Piano Dell'opera

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Piano Dell'opera Piano dell'opera: STORIA D'ITALIA Voi. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Voi. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Voi. Ili 1600-1789 STORIA D'ITALIA Voi. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Voi. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Voi. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Voi. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Voi. Vili 1936-1943 STORIA D'ITALIA Voi. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Voi. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Voi. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Voi. XII 1993-1997 MONTANELLI CERVI STORIA D'ITALIA 1943 1948 INDRO MONTANELLI I MARIO CERVI L'ITALIA DELLA GUERRA CIVILE Dall' 8 settembre 1943 al 9 maggio 194.6 INDRO MONTANELLI | MARIO CERVI L'ITALIA DELLA REPUBBLICA Dal 2 giugno 1946 al 18 aprile 1948 STORIA D'ITALIA Voi. IX EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli - Mario Cervi Eltalia della guerra civile © 1983 Rizzoli Editore, Milano © 2000 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Mario Cervi Eltalia della Repubblica © 1985 Rizzoli Editore, Milano © 2000 RCS Libri S.p.A., Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.L, Milano Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Direttore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948 Tutti i diritti di copyright sono riservati settembre 1943, 2 giugno 1946, 18 aprile 1948: tre giorni cruciali per la storia del nostro Paese. Il primo segna l'inizio della guerra civile che insanguinò VItalia quando «era ta­ gliata in due» (secondo un'incisiva definizione di Benedetto Croce), con la Repubblica Sociale di Mussolini a Nord tenuta in vita dai tedeschi e il Regno del Sud di Vittorio Emanuele III che godeva del sostegno degli Alleati. Fino al 25 aprile, e oltre, si combatté tra ita­ liani una guerra disperata e feroce in nome - come sostenevano su fronti opposti repubblichini e partigiani - dell'onore, della dignità e della libertà. Furono proprio gli autori di questo libro a rompere una tradizione storiografica che parlava solo di «guerra di Libera­ zione» e a far conoscere a milioni di lettori che l'Italia aveva com­ battuto una guerra civile che, pur non raggiungendo gli orrori di quella spagnola, aveva provocato nel Paese una spaccatura che so­ lo oggi si comincia timidamente a cercare di superare da entrambe le parti. Un Mussolini abulico, impotente e malato fu costretto da Hitler - pena un'occupazione ancora più feroce - a costituire una repubblica priva di un'autonomia reale, il cui unico compito era quello di aiutare i tedeschi nella repressione delle forze partigiane. Il Regno del Sud, da parte sua, cercò, collaborando con gli Alleati, di assicurare all'Italia il famoso «biglietto di ritorno» tra le grandi democrazie. Fu una guerra dura in cui «pietà era morta»: fucila­ zioni, rappresaglie, orrori e vendette private da entrambe le parti. Uscita distrutta da un conflitto immane, lacerata da una guerra intestina, guardata con diffidenza da tutte le potenze vincitrici, l'Italia ebbe la forza di voltare pagina, con il referendum del 2 giu­ gno 1946 (seconda data cruciale), scegliendo la Repubblica e infi­ ne, il 18 aprile 1948 (terza data cruciale), di ancorarsi, grazie alla vittoria elettorale della De di De Gasperi, all'Occidente e alla demo­ crazia. La lunga e faticosa ricostruzione poteva finalmente inco­ minciare. INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più grande giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fonda­ tore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tor­ nato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), LItalia del Nove­ cento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), LItalia del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). MARIO CERVI è nato a Crema (Cremona) nel 1921. Laureato in leg­ ge, ufficiale di fanteria durante il secondo conflitto mondiale, per molti anni è stato inviato speciale del «Corriere della Sera», arti­ colista e inviato del «Giornale» e della «Voce». E stato direttore del «Giornale» dal 1997 al 2001. Tra le sue opere ricordiamo Sto­ ria della guerra di Grecia (1965; ed. BUR 2001), Mussolini - Album di una vita (Rizzoli 1992), / vent'anni del «Giornale» di Montanelli (con Gian Galeazzo Biazzi Vergani, Rizzoli 1994). Indro Montanelli - Mario Cervi L'ITALIA DELLA GUERRA CIVILE (8 settembre 1943-9 maggio 1946) 1 i AVVERTENZA Molti ci chiederanno come mai abbiamo intitolato questo volume L'Italia della guerra civile invece che L'Italia della Resistenza, come si è soliti chiamare quel periodo. È stata una scelta, cui ci sia­ mo sentiti autorizzati dalla nostra partecipazione a quegli eventi. Cervi, giovanissimo ufficiale di complemento in Grecia, fu de­ portato dai tedeschi. Io, arrestato dalla Gestapo sulla fine del '43 per partecipazione ai gruppi di «Giustizia e Libertà», rimasi in pri­ gione fino al settembre del '44, prima a Gallarate, poi a S. Vittore, donde riuscii ad evadere e a riparare in Svizzera. Crediamo che queste credenziali ci autorizzino - e per questo le abbiamo esibite - a dire quel che pensiamo: e cioè che di quei sedici mesi di tregenda, la Resistenza fu uno degli episodi, ma non il solo, e di scarsissimo pe­ so risolutivo sugli avvenimenti. A contare molto di più fu, caso mai, la resistenza con la erre minuscola, cioè quella, quotidiana e passi­ va, fatta di piccoli e grandi sacrifici, di pazienza e di «arrangia­ menti» e anche di malizie e doppi giuochi che gl'italiani opposero, per sopravvivere, a tutto e a tutti. Questo atteggiamento di distacco ci procurerà certamente molte critiche. Ma noi crediamo che, a quarant'anni di distanza, sia tem­ po di fare Storia e di farla fuori dei miti e delle leggende. In realtà il titolo avrebbe dovuto essere non LItalia della, ma delle guerre ci­ vili, perché non una sola, ma molte se ne intrecciarono in quel pe­ riodo. Ci fu quella degli Alleati «liberatori» contro i Tedeschi «inva­ sori» (ma in realtà erano invasori gli uni e gli altri, sia pure con intenzioni e metodi diversissimi). Ci fu quella del Regno del Sud contro la Repubblica Sociale del Nord; ci fu quella degli antifasci­ sti contro i fascisti, che divise le famiglie e le coscienze; e ci fu quel­ la degli antifascisti tra loro per il tentativo comunista di assumere 5 l'esclusiva della lotta al fascismo facendo fuori, in nome di essa, tutti gli altri. Già questo intreccio di fili e filoni basta a togliere ogni fonda­ mento e credibilità al giudizio sommario con cui finora si è preteso distinguere l'Italia «buona», cioè quella degli antifascisti, dall'Ita­ lia «cattiva», cioè quella dei fascisti. Quando, il 29 aprile, andai a vedere la macabra (e ripugnante) scena di piazzale Loreto, fra quei poveri corpi appesi a testa in giù, ne riconobbi due, di cui ancora oggi non so come spiegare la vicenda che li aveva condotti lì: so sol­ tanto che non ho il diritto di giudicarla. Uno era quello di Nicola Bombacci, vecchio tribuno socialista di Romagna, prima compagno di scuola e amico di Mussolini, poi suo mortale nemico, uno dei fondatori - con Gramsci, Bordiga, Togliat­ ti, Terracini ecc. - del partito comunista, in seguito esule prima in Russia, poi in Francia, e poi spontaneamente tornato in Italia per mettersi sotto la protezione del Duce. Non aveva esitato a seguirlo a Salò, e questo si può spiegare con l'interesse e la gratitudine. Ma non aveva esitato nemmeno ad accompagnarlo in quell'ultimo viag­ gio verso una morte sicura: e per spiegare questo, ci vuole qualcosa di più. Ealtro era quello di un ragazzo, di cui le cronache non registra­ rono neppure il nome. Si chiamava Mario Nudi, era stato mio com­ pagno di battaglione in Abissinia, e non mi ero mai accorto che avesse idee politiche. Era un bell'atleta semplice e coraggioso, un po' da western, che faceva quella guerra per piacere sportivo. An­ cora mi domando cosa lo aveva condotto a Salò, e poi su quel gan­ cio da norcini accanto a un dittatore, sul quale non aveva mai nem­ meno espresso opinioni. Potrei citare infiniti altri casi di uomini che l'8 settembre fecero una scelta assolutamente imprevedibile, e molto spesso la pagarono, da una parte e dall'altra, con la vita. Ce ne furono alcuni che, da un pezzo su posizioni di fronda al regime, considerarono l'8 settem­ bre un tradimento e si sentirono in dovere di accorrere in aiuto di un Duce vinto e ormai abbandonato da quasi tutti. Nel serraglio di Salò si trovarono poi mescolati a delinquenti e avventurieri che nel­ la Repubblica Sociale vedevano solo un pretesto per fare razzia e 6 bottino. Così come vidi dei fascisti di buona e sicura fede cercare nelle file della Resistenza un lavacro e un riscatto. Altri lo fecero solo per procurarsi una benemerenza che li mettesse al riparo da una probabile «epurazione» e li accreditasse presso il nuovo regime. Tutto si mescolò in quei mesi di trambusto, di umiliazione e di violenza. E noi non abbiamo la pretesa di essere riusciti a distin­ guere il grano dal loglio, il nero dal bianco, il bene dal male, anche perché nemmeno noi sappiamo con esattezza cosa fu il bene e cosa fu il male. Abbiamo solo la certezza di esserci posti di fronte a que­ sta ingarbugliatissima matassa senza pregiudiziali di sorta, pur consci che, così facendo, avremmo scontentato tutti.
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