Tesi Dottorato Completa

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Tesi Dottorato Completa ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL'AQUILA DOTTORATO DI RICERCA IN STUDI LETTERARI E CULTURALI CICLO XXX Settore concorsuale di afferenza: 10/F4 – CRITICA LETTERARIA E LETTERATURE COMPARATE Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/14 – CRITICA LETTERARIA E LETTERATURE COMPARATE Il monologo contemporaneo: scritture solistico-performative tra poesia, romanzo e teatro Presentata da: Ivano Capocciama matricola: 0000738612 Coordinatore Dottorato Supervisore Chiar.ma Prof.ssa Silvia Albertazzi Chiar.mo Prof. Massimo Fusillo Co-Supervisore Chiar.ma Prof.ssa Cristina Bragaglia Esame Finale Anno 2018 INDICE INTRODUZIONE p. 1 CAPITOLO PRIMO Il monologo, una voce scritta: origini della forma drammatica, crisi del dramma moderno e intertestualità della parola monologante p. 5 • 1 – Breve storia di un «solismo» p. 5 • 2 – Geografie, spazi, luoghi, nomi, tradizioni, metamorfosi ed evoluzioni del monologo drammatico p. 15 • 3 – La figura del drammaturgo-attore, la scrittura scenica prima e dopo lo spettacolo e la scrittura monologante come metalinguaggio p. 33 CAPITOLO SECONDO Monologo e poesia contemporanea: Giovanni Fontana e Patrizia Valduga p. 43 • 1 – Poesia sonora performativa: la voce in movimento e il solismo sonoro di Giovanni Fontana p. 43 • 2 – Monologhi poetici: i dolori incurabili di Patrizia Valduga p. 62 CAPITOLO TERZO Monologo e romanzo: gravità della parola e gravità dello sguardo in Thomas Bernhard, Perturbamento e Antichi Maestri p. 90 CAPITOLO QUARTO Brevi incursioni americane: il monologo in William Faulkner e Eugene O'Neill p. 113 • 1 – As I Lay Dying e Requiem for a Nun di William Faulkner p. 113 • 2 – Strange Interlude di Eugene O'Neill, il monologo come strumento di autoanalisi p. 129 CAPITOLO QUINTO Memorie perdute, il monologo nella nuova drammaturgia italiana contemporanea p. 139 • 1 – Il «narrattore», un esempio di «artista nuovo» p. 139 • 2 – Vajont e Ausmerzen di Marco Paolini, la biografia dell'attore come filtro di memorie p. 151 • 3 – Racconti di minoranze nei monologhi di Ascanio Celestini p. 161 • 4 – Marco Baliani, per una teoria della narrazione monologante p. 173 • 5 – Alessandro Bergonzoni e la parola che si fa esperienza sensoriale p. 180 • 6 – Dante/Danco, per un'epica dialettale in forma di monologo p. 189 • 7 – Monologhi d'autore nella nuova drammaturgia napoletana aldilà di Eduardo: Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Mimmo Borrelli p. 199 CAPITOLO SESTO Germania 3 (Spettri sull'uomo morto) di Heiner Müller, breve considerazione post-drammatica ed epilogante sul destino del monologo contemporaneo p. 213 CONCLUSIONE p. 234 BIBLIOGRAFIA p. 235 INTRODUZIONE Il presente studio affronta l'analisi del monologo contemporaneo, come esempio di scrittura solistico-performativa, in alcune sue significative localizzazioni nel romanzo del Novecento, nella poesia e nel teatro contemporanei. Si vuole, inoltre, dimostrare che il monologo si possa intendere come un lungo discorrere di un personaggio che prende forma attraverso una scrittura sospesa tra spazio autonomo metanarrativo, forte esplicitazione dei temi presenti nell'opera e spazio scenico verbale. La scrittura del monologo trascende la narrazione, articolandosi come meccanica testuale di alterazione, compartecipazione emotiva tra personaggio e lettore-spettatore, mondo a parte, momento in cui la scrittura riflette su se stessa in una temperie decisamente metadrammatica, mise en abyme che agisce sulla natura intertestuale del linguaggio compositivo. Il monologo occupa, nei casi presi in esame, una sorta di spazio drammatico a sé che squarcia la quarta parete della finzione e si autorappresenta come storia parallela ed esplicitazione dei temi presenti nell'opera attraverso le molteplici possibilità insite nel linguaggio. Il monologo è momento letterario alterato, quasi indipendente, che dalla drammaturgia si estende verso altre forme di scrittura come la poesia e il romanzo, momenti in cui la voce monologante di un personaggio si fa espediente stilistico per una immersione nelle zone più oscure del linguaggio. Il monologo, per un istante, sospende il tempo della storia dilatando la percezione del lettore- spettatore, creando uno spazio testuale in cui testo e pensiero si trovano in stretta relazione, divenendo l'uno la testimonianza linguistica dell'altro. Infatti nella forma monologante il discorrere si fa manifestazione verbale del pensiero, testimonianza scritta del processo mentale messo a nudo. La scrittura drammatica, soprattutto nel panorama della drammaturgia contemporanea, ha portato diversi studiosi come Hans-Thies Lehmann a porsi il problema del performing text, ovvero di un testo che dilata i propri confini fino a raggiungere un livello di percezione assolutamente fisica e totale. Studiare il monologo in quanto tecnica, strumento metadrammatico, esercizio di stile e riflessione sulle possibilità della lingua rappresenta l'obiettivo principale del percorso di ricerca all'interno del quale le particolarità del linguaggio si fondono con la dimensione corporea attraverso un rapporto simbiotico tra vocalità e scrittura. Il legame tra testualità e performance rappresenta una problematica importante su cui ci si è soffermati, per comprendere attraverso il monologo la natura di un teatro post-drammatico in cui le forme e le tecniche teatrali non si focalizzino più sul testo drammatico in sé ma, piuttosto, condividano l'irruzione in scena della componente corporea che fa del testo un esempio concreto di performing text. Studiare il monologo nella drammaturgia contemporanea e i suoi rapporti con il 1 romanzo e la poesia, quindi, ha rappresentato, in questo contesto, un esercizio interessante per poter analizzare i rapporti tra testo e messa in voce del testo scritto, tra corpo e parola. La voce diviene il nodo attorno al quale si fondono scrittura e corporeità, attraverso cui si incanala la componente verbale che, in particolare nel teatro italiano contemporaneo, innesca una importante differenza tra scrittura oralizzante ed oralità-che-si-fa-testo. La corporeità crea, a partire dai primordi della ricerca teatrale novecentesca, un sistema drammaturgico parallelo che si scontra con la testualità letteraria mediante un insieme di segni corporei che forgiano una nuova semiotica teatrale. Secondo quanto sostiene Marco De Marinis nel saggio Il teatro dopo l'età d'oro, Novecento e oltre la dimensione corporea, in stretta relazione alla drammaturgia, assume caratteri di una fenomenologia che oscilla tra una contemplazione del corpo in quanto cosa, “res extensa”1 [Kӧrper] ed una entità vista e vissuta [Leib] come unità minima di percezione, movimento, meccanismo compositivo. È proprio Edmund Husserl che, nella distinzione tra Kӧrper e Leib medita sulle possibilità creative del corpo nel XX secolo e sulle sue simbiosi estetiche con i meccanismi delle scritture poetico-narrative ed anche con altre forme di esibizione corporea quali la danza, il mimo, la performance e la Body Art. Secondo le tesi di Husserl, il movimento del corpo, la cinestetica, diviene la materia centrale di molta arte novecentesca, in particolar modo nel teatro in cui viene innescata quella particolare “fisica delle emozioni”2 di cui parla De Marinis e che, a partire dal corpo, si proietta verso il testo scritto e viceversa. La dimensione orale condiziona nel Novecento l'evoluzione del monologo che, nel corso del tempo, diviene il vero spazio drammaturgico depositario di una vocazione narrativa, una dimensione orale del raccontare che ha origini antichissime ed epiche, un'azione diretta ed immediata sull'uditorio che si manifesta in quanto oralità performativa e spazio parlante. La drammaturgia, nella forma monologante – stando alle intuizioni di Lehmann – oltre a divenire visiva e visuale ingloba gli elementi minimi della scansione della narrazione che si manifesta nell'oralità: “[…] exposition, ascending action, peripeteia and catastrophe. […]”3. Il concetto di oralità performativa si lega all'idea di voce in movimento proposta da artisti della parola quali, ad esempio, il poeta sonoro Giovanni Fontana nelle sue sperimentazioni intermediali relative alla scrittura poetico-sonora. Localizzare il monologo, all'interno di alcune opere specifiche di poesia contemporanea, significa riflettere sulle infinite possibilità foniche e sonore della parola in un contesto performativo. Pertanto, il primo grande binomio che si viene a creare è il seguente: monologo/performance. La voce del poeta/attore/interprete scioglie e risolve l'enigma interpretativo innescato dal binomio poiché essa diviene il significante, ovvero lo strumento scenico-materico essenziale per una 1 Marco De Marinis, Il teatro dopo l'età d'oro. Novecento e oltre, Bulzoni Editore, Roma, 2013, p. 77. 2 Idem, p. 79. 3 Ibidem, p. 34. 2 teatralizzazione dell'atto poetico ed una poeticizzazione del momento drammatico. L'atto poetico è, quindi, atto solista in cui si gettano le basi di un comportamento linguistico in cui l'evento performativo è insito nella composizione poetica ove, per l'appunto, si tende ad una interconnessione di linguaggi, ad un plurilinguismo. L'utopia(/vocazione?) totalizzante che si cela dietro tali atti poetico/performativi(/sonoro-visuali), affidati all'esecuzione pubblica di un solista, conferisce alla scrittura l'epiteto di «azione sonora». Il testo poetico solista (partitura sonoro/visuale) viene percepito dallo spettatore attraverso la fisicità dirompente della declamazione. Spazio e declamazione pubblica rappresentano, pertanto, due soluzioni attraverso le quali è possibile
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