto di convocazione biso- gna nel contempo disciplinare il diritto di proroga. L’on. Codacci Pisanelli ritiene che il diritto della Camera deve essere limitato ad intervenire nei casi di aggiornamento. L’on. Modigliani ritiene che se la Camera prorogasse o chiudesse la ses- sione, quando la Camera si fosse valsa del diritto di auto convocazione compirebbe sostanzialmente un colpo di Stato. S. E. il Presidente è di accordo che non si possa innovare nulla in que- sta sede al diritto di chiusura e proroga delle sessioni, che appartiene alla Corona. Non si deve far altro che precisare i modi per i quali si deve pro- cedere all’auto-convocazione in caso di aggiornamento. L’on. Cameroni dice che se l’auto-convocazione dev’essere decisa dalla maggioranza della Camera si risolve in nulla, perché la maggioranza non delibererà la convocazione se ciò non è gradito al Governo. 214 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

L’on. Torre. Non consente con l’on. Cameroni: dev’essere la maggioran- za assoluta delle Commissioni. L’on. Bevione è d’accordo con l’on. Torre. E questa facoltà della Came- ra non si risolve in nulla, perché la maggioranza può spostarsi, su una modificazione della situazione. L’on. Modigliani vorrebbe che una minoranza rispettabile – non di un solo partito – potesse ottenere l’auto-convocazione. Con questo sistema si ha il vantaggio di poter avere l’auto-convocazione senza la necessità di una crisi ministeriale. Se la Commissione degli esteri si accorge che il Governo sta mancando ai suoi impegni o ai suoi doveri non ha altro modo che chiedere la convocazione della Camera. L’on. Cameroni è d’accordo con l’on. Modigliani. S. E. il Presidente dice che una commissione può bastare a indicare la volontà di tutte le commissioni, dato il modo con cui gli uffici sono com- posti. È necessario fissare invece il numero dei quorum e con quanti voti deve essere deliberata l’auto-convocazione. L’ordine del giorno deve portare l’indicazione della proposta di auto-con- vocazione, perché la deliberazione sia valida. L’on. Modigliani propone che la unanimità dei presenti di una Commis- sione possa decidere validamente l’auto-convocazione. L’on. Riccio è contrario. L’on. Modigliani fa proposta formale aggiungendo che i quorum siano i 2/3. L’on. Bevione è favorevole. L’on. Cameroni vorrebbe una solennità maggiore: due commissioni unanimi, magari abbassando il quorum. S. E. il Presidente mette ai voti la proposta dell’on. Modigliani e cioè che la unanimità dei presenti di una Commissione possa decidere valida- mente l’auto-convocazione. È respinta. S. E. il Presidente propone che le Commissioni che chiedono la convo- cazione della Camera siano cinque, che gli intervenuti siano i quattro quinti degli inscritti e la proposta sia votata dai due terzi dei presenti. La convocazione della Commissione deve avvenire cinque giorni prima della riunione. L’on. Modigliani propone che la deliberazione sia presa da cinque uffici e votata dalla metà degli inscritti più uno. S. E. il Presidente mette a partito la proposta.

XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 215

È approvata. S. E. il Presidente apre la discussione sulla convocazione degli Uffici. L’on. Riccio distingue i due casi in cui la Camera si è convocata a data fissa e debba essere convocata a domicilio. Vorrebbe maggiori garanzie per il primo caso. L’on. Cocco-Ortu propone che il quinto degli inscritti all’ufficio possa chiedere la convocazione. Si mette a partito la proposta ed è approvata. S. E. il Presidente mette in discussione l’articolo aggiuntivo Bevione Gasparotto. L’on. Cameroni vorrebbe limitare la designazione (sic) agli ordini del giorno. L’on. Modigliani propone come freno la tribuna. L’on. Bevione difende l’articolo aggiuntivo proposto. L’on. Modigliani è contrario. L’on. Torre è contrario alla proposta dell’on. Cameroni. Propone che la questione sia rinviata e sia studiato, con la tribuna ed un complesso di altre modificazioni al Regolamento, il modo di sveltire le discussioni generali, le interpellanze, le interrogazioni. S. E. il Presidente pone a partito l’istituzione della tribuna. È approvato. Si rinvia ad altra seduta la proposta relativa per l’istituzione della tribuna. Il testo per l’autoconvocazione resta fissato così: «Il presidente, convocherà la Camera, quando siasi aggiornata, purché la deliberazione sia presa da almeno cinque commissioni, a maggioranza asso- luta dei componenti la Commissione in carica. «La Commissione sarà radunata dal suo presidente a richiesta d’un quin- to almeno dei suoi componenti. «Nell’avviso di convocazione da mandarsi ai singoli Commissari sarà indicato l’oggetto all’ordine del giorno».

Il Segretario Il Presidente 216 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Verbale della seduta del 4 agosto 1920 Presiede S. E. De Nicola

Sono presenti gli on. Torre, Cameroni, Riccio, Bevione, Gasparotto, Colajanni. S. E. il Presidente espone il caso dell’Ufficio misto che, oltre a costituir- si, nominò un proprio commissario per la Commissione degli Affari Este- ri. Domanda se la Giunta si ritenga competente a decidere in merito. L’on. Cameroni ritiene la competenza della Giunta del Regolamento. L’on. Riccio invece ritiene la competenza del Presidente. Nel merito ri- tiene che all’Ufficio misto non spetta di nominare il commissario per la Giunta degli affari esteri perché non raggiunge il numero dei venti com- ponenti. L’on. Gasparotto è dello stesso avviso dell’on. Riccio. Non crede vi sieno lacune e perciò non crede sia il caso di deliberare. Il Presidente convocan- do la Commissione non può che escludere il rappresentante dell’Ufficio misto. L’on. Bevione condivide le opinioni degli on. Riccio e Gasparotto. L’on. Torre non ammette che si possa da parte dell’Ufficio misto nomi- nare il Commissario quando non raggiunga il n° di 20 componenti e ciò per ragioni anche d’ordine morale. La Giunta unanime delibera non sia il caso di proporre aggiunte al Re- golamento essendo chiaro che per l’art. 3 non raggiungendo il n° di 20 non poteva far luogo alla nomina di commissario. Circa l’auto convocazione delle Commissioni e della Camera si approva il testo seguente come viene proposto dal Presidente: Art. 9 «Durante gli aggiornamenti della Camera, se un quinto dei componenti di una delle Commissioni permanenti ne domandi la convocazione per di- scutere determinati argomenti, il Presidente della Commissione provvede ch’essa sia adunata entro il decimo giorno da quello in cui gli sia perve- nuta la richiesta, comunicando ai singoli Commissari l’ordine del giorno, in guisa che tra l’avviso di convocazione ed il giorno della riunione decorra- no almeno cinque giorni liberi». Art. 10 «Quando durante gli stessi aggiornamenti cinque Commissioni permanen- ti, convocate secondo le norme dell’articolo precedente, deliberino, a mag- gioranza assoluta dei deputati rispettivamente inscritti, di chiedere che la XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 217

Camera sia convocata per discutere determinati argomenti, il Presidente della Camera provvede ch’essa sia riaperta non oltre il quindicesimo giorno da quello in cui gli sia pervenuta la richiesta, incluso in detto termine il periodo di cinque giorni liberi tra l’invio dell’ordine del giorno per la convocazione ed il giorno della riapertura». Circa la tribuna si approva il seguente ordine del giorno: «La Camera afferma l’utilità di istituire la tribuna parlamentare».

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Verbale dell’adunanza del 24 novembre 1920

Presiede S. E. De Nicola. Sono presenti: Torre, Riccio, Bevione, Crispolti, Colajanni, Codacci Pisa- nelli. Si scusa l’on. Cocco-Ortu, ammalato. S. E. De Nicola apre la discussione sul numero dei delegati da assegnar- si alla Democrazia Liberale, che da 89 è salita a 92 membri. Ha essa di- ritto a 4 o 5 rappresentanti? L’on. Torre. Bisogna dare 5 posti, perché le Commissioni, meno quella degli esteri, non sono ancora costituite. L’on. Crispolti aderisce alla proposta dell’on. Torre. S. E. il Presidente mette ai voti la proposta, avvertendo che, a suo avviso, in ogni caso la Commissione degli Esteri deve rimanere invariata. È approvata all’unanimità. S. E. il Presidente. Vi sono deputati che hanno cambiato ufficio, prima della costituzione delle nuove commissioni. Chiede se occorre il gradimen- to dell’ufficio. L’on. Torre ritiene che il gradimento occorre. L’on. Codacci Pisanelli è d’accordo. L’on. Riccio. Rileva che così si toglie ai deputati il diritto di partecipa- re alla nomina delle Commissioni. Bisogna interpellare il Presidente della Commissione. S. E. il Presidente dice che interpellare il Presidente della Commissione vuol dire risolvere la questione.

218 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

L’on. Codacci invece è d’accordo con Torre. L’on. Crispolti afferma che quello che si è voluto stabilire è il diritto degli uffici di non ammettere le persone non gradite. Proporrebbe che si interpellassero i presidenti degli uffici. S. E. il Presidente. Si può essere d’accordo su questa soluzione: che i deputati interessati al cambiamento devono far pervenire alla Presidenza della Camera la comunicazione del Presidente del nuovo ufficio. Così resta stabilito. S. E. il Presidente. Non fu stabilita la Commissione per le Terre Libe- rate. A quale Commissione dev’essere destinato l’esame degli argomenti riflettenti le Terre Liberate. Proporrebbe alla Commissione degli affari interni. Così resta stabilito, tranne casi eccezionali in cui si lascerà decidere la Camera. S. E. il Presidente fa presente che resta la questione dei bilanci. Manca nell’ordinamento un organo di coordinamento. Non è preveduto che la co- municazione alla Commissione Finanze e Tesoro delle proposte implicanti spesa per il «parere». È sufficiente? L’on. Torre. Quando si tratta di materia comune, è disposto che le due Commissioni possano discutere insieme, ma non vi è obbligo. L’on. Bevione. Ritiene si debba, quando v’è spesa, stabilire l’obbligo della decisione concordata fra la Commissione di Finanza e quella che propone la spesa. L’on. Crispolti è d’accordo. L’on. Torre. Il progetto di legge che va alla Commissione dopo essere stato approvato dal Governo, è certo nell’orbita delle possibilità. Si potrà discutere sui progetti di iniziativa parlamentare. L’on. Riccio. La Commissione di Finanza deve per sua natura stabilire la spesa, col bilancio di assestamento, a ciascuna amministrazione. Per questo è autorizzata ad intervenire. Non c’è pericolo che risorga la vecchia giun- ta del bilancio, data la differenza di costituzione. Vorrebbe che fosse obbligatoria la funzione coordinatrice della Commissione di Finanza. S. E. il Presidente. La preoccupazione di una sopraffazione della Com- missione di Finanza sulle altre commissioni non è fondata perché tutte le Commissioni sono ugualmente costituite. L’on. Codacci Pisanelli vorrebbe fosse rafforzata la funzione di freno alla spesa che attualmente alla Commissione di Finanza è data solo in linea con- sultiva. L’on. Torre. Si crea una Supercommissione.

XXV Legislatura (1° dicembre 1919 – 7 aprile 1921) 219

L’on. Colajanni è per la proposta del Presidente. Si è d’accordo che si debba fare alla Camera la proposta di modificazione al regolamento nel senso di stabilire l’obbligo dell’approvazione della Commissione di Finanza per i provvedimenti implicanti spesa. Per il coordinamento delle nuove disposizioni col regolamento della Ca- mera. Si nomina relatore l’on. Riccio. Si delibera l’abolizione del sistema delle tre letture, per il caso che al relatore risulti incompatibile col regola- mento attuale. S. E. il Presidente, sulla distribuzione dei progetti di legge pendenti, legge l’elenco dei detti progetti e viene fatta l’assegnazione alle varie Commissioni.

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XXVI LEGISLATURA (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924)

Composizione della Giunta per il regolamento: Presidente: Enrico De Nicola. Membri: Giuseppe Bevione, Vincenzo Carboni, Antonio Casertano, Stefano Cavazzoni, Guido Celli, Francesco Cocco-Ortu, Napoleone Colajanni, Pietro Di Scalea, Giuseppe Modigliani, Gino Sarrocchi. (Nel corso della Legislatura: Giulio Alessio, Eugenio Maury, Camillo Peano, Giulio Rodinò)

Seduta del 25 marzo 1922

Presenti. On. De Nicola, Cocco-Ortu, Cavazzoni, Alessio, Maury, Chiesa, Celli, Modigliani, Carboni Vincenzo, Bevione, Sarrocchi. Il Presidente dà notizia delle questioni all’ordine del giorno. L’on. Cocco-Ortu dà ragione della presentazione della sua proposta per una riforma del sistema delle Commissioni permanenti, fatta come Presi- dente della Democrazia. Essendo tale Gruppo ora in via di modificare il suo regolamento, non insiste su tale proposta. Avanza in nome suo proposta per il funzionamen- to delle Commissioni in riferimento alle spese e alla Commissione Finanze e Tesoro. On. Chiesa: sul funzionamento delle Commissioni nota la loro inerzia. Tranne per le Commissioni Esteri Guerra e Marina, vorrebbe si tornasse al sistema antico. On. Alessio: concorda. «Modigliani: è contrario alla riforma del sistema delle Commissioni per- manenti. Fa proposte di emendamento per correggere i difetti lamentati: minor durata delle Commissioni – aumento dei loro membri – sostituibi- lità da parte del gruppo dei membri pigri. On. Cocco-Ortu non ha voluto dire di eliminare, ma solo di correggere il sistema delle Commissioni. On. Bevione è contrario alla soppressione del sistema delle Commissio- ni, conseguenza diretta della proporzionale. È per queste correzioni: aumen- to del numero, sottocommissioni, mantenimento della durata annuale. On. Cavazzoni: concorda – in più vorrebbe agevolazioni nella spostabi- lità dei membri delle Commissioni e fissare un giorno fisso per il lavoro delle Commissioni. 224 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

On. Celli: contrario al ritorno all’antico. Vorrebbe rafforzare i poteri della Commissione, istituendo la decadenza dei negligenti. On. Carboni: è per il mantenimento dell’attuale sistema emendato. [Que- sta annotazione è ripetuta nel cambio di pagina]. On. Maury – è favorevole alla proposta dell’on. Celli. « Alessio – propone che i disegni di legge siano mandati ai gruppi, che li discutono e mandano alle Commissioni le loro conclusioni e rappresen- tanti. On. Modigliani: è contrario, salvo casi eccezionali, per particolari disegni di legge. On. Bevione: contrario alle due proposte. Così si dichiarano gli on. Cavazzoni e Maury, mentre sono a favore gli Onorevoli Chiesa, Carboni e Sarrocchi. Il Presidente riassume la discussione, e formula le proposte conclusive nei termini seguenti, dopo che la proposta Alessio è stata respinta: mantenimento del sistema attuale suoi emendamenti sulla base delle proposte prevalenti, da formularsi da una Commissione da nominarsi dal Presidente e da ripresentarsi per l’approvazione alla Giunta. L’on. Cocco-Ortu, che si era assentato, rientrato dichiara che avrebbe votato contro la proposta Alessio. Il Presidente mette in discussione la proposta dell’on. Di Cesarò per la istituzione di una Corte d’onore. Modigliani è contrario. Bevione è favorevole. Cavazzoni è favorevole al principio. Cocco-Ortu è favorevole al principio. Si approva che il Presidente costituisca una Commissione quando sia chie- sto da un Deputato accusato nel corso della discussione di fatti che ledano la sua onorabilità: commissione che giudichi il fondamento dell’accusa. La formula sarà sottoposta alla Giunta del Regolamento per l’approvazione. Il Presidente mette in discussione la proposta Sarrocchi per la istituzione di due sezioni per l’agricoltura e l’industria nella Commissione dell’Econo- mia Nazionale. On. Modigliani e Alessio sono contrari. Bevione è contrario e ritiene che le sottocommissioni non possono deli- berare ma solo proporre le deliberazioni alle Commissioni.

XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) 225

Cocco-Ortu concorda con l’on. Bevione. Maury vorrebbe che l’industria e l’agricoltura possano avere rappresen- tanti diretti nella Commissione dell’Economia Nazionale ma non tiene alla distinzione. Sarrocchi propone che si istituisca una nuova Commissione per l’Agri- coltura. Messa i voti la proposta Sarrocchi è respinta. Il Presidente mette in discussione la proposta Ostinelli e Bilucaglia che il sabato si tenga seduta solo dalle ore 9 alle ore 13. La proposta è respinta. Si delibera, su proposta di vari Commissari, dopo relazione del Presiden- te, di proporre alla Camera che il Presidente nomini una Commissione che riunisca in un progetto di legge unico tutti i decreti legge da convertirsi e lo presenti alla Camera con unica relazione per una unica votazione. Si approva che l’art. 3 del regolamento 10 giugno 1913 per l’esecuzione dell’art. 112 della legge 30 giugno 1912 sia applicato in quanto l’arresto è a espiazione di una condanna. Si approva di proporre una modificazione al regolamento, perché le com- memorazioni siano pronunziate soltanto dal Presidente della Camera; i de- putati in carica saranno sempre commemorati dal Presidente; la morte degli ex deputati sarà annunziata con una parola di cordoglio; i senatori saran- no commemorati se il Senato commemorerà i deputati.

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Seduta del 2 giugno 1922

Sono presenti: il Presidente on. De Nicola e gli on. Carboni Vincenzo, Alessio, Chiesa, Cavazzoni, Celli, Modigliani, Bevione, Sarrocchi, Maury, Cocco-Ortu. Presiede il Presidente. Si leggono le proposte della Sottocommissione relativa alla modifica del regolamento per le Commissioni permanenti. Il Presidente chiarisce i criteri che hanno inspirato le proposte. Mette in discussione l’art. 3. 226 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

L’on. Alessio, riaffermata la sua opposizione alle Commissioni permanen- ti, propone che sia aumentato il numero delle Commissioni da 12 a 22. La Commissione Finanze e Tesoro potrebbe scindersi in 3 Commissioni: bilan- cio, tesoro e banca – entrate. L’on. Modigliani è parzialmente favorevole, ma non vorrebbe uno spez- zettamento eccessivo. Non vorrebbe le Commissioni di ugual numero di componenti. L’on. Cavazzoni crede che con le Sottocommissioni autorizzate dalle pro- poste di modifica al regolamento si soddisfi all’esigenza indicata dall’on. Alessio di una maggiore specializzazione. L’on. Bevione è favorevole alle proposte di modifica anche perché il numero eccessivo delle Commissioni porta complicazioni di competenza. L’on. Chiesa è anch’egli favorevole alla proposta letta. L’on. Alessio insiste sulla sua proposta. L’on. Carboni riconosce che la Commissione Finanze e Tesoro ha mag- gior lavoro ed esigenze speciali ma la facoltà delle sottocommissioni può dare quel risultato che l’on. Alessio desidera. L’on. Modigliani ammette un maggior numero di membri per la Com- missione Finanze e Tesoro, ma è contrario alla divisione della Commissione che esamina l’entrata da quella che esamina la spesa. Non è favorevole ad un numero fisso uguale di componenti. L’on. Sarrocchi sarebbe favorevole ad una piena autonomia delle sotto- commissioni. Il Presidente è contrario all’aumento delle Commissioni. Per la Commis- sione Finanze e Tesoro domanda se lo stesso regolamento non potrebbe stabilire in quante e quali sottocommissioni essa debba dividersi. L’on. Alessio aderisce. « Modigliani è contrario. « Sarrocchi è favorevole. L’on. Alessio insiste. « Bevione favorevole. « Cavazzoni contrario. Il Presidente domanda all’on. Cavazzoni se sarebbe contrario anche alla proposta di stabilire nel regolamento la divisione obbligatoria in sottocom- missioni delle Commissioni che abbiano confluenti in sé varie Amministra- zioni o branche distinte di Commissioni. L’on. Cavazzoni è contrario. « Modigliani spiega le ragioni per cui anche egli è contrario. XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) 227

L’on. Maury non è favorevole. Il Presidente propone che si approvi l’art. 3 e alla Camera si prospetti sotto forma di invito la tendenza che si è affermata in seno alla Giunta per la divisione obbligatoria in sottocommissioni di date commissioni. L’art. 3 è approvato con l’inciso che le relazioni approvate dalle sotto- commissioni siano distribuite ai membri della Commissione, e si intendano approvate dalla Commissione se nessuno chiede che la Commissione ne discuta. Il Presidente mette in discussione l’art. 4. È approvato. Il Presidente mette in discussione l’art. 5. L’on. Modigliani è contrario a che la Marina mercantile sia attribuita alla Commissione Esercito e Marina. È contrario anche alla divisione in 2 Comm.ni dell’Agricoltura e dell’Industria e Commercio. L’on. Sarrocchi è favorevole alla divisione in 2 Commissioni. « Modigliani non insiste. « Alessio vorrebbe che la Marina mercantile fosse assegnata alla Com- missione Industria e Comm.cio. Si approva. Sulla Commissione delle Terre Redente e Liberate, l’on. Alessio è favo- revole alla soppressione. L’on. Bevione è favorevole alla soppressione. La soppressione non è approvata. L’art. 5 è approvato. Si accettano le due proposte relative al presentatore di proposta di legge di iniziativa parlamentare in relazione alla Commissione permanente che esamina la proposta. Il Presidente legge la proposta dell’on. Matteotti per la riforma dell’in- terrogazione. L’on. Alessio si duole che, con la decadenza dell’istituto della interpel- lanza, manchi il modo di richiamare l’attenzione parlamentare sui problemi più importanti. Chiede che si provveda. L’on. Cavazzoni propone che le interrogazioni siano riunite nel pomerig- gio di sabato, e riservare la mattina di sabato alle Commissioni. L’on. Modigliani è favorevole alla tesi dell’on. Alessio. « Chiesa è favorevole alla soppressione delle interrogazioni ordinarie, da sostituirsi con le interrogazioni scritte, e al ripristino del diritto di 228 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927) interpellanza d’urgenza, con appello alla Camera in caso di dissenso col Governo. Il Presidente: conviene permettere che, in sede di interpellanza, possano interloquire un numero limitato di altri deputati oltre l’interpellante. L’on. Carboni conviene. « Cavazzoni è preoccupato che, attraverso l’interpellanza, risorgano gl’in- convenienti delle interrogazioni. L’on. Modigliani è contrario alla soppressione delle interrogazioni ordi- narie e favorevole ad un congegno per cui non sia la Camera a stabilire in ultima istanza l’urgenza di una interrogazione, ma un certo numero di firme, ciò a garanzia delle minoranze. Il Presidente riassume le proposte affacciate. Si stabilisce di fare una Sottocommissione per l’esame della questione delle interrogazioni e interpellanze.

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Seduta dell’8 giugno 1922

Presenti il Presidente e gli Onorevoli Alessio, Modigliani, Celli, Cocco- Ortu, Bevione, Chiesa, Sarrocchi. Il Presidente legge le proposte della sottocommissione per la riforma delle interrogazioni e interpellanze. Salvo lievi emendamenti, le proposte della sottocommissione sono ap- provate. Il Presidente comunica altre proposte di modifica al Regolamento: Richiesta di parola sul processo verbale: si limita la facoltà al fatto per- sonale. Commemorazioni: limitata la parola al solo presidente. Richiamo all’ordine e censura: non si richiede, per l’esclusione dall’aula e la censura, il richiamo all’ordine, se il disordine e il tumulto non permet- tono il richiamo all’ordine. XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) 229

Per fatti di eccezionale gravità fuori dall’aula, nel recinto di Montecitorio: la censura, deliberata dalla Camera su proposta del Presidente, udito il Con- siglio di Presidenza. Relazioni delle Commissioni: si stabilisce che le relazioni debbano essere presentate entro due mesi, non comprese le vacanze. Ridotto a metà per i disegni urgenti. La Commissione può proporre alla Camera il termine. Proposte di legge di iniziativa parlamentare. Il presentatore deve essere invitato dalla Commissione; può essere fatto relatore. Ordine della discussione generale: chi è decaduto, può reinscriversi; ma non ha diritto di mutare il suo turno. Ordine del giorno: abolito l’appoggio di 30 deputati; limitazione a 20 mi- nuti. Facoltà di intervenire nella discussione ai membri di un precedente Gabi- netto per atti di loro responsabilità ministeriale: si consente. Commissione per accuse che ledano l’onorabilità di un deputato pronunzia- te nell’aula: approvata. Emendamenti che implichino spesa: approvata la proposta del Presidente. Votazione per scrutinio segreto: si approva che se i deputati presenti nel- l’aula si considerino votanti. Proposte di legge di iniziativa parlamentare: si delibera di abolire l’am- missione alla lettura e mantenere la presa in considerazione con facoltà di rinunziare alla parola e di far parlare un deputato a favore e uno contro. Questori: aumento a tre. Si nomina relatore l’on. Bevione.

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230 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Seduta del 23 giugno 1922 – ore 14

Sono presenti: S. E. il Presidente, gli on.li Modigliani, Alessio, Celli, Cocco-Ortu, Bevione, Carboni Vincenzo. S. E. il Presidente e gli on. Modigliani, Alessio, Celli, Cocco-Ortu, Be- vione e Carboni Vincenzo parlano sulla portata del voto di stamane della Camera sulla proposta di sospensiva dell’on. Turati. L’on. Modigliani presenta il seguente ordine del giorno per la ripresenta- zione alla Camera delle stesse proposte sulle interrogazioni ed interpellanze. «La Commissione del Regolamento, «pur riconoscendo il pieno diritto della Camera di commettere alle Com- missioni incaricate di preparare i suoi lavori qualunque ulteriore studio sulle materie in discussione, «osserva nel caso concreto che le proposte formulate dalla Commissione, in merito alle interrogazioni e alle interpellanze, furono il risultato di un lungo e maturo studio, mentre la breve discussione avvenuta alla Camera, e subito troncata dal voto di rinvio, non ha offerto nessun elemento che già la Commissione non avesse valutato, «dichiara, perciò, di non avere elementi per modificare le proprie propo- ste, e decide di ripresentarle alla Camera per la deliberazione di merito, che questa, nella sua incontestata sovranità, crederà di prendere al riguardo. Messo ai voti l’ordine del giorno è approvato alla unanimità. Dopo di che la seduta è tolta.

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Seduta del 9 giugno 1923 – ore 14*

Sono presenti: S. E. il Presidente – gli on. Carboni Vincenzo, Rodinò, Chiesa, Bevione e Maury. Il Presidente mette in discussione la proposta di modificazioni presenta- ta dall’on. Salandra. L’on. Rodinò vorrebbe che si approvasse soltanto il secondo comma del- l’articolo proposto dall’on. Salandra, e che si sospendesse l’esame del 1° comma.

XXVI Legislatura (11 giugno 1921 – 23 gennaio 1924) 231

L’on. Maury è favorevole alla proposta Salandra. L’on. Chiesa è favorevole, in linea di principio, alla proposta Salandra, ma in linea contingente vorrebbe riservare a momento più opportuno il ri- torno al vecchio sistema degli Uffici. L’on. Presidente propone che la Commissione del Regolamento sospen- da l’esame del 1° comma dell’articolo dell’on. Salandra, fino a che il Par- lamento non abbia deliberato sulla riforma elettorale. Sul 2° comma propone di sostituire «al termine del 30 novembre 1923» le parole «per l’anno finanziario 1923 – 24». La proposta dell’on. Presidente è approvata all’unanimità. È nominato relatore l’on. Carboni Vincenzo.

Il Segretario Il Presidente

* Il registro contiene due esemplari di questo verbale redatti da due mani diverse, uno sotto forma di appunti che reca l’indicazione: « Seduta del 9 luglio».

XXVII LEGISLATURA (24 maggio 1924 – 21 gennaio 1929)

Composizione della Giunta per il regolamento: Presidenti: Alfredo Rocco, Antonio Casertano. Membri: Luigi Agnini, Giuseppe Bastianini, Diego Del Bello, Alfredo De Marsico, Giovanni Gronchi, Corrado Marchi, Luigi Siciliani, Arrigo Solmi, Michele Terzaghi, Cesare Tumedei. (Nel corso della Legislatura e fino al 1925: Francesco Saverio D’Ayala, Maurizio Maraviglia, 27 maggio 1925)

Seduta del 28 maggio 1924

Sono presenti: S. E. l’on. Rocco Alfredo, Agnini, Siciliani, Tumedei, Del Bello, Bastianini, Solmi, De Marsico. Il Presidente presenta, conformemente a deliberazione della Camera, la Mozione Grandi Dino ed altri deputati che suona nei seguenti termini: «Le modificazioni al Regolamento della Camera approvate nella seduta antimeridiana del 26 luglio 1920 e pomeridiana del 6 agosto 1920, con gli emendamenti relativi approvati nelle sedute antimeridiana del 22 e 23 giu- gno 1922, sono abrogate. – Grandi Dino, Salandra, Balbo, Rossoni, Soleri, Sarrocchi, Mattei-Gentili, Panunzio, Poggi, Orano, D’Alessio Francesco, Fazio, Martire, Torre Andrea, Alfieri, De Capitani d’Arzago, Ungaro, Greco, Verdi, Torre Edoardo, Bastianini, Salerno, Biagi, Mazzini, Casagrande di Vil- laviera, Lanzillo, Prinetti, Cucini, Broccardi, Bianchi Michele, Vicini, Mana- resi, Casertano, Buttafochi, Barnaba, Pennavaria, Bolzon, Bottai. L’on. Agnini, anche per ragioni politiche, è contrario. Si richiama al cat- tivo funzionamento degli Uffici constatato dalla Camera che fu costretta a modificare il regolamento soprattutto per le stranezze della sorte. Le Commissioni permanenti permettono la valorizzazione delle competen- ze e rendono maggiormente pratici i competenti. Le Commissioni permanen- ti sono riuscite a stabilire anche un controllo effettivo sui ministeri tecnici. Se queste Commissioni non dovessero essere conservate si proponga un’al- tra cosa, ma non il ritorno agli uffici. Solmi è favorevole alla proposta Grandi; riconosce i difetti degli uffici, perché è vero che spesso la sorte è cieca e perché questi uffici funzionan- do si logorano. Sotto un aspetto teorico la modificazione delle Commissioni permanenti poté sembrare più pratica; la realtà è però che tale modificazione allonta- na dal funzionamento vivo della preparazione della legge molti deputati. 236 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

La Camera stessa, nella XXVI Legislatura, si accorse di questo cattivo funzionamento e vi portò numerosissime modificazioni. Né vi fu il manife- starsi delle competenze. Se anche gli uffici sono difettosi, la Giunta del Regolamento proporrà a suo tempo delle modificazioni. L’on. Del Bello ritiene che la mozione debba essere respinta, perché la costituzione dei gruppi è un fatto che ha rispondenza nel paese e perché il diritto di autoconvocazione non può essere tolto alla Camera. La proposta attuale è il bis della proposta Salandra presentata il 9 giu- gno 1923, ma questa proposta fu fatta allora per il ritorno al collegio uni- nominale. L’on. Tumedei non vede gli inconvenienti ai quali ha accennato l’on. Agnini. Gli uffici discutono tutte le leggi, quindi i competenti sono in grado di portare la loro capacità. Gli uffici funzionano male per la negligenza dei deputati, ma ciò fu anche nelle Commissioni permanenti. Per quanto la sorte possa essere cieca, i partiti di minoranza potrebbe- ro essere favoriti dal sorteggio, in quanto potrebbero risultare maggioranza in qualche ufficio. Il fallimento delle Commissioni è sancito dalle differenze fra il sistema del ’20 (Commissioni limitate e conseguente estraneamento di molti depu- tati dal lavoro attivo) e quello del ’22 (Commissioni costituite in maniera empirica dalla divisione apposita fatta nei gruppi). Il competente spesso è un pericolo per il prepotere che può acquistare in seno alla Commissione. Deve essere lasciato alla libera scelta del Deputato il progetto di legge da studiare. L’autoconvocazione della Camera può avvenire stabilendo la data fissa, ma la convocazione deve essere fatta dal Governo, che deve avere in ma- teria piena libertà. L’attuale regolamento non fu nemmeno discusso perché si temeva che la discussione avrebbe degenerato. Non v’è dubbio che presenti delle lacune, di cui tutte le Camere si sono accorte, tanto che furono proposte succes- sive modificazioni. Il ripristino degli uffici non può avvenire che all’inizio della legislatura. Le Commissioni permanenti furono istituite col criterio proporzionale e non col criterio tecnico.

XXVII Legislatura (24 maggio 1924 – 21 gennaio 1929) 237

L’on. Gronchi rileva che le critiche fatte alle Commissioni vertono la (sic) costituzione di esse. Si potrebbe studiare un qualche altro sistema per la loro composizione. Il Presidente mette ai voti la mozione Grandi che è approvata con voti Sei contro tre. L’on. Tumedei viene nominato relatore per la maggioranza. L’on. Del Bello farà una relazione di minoranza.

Il Segretario Il Presidente

Seduta del 9 giugno 1924

Sono presenti: S. E. il Presidente della Camera e gli onorevoli deputati: Siciliani, Gronchi, Tumedei, Del Bello, Bastianini. Il Presidente comunica che sono state presentate delle proposte di rifor- ma al Regolamento dall’on. Grandi Dino. Propone che alla prossima seduta sia invitato l’on. proponente. La Giunta delibera di non limitare il suo mandato al solo esame delle proposte di riforma dell’on. Grandi Dino, ma di proporre eventualmente altre modificazioni, affidando tale compito di esame dei vari articoli del regolamento ai suoi membri. Si procede allo esame delle proposte di modificazioni agli articoli 8 e 10. L’on. Tumedei ritiene che affidare al Consiglio di Presidenza l’assegnazio- ne dei deputati agli uffici non sia rispondente alle necessità della Camera. Ritiene che la rinnovazione delle cariche debba continuare a essere fatta ogni due mesi. L’on. Del Bello dice che una tale assegnazione potrebbe essere pericolo- sa per le minoranze, in quanto fatta dal Consiglio di Presidenza che è espressione della maggioranza. Preferisce il sorteggio. L’on. Gronchi è contrario a questa assegnazione: 1°) vi saranno dei de- putati scontenti: 2°) le opposizioni potrebbero trovare motivi di parzialità. Preferisce il sorteggio. 238 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

XXVII Legislatura (24 maggio 1924 – 21 gennaio 1929) 239

L’on. Siciliani ritiene che la cosa più logica è il sorteggio. L’on. Bastianini è per il sorteggio e per la durata delle cariche di due mesi, per evitare l’eventuale potere dei Presidenti eletti per un anno. La proposta Presutti rimane assorbita dal criterio deliberato dalla Giun- ta di ritornare all’antico. L’on. Gronchi osserva che il numero di 11 è troppo poco per la vali- dità delle deliberazioni. Il Comm. Montalcini afferma che è pericoloso aumentare ancora il numero di 11, perché la pratica lo ha ammaestrato sulla frequenza dei deputati agli uffici. L’on. Del Bello ritiene che il numero di 11 è troppo basso, perché la maggioranza di 6 è troppo bassa in confronto al numero dei deputati appartenenti agli uffici (59). L’on. Siciliani osserva che gli uffici sono sempre scarsamente frequenta- ti. Non è alieno dall’aumentare il numero da 11 a 15, ma ritiene che que- sta Camera disciplinata terrà in maggior conto il lavoro degli uffici. Il Comm. Montalcini non ritiene che per compiere lavoro legislativo utile occorra gran numero di deputati. L’on. Del Bello chiede che per la validità delle deliberazioni negli uffici debba essere presente la metà più uno degli iscritti ad essi. L’on. Siciliani ritiene che l’aumento di numero è ingiustificato perché la selezione degli uffici avviene anch’essa col criterio della competenza. L’on. Gronchi non insiste sull’aumento del quorum di 11. La seduta è rinviata a venerdì alle ore 9,30 precise. Il Segretario Il Presidente

Seduta del 23 ottobre 1925

Presenti: S. E. Casertano, Bastianini, Solmi, D’Ayala, Tumedei, Mara- viglia. Si scusa l’on. De Marsico. Assiste il Segretario Generale Comm. Montalcini. L’on. Tumedei riferisce sopra il coordinamento del Regolamento della Camera autorizzato nella seduta del 2 giugno 1925, esponendo le singole modificazioni di forma e di trasposizioni o i riferimenti introdotti. 240 Verbali della Giunta per il regolamento (6 dicembre 1904 – 3 dicembre 1927)

Riferisce ancora che alcune modificazioni si son dovute introdurre in ra- gione del ripristino del sistema degli Uffici e dell’abolizione del sistema delle tre letture. Prendono la parola parecchi Commissari e restano adottate tutte le mo- dificazioni le quali sono tutte conseguenza logica accessoria degli articoli approvati dalla Camera. Si approva pure il nuovo art. 58, la sostituzione del mese di marzo a quello di febbraio, come conseguenza necessaria della sostituzione avvenu- ta nella nuova legge di contabilità quanto al termine della presentazione dei bilanci. Infine si delibera di mantenere immutate le disposizioni dei Capi XVIII, XIX, XX, e XXI il cui anacronismo ne dimostra la inapplicabilità attuale e la cui sostituzione non potrebbe farsi senza preventiva deliberazione del Consiglio di Presidenza e del Comitato Segreto.

Il Segretario Il Presidente

Seduta del 3 dicembre 1927

Presenti: S. E. Casertano, on.li …………., Cavazzoni, Solmi, Maffei. Assiste il Comm. Alberti, Segretario Generale

ALLEGATI Il testo integrale degli allegati qui elencati è contenuto nel CD annesso al volume a stampa. La ricerca può essere effettuata direttamente su quel supporto secondo le istruzioni riportate nello stesso CD

XXII LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO Doc. IX N. 1 Luigi Lucchini All. N. 1 Doc. IX N. 2 Fracassi All. N. 2 Doc. IX N. 3 Montagna All. N. 3 Doc. IX N. 4 Rampoldi e altri All. N. 4 Doc. IX N. 5 Eugenio Chiesa e altri All. N. 5 Doc. IX N. 6 Montagna e altri All. N. 6 Doc. IX – A Relazione della Giunta (Brunialti) All. N. 7 Doc. IX – B Relazione della Giunta (Brunialti) All. N. 8 Doc. VII N. 2 Sinibaldi (della XXI Legislatura) All. N. 9 Doc. IX N. 7 Enrico Ferri All. N. 10 Doc. IX N. 8 Alessio All. N. 11 Doc. IX N. 9 Eugenio Valli All. N. 12 Doc. IX N. 10 Aprile, Marcello All. N. 13 Doc. IX N. 11 Turati All. N. 14 Doc. IX N. 12 Chimienti All. N. 15

RESOCONTI PARLAMENTARI Seduta del 6 dicembre 1907 All. «A» Seduta del 12 dicembre 1907 All. «B» Seduta del 18 dicembre 1907 All. «C»

XXIII LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO Doc. VI N. 1 Eugenio Valli All. N. 16 Doc. VI N. 2 Morgari All. N. 17

242 Elenco degli allegati

Doc. VI N. 3 Brunialti All. N. 18 Doc. VI N. 4 De Marinis All. N. 19 Doc. VI N. 1 - 4 A Relazione della Giunta (Brunialti) All. N. 20 Doc. VI N. 5 Pinchia All. N. 21 Doc. VI N. 6 Lucifero All. N. 22 Doc. VI N. 7 Eugenio Valli All. N. 23 Doc. VI N. 8 Cavagnari All. N. 24

GIORNALI E RESOCONTI Corriere della Sera 29 giugno 1908 All. «D» La Tribuna 29 giugno 1908 All. «E» Seduta antimeridiana del 13 dicembre 1910 All. «F»

XXIV LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICA AL REGOLAMENTO Doc. XVI N. 6 Falcioni All. N. 25 Doc. XVI N. 7 Modigliani All. N. 26 Doc. XVI N. 1 Faelli All. N. 27 Doc. XVI N. 2 Canepa All. N. 28 Doc. XVI N. 3 Ciccotti All. N. 29 Doc. XVI N. 4 Marchesano All. N. 30 Doc. XVI N. 5 Ciccotti All. N. 31 Doc. XVI-A Relazione della Giunta(Vincenzo Riccio) All. N. 32 Doc. XVI-B Relazione della Giunta (Vincenzo Riccio, per la maggioranza, con una nota di Cabrini) All. N. 33

XXV LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO Doc. XI N. 2 Peano All. N. 34 Doc. XI N. 4 Colonna di Cesarò All. N. 35 Doc. XI N. 1 Gallani All. N. 36 Doc. XI-quater Proposte della Giunta All. N. 37 Doc. XI N. 3 Proposta sulle commissioni: testo elaborato dalla Giunta All. N. 38

Elenco degli allegati 243

Doc. XI-ter Testo coordinato dalla Giunta delle norme approvate dall’Assemblea nella seduta antimeridiana del 26 luglio 1920 All. N. 39

RESOCONTI PARLAMENTARI Seduta del 24 luglio 1920 All. «G» Seduta antimeridiana del 26 luglio 1920 All. «H» Seduta pomeridiana del 6 agosto 1920 All. «I»

XXVI LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO Doc. VII N. 1 Colonna di Cesarò All. N. 40 Doc. VII N. 2 Sarrocchi e altri All. N. 41 Doc. VII N. 3 Proposte della Giunta All. N. 42 Doc. VII N. 5 Salandra All. N. 43 Doc. VII N. 5 A Relazione della Giunta (Vincenzo Carboni) All. N. 44

RESOCONTI PARLAMENTARI Seduta del 21 giugno 1921 All. «L» Seduta del 1° dicembre 1921 All. «M» Seduta del 2 dicembre 1921 All. «N» Seduta antimeridiana del 22 giugno 1922 All. «O» Seduta antimeridiana del 23 giugno 1922 All. «P» Seduta pomeridiana del 16 giugno 1923 All. «Q»

XXVII LEGISLATURA

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE DEL REGOLAMENTO Doc. II Mozione Dino Grandi e altri All. N. 45 Doc. II – A Relazione della Giunta All. N. 46 Doc. II N. 1 Dino Grandi All. N. 47 Doc. II N. 2 Guarino-Amella All. N. 48 Doc. II N. 2 - A Relazione della Giunta (Tumedei) All. N. 49 Doc. II N. 3 Proposte della Giunta All. N 50 Doc. II N. 3 - A Relazione della Giunta (Tumedei) All. N. 51

244 Elenco degli allegati

Doc. II N. 4 Proposte della Giunta All. N. 52 Doc. II N. 4 - A Relazione della Giunta (Solmi) All. N. 53

RESOCONTI PARLAMENTARI Seduta del 28 maggio 1924 All. «R» Seduta del 29 maggio 1924 All. «S» Seduta del 30 maggio 1924 All. «T» Seduta del 6 giugno 1924 All. «U» Seduta del 3 gennaio 1925 All. «V» Seduta del 2 giugno 1925 All. «W» Seduta del 17 gennaio 1926 All. «Z» INDICE DEI NOMI

Abignente Giovanni, 32 Biagi Bruno, 235 Acerbo Giacomo, 118, 119, 120, 122 Biancheri Giuseppe, 6, 151, 155 Agnelli Arnaldo, 64 Bianchi Leonardo, 44, 58 Agnini, 124, 125, 126, 145, 235, 236 Bianchi Michele, 235 Agnini Gregorio, 152 Bianchi Riccardo, 49, 56 Agnini Luigi, 233 Bignami Paolo, 152, 173, 177 Aguglia Francesco, 44 Bilucaglia Luigi, 225 Alberti Annibale, 191, 240 Bissolati Leonida, 15, 22, 23, 29, 44, 47, 48, Alessio Giulio, 37, 53, 69, 101, 102, 103, 49, 60 152, 221, 223, 224, 225, 226, 227, 228, Boeri Giovanni Battista, 140 230, 241 Boggiani, 14, 164 Alfieri Dino, 235 Bolzon Pietro, 235 Altobelli Carlo, 45 Bombacci Nicola, 105 Amendola Giovanni, 83, 122, 132, 135, 141 Bonghi Ruggero, 55 Anile Antonino, 149 Bonomi Ivanoe, 29, 34, 47, 49, 52, 58, 60, Aprile Pietro, 241 69, 73, 94, 96, 99, 111, 151, 173, 177, Arcoleo Giorgio, 19 179 Arlotta Enrico, 44, 49 Bordiga Amedeo, 90 Astraldi Romolo, 144 Boselli Paolo, 433, 44, 47, 48, 49, 50, 51, 65 Baccelli Guido, 44, 58 Bottai Giuseppe, 235 Balbo Cesare, 201 Broccardi Eugenio, 235 Balbo Italo, 235 Brunialti Attilio, 2, 7, 9, 15, 19, 151, 155, Barnaba Pier Arrigo, 235 157, 158, 162, 163, 164, 167, 169, 170, Barzilaj Salvatore, 18, 34, 44, 59, 151, 173, 171, 241, 242 175 Bülow (von) Bernhard Ernst, 26 Basile Ernesto, 58 Buttafochi Carlo, 235 Bastianini Giuseppe, 124, 152, 233, 235, 237, 239 Cabrini Angiolo, 6, 21, 29, 52, 67, 152, 173, Battisti Cesare, 48 179, 181, 183, 184, 185, 186, 187, 188, Bava Beccaris Fiorenzo, 114 189, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 196, Benedetto XV, 40, 41, 49, 50, 51, 113 197, 198, 199, 200, 242 Beneduce Alberto, 79, 94 Cadorna Luigi, 46, 47, 48, 51 Berenini Agostino, 15, 30, 51, 65, 151, 167, Calandra Salandra, ????? 170 Calissano Teobaldo, 151, 155, 157, 158, 164, Bertolini Pietro, 30 165 Bettòlo Giovanni, 18, 19, 36, 40, 44 Callaini Luigi, 44, 60 Bevione Giuseppe, 93, 101, 103, 119, 152, Camera Giovanni, 3 205, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, Cameroni Agostino, 66, 152, 205, 207, 208, 217, 218, 221, 223, 224, 225, 226, 227, 209, 210, 212, 213, 214, 215, 216 228, 229, 230 Campanini Romeo, 91 246 Indice dei nomi

Campi Emilio, 34, 151, 173, 177 Colonna di Cesarò Giovanni Antonio, 93, Canepa Giuseppe, 22, 61, 177, 203, 242 102, 242, 243 Capanni Italo, 124 Colosimo Gaspare, 30 Caradonna Giuseppe, 149 Comandini Ubaldo, 47, 49 Carboni Vincenzo, 93, 152, 221, 223, 224, Compans Carlo, 15, 34, 44, 151, 167, 171, 225, 226, 228, 230, 231, 243 173, 175, 177, 179, 181, 183, 185, 187, Carcano Paolo, 34, 37, 38, 39 201 Carlo Alberto di Savoia, 24 Corbino Orso Mario, 122 Casagrande di Villaviera Eugenio, 235 Corsi Camillo, 49 Casalini Armando, 139 Costa Andrea, 15, 16, 17 Casati Alessandro, 138, 141 Credano Luigi, 19, 22, 44, 152, 173, 179, Casertano Antonio, 76, 93, 101, 134, 141, 181, 183, 187, 188, 190, 191, 193, 197, 142, 152, 221, 233, 235, 239, 240 201, 202, 203 Cavagnari Carlo, 242 Crespi Silvio, 56 Cavazzoni Stefano, 93 152, 221, 223, 224, Crispolti Filippo, 152, 205, 217, 218 225, 226, 227, 228, 240 Croce Benedetto, 73 Caviglia Enrico, 88 Cucini Bramante, 235 Cavour Benso Camillo (conte di), 28 Curioni Giovanni, 163 Cefaly Antonio, 58 Celli Guido, 93, 152, 221, 223, 224, 225, D’Alba Antonio, 29 228, 230 D’Alessio Francesco, 235 Centurione Carlo, 58, 59 D’Annunzio Gabriele, 43, 64, 87, 88 Cermenati Mario, 34, 151, 173, 175 D’Ayala Francesco Saverio, 152, 233, 239 Chiaraviglio Mario, 58 Da Como Ugo, 34, 52, 65, 151, 173, 175, Chiesa Eugenio, 36, 37, 96, 119, 129, 158, 179, 181, 183, 185, 186, 187, 191, 201, 223, 224, 225, 226, 227, 228, 230, 231, 202, 204 241 Dallolio Alberto, 56 Chimienti Pietro, 60, 90, 91, 152, 173, 202, Dallolio Alfredo, 49 203, 241 Daneo Edoardo, 58 Chimirri Bruno, 18, 151, 167, 170, 171 Dari Luigi, 44, 52, 60 Ciaurro Gianfranco, 14 De Bono Emilio, 138 Cibrario Giacinto, 126 De Capitani d’Arzago Giuseppe, 98, 235 Ciccotti Ettore, 11, 34, 44, 61, 170, 177, De Gasperi Alcide, 85, 120 203, 204, 242 De Marinis Errico, 242 Cingolani Mario, 121 De Marsico Alfredo, 124, 152, 233, 235, 239 Ciriani Marco, 84 De Nava Giuseppe, 65, 69, 79, 111 Cirmeni Benedetto, 34, 47, 151, 158, 162, De Nicola Enrico, 74, 75, 76, 84, 88, 89, 173, 177, 179, 181, 183, 185, 187, 188 90, 91, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 191, 193, 195, 197, 201, 202, 203, 204 101, 110, 115, 117, 119, 120, 121, 133, Ciuffelli Augusto, 52, 65, 152, 173 152, 205, 210, 211, 212, 213, 216, 217, Cocco-Ortu Francesco, 44, 51, 66, 93, 152, 221, 223, 225 205, 207, 208, 209, 210, 211, 212, 213, De’ Stefani Alberto, 141 215, 217, 221, 223, 224, 225, 228, 230 Del Balzo Girolamo, 15, 151, 167, 170, 171 Codacci-Pisanelli Alfredo, 15, 18, 34, 47, Del Bello Diego, 124, 125, 129, 152, 233, 66, 151, 152, 167, 169, 173, 175, 177, 235, 236, 237, 239 179, 181, 183, 184, 187, 188, 189, 190, Del Croix Carlo, 137 191, 192, 193, 195, 197, 198, 200, 201, Della Seta Alceste, 65, 91 202, 203, 205, 207, 208, 209, 213, 217, Dello Sbarba Arnaldo, 66, 152, 205, 207, 218 208 Colajanni Napoleone, 66, 93, 96, 152, 205, Di Fausto Amanto, 149 216, 217, 219, 221 Di Giorgio Antonino, 142 Colombo Giuseppe, 126, Di Rovasenda Alessandro, 15, 151, 167, 169 Indice dei nomi 247 di Rudinì Antonio, 19, 26 76, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 92, 93, 94, 99, di San Giuliano Antonino, 16, 19, 21, 36, 100, 112, 113, 120, 122, 138, 140, 210, 39 211 Di Scalea Pietro, Vedi Lanza di Scalea Pie- Giunta Francesco, 124, 140 tro Giuriati Giovanni, 93 Diaz Armando, 51, 56, 58, 115 Gorio Carlo, 5 Donati Pio, 73 80, 83, 84 Grandi Dino, 32, 124, 125, 126, 127, 128, Drago Aurelio, 63 129, 130, 131, 135, 136, 137, 139, 144, Dugoni Enrico, 65 145, 146, 147, 235, 237, 243 Graziadei Antonio, 132 Facta Luigi, 19, 85, 99, 100, 110, 111, 114, Greco Paolo, 235 Gronchi Giovanni, 120, 124, 126, 132, 134, 135 145, 152, 233, 237, 239 Faelli Emilio, 60, 177, 202, 242 Guarino-Amella Giovanni, 14, 137, 145, 243 Falcioni Alfredo, 55, 58, 61, 204, 242 Guarracino Alessandro, 32 Fani Cesare, 18 Guglielmi Giorgio, 90 Farinacci Roberto, 113, 133, 134, 141 Guicciardini Francesco, 2, 16, 17, 44, 151, Fazio Egidio, 235 155, 157, 158 Federzoni Luigi, 138, 141 Fera Luigi, 22, 66, 152, 205, 207, 210 Janfolla Vincenzo, 101 Ferraris Maggiorino, 2, 6, 15, 151, 155, 157, 158, 167, 170, 171 Labriola Arturo, 73, 128, 132 Ferri Enrico, 51, 241 Lacava Pietro, 29 Finali Gaspare, 19 Lanza Di Scalea Pietro, 58, 93, 101, 152, Finocchiaro-Aprile Camillo, 15, 21, 44, 151, 221 167, 169, 170 Lanzillo Agostino, 235 Finzi Aldo, 93, 139 Larussa Ignazio, 120 Forni Cesare, 140, 141 Lazzari Costantino, 36, 65, 74, 93 Fortis Alessandro, 4, 5, 6, Leonardi Cattolica Pasquale, 19 Fortunato Giustino, 2, 151, 155, 157 Longi Vincenzo, 1030 Fracassi Domenico, 241 Longinotti Giovanni Maria, 110 Francesco Ferdinando d’Austria, 39 Lucca Piero, 6, 151, 155, 158, 162, 163, 164 Frassati Alfredo, 58 Lucchini Luigi, 241 Lucifero Alfonso, 34, 151, 173, 175, 177, Furlani Silvio, 129 179, 181, 183, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 196, 197, Galeazzi Ernesto, 143 198, 199, 200, 201, 202, 203, 242 Galeotti Ugo, 13 Luzatti Luigi, 18, 19, 23, 44, 51, 69 Galimberti Tancredi, 2, 151, 155, 162, 163 Luzzatto Riccardo, 32 Gallani Dante, 83, 242 Gallini Carlo, 51 Macchi Luigi, 124, 145 Garibaldi Giuseppe, 22 Maffi Fabrizio, 70 89, 148 Gasparotto Luigi, 66, 124, 152, 205, 207, Majorana Angelo, 3 208, 210, 211, 212, 213, 215, 216 Malatesta Errico, 39 Gasparri Pietro, 113, 117 Manaresi Angelo, 235 Gennari Egidio, 135 Mancini Mario, 13 Gentile Giovanni, 115 Marangoni Guido, 42 Gentiloni Vincenzo Ottorino, 15, 32, 33 Maraviglia Maurizio, 144, 152, 233 Giada Mario, 140 Marcello Gerolamo, 241 Giardino Gaetano, 49 Marchesano Giuseppe, 61, 177, 203, 242 Giolitti Giovanni, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 16, 17, Marchi Corrado, 152, 233 18, 19, 22, 23, 24, 27, 28, 29, 30, 32, 33, Marcora Giuseppe, 1, 2, 4, 5, 6, 7, 9, 15, 34, 35, 36, 39, 40, 51, 58, 63, 73, 74, 75, 17, 18, 20, 21, 27, 30, 31, 34, 35, 36, 37, 248 Indice dei nomi

38, 40, 44, 45, 48, 49, 50, 52, 55, 58, 59, Nazario Sauro, 48 60, 62, 72, 75, 151, 155, 157, 158, 162, Nenni Pietro, 39 163, 164, 165, 167, 169, 170, 171, 172, Niccolai Adelmo, 86 173, 175, 177, 179, 181, 183, 185, 186, Nitti Francesco Saverio, 60, 63, 64, 65, 68, 187, 188, 190, 191, 193, 196, 197, 200, 69, 72, 73, 86, 87 201, 202, 204 Margherita di Savoia, 149 Ollkard John F., 50 Marsengo-Bastia Ignazio, 4 Orano Paolo, 235 Martire Egilberto, 97, 141, 235 Orlando Vittorio Emanuele, 39, 44, 45, 47, Massimini Fausto, 6, 151, 155 51, 52, 56, 57, 58, 60, 61, 62, 65, 66, 67, Mattei-Gentili Paolo, 235 70, 72, 73, 74, 76, 99, 100, 110, 111, 148, Matteotti Giacomo, 80, 83, 97, 101, 112, 152, 205, 207, 208, 210, 211 131, 132, 134, 136, 137, 138, 139, 146, 149, 227 Ostinelli Filippo, 225 Maury Eugenio, 101, 131, 152, 221, 223, Oviglio Aldo, 141 224, 225, 227, 230, 231 Mazzini Giuseppe, 235 Pacelli Mario, 14 Mazzolani Ulderico, 105 Pacetti Domenico, 152, 173, 177, 179, 181, Meda Filippo, 44, 47, 63, 64, 65, 73, 100, 183, 190, 191, 197, 198, 200, 201 109, 111, 117 Panizzardi Carlo, 58 Merizzi Giovanni, 121 Pantano Edoardo, 44, 51, 152, 205, 212, 213 Micheli Giuseppe, 63, 73 Panunzio Sergio, 235 Miglioli Guido, 110 Paolucci di Valmaggiore Raffaele, 142, 148 Milani Fulvio, 133 Paratore Giuseppe, 106 Minzoni Giovanni, 122 Peano Camillo, 63, 70, 101, 152, 208, 209, Misiano Francesco, 89, 90, 93, 97, 98, 99, 221, 242 149 Pelloux Luigi, 14, 28, 31, 83 Misuri Alfredo, 120, 141 Pennavaria Filippo, 235, 247 Modigliani Giuseppe Emanuele, 37, 47, 55, Piaggio Erasmo, 17 56, 60, 61, 65, 66, 70, 71, 72, 76, 77, 79, Piccolo-Cupani Vincenzo, 2, 151, 155, 157, 80, 81, 82, 83, 85, 91, 93, 94, 98, 100, 158 101, 105, 115, 117, 124, 125, 129, 131, Pietravalle Michele, 53 152, 204, 205, 207, 208, 209, 210, 211, Pilati Gaetano, 70 212, 213, 214, 215, 221, 223, 224, 225, Pinchia Emilio, 242 226, 227, 228, 230, 242 Pio X, 15, 33, 40 Montagna Francesco, 8, 15, 151, 167, 169, Pio XI, 113 170, 241 Piovanelli Emilio, 60 Montalcini Camillo, 27, 47, 52, 66, 177, 179, Pistoia Francesco, 58, 59, 141 181, 183, 185, 186, 187, 188, 193, 195, 197, 198, 201, 202, 207, 208, 239 Pivano Livio, 142 Morelli Roberto, 28 Poggi Michele, 235 Morgari Oddino, 16, 170, 241 Pozzi Domenico, 22 Morrone Paolo, 47, 49 Prampolini Camillo, 34, 51 Mosca Tommaso, 32 Presutti Enrico, 131, 133, 239 Murri Romolo, 15 Prinetti Francesco, 235 Mussolini Benito, 42, 62, 74, 87, 92, 94, 95, 97, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, Raineri Giovanni, 69 118, 122, 123, 124, 129, 130, 135, 137, Rampoldi Roberto, 2, 15, 151, 155, 158, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 145, 146, 159, 162, 167, 170, 171, 241 147, 148, 149 Repossi Luigi, 139 Riccio Vincenzo, 52, 53, 54, 60, 66, 72, Nasi Nunzio, 11, 12, 74 76, 152, 173, 179, 181, 183, 184, 185, Nava Cesare, 79 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193,

Indice dei nomi 249

195, 196, 197, 198, 199, 200, 201, 202, Sonnino Sidney, 1, 5, 6, 9, 11, 17, 18, 19, 205, 207, 208, 209, 210, 211, 212, 213, 24, 30, 31, 35, 37, 39, 40, 43, 47, 49, 51, 214, 215, 216, 217, 218, 219, 242 62, 126 Rocco Alfredo, 76, 93, 124, 125, 127, 133, Spirito Francesco, 6, 151, 155, 159, 164, 165 137, 139, 140, 141, 143, 147, 148, 1512, Squitti Baldassarre, 93 233, 235 Starace Achille, 148 Rodinò Giulio, 73, 89, 124, 148, 152, 221, Stoppato Alessandro, 58 230 Stramacci Mauro, 130 Romanin-Jacur Leone, 2, 151, 155, 158, 162, Sturzo Luigi, 59, 68, 99, 100, 112, 113, 115, 164 117 Rosadi Giovanni, 66, 152, 205, 207, 208 Rossi Luigi, 34, 60, 101, 151, 173, 175, 177, Taddei Paolino, 111 179, 181, 183, 184, 185, 186, 191, 192, Tanda Anton Paolo, 14, 28, 39, 102, 149 193, 201, 202, 203, 204 Tedesco Francesco, 19, 85, 91 Rossoni Edmondo, 235 Terzaghi Michele, 124, 152, 233 Rubini Giulio, 39, 47 Thaon di Revel Paolo, 115, 142 Ruini Bartolomeo detto Meuccio, 66, 84 Theodoli Alberto, 37 Ruspoli Camillo, 36 Tittoni Tommaso, 4, 16, 19, 63, 64, 65 Torre, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 218 Sacchi Ettore, 3, 18, 19, 22, 47, 60, 151, Torre Andrea, 69, 152, 205, 235 157, 158 Torre Edoardo, 235 Saitta Vincenzo, 149 Tovini Livio, 64, 78, 80, 120, 124 Salandra Antonio, 35, 36, 37, 39, 40, 41, 42, Treves Claudio, 32, 36, 37, 40, 50, 60 43, 44, 46, 47, 51, 112, 114, 118, 119, Triangi Arturo, 49 120, 125, 136, 137, 140, 230, 231, 235, Turati Filippo, 6, 9, 27, 37, 38, 42, 44, 45, 236, 243 48, 50, 51, 58, 61, 62, 64, 72, 83, 93, 94, Salerno Edoardo, 235 101, 110, 111, 115, 139, 230, 241 Salvemini Gaetano, 67, 70, 81 Sandrini Amedeo, 69 Ullrich Hartmut, 27 Sarrocchi Gino, 93, 100, 138, 141, 152, Ungaro Filippo, 235 221, 223, 224, 225, 226, 227, 228, 235, 243 Valli Eugenio, 20, 21, 170, 241, 242 Satta-Branca Pietro, 81 Verdi Alberto, 235 Schanzer Carlo, 17, 18, 69 Vicini Marco Arturo, 235 Scialoja Vittorio, 65, 87 Vigna Annibale, 63 Sciorati Cleto, 58 Villa, 126 Scotti Giacomo, 149 Villa Giovanni, 56, 60 Serpieri Arrigo, 122 Villa Tommaso, 54, 127 Sforza Carlo, 73, 87 Visconti-Venosta Emilio, 26 Sichel Adelmo, 36 Vittorio Emanuele III di Savoia, 29, 43, 46, Siciliani Luigi, 124, 144, 152, 233, 235, 237, 51, 95, 114, 123 239 Siles Nicola, 149 Wilson Woodrow, 62, 64, 87 Sinibaldi Tito, 8, 241 Soleri Marcello, 137, 235 Zanardelli Giuseppe, 11 Solmi Arrigo, 124, 152, 233, 235, 239, 240, Zuppelli Vittorio Italico, 40, 46, 47, 56, 57, 244 60

Finito di stampare nell’ottobre 2010 dalla GRAFICA EDITRICE ROMANA srl Via Carlo Maratta, 2/b - Roma Tel./Fax 06.57.40.540 [email protected]